UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE FACOLTÀ DI INGEGNERIA Corso di Laurea in Ingegneria Meccanica Dipartimento di Ingegneria Navale, del Mare e per l’Ambiente Sezione di Fisica Tecnica Tesi di laurea in FISICA TECNICA PARAMETRIZZAZIONE GEOMETRICA ED OTTIMIZZAZIONE DI FORMA IN PROBLEMI DI SCAMBIO TERMICO CONVETTIVO Laureando: Gino RIZZETTO Relatore: Chiar.mo Prof. Enrico NOBILE Correlatore: Dott. Ing. Francesco PINTO Anno Accademico 2003-2004 A Coloro che con dolce e ferma pazienza mi sopportano e a Nuvola Rapida. Chiunque insegue un sogno non desidera, in realtà la sua realizzazione, ma vuole solo poter continuare a sognare. All’orizzonte di quell’oceano ci sarebbe stata sempre un’altra isola, per ripararsi durante un tifone, o per riposarsi e amare. Quell’orizzonte aperto sarebbe sempre stato lı́, un invito ad andare. Hugo Pratt Corto Maltese Una ballata del mare salato ”Non affliggerti troppo nel tuo cuore. Nessuno riuscirà a uccidermi se non lo vorrà il destino; e se il destino lo vorrà, allora pensa che al destino nessun uomo, una volta che è nato, può sfuggire. Vile o coraggioso che sia. Nessuno. [...]” Alessandro Baricco Omero, Illiade Indice Introduzione 1 2 XI Utilizzo di NURBS per la rappresentazione geometrica di profili 1.1 Rappresentazione parametrica della geometria in FEMLAB . . 1.2 NURBS 2D . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.2.1 Curve 2D non periodiche . . . . . . . . . . . . . . . . 1.2.2 Curve 2D periodiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.2.3 Trasformazione NURBS-Bézier 2D . . . . . . . . . . 1.3 Superfici 3D . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3.1 Trasformazione NURBS-Bézier 3D . . . . . . . . . . Definizione del problema nel caso bidimensionale 2.1 Definizione della geometria . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.1.1 Parametrizzazione del profilo inferiore del canale . . 2.1.2 Generazione del profilo superiore . . . . . . . . . . 2.2 Definizione e risoluzione del problema termofluidodinamico 2.2.1 Grandezze adimensionali e grandezze di riferimento 2.2.2 Equazioni adimensionali . . . . . . . . . . . . . . . 2.2.3 Impostazione delle equazioni per il campo fluido . . 2.2.4 Fattore di attrito adimensionale . . . . . . . . . . . 2.2.5 Tecniche di soluzione per il campo fluidodinamico . 2.2.6 Primo approccio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2.7 Secondo approccio . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2.8 Terzo approccio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2.9 Impostazione delle equazioni per il campo termico . 2.2.10 Tecniche di soluzione per il campo termico . . . . . VII . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 2 4 6 8 10 12 13 . . . . . . . . . . . . . . 17 17 20 23 23 24 26 28 31 32 33 35 37 40 42 VIII 3 4 5 6 INDICE Caratteristiche della procedura risolutiva in FEMLAB 3.1 Sezione geometrica . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.1.1 Controllo di unicità del dominio . . . . . . . 3.1.2 Controllo di stampabilità del profilo . . . . . 3.2 Sezione numerica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.2.1 Parte fluidodinamica. . . . . . . . . . . . . . 3.2.2 Parte termica. . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.2.3 Discretizzazione del dominio. . . . . . . . . . . . . . . . 49 49 49 50 53 54 54 55 Ottimizzazione 2D 4.1 Il processo di ottimizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.2 Prima fase: ottimizzazione MOGA multi-obiettivo . . . . . . . . . 4.2.1 Primo lancio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.2.2 Secondo lancio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.2.3 Terzo lancio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.3 Seconda fase: eliminazione di un obiettivo . . . . . . . . . . . . . . 4.3.1 MOGA-II: massimizzazione di scambio termico . . . . . . 4.3.2 MOGA-II: minimizzazione del fattore d’attrito . . . . . . . 4.4 Terza fase: ottimizzazione mono-obiettivo mediante utility function . 4.4.1 Utility function con MOGA-II e SIMPLEX . . . . . . . . . 4.4.2 MOGA-II con differente Utility function . . . . . . . . . . . 4.5 Analisi dei Risultati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.6 Confronto geometrie smooth e spigolose . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57 57 58 58 62 65 66 66 68 71 72 77 83 89 Definizione geometrica e termofluidodinamica del caso 3D 5.1 Canale 3D estruso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.2 Canale 3D realizzato con superfici NURBS . . . . . . . 5.3 Definizione del problema termofluidodinamico . . . . . 5.3.1 Condizioni al contorno . . . . . . . . . . . . . . 5.3.2 Cenni alla procedura risolutiva . . . . . . . . . . 5.4 Meshing & Solving . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93 . 94 . 95 . 99 . 100 . 101 . 102 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Risultati dell’analisi tridimensionale 103 6.1 Prima strategia di analisi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103 6.2 Seconda strategia di analisi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107 Conclusioni A I Software Utilizzati. A.1 modeFRONTIER . . . . . . . . . . . . . . . A.1.1 Caratteristiche essenziali . . . . . . . A.1.2 Algoritmo Genetico: MOGA-II . . . A.1.3 Algoritmo mono-obiettivo: SIMPLEX 113 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 117 117 118 120 121 IX INDICE A.1.4 Definizione di soluzione migliore A.1.5 M.C.D.M. . . . . . . . . . . . . . A.2 FEMLAB . . . . . . . . . . . . . . . . . A.2.1 Caratteristiche essenziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121 122 123 123 Introduzione Gli scambiatori di calore, ed in particolare gli scambiatori di calore compatti liquidogas, sono dispositivi molto diffusi in numerosi settori applicativi. Si citano, a titolo di esempio, il settore automobilistico e dei trasporti ed i settori energetico e chimico. Nella pratica industriale la configurazione geometrica delle superfici alettate e dei canali degli scambiatori di calore compatti presenta le forme più disparate. Nonostante la loro semplicità costruttiva e di manutenzione, gli scambiatori a canale piano-parallelo non sono caratterizzati da prestazioni elevate di scambio termico. Per tale ragione, numerose aziende e diversi autori hanno affrontato lo studio di forme più complesse atte a incrementare le performance. Il presente lavoro di tesi rientra in questo filone di analisi, focalizzandone l’aspetto metodologico. L’aspetto immediatamente applicativo è posto in secondo piano, semplificando la fisica del sistema, senza per questo nulla togliere alla generalità del metodo. Il problema dello scambio termico in convezione forzata in scambiatori di calore compatti è sviluppato numericamente in ottica CAE (Computer Aided Engineering) con l’ausilio di strumenti CFD (Computational Fluid Dynamics). In particolare, si adottano un solutore agli elementi finiti (FEM) con griglia non-strutturata e un applicativo che dispone di diversi algoritmi di ottimizzazione. Seguendo un sentiero già tracciato da altri autori, si intraprende un processo di ottimizzazione di forma al fine di migliorare le prestazioni di un canale convettivo periodico, che costituisce il building block fondamentale degli scambiatori di calore compatti. Come indicatori di prestazione si individuano lo scambio termico, che va aumentato, le perdite di carico, che vanno ridotte e alcuni vincoli costruttivi. L’intero lavoro può essere suddiviso in tre fasi: 1. parametrizzazione geometrica del canale 2. definizione di una metodologia risolutiva per i campi fluidodinamico e termico all’interno dello scambiatore 3. implementazione e interfacciamento di tale metodologia con sistema di ottimizzazione capace di legare forme e prestazioni XI XII Introduzione Il lavoro ha inizio con la parametrizzazione della geometria del canale. Un primo elemento di novità è l’utilizzo di curve NURBS (Non-Uniform Rational B-Spline) per la descrizione del profilo del canale, sia per il caso bidimensionale sia per il caso tridimensionale. Le NURBS consentono una agevole definizione del concetto di continuità della geometria, ed i loro punti di controllo rappresentano, assieme ad altri parametri, le variabili di progetto del problema. Successivamente si descrive a livello teorico la metodologia di risoluzione. Sfruttando la periodicità spaziale del problema, l’attenzione si concentra su di un singolo modulo ripetitivo del canale, con grande vantaggio per il costo computazionale. Lo studio è condotto in forma adimensionale. Il fluido utilizzato, in condizioni di incompressibilità, è caratterizzato da un valore del numero di Prandtl pari a 0.7, rappresentativo dell’aria. Si assume fissato il numero di Reynolds, in regime laminare, stazionario, quindi idrodinamicamente e termicamente sviluppato. Per quel che riguarda il campo termico si introducono condizioni di temperatura imposta alle pareti, caso poco trattato in letteratura. Lo schema di calcolo prodotto, del tutto generale, è applicabile e al caso bidimensionale, canali caratterizzati dalla presenza di due sole componenti di velocità, e al più complesso ed interessante caso tridimensionale. Dopo la descrizione della messa a punto di tale metodo, si riporta la fase di ottimizzazione bidimensionale, dove gli input sono i parametri geometrici, mentre gli output sono le prestazioni. Poiché si è in presenza di un problema multi-obiettivo la definizione di ottimo introduce al concetto di fronte di Pareto e dominanza di Pareto. Al termine della fase di ottimizzazione si procede a un confronto fra geometrie con parametrizzazione NURBS, smooth profile, e geometrie parametrizzate mediante tratti rettilinei, linear-piecewise profile. L’adozione di profili smooth permette, a parità di scambio termico, una notevole riduzione del coefficiente d’attrito. Quanto sviluppato finora è propedeutico per l’ottimizzazione di forma in canali tridimensionali. L’obiettivo diviene la verifica della possibilità di incremento di scambio termico rispetto al caso bidimensionale grazie alla presenza di eventuali moti secondari. Il costo computazionale cresce notevolmente, soprattutto dal punto di vista della soluzione numerica, oltre che per il maggior numero di gradi di libertà geometrici. La bontà della metodologia è inizialmente saggiata mediante un’analisi parametrica, che risulta fedele alle aspettative. Si analizza cioè un numero ristretto di canali tridimensionali, al variare di un unico parametro, sensibile alla generazione dei moti secondari. Si affronta infine il problema di ottimizzazione tridimensionale vera e propria, che, sia pur a livello qualitativo, rappresenta un aggiuntivo fattore di innovazione. Volutamente i software utilizzati sono di tipo commerciale e non dedicato. Questo per garantire generalità alla procedura. La parametrizzazione geometrica e l’analisi CFD sono condotte mediante FEMLAB, pacchetto agli elementi finiti che può essere utilizzato anche come toolbox MATLAB. Il sistema di ottimizzazione presente in questa tesi è modeFRONTIER, il quale raggruppa in forma organica e accessibile una larga serie di algoritmi e strumenti per l’ottimizzazione. Quanto realizzato si dimostra un procedimento robusto e sufficientemente effi- XIII ciente. I risultati sono incoraggianti ed aprono la strada a successive investigazioni di sistemi con geometria e fisica più complesse, i.e. moto non stazionario o turbolento. Gli unici limiti riguardano ancora l’onere di calcolo e l’accuratezza degli eventuali modelli che si dovrebbero introdurre. 1 Utilizzo di NURBS per la rappresentazione geometrica di profili Buona parte degli elementi geometrici trattati in questo lavoro appartengono alla categoria delle cosiddette forme non-definibili. Sono forme complesse, capaci di rispondere alle più svariate richieste progettuali, come continuità, smoothness e definizione agevole [1]. A queste si contrappongono le forme definibili, ovvero quelle descritte dalla geometria classica, incapaci di ottemperare in modo semplice alle odierne necessità progettuali. Si immagini ad esempio di dover disegnare il profilo di un’autovettura utilizzando unicamente coniche. La rappresentazione matematica di una curva (per una superficie si tratta di una semplice estensione) può essere: 1. non-parametrica, cioè y = f (x), forma esplicita, oppure f (x, y) = 0, forma implicita, la quale consente la descrizione di curve chiuse; 2. parametrica, in cui la curva C è espressa in forma vettoriale al variare del parametro t come in (1.1) C(t) = [x(t), y(t)] (1.1) con t ∈ [a, b], dove a e b sono numeri reali non-negativi arbitrari. Il parametro t può essere visto come la coordinata curvilinea che percorre la curva. La rappresentazione parametrica e polinomiale presenta diverse proprietà: - la forma della curva risulta intrinsecamente indipendente dal sistema di coordinate prescelto: soltanto le relazioni che intercorrono tra una particolare serie di punti determina la forma della curva; 1 2 Utilizzo di NURBS per la rappresentazione geometrica di profili - le forme non-parametriche non consentono di descrivere curve che presentano pendenze infinite rispetto un qualsiasi sistema di riferimento, mentre per le forme parametriche vale dy/ dt dy = dx dx/ dt per cui quando il termine a sinistra è infinito, nel termine a destra è semplicemente dx/ dt = 0; - gli elementi geometrici sono facilmente trattabili sotto forma di vettori e matrici, il che rende più naturale la loro rappresentazione al computer; - in genere il numero di gradi di libertà concessi per il controllo della curva è maggiore rispetto al caso non-parametrico a parità di ordine della curva, ovvero l’ordine del polinomio che la descrive. Si è appena fatto riferimento all’ordine della curva polinomiale. Il grado della curva, detto p l’ordine, è pari a p −1 e si identifica con il grado del polinomio che la descrive. Il grado di un polinomio e’ uguale al grado del suo monomio di grado più alto. 1.1 Rappresentazione parametrica della geometria in FEMLAB I problemi di ottimizzazione svolti sono incentrati sull’utilizzo di FEMLAB. La definizione geometrica del dominio dei problemi trattati passa attraverso il sistema CAD interno al software. La versione in uso di FEMLAB permette la creazione di geometrie complesse in 2D e in 3D con l’utilizzo di curve e superfici di Bézier del terzo e quarto ordine. Le rappresentazioni parametriche secondo curve e superfici di Bézier consentono di approssimare [1] un insieme di punti di controllo senza il vincolo del passaggio - interpolazione - per i punti considerati, tipica delle curve spline, di largo impiego in campo navale. Con la tecnica dell’approssimazione una eventuale modificazione della geometria è legata alla variazione di pochi parametri e la stessa definizione della geometria richiede un numero limitato di punti. Inoltre è agevole garantire la continuità della curva. Facendo riferimento al caso 2D, una curva di Bézier gode di alcune principali proprietà [1, 2]: 1. la curva è definita da un poligono di controllo, il cui numero di vertici è pari all’ordine della curva; 2. la curva ha gli estremi in comune con il poligono e i vettori ivi tangenti sono paralleli al primo e all’ultimo segmento del poligono; 3. la curva è contenuta nell’involucro convesso delimitato dal poligono di controllo, di cui segue l’andamento spaziale. 3 1.1 Rappresentazione parametrica della geometria in FEMLAB La rappresentazione alla Bézier di una curva è una delle più semplici all’interno della famiglia delle funzioni parametriche e polinomiali. La generica curva di ordine p (il grado della curva è p − 1) C = C(t) viene descritta come in (1.2) n t ∈ [0, 1] C(t) = ∑ Bi,p (t)Pi (1.2) i=1 dove Pi sono i punti di controllo, la cui unione mediante spezzate dà origine al poligono di controllo tratteggiato in figura 1.1(a). Bi,p (t) sono le funzioni di base, figura 1.1(b). 1 0.5 P2 0.4 0.9 0.8 0.3 0.7 0.2 0.6 0.1 0.5 y 0 P4 P0 −0.1 0.4 0.3 −0.2 0.2 −0.3 P3 0.1 −0.4 0 0.2 0.4 x 0.6 0.8 (a) Esempio di curva di Bézier. 1 0 0 0.2 0.4 t 0.6 0.8 1 (b) Esempio di funzioni di base IV ordine. Figura 1.1 Curva di Bézier, poligono di controllo e funzioni di miscelamento. L’ordine delle polinomiali è 4. Secondo la trattazione di Bézier le funzioni di base - o di miscelamento - che garantiscano le proprietà sopra citate [1, 2] sono le cosiddette polinomiali di Bernstein. La generica funzione di base per una curva di Bézier di ordine p, riferita al punto i è Bi,p (t) = p! ui (1 − u) p−i i!(p − i)! u ∈ [0; 1] (1.3) La modellazione geometrica alla Bézier non consente tuttavia di controllare localmente la forma delle curve realizzate: una modifica locale (i.e. spostamento di un punto di controllo) causa una perturbazione che si manifesta in modo globale sull’intera entità geometrica. Questo effetto è dovuto alla tipologia delle particolari funzioni di miscelamento utilizzate dalle Bézier, non nulle lungo l’intero intervallo di definizione del parametro, figura 1.1(b). L’aumento del numero di punti di controllo è accompagnato inoltre da un pari aumento dell’ordine polinomiale della curva, cosa che rende più pesante la trattazione numerica. 4 Utilizzo di NURBS per la rappresentazione geometrica di profili Questi limiti sono superati con la modellazione mediante NURBS, qui utilizzate nella forma di B-Spline. 1.2 NURBS 2D Le NURBS (Non-Uniform Rational B-Spline) [1, 3] sono una estensione delle BSpline. Queste ultime sono curve polinomiali a tratti, ossia non viene utilizzato un unico polinomio per la rappresentazione di forme complesse che necessitino un numero elevato di punti di controllo. Le funzioni di miscelamento delle B-Spline, a differenza di quelle delle Bézier, sono non-nulle solo in un tratto limitato del dominio del parametro, per cui non accendono i punti di controllo o danno loro peso lungo l’intero dominio: una eventuale modifica a un punto di controllo ha effetto solo nell’intorno del punto stesso, local support. Per questa e ulteriori proprietà si vedano [1, 2, 3]. Le B-Spline non consentono però la definizione di coniche, per le quali sono necessarie forme razionali; entrano quindi in gioco le NURBS, ossia curve o superfici B-Spline razionali con distribuzione nodale non-uniforme. La generica formulazione di una curva NURBS è analoga a quella di una curva di Bézier. L’unica differenza appare nella tipologia delle funzioni di miscelamento. Per una NURBS di ordine p, grado p − 1 e un numero n di punti di controllo n C(t) = ∑ Ri,p (t)Pi (1.4) i=1 dove - il parametro t ∈ [0, 1]; - C(t) rappresenta i punti della curva al variare del parametro t; - Pi sono i punti di controllo; - Ri,p (t) sono le funzioni base che miscelano i punti di controllo. Le funzioni base derivano dalle funzioni base polinomiali utilizzate per le B-Spline, per cui detti w il vettore dei pesi e Ni,p (t) la funzione base B-Spline Ri,p (t) = Ni,p (t)wi n (1.5) ∑ N j,p (t)w j j=1 Per le curve NURBS, cosı̀ come per le B-Spline, l’ordine p delle funzioni polinomiali non ha quel forte legame con il numero dei punti di controllo com’è per le Bézier. Non è infatti più necessario che il numero dei punti di controllo eguagli l’ordine (n = p), bensı̀ compare un legame fra numero di punti, ordine del polinomio e numero dei nodi. 5 1.2 NURBS 2D I nodi, knots, sono dei valori, normalizzati a 1 come il parametro t, i quali definiscono il tratto in cui sono non-nulle le funzioni di base; essi entrano dunque in relazione con il parametro t e sono caratterizzati da una distribuzione non uniforme, da cui il termine Non-Uniform. Nella definizione di una NURBS il vettore dei nodi U è costruito in modo tale che: U = [0, ..., 0, u p+1 , ..., um−p−1 , 1, ..., 1] | {z } | {z } p p Il legame che intercorre fra numero di punti n, ordine della curva p e numero di knots m è dato dalla (1.6). m = n+ p (1.6) É dunque possibile giocare, fissato che sia l’ordine, tra punti e nodi in modo da ottenere la geometria che meglio soddisfi l’utente. Tra le proprietà notevoli [1, 3] si ricorda che: - se n = p e U = [0, ..., 0, 1, ..., 1] la NURBS degenera in una Bézier; | {z } | {z } p p - è comunque garantito il passaggio per i punti estremi del poligono di controllo; - i pesi avvicinano o meno la curva al punto di controllo cui sono associati; - local support, cioè modifiche al punto di controllo Pi o al peso wi hanno influenza solo per t ∈ [ui , ui+p [; - la continuità della curva e delle sue derivate è garantita all’interno dei sottointervalli definiti dai nodi, poiché le funzioni di base sono polinomi (funzioni C∞ ), mentre agli estremi dell’intervallo la NURBS è C p−k , dove k è la molteplicità del nodo. Dall’ultima si ottiene che accrescere la molteplicità del nodo, nel rispetto della relazione sopra ricordata, porta alla riduzione del grado di continuità della curva stessa. Le funzioni di miscelamento B-Spline Ni,p sono ricavate secondo l’algoritmo di Cox-De Boor (1.7), generalizzazione sempre in forma ricorsiva dell’algoritmo di de Casteljau [1]. 1 se ui ≤ t < ui+1 Ni,1 = (1.7a) 0 altrimenti Ni,k = (t − ui )Ni,k−1 (t) (ui+k − t)Ni+1,k−1 (t) + ti+k−1 − ti ti+k − ti+1 (1.7b) 6 1.2.1 Utilizzo di NURBS per la rappresentazione geometrica di profili Curve 2D non periodiche Il processo di definizione della geometria è partito dal caso bidimensionale, utilizzando gli esempi nei testi citati in bibliografia come test-case. Il software con cui si sono sviluppati gli algoritmi è MATLAB, cui FEMLAB è interfacciato. Il primo passo ha visto la generazione delle curve di miscelamento B-Spline secondo l’algoritmo di Cox-De Boor. In questo modo il risultato ottenuto sarebbe stato di validità generale per la creazione di qualsiasi tipo di curva parametrica, ovvero curve di Bézier, B-Spline, NURBS. L’algoritmo in letteratura viene presentato in forma ricorsiva, mentre in questo lavoro si è utilizzata la forma iterativa, partendo cioè dalle funzioni costanti e risalendo fino alle funzioni dell’ordine voluto; è stato inoltre necessario modificare gli indici in (1.7a) e (1.7b) poiché MATLAB permette di utilizzare come contatori per array solo numeri interi positivi per cui: Designazione i k Ruolo contatore punto contatore livello Campo di variazione 1:numero di punti 1:ordine della curva Essendo nullo il valore delle funzioni di miscelamento B-Spline al di fuori dell’intervallo di variazione del parametro, per l’ultimo punto viene eliminato il secondo addendo della (1.7b). Nell’intero lavoro si è cercato di fare uso prevalentemente di funzioni MATLAB (function), in modo da lasciare il più possibile libera la memoria, estraendo come variabili di output soltanto quelle strettamente necessarie. Il risultato finale di questa fase è una funzione che, noti i parametri di definizione di una curva, calcoli le coordinate del punto della curva corrispondente ad un certo valore del parametro t, con t ∈ [0; 1]. La successiva tabella 1.1 raccoglie gli elementi di definizione della generica NURBS, B-Spline. I valori sono raccolti nello struct-array data. data.point data.sizeP data.ord data.knots data.sizeK data.pesi = = = = = = punti di controllo numero di punti di controllo ordine della curva vettore dei nodi numero di nodi vettore dei pesi Tabella 1.1 Elementi di definizione di una curva. In questo lavoro si sono utilizzati pesi unitari, per cui le NURBS utilizzate degenerano in B-Spline. La presenza del vettore dei pesi consente alla trattazione un carattere più generale. 