Il genitivo maschile in -ας
Author(s): Anna Morpurgo
Source: Glotta, 39. Bd., 1./2. H. (1960), pp. 93-111
Published by: Vandenhoeck & Ruprecht (GmbH & Co. KG)
Stable URL: http://www.jstor.org/stable/40265837 .
Accessed: 23/10/2013 06:53
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II genitivo maschile in -as
Von Anna Mokpubgo, Rom
1. Fra le particolaritàmorfologichedéliaflessionein -a, lo Schwyzer
(Or.Gr., I, p. 560) registra alcune forme sporadiche di genitivo
singolare maschile in -aç, attestate in epigrafi dialettali. Ricollegando questi genitivi abnormi con quei nominativi singolari
maschili in -a che ci son noti dalle testimoniale epigrafiche, lo
studioso tedesco asserisce che queste forme rappresentano la continuazione deU'originariaflessione dei nomi in -a che, in fase arcaica,
non faceva distinzione morfologica tra maschili e femminili; pertanto, a differenza dei testi letterari, le epigrafi conserverebbero
un notevole arcaismo morfologico.
Taie interpretazionedi un fenomeno, rilevato per la prima volta
dal Bechtel in una iscrizione megarese1), è stata accolta in quasi
tutte le grandi grammatiche storiche del greco e nelle maggiori
opère di dialettologia: la condividono - per non citare che alcuni
tra gli studiosi più autorevoli - il Buck, il Meillet, il Wackernagel
etc.2); da ultimo la ha ripetuta corne dato di fatto che non puô
nemmeno essere oggetto di discussioni, lo Szemerényi in un suo
lavoro dedicato appunto allô studio morfologico del genitivo singolare maschile délia flessione in -a3).
La documentazione che si suole citare a proposito di questi
genitivi è sempre la stessa, salvo alcune lievi variazioni; manca
ovunque perô la precisazione di quei dati fondamentali che sono
necessari per una retta interpretazione del fenomeno. Converra
pertanto analizzarequeste forme, considerandoper ognuna di esse il
testo in cui compare,l'ambiente dialettale in cui va inserita e l'epoca
cui la si deve attribuire; le recenti scoperte e edizioni di epigrafi4)
M Collitz-Bechtel, SGDI, 302520.
2) Cf. CD. Buck, The Greek Dialects, Chicago 1955, p. 87; A. MeilletJ. Vendryes, Traité de Gramm. Gomp. des Langues Class., Paris 19532, p. 446;
J. Wackernagel, Vorlesungeniïber Syntax, Zweite "Reihe,Basel 19272, p. 20 s. ;
ved. anche P. Chantraine, Morphologie historique du grec, Paris 19472, p. 41.
L'intero problema è discusso e risolto nel senso che si è detto da F. Solmsen,
Eigennamen dis Zeugen der Stammesmischung in Bôotien, "Rhein. Mus.",
N. F. 59 (1904), p. 481 ss. (ap. 494 ss.).
3) O. Szemerényi, The Genitive Singular of masculine -â-stem Nouns m
Greek, "Glotta", XXXV (1956), p. 195 ss.
4) Puô essere utile precisare che i testi micenei scritti in Lineare B non
danno alcun apporto al problema di cui ci occupiamo: il genitivo maschile
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AnnaMorpurgo
ci permetteranno inoltre di porre a frutto una docujnentazione
più ampia di quella generalmente utilizzata1).
2. Tra quei testi che hanno una certa consistenza, vale a dire che
non sono costituiti soltanto da uno o due antroponimi,il più antico
risale al quinto secolo a. C. : si tratta di un distico elegiaco inciso
su una lastra sepolcrale trovata neH'Acarnaniasettentrionale, ma
scritta in caratteri corinzi2):
IlqoxXeiàaç rods aâfia xexX\easrac êvyvç ôôoïo
hog neql xâç avrô yâç \ &âvefiaQvajbievoc
délia prima declinazione présenta già la terminazione -a-o e non sembra che
vi siano esempi sicuri di genitivi in -a di nomi maschili. La poca perspicuità
dei testi e la scarsa individuazione délie parole e dei morfemi nella grafia
spesso non permettono di stabilire con sicurezza il génère grammaticale dei
sostantivi e, in particolare, degli antroponimi, di modo che anche una
possibile forma in -a rimarrebbe sempre incerta e soggetta a discussione.
D'altronde, anche se questa fosse realmente attestata, le regole del sistema
grafico miceneo permetterebbero di intenderla sia corne ~âçsia corne -â< -ao
(per quanto una simile contrazione non sembri probabile in questo stadio
délia nostra documentazione del greco). Anche la terminazione myc. -o di
nominativo singolare maschile e femminile è di nécessita ambigua, cosicché
in un sostantivo corne ex. gr. te-re-ta si potrebbe vedere tanto un reXeorâ
quanto un reteoràç. Per il nominativo e genitivo délia prima declinazione
micenea manca ancora uno studio sistematico che offra anche uno spoglio
completo délia documentazione; tuttavia buona parte dei problemi che essa
pone sono già stati rilevati e discussi nel lavoro citato dello Szemerényi e in
un précédente articolo di H. Geiss, Zum Genetiv der Moskulina der â-Deklination auf -ao, "Glotta", XXXV (1956), p. 142 ss.
x) Mi sono giovata oltre che dei vari manuah e degli studi più recenti sui
dialetti greci, anche, e soprattutto, del Bulletin Epigraphique délia "Revue
des Etudes Grecques" e del "SupplementumEpigraphicumGraecum" [SEG].
Nonostante la cura posta nella ricerca è probabile che qualche testimonianza
mi sia sfuggita perché non tutto Timmenso materiale fornito dalle iscrizioni
greche è egualmente riscontrabile ; per le epigrafi di Epidauro, dell'Etolia e
dell'Acarnania il lavoro è di molto facilitato dagli utilissimi indici grammaticali
posti dal Hiller von Gaertringen e dal Klaffenbach a complemento delVeditio
minor dilG, IV, 1 (1929) e di IG IX, I, 1 (1932), 2 (1957); lo stesso si dica
per parte délie iscrizioni pubblicate nelle Fouilles de Delphes (Tome III).
Tra gli esempi citati dallo Schwyzer, loc. cit., non sono riuscita a rintracciare,
corne già lo Szemerényi, il lac. AoimeiôaQ; in ogni caso, se questa forma fosse
realmente testimoniata, la rotata finale in luogo délia sibilante la rivelerebbe
tarda. Occorrerà inoltre correggere la documentazione elencata in Schwyzer,
loc, cit., per ciô che riguarda il genitivo Aixalaç che non è acarnese, ma
delfico.
2) IG IX, I2, 2, 214 (IG IX, I, 521); Collitz-Bechtel, SGDI, 3175; CauerSchwyzer 140; Buck, Dial., p. 295, n. 95; ved. anche W. Peek, Griechische
Vers-Inschriften I, Berlin 1955, p. 24, n. 70. Awerto sin d'ora che, fin dove è
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L'interpretazionegrammaticale del primo verso non è sicura. NelTantroponimoiniziale si potrebbe vedere oltre a un genitivo, corne
potrebbe far credereun generico confronto con le formule parallèle
dello stile epigrammatico, anche un nominativo che grammaticalmente, anche se forse non concettualmente, non farebbe difficoltà.
