Capitolo
Il monopolio
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Sommario
1 Le caratteristiche. 2 La curva di domanda. 3 La massimizzazione del profitto. 4 Perdita di surplus e inefficienza del monopolio. 5 La discriminazione di prezo.
1 Le caratteristiche
Il monopolio è quel mercato in cui tutta l’offerta di un dato bene o servizio
è concentrata nelle mani di un’unica impresa, non vi sono sostituti diretti
di quel bene o di quel servizio e l’ingresso nel settore da parte di altre imprese è impedito da una serie di fattori detti barriere all’entrata (come brevetti, elevati costi d’ingresso e così via).
Come nascono i monopoli?
I motivi per i quali si crea un mercato monopolistico sono essenzialmente di due
tipi, naturali e legali.
Si ha un monopolio naturale quando un’unica grande impresa è in grado di produrre a costi inferiori rispetto ad una pluralità di piccole imprese. Una situazione
del genere si presenta tipicamente quando i rendimenti marginali sono crescenti,
per cui l’impresa che produce grandi quantità di un certo bene o di un certo servizio sperimenta costi medi unitari di gran lunga inferiori alle imprese più piccole.
Un esempio classico è quello dei servizi di pubblica utilità, laddove è necessario
effettuare ingenti investimenti iniziali per creare preventivamente una rete che
consenta di raggiungere la collettività (pensiamo, ad esempio, alla rete ferroviaria
o telefonica o agli acquedotti), investimenti che possono essere ammortizzati solo
dopo molti anni e raggiungendo un numero elevato di consumatori. D’altra parte, una
volta creata la rete il costo marginale, cioè il costo che si sostiene per raggiungere
un cliente aggiuntivo, sarà molto basso o quasi nullo (per un’impresa che opera
nel trasporto ferroviario trasportare un cliente in più non determina, in sostanza,
alcun costo aggiuntivo).
Si ha un monopolio legale, invece, quando con una disposizione di legge la produzione e l’offerta di un bene o di un servizio vengono attribuite in esclusiva ad
un unico soggetto. L’esempio classico è costituito dal possesso di un brevetto che
protegge l’impresa da potenziali concorrenti e che, quindi, rappresenta una forma
di barriera all’entrata.
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2 LA CURVA DI DOMANDA
A differenza di un’impresa che opera in un mercato perfettamente concorrenziale, il monopolista non deve adeguarsi passivamente ad un prezzo di mercato dato ma può influire significativamente sullo stesso (è, quindi, price maker). Nello stabilire il prezzo di vendita, tuttavia, egli deve tener conto della domanda dei consumatori, in quanto, dato un certo prezzo, potrà vendere solo la quantità che il mercato è disposto ad acquistare
a quel prezzo. Tutto ciò è conseguenza del fatto che, mentre per un’impresa concorrenziale la curva di domanda è una retta orizzontale in corrispondenza del prezzo di mercato, per il monopolista, in quanto unico produttore di quel bene, la curva di domanda coincide con la curva di domanda del mercato ed è, quindi, negativamente inclinata. Il mercato è, dunque, disposto, ad assorbire una produzione via via maggiore solo al decrescere del prezzo.
Il monopolista, quindi, deve valutare con grande attenzione se produrre o
meno un’unità aggiuntiva di prodotto, in quanto, dovendo fronteggiare una
curva di domanda negativamente inclinata, qualsiasi espansione del livello di produzione determina inevitabilmente una riduzione del prezzo di vendita ed egli sarà, pertanto, costretto a vendere ad un prezzo inferiore non
solo quell’unità aggiuntiva ma anche tutte le altre unità precedenti.
Supponiamo, per semplicità, che egli produca una sola unità di un dato bene e che la
venda a 10 euro; se producesse una seconda unità il prezzo di vendita delle due unità scenderebbe a 8 euro ed egli otterrebbe un ricavo pari a 16 euro, per cui il ricavo
marginale è di soli 6 euro (inferiore, dunque, al prezzo di vendita). A differenza di quanto accade in un mercato perfettamente concorrenziale, quindi, in monopolio il ricavo marginale è inferiore al prezzo di vendita.