7 1.2 NURBS 2D La figura 1.2 presenta un esempio di curva NURBS non-periodica con distribuzione dei nodi uniforme e pesi unitari. L’ordine della curva è 3, il numero di punti di controllo è pari a 7, il numero dei nodi è dunque 10. I dati caratterizzanti la curva sono riportati in tabella 1.2. In figura 1.3 sono riportate le funzioni di miscelamento che Punti di controllo X Y 0 1.5 3.5 3 6 6.5 7 P1 P2 P3 P4 P5 P6 P7 Nodi 0 0 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1 1 u1 u2 u3 u4 u5 u6 u7 u8 u9 u10 0 2.5 4 1.5 -1.5 2 1 Tabella 1.2 Parametri di definizione della curva di figura 1.2. P3 4 3 P2 P6 y 2 P4 1 P7 P1 0 −1 −2 P5 0 1 2 3 x 4 5 6 7 Figura 1.2 NURBS di ordine 3 creata con 7 punti di controllo. Tratteggiato il poligono di controllo. 8 Utilizzo di NURBS per la rappresentazione geometrica di profili caratterizzano una qualsiasi curva NURBS di ordine 3, a 7 punti di controllo e distribuzione nodale uniforme. Dalle figura 1.2 si nota la caratteristica interpolazione degli 1 R R1,3 0.9 7,3 R3,3 0.8 R2,3 funzioni base 0.7 R 4,3 R5,3 R 6,3 0.6 0.5 0.4 0.3 0.2 0.1 0 0 0.2 0.4 0.6 parametro 0.8 1 Figura 1.3 Funzioni base per una NURBS con vettore dei pesi unitari, 7 punti di controllo e ordine 3. estremi, ottenuta mediante la ripetizione dei nodi. Questo porta alla condensazione delle funzioni di miscelamento, come la R1,3 , la quale è non-nulla in un tratto limitato rispetto alla R3,3 (figura 1.3). Dalla figura 1.4 è interessante notare come muovendo l’i-esimo punto di controllo, la curva venga modificata solo nell’intervallo [ui ; ui+p [. Ciascun punto di controllo influenza una porzione limitata di curva. L’intervallo [0; 1] di variazione del parametro t descrive l’intera curva, mentre il vettore dei nodi è una suddivisione in tratti di questo intervallo: ciascuna funzione di miscelamento è non-nulla su di un numero di tratti non superiore all’ordine della curva stessa. Ad esempio, la funzione R4,3 è non-nulla per t ∈ [0.2; 0.8]. 1.2.2 Curve 2D periodiche Come poi sarà sottolineato in sezione 2.1, in questo lavoro si è reso necessario l’utilizzo di curve periodiche, in modo da poter agevolmente traslare il profilo superiore rispetto a quello inferiore del canale. La descrizione mediante NURBS consente l’utilizzo di curve periodiche, in questo caso a distribuzione nodale uniforme e vettore dei pesi unitario, ovvero B-Spline. Rispetto al caso non-periodico il vettore degli knots non presenta la ripetizione dei valori estremi per un numero di volte pari all’ordine, 9 1.2 NURBS 2D P3 4 3 P2 P6 y 2 P4 1 P7 P1 0 P’5 −1 −2 P5 0 1 2 3 x 4 5 6 7 Figura 1.4 Esempio di local support: una modifica al punto di controllo P5 ha influenzato un tratto limitato della curva di figura 1.2. bensı̀: U = [0, ..., 1] dove la distribuzione tra 0 e 1 è uniforme. Questo porta alla impossibilità di interpolare i punti di controllo estremi. Le funzioni di base sono tutte uguali fra loro e non vi è condensazione alle estremità, ovvero non vi sono intervalli degeneri di ampiezza nulla. Il dominio di variazione del parametro t è quindi ristretto: t ∈ [u p−1 ; un+1 ] dove - u p−1 è il (p − 1) − esimo nodo, con p ordine della curva; - un+1 è l’(n + 1) − esimo nodo, con n numero di punti di controllo della curva. In figura 1.5 è proposta una curva periodica con il medesimo poligono di controllo di figura 1.2. Il vettore dei nodi è uniformemente spaziato, tutti i nodi sono a molteplicità singola e il poligono di controllo si ripete periodicamente. Confrontando figura 1.3 e figura 1.5(a) si nota l’effetto della mancata condensazione delle funzioni base alle estremità di curve periodiche. In figura 1.5(b) si osserva la mancanza di interpolazione agli estremi del poligono di controllo. Questo aspetto è più marcato sul lato destro della curva, cioè per valori prossimi a 1 del parametro t, a causa della modalità di implementazione dell’algoritmo (1.7). 10 Utilizzo di NURBS per la rappresentazione geometrica di profili 1 10 0.9 8 0.8 6 0.7 4 0.6 y 0.5 0 0.4 −2 0.3 −4 0.2 −6 0.1 0 2 −8 0.35 0.4 0.45 0.5 t 0.55 0.6 0 0.65 (a) Funzioni di miscelamento: selezione. Le curve curve sono tutte simili fra loro. 5 (b) Curva periodica: elementare. 10 x 15 20 è evidenziato il modulo Figura 1.5 Esempio di curva periodica con vettore dei nodi a distribuzione uniforme. 1.2.3 Trasformazione NURBS-Bézier 2D Il software FEMLAB tratta le curve sotto forma di Bézier del terzo o del quarto ordine. Una efficiente procedura di ottimizzazione richiede modifiche alla geometria di tipo locale, consentite da curve polinomiali a tratti quali B-Spline e Non-UniformRational B-Spline (NURBS) [3]. Le NURBS, essendo forme parametriche razionali, permettono la definizione corretta delle coniche, tuttavia in questo lavoro i pesi che compaiono nella (1.5) sono assunti unitari e la distribuzione dei nodi è uniforme, per cui le NURBS ottenute sono in realtà B-Spline(1) . Per non rinunciare ai vantaggi offerti dall’uso di curve NURBS, si è creata una procedura che determina i punti di controllo di un opportuno numero di curve di Bézier dello stesso ordine, tali da riprodurne fedelmente l’andamento. In questo lavoro si è deciso di utilizzare NURBS quarto ordine e di ridisegnarle con Bézier di pari ordine. Detta C(u) per la generica NURBS vale la (1.4), mentre per una generica Bézier è 4 CB (t) = ∑ Bi,4 (t)Qi (1.8) k=1 dove - Bi,4 è la funzione di miscelamento delle Bézier, il secondo indice è relativo all’ordine; (1) Per la cosiddetta partition of unity [3], il denominatore della (1.5) assume valore unitario. 11 1.2 NURBS 2D - Qi è uno dei 4 punti di controllo necessari. Il numero di curve di Bézier necessarie dipende dalla distribuzione dei nodi della NURBS; le NURBS sono infatti ottenute con tante funzioni polinomiali a tratti quanti sono gli intervalli definiti dai nodi, mentre le curve di Bézier sono ottenute con un’unica funzione polinomiale, in questo particolare caso di grado 3. Sono dunque necessarie tante curve di Bézier quante sono le polinomiali a tratti, detto numint il numero di intervalli sono richiesti (numint · 4) punti di controllo. Una curva di Bézier IV ordine è univocamente determinata una volta definiti i suoi punti di controllo, il calcolo di questi punti si può cosı̀ riassumere: 1. si rigenera il vettore dei nodi della NURBS in modo che tutti i valori abbiano molteplicità singola; 2. si fanno corrispondere ai valori del parametro u, con u ∈ [Uk−1 ,Uk ], i valori del parametro t con t ∈ [0, 1], detto k il nuovo contatore dei nodi; 3. i punti di controllo agli estremi della curva di Bézier sono Q(0) = C(Uk−1 ) e Q(1) = C(Uk ); 4. si fissano due valori del parametro u distinti e tali che u ∈]Uk−1 ,Uk [ in cui calcolare due punti della NURBS: siano essi u1 e u2 cui corrispondono t1 e t2 ; 5. si risolve il seguente sistema lineare in cui si impone il passaggio della Bézier per i 4 punti scelti della NURBS: 1 B1,4 (t1 ) B1,4 (t2 ) 0 0 B2,4 (t1 ) B2,4 (t2 ) 0 0 B3,4 (t1 ) B3,4 (t2 ) 0 Q1 0 Q2 B4,4 (t1 ) B4,4 (t2 ) Q3 Q4 1 C(Uk−1 ) C(u1 ) = C(u2 ) C(Uk ) 6. si avanza di 1 il contatore k e si ritorna a 2. finché non si esauriscono gli intervalli. Il risultato di questa operazione su una curva non-periodica a 7 punti di controllo e distribuzione uniforme dei nodi è presentato in figura 1.6. 12 Utilizzo di NURBS per la rappresentazione geometrica di profili 8 7 6 y 5 4 3 2 1 1 2 3 4 x 5 6 7 8 Figura 1.6 Esempio di trasformazione NURBS-Bézier. Seguendo il verso indicato dalla freccia, la curva tratteggiata va a sovrapporsi alla curva di partenza Osservando figura la 1.6, è evidente il moltiplicarsi dei punti di controllo necessari alla descrizione della curva di partenza mediante curve di Bézier. 1.3 Superfici 3D Le superfici NURBS nascono come estensione nello spazio tridimensionale delle curve NURBS 2D. Compare in questo caso un poliedro caratteristico che la superficie va ad approssimare, con qualità differente a seconda dell’ordine dei polinomi che definiscono le funzioni di miscelamento [1]. Si osserva rispetto alle curve bidimensionali la duplicazione degli elementi caratteristici: - si definiscono due insiemi di valori per i nodi; - due sono i parametri u e v, normalizzati a 1, che percorrono la superficie; - i punti di controllo vanno a formare un array bidimensionale di dimensioni n x m, dove m è il numero di punti di controllo associati al parametro u e n è il numero di punti di controllo associati al parametro w; - per ciascuno dei due insiemi di nodi vale la relazione (1.6) che li lega all’ordine e al numero di punti di controllo. 13 1.3 Superfici 3D Si riportano le equazioni che definiscono i punti di una superficie NURBS al variare dei due parametri (u, v) e le funzioni di base polinomiali razionali n S(u, v) = m ∑ ∑ Rk,h (u, v)Pk,h (1.9) k=1 h=1 Rk,h (u, v) = Nk,p (u)Nh,q (v)wk,h n ∑ m (1.10) ∑ Nk,p (u)Nh,q (v)wk,h k=1 h=1 dove: - i pedici p e q rappresentano l’ordine delle funzioni di miscelamento Nk,p e Nh,q ; - w è la matrice dei pesi. Come per il caso bidimensionale, in questo lavoro si sono utilizzate superfici NURBS con matrice dei pesi unitaria e distribuzione nodale uniforme, per cui le superfici degenerano in superfici B-Spline. Si vuole far notare come le dimensioni dei vettori dei nodi, cosı̀ come dei punti di controllo possono essere tra loro differenti, cosicché la superficie risultante può avere ordine differente lungo il senso di percorrenza dei 2 parametri. Le superfici di Bézier sono ancora un caso particolare delle superfici NURBS, quando, oltre alle già citate matrice dei pesi unitaria e nodi uniformemente distribuiti, la matrice dei punti di controllo ha dimensioni pari rispettivamente all’ordine della superficie lungo ciascuna direzione. È usuale rappresentare una superficie proiettando su di un piano i suoi punti di controllo. In questo modo si può identificare la matrice di punti con questa proiezione o patch. In figura 1.7 si dà un esempio di NURBS 3D definita da una matrice di punti di controllo 4 x 4, ordine 3 lungo la direzione u (in figura lungo l’asse y) e ordine 2 lungo la direzione w (in figura lungo l’asse x). I vettori degli knots non presentano una distribuzione uniforme, mentre la matrice dei pesi è unitaria. Come lecito attendersi, la superficie mostra un andamento lineare a tratti lungo la direzione w (direzione asse x), mentre è quadratica lungo la direzione u (direzione asse y). Sul piano z = −1 è riportata, come rappresentazione grafica della matrice dei punti, la proiezione in pianta del poligono di controllo. Per le superfici periodiche vale l’estensione al caso 3D di quanto detto riguardo le curve. Come si possono presentare ordini differenti lungo le due direzioni dei parametri, cosı̀ è possibile imporre la periodicità soltanto lungo una direzione di uno dei due parametri. Ne è un esempio la figura 1.8: lungo u (direzione asse y) la superficie è periodica e non interpola gli estremi. 1.3.1 Trasformazione NURBS-Bézier 3D Il procedimento è analogo al caso delle curve in due dimensioni. Si tratta infatti di suddividere la superficie NURBS in più patch di Bézier, in numero pari al prodotto 14 Utilizzo di NURBS per la rappresentazione geometrica di profili tra gli intervalli con cui i vettori dei nodi suddividono i due domini di variazione dei parametri u e w. Si ricorda che le curve di Bézier non sono polinomiali a tratti e che loro funzioni di miscelamento sono non nulle lungo l’intero intervallo di definizione. Poichè l’ordine di una NURBS determina il numero massimo di funzioni di base afferenti ad un intervallo nodale, l’utilizzo di curve di Bézier di pari ordine deve essere limitato a ciascuno di quegli intervalli. Tuttavia, anche se concettualmente semplice, questo procedimento per superfici ragionevolmente complesse dimostra di essere oneroso dal punto di vista computazionale. Il numero di patch necessarie, rispetto ad un analogo caso bidimensionale è decisamente maggiore. Per caso analogo si intende un canale tridimensionale ottenuto per estrusione di un generico canale bidimensionale. Un altro aspetto rilevante è garantire che due superfici affiancate presentino un bordo in comune; questo fatto può inoltre essere sfruttato per limitare il numero di punti di controllo da calcolarsi. Nelle figure 1.9 e 1.10 si riporta in due differenti angolazioni un esempio di trasformazione di superficie NURBS in più superfici di Bézier. La NURBS di partenza è di tipo doppio-periodico con matrice dei punti di controllo 10 x 4 e ordine 4. Due delle superfici di Bézier che la ricoprono sono evidenziate con wireframe giallo. 15 1.3 Superfici 3D Figura 1.7 Esempio di superficie NURBS. Figura 1.8 Esempio di superficie NURBS periodica lungo la direzione y. 16 Utilizzo di NURBS per la rappresentazione geometrica di profili Figura 1.9 Esempio di superficie doppio-periodica su cui si è operata la trasformazione NURBS-Bézier. Figura 1.10 In questa vista si osservano due delle superfici di Bézier che coprono la NURBS (wireframe giallo). 2 Definizione del problema nel caso bidimensionale Nel presente capitolo si illustrano le tecniche numeriche che si intende utilizzare nell’ottimizzazione di un canale bidimensionale periodico, rappresentativo del modulo fondamentale di un’ampia classe di scambiatori di calore. Alcuni esempi reali di tali dispositivi sono presentati in figura 2.1. L’obiettivo è l’incremento dello scambio termico alle pareti del canale, in riferimento al caso del canale piano, cercando di contenere il più possibile l’aumento delle perdite di carico, indotto da forme geometriche complesse. Questo progetto è strutturato in due fasi: a. definizione della geometria del canale; b. definizione della procedura iterativa di soluzione per il campo fluidodinamico e per il campo termico, con i quali si descrive il regime di convezione forzata. 2.1 Definizione della geometria Si assume che lo scambiatore di calore sia di profondità infinita, si possono cosı̀ in pratica trascurare gli effetti di bordo e forzare la presenza di due sole componenti di velocità: lo studio viene effettuato in forma bidimensionale. Si vuole inoltre ottenere la soluzione termofluidodinamica del canale in condizioni di moto completamente sviluppato, ragion per cui le geometrie prese in considerazione sono di tipo periodico. In questo modo, a tutto vantaggio dell’onere computazionale, risulta possibile concentrare l’ottimizzazione su un singolo modulo dell’intera geometria, a patto di porre adeguate condizioni al contorno di periodicità alle sezioni di ingresso e di uscita del flusso [4]. Un vincolo sulle geometrie generate riguarda la possibilità di poter impilare i singoli moduli, cosı̀ da simulare al meglio le caratteristiche di uno scambiatore alettato o a piastre [5], realizzato dall’impaccamento di più piastre metalliche, separate da un’intercapedine entro cui scorre il fluido, o i fluidi, di processo. Per avere un controllo locale e prevedibile della forma del profilo del canale, la superficie del 17 18 Definizione del problema nel caso bidimensionale (a) Complessivo di scambiatore di calore a piastre. (b) Particolare di scambiatore di calore a piastre. (c) Esempi di superfici di scambiatori di calore. Figura 2.1 Esempi di scambiatori di calore. 2.1 Definizione della geometria 19 Figura 2.2 Esempio di canale 2D. mantello è modellata mediante una B-Spline, ovvero una NURBS con vettore di pesi unitari(1) . Infatti in queste particolari espressioni di curve parametriche la modifica di un punto di controllo perturba una porzione limitata dell’intera curva. La generazione del canale è ottenuta con i seguenti passi: 1. generazione di una NURBS periodica per il profilo inferiore di lunghezza pari a 3 volte il periodo L; 2. trasformazione della forma NURBS in più forme Bézier equivalenti; questo passaggio è necessario poiché FEMLAB tratta curve in forma di Bézier del III o del IV ordine; 3. traslazione dei punti di controllo lungo l’asse x di una quantità trasl ∈] − L, +L[, dove L è il periodo della curva; 4. traslazione dei punti di controllo appena trovati lungo l’asse y di una quantità pari a Hav : si è ottenuto il profilo superiore con un’altezza media del canale pari a Hav ; 5. il canale cosı̀ ottenuto viene tagliato dalle sezioni di ingresso e uscita. Il risultato è visibile in figura 2.2. (1) D’ora in avanti si utilizzeranno in modo ambivalente il termine B-Spline e NURBS, intendendo che queste ultime abbiano un vettore dei pesi unitari. 20 Definizione del problema nel caso bidimensionale Per rendere le modifiche alla geometria lungo il percorso di ottimizzazione intuitive e facilmente controllabili si è data una rappresentazione parte cartesiana e parte polare dei punti di controllo del profilo base del canale. Si è deciso per un numero di punti di controllo pari a 9, come compromesso fra una buona risoluzione e trattabilità della curva: un numero eccessivo di punti di controllo equivarrebbe ad un numero elevato di variabili indipendenti, cosa che appesantisce la fase di ottimizzazione in FRONTIER. Questi punti vengono, come al passo 1., traslati in direzione positiva e negativa del periodo L, eliminando i punti doppi nelle giunzioni figura 2.3: in questo modo il numero di punti di controllo è pari a 25. Avendo scelto Figura 2.3 Eliminazione punti di controllo doppi. curve di ordine 4 (grado 3), il vettore dei nodi presenta 31 elementi, uniformemente distribuiti nell’intervallo [0, 1]. A tal proposito si veda la sezione 1.2.2. A questo punto è applicabile lo schema di generazione precedente. Come in [5] si è scelto un modulo elementare costituito da 2 parti rettilinee che comprendono una parte curvilinea. La scelta di ottenere il profilo superiore del canale per semplice traslazione consente di garantire la sovrapponibilità dei moduli. In questo lavoro tuttavia si è potuto trattare i profili, rispettivamente inferiore e superiore, come un’unica curva NURBS, andando a controllarne la generazione in modo efficace come di seguito. 2.1.1 Parametrizzazione del profilo inferiore del canale Come sopra riportato la generazione del canale ha inizio definendo i punti di controllo di una NURBS periodica del IV ordine da utilizzare per il profilo inferiore. 21 2.1 Definizione della geometria Coerentemente alla numerazione dei punti di controllo, si sono utilizzate le relazioni Figura 2.4 Relazioni fra i punti di controllo. di tabella 2.1 e tabella 2.2 per parametrizzare il profilo inferiore. Il punto 1 coincide Punto Ascissa x Ordinata y Numero variabili 1 0 0 0 2 x1 + ∆x2 0 0 3 x2 + ∆x3 0 1 4 x5 + ρ4 cos ϑ4 y5 + ρ4 sin ϑ4 2 5 x1 + ∆x5 y1 + ∆y5 2 6 x5 + ρ6 cos ϑ6 y5 + ρ6 sin ϑ6 2 7 x8 − ∆x7 0 1 8 x2 + Lwave 0 1 9 L 0 1 Tabella 2.1 Punti di controllo del modulo elementare lungo il profilo inferiore. con l’origine degli assi e può essere quindi assunto come riferimento. I punti 3-7 sono definiti in modo relativo rispetto a 2-8. I punti 4-6 sono definiti in forma polare rispetto al punto 5 assunto come polo, le anomalie sono riferite all’orizzontale. Il punto 2 è automaticamente determinato, una volta fissate la lunghezza del canale L e la lunghezza proiettata del tratto curvo Lwave , in modo che il tratto curvo sia sempre posizionato al centro del profilo inferiore. Togliendo un grado di libertà sul posizionamento si evi- 22 Definizione del problema nel caso bidimensionale ta che, per taluni valori di traslazione del profilo superiore, si ottengano canali dalle geometrie linearmente dipendenti. ∆x2 ha il ruolo di funzione di trasferimento ed è: ∆x2 = L − Lwave 2 Il punto 9 è posizionato sulla medesima ordinata del punto 1 e dista da esso la lunghezza del canale. I campi di validità delle variabili introdotte sono definiti rispetto al diametro idraulico (2.3), unico riferimento geometrico fisso; essendo l’altezza media pari a 0.5, esso assume valore unitario e se ne può sottintendere la presenza. Il valore dei parametri Parametro L Lwave ∆x3 ρ4 ϑ4 ∆x5 ∆y5 ρ6 ϑ6 ∆7 Descrizione lunghezza lungo x del modulo elementare lunghezza lungo x del profilo curvilineo distanza lungo x del punto 3 rispetto al punto 2 distanza polare del punto 3 rispetto al punto 2 anomalia polare del punto 3 rispetto al punto 2 distanza lungo x del punto 5 rispetto al punto 2 distanza lungo y del punto 5 rispetto al punto 2 distanza polare del punto 6 rispetto al punto 5 anomalia polare del punto 6 rispetto al punto 5 distanza lungo x del punto 8 rispetto al punto 7 Campo ainf ; asup binf L; bsup L cinf L; csup L dinf ; dsup einf ; esup finf L; fsup L ginf ; gsup hinf ; hsup iinf ; isup linf L; lsup L Tabella 2.2 Dominio di definizione delle variabili. che definiscono i range delle variabili verranno riportati nella presentazione dei risultati. Il processo di ottimizzazione prevede infatti un graduale affinamento di tali valori in modo da indirizzare l’ottimizzatore nella corretta strada. Finora si contano 10 va- 2.2 Definizione e risoluzione del problema termofluidodinamico 23 riabili, ne verrà introdotta una ulteriore a definire la traslazione rispetto all’origine (o al punto 1 equivalentemente). 2.1.2 Generazione del profilo superiore Come già specificato il profilo superiore è ottenuto traslando lungo la direzione delle ordinate di una quantità Hav = 0.5 i punti di controllo del profilo inferiore e traslando gli stessi lungo l’asse delle ascisse di una quantità trasl definita come in tabella 2.3. Vale per i parametri minf e msup quanto detto alla fine della precedente sezione. Parametro trasl Descrizione entità di traslazione lungo x dei punti di controllo del profilo superiore Campo minf L; msup L Tabella 2.3 Entità di traslazione del profilo superiore rispetto quello inferiore. Il campo di variazione dei parametri di generazione geometrica consente la presenza di combinazioni tali da ottenere domini non coerenti con la fisica del problema, oppure su cui non è possibile costruire mesh valide, oppure ancora che non possono essere processate dal solver. Per ovviare a questi inconvenienti che portano al blocco delle operazioni di ottimizzazione, si sono previsti nello script MATLAB alcuni controlli che consentono il salvataggio dell’eventuale errore in un file di testo e l’uscita dal programma in esecuzione. Nella sezione 3.1 si darà una più amplia descrizione del problema. Le geometrie eliminate dai controlli di cui sopra non sono realizzabili o comunque il loro utilizzo non è conveniente e quindi, dopo una eventuale ulteriore analisi da parte dell’operatore, vengono scartate. 