Natural.Tex
Le fibre naturali nella filiera tessile toscana
Docup Ob. 2 Anni 2000-2006 - Azione 1.7.1
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
La pubblicazione fa parte dei risultati di un progetto finanziato dall’Amministrazione
regionale sui Fondi Docup ob.2, anni 2000-2006.
La Regione Toscana non è responsabile dei testi e di quant’altro inserito dagli autori
e curatori nella presente pubblicazione.
Pubblicazione collegata alla Collana:
RICERCA TRASFERIMENTO INNOVAZIONE
Settore delle politiche regionali
dell’innovazione e della ricerca
Dirigente responsabile:
Simone Sorbi
Regione Toscana
Giunta regionale
Tiratura copie 1000
Distribuzione gratuita
Mese e anno di pubblicazione settembre 2006
2
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
INDICE
1 PREFAZIONE
Pag. 5
2 INTRODUZIONE
2.1 Il progetto Natural.Tex
2.2 Gli obiettivi del progetto
2.3 La rete e il gruppo di lavoro
Pag. 7
Pag. 7
Pag. 7
Pag. 7
3 L'ABBIGLIAMENTO NATURALE: IL CONSUMATORE E GLI
OPERATORI DEL SETTORE
Pag. 9
3.1 Definizione di abbigliamento naturale
Pag. 9
3.2 La metodologia d’indagine
Pag. 9
3.2.1 L’indagine sul consumatore
Pag. 9
3.2.2 L’indagine sugli operatori di settore
Pag. 10
3.3 I risultati
Pag. 10
3.3.1 I consumatori: una domanda matura e consapevole
Pag. 10
3.3.2 Gli operatori: una nicchia appetibile a condizione che..
Pag. 17
3.3.2.1 Gli imprenditori tessili (Focus Group 1)
Pag. 17
3.3.2.2 Gli imprenditori dell’abbigliamento (Focus Group 2)
Pag. 18
3.4 In conclusione: un’offerta ad elevata differenziazione
Pag. 20
4 LA FILIERA DELLE FIBRE TESSILI DI ORIGINE VEGETALE
4.1 Le fibre tessili oggi
4.2 La coltivazione di piante da fibra nella UE e in Italia
4.3 Aspetti tecnico-economici della coltivazione delle principali piante da
fibra
4.3.1 Lino (Linum usitatissimum)
4.3.2 L’ortica da fibra (Urtica Dioica)
4.3.3 La ginestra da fibra (Spartium Junceum)
4.3.4 La canapa da fibra (Cannabis Sativa)
4.4 Confronti economici-colturali fra le colture da fibra considerate
4.5 Aspetti ambientali delle piante da fibra
Pag. 21
Pag. 22
Pag. 23
Pag. 24
Pag. 25
Pag. 29
Pag. 33
Pag. 36
Pag. 43
Pag. 45
5 ASPETTI TECNICO-ECONOMICI DELLA LAVORAZIONE DELLE
FIBRE NATURALI VEGETALI
Pag. 47
5.1 Dalla paglia alla fibra
Pag. 47
5.2 La macerazione
Pag. 47
5.3 La stigliatura e pettinatura
Pag. 49
5.4 La filatura
Pag. 53
5.4.1 La filatura cotoniera
Pag. 53
5.4.2 La filatura liniera
Pag. 54
5.4.2.1 Filatura del lino lungo tiglio
Pag. 54
5.4.2.2 La filatura della stoppa
Pag. 56
5.4.3 La filatura della canapa
Pag. 57
5.4.3.1 La cotonizzazione
Pag. 57
5.4.4 Ortica e fibre liberiane in genere
Pag. 58
3
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
5.5 Elementi di criticita’
5.5.1 Dal campo al filato
5.5.2 Costi: rapporto qualità prezzo
5.5.3 La qualità del prodotto e controllo della difettosità
5.5.4 La risposta del mercato
Pag. 58
Pag. 58
Pag. 59
Pag. 59
Pag. 60
6 ANALISI “SWOT” DELLE PIANTE DA FIBRA
Pag. 61
7 ANALISI DELLA VOCAZIONALITÀ DEL TERRITORIO TOSCANO
ALLA COLTIVAZIONE DI PIANTE DA FIBRA
Pag. 63
7.1 Definizione delle unità di paesaggio
Pag. 63
7.2 Indici calcolati per la suitability
Pag. 63
7.3 Analisi statistiche per coltura
Pag. 65
7.4 Analisi statistiche per provincia e per coltura
Pag. 65
7.5 Analisi del comparto agricolo pratese
Pag. 66
8 LE IMPRESE DELLA FILIERA E LE FIBRE NATURALI
8.1 Gli imprenditori agricoli
8.2 Gli imprenditori artigiani tessili
Pag. 71
Pag. 71
Pag. 72
9 LA PROPOSTA DEI COLORANTI NATURALI
9.1 I coloranti naturali
9.2 Prospettive attuali dell'uso nell'industria tessile dei coloranti naturali
Pag. 79
Pag. 79
Pag. 82
10 CONCLUSIONI
Pag. 85
11 APPENDICE E BIBLIOGRAFIA
11.1 Estratto dei focus group
11.1.1 Focus group 1 – Imprenditori tessili
11.1.2 Focus group 2 – Imprenditori dell’abbigliamento
11.2 Riferimenti bibliografici e siti internet consultati
Pag. 89
Pag. 89
Pag. 89
Pag. 92
Pag. 95
4
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
1 PREFAZIONE
A cura di Simone Sorbi
Responsabile del Settore politiche regionali dell’innovazione e della ricerca
Direzione generale dello sviluppo economico - Regione Toscana
Incremento di conoscenza, innovazione, ricerca e trasferimento al sistema produttivo sono alla base
del modello di sviluppo perseguito dalla nostra Regione, che richiede l’espansione di un articolato
quadro di collaborazioni e relazioni tra diversi soggetti, attori dei processi innovativi toscani. E’
infatti necessario rendere il sistema produttivo sempre più cosciente della necessità di creare reti che
siano in grado di realizzare sinergie tra competenze diverse, in modo da rispondere adeguatamente
alle necessità del periodo presente. Le reti devono, inoltre, e possono, essere il luogo immateriale per
la messa a fuoco dei punti di forza e di debolezza del sistema produttivo, dei suoi bisogni e
aspettative; “luogo” d’elaborazione di possibili strategie e metodologie operative che sappiano
riflettersi su una creatività d’impresa, o innovazione, che in modo sempre più evidente appare
fondamentale in questo periodo storico.
Attraverso il bando dal DoCUP. Ob.2 anni 2000 – 2006, Azione 1.7.1. “Reti per il
trasferimento tecnologico” prevista dalla Misura 1.7 “Trasferimento dell’innovazione alle P.M.I.",
la Regione Toscana ha inteso appunto promuovere la creazione e il consolidamento di reti di
imprese, organismi di ricerca, centri di servizio e istituzioni pubbliche per lo sviluppo di attività di
trasferimento tecnologico e di diffusione dell'innovazione, negli ambiti nei quali la regione dispone di
un significativo potenziale di ricerca e di sviluppo industriale; in modo che sia anche possibile
sfruttare le opportunità offerte da progetti/programmi europei e nazionali, allo scopo di accrescere la
competitività e la capacità operativa degli attori regionali.
Alla luce delle eccellenze scientifiche e delle competenze produttive che il nostro territorio regionale
esprime, sono stati dunque individuati otto settori nei quali si evidenzia l’importanza
dell’innovazione tecnologica e della comunicazione per le imprese, unitamente alla sicurezza di
processo e di prodotto per il consumatore finale, in ogni sua possibile articolazione: ICT per la
modellistica, il design ed il manufactural processing; applicazioni micrometriche e nanometriche;
nuovi materiali; sistemi optoelettronici; meccanica avanzata e robotica; sistemi di navigazione ed
infomobilità; reti telematiche fisse/mobili, trasmissioni dati, servizi ed applicazioni informatiche;
ICT per le scienze della vita.
I vari progetti approvati possono dare un loro contributo per rispondere all'esigenza, presentata nella
Misura, di incrementare l'efficienza e la qualità dei processi produttivi e di commercializzazione,
cercando di elevare gli standard di qualità dei prodotti e il loro contenuto innovativo, cercando così di
sviluppare aree di competenze e di eccellenze tecnologiche con le quali rilanciare i settori tradizionali
e dare ulteriore impulso ai settori innovativi del sistema Toscana.
5
6
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
2 INTRODUZIONE
2.1 Il progetto Natural.Tex
Negli ultimi anni è stata riscontrata una crescita della domanda di prodotti “naturali” o a “basso
impatto ambientale” (biodegradabili, riciclabili, non depauperanti) che ha riportato l’attenzione
anche sul settore delle fibre naturali di origine vegetale differenti dal cotone, la cui coltivazione è
considerata depauperante e per la quale si usano enormi quantitativi di fitofarmaci. Nel settore
tessile, a parte il lino che da sempre è considerato il tessuto estivo per eccellenza, sono comparsi o
ricomparsi filati e tessuti a base di canapa, bambù, soia, juta, ortica, ecc.
Visitando l’ultima edizione estiva di Pitti Uomo, la fiera mondiale al vertice per l’abbigliamento
maschile, era impossibile non notare i capi in lino, praticamente onnipresenti. Fra i numerosi
espositori due in particolare però evidenziavano l’uso di altre fibre vegetali: Hemp Hoodlamb,
un’azienda olandese che produce solo capi a base di canapa, e Bishu Bou, un’azienda giapponese
molto esclusiva che utilizza solo bambù e washi. Due altre aziende, Simple e la American Apparel,
entrambe americane, cercavano di richiamare l’attenzione presentando nuove linee di
abbigliamento con materiali “naturali” (cotone organico, juta, bambù) o riciclati (sughero, gomma),
mentre la britannica DAKS proponeva una giacca con tessuto 50% lino – 50% canapa,
quest’ultimo “Made in Italy” dalla Crespi.
2.2 Gli obiettivi del progetto
Il principale obiettivo del progetto “Natural.tex” era di costruire le basi per sostenere progetti
di ricerca e innovazione al fine di fronteggiare le sfide della globalizzazione, sperimentando
nuove metodologie per avvantaggiarsi delle opportunità tecnologiche e di mercato finalizzate a
trasferimenti tecnologici (TT) in due settori tipici dell’economia toscana come quello agricolo e
tessile.
Infatti la costituzione di una rete di soggetti che comprendeva imprese della filiera agricola e
tessile e le loro associazioni di rappresentanza, un organismo pubblico di ricerca, province e
comuni dei territori interessati aveva l’ambizione di incrementare il valore competitivo delle
eccellenze di ciascuna filiera, facendo del legame con il territorio l’elemento distintivo per le
produzioni tessili con forti elementi di naturalità.
Grazie all’apporto di know-how diversi, è stato dunque possibile creare una forte sinergia tra il
tessile e altri settori come quello ambientale. Pensiamo al contributo da parte di CNR Ibimet
che studia le piante da fibra, alla CIA che opera nel settore agricolo, alla CNA con la sua
conoscenza sulle problematiche connesse alla lavorazione della fibra ed ovviamente all’apporto
di know-how da parte di imprese operanti nella filiera.
Più in particolare il progetto, partendo dall’analisi del mercato di prodotti tessili ottenuti con
fibre naturali, mirava ad una valutazione della fattibilità economica, tecnologica, ambientale e
socio-territoriale dello sviluppo di una filiera toscana per la realizzazione di prodotti tessili
destinati all’abbigliamento mediante la reintroduzione di piante tessili tradizionali (canapa e
lino) e l’introduzione di nuove piante da fibra (ginestra e ortica) nonché piante coloranti.
Il progetto prevedeva anche la definizione di un protocollo di produzione e di realizzazione dei
prodotti e uno studio di fattibilità di un apposito marchio che identifichi una filiera di
produzione “Made in Tuscany naturale”.
2.3 La rete e il gruppo di lavoro
La rete, costituitasi in Associazione Temporanea di Scopo con atto notarile del 10 febbraio 2006,
ha previsto la partecipazione dei seguenti soggetti:
7
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
•
•
•
•
•
il capo fila: CNA Artigianato Pratese
un centro di ricerca: Istituto di Biometeorologia - Ibimet/CNR
altre 8 associazioni di categoria espressione della filiera produttiva dalla pianta al prodotto finito:
Confederazione Italiana Agricoltori di Prato, CNA Associazione Provinciale Siena, Associazione
CIPA-AT Sviluppo Rurale Siena, Confederazione Italiana Agricoltori Firenze, Confederazione
Italiana Agricoltori Associazione Provinciale di Pistoia, Confartigianato Imprese di Prato, CNA
Toscana, Confederazione Italiana Agricoltori Toscana
8 imprese rappresentative della filiera: La Torre di Caldani Luana e C. s.n.c. (Montalcino – Siena),
L'Angolo della Maglia di Sampieri Alessandra (Siena), Nincheri Sergio sas (Prato), Manifattura
Filati A.R. di Reali e Di Fante s.n.c. (Montemurlo – Prato), Cipriani e Falsone s.n.c. di Cipriani
Auro e c. (Prato), Tessitura Bresci Alessandro (Prato), Tessitura Melani Massimo (Prato),
Tessitura Nannini Roberto (Vaiano – Prato)
10 enti locali territoriali provenienti da territori ad alta vocazione agricola e/o tessile: Provincia di
Prato, Comune di Cantagallo, Comune di Montemurlo, Comune di Poggio a Caiano, Comune di
Prato, Comune di Vaiano, Comune di Vernio, Comunità Montana Val di Bisenzio, Provincia di
Pistoia, Comune di Montalcino.
Il gruppo di lavoro è stato costituito dalle seguenti persone:
- CNA Artigianato Pratese: Simone Marchi, Giacomo Morelli, Fabio Mazzanti, Cinzia Grassi,
Doriano Risaliti, Annunziata Antenore
- Istituto di Biometeorologia - Ibimet/CNR: Stefano Panconesi, Francesca Incerti, Cristiano
Castaldi, Sara Marie Mezzalira, Michele Chiarini, Alfonso Crisci, Laura Bacci
- Confederazione Italiana Agricoltori di Prato: Francesco Troiano, Maria Baicchi, Andrea Terreni
- CNA Associazione Provinciale Siena: Mariangela Galgani
- Associazione CIPA-AT Sviluppo Rurale Siena: Silvia Cennini, Anna Maria Stopponi
- Confederazione Italiana Agricoltori Firenze: Sandro Piccini, Salvatore Enrichetti
- Confederazione Italiana Agricoltori Associazione Provinciale di Pistoia: Masi Marco,
Alessandro Morosi
In qualità di subcontraente ha partecipato il PIN di Prato (Prof. Gaetano Aiello, Dott.ssa Silvia
Ranfagni, Dott. Enrico Banchelli)
Per quanto riguarda gli imprenditori, promotori del progetto (ai quali va un ringraziamento
particolare per il contributo fondamentale che hanno dato grazie alla loro esperienza e conoscenza
della filiera), il gruppo di lavoro era costituito da: Stefania Papi (La Torre di Caldani Luana e C.
s.n.c.), Alessandra Sampieri (L'Angolo della Maglia), Sergio Nincheri (Nincheri Sergio sas), Angelo
di Fante (Manifattura Filati A.R. di Reali e Di Fante s.n.c.), Auro Cipriani (Cipriani e Falsone s.n.c.
di Cipriani Auro e c.), Alessandro Bresci (Tessitura Bresci Alessandro), Massimo Melani (Tessitura
Melani Massimo), Roberto Nannini (Tessitura Nannini Roberto).
Si ringrazia per la preziosa collaborazione: Elvira Giannozzi (Istituto di Biometeorologia Ibimet/CNR), Marco Fabozzi (Confartigianato Imprese di Prato), Gianluca Volpi (CNA Toscana),
Andrea Del Carlo (Confederazione Italiana Agricoltori Toscana), Pietro Morganti (Filati G.M.)
Infine si ringraziano gli enti locali che hanno aderito e sostenuto al progetto: Provincia di Prato,
Provincia di Pistoia, Comune di Prato, Comune di Cantagallo, Comune di Montemurlo, Comune
di Poggio a Caiano, Comune di Vaiano, Comune di Vernio, Comunità Montana Val di Bisenzio,
Comune di Montalcino.
8
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
3 L'ABBIGLIAMENTO NATURALE: IL CONSUMATORE E GLI OPERATORI DEL
SETTORE
Prima di effettuare qualsiasi analisi di fattibilità per l'introduzione delle fibre naturali è sembrato
strategico alla proposta indagare l'immagine che l'abbigliamento naturale e i temi del progetto
potevano avere presso il consumatore italiano e presso gli operatori di settore.
A tal fine è stata impostata una doppia indagine, il cui svolgimento è stato commissionato al PIN
di Prato sotto il coordinamento del prof. Gaetano Aiello.
L'analisi è stata strutturata in due fasi: la prima mirata alla conoscenza dell'orientamento del
consumatore finale (è stato utilizzato il metodo di indagine telefonica CATI avvalendosi della
collaborazione di DOXA Italia), l'altra è stata indirizzata agli operatori di settore attraverso il
metodo del focus group (in particolare sono stati presi in considerazione i possibili mercati di
sbocco della filiera tessile - lanifici per quanto riguarda il semilavorato e confezionisti per il
prodotto finito).
L’impostazione delle due fasi è stata condivisa sia dai ricercatori del CNR sia dai rappresentanti
delle categorie coinvolte (agricoltori e artigiani).
3.1 Definizione di abbigliamento naturale
Quando parliamo di abbigliamento naturale all’interno del presente progetto si intendono capi
d’abbigliamento realizzati con fibre vegetali naturali, ottenute da procedure eco-sostenibili ed a
basso impatto ambientale (agricoltura non intensiva, uso integrato di fertilizzanti e principi attivi
per il diserbo e i trattamenti fitosanitari). E' implicito, ma senza i caratteri della esclusività, che la
produzione delle fibre sia in qualche modo legata al territorio e alla agricoltura toscana.
La definizione di abbigliamento naturale da impiegare nelle indagini del progetto ha impegnato la
rete in un serio dibattito, che partiva da visioni e esperienze diverse dei vari partners per i vari
prodotti della filiera agro-tessile. Le fibre ipotizzate nella confezione dei capi sono quelle per le
quali la produzione in Toscana è tecnicamente e, entro certi limiti, economicamente possibile come
la canapa, l'ortica, la ginestra e per ultimo il lino. La definizione di abbigliamento 'biologico' è stata
ritenuta non immediatamente percorribile all'interno del progetto per evidenti suoi limiti temporali
e di risorse. L'obiettivo finale resta comunque quello della verifica concreta della fattibilità e
soprattutto della sostenibilità economica dei protocolli basati sul Reg. CEE 2092/91 e alle sue
successive integrazioni e modifiche, soprattutto in relazione alla fase di coltivazione e di
traformazione, nonchè alle successive fasi di finissaggio e di tintura dei prodotti qualificati come
'biologici'. L'accezione di naturalità dell'abbigliamento nel progetto fa riferimento principalmente
ad un’ipotesi di abbattimento nei prodotti tessili del rischio di tossicità e allergicità, legati alla
presenza di residui chimici estranei alla fibra e al filato con i quali questi possono essere venuti a
contatto, e che dovrebbe vedere impegnati tutti gli attori della filiera estesa, a partire dalla
coltivazione fino al confezionamento del capo finito.
3.2 La metodologia d’indagine
3.2.1
L’indagine sul consumatore
L’indagine, volta a misurare il livello di conoscenza e gli orientamenti degli Italiani sui capi
d’abbigliamento naturale, sulle loro caratteristiche distintive e sulle fibre con cui sono realizzati, è
stata realizzata, come precedentemente detto, dalla Doxa mediante interviste telefoniche.
Più specificatamente, sono state rilevate informazioni riguardanti :
9
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
l’importanza di alcuni fattori al momento dell’acquisto di un capo d’abbigliamento naturale
(es.: prezzo, marca, naturalità del tessuto, presenza di un’etichetta per la tracciabilità,
contenuto moda, origine/made in, ecc. );
le caratteristiche attribuite (su sollecito) all’abbigliamento naturale;
il luogo principale dove ci si aspetta di trovare capi di abbigliamento naturale;
il valore aggiunto percepito dei capi d’abbigliamento naturale (con etichetta per la
tracciabilità), inteso sia come maggiore qualità delle caratteristiche di prodotto (rispetto ai
capi con fibre artificiali o sintetiche) che come incremento di prezzo atteso.
Sono state condotte 1.003 interviste telefoniche ad un campione nazionale rappresentativo della
popolazione italiana adulta di 15 anni e più. Le famiglie da intervistare sono state estratte
casualmente dall’archivio delle famiglie abbonate al telefono. All’interno delle famiglie, la persona
da intervistare è stata scelta con il metodo delle quote. In particolare, sono state utilizzate quote:
per sesso, per età, per aree geografiche e per tipo di comune di residenza (quote correlate);
livello di istruzione;
condizione professionale (occupato o non occupato);
La rilevazione é stata effettuata col sistema CATI (Computer Assisted Telephone Interview) da un
gruppo di intervistatori opportunamente istruiti e costantemente controllati.
Le interviste sono state realizzate nel periodo 28 - 30 giugno 2006.
3.2.2
L’indagine sugli operatori di settore
L’indagine sugli operatori del settore è stata effettuta mediante due focus group.
I focus group hanno visto la partecipazione di due gruppi di persone che sono stati invitati,
separatamente ed in giorni diversi, a partecipare ad una libera discussione per una durata di circa
un’ora e trenta minuti, avente come oggetto le potenzialità di implementazione del progetto di
realizzazione di prodotti di abbigliamento naturale. Questi focus group sono stati condotti da un
apposito moderatore che ha svolto il ruolo di animazione e di guida alla produzione della maggiore
ricchezza informativa possibile, al fine di fare emergere i diversi punti di vista in relazione
all’oggetto di indagine e gli eventuali processi di convergenza o di divergenza tra le percezioni
individuali.
Le aree di discussione sono state le seguenti:
condivisione del concetto di abbigliamento naturale
esperienze (dirette e/o indirette) di abbigliamento naturale
vincoli ed opportunità nella produzione di abbigliamento naturale
percezione del prodotto di abbigliamento naturale ed identificazione del profilo del cliente
il progetto di prodotto di abbigliamento naturale made in Tuscany
3.3 I risultati
3.3.1
I consumatori: una domanda matura e consapevole
Oltre il 30% del campione rappresentativo dell’universo dei consumatori italiani ha acquistato o
provato capi di abbigliamento naturale (Fig. 1): fra questi prevalgono i segmenti di acquisto delle
età centrali (25-44 anni) con istruzione media e superiore (Fig. 2 e 3).
10
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Fig. 1 Ha avuto modo di acquistare e/o provare capi d’abbigliamento naturale di recente?
Valori % - Base = totale campione (1.003 casi)
2,7
23,5
7,0
61,3
5,4
sì, sicuramente
forse sì
forse no
sicuramente no
non sa
Fig. 2 Analisi secondo sesso ed età Valori % - Base totale campione
23,5
TOTALE
Sesso
18,7
Maschi
27,9
Femmine
15-24 anni
Età
17,5
25-34 anni
28,2
28,6
35-44 anni
25,2
45-54 anni
55-64 anni
24,8
65 anni e oltre
18,1
0
5
10
15
11
20
25
30
35
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Fig. 3 Analisi secondo istruzione e area geografica - Valori % - Base totale campione
TOTALE
23,5
superiore
31,5
media
Istruzione
29,0
inferiore
18,7
nord ovest
25,1
nord est
Area
geografica
22,8
centro
23,1
sud+isole
22,8
0
5
10
15
20
25
30
35
Le preferenze si rivolgono, anzitutto, a benefici ricercati nel prodotto come la salute della pelle ed
il comfort; segue a poca distanza un pacchetto di preferenze legate a caratteristiche del prodotto,
come il prezzo, la naturalità del tessuto, la tracciabilità e l’eticità del prodotto. Nelle posizioni di
fondo troviamo preferenze legate agli intangibles tradizionali nell’abbigliamento, come il contenuto
moda, il made in e la marca (Fig. 4, 5 e 6).
Fig. 4 Importanza di alcuni fattori al momento dell’acquisto di un capo d’abbigliamento naturale
Valori medi (10 = estremamente importante - 1 = per niente importante) - Base = tot. campione
salute per la pelle
9,0
comfort
8,7
qualità
8,6
prezzo
8,1
naturalità del tessuto
8,1
eticità del prodotto
8,0
etichetta di tracciabilità
7,9
made in Italy
7,8
contenuto moda
6,1
made in Tuscany
5,6
marca
5,5
0
1
2
3
4
12
5
6
7
8
9
10
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Fig. 5 Confronto totale popolazione - acquirenti recenti di capi naturali
totale popolazione
recenti acquirenti di capi naturali
10,0
9,3
9,0
9,0
9,0
8,7
9,0
8,7
8,4
8,2
8,6
8,0
8,1
8,1
8,4
8,0
8,2
7,9
7,8
7,0
6,7
6,1
6,0
6,1
5,4
5,6
5,5
5,0
salute per la
pelle
comfort
qualità
naturalità
del tessuto
prezzo
eticità del
prodotto
etichetta di
tracciabilità
made in
Italy
contenuto
moda
made in
Tuscany
marca
Fig. 6 Confronto capi di abbigliamento prodotti con fibre naturali con quelli in fibre artificiali o
sintetiche - Valori % - Base = totale campione (1.003 casi)
Molto migliori
0%
Un po' migliori
10%
20%
Un po' peggiori
30%
40%
benefici per la salute
50%
60%
(Non sa\non indica)
70%
78,1
comfort
58,2
vestibilità
58,6
90%
2,5
4,3
0,5
0,4
4,6
20,9
3,6
7,9
24,7
100%
2,5 4,5
0,2
21,4
70,5
resistenza/durata
80%
14,9
71,3
morbidezza
contenuto moda
Molto peggiori
1,5
7,7
3,6
0,9 8,1
28,7
1,2
43,9
33,7
8,1
13,1
Gli orientamenti relativi al comportamento di acquisto privilegiano i punti vendita specializzati con
acquisto assistito sia nelle via cittadine che nei centri commerciali (si veda la fig. 7).
13
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Fig. 7 Dove si aspetterebbe di trovare dei capi d’abbigliamento naturale, principalmente?
Valori % - Base = totale campione (1.003 casi)
negozio specializzato in
abb. nat.
6,5
negozio multi-marca, con
abb. trad.
25,8
36,8
negozio mono-marca in
via cittadina
7,0
23,5
negozio mono-marca in
centro comm.
non sa
La domanda esprime una disponibilità ampia al premio di prezzo verso i prodotti
dell’abbigliamento naturale (addirittura dal 26% al 50% per un consumatore su quattro); il dato
esprime una buona consapevolezza della natura specialistica del bene ma è da prendere con
cautela, visto anche che la disponibilità al premio di prezzo è riconducibile alle classi di età più
giovani, tradizionalmente meno affidabili da questo punto di vista (Fig. 8,9 e 10)
Fig. 8 Disponibilità a spendere di più per avere la garanzia che il prodotto sia fatto con fibre
vegetali e abbia un’etichetta che ne garantisca la provenienza? Valori % - Base = totale campione
(1.003 casi)
non sono disposti a
spendere di più
25,0
19,7
1-10 % in più
21,0
11-25% in più
24,0
26-50% in più
6,9
51-99% in più
100% in più
1,7
più del doppio
1,5
0
10
20
14
30
40
50
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Fig. 9 Analisi secondo sesso ed età (Valori % - Base: totale campione)
75,0
TOTALE
78,3
Maschi
Sesso
72,0
Femmine
15-24 anni
86,1
25-34 anni
82,9
80,1
35-44 anni
Età
67,4
45-54 anni
55-64 anni
80,3
65 anni e oltre
52,9
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
50
55
60
65
70
75
80
85
90
95
Fig. 10 Analisi secondo istruzione e area geografica
Valori % - Base: totale campione
75,0
TOTALE
superiore
Istruzione
85,0
media
81,6
inferiore
68,4
nord ovest
71,8
nord est
Area
geografica
70,9
80,2
centro
sud+isole
76,7
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
50
55
60
65
70
75
80
85
Base: totale campione
La domanda vede con favore la promozione di un marchio di tutela per l’abbigliamento naturale
con un richiamo alla memoria dell’esperienza italiana di maggior successo in materia, quella del
marchio pura lana vergine (Fig. 11 e 12).
15
90
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Fig. 11 “Le leggo ora alcune frasi che altri intervistati hanno detto sull’abbigliamento naturale. Lei
dovrebbe dirmi quanto è d’accordo con queste frasi “
Valori medi (10 = completamente d’accordo … 1 = per niente d’accordo) - Base = totale campione
avrebbero bisogno un
marchio di tutela (es.
lana vergine)
8,2
procedure di
produzione ecosostenibili ne
accrescono il valore
7,2
possono diffondersi
solo con la spinta di
grandi marche
6,1
non devono essere
alla moda
4,9
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
Fig. 12 Confronto totale popolazione con acquirenti recenti di capi naturali
Valori medi (10 = completamente d’accordo … 1 = per niente d’accordo)
avrebbero bisogno
un marchio di tutela
(es. lana vergine)
8,2
8,1
procedure di
produzione ecosostenibili ne
accrescono il valore
7,2
7,3
possono diffondersi
solo con la spinta di
grandi marche
tot. popolazione
6,1
5,8
acquirenti recenti
di capi naturali
4,9
non devono essere
alla moda
4,5
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
La percentuale di coloro che hanno acquistato/provato il prodotto testimonia un’attenzione
diffusa, oltre che una conoscenza diretta del bene.
La domanda di abbigliamento naturale si dimostra, per quanto emerge dall’indagine, piuttosto
matura e consapevole rispetto alle caratteristiche percepite ed alle preferenze rivolte ad un
prodotto specialistico come l’abbigliamento naturale.
16
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
L’abbigliamento naturale appare come un prodotto altamente differenziato, i cui benefici sono
concretamente legati alla salute della pelle e al comfort, e che è opportuno acquistare in un punto
vendita dedicato con l’assistenza di una persona competente.
Coerentemente, un prodotto come quello descritto si colloca tra quelli a premio di prezzo, purchè
vi sia una qualche forma di garanzia che al sacrificio monetario corrispondano le prestazioni
promesse.
3.3.2
Gli operatori: una nicchia appetibile a condizione che..
3.3.2.1 Gli imprenditori tessili (Focus Group 1 - numero partecipanti: 10)
Gli imprenditori tessili condividono con i consumatori l’idea che l’abbigliamento naturale è un
prodotto di nicchia. La percezione è quella di un prodotto in cui devono prevalere gli aspetti legati alla
salute della pelle (prodotto salubre, antiallergico), correlati alla naturalezza tutelata da particolari
processi produttivi di una sottofiliera specializzata di natura agro-industriale.
Allo stesso tempo, gli imprenditori esprimono alcune perplessità legate a tre condizioni importanti
per il successo del prodotto:
• la definizione di protocolli sul requisito di naturalità del prodotto che tengano conto delle
difficoltà che si manifestano in caso di completa eliminazione delle fibre sintetiche;
• la necessità di rilevanti investimenti in comunicazione per creare/sviluppare il mercato che pure
mantiene i requisiti della nicchia;
• la conquista dell’accesso al mercato dominato da una distribuzione concentrata su prodotti meno
innovativi e particolari ma più facilmente vendibili
Gli imprenditori tessili segnalano alcune applicazioni possibili nelle aree dell’abbigliamento per
bambini, dell’abbigliamento sportivo e di quello professionale/da lavoro.
Esperienze (dirette/indirette)
Gli imprenditori associano l’abbigliamento naturale a:
esperienze di valorizzazione del riciclato avvenute a Prato;
la realizzazione di prodotti su piccola scala ed in modo abbastanza artigianale
(produzione di cotone a Sovana, l’antico setificio fiorentino).
Vincoli/opportunità
La realizzazione di esperienze simili, ma riconducili ad abbigliamento naturale, implicano, secondo
gli imprenditori coinvolti nel focus group, alti costi di produzione e lo sviluppo di un’offerta
altamente specializzata che può essere rivolta ad un mercato di dimensioni molto ridotte.
Per contribuire allo sviluppo di prodotti di abbigliamento naturale sarebbe opportuna una politica
a livello istituzionale, in grado di incentivare l’impiego di materie prime e di semilavorati
“ecologici”/“naturali” (le commesse pubbliche di abbigliamento - decreto Matteoli di due anni faprevedono nel caso di abiti per la marina, l’aeronautica ed i vigili del fuoco l’impiego di materiale
riciclato per una percentuale compresa tra il 15%- 20%).
La produzione di abbigliamento naturale può generare una riconversione dell’agricoltura del nostro
paese per favorire la produzione di determinate tipologie di fibre. Ci si interroga se tale
riconversione potrebbe avere un senso di fronte alla presenza di nazioni in grado di essere molto
competitive nella produzione di fibre naturali.
Percezione del prodotto di abbigliamento naturale
Il prodotto di abbigliamento naturale è immaginato come un prodotto classico, ma non si esclude
possa essere contraddistinto da un alto contenuto fashion destinato ad un pubblico che ricerca nel
prodotto una storia, una cultura ed una tipicità.
17
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Una condizione imprescindibile che caratterizza tale prodotto è che non deve produrre danni alla
persona e quindi deve presentare i connotati di naturalezza e di salubrità; queste due costituiscono
secondo gli imprenditori partecipanti al focus, le condizioni attraverso le quali si dovrebbe
veicolare al pubblico un prodotto di abbigliamento naturale. La possibilità di realizzare un prodotto
di abbigliamento naturale con contenuto moda implica, secondo l’opinione degli imprenditori
coinvolti, l’utilizzo anche di fibre sintetiche; questo li porta ad interrogarsi su quali sono i
vincoli/modalità produttive da rispettare per poter definire un prodotto di abbigliamento come
naturale.
Il prodotto di abbigliamento naturale può avere successo se associato all’immagine di un prodotto
salubre (antiallergico) e se sostenuto in una fase iniziale da alti investimenti in comunicazione, che
dovrebbero contribuire a creare il mercato di riferimento. Il mercato di riferimento è difficile da
definire a priori e la sua composizione sarà funzionale al concetto di abbigliamento naturale che si
riesce a far percepire all’acquirente finale.
