Carlo Capelli Pagina 1 29-10-2010 Approfondimento 1: Il riflesso barocettivo 1. Il riflesso barocettivo: generalità Il riflesso barocettivo riveste un ruolo chiave nella regolazione e nel mantenimento della pressione arteriosa media in risposta a rapide perturbazioni costituendone, quindi, il meccanismo di controllo a breve termine. Come tale, è coinvolto negli aggiustamenti pressori che si attuano nelle modificazioni posturali e nella transizione riposo-esercizio. Più propriamente, il riflesso barocettivo è rappresentato come un sistema dinamico di controllo a feed-back negativo. La variabile controllata (la pressione arteriosa, in questo caso) è monitorata per mezzo di recettori posizionati in posti chiave ad alta pressione del circuito idraulico vascolare. I recettori, inviano al centro di controllo informazioni sul valore della pressione arteriosa locale attraverso informazioni codificate in modulazione di frequenza: la frequenza di scarica dei potenziali di azione che viaggiano lungo le vie nervose afferenti è proporzionale, almeno in un determinato ambito di pressione arteriosa, al valore della variabile monitorata. La pressione misurata è confrontata dal sistema di controllo con un valore di riferimento, o set point. Se il valore letto si discosta da quello di riferimento, il sistema di controllo è in grado di generare un output di intensità proporzionale alla differenza misurata. Inoltre, è in grado di agire su opportuni effettori periferici in modo da annullare tale differenza. Come si può notare, quindi, il sistema appena descritto è del tutto analogo al termostato che nella nostra abitazione consente di mantenere una temperatura ambiente costante: in questo caso, il termometro misura la temperatura; il sistema di controllo la confronta con quella preselezionata; la caldaia è accesa o spenta per mezzo di comandi che provengono dalla centralina in modo da correggere la differenza tra ciò che è misurato e ciò che è stato selezionato. 2. I determinati della pressione arteriosa Al fine di comprendere meglio come la modulazione dell’attività degli effettori periferici da parte del sistema di controllo possa correggere le variazioni di pressione, giova ricordare quali siano i determinanti fisiologici e fisici della pressione arteriosa del nostro circuito idraulico vascolare. A questo fine, basta ricordare la legge di Ohm applicata ad un flusso di liquido (assunto in regime pienamente laminare per semplificarci la vita): Q! = ∆P/R (1; dove Q! corrisponde al flusso (massa di sostanza o volume di liquido per unità di tempo); ∆P indica il gradiente di pressione a cavallo del tratto di circuito considerato; R sono le resistenze Carlo Capelli Pagina 2 29-10-2010 idrauliche totali, che dipendono essenzialmente dal raggio dei singoli vasi, dal numero dei vasi in parallelo di ogni singola sezione e dal numero di sezioni idrauliche poste in serie l’una all’altra. Nel nostro caso, ∆P è uguale alla differenza tra la pressione media nell’aorta (Pa) e la pressione nell’atrio destro, assunta uguale a zero.1 Q! , a sua volta, è uguale al prodotto della frequenza cardiaca (FC) per il volume di eiezione (Ve): Q! = FC • Ve. Se riarrangiamo l’equazione 1, e svolgiamo Q! nei suoi termini, possiamo esprimere la dipendenza tra Pa e i suoi determinanti fisiologici: Pa = Ve • FC • R (2. Il sistema di controllo rappresentato dal riflesso barocettivo, quindi, è in grado di modificare Pa nella dovuta direzione modulando FC, Ve e R. Per esempio, un abbassamento della pressione può essere corretto aumentando la frequenza cardiaca, il volume di eiezione e le resistenze periferiche. Le prime due possono essere modulate dall’attività delle due branche del sistema neurovegetativo: per esempio, la riduzione dell’attività parasimpatica, mediata dal nervo vago, e l’aumento di quella del sistema simpatico sono in grado di aumentare: i) la frequenza della depolarizzazione spontanea del cuore e; ii) la contrattilità del muscolo cardiaco con conseguente aumento di Ve. Viceversa, l’aumento dell’attività parasimpatica, mediata dal nervo vago, e la riduzione di quella del sistema simpatico sono in grado di diminuire: i) la frequenza della depolarizzazione spontanea del cuore e; ii) la contrattilità del muscolo