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Approfondimento 1: Il riflesso barocettivo
1. Il riflesso barocettivo: generalità
Il riflesso barocettivo riveste un ruolo chiave nella regolazione e nel mantenimento della pressione
arteriosa media in risposta a rapide perturbazioni costituendone, quindi, il meccanismo di controllo
a breve termine. Come tale, è coinvolto negli aggiustamenti pressori che si attuano nelle
modificazioni posturali e nella transizione riposo-esercizio.
Più propriamente, il riflesso barocettivo è rappresentato come un sistema dinamico di controllo
a feed-back negativo. La variabile controllata (la pressione arteriosa, in questo caso) è monitorata
per mezzo di recettori posizionati in posti chiave ad alta pressione del circuito idraulico vascolare. I
recettori, inviano al centro di controllo informazioni sul valore della pressione arteriosa locale
attraverso informazioni codificate in modulazione di frequenza: la frequenza di scarica dei
potenziali di azione che viaggiano lungo le vie nervose afferenti è proporzionale, almeno in un
determinato ambito di pressione arteriosa, al valore della variabile monitorata. La pressione
misurata è confrontata dal sistema di controllo con un valore di riferimento, o set point. Se il valore
letto si discosta da quello di riferimento, il sistema di controllo è in grado di generare un output di
intensità proporzionale alla differenza misurata. Inoltre, è in grado di agire su opportuni effettori
periferici in modo da annullare tale differenza. Come si può notare, quindi, il sistema appena
descritto è del tutto analogo al termostato che nella nostra abitazione consente di mantenere una
temperatura ambiente costante: in questo caso, il termometro misura la temperatura; il sistema di
controllo la confronta con quella preselezionata; la caldaia è accesa o spenta per mezzo di comandi
che provengono dalla centralina in modo da correggere la differenza tra ciò che è misurato e ciò che
è stato selezionato.
2. I determinati della pressione arteriosa
Al fine di comprendere meglio come la modulazione dell’attività degli effettori periferici da parte
del sistema di controllo possa correggere le variazioni di pressione, giova ricordare quali siano i
determinanti fisiologici e fisici della pressione arteriosa del nostro circuito idraulico vascolare. A
questo fine, basta ricordare la legge di Ohm applicata ad un flusso di liquido (assunto in regime
pienamente laminare per semplificarci la vita):
Q! = ∆P/R
(1;
dove Q! corrisponde al flusso (massa di sostanza o volume di liquido per unità di tempo); ∆P
indica il gradiente di pressione a cavallo del tratto di circuito considerato; R sono le resistenze
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idrauliche totali, che dipendono essenzialmente dal raggio dei singoli vasi, dal numero dei vasi in
parallelo di ogni singola sezione e dal numero di sezioni idrauliche poste in serie l’una all’altra. Nel
nostro caso, ∆P è uguale alla differenza tra la pressione media nell’aorta (Pa) e la pressione
nell’atrio destro, assunta uguale a zero.1 Q! , a sua volta, è uguale al prodotto della frequenza
cardiaca (FC) per il volume di eiezione (Ve): Q! = FC • Ve. Se riarrangiamo l’equazione 1, e
svolgiamo Q! nei suoi termini, possiamo esprimere la dipendenza tra Pa e i suoi determinanti
fisiologici:
Pa = Ve • FC • R
(2.
Il sistema di controllo rappresentato dal riflesso barocettivo, quindi, è in grado di modificare Pa
nella dovuta direzione modulando FC, Ve e R. Per esempio, un abbassamento della pressione può
essere corretto aumentando la frequenza cardiaca, il volume di eiezione e le resistenze periferiche.
Le prime due possono essere modulate dall’attività delle due branche del sistema neurovegetativo:
per esempio, la riduzione dell’attività parasimpatica, mediata dal nervo vago, e l’aumento di
quella del sistema simpatico sono in grado di aumentare: i) la frequenza della depolarizzazione
spontanea del cuore e; ii) la contrattilità del muscolo cardiaco con conseguente aumento di Ve.
Viceversa, l’aumento dell’attività parasimpatica, mediata dal nervo vago, e la riduzione di
quella del sistema simpatico sono in grado di diminuire: i) la frequenza della depolarizzazione
spontanea del cuore e; ii) la contrattilità del muscolo cardiaco. La variazione dell’attività del
sistema simpatico, infine è responsabile della variazione delle resistenze sistemiche R.
Accanto ai determinanti fisiologici, va enumerato un fattore fisico in grado di condizionare
indirettamente Pa. Esso è costituito dal volume di sangue circolante effettivo (Vs). Vs è uno dei
fattori in grado di condizionare il ritorno di sangue dalla periferia al cuore. Sappiamo che, in
ossequio alla legge di Frank-Starling del cuore, il ritorno venoso influenza il volume di eiezione.
Una diminuzione del volume circolante, per esempio un’emorragia, diminuisce il ritorno venoso e,
di conseguenza, Ve. La riduzione della gettata cardiaca che esita da questa situazione conduce ad
ipotensione.
I barocettori
I barocettori sono localizzati a livello del seno carotideo e dell’arco aortico. I barocettori carotidei
sono innervati da fibre nervose afferenti del nervo del seno che fa parte del sistema del IX paio dei
nervi cranici (glossofaringeo); quelli aortici sono innervati da fibre afferenti del X paio, la branca
depressoria del nervo vago. I barocettori, in verità, sono dei meccanocettori: lo stimolo efficace è
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In verità, essa è normalmente di 2-3 mm Hg. Visto il valore così basso, non si commette un grande errore se la si
assume, in soggetti sani, uguale a 0.