Il prodotto di abbigliamento naturale è adatto per:
abbigliamento sportivo (antiallergico, antibatterico);
abbigliamento specialistico (camici dei medici);
abbigliamento per bambini (antiallergico, antibatterico).
L’acquirente del prodotto di abbigliamento naturale può essere una persona con una cultura
ecologica ed abbastanza giovane, che fa del rispetto dell’ambiente e dell’”igiene ambientale” una
condizione di qualità della vita.
Il progetto di prodotto di abbigliamento naturale Made in Tuscany
Il prodotto di abbigliamento naturale realizzato in Toscana può essere veicolato attraverso il
binomio Toscana-ambiente naturale (paesaggio toscano) e il suo successo non è necessariamente
legato ad un’impresa di marca ad alta notorietà.
La filiera che realizza questo tipo di prodotto di abbigliamento dovrebbe costituire una sottofiliera
formata da imprese fortemente specializzate. Le imprese tessili che la compongono dovrebbero
avere contatti con le istituzioni e centri di ricerca per fare attività di sperimentazione. L’impresa
confezionista non deve essere necessariamente di marca, ma deve disporre dell’accesso (diretto e/o
indiretto) a punti vendita in grado di trasmettere l’idea del naturale e di evocare la toscanità (in
legno, a vetri con uno stile essenziale).
I punti vendita dovrebbero essere monomarca collocati anche in centri commerciali localizzati in
prossimità di aree verdi (Outlet Barberino del Mugello).
Il prodotto di abbigliamento naturale si deve identificare con un brand appositamente creato
(colline senesi) e con il quale si accomunano le imprese che appartengono alla sottofiliera naturale
che si viene a formare.
3.3.2.2 Gli imprenditori dell’abbigliamento (Focus Group 2 - numero partecipanti: 8)
Presso gli imprenditori dell’abbigliamento si conferma la percezione dell’abbigliamento naturale
come prodotto specialistico destinato ad uno specifico segmento di mercato, la cui domanda è
sostanzialmente da creare.
La domanda può essere creata basandosi su requisiti forti che devono caratterizzare il prodotto; tali
requisiti, come negli altri casi, si concentrano sulla salubrità del prodotto e sul comfort/benessere.
Per gli imprenditori dell’abbigliamento, il prodotto naturale dovrà trovare un proprio specifico
spazio in un mercato dominato da fashion retailer che preferiscono vendere prodotti con
contenuto moda trend e buona vestibilità; si tratta di un mercato dove si rischia raramente con offerte
realmente innovative che trovano sostanziali barriere all’accesso ai punti vendita.
Anche in questo caso emergono alcune delle condizioni indispensabili allo sviluppo di un mercato
per l’abbigliamento naturale:
18
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
•
•
•
il superamento del trade-off tra naturalità e fattibilità produttiva;
il ruolo importante di punti vendita dedicati con l’assistenza di personale specializzato;
la realizzazione di marchi dedicati e specifici con richiami all’ambiente ed al Made in Tuscany da
comunicare al consumatore.
Esperienze (dirette/indirette)
L’esperienza degli imprenditori coinvolti evidenzia le difficoltà a creare una domanda di prodotti di
abbigliamento naturali. L’acquirente infatti non è tanto interessato alla composizione del prodotto
di abbigliamento, ma ricerca i connotati di vestibilità, di comodità e di modernità (fashion). Oltre a
questo comportamento della domanda occorre anche considerare la sperimentazione di una nuova
fibra prodotta dal mais che presenta le stesse prestazioni lavorative delle fibre sintetiche
garantendo alcune qualità della fibra naturale (antibatterico, antiallergico).
Vincoli/opportunita
L’abbigliamento naturale potrebbe essere adatto soprattutto per l’intimo che trasferisce
naturalezza, benessere (antibatterico, antiallergico) pur essendo chiamato a mantenere un
contenuto moda.
Percezione del prodotto di abbigliamento naturale
Il vestire naturale implica comunque l’impiego di sostanze e tecnologie di produzione che limitano
il contenuto naturale sia del prodotto sia del processo di realizzazione. Diventa rilevante definire
bene il concetto di prodotto di abbigliamento naturale e trasferirlo al mercato in modo coerente.
Nonostante questa necessità di definizione, permane la percezione di un trade-off tra contenuto
naturale del capo/del processo e contenuto fashion.
Il progetto può essere presentato come una sottofiliera costituita da imprese specializzate nella
produzione di abbigliamento naturale; il successo del progetto è strettamente correlato alle
dinamiche della domanda, gran parte della quale, secondo l’esperienza degli imprenditori è al
momento orientata verso prodotti contraddistinti da un buon rapporto qualità/prezzo con
contenuto moda. In un mercato in cui occorre creare una domanda di prodotti di abbigliamento
naturale, diventa importante chiedersi se questo contenuto moda può essere mantenuto, per poi
veicolare al mercato dei messaggi precisi legati a questo nuovo prodotto, che si potrebbero basare
sul carattere di naturalezza e di salubrità del prodotto stesso.
In una filiera specializzata nella produzione di abbigliamento naturale, diventa importante il ruolo
del punto vendita che dovrebbe essere monomarca con al suo interno addetti alla vendita con il
compito di “educare” l’acquirente finale.
Il progetto di prodotto di abbigliamento naturale Made in Tuscany
Il progetto appare di difficile realizzazione con riferimento alla fibra del cotone di cui ci sono paesi
(Stati Uniti, Egitto) in cui la produzione avviene in condizioni competitive. Nel caso in cui si
intenda realizzare una produzione naturale made in Tuscany occorre tracciare il prodotto ed
identificare tutte le sue fasi di realizzazione con riferimento alla filiera Toscana; diventa importante
fare un’analisi della capacità produttiva e, soprattutto, occorre disporre di competenze di mercato
per il lancio del nuovo prodotto e la creazione della domanda (forte integrazione tra competenze di
prodotto e di mercato). Sviluppo di un brand associabile alla Toscana (il paesaggio del Chianti, la
Maremma, il Casentino).
Alcuni imprenditori percepiscono come inesistente al momento una domanda latente di prodotti di
abbigliamento naturale. Qualora si manifestasse e fosse creata, diventerebbe importante superare le
barriere dei retailer di abbigliamento i quali decidono autonomamente le tipologie di prodotti che
compongono il loro assortimento.
19
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Per capire in modo definitivo la percezione dell’acquirente di prodotti di abbigliamento naturale e
la sua motivazione all’acquisto, diventa importante sottoporlo ad un confronto visivo tra prodotto
naturale e non naturale.
3.4 In conclusione: un’offerta ad elevata differenziazione
Dalle percezioni della domanda dei consumatori e degli imprenditori del settore, emerge un quadro
che colloca l’abbigliamento naturale tra i prodotti specialistici (di nicchia) il cui mercato, ad oggi
molto ridotto, può svilupparsi. Una domanda che appare consapevole e matura va affrontata con
una combinazione d’offerta basata principalmente sui seguenti elementi di differenziazione:
• Caratteristiche di prodotto concentrate sulla salute e benessere non disgiunte da
comodità/comfort;
• Distribuzione specializzata ed assistita;
• Comunicazione istituzionale di categoria di prodotto e di marchio di tutela;
• Prezzo premium, che avvalori la differenziazione percepita attraverso gli altri elementi.
Alcune riflessioni finali possono essere riassunte nel modo seguente:
o
Alti costi di produzione
o
Sviluppo di un’offerta altamente specializzata
o
La domanda ricerca prodotti con connotati di vestibilità, di comodità e di modernità
(fashion)
o
Prodotto di abbigliamento naturale come prodotto legato ad una storia ed ad una cultura
locali
o
Sviluppo di un concetto forte di abbigliamento naturale
o
Trade-off per l’abbigliamento naturale tra contenuto moda e contenuto naturale del
prodotto/processo
o
Prodotto di abbigliamento naturale e immagine di salubrità/naturalezza – antibatterico ed
antiallergico - (abbigliamento sportivo, intimo, abbigliamento per bambini)
o
Ingenti investimenti in comunicazione (integrazione tra competenze di prodotto e di
mercato)
o
Punti vendita monomarca con stile naturale ed essenziale
o
Ruolo educatore dell’addetto alle vendite
o
Sottofiliera specializzata con imprese identificate da brand che evoca la Toscana
20
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
4 LA FILIERA DELLE FIBRE TESSILI DI ORIGINE VEGETALE
Le fibre naturali, come il cotone, il lino, la canapa, la lana e la seta hanno costituito per millenni,
insieme alla lana ed ai pellami animali, la materia prima con cui gli uomini hanno prodotto tessuti
destinati agli usi più svariati come la vestizione, tessuti per la casa (coperte, tende, etc.) ma anche
per la produzione di vele come nel caso della fibra di canapa, che a partire dal V secolo a..C. fino
all'invenzione dei battelli a vapore, è stato il materiale con cui venivano tessute la maggior parte
delle vele. Le stesse piante poi fornivano materia prima destinata alla farmacologia, come la stessa
canapa in Cina, o alla produzione di cordami oppure oli vegetali.
Il lento declino delle fibre tessili tradizionali (canapa, lino, ortica, etc.) ebbe inizio nel XVII secolo
quando anglosassoni e francesi cominciarono ad esportare il cotone conferendogli una posizione
dominante nel settore delle fibre naturali vegetali.
Prima di allora avevano una maggiore importanza le fibre di origine animale, quali la lana e la seta,
mentre tra le fibre vegetali spiccavano la canapa ed il lino che erano coltivate in Europa, Russia ed
America del nord. Anche l’ortica era coltivata, soprattutto in Nord Europa, ed utilizzata anche per
la sua fibra, tanto che in Germania il termine “asciugamano d’ortica” viene utilizzato ancora oggi,
anche se fatto di cotone.
Agli inizi del ‘900, e per tutto il periodo prebellico, tuttavia, in Italia, c’era ancora una produzione
molto importante di piante da fibra. Infatti la diffusione della canapa superava i 100.000 ettari
concentrati per un 58% in Emilia, con una produzione assestata su valori oltre le 135.000
tonnellate di tiglio; il lino era coltivato su una superficie di 37.000 ettari con rendimenti unitari di 6
quintali per ettaro, il cotone si estendeva su una superficie di circa 79.000 ettari, coltivato per oltre
l’84% in Sicilia.
Complessivamente nell’Italia prebellica le colture da fibra occupavano una superficie di 220.000
ettari, di modo che all’interno del Paese si produceva la quasi totalità dei beni destinati a soddisfare
i fabbisogni nazionali, in coerenza con il concetto di politica autarchica proprio di quegli anni
(Venturi e Amaducci, 1999).
Anche la Toscana ha avuto la sua tradizione nella coltivazione e la trasformazione delle piante da
fibra. Meno di un secolo fa la canapa era coltivata da molti contadini di pianura, mentre nel
periodo della seconda guerra mondiale 9 dei 61 ginestrifici presenti in Italia erano in Toscana,
distribuiti tra le province di Firenze, Arezzo e Siena. La successiva scomparsa di queste attività,
molto laboriose e artigianali, fu dovuta a molteplici fattori, soprattutto economici, tecnologici ma
anche ambientali
A partire dagli anni ’30, infatti, iniziò una svolta fondamentale, prima col diffondersi delle fibre
artificiali, e poi, soprattutto dagli anni ’50, quando comparvero le prime fibre sintetiche che hanno
conquistato in pochi anni la “leadership” di mercato. Il diffondersi di queste e la trasformazione
definitiva dell’agricoltura in un mercato aperto comportarono l’abbandono di coltivazioni che, oltre
a non risultare più sostenibili a livello di costi, non riflettevano le propensioni del consumatore.
Ben consapevoli che non sono più proponibili le lunghe e pesanti lavorazioni manuali collegate
con l'estrazione della fibra tessile, che hanno portato la canapa e le altre produzioni fuori mercato
qualche anno fa, ma coscienti delle possibilità offerte da nuovi metodi e tecnologie già operativi o
disponibili in forma prototipale, si è voluto verificare la possibilità e la fattibilità di introdurre, o
reintrodurre in Toscana, la coltivazione e la trasformazione di quattro piante da fibra: il lino, la
canapa, l’ortica e la ginestra. Tale iniziativa rientra nel contesto della filiera tessile toscana che da
sempre ha caratterizzato il tessuto industriale regionale: il distretto tessile-abbigliamento di Prato, le
molte griffe della moda (Ferragamo, Gucci, Prada, Cavalli, ecc.), importanti aziende
d’abbigliamento (Cantarelli, Mabro, Ingram, d’Avenza, ecc.), il distretto della biancheria del
Pistoiese, le lane del Casentino. Da non dimenticare il supporto degli istituti tecnici e dell’Istituto
Polimoda, una “fashion school” molto rinomata anche a livello internazionale. Con l’introduzione
della coltivazione delle piante da fibra e la loro trasformazione si completerebbe il “ciclo”
21
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
produttivo, dalla materia prima al prodotto finito, creando un valore aggiunto legato all’origine
italiana e alla tracciabilità durante tutte le fasi di lavorazione.
4.1 Le fibre tessili oggi.
Il mondo delle fibre tessili è suddiviso principalmente in fibre naturali e fibre chimiche a seconda
della loro origine:
a) fibre naturali
a. vegetali (cotone, juta, lino, canapa, etc.)
b. animali (lana, seta, etc.)
c. minerali (amianto)
b) fibre chimiche
a. artificiali, ottenute dalla manipolazione chimica di fibre naturali (acetato, cupro o
bemberg, viscosa o rayon, etc.)
b. sintetiche, ottenute dalla sintesi di molecole organiche semplici (nylon, lycra,
poliestere o pile, acrilico, poliammide, gore-tex, etc.)
Le fibre artificiali, come il rayon, sono derivate da sostanze organiche (es. cellulosa) e riproducono
artificialmente il procedimento chimico sviluppato dalla natura, ad esempio dal baco da seta.
Queste fibre artificiali hanno trovato vasto impiego nell’abbigliamento femminile sostituendo fibre
naturali quali la seta ed il cotone. Le fibre sintetiche (acriliche, poliammidiche e poliestere) sono
prodotte con procedimenti chimici partendo da materie d’origine organica ed inorganica come i
prodotti petrolchimici. Le fibre sintetiche sono usate in mescola con quelle naturali, ottenendo
tessuti esteticamente belli e stravaganti, molto resistenti, economici, di facile utilizzo anche se
meno pregiati.
Le fibre sintetiche costituiscono oggi la maggior parte delle fibre prodotte a livello mondiale
(grafico 1).
Grafico 1.
Produzione mondiale di fibre 1900-2002
%
90
80
70
60
50
40
30
20
10
Lana
[Fonte: FAO, 2003]
22
01
00
02
20
20
99
F. Sintetiche
20
97
98
19
19
96
19
95
94
F. Artificiali
19
19
19
93
90
92
19
19
19
80
70
60
50
40
30
20
10
Cotone
19
19
19
19
19
19
19
19
19
00
0
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Considerando che la produzione mondiale di fibre è notevolmente aumentata dagli anni ‘50 ad
oggi, ne consegue che la crescita della produzione di fibre sintetiche è stata veramente fenomenale.
Il cotone, la fibra naturale più diffusa, ha perso sempre più quota di mercato, nonostante la
produzione sia comunque aumentata nello stesso periodo.
Il cotone continua ad avere un ruolo dominante all’interno del mercato delle fibre naturali vegetali;
infatti la quota di produzione è aumentata anche negli ultimi decenni, passando dal 68% nel 1965
all’81% nel 2005 (grafico 2). Seguono la iuta (calata nello stesso periodo dal 12,8% al 9,8%), il lino
(in ribasso dal 4,3% al 2,7%), il sisal (sempre più marginale passando dal 4,5% al 1,1%).
Cotone
Lino
Iuta
Sisal
altre fibre
1965
2005
Grafico 2. Produzione mondiale di fibre naturali vegetali (1965 vs. 2005) [Fonte: FAO, 2005]
Le stime di mercato previste nei prossimi anni prevedono una crescita globale del mercato delle
fibre, una crescita che vedrà protagoniste soprattutto le fibre sintetiche che diventeranno sempre
più dominanti. La produzione di cotone dovrebbe rimanere sostenuta, ma la sua quota mondiale è
vista in ulteriore calo. Per quanto riguarda le “altre fibre” ci sarà una crescita notevole dei volumi
soprattutto per le fibre naturali vegetali viste le caratteristiche naturali, antiallergiche, ambientali,
riciclabili, ecc., anche se comunque, a livello globale, si tratta ancora di piccoli volumi.
4.2 La coltivazione di piante da fibra nella UE e in Italia
L’Europa ha un ruolo importante sia per la coltivazione del lino che della canapa, mentre il suo
ruolo è molto marginale per quanto riguarda il cotone, nonostante la superficie coltivata a cotone
(455,000 ha), concentrata in Grecia e Spagna, superi di gran lunga quella del lino (120,000 ha) e
della canapa (15,000 ha) messe insieme. Della superficie mondiale di 500,000 ha coltivata a lino
oltre il 20% è in Europa, per la maggior parte in Francia (65%). Dei 52,000 ha coltivati a canapa
nel mondo, la quota Europea è del 29% circa, con la Francia (54%) di nuovo capofila dei paesi
produttori europei. Per questo non sorprende che la Confederation Européenne Lin et Chanvre (CELC)
abbia sede in Francia. Da notare che negli anni ’80 la superficie a canapa in Ungheria era superiore
ai 66,000 ha, mentre oggi è quasi scomparsa. La canapa ha avuto un ruolo molto importante in
Italia fino agli anni ’20, quando tappeti, tende, coperte, asciugamani, ecc., erano per la maggior
parte in fibra di canapa. L'Italia, insieme alla Russia, era la maggiore produttrice di filati per tessuti
di canapa di ottima qualità.
Senza tornare ai primi del ‘900, quando in Italia gli ettari coltivati a canapa erano circa 90.000, è
interessante comunque ripercorrere cosa è successo negli ultimi 40 anni nel settore delle piante da
fibra in Italia. Nel 1961 la fotografia del settore vedeva il cotone coprire una superficie di circa
14.000 ha, seguito dalla canapa con 12.600 ha ed il lino con 7.200 ha. Il settore però era già in
declino e a distanza di 10 anni, nel 1971, si registravano appena 3.100 ha coltivati a cotone, 454 ha
a canapa e 823 ha a lino. Nei primi anni ’80 la coltivazione del cotone e della canapa erano
23
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
praticamente scomparse, mentre il lino si manteneva intorno ai 1.400 ha. Nel 1991 solo il lino
appare nelle statistiche FAO con 800 ha, ma in breve tempo anche questa coltura scomparve.
Verso la fine degli anni ‘90 si è avuta però un’inversione di tendenza, soprattutto per la canapa, che
ha raggiunto 151 ha nel 2001 e 900 ha nel 2005. Per il lino non sembrano esserci veri segni di
risveglio, se non la coltivazione di parcelle sperimentali.
16000
14000
12000
10000
Ha
Cotone
Lino
8000
Canapa
6000
4000
2000
0
1961
1971
1981
1991
2001
2005
A nno
Grafico 3 (Fonte: FAO, Eurostat, IFN)
Se il lino e la canapa sono coltivate in alcune regioni d’Europa su vasta scala, lo stesso non si può
dire per l’ortica e la ginestra.
Il lino è principalmente coltivato per la sua fibra, che viene destinata all’industria tessile, e solo in
minor parte per l’estrazione di olio.
La canapa ha invece come destinazione principale delle fibre l’industria della carta, mentre dai resti
della lavorazione si produce un’ottima lettiera per cavalli. La canapa ha molteplici usi, dai materiali
isolanti ai compositi, dall’olio per uso tecnico, alimentare e cosmetico, alle fibre sia per uso tessile
che per la produzione di cordami.
Per quanto riguarda l’ortica ad oggi esiste solo un piccolo gruppo di produttori in Germania con
circa 200 ha, sotto il controllo della Stoffkontor Kranz, azienda di trasformazione che ha investito
sia nella selezione di cloni ad alta resa di fibra (15%), rispetto alle piante selvatiche (<5%), sia in un
processo bioenzimatico per estrarre la fibra di cui ha il brevetto. Per la ginestra siamo invece
ancora ben lontani dal diffondersi della coltivazione a pieno campo, essendo ancora nella fase di
ricerca e sperimentazione sia per quanto riguarda la coltivazione che l’estrazione ed uso della fibra.
In Umbria un vivaio coltiva 40 ha a ginestra, ma le piante sono destinate principalmente al
consolidamento di dune, pendii e soprattutto scarpate autostradali e ferroviarie, dato l'apparato
radicale molto sviluppato.
4.3 Aspetti tecnico-economici della coltivazione delle principali piante da fibra.
La maggiore difficoltà incontrata nella definizione degli aspetti tecnici di coltivazione e prima
lavorazione delle piante da fibra oggetto di studio, ma soprattutto nelle valutazioni economiche, è
stata la mancanza di informazioni e dati poiché tali colture, oggi, non sono più prodotte in Italia o
lo sono in misura marginale.
Per quanto riguarda le valutazioni economiche relative alla fase della coltivazione, i costi ed i ricavi
qui riportati sono stati, quindi, per lo più stimati. Per la canapa esiste solo l’esperienza degli
agricoltori ferraresi che comunque la coltivano nella forma “baby canapa”. Per il lino e l’ortica
24
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
esistono dei dati sulle spese colturali di altri paesi produttori, mentre nessun dato è stato trovato
per la ginestra.
Per questo studio si farà riferimento ad un’azienda con produzione prevalentemente a seminativo.
Questo perché la coltivazione industriale delle piante da fibra è adatta proprio a questa tipologia di
aziende per le simili caratteristiche del terreno richieste, per il loro idoneo inserimento nella
rotazione colturale e, soprattutto, perché le aziende non dovrebbero sostenere investimenti
specifici, in quanto già in possesso dei macchinari necessari alla coltivazione di tali piante.
Sono state considerate nei costi diretti alcune operazioni “contoterziste” specifiche alla raccolta per
le quali gli investimenti nei macchinari da parte degli agricoltori non sono pensabili, come anche il
trasporto delle rotoballe al centro di prima trasformazione.
4.3.1
Lino (Linum usitatissimum)
Parcella sperimentale investita a Lino in località IOLO (Prato) nell’anno 2006
Storia
Il lino contende al cotone il "primato" di antichità; resti di corde e tessuti, capsule, semi, fibre di
lino son stati trovati in occasione di numerose ricerche archeologiche, anche nelle tombe dei
Faraoni.Secondo le ipotesi più accreditate, la coltivazione del lino ebbe origine nell'Asia superiore;
da qui passò in altre zone dell'Oriente asiatico, in Cina, in India, poi in Egitto. Fenici e Romani,
con le loro guerre ed i loro traffici, dettero un decisivo apporto alla diffusione del lino, la cui
coltivazione si sviluppò in varie zone dell'Europa settentrionale. Da allora il lino fu sempre
presente - ed importante - nell'attività tessile, pur variando notevolmente, nel corso dei secoli, le
quantità prodotte. Per esempio, all'inizio del XIX secolo la produzione mondiale ammontava,
secondo le statistiche di allora, a circa 285.000 tonnellate; ma verso la fine del secolo, nel decennio
1880-1890, salì a 640.000 tonnellate. Alla vigilia della prima guerra mondiale superava le 954.000
tonnellate, per scendere, alla vigilia della seconda guerra mondiale a 810.000 tonnellate.
La coltivazione
Il lino è una pianta erbacea annuale, il cui ciclo di vita, dalla semina alla raccolta, dura circa 100
giorni. Varie sono le sottospecie o le varietà, almeno un centinaio, coltivate per trarne, a seconda
dei casi, o la fibra tessile o l'olio dai semi (impiegato in diversi usi industriali, farmaceutici, ecc.).
La fibra del lino appartiene al gruppo cosiddetto delle fibre "liberiane", da "libro", cioè la parte
sottostante la corteccia, sulla quale in antico venivano scritti (come sui papiri) i "libri" dell'epoca.
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Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Come si è accennato, il lino viene coltivato in molti paesi, dall'Asia alle Americhe. Si stima che la
superficie totale seminata annualmente a lino sia di 8 milioni di ettari, di cui un quarto destinati ad
uso tessile (il resto è per ricavare l'olio): la Francia è il maggiore produttore dell'Occidente, l'URSS
del resto del mondo.
Tecnica colturale del Lino
Il Lino richiede un clima fresco ed umido ma risulta sensibile alle gelate primaverili e alla siccità
estiva. I terreni meno indicati sono quelli argillosi suscettibili di compattamento; per tale ragione, la
scelta del terreno e le lavorazioni di preparazione del terreno (aratura a 30 cm ed erpicatura)
devono consentire una buona penetrazione delle radici per accedere alle risorse idriche. La densità
di semina ideale è intorno a 1700-2000 piante/m2 (profondità di semina di circa 2 cm); una densità
di semina inferiore può portare ad una copertura insufficiente del terreno, favorendo così le
infestanti e/o causando un eccessivo accestimento della pianta che conduce ad una maturazione
agronomica insoddisfacente.
Una fertilizzazione in condizioni normali prevede l’impiego di:
N:…….60 Unità/ha (di cui almeno il 50% in presemina)
P2O5… 90 Unità/ha (di cui almeno il 70% in presemina)
K2O…..90 Unità/ha (in presemina)
E’ sconsigliabile eccedere con gli apporti di azoto in quanto porterebbe ad un eccessivo rigoglio
vegetativo a scapito della qualità della fibra. Risulta vantaggioso, soprattutto in terreno pesanti, al
fine di ottenere una buona strutturazione del suolo, prevedere una concimazione organica di fondo
autunnale.
Per il controllo delle infestanti, soprattutto quelle perenni a foglia larga, si possono utilizzare in
post-emergenza prodotti a base di fluazifop-p-butile.
Occasionalmente ci possono essere attacchi da parte di crittogame (problema accentuato negli
impianti ad alta densità di semina), che si controllano tramite trattamenti a base di rame e rotazioni
colturali appropriate. Generalmente la pianta si sviluppa e giunge a maturazione in poco più di tre
mesi, raggiungendo un'altezza media di un metro
La raccolta, tramite estirpatura, viene normalmente effettuata quando le foglie basali sono cadute
(indicaticativamente nel mese di luglio);
La raccolta può comunque venire effettuata in tre diversi momenti di maturazione; il lino "verde",
non ancora maturo, fornisce fibre molto fini ma di minore resistenza. Il lino "giallo", a metà
maturazione, è considerato il migliore, le fibre sono lunghe, morbide e resistenti. Se il lino diventa
"bruno" (o verde scuro) le fibre sono troppo sode e legnose.
Gli steli vengono poi fatti essiccare in campo e successivamente sottoposti a macerazione tramite
bagnatura (processo più lungo) o sommersione. Le rese variano molto a seconda delle varietà
utilizzate; comunque si aggirano intorno ai 40-50 q/ha di massa verde con un contenuto in s.s. pari
al 12%.
La lavorazione
Anche se qui ci occupiamo solo del lino coltivato per usi tessili, la pianta ha comunque le capsule
contenenti i semi, che vengono recuperati mediante una prima operazione, chiamata "sgranatura".
Poi il lino, simile ad una "paglia", riunito in mannelli o covoni, passa alla macerazione, che può
essere fatta a terra o in acqua: si tratta di far fermentare naturalmente, grazie all'azione di
microrganismi, la parte legante e gommosa (costituita da pectina), lasciando intatti i fasci fibrosi
che si possono filare e tessere.
Dopo la macerazione, che dura da tre a sei settimane, si passa alla stigliatura (o scotolatura), con
una serie di azioni meccaniche per rompere la parte legnosa della corteccia, e ricavarne la parte
fibrosa. Con la stigliatura si eliminano le fibre corte (stoppe), di circa 10-15 cm, che rappresentano
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Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
circa un terzo della fibra, separando le fibre a tiglio lungo (60-90 cm.), che costituiscono i due terzi
dei fasci fibrosi.
L'ammasso fibroso subisce ancora cicli di lavorazioni secondarie, per depurarlo e migliorarne le
caratteristiche, e viene finalmente avviato alla pettinatura e filatura, iniziando il ciclo tessile
propriamente detto.
Anche le "stoppe" possono essere riutilizzate con operazioni di cardatura e pettinatura, per dare un
prodotto che ovviamente è meno "nobile" del lino a tiglio lungo.
Le caratteristiche
Le caratteristiche fondamentali del lino sono: resistenza e robustezza del filato, durata, freschezza,
igienicità, igroscopicità e lucentezza serica. Queste caratteristiche sono legate alla struttura ed alle
proprietà delle fibra. Lo stelo, lungo come si è detto mediamente un metro, ha un diametro di circa
1,5-3 mm.; sezionandolo si distingue una parte centrale, comprendente il midollo, il legno ed il
"cambio". Nella parte esterna, comprendente la corteccia, sono incluse le fibre disposte in fasci che
si sviluppano per tutta la lunghezza (ecco perchè la pianta viene strappata e non tagliata). I fasci
fibrosi composti di cellulosa sono cementati da altri materiali gommosi (pectina), legnosi (lignina) e
dal legno vero e proprio. Grosso modo, due terzi in peso sono le parti legnose, il resto è corteccia:
la fibra vera e propria rappresenta solo il 12% dello stelo. Un fascio fibroso di lino è composto da
circa 30 fibre "elementari", ed è lungo mediamente 50 cm. Anche per il lino, così come per tutte le
altre fibre naturali, dire genericamente "lino" non basta per delinearne il livello qualitativo. Questo
dipende da molti fattori, dal tipo e qualità, dalla sua origine, dalla lunghezza del tiglio, dalla
lavorazione. Con diversi procedimenti (a secco, o a umido) si ottengono fili più grossolani e più
resistenti, rispettivamente più sottili e fini, ma più sensibili all'uso.
Aspetti economici
Dal lino si possono estrarre sia fibre lunghe che corte, anche se le prime sono quelle di maggior
pregio. Il lino europeo è considerato il migliore e oltre il 70% delle fibre lunghe ottenute vengono
esportate, soprattutto verso la Cina. Ci sono paesi che comunque preferiscono optare per il lino a
fibra corta, come il Regno Unito, la cui coltivazione è più facilmente adattabile ai macchinari già
presenti in azienda. In Francia la resa media ad ettaro è di 6,8 tonnellate di paglia di lino, ma questa
può variare considerevolmente in base alle condizioni climatiche al momento della macerazione in
campo. In Belgio la resa media è di 6,6 t/ha, mentre nel Regno Unito 4,5 t/ha. Le condizioni
climatiche nella nostra regione non sono le più idonee per il lino e senza costosi interventi di
concimazione, irrigazione, controllo delle infestanti e di eventuali malattie o parassiti, difficilmente
si otterranno rese superiori alle 4 t/ha. La paglia viene ritirata dai trasformatori che provvedono
alla lavorazione per estrarre la fibra. Il prezzo in Europa della paglia di lino è in calo da vari anni,
sia per le forti rese ad ettaro, sia per le pressioni di mercato, e al momento si aggira intorno ai
€210,00/t per la paglia migliore. In Italia, al momento, esistono solo parcelle sperimentali pertanto
l’utile netto ottenuto dalla stima del conto colturale (Tab.1) per questo progetto è puramente
indicativo e da verificare. Prevedendo un raccolto in Toscana pari a 3,5 t/ha di paglia secca
macerata, vendibile ad un prezzo di €210,00/t, l’utile netto ad ettaro risulta negativo per €161. Per
ottenere un utile netto positivo il prezzo della paglia di lino dovrebbe essere di €260/t.
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Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Tab. 1 - Conto colturale del Lino
RICAVI (A)
unità €/unità
paglia (t/ha) 3,50
210,00
contributo UE
unità €/unità
735,00
250,00
985,00
100,00
30,00
100,00
30,00
130,00
2,10
35,00
210,00
35,00
245,00
3,00
15,00
15,00
15,00
30,00
concime (20-10-10) 100
distribuzione 1
0,35
10,00
35,00
10,00
45,00
Estirpazione 1
Irrigazione 2
Rivoltatura 2
Rotoimballatura 10
Carico camion 10
Trasporto 10
TOTALE COSTI DIRETTI (B)
COSTI INDIRETTI (C)
Quota di manutenzione
Quota di ammortamento
Spese generali
Oneri finanziari e fiscali
Altri costi indiretti
TOTALE COSTI INDIRETTI (C)
UTILE NETTO (A-B-C)
60,00
60,00
40,00
8,75
2,00
12,20
60,00
120,00
80,00
87,50
20,00
122,00
COSTI DIRETTI (B)
Lavorazione del terreno
aratura
erpicatura
1
1
Semina
seme (kg) 100
semina a file 1
Diserbo
post-emergenza
distribuzione
5
1
Concimazione
Raccolta
1,5%
3,0%
13,0%
3,0%
1,5%
489,50
939,50
14,09
28,19
122,14
28,19
14,09
206,69
-161,19
Ipotizzando una coltivazione più intensiva, pertanto con una seconda applicazione di diserbante,
una maggiore concimazione e l’uso dell’irrigazione, anche ipotizzando una resa pari a quella
francese di 6,8 t/ha, si ottiene ugualmente un utile netto negativo di €95/ha. Bisogna sottolineare
che sia in Francia che in Belgio, nelle regioni che hanno una lunga tradizione nella coltivazione del
lino da fibra, i coltivatori beneficiano di un aiuto pari a €120,00/ha nelle regioni del nord e
€50,00/ha nelle regioni del sud. Considerando inoltre che per la macerazione non c’è bisogno di
alcun intervento, si potrebbe già ipotizzare un risparmio di oltre €240, che porterebbe l’utile in
attivo. Ciò suggerisce che difficilmente i produttori toscani potrebbero competere con i colleghi
transalpini.