cardiaco. La variazione dell’attività del sistema simpatico, infine è responsabile della variazione delle resistenze sistemiche R. Accanto ai determinanti fisiologici, va enumerato un fattore fisico in grado di condizionare indirettamente Pa. Esso è costituito dal volume di sangue circolante effettivo (Vs). Vs è uno dei fattori in grado di condizionare il ritorno di sangue dalla periferia al cuore. Sappiamo che, in ossequio alla legge di Frank-Starling del cuore, il ritorno venoso influenza il volume di eiezione. Una diminuzione del volume circolante, per esempio un’emorragia, diminuisce il ritorno venoso e, di conseguenza, Ve. La riduzione della gettata cardiaca che esita da questa situazione conduce ad ipotensione. I barocettori I barocettori sono localizzati a livello del seno carotideo e dell’arco aortico. I barocettori carotidei sono innervati da fibre nervose afferenti del nervo del seno che fa parte del sistema del IX paio dei nervi cranici (glossofaringeo); quelli aortici sono innervati da fibre afferenti del X paio, la branca depressoria del nervo vago. I barocettori, in verità, sono dei meccanocettori: lo stimolo efficace è 1 In verità, essa è normalmente di 2-3 mm Hg. Visto il valore così basso, non si commette un grande errore se la si assume, in soggetti sani, uguale a 0. Carlo Capelli Pagina 3 29-10-2010 costituito dalla variazione della tensione parietale, a sua volta dipendente dalla pressione transmurale esistente a cavallo delle pareti. Un aumento repentino della pressione transmurale produce una depolarizzazione dei recettori con relativo potenziale di recettore depolarizzante. L’aumento della pressione, in realtà, genera una risposta bifasica: dopo una depolarizzazione transitoria di grande ampiezza (componente dinamica), si instaura una più modesta ma costante depolarizzazione (componente statica) proporzionale all’intensità dello stiramento causato dalla pressione transmurale. La variazione di ampiezza transitoria ed iniziale del potenziale di recettore è accompagnata da un altrettanto transitorio aumento della frequenza di scarica delle vie afferenti. La successiva depolarizzazione stabile di minore ampiezza corrisponde ad una frequenza di potenziali di azione costante, ma inferiore. E’ possibile costruire una curva di risposta registrando la frequenza di scarica di una singola unità recettoriale in funzione di variazioni stabili di pressione: questa curva è sigmoidale e dimostra che al di sotto di valori di circa 40 mm Hg (pressione soglia) non si ha alcuna risposta. E’ comunque da tenere presente che non tutti i recettori in un dato sito hanno le stesse caratteristiche. Mano a mano a mano che la pressione aumenta, le differenti unità singole barorecettoriali iniziano a scaricare a diversi valori di pressione. Quindi, la risposta totale dei barocettori è il risultato dell’aumento della frequenza di scarica delle unità già attive e del reclutamento di nuove unità sino a che si raggiunge un livello di saturazione pari a circa 200 mm Hg. La risposta dei recettori nel seno carotideo e nell’arco aortico è diversa. I recettori dell’arco aortico, se confrontati con quelli del seno: i) hanno soglia più elevata per la pressione statica e dinamica; ii) continuano a rispondere valori di pressione ai quali quelli del seno sono già saturati; iii) sono meno sensibili a variazioni dinamiche della pressione; iv) sono meno sensibile alla diminuzione della pressione. Organizzazione neurale Il centro di controllo cardiovascolare del midollo allungato coordina i segnali veicolati dalle afferenze barorecettoriali ed è responsabile della regolazione cardiovascolare. Nella compagine di questo centro è possibile distinguere un’area vasomotoria ed un’area cardioinibitoria. La maggior parte delle afferenze che provengono dai barocettori proiettano al nucleo del tratto solitario (NTS), composto da due formazioni bilaterali poste nel midollo allungato. Interneuroni inibitori proiettano dal NTS all’area vasomotoria posta nella porzione ventrolaterale del midollo allungato. Questa area comprende due sottosezioni denominate area C1 e area A1. La stimolazione dei neuroni dell’area C1 induce vasocostrizione. Gli stessi neuroni producono un output tonico che Carlo Capelli Pagina 4 