Le promesse più o meno mantenute della democrazia deliberativa Luca Raffini Corso “Coinvolgere, Discutere, Decidere. Strumenti e temi della democrazia partecipativa” – Firenze, 9 aprile 2015 1 I professionisti della partecipazione Dalla politica come professione ai tecnici ai professionisti della partecipazione? La complessità dei problemi politici e sociali richiede soluzioni complesse. Altrettanto complessa è la gestione dell’interazione tra interessi, valori, punti di vista altamente differenziati e assai più frammentati e pluralizzati rispetto ad alcuni decenni fa. La complessità del lavoro di ricucitura richiede metodologie e strumenti sofisticati, e di conseguenza la presenza di apposite professionalità. Ciò non significa una delega della partecipazione ai professionisti! 2 Il ruolo degli esperti di partecipazione Devono, in primo luogo, individuategli strumenti migliori rispetto al tema, al contesto, agli obiettivi del processo e curarne la progettazione. A seconda dello strumento, possono avere una presenza più visibile (strumenti più strutturati, es. ETM) o meno visibile (strumenti meno strutturati, es. OST). Hanno il compito di garantire il rispetto delle regole e il mantenimento del focus. Devono gestire e “contenere” chi è più abituato a parlare in pubblico e/o manifesta interessi preferenze “forti” e strutturate e stimolare il contributo dei meno abituati/più timidi. Devono orchestrare il confronto e indirizzarlo verso gli obiettivi prefissati. Intervengono sulla forma, non sui contenuti!! Il partecipante accetta volentieri di essere assistito ma non i essere “portato per mano verso una soluzione”. Vuole sentirsi ibero e non strumentalizzato (Bobbio). 3 Creano un clima favorevole al confronto Il facilitatore/moderatore ha il compito di trasmettere l’idea che ognuno ha qualcosa da dire, che il suo contributo è importante quanto quello degli altri: è un motivatore. Incoraggia a partecipare all’evento e nell’evento. Crea un’atmosfera di fiducia e di sicurezza. Ha buona capacità di sintesi. Riesce ad utilizzare linguaggi diversi con i diversi partecipanti. 4 Non equidistanti ma vicini a tutti I professionisti della partecipazione sono esperti di metodi e tecniche ma, soprattutto, sanno relazionarsi. Oltre alle competenze in materia, garantiscono il carattere di terzietà del processo, rispetto ai partecipanti ma anche rispetto al promotore. È neutrale, ma più che equidistante da tutti deve essere percepito come vicino a tutti. Non si comporta come il giudice o il burocrate. Non impronta il suo rapporto con i partecipanti sulla distanza e sulla freddezza ma su vicinanza e informalità (carattere che assumono le relazioni anche tra i partecipanti) 5 Una pluralità di figure La figura del facilitatore si ha generalmente quando il processo prevede gruppi medio-piccoli (anche nel caso di eventi che prevedono la suddivisione in tavoli) e favorisce l’interazione. Il mediatore si occupa della risoluzione dei conflitti in processi negoziali cui partecipano parti contrapposte. L’animatore sociale realizza attività più ampie in un territorio, coinvolgendo attivamente gli attori (es.contratto di quartiere). In generale, il professionista/esperto di partecipazione imposta e gestisce il processo di partecipazione in tutte le sue fasi (Bobbio). 6 L’importanza della valutazione Ciò che si valuta è “se le politiche pubbliche costruite attraverso partecipazione e deliberazione sono davvero percepite come più democratiche , e se davvero funzionano meglio” (Citroni) Ex post e in itinere (Rowe e Frewer) Autovalutazione o valutazione esterna Interna: inclusività (se tutti gli interessi/opinioni/posizioni presenti nella società sono state incluse); qualità della deliberazione (in che modo e in che grado si è sviluppato un processo dialogico di scambio reciproco delle ragioni); indipendenza del processo. Esterna: outcome – accettazione e risonanza pubblica, raccordo con la sfera deliberativa e l’ambiente partecipativo più ampio. Impatto su processo decisionale ma anche impatto sociale in senso più ampio. Tre criteri: di processo; di impatto sui partecipanti e sulla comunità; di risultato in termini della singola decisione, ma anche sulla politics, oltre che sulla singola policy (Citroni, Freschi/Raffini). 