28
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
4.3.2
L’ortica da fibra (Urtica Dioica)
Parcella sperimentale di ortica da fibra in località IOLO (PRATO)
L'ortica è una pianta perenne dioica presente in Europa e nelle zone temperate dell'Asia e
dell'America; predilige normalmente suoli fertili ed umidi e nei luoghi dove sia presente materiale
organico in decomposizione (spesso in radure forestali, vicino a corsi d’acqua). In natura sono
presenti molte varietà con caratteristiche morfologiche differenti, ma l’ortica da fibra coltivata è
frutto di una selezione che ha esaltato il contenuto in fibra, che può arrivare fino al 17% sul peso
secco in confronto con le varietà spontanee che ne contengono circa il 5%.
E' una pianta erbacea perenne, alta fino ad un metro e mezzo, dal fusto eretto a sezione quadrata.
Le foglie sono opposte, picciolate, a forma di cuore, con stipole e margine seghettato a grandi denti
triangolari. Sia il fusto che le foglie sono ricoperti di peli urticanti, il cui apice a capocchia si spezza
al tocco più lieve emettendo un liquido irritante. I fiori verdi, piccolissimi, sono riuniti in spighe e
fioriscono da giugno ad ottobre. I semi sono acheni ovali.
La pianta dell'ortica contiene fibra di alta qualità, con proprietà qualitative simili al lino ed alla
canapa: alta resistenza alla trazione, finezza, peso specifico basso; ciò permette la produzione dei
tessuti fini. La fibra ha un contenuto in cellulosa di circa 86.5%. La produzione sembra essere
limitata nel primo anno della crescita ma, dal secondo anno di produzione, le rese previste si
aggirano intorno a 3-4 t/ha di sostanza secca.
Fibra grezza di ortica
29
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Preparazione del terreno e rotazione colturale
Come già detto l’Ortica da fibra è una pianta esigente dal punto di vista nutrizionale; predilige
terreni ricchi di sostanza organica e di azoto e pertanto sarà necessario prevedere abbondanti
concimazioni organiche al terreno ed una successione colturale che preveda l’impiego di
leguminose per le loro capacità azotofissatrice. Nella letteratura esaminata si legge che l’Ortica, una
volta impiantata, può rimanere in produzione anche per 10 anni; tale durata si ritiene tuttavia
eccessiva sia perché non ci sarebbe la possibilità di effettuare concimazioni organiche al terreno, sia
perché si presenterebbero fenomeni di “stanchezza” del terreno ed infine perchè aumenterebbe la
competizione di specie infestanti e forse anche l’incidenza di fitopatie (come avviene normalmente
con altre colture erbacee). Sembrerebbe più indicato un ciclo colturale che preveda la presenza
dell’Ortica per 4 anni preceduta da leguminose da granella (come il Lupino o il Favino) mentre in
successione si possono proporre colture da tubero o radice (patata, barbabietola, etc.) o anche da
Canapa per le loro capacità di tenere sotto controllo le infestanti.
Cultivars
Le varietà attuali sono selezionate in base al contenuto in fibra pari al 15% in peso di steli secchi. Si
utilizzano normalmente individui femminili sterili da destinare alla riproduzione vegetativa in
quanto hanno un contenuto in fibra maggiore degli individui maschili. L’uso di individui sterili
serve ad impedire l’incrocio con polline di ortica selvatica, che causerebbe la semina naturale e la
successiva nascita di individui non idonei.
Propagazione e trapianto
Le ortiche possono essere seminate direttamente nel terreno in autunno per affermarsi in
primavera oppure propagate in vivaio e poi trapiantate in primavera. Benché la semina diretta offra
indubbi vantaggi economici ed operativi, la spiccata eterogeneità della generazione F1 porta
difformità nella maturazione degli individui anche di 4 settimane, con il rischio di raccogliere piante
non ancora mature in fase di raccolta. La semina porta inoltre ad una riduzione del contenuto di
fibra: il contenuto in fibra delle ortiche da fibra ottenute da seme è stato fino al 2% inferiore
rispetto al contenuto in fibra delle piante madri, che erano state coltivate nelle medesime
condizioni colturali e raccolte nel medesimo momento. La propagazione vegetativa, ottenuta con
talee radicate in vivaio (per un periodo di circa 6 settimane) e poi trapiantate in campo nei mesi di
Marzo/Aprile, consente di evitare i suddetti problemi ed inoltre garantisce la stabilità genetica della
coltura.
Il trapianto in campo può prevedere sesti di impianto più o meno larghi (cm 50 x 50; cm 50 x 75 ;
cm 50 x 100) a seconda che si vogliano prevedere delle lavorazioni nell’interfila o no; per
l’operazione di trapianto è possibile utilizzare una normale trapiantatrice da ortaggi di pieno
campo.
Fertilizzazione e Irrigazione
Un terreno investito ad ortica produce una considerevole quantità di biomassa ed inoltre l’ortica è
una pianta particolarmente nitrofila, pertanto l’effetto dell’incremento di azoto sulla quantità e
qualità del raccolto di fibre, è stato sperimentalmente dimostrato con differenti livelli di azoto.
Diversi sperimentatori (Wurl e Vetter, 1994) hanno proposto livelli molto elevati di unità
azotate/ha (200-300) congiuntamente a sesti di impianto molto stretti (cm 50x50); tuttavia un
apporto eccessivamente alto di azoto rischia di causare l’inquinamento delle falde acquifere
nonché una completa mineralizzazione della sostanza organica; volendo dare qualche indicazione
operativa, il consiglio è quello di effettuare una preventiva analisi del terreno in modo da avere un
quadro della struttura e della dotazione minerale ed organica dello stesso e poi effettuare una
fertilizzazione organica di fondo autunnale, integrata con apporti minerali in primavera fornendo al
terreno i seguenti quantitativi di elementi (complessivi di concime organico e chimico):
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Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
AZOTO
FOSFORO
POTASSIO
► 200 U/ha/anno
► 200 U/ha/anno
► 200 U/ha/anno
L’ortica richiede frequenti apporti idrici nel periodo di crescita; inoltre risulta molto sensibile ai
venti secchi. In caso di eventi meteorici insufficienti occorrerà provvedere con irrigazioni
periodiche particolarmente il primo anno quando ancora l’apparato radicale non è sufficientemente
sviluppato. Ancora non ci sono dati disponibili in merito ai volumi d’acqua necessari, tuttavia si
possono ragionevolmente prevedere 3-4 interventi di soccorso con un volume di acqua pari a circa
400 mc per intervento.
Lotta alle infestanti ed ai parassiti
In letteratura l’ortica è spesso descritta come fortemente competitiva nei confronti delle infestanti,
tuttavia il problema delle infestanti è sentito nel primo anno di coltivazione. Il controllo delle
infestanti comincia con la scelta opportuna delle colture precedenti che garantiscano una buona
nettatura del suolo. Anche la scelta del sesto di impianto ha la sua importanza; infatti un sesto
stretto (cm 50x50) garantisce una migliore copertura e soffocamento delle infestanti da parte
dell’ortica ma al contempo impedisce operazioni di erpicatura. Una ulteriore possibilità è
rappresentata dalla pratica del diserbo chimico (atigerminello o in preemergenza).
Per quanto riguarda i possibili parassiti si annoverano delle larve di “Aglais urticale” ed “Inachis io”
che possono causare la completa defogliazione delle piante. Altre insetti (come Vanessa atalanta L.,
Cynthia cardui L., Doralis urticaria) o funghi (Pseudoperonospora Urticae) sembrano causare solo danni
molto marginali.
Raccolta e rese
La raccolta dell’ortica avviene a partire dal secondo anno di coltivazione in quanto il primo anno
gli steli sono troppo bassi, sottili, accestiti e con troppe foglie.
I risultati delle sperimentazione in merito ai tempi di raccolta, suggeriscono che il momento
migliore per la raccolta è quando gran parte delle foglie sono cadute ma prima che si formino
nuovi germogli; un altro criterio di scelta è di raccogliere quanto i semi sono maturi nella parte
bassa delle infiorescenze (Bredemann,1959) oppure quando gli steli rappresentano circa l’80% della
biomassa epigea (Vetter et al. 1996).
Le rese sono molto variabili e dipendenti principalmente dalle condizioni del suolo e dallo stato
vegetativo delle piante. L’altezza degli steli può raggiungere i 180 cm di altezza. La resa in sostanza
secca varia dai 30-40 q/ha sui terreni poveri fino a 100 q/ha nei migliori appezzamenti. La
sostanza secca (steli) rappresenta circa il 20% della biomassa verde.
Utilizzazione finale
Le forme coltivate di Urtica dioica hanno caratteristiche simili al lino ed alla canapa. I possibili
utilizzi comprendono le fibre per uso tessile, la carta, l’uso gastronomico e medicinale nonchè la
semplice produzione di biomasse. Attualmente non ci sono produzioni in commercio.
Aspetti economici
Dalle piante di ortica si possono estrarre sia fibre lunghe che corte. In Germania, per sfruttare al
massimo le operazioni meccaniche, si sono concentrati sulla fibra corta. I coltivatori tedeschi
falciano le piante una volta mature e poi, come per la canapa in Francia, fanno seccare gli steli
velocemente senza macerazione in campo, rigirandoli con un normale ranghinatore da paglia, senza
curarsi della direzione delle fibre. Una volta secca la paglia viene rotoimballata e portata al centro di
trasformazione, dove tramite un processo bioenzimatico viene macerata per l’estrazione della fibra
corta. La Stoffkontor Kranz provvede poi a trasformare la fibra in filato con una proporzione del
31
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
5-10% di ortica ed il restante cotone organico, per poi produrre principalmente biancheria da casa
come lenzuola, asciugamani, tovaglie, ecc.
Per questo progetto si ipotizza una coltura dove si procede alla raccolta parallela degli steli, anche
se come per la canapa dovrà essere verificata l’esistenza di macchinari adeguati. Si prevede inoltre
di macerare in campo con l’ausilio dell’irrigazione a goccia.
Dal punto di vista economico, in Germania, la Stoffkontor Kranz fornisce ai coltivatori interessati
un prospetto economico per la coltivazione dell’ortica sicuramente molto attraente, in quanto
l’utile medio annuo nei sette anni si attesta a € 1.150/ha, senza includere il contributo UE, grazie al
prezzo della paglia pari a €900/t. Ai coltivatori viene richiesto però di diventare “soci” della
struttura organizzativa acquistando azioni (rivendibili) pari a €3.000,00 per ogni ettaro coltivato ad
ortica. Grazie a questi fondi la Stoffkontor Kranz riesce ad investire nella propagazione ed a
fornire gratuitamente le piante ai coltivatori.
Rispetto al prospetto della Stoffkontor Kranz, questo studio ha considerato una durata di soli 6
anni ma rese leggermente più elevate grazie anche alla preparazione del terreno per l’impianto, la
concimazione e l’irrigazione (Tab.2). I costi diretti di produzione ad ettaro sono ben superiori a
quelli tedeschi (media di €1,100/ha contro €370/ha), per la differente tecnica colturale e per il
differente trattamento alla raccolta, compresa la macerazione in campo.Per quanto riguarda i ricavi,
per ottenere un utile medio annuo positivo il prezzo della paglia dovrebbe essere di €550/t, ma un
prezzo di €600/t porterebbe l’utile medio a quasi €160/ha, già più interessante per i coltivatori.
Questo valore si avvicina molto al prezzo minimo di €500/t offerto dalla Stoffkontor Kranz per la
paglia di bassa qualità, ma lontano dal loro massimo di €900/t, con il quale si otterrebbe invece un
utile medio annuo di €885. Con il prezzo medio tedesco di €700/t l’utile sarebbe di €400/ha.
Tab. 2 - Sintesi coltura dell'Ortica
RICAVI (A)
paglia
contributo UE
COSTI DIRETTI (B)
Lavorazione del terreno (inclusa letamatura)
Trapianto
Diserbo meccanico
Concimazione
Trattamento antiparassitario
Irrigazione
Raccolta
TOTALE COSTI DIRETTI (B)
COSTI INDIRETTI (C)
Quota di manutenzione
Quota di ammortamento
Spese generali
Oneri finanziari e fiscali
Altri costi indiretti
TOTALE COSTI INDIRETTI (C)
UTILE NETTO (A-B-C)
UTILE NETTO TOTALE
UTILE NETTO MEDIO ANNUO
anno 1
anno 2
anno 3
anno 4
anno 5
anno 6
0,00
250,00
250,00
1.320,00
250,00
1570,00
1.848,00
250,00
2098,00
2.376,00
250,00
2626,00
1.848,00
250,00
2098,00
1.320,00
250,00
1570,00
25,00
135,00
123,50
370,00
510,43
1.163,93
25,00
135,00
123,50
370,00
562,60
1.216,10
25,00
135,00
123,50
370,00
614,77
1.268,27
25,00
135,00
123,50
370,00
562,60
1.216,10
25,00
135,00
123,50
370,00
510,43
1.163,93
17,46
34,92
151,31
34,92
17,46
256,06
150,01
959,24
159,87
18,24
36,48
158,09
36,48
18,24
267,54
614,36
19,02
38,05
164,88
38,05
19,02
279,02
1.078,71
18,24
36,48
158,09
36,48
18,24
267,54
614,36
17,46
34,92
151,31
34,92
17,46
256,06
150,01
600,00
437,40
25,00
123,50
370,00
1.555,90
23,34
46,68
202,27
46,68
23,34
342,30
-1.648,20
Va precisato che anche la Stoffkontor Kranz non nega che questi prezzi siano molto elevati, ma
potendo eseguire internamente tutta la lavorazione fino al prodotto finito, riescono a contenere il
valore aggiunto di ogni fase senza ricaricarlo sul prezzo finale. Inoltre, pur vendono i loro prodotti
32
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
a base di fibra d’ortica con il marchio “Nettle World” da loro creato, di ortica i prodotti ne hanno
solo una piccola percentuale fra il 5 ed il 10%. Probabilmente il costo di un lenzuolo o di un
asciugamano interamente d’ortica, attualmente, sarebbe fuori mercato. Fra le peculiarità della fibra
d’ortica è attualmente allo studio quella sulla combustione, in quanto parrebbe più lenta ad
infiammarsi. Se ciò fosse vero ci sarebbe sicuramente un forte interesse per un tessuto del genere,
vista anche la sua tenacia e resistenza, nel settore delle “poltrone” per spazi e mezzi pubblici, dai
teatri alle navi da crociera, in quanto pochi secondi in più farebbero la differenza in caso
d’incendio. Anche se attualmente fosse possibile ottenere un “premio” molto elevato che
giustificherebbe un prezzo della paglia così elevato, difficilmente si potrebbe sostenere nel mediolungo periodo. La ricerca di varietà selezionate adatte alle condizioni locali, macchinari e tecniche
colturali mirate, abbattimento dei costi della fase di macerazione, miglioramento delle rese,
potrebbero adeguatamente compensare la riduzione del prezzo della paglia.
4.3.3
La ginestra da fibra (Spartium Junceum)
Le informazioni relative alla coltivazione della ginestra sono state reperite essenzialmente
comparando i dati colturali ottenuti da altre colture assimilabili (Canapa, Lino, Ortica, ecc.),
nonché adattando le esperienze di coltivazione non tessile della ginestra.
Inquadramento botanico
Spartium junceum L.
Classe: Dicotiledone, Famiglia: Leguminose.
Nomi comuni: Ginestra comune, Ginestra odorosa.
Caratteristiche sistematiche
La ginestra è un arbusto alto da 1 – 2 metri sino a 3 - 4 metri; fusto molto ramoso e cavo,
compressibile e fibroso, che alla fioritura è privo (o quasi) di foglie. Le foglie glauche da subito,
sono semplici, glabre, consistenti, verde scuro, da obovato oblunghe a lineari; margine intero,
sessili o con peduncolo breve, delle dimensioni variabili da 3 – 5 mm di larghezza a 20 – 25 mm di
lunghezza. Fiori ermafroditi, papilionacei, inseriti da soli o in gruppi lassi nell’ultimo terzo dei rami,
mediante un breve peduncolo; di colore giallo, profumati, corolla di 2 – 2,5 cm. Presenta 5 petali
con il vessillo grande, i due laterali liberi e i due basali a formare la carena, anch’essi liberi ma
aderenti; presenta 10 stami, di cui 9 saldati tra loro ed 1 libero (stami diadelfi). Ovario supero con
un solo stigma. Il frutto è un legume compresso e lineare, con 10 – 15 semi schiacciati e giallastri,
pubescente ed eretto, delle dimensioni variabili da 6 – 7 mm x 40 – 80 mm; le due valve, una volta
aperte e seccate, si presentano contorte.
33
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Comportamento ed habitat
Pianta pioniera, perennante, con sviluppato apparato radicale, capace di colonizzare terreni estremi
(ad esempio lave vulcaniche o terreni salini); predilige clima caldo-secchi, localizzandosi dal
Lauretum sino agli orizzonti inferiori del Castanetum, con eccellenze presenti sia sulle pendici
etniche (2.000 mt. slm) che Appenniniche (1.300 – 1.400 mt. slm). Appartiene alla flora
mediterranea, e pertanto viene ritrovata in vaste macchie dell’intero territorio nazionale,
principalmente come specie miglioratrice dei terreni nudi o degradati. Fiorisce da maggio a luglio e
l’impollinazione è entomofila. Predilige l’esposizione diretta ai raggi solari, pur adattandosi bene
anche alle zone parzialmente ombreggiate; resiste bene sia alle basse che alle alte temperature.
Preparazione del terreno e rotazione colturale
Per la messa a dimora necessita di terreno molto profondo e ben drenato al fine di evitare i
dannosi ristagni idrici, anche povero in elementi nutritivi o sassoso. La concimazione dovrà essere
ridotta al minimo, con formula di concimazione 1:1,2:1,5 N:P:K soprattutto usando fertilizzanti
idro-solubili; occorre ricordare che essendo una leguminose, contribuisce ad arricchire il terreno di
azoto. Essendo una coltura “pioniera”, è possibile coltivarla in habitat privi di coltivazione agricola;
pertanto non risulta entrare in nessuna rotazione.
Propagazione e trapianto
La propagazione vegetativa della ginestra avviene durante i mesi di luglio-agosto-settembre per
talea, mentre la semina di tale pianta viene effettuata tipicamente in primavera; tra i due metodi,
quello che offre senz’altro maggiori potenzialità risulta essere il primo, in quanto la semina, oltre ad
una naturale difformità tra gli individui, ha anche lo svantaggio di portare ad una difformità nella
maturazione degli individui anche di alcune settimane, con il rischio di raccogliere piante non
ancora mature in fase di raccolta.
La talea, dopo una prima sosta in vivaio di moltiplicazione, all’interno di contenitori contenenti un
substrato di radicazione favorente lo sgrondo delle acque, viene trapiantata nella primavera
successiva in pieno campo, con sesti di impianto non troppo fitti (vista la forte capacità di
accestimento della coltura), variabili da cm. 70 – 100 sulla fila e 100 – 120 tra le medesime.
Irrigazione e difesa fitosanitaria
L’irrigazione può essere limitata ad una semplice di soccorso, potendo, infatti, ben sopportare
lunghi periodi siccitosi. Relativamente alle avversità, la ginestra risulta essere pianta resistente ai
principali parassiti animali o fungini, con l’unica eccezione (seppur poco accentuata) degli afidi.
Raccolta e resa
La resa della ginestra aumenta dopo i primi anni, arrivando anche a 40 t/ha di vermene fresche.
Da fresche a secche le vermene perdono oltre il 50% di peso. Va comunque rilevato che
adottando un sistema meccanizzato della raccolta, pertanto tagliando vicino terra tutti i rami della
pianta, l’anno seguente il nuovo butto arriverà a massimo 10 cm. Ciò vuol dire che la raccolta, se
meccanizzata, si otterrà solo ogni due anni. Non è pensabile eseguire una raccolta annuale solo
delle vermene “vecchie”, corrispondente alla potatura di ogni singola pianta.
Una volta falciate le vermene dovranno essere raccolte; anche questa un’operazione non è facile in
quanto non esistono macchine appositamente studiate per tale operazione. La rigidità delle
vermene e la loro relativa lunghezza di 50-70cm non si addice alla raccolta con rotoimballatrici o
mietilegatrici. Forse la soluzione potrebbe essere una macchina trinciaforaggi, come per il silomais, appositamente adattata.
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Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Caratteristiche della fibra di ginestra
Il diametro delle fibre varia tra 50-80 mm. La lunghezza della fibra è in media 8 mm (i valori
oscillano tra 5-16 mm).
La superficie delle fibre è liscia e solo talvolta presenta delle striature longitudinali. Nel complesso
la fibra assomiglia a quella del lino pur essendo assai più ruvida in relazione al notevole
ispessimento delle pareti.
La fibra è molto resistente all’acqua e non si altera anche dopo un lungo periodo di immersione.
Resiste benissimo all’acqua marina perciò era impiegata per reti, cordami, etc. Molto resistente alla
luce, com’è risultato da prove di irraggiamento con raggi ultravioletti. La fibra è facilmente
colorabile, ha un forte potere di imbibizione e un basso peso specifico (si calcola che il peso
specifico sia 7/10 di quello del lino).
Per un uso tessile della fibra è importante sottolineare una ripresa di umidità variabile da 7,5 a
12,6%, buone caratteristiche di assorbenza e buone doti di resistenza agli alcali. Può essere
utilizzata nel settore della lana, juta, lino e fibre di cocco.
Il grado di filabilità, inoltre, è buono. La fibra è elastica e parecchio resistente alla trazione.
Fibra grezza di ginestra
Altri utilizzi
Lo Spartium junceum, a differenza del Cytisus scoparius, contiene un’alcaloide velenoso, la citisina, che
non deve essere confuso con la sparteina presente nella Ginestra dei carbonai, il cui uso è noto pur
se strettamente riservato ai medici od ai farmacisti, al fine di ottenere cardiotonici. Diverse
esperienze sono state condotte sull’idoneità della ginestra per la produzione di pasta cellulosa, con
risultati tutto sommato lusinghieri, visto che le fibre ricavate dai rametti verdi si presentano
estremamente flessibili e resistenti in impasti di cellulosa. Dalla lavorazione della pianta si
ottengono, inoltre, sottoprodotti che possono essere utilizzati nell’industria pannellistica, nella
produzione di essenze odorose per profumi, nella produzione di coloranti naturali per tinture.Un
promettente impiego risulta essere quello in campo automobilistico, tramite la realizzazione di
laminati misti tra plastica e ginestra, quale sostituto della fibra di vetro.
Aspetti economici
Il ciclo economico di un ginestreto viene indicato in circa 20-25 anni, anche se la durata potrebbe
essere più lunga ma ad oggi ancora da dimostrare.
Per ottenere un utile medio netto positivo nel ciclo dei 24 anni (Tab.3), le vermene dovrebbero
essere vendute a €115/t. Se il prezzo delle vermene fosse simile a quello della canapa di €150,
l’utile salirebbe a €291/ha, ma considerando che le vermene non sono macerate e che la fibra è più
adatta ad usi industriali che per il settore tessile, difficilmente otterrebbe tale prezzo.
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Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Tab. 3 - Sintesi coltura della ginestra
RICAVI (A)
vermene
contributo UE
COSTI DIRETTI (B)
Lavorazione del terreno
Trapianto
Diserbo meccanico
Raccolta
TOTALE COSTI DIRETTI (B)
COSTI INDIRETTI (C)
Quota di manutenzione
Quota di ammortamento
Spese generali
Oneri finanziari e fiscali
Altri costi indiretti
TOTALE COSTI INDIRETTI (C)
UTILE NETTO (A-B-C)
UTILE NETTO TOTALE
UTILE NETTO MEDIO ANNUO
4.3.4
anno 1 anno 2 anno 3
anno 4 anni pari 6-20 anni 22 e 24
0,00 690,00
0,00 1.380,00
250,00 250,00 250,00 250,00
250,00 940,00
- 1630,00
210,00
12430,00
25,00
25,00
452,75
12.665,00 477,75
189,98
7,17
379,95 14,33
1646,45 62,11
379,95 14,33
189,98
7,17
2.786,30 105,11
-15.201,30 357,15
485,04
20,21
2.070,00
250,00
2320,00
1.380,00
250,00
1630,00
25,00
25,00
805,50
830,50
1167,14
1.167,14
805,50
805,50
0,38
0,75
3,25
0,75
0,38
5,50
-30,50
12,46
24,92
107,97
24,92
12,46
182,71
616,79
17,51
35,01
151,73
35,01
17,51
256,77
896,09
12,08
24,17
104,72
24,17
12,08
177,21
647,29
25,00
La canapa da fibra (Cannabis Sativa L.)
Impianto sperimentale di canapa da fibra a Cadriano (Bologna)
Introduzione
La cannabis sativa è una pianta che appartiene alla famiglia delle Cannabinacee appartenente
all’ordine delle Urticali, a ciclo annuale, a fusto eretto. La canapa può essere monoica o dioica a
seconda che presenti individui aventi solo fiori maschi o solo fiori femminili o siano presenti fiori
di entrambi i sessi. L’infiorescenza maschile a sviluppo completo è una pannocchia composta da
numerosi racemi ascellari. L’infiorescenza femminile si presenta invece come una spiga. Le foglie
sono prevalentemente opposte, picciolate, palmosette, con tre-nove segmenti lanceolati, acuminati,
seghettati e pubescenti. La radice è a fittone con esili ramificazioni laterali. Il fusto presenta nodi
ed internodi spesso più grossi nel mezzo dello stelo che non alle estremità. In situazioni ottimali
può raggiungere i 5 metri di altezza in 4/6 mesi. Il frutto è una nocula (achenio) chiamato “ seme“,
ovoidale di colore bruno che a volte si presenta ancora racchiuso negli involvi fiorali. L’insieme
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Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
delle fibre tessili, denominato comunemente tiglio, rappresenta il libro de fusto. Si trova nella
corteccia e costituisce il principale prodotto commerciale.
Non esisterebbero differenze tassonomiche fra piante da droga e piante da fibra per cui la specie
Cannabis sativa L. sarebbe unica. Le differenze sono invece a livello varietale: esistono varietà ad
alto contenuto di fibra tessile e basso contenuto di sostanze psicotropiche ed altre varietà a basso
contenuto di fibra tessile ma ad alto contenuto di allucinogeni.
Esigenze climatiche
Grazie al suo breve ciclo vegetativo ed alla molteplicità delle varietà esistenti, la canapa può
adattarsi ai climi più diversi. Ad esempio, veniva coltivata in passato dagli oltre mille metri in
Piemonte all’ambiente Mediterraneo del sud Italia. I climi più favorevoli sono comunque quelli
caldo-umidi delle regioni temperate che consentono lo sviluppo di gran masse di sostanza organica.
La germinazione del seme avviene a 8-10°C e le giovani piantine resistono meglio delle altre
colture primaverili alle gelate tardive. Fiorisce intorno ai 19° C ed i semi maturano alla somma di
230°C, richiedendo quindi temperature gradualmente crescenti. Nel periodo che va dalla semina
alla fioritura, i caldi precoci, specie se accompagnati da intensa aridità, sono nocivi poichè
dispongono le piante a prefiorire e rimanere quindi basse di statura. Un’abbondante umidità giova
molto quando è coltivata su terreni permeabili, mentre è dannosa ove si presentano prolungati
ristagni idrici che soffocano le radici. Durante la maturazione dei semi, non solo resiste bene
all’umidità dalla fioritura in poi, ma è più produttiva in presenza di piogge. Teme però i freddi
autunnali precoci. La ricerca è basata sulle esperienze di coltivazione della canapa da fibra in Italia e
in Toscana, frutto di sperimentazioni per la sua reintroduzione, permessa dal Reg. Ce 1251/99
dopo un periodo di assoluto divieto di coltivazione a causa della legislazione sulle sostanze
stupefacenti.
Crescita della pianta e qualità dei suoli
La qualità e quantità della fibra prodotta risulta proporzionale alle condizioni di ospitalità del suolo
in termini di fertilità fisica e nutrizionale. I migliori terreni sono quindi quelli di medio impasto,
profondi, freschi, permeabili e con alto tenore in sostanza organica. Buone rese (80-100 q/ha)
possono essere ottenute anche su terreni meno dotati, a meno che i suoli si rivelino eccessivamente
argillosi, caratterizzati da prolungati ristagni idrici o da scheletro prevalente. Particolare attenzione
bisogna prestare alla giacitura dei terreni, perché bisogna garantire una buona esposizione ed è
necessario evitare eccessive pendenze per la conseguente difficoltà ad utilizzare i macchinari
necessari alla raccolta.
Le varietà di canapa
Le varietà di Cannabis sativa ammesse per la coltivazione sono elencate nell’all. XII del Reg. Ce
1251/99
Origine
Italia
Francia
Germania
Spagna
Polonia
Ucraina
Olanda
Ungheria
Nome
Carmagnola- CS Carmagnola Selezionata- Fibranova- Red Petiole
Fedora 17 – Fedora 19 – Fedrina 74 – Felina 32 – Felina 34- Ferimon – Fibrimon 24 –
Fibrimon 56 – Futura – Futura 75 – Ipsilon 68 – Santhica 23 - Santhica 27 – Dioica 88
Fasamo
Delta Llosa - Delta 405
Benino – Bialobrzeskie
Juso 14 – Juso 31
Chamaleon
Kompolti
Queste sono le varietà che hanno un contenuto di THC ( tetraidrocannabinolo) nelle infiorescenze
inferiore allo 0.2 %. Il seme deve essere certificato da Ente autorizzato. Tuttavia delle varietà
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Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
ammesse solo poche sono effettivamente reperibili sul mercato. Purtroppo le varietà italiane, in
passato considerate le migliori del mondo, hanno subito un gravissimo danno al patrimonio
genetico a causa del lungo periodo di abbandono della coltivazione. Piccole quantità di semi di
Carmagnola, CS e Fibranova sono conservate per la moltiplicazione presso l’Istituto Sperimentale
Coltivazioni industriali di Bologna e non sono ancora disponibili per il mercato. In base alla
destinazione d’uso vengono scelte le varietà più appropriate (produzione per seme, per cellulosa,
per fibra) e di conseguenza vengono adottate le scelte agronomiche.
Inserimento nelle rotazioni agrarie
La canapa è la tipica coltura primaverile da rinnovo, che da un lato richiede un’accurata
preparazione del terreno, dall’altro lascia una cospicua fertilità residua. Infatti, le piante che la
seguono si avvantaggiano sensibilmente dell’azione rinettante e dell’importante massa di residui
organici lasciati sul terreno (15-20 t/ha di peso fresco). Sebbene la canapa si inserisca bene in tutti
gli ordinamenti colturali, il reddito che mediamente risulta ottenibile in base agli attuali prezzi di
mercato pone la coltivazione di fibra meno pregiata inseribile solo negli ordinamenti estensivi.
Quando raccolta prima di andare a seme, la canapa potrebbe essere avvicendata a se stessa, dato
che soffre poco i problemi di stanchezza del terreno, aumenta però la necessità di difesa dagli
organismi dannosi e dalle malerbe con conseguente pericolo di abbassamento qualitativo del
prodotto. In questo caso, i trattamenti si rivelano problematici, data l’attuale mancanza di prodotti
chimici e biologici già sperimentati e la difficoltà di applicazione negli stadi avanzati di crescita del
fusto.
Le lavorazioni e la concimazione
Le lavorazioni del terreno iniziano in autunno con la rottura delle stoppie della coltura precedente
e l’aratura. In questa occasione, si esegue anche la concimazione di fondo, in cui si somministrano
gli elementi nutritivi poco mobili, fosforo e potassio ed eventualmente sostanza organica. La
canapa assorbe anche elevate quantità di calcio, ma raramente è necessario aggiungerlo nei suoli
italiani, che in genere sono sufficientemente ricchi di questo elemento. I quantitativi di nutrienti da
somministrare sono in relazione alle esigenze trofiche della pianta, che, in base ai dati di diversi
autori, risultano essere abbastanza variabili:
Elemento
Azoto
Anidride Fosforica P205
Potassio K20
Calcio
Kg di Unità fertilizzanti /ha
90-120
40-60
130-170
100-150
A fine inverno cominciano i lavori di preparazione del letto di semina effettuati con frangizolle ed
erpice, avendo cura di sminuzzare ben bene il terreno. Nel caso di sola concimazione minerale,
segue la somministrazione di azoto che è importante sia disponibile alle piantine sin dai primi
momenti di crescita.
L’epoca ed il procedimento di semina
In Italia, l’epoca adatta per la semina inizia nel mese di marzo nel centro-sud e si prolunga sino alla
metà di aprile nel centro-nord. Bisogna fare attenzione a non ritardare troppo perché in tal caso
aumentano i rischi di ‘stretta’ (mancanza di approvvigionamento idrico), cui le piante sono
particolarmente sensibili durante la prima fase di accrescimento. E’ da tener conto anche della
necessità di effettuare il raccolto, sia di seme che di steli, prima delle piogge autunnali, per poter
eseguire correttamente l’essiccazione in campo o la trebbiatura. Si utilizza la normale seminatrice
da grano ponendo il seme ad una profondità di due/tre centimetri ed il quantitativo da utilizzare
varia a seconda che si tratti di produzione da fibra, da seme o mista. Nel primo caso la densità
dovrà essere elevata (100-150 piante/mq con interfila di 12 cm) per forzare lo sviluppo delle piante
38
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
in altezza e prevenire la ramificazione del fusto. E’ a tal fine necessaria una quantità di seme
intorno ai 50-60 kg/ha, in ragione della varietà di seme scelta. Nel secondo caso, al fine di ottenere
la maggiore quantità di seme possibile, bisogna permettere un’ottima ramificazione della pianta
adottando una distanza dell’interfila di 50-70 cm, in funzione del tipo di mietitrebbia utilizzata alla
raccolta. La densità di semina sarà quindi molto più bassa (30-50 piante/mq) e sono necessarie 1015 kg/ha di seme. Nel terzo caso si può procedere ad una coltivazione mista che dia cioè un
raccolto soddisfacente oltre che di seme, anche degli steli rimasti in piedi dopo la trebbiatura. In tal
caso si considera un investimento medio di 40-60 piante/mq per un quantitativo di seme intorno ai
25-30 kg/ha di seme.