Mancanoesempi sicuri che permettano di sostenere questa seconda
interpretazioneche per altro è stata ripetutamente proposta da vari
studiosi e trova parzialmente consenziente anche l'ultimo editore1).
In ogni caso occorreràguardarsidal dar troppo credito a un esempio
cosi discusso.
Le altre forme di genitivo maschile in -aç appartengono a un
periodo molto più tardo. Numerose lacune danneggiano pressoché
irreparabilmente un'iscrizione acarnese (di Thyrreum) del III
secolo a. C. Per quanto sia tutt'altro che sicura la restaurazione
dei singoli antroponimi, non ci dovrebbe sfuggire perô il significato
possibile, mi atterrô al testo délVeditio minor délie IG e, in mancanza di questa,
a quello délYeditio maior. Là dove ciô non pu6 recar danno all'intelligenza
del testo ho semplificato o tolto alcuni segni diacritici per adeguarmi ai
criteri più noti ai filologi classici e ai linguisti.
*) Ci si è richiamati (ved. Kaibel, Epigr.gr., 182) a Plut. Alcib. 204c:
â)v yàg êxéxrtjro (scil. TiaaoupêQvtjç)
naQaôeiaœvrov xdXharov .... Aha$iaàr\v
xaXeïvë&ero' xal ndvTsgotircoxaKovvxeçxal nooaayoQ&ôovTeç
ôieréAow,e a C.I.G.
2058, B 5: ëœç o$ ô tjqodçZcooiaç "usque eo ubi Sosiae beati monumentum".
L'ultimo editore, il KlafTenbach, propone invece un confronto con l'iscrizione
pubblicata in W. R. Paton-E. L. Hicks, The Inscriptions of Cos, Oxford 1891,
p. 185, n. 225:
Mvfjixa IloXwixo 'Hoaxfoiôrjç' êTzéarrjaev\ ràôe ftrjrrjQ
Etiorvxiç àêvaov \ xôafiov âjio^âifjiévov.
rifiutando il suggerimento degli editori di sottindendere ëarrjaev dopo
'HoaxAeiôrjç.Tuttavia, eccettuato forse quello di Plutarco, nessuno dei passi
citati puô dare un valido aiuto nell'interpretazione dell'epigrafe di cui ci
occupiamo; il confronto resta necessariamente generico come, del resto,
ancor più generico e meno calzante è il richiamo a quegli epigrammi sepolcrali che mostrano sicure forme di genitivo (si vedano ad esempio quelli citati
in P. Friedlânder, Epigrammata, Berkeley-Los Angeles, 1948, p. 74, n. 64).
L'indagine grammaticale deve qui accentrarsi sul verbo xexÀeaerai (che non
compare invece nelle altre formule messe di solito a confronto) e sul particolare vigore stilistico che puô assumere un nominativo messô in posizione
di rilievo all'inizio del verso. Pertanto mi sembra non solo possibile, ma
anche probabile, che qui si abbia un nominativo, che è forse dovuto a precise
esigenze stilistiche, ma che, in ogni caso, rende benissimo il concetto che si
vuole esprimere: "Questa tomba portera il nome di (sarà chiamata) Prokleidas".
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Anna Morpurgo
complessivo del periodo1):
ôlcov[oç7iQo^év\ov(^)el[jiev xal evegyerag]
. . .]
râç nofaoç rœv OvQqeiœvKXeoq)â[vrj
Xâova
IJevxeorov, Zœn\_
S]nrjrov
svlaç Kaaaœnaiov avrovç xal êyy6[vovç si\ç âjLiaranavra xrX.
In un contesto siffatto non vi è posto per un nominative*e, d'altro
canto, un genitivo femminile non avrebbe ragion d'essere; in ]ev(aç
o [B]evlaç,perché l'integrazione sembra certa, si puô quindi vedere
soltanto un genitivo maschile in -aç che indichi il nome del padre
di ZV*m[.
Ancora all'Acarnaniae al terzo secolo a. C. si riporta un'iscrizione
mutila che tratta di una vendita di campi: in una série di antroponimi al genitivo, il nome Açlaraç si trova accanto a una forma
di genitivo del tipo consueto AXxéra2):
o]W8VÔ0X0VVT(OV V71EQ xàfl
xal rœv
xal ov/biTZQofîovÀcov
7iQof}ovX]ov
rœv
]|
Evxçâreoç, Avxiaxov,
A]2.éÇvoç,Aqioraç, AXxêra,
]oç, Aqiorœvoç, Avxiaxov, Ay\la~\
@i\Afjfiovoç,MvaoixQar[eoç>. . .]
Circa alla stessa epoca risalgono due iscrizioni delPEtolia. La
prima di esse è datata dall'ultimo editore, il Klaffenbach,alla prima
meta del terzo secolo, ma da altri autori alla seconda meta dello
stesso secolo3); vi si ritrovano gli esempi più perspicui e, direi, più
pertinaci, di genitivo maschile in -aç. E'un decreto di prossenia
fatto dal xoivovdegli Etoli ; sebbene il testo richieda numerose integrazioni, per una fortunata coincidenza le lacune non toccano mai
!) IG IX, I2, 2, 243 (IG IX, I, 484). Il testo qui citato del Klaffenbach
non differisce sostanzialmente da quello del Dittenberger, se non perché
al r 3 respinge corne brevius il supplemento Edni\}iov.
2) IG IX, I2, 2, 245 (IG IX, I, 485) da Thyrreum.
3) IG IX, I2, 1, 13. L'iscrizione è riprodotta parzialmente in CauerSchwyzer 384, dove perô al r. 13 si legge Enona in luogo di Exônaç, secondo
il testo dato dal primo editore, il Soteriades, in AQX.Aekz., I (1915), p. 45.
La datazione è discussa perché sia il Soteriades che il Plassart ("Bull. Corr.
Hell.", 39, 1955, p. 131) identificano Znônaç con il pretore del 220/19, mentre
il Klaffenbach preferisce pensare a un avo di questi; in ogni caso perô
l'epigrafe va datata al terzo secolo a. C.
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Il genitivo maschile in -aç
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la desinenza delFantroponimo che ci intéressa. Difatti di contro
alla formula consueta arQarayovvroç
(oppure èni atQarayov)Znona
che
ben
volte
sei
nell'epigrafe (11.3, 6/7, 10,
Tqi%oviov ritorna per
Zxonaç Tqlxovlov
13, 21, 29), si ha per ben cinquevolte argarayovvroç
(11.17, 25, 33, 41, 45).
La stessa anomalia grammaticale si ripete, come si è già detto,
in un altro decreto di prossenia (IG, IX, I2, 1, 31120)databile al
205/4 secondo il Klaffenbach, e, comunque, a un anno sicuramente
posteriore al 220/19 a. C.1):
Zxôna Tqi%ov\i\OTQarayéovToç
OV TO TQITOV, Î7Z7CaQ%é0VT0Ç@CLLV[é]-
aç Açaivoéoç, yQajj,jLtarevovro[ç]
06a TQi%ovéo<;
nQoÇeviav AlrcoXol ëàœxav nxh
ritorna poche righe
II normale genitivo Oaivéaal posto di &aivéa<;
una
identica
nella
su
stessa
in
formula
(11.107/8):
epigrafe
più
Oaivea \ Agaivoéoç
înnaQ%êovToç
II testo sintatticamente e grammaticalmente più intéressante è
offerto perô da un'epigrafe rinvenuta ad Epidauro e scritta in dialetto megarese2). E' la testimonianza di un arbitrato tra Epidauro
e Corinto compiuto dai Megaresiper incarico délia lega Achea per
dirimereuna complicata questione di confini; la sua redazione deve
risalire, per concorde consenso degli studiosi, a un periodo compreso
tra il 242 e il 234 a. C. Buona parte dell' iscrizione è occupata dall'elenco dei luoghi geografici che servono di punto di riferimento
per la descrizione dei confini che vengono fissati dai TeQ/uovitjovvTec.