Per capire di quanto il monopolista dovrà ridurre il prezzo in seguito ad un
incremento della produzione sarà sufficiente riprendere in considerazione
il concetto di elasticità della domanda rispetto al prezzo. Abbiamo visto che
se la domanda di un bene è elastica una riduzione del prezzo determina un
incremento più che proporzionale della quantità domandata, il che, letto
in altro modo, equivale a dire che un incremento della quantità prodotta
determina una riduzione meno che proporzionale del prezzo. Pertanto,
quanto più elastica è la domanda tanto minore sarà la riduzione di prezzo che l’impresa dovrà sopportare per vendere una quantità aggiuntiva
di beni.
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Tornando al nostro esempio, ciò vuol dire che il ricavo marginale della seconda unità
sarà di poco inferiore al prezzo di vendita se la domanda è molto elastica, nettamente inferiore se la domanda è poco elastica.
3 LA MASSIMIZZAZIONE DEL PROFITTO
Il monopolista, dovendo fronteggiare l’intera domanda di mercato, ha due
possibilità:
• fissare il prezzo di vendita e lasciare che siano i consumatori a decidere la quantità da acquistare;
• decidere la quantità da produrre e venderla al prezzo deciso dai consumatori.
Stabilendo il prezzo di vendita o il livello della produzione (ipotesi più frequente), egli può in sostanza decidere in quale punto della curva di domanda posizionarsi; naturalmente, come ogni impresa, anche il monopolista
cercherà di massimizzare il proprio profitto e dunque sceglierà quella combinazione prezzo/quantità in corrispondenza della quale il costo marginale eguaglia il ricavo marginale.
Nella figura seguente riportiamo le curve di domanda, del costo marginale e del ricavo marginale; delle prime due già sappiamo tutto, la terza
è inclinata negativamente ed è situata al di sotto della curva di domanda
perché, come ormai sappiamo bene, in un monopolio il ricavo marginale decresce al crescere della produzione ed è sempre inferiore al prezzo
di vendita.
Il livello di produzione ottimale (Qm) è quello relativo al punto di intersezione tra la curva del costo marginale e la curva del ricavo marginale; in corrispondenza di tale livello, i consumatori sono disposti a pagare un prezzo
pari a Pm, come indicato dalla curva di domanda.
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Pm
Pc
M
α
β
C
A
MR
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Q m Qc
D
Q
Fig. 1 - Produzione e prezzi in monopolio e in concorrenza perfetta
4 PERDITA DI SURPLUS E INEFFICIENZA DEL MONOPOLIO
La figura 1 evidenzia come, rispetto ad un mercato perfettamente concorrenziale, in un monopolio i beni vengano prodotti in quantità inferiore (Qm
< Qc) e venduti ad un prezzo superiore (PM > PC)
Poiché, come abbiamo visto nel paragrafo 1, la quantità di output Qc prodotta in concorrenza è quella che permette di massimizzare il surplus totale e di ottenere la piena efficienza allocativa delle risorse, ne deriva che il
livello di produzione Qm, ottimale per il monopolista, consente di creare un
minor surplus totale e determina, quindi, un’allocazione delle risorse meno
efficiente. Graficamente, la perdita di surplus derivante dal monopolio è
rappresentata dall’area (a + b).
5 LA DISCRIMINAZIONE DI PREZZO
In determinate circostanze, il monopolista può sfruttare ancora meglio la
sua posizione di predominio sul mercato e ottenere un profitto maggiore
chiedendo prezzi diversi ad acquirenti diversi. In questo caso egli attua una
politica di discriminazione dei prezzi: uno stesso prodotto viene venduto a
prezzi diversi e la differenza di prezzo non è giustificata da differenti costi
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di produzione. Non sempre però essa è possibile, in quanto occorre che si
verifichino certe condizioni.