Infestanti e parassiti
La coltivazione della canapa si può decisamente definire a basso impatto ambientale anche per la
forte capacità competitiva nei confronti delle infestanti dovuta alla elevata densità e alla forte
velocità di crescita delle piante. In base al protocollo di coltivazione del PSR della Regione Toscana
PSR 2000/2006 non sono ammesse applicazioni con diserbanti né con antiparassitari. Residui di
pesticidi a base di triazina potrebbero ritrovarsi nei tessuti di canapa. Occorre sottolineare che
infestazioni economicamente dannose si presentano prevalentemente in presenza di coltivazioni
estese e ripetute. La canapa può soffrire per la presenza di orobanca ramosa (Phelipea ramosa), della
Cuscuta europea e del convolvolo (Convolvulus poligonium). Per quanto riguarda gli insetti, qualche
danno può essere provocato dalla pulce della canapa (Psyllioides attenuata Koch) quando il clima è
particolarmente secco e la temperatura elevata: in tal caso occorre trattare chimicamente
(methilparathion). La piralide della canapa (Grapholita delineana) può insediarsi nello stelo causando
la morte della pianta. In tal caso occorre intervenire con prodotti specifici (Bacillus Thuringiensis
Berliner). Le crittogame parassite possono essere controllate con appropriata concimazione
organica e con le rotazioni .
La raccolta
Attualmente la normativa comunitaria impone il taglio quando almeno il 5 % del seme è formato,
fase che nelle nostre zone coincide con l’ultima decade di agosto. Le date imposte non coincidono
però con il periodo di maturazione tecnica. Infatti il ciclo vegetativo della canapa si esaurisce in
circa 100/120 giorni. Giungono a maturazione prima le piante maschili e poi le femminili. Il fusto,
a partire dal basso, passa da un colore verde al giallo pallido e quindi perde le foglie. L’epoca della
raccolta nelle nostre zone (maturazione tecnica) cade nella seconda metà di luglio fino alla prima
metà di agosto. Oltre questo periodo diventa molto problematica la raccolta a cominciare dalle
operazioni di taglio, data la consistenza tenace dello stelo. Si raccoglie con la metodologia della
fienagione: si taglia con barra falciante meglio ancora con falcia condizionatrice e si imballa. Le
piante vengono lasciate in campo per ridurre l’umidità (che non deve essere superiore al 18 % del
peso) procedendo periodicamente a ranghinature per accelerare il processo ed evitare l’insorgenza
di muffe. Ultimata l’essiccazione, si procede alla raccolta in balle o rotoballe, trinciate o meno
secondo la richiesta del trasformatore.
E’ possibile procedere alla raccolta in fasci: ciò dipende dalla destinazione del prodotto. Le
operazioni di taglio sono collegate direttamente con le metodologie di trasformazione proprie degli
impianti. La raccolta a fasci è utile per la produzione di fibra tessile pregiata. La macerazione in
campo ha bisogno di 14-21 giorni per essere completa
Resa
La resa dipende da diversi fattori: la varietà, le condizioni del suolo, il clima e dai possibili elementi
di disturbo (grandine, parassiti, etc). In linea di massima per la fibra si va dalle 8-10 tonnellate di
fusti per ettaro delle varietà monoiche alle 10-12 tonnellate di fusti per ettaro delle varietà dioiche,
che equivalgono ad una resa in fibra tra 2 e 3,2 t/ha. La percentuale di fibra totale varia dal 30% al
40 % e solamente il 9% di questa a fine lavorazione sarà riconosciuto economicamente pregiato.
39
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
La “Baby canapa”
Attualmente in Italia la canapa è coltivata industrialmente solo nella zona di Ferrara. I coltivatori
hanno optato per la “Baby canapa”, cioè un metodo di coltivazione che permette di sfruttare i
macchinari già esistenti per la coltivazione del lino. Le varietà coltivate sono di origine francese,
monoiche, che si caratterizzano per la taglia ridotta, resistenza all’allettamento e per una totale
uniformità nello sviluppo e nel diametro del fusto. La densità utilizzata è di 400-500 piante/mq in
modo da ottenere delle piante alte e sottili con un alto contenuto di fibre più fini.Una volta che le
piante hanno raggiunto i 110-115 cm, vengono irrorate con un prodotto disseccante (glifosate) che
agisce nel giro di due settimane. Se ciò comporta dei vantaggi per la meccanizzazione, è altresì
vero che diminuisce considerevolmente la quantità del raccolto, si aggiungono costi economici ed
ambientali, e si ottiene fibra di qualità peggiore dato che lo sviluppo delle piante non è completato.
Una volta disseccate, le piante vengono lasciate a macerare “in piedi” per circa 20-30 giorni, per
poi venire tagliate e lasciate in campo ancora una decina di giorni per completare la macerazione e
seccare. Gli steli paralleli vengono poi pressati in rotoballe.
Tab. 4 - Conto colturale della Canapa da Fibra Tradizionale
RICAVI (A)
unità
paglia (t/ha)
8,00
contributo UE
COSTI DIRETTI (B)
unità
Preparazione del terreno
aratura
1
erpicatura
1
Concimazione
fertilizzante
distribuzione
Semina
seme (kg)
semina a file
Raccolta
taglio
irrigazione x macerazione
rivoltatura
rotoimballatura
carico camion
trasporto
TOTALE COSTI DIRETTI (B)
COSTI INDIRETTI (C)
Quota di manutenzione
Quota di ammortamento
Spese generali
Oneri finanziari e fiscali
Altri costi indiretti
TOTALE COSTI INDIRETTI (C)
UTILE NETTO (A-B-C)
€/unità
180,00
1440,00
250,00 1690,00
€/unità
100,00
30,00
100,00
30,00 130,00
100
1
0,29 29,00
10,00 10,00
60
1
3,80 228,00
35,00 35,00 263,00
1
2
4
23
23
23
100,00 100,00
60,00 120,00
40,00 160,00
8,75 200,00
1,50 34,29
10,50 240,00 854,29
1286,29
39,00
1,5% 19,29
3,0% 38,59
13,0% 167,22
3,0% 38,59
1,5% 19,29
282,98
120,73
Aspetti economici
I coltivatori toscani possono optare sia per il metodo tradizionale di coltivazione della canapa sia
per l’opzione “Baby canapa”. Il metodo tradizione rispetto all’opzione “Baby canapa” differisce
principalmente per:
40
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
1. la semina è meno densa, con un obbiettivo di 250-300 piante/mq
2. le piante possono crescere fino alla piena maturità e pertanto raggiungere un’altezza ben
superiore ai 2 metri, che permette di ottenere delle rese elevate ed una migliore qualità della
fibra
3. non vengono eseguiti trattamenti disseccanti, bensì dopo lo sfalcio delle piante si procede alla
macerazione in campo
4. viste le condizioni climatiche locali potrebbe essere necessario prevede l’utilizzo
dell’irrigazione a pioggia per avviare la fase di macerazione e la rivoltatura degli steli paralleli
per uniformare la macerazione ed in seguito farli seccare
5. vista l’altezza delle piante deve essere previsto l’uso di un macchinario particolare che
permette di tranciare le piante in due o tre porzioni, al fine di renderne possibile la
lavorazione successiva (stigliatura e pettinatura) con le macchine utilizzate per il lino.
Tenendo in considerazione quanto sopra otteniamo il conto colturale mostrato in tab.4.
Elaborando le informazioni disponibili per la coltivazione della Baby canapa in Toscana si è
proceduto a stimare il conto colturale mostrato in tab.5.
Tab. 5 - Conto colturale della Canapa con metodo "Baby canapa"
RICAVI (A)
unità
€/unità
paglia (t/ha) 4,00
240,00
contributo UE
COSTI DIRETTI (B)
unità
€/unità
Lavorazione del terreno
aratura
1
100,00
erpicatura
1
30,00
Semina
seme (kg) 100
3,86
semina a file
1
35,00
Diserbo
diserbante (l)
5
2,90
distribuzione
1
15,00
Concimazione
fertilizzante 100
0,29
distribuzione
1
10,00
Raccolto
essiccante (l) 10
3,80
distribuzione essiccante
1
29,00
estirpazione
1
60,00
rotoimballatura (balle di 350kg) 11
8,75
carico camion 11
1,50
trasporto 11
10,50
TOTALE COSTI DIRETTI (B)
COSTI INDIRETTI (C)
Quota di manutenzione
Quota di ammortamento
Spese generali
Oneri finanziari e fiscali
Altri costi indiretti
TOTALE COSTI INDIRETTI (C)
UTILE NETTO (A-B-C)
41
960,00
250,00
1210,00
100,00
30,00
130,00
386,00
35,00
421,00
14,50
15,00
29,50
29,00
10,00
39,00
38,00
29,00
60,00
100,00
17,14
120,00
1,5%
3,0%
13,0%
3,0%
1,5%
364,14
983,64
14,75
29,51
127,87
29,51
14,75
216,40
9,96
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Va rilevato (Tab.4) che:
1. il rendimento ad ettaro della coltura tradizionale, anche se doppio di quello della Baby
canapa (8 t/ha contro 4 t/ha), è comunque da considerarsi conservativo
2. come già accennato, si prevede un prezzo potenziale per la paglia macerata di €180/t
3. l’apposito macchinario che dovrebbe tagliare gli steli delle piante già a misura di
rotoimballatrice è ancora in fase di studio
4. la fase di taglio, macerazione in campo, raccolta e trasporto è la più critica e costosa,
rappresentando ben il 66% dei costi diretti
L’analisi della tabella 6 permette di valutare gli effetti sull’utile netto della resa e dei prezzi nel caso
di coltura tradizionale:
Tab. 6
€/t
140,00
150,00
160,00
170,00
180,00
190,00
200,00
6,0
-360,70
-300,70
-240,70
-180,70
-120,70
-60,70
-0,70
7,0
-279,98
-209,98
-139,98
-69,98
0,02
70,02
140,02
8,0
-199,27
-119,27
-39,27
40,73
120,73
200,73
280,73
9,0
-118,55
-28,55
61,45
151,45
241,45
331,45
421,45
10,0
-37,84
62,16
162,16
262,16
362,16
462,16
562,16
11,0
42,87
152,87
262,87
372,87
482,87
592,87
702,87
12,0
123,59
243,59
363,59
483,59
603,59
723,59
843,59
t/ha
Considerando che si potrebbero ottenere delle rese più alte di 8 t/ha, l’utile netto potrebbe
diventare allettante, salendo a €240/ha con una resa di 9 t/ha e €362/ha con una resa di 10 t/ha.
Rese più alte compenserebbero anche un calo del prezzo della paglia verso i €150/t, ma già a tale
soglia anche con rese di 9 o 10 t/ha la coltivazione della canapa non sarebbe più così interessante.
Analizzando la tabella 5 della Baby Canapa invece si possono fare le seguenti considerazioni:
il prezzo della paglia di €240/t è il minimo per consentire ai coltivatori di ottenere un utile
netto positivo; tale prezzo potrebbe rispecchiare la minor resa ad ettaro
senza il contributo UE il prezzo della paglia dovrebbe salire a €300/t per ottenere un utile
positivo
immettendo il prezzo europeo attuale di €150/t si otterrebbe un utile negativo di €350/ha;
considerando però che la Baby canapa è macerata e considerando la differente destinazione
finale della fibra, si prevede un prezzo superiore per la paglia di almeno €180/t, livello che
comunque non permette di ottenere un utile positivo
il trasporto ha una notevole incidenza, rappresentando il 14% dei costi diretti; tale costo si
riferisce a distanze entro i 100 km dall’impianto di trasformazione, pertanto distanze più
elevate comporterebbero una incidenza ancora maggiore;
è probabile che gli agricoltori nel raggio di 10 km dall’impianto di trasformazione
provvedano al trasporto con i propri mezzi, con un certo risparmio
Considerando quanto sopra, possiamo analizzare gli effetti sull’utile netto della resa e dei prezzi:
Tab. 7
€/t
120,00
150,00
180,00
210,00
240,00
270,00
3,0
-530,76
-440,76
-350,76
-260,76
-170,76
-80,76
4,0
-470,04
-350,04
-230,04
-110,04
9,96
129,96
5,0
-409,33
-259,33
-109,33
40,67
190,67
340,67
6,0
-348,62
-168,62
11,38
191,38
371,38
551,38
42
7,0
-287,90
-77,90
132,10
342,10
552,10
762,10
8,0
-227,19
12,81
252,81
492,81
732,81
972,81
9,0
t/ha
-166,47
103,53
373,53
643,53
913,53
1183,53
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Al potenziale prezzo di mercato di €180/t di paglia, l’utile diventerebbe positivo con una resa di
6t/ha, un target probabilmente possibile con il miglioramento genetico e della tecnica di
coltivazione. Attualmente però solo un prezzo elevato della paglia renderebbe la Baby canapa
un’opzione interessante per i produttori.
4.4 Confronti economici-colturali fra le colture da fibra considerate
Dobbiamo innanzitutto sottolineare che un importante fonte di ricavo per i coltivatori sono i
contributi della UE. In questo paragrafo verrà illustrato l’effetto distorcente che i contributi
specifici hanno avuto in passato, sostituiti ora dal pagamento unico disaccoppiato, del quale gli
agricoltori possono beneficiare coltivando anche le piante da fibra. L’ultima riforma
dell’Organizzazione Comune del Mercato (OCM) per il lino e la canapa destinati alla produzione di
fibre è avvenuta nel 2000 con il Regolamento (CE) n. 1672/2000 del Consiglio, del 27 luglio 2000,
recante modifica del regolamento (CE) n. 1251/1999 e precedenti.Con la riforma dell’OCM viene
eliminato il contributo specifico alla produzione di lino e canapa, facendo rientrare tali colture nel
regime generale di sostegno per i seminativi, mentre si prevede un aiuto alla trasformazione delle
paglie di lino e di canapa destinate alla produzione di fibre. Lo scopo principale della riforma
dell’OCM è stato quello di evitare coltivazioni speculative, che erano aumentate con il regime
precedente, e di promuovere soprattutto la produzione di fibre lunghe di lino incrementando
l’importo degli aiuti concessi per tale coltura. Con l’entrata in vigore del regolamento, i coltivatori
di lino e canapa hanno smesso di ricevere il contributo di €723,00/ha (1.400.000/ha delle vecchie
lire), sostituito dal contributo generale per le colture cerealicole calcolato moltiplicando la media
cerealicola della zona per €63/t.
I risultati ottenuti sono stati estremamente positivi: dal 2001, anno in cui è entrato in vigore il
nuovo regolamento, nell’UE-25 la superficie a lino si è stabilizzata a circa 120.000 ha, un livello
analogo al periodo precedente all’inizio delle pratiche speculative, che nel 1999 avevano portato il
totale delle superfici seminate a lino fino ad un picco di 233.000 ha. Nonostante il calo delle
superfici totali coltivate a lino a seguito della riforma, la produzione di paglia ha registrato una
tendenza positiva di oltre 192.000 tonnellate tra il 1999 e il 2004, a conferma della scomparsa della
coltivazione speculativa.
Nel giugno del 2003 è stata approvata la Riforma di Medio Termine della PAC con l’entrata in
vigore dei Regolamenti (CE) dal n. 1782/2003 al 1788/2003, che introducono i concetti di
“disaccoppiamento” e “pagamento unico”, cioè il passaggio da un sostegno vincolato al prodotto
ad un sostegno erogato al produttore nell’obiettivo di realizzare una maggiore efficienza nella
produzione agricola.
Il nuovo sistema è entrato in vigore nel 2005 ed in Italia, per i seminativi, è stato applicato da
subito senza un periodo transitorio. Il pagamento al coltivatore si basa sulla media dei contributi
ricevuti nei tre anni 2000-2001-2002, pertanto i coltivatori in Toscana possono contare su un
contributo, che per il 2005 è stato in media di €250,00/ha, a prescindere da ciò che coltivano.
Grazie a questa riforma sono state eliminate le distorsioni dovute ai contributi specifici alle singole
colture, semplificando il raffronto economico fra esse e permettendo agli agricoltori di decidere per
quali colture optare anche in base ai fattori agronomici.
Tornando sulle cause generali della differente affermazione delle quattro colture in oggetto questa
è dovuta a diversi fattori come risulta dalla tabella 8.
43
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Tab. 8
Ortica
-
Lino
-
Canapa
-
Ginestra
-
Sviluppo
caratteristiche peculiari della fibra
facilità di coltivazione
alto prezzo
-
aiuti PAC alla produzione e alla
trasformazione
disponibilità sementi selezionate
selezione varietà localizzate
ricerca e sviluppo di macchinari specifici
brand “Masters of Linen”
alta qualità della fibra
aiuti PAC alla produzione e alla
trasformazione
coltura “ecologica” rispetto al cotone
disponibilità sementi selezionate
“baby hemp” per sfruttare i macchinari
del lino
facilità di coltivazione
versatilità d’uso
industria cartiera principale sbocco
domanda dal settore automobilistico
(con l’entrata in vigore di leggi in merito
alla percentuale di materiali riciclabili
delle auto, c’è un forte interesse per le
fibre naturali idonee a tale uso)
-
-
-
Limitazioni
perdita delle “conoscenze” riguardo
la coltivazione e la trasformazione
limitato sviluppo nella disponibilità
di varietà selezionate
mancanza di macchinari specifici
oscillazione dei prezzi delle fibre
redditività
ritardo nello sviluppo di macchinari
specifici per la raccolta delle piante
ricerca limitata nei metodi e
macchine necessarie all’estrazione
industriale delle fibre
restrizioni dovute al contenuto di
sostanze stupefacenti
ricerca ancora nelle fase iniziali
coltivazione attuale solo per
propagazione
raccolta meccanizzata solo ogni due
anni
mancanza di macchinari specifici
mancanza dei requisiti di “confort”
e “piacevolezza”
In ambito toscano è possibile riassumere quanto riportato nei paragrafi precedenti e confrontare le
diverse colture (Tab.9):
Tab. 9
Baby canapa
€240/t
Canapa
€180/t
Lino
€210/t
Ortica*
€550/t
Ginestra*
€115/t
Ricavi
1.210
1.690
985
1581
1141
Costi diretti
984
1.286
940
1264
919
Costi indir.
216
283
207
278
202
Utile netto
10
121
-161
39
20
* = media sul ciclo produttivo poliennale
In considerazione del prezzo della paglia, la coltura che darebbe maggior sicurezza di un utile
positivo è la canapa coltivata con il metodo tradizionale. L’ortica sicuramente rappresenta
un’opportunità, ma solo se effettivamente il mercato è disposto a pagare un prezzo molto elevato.
Lo stesso discorso vale per la Baby canapa e la ginestra: difficilmente i prezzi di mercato possono
essere quelli necessari ad ottenere un utile positivo. L’ARSIA, l’agenzia regionale Toscana per lo
sviluppo agricolo, indica per il 2004 i seguenti redditi netti ad ettaro:
44
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Grano
Tenero
Grano Duro
Orzo
Mais ibrido
Colza
Girasole
Favetta
62
188
25
262
66
-20
16
Prendendo questi valori come indicativi, si nota comunque un certo divario dagli utili stimati per le
colture da fibra. La coltivazione che potrebbe essere economicamente competitiva è la canapa, ma
anche l’ortica potrebbe risultare interessante, sempre che si riesca ad ottenere il prezzo della paglia
stimato.Se poi consideriamo che la canapa o l’ortica, essendo considerate colture migliorative,
andrebbero a sostituire nel ciclo colturale piante come la favetta, il raffronto economico diventa
meno importante visto il basso reddito netto di quest’ultima. Dal punto di vista della redditività
economica risulta che l’utile netto di ogni coltura è molto modesto, quand’anche non sia negativo;
tuttavia occorre considerare che tra i costi è stata inserita la manodopera. Questo vuol dire che
l’agricoltore può avere interesse a coltivare tali piante in quanto vede comunque remunerato il
proprio lavoro. Due ulteriori considerazioni che si possono fare sui conti colturali riguardano:
i contributi comunitari (a cui è stato attribuito un valore medio di € 250,00) che aumentano
il valore dei ricavi ma che probabilmente dal 2013 non ci saranno più o saranno
notevolmente ridotti
i costi di raccolta che al momento incidono molto in quanto non si è ancora sviluppata una
meccanizzazione specifica per queste colture; è ipotizzabile che, in caso di affermazione
delle colture tessili, si andrebbe incontro ad un adeguamento tecnologico delle macchine di
raccolta (per le altre operazioni colturali le comuni macchine operatrici vanno benissimo)
che ridurrebbero tali voci di costo.
Possiamo presumere che i 2 elementi suddetti si compensino a vicenda e che pertanto l’analisi
economica mantenga la sua validità.
4.5 Aspetti ambientali delle piante da fibra
Da quanto già descritto nella sezione dei conti culturali, il lino, la canapa, l’ortica e la ginestra sono
specie da considerarsi a basso impatto ambientale. Non solo sono piante che si prestano alla
coltivazione organica, ma la robustezza della loro fibra allunga il ciclo di vita dei prodotti ottenuti e
anche alla fine del ciclo, essendo 100% naturali, sono totalmente biodegradabili.
Le piante da fibra sono considerate migliorative del terreno, perché hanno un basso bisogno di
input, quali fertilizzanti, antiparassitari e diserbanti, e soprattutto per il loro apparato radicale che si
sviluppa in profondità, apportando un miglioramento della struttura e della fertilità del terreno, del
quale usufruiscono le colture che seguono.
Le tabelle 10 e 11, riportate dall’INRA - l’Istituto Francese per la Ricerca in Agricoltura,
forniscono un raffronto fra il lino, la canapa e le classiche colture “depauperanti”, quali grano,
patate, barbabietola da zucchero, e colza.
Tab. 10
(kg/ha)
Azoto (N)
Lino
Canapa
Grano
Patate
Barb. Zucc.
100
100
130
170
220
Fosforo (P)
70
0
64
80
100
Potassio (K)
70
0
90
290
180
Se il lino e la canapa necessitano un minor apporto e spesa per i fertilizzanti, ancora più rilevante è
la differenza del costo dei trattamenti.
45
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Tab. 11
Lino
Canapa
Grano
Barb. Zucc.
Colza
Concimi
66
45
139
154
135
Sementi
209
280
33
242
32
Trattamenti
101
0
202
289
191
(€/ha)
Le piante da fibra hanno anche un minor impatto ambientale come dimostrano i calcoli dell’INRA
nella tabella 12:
Tab. 12
Canapa
Grano
Patate
Eutrofizzazione (kg PO2)
20.5
21.9
23.8
Cambiamento climatico (kg CO2)
2,330
3,370
4,120
Acidificazione (kg SO2)
9.8
16.3
22.4
Eco-tossicità terrestre (kg)
2.3
4.0
4.9
Consumo energetico (MJ)
11,400
18,100
25,600
Dal punto di vista paesaggistico queste colture contribuirebbero alla diversità del territorio
agricolo. La ginestra è l’unica pianta “autoctona” tuttora presente sul territorio, anche se non
coltivata, raccogliendo grande consenso per il suo aspetto ed i fiori gialli, integrandosi benissimo
nel paesaggio toscano. Il lino è una pianta che facilmente si potrebbe integrare nel paesaggio con i
suoi fiori azzurri molto apprezzati. La canapa e l’ortica invece potrebbero presentare delle
difficoltà. La canapa, facilmente riconoscibile dalla forma particolare delle sue foglie, è conosciuta
per la sua associazione alle sostanze stupefacenti, in quanto contenente sostanze allucinogeni. Oltre
a sensibilizzare le persone dell’utilizzo finale per il quale viene coltivata, particolare attenzione
dovrà essere messa nell’informare del suo basso contenuto di THC, anche per evitare furti.
L’ortica invece non beneficia di due particolari attributi che le vengono comunemente conferiti:
considerata infestante e percepita come un “nemico” in quanto urticante. Vedere dei campi
coltivati ad ortica potrebbe indurre a pensare che siano stati “abbandonati”, mentre la sua
proprietà urticante è sicuramente un elemento non da sottovalutare quando si propone ai
consumatori un prodotto confezionato: non ci sarà da stupirsi della domanda “ma punge?”. Anche
dal punto di vista ecologico queste coltivazioni sono particolarmente positive, in quanto
contribuiscono a preservare la biodiversità e grazie al loro basso impatto ambientale anche a
favorire un habitat adatto ad animali ed insetti. Alcuni agricoltori potrebbero beneficiarne
indirettamente per creare nuovi prodotti, come il miele ai fiori di ginestra.
46
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
5 ASPETTI TECNICO-ECONOMICI DELLA LAVORAZIONE DELLE FIBRE NATURALI
VEGETALI
5.1 Dalla paglia alla fibra
L’estrazione delle fibre dalla massa vegetativa è un processo non facile e che è tuttora fonte di
ricerca e discussione.
Il metodo “tradizionale” prevede le seguenti fasi di lavorazione:
a) la macerazione, un processo aerobico e anaerobico che serve a sciogliere le pectine che
trattengono le fibre
b) la stigliatura, per separare meccanicamente le fibre dal resto della pianta
c) la pettinatura, per ripulire le fibre lunghe
Queste ultime, ma anche le stoppe di lavorazione, passano poi ai secondi trasformatori che
provvedono a filare le fibre e produrre i filati, che a loro volta verranno utilizzati dai tessitori per
produrre i tessuti.
In Italia si conta attualmente solo un impianto industriale di prima trasformazione per le piante da
fibra, realizzato a Comacchio, l’unico anche in Europa per la produzione di fibra lunga di canapa.
5.2 La macerazione
La macerazione è un processo che porta alla liberazione delle fibre corticali dagli altri tessuti a
seguito della degradazione delle sostanze pectiche, costituenti principali della lamella mediana della
parete cellulare. Le pectine sono polisaccaridi complessi composti principalmente da catene di
galatturonato, parzialmente metilate. Dove le condizioni climatiche lo permettono, perciò in luoghi
dove le piogge sono frequenti, oppure dove lo sbalzo termico notturno porta alla formazione di
rugiada, si procede alla macerazione “in campo”, cioè le piante estirpate o tagliate vengono lasciate
a terra affinché si attivi il processo di macerazione. In Toscana, il clima caldo e asciutto non
favorisce la macerazione in campo, pertanto un tempo i contadini mettevano la canapa a macerare
nei canali di scolo dei campi, nei fiumiciattoli o comunque dove c’era acqua corrente, che
permetteva di macerare velocemente e portar via allo stesso tempo l’odore. La ginestra invece
veniva comunemente messa a macerare in vasche o conche, con acqua fredda o calda. Anche
l’ortica veniva macerata in vasche, ma più per ottenerne un “repellente” contro gli afidi con cui
irrorare le piante che per l’estrazione delle fibre. La macerazione in acqua però comporta un
problema d’inquinamento non indifferente, per questo tali metodi sono stati vietati laddove non è
possibile procedere al trattamento delle acque reflue.
Si può influire sul processo di macerazione con vari metodi:
a) acqua calda: riduce notevolmente il tempo di macerazione, ma ovviamente ha un costo
notevole a meno che non si abbia accesso ad acque termali
b) aggiunta di soda caustica: macerazione “chimica”, migliora il processo e riduce i tempi di
macerazione, ma è causa di problemi ambientali, per la tossicità e per l‘odore nauseante
c) aggiunta di batteri degradatori: macerazione “microbiologica”, ha effetti positivi
sull’andamento del processo e sulla qualità del prodotto finale
d) aggiunta di enzimi: macerazione “bioenzimatica”, sistema adottato in Germania per la
macerazione dell’ortica.
Sono allo studio oggi vari metodi di macerazione industriale in ambiente controllato, sopratutto
enzimatici e microbiologici, che possono anche essere preceduti da una stigliatura “verde”, cioè
sugli steli ancora freschi. Questo metodo non è nuovo, infatti quando in Italia la produzione di
canapa iniziò a calare, si cercò di trovare un metodo per rilanciarla e per questo venne studiata e
47
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
valutata anche la macerostigliatura. Nonostante questo procedimento diminuisse l'impiego di
manodopera a livello aziendale e permettesse un maggior controllo del delicato processo di
macerazione, i progetti che lo descrivevano non sono mai stati realizzati per il concomitante
collasso del mercato della canapa. All’epoca il Prof. Sacchetti, che aveva concepito il metodo,
riportava i seguenti vantaggi:
Per 1 q di fibra macerata
Costo macerazione Costo macerazione
metodo tradizionale metodo Sacchetti
Acqua corrente
m3 288
m3 8
Tempo di macerazione
ore 200
ore 48/70
Tempo mano d’opera impiegato
ore 64
ore 8
Lit. 17.000
Lit. 11.000
Costo
Con la stigliatura verde si riduce notevolmente il volume ed il peso della materia da macerare, con
conseguente riduzione dei costi di trasporto, ma è anche vero che andrebbe persa una parte di
prodotto che invece è molto importante come fonte di reddito. Nella tabella 13 è riportato il
confronto tra macerazione in campo e macerazione industriale.
Tab. 13
vantaggi
Svantaggi
-
Macerazione in
campo
-
Macerazione
industriale
-
basso costo
processo naturale
non inquinante
uniformità
della
macerazione
macerazione controllabile
resa qualitativa
velocità
-
macerazione non
uniforme
qualità variabile
potenziale perdita del
raccolto
processo poco
controllabile
odore
processo lento
-
costo investimento
smaltimento acque reflue
controllo emissione odori
costo di lavorazione
-
Nel caso di macerazione industriale, oltre al costo dell’impianto, dovrà essere valutato il costo della
lavorazione, il costo dello smaltimento delle acque di macerazione e il costo del controllo delle
esalazioni. Il problema delle esalazioni esiste anche nel caso della macerazione in acqua stagnante
impedendo la messa in atto di tale pratica in zone abitate. In Toscana si potrebbe, prendendo
spunto dalle vecchie pratiche, verificare la possibilità di utilizzare le acque termali o quelle del
distretto di Larderello, come anche vedere di sfruttare gli impianti di depurazione dei distretti di
Prato e S.Croce. In Piemonte, ad esempio, sono state condotte delle prove per vedere di sfruttare
le risaie. Queste permettono di ottenere una macerazione in campo veloce e controllata con ottimi
48
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
risultati, ma fino ad ora i ricavi non riescono a coprire i costi. Come già menzionato, per questo
studio abbiamo ipotizzato l’uso dell’irrigazione a pioggia per innescare il processo di macerazione.
Tale possibilità andrà comunque verificata e studiata in campo per determinare tempistiche, costi,
qualità del risultato, eventuali effetti indesiderati. Da studiare anche la possibilità di aggiungere
all’acqua composti enzimatici o colture batteriche che possano facilitare e velocizzare il processo.
Un'altra possibilità potrebbe essere la rotoimballatura del materiale fresco e fasciatura delle
rotoballe con film plastico nero. Il calore del sole e l’umidità della paglia dovrebbero dare inizio alla
macerazione. Uno svantaggio immediato però deriva dalla necessità, terminata la macerazione, di
aprire e srotolare le balle per far seccare la massa ed evitare muffe e marciumi deleteri. Non
esistendo in Italia o in Europa un sito di macerazione industriale, non è facile determinare il costo
di macerazione, viste anche le diverse metodologie possibili. Possiamo comunque considerare il
risparmio che il produttore avrebbe nel caso non dovesse intervenire per facilitare la macerazione
in campo. Per esempio, dai conti colturali della canapa possiamo estrarre il costo dell’irrigazione a
pioggia e di due rivoltature per un totale di €200/ha, che divisi per la resa secca non macerata di
10t/ha, ci fornisce un dato indicativo pari a €20/t. Se in questo valore rientrassero i costi diretti
della macerazione industriale varrebbe la pena valutare l’investimento nell’impianto, in quanto la
macerazione industriale offre una sicurezza e uniformità di risultato ben superiore a quella in
campo. E’ in corso di valutazione anche la possibilità di effettuare la separazione fisica del tiglio
dalle piante a secco (stigliatura a secco), prima di effettuare la macerazione. La stigliatura a secco
permetterebbe infatti di ridurre molto il volume di materiale da destinare alla macerazione con
conseguente riduzione della dimensione dell’impianto di macerazione stesso. La sola stigliatura a
secco non è ipotizzabile poiché la qualità della fibra sarebbe scadente (le fibre sono ancora
cementate dalle sostanze pectiche).
5.3 La stigliatura e pettinatura
La stigliatura e la pettinatura sono operazioni meccaniche che consentono di separare le fibre ad
uso tessile dal resto degli steli macerati. La stigliatura è la prima lavorazione e serve a separare
grossolanamente le fibre dalla parte legnosa della pianta. La pettinatura è invece la seconda
lavorazione che si applica al solo stigliato e dalla quale si ottengono le fibre lunghe o lungo tiglio. Le
macchine strigliatrici e pettinatrici presenti oggi in Europa sono state costruite appositamente per il
lino. Per stigliare la canapa e l’ortica, utilizzando le stesse macchine, bisognerebbe procedere ad
una taratura dei macchinari e vista la diversa taglia delle piante rispetto al lino, è necessario
intervenire per ridurre la lunghezza degli steli se non eseguita in campo, che dovranno essere
lunghi un minimo di 90 cm e un massimo di 110 cm. La stigliatura della ginestra non è possibile
con queste macchine poiché gli steli sono troppo corti e non riescono a mantenersi paralleli ai rulli.
Una volta arrivata all’impianto di prima trasformazione, la paglia macerata viene immessa nel
processo di lavorazione. Nello schema seguente è riportato il processo, le rese e gli utili della
lavorazione della canapa (solo per questa fibra sono disponibili tali informazioni. Per le altre fibre è
necessario effettuarne una stima per confronto):
49
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
a) stigliatura:
Stigliato
130 kg
Stoppa stigliata
390 kg
Canapa
1000 kg di paglia
Canapuli
400 kg
Polvere e detriti
80 kg
b) pettinatura stigliato:
Lungo tiglio
70 kg
Stoppa pettinata
57 kg
Stigliato
130 kg
Perdite
3 kg
Dallo schema qui riportato si evince che la resa finale di fibra lunga, detta lungo tiglio, è di 70 kg
per ogni tonnellata di paglia, pari al 7%. Se i detriti non hanno nessun valore, la polvere (se
raccolta), i canapuli, la stoppa di stigliatura e la stoppa di pettinatura contribuiscono alle entrate
(Tab.14).
