Il discorso sociale della Chiesa Dalla “Rerum novarum” a oggi Il pensiero sociale della Chiesa comincia a svilupparsi a partire dal 1891, anno di pubblicazione della Rerum novarum. Con questa Enciclica, Leone XIII fa attraversare alla Chiesa il guado del disinteresse alle vicende politiche in cui si era chiusa dopo la breccia di Porta Pia Prende coscienza dell’urgenza della questione operaia, sebbene nelle sue risposte parta ancora da principi filosofici e non da un’analisi della storia Costanti dell’insegnamento sociale 1. La persona umana ha una dignità che non deve essere offesa per nessun motivo. 2. La proprietà privata ha una funzione sociale e deve conciliarsi con la destinazione universale dei beni. 3. Giustizia, uguaglianza, responsabilità sono principi da applicare a tutti i protagonisti dell’attività economica 4. Quello del lavoro è un diritto fondamentale dell’uomo 5. Chi lavora ha diritto ad associarsi per potersi tutelare 6. I poteri pubblici devono dare il quadro giuridico delle attività economiche, tutelando le classi più esposte e controllando l’accesso alle fonti energetiche. Un nuovo pensiero sociale cristiano E’ con Paolo VI che la dottrina sociale della Chiesa compie un salto di qualità E’ il 1967 e viene pubblicata la Populorum progressio Con questa enciclica vengono anticipati di 20/30 anni i grandi temi del dibattito economico sociale attuale Populorum Progressio (1967) Linee direttrici • Lo sviluppo non è solo crescita economica ma promozione integrale dell’uomo 1 • Critica al materialismo collettivista • Critica all’opulenza egoistica • La dimensione planetaria della questione sociale 2 1. Da confrontare in seguito con le teorie del Premio Nobel per l’Economia Amartia Sen. 2. La problematica già dibattuta sulla “globalizzazione”. Centesimus annus (1991) Enciclica sociale di Giovanni Paolo II Riflettendo sul cambiato scenario mondiale dopo il crollo del muro di Berlino mette il dito sulla piaga dei diritti umani e sull’inefficienza del sistema economico Centesimus annus idee base • La proprietà senza solidarietà cade in abuso • La Chiesa non propone modelli socio-economici ma è contro quei modelli che: 1. riducono l’uomo a produttore-consumatore 2. privilegiano l’avere sull’essere 3. non tutelano la vita Sollecitudo rei socialis 1987 Giovanni Paolo II propone una nuova visione della solidarietà. E’ una nuova coscienza collettiva e un’azione politica per un nuovo ordine internazionale “Le nazioni più forti e più dotate devono sentirsi moralmente responsabili delle altre, affinché sia instaurato un vero sistema internazionale che si regga sul fondamento dell’uguaglianza di tutti i popoli e sul necessario rispetto delle loro legittime differenze”. Giovanni Paolo II Condizione per instaurare un nuovo ordine politicosociale è il superamento delle così dette strutture di peccato, cioè strutture di interdipendenza della società che generano ingiustizia nel mondo, specialmente tra Paesi sviluppati e i Paesi della fame Nuovo nome della solidarietà è promozione della pace tra nazioni e riduzioni dei squilibri tra nord e sud, tra est ed ovest. I beni della terra sono destinati al Bene Comune di tutta l’umanità. Questo principio sbarra la strada ad una interpretazione radicale del concetto di proprietà privata La destinazione dei beni riguarda anche le generazioni future: le risorse non sono illimitate e non si può pensare solo al presente L’Economia e le provocazioni di Amartya Sen “Non dalla bontà del macellaio, del birraio o del fornaio che noi ci aspettiamo il nostro pranzo, ma dalla considerazione del loro interesse personale. Non ci rivolgiamo alla loro umanità, ma al loro interesse.” Adam Smith (1776) Manifesto di nascita della scienza economica: la ricerca del massimo interesse personale è la legge che governa le azioni economiche degli individui. Ancora oggi l’intero edificio teorico dell’economia poggia sul pilastro dell’interesse personale (self interest) Come ha affermato l’economista Mueller: “L’unico presupposto necessario all’economia è l’egoismo”. La definizione di “razionalità” che si è data la scienza economica è quella per cui un comportamento è “razionale” quando è teso alla massimizzazione dell’interesse personale. E’ sull’unicità di questo principio che pone i suoi dubbi Amartya Sen, economista