*) IG IX, I2, 1, 31119.Le righe qui riportate (118- 122) si trovano anche
in Cauer-Schwyzer,386a, dove perô si accetta la lezione del Soteriades,
Aqx- Aekv., I (1915), p. 49, &aivéa in luogo di <&aivêa<;.
2) IG IV, I2, 71 (IG IV, I, 926); Collitz-Bechtel, SGDI, 3025; CauerSchwyzer, 157; Buck, Dial., p. 296 s., n. 99. Per una retta interpretazione
dell'epigrafe puô anche giovare la traduzione pubblicata in R. Dareste,
B. Haussoullier, Th. Reinach, Recueil des InscriptionsJuridiques Grecques,
II, p. 343, di cui ci limitiamoa riportarealcune righe che contengonoi nomi
che ci interessano:"... De la pointe qui dominela route carrossablejusqu'à
la pointe qui se dresse sur le mont Phaga. De la pointe qui se dresse sur le
mont Phaga à la pointe qui se dressesur le mont Aegipyra. De la pointe qui
se dresse sur le mont Aegipyra à la pointe du mont Araea. Du mont Araea
à la pointe qui . . ."
Glotta XXXIX 1/2
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AnnaMorpurgo
Ne riportiamo alcune righe che contengono la particularité grammaticale che ci intéressa (11.11/12; 16- 23):
xarà rade
ofaoi ôè èneXûôvreçènl ràv yéqav \ êreqjuôviijav
àno rov qâ%ioçrov vnèq xàv ZxoX\Xeiâv \v\no ràç Aveiaç ènl rov xoqvyov
rov vnèq râç ôÔovrâç â/ia \£iro[v râ]ç xarayovaaç ènl ro Zniqalov àno
rov xoqv(povrov vnè\q râç [ô]ôov râç âpaÇirov ènl rov xoqv<povrov ènl
rov ènl
rov 0âyaç ' àno \\ rov xoqvtpovrov ènl rov 0âyaç ènl rov xoqvq>ov
rov Alyi \nvqaçmàrcorovxoovyov rov ènl râç Aîyunvoaçènl rov xoqvyov \
rov r[ov] Aqaiaç* àno rov Aqaiaçènl rov xoqvyov rov vno râi IIérq\ai'
àno rov vno râi Ilérqai xrX.
Che 0dyaç ripetuto due volte e Aqaiaç (due volte) siano genitivi
singolari maschili sembrerebbe assicurato inequivocabilmente dall'articolo rov; un singolare cambiamento di génère grammaticale
si avrebbe invece per il toponimo Alytnvqaçpreceduto una volta da
rov e una volta da râç. E'proprio questa anomalia che ci mette
sulla strada giusta per spiegare il fenomeno. Se a distanza di una
riga lo stesso genitivo Alymvqaçè accompagnatoprima dall'articolo
maschile e poi da quello femtninile, ciô non puô essere dovuto alla
"confusion caused by the identity with the feminine form"1), ché
certamente non è sufficiente la coincidenzadi due morfemi per far
obliterare nella coscienza di chi parla o scrive la nozione del genere
grammaticale. E' bensi vero il contrario; in questo caso il prius
nella coscienza linguistica dello scriba e del parlante in genere non
è certamente il peculiare aspetto morfologico, quanto il genere
grammaticale del sostantivo. Le ambiguità cui danno luogo i nomi
geografici sono note2); l'abitudine costante di premettere al toponimo, oronimo etc. un sostantivo come "città", "monte" etc.
provoca, quando vi è discordanza di genere tra il nome proprio e
sostantivo che gli si accompagna, un apparente incertezza grammaticale che ha per conseguenza evidentemente non un diverso
x) Cosi C. D. Buck, Dial., p. 297; con minor sicurezza anche il Dittenberger osservava in margins a IG IX, I, 521 (ma sempre a proposito di rov e
râç AlymvQaç); "nescio an haec confusio generis masculin! et feminini ex
ipsa terminations aequalitate nata sit". Ci si potrebbe allora domandare
come mai la coincidenza dei morfemi di dativo e accusativo singolare e di
nominativo, genitivo, dativo e accusativo plurale non abbia provocato un
continuo oscillare tra maschile e femminile di tutti i nomi délia prima
declinazione.
2) Cf. J. Wackernagel, Vorles., II, p. 33 s. Per il genere degli oronimi che
generalmente, se appartengono alla prima declinazione, sono femminili, si
veda Kuhner-Blass, Griech. Gramm., I, p. 358.
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Il genitivo maschile in ~aç
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modo di declinare il nome geograficoin questione, se questo appartiene alla prima declinazione, ma piuttosto un suo diverso modo di
comportarsi nei riguardi degli aggettivi, articoli etc. che vengono
con esso concordati nelle relazioni sintagmatiche. In ultima analisi
il fenomeno per cui in una stessa iscrizione si ha xov Alymvqaçe xâç
Alyucvqaçnon è diverso da quello per cui in italiano ci si riferisce
a un monte del Cadorechiamandoloindifferentemente"il Civetta" o
"la Civetta"1). Nel primo caso l'articolo è concordato con*la parola
"monte" sottintesa, nel secondo direttamente con ,,Civetta"; cosi
o a qualche altro
in xov Alymvqaç,xov si riferirà a ôqovço a X6<pov
sostantivo semanticamente affine; in xâç AîyujvôqaçTarticolo è
invece concordato senz'altro con Alymv'qaç.Se si accetta questa
spiegazione che sembra offrirel'unico modo di risolvere le difficoltà
create dai due diversi sintagmi, non vi è allora più motivo di vedere
in Oâyaçe in Aqaiaç un'anomalia morfologica. Entrambi i nomi si
potranno intendere corne normali genitivi femminili, preceduti da
un articolo maschile che non è concordato con loro, ma con un altro
sostantivo non espresso.
Problemi diversi e forse più complessi sono posti da un'iscrizione
tessalica di Phalanna pubblicata per la prima volta dal Lolling e
da lui datata a qualche tempo dopo la proclamazionedi Flaminino
airistmo (196 a. C.) mentre il Kern la attribuisce al terzo secolo2):
. . . xaysvovxovv \ Evâq%oiEvaqxeioi, \Kqaxeqaioi Ilavaaviaioi, \ Zxqa'
TVJinoiAaxQaxvjineloi,
\ KXeoXâoiAvxixqaxeioi, \ Nixiaç HqaxÀeiôaioi \\
*'iTUioxXeaioi
IlQovxayoqaioi \ &aAavvalovva
'InnoxQaxeiç
\ EvqvX6%ol
xxL
nàhq ëàovx\e Ileqqaipoïç
Se Nixiaç si intende cornegenitivo si deve accettare un'eguale interpretazione anche per 'Innoxqâxeiçe si viene ad avère pertanto la
singolare anomalia di due forme di genitivo di diverse flessioni
eguali ai corrispondentinominativi. D'altro canto si è osservato,
apportandodi ciô una ricca documentazione,che, in questo come in
altri casi, è possibile che in unalunga enumerazionedi antroponimi
x) II fenomeno non riguarda soltanto il linguaggio popolare, ma anche
quelloletterario: da un esame dei passi in cui appareil nome del M. Civetta
nell'Enciclopedia Italiana risulta che due volte esso è preceduto dalla
parola "monte" e, naturalmente, dall'articolomaschile (XIII 106; XXXV
975), due volte dall'articolomaschile soltanto (XIII 107; XXXV 975) e una
volta dal semplice articolo femminile (III 633).