Tab. 14 - Utile di trasformazione canapa
RICAVI (A)
Lungo tiglio
Stoppe pettinatura
Stoppe stigliatura
Canapulo
Sussidio UE (€/t fibra)
kg
70
57
390
400
COSTI DIRETTI (B)
Paglia
Stigliatura
Pettinatura
€/kg
3,60
0,85
0,35
0,05
90,00
1
180,00
1000 0,15
130 0,90
UTILE AL NETTO DEI COSTI DIRETTI (A-B)
50
€
€
€
€
€
€
252,00
48,45
136,50
20,00
46,53
503,48
€
€
€
€
180,00
150,00
117,00
447,00
€
56,48
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Considerando che un impianto probabilmente trasformerebbe dalle 5.000 alle 8.000 tonnellate di
paglia l’anno, l’utile consolidato al netto dei costi diretti sarebbe fra €282.400 e €451.840. Vanno
comunque fatte alcune precisazioni che possono alterare sensibilmente il prospetto qui riportato:
il prezzo della fibra pettinata di €3,60/kg è una media ottenuta in proporzione ai livelli di
qualità; se fosse possibile ottenere una resa qualitativa superiore, il prezzo potrebbe salire
anche oltre i €4,00/kg;
pur essendo €150/t il prezzo medio della paglia di canapa in Europa, si tratta comunque di
paglia non macerata, per questo motivo possiamo supporre che un prezzo di €180/t sia più
realista
fra i ricavi non vengono considerate le polveri, che invece potrebbero essere utilizzate per il
compostaggio, come in altri paesi, generando ulteriore reddito
il reddito dal canapulo è estremamente basso, in quanto venduto in massa; considerato che
in altri paesi viene utilizzato per produrre lettiera per cavalli e venduto a circa €360/t,
sicuramente una sua ulteriore lavorazione apporterebbe un maggior reddito
i ricavi includono il contributo UE di €90,00/t di fibra che però potrebbe variare o essere
eliminato in futuro
non sono stati inclusi nel prospetto i costi fissi, in quanto una voce troppo variabile
Considerando i punti qui sopra, si riportano i diversi risultati (€ utile netto/t paglia) a seconda dei
parametri utilizzati e dei due differenti prezzi della paglia:
Tab. 15
Situazione attuale
(a) Prezzo medio lungo tiglio €4,00/kg
(b) Senza sussidio UE
Sussidio UE parificato a quello del lino (fibra lunga + corta)
(c) Costi fissi pari al 10% ricavi
Costi fissi pari al 15% ricavi
(a) + (b)
(a) + (b) + (c)
Prezzo paglia
€ 150,00/t
€ 180,00/t
€ 86,48
€ 56,48
€ 114,48
€ 84,48
€ 39,95
€
9,95
€ 94,18
€
64,18
€ 41,78
€ 11,78
€ 19,43
-€ 10,57
€ 67,95
€ 37,95
€ 23,25
-€
6,75
Analizzando la tabella 15 si può determinare quanto segue:
la riduzione del prezzo della paglia comporta una identica crescita dell’utile netto; ciò
significa che in proporzione una piccola variazione di prezzo della paglia comporta una
forte variazione dell’utile (ad es. se il prezzo della paglia scende o sale del 5%, l’utile
crescerà o scenderà del 16%)
l’eventuale riduzione o rimozione del sussidio UE di €90/t di fibra prodotta sarebbe
penalizzante; se il sussidio UE per la canapa venisse parificato a quello del lino, cioè
introducendo il premio per la fibra lunga, si otterrebbe un utile superiore del 14%
un miglioramento della resa qualitativa, pertanto un prezzo medio di €4,00/kg di fibra,
comporterebbe una crescita dell’utile del 50%
se i costi fissi superano il 13% dei ricavi si avrà una perdita
la migliore resa qualitativa, e pertanto un prezzo medio di €4,00/kg di fibra, in parte
bilancerebbe l’eventuale rimozione del sussidio UE [(a)+(b) nella tabella 15], ma l’utile
diventerebbe negativo con dei costi fissi del 10% [(a)+(b)+(c)]
Prendendo come base gli stessi costi di stigliatura e pettinatura usati per la canapa e applicandoli
alle altre tre colture otteniamo i seguenti risultati:
51
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Tab. 16 - Utile di trasformazione
(€/t di paglia)
Lino
RICAVI (A)
prezzo fibra (€/kg)
€ 2,50
Fibra
€
Stoppe
€
Semi
€
Resti
€
Canapa
€ 3,60
500,00 €
32,00 €
10,00
39,20 €
Sussidio UE (fibra lunga)
€
40,00 -
Sussidio UE (fibra corta)
€
€
9,00 €
630,20 €
€
€
€
€
210,00
150,00
225,00
585,00
COSTI DIRETTI (B)
Paglia (€/t)
Stigliatura
Pettinatura
UTILE NETTO (A-B)
€
€
€
€
€
45,20 €
Ortica*
252,00
184,95
20,00
€ 7,50
€
€
Ginestra*
€ 3,50
750,00 €
112,50 €
315,00
70,00
€
42,00 €
-
-
€
904,50
€
427,00
€
€
€
€
600,00
150,00
135,00
885,00
€
€
€
€
130,00
150,00
135,00
415,00
56,48 €
19,50
€
12,00
45,53
503,48
180,00
150,00
117,00
447,00
42,00
* = stime
La prima puntualizzazione in merito alla tabella 16 riguarda i dati per l’ortica e la ginestra. Non
essendoci dei dati economici reali a disposizione, si è continuata la stima in base al valore della
paglia derivante dai conti colturali. Per rendere quanto più omogenei i dati, si è preso il valore della
paglia che ritornava un utile ad ettaro simile a quello della canapa, pertanto di €600/t per l’ortica e
€130/t per la ginestra. Supponendo quindi le rese ed un costo di trasformazione uguale per tutte,
si è calcolato il valore del filato (€/kg) che permetteva di ottenere un utile positivo.
Analizzando la tabella 16 si può desumere che:
la canapa ha l’utile netto maggiore delle varie fibre; bisogna comunque considerare che il
prezzo della fibra di canapa è superiore del 44% rispetto alla fibra di lino, una differenza
troppo marcata visto che tra le due fibre la differenza dovrebbe essere del 20-30%
se venisse tolto il sussidio UE, il lino riporterebbero un utile negativo; per avere un utile
positivo, il prezzo della fibra di lino dovrebbe aumentare del 2% a €2,55/kg
nonostante un prezzo stimato al kg della fibra molto più elevato, sia l’ortica che la ginestra
hanno l’utile minore
supponendo la possibilità per l’ortica e la ginestra di ricevere il sussidio UE, restando
positivo l’utile, il prezzo della fibra di ortica potrebbe scendere a €7,10/kg (-5%) e quello
della fibra di ginestra a €3,10/kg (-11%)
l’alto costo della paglia d’ortica, ben 3 – 4 volte quello delle altre piante da fibra, si
ripercuote sul prezzo finale della fibra, che ha un prezzo pari a 2 – 3 volte quello delle altre
fibre; un valore della paglia uguale a quello della paglia di lino permetterebbe di abbassare il
prezzo finale della fibra d’ortica a €3,80/kg ottenendo un utile pari a €39,50/kg
In una ottica di mercato, possiamo confrontare i prezzi con quelli evidenziati in questo studio. Per
esempio, possiamo confrontare il prezzo della canapa italiana con quella cinese: €3,60 – 4,00 /kg
rispetto a €2,50/kg, una differenza del 44%. Bisogna però considerare che la canapa cinese è un
prodotto “semi-lavorato” in quanto già candeggiato e pronto per essere lavorato, mentre la canapa
52
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
italiana è totalmente grezza. Allo stesso tempo il prodotto cinese è di sole fibre corte e adatto solo
ad una lavorazione in “melange”, cioè l’unione di più fibre per creare un filato. La canapa italiana
invece è a fibra lunga, adatta ad una filatura in purezza.
5.4 La filatura
Con il termine filatura si intende definire sia la complessa sequenza di operazioni necessarie alla
trasformazione delle fibre tessili in filato oppure in filo, sia lo stabilimento industriale in cui avviene
tale lavorazione. Sintetizzando possiamo affermare che scopo della filatura consiste nell’ottenere
un prodotto finale (sia che si tratti di filo o di filato) il più possibile omogeneo, dotato di uniformi
caratteristiche di resistenza, titolo, colore, pulizia, elasticità, resistenza alla trazione.
5.4.1
La filatura cotoniera
Fin dall’ antichità, l’ uomo ha imparato che dopo la raccolta del frutto del cotone (ossia l’omonima
fibra) occorre separare il seme dalla fibra tessile vera e propria e, successivamente, con l’ utilizzo di
apposite attrezzature, è possibile trasformare il fiocco di cotone in filato. Pur trattandosi di un
difficile processo, i reperti più antichi costituiti da tessuti di cotone dimostrano che già le
maestranze tessili dell’ antica Grecia possedevano una spiccata capacità operativa ed erano in grado
di raggiungere un ottimo livello qualitativo nella produzione di filati e tessuti di cotone.
Filatura cardata del cotone
Essendo il cotone, notoriamente, una fibra a taglio corto (15 – 50 mm) la filatura cardata risulta
particolarmente adatta per trasformare il fiocco di cotone in filato. Nonostante le innovazioni
tecnologiche e l’introduzione di nuove tecniche di filatura (filatura a rotore o Open End), la filatura
cardata risulta essere ancora notevolmente diffusa a livello mondiale.
Cotone: ciclo cardato
• Apertura delle balle e battitura del fiocco
• Cardatura
• Preparazione alla filatura
• Filatura con filatoio ad anelli
• Lavorazioni complementari quali: roccatura, stribbiatura, binatura, gasatura, aspatura, torcitura.
Filatura pettinata del cotone
Con la rivoluzione industriale, in Inghilterra nacque l’esigenza di diversificare il filato di cotone
cardato tradizionale, introducendo un tipo di filato più sottile ma altrettanto resistente. Questo fu
possibile grazie all’ innovazione introdotta dal tedesco Heilmann, che nel corso del XIX secolo ha
studiato, realizzato e commercializzato la pettinatrice, una macchina in grado di selezionare il nastro
semilavorato scartando le fibre corte, consentendo l’ottenimento di filati pregiati in quanto più
sottili e composti prevalentemente da fibre lunghe.
Cotone: ciclo pettinato
• Apertura delle balle e battitura del fiocco
• Cardatura
• Pettinatura
• Preparazione alla filatura
• Filatura con filatoio ad anelli
• Lavorazioni complementari quali: roccatura, stribbiatura, binatura, gasatura, aspatura, torcitura.
53
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Filatura open end del cotone
Nel corso degli anni ’60 dello scorso secolo, tecnici cecoslovacchi studiarono un innovativo
sistema di filatura per fiocchi composti da fibre a taglio corto come il cotone.
Il nuovo sistema prevedeva un solo passaggio direttamente da stiratoio a filato
Cotone: ciclo open end
• Apertura delle balle e battitura del fiocco
• Cardatura
• Stiro
• Filatura con filatoio a rotore (open end)
• Lavorazioni complementari quali: roccatura, stribbiatura, binatura, gasatura, aspatura, torcitura.
5.4.2
La filatura liniera
Le tecniche attuate per pettinare, ordinare, regolarizzare, stirare, filare le fibre per ottenere il filato
tessile variano in base alla materia prima utilizzata ed al tipo di filo da produrre.
Si distinguono in questo senso due schemi di trasformazione per la filatura tradizionale del filato di
puro lino:
- la filatura del lino lungo tiglio, che utilizza le fibre lunghe estratte dalla pianta al momento
della stigliatura;
- la filatura della stoppa, che utilizza le fibre più corte residui della pettinatura o della stigliatura.
5.4.2.1 Filatura del lino lungo tiglio
Il lino viene fornito alla filatura sotto forma di fibra lunga. In base al tipo di macchina installata
presso il filatore, giunge direttamente dalla stigliatura sotto forma di filaccia oppure di nastro di
lino pettinato. Sono tre le tappe di trasformazione successive che consentono di ottenerne un filato
da utilizzare per la tessitura o per la maglieria: la pettinatura, lo stiro e la preparazione, la filatura.
Con la pettinatura, i fasci di fibra lunga vengono ripuliti, districati e parallelizzati ed uniformati per
formare un nastro continuo da sottoporre alle operazioni successive di accoppiamento e di stiro.
Per la pettinatura della fibra lunga si utilizzano macchine specifiche di grandi dimensioni che sono
diverse da quelle in uso per la lana oppure per il cotone.
La raccolta delle stoppe Nel corso della pettinatura una certa quantità di fibre corte (stoppe) si stacca
dal tappeto di filaccia. Le stoppe della pettinatura sono separate da cilindri muniti di punte
(doffers) e raccolte in cassoni collocati sotto le macchine oppure raccolte con sistemi di
aspirazione, per essere poi classificate in due categorie: stoppe dal piede e stoppe dalla testa della
pianta. Entrambe verranno utilizzate nel processo di filatura.
La formazione del nastro Una volta pettinate, le mannelle di filaccia affinate vengono collocate su di
un tavolo inclinato composto da una serie di pettini mobili (gills). Sovrapponendosi, le mannelle
formano un nastro che viene ripreso da due rulli di calandra e quindi raccolto in vasi per essere
pressato, imballato e immagazzinato. Il peso dei nastri varia da 20 a 40 grammi al metro a seconda
del titolo del filato che si vuole ottenere.
Lo stiro e la preparazione I nastri di lino vengono successivamente sottoposti ad una serie congiunta
di operazioni di accoppiamento e di stiro destinate a regolarizzare il peso dei nastri, a parallelizzare
e ad affinare le fibre per ottenere degli stoppini.
Le installazioni e le tecnologie Le macchine utilizzate per questi passaggi sono del tipo a pettini mobili.
Dalla loro combinazione in termini di tipologia e di quantità ed in base alla omogeneità della
produzione che offrono, esse formano linee diverse come per esempio:
54
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
•
•
•
un riunitore, su cui vengono miscelati i nastri pettinati in numero variabile da 4 a 6 per
compensare le irregolarità della materia prima e consentire la qualità omogenea del filato;
da quattro a cinque stiratoi che permettono di miscelare ed affinare progressivamente il nastro. I
coefficienti di stiratura variano in genere da 8 a 12 a seconda del titolo che si desidera ottenere;
un banco a fusi, per trasformare il nastro in stoppino. Anche questa macchina è munita di pettini.
I supporti delle spole sulle quali viene arrotolato lo stoppino sono perforati in maniera tale da
consentire il successivo trattamento chimico e la circolazione del bagno dall’interno all’esterno
della bobina. I coefficienti di stiro in genere sono classificati da 10 a 14.
La filatura La filatura è l’operazione finale del processo che trasforma lo stoppino in filato. Sono
svariate le tecnologie esistenti per filare la fibra di lino:
• la filatura ad umido che può essere realizzata con stoppini greggi, bolliti o candeggiati;
• la filatura a secco;
• la filatura a semi-bagno.
Queste tecnologie applicano lo stesso principio di stiro, di affinamento e di torsione delle fibre per
ottenere la coesione del filato. Le loro caratteristiche tecniche e le scelte operate dal filatore sono in
funzione della natura e del tipo di filato ricercato.
La filatura ad umido La filatura ad umido è la tecnologia più qualificata e consente di ottenere filati di
qualità e finezza incredibili. Si tratta di una tecnologia basata sul funzionamento della filatura
continua identico a quello applicato per altre fibre, con tuttavia quattro particolarità:
• la macchina è dotata di una vaschetta d’acqua attraverso la quale passa lo stoppino svolto dalle
spole prima di giungere alla fase di stiro;
• il campo di stiro è disponibile in due versioni. Il modello a due cilindri comprende una coppia di
cilindri di alimentazione e un paio di cilindri di stiro con scartamento regolabile. L’altro modello,
quello a stiro controllato, è da tre cilindri di stiro, una gabbia a corona, un guida-stoppino ed un
braccio oscillante con pressione e avanzamento regolabili;
• il cursore (o anellino) è in poliammide anziché in acciaio;
• la piastra porta-anelli può essere fissa o mobile.
La tecnica della filatura a base di stoppini bolliti o candeggiati è ampiamente usata e consente di
ottenere un filato bollito o candeggiato, regolare con una finezza fino a 16 tex. In questo caso lo
stoppino, proveniente dal banco a fusi disposto in vasche di candeggio aperte o in autoclavi, viene
sottoposto ai seguenti trattamenti:
a. La bollitura alcalina Questo primo trattamento, eliminando la gran parte delle sostanze non
cellulosiche (come le emicellulosiche) e le sostanze pectiche contenute nel lino, agevola lo
scorrimento delle fibre elementari durante la filatura e facilita l’ottenimento di filati fini. La
bollitura si può fare a partire dal carbonato di sodio o dalla soda caustica.
b. Il candeggio Successivamente lo stoppino può essere sottoposto a trattamento a base di
agenti ossidanti grazie ai quali si ottiene il grado di bianco desiderato, l’eliminazione delle
materie non cellulosiche e una lieve degradazione della cellulosa.
Lo stoppino bollito e candeggiato viene collocato direttamente sul filatoio per le operazioni che
porteranno alla realizzazione del filato. Al termine della filatura, le bobine vengono collocate negli
asciugatoi la cui temperatura non deve eccedere 90°C.
La filatura a secco Grazie a questo procedimento, la filatura può essere eseguita direttamente sul
filatoio continuo iniziando dall’ultimo nastro di preparazione. In questo caso non occorre più
l’operazione eseguita sul banco a fusi. La filatura a secco della fibra di lino è simile alla filatura del
semipettinato di lana ed, infatti, viene eseguita con macchine simili applicando dei coefficienti di
stiro elevati, l’alimentazione tramite grandi recipienti. I filatoi continui a secco per il lino
55
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
dispongono inoltre di pettini molto fitti in grado di controllare le fibre più lunghe. I filati ottenuti
possono raggiungere anche titoli di 60 tex.
La filatura a semi-bagno Il filatoio continuo a secco può essere dotato di un dispositivo a rulli che gira
in una vasca d’acqua collocata all’uscita del sistema di stiro per inumidire il filato. La tecnica della
filatura a semi-bagno consente di ottenere dei filati con pelosità ridotta.
5.4.2.2 La filatura della stoppa
Nel settore tessile si fa uso anche della stoppa di lino. Si tratta di fibre più corte raccolte in fase di
stigliatura oppure nella pettinatura della fibra lunga di lino che è la più apprezzata considerato che
in genere offre delle stoppe con migliore pulizia e finezza. La filatura della stoppa di lino comporta
quattro stadi di trasformazione: la cardatura, la pettinatura, lo stiro e la miscelazione, la filatura.
La cardatura La cardatura è un’operazione meccanica che separa, elementarizza e riunisce le fibre
per formarne un nastro.
La pettinatura Il nastro di stoppa cardata passa sugli stiratoi dotati di due serie di fenditure dentate
(intersectings). E' possibile usare anche pettini a catena. In genere due passaggi sono sufficienti per
preparare la stoppa per la pettinatura.
Lo stiro La filaccia di stoppa una volta pettinata viene convogliata verso una serie di stiratoi
attraverso casse a lamelle intersecanti dove, con tre passaggi, si regolarizza il peso per raggiungere
un titolo compatibile con la filatura.
La filatura Per filare la stoppa di lino si ritorna alle tre tipologie applicate per la filatura della fibra
lunga. Procedimenti e materiali sono gli stessi e le differenze dipendono dalla finezza del titolo del
filato.
La filatura ad umido Questo è il procedimento più utilizzato per il lungo tiglio piuttosto che per la
stoppa. Tuttavia si realizza seguendo le medesime condizioni tenendo presente un passaggio
preliminare a cui sottoporre la stoppa sul banco a fusi. I titoli del filo arrivano fino a 60 tex.
La filatura a secco In tutto identica alla filatura a secco delle fibre lunghe, questa tecnica è simile a
quella del semipettinato di lana e si applica alla filaccia all’ultimo passaggio. Se le stoppe sono di
buona qualità, si ottengono fili da 80 a 100 tex.
La filatura a semi-bagno Questo procedimento di filatura a semi-bagno può essere applicato a partire
dalle stoppe e consente di ridurre la pelosità del filo.
Il tema della filatura della stoppa è stato quindi approfondito nel corso di una visita presso
l’azienda Filati GM, con lo scopo di appurare se localmente fosse possibile filare le stoppe delle
fibre vegetali. L’incontro ha sortito risposte in parte positive ed in parte ha riproposto alcuni
elementi di criticità del sistema pratese nel campo della filatura di fibre vegetali.
Positività: La Filati GM, come pure altre filature dell’area, sono in grado di filare stoppe vegetali
disponendo di un sistema open end particolarmente adatto a fibre corte. Già questo avviene
regolarmente lavorando queste stoppe sia al 100% sia in mischia con altre fibre.
56
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Criticità: Le filature hanno bisogno di fibre “cotonizzate” ossia ben ripulite da ogni residuo
legnoso e sostanze pectiche. Al momento non esisteno nel distretto impianti in grado di eseguire
questa “cotonizzazione”. Per una descrizione del processo di cotonizzazione vedi par. 5.4.3.1.
5.4.3
La filatura della canapa
La lavorazione tradizionale della canapa è sostanzialmente simile a quella del lino e può essere
lavorata sulle stesse macchine; semplificando si può dividerla in tre settori:
1. La lavorazione della fibra lunga è principalmente usata nella produzione di filati di canapa a
filatura bagnata. Dopo la raccolta e dopo aver completato il processo di macerazione
(macerazione con rugiada, macerazione con acqua), i fusti di canapa "defogliati" vengono poi
seccati, liberati dal nocciolo di legno in una sequenza di procedimenti di stigliatura come visto
precedentemente…
2. La lavorazione della stoppa, similmente al lino, per stoppa si intende l’ insieme di fibre corte
che costituiscono lo scarto delle lavorazioni di stigliatura e pettinatura. Alcuni tipi di stoppa
assieme alle fibre non filabili sono lavorati per realizzare prodotti tecnici come materiali per
l’isolamento e modanature. Queste fibre di "bassa qualità" possiedono ancora un grande
potenziale per migliorare il loro valore aggiunto.
3. Cotonizzazione Nel corso dell ’800 erano già state effettuate delle ricerche concernenti la
cotonizzazione della canapa, a causa di una più vasta produttività nell’industria cotoniera
rispetto all’industria della fibra. Le fibre di canapa venivano ordinate in base alla lunghezza ed
alle caratteristiche tecniche di filatura in accordo con quelle del cotone (cotonizzazione), così
che la loro lavorazione potesse essere realizzata con le macchine per il cotone.
5.4.3.1 La cotonizzazione
Si riporta un estratto da “New processing strategies for hemp” di K. M. Nebel (1995):
“ Le sostanze appiccicose come la pectina o la lignina, responsabili della tenacia nei filati in acqua di
canapa, devono essere rimosse per quanto possibile nel processo di cotonizzazione per ottenere un
isolamento più o meno completo delle singole fibre.
Tutto ciò può essere fatto sia attraverso l'utilizzo di vari metodi di elementarizzazione che con metodi
di cotonizzazione puramente meccanica oppure meccanico-chimica.
Il principio dell’esplosione a vapore
Nel metodo dell’ esplosione a vapore, il vapore, e gli additivi, quando necessari, penetra, sotto pressione
e con la temperatura gradualmente aumentata, lo spazio tra le fibre nel fascio. In questo modo la
lamella centrale e le sostanze aderenti la fibra vengono elementarizzate "morbidamente" e rese solubili
nell’acqua, per essere poi rimosse dalla successiva lavatura e risciacquatura. A seconda della qualità
desiderata delle fibre elementarizzate, la pressione del vapore può essere improvvisamente ridotta ad
atmosferica, e sfiatata con i substrati in una camera di stabilizzazione.
La combinazione del trattamento chimico e meccanico provoca un efficace slegamento della struttura
rigida della fibra e, per questo, una separazione in fibre singole.
La tecnica dell’esplosione a vapore
Le fibre, una volta decorticate e, quando possibile, ben pulite, sono utilizzate come materia grezza.
Non ci sono conseguenze se si usano fibre gramolate, stoppa oppure fibre provenienti da altri stadi di
lavorazione.
Le caratteristiche di qualità oggettive delle fibre, (grado di maturità e macerazione, caratteristiche
chimico/morfologiche e tecniche), nell’ambito di una gestione ottimizzata dei parametri di lavorazione,
vengono raggiunte adottando metodi moderni (Kessler et al. 1994).
57
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Il materiale grezzo o d’entrata è pre-trattato con una soluzione impregnante e trattato in un reattore
simile ad una camera presurizzata, con vapore saturato. Sia la pressione (0-12 bar) ed il tempo (1-30
minuti), che la concentrazione alcalina variano in base alla qualità ed allo scopo designato delle fibre.
Dopo il tempo di reazione necessario, il reattore si decompressa ad un livello di pressione normale per
mezzo di una valvola (esplosione a vapore).”
5.4.4
Ortica e fibre liberiane in genere
Il ciclo industriale per l’ottenimento di filati sopradescritto per lino e canapa è sostanzialmente
valido anche per le altre fibre liberiane. Pertanto per la descrizione del ciclo di lavorazione per
l’ottenimento del filato si può riferirsi a quanto descritto in precedenza.
5.5 Elementi di criticità
5.5.1
Dal campo al filato
Analizzando i processi di trasformazione industriale delle fibre vegetali delle specie oggetto di
studio, il primo elemento di criticità che si può individuare è rappresentato dalla mancanza, nel
distretto di Prato e nella regione Toscana, di impianti per la produzione di filati con fibre lungo
tiglio. In particolare sono mancanti gli impianti di stigliatura e filatura lungo tiglio, mentre per la
filatura delle stoppe si potrebbero sperimentare soluzioni locali.
Oltre a coinvolgere filature che possano filare le stoppe cotonizzate, sarebbe di estremo interesse
sperimentare l’utilizzo, magari con semplici modifiche, di impianti già esistenti nel distretto, come:
1. Impianti di battitura per la pulizia da residui lignei
2. Impianti a pressione per la tintura del fiocco in sostituzione dell’esplosione a vapore
3. Impianti per il lavaggio del fiocco.
Ciò consentirebbe di risolvere il problema primario, il completamento del ciclo di filatura in
ambito distrettuale; ma anche il reimpiego di impianti che stanno sempre più diminuendo in
considerazione dei cambiamenti produttivi nel distretto.
Questa constatazione ci pone davanti ad un bivio:
• Appena disponibile una produzione locale di piante delle fibre oggetto di sperimentazione si
potrebbe rivolgersi a industrie fuori regione, che possano eseguire queste lavorazioni in conto
terzi
• Progettare e realizzare un impianto pilota di dimensioni ridotte che possa essere la base per la
sperimentazione futura.
In una prima fase si potrebbe pensare alla soluzione 1 e successivamente far convivere le due
soluzioni (lasciando la soluzione 1 solo per gli esuberi di produzione non gestibili con l’ impianto
pilota) fino ad arrivare all’autonomia.
Per quanto riguarda invece la filatura delle stoppe lo scenario per la produzione di filato risulta
diverso ed aperto a sperimentazioni da attuarsi nel distretto.
Rimane la criticità relativa alla stigliatura e la pettinatura, essendo le stoppe un sottoprodotto di tali
lavorazioni, mentre per la filatura potremmo ricercare collaborazioni con impianti di filatura, che
utilizzano la tecnologia cotoniera, presenti nel distretto come pure potrebbe essere utile una
sperimentazione in collaborazione con realtà quali Tecnotessile ed in particolare riferendosi al
nuovo impianto di cardatura derivato dalla tecnologia open end.
Non è da sottovalutare la possibilità di sperimentare la filatura delle stoppe anche su impianti
normalmente destinati al ciclo laniero.
58
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
La sperimentazione di filati derivati da stoppe non dovrebbe limitarsi alla produzione di filati 100%
ma dovrebbe ricercare nuove miste che esaltino le caratteristiche delle fibre componenti. In questa
sperimentazione dovrebbero essere prese in considerazione anche miste con fibre naturali non
vegetali quali lana e seta. La sperimentazione dovrebbe essere mirata a soddisfare le esigenze ed i
gusti del consumatore finale tenendo conto delle varie “regole” che disciplinano i mercati sia a
livello locale ma anche a livello europeo e mondiale. A questo scopo sarebbe importante una
ricerca di mercato che possa indirizzare la sperimentazione relativa alla fase di trasformazione
industriale individuando, anche, prodotti per mercati specifici che utilizzano tessuti in fibre vegetali
in maniera diversa dallo standard degli altri mercati. Ad esempio al mercato austriaco dove i tessuti
in fibre vegetali sono impiegati anche per abbigliamento invernale.
Per le fasi successive alla filatura non sembrano esserci punti di criticità particolari; intendendo per
fasi successive:
• Tintura (in rocche o matasse)
• Orditura
• Tessitura
• Nobilitazione (compreso eventuale tintura in pezza)
Ormai da anni il distretto pratese usa per i tessuti della stagione primavera-estate fibre vegetali, sia
da stoppe che da fibra lungo tiglio, acquistando i filati da produttori sia del nord Italia sia
dall’Europa e paesi extra UE. Pertanto la tecnica di lavorazione di queste fibre è ben conosciuta e
non rappresenta un particolare problema.
5.5.2
Costi: rapporto qualità prezzo
Attenzione particolare dovrà essere posta al problema dei costi che dovranno essere attentamente
rilevati e monitorati. Non dobbiamo perdere di vista che la produzione della filiera oggetto del
presente progetto dovrà confrontarsi con i prezzi di mercato in particolare per il lino e la canapa, in
misura inferiore per la ginestra e l’ortica, fibre relativamente nuove per il mercato attuale.
Per meglio assolvere a questo compito, il monitoraggio e la rilevazione dovranno essere effettuati a
diversi stadi della filiera. Naturalmente per una corretta determinazione del costo unitario
dovranno essere rilevate le rese di lavorazione da tenere costantemente sotto controllo.
Oltre agli stadi di produzione e prima lavorazione, dovrà essere monitorato lo stadio di filatura:
partendo dal costo del nastro pettinato o delle stoppe si dovrà stabilire il costo di filatura e quindi il
costo del filato. A questo punto sarà possibile stabilire il prezzo per la cessione agli utenti
successivi.
5.5.3
La qualità del prodotto e controllo della difettosità
Per i motivi di concorrenza del mercato a cui si accennava precedentemente è importante che il
prodotto, derivante dalla filiera oggetto del presente studio, sia esente da difetti e che le proprie
caratteristiche siano costanti.
Nastro pettinato: controllo del titolo (peso a m) che deve essere costante in tutta la
partita, per consentire una resa in filato costante nel tempo.
o Filato: titolo costante e rispondente a quello nominale, uniformità del filo senza
presenza di ingrossamenti (escluso la normale fiammatura dei filati ricavati da fibre
vegetali) o punti con sezioni troppo sottili che in seguito produrranno rotture e difettosità.
Costanza di elasticità e tenacità.
o Tessuto greggio: assenza di difetti provocati da rotture di ordito o trama, fili e trame
mancanti, valutazione della natura dei difetti e loro causa.
o
59
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Un corretto controllo dei difetti ed una loro valutazione comporterà la possibilità di intervenire per
la loro eliminazione e conseguente miglioramento dello standard qualitativo.
Nel settore tessile non esistono, attualmente, norme condivise per valutare la difettosità e quindi la
qualità di un prodotto. Per studiare un prontuario delle caratteristiche tecniche del prodotto
derivante dalla filiera oggetto del presente studio si potrà riferci a quanto codificato da: “Raccolta
provinciale degli usi” della Camera di Commercio, “Raccomandazioni concernenti le caratteristiche
e i difetti nei tessuti destinati all’abbigliamento” dell’Associazione Italiana Industriali
Abbigliamento e Maglieria, “Progetto standard di qualità” dell’Associazione Nobilitazione Tessile.
Inoltre sia per i filati che per i tessuti dovrà essere garantito che tutta la lavorazione, fino a quello
stadio, è stata effettuata nel rispetto dell’ ambiente.
5.5.4
La risposta del mercato
Il prodotto derivante dalla filiera oggetto del presente studio, nel confrontarsi con il mercato, si
troverà a misurarsi con due tipologie di possibili acquirenti:
a. Acquirenti trasformatori (anche soggetti appartenenti alla filiera), possono definirsi
acquirenti trasformatori:
o Filatori che acquistano dalla filiera Natural.Tex il nastro pettinato o le stoppe
o Tessitori che acquistano dalla filiera Natural.Tex il filato per produrre grezzi o
tessuti finiti
Nei confronti di questi “clienti” la filiera Natural.Tex dovrà porsi nella condizione di offrire un
prodotto a prezzo competitivo con gli altri produttori, con un elevato rapporto qualità prezzo.
Dovrà riuscire ad offrire prodotti innovativi (vedi quanto precedentemente detto in merito alla
filatura delle stoppe e sperimentazione di nuove miste).
b. Acquirenti utilizzatori o consumatore finale
Nei confronti di questo “cliente”, la filiera Natural.Tex dovrà essere in grado di comprendere le
preferenze e le esigenze, il grado di propensione all’innovazione (in riferimento a nuove fibre come
l’ortica o in riferimento a nuove miste). Dovrà offrire un prodotto con un buon contenuto moda
ed un rapporto qualità prezzo accettabile dall’acquirente.
60
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
6 ANALISI “SWOT” DELLE PIANTE DA FIBRA
Le analisi fino a questo momento esposte sono state quindi riassunte secondo la metodologia
SWOT, che si prefigge l'individuazione dei punti di forza (Strenghts) e dei punti di debolezza
(Weaknesses) intrinseci all'adozione dell'innovazione all'interno delle singole realtà produttive, delle
opportunità (Opportunities) e dei rischi (Threats) connessi a tale innovazione, provenienti dal
contesto esterno cui sono esposte tali realtà.
