Il Ministro si dimentica dei Dipartimenti di prevenzione In occasione dei recanti casi di gastroenterite da E.C O104 (come leggete non parlo di batterio killer) il Ministro della salute in più occassioni ha detto che gli Italiani devono stare tranquilli perchè in Italia ci sono i NAS a tutelare la nostra Salute. Ma i servizi igiene degli alimenti e nutrizione del Dipartimento di prevenzione sono scomparsi? Forse è stata l'uso della parola killer che ha confuso il ministro( per i cattivi ci vogliono i carabinieri) facendogli dimenticare che ci sono i dipartimenti di prevenzione che giornalmente si occupano di tutelare la salute di cittadini. Non la voglio fare lunga. Che ne pensate di una riflessione sul tema? Giuseppe Ferrera, Ragusa ([email protected]) SIAN: prevenzione o repressione ? Caro Giuseppe, hai toccato ,con violenza, un nervo scoperto! Dobbiamo decidere una volta per tutte che cosa bisogna fare dei SIAN:prevenzione o repressione? In Italia fa "share" la repressione! Vito Perremuto, Chiaramonte G. ([email protected]) Serve una riflessione della SItI nazionale Caro Giuseppe, hai perfettamente ragione e condivido la Tua posizione, penso tuttavia che più che una riflessione sarebbe opportuna una lettera concordata inviata dalla SItI nazionale. Pertanto Ti inviterei ad attivarTi in tal senso. Francesco Vitale, Palermo ([email protected]) L’importanza dei Laboratori di sanità pubblica I recenti episodi epidemici di tossinfezione alimentare da E. coli occorsi in diversi Paesi dell'Unione testimoniano due fatti incontestabili: la pericolosità del mondo microbico e l'inadeguatezza dei controlli. E' sintomatico che in Paesi occidentali che vantano una Ricerca scientifica d'avanguardia si sia registrato un caotico susseguirsi di ipotesi e smentite per quanto concerne la sorgente di infezione. Sin dalle prime segnalazioni, mi sono confrontato con Alfredo Caprioli (il Responsabile all’ISS per i coli enteroemorragici), concordando sulla pericolosa confusione che, certamente, non contribuiva a dare tranquillità alle popolazioni, nè serenità ai mercati. Per quanto mi riguarda, non me ne vogliate, io ho molta fiducia nell'operato del NAS. Ne ho molto meno nei confronti delle logiche politiche che in campo sanitario, al di là delle facili chiacchiere, di fatto hanno soffocato la Prevenzione in Italia. Dice bene Ferrera "Che fine hanno fatto i SIAN e i Dipartimenti di Prevenzione?" Mi chiedo (e Vi chiedo), sono messi in condizione di operare? Ma, ancor di più, i Laboratori di Sanità Pubblica sono messi in condizione di effettuare le necessarie indagini di laboratorio per confermare/escludere la circolazione di questo sierotipo nella nostra area geografica? Gli Assessorati Regionali alla Sanità dovrebbero mettere i Dipartimenti di Prevenzione in condizione di programmare, organizzare e implementare con rapidità una strategia di verifiche ispettive, prelievi e controlli sulle materie prime sospette per la valutazione del pericolo (poi parliamo di Risk Analysis!). Ho detto ad Alfredo Caprioli se volessimo partire subito attivando dei controlli preventivi su alimenti (sia di origine vegetale, che animale), quanti in Italia sono messi in condizioni di farlo? Se (Dio non voglia) ci dovessimo trovare di fronte a casi di gastroenterite quanti laboratori sono in grado di identificare il sierotipo O:104-H:4 di E. coli? Ecco perché nelle riunioni del Gruppo di Lavoro Alimenti della nostra Società ho più volte sottolineato l'importanza di dare spazio agli aspetti di laboratorio. Ecco perché gli Istituti Zooprofilattici hanno maggiore credibilità. Vediamo come procedono le cose, sperando che non ci siano più vittime, nè soggetti colpiti. Ma credo che gli Igienisti dovrebbero far sentire meglio la loro voce soprattutto ai Decisori politici. Colgo l'occasione, a conclusione di questa mia nota, per riallacciarmi ad un mio precedente messaggio e dire al Presidente e al Gruppo di Lavoro Alimenti della Regione Sicilia che, dopo la riunione di Roma di giovedì 23 giugno, è opportuno riunirsi per fare il punto della situazione e pensare a delle strategie per non trovarci impreparati di fronte a problemi del genere. Santi Antonino Delia, Messina ([email protected]) Troppa distrettualizzazione e poca efficienza Ho apprezzato moltissimo lo scritto di Carreri e vorrei offrire qualche marginale contributo relativo