2) IGIX, 2, 12286ss.; Collitz-Bechtel, SGDI, 1329; cf. H. G. Lolling,
"Athen.Mitth.", VII (1833),p. 101 ss. (a p. 102).
7*
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Anna Morpurgo
Tinadistrazione dello scriba provochi un brusco passaggio morfologico dal genitivo al caso usato più di consueto in elenchi siffatti, il
nominativo di rubrica1). La presenza di ^Innoxqâxeiçfa dubitare
quindi che sia necessariopensare a un genitivo per Nixlaç e lascia
aperta la possibilità che la parola vada intesa come nominativo2).
Altre testimonialize si ricavano da alcune iscrizioni di Delfi
databili ad epoche disparate: nella più antica (seconda meta del
secondo secolo) vengono elencati sotto l'intestazione leQojLivafÂoveovxœv xœvôe anche Aoxqœv' \ Ilheioxêaç, Oeofivâoxov. A%aiœv \ Ayaoi-
xqâxovxxL3). Circaun secolo più tardi è stata incisa una lapide in
cui si ricorda che d nofaç xœv AeXyœv ëôœxe Mévcovixai &ikœvi roïç
IloXvaç vîoïç | àrêXeiavxxX.*).
Anche due manumissionesdel secondo quarto del secondo secolo
a. C. presentano l'anomalia grammaticale di cui ci occupiamo: nella
prima il PePaiœxrjqxaxà xov vojliovè chiamato &ttœv Aixalaç5); nella
seconda lo stesso ufficio è compiuto da Aa/névrjç
'Oqéoxaç6).11nome
di quest'ultimo personaggio ricompare altrove, seguito perô dalla
regolare forma di genitivo 'Oqéaxa1).
!) Cf. F. Bechtel, "Hermes", 37 (1902), p. 632. L'osservazionedel Hoffmann, "Philologus",N. F. 16 (1903),p. 156,che un nominativoè da escludere
perché il patronimico che lo segue è al genitivo, per quanto degna di nota,
non sembrasufficienteper dare la certezza che Nixlaç sia un genitivo, tanto
più se si considérache tutta l'iscrizioneprésenta numerosescorrettezze.
2) La questione è complicata anche dal confrontod'obbligocon la cosiddetta iscrizionedi Sotairos(IG IX, 2, 257; Cauer-Schwyzer,557; Buck, Dial.,
p. 225, n. 35) in cui forse compare- ma la lettura è discussa un genitivo
a
considerare
si
che
parallelo 'Innoxoaxeic(cf. Hoffmann,
potrebbe
0eQexQdreç
245
ss. e p. 248). Vedendo un genitivo
15
N.
F.
(1902),
p.
"Philologus",
cadrebbeogni obiezionecontro un eventuale genitivo
anche in 'IjinonoâTeiç,
Nixiaç (cf. anche T. Kalén, "Eranos",XXII, 1924, p. 139 s.). E' perô chiaro
corne i dati siano troppo incerti per potercisi fondare e corne, tutto compreso, l'ipotesi délia negligenza dello scriba, sia ancora la più convincente.
Nella stessa iscrizionesi è voluto vedere ancora un altro genitivo maschile
in -aç al r. 20, dove in realtà si legge soltantoXEIMAZZ\ [. . .]XOU.Poiché
in questo testo il rigo si concludesempre con una parola o, almeno, con una
sillabaintera, è necessariopensarea un erroredelloscriba; Temendamentopiù
plausibile appare quindi quello del Bechtel (art.cit., p. 633) che intégra
XelfxaAaa \ tvôxov. Su tutta la questione si veda anche G. Prellwitz, De
dialecto thessalica,Diss. Gôttingen 1885, p. 36; R. van der Velde, Thessalische Dialektgeographie,
Nijmegen-Utrecht 1924, p. 86 s.
3) Collitz-Bechtel,SGDI, 250431;Fouilles de Delphes,III, 5, 14.
5) Collitz-Bechtel,SGDI, 173212.
4) Collitz-Bechtel,SGDI, 26062.
«) Collitz-Bechtel,SGDI, 188610.
7) Collitz-Bechtel,SGDI, 1736; cf. anche Fouilles de Delphes,III, 3, 925;
ibid., 476.
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Il genitivo maschile in -aç
101
Si puô datare al 170 a. C. circa un elenco di êsaçodoxoidisposti
secondo Fordine geografico délie città cui appartengono1). Tra gli
arcadi sono nominati :
èv Kvvai'&ai' Açiaxo/btéda Aa/uayiôaç,
Evaxéaç, Zâxvgoç ITsÀoniôa
UdrvQoç OevÇévov xxX.
Anche se lo Schwyzer e altri autori non esitano a considerare
genitivo, rimane aperta la possibilità che lo scriba abbia
Aa/Ltayiôaç
involontariamente invertito l'ordine consueto délie parole e che in
realtà AQiaxopéôasia il genitivo che indica il nome del padre e
il nominativo. In conclusione,poiché non sembrapossibile
Aajuaylôaç
annettere a questo esempio lo stesso valore che si deve attribuire
agli altri, si puô notare che le iscrizioni di Delfi presentano coi nomi
Aixaiaç, 'Ooéoxaç, almeno quattro esempi sicuri
nXsioxêaç, TloXvaÇy
di genitivo maschile in -aç, databili a un periodo compreso tra la
seconda meta del quarto e il secondo quarto del secondo secolo a.C.
Ancora un esempio proviene da un'iscrizione cirenaica délia II
meta del IV secolo (Collitz-Bechtel, SGDI, 483337); non sembra
che segue confunzioni
infatti da emendare il genitivo Av[aÇ?]ayoQaç
di patronomico il nome di XaigeolAaçin un elenco di Xo%ayol
neÇœv
altro
un
nella
stele
Patti
si
dei
veda
A.
(per
possibile esempio
di
Braun, ,,Rivista
Filologia Classica", X, 1932, p. 238).
Cheilfenomenonon si debba considerarecronologicamentelimitato
entro un brève periodo lo dimostra un'epigrafe molto più tarda.
E' un'iscrizionelaconica datata al 115 d.C circa2). All'intestazione:
Fégovreç ènl Ao(vxlov) Ov\o\Xoaarjvov AQiGToxQârovç,
œv TZQéa^vçô ouzoAvxovgyov xo ç' yeQovxevœv.
segue un elenco di antroponimi:
MsArjoiimoç Evxfajxov,
[Zœ]avÔQoç Tqvcpœvoç ô9,
["E]Xevoç ÇEtevov) xo e',
Ayiâôaç AafioxQaxiàaç,
ZcoaixQaxrjç TavxâXov xxX.
x) IG V, 2, p. XXXII; si tratta di un nuovo frammento di Collitz-Bechtel,
SGDI, 2580, databile al 175-70 a. C. circa.
