p Salvatore Bellia Salvatore Bellia Conoscere e Gestire lo Stress Lavoro-Correlato INDICE - COS È LO STRESS ......................................................................... 3 - LO STRESS CORRELATO ALL’ ATTIVITÀ LAVORATIVA ........... 4 - LE CAUSE DEL FENOMENO ......................................................... 5 - CONSEGUENZE DELLO STRESS ................................................. 7 - PATOLOGIE CORRELATE ............................................................ 9 - NORMATIVE ................................................................................. 11 - LA VALUTAZIONE DELLO STRESS .............................................. 13 - ASPETTI PREVENTIVI …………….............................................. 16 2 COS’È LO STRESS Il concetto di stress viene ampiamente utilizzato ed abusato nell’uso comune, impropriamente associato a caratteristiche negative quali depressione, ansia, tensione emotiva e ad altre condizioni di affaticamento psicologico, cui quasi sempre viene assegnato un carattere negativo. Ciò non è però corretto, in quanto di per sé lo stress rappresenta semplicemente un insieme di reazioni di natura adattativa che l’organismo mette in atto per fronteggiare i vari stimoli provenienti dall’ambiente esterno. Questi meccanismi non determinano necessariamente una risposta negativa, anzi a volte possono allenare la capacità individuale di fronteggiare gli stimoli esterni; è questo il concetto di eustress, o stress positivo. Solo quando le richieste da parte dell’ambiente esterno oltrepassano la capacità di adattamento dell’organismo si crea una condizione negativa che può determinare lo sviluppo di una patologia e che prende il nome di distress. Questa condizione di stress, si ripercuote su diversi sistemi e apparati del nostro organismo (nervoso, endocrino, immunitario, cardiovascolare) e determina inoltre l’ attivazione dei meccanismi di allerta del Sistema Nervoso (reazioni di attacco e fuga): vengono rilasciati gli ormoni, aumenta la frequenza, il respiro si fa più profondo, si tendono i muscoli. A determinare, a parità di stimolo stressogeno, l’evoluzione verso l’eustress o il distress, saranno poi la predisposizione e la suscettibilità soggettive, poiché la risposta allo stress è diversa da individuo a individuo. 3 LO STRESS CORRELATO ALL’ ATTIVITÀ LAVORATIVA Negli ultimi anni, a partire dai paesi dell’Europa del Nord e dalle nazioni a maggiore sviluppo tecnologico, quali Stati Uniti e Giappone, l’attenzione verso la componente psicosomatica di alcune patologie è cresciuta enormemente, in relazione alla riduzione degli indicatori di benessere dell’individuo. Indagando tra le cause del processo stressogeno, è emersa chiaramente la correlazione tra disagio psicofisico e attività lavorativa che, per le sue caratteristiche, può essere considerata come una delle principali fonti di stress della vita di ogni uomo. Nasce quindi il concetto di stress occupazionale, definito dal NIOSH (National Institute for Occupational Safety and Health), come l'insieme delle risposte nocive fisiche ed emozionali che avvengono quando le richieste lavorative differiscono dalle capacità, dalle risorse e dalle esigenze del lavoratore. Nelle società industriali, infatti, il lavoro è una condizione imprescindibile dalla sopravvivenza dell’individuo, il quale, proprio per questo è costretto a subirne tutti gli aspetti. Mansioni ripetitive, eccessivi carichi di lavoro, responsabilità verso terzi, conflitti interpersonali e problemi economici, sono solo alcune delle condizioni che caratterizzano il contesto lavorativo e che possono influire negativamente sullo stato di benessere. Inoltre, la necessità di mantenere il posto di lavoro, anche se sgradito, fino al raggiungimento dell’età pensionabile, conferiscono al problema un carattere di cronicità. Infatti, calcolando in almeno trentacinque anni la durata media della vita lavorativa di un individuo, si capisce perché anche lievi conflitti possono sfociare in patologie anche gravi o esacerbare un quadro clinico preesistente. Da ciò la necessità di intervento e soprattutto di non sottovalutare il fenomeno; infatti, se da un lato sono in diminuzione le malattie di natura professionale, d’altro canto si registra un importante aumento delle condizioni di disagio lavorativo e delle cosiddette malattie aspecifiche. L’indicatore che in qualche modo fornisce una stima di queste situazioni patologiche non riferibili a quadri clinici ben definiti è rappresentato dal numero di assenze per malattia, che infatti risulta in costante aumento. Oltre alla diffusione di queste “malattie aspecifiche”, contribuiscono ad incrementare il numero di giornate perse per malattia anche l’aumento della vita media (con l’avanzare dell’età aumentano i periodi di assenza prolungati) e la scarsità di servizi di supporto psicosociale e di supporto