Punti di forza
la domanda di fibre naturali è in aumento per ragioni sia reali che di pensiero
le caratteristiche fisiche e chimiche delle fibre naturali sono considerate buone dando
l’opportunità di modificarle per essere adattate a molteplici e differenti applicazioni ->
grande flessibilità di trasformazione
gli investimenti industriali necessari sono relativamente piccoli rispetto ad un impianto per
la produzione di fibre sintetiche
le piante da fibra sono facili da coltivare e rientrano bene nella rotazione delle colture,
essendo ben diverse dagli altri seminativi
essendo piante annuali o comunque con un breve ciclo di vita (a parte la ginestra), è più
facile procedere alla selezione di nuove varietà e alla moltiplicazione; inoltre permettono un
adeguamento più rapido alle necessità di mercato rispetto a fonti alternative di fibra come
gli alberi
maggiore facilità a soddisfare verifiche ambientali
Punti di debolezza
nel breve periodo si fa molto conto sul supporto economico dato dalla UE; gli industriali
sono poco propensi ad investire su materiali che non hanno stabilità economica
mancanza di incentivi per gli agricoltori a migliorare la qualità e i rendimenti ed in generale
mancanza di conoscenze e apprendistato sulle fibre
mancanza di integrazione nell’industria che è generalmente frammentata fra coltivatori,
trasformatori e venditori che non comunicano e interagiscono fra loro in modo pro-attivo
il trasporto e lo stoccaggio in azienda della paglia va ben coordinato
il mercato delle fibre può essere soggetto a “dumping” da fibre provenienti da altri paesi
per ragioni politiche o necessità economiche
le fibre europee non sono economicamente competitive rispetto alla juta che arriva
dall’India e Bangladesh, alla canapa ed al lino a fibra corta che arrivano dalla Cina
le fibre di origine agricola hanno problematiche riguardo la loro eterogeneità, come la
variabilità della lunghezza e finezza, contenuto di impurità, bassa elasticità
Opportunità
movimento ecologico-ambientalista: i consumatori stanno diventando sempre più consci,
informati sugli effetti ambientali dei prodotti nel loro ciclo di vita; ciò crea un vantaggio per
i prodotti biodegradabili e potrebbe favorire un prodotto europeo, più che del terzo
mondo, fatto con materiali europei (tracciabilità)
l’applicazione di sistemi “appena in tempo” (just in time) nel settore manifatturiero
potrebbe favorire la fibra europea
regolamenti sul riciclaggio e smaltimento, come il regolamento UE sul packaging, e varie
legislature a livello nazionale che obbligano i produttori ad utilizzare alte quantità di
materiali riciclabili; esempio è la legislatura tedesca che obbliga i produttori di auto a
raggiungere un target dell’85% di materiali riciclabili sul peso totale delle auto
61
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
fluttuazioni di prezzo delle fibre di origine estera: la stabilità nell’offerta e nei prezzi delle
fibre nella moneta locale sono importanti per la preparazione dei budget da parte degli
acquirenti
nonostante i consumi nell’occidente siano stabili, altrove la domanda di beni quali i vestiti
sono in crescita
Rischi
lo sviluppo e la crescita delle fibre sintetiche è sempre più veloce, caldeggiato da forti
investimenti da parte delle multinazionali: nuove “microfibre” come il Tencel, Lyocell e
Deposa sono minacce alla nicchia ambientale del lino
il cotone “biologico”, se coltivato con successo, sfaterebbe molti dei punti che vengono
tuttora addossati al cotone, che anche se naturale, dal punto di vista ambientale, è
estremamente dannoso, in quanto richiede grandi dosi di erbicidi, pesticidi, fertilizzanti,
nonché molta acqua per l’irrigazione, facendone una coltura depauperante, di degrado
ambientale e nociva anche alla salute umana
La riforma della PAC ha ridotto i sussidi a disposizione sia degli agricoltori che, in parte, dei primi
trasformatori; gli effetti di ulteriori cambiamenti sono difficili da prevedere, ma di sicuro queste
incertezze non aiutano a prendere delle decisioni di lungo periodo soprattutto per quanto riguarda
gli investimenti in nuovi impianti di trasformazione.
62
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
7 ANALISI DELLA VOCAZIONALITÀ DEL TERRITORIO TOSCANO ALLA
COLTIVAZIONE DI PIANTE DA FIBRA
Al fine di stimare le potenzialità produttive di fibra del territorio toscano, è stata effettuata
un’analisi della vocazionalità (suitability) del territorio stesso analizzando i principali fattori
climatici, pedologici e morfologici che influiscono maggiormente sulla crescita e sviluppo delle
specie da fibra oggetto del presente studio. Nel fare ciò si è proceduto ad una accurata ricerca delle
informazioni disponibili nella letteratura scientifica ed agronomica, relative alle esigenze
fisiologiche ed ambientali delle specie interessate.
La definizione degli indici di seguito riportati e la loro suddivisione in classi di idoneità, sono il
risultato della sintesi dei dati. Per ogni specie sono state, quindi, realizzate mappe tematiche distinte
per ciascun parametro e indice. La sovrapposizione di tali piani informativi e la loro combinazione
ha portato alla creazione, per ciascuna specie, di un’unica mappa di zone territoriali omogenee, con
diverso livello di idoneità colturale (crop suitability). I diversi piani informativi sono stati elaborati
mediante ArcGis ESRI. Per tutti i temi geografici è stata adottata la proiezione geografica Gauss
Boaga (fuso ovest – riferimento Monte Mario) e sono state uniformate tutte le immagini raster alla
stessa risoluzione. La carta relativa alla “suitability” meteorologica è stata sovrapposta a quella
morfopedologica, realizzando in questo modo la carta di “suitability” finale morfopedoclimatica di
ogni specie da fibra.
7.1 Definizione delle unità di paesaggio
L’analisi di idoneità alla coltivazione (suitability) per le diverse specie da fibre è stata effettuata a
livello raster: ad ogni pixel di superficie di 2,5 ha è stato assegnato un valore di suitability. A partire
dal modello digitale del suolo è stato creato lo strato di suitability morfologica (pendenze ed
esposizioni). A questo è stato sovrapposto lo strato informativo pedologico, attraverso un overlay
geografico, creando lo strato di suitability morfopedologica. Infine, è stato sovrapposto lo strato
dei dati meteorologi opportunamente elaborati, creando la carta di suitability finale per ogni
coltura. Il valore assegnato ad ogni pixel rappresenta la media dei valori scaturiti dalla
sovrapposizione, considerando ogni fattore con valore 0 limitante rispetto a tutti gli altri.
7.2 Indici calcolati per la suitability
Per ogni indice e parametro considerato, qui di seguito descritto, sono state definite 4 classi di
idoneità: S1 =ottimale; S2 = subottimale; S3 = accettabile; NS = non idonea. Per la redazione delle
carte di “crop suitability” delle colture da fibra, alle 4 classi sono stati attribuiti i seguenti punteggi:
CLASSE
PUNTEGGIO
S1
S2
S3
NS
10
5
1
0
Qui di seguito sono riportate le 4 carte finali relative alle colture prese in considerazione.
63
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
64
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
7.3 Analisi statistiche per coltura
A partire dalle carte di idoneità alla coltivazione, sono state eseguite delle analisi statistiche per
calcolare gli ettari potenzialmente coltivabili per ogni coltura suddivisi per classe di idoneità.
Ginestra
Canapa
35000
25000
30000
25000
Superfice
calcolata
15000
Ettari
Ettari
20000
10000
20000
Superfice
calcolata
15000
10000
5000
5000
0
S3
S2
0
S1
1
Classe
2
3
Classe
Ortica
Lino
3500
0
3000
0
2500
0
Ett 2000
ari 0
1500
0
1000
0
5000
25000
Superfic
calcolat
Ettari
20000
Superfice
calcolata
15000
10000
5000
0
0
S3
S2
1
S1
2
3
Classe
Classe
Sono stati, quindi, calcolati gli ettari potenzialmente coltivabili (corrispondenti alle classi di idoneità
S1, S2 e S3) suddivisi per provincia. In realtà le superfici che potrebbero essere destinate alla
coltivazione di piante da fibra sono quelle che attualmente corrispondono a seminativi irrigui e non
irrigui. Pertanto le carte di idoneità realizzate sono state sovrapposte alla carta di uso del suolo,
ottenuta da elaborazioni di immagini da satellite, e sono state calcolate le superfici che risultavano
idonee alla coltivazione e che ricadevano all’interno di aree classificate a seminativo. I risultati,
divisi per provincia e specie, sono mostrati nelle tab. 17, 18 e 19.
7.4 Analisi statistiche per provincia e per coltura
Tab. 17
Province
Arezzo
Firenze
Grosseto
Livorno
Lucca
Massa-Carrara
Pisa
Pistoia
Prato
Siena
Totale
Seminativi irrigui e non irrigui
(classificazione da satellite Corine – ha)
5.782,5
5.290
14.707,5
3.452,5
762,5
132,5
9.087,5
1.180
485
12.445
53.325
65
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Tab. 18 - Superficie Potenziale (ha)
Province
Arezzo
Firenze
Grosseto
Livorno
Lucca
Massa-Carrara
Pisa
Pistoia
Prato
Canapa
5.475
4.252,5
7.310
3.412,5
2.565
682,5
7.127,5
1.657,5
512,5
Ginestra
6.965
5.957,5
8.252,5
3.325
2.505
612,5
8.002,5
1.720
547,5
Lino
4.712,5
3.397,5
6.142,5
3.162,5
2.420
620
5.855
1.610
497,5
Ortica
7.390
5.557,5
7.040
4.232,5
2.602,5
500
8.912,5
2.105
660
Siena
10.820
12.700
7.957,5
11.827,5
Totale
43.815
50.587,5
36.375
50.827,5
Tab. 19 - Superficie Reale (Sovrapposizione su Corine) (ha)
Province
Arezzo
Firenze
Grosseto
Livorno
Lucca
Massa-Carrara
Pisa
Pistoia
Prato
Canapa
3.265
1.537,5
4.630
2.177,5
515
75
4.235
892,5
355
Ginestra
3.437,5
2.307,5
4.217,5
2.110
477,5
70
4.357,5
885
365
Lino
2.967,5
1.340
3.967,5
2.060
505
67,5
3.592,5
882,5
350
Ortica
4.277,5
2.275
4.500
2.707,5
630
72,5
5.290
1.130
430
Siena
Totale
5.972,5
6.750
4.627,5
6.797,5
23.655
24.977,5
20.360
28.110
7.5 Analisi del comparto agricolo pratese
La disponibilità di un quadro completo della realtà agricola provinciale rappresenta uno strumento
indispensabile per tutti i soggetti che devono assumere decisioni ed attività programmatiche per il
settore. I dati della dimensione economica del settore a livello provinciale non lasciano spazio a
dubbi riguardo la marginalità dell’agricoltura in termini di fatturato prodotto e di impiego di forza
lavoro. La situazione attuale è il frutto di scelte economiche e produttive che hanno creato, con
successo, un distretto provinciale ad alta specializzazione industriale. In questo contesto
l’agricoltura è stata notevolmente trascurata come filiera. Tuttavia trascurare le aree agricole,
forestali e gli ambienti seminaturali vuol dire trascurare circa l’80% del territorio provinciale
(Fig.13), che invece ha grandi potenzialità di sviluppo nella produzione di eccellenze alimentari, di
servizi ambientali, di manutenzione del territorio, di ospitalità agrituristica ed in un prossimo futuro
anche nella produzione di materia prima destinata ad un utilizzo “no-food” come la fibra tessile ed
energia rinnovabile.
L’universo aziendale pratese risulta caratterizzato da aziende piccole; ne consegue che la tipologia
di agricoltura presente è di tipo part-time e a forte carattere residenziale. Questo, che certamente è
un fattore di debolezza economica, può consentire comunque il recupero, il mantenimento e
l’orientamento verso lo sviluppo sostenibile di fasce nevralgiche di territorio come l’alta Val di
Bisenzio e la collina del Montalbano.
Non mancano realtà produttive interessanti localizzate soprattutto nelle zone della collina arborata
di Carmignano, Montemurlo e Vaiano, luoghi e siti delle vecchie fattorie mezzadrili. Qui, infatti,
66
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
alcune aziende di eccellenza hanno attivato un processo di qualificazione del prodotto; questo
fenomeno svolge un grosso compito di traino e di valorizzazione delle produzioni locali sia per le
piccole aziende sia per le medie aziende in crescita che si stanno affacciando sul mercato
Da una analisi molto aggregata dell’utilizzo del suolo, risulta che il territorio maggiormente vocato
alle colture tessili (fatta eccezione per la Ginestra che si adatta bene in zone montane) è la piana
pratese (Tab. 21); qui, infatti, si riscontra una forte vocazione verso i seminativi (2270 ha in media
negli ultimi 6 anni).
Se si esamina l’ordinamento colturale delle aziende della piana pratese si conferma una economia
agricola strettamente legata al sistema dei seminativi: questi rappresentano circa il 57% della
superficie totale. Infatti i cereali quali: mais da granella, girasole, barbabietola, sorgo ed il set- aside
a questi collegati e i prati pascolo ricoprono circa il 70% della superficie totale analizzata.
Da quanto detto sembrerebbero esserci buone opportunità di sviluppo delle colture tessili a livello
territoriale. Infatti, le superfici attualmente investite a seminativi tradizionali, potenzialmente
potrebbero essere riconvertite a colture tessili.
Tale ipotesi risulta, attualmente, plausibile considerando che i prezzi dei prodotti tradizionali
(cereali, leguminose, oleaginose, etc.) registrano continui ribassi nei valori di mercato; d’altro canto
il nuovo regime dei premi comunitari (che ad oggi incidono in modo sostanziale nel reddito
dell’impresa agricola) prevede gli stessi contributi per qualsiasi tipo di coltura erbacea, sia essa a
destinazione alimentare sia industriale.
Fig.13 - Uso del suolo della Provincia di Prato (Fonte: SIT Provincia di Prato)
67
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Un possibile fattore di limitazione per alcune delle colture da fibra (come Ortica e Lino) potrebbe
essere la disponibilità di acqua mentre per altre (Canapa) il problema non si pone. In provincia di
Prato oggi risultano irrigui 300-400 ha di cui circa la metà interessa seminativi tradizionali (Mais,
Frumento); la rimanente parte di terreno irriguo interessa colture ortive e frutteti che per ragioni di
redditività non sarebbero sostituibili con le colture tessili. Sulla base di tali considerazioni sono
state calcolate le superfici di terreno che ad oggi risultano avere maggiore vocazionalità per le
colture tessili (200 – 300 ettari in tutta la provincia) e congiuntamente anche le possibili rese (vedi
Tab. 22); oltre a questi terreni sono ipoteticamente utilizzabili altri 1700-1900 ha di terreno (oggi a
seminativo), in tutta la provincia di Prato, sui quali tuttavia ci si aspetterebbero delle rese unitarie
inferiori. Di seguito si riportano alcune tabelle che sintetizzano e quantificano numericamente la
portata del settore agricolo pratese. In particolare la tabella 20 riporta, a livello provinciale e
regionale, la distribuzione delle aziende e la suddivisione per settore produttivo delle unità locali
attive (intendendo con tale termine i luoghi presso i quali l'imprenditore svolge la propria attività
come filiali, succursali, ecc.). La tabella 21 riporta la composizione del territorio agricolo pratese
suddiviso per comuni e per colture investite. La tabella 22 approfondisce l’analisi del territorio
rurale pratese riguardo la sua suscettibilità alla coltivazione di piante tessili.
Tab. 20 - Imprese registrate e attive, unità locali attive per aggregato territoriale e per sezione di attività
economica al 31.12.2004
IMPRESE
AGGREGATI
UNITA' LOCALI ATTIVE
A LT R E A T T IV IT A '
IN D U ST R IA
Non
classific.
Registrate
Attive
298
268
41
159
114
45
115
13
2
317
1.360
1.259
121
823
575
248
585
119
7
1.536
Montemurlo
2.922
2.561
47
2.080
1.599
481
1.108
262
55
3.290
P. a Caiano
1.048
942
22
543
351
191
564
126
12
1.141
A GR IC OLT U R A
Totale
Attività
manifattur.
Costruz.
Totale Commercio
Totale
Comuni della Provincia di Prato
Cantagallo
Carmignano
Prato
24.027
20.686
357
10.232
6.859
3.350
14.213
4.128
342
25.144
Vaiano
903
819
43
533
397
135
428
75
15
1.019
Vernio
430
398
49
210
125
84
216
24
2
477
Massa-Carr.
21.224
17.652
1.358
6.309
2.951
3.086
13.214
1.819
689
21.570
Lucca
44.714
37.323
3.682
14.412
6.726
7.512
25.443
4.011
827
44.364
Pistoia
33.502
28.999
4.077
12.131
6.640
5.460
18.405
3.758
336
34.949
Firenze
108.308
89.642
7.671
36.135
20.574
15.421
67.341
15.024
2.608
113.755
Livorno
32.814
28.087
3.316
7.740
3.479
4.182
23.564
3.671
585
35.205
Pisa
40.860
34.955
4.629
12.697
6.801
5.829
24.121
4.485
790
42.237
Arezzo
37.762
33.954
7.921
12.434
6.917
5.428
18.785
3.225
480
39.620
Siena
29.581
26.257
6.334
8.476
3.924
4.445
17.886
3.016
388
33.084
Grosseto
30.047
27.211
10.951
5.817
2.374
3.355
15.005
2.228
1.338
33.111
Prato
Totale
regionale
30.988
26.933
680
14.580
10.020
4.534
17.229
4.747
435
32.924
409.800
351.013
50.619
130.731
70.406
59.252
240.993
45.984
8.476
430.819
PROVINCE TOSCANE
Fonte: Elaborazioni Settore Sistema Statistico Regionale della Regione Toscana su dati Unioncamere
68
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Tab. 21 – Suddivisione a livello comunale delle superfici, per tipologia di coltivazione
CEREALI
PATATA
BARBABIETOLA
PIANTE INDUSTRIALI
Superficie
Aziende
Superficie
Aziende Superficie
Aziende
Superficie
Aziende
Superficie
Aziende
Superficie
12,9
183,8
5
1
0,9
1,4
50
-
13,7
-
-
-
10
65,4
17
26
4,5
4,2
16
138,0
-
-
1
0,1
-
-
3
45,0
8
1,9
Vernio
12
252
11
17
23,6
1.663,6
22,8
9,2
5
9
1,7
0,5
5
1
84
0,3
0,4
20,7
6
-
46,9
-
5
72
1
-
18,5
744,0
1,0
-
4
63
9
12
1,9
18,7
3,1
4,1
Totale
Provincia
di Prato
354
2.053,9
20
4,5
141
35,1
6
46,9
91
873,8
139
38,4
Regione
Toscana
34.221
259.571,7
3.367
11.568,5
7.395
1.095,8
970
7.757,3
9.499
66.901,1
13.084
9.873,1
COMUNI
Cantagallo
Aziende
13
Carmignano 33
LEGUMI
ORTIVE IN PIENA AREA
Montemurlo
Poggio a
Caiano
Prato
Vaiano
ORTIVE IN SERRA
ORTI FAMILIARI
FIORI
FORAGGERE AVVICENDATE (a) ALTRI
Aziende
Superficie
Aziende
Superficie
Aziende Superficie
Aziende
Superficie
Aziende
Superficie
Aziende
Superficie
0,1
138
102
8,0
8,8
-
-
7
21
8,4
23,5
6
4
5,2
5,2
149
135
53,5
292,3
2
0,1
169
7,4
1
4,6
22
22,0
42
83,0
195
302,0
Vernio
5
1
7,6
0,2
6
600
103
196
1,0
31,0
4,2
5,7
6
2
19,1
0,0
8
173
28
38
21,4
215,1
45,0
59,8
4
60
1
4,1
203,3
0,1
25
744
109
208
70,4
2.951,2
76,5
100,3
Totale
Provincia
di Prato
9
7,9
1.314
66,0
9
23,7
297
395,1
117
300,8
1.565
3.846,1
Regione
Toscana
1.102
521,8
56.689
3.303,0
1.993
1.807,9
21.448
103.349,2
22.913
74.725,2
94.956
540.474,5
COMUNI
Cantagallo
Carmignano 1
TOTALE
Montemurlo
Poggio a
Caiano
Prato
Vaiano
Fonte 5° Censimento generale dell’agricoltura
Tab. 22 - Superfici in Provincia di Prato destinabili a colture tessili
CANAPA
TERRENI
OTTIMI PER LA
COLTIVAZIONE
(ha)
267,5
2140
TERRENI
BUONI PER LA
COLTIVAZIONE
(ha)
157,5
1260
LINO
287,5
1006
80
280
ORTICA
212,5
1487
357,5
2502
GINESTRA
275
3025
125
1375
COLTURA
BIOMASSA
OTTENIBILE
(t)
(Fonte: elaborazioni Ibimet CNR)
69
BIOMASSA
OTTENIBILE
(t)
70
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
8 LE IMPRESE DELLA FILIERA E LE FIBRE NATURALI
8.1 Gli imprenditori agricoli
Volendo conoscere qual’è la potenzialità produttiva di fibra vegetale nel territorio agricolo pratese,
è necessario rilevare la predisposizione degli agricoltori locali ad inserire nei propri ordinamenti
colturali le piante da fibra. Infatti dopo aver quantificato le superfici agricole utilizzabili a livello
provinciale, è ovvio che l’affermazione delle colture da fibra passa attraverso la disponibilità degli
imprenditori agricoli a coltivarle. A tal scopo è stato sottoposto ad un campione di imprenditori
agricoli pratesi un questionario per verificare il loro interesse per le piante tessili. Il campione di
aziende è stato selezionato in base al proprio ordinamento colturale. Per cui si sono escluse quelle
dedite alla coltivazione di piante arboree o di colture ad alto reddito (ortive, vivaismo) in quanto si
è ritenuto che per queste la riconversione alle colture tessili sarebbe risultato non conveniente.
Il campione intervistato (34 aziende in totale) è composto da aziende dedite prevalentemente alle
coltivazioni erbacee. La dimensione aziendale del campione è molto variabile, mentre l’età media è
abbastanza alta (58 anni), indice questo di un mancato rinnovo generazionale che purtroppo è
molto diffuso in agricoltura e che comporta una scarsa propensione all’innovazione delle aziende.
Riportiamo in tabella 23 i risultati ottenuti in forma aggregata:
Tab. 23 - RISPOSTE AI QUESITI (VALORI IN % SUL TOTALE)
Ha mai coltivato piante da
fibra?
E' interessato a saperne di più
sulle colture da fibra?
E' disposto a produrre piante
da fibra a scopo sperimentale?
Che ne pensa della produzione
di fibre tessili con
certificazione territoriale?
Come si può attivare questo
tipo di coltura?
Perché queste colture siano
convenienti occorre che:
E' in grado di coltivare piante
tessili?
Mai
Si
Ho visto produrla, ma non
ho avuto esperienza diretta
64,70
14,70
20,60
Si, anche solo a livello di
conoscenza
50
Si per avere valide colture
alternative a quelle attuali
26,48
No
23,52
55,88
Si, solo se mi vengono
riconosciute le spese di
coltivazione
38,23
Un'idea inutile
Un'idea irrealizzabile
29,41
20,59
No
Tramite contratto di
coltivazione con i
trasformatori
47,06
Lo farei anche senza la
certezza del reddito
5,89
Un buon strumento di
promozione
dell'agricoltura pratese
50,00
Tramite consorzio di ritiro Tramite vendita diretta sul
dei prodotti
mercato
50
Non richieda grossi
investimenti in macchine
ed attrezzi
17,65
Si, senza bisogno di
formazione
17,65
2,94
Abbia reddito superiore Prezzo di ritiro = a colture
alle attuali colture erbacee
erbacee
61,76
Si a patto di avere
adeguata assistenza
tecnica
44,11
20,59
No, non sarei in grado di
farlo
38,24
Senza entrare nel merito specifico di ogni singolo quesito, risulta abbastanza evidente una certa
“prudenza” verso l’introduzione delle colture tessili. Eppure, nel dopoguerra, il territorio pratese
era investito da questo tipo di colture secondo quanto risulta nella memoria degli agricoltori più
anziani (circa il 20% del campione che risulta avere un’età media di 70 anni) i quali dichiarano di
averla vista coltivare. E’ significativo che proprio costoro che hanno avuto un’esperienza indiretta
della colture tessili si dichiarino (5 intervistati su 7) indisponibili a reintrodurre tali colture; la
ragione è che gli agricoltori più anziani si ricordano il duro lavoro manuale che occorreva per la
raccolta e la macerazione in campo.
71
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Per chi invece ha dato disponibilità a sperimentare tali colture, solo il 5.88% del campione (2
aziende su 34) è disposto a “rischiare” di coltivare piante tessili senza la certezza di avere almeno la
copertura delle spese di coltivazione, mentre il 38,23 % vuole che gli siano pagate almeno le spese
di coltivazione. Tale prudenza risulta ancora più evidente quando gli si chiede come si possano
attivare tali coltivazioni; il 97,06% del campione ritiene che ciò possa avvenire solo sulla base di
contratti di coltivazione o con la garanzia di una struttura consortile che ritiri il prodotto.
La nostra interpretazione dei risultati rileva in generale una disponibilità, da parte delle aziende
agricole pratesi, alla reintroduzione delle colture tessili; la loro cautela in merito alla certezza della
successiva vendita ad un prezzo congruo del prodotto è più che giustificata; si consideri infatti che
l’attuale congiuntura economica è caratterizzata da un continuo incremento dei costi di produzione
(dall’energia alle materie prime) a fronte di un continuo ribasso dei prezzi dei prodotti causato dalla
crescente competizione sui mercati. Questa situazione penalizza tutti i settori produttivi ma quello
più debole di tutti, l’agricoltura, è quello che soffre maggiormente. Da ciò consegue una minore
propensione al rischio degli imprenditori agricoli che temono molto di investire in nuove
produzioni se poi non hanno la certezza di riprendere almeno i costi.
8.2 Gli imprenditori artigiani tessili
Volendo conoscere il potenziale interesse delle imprese operanti nella filiera tessile del distretto di
Prato verso i temi del progetto Natural.Tex, con l’obiettivo anche di individuare imprese
potenzialmente coinvolgibili nella realizzazione della filiera obiettivo del progetto, nei mesi di
maggio-giugno è stata effettuata un’indagine telefonica su un campione di 62 imprese, attraverso la
somministrazione di un questionario.
L’indagine intendeva anche svolgere un’attività di comunicazione e di sensibilizzazione sulle
medesime tematiche
Il questionario, oltre ad una serie di domande sui dati generali dell’impresa intervistata (ragione
sociale, attività svolta, se tale attività è svolta in conto proprio o come terzista, numero di addetti,
numero e tipologia di macchine utilizzate), era strutturato in 9 domande relative ai temi del
progetto Natural.Tex.
In dettaglio le domande rivolte erano le seguenti:
1) Quale tipologie di fibre lavora normalmente? Si richiedeva anche di specificare per ogni tipologia
indicata anche la provenienza (se conosciuta).
2) Ha mai lavorato le seguenti tipologie di fibra e quando? Si richiedeva inoltre di specificare per ogni
tipologia indicata anche quanto tempo prima fosse stata effettuata la lavorazione.
3) In base alla sua esperienza e conoscenza, i macchinari a sua disposizione possono lavorare le seguenti fibre? Si
richiedeva anche di specificare, in caso positivo, se fossero necessarie modifiche o meno.
4) Ritiene di essere in grado di lavorare tali fibre naturali? Si chiedeva all’imprenditore di indicare, in caso
affermativo, la necessità di assistenza tecnica.
5) E' interessato a saperne di più sulle fibre naturali? La domanda era mirata a verificare la necessità di
approfondire le tematiche relative alla lavorazione delle 4 fibre, specificando, in caso affermativo,
se solo per informazione e conoscenza o come opportunità concreta.
6) Nel caso ci fossero concrete opportunità di mercato sarebbe interessato a lavorare queste tipologie di fibra? Si
chiedeva di indicare quali fibre (erano ammesse anche più risposte).
7) Secondo lei la creazione di un marchio territoriale che unisca la filiera dalla produzione in campo fino al
prodotto finito è…..? Si richiedeva all’imprenditore di scegliere tra “utile”, “valido ma difficile da
realizzare”, “inutile”, “non so”.
8) Nel settore agricolo toscano molti produttori stanno prendendo in considerazione la coltivazione di piante da
fibra tessile (canapa, ortica, ginestra, lino, ecc.). Secondo lei la disponibilità sul territorio di tali materie prime è ….?
Si chiedeva all’imprenditore un giudizio optando tra “molto positivo”, “positivo”, “indifferente”,
“negativo”, “non so”.
72
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
9) Ritiene l’aggregazione tra imprese della filiera …. ? L’ultima domanda richiedeva all’imprenditore di
dare un giudizio scegliendo tra “utile”, “abbastanza utile”, “inutile” e “non so”.
I risultati
I dati raccolti mettono in luce una serie di considerazioni utili ai fini della ricerca.
Le domande poste sono state raggruppate in 4 macrotemi:
o esperienza: la potenziale “vicinanza” alle fibre naturali in funzione dell’esperienza
dell’impresa sia in relazione a tutte le fibre sia con un’attenzione alle fibre vegetali
o competenze: intesa in senso ampio, sia dal punto di vista dei macchinari sia dal punto di
vista delle conoscenze e delle competenze vere e proprie all’interno delle imprese.
o interesse: il potenziale interesse dell’imprese verso le fibre vegetali.
o aspetti di sistema: giudizio delle imprese verso aspetti legati al progetto Natural.Tex ma che
esulano dalle problematiche della singola impresa anche se di potenziale ricaduta sulla
medesima.
Esperienza
Partendo dalle fibre lavorate normalmente dalle imprese, informazione necessaria per capire le
potenzialità di adeguamento o,comunque, le “affinità” tra le fibre lavorate dalle imprese della filiera
e le 4 fibre indagate, si evidenzia la situazione riportata nel Grafico 4
Grafico 4 – Fibre lavorate normalmente
90,0
80,6
80,0
75,8
69,4
70,0
62,9
60,0
51,6
50,0
45,2
40,0
30,0
20,0
10,0
6,5
0,0
Lana cardata
Lana
pettinata
Cotone
Lino
Artificiali
Sintetiche
Altro
Si conferma la vocazione del distretto verso la lana cardata, ma anche la forte flessibilità e varietà
tanto che tutte le tipologie di fibre sono lavorate almeno dalla maggioranza delle imprese (eccezion
fatta per il lino). Passando alle esperienze nei confronti delle 4 fibre del progetto (lino, canapa,
ginestra, ortica), le informazioni risultano interessanti. Mentre si conferma, come già indicato anche
dalla domanda precedente e a sua ulteriore integrazione, la presenza di esperienza nella lavorazione
liniera, le sorprese emergono in relazione alle altre fibre (grafico 5). Più di un terzo delle imprese
del campione ha lavorato almeno una volta la canapa (e questo sorprende solo in parte, anche in
relazione alla diffusione che la fibra sta avendo nel settore), mentre (e questo ha sorpreso
favorevolmente il gruppo di lavoro) un piccolo ma importante gruppo di imprese ha lavorato, pur
in piccole quantità, ortica (6,5%) e ginestra (4,8%).
73
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Grafico 5 – Fibre vegetali lavorate
90,0
79,0
80,0
70,0
60,0
50,0
37,1
40,0
30,0
20,0
10,0
6,5
4,8
0,0
Lino
Canapa
Ginestra
Ortica
Competenze
Verificata la “vocazione” delle imprese e la loro eventuale esperienza diretta con le fibre vegetali,
l’analisi si è spostata sui macchinari e sulle competenze tecniche degli addetti.
Dal lato dei macchinari e alla loro adeguatezza a lavorare le 4 fibre analizzate (grafico 6), emerge il
dato relativo al lino che nel 64,5% dei casi può essere lavorato senza dover apportare modifiche
agli impianti, dato che scende al 35,5% nel caso della canapa.
Ancora con più forza emerge però l’incapacità a rispondere di gran parte degli imprenditori, sia per
quanto riguarda la canapa, ma soprattutto per quanto riguarda ginestra e ortica (per entrambe 3
intervistati su 4 hanno dichiarato di non essere in grado di rispondere).Qui è senza dubbio forte il
ruolo che la mancanza di esperienza diretta gioca in relazione alla conoscenza delle potenzialità dei
macchinari utilizzati dalle imprese.
Grafico 6 – Adeguatezza macchinari
80,0
70,0
75,8 75,8
64,5
60,0
50,0
40,0
46,8
35,5
30,0
20,0
16,1
11,3 11,3
10,0
14,5
12,9
8,1 8,1
4,8 4,8 4,8 4,8
0,0
Sì senza modifiche
Sì con modifiche
Lino
Canapa
74
No
Ginestra
Ortica
Non so
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Sul lato delle competenze tecniche degli addetti (grafico 7), risulta maggiore la consapevolezza degli
imprenditori, e forse anche l’ottimismo, visto e considerato che alla domanda hanno risposto
positivamente quasi 7 imprenditori su 10 (anche se il 9,7% ritiene necessaria l’assistenza tecnica)
mentre chi non è in grado di rispondere si ferma al 27,4% (e solo il 3,2% risponde negativamente).
Grafico 7 – Capacità di lavorare le fibre vegetali
Non so
27,4
No
3,2
Sì
59,7
Sì con assistenza
9,7
Interesse
Altro aspetto indagato è stato l’interesse da parte delle imprese nei confronti delle fibre vegetali, sia
dal punto di vista di informazioni e conoscenza, sia dal punto di vista di concrete opportunità di
lavoro.
I dati (grafico 8) appaiono a prima vista contraddittori visto che la maggioranza degli imprenditori
non è interessato a saperne di più (62,9%) ma al tempo stesso (grafico 9) è interessato a lavorare le
fibre (87% per il lino, 82% per canapa, ginestra e ortica). Ciò può essere spiegato anche alla luce
dei commenti registrati durante le interviste: da un lato molti ritengono (come in parte anche
indicato dai giudizi sulle competenze) di essere in grado di lavorare queste fibre e l’unico problema
potrebbe essere dato dai limiti dei macchinari, dall’altro lato molti temono che la fase di
“informazione” sia totalmente slegata a concrete opportunità (detto in altre parole se le
opportunità di mercato ci sono, le competenze possono adeguarsi, al contrario “saperne di più”
senza opportunità concrete rischia di essere fine a se stesso).