2.2 Definizione e risoluzione del problema termofluidodinamico Il problema termofluidodinamico preso in considerazione è lo scambio termico in regime di convezione forzata, per cui la riduzione delle perdite di carico nel canale si traduce in una riduzione della potenza di pompaggio richiesta. Questo consente di risolvere in un primo tempo il campo fluidodinamico, separatamente da quello termico, dal quale non è influenzato. Una volta noto il campo di moto, si affronta la risoluzione della parte termica influenzata dalla particolare distribuzione di velocità: l’accoppiamento dei due campi è dunque a senso unico, cosa che consente una più veloce ricerca della soluzione numerica rispetto al caso di convezione naturale dove il campo di moto è influenzato dal campo di temperatura. Il flusso nel canale viene studiato assumendo il regime laminare e stazionario. Si individuano quindi le caratteristiche di periodicità delle grandezze che governano i 24 Definizione del problema nel caso bidimensionale fenomeni fisici occorrenti, ossia velocità, pressione e temperatura. La scelta del regime laminare stazionario è legata ad una serie di motivazioni di diverso carattere. Dal punto di vista numerico, visto il carattere metodologico di questo lavoro, si è deciso di contenere l’onere computazionale. Inoltre, non essendo richiesto alcun modello di turbolenza, è possibile in questo modo garantire per il caso bidimensionale che i risultati siano grid-independent, i.e. con bassi errori di discretizzazione e convergenza [6]. Dal punto di vista fisico invece, in svariati casi pratici e in particolare nei dispositivi di scambio termico a scala ridotta, il regime è necessariamente laminare a seguito del basso numero di Reynolds [7, 8]. Non va poi trascurato che l’aumento dello scambio termico si ottiene favorendo il mixing del flusso. Il regime turbolento è caratterizzato da un forte rimescolamento, tuttavia l’incremento del fattore d’attrito richiede alti costi di pompaggio. Potrebbe quindi risultare vantaggioso sviluppare il fenomeno del mixing con particolari geometrie in regime non-turbolento [9]. Al fine di svincolarsi dalla necessità di definire le proprietà termofisiche del fluido in opera e di ottenere soluzioni generali che prescindano dalle dimensioni geometriche, si è scelto di affrontare il problema in forma adimensionale: in questo modo [10, 11] è infatti possibile disporre di una rapida confrontabilità fra due sistemi fra di loro in rapporto di similitudine. La similitudine tra due sistemi è definita nell’uguaglianza a livello puntuale dei parametri geometrici, cinematici e dinamici. 2.2.1 Grandezze adimensionali e grandezze di riferimento Il processo di adimensionalizzazione consiste nel rapporto fra due grandezze dimensionalmente omogenee ed esprime l’importanza dell’una rispetto all’altra assunta come riferimento, fisso o variabile. Per procedere alla adimensionalizzazione delle equazioni necessarie alla risoluzione del problema di convezione forzata si fissano tre grandezze di riferimento, di conseguenza si impongono tre scale per le variabili in gioco. In questo lavoro si è scelto di fissare una scala per le lunghezze, una per le velocità e una per la temperatura. Sono possibili ovviamente differenti modalità di scalaggio, operazione del tutto convenzionale, tuttavia in questo modo si ha una valutazione coerente di tutte le grandezze ricavate, si veda paragrafo 2.2.4. Lunghezze Tutte le lunghezze sono rapportate ad una dimensione di riferimento: nel nostro caso il diametro idraulico medio del canale Dh . Questa definizione consente una facile confrontabilità tra risultati ottenuti e quelli presenti in letteratura, nonché tra casi 2D e 3D. Velocità Le due componenti di velocità u e v sono adimensionalizzate rispetto la velocità media nel canale Uav nella direzione x, ossia la sola componente di velocità che contribuisce alla portata. Temperatura Detta Tw la temperatura della parete del canale e Tb, in la temperatura 2.2 Definizione e risoluzione del problema termofluidodinamico 25 media entalpica (detta di bulk) nella sezione di ingresso si ha che θ= T (x, y) − Tw Tb, in − Tw (2.1) Pressione In osservanza del teorema di Buckingham, il termine della pressione è 2 , dove ρ è la densità del implicitamente adimensionalizzato dal gruppo ρ · Uav fluido. Il diametro idraulico è definito come Dh = 4Ac C (2.2) dove Ac è la sezione di efflusso e C è il perimetro bagnato del canale. Nel caso di un canale 2D con altezza media Hav vale che Dh = lim z→∞ 4 · z · Hav = 2Hav 2(z + Hav ) (2.3) La velocità media viene definita attraverso la portata volumica V̇ , costante per l’incompressibilità del fluido, come Uav = V̇ Hav (2.4) La temperatura media entalpica, detta di bulk, o mixing cup temperature [12], è definita da un bilancio entalpico sulla generica sezione del canale normale all’asse x come Z 1 Tb,x = u T dS (2.5) Ac uav Ac dove (Ac uav ) è la portata volumetrica, uav è la velocità media nella sezione Ac , mentre u è la componente di velocità normale alla sezione generica Ac . Il pedice x indica il valore locale in corrispondenza della generica sezione. Il flusso e lo scambio termico bidimensionali vengono descritti da tre equazioni di conservazione che in forma adimensionale presentano i seguenti raggruppamenti. Reynolds Questo gruppo rappresenta il rapporto fra le forze di inerzia e le forze viscose in un canale di specificata geometria: Re = ρ Uav Dh µ dove µ è la viscosità dinamica del fluido. Si fa notare come nel caso bidimensionale per flusso incomprimibile il prodotto Uav Hav è la portata volumica per unità di profondità ed è costante; segue che anche il prodotto Uav Dh = Uav 2Hav = cost 26 Definizione del problema nel caso bidimensionale Prandtl Questo numero esprime il rapporto fra la diffusione di quantità di moto e la diffusione termica: µ cp ν Pr = = k α Péclet Il prodotto Re Pr è detto numero di Péclet, il quale rappresenta il rapporto fra l’energia termica fornita al fluido per convezione e l’energia termica trasmessa assialmente per conduzione lungo il flusso. La tabella 2.4 riassume quanto esposto, le variabili adimensionali sono indicate con l’asterisco in apice. Con Tw si intende la temperatura in corrispondenza delle pareti Grandezza Espressione x∗ x/Dh y∗ y/Dh u∗ u/Uav v∗ v/Uav p∗ 2) p/(ρ Uav θ (T (x, y) − Tw )/(Tb, in − Tw ) Re (ρ Uav Dh )/µ Pr (µ cp )/k Pe Re Pr Tabella 2.4 Elenco delle grandezze adimensionali per il caso 2D. e in genere il pedice w indica wall. Con i pedici in e out si intende fare riferimento rispettivamente alla sezioni di ingresso e di uscita del canale, per cui xin = 0 e xout = L, se L è il periodo del canale. 2.2.2 Equazioni adimensionali Si riportano di seguito le equazioni di conservazione in forma adimensionale. D’ora in avanti, se non specificatamente espresso, si sottintende l’asterisco per indicare le grandezze adimensionali. Il regime del flusso all’interno del canale è assunto: - laminare; - stazionario; - completamente sviluppato dinamicamente e termicamente; 2.2 Definizione e risoluzione del problema termofluidodinamico 27 - incompressibile. Conservazione della massa ∂u ∂v + =0 ∂x ∂y (2.6) Conservazione della quantità di moto u ∂u ∂u 1 +v = ∂x ∂y Re ∂v ∂v 1 +v = ∂x ∂y Re u ∂ 2u ∂ 2u ∂p + − ∂ x2 ∂ y2 ∂x (2.7a) ∂ 2v ∂ 2v ∂p + − ∂ x2 ∂ y2 ∂y (2.7b) Conservazione dell’energia u ∂θ 1 ∂θ +v = ∂x ∂y Pe ∂ 2θ ∂ 2θ + 2 ∂ x2 ∂y (2.8) La simulazione numerica viene condotta per un flusso con le seguenti caratteristiche: Re 200 Pr 0.7 Tabella 2.5 Caratteristiche del flusso Il numero di Prandtl scelto è rappresentativo dell’aria in condizioni standard. Il canale creato viene studiato in condizioni di flusso completamente sviluppato. Dal punto di vista fluidodinamico questo comporta che i profili di velocità varino periodicamente, ritrovando la medesima configurazione ad ogni modulo [13]. Questo non accade invece nella regione di ingresso o nel caso di flusso non stazionario. La regione di ingresso in un canale piano, con moto a falde parallele, è caratterizzata dallo sviluppo dello strato limite nel senso del moto, finché questo non raggiunge un’altezza pari alla semi-altezza del canale [12]. Il generico canale trattato in questo lavoro non è tuttavia assialsimmetrico, quindi lo strato limite non si sviluppa in modo simmetrico nel condotto. La condizione di completo sviluppo è ottenuta dal punto di vista fluidodinamico imponendo [4] condizioni di periodicità sul campo di velocità e pressione come riportato nel paragrafo 2.2.3. Dal punto di vista termico lungo un condotto caratterizzato da un fluido in moto che scambia calore con l’esterno, detta s la coordinata curvilinea e n la coordinata in 28 Definizione del problema nel caso bidimensionale direzione ortogonale a s si ha che: dTb ,0 ds cosı̀ come ∂ T (s, n) ,0 ∂s mentre considerando il gruppo adimensionale θp = T (x, y) − Tw Tb,x − Tw (2.9) la condizione di completo sviluppo per una canale a sezione costante [4] è espressa dalla ∂ θp =0 (2.10) ∂s Si può inoltre dimostrare [12] che in un deflusso interno nelle condizioni citate e con un fluido di processo a proprietà costanti, il coefficiente convettivo, cosı̀ come il numero di Nusselt, sono costanti e indipendente da s. Le condizioni per l’esistenza di una zona a completo sviluppo termico in canali circolari in regime di convezione forzata sono riportate in [14]. Per canali a sezione variabile con periodicità L la precedente relazione (2.10) vale solo in termini integrali (2.11), ovvero il profilo di temperatura adimensionale θp si ripete uguale nelle diverse stazioni distanti L fra loro lungo la direzione del flusso [4]. θp (x, y) = θp (x + L, y) (2.11) È interessante notare che un canale a sezione costante può essere visto come un canale periodico di periodo infinitesimo. L’aver fissato le proprietà del fluido e le caratteristiche del problema in forma adimensionale con Pr e Re a questo livello di analisi non è rilevante. Infatti il numero di Reynolds determina la lunghezza del tratto di tubazione detta di sviluppo idrodinamico, mentre il numero di Prandtl la lunghezza di tubazione in cui si verifica lo sviluppo termico: al variare di questi due parametri si osservano variazioni della soluzione nella sola regione di ingresso (o eventualmente in condizioni di non stazionarietà). Si è temporaneamente introdotto un sistema di coordinate curvilinee, il discorso non cambia però nel piano (x, y) di coordinate cartesiane, scelta peraltro obbligata per l’utilizzo di FEMLAB. 2.2.3 Impostazione delle equazioni per il campo fluido Si consideri un flusso all’interno di un canale bidimensionale sviluppato idrodinamicamente con l’asse delle ascisse positive nel senso di avanzamento del fluido come in figura 2.5. La periodicità si osserva nella direzione x, ossia il canale viene idealmen- 2.2 Definizione e risoluzione del problema termofluidodinamico 29 Figura 2.5 Soluzione del campo fluido: rappresentazione del campo con vettori di velocità e linee di corrente. te montato unendo lungo tale direzione un certo numero di moduli elementari, come quello in figura 2.5. Come in [4] ed altri autori in articoli successivi, detta L la lunghezza del canale e Y = Y (x) la generica ordinata del profilo vale che Y (x) = Y (x + n · L) (2.12) con n ∈ Z. Condizioni al contorno per il campo fluidodinamico. Per quel che riguarda le condizioni al contorno le componenti di velocità devono assumere lo stesso valore in ingresso e in uscita al canale, mentre saranno nulle in corrispondenza del mantello laterale. La pressione merita invece un discorso a parte. L’effetto del campo di pressione è quello di consentire un efflusso che soddisfi la (2.6) contro la presenza dell’attrito dovuto alla viscosità del fluido di processo: si assiste quindi ad una perdita di carico lungo la direzione positiva dell’asse delle ascisse. Questo non significa però che non si possa dedurre una condizione di periodicità per la pressione. Il termine di pressione può infatti essere pensato come somma di 2 contributi [4, 5]: 1. un termine periodico al pari delle componenti di velocità; 2. un termine a-periodico che tiene conto della continua caduta di pressione lungo il canale. L’andamento della pressione media in ogni sezione in funzione di x può essere espresso da una curva come in figura 2.6. Se L è la lunghezza del modulo del canale, si osserva che p(x, y) − p(x + L, y) = β · L (2.13) dove β > 0 è il gradiente pressorio ed esprime la caduta di pressione per unità di lunghezza necessaria a garantire la portata desiderata, mentre P(x, y) rappresenta la 30 px Definizione del problema nel caso bidimensionale andamento globale caduta di pressione dovuta al gradiente pressorio componente periodica x Figura 2.6 Andamento caratteristico della pressione media in ciascuna sezione del canale e sue componenti. componente periodica della pressione, responsabile della distribuzione del campo di moto nel modulo. La pressione all’interno del campo fluido può quindi essere espressa come p(x, y) = −β · x + P(x, y) (2.14) Verranno ora riportate le condizioni al contorno e le equazioni per la risoluzione nel dominio di interesse, ossia quello per cui è 0 ≤ x ≤ L . Pareti Sulle pareti sono imposte condizioni di no-slip, ovvero componenti di velocità nulle per effetto della viscosità. u=0 v=0 (2.15) Inlet e Outlet L’ingresso e l’uscita del canale necessitano di condizioni di periodicità per le componenti di velocità e per la pressione, in questo modo è infatti possibile studiare un solo modulo dell’intero canale e non ci si deve preoccupare della regione di ingresso in cui si assiste alla condizione di hydrodynamically developing flow. u(xin , y) = u(xout , y) v(xin , y) = v(xout , y) P(xin , y) = P(xout , y) (2.16) Infine è necessario fissare un riferimento per la pressione, imponendone un valore arbitrario in un punto: i.e. P = 0 nel punto in basso a destra del canale. Senza quest’ultima infatti, le condizioni al contorno fornite definirebbero la pressione a meno di 31 2.2 Definizione e risoluzione del problema termofluidodinamico Figura 2.7 Imposizione di un punto a pressione nulla come valore di riferimento. una costante additiva: la soluzione trovata non sarebbe univoca. Per quanto riguarda le equazioni da risolvere per ottenere il campo fluidodinamico la (2.6) rimane immutata, mentre la (2.7a) e la (2.7b) presentano il termine di pressione periodica assieme al gradiente gradiente pressorio β nella forma di forzante ∂P ∂u ∂u 1 ∂ 2u ∂ 2u + +β − u +v = (2.17a) ∂x ∂y Re ∂ x2 ∂ y2 ∂x ∂v 1 ∂v = u +v ∂x ∂y Re 2.2.4 ∂ 2v ∂ 2v ∂P + − ∂ x 2 ∂ y2 ∂y (2.17b) Fattore di attrito adimensionale Come indice della potenza spesa dalla pompa per movimentare il fluido all’interno del canale, si è scelto un parametro adimensionale, quale il fattore d’attrito f , in modo da poter subito confrontare diverse geometrie. Autori diversi presentano differenti definizioni di tale valore (Fanning friction factor, Darcy friction factor [12]), tuttavia non sempre c’è coerenza fra le varie grandezze correlate a tale fattore. In questo lavoro si è data una definizione autonoma, comunque conforme alla letteratura corrente, in modo da avere coerenza tra il fattore d’attrito ottenuto dalla (2.22), ovvero dall’integrale degli sforzi a parete, e lo stesso ricavato dalla (2.23). In questa sezione le forme adimensionali sono indicate con l’asterisco. Utilizzan2 per adimensionalizzare tensioni e pressioni, si definisce il fattore do il termine ρUav d’attrito locale τnx fx = (2.18) 2 ρUav dove τnx rappresenta lo sforzo viscoso a parete in direzione x, wall shear stress, il quale può essere espresso in funzione della pressione e delle componenti di velocità 32 Definizione del problema nel caso bidimensionale [11] ∂u ∂v ∂u nx + µ ny τnx = −p + µ 2 + ∂x ∂y ∂x (2.19) In forma adimensionale, seguendo quanto già fatto per l’equazione della conservazione della quantità di moto 2 ∂ u∗ 1 ∂ u∗ ∂ v∗ ∗ + fx = τnx = −p∗ + n + ny (2.20) x Re ∂ x∗ Re ∂ y∗ ∂ x∗ Noto il fattore d’attrito locale fx , quello globale si ricava con la media sul canale f= 1 L Z wall fx ds Sostituendo l’espressione di fx con la (2.20) e ricordando la (2.14) Z 1 2 ∂ u∗ 1 ∂ u∗ ∂ v∗ f= −P∗ + β ∗ x∗ + + n + ny ds x L wall Re ∂ x∗ Re ∂ y∗ ∂ x∗ (2.21) (2.22) Il coefficiente f altro non è se non la forma adimensionale della forza d’attrito media sul canale. Per garantire la condizione di completo sviluppo, dalla conservazione della quantità di moto fra ingresso e uscita, come semplice bilancio di forze mediate nel canale Z Fshear stress = τnx ds = ∆p Hav (2.23) wall ed elaborando la (2.23) assieme alle (2.18) e (2.21) si ricava infine f =β β∗ Hav = 2 ρU 2 (2.24) La (2.24) è la forma utilizzata per determinare il parametro d’attrito medio del canale, il quale coincide con la metà del gradiente pressorio in forma adimensionale. Procedendo in questo senso, si può verificare che le (2.22) e (2.24) portano allo stesso risultato. 2.2.5 Tecniche di soluzione per il campo fluidodinamico Le equazioni (2.6), (2.17a), (2.17b) costituiscono un sistema di equazioni alle derivate parziali [4] sulle 3 incognite: u(x, y) v(x, y) P(x, y) 2.2 Definizione e risoluzione del problema termofluidodinamico 33 Si osservi che però il sistema presenta, oltre a Re, che è un parametro, un’ulteriore incognita, ovvero β , legato come noto alla portata che scorre all’interno del canale. Per affrontare la soluzione si è scelto di fissare un valore per la portata V̇ = 0.5, che unitamente alla scelta per il valore di Hav , altezza del canale, consenta di utilizzare scale di lunghezza e velocità normalizzate sul valore unitario. In questo modo si ha: Re ≡ 1 ν Per ovviare alla singolarità del sistema di cui sopra, il processo di soluzione è di tipo iterativo: si fissa per β un valore di tentativo, si procede alla soluzione del sistema e lo si corregge finché la velocità media ottenuta non è unitaria, come nello schema di figura 2.8. Il gradiente pressorio è dunque il responsabile della velocità media del flusso nel canale, ad una sua graduale diminuzione si osserva una riduzione di portata. Si sono tentati 3 differenti approcci per risolvere il campo fluido con il valore di portata desiderato, cui corrisponde un valore unitario per la velocità media, Uav = 1. Di seguito si riportano le modalità di correzione di cui in figura 2.8. 2.2.6 Primo approccio Una prima soluzione consiste nel generare una correzione per il gradiente pressorio di primo tentativo a partire dall’errore sulla portata media nel canale [5, 15]. Il controllo che viene applicato su β può essere una combinazione di proporzionale P, integrativo I, derivativo D. Nel lavoro [5] viene applicato un controllo P, in cui la correzione su β è proporzionale all’errore percentuale sulla portata. Per agevolare la convergenza il coefficiente di proporzionalità è di tipo adattativo a seconda dell’evoluzione della funzione errore. Nel lavoro [15] il controllo è di tipo PI (proporzionale-integrativo), il che consente un certo smorzamento per evitare eccessivi overshoots della funzione di correzione. Entrambe le strade precedenti sono tuttavia risultate poco efficienti e la dipendenza dal valore del gradiente pressorio di primo tentativo si è dimostrata notevole. Anche con un controllo PID [16], con termine integrativo che influenza un numero limitato di errori, si è reso necessario avere un controllo in itinere dei vari coefficienti e la ricerca di valori costanti e di compromesso mediante modeFRONTIER su diverse geometrie e con diversi β iniziali non ha fornito risultati soddisfacenti. Si ritiene che questo approccio alla soluzione sia efficiente nel caso di problemi specifici, in cui la geometria non abbia i gradi di libertà necessari in un problema di ottimizzazione. In questo lavoro è richiesta una forte flessibilità e una metodologia troppo conservativa (i.e. correzioni contenute ad ogni iterazione) rischia di portare a tempi di calcolo non sostenibili. 34 Definizione del problema nel caso bidimensionale Imposizione del numero di Reynolds Re e del gradiente pressorio β di tentativo Risoluzione del problema fluidodinamico Calcolo della portata e della velocità media Nuovo valore per il gradiente pressorio Valutazione dell'errore rispetto la velocità di riferimento SI L'errore supera la tolleranza richiesta NO Il campo di velocità e il valore di β ottenuti sono quelli ricercati Figura 2.8 Diagramma di flusso per la risoluzione del campo fluidodinamico. 2.2 Definizione e risoluzione del problema termofluidodinamico 2.2.7 35 Secondo approccio 2 , si Guardando alla forma dimensionale per maggior semplicità, vale che β ∝ fUav veda equazione (2.24). La caduta di pressione all’interno del modulo è infatti assunta, attraverso il fattore d’attrito, proporzionale all’energia cinetica del flusso. Si può dunque procedere in forma iterativa nel seguente modo: 1. si sceglie un valore di tentativo per il gradiente pressorio βn 2. si risolve il campo fluidodinamico e si calcola il valore della portata volumica e della velocità media Uav,n 3. la coppia (Uav,n , βn ) ottenuta individua il coefficiente d’attrito fn che viene calcolato con la (2.24), si veda figura 2.9 4. si determina un nuovo valore del gradiente pressorio βn+1 ponendo Uav = 1, ovvero il valore obiettivo per la velocità media, nella (2.24) 5. si risolve nuovamente il campo di moto, estraendo la portata volumica e la velocità media Uav,n+1 6. se l’errore tra il nuovo valore di velocità media e il valore unitario obiettivo è inferiore ad una fissata tolleranza, si va al punto 7., altrimenti si riparte dal punto 1. con βn+1 appena trovato come nuovo valore di tentativo 7. la coppia (Uav,n+1 , βn+1 ) ≡ Uobj , βobj e rispetta il valore di portata richiesto ed è coerente con il coefficiente d’attrito calcolato fn+1 ≡ fobj Il pedice n rappresenta un contatore di iterazioni. 36 Definizione del problema nel caso bidimensionale Tentativo numero 1 1 0.9 gradiente pressorio 0.8 0.7 1 1 (Uav,β ) 0.6 0.5 0.4 0.3 (1,β2) 0.2 0.1 0 0 0.5 1 U 1.5 2 av 1 ,β1 Figura 2.9 Gradiente pressorio di primo tentativo e prima correzione: la coppia Uav 1 > 1 e il nuovo valore di β 2 viene calcolato individua un coefficiente f 1 < fobj in quanto Uav con Uav = 1. Tentativo numero 2 gradiente pressorio 1.5 1 (1,β3) 0.5 2 2 (Uav,β ) 0 0 0.5 1 Uav 1.5 2 2 < 1, quindi questa coppia individua f 2 > Figura 2.10 Seconda correzione: β 2 < βobj e Uav fobj . 37 2.2 Definizione e risoluzione del problema termofluidodinamico Tentativo numero 3 2 1.8 gradiente pressorio 1.6 1.4 1.2 1 0.8 (U3av,β3) 0.6 (1,β4) 0.4 0.2 0 0 0.5 1 U 1.5 2 av Figura 2.11 Terza correzione: come 2.9 con però un errore minore sulla portata/velocità media. Tale metodo di correzione è stato tuttavia abbandonato perché la velocità di convergenza è piuttosto lenta a causa della dipendenza quadratica del gradiente pressorio dalla velocità media nel canale. Dalle figure riportate si può notare l’oscillazione della soluzione attorno al presunto valore obiettivo: questo problema è assimilabile ad un sistema del secondo ordine con un forte overshooting, causato dalla quasi totale assenza dello smorzamento. Rispetto al caso precedente dunque non si è osservato un miglioramento dell’efficienza, tuttavia il meccanismo presenta una maggiore robustezza, avendo il valore di primo tentativo di β una minor influenza sulla possibilità di convergenza. 