al personale con prole in età preadolescenziale. Il risultato finale di questi processi, oltre all’influenza negativa sullo stato di benessere, comporta una riduzione delle prestazioni lavorative. Si assiste infatti, oltre al già citato aumento delle giornate di assenza, all’incremento dell’errore umano (e quindi anche degli infortuni), alle difficoltà nei rapporti interpersonali, alla mancanza di entusiasmo e motivazione, all’eventuale abuso di sostanze e ad altri comportamenti che alla fine si traducono in un danno per la produttività aziendale. Queste condizioni, associate all’ incremento della spesa economica successivo ai costi per la medicalizzazione e/o l’ ospedalizzazione, comportano, dal punto di vista dell’azienda, ingenti danni economici, ragion per cui le compagnie più sensibili e lungimiranti hanno deciso da tempo di attuare programmi preventivi di tutela della salute psicofisica dei lavoratori che, come dimostrato da molte ricerche, presentano un ottimo rapporto costobeneficio (costituendo quindi una notevole fonte di risparmio per l’azienda) e permettono di preservare il capitale umano rappresentato dal personale esperto. 4 LE CAUSE DEL FENOMENO In funzione del ruolo fondamentale svolto dalla predisposizione individuale nella genesi dello stress negativo, i fattori in grado di determinare questa condizione (stressors) risultano molteplici. Per meglio comprendere il fenomeno dello stress di natura occupazionale possiamo ricondurre i principali indici stressogeni a due categorie principali: fattori ambientali e fattori lavorativi. FATTORI AMBIENTALI Rientrano in questa categoria tutte le condizioni di natura non occupazionale che possono influire sulla psiche dell’individuo modificandone lo stato di benessere. Un primo importante settore gremito di potenziali pericoli per la salute psicofisica della persona è rappresentato dall’ambiente familiare: la sua struttura e i suoi ruoli; i problemi economici che derivano dal suo mantenimento; le questioni immobiliari; i confitti tra i componenti del nucleo familiare (liti, separazione, divorzio); le esigenze alimentari, di vestiario o di altri generi di necessità; le questioni relative alla prole (gravidanza, parto, allevamento, scolarizzazione, conflitti generazionali); gli animali domestici; le malattie o i decessi che possono colpire un congiunto. Queste sono tutte condizioni che comportano l’instaurarsi dello stato di tensione (risposta adattativa dell’organismo) alla base del processo di stress. Fuori dal nucleo familiare, l’interazione dell’individuo con l’ambiente rappresenta l’altro importante settore in cui sono comprese alcune delle principali cause di stress soprattutto in relazione al confronto della persona con le altre componenti del contesto sociale. Ne sono un chiaro esempio la situazione economica personale e generale, il livello di scolarizzazione personale, i ruoli e i comportamenti sessuali, le amicizie, i rapporti sociali, l’immagine corporea, la gestione del tempo libero, l’igiene personale, la dieta e i comportamenti alimentari, ma anche i grandi temi sociali, come la politica, il sesso, il governo, la religione, la sanità, la contraccezione, l’ambiente. FATTORI LAVORATIVI Secondo il NIOSH le condizioni lavorative che sono in grado di determinare stress possono essere suddivise in sei categorie principali: CARATTERISTICHE DELLE MANSIONI – sono considerate situazioni stressanti gli eccessivi carichi di lavoro, le pause poco frequenti, i lunghi orari di lavoro e il lavoro a turni, le mansioni frenetiche e routinarie con poca inerenza con le proprie competenze, il mancato sfruttamento delle abilità del lavoratore, ecc. Utilizzando la valutazione ERI si è visto che il numero di ore lavorative influisce sui meccanismi di sforzo-ricompensa ed ha un ruolo importante nella genesi dello stress lavoro-correlato. GESTIONE AZIENDALE – possono determinare distress la mancata partecipazione dei lavoratori ai processi decisionali, la scarsa comunicazione tra azienda e dipendenti, l’assenza di politiche familiari, l’eccessiva burocrazia. RELAZIONI INTERPERSONALI – contribuiscono a rendere nocivo il contesto lavorativo un ambiente poco socievole e la mancanza di supporto tra i colleghi e tra questi e i dirigenti; in generale tutti i conflitti sul posto di lavoro. 5 RUOLI LAVORATIVI – in questo campo è stato dimostrato che le troppe responsabilità, ma anche delle aspettative lavorative conflittuali o incerte, sono un sicuro indice di stress. PROSPETTIVE DI CARRIERA – insicurezza nel lavoro e mancanza di opportunità di crescita, avanzamento e promozione, così come rapidi cambiamenti a cui i lavoratori sono impreparati, possono determinare l’insorgenza di stress. Lo stesso discorso può essere fatto in relazione a salari inadeguati. AMBIENTE LAVORATIVO – condizioni sgradevoli o pericolose, come affollamento, rumore, inquinamento dell’aria e problemi ergonomici, vengono percepite dal lavoratore come nocive e quindi stressanti. In generale tutti i fattori di rischio lavorativo possono essere percepiti come fattori stressanti ed interferire col benessere dell’individuo. 