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costituito dalla variazione della tensione parietale, a sua volta dipendente dalla pressione
transmurale esistente a cavallo delle pareti. Un aumento repentino della pressione transmurale
produce una depolarizzazione dei recettori con relativo potenziale di recettore depolarizzante.
L’aumento della pressione, in realtà, genera una risposta bifasica: dopo una depolarizzazione
transitoria di grande ampiezza (componente dinamica), si instaura una più modesta ma costante
depolarizzazione (componente statica) proporzionale all’intensità dello stiramento causato dalla
pressione transmurale.
La variazione di ampiezza transitoria ed iniziale del potenziale di recettore è accompagnata da un
altrettanto transitorio aumento della frequenza di scarica delle vie afferenti. La successiva
depolarizzazione stabile di minore ampiezza corrisponde ad una frequenza di potenziali di azione
costante, ma inferiore. E’ possibile costruire una curva di risposta registrando la frequenza di
scarica di una singola unità recettoriale in funzione di variazioni stabili di pressione: questa curva è
sigmoidale e dimostra che al di sotto di valori di circa 40 mm Hg (pressione soglia) non si ha
alcuna risposta. E’ comunque da tenere presente che non tutti i recettori in un dato sito hanno le
stesse caratteristiche. Mano a mano a mano che la pressione aumenta, le differenti unità singole
barorecettoriali iniziano a scaricare a diversi valori di pressione. Quindi, la risposta totale dei
barocettori è il risultato dell’aumento della frequenza di scarica delle unità già attive e del
reclutamento di nuove unità sino a che si raggiunge un livello di saturazione pari a circa 200 mm
Hg.
La risposta dei recettori nel seno carotideo e nell’arco aortico è diversa. I recettori dell’arco
aortico, se confrontati con quelli del seno: i) hanno soglia più elevata per la pressione statica e
dinamica; ii) continuano a rispondere valori di pressione ai quali quelli del seno sono già saturati;
iii) sono meno sensibili a variazioni dinamiche della pressione; iv) sono meno sensibile alla
diminuzione della pressione.
Organizzazione neurale
Il centro di controllo cardiovascolare del midollo allungato coordina i segnali veicolati dalle
afferenze barorecettoriali ed è responsabile della regolazione cardiovascolare. Nella compagine di
questo centro è possibile distinguere un’area vasomotoria ed un’area cardioinibitoria. La
maggior parte delle afferenze che provengono dai barocettori proiettano al nucleo del tratto
solitario (NTS), composto da due formazioni bilaterali poste nel midollo allungato. Interneuroni
inibitori proiettano dal NTS all’area vasomotoria posta nella porzione ventrolaterale del midollo
allungato. Questa area comprende due sottosezioni denominate area C1 e area A1. La stimolazione
dei neuroni dell’area C1 induce vasocostrizione. Gli stessi neuroni producono un output tonico che
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mantiene un certo grado di vasocostrizione costante anche a riposo in condizioni normali. Quindi,
un aumento della pressione arteriosa è seguito dall’aumento della frequenza di scarica dei
barocettori e delle fibre afferenti. A sua volta, i neuroni del NTS promuovono un grado maggiore di
inibizione dei neuroni C1 con conseguente vasodilatazione. Questa via è quindi responsabile della
componente vasomotoria del riflesso barocettivo. Altri neuroni di tipo eccitatorio proiettano dal
NTS all’area cardioinibitoria che include il nucleo ambiguo e il nucleo motore dorsale del vago.
L’aumento di attività dei neuroni di questi nuclei induce bradicardia. Questa via, quindi, è
responsabile della componente cardiaca del riflesso. Nel midollo allungato dorsale esiste anche
un’area cardioacceleratrice la cui stimolazione ha effetti cronotropi ed inotropi positivi sul cuore.
Gli interneuroni del NTS, probabilmente, possono inibire i neuroni di quest’area inducendo
rallentamento della frequenza cardiaca e diminuzione della contrattilità.
Dalle aree vasomotrice e cardioinibitoria partono neuroni “bulbospinali” che prendono contatto
diretto con i neuroni pregangliari spinali del sistema simpatico. I corpi cellulari di questi neuroni
pregangliari sono localizzati nella sostanza grigia della colonna intermedio-laterale dei segmenti
toracico-lombare (tra T1 e L3). La maggior parte degli assoni di questi neuroni contraggono sinapsi
con neuroni simpatici postgangliari posti all’interno dei gangli delle catene simpatica
paravertebrale e prevertebrale. Il mediatore sinaptico tra fibre pregangliari e corpi cellulari
postgangliari è l’acetilcolina (trasmissione colinergica) e i recettori postsinaptici sono di tipo
nicotinico N2. Le fibre nervose amieliniche postgangliari entrano nell’avventizia delle arterie,
arteriole, vene e venule. Le terminazioni non presentano terminazioni presinaptiche specializzate: vi
sono vescicole terminali piene del neuromediatore del sistema simpatico, la noradrenalina.
Un altro organo bersaglio dell’attività simpatica coinvolta nel riflesso barocettivo è il cuore.
Fibre efferenti che partono dai gangli stellato e medio cervicale, e da altri gangli toracici, si
ramificano e formano i nervi cardiaci che formano un plesso attorno al cuore. Questi nervi sono
responsabili delle modificazioni di frequenza e contrattilità cardiache mediate dal sistema
simpatico. Infine, alcune fibre pregangliari innervano direttamente, senza fermarsi nei gangli, le
cellule cromaffini della midollare del surrene attraverso i nervi splancnici. La loro stimolazione
induce la liberazione in circolo dalle cellule cromaffini di adrenalina.
