I trigliceridi (o acilgliceroli) Sono i lipidi maggiormente presenti, come quantità, negli organismi, e derivano dal propan-tri-olo o glicerolo o glicerina, un alcool trivalente: H2C-OH H2C-OH H2C-OH acido grasso 1 + acido grasso 2 acido grasso 3 al quale vengono addizionati tre (uguali o, più comunemente, diversi) acidi grassi saturi o insaturi. In natura difficilmente i tre acidi grassi sono uguali e, se presente, l’acido insaturo si trova tipicamente unito al Carbonio 2 quindi trigliceridi con A. saturi in altra posizione sono sicuramente di origine sintetica.. In natura ma più facilmente in seguito ad attività enzimatica (batteri-muffe all’esterno, enzimi nel corpo umano..) possono trovarsi mono e di gliceridi. Sotto l’aspetto biologico sono classificabili come lipidi di deposito, ovvero presenti in varie parti dell’organismo animale o vegetale in tessuti specializzati, ovvero che hanno la funzione di immagazzinarli e rimetterli in circolo (sangue o linfa..) nel caso di necessità. Biologicamente formano gli alimenti più energetici: 1 g di lipide fornisce circa 9 Cal ma, dato che il loro peso specifico è circa 0,8, va ricordato che i grassi tipicamente sono venduti a peso mentre gli olii sono venduti a volume. Gli olii Con poche eccezioni (olii di palma ) hanno normalmente più dell’80 ma anche oltre il 90% di acidi grassi insaturi, sono per questo liquidi e sono presenti in quantità varie nel seme e in alcuni frutti (olivo, palma). Questa caratteristica li rende non più digeribili (l’intestino digerisce e assorbe circa il 97% dei lipidi, olii o grassi che siano, mentre il rimanente viene sostanzialmente eliminato con le feci) ma, una volta entrati nell’organismo, tendono a formare meno occlusioni nei vasi sanguigni riducendo il rischio di infarto/ictus. In particolare sembra che gli insaturi (mono e poli-) ώ 3 non solo non “sporchino” ma anche tendano a ridurre le placche esistenti nel quadro comunque di una alimentazione che contempli anche la presenza degli altri acidi grassi sia saturi che insaturi. Sotto il profilo alimentare i lipidi devono coprire circa il 25-30% delle necessità caloriche di un organismo e tale quota dovrebbe essere coperta al circa per tre quarti da olii e per un quarto da grassi. Gli olii si ottengono per spremitura (es. oliva) o, tipicamente se da semi, per “frangitura” (schiacciamento e estrazione chimica con solvente (che poi viene rimosso): quindi nella miscela iniziale è presente una discreta quantità di acqua che, dati i differenti pesi specifici (gli olii pesano circa 0,8 kg/l) si separa dalla frazione oleosa per sedimentazione. In generale l’uomo digerisce gli olii quasi completamente (oltre il 97%) mentre i grassi (vedi oltre) essendo solidi, avendo punti di fusione spesso più alti della temperatura interna corporea umana (37,7 °C) sono via via più difficili da “frazionare” e quindi aumenta la loro quota non digerita. Nota: l’olio d’oliva 1 di 6 σά A differenza dei semi l'oliva è un frutto, di conseguenza deve attirare alcuni animali che, mangiandolo, portano il nocciolo (cioè il seme) lontano dalla pianta e contribuiscono alla sua diffusione. Quindi nella sua polpa sono contenute molte più sostanze interessanti rispetto al seme di mais o di girasole: oltre al 25% di olio , in particolare ci sono polifenoli e vitamina E, antiossidanti utili all'oliva per non marcire in fretta e sono ancora più utili a noi per contrastare malattie come l'aterosclerosi o il cancro. Però, dato che questi composti sono danneggiati rapidamente dal calore ecco che divengono importanti i metodi di trasformazione: un olio lavorato (cioè pressato) troppo a caldo perde gran parte di queste sostanze utili; anche olive mal raccolte, ammaccate, marcescenti, perdono, per azione degenerativa dovuta all'azione degli enzimi interni, buona parte del loro valore alimentare "aggiunto". Anche la conservazione è importante: l’olio deve essere tenuto lontano dall’Ossigeno dell’aria e protetto dalla radiazione solare, specie se contiene ancora tracce di clorofilla. È per questo che la identificazione della "storia" dell'olio che arriva sulla nostra