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MAURO ZUPPARDO La sete per la conoscenza ha segnato il suo percorso professionale.
Una personalità
forte e determinata
Apriamo l'anno con l'intervista al primo Direttore Editoriale della nostra rivista:
il Prof. Mauro Zuppardo, optometrista molto apprezzato dalla comunità scientifica.
di PAOLA FERRARIO
L’
Foto di Enrico Basili
approccio di Mauro Zuppardo al mondo
dell’ottica è simile a quello di molti protagonisti delle nostre copertine, cresciuti tra lenti
e occhiali: “Giocavo con le lenti, mi
divertivo a “sgrezzarle” con la pinzetta
per seguire le forme più disparate,
coloravo quelle in plastica dentro
i pentolini, aggiustavo le cerniere degli occhiali, oppure
li saldavo...”. Ciononostante la passione principale di
Zuppardo è la Medicina e,
dopo aver ottenuto il Diploma al Liceo Scientifico,
esprime al padre il desiderio di continuare gli studi verso quella direzione.
Quest’ultimo gli propone
però di frequentare il corso di ottica perché, a suo parere, gli avrebbe garantito il futuro: “Nella peggiore
delle ipotesi potrai lavorare con me in negozio.” Insieme si recano all’Istituto di Vinci dove conosce il Direttore, il Prof. Sergio Villani.
L’anno di ottica scorre velocemente
tra visite nelle scuole con il Prof.
Villani per i depistage visivi, le
ricerche all’Istituto di Astrofisica di Arcetri e i racconti
del Prof. Vasco Ronchi sulla storia dell’ottica.
Affascinato dalla passione
del Prof. Villani per l’optometria, scienza ai tempi
non riconosciuta ufficialmente, decide di approfondire l’argomento ottenendo il
È stato il primo Direttore Editoriale di
P.O. Ci racconterebbe questa avventura?
Venti anni fa c’era molto entusiasmo intorno
all’optometria ma mancava una rivista innovativa nel
mondo dell’ottica. Quando P.O. mi offrì la possibilità di diventare Direttore Editoriale di questa nuova iniziativa accettai subito:
era un modo di comunicare interessante e fresco che coniugava
l’aspetto moda e le novità scientifiche.
Cosa ricorda di quel periodo?
Ci eravamo divisi i compiti e io mi occupavo dell’aspetto scientifico.
C’è qualche aneddoto che ci vorrebbe raccontare?
Sì, ero il più giovane Direttore Editoriale tra le riviste tecniche e
quando scattammo la foto da inserire nella rivista dovettero ritoccarla perché, per avere un aspetto più credibile, avrei dovuto
apparire più vecchio!
Durante la festa dedicata ai 20 anni di P.O. ha letto parte
del suo primo editoriale...
Mi sono molto emozionato. È stato come
fare un salto indietro nel tempo.
Le piace la nostra iniziativa di dedicare agli
ottici la copertina?
Sì, decisamente. L’idea di dare un aspetto umano all’ottico mi
piace molto.
Torniamo a lei. Come si è avvicinato al mondo dell’ottica?
Sono cresciuto in negozio. Durante la mia adolescenza i miei genitori hanno cambiato molte volte casa e, quindi, per me è stato
impossibile creare un gruppo di amici con il quale giocare. Sono
passato da una scuola all’altra e la mia timidezza mi ha portato a rifugiarmi tutti i pomeriggi nel negozio di ottica mio padre.
Durante il liceo finalmente il mio peregrinare ha avuto termine e sono riuscito ad avere la mia prima vera “comitiva degli
amici”. Ho scoperto ben presto che era molto più divertente
trascorrere del tempo con loro piuttosto che passare i pomeriggi in negozio!
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| PROFESSIONAL OPTOMETRY | GENNAIO 2013
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diploma regionale in Optometria a
Vinci e frequentando il College of
Optometry nella Repubblica di San
Marino. Animato da una forte sete
di conoscenza verso la materia, infine, frequenta a Lugano il campus
europeo de La Jolla University San
Diego e il Dipartimento di Matematica e Fisica dell’Università di
Riga dove porta a termine il corso
di Laurea in Optometria.
