NUTRIRE IL PIANETA ENERGIA PER LA VITA: la visione e l’azione di GMA per il diritto al Cibo pag. 1 I PERCORSI TEMATICI DELL’EXPO ................................................................................................ 3 EXPO: LETTERA APERTA ................................................................................................................. 4 TEMATICA 1: Storia dell’Uomo, storie di cibo ............................................................................ 7 I prodotti agricoli tradizionali del Corno d’Africa ................................................................. 7 TEMATICA 2: Abbondanza e privazione: il paradosso del contemporaneo ....................... 8 AGRICOLTURA: ENERGIA PER LA VITA IN AFRICA ................................................................ 8 SICUREZZA ALIMENTARE e SOVRANITA’ ALIMENTARE ......................................................... 9 LAND GRABBING: L’accaparramento delle terre come nuova forma di colonialismo ................................................................................................................................................. 10 L’AGRICOLTURA DI SUSSISTENZA NELLE ZONE IN CUI OPERA GMA: produzione agricola .................................................................................................................................. 12 LAVORAZIONE E CONSERVAZIONE PRODOTTI AGRICOLI................................................ 15 L’azione di GMA per lo stoccaggio dei prodotti agricoli nei villaggi in Etiopia .......... 15 AMBIENTE E ACQUA ................................................................................................................ 17 DESERTIFICAZIONE ................................................................................................................. 17 EROSIONE DEL SUOLO .......................................................................................................... 18 AMBIENTE E SOCIETA’ .............................................................................................................. 19 TEMATICA 3: Cibo sostenibile = mondo equo ........................................................................ 21 AGRICOLTURA ED ECONOMIA SOCIALE ........................................................................... 21 AGRICOLTURA, EDUCAZIONE, EMERGENZA ALIMENTARE ............................................... 22 TEMATICA 4: Il gusto è conoscenza ......................................................................................... 23 pag. 2 Expo 2015Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita. Expo Milano 2015 si confronta con il problema del nutrimento dell’uomo e della Terra e si pone come momento di dialogo tra i protagonisti della comunità internazionale sulle principali sfide dell’umanità. • I PERCORSI TEMATICI DELL’EXPO Storia dell’Uomo, storie di cibo Arti, mestieri, tecniche d'insediamento, commerci, ma anche gli aspetti degradanti della colonizzazione e dello sfruttamento raccontano la storia dell'uomo nella sua evoluzione. Attraverso la storia del cibo si scopriranno le tecniche di coltivazione, allevamento, trasformazione e mutazione degli alimenti evidenziano le caratteristiche della dieta degli individui. Abbondanza e privazione: il paradosso del contemporaneo Contraddizioni nel cibo e nella sua disponibilità: una parte della popolazione mondiale vive in condizioni di sotto-nutrizione e mancato accesso all’acqua potabile, un’altra parte presenta malattie fisiche e psicologiche legate alla cattiva/eccessiva nutrizione e allo spreco. Possono scienza, educazione, prevenzione, cooperazione internazionale, ingegneria sociale e politica ambire al superamento di questo doloroso paradosso? Cibo sostenibile = mondo equo Come si può responsabilizzare l’Uomo affinché mantenga uno sviluppo equilibrato tra la produzione del cibo e lo sfruttamento delle risorse? Expo Milano 2015, dedicata al tema del cibo e della nutrizione, è la piattaforma di discussione dalla quale lanciare i nuovi obiettivi per un millennio sostenibile, dove da un lato sia salvaguardata la biodiversità, dall’altro, tutelati saperi, tradizioni e intere culture. Il gusto è conoscenza Nutrirsi è certamente un atto necessario, ma può essere anche uno dei più gioiosi per l’uomo. E, soprattutto, il piacere del palato diventa strumento di conoscenza: i sapori e gli odori delle cucine internazionali raccontano la storia e le culture delle società del Pianeta. Un itinerario a cavallo tra manifestazioni culturali e degustazioni diffuse, dove oltre ai prodotti finiti trovino posto anche le tecniche di conservazione dei cibi, le diverse modalità di cottura, e le altre invenzioni finalizzate a modificare o mantenere i sapori. pag. 3 • EXPO: LETTERA APERTA Allo stato attuale la produzione agricola mondiale potrebbe facilmente sfamare 12 miliardi di persone……. si potrebbe quindi affermare che ogni bambino che muore per denutrizione oggi è di fatto ucciso” Jean Ziegler, già Relatore Speciale delle Nazioni Unite sul diritto al cibo Signor presidente del Consiglio, i giornali ci informano che lei sarà a Milano il 7 febbraio per lanciare un Protocollo mondiale sul Cibo, in occasione dell’avvicinarsi di Expo. Ci risulta che la regia di tale protocollo, al quale lei ha già aderito, sia stata affidata alla Fondazione Barilla Center for Food & Nutrition. Una multinazionale molto ben inserita nei mercati e nella finanza globale, ma che nulla ha da spartire con le politiche di sovranità alimentare essenziali per poter sfamare con cibo sano tutto il pianeta. EXPO ha siglato una partnership con Nestlè attraverso la sua controllata S.Pellegrino per diffondere 150 milioni di bottiglie di acqua con la sigla EXPO in tutto il mondo. Il Presidente di Nestlé Worldwide già da qualche anno sostiene l’istituzione di una borsa per l’acqua così come avviene per il petrolio. L’acqua, senza la quale non potrebbe esserci vita nel nostro pianeta, dovrebbe quindi essere trasformata in una merce sui mercati internazionali a disposizione solo di chi ha le risorse per acquistarla. Questi sono solo due esempi di quanto sta avvenendo in preparazione dell’EXPO. Scriveva Vandana Shiva: “Expo avrà un senso solo se parteciperà chi s'impegna per la democrazia del cibo, per la tutela della biodiversità, per la difesa degli interessi degli agricoltori e delle loro famiglie e di chi il cibo lo mette in tavola. Solo allora Expo avrà un senso che vada oltre a quello di grande vetrina dello spreco o, peggio ancora, occasione per vicende di corruzione e di cementificazione del territorio.” “Nutrire il Pianeta, Energia per la vita.” recita il logo di Expo. Ma Expo è diventata una delle tante vetrine per nutrire la multinazionali, non certo il pianeta. Come si può pensare infatti di garantire cibo e acqua a sette miliardi di persone affidandosi a coloro che del cibo e dell’acqua hanno fatto la ragione del loro profitto senza prestare la minima attenzione ai bisogni primari di milioni di persone ? Expo si presenta come la passerella delle multinazionali agroalimentari, proprio quelle che detengono il controllo dell'alimentazione di tutto il mondo, che producono quel cibo globalizzato o spazzatura, che determina contemporaneamente un miliardo di affamati e un miliardo di obesi. pag. 4 Due facce dello stesso problema che abitano questo nostro tempo: la povertà, in aumento non solo nel Sud del mondo ma anche nelle nostre periferie sempre più degradate. Expo non parla di tutto ciò. Non parla di diritto all'acqua potabile e di acqua per l'agricoltura familiare. Non parla di diritto alla terra e all'autodeterminazione a coltivarla. Non si rivolge e non coinvolge i poveri delle megalopoli di tutto il mondo, non si interroga su cosa mangiano, non parla ai contadini privati della terra e dell'acqua, scacciati attraverso il Land e Water grabbing, ( la cessione di grandi estensioni di terreno e di risorse idriche a un paese straniero o ad una multinazionale), espulsi dalle grandi dighe, dallo sviluppo dell'industria estrattiva ed energetica, dalla perdita di sovranità sui semi per via degli OGM e costretti quindi a diventare profughi e migranti.