6 CONSEGUENZE DELLO STRESS Lo stress può influire sulla vita dell’individuo a vari livelli: determinando patologia, modificando la qualità della vita (abitudini scorrette e voluttuarie, comportamento antisociale) o interferendo con l’attività lavorativa (assenze dal lavoro, infortuni, ritardi). STRESS E QUALITA’ DELLA VITA Studi scientifici dimostrano come lo stress incida in maniera significativa sulla qualità della vita soprattutto in quei soggetti con reddito medio-basso. Stranamente i dati dimostrano come gli indici di stress cosiddetti minori abbiano un impatto maggiore sullo stato di benessere generale rispetto agli stressors maggiori (es. detenzione in carcere o morte del coniuge). La condizione di disagio psicologico cui è sottoposto l’individuo esposto a situazioni stressanti determina uno stato di tensione emotiva cui l’organismo risponde instaurando meccanismi di difesa dal mondo esterno. Si assiste così al manifestarsi di crisi depressive, comportamenti sleali e antisociali (furti, piccole illegalità), isolamento sociale, incremento delle abitudini voluttuarie (tabagismo), utilizzo di sostanze d’abuso (alcol, droghe); spesso poi questi atteggiamenti si riflettono anche sulla famiglia (problemi psicologici nella prole) e comportano un eccessivo ricorso alla tutela assicurativa. Tra le altre abitudini scorrette indotte dallo stress, è stata dimostrata anche una correlazione statistica, seppur debole, con la diminuzione dell’attività fisica. Ciò andrebbe imputato a un deficit della volontà e della capacità di impegnarsi a fondo in un’attività extralavorativa, determinato dallo stato di stress. Non va dimenticato, infine, il lato economico, sia individuale che relativo alla spesa sanitaria pubblica: in funzione delle sue conseguenze, alti livelli di stress comportano anche un maggiore ricorso ai medici di medicina generale, inoltre, è dimostrato che in caso di stress le spese sanitarie aumentano del 50%. STRESS E ATTIVITA’ LAVORATIVA Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, alti livelli di stress occupazionale sono correlati con un maggior rischio di infortuni e di decessi. Inoltre si registra un aumento dei disordini psicologici, strettamente correlato con il rischio da stress lavorativo e le eccessive richieste sul posto di lavoro. Infatti, così come tutte le condizioni in cui l’organismo non riesce a far fronte alle richieste dell’ambiente esterno siano in grado di determinare distress, allo stesso modo nel caso dell’attività lavorativa l’individuo è soggetto a forti pressioni che non sempre è in grado di controllare. Si generano così dei comportamenti scorretti rivolti verso quella che viene considerata la causa principale o quantomeno una concausa del proprio stato emotivo. Sono indicatori considerati “classici” l’assenteismo e il ritardo cronico, le pause prolungate, gli infortuni ripetuti e l’abitudine di ritardare il rientro al lavoro dopo vacanze o permessi. Questi atteggiamenti si riflettono naturalmente anche sulla performance lavorativa: si diventa intolleranti alla propria mansione, aumentano gli errori, si distruggono gli strumenti di lavoro, non si portano a termine i compiti assegnati e non si rispettano i tempi di consegna. Si alterano inoltre i rapporti con i colleghi: si riducono collaborazione, socializzazione e comunicazione, aumentano competitività e rifiuto delle regole. 7 Lo stress inoltre non fa distinzioni gerarchiche: infatti, se da un lato gli impiegati manifestano un eccessivo bisogno dei supervisori o diventano ipercritici nei loro confronti, dall’altro i manager vedono diminuire la loro capacità direttiva e non riescono a motivare i sottoposti. Tuttavia fa differenze di genere: le malattie correlate a questo tipo di disagio, infatti, colpiscono le donne con una percentuale doppia rispetto ai colleghi uomini. Questo processo scatena una catena di eventi che si traduce in una diminuzione della produttività: aumentano i dipendenti che preferiscono lasciare il proprio posto di lavoro e quindi l’azienda, oltre a perdere un importante capitale umano (i lavoratori esperti), è costretta ad affrontare ingenti spese per reclutare ed addestrare nuovi lavoratori; inoltre, aumentando i soggetti con poca esperienza, si assiste ad un incremento degli incidenti sul lavoro, si riduce la capacità produttiva aziendale e contemporaneamente aumentano sia il carico di lavoro che le responsabilità per i supervisori, maggiormente soggetti ad assenteismo e interruzione volontaria del rapporto lavorativo. 