Giornale
di Gastroenterologia
Epatologia
e Nutrizione Pediatrica
ediatrica
OTTOBRE 2014
O R G A N O
U F F I C I A L E
ISSN 2282-2453
IN QUESTO NUMERO
Epatite gigantocellulare associata
ad anemia autoimmune
Formule parzialmente idrolisate
nella prevenzione allergica
L’equilibrio interno
accende il benessere
generale
Gestione multidisciplinare delle malattie
infiammatorie intestinali
Kaleidon (Lactobacillus rhamnosus GG ATCC 53103)
probiotico che favorisce l’equilibrio della
flora intestinale
EIMs in corso di MICI
Ruolo degli antiemetici in età pediatrica
Studio endoscopico dell’intestino tenue
in età pediatrica
KALE 12 07
Che fare se il paziente non risponde ai PPI
VOLUME VI
N° 3 - OT TOBRE 2014
Trimestrale - Poste Italiane Spa - Spedizione in
Abbonamento Postale - 70% - LO/MI
Area Qualità S.r.l. - Via Comelico 3 - 20135 MI
S
ommario
5
Editoriale
Bentornati!
di M. Baldassarre
6
Lettere al direttore
Gastroenterologia pediatrica e logopedia: una efficace sinergia
di M. Baldassarre
9
Topic HighLight
Intervista a Frank Kneepkens.
Leggere "con" o "senza" gli occhiali di Google?
di M. Baldassarre
12
Pediatric HEPATOLOGY
L’epatite gigantocellulare
associata ad anemia emolitica autoimmune
Giant cell hepatitis with autoimmune hemolitic anemia
di S. Nastasio, M.Sciveres, G. Marsalli, G. Maggiore
19
Pediatric Nutrition & HEALTH AND FOOD SCIENCE
Le formule parzialmente idrolisate
nella prevenzione allergica
Partially hydrolized formulas
di A. Diamanti, T. Capriati, A. Cappelli, M.P. Reposi, L. Dell’Uomo, G. Gallo
24
IBD HIGHLIGHTS
Gestione multi-disciplinare delle malattie
infiammatorie intestinali (IBD-Team)
Pediatric IBD, growth failure, nutrition, extraintestinal
complications, surgery, transition of care
di F. Vassallo, F. Civitelli
28
CASE REPORT
Fino a che punto le indagini ci aiutano nella diagnosi?
To what extent exames contribute to the diagnosis?
di B. Papadatou, M.C. Garganese, F. Bracci, D. Knafelz, G. Federici d’Abriola,
M. Sole Basso, G. Torre
29
News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology
Ruolo degli antiemetici in età pediatrica
Antiemetic drugs in children
di R. Tambucci e O. Borrelli
S
38
ommario
recent advance in basic science
Manifestazioni extra-intestinali (EIMs) in corso di malattie
infiammatorie croniche intestinali (MICI)
Extradigestive manifestations of IBD
di A. Barabino
41
Endoscopy Learning Library
Studio endoscopico dell’intestino tenue in età pediatrica
Small bowel endoscopy in pediatric age
di C. Calzolari, F. Gaiani, A. Spadaccino, F. Calzolari, B. Bizzarri
44
What to do if....?
Cosa fare se il paziente non risponde ai PPI
(Inibitori di pompa protonica)
What to do if patient is not responding to PPI
di F. Torroni, P. De Angelis, T. Caldaro, E. Romeo, F. Rea, S. Faraci, L. Dall’Oglio
CONSIGLIO DIRETTIVO SIGENP
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Vice-Presidente
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Tesoriere
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essendo iscritti alla Società Italiana di Pediatria, dimostrano
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di Milano al n. 208 del 29/04/09
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Volume VI - N°3/2014 - Trimestrale
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del ricevente richiedere la cessazione dell’invio e/o
l’aggiornamento dei dati in nostro possesso.
E
ditoriale
BENTORNATI!
M. Baldassarre
Bentornati alle vostre abituali attività dopo la pausa estiva e bentornati davanti a questo
giornale……
Spero che abbiate trascorso tutti delle vacanze rigeneranti per il corpo e per lo spirito. Noi
della redazione abbiamo continuato a pensare a tutti voi ed a lavorare perché questo
numero vi giungesse puntuale come sempre.
Vorrei salutare tutti i colleghi pediatri, soci della Società Italiana di Pediatria, che da
quest’anno ricevono il nostro Giornale in versione online. Un grande grazie va ai Professori Giovanni Corsello e Carlo Catassi, Presidenti rispettivamente della SIP (Società Italiana di Pediatria) e della SIGENP (Società Italiana di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica), che hanno lavorato insieme a me per la realizzazione di questo progetto.
La nostra famiglia è dunque più grande! Il sapere è veramente tale quando è condiviso.
Lo sforzo che noi tutti della redazione facciamo nella stesura dei contributi è proprio quello di far sì che la conoscenza della gastroenterologia pediatrica possa diffondersi, così da
diventare supporto alla nostra attività clinica quotidiana.
Ci siamo chiesti spesso in redazione se, in questa che è l’era della web revolution, la lettura di un giornale possa essere utile nella diffusione della conoscenza. Ho voluto condividere questa nostra riflessione con Frank Kneepkens, gastroenterologo pediatra olandese
(vedi la rubrica “Topic Highlight”), editor di diversi magazines e di una collana di libri pediatrici.
L’idea fondamentale emersa dal nostro colloquio è che lo sfogliare le pagine di una rivista
lascia spazio alla “Serendipity”, cioè alla possibilità “di scoprire una cosa non cercata e imprevista mentre se ne sta cercando un'altra”.
Tutti i contributi di questo numero crediamo possano costituire uno stimolo alla conoscenza o all’approfondimento. Inauguriamo la rubrica delle “Lettere al direttore”, spazio
interattivo che desideriamo possa portare ad uno scambio di emozioni e di informazioni
con voi lettori.
Troverete articoli di taglio estremamente pratico, come l’aggiornatissima review sulle
formule cosiddette “HA” (o ipoallergeniche) nella prevenzione delle malattie allergiche,
la messa a punto, rigorosa e precisa, riguardo all’uso degli antiemetici in età pediatrica, i
suggerimenti su cosa fare quando un piccolo paziente non presenta una risoluzione dei
sintomi dopo la terapia con gli inibitori di pompa protonica. La presentazione del caso
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(3):5-6
5
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ditoriale
clinico ci fa riflettere su quanto sia possibile e facile sbagliare diagnosi. La rubrica dedicata all’epatologia ci descrive l’epatite giganto-cellulare associata ad anemia emolitica autoimmune, una malattia rara, molto grave, di cui il gruppo del Professor Giuseppe Maggiore, che ne ha curato la stesura, è tra i massimi conoscitori, avendo pubblicato su
“Journal of Pediatrics” la propria casistica, che è una delle più vaste in letteratura.
È molto interessante anche quanto ci suggerisce Fortunata Civitelli per ciò che riguarda il
periodo di passaggio alla medicina dell’adulto di un paziente affetto da una malattia
cronica come la malattia di Crohn o la Rettocolite Ulcerosa. Noi pediatri dobbiamo saperci far carico del giusto “accompagnamento” di chi è stato affidato alle nostre cure verso
una fase che non può essere considerata più pediatrica, perché non si trovi senza punti di
riferimento, ma continui a seguire la giusta strada nelle mani dei colleghi gastroenterologi dell’adulto. Lo sguardo alle malattie infiammatorie gastrointestinali è accompagnato dalla disamina delle manifestazioni extraintestinali di queste ultime, e anche dalla
presentazione delle possibilità dello studio endoscopico dell’intestino tenue.
Date spazio alla “Serendipity”!
Buona lettura
Mariella Baldassarre
6
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(3):5-6
M. Baldassarre
L
ettere
al direttore
Inauguriamo in questo numero
la rubrica “Lettere al Direttore”,
che ambisce a diventare
uno spazio interattivo, in cui possa fluire
uno scambio di informazioni
e di emozioni tra noi e voi.
Invitiamo tutti i lettori a scriverci:
domande, dubbi, richieste, suggerimenti.
Desideriamo davvero
che la "costruzione" di questo giornale
possa vedervi coinvolti.
Le lettere vanno indirizzate a:
[email protected]
✉
Recentemente, ad un mio paziente operato
per atresia esofagea, è stato consigliato
da parte del gastroenterologo pediatra
che lo segue, un trattamento riabilitativo
con la logopedista. Vorrei capire meglio
in quali patologie gastrointestinali
è consigliabile un trattamento logopedico.
Cordiali saluti
Dr. Roberto Grosso
Pediatra di famiglia, Bari
L'esperto risponde
GASTROENTEROLOGIA PEDIATRICA E LOGOPEDIA: UNA EFFICACE SINERGIA
Esistono alcune patologie malformative gastrointestinali pediatriche in cui può essere utile l’intervento logopedico, sia nel
periodo preoperatorio che in quello post operatorio. La correzione chirurgica di alcuni difetti, infatti, da sola non basta a
garantire a questi piccoli l’assenza di reliquati a volte presenti
sul piano funzionale.
Le situazioni in cui il trattamento logopedico è richiesto sono:
l'atresia esofagea. è una malformazione congenita che consiste nella mancata canalizzazione dell’esofago, cui si associa,
nella maggior parte dei casi, la fistola tracheo-esofagea; i piccoli pazienti presenteranno una sindrome disfagica secondaria
associata o meno a reflusso gastroesofageo;
la disfagia. è la difficoltà nel deglutire nella quale una o più
fasi della deglutizione risultano alterate, e può riguardare aliGiorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(3):7-8
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L
ettere
al direttore
menti liquidi, solidi o misti; questa difficoltà, a lungo andare,
determina una stato di malnutrizione e, nel caso del paziente
pediatrico, il non corretto accrescimento fisico e il mancato
sviluppo psicomotorio. Essa va distinta dai disordini di alimentazione che riguardano una serie di attività correlate al
pasto (mealtime) e che possono non essere accompagnati da
disfagia;
La nutrizione artificiale. In assenza di nutrizione per os
(nutrizione enterale con sondino naso gastrico o nutrizione
parenterale) vi è una interferenza negativa con il periodo critico per l’apprendimento delle abilità motorie orali.
Se il chirurgo corregge l’anatomia, spesso non ha modo di tutelare la ripresa della funzione: per tale motivo la strategia di
gestione di questi pazienti merita di essere condivisa con il logopedista e con il gastroenterologo pediatra.
Occorre ricordare che la deglutizione si sovrappone, per la sua
parte iniziale, alla buccalità, cioè all’insieme delle funzioni che
si svolgono nella cavità orale e nell’orofaringe.
Durante l’età evolutiva si osservano due tipi di deglutizione:
infantile-neonatale e adulta.
Il passaggio dalla deglutizione infantile-neonatale a quella
adulta avviene verso i 18 mesi, ma potrebbe protrarsi fino ai
10 anni, con un periodo critico tra i 5 ed i 7 anni, a causa della
dentizione.
Le alterazioni della deglutizione da cause meccaniche determinano ritardi e, a volte, scompensi patologici e devianti delle
varie funzioni buccali (assenza del riflesso di deglutizione, reflusso gastroesofageo, ipersensibilità oro facciale).
Prima di iniziare il trattamento logopedico si deve eseguire
una valutazione obiettiva del piccolo paziente. Quando è presente la disfagia, la valutazione è sia clinica sia strumentale
(VFS, FEES, valutazione della saturimetria).
L’intervento riabilitativo logopedico riguarda:
1) la normalizzazione della sensibilità nel distretto oro buccale
(guance, labbra, lingua, palato duro e molle);
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2) lo sviluppo delle abilità motorie orali (coordinazione dei
muscoli oro facciali e buccali; coordinazione tra deglutizione e
respirazione);
3) a gestione della secrezione;
4) il controllo motorio e l’attivazione dei meccanismi orofaringei.
Il trattamento potrà essere:
• sensoriale
• motorio, di stimolazione attiva e/o passiva;
• pre-alimentare (sviluppa le abilità motorie orali e fornisce al
piccolo paziente le esperienze sensoriali per sviluppare adeguate risposte agli stimoli, ha il compito di tenere abili e attive
le strutture deputate alla funzione alimentare)
• alimentare (fa uso di strategie e trattamenti direttamente
con gli alimenti).
Si possono distinguere varie fasi nel trattamento logopedico:
pre chirurgico (in questo caso dovrà essere un trattamento sensoriale e di stimolazione della muscolatura passiva); post chirurgico (in questo caso si effettueranno prove di alimentazione).
Nel caso in cui i piccoli pazienti siano affetti da sindrome disfagica secondaria, il trattamento logopedico è volto alla terapia
oro-motoria, alla stimolazione sensoriale oro-facciale, alla terapia mio-funzionale, all’esposizione alle esperienze sensoriali
necessarie a rendere piacevole il pasto, alla riabilitazione delle
catene muscolari che presentano un tono anomalo, alla scelta
dei sistemi di postura idonei, all’addestramento al pasto ed al
divezzamento dall’alimentazione per sonda e/o PEG. L’intervento logopedico, finalizzato alla riabilitazione motoria delle
strutture deputate all’atto deglutitorio, risulta inoltre prodromico al successivo sviluppo articolatorio del linguaggio.
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(1):6
Maria Cipolla
Logopedista, Palermo
[email protected]
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Leggere "con" o "senza" gli occhiali
di google?
MARIELLA BALDASSARRE - U.O. di Neonatologia e T.I.N. del Policlinico Universitario di Bari
Frank Kneepkens è stato sino
ai primi mesi di quest’anno
direttore del Dipartimento di
Gastroenterologia Pediatrica della
Free University ad Amsterdam.
è stato mio tutor durante uno stage
in Olanda nei primi anni della mia
specializzazione, ed io l’ho sempre
considerato un “maestro”
per la sua capacità di trasmettere
conoscenza, per la pazienza
nel rispondere a tutte le domande,
per la preparazione scientifica
rigorosa ed accurata. è attualmente
coinvolto in una serie di attività volte
alla divulgazione delle informazioni
in pediatria e gastroenterologia
pediatrica. Con lui parliamo
del modo con cui oggi ci
procuriamo il “sapere”. Per le
scienze mediche è più utile quello
che viaggia sul web rispetto a ciò
che può offrirci un libro scientifico?
We live in a period characterized by the tendency of replacing the reading
of a book or a magazine of pediatrics with the information found on the web.
It is impossible to say how long in the future books will stay important sources of
knowledge. Their main limitation is that they provide only a snapshot of the actual
reality, while knowlegde keeps changing. A printed book is tangible, it is red more
easily than a computer screen and it can also be gone through without losing
the overview. Of course digital information is priceless. However, Internet is not
the know-it-all tool we like to think it is. Whoever is dependent on the information
found on the internet, will find out that it provides opposite opinions on pretty
much every aspect of medical knowledge. Another important limitation of the
digital information is that you (ideally) find what you are looking for, an answer, a
name or a definition. There is little place for serendipity, that is finding out what
you were not looking for, expanding your knowledge beyond what you instantly
need. This is perhaps why we should continue to read printed magazines.
Dopo la rivoluzione del Web, c’è
ancora spazio per la carta stampata? Ha senso scrivere un manuale di Pediatria, se l’informazione viaggia più velocemente
ed è più aggiornata attraverso
internet, oppure è a tuo parere
utile un’integrazione carta + digitale?
Key Words
digital information, open on-line
courses, augmented reality
Questo argomento è oggetto di discussione nei Paesi Bassi. La mia opinione
personale è che ci sarà sempre spazio
per pubblicazioni “a stampa”. Ovviamente, stiamo usando libri e riviste in
modo diverso rispetto a quello che eravamo abituati a fare. Ciò che si sceglie
di utilizzare in un certo momento varia
a seconda delle situazioni. I dizionari,
per esempio, sono molto più facili da
consultare in forma di supporto digitale piuttosto che su carta.
D'altro canto, quando ci si vuole aggiornare su un determinato argomento, si è interessati alle informazioni in
sé, ma anche alle fonti da cui hanno
origine tali informazioni. Pertanto un
testo autorevole è più consigliabile di
un testo scaricato in modo “random”
da internet.