2.2.8 Terzo approccio In regime laminare [11, 12, 17], per un flusso in un canale cilindrico o in un canale piano parallelo, il fattore d’attrito f , sia dal punto di vista analitico sia dal punto di vista sperimentale, è inversamente proporzionale al numero di Reynolds: si utilizza questo aspetto fisico del problema per ottenere una efficiente convergenza numerica. Sempre in forma dimensionale K f= (2.25) Re dalla definizione di Re si evince che f= K0 Uav (2.26) 38 Definizione del problema nel caso bidimensionale Riproponendo la dipendenza del gradiente pressorio dalla velocità media (2.24) 2 β ∝ fUav (2.27) 1 2 U = K 00Uav Uav av (2.28) Inserendo nella precedente la (2.26) β = K 00 Ovviamente lo stesso discorso si ripropone con la portata volumetrica in quanto V̇ = Uav Hav ∝ Uav . Analogamente al caso di cui sopra, ora è K 00 incognito e può essere determinato nota la generica coppia di tentativo (β ,Uav ). La relazione (2.25) non vale in modo esatto per il flusso in un canale con sezione di efflusso variabile, anzi si può osservare, anche in virtù della modalità precendente, che m β = KUav (2.29) con 1 6 m 6 2. La condizione di regime laminare, lontano dalla condizione di transizione, assicura però che il coefficiente m sia più vicino al valore unitario. A questo aspetto è dovuta l’eventuale non perfetta linearità della relazione (2.28), rappresentata in figura 2.12 dalla curva a trattini. Questo ed errori di round off fanno sı̀ che per convergere alla portata obiettivo sia necessario un numero di iterazioni superiore a 1. Tuttavia si fa notare come nel canale piano parallelo la soluzione corretta è ottenuta già alla prima iterazione. Si può procedere quindi nel modo seguente: 1. si sceglie un valore del gradiente pressorio βn di tentativo 2. si risolve il campo di moto calcola il valore della portata e della velocità media Uav,n 3. la coppia (Uav,n , βn ) individua la costante di proporzionalità K 00 si veda figura 2.12 4. si determina un nuovo valore del gradiente pressorio βn+1 = βn con cui Uav,n ricalcolare il campo fluidodinamico 5. si calcola nuovamente il valore della velocità media Uav,n+1 6. se l’errore fra la velocità media appena calcolata e la velocità obiettivo è inferiore ad un fissato valore di tolleranza, si prosegue al punto 7., altrimenti si ritorna al punto 1. con βn+1 come nuovo valore di tentativo 7. la coppia (Uav,n+1 , βn+1 ) ≡ Uobj , βobj e rispetta il valore di portata richiesto 2.2 Definizione e risoluzione del problema termofluidodinamico 39 In realtà nello script la correzione è ottenuta con il rapporto fra la portata calcolata nella sezione di ingresso e la portata obiettivo: a convergenza avvenuta tale rapporto è unitario, cosı̀ come il rapporto fra le velocità medie, qualora calcolate lungo la medesima sezione. Tentativo numero 1 3 1 gradiente pressorio 1 (Uav,β ) 2.5 2 2 1.5 (1,β ) 1 0.5 0 0 0.5 1 U 1.5 2 av Figura 2.12 Gradiente pressorio di primo tentativo e prima correzione. Tentativo numero 2 3 gradiente pressorio 2.5 2 (U2av,β2) 1.5 3 (1,β ) 1 0.5 0 0 0.5 1 Uav 1.5 2 Figura 2.13 Gradiente pressorio di secondo tentativo e seconda correzione. 40 Definizione del problema nel caso bidimensionale Tentativo numero 3 3 gradiente pressorio 2.5 2 1.5 (U3 ,β3) av (1,β4) 1 0.5 0 0 0.5 1 U 1.5 2 av Figura 2.14 Gradiente pressorio di terzo tentativo e terza correzione: ormai si è molto vicini alla soluzione obiettivo e l’inviluppo delle rette dà l’effettiva relazione fra velocità/portata e gradiente pressorio. L’evoluzione delle figure 2.12, 2.13, 2.14 mette in evidenza come la curva che esprime la (2.28) in forma non lineare sia l’inviluppo delle (2.28) a K 00 = const; la non linearità della (2.28) è giustificata in presenza di un moto laminare su canali con profili più o meno distanti dal canale piano parallelo, per il quale la (2.25) è valida con K = const. La convergenza è di tipo monotono, ovvero se il gradiente pressorio di primo tentativo βn è maggiore di βobj le successive correzioni consentiranno di giungere a tale valore rimanendo alla sua destra rispetto al sistema di coordinate in figura. L’opposto se βn < βobj . La motivazione di questa peculiarità risiede nella monotonia della derivata prima della (2.28). 2.2.9 Impostazione delle equazioni per il campo termico Tra le numerose condizioni al contorno che si possono imporre per il campo termico in regime di convezione forzata [12], si è optato per temperatura uniforme alle pareti del condotto. Questa, oltre ad essere rappresentativa di alcune situazioni reali, i.e. elevata conduttività termica delle pareti, è più complessa da trattare numericamente rispetto al caso di flusso termico imposto alle pareti. Questa scelta comporta infatti per il flusso termicamente sviluppato una formulazione della periodicità diversa rispetto a quella del problema fluidodinamico [4], mentre per flusso termico imposto alle pareti si procede similmente. 2.2 Definizione e risoluzione del problema termofluidodinamico 41 Come già evidenziato, la condizione di periodicità (2.11) per il profilo di temperatura adimensionale riguarda θp e non la forma adimensionale θ scelta per la temperatura in questo lavoro e attraverso la quale è stata riscritta l’equazione di conservazione dell’energia (2.8). Seguendo il processo di adimensionalizzazione di [4], compare un termine, sotto forma di forzante di volume, il quale tiene conto del fatto che ∂ Tb,x ,0 ∂x (2.30) Il vantaggio di risolvere l’equazione dell’energia nella variabile primitiva θp , automaticamente periodica, comporta quindi la necessità di determinare lungo il dominio la distribuzione della variazione della temperatura di bulk in forma dimensionale (2.30). Questo significa introdurre una ulteriore equazione [4], piuttosto complessa da implementare sul tipo di griglia non strutturata che FEMLAB utilizza. Attraverso invece una adimensionalizzazione per la temperatura θ a riferimento fisso, consistente nella temperatura di bulk in corrispondenza della sezione di ingresso al canale, si aggira questo problema e l’equazione dell’energia assume la forma di (2.8). In questo modo però la variabile indipendente non è più periodica fra inlet e outlet, poiché la periodicità si ha sul profilo di temperatura del tipo (2.9). Si osserva tuttavia che, nelle condizioni di completo sviluppo termico, valgono le seguenti relazioni ovvero θp (xin , y) = θp (xout , y) (2.31) T (L, y) − Tw T (0, y) − Tw = Tb,in − Tw Tb,out − Tw (2.32) Per riportarsi alla forma adimensionale a punto fisso, si moltiplica e si divide il secondo membro della 2.32 per il termine (Tb,in − Tw ) T (xout , y) − Tw Tb,in − Tw T (xin , y) − Tw = Tb,in − Tw Tb,out − Tw Tb,in − Tw Detto σ= Tb,in − Tw Tb,out − Tw (2.33) (2.34) dalle (2.33) e (2.34) si ottiene che θ (xin , y) = θ (xout , y)σ (2.35) Si è quindi sostituita una funzione di x [4], con una costante che rispetti la successiva condizione (2.42): ovvero un salto di temperatura coerente con il flusso termico al mantello ed il salto entalpico tra inlet e outlet del canale. Riguardo la determinazione del parametro σ si discuterà più avanti. 42 Definizione del problema nel caso bidimensionale Condizioni al contorno per il campo termico Viene seguita la strada di [5], riproposta in forma adimensionale e considerando, senza togliere generalità al metodo, che il fluido subisca una fase di raffreddamento. Pareti Sulle pareti solide la condizione è di temperatura imposta e costante, per cui dalla definizione di θ si ottiene θ =0 (2.36) Inlet e Outlet Per garantire la condizione di completo sviluppo termico all’interno del canale si impone, come già espresso, la (2.35) unita alla (2.34). Tuttavia come già osservato in [5], con un tale set di condizioni al contorno FEMLAB fornisce unicamente la soluzione banale, ossia θ (x, y) = θw = 0 Infatti una soluzione di questo tipo è coerente con le (2.34) (2.35) e (2.36), al pari della soluzione non-banale ricercata e, almeno qualitativamente, si può dire che il solutore è portato a questa soluzione poiché gli estremi della sezione di ingresso e di uscita hanno la medesima condizione al contorno del mantello. Per risolvere questo problema si impone in ingresso una ulteriore condizione di tipo integrale, tenendo conto della (2.5), insieme alla incomprimibilità del fluido e alla definizione di θ , R θ u ds = θb,in = 1 in u ds Rin (2.37) Cosı̀ facendo, si costringe il solutore a trovare quella particolare distribuzione di temperatura lungo la sezione di ingresso che rispetti le condizioni agli estremi e al contempo non sia ovunque nulla. In figura 2.15 è proposto un esempio di canale bidimensionale con le principali condizioni al contorno imposte e per il campo di moto e per il campo termico. 2.2.10 Tecniche di soluzione per il campo termico Analogamente al campo fluidodinamico, la (2.8) presenta come unica variabile primitiva la temperatura adimensionale θ , tuttavia nelle condizioni di periodicità compare il parametro incognito σ , la cui determinazione viene ora affrontata. L’andamento di Tb,out in funzione di σ (2.35), figura 2.16, è di tipo iperbolico ed è interessante notare come il parametro σ assuma valori maggiori dell’unità sia nel caso di canale con flusso in fase di raffreddamento sia di canale con flusso in fase di riscaldamento. Infatti, dall’applicazione del secondo principio della termodinamica a questa tipologia di problema, la temperatura di bulk in uscita è sempre intermedia tra la la temperatura di bulk in ingresso e la temperatura di parete. Se (|σ | = 1) dalla (2.34) si ottiene che non è avvenuto alcuno scambio termico fra ingresso e uscita del canale. 43 2.2 Definizione e risoluzione del problema termofluidodinamico Figura 2.15 Principali condizioni al contorno imposte. La condizione (|σ | < 1) è sufficiente, ma non necessaria, per garantire la presenza di pozzi o sorgenti di calore interne al canale (i.e.: reazioni chimiche). La presenza del modulo è necessaria poiché valori negativi di σ non hanno significato fisico, anche se numericamente nel processo di soluzione può presentarsi la condizione di σ < 0. 20 Tb,out=f(σ) Tb,out=f(|σ|) 15 10 Tb,out 5 0 −5 −10 −15 −20 −5 −4 −3 −2 −1 0 σ 1 2 3 4 5 Figura 2.16 Andamento della temperatura dimensionale media all’uscita in funzione del parametro σ : la zona con |σ | > 1 rappresenta il caso di canale in fase di raffreddamento. Il processo di risoluzione del campo termico è iterativo. Una volta risolto il campo fluidodinamico, si utilizza il campo di velocità trovato per ottenere la distribuzione 44 Definizione del problema nel caso bidimensionale della temperatura adimensionale nel caso di raffreddamento: Tb,in > Tb,out e σ > 1. I passi del processo risolutivo prevedono di: 1. fissare un valore per σ di tentativo, con il solo vincolo che sia σ > 0 2. risolvere il campo termico con le condizioni al contorno (si veda sezione 2.2.9) 3. imporre l’uguaglianza in forma adimensionale fra il salto entalpico fra ingresso e uscita del canale e il calore ceduto attraverso il mantello 4. dalla precedente espressione ricavare un nuovo valore per il parametro σnew 5. se l’errore relativo fra σ e σnew supera una certa tolleranza tornare a 1. con σ = σnew , altrimenti andare a 6. 6. il valore σ determinato è tale per cui il flusso di calore al mantello bilancia il salto entalpico fra ingresso e uscita del canale Lo schema è proposto in figura 2.17. L’assunzione di un valore non corretto per σ causa la nascita di un termine di generazione in corrispondenza della sezione di uscita del canale. Questo serve a compensare il bilancio di primo principio, ma non ha alcun significato fisico per il problema trattato. L’uguaglianza in forma adimensionale fra salto entalpico e flusso termico al mantello si può esprimere, partendo al solito dalla forma dimensionale, come ṁcp (Tb,in − Tb,out ) = Z w −k ∂T ds ∂n (2.38) dove ṁ è la portata massica, cp è il calore specifico a pressione costante e k è la conducibilità termica molecolare del fluido. Dalla definizione di Pr e Re e per la condizione di temperatura uniforme al mantello Tb,in − Tb,out = 2 Re Pr Z − w ∂θ (Tb,in − Tw ) ds ∂n (2.39) Sommando e sottraendo la temperatura di parete al primo membro della (2.39) si ottiene Z Tb,in − Tw + Tw − Tb,out ∂θ 1 − ds (2.40) = Tb,in − Tw Re Pr w ∂ n Ricordando la definizione data a σ (2.34) 1− 2 1 = σ Re Pr Z w − ∂θ ds ∂n (2.41) Per evitare la determinazione durante il processo iterativo di valori negativi di σ , la (2.41) può essere riscritta Z 2 ∂ θ 1 = 1+ ds (2.42) σ Re Pr w ∂ n 2.2 Definizione e risoluzione del problema termofluidodinamico Imposizione del valore di θb,in e del rapporto fra le differenze di temperatura in ingresso e uscita σ di tentativo Risoluzione del problema termico in convezione forzata Nuovo valore per σ Imposizione dell'uguaglianza in forma adimensionale tra il salto entalpico fra ingresso e uscita del canale e il calore ceduto attraverso il mantello Dall'espressione precedente valutazione di un nuovo valore per σ L'errore fra il nuovo e il vecchio σ supera la tolleranza richiesta SI NO Il campo termico e il valore di σ sono fra loro coerenti Figura 2.17 Diagramma di flusso per la risoluzione del termico. 45 46 Definizione del problema nel caso bidimensionale Se il coefficiente di attrito valuta la prestanza del canale in esame dal punto di vista fluidodinamico, le prestazioni di scambio termico sono caratterizzate dal numero di Nusselt Nu. Come per il coefficiente f , si parla ci numero di Nusselt locale Nux e mediato lungo una parete Nu. Nux = Nu = hx Dh k 1 L (2.43a) Z L 0 Nux ds (2.43b) Poiché un canale è delimitato da 2 pareti la (2.43b), diventa Nu = 1 2L Z wall Nux ds (2.44) in questo modo si è mediato lo scambio termico adimensionale su ciascuna parete con la lunghezza del modulo. Si sono introdotti il coefficiente di scambio termico convettivo locale hx e globale h. Esiste infine un legame fra σ e Nu, che ne consente un facile calcolo, una volta noto il rapporto fra la temperatura di bulk in ingresso e in uscita. Riscrivendo la (2.38) in forma differenziale ṁcp dTb,x = −hx (Tb,x − Tw ) ds (2.45) Questa è una equazione differenziale del primo ordine, integrabile separando le variabili dTb,x hx =− ds (2.46) Tb,x − Tw ṁcp Moltiplicando e dividendo il secondo membro per (µkDh ) ed esprimendo la portata come ṁ = ρUav Hav dTb,x hx Dh 1 ds =− (2.47) Tb,x − Tw k Pe Hav Nella (2.47) compare il numero di Nusselt locale, passando alla relazione integrale ln Tb,out − Tw 1 =− Tb,in − Tw PeHav Z w Nux ds (2.48) Con la (2.44) ed esplicitando Nu si ottiene quanto cercato Nu = ln σ Hav Dh Pe = ln σ Pe 2L 4L (2.49) Questa modalità di soluzione è stata testata affrontando la soluzione del campo termico nel caso di canale piano parallelo. Secondo la soluzione analitica per questa 2.2 Definizione e risoluzione del problema termofluidodinamico 47 geometria, il numero di Nusselt per flusso pienamente sviluppato non dipende dal numero di Reynolds e per temperature alle pareti costanti e uguali vale [12] NuT = 7.54070087 (2.50) Operando in forma dimensionale, come già notato, il coefficiente hx è definito come hx = q00x Tb,x − Twall (2.51) dove q00x è il flusso termico specifico [ W/ m2 ]. In un canale generico si ha che ∃ (y1 , y2 ) | ∀x T (x, y1 ) = T (x, y2 ) = Tb,x e in assenza di assialsimmetria ciascuna delle due pareti (di dimensione S1 e S2 rispettivamente) avrà un differente valore di Nu. Conseguentemente la potenza termica q è q = h(Tb,x − Tw )S = h1 (Tb,x − Tw )S1 + h2 (Tb,x − Tw )S2 (2.52) dove S = S1 + S2 . Il coefficiente di scambio termico medio è quindi somma pesata dei coefficienti medi a parete e lo stesso dicasi per il numero di Nusselt. Figura 2.18 Visualizzazione del campo termico per un generico canale. La zona all’interno delle due curve nere è caratterizzata da T (x, y) > Tb,x . In figura 2.18 si riporta graficamente quanto detto per un generico canale. Sovrapposte al campo di temperatura, sono tracciate due curve che delimitano la zona, all’interno della quale la temperatura è maggiore di quella di bulk. Si osservi la periodicità del profilo di temperatura θp : θp,in = θp,out . 3 Caratteristiche della procedura risolutiva in FEMLAB Nel capitolo precedente, sezione 2.2, si è data una descrizione dei passi necessari alla risoluzione del problema di convezione forzata in un canale periodico bidimensionale. In questa capitolo sono riportate alcune problematiche affrontate nell’implementazione di tale metodologia in FEMLAB, e dal punto di vista della geometria e dal punto di vista numerico. FEMLAB è un solutore agli elementi finiti (FEM, Finite Element Method) su griglia non-strutturata, si vedano a proposito appendice A.2 e [18]. Lo scripting utilizzato da FEMLAB ne permette un diretto accoppiamento a MATLAB, per cui è possibile interfacciare le funzionalità di entrambi i software. In questo modo FEMLAB si rivela uno strumento molto potente e flessibile, molto più che nella sola veste d’uso grafica GUI (Graphical User Interface). 3.1 Sezione geometrica Durante la fase di test il programma principale ha subito diversi miglioramenti in termini di controllo della geometria generata, in particolare riguardo la presenza di più di un dominio e la caratteristica di stampabilità del profilo del canale. 3.1.1 Controllo di unicità del dominio Come anche si vedrà in seguito, i.e. capitolo 4 sull’ottimizzazione, l’adozione di NURBS per la generazione del canale ha come conseguenza un’enorme variabilità di forme. Spesso però queste risultano patologicamente non processabili, perché nonsingolarmente connesse, caratterizzate cioè da un numero di domini maggiore ad uno o prive di una adeguata sezione di inlet e outlet, perché FEMLAB non è stato in grado di tagliarne i bordi. Due chiari esempi sono riportati nelle figure 3.1(a) e 3.1(b). Il CAD interno a FEMLAB permette di riconoscere tali disfunzioni nelle geometrie, per cui queste vengono scartate. Tuttavia una prima applicazione di tale controllo portava a eliminare anche un canale come quello rappresentato in figura 3.2. Si tratta 49 50 Caratteristiche della procedura risolutiva in FEMLAB (a) Geometria multi-connessa. (b) Inlet e outlet definiti non correttamente. Figura 3.1 Esempi di canali non processabili. Tratteggiata la NURBS periodica con punti di controllo. però questa di una geometria singolarmente connessa, ottenuta con una traslazione del profilo superiore, trasl, in direzione positiva. Si può osservare che, traslando i due Figura 3.2 Esempio di canale 2D non processabile. profili in verso opposto a quanto espresso da trasl lungo la direzione x, il dominio diviene unico, la geometria processabile ed equivalente alla precedente dal punto di vista termofluidodinamico. 3.1.2 Controllo di stampabilità del profilo Già dopo i primi lanci di prova, l’ottimizzatore trovava in geometrie simili alla 3.3 caratteristiche performanti e per scambio termico e per attrito, tuttavia si tratta di un risultato puramente accademico, vista l’antieconomicità, o meglio l’impossibilità, 3.1 Sezione geometrica 51 Figura 3.3 Il canale precedente è ora processabile dopo la traslazione dei due profili. di realizzazione del canale. Infatti appare evidente come risulti difficile, se non impossibile, ottenere una delle due superfici tramite stampaggio. Questo procedimento consiste nell’obbligare una lamiera metallica ad occupare una cavità ricavata fra due stampi contrapposti fra loro; in realtà sarebbe forse più corretto parlare di imbutitura, che per definizione consiste nel costringere una lamiera piana ad assumere una certa concavità. Ad ogni modo la conca non può allargarsi dalla base all’apice,pena l’irrealizzabilità del pezzo. Visto il forte impatto della stampabilità sulla geometria, lo script è stato quindi addizionato di un controllo di realizzabilità, inteso tuttavia come solo esempio di vincolo, (constraint), di fabbricabilità. In questo lavoro, dal carattere accademico, non si pretende di assicurare canali realizzabili, quanto più di fornire un approccio metodologico a questo evidente problema. Nei casi reali, anche in funzione delle particolari tecnologie produttive, ulteriori vincoli andrebbero inseriti. Si è proceduto come segue. Una volta generato il profilo inferiore, questo viene interamente spazzolato lungo la direzione x da rette via via di diversa inclinazione, corrispondente alla eventuale direzione di stampaggio/imbutitura. Se esiste almeno una inclinazione per cui tutte le rette intersecano il profilo in un unico punto, allora e solo allora il profilo è stampabile. Le direzioni di stampaggio scelte sono descritte da un angolo rispetto la direzione y compreso tra −45 ◦ e +45 ◦ . In figura 3.4 sono rappresentate le direzioni ψ = −25 ◦ e ψ = 35 ◦ e in entrambi i casi esistono posizioni in cui le rette intersecano per più di una volta il profilo. Si è deciso di estrarre comunque il coefficiente di attrito e il numero di Nusselt in canali di questo genere, dichiarandoli poi geometrie unfeasible, ovvero irrealizzabili, ma utili nel successivo processo di ottimizzazione. Un altro motivo, che ha spinto a conservare questi canali, è la possibilità di renderli realizzabili con una lieve modifica alla geometria, tale cioè da consentirne lo stampaggio e non influire sulle caratteristiche termofluidodinamiche 52 Caratteristiche della procedura risolutiva in FEMLAB 1.5 1 y 0.5 0 −0.5 −1 −1.5 −1 −0.5 0 0.5 x 1 1.5 2 Figura 3.4 Esempio di canale 2D non ottenibile tramite stampaggio. del canale. Un esempio è il profilo riportato in figura 3.5. É sufficiente correggere il tratto di curva indicato dalla freccia per ottenere un canale stampabile, senza per questo alterare significativamente le prestazioni del canale. La verifica di quanto detto è riportata in figura 3.6, dove sono riportati per ciascun canale il modulo di velocità per il campo di velocità e le curve a temperatura costante per il campo termico. Correzione Figura 3.5 Esempio di profilo ottenibile tramite stampaggio con una lieve modifica alla geometria: profilo non-marcato (non stampabile), profilo marcato (stampabile). 3.2 Sezione numerica (a) Esempio di geometria non stampabile. 53 (b) Con una lieve correzione si ottiene un profilo stampabile senza penalizzare sensibilmente le prestazioni. Figura 3.6 Confronto fra le prestazioni dei due canali, il cui profilo è riportato in figura 3.5. 3.2 Sezione numerica FEMLAB è un solutore agli elementi finiti (FEM). Il generico problema [19], descritto da un sistema di equazioni differenziali alle derivate parziali (PDE), non viene risolto calcolando le variabili negli infiniti punti del suo dominio, bensı̀ in un numero finito di punti, nodi, del dominio. L’approssimazione del continuo in un numero finito di parametri incogniti, o gradi di libertà (DOFs), è detta discretizzazione. Le modalità di variazione dei parametri fra i vari nodi sono descritte dalle cosiddette funzioni di forma, che esprimono la possibile forma della soluzione approssimata. L’applicazione di questo metodo numerico richiede la seguente sequenza di operazioni: 1. il punto di partenza è la generazione di una mesh del dominio, ovvero la discretizzazione della geometria attraverso un certo numero di piccole unità geometriche di forma semplice; 2. ottenuta la griglia di calcolo, si introducono le approssimazioni delle variabili, ovvero le funzioni di forma; 3. le PDE vengono scritte per ciascun elemento in forma integrale, ottenendo una equazione matriciale; 4. le diverse equazioni create vengono assemblate fino a formare un sistema di equazioni lineare, che con diversi metodi (diretti o iterativi) viene risolto fornendo i valori nodali delle incognite. In questa tesi il modello è affrontato con dominio e mesh unici. In figura 3.7 è presentato un esempio di mesh triangolare non-strutturata su un canale 2D. 54 Caratteristiche della procedura risolutiva in FEMLAB Figura 3.7 Esempio di mesh. 3.2.1 Parte fluidodinamica. Si è imposto che le funzioni di forma, utilizzate per descrivere l’andamento di una variabile all’interno del singolo elemento, siano di tipo parabolico per la velocità e per la temperatura, mentre per la pressione di tipo lineare. È infatti opportuno che la pressione sia descritta all’interno dell’elemento da una funzione continua di classe C1 , ed in generale di ordine inferiore alla velocità. Si evita cosı̀ il pericolo che, a causa del debole accoppiamento fra il campo delle velocità e quello della pressione, oscillazioni sulla pressione non abbiano influenza sulla velocità [19]. Questo modo di procedere è detto unequal order interpolation e corrisponde all’adozione di una staggered grid nell’analisi ai volumi finiti. È poi evidente come il numero di Reynolds, a cui viene studiato il canale, dia un considerevole peso alla parte non-lineare delle equazioni di conservazione della quantità di moto, (2.7a) e (2.7b). Partendo con un tale valore di Re, il solver non-lineare rischia di non andare in convergenza. La parte fluidodinamica è quindi stata suddivisa in due fasi. Per ciascuna geometria nella prima fase il valore del numero di Reynolds è portato da 10 a 200 con un conveniente valore del gradiente pressorio, a mezzo di successivi restart, ossia di volta in volta la soluzione del campo fluido diventa punto di partenza per la risoluzione successiva. Nella seconda l’ultimo campo di velocità trovato diventa punto di partenza per la determinazione del valore del gradiente pressorio che dia la portata desiderata. 