2) L'iscrizione è stata pubblicata da A. M. Woodward, "BSA", XXV
(1923-25), p. 164 (ved. anche p. 175 s.); cf. SEG XI, 569. Ayidôaç seguito
dalla consueta forma di genitivo Aa/xo>cQarlôa
compare anche in SEG XI, 5648.
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102
AnnaMorpurgo
L'espunzione del g di Aa/ioxQariôaçaccolta in entrambe le edizioni
di questo testo, sembra avventata, per quanto non si possa
negare che a epoca cosl tarda un genitivo di questo tipo riesca
nuovo.
3. Bimane ancora da analizzare una série di testi che abbiamo
inizialmente lasciato da parte a causa délia loro brevità e dell'incertezza della loro interpretazione. Si tratta per lo più di lastre sepolcrali o di brevi dediche alla divinità. Due di esse sono state trovate
in Acarnania e probabilmente appartengono entrambe al terzo
secoloa. C.In marginea IG IX, I2, 2, 293 : (Thyrreum;fine III secolo) :
'Yfatoraç
l'editore annota : "eY^giaraçprobabilitergenitivus i. e. pater intellegendus est", ma è palese come vi siano anche altre possibilité di
interpretazione: potrebbero essere stati scritti due nomi indipendenti in asindeto oppure, come si è già notato altrove, si potrebbe
avere un'inversione del consueto ordine delle parole e *Yf}Qlota<;
potrebbe essere il nome del figlio e ]cooixaquello del padre al genitivo1) etc. Simili problemi sorgono nelTanalisidi un'altra iscrizione:
'
Yyieiai \ 'iTUiovina\ Mewelaç,in cui persiste il dubbio se 'Innovixa
e Meweiaçsiano due antroponimiindipendenti, come sembra probabile, o se invece Feventuale genitivo Mevveiaçindichi il nome del
padre di 'Innovlxa2).All'Etolia si deve invece una lapide3) su cui si
scritti
leggono soltanto i tre nomi Aixaionohç | Nixâraç \ MoXvaxQcog
sembra aggiunto
su tre righe diverse; tra di essi il terzo, MoXvo%qioç,
solo posteriormente. Le possibili interpretazioni sono sempre le
stesse : o tre nomi distinti in asindeto, o un antroponimoseguito da
un genitivo e da un etnico. Ancora più discutibile e, se possibile,
incerta è l'esegesi di un testo dell'Argolide e, più precisamente, di
Fliunte4). In margine ai due nomi che vi si leggono Ocojuavrac|
x) E' chiaro che una simile interpretazione è possibile solo apatto di intendere ]<ootxa, comunque lo si voglia integrare, come maschile e non come
femminile. Come esempio di iscrizione in cui il patronimico précéda il nome
proprio si puô citare quella spartana del VI - V secolo a. C, pubblicata da
A. M. Woodward in "BSA", XXVII (1925-26), p. 253 s.; cf. SEG, XI,
638.
2) IG IX, I2, 2, 445 (IG IX, I, 456) da Alyzia. E' datata dal Klaffenbach
al 200 a. C. circa.
3) IG IX, I2, 1, 157 (IG IX, 1, 423); Cauer-Schwyzer, 393. Callium, III- II
secolo a. C.
*) IG IV 462.
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Il genitivo maschile in ~aç
103
non cum editoribus
AqxixXeiaaM. Fraenkel annota: "©œ/jiâvTaç
censendus est nominativus, sed more Phliasio genitivus". Un brève
esame délie annotazioni aile iscrizioni precedent! permette di osservare che pressoIG IV 452 lo stesso editore ricordache nelle iscrizioni
di Fliunte "mortuus fere semper indicatur casu genitivo", ma che
subito dopo aver riportato il testo di IG IV 453: Ayvcov\ &otviaaaç
è costretto a precisare che "Vs. I certum est non fuisse genitivus".
4. Se ora si cerca di organizzarei dati raccolti in modo da ricavarne délie indicazioni complessive,conviene innanzitutto lasciar da
parte, come avevamo fatto in un primo momento, le più brevi
iscrizioni e, tra le altre, quelle che risultano di interpretazione
incerta. Escludendo pertanto dal nostro computo anche Tiscrizione
di Megarae quella tessalica, che pure sono quelle che hanno indotto
gli studiosi ad ammettere l'esistenza del fenomeno, ci troviamo di
fronte a dieci o undici esempi di genitivo maschile in -aç che appartengono ad epoche differenti e a differenti aree dialettali. Tra di
essi il più antico, che peraltro è estremamente discutibile e incerto,
si deve considerarecorinzio (V secolo), due si devono alTAcarnania
(III secolo), due all'Etolia (stessa epoca), quattro o forse cinque a
Delfi (uno délia fine del IV secolo, uno del III secolo e due, o forse
tre, del secondo quarto del secondo secolo), uno (II meta del IV
secolo) a Cirene. L'ultimo e più tardo esempio è attestato in un'iscrizionelaconica del secondo secolo d. C.
Non sembra quindi possibile, anche se abbiamo ritenuto opportuno invalidare alcuni degli esempi più frequentemente citati,
negare l'esistenza del fenomeno e del problema che esso pone. I dati
sin qui raccolti perô son già sufficienti per far abbandonare l'idea
che queste forme rappresentino un arcaismo morfologico; difatti,
se cosi fosse, ci si dovrebbe aspettare che le testimonialize più
numerose risalissero a un'epoca abbastanza antica, mentre, corne
si è visto, il nucleo più cospicuo dei genitivi in -aç è attestato verso
la fine del terzo e Tinizio del secondo secolo a.C. D'altro canto,
poichè comunemente si afferma che i genitivi in -aç appartengono
a aree dialettali in cui sono attestati anche i corrispondentinominativi in -a e si crede di avère in ciô la riprova délia teoria che
individua in queste forme dei fossili linguistici, conviene riassumere
brevemente i dati che ci son noti su questo peculiare morfema di
nominativo.
E' noto che la poesia omericatramanda nel suo linguaggio formulare alcuni nominativi singolari in -a di antroponimi ed epiteti
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104
Anna Morpurgo
maschili1). D'altro canto le iscrizioni dialettali contengono alcune
forme di nominativo in -a di antroponimi maschili. Fondandosi su
un'iscrizionemetrica di Cefaloniain cui un esametro si inizia con il
nominativo *Eyaoîàae sulla constatazione che questi antroponimi
non presentano la caratteristica comune agli epiteti omerici e
cioè non terminano in -ta, si tende a ritenere - probabilmente a
ragione- che in queste forme la vocale finale sia lunga. Si includono
invece nel gruppo di nominativi in -a breve, oltre a quegli epiteti
che, comunquedocumentati, si rivelano dovuti all'influssodell'epica,
anche due nomi comuni in -ra attestati in iscrizioni arcaiche2).In
ogni caso, comunque vada risolto il problema della classificazione
delle prime forme cui abbiamo accennato, esso non tocca troppo
da vicino la nostra ricerca: quel che per il momento ci intéressa di
stabilire è solo quali siano le relazioni tra i nominativi asigmatici e
i genitivi che abbiamo esaminato3).