L’aumento dell’attività dei barocettori si concretizza nella stimolazione di neuroni pregangliari
parasimpatici del nucleo ambiguo e del nucleo motore dorsale del vago (area cardioinibitoria).
Queste fibre del nervo vago viaggiano assieme all’arteria carotide comune ed al termine del loro
decorso contraggono sinapsi colinergiche (recettori N2) in piccoli gangli posti nelle pareti degli atri
con neuroni postgangliari parasimpatici. Le corte fibre postgangliari innervano il nodo seno atriale,
il nodo atrio-ventricolare ed i ventricoli.
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Effetti orto e parasimpatici
Le fibre simpatiche vasocostrittrici sono disseminate in tutti i distretti vascolari. Sono molto
abbondanti a livello renale, cutaneo e muscolare, relativamente rade nel letto coronarico e cerebrale.
Rilasciano noradrenalina che si lega ai recettori adrenergici postsinaptici. Il fatto che la
stimolazione simpatica corrisponda in un particolare distretto vascolare all’azione vasocostrittrice o
vasodilatatrice dipende da quattro fattori: i) quale neuromediatore sia rilasciato; ii) a quali
adrenorecettori siano coinvolti; iii) se l’interazione neuromediatore-recettori causi vasocostrizione o
no; iv) quale sottotipo di recettore predomini in quel particolare distretto. Per quanto riguarda il
primo punto, è facile rispondere: la noradrenalina è rilasciata alle terminazioni nervose; l’adrenalina
dalle cellule cromaffini della midollare del surrene. Per quanto concerne il secondo punto, la
situazione è già più complessa. In origine, i recettori adrenergici furono suddivisi in recettori β e
α. La noradrenalina dimostra maggiore attività sui recettori α, mentre l’adrenalina è più attiva sui
recettori β. Però, sebbene la noradrenalina dimostri maggiore affinità per i recettori α, può attivare
anche i β recettori; lo stesso può dirsi per l’adrenalina, che si dimostra comunque in grado di
attivare gli α recettori. In tempi successivi, inoltre, sono stati individuati ulteriori sottotipi dei
recettori adrenergici: β1 e β2, α1 e α2. Ciascuna classe di recettori ha specifiche caratteristiche
farmacologiche: per esempio i β1 hanno quasi la stessa affinità per noradrenalina ed adrenalina; i β2
hanno affinità maggiore per l’adrenalina. Semplificando, possiamo comunque affermare che la
vasocostrizione è essenzialmente un’azione mediata dai recettori α1 posti sulla parete delle cellule
muscolari lisce dei vasi susseguente a liberazione di adrenalina. L’azione vasocostrittrice è dovuta
all’aumento della tensione muscolare indotta dall’innalzamento della concentrazione intracellulare
di calcio. D’altra parte, la vasodilatazione è una tipica azione dovuta alla stimolazione dei β2
recettori dopo interazione con l’adrenalina. Sulla superficie di un determinato tipo di muscolo
liscio, inoltre, possono essere espressi contemporaneamente diversi tipi di adrenorecettori, Quindi,
la risposta finale di un certo distretto dipende dalla relativa prevalenza di un tipo di recettore
rispetto all’altro, il tutto complicato dalla possibile compresenza dei due neuromediatori.
Consideriamo, per esempio, i vasi cutanei, muscolari e cardiaci. Sul muscolo liscio dei vasi cutanei
prevalgono gli α1 recettori; questi vasi possono solo vasocostringersi. D’altra parte, i vasi muscolari
e coronarici possono dilatarsi perché prevalgono i β2 recettori sui quali l’adrenalina ha effetti
vasodilatanti. Il sistema simpatico regola anche l’attività cardiaca. Un aumento dell’attività del
sistema simpatico ha effetti cronotropi, dromotropi ed inotropi positivi portando all’aumento della
frequenza cardiaca, della velocità di conduzione del potenziale di azione attraverso il miocardio e
della contrattilità. Il nervo cardiaco destro innerva prevalentemente il nodo seno atriale: ha, quindi,
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un’azione prevelentemente cronotropa; il suo controlaterale innerva nodo atrioventricolare e
miocardio ventricolare, avendo perciò più spiccati effetti dromotropi e inotropi. Sulle cellule
segnapasso cardiache e sulle cellule del miocardio da lavoro sono espressi β1 recettori.
L’interazione neuromediatore-recettore è in grado di modificare l’attività cardiaca modulando la
permeabilità per il calcio di particolari canali. Nelle cellule segnapassi, il legame tra noradrenalina e
recettori stimola la corrente ICa per il calcio, veicolata da canali di tipo T, e per il sodio If che
depolarizzano la cellula in diastole. La velocità di salita del potenziale verso il valore soglia diventa
più rapido, la diastole si accorcia e la frequenza di depolarizzazione delle cellule del segna passi
naturale aumenta accelerando il battito cardiaco. Nelle cellule del miocardio da lavoro, il legame
noradrenalina-recettore è in grado di aumentare la conduttanza per il calcio dei canali aperti nel
corso della fase 2, di plateau, del potenziale di azione. Ciò si traduce nell’aumento della
concentrazione intracellulare di calcio con relativo aumento della contrattilità cardiaca.