all’esperienza Lazio che annovera pur sempre 12 Dipartimenti che in parte rappresento sia in ambito Siti regionale che in ambito del comitato di coordinamento della vigilanza provinciale. Ebbene, di fronte ad una complessiva ridefinizione e qualificazione di compiti, i Dipartimenti si trovano in gran parte oggi ad affrontare le tematiche di prevenzione con armi e personale inadeguato. Operano spesso “a vista” essendo la governance regionale praticamente inconsistente ma con risultati complessivi incredibilmente positivi vista spesso la estemporaneità, la creatività e la preparazione che pongono in campo vicariando penuria di risorse e di tecnologia. Ma questo non durerà a lungo. Fattori ostativi di base sono le concrezioni politico-burocratiche determinatesi nel tempo che hanno impedito una reale crescita dei dipartimenti, che hanno favorito separazioni e differenze organizzative,premiali e di carriera ad esempio per SIAN e VETERINARI, il necessario affidamento di incombenze all’ARPA che non ha saputo rispondere in modo adeguato al suo ruolo ed oggi effettua consulenze ai privati e contemporaneamente attività correlate alla vigilanza senza che vi siano laboratori di sanità pubblica che pure sarebbero potuti nascere a seguito delle norme sul controllo della tossicodipendenza dei lavoratori (norme che impongono in tutte le ASL un centro di II livello cui i medici competenti devono fare riferimento per i controlli e che SERT e Distretti non riescono a far decollare). Problemi sono spesso costituiti dall’eccessiva distrettualizzazione dei servizi che, se in una ottica di efficienza e di contatto con la locale popolazione sono ammissibili tuttavia se non predisposti con il criterio della job rotation o centralizzandone le competenze professionali finiscono per risentire di concrezioni locali e impediscono una applicazione uniforme di sistemi di tutela. Occorre pero’ ripensare urgentemente ad un modello che renda la sanità pubblica più efficiente. Nel mio caso, le nuove incombenze in tema di autorizzazioni sanitarie e di accreditamento affidate nel Lazio ai Dipartimenti hanno costretto tutti noi a ristudiare i sistemi integrati di intervento da tempo non praticati, si è riscoperto che il valore interdisciplinare delle decisioni era stato dimenticato e tralasciato a favore di linee produttive separate che non servivano alla Prevenzione......in altri termini, un interrato avrebbe dovuto essere valutato, una volta visto dal PRESAL anche ai fini della prevenzione incendi, dell’abitabilità e dell’autorizzazione essendo reciproche in sanità pubblica le interferenze ....ma la crescita dei servizi ha portato ad uno sviluppo verticale e non trasversale, che invece doveva essere prioritario per offrire all’utente un prodotto “completo” ...cosi’ troppo spesso le aziende vedevano i SIAN che entravano nei ristoranti ma poi dopo vario tempo magari entrava lo SPRESAL per la valutazione degli impianti elettrici e poi ancora i veterinari perche’ si vendevano tramezzini che erano derivati animali e magari dopo anche il SISP per analizzare gli scarichi creando un sistema non integrato, confusionario, spesso con archivi separati che non dialogavano tra loro per di più con difese gelose di personale e tecnologie certo non utilizzando le politiche di car sharing ad esempio ..La progressione a mio giuidizio potrà esservi solo se si porrà una correzione di rotta forte su interdisciplinarietà, uniformità di comportamenti , accentramento gestionale e certificazione delle nostre strutture. Il dialogo con i distretti dovrà essere molto più consistente del passato , dovremmo far sforzi sul sistema della comunicazione ma le tue note sostanzialmente dovrebbero essere rese note a livello Ministeriale e programmatorio. Gli stessi piani CCM ci vedono troppo spesso o parzialmente presenti mentre dovrebbe essere abbastanza logica una governance igienistica su tematiche globali di prevenzione......Non vorrei poi entrare nella tematica sindacale ma è doveroso intanto riferire come l’assunzione delle funzioni di Autorità Sanitaria ai Direttori dei Dipartimenti per gli effetti dei Regolamenti CEE ci ha conseguentemente portato ad assumere alcune posizioni restrittive in tema di apertura di locali, come prima ordinava il Sindaco. Orbene, i giuristi sostengono che gli uffici legali ASL difendono il Direttore Generale, unico