[…] In Expo a fianco della passerella delle multinazionali si dispiega la passerella del cibo di “eccellenza”. Expo parla solo alle fasce di popolazione ricca dell'occidente e questo ne fa oggettivamente la vetrina dell'ingiustizia alimentare del mondo, nella quale la povertà si misurerà nel cibo: in quello spazzatura per le grandi masse e in quello delle eccedenze e degli scarti per i poveri. In questi mesi, di fronte a tutto quello che è accaduto, dall’illegalità allo sperpero di ingenti risorse economiche per l’organizzazione di Expo in una città dove la povertà cresce quotidianamente e che avrebbe urgenza di ben altri interventi, noi abbiamo maturato un giudizio negativo su Expo. Ma come cittadini non possiamo fuggire la responsabilità di impegnarci affinché l’obiettivo di “Nutrire il pianeta” possa essere meno lontano. Per questo avanziamo a lei e alle autorità politiche ed amministrative che stanno organizzando Expo alcune precise richieste. Il Protocollo mondiale sulla nutrizione che lei intende lanciare, pur dicendo anche alcune cose condivisibili, evitando i nodi di fondo, rimane tutto all’interno dei meccanismi iniqui che hanno generato l’attuale situazione . Noi le chiediamo di porre al centro la sovranità alimentare e il diritto alla terra negati dallo strapotere e dal controllo delle multinazionali in particolare quelle dei semi. Chiediamo che sia affermata una netta contrarietà agli OGM che sono il paradigma di questa espropriazione della sovranità dei contadini e dei cittadini, il perno di un modello globalizzato di agricoltura e di produzione di cibo che inquina con i diserbanti, consuma energia da petrolio, è idrovoro e contribuisce al 50% del riscaldamento climatico. Le chiediamo che venga affermato il diritto all'acqua potabile per tutti attraverso l’approvazione di un Protocollo Mondiale dell’acqua, con il quale si concretizzi il diritto umano all’acqua e ai servizi igienico sanitari sancito dalla risoluzione dell’ONU del 2011. Chiediamo che vengano rimessi in discussione gli accordi di Partnership tra Expo e le grandi multinazionali, che, lungi dal rappresentare una soluzione, costituiscono una delle ragioni che impediscono la piena realizzazione del diritto al cibo e all’acqua. Chiediamo che si decida fin d'ora il destino delle aree di Expo non lasciandole unicamente in mano alla speculazione e agli appetiti della criminalità organizzata e che, su quei terreni, venga indicata una sede per un’istituzione internazionale finalizzata a tutelare l’acqua, potrebbe essere l’Authority mondiale per l’acqua, e il cibo come beni comuni a disposizione di tutta pag. 5 l’umanità. Una sede nella quale la Food Policy diventi anche Water Policy, dove si discuta la costituzione di una rete di città che assumano una Carta dell’acqua e del Cibo, nella quale si inizi a concretizzare localmente la sovranità alimentare, il diritto all’acqua, la sua natura pubblica, la non chiusura dei rubinetti a chi non è in grado di pagare, la costituzione di un fondo per la cooperazione internazionale verso coloro che non hanno accesso all’acqua potabile nel mondo. Una sede nella quale alle istituzioni e ai movimenti sociali, venga restituita la sovranità sulle scelte essenziali che riguardano il futuro dell’umanità. "La Terra ha abbastanza per i bisogni di tutti, ma non per l'avidità di alcune persone” affermava Gandhi. E questa verità oggi è più che mai attuale e ci richiama alla nostra responsabilità, ognuno per il ruolo che svolge. pag. 6 TEMATICA 1: Storia dell’Uomo, storie di cibo I prodotti agricoli tradizionali del Corno d’Africa PRODOTTI AGRICOLI I prodotti maggiormente coltivati sono: caffe’, teff, cotone, tabacco, canna da zucchero, tè, spezie, chat, frutta e ortaggi. Tra i cereali, oltre al teff, vi sono mais, orzo, grano, sorgo e miglio. Rilevante e’ anche la produzione dei legumi, che conta coltivazioni quali arachidi, fagioli, piselli, ceci, lenticchie, trigonella, germogli di soia, fagioli bianchi, e degli oleaginosi quali sesamo, niger, arachidi, colza e semi di lino, girasole e ricino. Teff - Alimento per celiaci. E’ il cereale maggiormente coltivato sugli altopiani etiopi (2,2 milioni di ettari). Prodotto principalmente per il consumo interno, esso contribuisce per oltre 2/3 all’apporto di proteine nella dieta tipica delle province occidentali del Paese. Il teff viene utilizzato per preparare l’injera, il pane che costituisce la base dell’alimentazione locale. Caffè - Il caffè etiope e’ uno dei migliori al mondo (certificato, tra l’altro, dall’Associazione Italiana Caffè Speciali Certificati): il settore interessa quasi un quarto della popolazione e costituisce la piu’ importante fonte di valuta estera. Cotone - si conferma una delle piu’ importanti coltivazioni in Etiopia. La produzione su larga scala viene praticata nella valle di Awash. Attualmente la produzione annuale del prodotto è stata di 110.000 tonnellate, con una media di 1,22 tonnellate ogni ettaro. Esiste un grande potenziale per l’espansione delle coltivazioni di cotone, specialmente nei bacini dell’Omo-Gibe, del Wabi Shebelle, del Baro-Akobo, del Nilo Azzurro e del Tekeze. La produzione e’ incoraggiata dalla crescente domanda di cotone da parte delle numerose fabbriche tessili e d’abbigliamento. Negli ultimi due anni, le Autorita’ etiopi hanno siglato accordi di cooperazione con alcuni Paesi esteri (in particolare con Turchia ed India) per la realizzazione di distretti produttivi per lo sviluppo dell’industria tessile in Etiopia. pag. 7 TEMATICA 2: Abbondanza e privazione: il paradosso del contemporaneo AGRICOLTURA: ENERGIA PER LA VITA IN AFRICA L’agricoltura continua a rappresentare un importantissimo settore economico per la popolazione africana. Secondo gli ultimi dati Fao, Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Statistical Yearbook 2014 – Africa Food and Agriculture), nel continente il 63,9% della popolazione vive nelle aree rurali, con una punta massima del 79,1% in Africa orientale, contro il 47,5% a livello globale. Di agricoltura vive in Africa il 54,2% della popolazione attiva. Se poi si confrontano i dati economici, risulta evidente come l’agricoltura sia ancora un settore importante nella formazione del Prodotto interno lordo dei paesi africani. Infatti, mentre globalmente partecipa per il 2%, in Africa rappresenta il 14,3%. Il suolo occupato, o potenzialmente occupabile, da attività agricole, è globalmente il 37,4% a cui si deve aggiungere il 31% delle foreste. In Africa, per le attività agricole è utilizzabile il 43,6% del terreno, mentre le foreste occupano solo il 27,9%, ma in Africa orientale i dati si scostano ancora di più dalla media globale: 49,8% il terreno agricolo, 17,5% le foreste. Solo il 2,6% del terreno arabile è usato per coltivazioni pluriennali, come frutteti, piantagioni di tè o caffè, o prodotti simili. Il continente è quarto nella produzione di cereali per l’alimentazione umana (grano, mais e riso), e anche di cereali usati pure per l’alimentazione animale (sorgo, miglio e orzo). La produzione di calorie pro-capite giornaliera è vicina alla media globale (2800 nel 2009) in Africa settentrionale, ma è ben al di sotto in