29-10-2010 mantiene un certo grado di vasocostrizione costante anche a riposo in condizioni normali. Quindi, un aumento della pressione arteriosa è seguito dall’aumento della frequenza di scarica dei barocettori e delle fibre afferenti. A sua volta, i neuroni del NTS promuovono un grado maggiore di inibizione dei neuroni C1 con conseguente vasodilatazione. Questa via è quindi responsabile della componente vasomotoria del riflesso barocettivo. Altri neuroni di tipo eccitatorio proiettano dal NTS all’area cardioinibitoria che include il nucleo ambiguo e il nucleo motore dorsale del vago. L’aumento di attività dei neuroni di questi nuclei induce bradicardia. Questa via, quindi, è responsabile della componente cardiaca del riflesso. Nel midollo allungato dorsale esiste anche un’area cardioacceleratrice la cui stimolazione ha effetti cronotropi ed inotropi positivi sul cuore. Gli interneuroni del NTS, probabilmente, possono inibire i neuroni di quest’area inducendo rallentamento della frequenza cardiaca e diminuzione della contrattilità. Dalle aree vasomotrice e cardioinibitoria partono neuroni “bulbospinali” che prendono contatto diretto con i neuroni pregangliari spinali del sistema simpatico. I corpi cellulari di questi neuroni pregangliari sono localizzati nella sostanza grigia della colonna intermedio-laterale dei segmenti toracico-lombare (tra T1 e L3). La maggior parte degli assoni di questi neuroni contraggono sinapsi con neuroni simpatici postgangliari posti all’interno dei gangli delle catene simpatica paravertebrale e prevertebrale. Il mediatore sinaptico tra fibre pregangliari e corpi cellulari postgangliari è l’acetilcolina (trasmissione colinergica) e i recettori postsinaptici sono di tipo nicotinico N2. Le fibre nervose amieliniche postgangliari entrano nell’avventizia delle arterie, arteriole, vene e venule. Le terminazioni non presentano terminazioni presinaptiche specializzate: vi sono vescicole terminali piene del neuromediatore del sistema simpatico, la noradrenalina. Un altro organo bersaglio dell’attività simpatica coinvolta nel riflesso barocettivo è il cuore. Fibre efferenti che partono dai gangli stellato e medio cervicale, e da altri gangli toracici, si ramificano e formano i nervi cardiaci che formano un plesso attorno al cuore. Questi nervi sono responsabili delle modificazioni di frequenza e contrattilità cardiache mediate dal sistema simpatico. Infine, alcune fibre pregangliari innervano direttamente, senza fermarsi nei gangli, le cellule cromaffini della midollare del surrene attraverso i nervi splancnici. La loro stimolazione induce la liberazione in circolo dalle cellule cromaffini di adrenalina. L’aumento dell’attività dei barocettori si concretizza nella stimolazione di neuroni pregangliari parasimpatici del nucleo ambiguo e del nucleo motore dorsale del vago (area cardioinibitoria). Queste fibre del nervo vago viaggiano assieme all’arteria carotide comune ed al termine del loro decorso contraggono sinapsi colinergiche (recettori N2) in piccoli gangli posti nelle pareti degli atri con neuroni postgangliari parasimpatici. Le corte fibre postgangliari innervano il nodo seno atriale, il nodo atrio-ventricolare ed i ventricoli. Carlo Capelli Pagina 5 29-10-2010 Effetti orto e parasimpatici Le fibre simpatiche vasocostrittrici sono disseminate in tutti i distretti vascolari. Sono molto abbondanti a livello renale, cutaneo e muscolare, relativamente rade nel letto coronarico e cerebrale. Rilasciano noradrenalina che si lega ai recettori adrenergici postsinaptici. Il fatto che la stimolazione simpatica corrisponda in un particolare distretto vascolare all’azione vasocostrittrice o vasodilatatrice dipende da quattro fattori: i) quale neuromediatore sia rilasciato; ii) a quali adrenorecettori siano coinvolti; iii) se l’interazione neuromediatore-recettori causi vasocostrizione o no; iv) quale sottotipo di recettore predomini in quel particolare distretto. Per quanto riguarda il primo punto, è facile rispondere: la noradrenalina è rilasciata alle terminazioni nervose; l’adrenalina dalle cellule cromaffini della midollare del surrene. Per quanto concerne il secondo punto, la situazione è già più complessa. In origine, i recettori adrenergici furono suddivisi in