II nucleo più cospicuo di esempi è attestato nelle epigrafibeotiche
in cui il fatto che il genitivo presenti ancora la terminazione non
contratta -ao esclude che si possano confondere le forme di nomix) Cf. Schwyzer,Or.Gr., p. 560 e la bibliografiaivi citata; P. Chantraine,
Gramm.Horn., I, p. 199. I problemi posti da queste forme di nominativo
sono noti; per alcuni sarebberoantichi vocativi usati in funzione di nominativo, per altri originarieforme di nominativo con il grado ridotto della
vocale finale (-a < *-a). Si veda da ultimo E. Risch, Das homerischeTypus
înTcôraNéorcoQ und perlera Zevç, in Sprachgeschichte und Wortbedeutung.
Festschrift A. Debrunner,Bonn 1954, p. 389 ss.
2) reheardin un'iscrizionedi Olimpiadel VI secolo a. C.: Collitz-Bechtel,
1149;Cauer-Schwyzer,413; Buck, Dial., p. 261, n. 62; fedara in un'iscrizone
rov Aq%.
locrese del V secolo a.C.i'IIaQdQrrjfia
AeKr.,1920- 21, p. 151. Per un
eventuale nominativo naiéra attestato in Esichio, si veda Bechtel, Griech.
Dial, I, p. 267.
3) Si potrebbe pensare che questi nominativi asigmatici siano dovuti a
semplicetrascuratezzadello scriba. Difatti, mentre un erroregraficosembra
da escludereper i genitivi in -aç, appare più probabileche in una scrittura
affrettata il lapicida dimentichi di scrivere un -ç finale di parola, anche là
dove questo rappresentaun elemento desinenziale con precise funzioni di
individuazione morfologica; di errori paralleli si possono trovare esempi,
solo che si scorrauna raccoltadi iscrizioni,per i nomi della flessionetematica
in cui talora, anche se raramente,la finale del nominativo è scritta -o e non
-oç. In realtà un lapsus banale è sempre possibile e per ogni testimonianza
occorreràstabilire di volta in volta se è fededegna o se invece conviene
respingerla.Kimane perô il fatto che, se la mancanza della sibilante finale
dei nominativimaschilifosse dovuta esclusivamentea negligenzadel lapicida,
il fenomenonon dovrebbe essere limitato, come in realtà lo è, a particolari
aree dialettali, ma lo si dovrebbe riscontrare in tutta la documentazione
epigraficadi lingua greca.
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Il genitivo maschile in -aç
105
nativo asigmatico con le corrispondentiforme di genitivo1). La
datazione approssimativa dei document! permette di attribuirli a
un periodo abbastanza antico: il primo di essi risale al VI- V
secolo; degli altri, tre sembrano piuttosto tardi, ma i rimanenti
appartengonoo al quinto secolo o a un'epoca non molto posteriore2).
Li indichiamo qui di seguito :
Moyéain un'iscrizionemetrica di origine incerta. VI- V secolo a.C.
Il ritmo giambico permette sia la quantità lunga che la quantità
brève délia vocale finale. IG VII 3467; Collitz-Bechtel,SGDI, 1133;
Cauer-Schwyzer,441; Buck, Dial, p. 228, n. 38, 5. Cf. S. R. Adrados, Diez InscripcionesBeocias, Madrid 1953, p. 65.
Ev]oQfilôain un testo lacunoso da Tebe, scritto bustrofedicamente
su un vaso fittile. Lo Szanto che ha pubblicato per primo l'iscrizione in "Athen. Mitth.", XV (1890), p. 402, n. 39, considéra
che appartenga "einer sehr alten Zeit" (VI- V secolo?). IG VII
3738.
in un iscrizionedi Thespiaedélia seconda meta del quinto
IIv&iovLxa
secolo. In un elenco di uomini caduti in guerra,si riferiscea un nome
proprio che, cornetutti gli altri nominativi dell'iscrizione,présenta
la regolare forma in -aç. IG VII 1888 b9; Collitz-Bechtel, SGDI,
791; Cauer-Schwyzer,478.
KaXXéaancora in un elenco di caduti da Thespiae. Stessa epoca del
précédente. IG VII 18899.
^Môanell'ansa di una hylix da Tebe, senz'altro contesto. La forma
dei caratteri denuncia che l'iscrizione è arcaica. IGVII 4124;
Cauer-Schwyzer,472 B 17.
Evytxoviôada Tanagra e senza contesto ; scritto in caratteri arcaici
da destra a sinistra. IG VII 3508; Cauer-Schwyzer,452, 20.
KaXXia
all'inizio di un esametro su una stele sepolcraledi Haliartum.
Il Larfeld (Syïl. Inscr. Boeot. 142b) la pone tra le iscrizioni anteriori
al 350 a. C, ma è da riportare a una data précédente (VI/V secolo).
IG VII 2852; Cauer-Schwyzer,499; Peek, Griech.Vers-Inschriften,
p. 23, n. 62.
Neariôa su una pietra sepolcrale di Anthedon. IG VII 4209; CauerSchwyzer, 548 B 8 ("litteratura recentiore").
*) Cf. Thumb-Scherer,Handbuchder griech.Dial., II, p. 35.
2) Per i nominativi beotici asigmatici si veda in particolare L. Sadee,
De Boeotiae titulorum dialecto, Halle 1903, p. 50; Bechtel, Griech. Dial., I,
p. 268.
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AnnaMorpurgo
AnoXkovlàasu una stele assieme a un nome femminile. Il Dittenberger annota "Hic duorum hominum viri et mulieris nomina
nominativo casu coniuncta esse statuo". IG VII 4231.
senza altro contesto su una lapide di Thisbae. L'osservaA&rjvdôa
zione del Solmsen (art. cit.) che l'esempio non va inserito tra i nomi
beotici a causa dell' -rj-al posto di -â- nella seconda sillaba del nome,
non ha per noi molta importanza. Anche se dovuto ad influsso
attico, si tratta sempre di un nominativo asigmatico attestato in
Beozia. IG VII 2257.
Gli ultimitre esempi,e inparticolare ilterzo,appartengono verosimilmente a un periodo piuttosto tardo.
Altre quattro testimonianze provengono dall'Etolia :
''
IIvQqiavicino all'etnico HqanXeeracin un decreto di prossenia
di Thermus, databile al 223/2 a. C. IGIX, I2, 1, 3145; ved. il
seguente.
'HqaxXeœTariferito al nominativo IIvQQiaçin un altro luogo dell'iscrizione citata sopra. IGIX, I2, 1, 3151.
in una manumissio di Phistyum databile alla meta del
BovàÔQxa
secondo secolo. IGIX, I2, 1, 1083.
di una manumissio di Phistyum databile a
Aqconivatra i fiaQXVQoi
a.
C.
il
I2, 1, 9714.
IGIX,
dopo 184/3
Le altre regioni forniscono esempi isolati, anche se venerabili
per antichità :
in una dedica ad Apollo di Amyklaion in Laconia. VII
AoQxovida
secolo a.C. "Athen. Mitth.", LII (1927), p. 63 (per la datazione
p. 34 e p. 36). SEG, XI, 689.
sEx<roiôain un'iscrizione metrica (due esametri) incisa su un disco
di bronzo trovato nell'isola di Cefalonia. VI secolo. IGIX, 1, 640.
Cauer-Schwyzer,430.
su un vaso trovato a Dodona, ma che reca l'iscrizione
0iXo7cXeàa
votiva di un Leucade. VI- V secolo. Collitz-Bechtel, SGDI, 3179;
Cauer-Schwyzer,143.
Z^ona in un'iscrizionedi dedica ad Atena incisa su una base calcarea
trovata in Locride (Halae). Inizio del quinto secolo. "AJA", 19
(1915), pp. 442-44; Cauer-Schwyzer,359.