8 PATOLOGIE STRESS CORRELATE Lo stimolo stressogeno determina nell’organismo una risposta, che richiede uno sforzo di adattamento cui corrisponde un alto consumo energetico. L’esposizione a stimoli ripetuti, specie se non bilanciati da eventi positivi e in relazione all’intensità, la durata e la sinergia tra di essi, può determinare un deficit dei meccanismi di difesa e sfociare in uno stato di malattia (distress). La risposta allo stress è costituita da due fasi: ACUTA (o di allarme); CRONICA (o adattativa). In questa fase l’organismo si trova in equilibrio precario tra eustress e distress: a questo punto può recedere e rientrare in una condizione di benessere o passare alla fase successiva, quella di esaurimento, in cui il perdurare degli eventi stressanti comporta l’esaurimento funzionale e l’instaurarsi della condizione di distress. L’insieme delle tre fasi costituisce la cosiddetta Sindrome da Stress Negativo. Le condizioni patologiche associate a stress si possono quindi considerare come il risultato di una risposta adattativa dell’organismo troppo intensa e prolungata nel tempo che determina l’esaurimento funzionale dei meccanismi di difesa fisiologici. Gli apparati e i sistemi maggiormente colpiti sono: cardiovascolare, nervoso, endocrino, gastrointestinale, immunitario. APPARATO CARDIOVASCOLARE In anni recenti una particolare attenzione è stata riposta al rapporto tra le patologie cardiovascolari e i livelli di stress della vita quotidiana, ampiamente riconosciuti come fattore eziologico determinante. Lo stress infatti può agire sia in maniera diretta, quindi attraverso meccanismi neuroendocrini, che in maniera indiretta, tramite la promozione di comportamenti non salutari. Se da un lato, infatti, la presenza di stress è associata con un maggiore rischio di sviluppo di patologie cardiovascolari (es. infarto miocardico, angina, coronaropatia, tachicardia, ipertensione arteriosa e varicosità venose), dall’altro esiste una associazione statisticamente significativa a livelli medio-alti di stress con comportamenti scorretti (tabagismo, consumo di alcol, riduzione dell’esercizio fisico, ipercolesterolemia, ecc.), tutti fattori di rischio per lo sviluppo di cardiopatie. SISTEMA NERVOSO Anche tra disordini di natura nervosa e stress sono state osservate sia un’importante associazione che una relazione più che significativa con la sua componente occupazionale. Infatti è stata riscontrata un’importante correlazione, soprattutto per depressione, ansia e somatizzazione, tanto da poter definire un rapporto direttamente proporzionale tra rischio di deficit psicologico e incremento dello stress lavorativo. Le condizioni più spesso riscontrate variano dai disturbi dell’umore, alle alterazioni del ritmo sonno-veglia, ai conflitti interpersonali e familiari, fino al burnout, alla depressione e alle tendenze suicide. APPARATO GASTROINTESTINALE In molti studi gli eventi stressanti sono stati associati con l’insorgenza o l’esacerbazione di molte patologie dell’apparato digerente, tra cui i disturbi funzionali gastrointestinali, le malattie infiammatorie, la malattia da reflusso gastroesofageo, l’ ulcera peptica e la sindrome del colon irritabile. Diversi meccanismi sono stati ipotizzati per spiegare questo fenomeno: ipereattività del 9 sistema vegetativo e iperstimolazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, feedback negativo delle citochine infiammatorie sulla risposta infiammatoria. APPARATO CUTANEO Molti studi scientifici sottolineano la correlazione tra disturbi cutanei e patologie nervose. Ovviamente lo stesso discorso vale anche per lo stress, anche se sarebbero necessari ulteriori approfondimenti per meglio chiarire questo rapporto. Allo stato attuale, esiste evidenza scientifica di un ruolo degli eventi stressanti nello scatenare o esacerbare una patologia cutanea per quello che riguarda dermatiti eczematose, infezioni da herpes virus, orticaria, psoriasi, alopecia areata, dermatite atopica. SISTEMA IMMUNITARIO Un altro importantissimo ruolo dello stress nel determinare lo stato di malattia riguarda le sue interazioni col sistema immunitario. E’ dimostrato infatti che elevati livelli di stress aumentano la suscettibilità alle infezioni, promuovono lo sviluppo di neoplasie, malattie infiammatorie e autoimmuni; stimolano inoltre la produzione di alcune citochine infiammatorie, per alcune delle quali è stato dimostrato addirittura un rapporto direttamente proporzionale. APPARATO MUSCOLO-SCHELETRICO Esiste una correlazione, nota ma non chiara, tra lo stress lavoro-correlato e i disordini muscoloscheletrici. Sappiamo, ad esempio, che livelli sonori non eccessivi ma persistenti, come quelli del classico rumore d’ufficio, determinano uno stato di tensione muscolare prolungato, scientificamente dimostrato mediante l’ utilizzo di metodiche elettromiografiche. Inoltre l’esposizione a stress occupazionale comporta una minore capacità di recupero. 