dell’Harvard University e Nobel per l’economia nel 1998 Amartya Sen contesta radicalmente l’idea soggiacente alla teoria economica. L’uomo non è solo un “individuo” proteso unicamente a massimizzare il proprio tornaconto. L’uomo è una persona, inserita in una comunità, guidata nel suo agire da una articolazione complessa di valori che va oltre l’interesse personale. Quella che Paolo VI nella “Populorum progressio” (1967) aveva chiamato “promozione integrale dell’uomo”. Amartya Sen ricorda che il “benessere” a cui tende l’uomo è qualcosa di più rispetto al benessere economico: è uno “star-bene” che investe tutte le dimensioni della persona. Sempre secondo Sen, etica ed economia devono muoversi insieme perché hanno un medesimo oggetto: l’uomo e il suo comportamento all’interno della società (che non è solo quella occidentale). Il concetto di “razionalità” economica va perciò allargato anche a quei comportamenti che traggono la loro origine in valori come la solidarietà, l’altruismo e la gratuità. Perché è importante un cambiamento teorico? Le teorie economiche non lasciano immutato l’oggetto che studiano ma modificano la realtà di cui trattano. Se un economista inducesse all’errore riguardo al cambio euro-dollaro la teoria farebbe pressione sui mercati (borse) al punto da far verificare la previsione di per sé errata. Su questa scia Amartya Sen ha per esempio superato i criteri del calcolo relativo allo sviluppo umano attraverso un principio ovvio: Lo sviluppo è determinato dall’aumento delle possibilità di scelta della gente riguardo a ciò che può fare. E’ partito dalla riflessione attorno alla carestia del Bengala del 1943 che provocò 2.000.000 di morti. E’ emerso infatti che morte non fu dovuta alla scarsità di cibo in quanto la sua disponibilità in quegli anni era persino aumentata. L’anello debole invece era la mancanza di potere d’acquisto della gente a causa del crollo della domanda di lavoro Conclusione: Anche un’economia di mercato perfettamente funzionante può far morire di fame milioni di persone. La povertà non è data in termini di reddito o potere di acquisto. I poveri sono tali perché le loro “capacità” sono limitate: il benessere dipende dalle cose che le persone possono fare. Valutare la ricchezza di una nazione in base al reddito medio pro capite è fuorviante, ma è necessario vedere come questo reddito complessivo è distribuito nel paese. Una nazione in cui poche persone sono ricchissime e molte povere ha un reddito pro capite alto ma nasconde una situazione di povertà. Amartya Sen propone l’indice dello sviluppo umano (I.S.U.). Si costruisce su 3 variabili: • speranza di vita • alfabetizzazione • reddito Questo indice è stato adottato sia dall’Osservatorio dello Sviluppo dell’O.N.U. come per le analisi del Fondo Monetario Internazionale (F.M.I.) che dalla banca Mondiale producendo un cambiamento nelle politiche monetarie e di sostegno allo sviluppo. L’indice I.S.U. ha rivoluzionato la lettura della ricchezza dei paesi della terra. Oman e Cechia nel 1990 avevano lo stesso reddito pro capite ma con l’indice Isu l’Oman è 58 posti sotto la Cechia. Lo Sri Lanka con soli 400 $ di reddito annuo pro capite con l’Isu è meglio piazzata dell’Arabia Saudita con un reddito pro capite 15 volte superiore Rivoluziona anche il concetto di libertà che non può essere semplicemente l’assenza di impedimenti formali. Ad esempio: Non basta che non sia vietato andare a scuola ma è necessario che un ragazzo abbia le condizioni economiche e sociali che gliene permettano l’accesso. Con la globalizzazione l’economia e la politica assurgono ad una dignità e ad una responsabilità sociale senza precedenti. La responsabilità dei singoli parodossalmente diventa sempre più necessaria. Non solo l’esempio della tenacia di un uomo come Amartya Sen può produrre profondi mutamenti verso la giustizia, ma l’impegno di ognuno è essenziale. Ciascuno di noi è un consumatore e in quanto tale può trasformarsi da oggetto a soggetto del mercato, proprio perché le grandi aziende e le multinazionali sono orientate dai nostri “acquisti” e “non acquisti”. Proprio perché sempre più globalizzati l’indifferenza diventa paradossale e non è possibile chiudersi nel piccolo mondo privato. Ciò che capita nel mondo ormai mi riguarda e non tollera la mia indifferenza.