Dal nucleo del tratto solitario partono interneuroni che terminano su corpi cellulari di fibre
parasimpatiche pregangliari del nucleo ambiguo e dal nucleo motore dorsale del vago che si
proiettano sul cuore. Un aumento di attività dei barocettori, eccitando le cellule del NTS, porta
all’aumento dell’attività delle fibre pregangliari parasimpatiche. Le fibre efferenti vagali seguono le
arterie carotidi comuni e prendono sinapsi in piccoli gangli siti nelle pareti degli atri. Qui, esse
rilasciano il neuromediatore acetilcolina che si lega ai recettori nicotinici N2 dei neuroni post
gangliari. Le corte fibre postgangliari innervano il nodo seno – atriale, gli atri e i ventricoli dove il
vago esercita la sua azione tonica sul cuore liberando il neuromediatore acetilcolina. Il nervo vago
di destra è più efficacie nel deprimere il nodo seno-atriale e deprime la frequenza cardiaca. Il nervo
vago di sinistra ha un’azione elettiva sulla velocità di conduzione del nodo atrio-ventricolare,
riducendola. A livello delle cellule del segnapassi naturale, l’interazione tra acetilcolina e recettori
muscarinici M2, comporta l’aumento della conduttanza di canali responsabili di una corrente per il
potassio rettificata verso l’interno. Ciò genera ad un valore più negativo del potenziale diastolico
(nadir del potenziale in diastole). Inoltre, anche le correnti ICa e If sono depresse. La risalita del
potenziale in diastole verso il potenziale soglia è più lenta, la diastole si allunga e, di conseguenza,
la frequenza cardiaca rallenta. Nel miocardio da lavoro, l’occupazione dei recettori M2 da parte
dell’acetilcolina comporta un lieve effetto inotropo negativo dovuto essenzialmente al fatto che la
fase 2 del potenziale di azione si accorcia consentendo un ingresso di una minore quantità di calcio
nella cellula.
Abbiamo già accennato al fatto che l’attività del sistema ortosimpatico a riposo mantiene un
certo grado di vasocostrizione. La vasodilatazione conseguente ad uno stimolo ipertensivo si
realizza grazie alla diminuzione dell’attività simpatica; la vasocostrizione consegue, invece,
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all’aumento dell’attività di questa branca del sistema neurovegetativo in risposta ad un insulto
ipotensivo. Il sistema ortosimpatico, per altro, non dimostra una spiccata attività sul cuore mediata
dai nervi cardiaci. Al contrario, il sistema parasimpatico esercita un’evidente influenza sul cuore
rallentandone la frequenza. Ciò è anche dimostrato dall’azione della somministrazione
dell’antagonista farmacologico dell’acetilcolina, l’atropina, sulla frequenza cardiaca. Il trattamento
con questa sostanza accelera la frequenza spontanea di depolarizzazione delle cellule segna passi
principali del cuore che balza da circa 60-70 battiti al minuto a circa 100, cioè alla frequenza
spontanea di depolarizzazione ritmica di queste cellule specializzate del miocardio. Quanto
affermato ha notevole importanza funzionale. Infatti, le risposte vascolari mediate dal baroriflesso,
che presuppongono variazioni del tono vasomotore e che portano a modificazioni della pressione
arteriosa, sono dovute a variazioni del tono simpatico; le risposte riflesse che comportano variazioni
della frequenza cardiaca a riposo sono, invece, da ricondurre a modificazioni del sistema
parasimpatico. Si deve inoltre tenere conto che il tempo di risposta del sistema parasimpatico è
molto breve: le risposte si completano nell’arco di circa un secondo. Il sistema simpatico, invece,
mostra tempi di intervento significativamente più lunghi. In questo caso, il tempo necessario a
portare a compimento la risposta si aggira su qualche decina di secondi. Da quanto detto, si
comprende come le risposte a breve termine mediate dal riflesso barocettivo messe in atto per
correggere improvvise variazioni pressorie dipendano essenzialmente dalla modulazione
dell’attività parasimpatica.
Curva stimolo-risposta del baroriflesso
Nei paragrafi precedenti si è affermato che è possibile descrivere la curva stimolo-risposta dei
barocettori costruendo la relazione tra la frequenza di scarica delle singole unità recettoriale in
funzione delle corrispondenti variazioni di pressione carotidea. In realtà, questo approccio
sperimentale invasivo è praticabile solo utilizzando il modello animale. D’altro canto, è senz’altro
importante caratterizzare le caratteristiche funzionali del riflesso barocettivo anche nell’uomo. A
tale scopo, però, devono essere applicati approcci non invasivi che utilizzano variabili che
surrogano quelle analizzate sul modello animale. In breve, sono prese in esame, in qualità di
variabili dipendenti, le variazioni di frequenza cardiaca e di pressione arteriosa media in funzione
delle corrispondenti variazioni di pressione transmurale applicata al seno carotideo. Quest’ultima è
manipolata applicando sul collo pressioni positive e negative per mezzo di speciali collari
pneumatici e modificando, quindi, la pressione di distensione carotidea.