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(3):9-11
La collana “Paediatric Working Book”
per esempio, ha lo scopo di aiutare i
pediatri nel loro lavoro quotidiano, fornendo tutte le conoscenze pratichecompresi gli indirizzi utili e dove poter
reperire alcune informazioni - in un
comodo formato tascabile. è scritto da
esperti molto noti, con i quali ciascun
pediatra può anche venire in contatto.
Tutto ciò non può essere trovato in UpToDate, o PubMed, o altrove sul web.
Tuttavia l'informazione digitale è inestimabile. Durante la modifica dei testi
per la serie “Paediatric Working Book”
ho spesso avuto necessità di tornare alla fonte per comprendere il messaggio
esatto degli autori del capitolo, per
controllare gli errori di battitura, o di
aggiungere informazioni che ritengo
utili. Sono perciò ricorso più volte a
PubMed, OMIM, o Wikipedia.
Così, ovviamente, i libri hanno perso il
ruolo che avevano un tempo. Il libro di
testo di pediatria su cui stiamo lavorando, pensato per gli studenti di medicina, fa parte di un progetto multimediale. Il libro stampato è solo la base. Fa
riferimento alle informazioni sulle pagine Internet corrispondenti, che pos-
9
Topic Highlight
ESPGHAN - NASPGHAN
Prof. Frank Kneepkens
È gastroenterologo pediatra, capo del Dipartimento di Gastroenterologia
Pediatrica, della VU-University Medical Center, ad Amsterdam, e professore
di pediatria all’ Emma Children Hospital AMC, Amsterdam (Paesi Bassi). Si è
specializzato in Pediatria al “Radboud University Hospital" a Nijmegen ed in
Gastroenterologia pediatrica all’University Hospital a Goningen, Paesi Bassi. Ha
fatto un “postdoctoral fellowship” all’Ospedale S. Giustina, a Montreal (Canada).
I suoi principali interessi scientifici sono la motilità gastrointestinale, la nutrizione,
le allergie alimentari, l'assorbimento dei carboidrati, la flora intestinale, la
malattia celiaca. È stato presidente del gruppo di lavoro infantile olandese sulle
allergie alimentari dal 1994 al 2005. È stato coautore delle linee guida olandesi
sulla malattia infiammatoria intestinale, sulla diagnosi di allergia al latte vaccino,
dell’allergia alimentare e della malattia da reflusso. Membro del consiglio editoriale
della rivista “Journal of Pediatric Gastroenterology and Nutrition” ed “European
Journal of Pediatrics”. È capo redattore della serie olandese di libri di pediatria
“Werkboeken Kindergeneeskunde”, editor e coautore di diversi libri pediatrici
olandesi e riviste. Ha oltre 100 pubblicazioni peer-reviewed su riviste internazionali
ed è autore di 150 capitoli di libri (in olandese ed inglese).
sono consistere in immagini, video,
frammenti di audio e così via. In futuro diventerà sempre più interattivo, e
permetterà allo studente di verificare
la sua conoscenza. Ma sono sicuro che
senza il libro stampato, che è tangibile,
si legge più facilmente di uno schermo
di computer e può essere facilmente
sfogliato senza perdere i dettagli, lo
studente si sentirebbe perso.
Ritieni che in un futuro prossimo le nuove generazioni arriveranno a sostituire del tutto
la lettura di un libro o di una rivista divulgativa di pediatria
con l’informazione sul web?
Quali i vantaggi e quali i punti
di debolezza della informazione
solo su web?
Non posso dire per quanto tempo i libri, come li conosciamo oggi, resteranno importanti come fonti di conoscenza. Il loro limite principale è che essi
forniscono una “foto istantanea”, ma
immobile, del sapere, mentre la conoscenza cambia rapidamente. Questo
tuttavia non è rilevante nella nostra
quotidianità. Usiamo le nostre intuizioni quando è necessario e non controlliamo costantemente se potrebbe essere
necessario un loro aggiustamento.
Internet, d’altro canto, non è il “So
tutto” che crediamo sia. Chiunque
cerca informazioni su internet, scopre
che fornisce pareri opposti praticamente su ogni aspetto del sapere medico. Come confrontare queste diverse
informazioni?
10
Alla fine si deciderà di fare affidamento su un numero limitato di esse, trascurando il resto, nel bene e nel male.
Chi può dire se è stata fatta la scelta
giusta?
Un'altra limitazione delle informazioni digitali è che (idealmente) si riesce
sempre a trovare quello che si sta cercando, ma esattamente solo quello.
C'è poco posto per la “Serendipity”, cioè
per trovare quello che probabilmente
non si stava cercando, per ampliare la
propria conoscenza al di là di quello di
cui si ha bisogno nell’immediato: questo
è il motivo per cui si dovrebbe continuare a leggere riviste stampate.
Tuttavia, dove saremmo senza internet? Ricordo molto bene il tempo in
cui ho dovuto “attraversare” grandi
raccolte bibliografiche, al fine di trovare le informazioni che è possibile utilizzare come riferimento per un articolo. Ora è una questione di minuti e
PubMed sputa fuori più di quanto si
possa ingoiare. Non potrei lavorare
senza questo supporto.
Lo studio della medicina ha certamente tratto vantaggi dalla
diffusione di immagini multimediali, atlanti di anatomia
navigabili su computer in 3D.
La nuova frontiera sembra essere quella della “realtà aumentata” (augmented reality), ed in
questi mesi si parla dei “google
glass” (1) in sala operatoria.
Quali possibili usi ritieni potranno diffondersi in pediatria?
Immagino che studenti e stagisti entrino volentieri in contatto con tutte le
nuove tecniche virtuali in fase di sviluppo, tuttavia è necessario acquisire
conoscenze attraverso l'apprendimento e fare esperienza attraverso la pratica. Ci può essere un ruolo per la realtà
virtuale o 'aumentata' per imparare a
eseguire alcune procedure, come venipunture e punture lombari.
Certamente chi sta facendo un training
in gastroenterologia pediatrica potrebbe all'infinito effettuare endoscopie virtuali prima di una vera endoscopia in
un bambino, ma dubito che ciò possa
mai sostituire l'esperienza reale.
Molte università, americane e
non, stanno erogando i Massive Open Online Courses (2).
Qual è la tua opinione in merito? è un rischio o una opportunità per la scienza medica?
Non credo che nessuna forma diffusione della conoscenza sia di per sé
un rischio. Non sono affatto contrario a corsi on-line.
Ma il problema è sempre lo stesso
con qualsiasi fonte si stia utilizzando
per accrescere le proprie conoscenze: quando si ha a disposizione (o si
utilizza) un’unica fonte, si può smettere di cercare fonti alternative, è come conoscere un solo colore. Questa
è anche la ragione per cui i libri hanno bisogno di nuove edizioni e qualsiasi fonte di informazione virtuale
deve essere aggiornata regolarmente. Quando i corsi on-line sono usati
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(3):9-11
Intervista a Frank Kneepkens
per rispecchiare quelle conoscenze e
affinare i punti di vista su un determinato argomento, possono essere
un'aggiunta piacevole al processo di
apprendimento costante.
Si parla molto di “open access
journals” (3). Qual è la tua opinione su periodici che offrano
gratuitamente e senza restrizioni la fruizione degli articoli
dopo il regolare processo di
validazione qualitativa (peer
review)?
Bisogna considerare due aspetti a riguardo. Da un lato, penso che sia essenziale per i medici e ricercatori poter accedere a tutte le informazioni
scientifiche rilevanti per il loro lavoro. è frustrante trovare l'articolo che
si sta cercando su PubMed, per poi
scoprire che le informazioni che servono sono nascoste dietro una barriera di 30 dollari. Il libero accesso è
un grande bene. D'altra parte c'è stata però un'esplosione di riviste a libero accesso su internet, soprattutto
perché gli editori hanno scoperto
che si tratta di un modo piuttosto fa-
cile per fare soldi. Non c'è limite a
quello che possono pubblicare, così il
controllo di qualità è limitato. Molti
manoscritti di scarsa qualità scientifica superano la soglia di “peer review”, ad esempio perché il sistema
di revisione ammette solo revisori
che dicano 'sì' o 'no' senza proporre
modifiche essenziali. E chi sono i revisori? Che cosa rispondere quando
si viene coinvolti come recensori, anche se non si è esperti in quel campo? Probabilmente molti dicono 'Sì,
volentieri, grazie!' Molto di quello
che si trova a libero accesso è un contributo per allungare le liste di pubblicazioni degli autori, non per il miglioramento del sapere.
Comunque, ogni volta che ci troviamo di fronte a qualcosa di nuovo,
dobbiamo essere attenti alle direzioni del suo sviluppo. Io non sono pessimista. La scienza ha dimostrato nel
corso degli anni di avere una grande
capacità di auto-pulizia.
Finché rimaniamo critici nei confronti di ciò che ci viene proposto,
siamo ben felici di considerare e fare
nostri i vantaggi di una “e-voluzione” digitale.
Corresponding author
Frank Kneepkens
VU University Medical Center
De Boelelaan 1117
NL-1081 HV Amsterdam
[email protected]
link utili per approfondimento
1. http://well.blogs.nytimes.com/2014/06/01/google-glass-enters-the-operating-room/?_
php=true&_type=blogs&_r=0
2. http://www.mooc-list.com/tags/medicine
3. http://www.ieanet.it/vpage.do?codice=7588&dispatch=view
Key Points
•La conoscenza ottenuta attraverso internet è utile ma non sostituisce l’utilizzo di un
libro o di una rivista autorevoli.
•La conoscenza cambia rapidamente: i libri hanno bisogno di nuove edizioni e
qualsiasi fonte di informazione virtuale deve essere aggiornata regolarmente.
•I “google glass” ed i vari aspetti di realtà virtuale offerti da Internet possono essere
delle opportunità, da cogliere però in maniera critica.
•L’informazione cercata solo sul web lascia poco spazio per la “Serendipity”, cioè
per ampliare la propria conoscenza al di là di quello di cui si ha bisogno nell’immediato.
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(3):9-11
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L’epatite gigantocellulare associata
ad anemia emolitica autoimmune
Silvia Nastasio1, Marco Sciveres2, Giulia Marsalli1, Giuseppe Maggiore1
1Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Pisa, Unità di Gastroenterologia Pediatrica
Dipartimento Materno-Infantile della Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana
2Epatologia Pediatrica e Trapianto di fegato pediatrico, IsMett-UPMC di Palermo
Giant cell hepatitis with
autoimmune haemolytic
anaemia (GCH-AHA) is a rare
and aggressive disease of
infancy and may have fatal
prognosis. It is presumed
to be an autoimmune
disease, but the mechanism
of liver injury is unknown.
Immunosuppressive therapy
may results in remission in
mild forms while in severe
forms, B cell depletion with
rituximab can be an option.
Liver transplantation may
be a rescue treatment but
relapse can occur in the graft.
Introduzione
L’epatite gigantocellulare associata ad anemia emolitica autoimmune (GCHAHA), descritta da Bernard e coll nel 1981 (1), è una malattia esclusiva dell’infanzia
che associa un’emolisi autoimmune ad un’epatopatia acuta severa caratterizzata
istologicamente da una diffusa trasformazione gigantocellulare.
Dalla sua descrizione e fino al 2010, sono stati riportati in letteratura, prevalentemente sotto forma di casi singoli, 18 pazienti. Dopo la descrizione, nel 2011, di 15
nuovi casi (2), ne sono stati descritti, a tutt’oggi, altri 20. La malattia è descritta in
Europa, Nord-America, Giappone e Nord-Africa.
Patogenesi
La trasformazione degli epatociti in sincizi plurinucleati è considerata, in periodo
neonatale, una reazione aspecifica degli epatociti immaturi, di fronte ad un ampio spettro di aggressioni. Al di fuori del periodo neonatale, questa condizione è
più rara e può essere osservata in corso di epatite virale (Paramixovirus, HCV,
HEV, HHV-6, HIV), autoimmune, tossica (rimedi fitoterapici), in alcune colestasi genetiche (PFIC 2) o può non avere una causa identificabile, ma è comunque
considerata un elemento di rischio prognostico, indipendentemente dalla eziologia.
La sua patogenesi è ritenuta immuno-mediata in ragione della:
• presenza di malattie immuno-mediate nei familiari
• associazione costante con una patologia autoimmune (anemia emolitica)
e occasionale con altre patologie immunomediate
• risposta al trattamento immunosoppressivo e recidiva alla sua sospensione.
L’epatopatia della GCH-AGA, non ha però le caratteristiche dell’epatite autoimmune giovanile (EAG) e in particolare: l’epatite “d’interfaccia” è raramente presente; l’infiltrato portale è costituito da macrofagi e neutrofili piuttosto che da
linfo e monociti; gli autoanticorpi associati all’EAG, sono raramente identificabili. Questo ha suggerito un meccanismo di danno differente rispetto all’EAG, dove
il danno è mediato da T linfociti.
La malattia gestazionale allo-immune del fegato fetale, causa di emocromatosi
neonatale, è anch’essa caratterizzata da una diffusa trasformazione gigantocellulare e il suo meccanismo patogenetico è verosimilmente anticorpo-mediato, con
attivazione della via classica del complemento e formazione sulla membrana
dell’epatocita del complesso di attacco C5b-9. L’ipotesi di un meccanismo simile
per la GCH- AHA è supportata dalla recente dimostrazione di complessi C5b-9
sulla membrana degli epatociti giganti (3).
Key Words
Giant cell hepatitis with autoimmune
hemolytic anemia, Rituximab,
intravenous immune globulins
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Quadro clinico e di laboratorio
La malattia esordisce, dopo il periodo neonatale, nei primi due anni di vita, abitualmente in maniera improvvisa, con la simultanea comparsa di un’anemia (pallore,
astenia, occasionalmente febbre) e di un’epatopatia acuta sintomatica (ittero, epato-
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(3):12-16
megalia) e in rari casi, da convulsioni generalizzate. Talora l’esordio è preceduto, l’esordio
è preceduto da un’infezione (Varicella, otite media acuta, polmonite, infezione urinaria,
infezione da M.pneumonie, da EBV e da Parvovirus B19) e in circa un terzo dei casi è possibile identificare un parente di primo grado affetto da una malattia immuno-mediata. L’esame clinico oltre a pallore, ittero ed epatomegalia, potrà evidenziare una splenomegalia o
un’ascite.
In circa un terzo dei casi, la GCH-AHA può esordire come un’anemia emolitica apparentemente isolata che può precedere, anche di mesi, la comparsa della malattia epatica, anche
se un aumento delle aminotransferasi è spesso, anche se non costantemente, presente in
questi pazienti.
Da un punto di vista di laboratorio, l’anemia è normocitica, rigenerativa, con iper-reticolocitosi (anche se in alcuni pazienti si può osservare una transitoria reticolocitopenia), severa
e positiva al test di Coombs diretto (IgG + C’). È anche possibile osservare una leucocitosi,
una trombocitosi e, in alcuni casi, una trombopenia. Un aumento delle aminotransferasi,
talora particolarmente marcato (fino a quasi 200 volte il valore massimo della norma), associato a valori di gammaGT normali o poco elevati, è comunque osservabile nel corso
della malattia associato ad un aumento della bilirubina totale con prevalente componente
diretta ed eventualmente una riduzione della attività protrombinica e dell’albuminemia. I
livelli delle gammaglobuline totali possono essere elevati (di solito moderatamente) o anche
normali. Solo occasionalmente infine sono identificabili gli autoanticorpi tipici (ANA,
SMA, LKM) dell’EAG.
Diagnosi
La diagnosi di GCH-AHA deve essere sempre ipotizzata davanti ad ogni bambino di età
da 1 a 24 mesi con anemia emolitica autoimmune o con malattia epatica acuta di causa
sconosciuta o con entrambe. A tal fine andrà richiesto il test di Coombs diretto, anche in
assenza di anemia o di reticolocitosi e non andrà trascurato il riscontro di un aumento
delle transaminasi, anche modesto e asintomatico, in presenza di un’anemia emolitica
autoimmune.
L’associazione con altre patologie prevalentemente a meccanismo immuno-mediato può
essere osservata nelle varie fasi della malattia e anche dopo trapianto di fegato [Tabella 1].