tavola è sempre più importante e spiega la nascita delle varie sigle, in particolare la D.O.P. (Denominazione di Origine Protetta) che indica che tutto, produzione, trasformazione e imbottigliamento, è stato effettuato in una zona ben precisa. La denominazione "extravergine" indica invece che l'acidità dell'olio non supera un valore massimo (1 %) in genere inferiore allo 0,5 %: l'aumento di acidità deriva dalla "rottura" dei trigliceridi con liberazione degli acidi grassi, conseguenza, a sua volta, di problemi durante la coltivazione (malattie), raccolta (troppi urti) e lavorazione (deve essere fatta il prima possibile). Se l’olio ha una percentuale eccessiva di I trigliceridi dell'olio di oliva sono ricchi di acidi grassi importanti, in particolare l’acido oleico (C 18:1, ώ9) e in quantità minori ma importanti di linoleico (C18: 2, ώ6) e linolenico (C18: 2, ώ3) in buona proporzione: tali caratteristiche rendono l’olio crudo estremamente digeribile e assimilabile dall’organismo umano e, sia per il suo contenuto ben bilanciato di insaturi sia per gli altri composti accessori presenti (vitamina E, provitamina A, polifenoli, …) con elevato valore anti-ossidante. Dato che la perfezione non è di questo mondo, notevoli quantità di olio di oliva sono decisamente troppo acide (o con altre imperfezioni) per il commercio: allora vengono “raffinate”, ovvero trattate in vari modi per migliorarne i contenuti e renderli legalmente commerciabili. Il prodotto viene mescolato con olii di oliva non raffinati ( ma troppo acidi per essere extravergini..) per ottenere “olio di oliva”, un prodotto con acidità non superiore al 3% che ha perso quasi tutte le caratteristiche anti-ossidanti (e presenta più forme trans) ma rimane di buona qualità nutrizionale soprattutto per cotture a caldo, cotture che di fatto inattivano gli anti-ossidanti citati. Nota: gli olii di semi e la margarina Vengono estratti chimicamente dalle polpe (dopo macinatura..) di vari semi, in particolare di mais, arachide, soia, vite (vinaccioli) e presentano altissimi valori di polinsaturi, il che li fa di buona 2 di 6 σά qualità alimentare da crudi e più sensibili al degrado ossidativo (se a contatto con l’aria, specie durante una frittura prolungata). Diversa è la composizione dell’olio ricavato dalla palma, più ricco di saturi, e dalla colza, ricca di un acido grasso, l’erucico, che sembra essere dannoso per il muscolo cardiaco: tali olii sono tipicamente presenti negli olii di semi vari in quantità ritenute non pericolose dalla legislazione vigente. Se si sottopongono gli olii (e alcuni grassi) ad un processo di ”idrogenazione”, ovvero si trasformano parte dei legami doppi in legami semplici con l’aggiunta di H, di fatto si avvicina la struttura degli olii a quella dei grassi, ovvero si trasforma un liquido in un solido, un olio in un burro, ovvero si produce la margarina. La composizione della margarina è estremamente varia, potendo essere morbida (basso punto di fusione) e/o derivata esclusivamente (monoseme) da un olio ricco di polinsaturi (arachide, vinacciolo, mais..) e mantenere una notevole somiglianza nutrizionale con gli olii di origine….oppure (poliseme e miste) derivare da olii più ricchi di saturi e da grassi e quindi essere sostanzialmente un grasso sia nella consistenza che nelle caratteristiche nutrizionali. I grassi Negli animali sono presenti tipicamente nel sottocute (il “lardo”) con funzione primaria di riserva energetica ma anche di coibenza termica, ausilio al galleggiamento (vedi foca) , ammortizzazione urti, differenziazione sessuale ma anche internamente attorno agli organi interni e, con diversa composizione, viene prodotto da ghiandole (come le sebacee nell’uomo o le analoghe uropigiali negli uccelli acquatici) con funzione di impermeabilizzazione e, naturalmente, sono presenti nel latte di tutti i mammiferi La loro composizione in acidi grassi è discretamente varia, infatti nei terricoli e nel latte essi contengono normalmente il 50/60 % di acidi grassi saturi però nel lardo essi sono tipicamente a catena lunga (C16 e C18) mentre nel latte è discreta la percentuale