In questo modo è stato possibile descrivere la curva stimolo-risposta del riflesso barocettivo in
vivo (Figura A1). Essa ha una forma sigmoidale, descritto in senso strettamente matematico per
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mezzo di una funzione logistica. Su questa curva è possibile individuare punti ed intervalli
utilizzati per descrivere in modo esaustivo le caratteristiche del riflesso. Il valore di pressione di
distensione del seno carotideo al di sotto del quale non è possibile indurre alcuna risposta riflessa
definisce la soglia del riflesso barocettivo. In analogia, il valore di pressione di distensione al di
sopra del quale non si attua alcun meccanismo di correzione attraverso modificazioni di pressione
arteriosa media o frequenza cardiaca, definisce il livello di saturazione. L’intervallo racchiuso tra
soglia e saturazione è il cosiddetto operating range della variabili indipendente. Il responding
range descrive l’intervallo di variazione tra massimo e minimo delle variabili dipendenti. Il punto
centrale descrive il punto della curva in corrispondenza del quale è possibile indurre risposte
ipertensive o ipotensive applicando, in un verso o in un altro, variazioni di pressione transmurale di
identico valore assoluto. La pendenza istantanea della curva stimolo-risposta quantifica il
guadagno (gain), o sensibilità, del riflesso barocettivo. In corrispondenza del punto centrale, si ha
il punto di maggiore pendenza, quindi si osserva il massimo guadagno del riflesso. In prossimità
del punto centrale, a riposo, è possibile localizzare il cosiddetto operating point. Questo definisce
la coppia di valori di pressione di distensione della carotide-frequenza cardiaca o pressione di
distensione della carotide –pressione arteriosa media attorno alla quale il riflesso si trova ad operare
fisiologicamente. Esso può essere visto, quindi, come il punto dei valori pre-stimolo e definisce, in
ultima analisi, il set point.
Il baroriflesso all’opera: la risposta ortostatica
Abbiamo già accennato al fatto che il barocettore è particolarmente attrezzato per correggere le
modificazioni rapide e transitorie di pressione. Quest’ultime avvengono in modo del tutto
inavvertito in parecchie occasioni durante la giornata. Per esempio, sono quelle indotte dal
variazioni della postura o quelle che avvengono all’inizio dell’esercizio. Un buon esempio di
quanto appena affermato consiste nella serie di aggiustamenti cardiovascolari riflessi che si attuano
quando si passa dalla posizione supina a quella in piedi e che prendono il nome, nel loro complesso,
di risposta ortostatica.
In posizione sdraiata, la pressione arteriosa media è praticamente identica (salvo la trascurabile
diminuzione dovuta alle perdite lineari di carico) nel cuore, negli arti inferiori e a livello carotideo.
Quando ci alziamo in piedi, si costituisce immediatamente un gradiente di pressione idrostatica tra
il cuore (o meglio tra il punto pressorio indifferente, HIP, vedi paragrafo “Gli adattamenti
cardiovascolari: concetti fondamentali”) ed i piedi. Negli arti inferiori, quindi, si stabilisce una
pressione arteriosa superiore di circa 80-90 mm Hg rispetto a quella vigente a livello cardiaco. Allo
stesso modo, i barocettori carotidei avvertiranno una pressione di circa 15 mm Hg inferiore a quella
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cardiaca. L’aumento della pressione idrostatica negli arti inferiori si traduce in un aumento della
pressione transmurale a cavallo dei vasi arteriosi e venosi. Poiché i nostri vasi non sono condotti
rigidi, ma al contrario sono distensibili, il suddetto aumento di pressione transmurale si traduce
nell’aumento del raggio del vaso e nell’inevitabile aumento del volume di sangue ospitato nei vasi.
L’aumento del raggio dei singoli vasi dipende dalla compliance e dalla pressione tessutale esistente
attorno ai vasi. Come sappiamo, le vene sono caratterizzate da una compliance molto più elevata
delle arterie (circa 20 volte maggiore, nel complesso). Il sangue, quindi, si raccoglierà
essenzialmente nei grandi vasi venosi degli arti. La pressione esercitata dai tessuti sui vasi dipende
dal trofismo dei tessuti muscolari, compromesso in caso di disuso. Tutto ciò si traduce, quindi, in
una traslocazione di circa 400-500 ml di sangue circolante nelle parti declivi ed in una deprivazione
di un identico volume nei distretti toraco-cardiaci. Di conseguenza, anche il ritorno venoso al cuore
destro diminuisce e con esso, in ossequio alla più volte menzionata legge di Frank-Starling, il
volume di eiezione. Per questo motivo si instaura un ulteriore diminuzione della pressione avvertito
dai barocettori carotidei. La risposta riflessa si traduce in una serie di modificazioni cardiovascolari.
La sottrazione del tono vagale sul cuore comporta un immediato aumento della frequenza cardiaca.
L’aumento dell’attività simpatica causa la vasocostrizione arteriolare e delle venule. La prima
contribuisce a riportare la pressione arteriosa verso la norma aumentando le resistenze periferiche
totali; la seconda, dislocando il sangue verso il cuore, sostiene l’aumento del volume di eiezione. Le
modificazioni di frequenza cardiaca e volume di eiezione, infine, riportano la gettata cardiaca a
valori prossimi a quelli presenti in condizioni supine. In questo modo, la pressione arteriosa è
normalizzata. La vasocostrizione è soprattutto spiccata nel distretto splancnico, dove si registra una
spiccata riduzione della perfusione. Altri distretti, dove il sistema di autoregolazione del diametro
vascolare è moto efficiente (cervello, rene), non soffrono di sostenute riduzioni del flusso di sangue.
Ad ogni modo, se il ritorno venoso non è sostenuto dalla pompa muscolare dovuto alle continue e
ritmiche contrazione e decontrazione dei muscoli degli arti inferiori, questo meccanismo riflesso
non può correggere per tempi infiniti la pressione. Ad un certo punto, si assiste all’inevitabile
diminuzione del volume di eiezione e all’aumento della frequenza cardiaca che non riesce più a
compensare la diminuzione della gettata cardiaca: la pressione cade ed i soggetto sviene per crisi
ipotensiva (lipotimia).