Da quel momento inizia il suo percorso professionale che, fin dai primi approcci, si rivela ricco di impegni, come ci ha dichiarato lo stesso
Zuppardo: “Lavoravo part-time nel
negozio di ottica di mio padre facendo solo visite (non ero portato per la vendita al banco) e occupandomi di contattologia. Allo
stesso tempo insegnavo all’Istituto di Vinci, ai corsi di formazione
professionale della regione Lazio,
partecipavo ai congressi con qualche lavoro, a volte pubblicavo qualche studio”.
Attualmente è Professore a contratto presso l’Università degli Studi
di Torino e di Firenze, alla Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche
e Naturali e al Corso di Laurea in
Ottica e Optometria ed insegna ai
Master di primo e secondo livello
presso l’Università Cattolica e La
Sapienza di Roma. Partecipa a corsi
di formazione per medici oculisti
per la SOI (Società Oftalmologica
Italiana) e per l’AIMO (Associazione Italiana Medici Oculisti). Ha
fatto parte di diverse associazioni,
svolto politica professionale attiva,
ed è stato tra i fondatori di SOPTI,
Società Optometrica Italiana.
Oltre a partecipare alla gestione
dei due negozi di famiglia a Roma
– Ottica Zuppardo – è General Manager di Primavista, società di servizi di alta tecnologia applicati alla
medicina che ha fondato nel 1999.
L’abbiamo incontrato a Roma con
sua figlia Gaia a cui dedica ogni minuto del suo tempo libero.
Suo padre l’ha influenzata nelle sue
scelte professionali?
Dopo la maturità scientifica, decisi che
mi sarei iscritto alla Facoltà di Medicina. Mio padre mi ‘frenò’ e mi disse: “Va
bene, farai Medicina. Ma, siccome nella vita non si può mai saper cosa possa
accadere, perché non prendi il diploma
di ottico? Dovrai dedicare solo un anno
della tua vita e ti assicurerai il tuo futuro.
Dopo il diploma potrai iniziare i tuoi studi
in Medicina e fare quello che vorrai”. Così, mi trovai un giorno a Vinci insieme a
mio padre di fronte al Prof. Sergio Villani
il quale mi disse: “Conosco tuo padre da
anni e, proprio per questo motivo e per
mitigare qualsiasi dubbio sulla tua preparazione, dovrai essere il più bravo di tutti.
Ti terrò sotto controllo, datti da fare”. E ci
vendette tre libri... Nel viaggio di ritorno a
Roma mio padre disse che sarebbe stato
orgoglioso di avere un figlio insegnante di
ottica. Così è iniziata la mia formazione.
Come proseguì il suo percorso di studi?
A scuola andavo bene, mi riusciva tutto
piuttosto facile, ed ottenni il Diploma di
Ottico a Vinci in un anno. Il Prof. Villani,
Direttore dell’Istituto, ci faceva qualche
lezione, e parlava spesso di optometria,
la nuova frontiera dell’ottica. Ci affascinava con i suoi voli pindarici sulla fisiologia della visione, sulla percezione del
colore... Rimasi così colpito da questo
nuovo ambito della scienza che decisi di proseguire gli studi in optometria.
Ma l’optometria in Italia non era regolamentata, l’istruzione non era a livello
universitario e la stessa figura dell’optometrista ufficialmente non esisteva.
Però sembrava che la situazione dovesse evolvere da un momento all’altro
e, quindi, si andava avanti. Iniziai così a
studiare lo ‘studiabile’, seguendo passo dopo passo il lavoro di tessitura che
portavano avanti il Prof. Villani ed il suo
gruppo. Dopo aver conseguito il diploma
regionale in Optometria a Vinci, andai
nella Repubblica di San Marino dove
l’università aveva istituito il College of
Optometry. Fu un periodo di sacrifici e
non fu facile accettare il fatto che la mia
laurea non fosse riconosciuta in Italia.
Lo ricordo comunque come un grande
momento formativo dove ho avuto la
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possibilità di imparare molto da grande
insegnanti come l’Ingegner Bartoli.
E dopo San Marino?