Kivêada Fere in Tessaglia in un'iscrizionedel quinto secolo. IG IX,
2, 426. Cf. R. van der Velde, op. cit., p. 84.
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Il genitivo maschile in -aç
107
5. E'sufficiente questo esame sommario délie testimonianze per
stabilire alcuni punti importanti. Buona parte dei nominativi
maschili in -a risale ad epoca piuttosto arcaica: gli esempi databili
al quinto secolo o a epoca anteriore sono almeno altrettanto numerosi di quelli databili al quarto secolo o a un periodo più tardo. La
distribuzione geografica di queste forme è quanto mai varia: la
Beozia ne présenta un numéro pari a più del doppio di quello délie
altre regioni messe insieme e quest'ultime, se si fa eccezione per
PEtolia, conoscono solo esempi isolati1).
Mettendo a confronto questi dati con quelli raccolti per i genitivi
in -aç si osservano délie notevoli discordanze. Le epigrafi beotiche
in cui sono attestati numerosi nominativi in -a non presentano
alcun genitivo in -aç e, viceversa, TAcarnania e la Focide, che
danno la documentazione più fededegna dei genitivi in -aç, non
conoscono nominativi in -a. L'unica zona in cui Farea di diffusione
délie due anomalie morfologiche coincide, è l'Etolia che perô non
présenta esempi anteriori al terzo secolo. Ancora più grandi sono le
divergenzecronologiche.La più antica testimonianza dei nominativi
in -a risale al settimo secolo ; quella dei genitivi in -aç a un'epigrafe
di interpretazione incerta del quinto secolo; se non si tiene conto
di questo esempio non sicuro occorre ridiscenderesino alla seconda
meta del quarto secolo. Ciô che ha maggior interesse è perô che,
cornesi è già avuto occasione di notare, il maggior numéro di nominativi in -a appartiene a un periodo compreso tra il settimo e il
quinto secolo a. C, inentre tutti i genitivi in -aç (eccetto forse uno)
sono attestati in iscrizioni databili tra la fine del quarto secolo (un
esempio) e il secondo secolo d. C. La distanza cronologica tra le
testimonianze dei due morfemi anche là dove essi appartengono
alla stessa area dialettale risulta chiaramente dai due esempi délia
Laconia: il nominativo Aoqxoviôaè attestato nel settimo secolo a.C,
nel secondo secolo d.C.
il genitivo AajuoxQarlôaç
Da queste constatazioni risulta corne non sia possibile stabilire
un rapporto tra i nominativi in -a e i genitivi in -aç che non sia
quello délia semplice coesistenza in una piccola parte délie zone
dialettali in cui essi sono attestati. Si rivela cosi privo di fondamento quel sostegno che la pretesa contemporanea presenza dei
x) Per alcuni nominativi asigmatici attestati nelle iscrizioni vascolari
attiche si veda P. Kretschmer, Griech.Vaseninschriften,Gûtersloh 1894,
p. 184; è probabileperô che essi siano realmenteda imputaread erroridegli
scribi, corne ritiene il Kretschmer.Lo provano il tipo di iscrizioni cui essi
appartengonoe la trascuratezzacon cui sono scritte.
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Anna Morpurgo
nominativi in -a nelle stesse aree dialettali dei genitivi in -aç sembrava apportare alla tesi dell'arcaicità di quest'ultime forme.
Pertanto, poiché a causa délia seriorità délia loro documentazione
non è più possibile intenderle come fossili linguistici, si è senz'altro
indotti a riconoscere in esse il prodotto di un'innovazione morfologica che, pur senza mai riuscire a imporsi definitivamente, si è
attuata, o indipendentementeo per reciprociinflussi,in varie epoche
e in varie aree dialettali.
Una conclusione siffatta non è nuova; già nei grandi manuali di
K. Brugmann e di H. Hirt1) si attribuivano queste forme anomale
aU'influssoanalogico dei genitivi femminili della stessa declinazione.
I due linguisti tedeschi perô o non si sono posti il problema di come
si potesse giustificareun'innovazioneanalogica che in ultima analisi
aveva come risultato di portare alia coincidenza dei morfemi di
nominativo e genitivo maschili, o lo hanno almeno implicitamente
risolto ammettendo che l'innovazione investisse la declinazione dei
maschili nella sua totalità e che pertanto ai genitivi in -aç corrispondessero ovunque e di nécessita nominativi in -a.
Si è già osservato che quest'ultimo punto, per quanto dato per
scontato dalla totalità degli studiosi, pure non corrispondea realtà
e anzi viene contraddetto di continuo dalle testimonianze; si esclude
cosi anche che il fenomeno sia dovuto a una più générale tendenza
alla scomparsa dell'opposizione morfologica tra maschili e femminili della flessione in -a e si riapre il problema di quale sia stato
Timpulso che abbia potuto provocare un siffatto mutamento limitato a poche aree dialettali e, in queste, a pochi antroponimi.
6. L'eterogeneità sia delle epoche sia dei dialetti in cui sono
attestati i genitivi in -aç induce a ritenere che essi non siano dovuti
a una série di imprestiti interdialettali che abbiano causato la
diffusione di un fenomeno attuatosi inizialmente in un unico dialetto, ma che siano piuttosto da attribuire allo sporadicoriprodursi
di una stessa innovazione che si è realizzata indipendentemente in
varie aree dialettali sotto l'impulso delle stesse cause. Ne consegue
la nécessita di ricercare quel tratto comune ai vari dialetti che
giustifichi il bisogno o, comunque, la spinta a un'innovazione. Un
esame di quei testi che abbiamo già discusso nei dettagli permette
di notare che in quasi tutti alla forma abnorme di genitivo in -aç
si accompagnanoi consueti genitivi contratti in -a"(< -âo) che son
x) Brugmann-Thumb, Griech. Gramm., p. 257 e p. 263; H. Hirt, Handbuch
der griech. Laut- und Formenlehre2,p. 341 ; cf. anche Thumb -Kieckers, Handbuck der griech. Dial., I, p. 131.
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Il genitivo maschile in -aç
109
proprii dei dialetti dorici e nord-occidentali. Anche là dove le
iscrizioni da noi studiate non contengono queste forme esse sono
perô saldamente documentate in epigrafi coeve appartenenti alla
stessa area linguistica. Ciô significa in sostanza che le sporadiche
forme in -âç vengono a sostituirsi a forme in -â che non si distinguono in niente dal puro tema e che quindi appaiono scarsamente
determinate, soprattutto se considerate nel quadro générale délia
flessione greca in cui il segnacaso zero o, in altri termini, la mancanza di individuazione morfologica rispetto al tema nominale, è
propria del solo vocativo e talora del nominativo, ma non degli
altri casi flessionali.
Di qui la nécessita di una rideterminazioneche si è attuata nel
modo più immediato, avvalendosi cioè di elementi desinenziali
proprii dei corrispondentimorfemi di altri tipi flessionali: possono
aver quindi contribuito alFinserimento délia sibilante finale nella
terminazione -â dei genitivi maschili sia l'influsso analogico délia
finale -âç dei genitivi délia prima declinazione, sia, anche se con
analogia meno diretta, la desinenza -oç dei sostantivi atematici.