di acidi a catena corta (C5…C10): la cosa fa sì che i primi siano solidi, consistenti e si degradino più difficilmente mentre gli altri sono più liquidi e si degradano prima (vedi oltre) Negli acquatici (pesci, crostacei in particolare..) invece la percentuale di insaturi cresce sia per biosintesi interna sia per parziale accumulo di insaturi derivati dalle alghe di cui si nutrono… Anche in alcuni vegetali sono presenti grassi che hanno una composizione in insaturi molto vicina ad un olio, come nel burro di cacao. Mentre il burro contiene circa il 15% di acqua il lardo e in particolare lo strutto (che deriva dall’estrazione dei lipidi dal lardo, tipicamente suino..) sono quasi anidri. Sotto il profilo alimentare sono molto resistenti (per l’abbondanza di legami saturi) alla cottura ma tendono a formare più placche nei vasi. È difficile stabilire matematicamente la proporzione giornaliera tra olii e grassi, ma i nutrizionisti concordano che, senza demonizzare i grassi di maiale o altri, gli olii e i grassi da pesci dovrebbero essere la parte preponderante. 3 di 6 σά L’alterazione dei trigliceridi Una delle alterazioni più comuni è l’acidificazione, ovvero la separazione di uno, due o tutti e tre gli acidi grassi dal glicerolo (idrolisi..) : la presenza degli acidi naturalmente fa aumentare l’acidità del prodotto con ovvie ricadute sul sapore e profumo. Negli olii sono le radiazioni solari che stimolano tale processo, per cui conviene tenerli al buio o usare contenitori poco trasparenti mentre nei grassi, in particolare nel burro e meno in lardo e strutto (o sego, che è lo strutto bovino o equino..) è la percentuale di acqua che tende a stimolare l’idrolisi: proprio in questi prodotti tale processo comporta la liberazione di acidi a corta catena (poco presenti negli olii) responsabili dell’insorgenza di odori poco graditi (acido capronico…). Altra alterazione è l’irrancidimento di tipo chetonico, che si verifica per l’azione enzimatica di microrganismi (lieviti, muffe, batteri) che in alcuni casi è tollerato e ricercato per le particolari caratteristiche che determina in alcuni formaggi (Gorgonzola, Roquefort, vedi..). Nota: dato che tra le muffe interessate sono tipicamente presenti i Penicillum i tipici rappresentanti dei ceppi che hanno fornito il capostipite degli antibiotici, la penicillina, è possibile pensare che nella storia del genere umano il consumo di certi formaggi o insaccati abbia contribuito alla resistenza contro infezioni batteriche e che quindi la “strana” sopravvivenza alimentare di alcuni formaggi di aspetto e odore poco invitante sia anche dovuta ad una loro impensata attività farmacologica…! L’alterazione più importante è l’irrancidimento ossidativo, ovvero all’azione dell’ossigeno sugli acidi grassi insaturi: in pratica, secondo lo schema della CH3 reazione precedente, si formano tipicamente dei radicali CH3 (CH2)n enzimi + O2 (CH2)n liberi perossidi che a loro volta innescano reazioni a CH2 H2O catena con gli altri acidi grassi producendo svariati CH=O CH2 composti di odore e sapore sgradevole. CH2 La reazione avviene ovviamente in presenza di ossigeno COOH COOH molecolare e viene innescata dalla luce, dal calore e da vari tipi di catalizzatori, sia enzimatici sia metallici. In parole povere si può dire che per conservare bene gli olii occorre tenerli al riparo da luce, calore e aria e più “puri” possibili: ad esempio nell’olio di oliva le tracce di clorofilla sono forti attivatori delle reazioni sopraccitate in presenza di luce. Ricordiamo che alcune molecole vengono definite antiossidanti, ovvero neutralizzano l’azione dei radicali liberi: tra queste particolarmente attive la vitamina E ma anche quella C (acido ascorbico), le lecitine (nella soia, uovo..)..e i “tocoferoli”, vari tipi di molecole tipicamente presenti negli olii vegetali (che non abbiano subito trattamenti termici). Dato che i radicali liberi sono sicuramente pericolosi per l’organismo un alimentazione ricca in alimenti vegetali, particolarmente se crudi, sembra avere notevole effetto di protezione contro una serie di patologie, dai tumori all’invecchiamento cutaneo.. Ricordiamo…un radicale libero cos’è? Gli unici atomi isolati sono quelli dei gas nobili, che hanno una configurazione elettronica esterna “completa”, ovvero hanno completato lo “ottetto”. 