rappresentante legale dell’Azienda e quindi i ricorsi di terzi al TAR per ragioni inerenti la tutela igienica, devono essere ostati con un legale da retribuire... poi se si vincerà la causa, l’azienda rifonderà le spese.....in queste condizioni, come poter operare con serenità di giudizio in ordine alla ipotesi di chiusura di un locale? Agostino Messineo, Roma ([email protected]) Promozione della salute ed epidemiologia per migliorare l’efficienza L’idea della Prevenzione così come delineata dalla 833/78 è ancora oggi così rivoluzionaria nei suoi intenti che da un lato affascina gli addetti ai lavori e dall’altro è motivo di critica (soprattutto riguardo l’assenza troppo spesso enfatizzata di riscontri oggettivi che si pretenderebbero “immediati” ) da parte dei suoi denigratori. Le evoluzioni minute che questo concetto ha avuto in questi primi 30 anni applicativi hanno tenuto in conto sia della costante evoluzione del pensiero, sia della modifica progressiva del tasso di tecnicità richiesto agli Igienisti per agire, sia dei cambiamenti sociali e politici che ne hanno fatto da scenario e da contrappunto negli anni , sia della nascita di professionalità parallele troppo spesso calate nel sistema in assenza di un quadro programmatico di fondo, sia della libertà concessa a procedere in organizzazioni regionali dei nostri Dipartimenti di Prevenzione autonomamente che in alcuni casi, lungi da prendere come base la valutazione epidemiologica del raffronto tra bisogni emergenti e possibilità reale di soddisfare nella maggiore percentuale possibile i LEA, è forse stato considerato come spazio autarchico per adire a finalità varie anche poco sanitarie, sia della presa d’atto di un cambiamento nel concetto di “salute” che ha spiazzato nei fatti la filosofia “ospedalocentrica” da sempre regnante obbligando a spingere anche chi igienista non è “nell’anima” verso il concetto di “prevenzione” inteso come aspetto percorribile da chiunque anche in assenza di una minima formazione specifica….Nella sostanza svilendo ed in parte portando a svuotarne quella specificità di cui noi Igienisti andiamo fieri . La promozione della Salute è giovane concetto evolutivo ed applicativo dei nostri atti di Prevenzione. Credo fermamente che il nostro ruolo non possa essere disconnesso come vera “mission” dei DP dalla “Promozione della Salute” ( e questo concetto espresso é risultanza delle conoscenze ed interpretazioni internazionali sul nostro ruolo complessivo) e che possa solo voler dire che “Tutti gli Operatori del DP sono chiamati a svolgere la Promozione della salute” !!! Ovviamente a vario titolo…ovviamente secondo le conoscenze…secondo il ruolo svolto….Ritengo dunque che sia una aberrazione “demandare a struttura specifica ” le azioni di Promozione della salute come da qualche parte è già stato fatto,lasciando ai Servizi del Dipartimento di Prevenzione lo svolgimento dei soli atti …tecnici d’ufficio…a soddisfacimento dei LEA. Credo, personalmente , ciò non escluda ci sia, all’interno dei Dipartimenti di Prevenzione, un ambito che ha in sé la conoscenza delle più avanzate metodiche e metodologie per sviluppare e presentare ogni azione di Promozione della salute che possa sì intervenire nella predisposizione, preparazione, sviluppo, attivazione dei vari atti conseguenti ma fianco a fianco dei Servizi del Dipartimento di Prevenzione ed in armonia con le altre componenti del SSR (Distretti, Ospedali stessi…) dunque in una logica di cabina di regia chiara. …Stesso ragionamento per la “Epidemiologia” che…troppo spesso…appare “utilizzata” per assolvere ad adempimenti “locali se non localistici” e troppo spesso in totale sconnessione con i Servizi del Dipartimento di Prevenzione. I Veterinari. Fin dal D.Lgs 229/99 i Veterinari aderirono al Dipartimento con diffidenza (però allettati dalla strutturazione della norma che ne prevedeva ben tre Strutture Complesse), ma credo che spesso (ovviamente non sempre ) i problemi nascono non tanto dagli assetti ma…dalle persone… Le distanze storiche tra i Medici ed i Veterinari sono troppo spesso state lasciate a sé stesse…(per i Colleghi ISP e SPSAL i Servizi Veterinari sono rimasti componenti Dipartimentali viste come ambiti ignoti di autonomia) e l’anello di congiunzione tra noi medici ed i veterinari nel Dipartimento di Prevenzione (cioè i Sian) troppo spesso é risultato