Africa orientale e centrale, dove si attesta attorno alle 2000 calorie giornaliere per persona. Le donne risultano cruciali per la produzione agricola. Rappresentano infatti il 62,8% della forza lavoro. L’agricoltura è anche il maggior settore di lavoro per le donne. Continua ad essere troppo diffuso nel settore anche il lavoro minorile che, in parecchi paesi, ha raggiunto punte che vanno dal 47% al 74,4% delle fasce di età considerate. Per quanto riguarda l’accesso al cibo, la percentuale di popolazione sottonutrita nei paesi del Sud è diminuita globalmente del 10% in dieci anni, passando dal 23,6% al 14,3%. Si è avuta una diminuzione anche in Africa, dal 32,8% al 24,8%, che rimane tuttavia la meno garantita quanto a sicurezza alimentare. In particolare l’Africa orientale in dieci anni ha visto crescere il numero assoluto di persone sottonutrite, da meno di 90 milioni nel 1990-1992 a più di 100 milioni nel 2011-2013. pag. 8 SICUREZZA ALIMENTARE e SOVRANITA’ ALIMENTARE Ancora oggi le persone che non vedono garantito il diritto al cibo sono in continua crescita e il numero si avvicina al miliardo. La Fao ha dichiarato che di questo passo l’obiettivo di dimezzare il numero degli affamati, fissato dalla comunità internazionale per il 2015, si allontanerebbe al 2050. Definita dalla Fao a partire dagli anni ’70, la sicurezza alimentare è un concetto flessibile che ha subito diverse modifiche e interpretazioni: può essere descritta come fenomeno legato agli individui e non alla comunità ed esiste quando le persone, in ogni situazione, hanno accesso fisico, sociale ed economico a cibo sicuro, sufficiente e nutriente, che garantisca le necessità della dieta e le preferenze alimentari, per garantire una vita attiva e in salute. Quattro i pilastri della sicurezza alimentare: disponibilità, accesso, consumo e utilizzazione (requisiti nutrizionali del cibo e condizioni di salute dell’individuo) e stabilità dell’offerta. Altra caratteristica è che sia compatibile con ogni regime di produzione o condizione socioeconomica. In diversi contesti la sicurezza alimentare è stata rappresentata come un risultato positivo di un regime di libero commercio dei prodotti agricoli, gestito dalle imprese multinazionali e istituzionalizzato nella Organizzazione mondiale del commercio. È proprio da questa idea che parte la critica al concetto troppo limitato della sicurezza alimentare come modalità di garanzia di accesso al cibo per tutti e che ha fino ad oggi fallito nella sua missione. L’alternativa concettuale all’idea di garantire cibo per tutti tramite la sicurezza alimentare è la sovranità alimentare – coniata dal movimento contadino La Via Campesina negli anni ’90. Sovranità alimentare significa la possibilità per gli stati, le regioni, le comunità locali di decidere autonomamente cosa produrre, di scegliere metodi di coltivazione sostenibili e rispettosi dell’ambiente e delle tradizioni locali, di decidere su quali mercati e a quali destinatari indirizzare gli alimenti, di offrire cibi sani e a prezzi accessibili anche alle fasce meno fortunate della popolazione, di promuovere la riduzione della fame e della povertà. La sovranità alimentare va al di là del concetto di sicurezza alimentare che non si preoccupa, ad esempio, della provenienza del cibo o di come sia stato prodotto. Al contrario, la sovranità alimentare rimanda a una cornice politica e include un insieme di principi che proteggono lo spazio politico dei popoli e dei paesi, così che possano definire le proprie politiche agricole e alimentari e i propri modelli di produzione e di consumo. Anche della sovranità alimentare esistono diverse definizioni ma tutte riconoscono alcune aree prioritarie: diritto al cibo, accesso alle risorse produttive (accesso alla terra, all’acqua, alle risorse genetiche e alle altre risorse naturali; riforma agraria; no alla proprietà intellettuale sulle risorse genetiche; no agli ogm), produzione agro-ecologica (promuovendola tramite le politiche di ricerca e sviluppo), commercio e mercati locali, creazione di competenze. pag. 9 LAND GRABBING: L’accaparramento delle terre come nuova forma di colonialismo L’Etiopia, dove 65 degli 80 milioni di abitanti vivono di agricoltura di sussistenza, è una delle nuove frontiere dell’agrobusiness. Le regioni sub sahariane sono il principale mercato planetario per la terra. Ma immensi appezzamenti sono disponibili anche in America Latina e Asia. “Tutti investono in Cina per la manifattura. Tutti investono in india per i servizi. Tutti ora devono investire in Africa per il cibo” afferma un noto direttore della società agro-floreale indiana già presente nel mercato delle rose e in quello orticolo in Etiopia. È soprattutto l’Africa l’oggetto delle attenzioni degli investitori: il continente che contribuisce solo al 2% del Pil mondiale si sta rivelando di nuovo terra di conquista. Questa volta non solo di minerali e idrocarburi, di cui – cinesi in primis- da decenni stanno già sfruttando il potenziale. Ma anche di nuove modalità di investimento. Per esempio i prodotti agricoli: dopo la crisi dei prezzi alimentari del 2008, il costo di alcuni cereali continua a crescere esponenzialmente. Passa anche dall’Etiopia la nuova corsa alla terra africana. Terra fertile, ma soprattutto quasi gratuita. La proprietà dei latifondi resta del governo, ma mezzo secolo d’affitto costa davvero poco agli investitori stranieri. “Per una manciata di dollari all’ettaro, per concessioni fino a 99 anni su immensi appezzamenti. Il ministero dell’Agricoltura e dello sviluppo rurale attira società straniere nell’Eldorado verde. Dei 74,3 milioni di ettari coltivabili- sostiene il governo etiopico- solo 12 milioni sono coltivati… il resto può soddisfare i “Nuovi colonizzatori”. Il governo di una nazione in cui una persona su sei ha bisogno di assistenza alimentare offre a prezzi stracciati oltre 3 milioni di terra irrigata e ubertosa. Li mette a disposizione degli investitori stranieri, i primi ad approfittare di questa opportunità vengono da India, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Cina ed Egitto. Con una dozzina di grandi laghi, altrettanti fiumi principali, oltre 3,5 milioni di ettari di terra irrigata, l’Etiopia è il “sogno blu” per gli investitori degli aridi Paesi Arabi. I sauditi dal 2015 cesseranno la produzione di cereali sul proprio territorio per decentralizzarla, soprattutto in Africa. Qui sotto, invece, di acqua ne scorre tanta. E con l’accaparramento dei terreni, l’acqua è garantita: non costa nulla. La richiesta di terre coltivabili continua a crescere. Chi compra? pag. 10 Soprattutto Paesi con forte solidità economica ma ridotta sovranità alimentare. Come nel caso dell’Arabia Saudita o della Corea del Sud. Acquisire terre all’estero per avere cibo a casa propria. I sauditi non hanno acqua, gli impianti per la desalinizzazione di quella di mare costano miliardi di dollari. L’acqua è il petrolio d’Etiopia: per ora le aziende del settore floricolo già attive nel Paese continuano a non pagarla. Lo sfruttamento indiscriminato delle risorse idriche etiopiche è un fattore decisivo. Sugli altipiani etiopi, dove il terreno è fertile, c’è altissima densità di popolazione e quindi poca terra disponibile. In altre parole, il miracolo verde promesso dal governo etiope non sarebbe così prodigioso. Si rischia lo spostamento forzato di enormi masse di popolazione per far posto agli investitori”. Però, si potrebbe obiettare, si creerebbero anche posti di lavoro. Il bilancio costibenefici- ci spiega ancora Pankhurst- deve tener conto di fattori di rischio come lavoro minorile, sfruttamento sconsiderato del suole e rischi per la salute