Tabella 1 Patologia descritta in associazione con la GCH-AHA
Piastrinopenia autoimmune (Sindrome di Evans)
Neutropenia autoimmune
Pemfigo
Alveolite fibrosante gigantocellulare
Pneumopatia interstiziale
Encefalopatia con comizialità
Colelitiasi
Gli esami di laboratorio che esplorano la GCH-AHA sono aspecifici e di scarso ausilio
diagnostico, anche se un’epatocitolisi intensa, può evocare la diagnosi.
La biopsia epatica ha un ruolo chiave per la presenza di una caratteristica diffusa
trasformazione gigantocellulare degli epatociti [Figura 1], la modesta infiammazione portale
e periportale con un infiltrato costituito prevalentemente da polimorfonucleati neutrofili e
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Pediatric Hepatology
Figura 1 Diffusa trasformazione gigantocellulare degli epatociti che caratterizza il quadro istologico del
danno epatico in corso di GCH-AHA
da macrofagi piuttosto che da linfo/monociti e plasmacellule. La fibrosi può essere anche
intensa con distorsione dell’architettura lobulare.
Trattamento
La GCH-AHA è una malattia grave, potenzialmente letale, anche se prontamente
diagnosticata e trattata. Le principali cause di morte sono l’insufficienza epatica
terminale, la sepsi batterica, un’encefalopatia epilettogena non controllabile o le
complicanze del trapianto di fegato.
Il trattamento di “prima linea” è farmacologico e associa prednisone ad almeno
3 mg/kg ed azatioprina a 2 mg/kg. Sulla base della risposta al trattamento sono
distinguibili due fenotipi clinici: nelle forme di moderata gravità, questa terapia
permette di ottenere una remissione della malattia epatica e dell’emolisi, anche se
con dosi e durata superiori a quelli abituali dell’EAG. Nelle forme più gravi, con
anemia severa, marcata epatocitolisi e con eventuale alterata funzione epatocellulare
è consigliabile, d’emblée, un terzo immunosoppressore ed in particolare la ciclosporina.
Se l’anemia è severa si ricorrerà a una o più emotrasfusioni di emazie concentrate.
Una volta ottenuta la remissione, si ridurranno prudentemente le dosi del prednisone,
consci tuttavia dell’elevato rischio di recidiva che può essere particolarmente severa
e non rispondere al trattamento. La recidiva potrà interessare una sola delle due
componenti della malattia o entrambe. Le difficoltà di trattamento hanno giustificato
l’impiego di un ampio spettro di farmaci immunosoppressori (tacrolimus, sirolimus,
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Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(3):12-16
La GCH-AHA è una malattia grave
micofenolato mofetile, ciclofosfamide) e perfino della splenectomia, in caso di emolisi
intrattabile. La mortalità della GCH-AHA è comunque del 30% nonostante una
terapia immunosoppressiva aggressiva. Il trapianto di fegato è un’ulteriore opzione
terapeutica “di salvataggio”, per quei pazienti che, all’esordio o in corso di recidiva,
non rispondano ad una triplice immunosoppressione. Il rischio di recidiva su “graft”
è comunque elevato.
La necessità di un multiplo trattamento immunosoppressore e l’uso precoce di dosi
elevate di prednisone, espone i bambini con GCH-AHA a gravi effetti collaterali,
difficilmente osservabili in corso della classica EAG, quali, obesità grave, severo
ritardo di crescita, cataratta con riduzione del visus, crollo vertebrale, ipertensione
arteriosa e sepsi batteriche fulminanti. Infine a causa dell’emolisi cronica, questi
pazienti possono sviluppare, nel corso della malattia, una colelitiasi sintomatica con
le sue complicanze.
L’evoluzione a lungo termine ha tuttavia inaspettatamente mostrato, come dopo
remissione prolungata, sia possibile sospendere, anche stabilmente, ogni trattamento,
senza recidive (2). Inoltre la biopsia epatica eseguita prima della sospensione del
trattamento ha mostrato nella totalità di questi pazienti una fibrosi residua di
modesta entità (2).
Gli eventi avversi del trattamento corticosteroideo e le recenti ipotesi sul ruolo
patogenetico degli autoanticorpi hanno suggerito un approccio terapeutico
alternativo con l’uso di un anticorpo monoclonale anti-CD20 (Rituximab; RTx). Il
Rtx produce una deplezione dei linfociti B e delle plasmacellule auto-reattive, senza
tuttavia interferire con i linfociti B di memoria ed è stato inizialmente usato solo
sporadicamente. Due studi recenti hanno descritto un totale di otto pazienti con
GCH-AHA refrattaria, in cui il RTx ha permesso di ottenere e mantenere una
remissione completa e di ridurre e in alcuni casi sospendere, i corticosteroidi, senza
rilevanti effetti collaterali (4,5). Un paziente, infine, resistente al trattamento di Rtx
(3 dosi) ha risposto alla somministrazione di un altro anticorpo monoclonale antiCD52 (alemtuzumab) che ha come target i linfociti sia T che B e anche le cellule natural
killer (6).
La relativa latenza di azione del RTx, attribuibile all’emivita degli autoanticorpi,
suggerisce tuttavia comunque un’associazione con un trattamento di rapida efficacia
(5). A tal scopo, in alternativa ai corticosteroidi, potrebbero essere utilizzate una o
più infusioni d’immunoglobuline endovena (IGEV), dimostratesi aneddoticamente
efficaci, nell’indurre e mantenere anche se solo temporaneamente, la remissione
della malattia, anche con risparmio di steroidi (7).
Quindi, anche se l’associazione prednisone e azatioprina, rappresenta, oggi il
trattamento di scelta, della GCH-AHA all’esordio, esiste un razionale per un
trattamento con RTx, per quei pazienti con forme severe all’esordio o in caso di
recidiva. Al fine di ridurre dosi e durata o eventualmente abolire i corticosteroidi,
potrebbero trovare indicazione, in associazione con il RTx, una o più dosi di IGEV. Il
RTx, se efficace, potrà essere ripetuto nel tempo per prevenire e/o trattare eventuali
recidive. La principale complicanza finora segnalata del trattamento della GCHAHA con Rtx è un’ipogammaglobulinemia protratta o eventualmente persistente.
In conclusione, la GCH-AHA è una malattia rara, con esordio precoce nell’infanzia,
poco conosciuta e verosimilmente sotto-diagnosticata, alla cui base esiste una
disregolazione della risposta immune verso più organi e tessuti. Tale condizione può
essere transitoria e limitata a due “soli” bersagli (emazie ed epatociti) o persistere
nel tempo ed eventualmente estendersi anche ad altri organi. La GCH-AHA è una
malattia di difficile trattamento anche se i recenti progressi nella comprensione dei
suoi meccanismi patogenetici ne hanno influenzato positivamente la prognosi.
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(3):12-16
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Pediatric Hepatology
Bibliografia
1.Bernard O, Hadchouel M, Scotto J et al. Severe giant cell hepatitis with autoimmune hemolytic anemia in
early childhood. J Pediatr 1981;99:704-11.
2.Maggiore G, Sciveres M, Fabre M et al. Giant cell hepatitis with autoimmune hemolytic anemia in early
childhood: long-term outcome in 16 children. J Pediatr 2011;159:127-32.
3.Whitington PF, Vos MB, Bass LM et al. Humoral immune mechanism of liver injury in giant cell hepatitis
with autoimmune hemolytic anemia. J Pediatr Gastroenterol Nutr. 2014;58:74-80.
4.Bakula A, Socha P, Klaudel-Dreszler M et al. Giant cell hepatitis with autoimmune hemolytic anemia
in children: proposal for therapeutic approach. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2014;58:669-73.
5.Paganelli M, Patey N, Bass LM et al. Anti-CD20 treatment for giant cell hepatitis with autoimmune
hemolytic anemia. Pediatrics 2014; in press.
6.Rovelli A, Corti P, Beretta C et al. Alemtuzumab for giant cell hepatitis with autoimmune hemolytic anemia.
J Pediatr Gastroenterol Nutr 2007;45 596-9.
7.Lega S, Maschio M, Taddio A et al. Giant cell hepatitis with Coombs-positive haemolytic anaemia: steroid
sparing with high-dose intravenous immunoglobulin and cyclosporine. Acta Paediatr 2013;102:137-9.
Corresponding Author
GIUSEPPE MAGGIORE
Unità di Gastroenterologia Pediatrica
Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale
Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana
Via Savi, 10 - 56126 Pisa
Tel. + 39 050 992 639
Fax + 39 050 992 741
E-mail: [email protected]
Key Points
• L’epatite gigantocellulare associata ad anemia emolitica autoimmune (GCH-AHA) è esclusiva
dell’infanzia ed associa un’emolisi autoimmune ad un’epatopatia acuta severa con diffusa
trasformazione gigantocellulare degli epatociti.
• La diagnosi di GCH-AHA deve essere sempre ipotizzata davanti ad ogni bambino da 1 a 24 mesi
con anemia emolitica autoimmune o con malattia epatica acuta di causa sconosciuta o con
entrambe. A tal fine andrà richiesto il test di Coombs diretto, anche in assenza di anemia o di
reticolocitosi e non andrà trascurato il riscontro di un aumento delle transaminasi, anche modesto e asintomatico, in un paziente con emolisi autoimmune.
• La biopsia epatica ha un ruolo chiave per la presenza di una caratteristica diffusa trasformazione gigantocellulare degli epatociti, la modesta infiammazione portale e periportale, l’infiltrato
costituito prevalentemente da polimorfonucleati neutrofili e da macrofagi piuttosto che da linfo/
monociti e plasmacellule. La fibrosi può essere anche intensa con distorsione dell’architettura
lobulare.
• La GCH-AHA è una malattia grave, potenzialmente mortale, anche se prontamente diagnosticata e trattata. Le principali cause di morte sono l’insufficienza epatica terminale, la sepsi batterica, un’encefalopatia epilettogena non controllabile o le complicanze del trapianto di fegato.
• L’associazione prednisone e azatioprina, rappresenta, oggi, il trattamento di scelta, all’esordio,
anche se esiste un razionale per l’uso del rituximab (RTx) per quei pazienti con forme severe. Al
fine di ridurre dosi e durata o eventualmente abolire i corticosteroidi, potrebbero trovare indicazione, in associazione con il RTx, una o più dosi di IGEV. Il RTx, se efficace, potrà essere ripetuto nel
tempo per prevenire e/o trattare eventuali recidive.
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Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(3):12-16
CONSIGLIO DIRETTIVO
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Segretario
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Segretario
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Per le Malattie Correlate alla Nutrizione
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Segretario
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Neurogastroenterologia e Malattie Acido Correlate
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Coordinatore di Area
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Calabria Licia Pensabene
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Friuli V. Giulia Stefano Martelossi
Lazio Antonella Diamanti
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Marche Antonio Carlucci
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con particolare attenzione agli aspetti multidisciplinari;
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Le formule parzialmente idrolisate
nella prevenzione allergica
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Antonella Diamanti, Teresa Capriati, Annamaria Cappelli, Maria Paola Reposi,
Luciana Dell’Uomo, Giorgia Gallo
Unità Operativa Semplice di Nutrizione Artificiale, Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù” di Roma
Definizione
I latti idrolisati sono distinti in idrolisati estensivi (eHF) e idrolisati parziali (pHF) in
base al grado di idrolisi che le proteine in esse contenute subiscono allo scopo di ridurne l’antigenicità. Secondo quanto previsto dalla Direttiva 2006/141/CE gli
eHF sono inclusi fra gli alimenti a fini medici speciali e sono utilizzati anche a scopo
terapeutico mentre i pHF sono inclusi fra gli alimenti per lattanti (1). Nella Tabella 1
riportiamo il peso molecolare (PM) dei peptidi allergenici, delle proteine del latte
vaccino (LV) e degli oligopeptidi contenuti nei pHF e negli eHF. Le differenze strutturali rendono ragione dell’impiego diversificato nella pratica clinica dei pHF (ad
esclusivo scopo preventivo e mai terapeutico) e degli eHF (impiego clinico in profilassi e terapia). Tuttavia l’allergenicità di una formula può essere condizionata oltre
che dal grado di idrolisi anche dalla fonte proteica (sieroproteine o caseina) e dal
metodo di idrolisi impiegato (tipo di enzimi usati, pH, temperatura). Essendo la
combinazione di tali fattori molto variabile da formula a formula l’American Accademy of Pediatrics (AAP) riserva la denominazione “ipoallergeniche” solo a quelle
formule che hanno dimostrato, in studi controllati, di non provocare reazioni nel
90% dei soggetti allergici alle proteine del LV (2). Pertanto negli USA solo gli eHF
sono considerate formule “ipoallergeniche”. In Europa (e in Italia), il termine “ipoallergenico” è attribuito a tutti i latti idrolisati, sia eHF che pHF.
There are evidences
that certain extensively
hydrolyzed casein and
certain partially hydrolyzed
whey formulas are
appropriate for reducing
the risk of allergy (atopic
eczema) in infants at high
risk when formula feeding is
initiated but is recommended
the use of documented safety
and efficacy formulas (pHWF
used in literature
if possible) and up to the age
of 6 months.
Tabella 1 P
eso molecolare dei peptidi allergenici del latte vaccino e delle formule idrolisate
Peptidi
allergenici
PM
10-40 kD
Latte vaccino
14-67 kD
pHF
3-10 kD
18% >6-40 kD
eHF
90%<1.5 kD
30-58%<0.5 kD
0-5%>3 kD
Peso molecolare (PM), KiloDalton (kD), Partially Hydrolized Formulas (pHF), Extensively Hydrolized
Formulas (eHF)
Key Words
hydrolyzed formulas, allergy,
prevention, infant feeding
Ruolo dei pHF nella prevenzione allergica: le evidenze
Le raccomandazioni della dichiarazione congiunta del 1999 della Committee
on Hypoallergenic Formulas della European Society for Paediatric Allergology
and Clinical Immunology (ESPACI) e della Committee on Nutrition della European Society for Paediatric Gastroenterology, Hepatology and Nutrition
(ESPGHAN) identificavano solo gli eHF come realmente efficaci nella prevenzione delle allergie (3).
Tuttavia, l’assunzione di latti eHF di sieroproteine (eHF -W), soia ed eHF di
caseina (eHF-C) sembra determinare riduzione della crescita, diminuzione delle concentrazioni plasmatiche di proteine e drastica riduzione dell’assorbimento di lipidi, calcio e fosforo, rispetto all’assunzione di latte materno (4). Inoltre,
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(3):19-23
19
Pediatric Nutrition & health and food science
l’elevato contenuto di trigliceridi a catena media come anche l’assenza del lattosio
nella maggioranza delle formule eHF, riducono fortemente la palatabilità di tali formule.
L’elevato costo, la scarsa palatabilità ed il sospetto di inadeguatezza nutrizionale degli
eHF, sia di caseina che di sieroproteine, hanno indotto a valutare meglio l’efficacia
preventiva dei latti ad idrolisi parziale, più accettabili per sapore e per costo e più vicini alla composizione delle formule standard per lattanti.
Una valutazione comparativa sull’efficacia preventiva tra pHF e eHF deriva da studi
interventistici di confronto in soggetti ad alto rischio di allergia. Lo studio GINI (German Infant Nutritional Intervention), prospettico randomizzato in doppio cieco, ha
comparato, in un elevato numero di lattanti (2252), l’efficacia preventiva di un eHF-C,
di un eHF-W) e di un pHF rispetto ad una formula standard per lattanti. A 12 mesi
l’incidenza cumulativa delle manifestazioni allergiche risultava significativamente inferiore nei bambini che avevano assunto l’eHF-C rispetto a quelli alimentati con formula adattata (9% versus 16%, OR=0,51); l’eHF-C risultava particolarmente efficace nel
prevenire l’eczema atopico (riduzione maggiore del 50%) nel sottogruppo di lattanti
con familiari di primo grado (madre) affetti da eczema (5). Un risultato inatteso di questo studio è la maggior efficacia preventiva dell’idrolisato parziale di sieroproteine
(pHF-W) rispetto a quello eHF-W. La sensibile differenza nell’ambito degli idrolisati
estensivi potrebbe derivare da tecnologie di produzione industriale non omogenee, a
conferma che la valenza preventiva di una formula sembra dipendere dal processo
utilizzato per idrolizzare le proteine più che dal grado di idrolisi.