7 Significati e impatti reali » Quale impatto reale? » Produzione di opinione e di decisione? Quale rapporto con il processo decisionale? » Risposta alle esigenze della PA o alle esigenze dei cittadini? » Amministrare con i cittadini, costruire simbolicamente il consenso, o controllare/neutralizzare il conflitto? 8 L’importanza della fase di ideazione/organizzazione Alfio Mastropaolo: «La vera partita di svolge nell’anticamera del processo deliberativo, vale a dire nei luoghi – tutt’altro che pubblici – in cui si definiscono le modalità di selezione di quella parte di cittadinanza che concretamente darà vita ai processi». 9 Inclusi, esclusi, autoesclusi » Introdurre un criterio di selezione implica escludere alcuni, o comunque introdurre un criterio di esclusione» Se lascio la «porta aperta» si verificherà una «autoesclusione». Il profilo del partecipante è uomo, over 55, istruzione medio-alta, politicizzato. Non partecipano giovani, immigrati, persone non interessate alla politica. » Quale rapporto con la partecipazione dal basso? Come ci rivolgiamo al cittadini comune (apatico) e al cittadini critico (attivo ma disilluso?) » Nei processi fondati sul campionamento davvero partecipa chi normalmente è escluso (immigrati, giovani, ecc)? » Ricerche empiriche dimostrano che è difficile coinvolgere chi non è interessato. E non è detto che includerli permetta di fare emergere la loro voce…Ci sono barriere visibili e invisibili 10 Le dinamiche interattive Chi è più abituato a parlare in pubblico e ha preferenze «forti» è più in grado di influenzare il dibattito. Si possono ricreare dinamiche strumentali (strategie da parte di gruppi organizzati, che «tradiscono» l’approccio individuale alla partecipazione, strategie di persuasine, ecc). Le personalità più conosciute possono assumere un ruolo da leader. Di tutte queste tendenze deve tenere conto chi idea e gestisce il processo, in modo da impedirle/attenuarle. 11 Lo strumento migliore è… Non c’è uno strumento, una metodologia, una tecnica «migliore» in senso assoluto. Lo strumento/gli strumenti migliori vanno scelti in base a una serie di variabili (chi vogliamo che partecipi, che relazioni vogliamo tra i diversi attori, quale è l’obiettivo, c’è una situazione conflittuale o no, ci sono idee e interessi prefissati e forti o è un percorso esplorativo, il tema richiede la presenza di esperti e contro-esperti… I processi più riusciti integrano metodologie ed approcci diversi, riuscendo così ad intercettare un pubblico più ampio. Coinvolgimento degli esperti, degli interessi, dei cittadini “comuni”, con livelli di coinvolgimento e intensità di partecipazione variabile. 12 La bacchetta magica » La politica è complessa, formarsi un’opinione e decidere su questioni come urbanistica richiede la capacità di gestire e comprendere molte informazioni. » La partecipazione non è una bacchetta magica, è un percorso cumulativo di crescita collettiva. È un modo per affrontare in modo più efficace la complessità, non per semplificare o banalizzare. » Ognuno contribuisce con le sue competenze e i suoi saperi, ma è un valore aggiunto per tutti che gli esperti possano fornire un contributo specifico. » Facilitare si, semplificare ni, banalizzare no. 13 Aprire un percorso di condivisione significa mettersi in gioco • I processi partecipativi sono per loro natura eventi precari, che spesso deviano dal percorso ideale programmato all’inizio (Nanz, Fritsche) 14 Partecipazione e conflitto » Un timore associato alla realizzazione di percorsi partecipativodeliberativi è che la partecipazione possa alimentare i conflitti. » Generalmente i processi vengono attivati su questioni caratterizzate da una conflittualità medio-bassa. » Deliberazione fredda vs deliberazione calda. Ma quando il clima è troppo caldo vi può essere deliberazione? » A livelli diversi di conflitto corrispondono strumenti e metodi più adeguati. » L’importante è essere consapevoli sia dall’inizio della presenza o meno di linee di conflitto e di scegliere lo strumento adatto. Ad esempio, il dibattito pubblico si presta alla gestione di situazioni conflittuali, la Giuria di cittadini molto meno (vedi caso del pirogassificatore di Castelfranco di Sotto). . 