10 NORMATIVE In virtù della fondamentale importanza ricoperta dall’ integrità psicofisica nella tutela dello stato di benessere del lavoratore, il fenomeno dello stress viene affrontato a livello scientifico sin dagli anni ’50. Le crescenti evidenze dell’ influenza di questo fattore di rischio sui processi aziendali hanno portato la Comunità Internazionale all’ emanazione di diverse normative per la tutela del lavoratore da questo tipo di disagio sin dai primi anni ’80, con un crescendo che ha convinto successivamente anche l’ Unione Europea ad imporre ai paesi membri la necessità di valutare e prevenire il fenomeno. Anche in Italia, in maniera velata con il D.Lgs 626/94 ed in seguito esplicitamente con il D.Lgs 81/2008, affrontare lo stress lavoro correlato diventa un obbligo normativo. LEGISLAZIONE INTERNAZIONALE Uno dei primi organismi internazionali ad occuparsi di salute mentale è stato l’ International Labour Organization (ILO), l’agenzia ONU che si occupa della promozione dei diritti umani nell’ambiente di lavoro, con le Convenzioni C155 (Occupational Safety and Health Convention) del 1981 e C161 (Occupational Health Services Convention) del 1985, nelle quali viene più volte sottolineata la necessità della tutela della salute psicofisica del lavoratore come uno dei primi intenti della sicurezza sul lavoro. Anche la Comunità Europea si è spesso occupata del problema dello stress correlato all’ attività lavorativa, con pubblicazioni (Spice of Life or Kiss of Death? Working on Stress, 1999) e direttive nelle quali gli stati membri vengono invitati a prestare particolare attenzione al crescente problema dello stress legato al lavoro (Conclusioni del Consiglio del 15.11.01; Risoluzione del Parlamento Europeo sulla promozione della salute e della sicurezza sul lavoro del 24.02.05); fino ad arrivare alla stesura del famoso Accordo Quadro Europeo sullo stress lavoro-correlato del 8.10.2004, cui si fa riferimento anche nella Legislazione Italiana (art. 28, c. 1, D.Lgs 81/08). Infine molti altri organismi internazionali si sono battuti per il riconoscimento dello stress tra i fattori di rischio lavorativo, tra cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità che nel 2005, nel corso della Conferenza di Helsinki sulla Salute Mentale, ha adottato il ”Piano d’Azione sulla salute mentale per l’Europa”, nel quale vengono consigliate alcune iniziative volte a preservare lo stato di benessere psico-fisico nei luoghi di lavoro. LEGISLAZIONE ITALIANA PRIMA DEL D. LGS 81/2008 Un accenno al problema del disagio psicosociale sul posto di lavoro era contenuto già nel D.Lgs n. 626 del 1994, che all’art.4 (Obblighi del datore di lavoro del dirigente e del preposto) comma 1 imponeva la valutazione di “tutti i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari”. Inoltre tra i requisiti professionali degli addetti e dei responsabili del servizio di prevenzione e protezione era richiesto un attestato di frequenza a specifici corsi riguardanti tra l’altro il tema della salute psicosociale. Ovviamente questo semplice accenno non ha costituito di per sé un obbligo alla valutazione e alla prevenzione del problema dello stress occupazionale, che quindi non è stato mai realmente affrontato. 11 IL DECRETO LEGISLATIVO 81/2008 e s.s.m.m. Col Testo Unico in materia di tutela della Salute e della Sicurezza nei luoghi di Lavoro, finalmente l’Italia si adegua alla legislazione europea, imponendo con l’art. 28 (Oggetto della valutazione dei rischi) comma 1 che la valutazione debba “riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavorocorrelato, secondo i contenuti dell'accordo europeo dell'8 ottobre 2004”. Purtroppo però, la scadenza inizialmente fissata per la valutazione dello stress (31.12.2008) viene più volte prorogata dal Legislatore, fino ad arrivare alla data del 31.12.2010 che però non rappresenta una scadenza, bensì la data di avvio delle operazioni di valutazione. Quanto alle modalità con cui effettuare la valutazione, il D.Lgs 106/2009 stabilisce che spetti alla Commissione Consultiva Permanente per la Salute e Sicurezza sul Lavoro, istituita Presso il Ministero del Lavoro e della previdenza sociale, come previsto dall’art.6 del D.Lgs 81, il compito di elaborare le indicazioni necessarie. Più volte attese, tali indicazioni giungono il 18.11.2010 e in esse viene ribadita l’ importanza della valutazione dei fattori oggettivi, che costituiscono la fase cosiddetta preliminare, seguita poi dall’ analisi delle componenti soggettive qualora le iniziative intraprese dalle aziende per arginare il rischio da stress risultino inefficaci. 