Dopo San Marino ci fu Lugano, il campus
europeo de La Jolla University San Diego
(CA). Qui ho approfondito gli studi umanistici e psicologici per coniugarli nell’ambito
della visione. Cercavamo di acquisire un
titolo a tutti i costi, ci sentivamo tutti un
po’ frustrati da tanti anni di studio senza
che il nostro impegno venisse riconosciuto. Qualcuno dei miei compagni è rimasto
così affascinato da questi nuovi indirizzi
che è diventato psicologo, altri hanno intrapreso gli studi in medicina olistica, altri, come me, hanno resistito. Ricordo che
invidiavo i miei compagni di liceo che si
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erano iscritti alle diverse facoltà “sotto casa” mentre io girovagavo per il mondo alla
ricerca di un’identità! Così come ricordo di
aver rimpianto in più di un’occasione d non
aver abbandonato l’ottica dopo il diploma
di Vinci per studiare medicina. Ormai avevo
dedicato troppi anni all’optometria e volevo andare in fondo. E così sono approdato al Dipartimento di Matematica e Fisica
dell’Università di Riga dove ho portato a
termine il corso di Laurea in Optometria.
Anche in questo caso, però, sussistevano
problemi di equipollenza con l’Italia. Non
tanto per il livello di istruzione conseguito ma per l’esercizio della professione di
Optometrista, non ancora regolamentata.
Qual è stato il momento di maggiore
cambiamento nella sua vita lavorativa?
La “svolta” è arrivata all’improvviso nella
primavera del 1989. In quel tempo a Roma c’era un famoso oculista che eseguiva
una tecnica chirurgica per la riduzione della miopia chiamata ‘cheratotomia radiale’.
L’oculista romano era un allievo del chirurgo
russo Fyodorov il quale aveva reso questa
tecnica famosa in tutto il mondo. Ma, oltre ai limiti oggi ben noti di tale procedura, un problema affliggeva tutti i pazienti
nel post-operatorio: una forte fotofobia e
una fastidiosa lacrimazione. Un giorno si
presentò al nostro negozio una paziente
disperata che aveva sviluppato una vera e
propria avversione alla luce. Mio padre le
prescrisse un costoso filtro Zeiss che risolse
il problema in modo eccellente. Il famoso
oculista romano chiamò il giorno dopo e
mio padre mi passò la telefonata: “Ma come avete fatto? Che cosa avete usato? Ho
tutti i miei pazienti nelle stesse condizioni,
nessuno è mai riuscito a risolvere il problema! Le passo la mia assistente, dica a
lei che lente avete usato, posso mandarvi
tanti clienti, possiamo fare un business....”.
L’oculista che parlava di ‘business’ non mi
piaceva affatto, comunque mi passò la sua
assistente la quale, ironia della sorte, era
stata una mia allieva all’Istituto di Vinci. A
quel punto fissò un incontro con il chirurgo
il quale mi propose subito di entrare a far
parte del suo staff come esperto dell’ottica e della visione. Non accettai l’offerta
perché la tecnica chirurgica da lui praticata non era convincente. Gli proposi allora
di entrare nella sua clinica oculistica come ricercatore perché volevo analizzare le
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sue cartelle cliniche per razionalizzarle, per
comprendere meglio ed eventualmente implementare la tecnica. Ma l’oculista non era
interessato alla ricerca. Così ci lasciammo
di buon grado. Ci inviò qualche paziente
problematico, e, voglio sottolinearlo, non
facemmo mai alcun tipo di business e mantenemmo il segreto sul “meraviglioso filtro
che eliminava la fotofobia”.
E poi? Non ebbe più contatti con quel
oculista?
Sì. Qualche mese dopo mi richiamò dicendomi: “Un mio collaboratore si è licenziato
e devi assolutamente venire a lavorare con
me. Altro che ricerca, qui c’è del lavoro da
fare!”. Così entrai nella sua clinica oculistica occupandomi della semiotica del
segmento anteriore e degli esami rifrattivi.
I pazienti non completamente soddisfatti
erano tanti, sia perché la tecnica chirurgica
non era prevedibile (certi occhi reagivano
fortemente, per altri era come tagliare il
burro: non succedeva niente) e spesso la
correzione era parziale o inadeguata, sia
perché gli effetti visivi erano fortemente
disturbanti. Non mi piaceva lavorare con
quel chirurgo, i pazienti avevano troppi
problemi, mi facevano pena, mi sentivo
in qualche modo complice di quel sistema. Volevo andarmene. Nel frattempo si
stava affermando una nuova tecnologia:
il laser ad eccimeri. Un americano aveva
applicato per la prima volta al mondo questo laser sulla cornea per rimodellarla, per
renderla meno rifrattiva e quindi per correggere la miopia. A novembre del 1989
il laser ad eccimeri approdò nella nostra
clinica oculistica con lo scopo di riparare
i danni arrecati dalla cheratotomia radiale. Le mie funzioni cambiarono: “visto che
conosci l’ottica e la fisica, ti occuperai del
laser a eccimeri. Lo gestirai solo tu, dagli
aspetti tecnici a quelli clinici”, mi disse
il famoso chirugo. Così iniziai a studiare
l’alta tecnologia applicata alla chirurgia
oculare e, dopo qualche tempo, entrai in
una multinazionale che operava nel campo
della chirurgia rifrattiva. Dal momento che
i costi delle tecnologie erano molto elevati,
di difficile acquisizione per il singolo professionista, l’azienda aveva come scopo
la realizzazione di strutture con tecnologia, personale e know-how dove il medico
potesse operare il proprio paziente senza
preoccuparsi di nulla. Insomma, il chirurgo
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aveva tutto a disposizione senza doversi
sobbarcare di spese per l’acquisizione dei
macchinari e per la retribuzione dello staff.