Il venditore deve essere in grado di suddividere gli acquirenti in gruppi diversi, in base al prezzo che essi sono disposti a pagare per l’output che gli
viene offerto. In genere, questa segmentazione del mercato è resa possibile dal fatto che la domanda di ciascun gruppo ha un’elasticità diversa. Le
aziende erogatrici di energia elettrica, ad esempio, segmentano il loro mercato in base all’uso cui l’energia è destinata, distinguendo tra illuminazione e riscaldamento.
Inoltre, il primo acquirente non deve poter rivendere il bene o il servizio
offertogli. È facile capire il perché. Se gli acquirenti potessero rivendere il
prodotto acquistato a consumatori disposti a pagarlo di più, essi entrerebbero in concorrenza con il monopolista nei segmenti di mercato in cui il
prezzo è più elevato; tale concorrenza farebbe scendere il prezzo, cosicché
la politica di discriminazione di prezzo del monopolista fallirebbe. Da ciò si
intuisce che tale discriminazione viene praticata soprattutto nelle industrie
di servizi (ad esempio i trasporti), perchè questi ultimi difficilmente possono essere rivenduti.
Se l’impresa, dotata di potere di mercato, conosce esattamente la somma
che ogni cliente è disposto a pagare per ciascuna unità del bene che produce, venderà ad un prezzo pari a quello considerato di riserva dai consumatori.
Ricordiamo che il prezzo di riserva è la somma massima che i clienti/consumatori sono
disposti a pagare per ogni unità di prodotto.
In tal caso l’impresa pratica la discriminazione dei prezzi di primo grado
detta anche discriminazione perfetta, perché, se fosse realizzabile, permetterebbe di ottenere un livello Pareto-efficiente di output, esattamente come
nel caso di un mercato concorrenziale. Tuttavia, in questo caso, tutto il surplus andrebbe al produttore e non si produrrebbe alcun surplus per il consumatore; infatti, la differenza tra il prezzo che il consumatore è disposto a
pagare e il prezzo che effettivamente paga è nulla.
Un esempio che si potrebbe fare è quello di un medico di campagna che chiede un
onorario diverso a seconda delle possibilità economiche dei propri pazienti.
La discriminazione dei prezzi è di secondo grado se il monopolista vende
unità diverse a prezzi diversi, ma ogni consumatore che acquista la stessa
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quantità del bene paga lo stesso prezzo. Per questo motivo, essa viene anche detta discriminazione non lineare del prezzo, in quanto il prezzo unitario dell’output non è costante, ma dipende dalla quantità acquistata. Le
compagnie ferroviarie, ad esempio, applicano tariffe diverse per il trasporto di merci, a seconda della quantità trasportata.
Infine, vi è la discriminazione dei prezzi di terzo grado che corrisponde ad
una situazione in cui il monopolista vende il suo prodotto a persone diverse e a prezzi diversi, ma ciascuna unità di output è venduta a una determinata tipologia di consumatori allo stesso prezzo. Si tratta della forma più
comune di discriminazione dei prezzi. Un esempio potrebbe essere quello
degli sconti al cinema o agli spettacoli teatrali: spesso vengono fissati prezzi diversi a seconda della fascia di età, come avviene per bambini o per anziani, che hanno una minore capacità di pagare e quindi beneficiano di sconti, o a seconda del reddito percepito (studenti e militari).
Glossario
Monopolio bilaterale: forma di mercato caratterizzata dalla presenza di un solo venditore e di un
solo acquirente. L’esempio classico è quello del mercato del lavoro, laddove le contrattazioni
salariali avvengono solitamente tra il sindacato dei lavoratori e l’associazione degli imprenditori.
Monopsonio: forma di mercato in cui, a fronte della presenza di numerosi venditori, esiste un
unico acquirente, per cui si può parlare di monopolio dal lato della domanda. In tali condizioni la
quantità acquistata e il prezzo sono inferiori a quelli che si sarebbero stabiliti in concorrenza
perfetta, per cui l’acquirente risulta avvantaggiato e il venditore danneggiato.
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