12 LA VALUTAZIONE DELLO STRESS Dalla metà del secolo scorso, quando venne identificato il fenomeno dello stress, gli studiosi di tutto il mondo hanno cercato di mettere a punto degli strumenti per la sua valutazione. Per la natura estremamente insidiosa e variabile di questo fattore di rischio, però, nessuno di essi può considerarsi definitivo. In Italia il problema è noto da tempo, ma solo con l’ introduzione dell’ obbligo normativo imposto dal D.Lgs 81/2008 si è provveduto ad affrontare il problema della corretta metodologia di valutazione. In attesa di conoscere le indicazioni della Commissione Consultiva Permanente per la Salute e Sicurezza sul Lavoro, molti enti si sono cimentati nel fornire il giusto approccio. La Regione Lombardia, la Regione Toscana, il Coordinamento Tecnico Interregionale della Prevenzione nei luoghi di lavoro, l’ ISPESL, sono solo alcuni degli organismi che hanno fornito delle Linee Guida, diverse per certi aspetti ma tutte accomunate da una convinzione: la necessità di considerare il doppio approccio, oggettivo e soggettivo, ai fini di una corretta valutazione. APPROCCIO OGGETTIVO Si effettua quando la misura del rischio da stress occupazionale viene intrapresa in maniera obiettiva, analizzando le caratteristiche degli ambienti e del contesto lavorativo, offrendo delle valutazioni indipendenti dalle percezioni dei lavoratori e delle loro personali risposte ai fattori stressanti. Appartengono a questo tipo di approccio le cosiddette misure di situazione e gli indicatori di esposizione: MISURE DI SITUAZIONE – si tratta della valutazione di quelle condizioni, proprie dell’ambiente lavorativo, che possono essere percepite dal lavoratore come fonte di stress. Si distinguono: – caratteristiche della mansione (orari di lavoro, routine, burocrazia, soddisfazione lavorativa, lavoro notturno o a turni, supporto da colleghi o superiori, responsabilità, prospettive di carriera, retribuzione, possibilità di crescita formativa, partecipazione al processo decisionale, lavoro straordinario, incentivi, livello di concentrazione o vigilanza, gratificazione, ecc) – caratteristiche dell’ambiente lavorativo (microclima, condizioni ergonomiche, illuminazione, rumore, agenti tossici, agenti biologici o altri rischi professionali, postazione lavorativa, struttura gerarchica aziendale, servizi per i lavoratori, programmi formativi, programmi assistenziali, programmi di prevenzione, comunicazione azienda-dipendenti, politiche “familiari”, ecc) – caratteristiche dei cicli produttivi (adeguatezza delle attrezzature, inerenza dei compiti con la mansione, carichi di lavoro, frequenza delle pause, possibilità di comunicazione, condizioni di rischio per la salute, tempi di esecuzione dei compiti, ecc) Il vantaggio dell’ utilizzo di questi strumenti è dato da una valutazione obiettiva e indipendente dalla percezione individuale dello stress da parte del lavoratore, mentre gli svantaggi sono rappresentati dalla necessità di valutare gli ambienti di lavoro e dalla richiesta di personale esperto e adeguatamente formato sulle caratteristiche negative per la salute, ma anche sui comportamenti nocivi della catena produttiva. INDICATORI DI ESPOSIZIONE – sono basati sulla considerazione che l’esposizione a livelli nocivi di stress determina sul lavoratore delle modificazioni della performance o dello stato di salute il cui riscontro può essere utilizzato per realizzare una stima dell’esposizione stessa. Si distinguono quindi misure di performance e indicatori patologici. 13 – misure di performance (assenteismo, infortuni ripetuti, ritardo cronico, pause prolungate, ritardato il rientro al lavoro dopo vacanze o permessi, mancato rispetto dei tempi di consegna, incapacità di portare a termine i compiti assegnati, richieste di trasferimento, eccessivo ricorso all’aiuto dei supervisori, errori frequenti, incapacità di collaborare o socializzare con i colleghi o i superiori) – indicatori patologici (cortisolo, catecolamine, frequenza cardiaca, pressione arteriosa, funzione insulinica, pupillometria, elettromiogramma, encefalogramma e potenziali evocati, endorfine, colesterolo) Anche in questo caso il vantaggio dell’ utilizzo di questi strumenti è dato da una valutazione obiettiva e indipendente dalla percezione individuale dello stress da parte del lavoratore, mentre gli svantaggi sono rappresentati dal fatto che tali indicatori forniscono una stima generale (non occupazionale) dei livelli di stress, nonché necessitano della raccolta di campioni biologici e di laboratori debitamente attrezzati, con costi maggiori rispetto ad altre procedure. APPROCCIO SOGGETTIVO Si effettua quando l’attenzione è posta esclusivamente sull’individuo e sulla personale consapevolezza che egli possiede del proprio stato di disagio psicofisico. Questo tipo di approccio, in assoluto il più diffuso e utilizzato, si attua essenzialmente mediante la somministrazione di interviste ai lavoratori tramite l’ utilizzo di questionari autovalutativi, con il vantaggio di fornire una stima personale per ogni lavoratore dei suoi livelli di stress, ma con diversi svantaggi, quantomeno per i più blasonati