dei lavoratori.” E pure dall’Europa si guarda ai vantaggi dell’agrobusiness, nella diffusa convinzione che il valore delle terre in Africa sia destinato a lievitare. Si spiega così l’interesse di società finanziarie e fondi speculativi verso il continente africano, attratti anche da una formula sicuramente redditizia: grandi appezzamenti a basso costo, con manodopera a costi quasi inesistenti e irrigazione compresa. L’African AgriLand Fund, un fondo della Emergent Asset Managment di Londra, assicura rendite del 25% l’anno per chi investe adeguatamente nel comparto agricolo nei Paesi subsahariani. Non solo cereali e ortaggi, comunque. L’altro grande affare che si profila all’orizzonte riguarda le colture per il biocarburante, come l’olio di palma. L’Unione Europea, da sola, avrebbe bisogno di oltre 17 milioni di ettari entro il 2015. Una superficie pari a metà dell’Italia. “Esiste un contrasto clamoroso tra 65 milioni di poveri contadini etiopi condannati a coltivare pochi metri quadrati e le élite che dispongono di enormi appezzamenti di terra.” Osserva il sociologo Pankhurst. In Etiopia la terra è pubblica. Il governo la concede agli stranieri per l’agricoltura commerciale, ma costringe i suoi cittadini su piccoli lotti spesso non sufficienti alla sussistenza. I contadini che non coltivano la terra si vedono revocare il diritto all’uso. Così le famiglie povere restano sul proprio pezzetto di terra senza potersi trasferire in città. Il land grabbing, cioè l’accaparramento di terre fertili nei paesi più poveri da parte di governi stranieri, fondi di investimento e multinazionali, a tutto svantaggio delle popolazioni locali, è un fenomeno dalle molteplici sfaccettature che non è possibile ridurre al mero sfruttamento dei più sfortunati da parte di Stati e multinazionali. Si può infatti avviare questo meccanismo di sfruttamento anche attraverso operazioni pensate per portare aiuto alle popolazioni più povere del mondo.È quello che segnalano molte ong e associazioni che operano direttamente sul campo a proposito di progetti di aiuto sostenuti dalle banche internazionali di sviluppo. pag. 11 L’AGRICOLTURA DI SUSSISTENZA NELLE ZONE IN CUI OPERA GMA: produzione agricola L’agricoltura di sussistenza e l’allevamento sono le voci principali dell’economia etiope, in particolar modo nel sud del paese, in Wolaita (regione dell’Etiopia), dove gli abitanti della zona rurale più popolosa del paese, sono per lo più agricoltori e vivono in condizione di dipendenza dalle coltivazioni e dall’allevamento di bestiame. Lo sfruttamento del terreno, l’aridità della zona e la mancanza di una diversificazione nella produzione agricola causano l’impoverimento del terreno. La produttività della terra sta diminuendo nel tempo anche a causa dell'assenza di sementi migliori e più resistenti. Questa instabilità delle produzioni, troppo spesso legate alla stagionalità delle piogge, rendono le condizioni di vita dei contadini precarie; la produzione è legata alla sussistenza e non vi è surplus di produzione da destinare al mercato come fonte di reddito. Molto spesso gli agricoltori lavorano unicamente per la sopravvivenza e non possono permettersi investimenti di alcun tipo, né in ambito lavorativo, né per garantire un’istruzione superiore ai figli. Inoltre, non avendo una produzione variegata, non sono in grado di garantire una dieta equilibrata e bilanciata per bambini, donne incinte e madri in fase di allattamento, in perenne lotta contro la fame. La scarsa produzione agricola è causata soprattutto dalla mancanza di centri che contribuiscano alla riproduzione di semi e alla preparazione di diverse varietà. Mancando sperimentazioni in tal senso, anche la produzione ne risente. Il prezzo di sementi modificate inoltre, non è accessibile ai contadini, non in grado di sostenerne le spese di acquisto e di trasporto. Queste tipologie di semi, infatti, giungono in gran parte da centri troppo distanti, difficilmente accessibili dalla gente dei villaggi della zona. Attualmente, gli unici centri di produzione dei semi sono all’Areka Reasearch Centre o all'Awassa Research Centre, dove si incontrano molteplici difficoltà per poterli acquistare. Visti i problemi, gli agricoltori preferiscono la varietà di semi locali con poca resa ed espongono così la famiglia al rischio della fame attuando uno stile di vita non adeguato. ORTICOLTURA Tutti i villaggi di GMA in Etiopia L’orticoltura è una delle prime attività collettive delle cooperative avviate da GMA. Rappresenta un’opportunità importante in quanto si può sviluppare su un terreno limitato, è sufficiente che si abbia accesso all’acqua, e i prodotti hanno una pag. 12 maggiore rendita sul mercato. Gli spazi disponibili nei compound della cooperativa sono spesso adeguati alle attività di orticoltura. L’orticoltura ha il vantaggio di poter essere gestita in piccoli spazi comuni, è particolarmente adeguata a donne e bambini perché non comporta lavori pesanti, permette di introdurre sul mercato locale prodotti innovativi e permette alla cooperativa di incrementare il fondo di risparmio. Avviare l’attività di orticoltura in orti comuni significa avviare anche prassi facilmente replicabili e favorire la formazione sulle basi dell’agronomia, educare a nuove forme di raccolta, movimentazione degli ortaggi, apre a nuovi tipi di cucina, quindi nuove diete ad alti valori nutrizionali, con ripercussioni favorevoli sulla salute e sul reddito delle famiglie che la praticano. LA BANCA DELLE SEMENTI, COME FORMA DI SUPPORTO ALL’AGRICOLTURA FAMILIARE Villaggio di Wallacia La costituzione di una banca delle sementi in un villaggio è un’opportunità importante di promozione di un’agricoltura locale varia e con un buon rendimento. Grazie alla costruzione di una banca (magazzino con annesso negozio e terreno per il vivaio) la cooperativa già esistente in Wallacia potrà moltiplicare la varietà di semi e il loro rendimento. I semi migliorati potranno essere venduti e distribuiti agli agricoltori locali e a tutti i membri della cooperativa ad un prezzo accessibile, rispondendo così ad una domanda del mercato locale senza penalizzare gli agricoltori con prezzi troppo elevati legati ai problemi di trasporto. La banca potrà risolvere il problema della bassa produttività e la scarsità di cibo. L’obiettivo consiste nel rafforzare la cooperativa di Wallacia: promuoverne le attività già in atto e fornire i mezzi e le conoscenze per la sostenibilità nel lungo periodo. Inoltre si intende facilitare l’accesso alle sementi migliorate per gli agricoltori più vulnerabili della zona, in difficoltà economiche. La banca sarà collocata in un’area di tre ettari di terra, destinata alla coltivazione, alla sperimentazione e alla moltiplicazione di semi, frutta, tuberi e alberi ad alto rendimento. pag. 13 Dopo la prima fase di produzione e moltiplicazione, questi prodotti saranno pesati e confezionati, consegnati alla distribuzione per i membri e agricoltori locali ad un prezzo accessibile. COLTIVAZIONE DI MELE Villaggio di Homa La coltivazione di mele è un’attività agricola piuttosto recente e non così diffusa in Etiopia (inclusa la zona del Wolaita) in quanto il clima molto caldo di questa zona non è adatto. Per questo motivo, tale coltivazione viene praticata su scala ridotta e solamente in quelle zone dove le condizioni climatiche lo permettano, come ad esempio nelle kebele vicino al monte Damota. Gli agricoltori di mele, i quali si procurano le piante da Chencha, una woreda di Arbaminch, sembrano trarre buoni profitti da questa attività. Nella città di Soddo, un chilo di mele, infatti, costa 70 birr; e in centri maggiori, come ad esempio Addis Abeba o Awasa, può