essere “strutturalmente debole” o presente in modo solo “virtuale” (come propaggine dell’ISP che lo governa direttamente od indirettamente mescolando e facendo prevalere i concetti di Igiene Pubblica statuiti sulle “Leggi” che debbono dettare le regole in modo fisso e non discutibile , rispetto a quelli dinamici ed impegnativi, in quanto direttamente responsabilizzanti e variabili nelle loro conclusioni caso per caso, della valutazione del rischio europei e dunque esaltandone la distanza intellettuale) , o tollerato come sola Struttura Semplice…Quindi questo gap cognitivo con essi (imposto da norme italiane fino a pochi anni fa seguite da noi e da quelle europee seguite da loro) non ha facilitato il corso della integrazione. Oggi che anche per noi Medici la norma europea è dominante (e quindi ciò ci accumuna di più concettualmente ai Veterinari diminuendone le distanze) , si va ad assistere ad una ulteriore evoluzione del quadro normativo che toglie ai Veterinari spazi lavorativi storici… e quindi molti degli stessi oggi “debbono” arroccarsi per non perdere lo status raggiunto….Per di più tutto ciò proiettato in un contesto di reale criticità economica internazionale che può solo precludere a drastiche misure di “aggiustamento” … che ovviamente dovremo attenderci soprattutto in campo sanitario (visto che da solo assorbe dal 75% all’85% delle risorse Regionali). I Dipartimenti di Prevenzione. Hanno rappresentato e rappresentano a tutt’oggi, a mio parere, uno straordinario strumento di azione che non ha pari in ottica di Prevenzione/Promozione della salute essendo tessuto connettivo che lega il mondo della salute a quello dei Cittadini, della politica, della produzione, del sindacato, del volontariato. (Ma bisogna avere chiaro questo concetto partecipativo e non chiudersi in se stessi….). Non credo sia stato sempre sfruttato a dovere…credo cioè resti con ampi margini di sottoutilizzo…I motivi sono tanti….Dalla nomina del Direttore (fiduciaria e quindi abbastanza legata al “potere” e non risultato della scelta dei Servizi)…alla natura delle persone (torno su questo concetto)…. Inoltre il costante disimpegno regionale a garantire il famoso 5% dei finanziamenti alla Prevenzione (che non c’è mai stato neppure in periodo di “vacche grasse” che in quelle fortunate circostanze hanno legittimato “altre scelte di ampliamento sanitario” …. figuriamoci oggi in piena crisi economica cosa potrà accadere…) è da sempre stato un ostacolo vero alla nostra crescita. Personalmente li ritengo assolutamente indispensabili per continuare l’opera che ci contraddistingue e che ha, comunque poi si esprima, influssi positivi sulla salute pubblica e sui costi sociali (e di fronte alla lamentata assenza di dati concreti spesso sbandierata dai nostri detrattori , visti i tempi della prevenzione, con una lettura speculare potrei dire: quanti fenomeni negativi non si sono manifestati grazie al diuturno lavoro sommerso di tante energie?). Credo dunque che oggi si debbano proporre strumenti nuovi di regolamentazione della vita dei Dipartimenti …soprattutto partendo dai criteri di scelta del Direttore in una logica di maggiore democraticità interna. La SiTI. Dando per scontata la nostra storia (non mi dilungo per non apparire corporativista), come non sottolineare in modo solo asettico il tasso di partecipazione della nostra Società Scientifica ai destini della salute della nostra Nazione? Dalla proposizione, alla analisi di contesto, alla critica costruttiva, al coraggio di andare controcorrente rispetto al pensiero dominante del momento…Tutto ciò ci unisce e ci conforta e, a mio parere, dovrebbe spingere ad una maggiore partecipazione diretta anche quella “quota silenziosa” dei nostri igienisti che comprende i “timorosi” a prendere posizione , qualche “opportunista “ e chi “tira a campare fino alla pensione” ..non dimenticando che ciò che lasceremo agli altri in certa misura può dipendere proprio dal nostro impegno attuale. Di particolare importanza credo sia rileggere gli ambiti di azione di alcuni nostri Servizi. Ad esempio se è pur vero che la parte ambientale è stata a suo tempo sottratta alle ASL con referendum del 1993 , è anche vero che la valutazione del rischio ambientale sui suoi effetti umani (basata sulle indagini tecniche delle ARPA) non può che essere connessa alla valutazione Sanitaria Medica