Se il fenomeno non ha avuto maggior diffusione, ma è rimasto allô
stato di tentativo sporadico e isolato, cioè è dovuto certamente al
fatto che il nuovo morfemadi genitivo cosi formatosiveniva a coincidere con il corrispondentemorfema di nominativo. E' chiaro quindi
che Finnovazione deve aver trovato un terreno particolarmente
fertile là dove essa si è incontrata con quei nominativi maschili in
-a per cui, in seguito a un primo esame délie testimonialize, ci
sembra legittimo mantenere la tesi délia formazione arcaica, senza
per altro rinunciare a vedere, almeno in alcuni e nei più tardi fra
essi, délie innovazioni che, a partir da una certa epoca, possono essere
anche dovute a influssi stranieri e, in particolare, latini1). Se i genitivi maschili in -aç di nuova formazione trovavano vicino a se dei
nominativi in -a di una qualsiasiorigine cadeva il principaleostacolo
che si opponeva alla loro diffusione; d'altro canto, nemmeno
in queste condizioniaffatto favorevoli, Finnovazionepoteva riuscire
a imporsi, sia per la scarsità numerica dei nominativi in -a sia - e
soprattutto - perché il nuovo tipo flessionaleche si sarebbe venuto
cosi a creare avrebbe provocato un mutamento ben più sostanziale.
Con esso difatti sarebbe venuta a mancare nella flessione in -a ogni
individuazionemorfologicadell'opposizionetra femminilee maschile
mentre la storia successiva del greco dimostra corne questo
1) Cf. E. Mayser, Gramm. der griech. Pap., I, 2, p. 2.
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Aima Morpurgo, II genitivo maschile in ~aç
sistema linguistico, pur nella sua evoluzione, tenda a conservare e
anzi a rafforzarela distinzione formale tra i generi1).
Una riprova dell'esattezza délie nostre conclusioni per ciô che
riguarda l'origine prima dell'innovazione si ha dalTesame di quei
gruppi dialettali che presentano forme di genitivo ben individuate
rispetto agli altri casi e al tema nominale. Si tratta sostanzialmente
deH'ionico-attico,con la sua énormedocumentazione,del beotico con
le sue numerose testimonialize di nominativi in -a, e dell'arcadecipriota. In nessuno di questi dialetti si hanno forme di genitivo
maschile in -âç (o *-tjç< -âç) : né le varieforme di genitivo dell'ionicoattico (ion. -rjo,-eco,-eo etc. ; att. -ov) né le forme non contratte in
-ao e in -av del beotico e dell'arcade-cipriota2)avrebbero potuto
giustificare un'innovazione siffatta. Il beotico in particolare ci dà
cosl la riprova, se pur ce n'era bisogno, dell'indipendenzareciproca
dei nominativi asigmatici e dei genitivi in -aç.
D'altro canto le modalità dell' insorgere del fenomeno che ci
intéressa sono illustrate da un'iscrizione tessalica pressoché coeva
(terzo secolo a.C.) alla maggiorparte délie testimonianza di genitivo
in -aç3).In essa sono attestate due forme mutile di genitivo maschile
in -aoç, dovute evidentemente a una rideterminazione délie consuete forme in -â attuata per mezzo délia desinenza-oç dei sostantivi
atematici inserita direttamente sul tema nominale o senz'altro sul
genitivo in -â. Si ha in ciô un perfetto parallelo con il processo che
abbiamo ritenuto di dover postulareper spiegarela formazionedei ge*) Come ha osservato il Seiler, "Glotta", XXXVII (1958), p. 47, aile
forme di nominativo e di genitivo maschile e femminile délia prima declinazione competeva in greco il ruolo non di "Allomorphe", vale a dire di
varianti non distintive dei morfemi di nominativo e di genitivo, ma di veri e
propri morfemi con funzioni distintive rispetto al génère.
2) La vitalità del genitivo maschile arcade risulta bene dal fatto che nel
dialetto di Tegea anche il genitivo femminile présenta la terminazione -av
(cf. Thumb-Scherer, Handbuch der griech. Dial., II, p. 128 s.). Si tratta
evidentemente di un processo di analogia parallelo, ma inverso, a quello
che abbiamo ricostruito per spiegare le forme di genitivo maschile in -etc.
3) IGIX2, 23746; Collitz-Bechtel, SODI, 327; Cauer-Schwyzer 568. Cf.
anche R. van der Velde, op. cit., p. 87. Basandosi su queste forme di genitivo
Hoffmann ha voluto spiegare i genitivi in -aç come derivanti da contrazione
di -aoç (cf. Die griech. Dial., II, p. 538; "Philologus", N. F. 15, 1902, p. 248).
L'ipotesi, che pure ha avuto un certo successo, sembra assolutamente
insostenibile per mancanza di documentazione; del resto già il Prellwitz,
De dial. Thess. cit., p. 36, si rifiutava di accettare che "ab nominibus propriis
in -xûeaç terminationem -aoç ad cetera omnia esse translatant atque denique
contractant".
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Olivier Masson, Notes Epigraphiques
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nitivi maschiliin -aç.In questeformemodellatesisulgenitivo singolare
dei femminili délia prima declinazione e dei sostantivi atematici si
potrà quindi vedere un tentativo di rideterminazionedi un morfema
che, in seguito a una série di modificazionifonetiche, non appariva
più sufficientemente individuato rispetto al tema nominale e al
resto del paradigma.
Notes Epigraphiques
Par Ouvieb Masson, Nancy
I. Le nom AéÇifoç
L'anthroponyme grec AéÇioç,tiré de l'adjectif de bon augure
ôetjioç,est un nom assez courant, et qui ne semble pas appartenir
spécialement à une région ou à une époque particulière1).
Pour l'adjectif ôeÇioç, on sait depuis longtemps que la forme ancienne devait être *ôeÇifoç,jusqu'ici non attestée, qui correspondau
gaulois *deocsivos,fém. Dexsiva dea2).
Une première confirmationde cette forme a été apportée pour le
nom propre par les textes mycéniens. Le nom de-ki-si-wo, qui
représentede manièreévidente AéÇifoç,est connu à la fois à Knossos
etàPylos3).
Une seconde confirmation peut être donnée par un exemple
nouveau, dans un dialecte qui a conservé longtemps intact le /
intervocalique, à savoir le pamphylien. Dans une série d'inscriptions
*) II ne paraît pas nécessaire de donner des exemples, car il s'en trouve
dans la plupart des recueils d'inscriptions; quelques références tirées des
auteurs chez Pape-Benseler, Wb. griech. Eigennamen, s. v. (écrit AeÇiéç).On
notera queBechtel, Histor. Personennamen (Halle 1917), croit utile de distinguer deux noms: l'un, 500, serait un sobriquet, et l'autre, 120, un hypocoristique, car "[AéÇioç]ist als Benennung von Sklaven und Freigelassenen
mit dem Adjectivum ôegiàç identisch . . . Als Name von Bûrgerlichen kann
er auch als Verkurzung aufgefafit werden". Cette hypothèse est indémontrable, et sans doute inutile : pour les Grecs il n'y avait qu'un seul nom AéÇioç.
2) Voir Frisk, Griech. etym.Wb. I, 366, avec encore quelque hésitation;
Pokorny, Indogerman. etym. Wb. I, 190; cf. P. Chantraine, MvtfftrjçxolqivI
(1956), 61.
3) Ventris-Chadwick, Documents in Mycenaean Greek (Cambridge 1956),
96, 417; O. Landau, Mykenisch-Griechische Personennamen (Gôteborg 1958),
41, 177, 199.
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Il genitivo maschile in -ας