3.2.2 Parte termica. Il problema termico di convezione forzata, al contrario di quello di moto, è tipicamente lineare, essendo noto il campo di velocità all’interno del canale. Tuttavia l’utilizzo del solutore lineare ha dato luogo a sporadiche oscillazioni, del tutto risolte con l’adozione di un solutore non-lineare. Non deve stupire l’utilizzo di un algoritmo non-lineare per 55 3.2 Sezione numerica problemi lineari. Infatti si può pensare il problema lineare, come un non-lineare in cui il termine diffusivo (vedi (2.8)) è elevato e al limite infinito [20]. 3.2.3 Discretizzazione del dominio. La griglia utilizzata per il caso 2D è non-strutturata, del tipo triangolare a 3 nodi. Questa è l’unica soluzione offerta dalla versione di FEMLAB utilizzata. Una griglia di questo tipo è meno accurata di una ad elementi quadrangolari e a parità di nodi e dominio richiede un maggior numero di elementi, tuttavia riesce a seguire meglio l’andamento di geometrie complesse. Rispetto a lavori precedenti [5, 10] non si è potuto utilizzare il solutore adattativo, ovvero un solutore di tipo iterativo capace di comandare il raffinamento della griglia in zone in cui l’errore locale supera un certo valore prescelto dall’utente. Infatti questa opzione non avrebbe permesso di effettuare i restart. Si è quindi cercato di fissare i parametri di generazione della mesh in modo da ottemperare mediamente alle richieste di qualità del maggior numero di domini, senza però eccedere con le risorse di calcolo. FEMLAB permette di impostare un certo numero di parametri globalmente e localmente su domini (se ve n’è più di uno!), bordi e punti. Si riassume di seguito le scelte effettuate, tabella 3.1. Parametro Dimensione massima globale dell’elemento Tasso di incremento di dimensione Fattore di curvatura Fattore di troncamento della curvatura Dimensione massima dell’elemento su inlet e outlet Dimensione massima dell’elemento su wall Tasso di incremento di dimensione su inlet e outlet Valore 1/16 Hav 1.08 0.4 0.04 1/20 Hav 1/18 Hav 1.04 Tabella 3.1 Imposizione parametri per la generazione della mesh. Il fattore di curvatura della mesh fornisce una indicazione circa la dimensione dell’elemento in presenza di raggi di curvatura; il fattore di troncamento invece evita che in presenza di spigoli si addensi un elevato numero di elementi. Tutto ciò che non viene dichiarato è posto da FEMLAB al valore di default e per maggiori dettagli si rimanda a [18]. La fase di generazione della mesh si è rivelata critica qualora le dimensioni dei bordi non risultassero dimensionalmente simili. In queste zone si è riscontrato un infittimento del numero degli elementi non necessario e che talvolta ha portato mesh non coerenti e geometrie non processabili. Una stima del numero medio di elementi cosı̀ ottenuti si aggira attorno a 4500, con un tempo medio di risoluzione per canale pari a 6 minuti di CPU time su processore INTEL 2GHz. 4 Ottimizzazione 2D L’insieme delle procedure precedentemente descritte diventa ora il motore per la risoluzione del problema di ottimizzazione geometrica. L’ottimizzazione di un sistema è la scelta, o determinazione, di opportuni valori per una serie di parametri, con cui il sistema è descritto, in modo tale che siano soddisfatte specifiche richieste, obiettivi. Le strategie utilizzabili per ottimizzare sono svariate [21]. In questo lavoro è richiesta una procedura il più possibile generale, vista l’estrema variabilità lasciata alla forma geometrica del canale. 4.1 Il processo di ottimizzazione Il software modeFRONTIER, si vedano appendice A.1 per una breve descrizione e [22], racchiude in forma organica diversi algoritmi di ottimizzazione e ne consente una agevole applicabilità al problema in questione, i.e. ottimizzazione di forma di canali di scambiatori di calore. Le grandezze che caratterizzano la performance del canale sono il coefficiente d’attrito adimensionale e il numero di Nusselt. Entrambe sono in funzione dei parametri geometrici, ma la relazione non è nota. Detto X l’insieme delle variabili geometriche, generate da modeFRONTIER, e φ l’insieme degli obiettivi da massimizzare/minimizzare, l’ottimizzatore valuta la seguente espressione [10] φ = g(X) (4.1) [ f , Nu] = g (L, Lwave , ∆x3 , ρ4 , ϑ4 , ∆x5 , ∆y5 , ρ6 , ϑ6 , ∆x7 ,trasl) (4.2) e in particolare la attraverso quella che è detta application. L’applicazione in uso è FEMLAB che, accoppiato a MATLAB, esternamente carica i parametri forniti da modeFRONTIER e ritorna ad esso le caratteristiche prestazionali del canale. Nella pagine che seguono, sono riportati i risultati dei diversi lanci dell’ottimizzatore. Si parte con un algoritmo genetico, MOGA-II, molto robusto, per sondare 57 58 Ottimizzazione 2D l’intero campo delle soluzioni, sfruttando anche la sua peculiarità di essere multiobiettivo. In seguito con la definizione della utility function, il problema è trasformato in mono-obiettivo per provare un algoritmo più accurato ed efficiente, quale SIMPLEX. Infine verrà presentato un confronto fra l’ottimizzazione dei canali descritti da profili NURBS e canali descritti da profili rettilinei (linear-piecewise). La maggior complessità geometrica, apportata dalla parametrizzazione NURBS, è ripagata da prestazioni evidentemente migliori. 4.2 Prima fase: ottimizzazione MOGA multi-obiettivo Tra gli algoritmi disponibili, quello che meglio si presta ad una prima indagine della relazione (4.2) è l’algoritmo genetico (GA), MOGA-II (Multi Objective Genetic Algorithm) in modeFRONTIER. Come meglio riportato in appendice A.1 questo algoritmo, oltre ad essere multi-obiettivo, è molto robusto. Pur pagando una minore efficienza quindi, non rischia di adagiarsi su massimi o minimi locali, avvallamenti da cui scheduler più efficienti e accurati non riuscirebbero a discostarsi. L’idea alla base di questo algoritmo è l’evoluzione genetica di una popolazione iniziale, D.O.E. (Design of Experiments), attraverso le operazioni di cross-over, mutazione, selezione, appendice A.1. Per ottenere una buona uniformità all’interno dello spazio delle soluzioni per la generazione del D.O.E., affidata a modeFRONTIER, si è utilizzato l’algoritmo Sobol. Come in [22] per ottenere risultati soddisfacenti il numero di individui della generazione di partenza NDOE deve soddisfare la seguente relazione empirica NDOE > 2 NDOF Nobj (4.3) dove NDOF è il numero delle variabili libere (nel nostro caso 11), mentre Nobj è il numero degli obiettivi (nel nostro caso 2). 4.2.1 Primo lancio Per mantenere un certo margine di sicurezza si è generata una popolazione iniziale di 50 individui. Il numero di generazioni testate è pari a 15, per un totale di 750 individui processati. Infine si sono impostati dei vincoli, constraints, per meglio guidare l’ottimizzatore. Siano Nu0 il numero di Nusselt e f0 il coefficiente d’attrito per il canale piano, dove f0 = 24/ Re [12]: per Re = 200 f0 = 0.12. Durante questo primo lancio si è imposto che: 59 4.2 Prima fase: ottimizzazione MOGA multi-obiettivo Vincolo Nu/ Nu0 f / f0 Relazione > < Limite 1 10 Tabella 4.1 Constraints per il primo lancio MOGA. In aggiunta a ciò il canale deve essere realizzabile tramite stampaggio o imbutitura. Se uno di questi vincoli viene violato, il particolare design è dichiarato unfeasible e viene penalizzato dall’ottimizzatore, come fosse un individuo a basse prestazioni. Avrà quindi scarse possibilità di trasmettere i suoi geni alle generazioni future. In tabella 4.2 sono riportati i campi di variazione delle variabili libere, assieme alle relative basi, ovvero il numero di passi discreti con cui si suddivide detto intervallo. Per maggiore chiarezza si riporta quanto indicato nelle tabelle 2.2 e 2.3 completando i valori degli estremi degli intervalli. Si osservi che gli angoli sono riportati in gradi e Parametro Campo Base L [1.0; 2.5] 1001 Lwave [0.15 L; 0.85 L] 1001 ∆x3 [0.01 L; 0.20 L] 1001 ρ4 [0.05; 1.20] 1001 ϑ4 [50 ◦ ; 80 ◦ ] 501 ∆x5 [0.2 L; 0.7 L] 1001 ∆y5 [0.0; 0.5] 1001 ρ6 [0.05; 1.10] 1001 ϑ6 [−100 ◦ ; 140 ◦ ] 501 ∆7 [0.01 L; 0.75 L] 1001 trasl [−0.499 L; 0.500 L] 101 Tabella 4.2 Dominio di definizione delle variabili per il primo lancio MOGA. sono misurati rispetto la direzione positiva dell’asse delle ascisse. L’angolo è positivo se la rotazione è antioraria. Seguendo di pari passo il modo in cui modeFRONTIER importa gli estremi degli intervalli, questi ultimi sono tutti chiusi e con il valore 0.01 si vuole intendere un valore prossimo a 0. Si può notare come rispetto al lavoro in [5], grazie alla maggior potenza di calcolo disponibile, sia stato possibile incrementare i gradi di libertà del modello, cha passano da 10 a 11. In particolare, viene lasciata libera di variare la lunghezza del modulo L. Tale parametro riveste un ruolo importante nella pesantezza del calcolo. Infatti, 60 Ottimizzazione 2D poiché la densità di mesh è definita in funzione dell’altezza media Hav (tabella 3.1) che è costante, al crescere della lunghezza del modulo, ne aumenta proporzionalmente la superficie e quindi il numero di elementi della griglia. Considerando le usuali tecniche, l’incremento dello scambio termico in canali di scambiatori di calore è ottenibile (a parità di altre condizioni) - aumentando la superficie di scambio fluido-parete (i.e. mediante corrugazioni) - aumentando il coefficiente di scambio termico attraverso promotori di vorticità La prima delle due possibilità porta a chiari aumenti del coefficiente d’attrito, dovuti ad una maggiore superficie esposta al cosiddetto wall shear stress. Con la seconda invece si può ottenere un maggior scambio termico grazie al mescolamento di flussi appartenenti alla zona di bulk (i.e. più caldi) con flussi appartenenti alla zona di wall (i.e. più freddi), limitando i fenomeni dissipativi comunque presenti in un flusso rotazionale. Per ottenere vortici di questa specie è richiesta una opportuna configurazione geometrica. Si è quindi pensato che lasciare ampia variabilità alla lunghezza del canale L potesse favorire il conseguimento di configurazioni tali da promuovere lo sviluppo dei vortici e soprattutto il fenomeno del miscelamento. Si vuole qui ripetere che il flusso è laminare, si parla quindi di vorticità e non di turbolenza. La turbolenza è infatti caratterizzata da un mescolamento diffusivo dei filetti fluidi che vengono a perdere la loro identità; la vorticità in regime laminare è caratterizzata dal moto di particelle che continuano a seguire ciascuna la propria linea di corrente [11]. Il risultato di questo primo lancio per i soli individui feasible, ovvero tali da rispettare i vincoli, è presentato in figura 4.1. Come già evidenziato i due obiettivi sono Figura 4.1 Grafico del coefficiente adimensionale d’attrito f in funzione del coefficiente di scambio termico adimensionale Nu per il primo lancio MOGA. contrastanti per cui il fronte di Pareto, ovvero l’insieme delle soluzioni migliori (si veda A.1.4), assume l’andamento di figura 4.2. Osservando le figure 4.1 e 4.2, appare evidente come i design si addensino sul valore minimo del Nu imposto, salendo con Nu gli individui invece si diradano. Per validare i risultati ottenuti si è scelto di eseguire una verifica di grid independence su una dei migliori individui del fronte. Il 4.2 Prima fase: ottimizzazione MOGA multi-obiettivo 61 Figura 4.2 Grafico di f in funzione di Nu per i soli individui dominanti del primo lancio MOGA. design scelto è il 739, si veda figura 4.3. Questo test consiste nel risolvere il campo (a) ID 739 (b) mesh su ID 739 Figura 4.3 Individuo 739 su cui si è eseguita la grid independence. termofluidodinamico all’interno del canale con una mesh via via migliore: se il coefficiente di attrito e il numero di Nusselt trovati tendono asintoticamente ad un valore costante, i risultati risentono solo minimamente dell’errore dovuto alla discretizzazione. In tabella 4.3 sono riportati in ordine crescente il numero di elementi di cui la mesh è costituita e i risultati estratti: i valori evidenziati in grassetto sono ottenuti con la griglia di cui in tabella 3.1 e rappresentata in figura 4.3(b). Nelle figure 4.4(a) e 4.4(b) si presenta graficamente la tabella 4.3. 62 Ottimizzazione 2D Numero di elementi 2015 2899 4280 4888 5734 8610 9897 12498 17120 Nu 13.427 13.296 13.273 13.180 13.052 13.314 13.227 13.202 13.205 f 1.206 1.210 1.199 1.198 1.208 1.204 1.204 1.202 1.202 13.7 1.33 13.6 1.29 13.5 fattore d’attrito numero di Nusselt Tabella 4.3 Grid Independence Test su ID 739. 13.4 13.3 13.2 1.21 1.17 1.13 13.1 1.09 13 12.9 2000 1.25 4000 6000 8000 10000 12000 14000 16000 18000 numero di elementi (a) Grid Independence Test per Nu 1.05 2000 4000 6000 8000 10000 12000 14000 16000 18000 numero di elementi (b) Grid Independence Test per f Figura 4.4 Grid Independence Test per l’individuo 739. Dall’analisi delle due figure precedenti, si può ritenere sufficientemente attendibile il risultato ottenuto con la griglia generata con i parametri di tabella 3.1. 4.2.2 Secondo lancio Il primo lancio dell’ottimizzatore è destinato a valutare la bontà dei campi di variazione scelti per le variabili libere. Dall’analisi delle history chart [22] di ciascuna variabile è quindi possibile restringere i vari domini, in modo da consentire un’analisi più accurata. Le basi sono state modificate in modo da lasciare inalterati gli step di ciascuna variabile, con l’unica eccezione per la variabile trasl, il cui passo è stato ridotto di un fattore 10, aumentando la base da 101 a 1001; in tabella 4.4 vengono 4.2 Prima fase: ottimizzazione MOGA multi-obiettivo 63 presentati solo gli estremi inferiore e superiore. Pensando che, per un aumento del Parametro Campo L [1.0; 2.65] Lwave [0.29 L; 0.78 L] ∆x3 [0.012 L; 0.185 L] ρ4 [0.021; 1] ϑ4 [100 ◦ ; 300 ◦ ] ∆x5 [0.2 L; 0.7 L] ∆y5 [0.0; 0.4] ρ6 [0.05; 0.9] ϑ6 [−120 ◦ ; 120 ◦ ] ∆7 [0.01 L; 0.65 L] trasl [−0.499 L; 0.500 L] Tabella 4.4 Dominio di definizione delle variabili per il secondo lancio MOGA. vincolo sul numero di Nusselt, si dovesse accettare una relativa maggiorazione delle perdite di carico, si sono ridefiniti i constraints, tabella 4.5. Il D.O.E. è ancora compoVincolo Nu/ Nu0 f / f0 Relazione > < Limite 1.13 15 Tabella 4.5 Constraints per il secondo lancio MOGA. sto da 50 individui, di cui 34 appartenenti al fronte di Pareto del precedente lancio, 1 unfeasible e i restanti 15 ottenuti con l’algoritmo Sobol sui nuovi campi di variazione. In questo modo l’algoritmo di ottimizzazione è indirizzato già in partenza su individui prestazionali; si è scelto di includere un individuo unfeasible perché comunque caratterizzato da un buon valore di scambio termico. Il numero di generazioni è pari a 15, per un totale di 750 individui. Rispetto al primo lancio il numero di geometrie che FEMLAB non riesce a caricare si è notevolmente ridotto, segno che la riduzione dei campi di variazione aiuta la generazione di individui processabili. A questo si deve aggiungere l’opera di selezione a carico dello scheduler, che fa in modo di non permettere la riproduzione di error design. 64 Ottimizzazione 2D Come per il lancio precedente si riportano i grafici che consentono una agevole, sia pur qualitativa, lettura dei risultati ottenuti. In figura 4.5 sono riportati insieme ai design dell’attuale ottimizzazione (evidenziati), anche i risultati del precedente lancio; il fronte di Pareto e in generale l’ideale curva, che interpola i risultati, si sono spostati verso destra e in basso, ovvero verso valori maggiori per quanto concerne lo scambio termico e inferiori per l’attrito. Il fronte di Pareto è piuttosto scarno. Ciò Figura 4.5 Grafico del coefficiente adimensionale d’attrito f in funzione del coefficiente di scambio termico adimensionale Nu per il secondo lancio MOGA. In evidenza i design attuali. si ritiene dovuto al non avere concesso allo scheduler un maggior numero di generazioni: l’andamento è in figura 4.6. Vi è un certo numero di design isolati rispetto Figura 4.6 Grafico di f in funzione di Nu per i soli individui dominanti del secondo lancio MOGA. alla tendenza generale, sia in riferimento al coefficiente d’attrito, sia in riferimento al numero di Nusselt. Tuttavia mentre canali ad attrito elevato, giustificano un considerevole scambio termico, canali con Nu superiore a 13 e f nella norma hanno destato un certo sospetto. Analizzando tali individui separatamente si è notata, in linea con le aspettative, una mancata convergenza della sezione termica. È stato infatti sufficiente 65 4.2 Prima fase: ottimizzazione MOGA multi-obiettivo modificare leggermente la griglia per riportare il numero di Nusselt a valori più credibili. Come precedentemente spiegato al paragrafo 2.2.10, il corretto rapporto fra le temperature di bulk tra ingresso e uscita del canale è ottenuto tramite la valutazione del flusso termico adimensionale sulle pareti. Questo processo è molto sensibile alla qualità della mesh utilizzata, poiché entra in gioco il gradiente della temperatura adimensionale, il cui calcolo necessita oltre che del valore della funzione nel nodo i − esimo, anche dello stesso nei nodi adiacenti. Una configurazione distorta porta a prevedivili errori numerici. Altre volte, anche se per fortuna più raramente, si è osservata una netta differenza sempre nel calcolo di Nu per il medesimo canale tra un lancio su macchina LINUX e lo stesso su macchina WINDOWS. In questo frangente concorrono il diverso trattamento degli errori nei due sistemi operativi ed eventuali disuniformità tra gli stessi applicativi nelle due differenti versioni. 4.2.3 Terzo lancio Il miglioramento nella popolazione apportato dal secondo lancio MOGA non è stato molto rilevante, probabilmente a causa dell’incremento del vincolo sul coefficiente d’attrito. Questa volta si opera in direzione opposta: il vincolo sullo scambio termico viene ridotto di un punto percentuale, mentre quello su f diviene quasi la metà, tabella 4.6. Il D.O.E. è composto sempre da 50 individui, di cui 38 appartenenti al fronte di Vincolo Relazione Limite Nu/ Nu0 > 1.12 f / f0 < 8 Tabella 4.6 Constraints per il terzo lancio MOGA. Pareto del precedente lancio e i restanti 12 ottenuti con l’algoritmo Sobol. I nuovi intervalli di definizione per le variabili libere sono presentati in tabella 4.7. Il numero di generazioni è pari a 10, per un totale di 500 nuovi individui. Per maggior chiarezza si riportano i nuovi risultati assieme a quelli del solo lancio precedente: la verifica dell’eventuale miglioramento ottenuto è immediata. I design dell’attuale lancio sono posti in evidenza. Il rinnovato vincolo sul coefficiente d’attrito ha dato un certo effetto, osservabile nella traslazione del gruppo verso il basso. Per quanto riguarda Nu invece non si ha una sostanziale modifica. Non ci si deve infatti lasciar fuorviare dalla presenza di individui all’estremità inferiore destra di figura 4.7, caratterizzati da una mancata convergenza della parte termica dell’algoritmo risolutivo. 66 Ottimizzazione 2D Parametro Campo L [0.91; 2.65] Lwave [0.35 L; 0.78 L] ∆x3 [0.020 L; 0.180 L] ρ4 [0.020; 0.80] ϑ4 [110 ◦ ; 310 ◦ ] ∆x5 [0.10 L; 0.65 L] ∆y5 [0.0; 0.38] ρ6 [0.05; 0.91] ϑ6 [−151 ◦ ; 87 ◦ ] ∆7 [0.01 L; 0.51 L] trasl [−0.499 L; 0.500 L] Tabella 4.7 Dominio di definizione delle variabili per il terzo lancio MOGA. Figura 4.7 Grafico del coefficiente adimensionale d’attrito f in funzione del coefficiente di scambio termico adimensionale Nu per il terzo lancio MOGA. In evidenza i design attuali. 4.3 Seconda fase: eliminazione di un obiettivo Prima di passare all’ottimizzazione mono-obiettivo con l’uso delle utility function, si è valutato il comportamento di MOGA-II con l’unica richiesta prima di massimizzare Nu e poi di minimizzare f . 4.3.1 MOGA-II: massimizzazione di scambio termico In questo lancio si passa dalla configurazione bi-obiettivo, alla mono-obiettivo. L’obiettivo di minimizzare il fattore d’attrito medio viene sostituito da un vincolo sul- 67 4.3 Seconda fase: eliminazione di un obiettivo Figura 4.8 Grafico di f in funzione di Nu per i soli individui dominanti del terzo lancio MOGA. lo stesso (tabella 4.8). L’unico obiettivo rimane dunque rendere massimo lo scambio termico adimensionale e non risulta più necessario porre un vincolo sul rapporto Nu/ Nu0 minimo, essendo Nu l’unico obiettivo. È mantenuta come ulteriore constraint la stampabilità del profilo. Gli estremi di variazione delle variabili libere sono Vincolo f / f0 Relazione < Limite 6 Tabella 4.8 Constraints per il quarto lancio MOGA mono-obiettivo. riportati in tabella 4.9. Figura 4.9 Grafico del coefficiente adimensionale d’attrito f in funzione del coefficiente di scambio termico adimensionale Nu per il quarto lancio MOGA mono-obiettivo. In evidenza i design attuali. 68 Ottimizzazione 2D Parametro L Lwave ∆x3 ρ4 ϑ4 ∆x5 ∆y5 ρ6 ϑ6 ∆7 trasl Campo [0.91; 2.65] [0.40 L; 0.78 L] [0.020 L; 0.180 L] [0.020; 0.65] [118 ◦ ; 320 ◦ ] [0.20 L; 0.65 L] [0.0; 0.38] [0.1; 0.88] [−151 ◦ ; 75 ◦ ] [0.01 L; 0.41 L] [−0.499 L; 0.440 L] Tabella 4.9 Dominio di definizione delle variabili per il quarto lancio MOGA mono-obiettivo. Figura 4.10 Andamento di Nu per i soli individui feasible del quarto lancio MOGA monoobiettivo. In evidenza i design attuali. Non si osserva alcun sensibile miglioramento rispetto la configurazione precedente; i design con buone prestazioni sono quindi tutti derivati con piccole modifiche dalle generazioni precedenti. Le figure 4.10 e 4.11 rappresentano le history charts rispettivamente per il numero di Nusselt e per il coefficiente d’attrito. 