I risultati a 3 anni e a 6 anni dello studio GINI hanno confermato la persistenza dell’effetto preventivo nei confronti dell’incidenza dell’eczema atopico, sia assumendo la formula eHF-C, sia quella pHF-W anche se a 6 anni l’effetto della formula pHF-W sembra essere inferiore a quella della formula eHF-C. D’altra parte si conferma che
nessuna delle 3 formule ha effetto protettivo sull’asma e che, da sole, le misure dietetiche adottate nelle prime epoche di vita hanno un’insufficiente efficacia preventiva sulla atopia. In ogni caso tali evidenze dimostrano una reale riduzione dell’incidenza
della malattia, piuttosto che un suo semplice differimento temporale (6,7).
Nel 2013 sono stati pubblicati i risultati del follow-up a 10 anni dello studio GINI in
cui il gruppo di von Berg conclude che le formule idrolisate pHF-W e eHF-C hanno
un effetto preventivo sull’incidenza cumulativa dell’eczema atopico ma non sulla incidenza dell’asma, della rinite allergica o sulla sensibilizzazione ai comuni trofo o pneumoallergeni in bambini ad alto rischio (8).
Nella Tabella 2 riportiamo i risultati più significativi di tre metanalisi che hanno valutato
l’efficacia dell’impiego dei pHF nella prevenzione del rischio allergico. Tutti sono concordi nel ritenere appropriato l’impiego dei pHF-W nella prevenzione del rischio allergico, rispetto alle formule a proteine intere (9,10,11). Lo studio di Osborn valutava
anche l’impiego dei pHF-C che invece risultavano non conferire efficacia protettiva
rispetto alle formule standard a proteine intere (9).
In una overview del 2011 Foisy et al (12) esaminano review sistematiche (Cochrane e
non Cochrane) sull’argomento e concludono che gli unici interventi preventivi in grado di ridurre la prevalenza di dermatite atopica sono l’allattamento esclusivo al seno
per 6 mesi e la somministrazione di prebiotici, ma solo in soggetti ad alto rischio. Nello stesso anno uno studio di Lowe (13), condotto su 620 pazienti randomizzati a ricevere un pHF-W, una formula di soia e una formula a proteine intere, sottolinea come
non ci sia evidenza che l’introduzione della pHF-W, alla cessazione dell’allattamento
materno, riduca il rischio delle manifestazioni allergiche (inclusi eczema, asma e rinite
allergica).
In effetti le posizioni attuali e condivise da gran parte della comunità scientifica sugli
idrolisati prevedono che, se l’esclusivo allattamento materno non è possibile, il lattante
ad alto rischio (uno o due genitori e/o un fratello con allergia alimentare, eczema ato-
20
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(3):19-23
Formule parzialmente idrolisate e prevenzione allergica
Tabella 2 Confronto tra pHF-W e formule standard contenenti proteine vaccine nella prevenzione allergica
Osborn et al (9)
Alexander et al (10)
Szayewska et al (11)
Ottobre 2006
Aprile 2009
Settembre 2009
8
4
4
1601
720
770
No sintomi di allergia
Almeno un familiare di 1°
allergico
Almeno un familiare di 1°
allergico
Durata intervento
4-6 mesi
4-6 mesi
4-6 mesi
Outcome valutato
Ogni espressione
clinica di allergia
Periodo valutato
N°RCT inclusi
N° di soggetti inclusi
Caratteristiche popolazione
Fascia d’età analizzata
RR (CI)
Eczema e tutte le patologie Ogni espressione clinica
allergiche includenti eczema
di allergia
24 mesi
36 mesi
36 mesi
0.73 (0.59-0.90)
0.64 (0.47-0.88)
0.71 (0.6- 0.85)
Randomized Clinical Trial (RCT), Relative Risk (RR), Confidence Interval (CI) somma 6-10: score 3; somma 11-13: score 4; somma
14-16: score 5
pico, asma o rinite allergica) dovrebbe assumere, durante i primi sei mesi di vita, una
formula pHF-W o eHF-C (14). Dal GINI Study deriva il suggerimento che lattanti
nati da genitori atopici senza storia di eczema, potrebbero avvantaggiarsi dell’effetto
protettivo di un pHF-W (HA), più economico e palatabile; mentre quelli con parenti
di primo grado affetti da eczema atopico dovrebbero assumere un eHF-C. In ogni caso, non vi sono evidenze che dimostrino l’effetto preventivo degli idrolisati sullo sviluppo della rinite allergica e dell’asma.
Secondo le più recenti raccomandazioni (EAACI e ESPGHAN), nel bambino ad alto
rischio allergico, quando l’allattamento al seno non è disponibile o non può essere continuato, è appropriato a scopo preventivo l’utilizzo di eHF-C o pHF-W. L’ESPGHAN
sottolinea che dovrebbero essere utilizzati i pHF con documentata efficacia e sicurezza. In caso di indisponibilità di pHF con documentata efficacia e sicurezza clinica, è
comunque indicato l’uso di un pHF, anche non supportato da dati di letteratura, piuttosto che di una formula a proteine intere.
Riguardo, infine, alla durata delle suddette restrizioni dietetiche ai fini di una corretta
prevenzione a tutt’oggi non vi sono evidenze che attribuiscano all’allattamento mater-
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(3):19-23
21
Pediatric Nutrition & health and food science
no e/o ad una formula ipoantigenica alcun vantaggio nella prevenzione dietetica primaria, dopo il sesto mese di vita. Odelram ha dimostrato in lattanti ad
alto rischio alimentati al seno che la somministrazione di un idrolisato spinto a
partire dal sesto mese non sortisce effetti diversi da quelli di una formula standard. Pertanto non c’è evidenza al momento attuale per consigliare, a scopo
preventivo, l’utilizzo di queste formule oltre i 6 mesi di vita (15).
Conclusioni
Esistono evidenze in favore dell’impiego di formule idrolizzate in sostituzione
delle formule a base di proteine intere per ritardare o prevenire la comparsa di
manifestazioni allergiche. Pertanto in soggetti ad alto rischio allergico, può essere utile ricorrere ai pHF e agli eHF, in assenza o ad integrazione del LM, come
strategia di prevenzione primaria. Il profilo nutrizionale più similare a quello
delle formule adattate, la maggiore palatabilità ed i costi più contenuti, possono
supportare la scelta dei pHF in tali setting clinici. Tra le varie formulazioni disponibili di pHF la scelta dovrebbe cadere su quelle con documentata sicurezza
ed efficacia (pHF-W).
Corresponding Author
ANTONELLA DIAMANTI
Unità Operativa Semplice di Nutrizione
Artificiale
Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù”
Piazza Sant’Onofrio, 5 - 00165 Roma
Tel. + 39 06 68592329
Fax + 39 06 68593889
E-mail: [email protected]
Bibliografia
1. Allegato IV REGOLAMENTO (CE) N. 141 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL
CONSIGLIO del 22 dicembre 2006 riguardante gli alimenti per lattanti e gli alimenti di proseguimento
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22
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(3):19-23
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Key Points
• Nella legislazione italiana i latti pHF sono inclusi tra gli alimenti per lattanti, mentre gli eHF
tra gli alimenti a fini medici speciali.
• L’american Accademy of Pediatrics riconosce l’appellativo di “ipoallergeniche” solo
alle formule eHF; in Europa e in Italia sono considerate “ipoallegeniche” sia le formule
eHF che pHF.
• Le formule pHF hanno costi, palatabilità e caratteristiche nutrizionali intermedie tra le
formule standard per lattanti e le formule eHF.
• La quota elevata di petidi ad elevato PM rendono i latti pHF idonei solo all’uso in prevenzione allergica e non in terapia.
• In soggetti ad alto rischio allergico, può essere utile ricorrere ai pHF-W, in assenza di LM
o come integrazione, come strategia di prevenzione primaria.
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(3):19-23
23
Gestione multi-disciplinare delle
malattie infiammatorie intestinali
(IBD-Team)
ts
igh
l
D
IB
gh
Hi
FO
U
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u r E LL
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C
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NA
Francesca Vassallo, Fortunata Civitelli
UOC Gastroenterologia ed Epatologia Pediatrica, Dipartimento di Pediatria,
Sapienza Università di Roma
Congenital
Inflammatory
diarrheal
bowel
disorders
disease (CDDs)
(IBD) are
are
chronic
a group
inflammatory
of inherited enteropathies
bowel disease
characterized
with a typical onset
by relapsingearly in
remitting
the life. Infants
clinical
with
course.
these
disorders
IBD are systemic
have frequently
disease,
chronic
affecting
diarrhea
and influencing
of sufficient
severity
the lifetoofrequire
young children
parenteral
nutrition.
and adolescents
For most
beyond
CDDs
the
thegastrointestinal
disease-gene istract.
knownA
and
multidisciplinary
molecular analysis
approach
may
contribute
includingto
thean
cooperation
unequivocal
between
diagnosis.
theWe
different
reviewfigures
CDDs
involved
on the basis
in theofmanagement
the genetic
defect,
of IBD focusing
– the pediatric
on the
significant
gastroenterologist,
contribution
theof
surgeon,
molecular
the nurse
analysis
staff,
in
the
the
psychologist
complex, multistep
and the
diagnostic
different clinicians
work-up.such
New
entities
as the rheumatologist,
were also presented.
the
dermatologist and the
endocrinologist - is essential
for a correct management
of IBD and to take care of
patients also in terms of
quality of life and to improve
their experiences with such
chronic disease, which is
crucial when dealing with
pediatric patient.
Key Words
Pediatric IBD, growth failure,
nutrition, extraintestinal
complications, surgery,
transition of care
24
definizione e inquadramento
Le Malattie Infiammatorie Intestinali (Inflammatory Bowel Disease, IBD) sono caratterizzate da un decorso clinico cronico-recidivante, con l’alternanza di periodi di
remissione e periodi di riacutizzazione. Sono pertanto patologie complesse, che richiedono strategie diagnostiche, terapeutiche ed assistenziali articolate.
In questa ottica un approccio multidisciplinare al paziente con IBD, in cui le varie
figure - il clinico, lo staff infermieristico, il radiologo, il chirurgo - collaborino ed
interagiscano tra loro, è essenziale per un corretto management di queste patologie
e per garantire la presa in carico di un paziente cronico anche in termini di qualità
di vita.
Un primo momento di fondamentale sinergia nella gestione delle IBD è sicuramente quello della diagnosi, dove la stretta collaborazione tra il clinico, il radiologo, l’anatomo-patologo e l’integrazione a la valutazione critica dei risultati delle diverse
indagini, indirizzano verso una corretta diagnosi e caratterizzazione della malattia.
Questo è un concetto ancora più importante in età pediatrica, soprattutto nelle IBD
ad esordio precoce, in cui la diagnosi differenziale con cause immunologiche ed
infettivologiche e la differenziazione tra malattia di Crohn e colite ulcerosa è spesso
più sfumata e più complessa.
Quando una IBD esordisce in età pediatrica si interfaccia ed influenza i caratteristici biosistemi del bambino nella sua scalata verso l’età adulta.
La malattia infiammatoria intestinale ad esordio pediatrico presenta delle caratteristiche del tutto peculiari che la differenziano da quella dell’adulto (1).
La malattia, infatti, compromette lo stato nutrizionale del piccolo paziente e ne condiziona negativamente la crescita. Talora un rallentamento staturo-ponderale può
essere l’unico segno di esordio che guida alla diagnosi, oppure può presentarsi in
tempi successivi come segno di riacutizzazione della malattia. Sarà necessario pertanto, sia alla diagnosi che nel follow-up, effettuare un’attenta valutazione auxologica ed una stretta collaborazione con il pediatra endocrinologo, per
monitorare il corretto sviluppo antropometrico e puberale (3,4). Tenere sotto controllo il processo infiammatorio intestinale e migliorare lo stato nutrizionale del
bambino con IBD rappresentano pertanto due punti fondamentali per ottenere
una crescita adeguata.
Il fabbisogno energetico del bambino deve quindi essere attentamente valutato con
l’aiuto di un nutrizionista tenendo conto del grado di malnutrizione presente e
della gravità della malattia (3).
Benché colpiscano prevalentemente il tratto gastro-intestinale, le IBD sono dei disordini sistemici e come tali possono interessare altri organi. Lo sviluppo di una
complicanza extra-intestinale, inoltre, aumenta il rischio di presentarne altre, in
accordo con l’ipotesi di un meccanismo patogenetico comune (5,6). Le più frequenti manifestazioni extra-intestinali sono quelle osteoarticolari che interessano fino al
20-30 % dei pazienti con IBD. Semplici artralgie o forme acute di artrite, spondilite
e sacroileite sono di comune riscontro, spesso con decorsi indipendenti dalla malattia di base. Compito del reumatologo pediatra sarà pertanto quello di indirizzare alla diagnosi precoce di tali patologie per prevenirne la progressione e di intera-
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(3):24-27
Uveite
Episclerite
Irite
Ulcere Aftoidi
Spondilite
Colangite Sclerosante
Malattie Epatobiliari
Nefrolitiasi
Sacroiliite
Artrite
Osteoporosi
Eritema Nodoso
Pioderma Gangrenoso
Figura 1 Malattie Infiammatorie Intestinali: non solo intestino
(Adapted from Satsangi et al. Inflamm Bowel Dis 2003;669-684)
gire con il gastroenterologo per modificare lo scenario terapeutico di base in caso di
interessamento articolare. Per l’alto rischio di osteoporosi e di conseguenti fratture patologiche, nel paziente con IBD, è inoltre opportuno eseguire al follow-up la DEXA della colonna lombare (7).
Le manifestazioni cutanee specifiche delle IBD, come l’eritema nodoso ed pioderma gangrenoso, richiedono il supporto di un consulente dermatologo, che ha un ruolo importante anche nel follow-up per monitorare eventuali effetti collaterali legati alla terapia (ad
esempio lo sviluppo di psoriasi o lesioni psoriasiformi spesso riportato in corso di terapia
biologica) e per effettuare un’adeguata prevenzione e diagnosi precoce del tumore cutaneo
in corso di immunosoppressore. Altra figura importante è quella dell’oculista al fine di
effettuare non solo il trattamento ma anche lo screening delle complicanze oftalmologiche
anche nel paziente asintomatico (uveite, irido-ciclite, ecc).
Il ricorso alla chirurgia nelle IBD rappresenta un momento delicato nella storia naturale
della malattia, spesso considerato dopo il fallimento di tutte le altre terapie mediche. Cru-
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(3):24-27
25
IBD Highlights
ciale per quel che riguarda l’età pediatrica è il timing dell’intervento chirurgico: il tipo di
intervento dipende dall’indicazione, come lo sviluppo di complicanze stenosanti o la presenza di malattia perianale nella malattia di Crohn o la colectomia nella rettocolite ulcerosa. Il ruolo del chirurgo e il dialogo con il clinico è fondamentale, sia per la scelta del timing che del tipo di intervento. La chirurgia delle IBD è una chirurgia complessa e
strettamente specialistica e, soprattutto nel bambino, è sempre consigliabile che venga eseguita in un centro di riferimento con esperienza in questo campo.
gestione della transizione
La gestione delle IBD in età pediatrica si accompagna ad un momento cruciale nella storia
naturale delle stesse, ovvero la “transizione” delle cure dal pediatra al gastroenterologo
dell’adulto, tappa spesso temuta dai pazienti e dalla famiglie, perché vissuta con insicurezza
e paura del futuro. Pertanto la collaborazione tra il pediatra ed il gastroenterologo dell’adulto, che preveda ad esempio di eseguire insieme le prime visite nel periodo di transizione, è
un approccio ormai entrato nella pratica clinica di alcune IBD-Unit.
I cambiamenti che accompagnano l’adolescenza, già complessi di per sé, lo sono ancor di
più negli adolescenti affetti da malattie croniche, con una serie di difficoltà vissute spesso
con angoscia dai giovani pazienti e dalle loro famiglie. Molti adolescenti con patologie croniche presentano infatti un rischio superiore, rispetto ai loro coetanei, di andare incontro a
difficoltà di sviluppo e di carattere psicosociale; una corretta transizione alle cure del medico dell’adulto può prevenire queste complicazioni, favorendo la loro responsabilizzazione e
autosufficienza. In ultima analisi, trattandosi di patologie croniche, le IBD ricadono sulla
qualità di vita dei piccoli pazienti e degli adolescenti e di conseguenza sul loro sviluppo psicologico. Diventa fondamentale pertanto il supporto di uno psicologo come guida al
dialogo evitando l’isolamento sociale e la percezione di malattia come “debolezza” fisica e
psichica.