Il resetting del baroriflesso durante esercizio muscolare
Il riflesso barocettivo entra in gioco anche nelle risposte cardiovascolari all’esercizio. Anzi, si può
affermare che il suo comportamento in questo contesto costituisce un meccanismo chiave per
comprendere come il sistema cardiovascolare si adatti all’inizio dell’esercizio.
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All’inizio di un esercizio dinamico di intensità moderata eseguito con grandi gruppi muscolari, si
assiste ad una veloce e netta caduta delle resistenze vascolari dei muscoli reclutati e delle resistenze
periferiche totali. Questo fenomeno implica che, a dispetto del contemporaneo incremento della
gettata cardiaca, la pressione arteriosa media aumenti di poco. Al citato aumento pressorio, risponde
il pronto aumento della frequenza cardiaca che, nel caso di esercizio moderato, balza dai valori a
riposo di 60-70 battiti al minuto, a valori vicini a 100 battiti al minuto a causa della caduta del tono
vagale. Si instaura, quindi, una condizione contraddittoria in termini di funzionamento del riflesso
barocettivo a riposo: ad un aumento di pressione corrisponde una cardioaccelerazione e non una
bradicardia. Si giunge alla conclusione, quindi, che il riflesso barocettivo si sia resettato in modo
da operare attorno a valori di pressione più alti. Più precisamente, si ammette che il responding
range della curva stimolo-risposta si sposti in alto (verso valori più alti di frequenza cardiaca) e
l’operating range si sia riposizionato verso destra (verso valori di pressione al seno carotideo
maggiori). Si ammette anche che la pendenza della curva attorno al punto centrale non si modifichi:
il guadagno del baroriflesso sembra quindi rimanere uguale a quello esistente a riposo. Inoltre,
l’operating point risale verso la soglia riposizionandosi su un tratto della curva a minore pendenza
(guadagno inferiore) (Figura A2). Lo spostamento dell’operating point ha un importante significato
funzionale poiché diminuisce l’ampiezza del range di risposta a stimoli ipertensivi durante esercizio
aumentando, così, l’efficacia del riflesso nel contrastare eventuali aumenti della pressione durante
esercizio. Ciò è molto importante perché, per esempio, al baroriflesso è consentito di limitare gli
effetti dello stimolo ipertensivo che si instaura a causa dell’intervento del metaboriflesso pressorio
muscolare periferico dovuto alla diretta stimolazione chimica e meccanica di terminazioni
amieliniche afferenti presenti nei muscoli in attività. Questo adattamento ha anche notevole
importanza fisiopatologica, poiché si ritiene che nei soggetti che soffrono di crisi ipertensive nel
corso di esercizio l’operating point non si riposizioni su un tratto a minore pendenza della curva,
ma rimanga in prossimità del punto centrale.
La riduzione od il mantenimento dell’efficacia della componente cardioacceleratrice
parasimpatica del guadagno barocettivo rimane, per altro, una vexata quaestio. Studi effettuando
utilizzando collari pneumatici in grado di esplorare tutto l’operating range della curva stimolorisposta hanno evidenziato che la pendenza della curva in prossimità del punto centrale non cambi e
che, quindi, il guadagno della funzione barocettiva non si modifichi. Altri metodi, basati sull’analisi
delle fluttuazioni spontanee di pressione sistolica e intervallo R-R, hanno suggerito invece che il
guadagno si riduca passando da riposo ad esercizio. Queste discrepanze sembrano doversi
ricondursi ai diversi approcci metodologici: il metodo basato sulle fluttuazioni spontanee delle
variabili esplora il comportamento del baroriflesso attorno all’operating point. Poiché quest’ultimo
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si sposta per occupare una posizione su un tratto di curva di minore pendenza, è ovvio che il
guadagno calcolato con questo metodo risulti inferiore a quanto misurato a riposo quando operating
point e central point coincidono. La metodica basata sull’applicazione di diverse pressioni di
distensione carotidea, esplorano tutto il responding range della curva. Questi aspetti metodologici,
apparentemente di secondaria importanza, spiegano anche perché dati ottenuti in microgravità in
condizioni ambientali pressoché identiche abbiano portato in alcuni casi a conclusioni opposte.
I meccanismi neurali che si suppone determinino il resetting dei barocettori sono due: il
cosiddetto central command e il già citato riflesso pressorio muscolare. Il central command è un
meccanismo anterogrado che si orgina in aree cerebrali centrali coinvolte nell’attivazione parallela
dei circuiti spinali e tronco-enecefalici responsabili del controllo motorio e cardiovascolare
all’inizio dell’esercizio. L’entità delle modificazioni indotte dal central command su pressione
arteriosa e frequenza cardiaca sono proporzionali all’intensità dell’esercizio, ovvero al numero di
unità motorie reclutate nel corso dello sforzo. Le aree cerebrali coinvolte nella genesi e
mantenimento del central command risiedono nella corteccia motoria ed insulare, nel mesencefalo
e nelle regioni locomotorie dell’ipotalamo. Fibre nervose di neuroni siti in queste strutture
terminano, sovrapponendosi alle terminazioni delle afferenze barocettive, nelle regioni
dorsolaterale, ventrolaterale, periventricolare e commissurale del NTS. Quindi, l’attività di questi
centri è in grado di modulare l’attività neuronale del NTS e della zona ventrolaterale del midollo
allungato. L’attivazione del riflesso pressorio muscolare è in grado di spostare ulteriormente in
senso verticale la curva stimolo-risposta del baroriflesso senza modificare la posizione
dell’operating point relativa al livello di soglia (Figura A2). Come già accennato, il riflesso
pressorio costituisce un meccanismo a retroazione negativa e trova origine all’interno del muscolo
in attività. L’accumulo di metaboliti e lo stimolo meccanico che si instaurano nel corso di
contrazioni protratte sono in grado di stimolare terminazioni amieliniche afferenti. I segnali
veicolati per mezzo di queste fibre sono in grado di attivare per via riflessa le aeree dei centri che
controllano l’attività cardiovascolare inducendo un aumento della pressione arteriosa e della
frequenza cardiaca. Gli aggiustamenti emodinamici generati da questo riflesso contribuiscono a
mantenere un’adeguata pressione di perfusione del letto vascolare nei muscoli in attività.