dell’esito di tali analisi condotte e non demandata a terzi… (Chimici dell’Arpa?). Da qui un monito caloroso ai Colleghi ISP di non perdere ancora questo treno…. Credo che uno dei compiti che ci aspetti sia proprio quello non solo di delineare “Linee Guida” ma di coinvolgere i nostri Colleghi…silenti…(ad esempio con questionari se del caso anche anonimi) per cercare di penetrare di più e meglio sia nelle situazioni locali che nelle speranze troppo spesso non espresse degli stessi…anche acquisendo i loro suggerimenti. In fondo ad oggi noi igienisti rappresentiamo un mosaico costellato costituito da mille realtà con diecimila sfaccettature espressione sia dei localismi che della diversità della natura umana…. L’Università. In effetti negli anni si è assistito a modifiche non irrilevanti nella formazione offerta dalle Università agli Igienisti….anche se a mio parere ancora parecchia è la strada da compiere. Tra la vision teorica e la realtà pratica ce ne corre…ed è lodevole come spesso si ricorra ai Servizi presso le università per compensare il gap esistente tra le due concettualità. Di fatto oggi l’igienista che esce dalle università , a mio parere, ha sicuramente più formazione in senso epidemiologico ma non sufficiente in senso della igiene degli alimenti che resta un ambito ancora poco compreso e poco esplorato. Se ne è parlato spesso e ricordo l’impegno costante di Augusto Panà in questo senso che credo debba essere puntellato, sostenuto ed ampliato. Qualche conclusione. Solo con la nostra unione potremmo avere maggiore attenzione…Solo superando individualismi ed egoismi interni al nostro sistema potremmo sperare di mantenerci in piedi o almeno subendo i minori danni di fronte all’uragano su base economica che si intravede all’orizzonte che, quasi con certezza, si abbatterà anche su di noi….(purtroppo invece si riscontrano sempre più frequenti i tentativi di “cannibalismo preventivo “ tra i Servizi in un concetto espresso di “mors tua vita mea” che mette gli uni contro gli altri armati in lotte fratricide i nostri igienisti….Per non parlare delle mire mai nascoste di altri Ministeri di “gestire” l’operato di alcuni nostri Servizi Dipartimentali facendo leva sulle nostre debolezze… e quindi prendendo di mira il Servizio di turno che si trova solo a battagliare senza che l’intero Dipartimento si erga a difesa comune…). E’ forse su questo tasto che potremmo spingere di più come Società anche se ritengo che ciò non possa prescindere da una nostra reale unione (ogni Servizio appoggia e sostiene qualunque altro appartenente al Dipartimento: ciò che implica l’avere già escluso a priori i tentativi di fagocitosi interna…). Credo ancora che solo con la forza delle idee concrete forse riusciremo a ”parare il colpo” od a limitarne i danni (ad esempio l’idea di utilizzare in ogni regione un metodo di diffusione del dato inerente la prevenzione ed i risultati di salute ottenuti,potrebbe essere armonizzato tra le ASL al fine di giungere ad un documento unico finalmente leggibile in modo univoco …). Unione che vedo anche coinvolgere l’Università, il sistema produttivo, sindacale ed associazionistico. Sono un ingenuo sognatore ? Grazie per la pazienza di avermi letto fin qui. Giordano Giostra, Ancona ([email protected]) La voce del Collegio degli Operatori All’incontro del Collegio Operatori SItI di BARI, 13 maggio è emersa la decisione di proseguire nella stesura di un documento di indirizzo per i Dipartimenti di Prevenzione sulla scorta di una serie di documenti di riferimento, ne dovrebbe derivare un documento strutturato non troppo lungo ma in grado di mettere a fuoco alcuni punti essenziali spendibili sull'intero territorio nazionale; oltre ai temi del documento già evidenziati nel mio elaborato ( riferimenti normativi circa l’assetto dei Dipartimenti di Prevenzione, LEA, Qualità ed Accreditamento, Prevenzione basata sulle prove di efficacia, Proposta di semplificazione ed eliminazione di alcune procedure di dimostrata inutilità, multidisciplinarità ed integrazione professionale, Formazione degli operatori, integrazione e collaborazioni intersettoriali del Dipartimento di Prevenzione) abbiamo aggiunto il Piano nazionale della Prevenzione e le relative declinazioni regionali per questo dovremo potere fruire di una sintesi curata da D.ssa Russo che lo ha fatto per tutte le Regioni, i Piani