Infine aspetto da non sottovalutare è l’importanza del personale infermieristico e dello staff
che accoglie il paziente nelle sue visite periodiche, per i controlli clinici e strumentali e per
la somministrazione delle terapie. La possibilità di avere a disposizione personale qualificato dedicato alla cura delle IBD migliorerebbe la qualità della vita dei bambini e degli adolescenti ed aumenterebbe la compliance durante il follow-up.
conclusioni
Il più corretto approccio alla gestione delle IBD in età pediatrica è sicuramente un approccio multidisciplinare (IBD-TEAM) che preveda l’interazione tra più figure specialistiche
con diverse competenze, al fine di garantire una presa in carico globale del paziente e che
tenga conto delle peculiarità delle IBD che esordiscono in una fascia di età così delicata
come l’infanzia e l’adolescenza.
Corresponding Author
Fortunata Civitelli
UOC Gastroenterologia ed Epatologia Pediatrica
Dipartimento di Pediatria
Sapienza Università di Roma
Viale Regina Elena, 324 - 00161 Roma
Tel. + 39 06 49979326
Fax + 39 06 49979325
E-mail: [email protected]
26
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(3):24-27
IBD Team
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7. Walther F et al. Osteoporosis in pediatric patients suffering from chronic inflammatory bowel disease
with and without steroid treatment. JPGN 2006;43:42-51.
Key Points
•Le IBD sono patologie complesse che richiedono una gestione assistenziale integrata, che preveda la
collaborazione di più figure specialistiche che lavorino in team (IBD-team) per garantire un adeguato
management clinico ed una presa in carico globale del paziente.
•Nella IBD pediatriche un adeguato monitoraggio dei parametri auxologici ed una accurata valutazione nutrizionale sono fondamentali per assicurare il corretto accrescimento staturo-ponderale e lo
sviluppo puberale di piccoli pazienti.
•La “transizione” delle cure dal pediatra al gastroenterologo dell’adulto è un momento fondamentale nella gestione delle IBD.
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(3):24-27
27
t
or
ep
eR
s
Ca
Ma
riell
aB
a die
ur rr
a c s sa
a
ald
A 22 months old child affected
by rectal bleeding without
other symptoms was admitted
in our hospital. Laboratory
findings were not indicative of
gastrointestinal inflammation.
Detection of ectopic gastric
mucosa using 99mTc
pertechnetate suggested
Meckel’s diverticulum.
Laparotomy examination
was negative. Colonoscopy
and histology findings
demonstrated ulcerative
colitis. Inflammatory bowel
disease must be suspected
in all children with lower
gastrointestinal bleeding.
Fino a che punto le indagini
ci aiutano nella diagnosi?
Bronislava Papadatou1, Maria Carmen Garganese2, Fiammetta Bracci1,
Daniela Knafelz1, Giovanni Federici d’Abriola3, Maria Sole Basso1,Giuliano Torre1
1UO di Epatologia Gastroenterologia e Nutrizione
2Medicina Nucleare
3Chirurgia Endoscopica Digestiva
Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma
Presentazione del caso clinico
Lattante di 22 mesi, ricoverato per la presenza di 2-3 evacuazioni/die di feci
formate con sangue caratterizzato da una doppia componente: scuro, tipo
melena con coaguli, e rosso vivo. Tale sintomatologia dura da circa due mesi
e nell’ultimo mese sono comparse anche febbre, aumento del numero delle
evacuazioni, inappetenza e calo ponderale di circa 600 gr. Non sembra presentare dolori addominali. Gli accertamenti di base (coprocolture, VES, PCR)
prescritti dal medico curante prima del ricovero sono risultati negativi. L’effettuazione di una dieta priva di proteine vaccino non ha prodotto alcun miglioramento.
All’ingresso
Condizioni generali buone. Cute pallida. Non disidratazione. Addome globoso, meteorico, trattabile, non dolente, non masse palpabili e/o sensazione di
“corda colica”. Ano in sede esente da lesioni perianali.
Ipotesi diagnostiche
1. Intolleranza alimentare
2.Diverticolo di Meckel o altre anomalie, come la duplicazione intestinale
3.Poliposi intestinale
4.Malattia infiammatoria cronica intestinale
Key Words
intestinal bleeding, scintigraphy,
ulcerative colitis
28
La soluzione del caso clinico a pagina 46
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(3):28
c
tri y
a
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ed olog y
P
g
r
n
s i ente colo a di
w
Ne stro rma a cur PACI
NICA
Ga Pha
MO
Ruolo degli antiemetici
in età pediatrica
Renato Tambucci e Osvaldo Borrelli1, 2
1UOC Pediatria Generale e D’Urgenza, Azienda Ospedaliera di Parma
2Department of Paediatric Gastroenterology, Division of Neurogastroenterology and Motility,
Great Ormond Street Hospital London (UK)
Nausea and vomiting are
common symptoms in
childhood. A standardized
therapeutic approach
cannot be recommended.
Although treatment should
be based on the underlying
pathophysiology, often in
clinical practice empirical
treatments are administered.
Understanding the
distribution of receptors and
neurochemical transmitters
involved in the emesis
circuit help in strategizing
the pharmacological
management.
Key Words
Vomiting, nausea, emesis circuit,
anti-emetic drugs
Introduzione
Nausea e vomito sono sintomi frequenti in età pediatrica e possono essere
secondari a disturbi che variano da malattie con decorso benigno autolimitante a condizioni gravi potenzialmente fatali. L’emesi è un complesso atto
riflesso composto da tre fasi:
1. Fase prodromica caratterizzata dalla sensazione di nausea e da segni secondari all’attivazione del sistema nervoso autonomo (es. pallore, salivazione, sudorazione, ipotensione);
2. Conato (retching) durante il quale la muscolatura addominale ed il diaframma
si contraggono e si rilassano simultaneamente;
3. Fase emetica ovvero la emissione “proiettiva” (“espulsione”) del contenuto intragastrico attraverso la cavità orale caratterizzata da una contrazione attiva dei
muscoli addominali ed elevazione del diaframma.
Sebbene la sequenza delle tre fasi sia generalmente stereotipata, esse possono
presentarsi indipendentemente l’una dall’altra (es. massa cerebrale occupante
spazio in cui il vomito non è preceduto dalla nausea).
I circuiti neuronali centrali che regolano il riflesso emetico sono attivati secondo una sequenza appropriata e sono localizzati nella formazione reticolare
dorsolaterale della “del midollo allungato” (cosiddetto “Central Pattern Generator”, CPT) ove ha un ruolo chiave il nucleo del tratto solitario. Gli input che
giungono a questo livello originano da chemo- o meccanocettori presenti a
livello del tratto GI (afferenze vagali), da chemocettori presenti nella Chemoreceptor Trigger Zone (CTZ), localizzata in prossimità dell’area postrema sul pavimento del quarto ventricolo al di fuori della barriera emato-encefalica, dal
sistema vestibolare e dall’amigdala. Il vomito può essere provocato da differenti stimoli quali materiali tossici o farmaci, irritazione o distensione all’interno del lume GI, patologie di altri organi viscerali (es. cuore o rene) che
stimolano afferenze vagali, squilibri del sistema vestibolare e stimoli interni al
sistema nervoso centrale (es. sistema limbico).
I farmaci antiemetici disponibili agiscono sui recettori dei neurotrasmettitori
coinvolti nella fisiologia del processo emetico e sono classificati in base della
loro azione primaria, essendo alcuni di essi in grado di agire su più recettori
[Tabella 1].
In età pediatrica non è raccomandata la somministrazione di antiemetici in
caso di vomito di origine sconosciuta, off-label in caso di anomalie anatomiche o addome chirurgico. Gli antiemetici sono off label nei bambini al di
sotto dell’anno di vita. In Tabella 2 sono riportati i dosaggi dei principali antiemetici utilizzati in età pediatrica.
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(3):29-37
29
News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology
Tabella 1 Farmaci antiemetici
Classe
Principio
attivo
Sito di azione
Meccanismo
Indicazioni
5HT3 antagonisti
Antiserotoninergici (attività antiemetica
elevata)
Ondansetron
Granisetron
Dolasetron
Antagonista selettivo
Emesi chemioterapia indotta,
area postrema, tratto GI del recettore serotoninergico Emesi radioterapia indotta,
5HT3
nausea e vomito post-operatori, CVS
Antagonisti
recettori
neurochininici
Aprepitant
Fosaprepitant
CTZ, afferenze vagali,
SNE, tratto GI
Metoclopramide
Antagonista del recettore
dopaminergico D2, agonista
Area postrema, tratto GI del recettore serotoninergico
5HT4, antagonista del recettore serotoninergico 5HT3
Gastroenteropatia diabetica,
gastroparesi, reflusso gastroesofageo,
emesi chemioterapia indotta,
nausea e vomito post-operatori
Domperidone
tratto GI
Antagonisti perifericio del
recettore dopaminergico D2
(azione procinetica)
Dispepsia, gastroparesi, emesi indotta
da agenti anti parkinsoniani,
nausea e vomito post-operatori
NK1 antagonisti
Benzamidi
(attività antiemetica
lieve-moderata)
Antidopaminergici
Antagonisti del recettore
per sostanza
P/neurochinina 1
Emesi chemioterapia indotta,
nausea e vomito post-operatori
Vomito ciclico
Fenotiazinici
(attività antiemetica
elevata)
Prometazina
Proclorperazina
Trimetobenzamide
Levomepromazine
area postrema
Antagonista del recettore
dopaminergico, H1 antagonista,
antagonista α adrenergico,
Emicrania, cinetosi, , nausea e vomito
antagonista del recettore
post-operatori, vertigini
serotoninergico 5HT3,
antagonista muscarinico
Butirofenoni
(attività antiemetica
lieve-moderata
Droperidolo
Aloperidolo
area postrema
Antagonista del recettore
dopaminergico, antagonista
α adrenergico
Nausea e vomito post-operatori,
emesi chemioterapia indotta
Anticolinergici
(attività antiemetica
minima)
Scopolamina
Tratto GI, labirinto
Antagonista muscarinico,
istaminergico
e serotoninergico
Emesi chemioterapia indotta, cinetosi
Antistaminici
(attività antiemetica
minima)
Ciclizina
Difenidramina
Dimenidrinate
Meclizina
area vestibolare, area
postrema
H1 antagonista, antagonista
muscarinico
Cinetosi, tumori o infezioni
del labirinto, malattia di Meniere,
emicrania
Benzodiazepine
(attività antiemetica
minima)
Lorazepam
SNC
Aumento dell’effetto
inibitorio sull’eccitabilità
neuronale del GABA
Emesi chemioterapia indotta
Corticosteroidi
(attività antiemetica
lieve-moderata)
Desametasone
SNC, tratto GI
Riduzione dell’infiammazione,
Rialzo della pressione intracranica,
effetto centrale
emesi chemioterapia indotta
anti-emetico non specifico
Cannabinoidi
(attività antiemetica
lieve-moderata)
Nabilone
Dronabinolo
SNC, tratto GI
Agonisti del recettore
cannabinoide CB1
Vomito e nausea chemioterapia
indotti resistenti
Analoghi della
somatostatina
Octreotide
tratto GI
Inibizione del rilascio di serotonina, riduzione delle secreOstruzione intestinale inoperabile,
zioni GI, aumento dell’attività
pseudo-ostruzione cronica intestinale
motoria intestinale (azione
procinetica)
Macrolidi
Eritromicina
Azitromicina
Claritromicina
Tratto GI
Agonisti del recettore per la
motilina (azione procinetica)
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Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(3):29-37
Gastroparesi, CVS
Ruolo degli antiemetici in età pediatrica
Antagonisti recettori serotoninergici
(5-HT, 5- idrossitriptamina)
Il rilascio di 5-HT da parte delle cellule enterocromaffini in risposta a pressione o
altri stimoli attiva sia gli IPANs (intrinsic primary afferent neurons) che i neuroni afferenti
estrinseci. La componente sottomucosa degli IPANs è attivata dai recettori 5HT1P,
mentre le fibre afferenti estrinseche vagali e quelle della componente mioenterica
degli IPANs sono attivate dai recettori 5HT3. È ipotizzato che la stimolazione del
recettore 5HT3 possa sensibilizzare il nervo vago ad altri neurotrasmettitori rilasciati acutamente dalle cellule enterocromaffini (es. sostanza P). Gli antagonisti del recettore 5HT3 (es. Ondansetron e Granisetron) sono una classe consolidata di antiemetici (hanno minor efficacia sul controllo della nausea). Nel trattamento del vomito
indotto dal Cisplatino, l’Ondansetron ha una buona efficacia nella fase acuta (18-24
ore dalla somministrazione del Cisplatino), mentre l’effetto nella fase ritardata (3-5
giorni) è scarso o assente. Recenti studi hanno messo in evidenza che il rilascio di
5HT è stimolato da diversi recettori come acetilcolina (recettori M3), noradrenalina
(β adrenocettori), istamina (recettori H3), mentre è inibito da GABA (recettori GABAB), noradrenalina (α adrenocettori). Studiando l’espressione dei recettori 5HT e
misurando la quantità di metaboliti della 5HT in pazienti con Sindrome del Vomito
Ciclico (CVS) è stato possibile ipotizzare un ruolo potenziale di questo trasmettitore
nella patogenesi del disordine, e l’Ondansetron è utilizzato nella fase emetica di tale
disordine. Gli antagonisti del recettore 5HT3 sono generalmente ben tollerati, sebbene lievi-moderati effetti collaterali, quali emicrania ed astenia, siano riportati nel
10-20% dei casi. Una dose di Ondansetron favorirebbe la reidratazione orale nei
bambini con gastroenterite acuta.
Antagonisti recettori neurochininici
Le tachichinine (es. sostanza P), mediante l’attivazione recettori neurochininici (NK),
agiscono con attività sia eccitatoria che inibitoria a livello delle afferenze vagali, del
SNE e del SNC (nucleo del tratto solitario). La sostanza P attiva selettivamente i recettori NK1 e avrebbe un’azione sia centrale che periferica. Gli antagonisi NK1 (es.
Aprepitant) sono efficaci nel controllo di tutte le fasi del vomito indotto da chemioterapia e nella prevenzione del vomito post-chirurgico. Sebbene il ruolo delle tachichinine nella fisiopatologia del CVS non sia stabilito, studi recenti suggerirebbero un
promettente ruolo degli antagonisti NK1 per il trattamento di questi pazienti.
Antagonisti recettori dopaminergici
Gli antagonisti dopaminergici sono antiemetici tradizionalmente utilizzati nella pratica clinica. I recettori dopaminergici D2 e D3 (nucleo del tratto solitario, nucleo
motore dorsale vagale e area postrema) sono quelli maggiormente coinvolti nella
patofisiologia del vomito. Benzamidi (Metoclopramide e Domperidone), butirrofenoni (Droperidolo e Aloperidolo) e fenotiazinici (Clorpromazina e Prometazina) sono D2 antagonisti che esplicano il loro effetto antiemetico a livello della CTZ. Gli
antagonisti D2 sono utilizzati nel controllo del vomito post-operatorio e in associazione con altri farmaci (Desametasone e Difenidramina) nella profilassi del vomito
indotto da farmaci citotossici. Metoclopramide e Domperidone possiedono inoltre
un effetto procinetico (potenziamento dell’effetto colinergico o agonisti del recettore
5HT4) e sono utilizzati nel trattamento di alterazioni della motilità esofago-gastrica
(non indicati nella malattia da reflusso gastroesofageo). Poiché gli antagonisti dei recettori dopaminergici non possiedono una specificità per i recettori della CTZ, ma
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News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology
agiscono anche sul sistema dopaminegico di altre parti del SNC, possono provocare
iperprolattinemia e disturbi extrapiramidali. La Food and Drug Administration ha
messo in evidenza il rischio di discinesia tardiva associata all’uso cronico o ad alte
dosi di Metoclopramide. È opportuno quindi considerare il rapporto rischio/beneficio prima della somministrare in età pediatrica.