arrivare a costare anche di più. Purtroppo, la domanda supera di molto l’offerta. Per avviare tale attività è necessario un capitale iniziale, ma dopo anche solo un turno di produzione gli agricoltori riescono a portarla avanti autonomamente. PROGETTO PER LA FORNITURA DI PATATE “ORANGE FLASH” Villaggi di Humbo Larena, Lera, Olola, Wallacia I centri di ricerca dell’Etiopia, tra le varie attività, promuovono la mescolanza di varietà locali e non, per ottenere nuove specie: Il seme della patata dolce “orange flash” è originario del Kenya ed è distribuito in 5 diversi Paesi dell’Africa. I paesi che la utilizzano hanno notato effetti positivi e confermano che questa pianta ha molteplici benefici specialmente per la nutrizione di famiglie povere che hanno piccoli terreni. A differenza della patata dolce autoctona, questa matura in un breve periodo di tempo, ha una grande resa in piccoli terreni, si adatta facilmente ad ogni condizione meteorologica, ad eccetto del troppo freddo; è molto ricca dal punto di vista nutrizionale rispetto alle patate dolci locali, è meno deperibile, tutte le parti della pianta sono commestibili, fa aumentare la fertilità del terreno, ha proprietà curative e può essere consumata anche dalle persone diabetiche. Specialmente, è un cibo molto nutriente per donne e bambini ed è particolarmente importante durante i periodi di carenza di cibo. Una delle caratteristiche di questa pianta è che è poco deteriorabile e grazie a questa caratteristica, a differenza delle patate locali, i contadini possono conservarle per tre mesi nella terra senza spreco. In breve la coltivazione delle patate “orange flash” permette di migliorare lo status nutrizionale dei soggetti più deboli, porta ad una riduzione delle malattie legate alla malnutrizione, assicura alta produzione e produttività con un basso rischio di deperimento del prodotto. pag. 14 LAVORAZIONE E CONSERVAZIONE PRODOTTI AGRICOLI L’azione di GMA per lo stoccaggio dei prodotti agricoli nei villaggi in Etiopia STOCCAGGIO PRODOTTI: Costruzione di un magazzino nel villaggio di Homa -Etiopia Dare vita ad impianti di stoccaggio è stato uno dei principali interventi di GMA fin dall’inizio della sua presenza in Wolaita in collaborazione con le cooperative e le associazioni. È assai utile immagazzinare sia i prodotti derivanti dal lavoro dei membri della cooperativa immediatamente dopo il raccolto, sia raccolti acquistati da esterni. I semi disponibili in loco sono cereali, radici, caffè ed altri. Dopo che il prezzo di questi raccolti sale, possono essere venduti con un buon guadagno. D’altra parte, la cooperativa può avere ulteriori entrate dall’affitto del magazzino. In questo modo la cooperativa ricava fino al triplo, salvaguardando i raccolti dal venderli a basso prezzo immediatamente dopo il raccolto ed acquistando altri raccolti da persone esterne. Inoltre, la rendita aumenta con l’affitto. Per lo stoccaggio dei prodotti GMA prevede la costruzione di un magazzino sufficientemente grande per stoccare i prodotti della cooperativa ed acquistare prodotti localmente disponibili. La costruzione verrà realizzata sul terreno della cooperativa del villaggio di Homa. LAVORAZIONE PRODOTTI AGRICOLI: La costruzione di un mulino nel villaggio di Homa- Etiopia Molto spesso la presenza di un mulino nei villaggi in cui GMA opera è essenziale al mercato locale e come servizio di lavorazione dei prodotti agricoli per la comunità locale. Il mulino costituisce una proprietà duratura per la cooperativa, inoltre alcuni soci della cooperativa possono produrre farina per il mercato locale GMA si caratterizza operativamente per lo sviluppo di processi di sviluppo nei villaggi che partono spesso da gruppi di donne che fanno risparmio e credito e formano cooperative. La realizzazione di un mulino da parte delle cooperative è spesso un passo importante per la vita della cooperativa stessa, ma anche per l’intera comunità del villaggio, in quanto si genera un introito per l'associazione con la macinazione per terzi e un servizio alla comunità stessa. Il mulino è particolarmente importante durante il periodo del raccolto (le coltivazioni e i cereali sono prevalentemente in mano a privati), o durante le festività come "Meskel", Natale, lauree, matrimoni o funerali. pag. 15 CONSERVAZIONE PRODOTTI AGRICOLI TRADIZIONALI: la formazione per la conservazione delle patate nei villaggi più poveri del Wolaita- Etiopia La zona del Wolaita, particolarmente fertile, consente un’alta produzione di tuberi e varie tipologie di patate. Durante iI periodo del raccolto la quotazione dei prodotti sul mercato diminuisce a danno dell’agricoltore, per questo, la formazione a metodi di conservazione e lavorazione dei cibi è fondamentale per permettere alla popolazione locale di far frotte ai mesi di carestia e promuovere i prodotti lavorati durante i periodi più favorevoli sul mercato. I corsi di formazione per la preparazione e la conservazione dei cibi sono fortemente incentivati anche dalle amministrazioni locali. Quindi GMA, in collaborazione con gli uffici per lo sviluppo della woreda e della zona organizza corsi per i coltivatori dei villaggi con un’elevata produzione di patate dolci per promuovere un maggiore approvvigionamento sul mercato di patate secche. Tali corsi di formazione affrontano i seguenti argomenti come: l’Agronomia della produzione di patate dolci, tecniche per il raccolto, conservazione, norme igieniche, materiale di lavorazione, imballaggio e stoccaggio. Questi corsi di formazione si basano su due aspetti: comunicazione e partecipazione. I partecipanti possono indagare un una tecnologia semplice ma nuova. Hanno la possibilità di approfondire la preparazione dei cibi con sessioni pratiche come sfoglie di patate fritte, patatine, zuppa di patate, porridge di patate, enjera di patate, pane e torta di patate. Al termine del corso hanno assaggiato tutto il cibo da loro preparato con le patate. Fino ad oggi, coloro che hanno partecipato, sono stati molto contenti e hanno detto che questo corso di formazione li ha salvati, insieme alle loro famiglie, dalla fame nei periodi di carestia. pag. 16 AMBIENTE E ACQUA DESERTIFICAZIONE La desertificazione si manifesta con la diminuzione o la scomparsa della produttività e della biodiversità delle terre coltivate, delle praterie, dei pascoli, delle foreste o delle superfici boschive. Quando il carico di bestiame è superiore a quello che i pascoli possono sostenere, alle specie vegetali perenni si sostituiscono specie annuali e arbusti di cui il bestiame non si ciba; le specie erbacee regrediscono; il calpestio degli animali altera irreversibilmente la superficie del terreno; e infine il suolo resta esposto all'azione erosiva dei venti e delle acque. Le DIGHE e i pond come forma di lotta alla desertificazione - Eritrea In Eritrea GMA si è impegnato nel tempo alla realizzazione di dighe per evitare l’erosione del terreno nel periodo delle piogge torrenziali e per creare la base per un programma integrato per raggiungere FOCUS ERITREA La media annua delle precipitazioni nella regione è ormai al di sotto di 300 mm (meno della metà di quella della Germania), l’agricoltura pluviale è diventata un'attività sempre più precaria. La maggior parte delle precipitazioni si verifica nella stagione delle piogge, tra luglio e settembre. In questi mesi, violenti temporali possono trasformare il fiume Chemorat in la sicurezza alimentare. un torrente incontrollabile. Tuttavia, una volta defluite dalla La produttività del suolo è variabile in tutta riduce a un rigagnolo per il resto dell’anno. La deforestazione l’Eritrea, compreso l’altopiano centrale e, anche in condizioni