15 Laboratori di democrazia o democrazia in laboratorio? » Dalla politica di professione, ai tecnici, ai professionisti della partecipazione? » Come si lega il processo una-tantum con la prassi amministrativa ordinaria? Come può innescare trasformazioni di medio-lungo termine un processo che si limita a includere un cittadini sorteggiato che poi non sarà probabilmente più ricontattato? » La partecipazione è un’area di policy o, in prospettiva, un approccio ordinario all’amministrazione? » Importanza di un investimento politico reale 16 Il ruolo degli amministratori: non semplici committenti » Un buon processo partecipativo richiede il coinvolgimento di adeguate professionalità. » Al contempo, richiede una reale volontà politica e una disponibilità a mettersi in gioco da parte dei promotori (giunta comunale, consiglieri). » Richiede anche un impegno da parte degli uffici (nel dare risposte, fornire informazioni e documenti, valutare la fattibilità delle proposte, ecc). » Non «delegare» al processo partecipativo e ai professionisti incaricati la partecipazione. La partecipazione deve essere «partecipata». 17 Il microcosmo deliberativo e la galassia della deliberazione pubblica Valutazione dell’inserimento dell’arena deliberativa nel contesto sociale, politico, partecipativo e deliberativo più ampio (in entrata) e della connessione con le istituzioni della rappresentanza e il processo decisionale (in uscita). Perché non si realizzino forme di democrazia in provetta ma laboratori di democrazia, vi deve essere una stretta connessione tra l’arena micro e gli altri contesti deliberativi (quello generale, la sfera pubblica, quelle conflittuali, i contro-pubblici, quelle decisionali, le assemblee legislative). L’arena deliberativa non va concepita come un sistema chiuso, ma come uno strumento radicato in un sistema deliberativo più ampio, che si propone di stimolare e rafforzare (Floridia). 18 I rapporti con i canali della democrazia rappresentativa e con il processo decisionale » Tema molto dibattuto e utilizzato come elemento di critica da parte di comitati e altri attori collettivi. Si chiede al promotore di un processo l’impegno ad assumere il risultato dello stesso. Ma ciò è possibile? E soprattutto, è desiderabile? » Processi partecipativo-deliberativi non in contrapposizione/alternativa alla democrazia rappresentativa, ma ottica di rafforzamento e arricchimento. » Il canale della rappresentanza rimane lo strumento più universale e inclusivo di partecipazione. » Non vi può essere un impegno ad assumere direttamente l’esito di un processo partecipativo, che può andare in contrapposizione al mandato elettorale. » Tra promotori e partecipanti vi è un patto fiduciario. » Legge Toscana; i promotori si impegnano, se non assumono l’esito del processo, a motivarne le ragioni. 19 Informazione. Trasparenza. Comunicazione » È una dimensione fondamentale, prima, durante e dopo il processo partecipavo-deliberativo! Informazione e trasparenza sono il presupposto e il primo gradino di qualsiasi processo di partecipazione. Il secondo gradino è la comunicazione PA-cittadini (di tipo bidirezionale). Poi vi è la consultazione, quindi la partecipazione e l’autogoverno/cessione di p » Non si inizia una costruzione dal tetto! 20 Le regole auree per impostare un percorso di partecipazione Collocazione a monte del processo decisionale Esistenza reale di alternative Chiarezza degli obiettivi Chiarezza nei tempi nei metodi Chiarezza nel rapporto con il canale della rappresentanza Metodo di coinvolgimento: inclusione di tutti i soggetti interessati/chiarezza dei loro ruoli. Ricognizione iniziale fondamentale. Raccordo con altri canali/forme di partecipazione Strumenti di monitoraggio e di valutazione export e in itinere Scelta dello strumento/i più adatto/i i base a obiettivi, soggetti coinvolti, tema, ecc (non c’è uno strumento migliore per tutto). 21 La buona partecipazione Alimenta in chi partecipa la sensazione di avere contribuito a qualcosa di utile. Contribuisce a mettere in discussione l’idea che la politica sia una cosa noiosa: può essere un modo per conoscere altre persone e trascorrere qualche ora insieme. Alimenta la disponibilità al dialogo con i concittadini e la fiducia nei confronti dell’amministrazione. Favorisce la sensibilità verso il rispetto e la cura dei beni comuni (es. il rapporto con una struttura pubblica realizzata a seguito di un processo partecipativo). Non si esaurisce nel processo ma genera una continuità di pratiche, livello sociale e istituzionale. Riesce a coinvolgere i giovani, che sono solitamente i più distanti dalla politica). 22