Agenti anticolinergici
L’acetilcolina è il principale neurotrasmettitore eccitatorio del SNE, è coinvolto
nella modulazione di motilità e sensibilità. La contrazione della muscolatura liscia
GI è mediata principalmente dai recettori muscarinici (M2 e M3). Sebbene la densità dei recettori M2 sia maggiore rispetto a quella degli M3, questi ultimi sembrerebbero i principali mediatori delle contrazioni in condizioni fisiologiche. La presenza di recettori M è stata riscontrata anche a livello dell’area postrema e di altre
regioni del tronco encefalico.
Antagonisti muscarinici come la Scopolamina per via transdermica sono utilizzatati nella profilassi della cinetosi e insieme all’Atropina nel controllo di nausea e
vomito post-chirurgici. Sulla base di alterazioni delle attività colinergiche osservate nei pazienti CVS, gli antagonisti muscarinici ne potrebbero rappresentarne un
potenziale trattamento.
Nonostante gli stimoli giunti attraverso i neuroni afferenti vagali siano controllati
da mediatori non colinergici (come la 5HT), i recettori nicotinici per l’acetilcolina
sono in grado di mediare interazioni interneuronali e trasmissioni sinaptiche a livello dei nervi enterici e delle afferenze vagali con azione diretta a livello dei nuclei
del tronco encefalico compresa l’area postrema.
La nicotina provoca il vomito attraverso la stimolazione diretta di recettori presenti all’interno dell’area postrema. La minor incidenza di vomito e nausea post-operatori osservata nei fumatori cronici sarebbe da attribuire alla down-regulation dei
recettori nicotinici.
Anti-istaminergici
Neuroni istaminergici sono localizzati nell’ipotalamo posteriore ed inviano i loro assoni diffusamente al SNC. I principali recettori sono l’H1, H2, H3, e H4. A livello
centrale i primi due hanno attività eccitatoria mentre i recettori H3 sono inibitori.
Recettori H1, H2 e H4 si trovano a livello del tratto GI. Alterazioni dei livelli di mRNA di H1 e H2 sono state evidenziate nelle allergie alimentari e nella sindrome del
colon irritabile. Il ruolo dei recettori H nella regolazione della motilità non è definito.
In modelli animali la stimolazione dei recettori H1 provoca contrazioni gastriche
probabilmente attraverso il rilascio di acetilcolina o altri mediatori. Pazienti con
vomito e nausea da cinetosi rispondono alla somministrazione di H1 antistaminici
centrali (es. Ciclizina, Dimenidrinato, Clorfeniramina). In combinazione con gli antidopaminergici sono somministrati come antiemetici nella prevenzione degli effetti
extrapiramidali. Rappresentano il trattamento di prima linea nella gestione del vomito in gravidanza. Non sono efficaci nel vomito da chemioterapia. Pur non esistendo evidenze ruolo dell’istamina nella patogenesi della CSV, nella pratica clinica, essi
sono utilizzati nel trattamento sintomatico. Essendo gli antistaminici attivi anche su
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Ruolo degli antiemetici in età pediatrica
altri recettori (es. muscarinici) non è chiaro se il loro ruolo antiemetico si esplichi attraverso differenti percorsi del circuito emetico.
Cannabinoidi
I cannabinoidi hanno mostrato promettenti risultati sul controllo sia della nausea
che del vomito indotto dalla chemioterapia (es. Nabilone). Nonostante i potenziali
effetti benefici evidenziati, non rappresentano il trattamento di prima scelta per i
loro effetti psicotropi centrali. È in corso di studio l’efficacia del Cannabidiolo ed di
inibitori della degradazione degli endocannabinoidi endogeni, teoricamente privi di
effetti psicotopi.
L’esatto meccanismo di azione dei cannabinoidi non è noto. L’azione sembrerebbe
essere mediata dalla stimolazione del recettore CB1 nel complesso vagale dorsale che
produrrebbe l’attivazione del recettore 5HT3 e il rilascio di sostanza P a livello centrale.
Fattore di rilascio della corticotropina (CRF)
e corticosteroidi
In risposta allo stress il CRF (neurormone ipotalamico) induce la secrezione di corticotropina (ipofisi) cui segue sintesi e rilascio di cortisolo da parte della corteccia surrenalica. È stato mostrato che a livello intestinale c’è una fisiologica interazione tra CRF e
5HT. A livello GI l’attivazione del recettore CRF1 stimola transito colonico e defecazione, mentre quella del recettore CRF2 inibisce lo svuotamento gastrico. Sebbene
non ci siano dati sufficienti, essendo gli stress psicofisici uno dei trigger principali degli
episodi di CVS, è ipotizzabile che il CRF possa avere un ruolo nella patogenesi della
malattia.
Oltre al ruolo diretto sui suoi recettori, il CRF induce effetti sistemici attraverso la stimolazione della produzione di cortisolo. L’effetto antiemetico dei corticosteroidi sistemici (es Desametasone) è ben documentato, tanto da rappresentare un cardine dei
protocolli terapeutici del vomito indotto da chemioterapia. Meccanismo e sito d’azione sono ancora sconosciuti.
Agonisti Endovanailloidi
Il TRPV1 (Transient receptor potential vanilloid-1) è un canale cationico che media la sensazione puntoria indotta dalla Capsacina, è localizzato principalmente a livello delle
afferenze sensitive primarie. È espresso nel ganglio nodoso del vago, nel nucleo del
tratto solitario, nell’area postrema e nel nucleo motore dorsale del vago. Ovunque
può essere co-localizzato con il recettore CB1 suggerendone una loro interazione.
Nel tratto GI è presente anche nei gangli mioenterici, negli strati muscolari, mucosali ed epiteliali.
La sua attivazione sembrerebbe in grado di regolare il rilascio di sostanza P. Tutto
ciò suggerisce un suo potenziale ruolo nella regolazione di nausea e vomito. È stato
osservato in modelli animali che la Resiniferatossina, analogo ultrapotente della
Capsaicina, e l’Olvanil, attivatore non-puntorio del TRPV1, hanno proprietà antiemetiche. L’Arvanil, attivatore dei recettori CB1 e TRPV1 allevia il vomito indotto
dalla morfina 6 glucoronide.
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Antaganisti recettori della Grelina
La grelina è un peptide acilato che stimola il rilascio di ormone della crescita (GH)
attraverso la stimolazione del recettore GHSR1a (GH secretagogue receptor 1a isoform). Prodotta principalmente a livello gastrico, stimola appetito e svuotamento gastrico. La
somministrazione di Cisplatino provoca riduzione dei livelli di grelina e anoressia, pazienti trattati con grelina presentano più appetito e meno nausea rispetto ai controlli.
Il TZP-101 (agonista della grelina) è efficace nel controllo del vomito secondario a
gastroparesi.
Antagonisti recettori purinergici
L’adenosina trifosfato (ATP) extracellulare produce risposte patofisiologiche attraverso
due famiglie di recettori purinergici P2 (P2X e P2Y) presenti a livello delle strutture nervose centrali e periferiche del circuito emetico. L’infusione intraperitoneale di analoghi
dell’ATP in animali induce vomito, l’effetto è abolito dalla precedente somministrazione di un P2 antagonista. L’azione sembrerebbe principalmente centrale poiché la vagotomia non ne interferisce. Sono necessari ulteriori studi per determinare se la via metabolica del ATP potrebbe essere utilizzata come strategia terapeutica del vomito.
Motilina
È un peptide sintetizzato e secreto dalle cellule epiteliali endocrine di digiuno, duodeno e antro gastrico, i suoi recettori sono localizzati principalmente nel tratto GI superiore. Come la grelina ha un effetto nello stimolare la motilità gastrica. In condizioni
fisiologiche i suoi livelli endogeni non sono sufficienti a influenzare l’attività gastrica.
L’Eritromicina è un agonista del recettore per la motilina, a basse dosi aumenta lo
svuotamento gastrico, mentre ad alte dosi provoca nausea e vomito. È ipotizzato che
l’effetto del basso dosaggio sia mediato dall’attivazione dei recettori per la motilina a
livello di plesso mioenterico e nervo vago, mentre la risposta ad alte dosi attiverebbe
meccanismi non atropinici attraverso la stimolazione diretta dei recettori nello stomaco. Sebbene le evidenze siano poco significative, è utilizzata nel trattamento della dispepsia funzionale e della gastroparesi. La tachifilassi è il principale limite.
Oppioidi
Recettori per gli oppioidi (es. μ, δ, and κ) e loro ligandi endogeni (es. encefaline ed endomorfine) sono localizzati in tutto l’organismo. Attraverso meccanismi non noti la
somministrazione di oppioidi provoca nausea e vomito. La stimolazione dei recettori μ
e δ a livello della CTZ aumenta la sensibilità del sistema vestibolare, ritarda lo svuotamento gastrico. La somministrazione di antagonisti dei recettori oppioidi (es. Naloxone) sarebbe in grado di controllare il vomito provocato dalla terapia con oppioidi, ma
invertirebbe l’effetto analgesico centrale. Essendo la CTZ al di fuori della barriera
emato-encefalica, la somministrazione periferica di questi composti potrebbe bypassare tale inconveniente. Alvimopan e Metilnaltrexone sono antagonisti periferico del
recettore μ approvati nel trattamento dell’ileo post-operatorio e nei disturbi della motilità oppioide-indotti. La Fetodozina, antagonista periferica del recettore κ, sembrerebbe accelerare lo svuotamento gastrico in modelli animali, ma non avrebbe mostrato efficacia in pazienti con gastroparesi diabetica.
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Tabella 2 Dosaggi pediatrici dei principali antiemetici
5HT3 antagonisti
Vomito e nausea indotti
da chemioterapia
Somministrazione orale (dopo almeno 12 ore dall’infusione e.v.):
superficie corporea <0.6m2 o peso ≤10kg: 2mg ogni 12 ore per massimo 5 giorni;
superficie corporea ≥0.6m2 o peso >10kg: 4mg ogni 12 ore per massimo 5 giorni.
(dose massima giornaliera 32mg)
Ondansetron
Granisetron
Infusione e.v. in almeno 15 minuti (bambini 6 mesi- 18 anni):
o 5mg/m2 immediatamente prima della chemioterapia (singola dose massima 8mg),
quindi somministrare per os;
oppure 150μg/kg immediatamente prima della chemioterapia (singola dose massima 8mg)
ripetibile ogni 4 ore per altre 2 dosi quindi somministrare per os.
(dose massima giornaliera 32mg).
Nausea e vomito
postoperatori
Iniezione e.v. in almeno 30 secondi (bambini 1 mese-18 anni):
100 μg/kg (max 4 mg) in unica somministrazione, prima, durante o dopo l’induzione dell’anestesia
Vomito secondario
a gastroenterite acuta
Somministrazione orale preferibile, e.v. quando non possibile per os:
somministrazione orale:
8-15kg: 2mg x 1
>15 e ≤30kg: 4mg x 1
>30kg: 8 mg x 1
somministrazione e.v.:
0.1-0.5 mg/kg/dose x 1 (max 4mg/dose)
Vomito e nausea indotti
da chemioterapia
Somministrazione orale (bambini 12-18 anni)
1-2mg 1 oraprima nell’inizio del trattamento, quindi 1mg 2 volte al giorno durante il trattamento (la dose totale
giornaliera può essere alternativamente somministrata come dose singola); quando è utilizzata anche l’infusione
e.v., dose massima combinata 9mg in 24 ore.
Infusione e.v. (bambini 1 mese - 12 anni)
Prevenzione: 40μg/kg (max 3mg) prima della chemioterapia;
Trattamento: 40μg/kg (max 3mg) ripetibile nelle 24 ore se necessario (non prima di 10 minuti dalla dose iniziale).
Infusione o iniezione e.v. (bambini 12-18 anni)
Prevenzione: 3mg prima della chemioterapia (fino a 2 dosi addizionali possono essere somministrate nelle 24 ore)
Trattamento: 3mg ripetibili se necessario (le dosi non devono essere somministrate a distanza di meno 10 minuti),
max 9mg in 24 ore
Nausea e vomito
indotti da chemioterapia
Somministrazione orale
Bambini 12-18 anni che ricevono chemioterapici altamente ematogeni: giorno 1: 125mg x1; giorno 2 e 3: 80 mg x 1.
NK1 antagonisti
Aprepitant
Benzamidi (antagonisti dopaminergici)
Metoclopramide
Vomito severo
intratrattabile da causa
sconosciuta
Vomito associato a
radioterapia e citotossici
Ausilio nell’intubazione
gastrointestinale
Come procinetico
nei neonati
Somministrazione orale, iniezione i.m. o iniezione e.v. (>2 min)
Neonato: 100μg/kg (max 1mg) ogni 6-8 ore (per os o e.v.)
Bambini 1 mese - 1 anno, peso >10kg: 100μg/kg (max 1mg) 2 volte al giorno
Bambini 1-3 anni, peso 10-14kg: 1mg 2-3 volte al giorno
Bambini 3-5 anni, peso 15-19kg: 2mg 2-3 volte al giorno
Bambini 5-9 anni, peso 20-29kg: 2.5mg 3 volte al giorno
Bambini 9-18 anni, peso 30-60kg: 5mg 3 volte al giorno
Bambini 9-18 anni, peso >60kg: 10mg 3 volte al giorno
Il dosaggio non dovrebbe superare i 500μg/kg/die
Bambini che ricevono chemioterapici moderatamente ematogeni: 1mg/kg e.v. prima del chemioterapico,
poi 0.0375mg/kg per os ogni 6 ore.
Premedicazione
nelle procedure
diagnostiche
Somministrazione orale come dose singola 5-10 minuti prima dell’esame
Bambini 1 mese - 3 anni, peso >14kg: 100μg/kg (max 1mg)
Bambini 3-5 anni, peso 15-19kg: 2mg
Bambini 5-9 anni, peso 20-29kg: 2.5mg
Bambini 9-15 anni, peso 30-60kg: 5mg
Bambini 15-18 anni, peso >60kg: 10mg
Nausea e vomito
Somministrazione orale
Bambini >1 mese, peso <35kg: 250-500μg/kg 3-4 volte al giorno (2.4mg/kg in 24 ore)
Peso >35kg: 10-20 mg 3-4 volte al giorno (max 80mg/die)
Somministrazione e.r.
Peso 15-35kg: 30mg 2 volte al giorno
Peso >35kg: 60mg 2 volte al giorno
Stasi gastrointestinale
Somministrazione orale
Neonato: 100-300μg/kg 4-6 volte al giorno prima dei pasti
Bambini 1 mese - 12 anni 200-400μg (max 20mg) 3-4 volte al giorno prima dei pasti
Bambini 12-18 anni: 10-20mg 3-4 volte al giorno prima dei pasti
Domperidone
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Tabella 2 Dosaggi pediatrici dei principali antiemetici
Fenotiazinici (antagonisti dopaminergici)
Somministrazione orale
Nausea e vomito associati a
Bambini 5-10 anni: 12.5-37.5mg/die
disordini vestibolari
Bambini 10-18 anni: 25-75 mg/die (max 100mg)
Prevenzione della cinetosi
Somministrazione orale
Bambini 5-10 anni: 12.5mg la notte precedente il viaggio prima di coricarsi o 1-2 ore prima del viaggio
Bambini 10-18 anni: 25mg la notte precedente il viaggio prima di coricarsi o 1-2 ore prima del viaggio
Trattamento della cinetosi
Bambini 5-10 anni: 12.5mg all’esordio quindi 12.5mg la notte prima di coricarsi per 2 giorni
Bambini 10-18 anni: 25mg all’esordio quindi 12.5mg la notte prima di coricarsi per 2 giorni
Vomito severo gravidico
Somministrazione orale
25mg la notte prima di coricarsi, se necessario aumentare fino a max 100mg
Nausea e vomito indotti
da chemioterapici
Somministrazione e.v.
Bambini che ricevono chemioterapici altamente o moderatamente ematogeni in cui è controindicata la somministrazione di corticosteroidi: 0.5mg/kg e.v. ogni 6 ore
Per prevenire gli effetti extrapiramidali può essere considerata la somministrazione contemporanea di Difenidramina
o Benztropina
Prometazina
Clorpromazina
Butirrofenoni (antagonisti dopaminergici)
Droperidolo
Prevenzione e trattamento
del vomito postoperatorio
Somministrazione e.v.