di pioggia abbondanti, è generalmente bassa. Il degrado del terreno è a uno stadio avanzato sia per i fattori naturali (per es. pendenze ripide, piogge improvvise, precipitazioni e con limitata intense copertura coltivata o vegetativa) che per fattori umani (tecniche arcaiche di lavorazione). Enorme è lo sfruttamento del suolo da valle, queste acque superficiali sono perdute e il fiume si ha raggiunto un tasso critico, con la perdita di migliaia di alberi all'anno. Poiché le foreste rallentano il deflusso delle acque e aumentano i tassi di infiltrazione nel terreno alimentando le falde freatiche, il fenomeno ha avuto un impatto significativo sulla disponibilità di acqua per l’irrigazione. L’erosione e la riduzione della fertilità del suolo costituiscono a loro volta problemi rilevanti. Solo pochissime aziende della zona sono meccanizzate e i metodi tradizionali di coltivazione e raccolta continuano a prevalere. La mancanza di strumenti, sementi e fertilizzanti moderni fa sì che gli agricoltori eritrei non siano in grado di aumentare i loro raccolti e continuino a dipendere da condizioni climatiche parte della popolazione con pratiche sempre peggiori. Dato il numero di coloro la cui sussistenza inappropriate di conduzione agricola dei dipende dal settore agricolo, investire in tecnologie più terreni. Il degrado della terra e la povertà sono un circolo vizioso continuo: la bassa avanzate e passare a un'agricoltura irrigua e non più stagionale può fare davvero la differenza. produttività porta alla povertà che a sua volta genera un ulteriore sfruttamento delle risorse agricole. L’incremento dell’agricoltura su terreni molto scoscesi e l’abbreviarsi dei periodi di piogge nell’altopiano centrale, unito allo sfruttamento del suolo da parte della popolazione, causano un ulteriore deterioramento della già poco fertile terra e ciò richiederà poi centinaia di anni affinché essa possa tornare al suo stato originale. pag. 17 EROSIONE DEL SUOLO L'erosione del suolo consiste nel fenomeno di asportazione del materiale che costituisce lo strato superficiale del terreno da parte dell'acqua e del vento attraverso azioni meccaniche e chimiche La RIFORESTAZIONE come forma di contrasto al’erosione del suolo sul Lago Zway- Etiopia Di P.A. Berardi Nel villaggio di Abono Ghebriel, nella regione Oromia, sul lago Zway, nel 2012 si avviò un progetto di lotta all’erosione del Suolo. Il progetto voleva offrire un primo esempio di intervento integrato di risanamento ambientale con lo scopo di arginare l’erosione, frenare l’impoverimento della terra, ridurre la perdita di terreno coltivabile, contribuire alla riforestazione, rilanciare l’apicoltura. All’inizio delle attività, si osservava nella zona interessata: diminuzione della vegetazione e aumento dell’erosione causate dal vento e dall’acqua; presenza di poche specie di piante e tipi di animali; diminuzione della biodiversità e assenza del loro ruolo ecologico; riduzione dei raccolti, delle foreste e della biomassa; crescente tendenza alla desertificazione. Facendo riforestazione in questi terreni, dopo quattro o cinque anni diventano di nuovo verdi incrementando aree disponibili per il pascolo del bestiame. L’obiettivo finale non è solo di piantare alberi per la riabilitazione di terreni non coltivabili e ricreare l’equilibrio naturale, ma di avere alberi per il cibo della popolazione per poter dare al villaggio un contributo per la possibilità di uno sviluppo autonomo. Alberi che permettano alla popolazione locale di avere prodotti non solo per la sussistenza, ma anche per iniziare un piccolo commercio e, fine ultimo iniziare uno sviluppo. Si è già operato in aree diverse a piantare moringa oleifera e carrubi, si procederà nell’anno in corso a piantare cordia africana e caffè. (La cordia come albero complementare per il caffè). In Etiopia il mezzo di trasporto tradizionale nei e fra i villaggi è l’asino. Il carrubo rappresenta un ottimo foraggio per il bestiame ed anche un ottimo frutto per i bimbi. Dove è stata piantata la moringa oltre all’utilizzazione come polvere per bevanda, e l’utilizzo in cucina con le foglie triturate mischiate al miele si prepara un ottimo multivitaminico nel centro per bimbi denutriti a Shashemanne. Si è proceduto a ricercare e sperimentare, per scoprire alberi adatti alla riforestazione, complementari alla poca vegetazione rimasta e resistenti alla siccità. Gli alberi sono stati piantati in posti scelti, dove ricevono cure appropriate, e in diverse città, con la possibilità di diffondersi ulteriormente a partire da queste locazioni. Naturalmente si semina in vivai e poi vengono trasferiti nei villaggi. Alla popolazione viene poi fatto vedere il risultato e si distribuiscono le piantine a chi le richiede. La moringa oleifera si è diffusa velocemente anche perché il governo pubblicizza l’albero ed il prodotto viene venduto ad un ottimo prezzo sul pag. 18 mercato. L’albero di moringa è originario della regione indiana ai piedi dell’Himalaya, é una delle piante più nutrienti in assoluto, con un contenuto enorme di vitamine, minerali e amminoacidi. Le foglie sono un cibo pieno altamente proteico e pieno di vitamine e minerali, sia per umani che per animali. I fiori si possono usare come spezia ed in insalata, per le api e per uso medicinale. I frutti sono commestibili e danno semi. Anche i semi sono commestibili, oleiferi e ovviamente servono anche alla diffusione della pianta. La corteccia ha usi medicinali, e si usa anche per la produzione di corde e carta. Le radici sono commestibili e medicinali. La pianta intera può venire usata come mangime e biomassa, “residui” per il miglioramento del terreno, fertilizzante biologico o mangime. Bastano 0,2 g di farina di seme di moringa per purificare un litro d’acqua e liberarlo da batteri e materie in sospensione. Da notare che la moringa stenopetala (con proprietà simili a quella oleifera) cresce in Etiopia da centinaia di anni solo che non si conoscevano i benefici e la possibilità di consumo. IL carrubo è stato sperimentato in Eiopia a Nazaret anche dal governo israeliano in collaborazione con il centro di sperimentazione agricola della città. Le piantine messe a dimora si sviluppano molto bene in diverse aree dell’Etiopia e crescono senza malattia alcuna. Inoltre fruttificano dopo quattro anni, mentre in Europa sono necessari sette/otto anni. Nella scelta delle specie da mettere a dimora ci si basa sempre anche sulla fruibilità della albero come fonte di cibo e materiale. Certamente, il miglioramento della vita della popolazione dipende da questo, e una coltivazione continua, e meglio, chiamiamola gestione a lungo termine, al giorno d’oggi è più necessaria che mai. E' bene inoltre ricordare che la coltivazione di nuovi alberi, soprattutto se condotta in modo sostenibile, rappresenta la creazione di nuovi polmoni verdi per il nostro Pianeta. Sarebbe dunque più vantaggioso dal punto di vista ambientale nutrire i popoli grazie a frutti che crescono sugli alberi, piuttosto che espandere i terreni da destinare all'agricoltura intensiva con l'abbattimento di boschi e foreste. AMBIENTE E SOCIETA’ Stufa economica: Progetto per stufa economica nella cucina Trovare legna è un problema quotidiano. Le donne devono camminare per molte ore, da 3 a 5 volte alla settimana solo per trovare un singolo albero che possa alimentare il loro fuoco. Sono vulnerabili ad atti di violenza e violenze sessuali. Esse perdono inoltre migliaia di ore del loro tempo ogni anno che potrebbero usare per imparare o per avere altre entrate. pag. 19 Rischi per la salute: L’inefficiente uso di combustibili a biomassa è grande fonte di morte e malattie nei paesi