Risposte cardiovascolari all’esercizio e baroriflesso
Giunti a questo punto, vale la pena descrivere in un quadro riassuntivo la sequenza e il tipo di
adattamenti cardiovascolari che si attuano all’inizio dell’esercizio muscolare, tra i quali il resetting
del riflesso barocettivo riveste senza alcun dubbio un ruolo chiave. All’inizio di un esercizio
dinamico eseguito con grandi masse muscolari e d’intensità lieve-moderata, si attua
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immediatamente una serie di eventi. Per prima cosa, le resistenze del circolo muscolare
diminuiscono bruscamente per effetto della vasodilatazione indotta dalle ritmiche contrazioni e
decontrazioni muscolari. Ad ogni contrazione muscolare, il sangue contenuto nel letto capillare e
venoso dei muscoli è spremuto in senso anterogrado. Nella successiva fase di rilasciamento, questo
volume di sangue non refluisce all’interno del muscolo, ma rimane nelle vene poiché il reflusso è
impedito dalle valvole a nido di rondine delle vene. Inoltre, il rilasciamento muscolare procura una
dilatazione del letto arteriolare ed il flusso di sangue verso l’arteriole ed i capillari è accelerato ad
opera di un vero e proprio meccanismo di suzione. Anche l’aumento dell’intensità della contrazione
diaframmatica dovuto all’aumento della ventilazione, generando vigorose pressioni addominali e
depressioni toraciche, supporta l’aumento del ritorno venoso al cuore. Nello stesso tempo, secondo
un meccanismo più volte descritto, con l’aumento del ritorno venoso al cuore destro, il volume di
eiezione del cuore subisce un brusco incremento. Nel frattempo, la caduta del tono parasimpatico
vagale ha generato una pronta cardioaccelerazione e ha dato inizio al resetting del baroriflesso.
L’aumento del volume di eiezione e della frequenza cardiaca sostengono il rapido incremento della
gettata cardiaca che contrasta l’abbattimento delle resistenze periferiche totali mantenendo, quindi,
un’adeguata pressione arteriosa media di perfusione. La pressione diastolica, esaurita questa fase
transitoria, è diminuita rispetto al valore presente a riposo a testimonianza della diminuzione delle
resistenze periferiche totali; quella differenziale è aumentata a causa dell’incremento del volume di
eiezione del cuore sinistro e quella media è, normalmente, di poco superiore a quella registrata a
riposo. Si è, quindi, pienamente sviluppato il resetting del baroriflesso. Col continuare
dell’esercizio, e con l’eventuale incremento dell’intensità, le resistenze muscolari al circolo
diminuiscono ulteriormente in ossequio alla cosiddetta vasodilatazione metabolico dipendente.
L’aumento del metabolismo muscolare comporta la modificazione del milieau interstiziale del
muscolo: svariati fattori chimico-fisici si accumulano nell’interstizio2 e sono in grado di procurare
la vasodilatazione della muscolatura liscia attraverso meccanismi di azione diretta od indiretta. Nel
frattempo, alcuni di questi mediatori, presumibilmente accoppiati a stimoli meccanici di stiramento,
sono in grado di attivare il riflesso pressorio muscolare. In risposta a quest’ultimo, si assiste ad un
aumento ulteriore di pressione e frequenza cardiaca che supporta un ulteriore aumento del flusso di
perfusione muscolare favorito dalla caduta delle resistenze idrauliche locali. L’incremento della
conduttanza vascolare nel muscolo mediata dai metaboliti è così potente da offuscare gli effetti
vasocostrittori dovuti all’incremento dell’attività simpatica. Questo fenomeno prende il nome di
simpatolisi. All’aumentare dell’intensità dell’esercizio si stabilisce anche una sempre più evidente
2
Vari sono i fattori presumibilmente implicati. Tra essi possiamo annoverare l’abbassamento della PO2, del pH e
dell’ATP intracellulare e l’incremento interstiziale di PCO2, del K +, dell’acido lattico, di ATP, ADP e adenosina.