strumenti esistenti in letteratura, quali il Job Content Questionnaire di Karasek, l’ Effort Reward Imbalance di Siegrist, l’ Occupational Stress Indicator di Cooper o il più recente HSE Indicator Tool dell’ Health and Safety Executive. Tali strumenti, infatti, che comunque risentono della caratteristica di suscettibilità individuale, nascono con una finalità più epidemiologica che valutativa, sono per lo più in lingua inglese e costruiti su realtà molto attive nel campo della prevenzione come quella anglosassone o scandinava, molto diverse dal contesto lavorativo italiano, inoltre pochi possiedono una versione tradotta in lingua italiana (che non è un adattamento ma una mera traduzione) e la maggior parte di essi è stata realizzata prima del 2000, quindi potrebbero non essere aggiornati rispetto ai notevoli cambiamenti sociali e lavorativi degli ultimi anni, infine la quasi totalità di essi è protetta da rigide norme di copyright. Come detto, le indicazioni dei più importanti enti che si occupano di Salute e Sicurezza sul lavoro depongono per l’ utilizzo di entrambi gli approcci, ma anche analizzando tutti i fattori precedentemente descritti, resterebbero comunque delle lacune dovute all’eccessiva vastità del fenomeno e alle implicazioni individuali che comporta e che quindi genererebbero delle variabili non calcolabili. Inoltre, un approccio realmente completo, o quantomeno il più completo possibile, renderebbe necessario il coinvolgimento di più specialisti (psicologi, psichiatri, medici del lavoro e altre figure della prevenzione, ecc) e imporrebbe di rivolgere verso il lavoratore e l’azienda un’ onerosa attenzione in termini di tempo e soprattutto di costi, cosa che si scontra con le politiche della quasi totalità delle compagnie, ma anche con la volontà dello stesso lavoratore. Realizzare lo strumento perfetto, quindi, risulta quantomeno utopistico, ma nonostante ciò è possibile mettere a punto un buon compromesso in grado di valutare i principali indici di stress, tenendo conto sia delle reazioni individuali che degli stimoli ambientali. 14 In questo senso, quindi, possiamo considerare idoneo, nella maggior parte dei casi, uno strumento valutativo che presenti le seguenti caratteristiche: - autosomministrativo: in questo modo si riduce per il Medico Competente il tempo da dedicare alla valutazione, si ottiene una maggiore sincerità nelle risposte e si permette al lavoratore di dedicare alla compilazione il tempo e i modi ritiene necessari. - di facile comprensione: affinché possano essere inclusi nell’indagine tutte le categorie di lavoratori, indipendentemente dal grado di istruzione posseduto. - anonimo: in modo da ottenere dal lavoratore la massima sincerità possibile nelle risposte. - non eccessivamente esteso: se così non fosse sia i lavoratori che l’azienda potrebbero opporre resistenza ritenendo eccessivo lo spreco di risorse. - completo e versatile: in questo modo tramite un unico strumento sarà possibile effettuare una valutazione valida per tutte le mansioni e tutte le aziende. - ad approccio sia soggettivo che oggettivo: in quanto uno strumento veramente completo deve tenere conto sia delle caratteristiche stressanti fornite dall’ambiente lavorativo (componente oggettiva), che della suscettibilità individuale del lavoratore (componente soggettiva). Infine tra le altre importanti caratteristiche di cui tenere conto troviamo sia la valutazione comparativa tra i valori di stress e le patologie ad esso correlabili, che la globalizzazione del mondo del lavoro: sarebbe quindi auspicabile realizzare uno strumento utilizzabile in tutti i paesi e che come tale, sia tradotto in molteplici lingue. 15 ASPETTI PREVENTIVI In relazione alle conseguenze sociali, sanitarie e lavorative che l’esposizione ad elevati livelli di stress comporta, l’introduzione di programmi preventivi volti a eliminare, o quantomeno ridurre, le complicanze che derivano da questo fenomeno risulta un intervento necessario. Le misure preventive possono essere individuali o collettive; nel primo caso si agisce su un individuo per cui è stato valutato un livello eccessivo di stress o per il quale è stato dimostrato che la mansione comporti una esposizione eccessiva; in caso di misure collettive, invece, è necessario predisporre programmi globali di gestione dello stress. Secondo il NIOSH, le strategie preventive più diffuse sono essenzialmente due: – Programma di assistenza agli impiegati. Circa la metà delle grandi aziende negli USA ne ha uno. Riduce i sintomi dello stress come ansia e disturbi del sonno, non è costoso ed è facile da sviluppare. D'altro canto agisce solo sui sintomi a breve termine e ignora importanti cause di stress, in quanto si focalizza sui fattori lavorativi e non su quelli ambientali. – Modifiche organizzative. Consiste nell'identificazione degli aspetti lavorativi più stressanti