4.3.2 MOGA-II: minimizzazione del fattore d’attrito In questo lancio si rovescia la configurazione precedente, ovvero si assume come unico obiettivo la minimizzazione del fattore d’attrito, unito ad un vincolo sul valore 69 4.3 Seconda fase: eliminazione di un obiettivo Figura 4.11 Andamento di f per i soli individui feasible del quarto lancio MOGA monoobiettivo. In evidenza i design attuali. minimo del numero di Nusselt (tabella 4.10). Come nel caso precedente non risulta più necessario porre un vincolo sul rapporto f / f0 massimo, essendo f l’unico obiettivo. È ancora mantenuta come ulteriore constraint la stampabilità del profilo. Gli Vincolo Nu/ Nu0 Relazione > Limite 1.55 Tabella 4.10 Constraints per il quinto lancio MOGA mono-obiettivo. estremi di variazione delle variabili libere sono riportati in tabella 4.11. 70 Ottimizzazione 2D Parametro L Lwave ∆x3 ρ4 ϑ4 ∆x5 ∆y5 ρ6 ϑ6 ∆7 trasl Campo [1.0; 2.65] [0.29 L; 0.78 L] [0.020 L; 0.180 L] [0.020; 0.80] [101 ◦ ; 320 ◦ ] [0.20 L; 0.71 L] [0.0; 0.38] [0.1; 0.88] [−151 ◦ ; 75 ◦ ] [0.01 L; 0.41 L] [−0.499 L; 0.500 L] Tabella 4.11 Dominio di definizione delle variabili per il quinto lancio MOGA mono-obiettivo. Rispetto al lancio precedente, per quel che riguarda la lunghezza del canale L e la traslazione del profilo superiore trasl si è tornati ai campi del terzo lancio (tabella 4.7). Figura 4.12 Grafico del coefficiente adimensionale d’attrito f in funzione del coefficiente di scambio termico adimensionale Nu per il quinto lancio MOGA mono-obiettivo. In evidenza i design attuali. 4.4 Terza fase: ottimizzazione mono-obiettivo mediante utility function 71 Figura 4.13 Andamento di Nu per i soli individui feasible del quinto lancio MOGA monoobiettivo. In evidenza i design attuali. Figura 4.14 Andamento di f per i soli individui feasible del quinto lancio MOGA monoobiettivo. In evidenza i design attuali. I grafici delle history chart, figure 4.13 e 4.14, sono piuttosto radi per il gran numero di individui dichiarati unfeasible dal vincolo di stampabilità e dal valore minimo del numero di Nusselt. 4.4 Terza fase: ottimizzazione mono-obiettivo mediante utility function In questa sezione si mantiene la forma mono-obiettivo, finalizzata questa volta all’utilizzo di un algoritmo di ottimizzazione quale SIMPLEX, più efficiente di MOGAII, anche se meno robusto. Un ottimizzatore di questo tipo tratta però soltanto problemi mono-obiettivo e modeFRONTIER offre svariati algoritmi che permettono di trasformare problemi multi-obiettivo, in problemi mono-obiettivo. L’algoritmo in questione è detto M.C.D.M. (Multi Criteria Decision Making). Nei 72 Ottimizzazione 2D problemi multi-obiettivo, non esiste un’unica soluzione eccellente, bensı̀ una serie di casi che hanno caratteristiche tali da prevalere su altri: questi design si dicono appartenere al fronte di Pareto. La funzione obiettivo, di tipo monotono, combina sotto forma di somma pesata i diversi obiettivi di partenza(1) . Detti fi gli n obiettivi multipli, la utility function Futility è n Futility = ∑ pi ( fi ) fi (4.4) i=1 dove con pi ( fi ) si intendono i pesi associati a ciascun obiettivo e variabili da obiettivo a obiettivo; i pesi sono caratterizzati dall’avere somma unitaria. L’algoritmo M.C.D.M. è in grado di fornire i valori dei pesi. L’utente sceglie un certo numero di individui ed esprime su di essi un giudizio, mettendoli a confronto su particolari attributi che li caratterizzano o sui loro dati di input. Dei design scelti viene creato un ranking, ovvero una scala di merito ottenuta dalla somma pesata dei vecchi obiettivi, da cui ricavare i pesi. A questo punto allo scheduler è richiesto di rendere estrema la funzione obiettivo. 4.4.1 Utility function con MOGA-II e SIMPLEX Prima di effettuare un lancio con un algoritmo basato sul gradiente A.1, viene riproposto per la sua intrinseca robustezza l’algoritmo MOGA-II, in modo da verificare l’opportunità nella scelta delle relazioni fra gli individui. La funzione obiettivo è stata formata con gli individui e le relazioni riportati in tabella 4.12. La scelta delle relazioID Relazione ID 896 è equivalente a 2526 2861 è preferito a 2526 3027 è preferito a 3023 3027 è equivalente a 3029 Tabella 4.12 Relazioni fra gli individui per la generazione della utility function. ni è legata al valore delle due funzioni obiettivo. In questa fase si è cercato di sondare lo spazio delle soluzioni che privilegia lo scambio termico. Gli individui, con i quali sono state create le relazioni di tabella 4.12, sono riportati in figura 4.15. Le geometrie sono ordinate in ordine crescente rispetto al nuovo valore assunto dalla funzione obiettivo, si veda anche figura 4.16. A ciascun canale sono allegati il numero di design, il valore del coefficiente d’attrito, del numero di Nusselt e il valore normalizzato a 1 della nuova funzione obiettivo (4.5). La sezione M.C.D.M. consente di utilizzare (1) Lo stesso procedimento si può realizzare sulle variabili di input. 4.4 Terza fase: ottimizzazione mono-obiettivo mediante utility function (a) Rank value 0.283 73 (b) Rank value 0.289 (c) Rank value 0.556 (d) Rank value 0.717 (e) Rank value 0.966 (f) Rank value 0.984 Figura 4.15 Geometrie degli individui utilizzati per la definizione della funzione obiettivo. 74 Ottimizzazione 2D diversi sotto-algoritmi per generare le utility function, tra cui Linear MCDM e Genetic Algorithm MCDM. Il primo di questi è da utilizzarsi quando il numero delle variabili decisionali è inferiore a 4. In questo caso i due metodi hanno fornito i medesimi risultati. Le figure 4.16 e 4.17 rappresentano rispettivamente lo scalaggio degli individui secondo le relazioni fornite e i pesi forniti dall’algoritmo. La funzione obiettivo è Figura 4.16 Relazioni di preferenza e ranking dei design scelti. Figura 4.17 Pesi attribuiti a ciascun obiettivo di partenza. quindi Futility = 0.717 Nuobj + 0.283 fobj (4.5) Sono state effettuate alcune modifiche ai campi di variazione delle variabili, soprattutto per quanto riguarda l’entità della traslazione del profilo superiore, tabella 4.13. Il D.O.E. è composto da 28 individui, di cui 18 appartenenti al processo di ottimizzazione precedente. I restanti 10 sono stati generati con Sobol. Il numero di generazioni è pari a 15 per un totale di 420 individui. 4.4 Terza fase: ottimizzazione mono-obiettivo mediante utility function Parametro Campo L [1.0; 2.65] Lwave [0.28 L; 0.78 L] ∆x3 [0.020 L; 0.180 L] ρ4 [0.020; 0.80] ϑ4 [101 ◦ ; 329 ◦ ] ∆x5 [0.20 L; 0.71 L] ∆y5 [0.0; 0.38] ρ6 [0.1; 0.88] ϑ6 [−171 ◦ ; 75 ◦ ] ∆7 [0.01 L; 0.41 L] trasl [−0.499 L; 0.300 L] 75 Tabella 4.13 Dominio di definizione delle variabili per il lancio con utility function. Sono stati eliminati i vincoli su Nu e su f , mentre rimane il vincolo sulla stampabilità. Dall’analisi dei canali ottenuti in precedenza ci si è accorti che lo scheduler manteneva in vita geometrie performanti caratterizzate però da curve spigolose. Si è quindi introdotto un ulteriore vincolo sulla curvatura delle pareti: se questa è inferiore a 1/230, la geometria è dichiarata unfeasible. Dal fronte di Pareto ottenuto si è creata la popolazione iniziale per una ottimizzazione tramite SIMPLEX, utilizzando la stessa funzione di peso. Il numero di design iniziali è pari al numero di variabili più una, ovvero 12 [22]. I risultati trovati sono presentati per i soli design appartenenti al lancio attuale. Figura 4.18 Grafico del coefficiente adimensionale d’attrito f in funzione del coefficiente di scambio termico adimensionale Nu a seguito del lancio SIMPLEX. 76 Ottimizzazione 2D Figura 4.19 Grafico di f in funzione di Nu per i soli individui dominanti a seguito del lancio SIMPLEX. Figura 4.20 Andamento di Nu per i soli individui feasible a seguito del lancio SIMPLEX. Figura 4.21 Andamento di f per i soli individui feasible a seguito del lancio SIMPLEX. Dalle figure 4.20, 4.21 e 4.22 si osserva come dopo appena 174 interazioni l’algoritmo abbia ottenuto la posizione estrema per la utility function, la quale tende asinto- 4.4 Terza fase: ottimizzazione mono-obiettivo mediante utility function 77 Figura 4.22 Andamento della utility function per i soli individui feasible a seguito del lancio SIMPLEX. ticamente al valore massimo normalizzato all’unità. Una volta raggiunta questa conca l’algoritmo non vi si solleva più, da cui il rischio di trovare estremi locali (mancanza di robustezza). 4.4.2 MOGA-II con differente Utility function I risultati appena trovati con il precedente procedimento non si prestano ad un agevole confronto con [5], poiché in genere caratterizzati da valori di Nu e assieme f maggiori. Gli ultimi due lanci effettuati utilizzano funzioni mono-obiettivo con un peso maggiore sulla riduzione del fattore d’attrito. In questo modo si è cercato di individuare geometrie in linea con i risultati di [5]. UT1 La nuova utility function è stata calcolata con gli individui e le relazioni di tabella 4.14 Gli individui, con i quali sono state create le relazioni di tabella 4.14, sono riportati ID 2526 3023 2595 3023 Relazione è preferito a è preferito a è preferito a è equivalente a ID 2529 2526 3526 2829 Tabella 4.14 Relazioni fra gli individui per la generazione della utility function UT1. in figura 4.23. Le geometrie sono ordinate in ordine crescente rispetto il nuovo valore assunto dalla funzione obiettivo. La funzione obiettivo creata sempre dall’algoritmo 78 Ottimizzazione 2D (a) Rank value 0.333 (b) Rank value 0.666 (c) Rank value 0.667 (d) Rank value 0.683 (e) Rank value 1 Figura 4.23 Geometrie degli individui utilizzati per la definizione della funzione obiettivo UT1. 79 4.4 Terza fase: ottimizzazione mono-obiettivo mediante utility function lineare è Futility = 0.667 Nuobj + 0.333 fobj (4.6) Ci si aspetta un fronte di Pareto traslato verso il basso e a sinistra. Figura 4.24 Grafico del coefficiente adimensionale d’attrito f in funzione del coefficiente di scambio termico adimensionale Nu con UT1. Figura 4.25 Grafico di f in funzione di Nu per i soli individui dominanti con UT1. 80 Ottimizzazione 2D Figura 4.26 Andamento di Nu per i soli individui feasible. Figura 4.27 Andamento di f per i soli individui feasible con UT1. UT2 Si è provato a spostare ancora verso bassi valori del coefficiente d’attrito il fronte di Pareto, definendo una nuova utility function. Finora le funzioni obiettivo sono state create con pochi individui nel ranking. In questo lancio il numero di individui selezionati per un possibile confronto è maggiore. L’algoritmo di generazione è questa volta di tipo genetico. Gli individui, con i quali sono state create le relazioni di tabella 4.15, sono riportati in figura 4.28. Le geometrie sono ordinate in ordine crescente rispetto il nuovo valore assunto dalla funzione obiettivo, si veda anche figura 4.29. La funzione obiettivo, creata mediante l’algoritmo genetico GA, è Futility = 0.336 Nuobj + 0.664 fobj (4.7) Il ranking 4.29 degli individui prescelti è decisamente più cospicuo dei precedenti, si veda ad esempio 4.16. Questo dovrebbe aiutare il processo di ottimizzazione basato sulla funzione di peso. 4.4 Terza fase: ottimizzazione mono-obiettivo mediante utility function (a) Rank value 0.830 (b) Rank value 0.880 (c) Rank value 0.880 (d) Rank value 0.950 (e) Rank value 0.882 81 (f) Rank value 0.941 (g) Rank value 0.954 Figura 4.28 Geometrie degli individui utilizzati per la definizione della funzione obiettivo con UT2. 82 Ottimizzazione 2D ID Relazione ID 3054 è preferito a 1391 3197 è preferito a 1452 1391 è preferito a 3729 2571 è preferito a 1553 Tabella 4.15 Relazioni fra gli individui per la generazione della utility function UT2. Figura 4.29 Ranking dei design scelti per UT2. Ancora ci si aspetta un fronte di Pareto traslato verso il basso e a sinistra, poiché si indirizza lo scheduler verso quella zona dello spazio delle soluzioni. Figura 4.30 Grafico del coefficiente adimensionale d’attrito f in funzione del coefficiente di scambio termico adimensionale Nu con UT2. 4.5 Analisi dei Risultati 83 Figura 4.31 Grafico di f in funzione di Nu per i soli individui dominanti con UT2. 4.5 Analisi dei Risultati Come più volte ripetuto, si sono trovate diverse forme dominanti, a seconda di quale dei due aspetti, i.e. f o Nu, si sia voluto valorizzare. Riassumendo, quattro sono le tipologie di canale che si è ritenuto scegliere, e in particolare una, identificata con la lettera c, simile in forma e prestazioni a quella determinata nel lavoro di [5]. La figura 4.32(a) riporta il fronte di Pareto risultante dall’intero processo di ottimizzazione. Quattro canali, rappresentanti le suddette tipologie, sono evidenziati. La figura 4.32(b) presenta gli stessi valori scalati in riferimento ai risultati per un canale piano parallelo a pari Re con pieno sviluppo idrodinamico e termico: f0 = 24/ Re e Nu0 = 7.5407 [12]. Questi quattro canali sono presentati, figure 4.33, 4.34, 4.35, 4.36, visualizzando la geometria e le prestazioni, il campo fluidodinamico e il campo termico rispettivamente. Dall’analisi della sequenza di canali è evidente che l’aumento di scambio termico sia favorito dalle zone di accelerazione e decelerazione del flusso sotto forma di vortici in corrispondenza delle anse. Sono le geometrie a profilo curvo a indurre rimescolamento della corrente fluida e di conseguenza consentire distribuzioni di temperatura non-uniformi [9]. Semplificando, nel problema trattato si riconosce l’influenza principalmente di due parametri, ovvero la lunghezza del modulo e l’altezza dell’asperità o corrugazione. L’altezza media del canale, a cui le prime due grandezze sono relazionate (tabella 2.2), è infatti costante. 84 Ottimizzazione 2D 0.9 0.8 0.7 c f 0.6 d 0.5 0.4 0.3 a 0.2 b 0.1 8 9 10 Nu 11 12 (a) Fronte di Pareto 2D. 7 6 c f/f0 5 d 4 3 a 2 b 1 1 1.1 1.2 1.3 1.4 Nu/Nu0 1.5 1.6 1.7 (b) Fronte di Pareto 2D scalato sul canale piano. Figura 4.32 Fronte di Pareto, risultato dell’ottimizzazione 2D: cerchiati i quattro individui selezionati. 85 4.5 Analisi dei Risultati (a) Geometria e prestazioni. (b) Campo di velocità: in scala il modulo di velocità. (c) Campo termico: in scala θ . Figura 4.33 Canale a: f = 0.151 Nu = 7.864. 86 Ottimizzazione 2D (a) Geometria e prestazioni. (b) Campo di velocità: in scala il modulo di velocità. (c) Campo termico: in scala θ . Figura 4.34 Canale b: f = 0.285 Nu = 8.721. 87 4.5 Analisi dei Risultati (a) Geometria e prestazioni. (b) Campo di velocità: in scala il modulo di velocità. (c) Campo termico: in scala θ . Figura 4.35 Canale c: f = 0.577 Nu = 10.921. 88 Ottimizzazione 2D (a) Geometria e prestazioni. (b) Campo di velocità: velocità. in scala il modulo di (c) Campo termico: in scala θ . Figura 4.36 Canale d: f = 0.691 Nu = 11.614. 4.6 Confronto geometrie smooth e spigolose 4.6 89 Confronto geometrie smooth e spigolose In un secondo momento, l’elemento di novità di questo lavoro, ovvero l’utilizzo di curve NURBS nella definizione della geometria, è stato messo a confronto con canali realizzati mediante spezzate (linear-piecewise), quindi in assenza di smoothness. Questi ultimi sono sicuramente più vicini alla pratica industriale. Rispetto alle geometrie finora trattate, questi nuovi canali sono caratterizzati da un profilo di più semplice definizione con un minor numero di variabili. In figura 4.37 sono riportati i nuovi gradi di libertà, a cui va aggiunta, coerentemente con quanto fatto per il profilo NURBS, l’entità della traslazione del profilo superiore. Figura 4.37 Esempio di costruzione del profilo a spezzate . Le variabili sono quindi riportate in tabella 4.16. Variabile L h φin φout trasl Descrizione lunghezza del modulo altezza della corrugazione inclinazione spigolo ingresso inclinazione spigolo uscita traslazione del profilo superiore Tabella 4.16 Variabili per il canale a spigolo. In figura 4.38 si può osservare un esempio di siffatto canale. I campi di variazione delle variabili libere consentono di ottenere geometrie coerenti, per dimensioni, a quelle con profilo smooth. In figura 4.39 sono rappresentati i due fronti di Pareto, rispettivamente dei canali con profilo a spigolo (∗) e con profilo NURBS (). Del processo di ottimizzazione di questa più rudimentale tipologia di canali, si accenna soltanto al fatto che il minor numero di variabili in gioco ha consentito di ottenere una più rapida convergenza rispetto al caso precedentemente trattato. Si è unicamente 90 Ottimizzazione 2D Figura 4.38 Esempio di canale con profilo a spezzate. eseguita una ottimizzazione MOGA-II di tipo multi-obiettivo. Il fronte di Pareto del canale a spigolo si può con buona ragione considerare come limite per questo tipo di geometria: in più ottimizzazioni successive non si è notato alcun sensibile miglioramento delle prestazioni. Come lecito attendersi, i canali con profilo NURBS, nono- Figura 4.39 Confronto tra individui dominanti delle due differenti tipologie di canali per Re = 200. stante la maggior complessità geometrica e quindi costruttiva, consentono di ottenere un pari scambio termico con un coefficiente d’attrito che in media è del 25% inferiore a quello del profilo spigoloso. Ovvero si riesce ad ottenere un pari mescolamento del 4.6 Confronto geometrie smooth e spigolose 91 flusso, in modo più dolce ed accompagnato. In figura 4.40 sono rappresentati il campo fluidodinamico e termico allo stesso modo che per il profilo NURBS. La geometria in questione è quella di figura 4.38: il coefficiente d’attrito è f = 0.296, il numero di Nusselt è Nu = 8.236. (a) Campo di velocità: in scala il modulo di velocità. (b) Campo termico: in scala θ . Figura 4.40 Esempio di soluzione per un canale con profilo spigoloso: f = 0.296 Nu = 8.236. 5 Definizione geometrica e termofluidodinamica del caso 3D Fin’ora ci si è occupati di canali infinitamente lunghi in direzione z, fatto che consente di studiarne il campo termofluidodinamico in forma bidimensionale. In questo modo tuttavia si viene a perdere la possibilità di incrementare lo scambio termico attraverso il rimescolamento ottenuto con vorticosità aventi come asse la direzione principale di moto. La nuova componente non-nulla di velocità promuove lo scambio termico con perturbazioni periodiche delle zone di ricircolazione in corrispondenza delle anse del canale. L’estensione al caso tridimensionale, con l’introduzione della terza componente di moto, dei problemi visti, vuole studiare se sia possibile avere un aumento del numero di Nusselt, senza una eccessiva penalizzazione del coefficiente d’attrito, con l’instaurarsi di vorticosità sul piano ortogonale alla direzione di moto [9, 20, 23]. La complessità del problema aumenta non tanto dal punto di vista metodologico, è infatti sufficiente l’addizione di due piani di simmetria, quanto più dal punto di vista computazionale. Crescono infatti il numero parametri di definizione della geometria, oltre che, patologicamente, il numero di gradi di libertà che il solver deve affrontare nella risoluzione del problema termofluidodinamico. Per questo motivo si sono tentate, in processo di progressiva semplificazione del modello, diverse modalità di costruzione geometrica del canale tridimensionale. Concettualmente sono tutte valide, ma non tutte scendono a patti con la realtà. Questa parte del lavoro, presentata nel corrente capitolo e nel successivo, vuole essere una fase preliminare di risoluzione ed ottimizzazione di canali tridimensionali. In realtà non si dovrebbe nemmeno parlare di ottimizzazione. Si vuole qui anticipare che per le non sufficienti risorse temporali e computazionali, si è preferito eseguire, come parte rilevante di analisi, una user sequence (ovvero una sequenza basata su di un database creato dall’utente [22]) di alcune geometrie. In questo modo si è voluta verificare l’applicabilità del metodo e l’eventuale tendenza di miglioramento nel caso tridimensionale. Per analoghe problematiche, si è inoltre stati costretti a ridurre il 93 94 Definizione geometrica e termofluidodinamica del caso 3D numero di Reynolds da 200 a 100, per garantire un adeguato valore di convergenza numerica. Un confronto fra i risultati bidimensionali e tridimensionali è stato approntato, ricalcolando gli individui del fronte di Pareto ottenuto nel caso 2D a Re = 100. Soltanto in un secondo momento si è fatto un tentativo di ottimizzazione. Le diverse tipologie geometriche saranno presentate in ordine crescente di complessità. In seguito si farà poi cenno a cosa si è dovuto aggiornare nella procedura di calcolo per poter applicare la metodologia descritta in sezione 2.2 al caso tridimensionale. I risultati di questa analisi sono riportati nel capitolo successivo 6, coerentemente a quanto fatto per il caso bidimensionale. 5.1 Canale 3D estruso Questa tipologia di canale è ottenuta per estrusione lungo la direzione z delle due differenti geometrie trattate nella fase 2D, si vedano figure 4.38 e 2.2. In entrambi i casi le variabili aggiunte sono la profondità di estrusione, Lz , e la direzione di estrusione rispetto l’asse z, ψ. La modalità di costruzione è intuibile nelle figure 5.1 e 5.2. Nel Figura 5.1 Esempio di canale con profilo linear-piecewise. caso di estrusione da canale con profilo linear-piecewise, figura 5.1, i gradi di libertà sono 7, si veda tabella 5.1. Ovvero le stesse del caso bidimensionale, si vedano figura 4.37 e tabella 4.16, più due. 5.2 Canale 3D realizzato con superfici NURBS 95 Figura 5.2 Esempio di canale con profilo NURBS. Variabile L h φin φout trasl Lz ψ Descrizione lunghezza del modulo altezza della corrugazione inclinazione spigolo ingresso inclinazione spigolo uscita traslazione del profilo superiore profondità lungo z del modulo elementare angolo di estrusione Tabella 5.1 Variabili per il canale 3D con profilo linear-piecewise. Mentre nel caso di estrusione da canale con profilo NURBS, figura 5.2, le variabili salgono a 13, ovvero quante nel caso bidimensionale più 2, Lz e ψ. Per convenienza i gradi di libertà per la NURBS 2D sono riportati nella prima parte successiva tabella 5.2. 