Sanitari Nazionali e Regionali, e le norme regionali specifiche ,a tal proposito il collega Rossi ci ha fatto presente la novità Toscana delle società della Salute (consorzi Socio Sanitari?), riprenderemo il tema dei laboratori di sanità pubblica facendo riferimento alla interessante proposta lombarda, l'epidemiologia strumento per la programmazione e monitoraggio delle attività, il tema della informazione, comunicazione educazione alla salute, ed anche il sistema informativo. Dopo l’esame delle norme che costituiscono il presupposto per la definizione delle linee guida o di indirizzo per il Dipartimento di Prevenzione è prevista l’elaborazione di una proposta da sottoporre ai colleghi del collegio degli operatori, non è cosa da poco ma ne vale la pena a tal fine saranno preziosi anche i documenti conclusivi degli ultimi congressi, conferenze SItI in cui si parla del Dipartimento di prevenzione e della Prevenzione in generale. Emilia Guberti, Bologna ([email protected]) Dipartimento come fulcro della prenezione aziendale Ho letto con attenzione la nota di Careri; come al solito è un intervento ad ampio respiro, totalmente condivisibile. A Bari io sono intervenuto, nella riunione del collegio ed ho ribadito, tra l'altro, che i dipartimenti non devono solo occuparsi di vigilanza ed ispezione come purtroppo avviene in gran parte in Italia ma, al contrario, devono essere il fulcro della prevenzione dell'azienda territoriale. Occorre, però che il DP siano messi in grado di operare al meglio allocando risorse, personale, al quale sia garantita una formazione pemanente in campo informatico, epidemiologico, legislativo ecc. Insomma effettuare quel salto di qualità che viene auspicato nella nota di Carreri. In quest'ottica sta lavorando il collegio degli operatori e questa è la via maestra da seguire. Andrea Simonetti, Napoli ([email protected]) Apriamo un dibattito su “Igiene e sanità pubblica” Il documento Carreri, come al solito, contiene molte idee buone che si accompagnano anche ad accorate preoccupazioni, testimonianza della intatta passione per la sanità pubblica; l’editoriale mio e del collega Muzzi (cfr Igiene e sanità pubblica, 1/2011) aveva anche l’obiettivo di aprire una discussione sul tema scottante dei Dipartimenti di prevenzione; Carerri puntualmente ha colto l’occasione e se d’accordo potrei proporre nella rivista un dibattito aperto a tutti i soci Siti universitari e territoriali e ,se ci sono, anche ai non soci Siti. Si potrebbe cominciare con il prossimo numero pubblicando la prima lettera; sta anche a noi comunque poi stimolare degli interventi perché la pigrizia alberga ovunque. Grato per la considerazione Augusto Panà ([email protected]) Boccia: fondamentale l’interazione università-territorio Ho letto con molta attenzione le e-mail della scorsa settimana di Vittorio Carreri e ne ho colto il tono accorato riguardo soprattutto ai dubbi relativi al futuro della ns. Società. Tutto ciò mi ha davvero colpito. In questo caso desidero andare aldilà del mio ruolo di Presidente e desidero esprimermi come Socio di una Società, la S.It.I., che è stata plasmata e formata dalla esperienza del mio grande Maestro (Bruno Angelillo ndr) che, insieme ad altri Maestri come Vittorio, ha a suo tempo arricchito la nostra Società attraverso una politica centrata sul potenziamento della collaborazione fattiva, professionale e culturale tra gli operatori del territorio e i docenti universitari. Intuizione questa che ci ha portato una eredità straordinaria, di cui tutti andiamo fieri con il convincimento che tale opera di cui furono tra i principali protagonisti Bruno Angelillo e Vittorio Carreri non verrà mai meno. In merito ad altre questioni che ho potuto cogliere sempre dalla corrispondenza intercorsa via e-mail, voglio rassicurare ampiamente Vittorio Carreri. Me ne sono accertato personalmente e ne sono sicuro; abbiamo avuto la fortuna di avere grandi Maestri universitari e della Sanità territoriale che ci hanno insegnato tra l’altro che la correttezza e la lealtà sono dimensioni e valori non derogabili e che in momenti e su punti critici è bene discutere di persona soprattutto tra persone che si stimano. Pertanto vorrei invitare quanti mi leggono ad una serenità ed ad una forte determinazione ad andare avanti, tutti insieme e con unità di intenti. Antonio Boccia, Roma, Presidente SItI