75
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Grafico 8 – Interesse a saperne di più
Non so
8,1
Per conoscenza
25,8
Come opportunità
3,2
No
62,9
Grafico 9 – Interesse a lavorare le fibre vegetali
88,0
87,1
87,0
86,0
85,0
84,0
83,0
82,3
82,3
82,3
Canapa
Ginestra
Ortica
82,0
81,0
80,0
79,0
Lino
Aspetti di sistema
Le ultime tre domande riguardavano aspetti che potremmo considerare di “sistema”, ovvero
l’esistenza e l’importanza di un marchio territoriale di filiera agro-industriale, la disponibilità sul
territorio di materie prime e l’importanza delle aggregazioni tra imprese. Le risposte sono risultate
nel complesso incoraggianti e meritevoli di approfondimenti futuri.
Il tema del marchio, che all’interno del progetto riveste un’importanza fondamentale, si rivela
particolarmente sentito.
Il giudizio positivo è dominante (grafico 10): il 72% ritiene positiva la presenza di un marchio.
Tuttavia alla validità dell’idea per più della metà di loro si lega anche la consapevolezza della
76
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
difficoltà della realizzazione della medesima. Da sottolineare il basso dato dei convinti dell’inutilità
del marchio (4,8%).
Grafico 10 – Il marchio territoriale
Non so
12,9
Inutile
4,8
Utile
37,1
Valido ma difficile
45,2
Per quanto riguarda il tema della disponibilità di materie prime (grafico 11): la netta maggioranza
delle imprese (59,7%) ritiene positivo il fatto che la filiera agricola, data la possibilità dei produttori
agricoli toscani di dedicarsi alla coltivazioni di colture per utilizzo tessile, renda disponibili fibre
vegetali prodotte direttamente sul territorio. Addirittura un ulteriore 14,5% ritiene tale fatto molto
positivo. Limitatissimo la percentuale degli indifferenti e di coloro che giudicano negativamente
tale situazione, a fronte di un 21% di imprenditori senza opinione al riguardo.
Grafico 11 – Disponibilità materie prime sul territorio
Molto positivo
14,5
Non so
21,0
Negativo
3,2
Indifferente
1,6
Positivo
59,7
77
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Infine, tema di grande rilevanza tanto ai fini del progetto Natural.Tex, ma di indubbia attualità
anche nel dibattito politico ed economico regionale e nazionale, è quello della capacità di unirsi ed
aggregarsi tra imprese per affrontare le sfide competitive in atto da alcuni anni.
Emerge un dato da tenere sotto osservazione e da approfondire, che mostra tutti i limiti presenti
nel tessuto produttivo locale: consapevolezza dei vantaggi unita a consapevolezza delle difficoltà
(grafico 12).
Meno di 5 imprenditori su 100 ritiene inutile aggregarsi e solo il 13% non ha idee al riguardo, a
fronte di ben più dell’82% che ritiene utile, o addirittura molto utile (ed è la netta maggioranza),
unire le forze.
Come anticipato, però, a fronte della consapevolezza della necessità e, soprattutto, dell’utilità ad
aggregarsi, emerge (dai commenti alle risposte rilevati in sede di intervista) una sorta di
consapevolezza delle difficoltà insite nel fenomeno, soprattutto legate alla mentalità fortemente
individualista dell’imprenditore locale.
Grafico 12 – Le aggregazioni
Non so
12,9
Inutile
4,8
Molto utile
50,0
Abbast. utile
32,3
78
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
9 LA PROPOSTA DEI COLORANTI NATURALI
9.1 I coloranti naturali
In questi ultimi 10 anni, una maggior coscienza ecologica in Europa e in altri paesi del mondo, ha
influenzato anche l’industria tessile e la moda. Questo ha portato, oltre ad una ricerca nel campo
dell'abbigliamento ecologico, anche a nuove ricerche di trattamenti più compatibili per l'uomo e
l'ambiente, come l'impiego di coloranti naturali. Fino alla metà dell‘800, i colori usati nell’industria
tessile erano di origine vegetale, minerale e animale. Nell’antichità erano utilizzati prevalentemente
coloranti reperibili nel territorio in cui l’attività industriale o artigianale, era situata. Solo con le
grandi scoperte e i viaggi oltreoceano, aumentarono le varietà di coloranti impiegate. Il gusto del
colore, caratteristico per ogni zona, si è affermato sempre di più con il passare del tempo e, nella
lavorazione dei manufatti tessili, la tintura è diventata una fase molto importante della intera
lavorazione. I coloranti naturali erano i soli utilizzabili fino al 1856, anno in cui Perkins scoprì il
primo colorante di sintesi. La chimica del colore stravolse tutto il settore e nel giro di pochi anni i
coloranti vegetali furono completamente soppiantati da quelli di sintesi; l’ultimo dei coloranti
naturali utilizzati in tintoria fu il Campeggio, che mordenzato insieme al Cromo dava un “nero di
Campeggio” molto coprente e solido; infatti veniva utilizzato per ritingere le pezze ammuffite,
deteriorate durante i bombardamenti. Acquisendo maggiori conoscenze sulla chimica del colorante
naturale, vari studiosi poterono “copiare “ tale struttura; ad esempio dalla radice di Robbia si
ottiene il pigmento colorante “alizarina” e da questo nacque la prima terna di coloranti di sintesi:
Giallo Alizarina, Rosso Alizarina, Verde Alizarina, ecc.
L’Indaco è stato il colorante che la sintesi ha saputo copiare perfettamente dalla natura, ed ha fatto
la fortuna di una grossa casa di coloranti. Proprio grazie alla spinta del mercato, come accennato in
precedenza, anche le case di coloranti chimici hanno incrementato gli studi verso coloranti meno
inquinanti e tossici per l’uomo e l’ambiente, colori che sono identificati come ecocompatibili.
Questi non sono colori "naturali" di origine vegetale, ma sono molto meno inquinanti rispetto a
quelli che venivano impiegati in precedenza, che sono risultati spesso cancerogeni sia per chi
lavorava nel settore che per gli utilizzatori finali.
I Coloranti Naturali, oggi, provengono un po’ da tutte le parti del mondo, in particolare dalle aree
geografiche, dove fin dai tempi antichi queste piante, a fini tintori, erano coltivate, e dove hanno
rappresentato una risorsa importante per l’economia locale.
Una volta raccolte, queste piante o parti di esse, vengono vendute a grossi commercianti europei,
americani, indiani, ecc. che le stoccano; quindi sono rivendute ad aziende che estraggono il
pigmento colorante oppure commercializzano il materiale in forma di taglio tisana o intero, o in
polvere.
Oggi, per semplificarne l'uso, i coloranti naturali vengono impiegati non più nella forma della
pianta (materiale vegetale in pezzi o in polvere), ma in forma di estratto, cioè dalle piante tintorie,
attraverso una fase di estrazione a base acquosa, glicolica, ecc. viene estratto il pigmento colorante.
In alcuni casi l’estrazione avviene dalle radici, in altri dal fusto, oppure dalle foglie o dai frutti, a
seconda della parte della pianta che contiene il pigmento colorante.
In Italia, Germania, Francia, America e Giappone, ma in particolare in India, esistono aziende che
da sempre vendono Coloranti Naturali per l’industria tessile e l’artigianato; questo grazie al fatto
che nella tradizione indiana, la tintura Naturale non è mai stata abbandonata nel campo tessile, e
culturale, e dove esistono anche scuole che insegnano la tintura con i Coloranti Naturali
In un confronto tra coloranti naturali e coloranti di sintesi (tab.24), possiamo individuare alcuni dei
principali vantaggi e svantaggi per le due tipologie di coloranti:
79
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Tab. 24
NATURALI
SINTETICI
Vantaggi
Svantaggi
non Tecniche
di
uso Maggior possibilità di
abbastanza semplici
inquinamento
ambientale
Minori rischi per gli Solidità più bassa
Maggior solidità
Rischi per gli operatori a
operatori
causa delle sostanze
contenute
Minori rischi per la salute Non
molto Più tonalità ottenibili e Aumento delle allergie
dei fruitori
standardizzabili
maggiori toni brillanti
cutanee per i fruitori del
manufatto
Lavorazione vicina a Tonalità
di
colori
quella artigianale
limitate a causa del
limitato numero di
mordenti oggi permesso
Vantaggi
Ecologicità
produzione
Svantaggi
della Riproducibilità
perfetta
Nella tabella 25 sono riportate le fasi di produzione e i rischi sanitari delle due tipologie di
coloranti.
Tab. 25
Processo
Produzione
Rischi sanitari
NATURALI
Coltivazione della pianta
Scelta della parte più tintoria (gli scarti di
lavorazione possono essere riutilizzati come
concimi)
Estrazione del colorante con un processo
acquoso; idro-alcolico; con solvente a circuito
chiuso
Gli operatori che eseguono queste operazioni
non hanno bisogno di particolari prevenzioni
SINTETICI
Si ottengono dal petrolio attraverso
una fase di sintesi
I prodotti intermedi, scarti di
lavorazione, sono inquinanti
Gli operatori che eseguono queste
lavorazioni devono essere tutelati
Quindi è facile constatare come, da un punto di vista produttivo, il colorante naturale ha un
impatto ambientale molto più ridotto.
Nel settore delle fibre tessili, le più affini ai Coloranti Naturali sono certamente quelle naturali. Le
fibre naturali si dividono in animali e vegetali. Le fibre animali, come la lana, con la struttura a
scaglie, e la seta, assorbono meglio il colorante, mentre le vegetali come cotone, lino, canapa, ecc.
data la loro struttura liscia, lo assorbono meno, e anche le tonalità che si possono ottenere, saranno
diverse, più scure per le fibre animali, più chiare per quelle vegetali. Le fibre artificiali, ad esempio
la viscosa, non risultano particolarmente adatte per questo tipo di tinture. Le fibre sintetiche tipo
poliammide, poliestere ecc, non è possibile tingerle con il colorante naturale.
Il processo di tintura con coloranti naturali si compone di due parti principali: la mordenzatura e la
tintura vera e propria. Con la mordenzatura si identifica quella fase in cui si prepara il materiale a
ricevere il colorante, cioè, per mezzo di un sale, la struttura chimica della fibra crea un legame che
poi servirà per agganciare la struttura chimica del colorante.Questi sali possono essere di vario tipo,
a base di Cromo, Ferro, Rame, Allume. Oggi, per rispettare parametri ecologici e tossici, l‘unico
mordente utilizzabile è quello a base di Allume. Nonostante ciò le acque di scarico del bagno di
mordenzatura dovranno passare dal depuratore interno all’azienda o consortile. Con i coloranti
naturali, come detto in precedenza, è possibile tingere tutte le fibre naturali, alcune fibre chimiche
ma non le sintetiche; inoltre regolando la temperatura e il pH del bagno si possono ottenere più
coloriture. Partendo da una percentuale di materia colorante, riferita al peso del materiale asciutto
che vogliamo tingere, possiamo ottenere intensità di colore anche molto diverse. Ad esempio
80
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
ipotizzando una tintura al 3%, se il risultato ottenuto è chiaro rispetto le aspettative, occorrerà
rifare una tintura con una percentuale maggiore, se scura, viceversa.
Anche la tintura con coloranti chimici ha bisogno di tenere sotto controllo la temperatura, il pH,
ecc. ma ha bisogno anche di tutta una serie di prodotti chimici detti ausiliari di tintura come:
imbibenti, ugualizzanti, antischiuma , ecc. da dover poi depurare.
Inoltre, mentre con lo stesso colorante naturale si possono tingere tutte le fibre, ottenendo lo
stesso colore, seppur con una diversa intensità dovuta all’affinità della fibra, l’uomo ha inventato
serie di coloranti sintetici specifici per ogni fibra, da quelle naturali (ad es. per la lana si usano i
coloranti acidi, per il cotone i diretti, ecc.) e ancor più per quelle sintetiche. Per quanto riguarda le
acque da depurare dopo la tintura con Coloranti Naturali, queste seguono le stesse procedure di
quelli di sintesi, in quanto trattandosi comunque di coloranti, non si possono scaricare direttamente
nei fiumi, ma devono passare attraverso un impianto di depurazione, sia esso comunale o
consortile. Questo permette un ulteriore salvaguarda dell'ambiente. Dovendo fare un raffronto tra
una tintura con coloranti sintetici e una con coloranti naturali, l’incidenza del costo del colorante
sulla tintura è, attualmente, più alto utilizzando i naturali.
Questo fattore è dovuto a due cause, in particolare:
La produzione di coloranti naturali che ancora non è industrializzata
Il costo del colorante di sintesi, che in questi ultimi anni è molto diminuito a causa della
maggior offerta sul mercato globale
Il costo di ricetta di una tintura con coloranti naturali varia a seconda del tipo di colorante
utilizzato e il tipo di fibra da tingere; confrontato con il costo di ricetta di una tintura di sintesi,
quella naturale risulta oggi maggiore di un 20-40% circa. La tintura di sintesi, in alcune lavorazioni,
per seguire nuove tendenze fashion, è anch’essa variabile nei costi, che arrivano ad essere quasi al
pari di quelle naturali.
Nell’ottica di lavorazioni sempre più artigianali, e valorizzazione del prodotto, la differenza di costi
potrà essere assorbita dal valore aggiunto che il capo acquisirà. Infatti, il capo tinto con coloranti
naturali avrà caratteristiche di ecologicità, tracciabilità., unicità, e il consumatore potrà decidere di
pagarlo anche qualche Euro in più.
Tab. 26 - PIANTE TINTORIE STORICAMENTE PIU' UTILIZZATE
NOME VOLGARE
Curcuma
Reseda
Annatto
Legno Campeggio
Legno Rosso del Brasile
Robbia
Indaco
NOME LATINO
Curcuma longa L.
Reseda luteola L.
Bixa orellana L.
Haematoxylon campechianum L.
Caesalpina brasiliensis L.
Rubia tinctoria L.
Indigofera tinctoria L.
PARTI USATE
radice
pianta intera fiorita
frutti
corteccia
corteccia
radice
foglie
COLORE
giallo
giallo
arancio/rosso
rosso
rosso
rosso
blu
Nel passato i macchinari impiegati dall’uomo nelle tintorie, erano molto semplici. All’inizio si
trattava di vasche e di caldaie con condutture in piombo, come ad esempio quelle ritrovate a
Pompei e in altri scavi archeologici. In alcuni manuali del ‘500, come il Trattato dell’Arte della Seta
in Firenze, si ritrovano i disegni delle vasche in cui erano immerse le matasse e dei bastoni su cui
veniva movimentato il materiale nel bagno; vi erano poi macchine per strizzare e asciugare il
materiale.Un cambiamento consistente nel campo dei macchinari, iniziò a verificarsi con l'avvento
dell’industrializzazione, in particolare nel campo della meccanica tessile nel XVIII sec.
L’evoluzione della tecnologia della tintura nel XVIII sec. vide un graduale passaggio da un
artigianato tradizionale a procedure sempre più scientifiche e tecnologiche, grazie agli studi di
uomini colti.
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Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Oggi, per eseguire tinture con coloranti naturali (estratti), si possono benissimo utilizzare le
macchine da tintura già presenti nelle tintorie, magari con alcune modifiche per economizzare la
tintura stessa; importante è che la tintura avvenga a caldo e in immersione acquosa.
E' possibile anche tingere direttamente utilizzando le piante, apportando alcune modifiche al layout
dei macchinari, inserendo cioè degli “estrattori” in tintoria, macchine costruite appositamente per
estrarre direttamente il pigmento colorante dalle cortecce, radici, bacche, ecc. Tali macchine
dovranno essere dimensionate in funzione di quanto colorante vogliamo ottenere e, pur non
esistendo sul mercato, non sono particolarmente costose.
9.2 Prospettive attuali dell'uso nell'industria tessile dei coloranti naturali
I trends dell’industria tessile attuale riguardano due grosse linee: l’high-tech e supertecnologico e il
naturale. Il naturale, che è quello che più ci interessa, riguarda sia le fibre che la trasformazione e
produzione dei capi. Nelle fibre, oltre all’uso di quelle tradizionali come il cotone, il lino, la lana,
sono state riscoperte fibre naturali abbandonate, o innovative come la ginestra, l’ortica, la canapa.
Per quanto riguarda la trasformazione di queste fibre per la realizzazione di capi moda, inizialmente
si sono avute molte proposte di “grezzi”e di lavorazioni di non tinti, sfruttando il colore naturale
delle fibre stesse. Successivamente, anche sotto la spinta del mercato, sono stati richiesti capi più
colorati, e questo ha portato alla necessità di introdurre colori naturali, di origine vegetale o
ecocompatibili. Negli anni vi sono state già alcune aziende, come Superga, Malerba, Somma
Coperte, Ratti, Moschino, Gabello, Armani, ecc., che hanno creato collezioni usando colori
naturali. Tali prodotti, purtroppo, sono durati solo alcune stagioni in quanto si sono scontrati con
alcuni problemi posti dal mercato, che possiamo sintetizzare in:
scarsa informazione commerciale, specie nei punti vendita, per far apprezzare al cliente la
naturalità e l’originalità del prodotto acquistato,
alti costi iniziali,
produzione fatta sotto la spinta “moda”.
In generale i problemi inerenti l'industria tessile per quanto riguarda il colorante sono:
la solidità
la riproducibilità.
Per la prima è impensabile oggi arrivare ad ottenere valori pari a quelli di sintesi; questo non
significa però che non si possano produrre e vendere questi capi, anzi il capo vive e si “deteriora”
nella persona che lo porta, valorizzandosi nel vissuto. Va comunque detto che anche la sintesi, in
questi ultimi anni spinta alla ricerca di nuove coloriture ed effetti moda, ha utilizzato terne di
coloranti anche per fibre non chimicamente affini, in modo da ottenere questi effetti “vissuto”, ma
ottenendo però anche basse solidità. Per quanto riguarda la riproducibilità, già difficile nella sintesi,
è ancora più complessa nel campo del naturale, dove sono tanti i parametri che influenzano la
tintura; la cosa importante diventa quindi il poter partire da un pigmento colorante standard, che
dia così risultati più standardizzabili.
Oggi, quando parliamo di industria tessile dobbiamo far riferimento a una parola di 4 lettere, cioè
“MODA”, che influenza l’intera produzione. In questi anni la richiesta e l’interesse dei coloranti
naturali ha seguito l’andamento della moda, passando da periodi di crescita e di richiesta, quasi
inconsulta, a momenti di calo e di vero disinteresse, anche se in questo ultimo periodo, l’interesse
è rimasto sempre abbastanza alto. Questo grazie ad alcuni fattori come:
una maggior coscienza ecologica delle persone e della società
la crisi che, purtroppo, sta attraversando il mercato tessile, italiano ed europeo, che porta
alla ricerca di produzioni alternative che attirino il consumatore finale.
82
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
Fra tutti i coloranti naturali proposti, quello che oggi incontra un sempre maggior interesse da
parte dell’industria è l’Indaco (guado, indigofera, poligonium, ecc.), perché il jeans, tessuto che si
ottiene con questa tintura, è stato in questi ultimi anni molto richiesto e l’interesse nella moda,
specialmente della moda giovane, ne ha aumentato l’uso in tutte le sue versioni. Non dobbiamo
comunque dimenticarci degli altri coloranti naturali e in particolare la Robbia per i rossi, e la
Reseda per i gialli. Con giallo, rosso e blu abbiamo così i tre colori primari, che se mescolati fra
loro, ci possono far ottenere tutti gli altri colori dell’iride.
Settori dell’industria tessile che, oggi, in particolare sono interessati a reintrodurre i colori naturali,
vanno dall’abbigliamento intimo a quello per bambini fino all’arredamento. Questi settori
richiedono alla tintura delle performance diverse l’uno dall’altra, che solo attraverso un attento
studio e un buon marketing è possibile portare avanti. Per quanto riguarda l’intimo e i bambini, a
parte studiare le solidità, ad esempio alla saliva, diventa importante il problema allergie. Attraverso
studi fatti da eminenti allergologi è stato dimostrato che, per le persone che soffrono di dermatiti
cutanee, indossare, a contatto con la pelle, capi tinti con colori naturali evita l’aggravarsi della
dermatite stessa. Le nazioni che si sono dimostrate più sensibili al tessile ecologico e quindi ai
coloranti naturali, sono i paesi Scandinavi, paesi dove la coscienza ecologica è maggiore così come
la cultura dell’ambiente e del lavoro, che mette, da sempre, al centro l’uomo.
Un argomento importante da affrontare riguarda la fase di marketing del prodotto. Quest’ultimo
molto spesso non è sufficientemente valorizzato; il colorante naturale, al contrario, per essere
apprezzato deve essere arricchito con informazioni e devono essere fatte conoscere al
consumatore finale le sue importanti caratteristiche quali l’atossicità, l’anallergicità e la sostenibilità
ambientale, che porta ad uno stretto legame con il territorio in cui si opera. E’ molto importante
che un’azienda indirizzi il marketing a sostegno di prodotti ecologici e dei coloranti naturali verso:
• una definizione precisa del mercato a cui è destinato il prodotto;
• deve rintracciare le esigenze del cliente;
• deve offrire un prodotto mirato che comprenda e illustri la filosofia del prodotto stesso;
Altre proposte da approfondire sono date dallo sviluppo di possibili nicchie di mercato, che
possono andare dal tessile abbigliamento, all’arredamento e alla bio-architettura, al restauro di
arazzi e tappeti, alla vendita di prodotti per tingere in casa con le piante. La scarsità della domanda
da parte dell’industria verso il colorante naturale deve essere affrontata con una giusta e chiara
informazione sui lati positivi e negativi dei coloranti stessi. Dovranno essere perseguite anche
politiche di sostegno da parte delle istituzioni verso le aziende. Verso gli utilizzatori finali sarà,
invece, importante poter avere la tracciabilità del prodotto finito, con cartellini che riportino
informazioni dalla coltivazione delle piante alla produzione della fibra fino alla confezione finale.
Infine la tintura con coloranti naturali non vuole e non deve essere sostitutiva della tintura chimica,
ma esistere come alternativa, fiore all’occhiello dell’azienda che la propone, nel recupero delle
tradizioni storiche e artigianali.
In conclusione, i messaggi da inviare con chiarezza verso gli attori della filiera nei riguardi della
tintura naturale sono:
Tab. 27
PER L’ INDUSTRIA TESSILE
Non inquina
Colore disponibile sul mercato
Solidità in senso positivo
PER Il CONSUMATORE FINALE
Cartellino per la tracciabilità e le proprietà “positive”
Valorizzazione mediante adeguata esposizione in negozio
Unicità del capo che rispecchi la filosofia di vita di chi lo
indossa
Costo in rapporto alla produzione
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84
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
10 CONCLUSIONI
La definizione di abbigliamento naturale nel progetto Natural.Tex va vista come una estensione
della visione proposta dal "Disciplinare per i tessuti biologici" fornita da AIAB (Associazione
Italiana Agricoltura Biologica) del maggio del 2000, e che attualmente rappresenta uno dei punti di
riferimento normativo per questa classe di prodotti. Questo ci ha permesso di esplorare in maniera
più efficace la sostenibilità di una fileria estesa per la produzione di prodotti tessili, capaci di
veicolare valori “immateriali” come il legame forte con il territorio in relazione alla produzione
della materia prima, il rispetto dell'eticità di produzione a tutti i livelli, la totale tracciabilità,
l'attenzione alla salute dei consumatori, e soprattutto essere contenitori dell'immagine di qualità
della tradizione manifatturiera della Toscana.
Approccio intersettoriale
Il progetto Natural.Tex ha raggiunto uno scopo ambizioso, che si presentava facile in linea teorica,
ma in realtà era molto difficile nella realizzazione pratica: quello di unire il mondo agricolo con il
mondo manifatturiero e in accordo con quello della ricerca applicata. Non è stato semplice trovare
obiettivi comuni sia per la diversità di esperienze e di problematiche affrontate sia, soprattutto, di
diversità dei "linguaggi" parlati dai rappresentati di questi settori. La diversità strutturale degli attori
in una filera estesa che dovrebbe abbracciare la gestione del territorio e il mercato dell'abito
confezionato, presenta sicuramente una serie di vincoli ma offre anche spunti e possibilità di
notevole ricchezza. Il territorio pratese, incastonato nella realtà produttiva del 'Distretto Toscano',
potrebbe giocare un ruolo di catalizzatore e, per ragioni congiunturali legati al sistema agricolo e
manifatturiero, si rivela luogo ideale per un’esperienza dove il motto "fare sistema" sia più che un
semplice gioco di parole.
Approccio regionale
Lo specifico toscano ha in questa proposta un ruolo decisivo. Concetti come la 'buona pratica
agricola' e la 'tracciabilità' sono decisamente adatti ad uno stile di produzione che può arrichire
ulteriormente l'immagine, già forte, del 'Made in Italy' e che vede nella Toscana una delle sue culle.
La possibilità di sfruttare i contenuti fashion di un settore moda è un'altra delle possibilità che
rendono una proposta di filiera territoriale estesa maggiormente sostenibile, in una dinamica di
mercato dove la concorrenza globale poggia, attualmente, la sua forza sui prezzi delle materie
prime e sulla lavorazione dei semilavorati.
Approccio di mercato
Alla luce di quanto detto è sembrato ovvio alla rete di Natural.Tex indagare gli orientamenti e le
preferenze del mercato italiano nei confronti dell'abbigliamento naturale, prima di valutare la
fattibilità economica della proposta di produzione. I risultati dell'indagine di mercato sono chiari:
oltre il 30% del campione dei consumatori italiani ha acquistato o provato capi di abbigliamento
naturale, con un segmento significativo delle età centrali (25-44 anni) con istruzione media e
superiore. Le preferenze dei consumatori si rivolgono, anzitutto, a benefici ricercati nel prodotto
come la salute della pelle ed il comfort, seguiti a poca distanza da quelli legati alle caratteristiche del
prodotto, come il prezzo, la naturalità del tessuto, la tracciabilità e l’eticità.
Nelle posizioni di fondo troviamo le preferenze legate agli intangibles tradizionali
dell’abbigliamento, come il contenuto moda, il made in e la marca, privilegiando i punti vendita
specializzati con acquisto assistito sia nelle via cittadine che nei centri commerciali. La domanda
esprime quindi una disponibilità ampia al premio di prezzo verso i prodotti dell’abbigliamento
naturale (addirittura dal 26% al 50% per un consumatore su quattro). Questo ci fa ritenere che
esiste una buona consapevolezza della natura specialistica del bene “abbigliamento naturale". La
domanda oggi vede con favore la promozione di un marchio di tutela per l’abbigliamento naturale
85
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
con un richiamo alla memoria dell’esperienza italiana di maggior successo in materia, quella del
marchio pura lana vergine. A questo proposito è utile ricordare come la ricerca degli ultimi anni si sia
quindi orientata verso tutto il restante ed enorme universo delle fibre naturali vegetali esistenti con
lo scopo di trovare un prodotto che possedesse quanto di positivo hanno fibre come il cotone o
quelle sintetiche senza però averne i punti deboli. La ricerca di nuove fibre vegetali o, in alcuni casi,
anche la riscoperta di vecchie/antiche fibre cellulosiche è stata aiutata anche dall’avvento di nuovi
fenomeni sociali e tecnologici. La spinta sociale è direttamente correlata al crescente interesse da
parte di tutti i paesi del mondo ad impiegare fibre a minor impatto ambientale. Questo ha portato
molte aziende produttrici di fibre naturali o che impiegano fibre naturali per i più disparati usi a
ricercare e sperimentare fibre vegetali che fino a quel momento avevano un mercato molto
ristretto. Possiamo concludere che il mercato sembra esistere e sembra essere pronto. Esiste anche
un profilo di un consumatore italiano, anche se l'indagine è suscettibile di un ulteriore
approfondimento. Semmai quello che appare un’esigenza condivisa da molti è proprio la
definizione di una strategia di marketing che coinvolga la distribuzione, il prezzo e soprattutto una
promozione volta a comunicare i vantaggi legati all'impatto positivo sulla salute umana.
La rete
La rete ha manifestato proprio nell'arco del progetto il suo consolidamento con una buona
assegnazione dei ruoli. E' innegabile che per molti partner l'adesione a Natural.Tex ha
rappresentato una novità per quanto riguarda la relazione con terzi sugli argomenti correlati
all'abbigliamento naturale. Proprio quest'atmosfera di novità ha fornito le motivazioni giuste ai
partners per un impegno forte su come confrontarsi con realtà diverse provenienti da altri settori.
Le problematiche tipiche del mondo agricolo e/o di quello manifatturiero presentano affinità ma
anche forti divergenze, così come gli obiettivi della ricerca applicata non sempre risultano coerenti
a chi deve confrontarsi quotidianamente con le situazioni delle aziende che rappresenta. La rete,
tuttavia, ha funzionato bene poiché è riuscita ad armonizzare una rosa di obiettivi comuni che
consistono sia nella definizione di una serie di prodotti, dove il valore aggiunto è fornito da figure
come il coltivatore e l'artigiano, sia la condivisione dei temi da usare nella promozione di questi. La
limitatezza temporale di progetto non ha consentito la sperimentazione per una completa analisi di
fattibilità tecnica ed economica della filiera, ma ha permesso di fare delle simulazione di costo
attendibili per le principali colture da fibre.
Su quali fibre puntare?
Le analisi di suitability o di vocazionalità delle principali piante da fibra considerate nel progetto
individuano numerose aree a livello toscano nelle quali è possibile effettuare la coltivazione. Quindi
il territorio è capace di accogliere questo tipo di piante, come d'altro canto era documentato
storicamente. Esse non possono assicurare un rifornimento adeguato per la dimensione della filiera
tessile, ma sono per lo meno sufficienti a sostenere delle produzioni di qualità nel panorama
manifatturiero toscano. Dalle considerazioni tecnico-economiche presentate in Natural.Tex, solo la
canapa e l'ortica, attualmente, superano significativamente una soglia di economicità in termine di
utile netto. La ginestra si pone sul limite della convenienza. Nel raggiungere un utile netto
maggiore, l'ortica, rispetto alla canapa, è frenata dalle sue caratteristiche di novità che rallentano il
raggiungimento di un percorso valido per la coltivazione ma soprattutto per la lavorazione della
fibra. Per il lino dal punto di vista agricolo paiono precluse le possibilità di una sua validità
economica.Quindi la possibilità di avere fibra a lungo tiglio sembra legata alla disponibilità di canapa,
mentre la candidata ad essere un formidabile concorrente per il cotone nella fibra corta appare la
fibra di ortica.
La filiera integrata dal campo al capo finito?
Rispondere ad una domanda del genere non è facile. L'agricoltura toscana attraversa storicamente
una delle sue fasi cruciali. La scomparsa prossima futura delle sovvenzioni comunitarie per le
86
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
colture tradizionali e l'elevata età media dei coltivatori, chiede agli agricoltori uno slancio forte
verso le produzioni di qualità e quelle 'no food' in generale. Il recupero delle conoscenze nelle
coltivazioni di piante da fibra è ancora possibile, ma necessita di uno sforzo di formazione e di
adeguamento tecnologico forte in alcune operazioni come la raccolta e la trasformazione, nonché
nella responsabilizzazione degli attori del settore della ricerca.. Esperienze di coltivazione sono già
una realtà in Toscana per le fibre tessili come la canapa e buone prospettive sono date da specie
come l'Ortica dioica, nelle sue varietà tessili. Rimane oggetto di sperimentazione l'ottimizzazione
delle tecniche di macerazione ed estrazione delle fibre. Le ipotesi di indagine seguite da
Natural.Tex si basano su tecniche diffusse a livello europeo. Nel breve periodo una collaborazione
intensa con altri centri di lavorazione a livello italiano è non solo auspicabile ma necessaria.
Attualmente, a nostro avviso, i valori della territorialità non sono alterati da possibili
delocalizzazioni in Italia di alcune parti della filiera.Questo in un' ottica di creazione di uno start-up
di produzione che, solo in una visione di lungo periodo, può portare ad una realizzazione piena
della filiera in ambito regionale. Natural.Tex prevede quindi una futura possibile strategia basata su
due fasi: la prima di lancio con produzione nazionale, la seconda di più lungo periodo con
produzione interamente locale. Attualmente, in ambito toscano, anche la filiera propriamente
tessile vede una lacuna nella fase della filatura, che necessita di investimenti industriali sul breve
termine troppo elevati per rendere rapidamente praticabile la produzione di abbigliamento naturale
con una dizione forte di toscanità. Il ruolo della ricerca diventa essenziale per individuare, anche
qui, soluzioni ottimali. E' passibile di esplorazione, soprattutto nel medio-lungo periodo,
un'alternativa alla concentrazione delle attività di trasformazione della fibra e della filatura ovvero
la possibilità di creare una rete diffusa di piccoli impianti per produzioni limitate legati alla
coltivazione diretta e produzione artigianale.
Fibre naturali tinte con colori naturali?
L’uso dei coloranti naturali risulta fondamentale se si vuole promuovere la naturalità
dell’abbigliamento e la sua sostenibilità ambientale, nonché le sue caratteristiche salutari. L’analisi
che è stata fatta all’interno di Natural.Tex vede la possibilità di affermazione principalmente
dell’indaco, destinato al settore di produzione del jeans, della robbia (rosso) e della reseda (giallo). I
colori naturali hanno ben poche problematiche tecniche ma devono essere valorizzati divulgando
le loro caratteristiche di atossicità, anallergicità e sostenibilità ambientale che permettono di fare
apprezzare il prodotto al consumatore anche a discapito di un costo maggiore. Sarà quindi
importante inserire anche la tintura con colori naturali nella tracciabilità del prodotto finito, con
cartellini che riportino informazioni dalla coltivazione delle piante alla produzione della fibra fino
alla tintura e alla confezione finale.
Per quanto riguarda l’impresa, la tintura con coloranti naturali non vuole e non deve essere
sostitutiva della tintura chimica, ma esistere come alternativa, fiore all’occhiello dell’azienda che la
propone, nel recupero delle tradizioni storiche e artigianali.
Made in Tuscany o Made in Italy?