Bambini 2-18 anni: 20-50 μg/kg (max 1.25 mg) 30 minuti prima della fine dell’intervento, ripetibile ogni 6 ore
Antagonisti muscarinici
Scopolamina
Cinetosi
Somministrazione orale
Bambini 4-10 anni: 75-100μg 30 minuti prima del viaggio, ripetibile ogni 6 ore se necessario (max 3 dosi/die)
Bambini 10-18 anni: 150-000μg 30 minuti prima del viaggio, ripetibile ogni 6 ore se necessario (max 3 dosi/die)
Applicazione topica
Applicare 1 cerotto (1mg) dietro l’orecchio 5-6 ore prima del viaggio, se necessario sostituire dopo 72 ore
(applicare dietro l’altro orecchio)
Nausea e vomito da causa
sconosciuta
Nausea e vomito associati
a disordini vestibolari e a
cure palliative
Somministrazione orale o iniezione e.v. (>3-5 minuti)
Bambini 1 mese - 6 anni:0.5-1mg/kg fino a 3 volte al giorno (max 25mg/dose)
Bambini 6-12 anni: 25mg fino a 3 volte al giorno
Bambini 12-18 anni: 50mg fino a 3 volte al giorno
Per il controllo della cinetosi, somministrare 1-2 ore prima della partenza
Somministrazione e.r.
Bambini 2-6 anni: 12.5mg fino a 3 volte al giorno
Bambini 6-12 anni: 25mg fino a 3 volte al giorno
Bambini 12-18 anni: 50mg fino a 3 volte al giorno
Infusione continua e.v. o sottocutanea
Bambini 1 mese - 2 anni: 3mg/kg in 24 ore
Bambini 2-5 anni: 50mg in 24 ore
Bambini 6-12 anni: 75mg in 24 ore
Bambini 12-18 anni: 150mg in 24 ore
Nausea e vomito indotti
da chemioterapia non
responsivi agli antiemetici
convenzionali
Somministrare sotto stretta osservazione preferibilmente in ambiente ospedaliero protetto
Somministrazione orale
Bambini <18kg: 0.5mg 2 volte al giorno
Bambini 18-30kg: 1mg 2 volte al giorno
Bambini >30kg: 1mg 3 volte al giorno
Dosaggio massimo 0.06mg/kg/die
Nausea e vomito indotti
da chemioterapia
Somministarzione orale o e.v.
Bambini che ricevono chemioterapici altamente ematogeni: 6mg/m2 ogni 6 ore
Superficie corporea ≤0.6m2 che ricevono chemioterapici moderatamente ematogeni: 2mg ogni 12 ore
Superficie corporea >0.6m2 che ricevono chemioterapici moderatamente ematogeni: 4mg ogni 12 ore
Se somministrato in associazione con l’Aprepitant dimezzare la dose
Antistaminici
Ciclizina
Cannabinoidi
Nabilone
Corticosteroidi
Desametasone
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1.
Corresponding Author
OsvAldo borrelli
Department of Paediatric Gastroenterology
Division of Neurogastroenterology and Motility
Great Ormond Street Hospital for Sick Children
Great Ormond Street
WC1N 3JH London UK
Tel. + 44(0)2074059200
Fax + 44(0)2078138258
E-mail: [email protected]
Key Points
•L’emesi è un complesso atto riflesso composto da tre fasi: 1- fase prodromica (nausea e segni secondari all’attivazione del sistema nervoso autonomo); 2- conato, 3-vomito.
•I circuiti neuronali che regolano il riflesso emetico sono localizzati a livello del midollo allungato e
devono essere attivati secondo una sequenza appropriata controllata da una rete neuronale (CPG)
cui giungono input che originano da chemo- o meccanocettori presenti a livello del tratto GI, da
chemocettori presenti nella CTZ e dal sistema vestibolare.
•Un approccio standardizzato al bambino con nausea e vomito non è raccomandato. La gestione
terapeutica definitiva dovrebbe dipendere dai meccanismi alla base della causa sottostante, tuttavia nella pratica clinica spesso è necessario intraprendere una terapia empirica.
•I farmaci antiemetici agiscono sui recettori dei neurotrasmettitori coinvolti nella fisiologia del processo
emetico e sono classificati in base della loro azione primaria.
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(3):29-37
37
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IBD can be associated to
EIMs in about one third of
patients. The majority of data
derives from adults. Some
EIMs have an IBD-related
immunological mechanism,
but their outcome can be
associated or not to the
intestinal disease activity.
Others EIMs are not
immunological-related, but
inflammatory or metabolic
complications of the chronic
intestinal inflammation
or iatrogenic. This article
shortly illustrates the clinical
classification of the EIMs
taking into account their
pathogenesis.
Key Words
Inflammatory bowel diseases,
extra-digestive manifestations, children
Manifestazioni extra-intestinali (EIMs)
in corso di malattie infiammatorie
croniche intestinali (MICI)
Arrigo Barabino
UOC Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva, Istituto G. Gaslini di Genova
INTRODUZIONE
I pazienti con MICI frequentemente manifestano una varietà di complicazioni
sistemiche, accumunate nel termine di EIMs. Non sempre sincrone alla sottostante MICI, potendosi presentare molto tempo prima o dopo il loro esordio, le
EIMs incidono significativamente sulla morbidità della malattia e sulla qualità
di vita del paziente. Scarsi sono i dati riguardanti le EIMs in età pediatrica. In
studi di popolazione di pazienti
con MICI la loro prevalenza vaTabella 1 Manifestazioni extra-intestinali
ria tra il 6% e il 47%, con percene complicazioni delle MICI
tuali più alte nei bambini, e un
potenziale coinvolgimento di
Correlate all’attività dell’IBD
ogni organo e apparato. Gli organi maggiormente coinvolti sono
Artrite periferica tipo I
le articolazioni, la pelle, gli occhi
Eritema nodoso
e l’albero biliare. La patogenesi di
queste EIMs risiederebbe in un
Lesioni oro-facciali
meccanismo immuno-mediato
ed in particolare nella cross-reatEpisclerite
tività di auto-antigeni condivisi
con organi extra-intestinali. Studi
Non correlate all’attività dell’IBD
epidemiologici suggeriscono che
Artrite periferica tipo II
gli Afro-Americani o gli Ispanici
possono essere maggiormente a
Spondilite anchilosante
rischio di sviluppare un sottogruppo di EIMs. Più recenteSacroileite
mente diverse associazioni genetiche HLA correlate, al di là di
Pioderma gangrenoso
quella da tempo nota con l’HLAColangite sclerosante
B27, sono state proposte per alcune EIMs (uveite/irite, colangite
Uveite anteriore, irite
sclerosante, spondilite anchilosante). In base al meccanismo paPancreatite autoimmune
togenetico che le sottende, le
EIMs sono classificabili in due
Complicazioni infiammatoriegruppi [Tabella 1]: il primo annometaboliche
vera quelle causate da meccaniScarsa crescita
smi immunologici che possono
correlare o meno con l’attività
Osteoporosi-osteopenia
della MICI sottostante; il secondo include invece le complicazioNefrolitiasi
ne metaboliche ed infiammatorie
delle MICI. Nel presente articoComplicazioni ematologiche e trombo-emboliche
lo, che riassume il contenuto di
Amiloidosi
ampie review sull’argomento (14), sono trattate solo le EIMs del
Pancreatite iatrogena
primo gruppo.
Colelitiasi
38
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(3):38-40
Manifestazioni articolari
Sono le EIMs più comuni verificandosi in circa il 20-30% dei pazienti con MICI. Due
sono i pattern di presentazione, sia nell’adulto sia nel bambino: artrite periferica o coinvolgimento assiale (spondilite anchilosante e sacro-ileite) (5). L’artrite periferica è a sua
volta classificabile in I e II tipo. Il tipo I, o pauciarticolare, coinvolge meno di 5 grosse
articolazioni (preminentemente agli arti inferiori), è spesso acuta ed autolimitantesi e
correla con l’attività della MICI. Il tipo II, o poliarticolare, coinvolge simmetricamente
più di 5 piccole articolazioni e il suo decorso, indipendente dall’attività della malattia
intestinale, è per lo più cronico. L’eziopatogenesi dell’artrite periferica è il risultato di
una combinazione tra predisposizione genetica ed esposizione alla flora batterica intestinale. Anche l’estensione e la localizzazione della MICI giocano un ruolo patogenetico importante. I pazienti con Crohn a diffuso e preminente interessamento colico sono
infatti quelli a più alto rischio. Le artropatie assiali hanno una prevalenza variabile dal
3% al 25% e non correlano con l’attività della malattia intestinale. La spondilite anchilosante si verifica nel 5-10% dei pazienti; la maggior parte è adolescente e HLA-B27
positiva.
Manifestazioni muco cutanee
Presenti nel 10-15% dei pazienti con MICI sono costituite da eritema nodoso (EN), pioderma gangrenoso (PG) ed ulcerazioni orali. L’EN è la manifestazione cutanea più frequente, migliora con il trattamento della malattia di base e tende alla guarigione spontanea. Il PG è la manifestazione cutanea più severa in corso di MICI e può manifestarsi
prima dei sintomi intestinali, in fase di quiescenza o persino dopo la colectomia; si verifica
raramente (0.5-2%) e tende ad avere un decorso indipendente dall’attività della MICI.
Le ulcere aftoidi orali possono precedere o essere concomitanti alla sintomatologia intestinale e correlano con l’attività di malattia. Di recente identificata come EIMs è la "sweet syndrome" caratterizzata da papule o noduli infiammatori dolorosi, localizzati agli arti
superiori, al collo e al volto distinguibili dal PG per clinica ed istologia; più comune nelle
femmine con malattia colonica ed altre EIMs, nell’80% dei casi è associata a malattia
intestinale attiva.
Manifestazioni oculari
Si verificano in circa il 10% dei pazienti con MICI, particolarmente in quelli con Crohn
colico. Un’uveite asintomatica transitoria è frequente nei bambini, ma rara è la sua progressione a malattia severa nell’età adulta. Le lesioni oculari più frequenti sono l’episclerite e l’uveite (anteriore o posteriore). Tali EIMs possono migliorare con il controllo della
MICI sottostante, ma spesso necessitano di steroidi topici o sistemici. Altri rari interessamenti oculari sono il glaucoma e la neurite ottica (6).
Manifestazioni epato-biliari
La complicazione più importante è la colangite sclerosante primitiva (PSC) la cui prevalenza è del 5.5% nei pazienti adulti ed adolescenti con pancolite ulcerosa. L’eziologia è
sconosciuta. L’insulto biliare potrebbe essere il risultato di una lesione immuno-mediata
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(3):38-40
39
Recent Advance in Basic Science
Key Points
•Le EIMs possono esordire contemporaneamente ai sintomi
intestinali della MICI, precederli
o seguirli di molto nel tempo.
•EIMs correlate all’attività della
malattia intestinale sono: eritema nodoso, artrite periferica
tipo I, afte orali, episclerite.
•EIMs non correlate all’attività
di malattia intestinale sono:
sacro-ileite, spondilite anchilosante, artrite periferica tipo II,
pioderma gangrenoso, uveite,
colangite sclerosante primitiva.
•EIMs complicazioni infiammatorie o metaboliche della MICI
o iatrogene sono: scarsa crescita, osteoporosi/osteopenia,
nefropatie/uropatie, anemia,
tromboembolismo, amiloidosi,
pancreatopatie, pneumopatie, cardiopatie.
causata da un’infezione intercorrente o dall’assorbimento di prodotti di degradazione batterica in individui con colite ulcerosa, geneticamente predisposti. Spesso i sintomi clinici possono mancare, tanto che il 30% di casi pediatrici è asintomatico, con
la sola evidenza di un’alterazione degli indici epatici. Trattamenti immunosoppressivi non sono in grado di modificare la storia naturale della malattia che molto spesso
conduce al trapianto di fegato. L’acido ursodesossicolico migliora i parametri epatici
ma non il decorso della malattia che è indipendente da quello dell’infiammazione
intestinale. La diagnosi di PSC può essere posta anni dopo l’esordio della colite ulcerosa e persino dopo la colectomia. Altre complicazioni epato-biliari, verosimilmente
quadri della stessa malattia identificata in tempi diversi della sua naturale evoluzione,
possono essere la colangite sclerosante autoimmune e la sindrome overlap (7). La diagnosi si basa sul pattern di positività auto-anticorpale, sulla biopsia epatica e sull’imaging radiologico (colangioRMN). La possibilità di modificare il decorso di queste
forme con steroidi e immunosoppressori è tanto più alta quanto più espresso sia il
processo infiammatorio parenchimale. In ultimo la colite ulcerosa che si associa a
PSC è ad altissimo rischio di sviluppare adenocarcinoma del colon rispetto alla popolazione generale (10 vv maggiore) o a quella con colite ulcerosa senza PSC.
Corresponding author
ARRIGO BARABINO
Direttore UOC Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva
Istituto G. Gaslini
Via G. Gaslini, 5 - 16148 Genova
Tel.+ 39 010 56362771
Fax + 39 010 383688
E-mail: [email protected]
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Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(3):38-40
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Studio endoscopico dell’intestino
tenue in età pediatrica
Cristina Calzolari, Federica Gaiani, Antonino Spadaccino, Francesca Calzolari,
Barbara Bizzarri
AO-Universitaria di Parma, Dipartimento Materno-Infantile, UOC di Gastroenterologia ed Endoscopia
Digestiva di Parma
The small bowel has always
been the most difficult
intestinal segment to
be evaluated due to its
central position, length and
configuration. However, new
endoscopic techniques, such
as capsule endoscopy and
enteroscopy, have allowed
an easier and more accurate
small bowel study. The main
indications for capsule
endoscopy and enteroscopy
in pediatric age are
inflammatory bowel diseases,
obscure gastrointestinal
bleeding and polyposis
syndromes.
Key Words
small bowel investigation,
capsule endoscopy, single-balloon
enteroscopy, polyposis syndrome
DESCRIZIONE DEL CASO
SVILUPPO DEL CASO CLINICO
O.C. è un bambino di 10 anni afferito al
nostro centro per riscontro agli esami
emato-chimici di lieve anemia microcitica sideropenica e positività della ricerca del sangue occulto fecale. Il bambino presenta un alvo regolare, non
addominalgia e non ha mai presentato
proctorragia o melena. Non assume
farmaci e non presenta familiarità per
patologie del tratto gastro-enterico.
L’obiettività addominale, polmonare,
cardiaca, neurologica e cutanea risultano nella norma.
Il bambino viene sottoposto ad ulteriori
esami emato-chimici (markers sierologici di malattia celiaca con dosaggio IgA
totali, ASCA, ANCA, PCR) che risultano
nella norma. Vengono quindi eseguite:
• EGDS, che mostra multipli polipi della
seconda porzione duodenale, antrali,
del corpo e del fondo gastrico asportati mediante polipectomia [Figura 1].
DIAGNOSTICA
DIFFERENZIALE
• Ileocolonscopia, con riscontro di polipi sessili del colon traverso, sinistro,
sigma e retto che vengono asportati
mediante polipectomia [Figura 2].
L’esame istologico depone per polipi di
natura amartomatosa.
• malattia celiaca con manifestazioni
atipiche extraintestinali
• malattia infiammatoria cronica
intestinale
• ulcera gastro-duodenale
• poliposi familiare
Viene quindi posta diagnosi di sindrome
di Peutz-Jeghers. Il paziente viene sottoposto, per completamento diagnostico,
a studio del piccolo intestino mediante
videocapsula. Tale indagine evidenzia
un polipo di circa 2 cm di diametro mag-
Figura 1 Polipectomia di polipo del corpo gastrico
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(3):41-43
41
Endoscopy Learning Library
giore del digiuno [Figura 3]. Il ragazzo viene quindi successivamente sottoposto ad enteroscopia con singolo pallone con
polipectomia del suddetto polipo che risulta di natura amartomatosa all’esame istologico [Figura 4].