e nella realizzazione di strategie per eliminarli. Il vantaggio di questo approccio consiste nell' azione diretta sui principali fattori di stress, ma spesso i manager si trovano a disagio nel dover effettuare radicali cambiamenti della struttura organizzativa dei carichi di lavoro. PROGRAMMI DI PREVENZIONE DELLO STRESS I programmi di prevenzione sono un passo ormai necessario nelle strategie per fronteggiare lo stress; infatti dalla letteratura scientifica sappiamo che questi interventi agiscono sia sullo stato di salute dell’individuo (migliorano lo stato di benessere generale e la percezione della propria salute psicologica) che sull’attività lavorativa (influiscono positivamente su produttività, professionalità, assenteismo, valutazione organizzativa). In questi anni poi il tema della prevenzione dello stress sta ricevendo una grande attenzione: in tutto il mondo stanno nascendo diverse iniziative in tal senso, come l’HSE (Health Safety Executive; Gran Bretagna), il Combat Workstress Approach (Olanda), il SOBANE (Screening, OBservation, ANalysis, Expertise; Belgio). L’Italia, tramite l’ISPESL, partecipa al progetto europeo PRIMA-EF (Psychosocial RIsk MAnagement - European Framework) per la gestione dei rischi psico-sociali con particolare attenzione allo stress lavoro correlato e alla violenza sul lavoro. Esempi di programmi preventivi in grado di ridurre i livelli di stress sono: abbattimento dello stress; miglioramento della forma fisica; screening dell’ipertensione; controllo dell’abuso di alcol, farmaci e droghe; controllo del fumo di sigaretta; nutrizione e dietologia; screening tumorale; programmi specifici per le singole mansioni (ergonomia, lavori pericolosi, antinfortunistica). 16 Il NIOSH ha identificato all’interno dei programmi di prevenzione dello stress tre fasi principali: 1. Identificazione del problema. (creare un gruppo di lavoro composto da dirigenti, impiegati e rappresentanti dei lavoratori; utilizzare un questionario per capire la percezione dei lavoratori delle condizioni di lavoro e dei livelli di stress, le condizioni di salute e la soddisfazione lavorativa; valutare gli indici di stress come: assenteismo, malattia, cambi di turno, cattive prestazioni lavorative). 2. Intervento. (identificare le cause di stress da modificare; proporre le strategie di intervento; comunicare il piano di intervento agli impiegati). 3. Valutazione. (condurre valutazioni a breve e lungo termine; misurare la percezione degli impiegati delle condizioni di lavoro, stress, salute e soddisfazione lavorativa; ridefinire gli interventi e ricominciare dal punto 1). Per realizzare un adeguato programma di gestione dello stress è opportuno monitorare sia i parametri indicatori di stress fisico (patologie correlate, abitudini di vita), sia le influenze dello stress sulla produttività. E’ inoltre importante realizzare percorsi formativi che aiutino gli impiegati a riconoscere e gestire lo stress facilitando la risposta adattativa. Il NIOSH ha evidenziato alcune caratteristiche applicabili ai programmi di prevenzione per aumentare la produttività e ridurre lo stress. Tra esse: riconoscimenti per i lavoratori con buone prestazioni, opportunità di carriera e l’introduzione di una cultura organizzativa che valuti i lavoratori individualmente. Altre caratteristiche importanti, come evidenziato in uno studio della The St.Paul Fire and Marine Insurance Company pubblicato sul Journal of Applied Psychology sui programmi di prevenzione ospedaliera, includono: educazione allo stress per impiegati e dirigenti, cambiamenti nelle politiche aziendali con procedure per ridurre le cause di stress, creazione di programmi di assistenza ai lavoratori. Dai risultati di questo studio è stata riscontrata una riduzione del 50% della frequenza degli errori dei medici e del 70% delle pratiche di malasanità. Non va dimenticato inoltre di elevare i livelli di soddisfazione lavorativa: studi recenti dimostrano la sua efficacia nel contrastare sia gli effetti dello stress e che quelli del burnout. Inoltre possono essere consultati esperti nel campo della prevenzione nei luoghi di lavoro o possono essere richieste le prestazioni di consulenti esterni più specializzati; l’importante è però che dopo che i provvedimenti di gestione dello stress siano stati attuati, venga svolta una verifica periodica al fine di accertarne l’efficacia. 17 Dr. Salvatore Bellia Specialista in Medicina del Lavoro Medico Autorizzato per la Radioprotezione Medica _________________________________________________________________ Istituto B. Ramazzini srl Medicina del Lavoro e Igiene Industriale via Mogadiscio, 1 – 95124 – Catania – Tel: +39 095 312722 – Fax: +39 095 311357 email: [email protected] – website: htttp://www.istitutoramazzini.com _________________________________________________________________ ALL RIGHTS RESERVED © 2010 18