5.2 Canale 3D realizzato con superfici NURBS Inizialmente si intendeva realizzare il canale periodico tridimensionale, modellandone i profili con due superfici NURBS due volte periodiche. Ovvero lungo la direzione principale del flusso si mantiene la periodicità già presente nel caso puramen- 96 Definizione geometrica e termofluidodinamica del caso 3D te bidimensionale, mentre si introduce un ulteriore effetto periodico lungo la terza dimensione z. La costruzione del profilo mediante la superficie NURBS ha come origine ancora il profilo bidimensionale a 9 punti di controllo ed è schematizzata come segue e in figura 5.3: 1. il profilo bidimensionale di periodo Lx , si veda sezione 2.1, viene caricato nel piano xy attraverso i suoi 25 punti di controllo; 2. si procede con l’estensione lungo la terza dimensione, z, dei punti di controllo che descrivono il canale 2D. I nuovi punti di controllo vengono determinati per semplice interpolazione lineare lungo la direzione inclinata dell’angolo ψ rispetto all’asse z. La profondità di interpolazione è pari a Lz . Si individuano cosı̀ quattro file di punti di controllo, equamente spaziate, la cui proiezione sul piano xz appare in figura 5.3; 3. la periodicità viene riproposta, oltre che in direzione x, anche in direzione z mediante due operazioni di specchio sui punti di controllo (simmetria pari rispetto a piani di normale z) rispettivamente a sinistra e a destra(1) del modulo centrale; 4. l’insieme dei punti di controllo costituisce la patch, 25 x 10 punti, che definisce la NURBS 2 volte periodica. Per ulteriori dettagli sulle superfici periodiche si rimanda alla sezione 1.3. Il singolo Figura 5.3 Esempio di patch per superfici NURBS due volte periodiche. In evidenza il singolo modulo periodico, ovvero la patch iniziale. modulo è riportato per 3 periodi lungo la direzione x e lungo la direzione z. (1) Rispetto la direzione z. 5.2 Canale 3D realizzato con superfici NURBS 97 Una volta realizzata la generica superficie inferiore, la costruzione del canale ricalca quanto fatto per il caso bidimensionale. Il procedimento di taglio mediante due rette del caso 2D, viene qui effettuato mediante quattro piani come nelle figure 5.4 e 5.5, dove lo stesso canale è visualizzato su due differenti angolazioni. Si procede con: 1. generazione di una superficie NURBS doppiamente periodica per il profilo inferiore di lunghezza pari a 3 volte il periodo Lx (lungo la direzione x) e larghezza pari a 3 volte il periodo Lz (lungo la direzione z); 2. trasformazione della forma NURBS in più patch di Bézier equivalenti; questo passaggio è necessario poiché FEMLAB tratta superfici in forma di Bézier del III o del IV ordine; 3. traslazione dei punti di controllo della superficie inferiore lungo l’asse x di una quantità traslx ∈] − Lx , +Lx [, dove Lx è il periodo della superficie lungo la direzione x; 4. traslazione dei punti di controllo della nuova superficie lungo l’asse z di una quantità traslz ∈] − Lz , +Lz [, dove Lz è il periodo della della superficie lungo la direzione z; 5. traslazione dei punti di controllo appena trovati lungo l’asse y di una quantità pari a Hav : si è ottenuto il profilo superiore con un’altezza media del canale pari a Hav ; 6. il canale cosı̀ ottenuto viene tagliato dalle sezioni di ingresso e uscita e da due ulteriori piani di normale z per le due superfici laterali di simmetria. 98 Definizione geometrica e termofluidodinamica del caso 3D Figura 5.4 Esempio di costruzione di canale 3D con superfici NURBS. Figura 5.5 Altra angolazione del canale. Le variabili geometriche che definiscono questa parametrizzazione sono riportate in tabella 5.2. Le prime 11 sono le medesime del caso bidimensionale, si veda anche figura 2.4 per individuare i punti. Si introducono 3 ulteriori gradi di libertà per un totale di 14. Oltre all’accresciuto numero di variabili, si sono riscontrare numerose 5.3 Definizione del problema termofluidodinamico Parametro Lx Lwave Descrizione lunghezza lungo x del modulo elementare lunghezza lungo x del profilo curvilineo ∆x3 distanza lungo x del punto 3 rispetto al punto 2 ρ4 distanza polare del punto 3 rispetto al punto 2 ϑ4 anomalia polare del punto 3 rispetto al punto 2 ∆x5 distanza lungo x del punto 5 rispetto al punto 2 ∆y5 distanza lungo y del punto 5 rispetto al punto 2 ρ6 distanza polare del punto 6 rispetto al punto 5 ϑ6 anomalia polare del punto 6 rispetto al punto 5 ∆7 distanza lungo x del punto 8 rispetto al punto 7 traslx 99 entità di traslazione lungo x dei punti di controllo del profilo superiore Lz ψ profondità lungo z del modulo elementare angolo rispetto la direzione positiva dell’asse z per definire la direzione di interpolazione traslz entità di traslazione lungo z dei punti di controllo del profilo superiore Tabella 5.2 Variabili per parametrizzazione 3D con superfici NURBS. Nella prima parte le variabili del caso 2D. difficoltà nel caricare l’elevato numero di patch di Bézier nel CAD di FEMLAB, nonché nelle operazioni di taglio, in cui errori puramente numerici erano sempre in agguato. Anche per questi motivi l’utilizzo di queste geometrie è stato abbandonato, con l’auspicio di poterle riproporre in futuro con un software geometrico adeguato e con elaboratori più potenti. Purtroppo FEMLAB non si è rivelato lo strumento adatto a trattare geometrie tridimensionali complesse. 5.3 Definizione del problema termofluidodinamico L’estensione al caso tridimensionale delle equazioni non-dimensionali caratteristiche del problema di scambio termico in regime di convezione forzata non pone particolari difficoltà. La loro forma rimane sostanzialmente la stessa, si tratta infatti di ridefinire 100 Definizione geometrica e termofluidodinamica del caso 3D il vettore velocità aggiungendo la terza componente w: u = (u, v, w) Brevemente per il campo di moto si ha in forma vettoriale 1 2 ∇ u − ∇P + F Re (5.1a) ∇·u = 0 (5.1b) u · ∇u = dove F = (β , 0, 0). Per il termine β si veda il paragrafo successivo e in generale la sezione 2.2. Lo stesso dicasi per gli altri simboli: nulla cambia rispetto alle definizioni già date. Per il campo termico è u · ∇θ = 1 2 ∇ θ Pe (5.2) Inoltre tutti gli integrali che nel caso bidimensionale sono definiti su una linea, diventano ora integrali di superficie, e analogamente quelli di superficie vengono definiti sul volume. 5.3.1 Condizioni al contorno Si faccia riferimento a figura 5.6. Pareti Sulle pareti wall sono imposte rispettivamente una condizione di no-slip per il campo fluidodinamico e di temperatura assegnata per il campo termico: u=0 θ =0 Inlet e Outlet In ingresso e uscita del canale si prescrivono condizioni di periodicità su velocità e pressione per il campo fluidodinamico e temperatura per quello termico allo stesso modo che nel caso bidimensionale, si vedano a proposito le sezioni 2.2.3 e 2.2.9. Per evitare la soluzione banale del campo termico, i.e. θ = θw = 0 ∀(x, y, z), si è imposto all’ingresso che R θ u · n dS = θb,in = 1 in u · n dS Rin (5.3) Pareti laterali L’elemento di novità rispetto al caso 2D riguarda la presenza delle due pareti laterali, sulle quali per il campo di moto si impongono condizioni di simmetria, i.e. symmetry. Tale condizione si traduce in componenti di velocità normali alla superficie nulle: u·n = 0 5.3 Definizione del problema termofluidodinamico 101 dove n è il versore normale alla superficie, e assenza di componenti tangenziali delle forze viscose: τ ·t = 0 dove τ rappresenta il generico sforzo viscoso e t il generico versore tangente alla superficie. Figura 5.6 Condizioni al contorno per il canale 3D. La condizione di flusso nullo è assunta per la temperatura adimensionale: ∇θ · n = 0 5.3.2 Cenni alla procedura risolutiva Analogamente al caso bidimensionale, per affrontare la soluzione in forma adimensionale si ricerca quel gradiente pressorio adimensionale β che dia una velocità media Uav unitaria. Cosı̀ facendo il numero di Reynolds è: Re = La definizione di Uav è ora R 1 ν u dV Ω dV Uav = RΩ dove Ω è il dominio tridimensionale e dV = dx dy dz è l’infinitesimo di volume. (5.4) 102 Definizione geometrica e termofluidodinamica del caso 3D Nulla cambia nella determinazione del coefficiente d’attrito. Il diametro idraulico del canale è ancora Dh = 2Hav = 1, per cui β 2 Per la determinazione delle caratteristiche di scambio termico l’equazione 2.42, subisce una lieve modifica. Il coefficiente σ , ovvero il rapporto delle temperature di bulk tra inlet e outlet, si ricava in forma iterativa come Z 2 1 ∂ θ 1 (5.5) = 1+ dS σ Lz Pe w ∂ n f= dove dS è l’infinitesimo di superficie. Una volta ottenuto per σ un valore che garantisca il bilancio fra il salto entalpico fra ingresso e uscita del canale e il flusso termico a parete, si ha: Hav Dh Nu = ln σ Pe = ln σ Pe 2L 4L Per quanto ancora sia stato sottinteso, si faccia sempre riferimento al caso bidimensionale. 5.4 Meshing & Solving FEMLAB consente di generare per domini tridimensionali griglie non strutturate tetraedriche. Analogamente ai domini bidimensionali è possibile controllare un certo numero di parametri, i.e. la dimensione massima di un elemento, o il rapporto fra raggio di curvatura e la dimensione del tetraedro su di un bordo. In questa fase la scelta di tali parametri si è sbilanciata sul mantenimento di un ridotto numero di elementi per ottenere tempi di calcolo sostenibili. Questo a scapito purtroppo dell’accuratezza della soluzione. Per avere costi computazionali accettabili il numero di elementi non deve superare l’intorno di 10000, sicuramente negando una opportuna valutazione dei gradienti a parete. Ad ogni modo un elevato numero di geometrie è risultato non processabile a causa di mesh non congruenti. Tale disfunzione si è verificata soprattutto in presenza di un rilevante numero di bordi dalle dimensioni non omogenee a seguito della trasformazione NURBS-Bézier. Questo testimonia i limiti del meshatore interno a FEMLAB. Si peraltro riscontrato che l’implementazione delle condizioni di periodicità è piuttosto critica nei problemi tridimensionali. Infatti a parità di geometria e gradi di libertà, la presenza di tali condizioni alle sezioni di ingresso e uscita aumenta considerevolmente i tempi di calcolo del problema fluidodinamico. I solver utilizzati sono e per il campo di moto e per il campo termico di tipo non-lineare e diretto. Il time-consuming per ciascun canale è in media di 2 ore di CPU su processore AMD 64 3.6GHz. Come test-case dello script realizzato si sono valutati il coefficiente d’attrito f0 e il numero di Nusselt Nu0 per il canale piano parallelo. Si ritiene di puntualizzare che, mentre nulla cambi sul valore di Nu0 , per Re = 100, f0 = 0.24. 6 Risultati dell’analisi tridimensionale Come già anticipato nel precedente capitolo, in questa sezione sono riportati i risultati dell’analisi di ottimizzazione effettuata su canali tridimensionali in regime di convezione forzata. La tipologia geometrica trattata è quella di canali ottenuti per estrusione di domini bidimensionali. In questa ultima parte del lavoro si possono riconoscere due differenti strategie di analisi. Con la prima, tenendo in debito conto le limitate risorse di calcolo, si è cercato di verificare l’applicabilità del metodo risolutivo al caso tridimensionale. modeFRONTIER permette infatti all’utente di definire un database di variabili, ovvero un certo numero di individui che successivamente vengono processati. Si definisce una cosiddetta user sequence, cioè un’analisi parametrica [22]. In questo modo, selezionando ad hoc i canali, si è sondata la possibilità di incremento di scambio termico a parità di coefficiente d’attrito nel passaggio da un canale 2D ad uno 3D. Con la seconda, pensata come suggerimento a sviluppi futuri, si è tentata una ottimizzazione mediante algoritmo genetico MOGA-II su geometrie realizzate per estrusione di canali con profilo linear-piecewise, si veda 5.1. Per agevolare la procedura di calcolo il numero di Reynolds è stato portato da 200 a 100. 6.1 Prima strategia di analisi Per valutare i miglioramenti nelle prestazioni nel caso tridimensionale, le geometrie ottenute sono state messe a confronto con quelle appartenenti ai fronti di Pareto bidimensionali da cui hanno origine. Tale confronto è stato portato avanti parallelamente per profili linear-piecewise e profili NURBS. Per poter effettuare questo accostamento i fronti di Pareto per le geometrie linear-piecewise 2D e NURBS 2D sono stati ricalcolati a Re = 100. Per ciascuno dei due casi il data-base è stato creato integrando le design variables bidimensionali con i parametri Lz e ψ. Per semplicità la profondità di estrusione Lz è stata mantenuta costante al valore di Hav , mentre si sono studiati 4 angoli di estrusione ψ differenti, come riportato in tabella 6.1. Si hanno dunque quattro prove per ciascun canale. La prima, con ψ = 0 ◦ , saggia la bontà del calcolo, 103 104 Risultati dell’analisi tridimensionale Variabile Lz Descrizione profondità di estrusione ψ angolo di estrusione Valore 0.5 0◦ 20 ◦ 30 ◦ 40 ◦ Tabella 6.1 Definizione dei parametri per il canale 3D estruso. infatti si dovrebbe ottenere il medesimo risultato del caso bidimensionale. Per facilitare la convergenza della procedura di calcolo 3D, i valori di tentativo per il gradiente pressorio, β , e per il rapporto fra le temperature adimensionali di bulk fra ingresso e uscita del canale, σ , sono quelli corretti già ottenuti nelle prove 2D. Per convenienza sia per il caso di profilo linear-piecewise, sia per il caso NURBS si è scelto un numero ragionevolmente limitato di design da estrudere, tale però da rappresentare diverse aree dello spazio delle soluzioni. Nelle figure 6.1 e 6.2 sono riportati i risultati del confronto. Si ricorda ancora che, mentre il fronte di Pareto bidimensionale è ripresentato per intero, dei canali tridimensionali si è fatta una selezione. Va poi detto che molte geometrie, soprattutto del più complesso tipo NURBS, figura 6.2, non sono risultate processabili a causa di mesh incongruenti. Il confronto è eseguito sulle funzioni obiettivo Nu/Nu0 e f / f0 , dove 24 22 canali 2D canale 3D (a) canale 3D (b) canale 3D (c) canale 3D (d) 20 18 16 f/f0 14 12 10 8 6 4 1.2 1.4 1.6 Nu/Nu0 1.8 2 2.2 Figura 6.1 Confronto 2D-3D per geometrie con profilo linear-piecewise. Nu0 = 7.5407 e f0 = 24/ Re. Dalle figure è evidente come, per entrambe le tipologie 105 6.1 Prima strategia di analisi 24 22 canali 2D canale 3D (a) canale 3D (b) canale 3D (c) canale 3D (d) 20 18 f/f0 16 14 12 10 8 6 4 1.2 1.4 1.6 Nu/Nu0 1.8 2 2.2 Figura 6.2 Confronto 2D-3D per geometrie con profilo NURBS. di canale 3D estruso, i.e. linear-piecewise and smooth, il numero di Nusselt tenda a crescere senza essere accompagnato da un sensibile aumento del fattore d’attrito. Questo effetto si verifica quando il campo di moto è tipicamente tridimensionale, ovvero non riconducibile alla forma 2D. In tale situazione la presenza di moti secondari [9], che spezzano le zone di ricircolazione bidimensionali, favorisce il trasferimento di massa e di calore (mixing). Si potrebbe obiettare che l’incremento del numero di Nusselt sia principalmente dovuto a una maggior superficie esposta allo scambio termico. Da un’analisi attenta si può invece notare che l’aumento di superficie alle pareti, a seguito di una estrusione con ψ , 0, ha una sensibilità sull’incremento di Nu inferiore rispetto all’induzione dei moti secondari, ottenuta con la deformazione della parete stessa. A conferma di quanto detto, si riportano in tabella 6.2 l’incremento di area delle pareti (wall) e l’incremento del numero di Nusselt per i diversi angoli di estrusione ψ del canale (a) di figura 6.1. Con A2D = 1.863 e Nu2D = 9.832 si vogliono indicare i valori rispettivamente di area e di Nusselt per il canale estruso con angolo ψ = 0 ◦ , caratterizzato cioè da un campo termofluidodinamico bidimensionale. Ancora da tabella 6.2 si può ragionevolmente evincere come al crescere dell’angolo di estrusione, migliori lo scambio termico. Infatti quanto più ci si allontana dalla configurazione bidimensionale, tanto più considerevole è la presenza dei vortici secondari tridimensionali. D’altro canto il citato aumento di superficie per estrusione con ψ , 0, rispetto ψ = 0, si manifesta soltanto per quei tratti di parete la cui normale abbia componente z non nulla, cioè proiezione sul piano xy non degenerante su una linea. Si veda a tal proposito l’esempio riportato in figura 6.3, dove uno stesso profilo linear-piecewise è 106 Risultati dell’analisi tridimensionale A/A2D Nu/ Nu2D ψ 1.000 1.000 0◦ 1.015 1.013 20 ◦ 1.037 1.060 30 ◦ 1.076 1.160 40 ◦ Tabella 6.2 Incremento del numero di Nusselt in funzione dell’aumento di superficie, wall, relativi per diversi angoli di estrusione. stato estruso con due differenti valori di angolo ψ. In figura 6.3(a) è riportata una vista (a) Canale con ψ = 0 ◦ (b) Canale con ψ = 30 ◦ Figura 6.3 Esempio di estrusione con aumento di superficie per la parete di un canale. della superficie ottenuta con angolo di estrusione nullo. La freccia indica la proiezione di tale superficie su di un piano parallelo a yz. Facendo riferimento al caso con angolo 107 6.2 Seconda strategia di analisi di estrusione ψ = 30 ◦ , figura 6.3(b), si può osservare come tale superficie abbia, oltre che proiezione sul piano yz pari alla precedente, proiezione non nulla sul piano xy. La proiezione sul piano xz è la medesima nei due casi in termini di area. In questo semplice esempio l’aumento di superficie, indicato dalla freccia nella zona ∆, è pari a: 1 −1 Lz h cos ψ Lo stesso dicasi per geometrie più complesse con profili smooth NURBS. É possibile infatti approssimare l’andamento della parete curvilinea mediante un’opportuna serie di profili a spigolo. In tabella 6.3 sono esposti i risultati per un canale NURBS estruso a diversi angoli ψ. Ancora una volta è manifesto per lo scambio termico il positivo effetto combinato di moti secondari e dei vortici longitudinali stazionari: il numero di Nusselt cresce all’aumentare dell’angolo di estrusione. A scopo puramente illustrativo, la forma di tali vortici secondari è rappresentata in figura 6.4 per il medesimo canale con due differenti estrusioni, ψ = 20 ◦ figura 6.4(a) e ψ = 40 ◦ figura 6.4(b). f/f0 Nu/Nu0 ψ 3.807 1.307 0◦ 3.932 1.366 20 ◦ 3.937 1.508 30 ◦ 3.909 1.530 40 ◦ Tabella 6.3 Variazione del fattore d’attrito e del numero di Nusselt in funzione dell’angolo di estrusione ψ per un canale smooth. Si vuole infine rivolgere l’attenzione sul fattore d’attrito f . Come già evidente dalla sezione 2.2.4, vale che: f ∝ (τx , S) dove τx è lo sforzo a parete medio in direzione x, mentre S è la superficie bagnata. É evidente che un aumento della superficie giochi a sfavore delle perdite di carico, tuttavia la tridimensionalità e l’adozione di profili smooth possono garantire un flusso maggiormente guidato con la conseguente riduzione di τx . 6.2 Seconda strategia di analisi Data la natura pionieristica di quest’ultima parte del lavoro, si è cercato di mantenere il più possibile ridotto l’onere computazionale. La tipologia geometrica su cui si è tentata l’ottimizzazione è la linear-piecewise, che rispetto la NURBS presenta un 108 Risultati dell’analisi tridimensionale (a) ψ = 20 ◦ (b) ψ = 40 ◦ Figura 6.4 Esempio di flussi secondari 3D. numero di variabili libere decisamente inferiore. Delle 7 individuate in tabella 5.1, si blocca la profondità di estrusione Lz al valore 0.5. Ricordando quanto espresso dalle 4.1 e 4.2 nel caso di ottimizzazione del canale bidimensionale, si ha ora che [ f , Nu] = g (L, h, φin , φout ,trasl, ψ) (6.1) L’algoritmo scelto in questa fase non può che essere MOGA-II viste le sue caratteristiche di robustezza. Il numero di gradi di libertà è pari a 6, ragion per cui il numero di individui costituenti la popolazione iniziale, D.O.E., è fissato a 25. Il numero di generazioni è pari a 10, per un totale di 250 individui processati. Non si è rinunciato a porre dei vincoli e sul numero di Nusselt e sul fattore d’attrito, si veda tabella 6.4. Siano Nu0 = 7.5407 il numero di Nusselt e f0 = 0.24 il coefficiente d’attrito per il canale piano per Re = 100 [12]. La generazione del D.O.E. è al solito affidata alVincolo Nu/ Nu0 f / f0 Relazione > < Limite 1.1 10 Tabella 6.4 Constraints per il lancio MOGA-II. l’algoritmo Sobol. I campi di variabilità dei parametri liberi sono riportati in tabella 6.5. Nonostante l’amplificazione notevole dei tempi di calcolo, i risultati estratti sono incoraggianti. Di seguito si riportano due tipologie di confronti. La prima, figura 6.5, 109 6.2 Seconda strategia di analisi Parametro Campo Base L [0.800; 2.000] 501 h [0.050 L; 0.400 L] 501 φin [0 ◦ ; 60 ◦ ] 501 φout [0 ◦ ; 60 ◦ ] 501 trasl [−0.499 L; 0.499 L] 501 ψ [5 ◦ ; 50 ◦ ] 51 Tabella 6.5 Dominio di definizione delle variabili. rappresenta il fronte di Pareto bidimensionale a confronto con quello tridimensionale sempre per profili linear-piecewise. Anche se il fronte 3D è molto più rado (solo 26 design), per il limitato numero di individui processati, è evidente il miglioramento delle prestazioni rispetto al caso bidimensionale sempre per profili linear-piecewise. Si fa notare che i risultati 2D sono intesi per Re = 100, al pari del 3D. Anche quei 20 2D linear−piecewise 3D linear−piecewise 18 16 14 f/f0 12 10 8 6 4 2 0 1 1.2 1.4 1.6 Nu/Nu0 1.8 2 2.2 Figura 6.5 Fronti di Pareto 2D-3D per geometrie con profilo linear-piecewise. canali 3D, cui corrispondono valori minimi del numero di Nusselt, zona in basso a sinistra di figura 6.5, sono comunque caratterizzati da un coefficiente d’attrito inferiore al caso 2D, fatto che testimonia ulteriormente come i flussi secondari promuovano lo scambio termico. In figura 6.6 si riporta la distribuzione dei valori della variabile ψ. A 110 Risultati dell’analisi tridimensionale 0.31 0.27 frequenza 0.23 0.19 0.15 0.12 0.08 0.04 0 32 34 36 38 ψ 40 42 44 46 Figura 6.6 Istogramma di frequenza per la variabile ψ. questo primo livello di analisi sembra che l’ottimizzatore concentri i migliori risultati in termini di scambio termico su un valore medio dell’angolo di estrusione pari a 39 ◦ . La seconda tipologia, figura 6.7, introduce nel grafico di figura 6.5 anche il fronte di Pareto bidimensionale per canali smooth. Anche qui il progresso non manca, tutta25 2D linear−piecewise 2D NURBS 3D linear−piecewise 20 f/f0 15 10 5 0 1 1.2 1.4 1.6 1.8 Nu/Nu0 2 2.2 2.4 Figura 6.7 Fronti di Pareto a confronto: profilo linear-piecewise 2D-3D e profilo smooth 2D. 6.2 Seconda strategia di analisi 111 via è meno palese, com’era lecito attendersi. I profili NURBS infatti sono in genere caratterizzati da perdite di carico contenute rispetto a profili a spigolo. Il grafico di figura 6.7 lascia intravedere future prospettive di sviluppo con l’ottimizzazione di profili NURBS-derivati. A livello attuale tuttavia i costi in termini di CPU time sono proibitivi. Si dovrebbe infatti passare dai 6 gradi di libertà attuali (7 se si lasciasse libera anche la profondità di estrusione) ai 13 in caso di estrusione da profili NURBS 2D. Conclusioni In questo lavoro di tesi si è descritta una procedura di ottimizzazione di forma di tipo multi-obiettivo, applicata a canali corrugati periodici, nei quali vi è scambio termico convettivo fra le loro pareti ed il fluido che li attraversa. Questi sistemi rappresentano l’elemento ripetitivo fondamentale di numerosi scambiatori di calore, in particolare quelli liquido-gas e gas-gas. Il fine ultimo è quello di migliorarne le prestazioni di scambio termico e fluidodinamiche. Come emerso in lavori simili, la parametrizzazione della geometria riveste un ruolo fondamentale nel processo di ottimizzazione. Nel capitolo 1 si è dato spazio alla documentazione delle forme NURBS (Non-Uniform Rational B-Spline) utilizzate per la descrizione del generico canale in due e in tre dimensioni. Il loro utilizzo ha consentito di definire agevolmente il concetto di continuità e smoothness del profilo dei canali e di tracciare forme complesse semplicemente giocando su ordine, numero di punti di controllo e nodi (knots). Ci si è inoltre soffermati sulla problematica della trasformazione di un’entità NURBS in più forme semplici di Bézier e sono state introdotte le NURBS in forma periodica. Nel capitolo 2 si è sviluppata in modo generale la metodologia di risoluzione per il campo termofluidodinamico nel problema di convezione forzata, tipico degli scambiatori di calore. Allo scopo di ridurre le richieste computazionali si è preso atto della periodicità spaziale del dispositivo e conseguentemente si è potuto studiarne il campo termofluidodinamico di un unico modulo ripetitivo. Il flusso preso in considerazione è caratterizzato da un numero di Prandtl pari a 0.7 ed è stato assunto in condizioni laminari, stazionarie e in regime di pieno sviluppo fluidodinamico e termico. Rispetto ad un precedente lavoro di