Conclusioni
E MESSAGGI PRATICI
Figura 2 Polipectomia di polipo del colon
sinistro
Figura 3 Polipo del digiuno alla videocapsula
42
Lo studio dell’intestino tenue, per la sua lunghezza, posizione centrale nell’addome e conformazione, ha sempre rappresentato una sfida diagnostico-terapeutica per il gastroenterologo. Tuttavia nuove tecniche quali la videocapsula e
l’enteroscopia hanno permesso negli ultimi anni uno studio
più accurato ed agevole di tale organo, fondamentale per la
diagnosi di poliposi in età pediatrica (1).
L’utilizzo della videocapsula è stato recentemente approvato dall’FDA per pazienti pediatrici a partire dai 2 anni di età
(2,3). La videocapsula offre il vantaggio, rispetto alle metodiche radiologiche o endoscopiche per lo studio del tenue,
Figura 4 Polipo del digiuno all’enteroscopia a
singolo pallone
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(3):41-43
Studio endoscopico dell’intestino tenue in età pediatrica
di non utilizzare radiazioni ionizzanti e di non necessitare di sedazione profonda o anestesia generale. Le
indicazioni principali della videocapsula in età pediatrica sono rappresentate dal sospetto o follow-up di
malattia infiammatoria cronica intestinale, dal sanguinamento oscuro gastrointestinale e dalla diagnosi o
follow-up di poliposi (3,4).
L’enteroscopia a singolo pallone consiste in un videoendoscopio su cui è posto un device con un pallone
gonfiabile. Con un sistema di gonfiaggio e sgonfiaggio
di tale pallone si riescono ad esplorare circa 2 metri di
intestino tenue (5). L’enteroscopia rispetto alla videocapsula offre il vantaggio di poter consentire prelievi
bioptici e manovre terapeutiche (ad esempio polipectomie, trattamento con argon plasma, dilatazione
di stenosi). Spesso il suo utilizzo è quindi secondario
e complementare a quello della videocapsula anche
se ad oggi pochi sono gli studi inerenti l’utilizzo di tali
metodiche in età pediatrica.
Corresponding Author
barbara bizzarri
U.O.C. di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva
Dipartimento Materno-Infantile
Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma
Via Gramsci, 14 - 43100 Parma
Tel. + 39 0521 702640
Fax + 39 0521 702989
E-mail: [email protected]
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Key Points
•Negli ultimi anni lo studio dell’intestino tenue è divenuto più agevole ed accurato grazie a
nuove tecniche endoscopiche utilizzate anche in età pediatrica, quali la videocapsula e
l’enteroscopia a singolo e doppio pallone.
•Le principali indicazioni all’utilizzo della videocapsula in età pediatrica sono rappresentate
dal sospetto o follow-up di malattia infiammatoria cronica intestinale, dal sanguinamento
oscuro gastrointestinale e dalla diagnosi o follow-up di poliposi.
•L’enteroscopia rispetto alla videocapsula offre il vantaggio di poter effettuare prelievi bioptici
e manovre terapeutiche (ad esempio polipectomie, trattamento con argon plasma, dilatazione di stenosi).
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(3):41-43
43
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Patients with GERD
refractory to PPI
treatment requiring more
investigation to achieve
the diagnosis: impedancepH monitoring, upper
gastrointestinal endoscopy
with biopsy should be
performed to exclude other
gastrointestinal disorders.
Impedance-pH monitoring
is the most useful diagnostic
test to establish a causeand-effect relationship
between persistent
symptoms and reflux;
upper endoscopy to detect
eosinophilic esophagitis or
infectious esophagitis.
Manometry is a noninvasive
diagnostic tool for identifying
motility dysfunction of the
gastrointestinal tract.
Key Words
Gasto-esophageal reflux disease,
esophageal manometry,
pH-impedance monitoring,
proton pump inhibitors
44
Cosa fare se il paziente
non risponde ai PPI
(inibitori di pompa protonica)
Filippo Torroni, Paola De Angelis, Tamara Caldaro, Erminia Romeo, Francesca Rea,
Simona Faraci, Luigi Dall’Oglio
Unità Operativa Complessa di Chirurgia Endoscopica Digestiva, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù
IRCCS di Roma
suggerimenti pratici
Esistono condizioni cliniche per le quali alcuni pazienti affetti da Malattia da
Reflusso gastroesofageo (MRGE) non rispondono al tradizionale approccio
farmacologico con inibitori di pompa protonica (PPI). L’indagine diagnostica
più utile per definire una MRGE è la ph-metria e/o impedenziometria che
permette di stabilire un rapporto di causa effetto tra sintomatologia e reflusso
(1). In caso di farmaco-resistenza o refrattarietà al trattamento con PPI bisogna considerare altre patologie quali disturbi funzionali o patologie eosinofiliche; a tale proposito una valutazione diagnostica più accurata dovrebbe includere un bilancio endoscopico con biopsie e/o uno studio manometrico.
La Malattia da reflusso gastroesofageo è una condizione clinica caratterizzata
dalla risalita del contenuto gastrico in esofago che determina sintomi e complicanze acido correlate quali vomito, rigurgito, pirosi, esofagite peptica, stenosi esofagea fino all’esofago di Barrett. La definizione di RGE refrattario
viene definita come la persistenza dei sintomi tipici (pirosi retro sternale, vomiti e rigurgiti) nonostante un adeguato o un alto dosaggio di PPI (terapia con
PPI a dosaggio standard per 8 settimane e a dosaggio elevato per almeno 4
settimane) (2). Un primo motivo di inefficacia dei PPI può essere una erronea
modalità di assunzione, infatti questi farmaci, per svolgere più efficacemente
la loro azione, devono essere assunti 30 minuti circa prima di un pasto e in
alcuni casi sciolti in soluzioni acidule (succo di limone o succhi di frutta). Verificata la congruità della terapia assunta, nel caso di persistenza della sintomatologia, è indicato effettuare una gastroscopia con biopsie (duodenali, gastriche con ricerca dell’Helicobacter pylori ed esofagee) soprattutto se il paziente
non è stato ancora sottoposto a tale indagine; questa potrà escludere patologie
di natura infettiva o una gastroenteropatia eosinofila. Il riscontro di eosinofilia
(> 15-20 eosinofili per HPF) del tratto medio/distale dell’esofago può far porre diagnosi di esofagite eosinofilia che prevede un management terapeutico
specifico. Nel caso in cui il quadro endoscopico non metta in evidenza lesioni
di mucosa allora si dovrà pensare ad una NERD (Non Erosive Reflux Disease,
cioè Malattia da Reflusso non Erosiva) la cui modalità di trattamento è rappresentata dalla somministrazione di IPP a dose piena sino a completa scomparsa
dei sintomi. I pazienti con reflusso non erosivo possono però presentare una
minore risposta al PPI a causa di una concomitante “ipersensibilità” recettoriale della mucosa o del sommarsi di una componente di tipo dispeptico/funzionale. La pH impedenziometria, nel contesto clinico di refrattarietà al PPI,
andrà effettuata con l’obiettivo di distinguere i pazienti con sintomi correlati al
reflusso (MRGE refrattaria vera) da quelli non correlati (pirosi funzionale, dolore toracico funzionale e sindrome da ruminazione).
La manometria esofagea potrebbe essere utile nei pazienti che non hanno risposto alla soppressione acida in cui l’indagine endoscopica sia risultata normale; questa è di fondamentale importanza per distinguere patologie legate a
disturbi di tipo funzionale o patologie acalasiche che possono mimare una
MRGE (3).
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(3):44-45
In conclusione, nei pazienti refrattari o poco responsivi al trattamento con PPI la letteratura raccomanda un nuovo check clinico/strumentale con ripetizione dell’esame
endoscopico con biopsie; se l’endoscopia è negativa occorrerà ripetere la ph-metria
e/o impedenziometria per ricercare una correlazione tra sintomi clinici e presenza di
reflusso ed eventualmente effettuare la manometria esofagea per escludere patologie
acalasiche. In caso di correlazione tra sintomi e RGE è possibile raddoppiare il dosaggio dei PPI ed eventualmente associarli al baclofen soprattutto nei bambini con compromissione neurologica che presentano “retching”. La letteratura suggerisce altresì di
interrompere la terapia medica con PPI nei pazienti refrattari che presentino tutti i test
clinico/strumentali negativi (4-5).
Corresponding Author
FILIPPO TORRONI
UOC di Chirurgia Endoscopica Digestiva
Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Roma
Piazza S. Onofrio, 4 - 00165 Roma
Tel. + 39 06 68592345
e-mail: [email protected]
[email protected]
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Key Points
gio
cosa su cui riflettere è la congruità del dosag
• In caso di mancata risposta al PPI la prima
si utilizzano dosaggi
trica
pedia
età
in
o
spess
co;
farma
del
e la modalità di somministrazione
di vista terapeutico.
subliminari e quindi non efficaci da un punto
condizioni
deve altresì far riflettere su possibili altre
•La refrattarietà al trattamento con PPI
: l’esofagite eosinofila e le
MRGE
una
are”
“mim
era
mani
he
qualc
cliniche che possono in
digestivo superiore ne sono un esempio.
patologie dispeptico/funzionali del tratto
multiple
o con PPI ripetere una EGDS con biopsie
•Utile in caso di refrattarietà al trattament
ire le
defin
io
megl
per
eno
duod
ale, stomaco e
seriate a tutti i livelli: esofago medio/dist
possibili alterazioni istopatologiche.
nti “non
un utile ed efficace strumento nei pazie
•La ph impedenziometria rappresenta
responder” ai PPI.
refrattari
e la terapia medica con PPI nei pazienti
•La letteratura suggerisce di interromper
tivi.
nega
ali
con tutti i test clinico/strument
Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2014; Volume VI(3):44-45
45
Soluzione del caso clinico di pagina 28
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Fino a che punto le indagini ci aiutano nella diagnosi?
Titolo rubrica
Bronislava Papadatou1, Maria Carmen Garganese2, Fiammetta Bracci1, Daniela Knafelz1,
Giovanni Federici d’Abriola3, Maria Sole Basso1,Giuliano Torre1
1 UO di Epatologia Gastroenterologia e Nutrizione, 2 Medicina Nucleare, 3 Chirurgia Endoscopica Digestiva
1
2
autore
Ospedale, autore
Pediatrico Bambino Gesù di Roma
1
carica autore
autore
2carica
SVILUPPO DEL CASO CLINICO
Gli esami ematochimici evidenziavano anemia sideropenica (Hb:9,3gr/dl, Sideremia:19 microgr/l,
ferritina:7ng/ml), piastrinosi (PLT: 678.000/ul). I globuli bianchi e la formula leucocitaria, gli indici
di flogosi (VES, PCR), gli ASCA IgA e IgG ed i pANCA. risultavano normali.
Esami colturali: coprocolture per germi patogeni, ricerca Clostridium Difficile e tossina: negative;
Rotavirus positivo. Markers fecali: la calprotectina fecale era fortemente aumentata (600
microg/g).
Per quanto riguarda gli esami strumentali, l’ecografia addominale mostrava anse del tenue non
ispessite ma dilatate, il colon presentava pareti ispessite con stratificazione e vascolarizzazione
accentuata come per coinvolgimento flogistico in fase attiva.La scintigrafia con Tecnezio (99mTc)
mostrava un’area di iperaccumulo focale del pertecnetato in fossa iliaca destra a ridosso della
vescica e pertanto il quadro scintigrafico risultava compatibile con la presenza di mucosa gastrica in sede ectopica (Diverticolo di Meckel) [Figura 1].
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57
22
0
anteriore 5’
0
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53
52
22
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anteriore 15’
0
anteriore 30’
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0
anteriore 60’
33
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anteriore 2h
0
anteriore 4h
Figura 1 Scintigrafia con Tecnezio (99mTc)
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anteriore 45’
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37
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Laterale 4h
Quali ipotesi diagnostiche a questo punto?
In seguito al referto della scintigrafia la diagnosi più probabile era quella di diverticolo di
Meckel. Il piccolo veniva pertanto sottoposto a laparotomia che però non confermava la
diagnosi di diverticolo di Meckel. In sede di esplorazione chirurgica veniva contestualmente effettuata la colonscopia, che evidenziava intensa flogosi della mucosa rettocolica
con ulcerazioni, ricoperte da fibrina, spontaneamente sanguinanti al contatto con lo strumento endoscopico. Riscontro di mucosa iperemica negli ultimi centimetri dell’ultima ansa ileale come da “back-wash ileitis”.Vi era assenza di segmenti macroscopicamente indenni.
L’esame istologico confermava la diagnosi di rettocolite ulcerosa. L’indagine immunoistochimica per CMV è risultata negativa.
Punti critici della diagnostica differenziale ?
L’età del paziente, (1), la contemporanea presenza di sangue sia digerito che rosso vivo
nelle feci, la positività del rotavirus che poteva giustificare la presenza di sangue rosso
vivo nelle feci, la negatività degli indici di flogosi, dei pANCA e ASCA e l’esito della scintigrafia, orientativo per una lesione singola, sono gli elementi che hanno portato ad una
ipotesi diagnostica inizialmente errata. Gli alti livelli di calprotectina fecale, che invece
potevano far pensare ad una malattia infiammatoria cronica intestinale, sono stati messi in relazione con l’età del paziente e con la presenza di rotavirus nelle feci (1). Il riscontro di una “back-wash ileitis” durante l’esame endoscopico giustificava la presenza di
sangue digerito nelle feci.
Il diverticolo di Meckel è la più frequente anomalia congenita del tubo gastrointestinale,
presente nell’ 1-3% della popolazione. Il sintomo più frequente in bambini di età inferiore ai 5 anni è proprio l’emorragia intestinale, spesso senza altri sintomi. La scintigrafia
con 99mTc è una tecnica diagnostica ben collaudata nella valutazione dei bambini con
sanguinamento intestinale per la ricerca di mucosa gastrica ectopica o di duplicazioni
intestinali. Occorre tuttavia sottolineare che è possibile osservare un accumulo del pertecnetato in zone di grave flogosi della mucosa intestinale con risultati falsamente positivi, come in questo caso. Tale accumulo è dovuto a una ipervascolarizzazione con iperemia e/o aumentata permeabilità della mucosa intestinale (2).
Le malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI) sono in aumento anche in Italia.
L’incidenza complessiva di tali malattie in età pediatrica in Italia è stata calcolata essere
di 1,39X105 di abitanti di età < ai 18 anni. Di essi il 20% hanno avuto un esordio in età
inferiore ai 6 anni. (3) Anche in un recente studio condotto su 506 pazienti affetti da MICI, nell’11%dei casi la malattia è esordita in bambini con età inferiore ai 5 anni (4). Questi
dati suggeriscono che una MICI andrebbe presa in considerazione anche in bambini
molto piccoli che si presentano con sanguinamento intestinale del tratto inferiore.
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Case Report
Bibliografia Essenziale
1. Abraham BP, Kane S. Fecal markers: calprotectin and lactoferrin. Gastroenterol Clin N Am 2012;41:48395.
2. Kiratli PO, Askoy T, Bozkurt MF et al. Detection of ectopic gastric mucosa using 99m Tc pertechnetate:
review of the literature. Ann Nuc Med 2009;23:97-105.
3. Castro M, Papadatou B, Baldassare M et al. Inflammatory bowel disease in children and adolescents in
Italy: data from the pediatric national IBD register (1996-2003). Inflamm Bowel Dis 2008 Sep;14(9):124652. doi: 10.1002/ibd.20470.
4. Aloi M, Lionetti P, Barabino A et al. Phenotype and disease course of early-onset pediatric inflammatory
bowel disease. Inflamm Bowel Dis 2014;20:597-606.
Corresponding author
BRONISLAVA PAPADATOU
UO Epatologia Gastroenterologia e Nutrizione
Ospedale Pediatrico Bambino Gesù
P.zza Sant’Onofrio, 4 - Roma 00165
Tel. + 39 06 6859 2328
Fax + 39 06 68593889
E-mail: [email protected]
Key Points
• Una malattia infiammatoria cronica intestinale può essere sospettata anche in bambini
molto piccoli.
• Nei “very early onset”casi di MICI gli esami di laboratorio e radiologici non sono sempre diagnostici.
• Nei casi dubbi occorre considerare sempre l’esecuzione di esami endoscopici.
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