4 di 6 σά Tutti gli altri non esistono come elementi isolati ma sono sempre legati ad altri con legame ionico, covalente o metallico cedendo, acquistando, mettendo in comune gli elettroni che servono per completare l’ottetto. In particolari condizioni un atomo o, più comunemente, un composto, possono, ad esempio, tipicamente “perdere” un atomo di H che, invece di andarsene come ione H+, ovvero senza il suo originario elettrone che rimane annesso e spaiato alla molecola iniziale, si stacca come “radicale libero”, H· , una specie chimica estremamente reattiva che, per appaiare tale elettrone, cerca di strapparne un altro a tutti i composti che incontra perturbando l’equilibrio molecolare. Nel caso degli acidi grassi uno degli H della catena diviene un H· che, in presenza di ossigeno (O2, ovvero O=O) si può dire che strappi un elettrone al primo ossigeno…che lo strappa al secondo che…che rimane con un elettrone in meno secondo la formula generale R-O-O·, ovvero un radicale perossido o R-O· (oppure un radicale alcossido R-O·). Le cere Sono sostanzialmente esteri “lineari”, ovvero formati da un solo acido grasso (saturo o insaturo) e un solo alcool, entrambi a lunga catena (es. tra i 14 e i 18 C). Sono tipicamente presenti nel mondo vegetale come “cere” che rivestono con strato sottile le pareti foliari per ridurre la perdita di acqua (in particolare nei cactus e simili..) ma anche in casi particolari di animali, vedi capodoglio )dove serve per regolare il volume e quindi la spinta idrostatica. Altra cera, la lanolina, è presente nella lana, in particolare degli ovini, come impermeabilizzante. L’uso delle cere va da quello “classico”, ovvero per lucidare mobili (cera carnauba, dalle foglie dell’omonima palma) alla confezione di rossetti (carnauba..), creme emollienti (lanolina), base per profumi (spermaceti, una volta in quanto oggi la caccia è proibita). Steridi Sono esteri di un particolare alcool policiclico, lo sterolo, che serve da base per un gruppo di composti molto importanti: in particolare ricordiamo il colesterolo, per la formazione delle membrane cellulari e degli ormoni cosiddetti steroidei (come quelli sessuali). Nota: l’emulsione I lipidi non sono solubili in acqua ma se nel liquido è presente una certa quantità di “tensioattivi” o “emulsionanti” allora si formano “micelle” (vedi sopra) sostanzialmente formate da una microsfera lipidica circondata da uno strato sottile di tensioattivo (polo idrofilo verso l’acqua, polo idrofobo verso l’interno lipidico..). 5 di 6 σά La bile è ricca di tali tipi di tensioattivi formati tipicamente da vari tipi di “lipo-proteine” che nell’apparato digerente (intestino tenue) tendono a “sciogliere” gli ammassi lipidici e a formare microgoccioline di diametro attorno al micrometro (i chilomicroni) che poi vengono assorbite e circolano nel sangue fino agli organi dove vengono utilizzate/modificate (in particolare il fegato). A seconda del tipo di “tensioattivi” si formano micelle più o meno dense che convenzionalmente vengono denominate HDL (Hig Density) o LDL (Low Density) e popolarmente vengono denominate colesterolo HDL o “buono” oppure LDL o “cattivo” . Un parte del colesterolo viene sintetizzata dal fegato mentre il resto viene introdotto mediante la dieta: se la quantità quotidiana non dovrebbe mediamente superare i 300 mg è anche importante la proporzione tra HDL e LDL; si sa che le carni rosse e in particolare i grassi di origine animale tendono a aumentare la presenza di LDL mentre gli olii e i prodotti ittici tendono ad aumentare la quota di HDL. Anche la lecitina, un lipide della categoria dei fosfogliceridi (sostanzialmente un trigliceride che sostituisce l’acido grasso in posizione tre con un gruppo fosforico unito ad un alcool..) agisce, tra l’altro, rimuovendo il colesterolo dai vasi . È tipicamente presente nel tuorlo d’uovo e in altri alimenti (germe di grano, semi di soia) 6 di 6 σά