tesi, di cui questo vorrebbe essere l’ideale continuazione, si è individuata una tecnica di risoluzione più efficiente in forma completamente adimensionale. La fase di implementazione in FEMLAB è stata descritta nel capitolo 3, dove è stata riportata la traduzione in forma CAD/FEMLAB dei due vincoli costruttivi imposti durante la successiva fase di ottimizzazione, ovvero la stampabilità e la curvatura non eccessiva dei profili. Quanto realizzato finora è divenuto al capitolo 4 il motore risolutivo, legato al software modeFRONTIER, per l’ottimizzazione bidimensionale, descritta in tutta la sua 113 114 Conclusioni fase evolutiva. Le variabili geometriche del canale costituivano i gradi di libertà del problema, input. Gli obiettivi, output, sono stati individuati nel numero di Nusselt, indicatore di scambio termico, e nel coefficiente d’attrito, indicatore delle perdite di carico all’interno dello scambiatore di calore. La notevole libertà nelle forme concessa dall’uso di NURBS, ha fatto emergere i limiti di FEMLAB nella procedura di discretizzazione. La trasformazione delle curve NURBS in più curve di Bézier, richiesta da FEMLAB, ha causato il moltiplicarsi del numero di bordi del canale, spesso dalle dimensioni tra loro non omogenee. Questo aspetto ha messo in crisi il meshatore, causando la creazione di griglie non coerenti. Nella successiva analisi tridimensionale questo problema si è rivelato in forma esasperata, poiché il numero di individui con raggi di curvatura molto piccoli, che di conseguenza si è dovuto scartare, si è dimostrato crescere notevolmente. Come accennato, si è quindi passati a descrivere il medesimo problema in forma tridimensionale, attendendosi un miglioramento delle prestazioni grazie alla presenza dei moti secondari. Tali moti sono costituiti da vortici che giacciono su piani normali alla direzione principale del moto. Nel capitolo 5 si è voluto segnalare le diverse tappe che hanno portato alla scelta di quali tipologie geometriche descrivere. La richiesta computazionale per la risoluzione numerica di questi problemi tridimensionali di convezione forzata si è rivelata notevole, tant’è che si è dovuto dimezzare il numero di Reynolds della simulazione. In aggiunta il CAD FEMLAB si è dimostrato poco adatto a trattare canali limitati da superfici NURBS complesse. Come espresso nel capitolo 6 lo studio tridimensionale è stato suddiviso in due fasi. Nella prima è stata affrontata un’analisi parametrica di alcuni canali, realizzati per semplice estrusione di geometrie bidimensionali, al variare del solo angolo di estrusione. Si è cosı̀ provata l’estensibilità della metodologia proposta al capitolo 2 al caso tridimensionale e si è verificato l’incremento di scambio termico auspicato per canali smooth profile e per canali linear-piecewise profile. Si è successivamente tentata una pura ottimizzazione sulle sole geometrie linear-piecewise profile, ovviamente più semplici e caratterizzate da un minor numero di variabili progettuali rispetto al caso NURBS profile. Nonostante i problemi di mesh e l’impossibilità di garantire risultati indipendenti dalla griglia, si sono ottenuti risultati molto incoraggianti. Il fronte di Pareto di quest’ultima ottimizzazione tridimensionale è stato posto a confronto con quelli ottenuti nell’ottimizzazione bidimensionale per il caso NURBS profile e per il caso linear-piecewise profile, ed ha fornito un’indicazione del vantaggio di utilizzare canali corrugati caratterizzati da campi termofluidodinamici tridimensionali. Per ragioni di tempo non si è potuto procedere nell’ottimizzazione di canali tridimensionali NURBS profile, anche se la lettura dei risultati lasciava sperare che l’utilizzo di tali forme avrebbe portato verso un ulteriore miglioramento delle prestazioni, almeno per quel che riguardava la riduzione delle perdite di carico. La parametrizzazione NURBS ha infatti permesso di ottenere profili dolci, che bene hanno dimostrato accompagnare il flusso. L’ottimismo che nell’ultimo capitolo si è lasciato trasparire non deve nascondere i limiti di questo studio. Non è stato possibile processare individui 115 con mesh superiori a 11000 elementi circa, per cui i risultati sono stati ottenuti con un livello di accuratezza minimo, sia pur accettabile per un primo confronto con il caso bidimensionale. Ulteriori indagini, magari accompagnate da un’evoluzione di FEMLAB ed affiancate anche dall’utilizzo di altri solutori CFD, sono raccomandate. In entrambe le fasi di ottimizzazione si è fatto uso del solo solutore diretto, ossia non-iterativo. Si è sentita la mancanza di un solver efficiente, che non entrasse in conflitto con l’imposizione delle condizioni al contorno di periodicità, nonché della possibilità di un rapido utilizzo di un solver segregato, sicuramente più indicato nell’analisi tridimensionale. In tutta la tesi i problemi sono stati affrontati seguendo un indirizzo prevalentemente metodologico. L’imposizione dei vincoli costruttivi si è fermata ad un livello accademico e ulteriori condizioni sarebbero state necessarie perché le forme più prestanti emerse in questo lavoro potessero passare rapidamente e in modo indolore alla fase applicativa. Come ultima indicazione si noti che, nell’ottimizzazione delle prestazioni di sistemi come quelli cui si fa riferimento in questo lavoro, spesso viene tralasciata una caratteristica fondamentale, ossia la stabilità della performance al variare dei parametri di funzionamento. Nella realtà pratico-industriale devono invece essere sviluppati prodotti che, entro un certo range, abbiano scarsa sensibilità alla alterazione di tali parametri. Una analisi di questo tipo è concessa da modeFRONTIER, i.e. Robust Design, ed è fondata non più su una distribuzione deterministica delle variabili, come in questo lavoro, bensı̀ su una distribuzione probabilistica con l’introduzione del concetto di media e deviazione standard delle variabili di input e conseguentemente della soluzione ottenuta. Il modello di una tale indagine è dunque statistico e richiede un campionamento di dati che appesantisce notevolmente il processo di ottimizzazione, pur tuttavia coprendo un importante aspetto dal punto di vista applicativo. Appendice A I Software Utilizzati. In questa sezione si darà una breve descrizione dei pacchetti utilizzati nel presente lavoro di tesi, senza peraltro volere sovrapporsi alla documentazione di cui ciascun programma è corredato [18], [22] e facendo riferimento a quanto già ampiamente riportato in precedenti lavori [5], [10]. A.1 modeFRONTIER modeFRONTIER è per questo lavoro l’organizzatore delle operazioni e del flusso di dati, avente come scopo ultimo l’ottimizzazione. Ottimizzare significa ottenere la migliore configurazione di un sistema, caratterizzato da un certo numero di gradi di libertà, detti anche variabili decisionali, e sottoposto a specifici vincoli, o constraints. Si tratta quindi scegliere la migliore tra un certo numero di possibilità, al limite infinite! Il processo di ottimizzazione vede quindi la necessità di definire: - cosa si vuole migliorare, ovvero il modello, semplificazione del sistema che si intende analizzare; - quali aspetti o caratteristiche del modello si desidera migliorare; - con quale metodo e procedimento effettuare la scelta. Come visto, nei problemi trattati in questa tesi il risultato da raggiungere consta di due obiettivi, peraltro in contrasto fra loro. Questi due obiettivi(1) sono legati, oltre che alle caratteristiche del fluido di processo, ad un certo numero di parametri che vanno a definire la forma geometrica del canale. In generale detto X l’insieme delle variabili, che il progettista può, più o meno liberamente, sondare e φ l’insieme degli obiettivi da massimizzare/minimizzare, detti funzioni obiettivo, il suddetto legame si esprime come: φ1 X1 ... ... = g(X) = f φ= Xn φm (1) Minimizzazione del coefficiente di attrito adimensionale f e massimizzazione dello scambio termico adimensionale Nu. 117 118 I Software Utilizzati. Mancando una espressione analitica per g, il processo di ottimizzazione deve basarsi sull’esperienza, secondo uno schema trial & error. In sostanza è quanto comunemente si applica nelle scelte quotidiane, circa quali abiti indossare a seconda del clima, o quale percorso intraprendere a seconda del traffico etc. modeFRONTIER consente di affrontare queste operazioni di scelta in maniera sistematica su problemi tecnico-ingegneristici ed economici, attraverso svariati algoritmi, i.e. basati sul gradiente di una funzione, evoluzione genetica, teoria dei giochi. Notevole è la flessibilità che modeFRONTIER dimostra nell’affrontare diverse tipologie di problemi su altrettanto differenti modelli, non necessitando di algoritmi dedicati. A.1.1 Caratteristiche essenziali In questo lavoro si è utilizzata la versione del software 3.1.0. Attraverso la GUI il programma permette di: - descrivere il problema; - fissare gli obiettivi da raggiungere; - impostare ed eseguire uno tra i diversi algoritmi di ottimizzazione presenti; - analizzare i dati ottenuti e far interagire le scelte-macchina con le scelte-progettista. modeFrontier consente una ottimizzazione multi-obiettivo e multi-disciplinare, attraverso un agevole accoppiamento con i più svariati programmi di calcolo. Gli algoritmi di ottimizzazione presenti si distinguono fra multi-obiettivo e mono-obiettivo, ciascuno con differenti caratteristiche in termini di accuratezza, robustezza, efficienza [5]. L’interfaccia grafica del programma presenta 3 ambienti che definiscono le 3 fasi, in cui viene suddiviso il processo di ottimizzazione. Work Flow In questa finestra si stabiliscono: • il modello, riportando le variabili che lo descrivono; • gli obiettivi che si vogliono perseguire; • l’application, ovvero il programma di calcolo interfacciato a modeFRONTIER; • eventuali vincoli, a cui l’individuo ottimo deve attenersi; • l’algoritmo di ottimizzazione, cioè lo scheduler che si intende utilizzare; • il set di individui che si intende analizzare in partenza. 119 A.1 modeFRONTIER In figura A.1 è riportato un esempio di work-flow, con cui si è definito il problema di ottimizzazione bidimensionale. Figura A.1 Esempio di work flow Si possono osservare due flussi. Il flusso logico va dalla generazione del D.O.E. (Design of Experiments), ovvero il set di individui iniziali, all’application (denominata operaio 2D). Il flusso di dati parte invece dalla definizione dei nodi delle input variables e delle eventuali transfer variables per giungere come input per l’application. La generazione del D.O.E. è affidata a diversi algoritmi, tra i quali si è scelto per i primi lanci Sobol, vista la capacità di coprire al meglio e omogeneamente l’intero dominio delle variabili decisionali. A questo punto all’utente è richiesto di definire la strategia di ottimizzazione, ovvero di scegliere il tipo di scheduler. modeFRONTIER offre al livello base MOGA-II (evoluzione del Multi Objective Genetic Algorithm), SIMPLEX, B-BFGS Bounded BFGS basato sul metodo del gradiente, SA (Simulated Annealing). Vi è poi una scelta di scheduler avanzati come MOSA, MACK, FMOGA, FSIMPLEX [22]. In questa tesi si è scelto per i primi lanci MOGA-II, Multi Objective Genetic Algorithm, data sua robustezza e la capacità di affrontare problemi multi-obiettivo. Per i successivi lanci di 120 I Software Utilizzati. affinamento, si è invece utilizzato un algoritmo mono-obiettivo, previa trasformazione del problema mediante l’inserimento di una utility function. Run Logs Sotto questa tendina durante la fase di running il software dialoga con l’utente, fornendo un resoconto sul numero di design in corso, sui tempi di calcolo, su eventuali errori etc. Design Space È questa la sezione dedicata al post-processing. I dati forniti dalla fase computazionale vengono visualizzati a schermo mediante opportuni grafici. In questo modo è possibile valutare la bontà del processo appena compiuto e quale sia la direzione di ottimizzazione che il software vuole fornire al disegnatore e infine compiere una analisi statistica avanzata dei risultati. Sempre in questa sezione sono messi a disposizione dell’utente procedimenti passo-passo per costruire utility function, attraverso il M.C.D.M. (Multi Criteria Decision Making). A.1.2 Algoritmo Genetico: MOGA-II L’algoritmo MOGA-II si è rivelato una delle risorse principali di questo lavoro di tesi. Esso interpreta l’ottimizzazione al pari del processo evolutivo con cui si modificano nel tempo gli esseri viventi. Ad ogni individuo, indicato con una stringa binaria in luogo del DNA, viene associata una fitness, ovvero un punteggio in base alla particolare posizione nella scala degli obiettivi. Il processo evolutivo segue le operazioni di: cross over ovvero una ricombinazione genetica tra due individui, le cui stringhe vengono spezzate casualmente e ricombinate. In questo modo ciascuno dei figli eredita alcuni geni da entrambi i genitori; mutazione ovvero la casuale variazione di uno o più parametri di una stringa. L’utilizzo di tale metodo aumenta la probabilità di esplorare un numero maggiore di configurazioni; selezione ovvero viene consentita la sopravvivenza dei soli individui migliori nel passaggio da una generazione alla successiva. In tale modo gli individui del D.O.E. iniziale si evolvono in più generazioni proponendo nuove stringe di D.N.A, tali da generare fitness che più si avvicinino agli obiettivi prefissati. Ciascuno degli eventi con cui avviene l’evoluzione della stringa ha una certa probabilità di avverarsi, definibile dall’utente. MOGA-II è una particolare versione di MOGA, algoritmo genetico presente nelle versioni precedenti di modeFRONTIER; rispetto a MOGA c’è un miglioramento dell’elitismo, ovvero la capacità di scegliere di generazione in generazione gli individui migliori senza però avere replicanti (memoria storica) e l’introduzione del cross-over direzionale, ovvero una particolare combinazione fra due genitori che si può vedere come una somma vettoriale pesata. Rispetto agli algoritmi mono-obiettivo, MOGA-II 121 A.1 modeFRONTIER è caratterizzato da una maggiore robustezza: assicura cioè che la soluzione trovata sia in posizione di minimo/massimo assoluto e non locale. Per contro questo algoritmo è meno accurato ed efficiente di un mono-obiettivo, ovvero assicura una minor precisione e una minore velocità di convergenza. A.1.3 Algoritmo mono-obiettivo: SIMPLEX Una volta colta la posizione stabile di estremo assoluto con l’algoritmo genetico, con ulteriori lanci mediante un algoritmo mono-obiettivo quale SIMPLEX si può ottenere in modo efficiente una soluzione più accurata. SIMPLEX è un algoritmo per l’ottimizzazione di problemi non lineari. Detto n il numero dei gradi di libertà del modello, il simplesso [5] è una poliedro formato da n + 1 vertici in uno spazio n-dimensionale. In modeFRONTIER i vertici sono n+1 individui linearmente indipendenti del D.O.E.. Lo scheduler valuta i design ai vertici e deforma in modo iterativo il poliedro iniziale fino a raggiungere la soluzione ottimale. I movimenti consentiti sono: riflessione ovvero nello spazio n + 1-dimensionale viene eseguita una riflessione del vertice, cui corrisponde il valore peggiore dell’obiettivo, rispetto allo spazio ndimensionale formato dai restanti punti. Se il nuovo vertice assume un miglior valore dell’obiettivo, questo va a sostituire il vertice di partenza; espansione ovvero se la riflessione ha prodotto un vertice con l’obiettivo migliore, è lecito attendersi che proseguendo in quel verso e direzione si ottengano individui migliori del precedente; contrazione ovvero, se al contrario, la riflessione ha portato ad un punto peggiore di tutti gli altri meno che del vertice di partenza, è possibile che l’ottimo di trovi in un punto interno al poliedro per cui dal punto riflesso ci si addentra nella figura. Per la sua architettura SIMPLEX è un algoritmo mono-obiettivo. A.1.4 Definizione di soluzione migliore Dalle design chart presentate, i.e. figure 4.1 e 4.2, appare evidente come, in un problema multi-obiettivo con obiettivi fra loro in contrasto, esistano più soluzioni, comunque equivalentemente valide. È questo il caso del presente lavoro e non è possibile trovare un unico ottimo. Ciononostante è possibile individuare un set di individui che prevalgono gli altri, il cosiddetto fronte di Pareto, vedi figure A.2 e A.3. Si parla di dominanza di un gruppo di individui e formalmente, detta fi la i-esima funzione obiettivo, il design x domina il design y (si scriva x > y) se e solo se: (∀i fi (x) > fi (y)) ∩ (∃ j | f j (x) > f j (y)) Per cui x domina y se almeno per un aspetto lo supera. Se nobj è il numero degli obiettivi, il fronte di Pareto è un ente geometrico di dimensione nobj − 1. 122 I Software Utilizzati. Figura A.2 Esempio di fronte di Pareto (individui evidenziati): gli individui del fronte dominano i restanti. Figura A.3 Ulteriore esempio di fronte di Pareto: entrambi gli obiettivi vanno massimizzati. A.1.5 M.C.D.M. Spesso i problemi di ottimizzazione sono di tipo multi-obiettivo. Come accennato però, un algoritmo efficiente ed accurato quale SIMPLEX è di tipo mono-obiettivo. Inoltre la definizione di un’unica soluzione migliore di tutte le altre richiede la massimizzazione di un’unica funzione, in cui un obiettivo venga privilegiato rispetto ad altri(2) . Può risultare quindi necessario trasformare un problema multi-obiettivo in (2) Il che equivale ad esplorare una specifica zona dello spazio delle soluzioni. A.2 FEMLAB 123 un problema mono-obiettivo attraverso una utility function, ovvero una somma pesata degli obiettivi originari: Fobj = ∑ pi ϕi dove Fobj è il nuovo obiettivo da rendere estremo, pi è il peso dell’obiettivo i-esimo e ϕi è l’obiettivo i-esimo della multi-obiettivo. I pesi sono caratterizzati dall’avere somma unitaria e lo strumento M.C.D.M. (Multi Criteria Decision Making) interno a modeFRONTIER aiuta la generazione di una utility function con funzioni di peso lineari o non-lineari. Per una breve descrizione del funzionamento di questa opzione si veda sezione 4.4. A.2 FEMLAB FEMLAB è il software utilizzato per la soluzione numerica del problema termicoconvettivo affrontato in questa tesi. FEMLAB è un pacchetto agli elementi finiti (FEM) con generatore di mesh non-strutturata, per la risoluzione di problemi riconducibili a sistemi di equazioni differenziali del secondo ordine alle derivate parziali (PDE). Rispetto le versioni precedenti, quella in uso, FEMLAB 3.0, non è più solo un toolbox di MATLAB, pur mantenendo inalterata la piena integrazione con questo applicativo. Analogamente ai lavori [5, 10] si è utilizzato FEMLAB per la possibilità di accedere direttamente alle equazioni risolutive, adattandole entro certi limiti alla proprie esigenze, e di interfacciarsi con un linguaggio di programmazione agevole quale MATLAB. FEMLAB annovera inoltre una serie di modelli, application mode, di svariati campi fisici, che consentono la definizione di uno specifico problema anche senza entrare nella modalità di scrittura delle PDE. Tra questi campi si possono citare: modulo per meccanica strutturale, elettromagnetismo, conduzione del calore, fluidodinamica e quant’altro [18]. Infine FEMLAB permette la definizione di problemi in multiphysics mode, i.e. multi-fisica, ovvero è possibile accoppiare nello stesso modello più sotto-modelli dalla fisica differente, i.e. interazione fluido-struttura in turbomacchine. A.2.1 Caratteristiche essenziali I passi per la risoluzione di un modello sono i seguenti: 1. definizione geometrica del dominio; 2. definizione delle equazioni differenziali che governano il modello; 3. imposizione delle condizioni al contorno (boundary conditions); 4. definizione dei parametri di griglia e generazione della mesh; 124 I Software Utilizzati. 5. scelta del risolutore, Solver, (lineare, non-lineare, non-stazionario, agli autovalori, parametrico lineare o non-lineare, adattativo); 6. risoluzione del problema; 7. eventuale fase di post-processing per l’estrapolazione dei risultati. Per maggiori dettagli si veda [18]. Definizione della geometria FEMLAB consente di generare modelli geometrici anche complessi 2D e 3D, oppure di importare strutture da CAD esterni. Il CAD interno offre la possibilità di effettuare modellazione solida o per superfici a livello base e un certo numero di informazioni sulla geometria possono essere agevolmente estratte. PDE general form In questo lavoro per la scrittura delle equazioni fluidodinamiche e termiche, si è utilizzata la formulazione diretta delle PDE nella cosiddetta general form (A.1). ∂ ui in Ω da i ∂t + ∇ · Γi = Fi ∂Rj (A.1) −n · Γi = Gi + µ j su ∂ Ω ∂ u i 0 = Rj su ∂ Ω dove - ui è l’i-esima variabile, u = (u1 , ..., uN ); - da i è l’i-esimo coefficiente di massa; - Γi è il cosiddetto flux vector; - Fi è il termine forzante; - n è il versore normale al boundary; - Gi è un coefficiente per l’imposizione delle BC; - R j è un coefficiente per l’imposizione del j-esimo vincolo, R = (R1 , ..., RM ); - µi è il j-esimo moltiplicatore di Lagrange, i moltiplicatori sono in numero pari ai vincoli. La prima di A.1 è l’equazione differenziale alle derivate parziali, le seconda e la terza rappresentano rispettivamente le condizioni al contorno di Neumann e Dirichlet. A.2 FEMLAB 125 Mesh La versione in uso consente di generare una griglia non-strutturata che si traduce nel caso bi-dimensionale in una mesh triangolare, mentre nel caso tri-dimensionale in una mesh a tetraedri. FEMLAB consente di avere un controllo sulla qualità degli elementi a livello di dominio e sotto-domini, quali bordi, facce, punti. Solver In questo lavoro si è utilizzato unicamente il solver non-lineare stazionario (femnlin), capace di risolvere anche problemi lineari riconoscendo un peso elevato alla parte diffusiva della prima equazione di A.1. Si ricorda che un modello non-lineare è tale se descritto da una o più equazioni differenziali, in cui uno, o più coefficienti, delle derivate è non-lineare. Il solver, che può essere diretto o iterativo [18, 19], provvede a discretizzare le equazioni come L − NT Λ = 0 (A.2) M=0 dove L, N e M sono funzioni del vettore soluzione U. Il sistema A.2 viene risolto con una variante del metodo di Newton. Da una soluzione iniziale U0 si calcola una correzione δ U attraverso (A.3) Kδ U + N T Λ = L (A.3) Nδ U = M con K, N, L e M calcolate per U = U0 . Il nuovo vettore soluzione è ora U = U0 +λ δ U, dove λ ∈ [0; 1] è un coefficiente di smorzamento (damping factor). Il procedimento è iterato fino al livello di convergenza desiderato. Per le altre tipologie di solver si faccia riferimento a [18]. Post-processing FEMLAB fornisce molteplici strumenti per la fase di post-processing e visualizzazione risultati. Consente di creare grafici quali: - surface plots - isosurface plots - contour plots - streamline plots nonché combinazioni di questi. Bibliografia [1] Michael E. Mortenson. Modelli geometrici in computer graphics. McGraw-Hill, Milano, 1989. [2] Gerald Farin. Curves and Surfaces in Computer-Aided Geometric Design: A Practical Guide. ACADEMIC PRESS, Milano, fourth edition, 1997. [3] Andrea Rimondi. Generazione di configurazioni aerodinamiche mediante NURBS (Non-Uniform Rational B-Spline). 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