La mia voglia di allontanarmi da quel chirurgo era tale che entrai nella nuova azienda
come “tecnico del laser”, con il cacciavite in
mano... Dopo pochi mesi diventai “Clinical
trainer” e “Responsabile della Formazione del Personale”. Iniziai a girare il mondo per perfezionare le mie conoscenze, a
frequentare prevalentemente l’ambiente
oftalmologico e a formare gli oculisti sugli aspetti tecnici delle nuove tecnologie.
Nel 1999 creai Primavista dove svolgo il
ruolo di General Manager.
Di cosa si occupa esattamente la sua
azienda?
È un’azienda leader nel campo della chirurgia oculare e corneale a scopo rifrattivo.
Ha ancora il negozio di suo padre? Dove è?
Sì, in realtà mio padre aprì anche un secondo negozio - ambedue sotto l’insegna
‘Zuppardo Ottica’ - che gestisco con mia
sorella Nadia a Roma.
È stato uno dei soci fondatori di SOPTI:
qual è il suo ruolo attuale?
Non ho un vero e proprio ruolo. Dal 1989
mi sono un po’ allontanato dal campo per
dedicarmi alla logistica in chirurgia rifrattiva.
Tengo comunque relazioni ai loro congressi.
E per la SOI?
Anche in questo caso tengo corsi e comunicazioni congressuali.
Quali sono secondo lei le attuali problematiche più ‘scottanti’ del nostro settore?
Purtroppo ancora il riconoscimento dell’optometria che non arriva e la strana collaborazione tra oculisti e ottici: al momento è
solo una partnership di carattere commerciale, mentre noi optometristi vorremmo
darle una valenza professionale nell’interesse del paziente.
Si occupa anche di insegnamento:
quali sono le motivazioni che portano i suoi studenti nel nostro settore?
Credo che rappresenti ancora un campo redditizio e offra un’ampia possibilità
di trovare un impiego dopo la laurea. Ad
esempio, i miei studenti dell’Università di
Torino hanno trovato tutti collocazione in
questi sei anni di insegnamento.
So che ha viaggiato in tutto il mondo:
qual è il posto più bello che ha visitato?
Il sud del mondo: Africa, Medio Oriente e
America Latina.
Dove tornerebbe?
In Africa, uno dei pochi posti al mondo dove
i bambini, nonostante tutto, ancora sorridono. Il calore umano è fantastico e poi
mancano figure professionali come la mia.
È anche un appassionato di mare: è comandante e si dedica alla subacquea.
Preferisce la barca a vela o a motore?
Preferisco la vela ma vado a motore, gli
spostamenti sono più rapidi.
Qual è stata l’immersione più bella?
In Sicilia dove ho una casa e quando emergo è bellissimo poterla ammirare dal mare.
È vero che è appassionato di cavalli arabi?
Sì, ho avuto un campione italiano, ma ho
abbandonato questa passione per mancanza di tempo.
E quindi il suo tempo libero a chi o
cosa lo dedica?
A mia figlia Gaia di 13 anni. Ho divorziato
quando aveva 10 mesi e dedico a lei ogni
minuto che ho libero. Con gli anni abbiamo costruito un rapporto bellissimo. I figli
sono meravigliosi!
Avremo una futura optometrista in
famiglia?
Mai dire mai, ma al momento le piace
scrivere... vorrebbe fare la giornalista o
il magistrato.
Beh, allora in bocca al lupo per il futuro di Gaia!
Grazie.
o
o
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dell’intervista
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