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ridistribuzione del flusso ematico totale. In pratica, una frazione sempre maggiore della gettata
cardiaca è dirottata verso i muscoli in attività a discapito della perfusione splancnica. In questo
distretto, l’attività simpatica è responsabile di una netta vasocostrizione. In alcuni distretti, il flusso
è relativamente preservato grazie all’interazione tra l’autoregolazione vasomotoria miogenica e la
dilatazione flusso dipendente mediata da NO. Il primo fenomeno è un meccanismo che consente
ai distretti vascolari interessati di mantenere un flusso ematico costante a dispetto del fatto che la
pressione al loro interno vari da circa a 60 a 150 mm Hg. L’aumento della pressione è in grado di
aumentare progressivamente la tensione della muscolatura liscia riducendo il raggio del vaso; la
diminuzione di pressione induce il fenomeno inverso. La dilatazione flusso dipendente causa il
rilascio di una sostanza endoteliale, oggi individuata nel NO, in grado di indurre il rilassamento del
muscolo liscio. La produzione endoteliale di NO dipende da uno stimolo fisico, lo shear stress,
ovvero la forza tangenziale che le cellule endoteliali avvertono per unità di area a causa del flusso di
sangue.
Se prendiamo un organo che nel corso di esercizio fisico non va incontro ad uno spiccato
aumento del metabolismo (il cervello è un buon esempio) possiamo descrivere quanto accade nel
modo seguente. Il moderato aumento della pressione è in grado di indurre, grazie l’autoregolazione
miogenica, la vasocostrizione arteriolare. Il conseguente aumento di flusso e di shear stress che si
instaurano a causa della riduzione del diametro vascolare, procurano una dilatazione flusso
dipendente. I due fenomeni, quindi, sono in opposizione ed il flusso di sangue che perfonde
quell’organo non aumenta. Anzi, in alcuni organi come il rene, un distretto vascolare
potenzialmente in grado di sfruttare l’autoregolazione miogenica, l’aumento di flusso è
praticamente offuscato dallo stimolo vasocostrittore simpatico ed il flusso renale diminuisce in
funzione dell’intensità dell’esercizio. Consideriamo ora un organo nel quale, invece, si instaura un
aumento notevole del metabolismo, per esempio i muscoli in attività. In questo distretto le arteriole
si dilatano grazie alla vasodilatazione metabolico dipendente. Ciò causa l’aumento del flusso in
questo letto vascolare con relativo incremento della produzione di NO. L’effetto vasodilatante di
NO si riverbera in senso retrogrado sulle arterie della generazione precedente (feeding arteries) alle
arteriole aumentandone il diametro. Inoltre, l’aumento del flusso procura una caduta lineare di
carico della pressione ancora più spiccata in queste arterie di maggiore diametro, un maggior shear
stress con relativo aumento della produzione di NO ed ulteriore vasodilatazione. Ciò comporta un
caduta di pressione transmurale che innesca un’ulteriore vasodilatazione di origine miogenica. In
questo caso, quindi, tutti i meccanismi che conducono a vasodilatazione convergono per generare e
mantenere un aumento del flusso di sangue nelle arteriole e nelle arterie di diametro maggiore dalle
quali nascono le prime.
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Se si compie esercizio ad intensità massimali, lo stato di fatto descritto si modifica lievemente.
In questo caso, l’aumento dell’attività simpatica diventa così spiccato da ridurre, almeno in parte,
gli effetti della vasodilatazione metabolico dipendente muscolare. Il sistema simpatico, insomma,
tenta di contrastare la caduta delle resistenze idrauliche del letto vascolare dei muscoli: se così non
facesse, noi saremmo esposti ad un serio pericolo di crisi ipotensiva nel corso di esercizio
massimale. Che questo fenomeno sia vero, ce lo dimostra il fatto che molto soggetti, nel corso della
fase di recupero successiva ad un esercizio massimale, vanno incontro a crisi ipotensiva con
lipotimia. All’interruzione dell’esercizio, infatti, la rapida caduta del ritorno venoso comporta la
diminuzione del volume di eiezione, della gettata cardiaca e della pressione arteriosa. Il sistema
simpatico, ormai già attivato al massimo, non è in grado di compensare le resistenze muscolari
molto basse. La conduttanza vascolare del muscolo, infatti, tornerà gradualmente nell’arco di
qualche minuto al valore di riposo dopo che i mediatori fisico-chimici responsabili della
vasodilatazione saranno stati completamente dilavati dal circolo. Per evitare che il soggetto svenga,
è sufficiente consigliere di continuare a compiere un blando esercizio muscolare: la pompa
muscolare e la frequenza cardiaca non completamente depressa sosterranno una gettata cardiaca
sufficiente a mantenere un’adeguata pressione arteriosa.
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Modello schematico della curva stimolo-risposta del baroriflesso carotideo e dei suoi parametri
operazionali. La curva è disegnata da dati sperimentali ottenuti applicando pressioni negative e
positive di distensione carotidea con un collare cervicale. Per il signifcato dei termini,il lettore è
pregato di riferirsi al testo
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A: la curva stimolo-risposta tra Pressione carotidea e Frequenza cardiaca è progressivamente
resettata in funzione dell’intensità dell’esercizio. L’operating point (OP) si sposta verso un valore
di pressione più bassa rispetto a quella associata al punto centrale (PC) e, quindi, si trova ad operare
su un tratto della curva caratterizzata da un guadagno minore. Il massimo guadagno, però, rimane
identico a quello di riposo. L’ampiezza dell’operating range e del responding range si riducono
progressivamente. Il resetting è legato alla progressiva caduta del tono vagale e all’intervento del
metaboriflesso pressorio muscolare. B: la curva stimolo-risposta tra Pressione caorotidea e
Pressione Arteriosa Media subisce anch’essa un resetting progressivo mano a mano che aumenta
l’intensità di esercizio.
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Approfondimento 1: Il riflesso barocettivo 1. Il riflesso