in via di sviluppo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che 1,9 milioni di persone muoiono prematuramente ogni anno a causa dell’esposizione al fumo interno prodotto dalla combustione di combustibili solidi. Donne e bambini sono più esposti, poiché sono i membri della famiglia che più raccolgono i combustibili e cucinano i pasti per la famiglia. Un tipico fuoco interno produce ossido di carbonio ed altri fumi tossici in quantità tra 7 e 500 volte i limiti consentiti. Questo è equivalente a fumare due pacchetti di sigarette al giorno. Degrado ambientale: La dipendenza dai combustibili da biomassa nei paesi in via di sviluppo ha una notevole influenza non solo sulla sicurezza delle famiglie, ma anche per l'ambiente e ha aumentato la deforestazione e le emissioni di gas a effetto serra. Il continuo disboscamento di alberi per procurare legna per il fuoco nelle aree del progetto sta mettendo in pericolo i bacini idrici e portando alla desertificazione. Sfortunatamente, piantare nuovi alberi, per quanto importante, non è abbastanza. Per fermare la desertificazione è necessario preservare i vecchi alberi. L’uso della cucina economica significa un miglioramento della sicurezza, della salute, minor impatto ambientale, maggiori entrate, più tempo da dedicare al lavoro. Per la maggior parte dei beneficiari del progetto che si riuniscono per tagliare la legna da ardere l’utilizzo della stufa dimezzerebbe lo sforzo, lasciando più tempo per le attività produttive. Le famiglie che comprano legna per il fuoco risparmierebbero abbastanza soldi per mandare i figli a scuola un anno. Ci sarebbe un generale miglioramento nella vita dei beneficiari, specialmente per donne e bambini che passano gran parte del loro tempo a casa. Questo inoltre riduce i rischi per la salute dei bambini o il rischio di disabilità poiché non rischiano di toccare il fuoco o il combustibile nel fuoco aperto. Ci sarebbe una riduzione del taglio di legname per procurare legna da ardere nelle foreste locali che aiuterebbe a proteggere la vegetazione e a preservare i bacini idrici. In genere, quando costruite ed usate correttamente, una stufa usa la metà del legno che generalmente viene usato per il fuoco aperto. Per esempio, una famiglia media consuma un equivalente di 10-12 alberi ogni anno per un fuoco aperto, contro i 5-6 che con una stufa efficiente. Il risultato è una diminuzione significativa del legno consumato, permettendo di continuare a cucinare con i metodi tradizionali. In genere, installare stufe efficienti chiuse è un modo semplice e non costoso di diminuire la deforestazione e rimuovere il fumo dalle case, aumentando la salute e la qualità della vita delle persone. pag. 20 TEMATICA 3: Cibo sostenibile = mondo equo AGRICOLTURA ED ECONOMIA SOCIALE La microfinanza nei casi delle cooperative seguite da GMA consiste in iniziative di gruppo dove uomini e donne (o talvolta solo donne) si associano in forma spontanea per delineare assieme attività comuni, iniziando da qualcosa di molto semplice come può essere la filatura del cotone o l’intreccio di corde. In questi momenti comuni i soci raccolgono i primi risparmi, che andranno a costituire un fondo comune e stabiliscono regole precise per l’attività di risparmio e di credito. Nel fare ciò i soci sono generalmente seguiti da un animatore con il quale si incontrano più volte la settimana per organizzare i progetti, per spiegare il funzionamento delle iniziative e comunicare le regole stabilite per il funzionamento dell’associazione. Il passo più importante è costituito dalla raccolta del risparmio presso i soci che hanno deciso di far parte del gruppo. L’insieme di questi contributi più una somma versata da GMA costituisce la base per l’attività di prestito. Una volta formato ed avviato il gruppo di risparmio e credito, si fa leva sulla coesione del gruppo stesso per avviare altre attività comuni con implicazioni economiche (ad esempio mulini o negozi) o sociali (come la formazione) anche a vantaggio dell’intero villaggio. Lo schema risparmio-credito rafforza e migliora considerevolmente la situazione dei soci attraverso l’aumento del reddito familiare. Inoltre, tutto il villaggio beneficia di questo fermento partecipando alle scelte del gruppo, traendo beneficio dalle entrate delle attività e motivandosi a seguire l’esempio del gruppo. È un esempio il villaggio di Mayo Koyo in Etiopia: Unire i risparmi di tutti ha permesso loro di raggiungere una somma (500 euro) che permettesse l’apertura di un libretto di risparmio in banca. Hanno già ottenuto degli spazi sul terreno della chiesa cattolica per gli incontri e dei terreni da parte dell’amministrazione comunale. I soci dell’associazione si sono già organizzati per avviare le prime colture collettive (fagioli, mais, tief), e le prime attività di lavorazione della corda, della paglia e del cotone che consentiranno i primi guadagni. È bastato unire le forze per poter farsi riconoscere dalle autorità locale e ottenere nuovi terreni da coltivare e nuovi ambienti per lavorare, e per poter accedere ai servizi finanziari, che sarebbero inavvicinabili individualmente, proprio perché da soli, i soci sono troppo poveri. Il riconoscimento è il primo grande risultato dell’avvio di una cooperativa. In questa fase GMA non ha fatto altro che affiancarli, consigliarli nell’organizzazione dell’associazione. Le cooperative sono il motore dello sviluppo nel villaggio, perché mettono in moto una catena di azioni positive alle quali tutti possono partecipare e beneficiare al tempo stesso. pag. 21 AGRICOLTURA, EDUCAZIONE, EMERGENZA ALIMENTARE PRODUZIONE DI MARMELLATA per bambini denutriti e sottopeso – Hagaz – Eritrea Il progetto si propone di sfruttare l’esperienza fatta negli ultimi anni dalla Agricultural and Technical School (HATS) dei Fratelli De La Salle nella produzione di marmellata di fichi d’India, localmente chiamati “beles”. Essi rappresentato una fonte importante di sostentamento per la popolazione durante i mesi luglio/settembre, ma la maggioranza dei frutti restano inutilizzati. HATS iniziò i primi esperimenti nel 2002 la scuola si è dotata di un moderno impianto della capacità di 300 Kg di marmellata all’ora. In questo contesto in cui il governo nega la necessità di aiuti alimentari e proibisce l’importazione e distribuzione generi alimentari, quando la maggioranza della popolazione è al limite della sopravvivenza, si è pensato di contribuire a lenire i bisogni fondamentali con un piccolo intervento che non incontrasse gli ostacoli burocratici sovra esposti. Il progetto si propone di: · Acquistare presso i raccoglitori 1.000 quintali di beles, creando un’entrata per le famiglie che vivono e sopravvivono per quattro mesi di questo frutto, · Trasportare la frutta alla scuola (HATS si trova nel bassopiano verso il Sudan e non vi sono beles), · Produrre 600 q di marmellata durante la stagione dei beles, · Distribuire la marmellata ai 30 centri sanitari e 47 scuole materne gestire dalla Chiesa Cattolica e distribuirli ai bambini con evidenti segni di denutrizione (la distribuzione fatta in questi ambienti come merenda o come supplemento alle cure riabilitative aggirerebbe la proibizione del governo di distribuire cibo). L’intervento, porterebbe un’incidenza positiva sul problema prioritario della denutrizione e della malnutrizione; incentiverebbe la raccolta degli agricoltori locali che troverebbero nell’Hagaz AgroTechnical School (HATS) un sicuro canale di sbocco. Garantire un sostegno alimentare adeguato, può essere l’ideale volano di crescita che influenzi positivamente anche le problematiche correlate, a partire dalla possibilità fisica da parte dell’individuo