Non sfugge che il legame con il territorio e quindi con l'elemento "terra" che caratterizza la filiera
agricola, al quale si aggiunge la tradizione manifatturiera di una città ad esempio come Prato,
rappresenta uno dei valori assoluti del progetto Natural.Tex. Dall' indagine di mercato non emerge
questo in maniera significativa, ma i focus groups ci indicano delle strade che è possibile seguire.
Innanzitutto per gli intervistati il prodotto di abbigliamento naturale è immaginato come un
prodotto classico, ma non si esclude possa essere contraddistinto da un alto contenuto fashion
destinato ad un pubblico che ricerca nel prodotto una storia, una cultura ed una tipicità.
Quindi, il prodotto di abbigliamento naturale realizzato in Toscana potrebbe essere veicolato
attraverso il binomio Toscana-ambiente naturale come "paesaggio toscano" e il suo successo non
dovrebbe essere necessariamente legato ad un’impresa di marca ad alta notorietà.
87
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
La filiera che realizza questo tipo di prodotto di abbigliamento dovrebbe costituire una sottofiliera
formata da imprese fortemente specializzate. Quest'ultime dovrebbero avere contatti con le
istituzioni e centri di ricerca per fare attività di sperimentazione lungo tutta la filiera. L’impresa
confezionista dovrebbe disporre dell’accesso (diretto e/o indiretto) a punti vendita in grado di
trasmettere l’idea del naturale e di evocare la toscanità., come punti vendita anche monomarca,
collocati in centri commerciali localizzati in prossimità di aree verdi come ad esempio il nuovo
Outlet Barberino del Mugello. Il prodotto di abbigliamento naturale si deve identificare con un
brand appositamente creato e con il quale si accomunerebbero le imprese che appartengono alla
sottofiliera naturale che si dovrebbe venire a formare.Una forte identificazione dei prodotti con
l'immaginario toscano non dovrebbe porsi comunque come concorrente con il "Made in Italy",
pena una sua dequalificazione. Gli aspetti di eticità ambientale e sociale e di salute ed igienicità della
filiera tessile rimangono di valore assoluto per questo tipo di proposta e dovrebbero essere un
punto di forza di qualsiasi comunicazione promozionale.
Sviluppi futuri condivisi
Il progetto Natural.Tex, coerentemente alla linee guida dei bandi DOCUP 1.7.1, ha raggiunto il suo
obiettivo di formare una rete territoriale toscana, con baricentro pratese, sia di attori istituzionali,
sia di associazioni di categorie, che rappresentano il mondo delle imprese artigiane, sia imprese
agricole oltre che un istituto di ricerca CNR. Questa rete ha come obbiettivo quello di creare un
gruppo capace di lavorare sulla proposta di porre l'abbigliamento naturale, in tutti i suoi aspetti
produttivi, dal territorio all'abito, come una delle possibili soluzioni per l'economia di un futuro
"Distretto Toscano" a cui fanno riferimento il settore tessile-abbigliamento. Nonostante il buon
equilibrio attuale della rete, si sente l'esigenza dell'ingresso di partners di ricerca specifici nelle
tecnologie tessili o di aziende capaci di essere protagonisti di filiera. Uno degli obbiettivi condivisi è
quello di operare nuove indagini di mercati europei (ad esempio Russia) che potrebbero fornire
sbocchi per le esportazioni. Indubbia è la necessità di una sperimentazione pratica della fattibilità
tecnica ed economica della filiera, per capire anche la sostenibilità dei protocolli sul tessile
biologico, oppure per sostenere l'ingresso di piante da fibra nuove per l'agricoltura italiana, quali
l'ortica. Il terzo punto su cui converge la disponibilità di una futura azione di rete è quello della
definizione della strategia di marketing per l'abbigliamento naturale, capace di veicolare i valori che
un legame con il territorio e la cosidetta toscanità assicurano.
88
Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
11 APPENDICE E BIBLIOGRAFIA
11.1
Estratto dei focus group
11.1.1 Focus group 1 – Imprenditori tessili
Gli imprenditori associano l’abbigliamento naturale ad esperienze di valorizzazione del riciclato
avvenute a Prato. La realizzazione di esperienze simili, ma riconducili ad abbigliamento naturale,
implicano, secondo gli imprenditori coinvolti nel focus group, alti costi di produzione e lo sviluppo
di un’offerta altamente specializzata che può essere rivolta ad un mercato di dimensioni molto
ridotte. Gli elevati costi di produzione e l’alta specializzazione costituiscono i principali elementi
che tendono a disincentivare la realizzazione di prodotti di abbigliamento naturale.
“…….Un tentativo simile è stato effettuato circa ormai 15-20 anni fa a Prato quando si è cercato di rilanciare il
cardato considerandolo una fibra naturale…...Tentativo di lanciare il marchio del riciclato e dell’ecologico che costituì
un’esperienza importante, abbandonata in poco tempo a causa degli elevati costi della materia prima. La fibra
naturale porta a dei costi di produzione molto elevati…..l’anno scorso ho visto una piccola industria in Normandia
che produce magliette francesi con cotone prodotto in modo naturale e realizzato autonomamente. I commercianti
sostenevano che questa maglietta era il loro orgoglio in quanto tipica maglietta normanna. Si tratta di un prodotto
destinato ad un mercato di piccole dimensioni costituito prevalentemente da turisti disposti a pagare un prezzo
abbastanza alto……”
Per contribuire allo sviluppo di prodotti di abbigliamento naturale sarebbe opportuna una politica
a livello istituzionale, in grado di incentivare l’impiego di materie prime e di semilavorati
“ecologici”/“naturali”.
“……Nella società moderna il riciclaggio o l’impiego di fibra naturale implica dei costi elevati….sarebbe opportuna
una politica a livello istituzionale come è avvenuto in qualche appalto pubblico dove viene prevista una parte di
produzione riciclata. Le commesse pubbliche di abbigliamento (decreto Matteoli di due anni fa) nel caso di abiti per
la marina, l’aeronautica ed i vigili del fuoco prevedono l’impiego di materiale riciclato per una percentuale compresa
tra il 15%- 20%. Questo è stato un tentativo in cui le leve della governabilità hanno dato degli indirizzi precisi a
vantaggio di specifiche modalità di produzione……anche se occorre sostenere dei costi più elevati, sussistono delle
motivazioni per realizzare determinate produzioni…….”.
Gli imprenditori non nascondono la preoccupazione che una produzione di abbigliamento naturale
possa implicare la necessità di riconversione dell’agricoltura del nostro paese per favorire la
produzione di determinate tipologie di fibre. Inoltre si interrogano se tale riconversione potrebbe
avere un senso di fronte alla presenza di nazioni in grado di essere molto competitive nella
produzione di fibre naturali.
“……..Con il tracollo dell’agricoltura, l’Italia non è produttrice di fibre naturali e di fibre vegetali, il problema
diventa enorme in quanto nel caso di grandi produzioni, sarebbe necessario riconvertire parte
dell’agricoltura….occorre coinvolgere il settore dell’agricoltura per operare una sorta di riconversione produttiva
orientata ad incrementare la produzione di alcune tipologie di fibre. Solo dopo aver riconvertito il comparto
dell’agricoltura è possibile attivare una produzione dell’abbigliamento naturale…..L’Egitto , l’India e la Cina
hanno notevoli produzioni di cotone che all’Italia al momento non conviene impiantare. La realizzazione di
abbigliamento naturale potrebbe essere possibile ed interessante per piccole realtà, aree produttive….a Prato sarebbe
difficile diffondere questa produzione….. Comunque non mancano casi sporadici anche di successo….Ho presente
l’esperienza di una veterinaria americana che sta realizzando sciarpe, golf nel Chianti con lana prodotta nella stessa
area. Nel pavese è stata riavviata la coltura di canapa ad opera di un lanificio che in questo modo si adopera per
rimpiantare la produzione di canapa….”.
Il prodotto di abbigliamento naturale è immaginato prevalentemente come un prodotto classico,
ma non si esclude possa essere contraddistinto da un alto contenuto fashion destinato ad un
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Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
pubblico che ricerca nel prodotto una storia, una cultura ed una tipicità. Il prodotto di
abbigliamento naturale non deve recare danni alla persona e quindi deve presentare i connotati di
naturalezza e salubrità; questi due aspetti costituiscono le condizioni attraverso le quali si dovrebbe
veicolare al pubblico un prodotto di abbigliamento naturale. Tuttavia la possibilità di realizzare un
prodotto di abbigliamento naturale con contenuto moda implica secondo l’opinione degli
imprenditori l’utilizzo anche di fibre sintetiche; questo li porta ad interrogarsi su quali sono i
vincoli/modalità produttive da rispettare per poter definire un prodotto di abbigliamento come
naturale.
“…...Il prodotto di abbigliamento naturale è un prodotto di cultura ed è molto correlato ad il come, dove è stato
realizzato;…..è un prodotto che dovrebbe essere tracciato in tutte le sue componenti….E’ un prodotto casual, ma
non si esclude possa avere un contenuto moda…..Chi compra questo prodotto, ricerca nel prodotto stesso una storia,
una culturale ed una tipicità…..E’ un prodotto che non deve recare danno alla persona a prescindere dal fatto che
sia un prodotto classico o un prodotto con contenuto moda. Per imporlo al mercato occorrono ingenti investimenti in
comunicazione veicolando l’immagine di un prodotto sano (ad esempio antiallergico). Bisogna comunque rendersi
conto che un vestito del tutto naturale non esiste; occorre capire fino in fondo cosa si intende per naturale se il filo è
aiutato con degli ausiliari –impiego del sintetico- forse non è naturale/ecologico….questa commistione di naturale e
sintetico è quasi sempre necessaria per dare un contenuto moda al prodotto……la moda del prodotto è fatta
prevalentemente dalla confezione…....Sull’acquisto degli alimentari il connubio con l’ecologico-naturale è più facile in
quanto l’acquirente finale considera l’impatto di tali prodotti sulla salute..…..”.
Il prodotto di abbigliamento naturale può avere successo se associato all’immagine di un prodotto
salubre (antiallergico) e se sostenuto in una fase iniziale da alti investimenti in comunicazione che
dovrebbero contribuire a creare il mercato di riferimento; quest’ultimo è difficile da definire a
priori e la sua composizione sarà funzionale al concetto di abbigliamento naturale che si riesce a far
percepire all’acquirente finale. Diventa importare riuscire a far penetrare un concetto chiaro ed
identificativo di prodotto di abbigliamento naturale in mercati in cui ormai sono molti i prodotti, a
prescindere dalla loro tipologia merceologica, contraddistinti con la dizione “ecologica”; ne
consegue che l’eccessiva offerta di prodotti naturali può disorientare l’acquirente nelle sue scelte di
acquisto e non costituire più una valida motivazione di acquisto.
“……..Se non vi è una cultura di mercato, una preparazione ad accogliere questo prodotto, l’offerta non sarà
percepita ed apprezzata dall’acquirente finale…...Sarebbe importante creare un binomio tra prodotti antiallergici e
prodotto di abbigliamento naturale…Si deve tener presente che il poliestere non è una fibra naturale ma non è
allergico e costa molto meno…mi viene in mente le medicine….le medicine non di marca, non blasonate, costano
meno e non vengono vendute anche se hanno la stessa efficacia…così potrebbe essere con i tessuti antiallergici; se non
si va incontro al mercato anche se la cultura aumenta il prodotto non decolla……In questo modo si riesce ad
attribuire valore al prodotto. Se si realizzasse un prodotto che ha una giustificazione forte come quello
dell’abbigliamento naturale e se fosse possibile anche diffonderlo, occorre chiedersi se di fronte a realtà competitive
come quella della Cina, il prodotto potrà avere successo.....forse la risposta si trova nella capacità di fare cultura di
abbigliamento naturale tra i potenziali acquirenti finali…..Credo che si possa riuscire a vendere molto se ci sono
delle strutture capaci di poterlo fare. Per strutture si intende dei manager veri….. ho assistito negli ultimi cinque
anni allo sviluppo del Red Bull, bibita che in cinque anni ha quadruplicato la sua produzione. E’ una bevanda non
di qualità….creata da due persone che lavoravano in Coca Cola le quali hanno deciso di produrre in Thailandia
con erbe tailandesi questo nuovo prodotto. L’abilità dei manager ha consentito di vendere un prodotto dai contenuti
di scarsa qualità e mal definiti…..”.
L’acquirente del prodotto naturale non è facilmente identificabile a priori; può essere una persona
con una cultura ecologica ed abbastanza giovane che fa del rispetto dell’ambiente e dell’”igiene
ambientale” una condizione di qualità della vita.
“…..L’acquirente di un prodotto ecologico è una persona che quando va in autobus si mette i guanti per rispetto di
una sua cultura igienica….Può essere una persona giovane con cultura del verde….media-alta disponibilità
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Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
economica delle persone. Un prodotto come questo dovrebbe essere indossato da qualche esponente del mondo dello
sport durante grandi manifestazioni sportive e poi le probabilità di creare mercato potrebbero essere molte ….”.
Il prodotto di abbigliamento naturale realizzato in Toscana può essere veicolato attraverso il
binomio Toscana-ambiente naturale e il suo successo non è necessariamente legato ad un’impresa
di marca ad alta notorietà. Su questo aspetto una parte degli imprenditori è convinta che la
realizzazione di abbigliamento naturale da parte delle grandi marche può favorire la creazione di
domanda; dall’altra parte altri imprenditori sostengono che mancano i presupposti e le condizioni
di produzione per incentivare le griffe a realizzare prodotti di abbigliamento naturale.
“…Questo progetto sarebbe molto interessante e potrebbe partire dalla professionalità di Prato inteso come prodotto
tessile o potrebbe partire dalla Toscana come regione ad alta qualità ambientale…..a questo punto si tratta di creare
un prodotto, un marchio ed avere a disposizione manager in grado di saper veicolare l’immagine del marchio stesso.
Però abbiamo tutto questo?. Riuscendo a vendere il niente, il vendere qualcosa è possibile.….Se si indirizza verso
una determina direzione, il mercato senza le istituzioni non ha senso.….basterebbe coinvolgere le tre, quattro griffe
importanti (Gap, Energy, ecc…) che potrebbero svolgere un ruolo di traino…….le grandi marche non si muovono
facilmente verso questa produzione, spetta ad imprese di piccole-medie dimensioni con notevoli competenze di prodotto,
procedere a lanciare questo tipo di abbigliamento per poi ricorrere alle marche al fine di poter ampliare la presenza di
tali prodotti sul mercato……”
La filiera che realizza questo tipo di prodotto di abbigliamento dovrebbe costituire una sottofiliera
formata da imprese fortemente specializzate in grado di fare sistema e di realizzare prodotti ad alto
valore aggiunto in grado di poter giustificare prezzi più alti.
“…..La produzione normale e la produzione effettivamente ecologica non possono coesistere. Se si pensa alla
produzione agricola occorre fare una distinzione fra l’impiego di concime chimico e di concime naturale……Tutto il
progetto deve essere fatto insieme in quanto si possono generare degli squilibri tra chi produce, chi lo lavora…si
dovrebbe creare una sottofiliera di attori che effettuano determinate fasi di produzione nel rispetto delle regole in modo
integrato e secondo una logica di sistema. Occorre non solo un’integrazione tra fornitore e produttore, ma è necessario
un rapporto diretto anche con la distribuzione. Il prodotto di abbigliamento naturale deve apparire come un prodotto
di qualità e di alta comodità…..e può essere venduto ad un prezzo maggiore in una misura che è difficile da definire
a priori ……chi compra la Ferrari non chiede mai quanto costa….. Credo che negli ultimi anni tutto è diventato
ecologico, naturale…..e che il mercato sia già saturo di prodotti naturali……non si riesce più a percepire cosa è
ecologico e cosa non è ecologico …è in qualche modo già esaurito il ciclone del biologico…..nell’abbigliamento ancora
non si è mai affrontato il tema e quindi ci potrebbe essere un interesse…occorre pensare in definitiva ad una sorta di
sottofiliera naturale, veicolare bene il marchio di riferimento tenendo presente che la saturazione di prodotti ecologici
sul mercato, implica l’individuazione di un concetto forte e distintivo di prodotto naturale da far arrivare
all’acquirente finale…”
Le imprese tessili che compongono la “filiera naturale” dovrebbero avere contatti con le istituzioni
e centri di ricerca per poter sperimentare il prodotto che può trovare applicazione nell’ambito
dell’abbigliamento sportivo e professionale (abiti per medici).
“….Premesso che si riesca a realizzare questa produzione potrebbe essere importante lavorare in modo concordato
con qualche centro culturale quali l’Università o centri specializzati per capire le difficoltà di lavorazione del filo, di
produzione di semilavorati naturali…..la produzione che ne deriva potrebbe essere costituita da capi di
abbigliamento destinati a professioni particolari (camici per i medici), a chi svolge attività sportive (tessuti naturali
antibatterici) e a chi soffre di allergie. Si potrebbero realizzare anche abiti per bambini...Poi occorre verificare
l’economicità in quanto se si effettua un prodotto una volta sola allora conviene farlo di carta secondo la logica
dell’”usa e getta…..”.
L’impresa confezionista non deve essere necessariamente di marca, ma deve disporre dell’accesso
(diretto e/o indiretto) a punti vendita in grado di trasmettere l’idea del naturale e di evocare la
toscanità. Il prodotto di abbigliamento naturale si deve identificare con un brand appositamente
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Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
creato e identificativo dell’insieme di imprese che appartengono alla sottofiliera naturale (paesaggio
toscano).
“……..L’impresa confezionista può essere di marca, ma non è detto….Benetton non è un’impresa indicata per
vendere questo prodotto…… si deve pensare a creare un brand che accomuna tutte le imprese coinvolte nel progetto e
che identifica il prodotto di abbigliamento naturale….I punti vendita si immaginano realizzati in legno chiaro, a
vetri, niente macchine….monomarca….se in centri commerciali dovrebbero essere centri commerciali insediati in aree
verdi (come outlet di Barberino del Mugello)..in quanto colpisce di più….non in centri abitati…..Il brand potrebbe
richiamare i tratti della Toscana come un paesaggio del Chianti oppure un paesaggio senese e dovrebbe valorizzare i
valori/la storia di un territorio..”
Gli imprenditori non nascondo però alcune preoccupazioni a creare abbigliamento naturale
evocando altre esperienze non sempre positive. Da tali esperienze emerge come la produzione di
abbigliamento naturale sia associata alla realizzazione di prodotti su piccola scala ed in modo
abbastanza artigianale; in altri termini non è pensabile una produzione di tali prodotti su scala semiindustriale.
“…..Ho visto una realtà di questo tipo aziende con telai a mano che realizzavano cotoneria per la casa….a
Sovana; si tratta di una piccola impresa che produce cotone toscano e che dispone di un negozio
artigianale….L’antico setificio fiorentino (che ha realizzato arredi per il Quirinale), sembra destinato a chiudere di
fronte alla concorrenza…..Il problema è vendere un prodotto naturale realizzato in Toscana…..dovrebbe decollare
prima all’estero…conosco a Firenze un’azienda che realizza tovaglie, l’ho visitata e vende molto al turista ….aveva
10-12 telai a mano e li tiene come uno storico strumento di lavoro…al momento acquista il prodotto nel nord del
paese per ricamarlo a Firenze……
Gli imprenditori non negano l’importanza delle istituzioni, di attività formative per le imprese
coinvolte quali condizioni preliminari su cui impiantare l’intero progetto.
“…..Le istituzioni, il mercato, formazione per gli attori e distribuzione costituiscono pedine importanti per il
successo del prodotto. Il problema è la distribuzione di abbigliamento che dovrebbe essere sensibile ad inserire questi
prodotti nel punto vendita. Un’iniziativa di questo genere avrà successo se si investe in marketing, nella creazione di
un marchio, se si tengono presenti le altre esperienze di abbigliamento ecologico da cui contraddistinguersi e si
valorizza la toscanità come elemento che può essere riconosciuto in tutto il mondo …….. La concorrenza è un
rischio reale che c’è ma occorre tener presente la cultura produttiva che ci siamo fatti e valorizzarla…….. Tante
piccole imprese che si aggregano per realizzare un prodotto ecologico….questo potrebbe funzionare se si crea un brand
e si veicola un messaggio forte e chiaro all’acquirente finale attraverso investimenti in comunicazione (anche di massa
quali i grandi eventi o coinvolgendo testimonial)….”
11.1.2 Focus group 2 – Imprenditori dell’abbigliamento
L’esperienza degli imprenditori coinvolti evidenzia le difficoltà a creare una domanda di prodotti di
abbigliamento naturali. L’acquirente infatti non è tanto interessato alla composizione del prodotto
di abbigliamento, ma ricerca i connotati di vestibilità, di comodità e di modernità (fashion). Oltre a
questo comportamento della domanda occorre anche considerare la sperimentazione di nuove
fibre come quella prodotta dal mais che presenta le stesse prestazioni lavorative delle fibre
sintetiche garantendo qualità proprie della fibra naturale (antibatterico, antiallergico).
L’abbigliamento naturale potrebbe essere adatto soprattutto per l’intimo in quanto trasferisce
naturalezza, benessere pur essendo chiamato a mantenere un contenuto moda.
“…Se l’utilizzatore finale ha una certa sensibilità verso questa tipologia di prodotti allora tali prodotti avrebbero
mercato. La sensibilità ci può essere…secondo me gli acquirenti guardano un capo non tanto la composizione…oggi
l’acquirente considera soprattutto se un capo è comodo, è easy to wear, non si sgualcisce, non prende facilmente le
pieghe….l’immagine deve essere moderna…la qualità dei prodotti è legata all’emozione che ti fa provare ed al fatto
che lo puoi usare in qualsiasi contesto. Attraverso l’uso di determinati materiali, otteniamo questi risultati. Il fatto
che sia di cashmere, di puro lino, di puro cotone è secondario. Se è puro cashmere come nel mio caso non è
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Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
importante, ma è più importante che abbia la mano cashmere ossia abbia un tatto particolare. …. …..Si stanno
realizzando ricerche per la creazione di fibre in grado di riprodurre esattamente le caratteristiche delle fibre sintetiche
partendo dal mais…su questo progetto stanno lavorando due grandi produttori….in questo modo siamo in grado di
realizzare poliestere partendo dal mais e non dal petrolio. ….Per l’abbigliamento intimo potrebbe essere molto
interessante anche se deve avere un aspetto moderno e non deve essere una specie di carta impecorita …deve sembrare
una seta per stare comodi e dare la sensazione di benessere. Potrebbero essere un prodotto antiallergico e quindi da
impiegare per fare l’intimo…ma deve avere un contenuto moda…..C’è un negozio a Firenze (area Piazza
d’Azeglio) dove si vendeno prodotti alimentari e capi in canapa…..”. I partecipanti non menzionano altre
esperienze.
Il vestire naturale implica comunque l’impiego di sostanze e tecnologie di produzione che limitano
il contenuto naturale sia del prodotto sia del processo di realizzazione. Diventa rilevante definire
bene il concetto di prodotto di abbigliamento naturale e trasferirlo al mercato in modo coerente.
Nonostante questa necessità di definizione, permane la percezione di un trade-off tra contenuto
naturale del capo/processo e contenuto fashion.
“..…..Un vestito naturale implica l’esclusione di certe tecnologie dalla produzione del capo di abbigliamento;
pertanto a mio avviso l’aggettivo “naturale” dovrebbe indicare un prodotto che non reca danno alla salute. Infatti è
difficile ridurre oltre una certa soglia l’impatto ambientale in quanto ci sono sempre dei passaggi che ecologici non
possono essere definiti….In Mugello ci sono aziende che stavano studiando come realizzare il tessuto
dall’olio….sarei interessato, ma al momento non è stato prodotto. Dal momento che alla fine ci dobbiamo
confrontare con il mercato, occorre tener presente i costi di produzione…prima si capisce il prezzo a cui si può
vendere il prodotto e poi si cerca di capire come produrlo…..tutto quello che non è ostativo al poter immettere sul
mercato un prodotto può avere successo... Ci sono delle esigenze fondamentali che provengono dal mercato e su cui
ricercare un valore aggiunto. Per quanto concerne l’impatto ambientale dei processi produttivi occorre chiarire meglio
le regole da seguire per realizzare un prodotto di abbigliamento naturale…..Del resto si opera in Europa e
determinate normative devono essere necessariamente rispettate; tutti i giocattoli cinesi, i vari pupazzetti, realizzati in
poliestere sono realizzati con dei coloranti che hanno delle specifiche diverse da quelle europee. Quelli europei
prevedono che se il bambino mette in bocca il giocattolo non deve recare danno alla salute e quindi non deve contenere
sostanze tossiche. I cinesi non rispettano tali normative. Altro caso……per produzioni antiradiative si ricorre
prevalentemente all’acrilico….lo stiamo soppiantandolo con il poliestere perché gli impianti di produzione dell’acrilico
hanno un alto impatto ambientale. Se valutiamo le caratteristiche del tessuto realizzato con poliestere si possono
ottenere basse performance, ma si può certificare che il tessuto è atossico, anche se non si può considerare
completamente atossico il procedimento produttivo che presenta soltanto un più basso impatto ambientale…..Bisogna
capire fino a che punto si vuole arrivare in termini di impatto ambientale per definire meglio cosa si intenda per
produzione di abbigliamento naturale….se si fanno le mele ecologiche ed accanto si fa coltivazione con pesticidi come
si devono considerare le mele ? Se si vuole realizzare un capo con una mano moda, l’impiego di sole fibre vegetali lo
consentono?.....”.
Il progetto può essere presentato come una sottofiliera costituita da imprese specializzate nella
produzione di abbigliamento naturale; il successo del progetto è strettamente correlato alle
dinamiche della domanda, gran parte della quale, secondo l’esperienza degli imprenditori è al
momento orientata verso prodotti contraddistinti da un buon rapporto qualità/prezzo con
contenuto moda. In un mercato in cui occorre creare una domanda di prodotti di abbigliamento
naturale diventa importante chiedersi se questo contenuto moda può essere mantenuto per poi
veicolare al mercato dei messaggi precisi legati a questo nuovo prodotto che si potrebbero basare
sul carattere di naturalezza e di salubrità del prodotto stesso.
“……Il progetto può avere successo se l’aspetto naturalezza/salute e l’aspetto moda sono coniugabili. Le imprese
che partecipano a questo progetto possono certificare che il capo è realizzato in Toscana nel rispetto di norme
ambientali……Può avere un senso dire che dietro ad un’etichetta Made in Tuscany vi è una filiera che rispetta delle
normative precise di tipo ambientale e di etica sociale…..Il fatto che il capo sia naturale e che il procedimento sia
anch’esso naturale lascia forti dubbi…. Noi compriamo le pelli di orelag che è un incrocio tra un cincillà ed un
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Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
coniglio poi selezionato…..; un’azienda francese è riuscita a realizzare questo tipo di pelli…La produzione era
molto bassa; occorreva prenotarla un anno prima per poterne disporre. Ora i cinesi riescono a fare questa stessa
produzione, con caratteristiche identiche e molti imprenditori si sono liberati dalla necessità di prenotare questo tipo
di pelle un anno prima….se i francesi fossero stati in grado di soddisfare il mercato, avrebbero potuto avere un
percorso diverso dall’attuale. Si consideri che questa azienda francese produce con il marchio Orelag che il mercato
però non riconosce……questo significa che il consumatore finale ha una percezione della qualità che non è la stessa
di quella che ci piacerebbe veicolare. Non è adeguatamente informato…allora viene da chiedersi perché si sta attenti
al biologico? Perché siamo stati bombardati da messaggi sul biologico…è come il vino al metanolo. Dalla storia del
metanolo si è ripartiti con il vino. Perché si dovrebbe porre attenzione all’abbigliamento naturale? Ci sono dei
fenomeni esterni che hanno coinvolto gli acquirenti finali i quali giustificano un’attenzione all’abbigliamento
naturale?...”.
In una filiera specializzata nella produzione di abbigliamento naturale, diventa importante il ruolo
del punto vendita che dovrebbe essere monomarca con al suo interno addetti alla vendita con il
compito di “educare” l’acquirente finale.
“……Occorre tener presente il contenuto salutistico del messaggio……mi sono sempre chiesta il motivo per cui le
commesse non vengono educate…….le commesse dovrebbero dare informazioni al fine non tanto di vendere, quanto
di mettere in evidenza il valore aggiunto del prodotto…..Se all’acquirente finale diciamo che un piumino è realizzato
a mano, gli si crea un mondo. Il punto di vendita dovrebbe essere un veicolo importante….. La cultura deve essere
effettuata sull’acquirente finale e sul punto vendita dove l’acquirente va per ottemperare una mancanza. La vendita
di un prodotto intimo naturale potrebbe avvenire anche in farmacia…..”.
Il progetto appare di difficile realizzazione con riferimento alla fibra del cotone di cui ci sono paesi
(Stati Uniti, Egitto) in cui la produzione avviene in condizioni competitive. Nel caso in cui si
intenda realizzare una produzione naturale made in Tuscany occorre tracciare il prodotto ed
identificare tutte le sue fasi di realizzazioni con riferimento alla filiera Toscana; diventa importante
fare un’analisi della capacità produttiva e soprattutto occorre disporre di competenze di mercato
per il lancio del nuovo prodotto e la creazione della domanda (forte integrazione tra competenze di
prodotto e di mercato). Questo favorisce lo sviluppo di un brand associabile alla Toscana (il
paesaggio del Chianti, la Maremma, il Casentino con le pecore).
“…..Sul cotone un progetto così non ha molto senso; se consideriamo che i primi produttori di cotone sono gli Stati
Uniti e l’Egitto…Che appezzamento terriero abbiamo a disposizione per fare cotone, canapa o lino…….bisogna
saper fare un prodotto riconosciuto dal mercato al di là dell’etichetta come un prodotto che abbia un concetto
qualitativo e dietro a questo collocare la filiera a la sua organizzazione con riferimento anche al
territorio….L’impresa che produce questo tipo di prodotto che tipologia di impresa è? è un’impresa che dovrebbe
essere specializzata nella produzione di abbigliamento naturale ….possiamo pensare ad una sottofiliera che produce
abbigliamento ecologico riconosciuto come made in Tuscany….in quanto tessuto e prodotto in Toscana con un
conseguente valore aggiunto per l’intera filiera…..La toscanità può essere rappresentata dal Chianti, dalla
Maremma o dall’immagine della campagne del Casentino con pecore al pascolo…”
Alcuni imprenditori fanno riferimento ad esperienze prodotti di abbigliamento di temporaneo
successo (fenomeno moda) a prescindere dalla presenza di un’espressa domanda di mercato; allo
stesso tempo percepiscono come inesistente al momento una domanda latente di prodotti di
abbigliamento naturale. Qualora si manifestasse e fosse creata, diventerebbe importante superare le
barriere dei retailer di abbigliamento i quali decidono autonomamente le tipologie di prodotti che
compongono il loro assortimento.
“……..Questo secondo me significa creare una filiera di abbigliamento naturale, ma sarà una filiera su un
prodotto……e questo potrebbe essere un vincolo….Se il mercato vuole l’ecologico allora conviene creare
abbigliamento naturale. Ci sono aziende che si sono messe a fare tessuti stropicciati, tessuti con il metallo; soprattutto
questi ultimi non costituiscono dei tessuti di qualità in quanto il metallo tende a fuoriuscire dal metallo; anche se alla
fine quello che conta è la percezione da parte del cliente di disporre di un prodotto innovativo.….Purtroppo il nostro
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Natural.Tex – Le fibre vegetali nella filiera tessile toscana
settore è molto consumistico e volubile; i fattori che determinano la richiesta sono innumerevoli Alla fine è il mercato
che comanda…..non abbiamo mai avuto un cliente che ci abbia richiesto un capo con caratteristiche tipiche
dell’abbigliamento naturale; mi chiedono dei prodotti accattivanti e di qualità. Si tratta di quei prodotti che poi
vengono venduti attraverso i retailer i quali decidono cosa vendere. Pertanto una sensibilità da parte di questi nei
confronti dell’abbigliamento naturale è una condizione rilevante per poter pensare ad una penetrazione di prodotti di
abbigliamento naturale sul mercato…..”.
Gli imprenditori evidenziano come, mentre l’impresa tessile che produce tessuti naturali è
necessariamente orientata a specializzarsi in questo tipo di produzione, i confezionisti possono
inserire il prodotto di abbigliamento naturale insieme ad altri prodotti all’interno delle loro
collezioni.
“…….Il prodotto di abbigliamento naturale dovrebbe essere non la principale area di business, ma un
completamento di linea ossia come un accessorio in più. Il tema dell’ecologico in una collezione lo metteresti all’inizio
o alla fine? Lo metterei nella misura in cui lo stilista lo sente; abbiamo uno stilista molto in gamba che fa ricerca di
mercato in modo istintivo. Il mercato estero (nord Europa) è molto sensibile nei confronti dei prodotti naturali…..”.
Per capire in modo definitivo la percezione dell’acquirente di prodotti di abbigliamento naturale e
la sua motivazione a vendere diventa importante sottoporlo ad un confronto tra prodotto naturale
e non naturale e informarlo sulle modalità di manutenzione del capo di abbigliamento; gli
imprenditori partecipanti al focus group sono convinti che un prodotto ecologico richiede
maggiori attenzioni da parte degli acquirenti.
“…Attenzione per capire se il mercato è attraente …… la fase successiva è quello di far vedere e realizzare un
confronto visivo tra capo ecologico e non ecologico. E’ come la pasta integrale e la pasta normale: se mi chiedono se mi
potrebbe piacere la pasta integrale rispondo affermativamente. Quando l’assaggio posso riconvertirmi alla pasta
normale…..Prima le tovaglie erano di canapa, ora quanti acquistano prodotti in canapa? L’equilibrio tra qualità
del prodotto, prezzo, facilità di utilizzo ha premiato la produzione sintetica….. Nel caso dell’intimo si tende ad
impiegare fili di scozia, cotone e seta. L’intimo ha delle esigenze di comfort superiori rispetto a quelle di immagine e
quindi potrebbe essere utile partire nell’intimo con un abbigliamento naturale….Tale abbigliamento richiede più
accortezze nella manutenzione da parte dell’acquirente….”
11.2
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