di investire le proprie energie anche in processi di crescita e formazione umana, processi questi che nel lungo periodo si tradurrebbero in risorse per l’intero paese. pag. 22 TEMATICA 4: Il gusto è conoscenza Nutrirsi è certamente un atto necessario, ma può essere anche uno dei più gioiosi per l’uomo. E, soprattutto, il piacere del palato diventa strumento di conoscenza: i sapori e gli odori delle cucine internazionali raccontano la storia e le culture delle società del Pianeta. Un itinerario a cavallo tra manifestazioni culturali e degustazioni diffuse, dove oltre ai prodotti finiti trovino posto anche le tecniche di conservazione dei cibi, le diverse modalità di cottura, e le altre invenzioni finalizzate a modificare o mantenere i sapori. GUSTO E INTERCULTURA È possibile creare un menù davvero speciale e particolare partendo da sapori etnici, abbinandoli a tradizioni culinarie. Creare “CONTAMINAZIONI”…..e vi possiamo assicurare che saranno solo contaminazioni positive!!! ALICHA Tagliare cipolla a fattine fini; Farle saltare in padella fino a farle ingiallire; Aggiungere olio e soffriggere; Aggiungere subito carote tagliate. Dopo qualche minuto, aggiungere zucchine tagliate a pezzetti o rondelle, aggiungere patate tagliate a fette abbastanza grosse (non si devono sfaldare con la cottura). Lasciar cuocere per circa 20 minuti mescolando di tanto in tanto [Se si vuole aggiungere cavolo cappuccio cuocerlo in una pentola a parte e aggiungerlo in chiusura, per evitare di mescolare i sapori.] Quando le verdure sono cotte aggiungere curry e sale e mescolare. SHIRO (per 3-4 persone) Tagliare la cipolla (1/4) a pezzettini /tritare, farle saltare in padella fino a farle imbiondire. Aggiungere olio per soffriggere; Aggiungere polpa di pomodoro (1/2 scatoletta per 4 persone) E lasciar cuocere a fuoco lento. Aggiungere acqua (3/4 lt), quando bolle aggiungere lo shiro: 2 cucchiai e mescolare, altri 2 cucchiai e mescolare. (Non di più altrimenti si raddensa troppo). Far bollire fino a raggiungere la densità desiderata pag. 23 ZIGHINI (quantitativi per 1 kg di carne) Tagliare la cipolla a pezzettini / tritare (3 cipolle per 1 kg di carne). Farla saltare e in seguito aggiungere olio: fare soffritto fino a far ingiallire mescolando. Aggiungere nel soffritto 1 o 2 cucchiai da cucina di berberè, mescolare per 1 minuto. Aggiungere 2 scatole di polpa al pomodoro. Abbassare il fuoco e lasciar cuocere alcuni minuti fino a quando il berberè cambia sapore (da peperoncino diventa sapore di berbere dolce). Aggiungere carne tagliata a pezzetti piccoli (grandi come un’unghia) Controllare la cottura della carne e aggiungere acqua di tanto in tanto, lasciar cuocere per 40 minuti /1 ora circa. Aggiungere sale. Se si desidera, a fine cottura aggiungere aglio tritato AUTOPRODUZIONE…PERCHE’? • Perché ogni prodotto confezionato che acquistiamo ha un forte impatto sull'ambiente: un vasetto di yogurt, prima di arrivare sulla nostra tavola, spesso compie diverse migliaia di chilometri! • Perché il prodotto confezionato ha molti imballaggi che poi vanno smaltiti come rifiuti. • E infine perché produrre da sé dolci, biscotti, pasta, ecc. significa mangiare prodotti genuini, privi di sostanze potenzialmente dannose come conservanti, aromi artificiali, coloranti! Siamo sedotti dai prezzi all’apparenza convenienti senza renderci conto che il risparmio lo paghiamo in costi ambientali e umani, perché molto spesso i prezzi bassi raccontano dell’arricchimento di multinazionali che disboscano i paesi del cosiddetto Terzo Mondo per fare spazio ad agricoltura e allevamento intensivi al fine di nutrire le civiltà opulente dell’Occidente, affamando quelle autoctone. Autoprodurre significa per me limitare i costi ambientali delle proprie scelte di consumo, controllare ciò che mangiamo, spesso mangiare prodotti più sani e più buoni. Ma non solo. Autoprodurre significa aprire gli occhi su quanto siamo diventati vittime e carnefici di noi stessi attraverso l’arma subdola della fretta: Lo farei ma non ho il tempo, quante volte lo diciamo? L’autoproduzione porta a limitare le file agli ipermercati (altra attività compulsiva, spesso assai stressante) e ad aumentare invece l’attenzione e il tempo dedicati a scelte più consapevoli, ad acquisti effettuati presso realtà più umane come i piccoli mercati o i gruppi d’acquisto, alla realizzazione amorevole di cibo buono e sano, preparato con cura per le persone che amiamo. Se si comincia poi ci si prende gusto e ci si accorge che ti tempo ne abbiamo eccome! pag. 24 La sobrietà creativa non è affatto rinchiudersi nell'orticello: la sfida è coniugare questo parziale sganciamento dal sistema con l'impegno politico per il suo cambiamento. DETERSIVO FAI DA TE PER IL BUCATO CON OLIO DELLE FRITTURE RICICLATO Quante volte sarà capitato di non sapere dove buttare l’olio esausto delle fritture: sapete che, se viene versato nelle fognature, può provocare danni al sistema di depurazione e alle reti fognarie? E non è tutto: nell’acqua e nel suolo, può contaminare la falda e le acque superficiali creando una pellicola capace di ostacolare l’ossigenazione dell’acqua. Ecco perché aumentano, ogni giorno di più, le iniziative che prevedono il recupero degli oli esausti. Basta un 1 kg di oli post consumo per ottenere circa 17 kg di detersivo ecologico. Notevoli anche i vantaggi: il recupero degli oli esausti permette di abbattere i costi di recupero e smaltimento di questi ultimi, l’abbattimento di CO2 immessa nell’atmosfera e una minore importazione di olio di Cocco da paesi terzi. In generale, si evita l’utilizzo di materie prime difficilmente biodegradabili, derivanti da specie vegetali protette a o rischio estinzione, ottenute mediante processi che prevedono lo sfruttamento minorile o che danneggiano la popolazione locale, si evitano gli sprechi d’acqua. Ma che ne dite di provare in casa a riutilizzare l’olio delle fritture per produrre un buon sapone fai da te per il bucato? Ecco la preparazione Occorrente • 800 gr di olio di semi esausto • 200 gr di olio d’oliva • 1kg di strutto • 600 gr di acqua • 272 gr di soda caustica • Essenza profumata per sapone Preparazione - Scaldate insieme tutti i grassi e gli oli mantenendo una temperatura di 45 gradi circa: verificate con un termometro per alimenti a immersione. - Prima di iniziare a scaldare gli oli, versate in un contenitore capiente, la soda in acqua, verrà così innescata una reazione che produce la ”soluzione caustica”: durante questo processo l’acqua aumenta di temperatura, raggiunge i 90° e poi inizia a scendere lentamente. - Attendete che la soluzione caustica sia tra 45 e 50 gradi e poi versate gli oli miscelandoli con l’aiuto di un frullatore a immersione. pag. 25 - A poco a poco noterete che il composto assumerà una consistenza cremosa. Aggiungete anche l’olio essenziale scelto. - Versate il composto ancora morbido nello stampo: potete utilizzare quelli in legno o quelli in silicone. - Ricoprite il sapone con della pellicola trasparente e un panno per circa 24 ore: noterete così che il sapone inizierà a solidificare. - Trascorso questo tempo, estraete il sapone dagli stampi e ritagliatelo in pezzi: utilizzate sempre guanti in gomma, la soda potrebbe essere ancora presente. Un consiglio Durante la fase di lavorazione del sapone, indossate sempre occhiali protettivi, guanti in gomma o lattice e una mascherina. Non adoperate pentole o utensili in alluminio. Non si tratta di un procedimento pericoloso ma, a causa delle temperature elevate e dell’utilizzo della soda caustica, richiede attenzione. Non dimenticate infine di tenere lontani i bambini in modo da evitare eventuali rischi. pag. 26