recettori β e α. La noradrenalina dimostra maggiore attività sui recettori α, mentre l’adrenalina è più attiva sui recettori β. Però, sebbene la noradrenalina dimostri maggiore affinità per i recettori α, può attivare anche i β recettori; lo stesso può dirsi per l’adrenalina, che si dimostra comunque in grado di attivare gli α recettori. In tempi successivi, inoltre, sono stati individuati ulteriori sottotipi dei recettori adrenergici: β1 e β2, α1 e α2. Ciascuna classe di recettori ha specifiche caratteristiche farmacologiche: per esempio i β1 hanno quasi la stessa affinità per noradrenalina ed adrenalina; i β2 hanno affinità maggiore per l’adrenalina. Semplificando, possiamo comunque affermare che la vasocostrizione è essenzialmente un’azione mediata dai recettori α1 posti sulla parete delle cellule muscolari lisce dei vasi susseguente a liberazione di adrenalina. L’azione vasocostrittrice è dovuta all’aumento della tensione muscolare indotta dall’innalzamento della concentrazione intracellulare di calcio. D’altra parte, la vasodilatazione è una tipica azione dovuta alla stimolazione dei β2 recettori dopo interazione con l’adrenalina. Sulla superficie di un determinato tipo di muscolo liscio, inoltre, possono essere espressi contemporaneamente diversi tipi di adrenorecettori, Quindi, la risposta finale di un certo distretto dipende dalla relativa prevalenza di un tipo di recettore rispetto all’altro, il tutto complicato dalla possibile compresenza dei due neuromediatori. Consideriamo, per esempio, i vasi cutanei, muscolari e cardiaci. Sul muscolo liscio dei vasi cutanei prevalgono gli α1 recettori; questi vasi possono solo vasocostringersi. D’altra parte, i vasi muscolari e coronarici possono dilatarsi perché prevalgono i β2 recettori sui quali l’adrenalina ha effetti vasodilatanti. Il sistema simpatico regola anche l’attività cardiaca. Un aumento dell’attività del sistema simpatico ha effetti cronotropi, dromotropi ed inotropi positivi portando all’aumento della frequenza cardiaca, della velocità di conduzione del potenziale di azione attraverso il miocardio e della contrattilità. Il nervo cardiaco destro innerva prevalentemente il nodo seno atriale: ha, quindi, Carlo Capelli Pagina 6 29-10-2010 un’azione prevelentemente cronotropa; il suo controlaterale innerva nodo atrioventricolare e miocardio ventricolare, avendo perciò più spiccati effetti dromotropi e inotropi. Sulle cellule segnapasso cardiache e sulle cellule del miocardio da lavoro sono espressi β1 recettori. L’interazione neuromediatore-recettore è in grado di modificare l’attività cardiaca modulando la permeabilità per il calcio di particolari canali. Nelle cellule segnapassi, il legame tra noradrenalina e recettori stimola la corrente ICa per il calcio, veicolata da canali di tipo T, e per il sodio If che depolarizzano la cellula in diastole. La velocità di salita del potenziale verso il valore soglia diventa più rapido, la diastole si accorcia e la frequenza di depolarizzazione delle cellule del segna passi naturale aumenta accelerando il battito cardiaco. Nelle cellule del miocardio da lavoro, il legame noradrenalina-recettore è in grado di aumentare la conduttanza per il calcio dei canali aperti nel corso della fase 2, di plateau, del potenziale di azione. Ciò si traduce nell’aumento della concentrazione intracellulare di calcio con relativo aumento della contrattilità cardiaca. Dal nucleo del tratto solitario partono interneuroni che terminano su corpi cellulari di fibre parasimpatiche pregangliari del nucleo ambiguo e dal nucleo motore dorsale del vago che si proiettano sul cuore. Un aumento di attività dei barocettori, eccitando le cellule del NTS, porta all’aumento dell’attività delle fibre pregangliari parasimpatiche. Le fibre efferenti vagali seguono le arterie carotidi comuni e prendono sinapsi in piccoli gangli siti nelle pareti degli atri. Qui, esse rilasciano il neuromediatore acetilcolina che si lega ai recettori nicotinici N2 dei neuroni post gangliari. Le corte fibre postgangliari innervano il nodo seno – atriale, gli atri e i ventricoli dove il vago esercita la sua azione tonica sul cuore liberando il neuromediatore acetilcolina. Il nervo vago di destra è più efficacie nel deprimere il nodo seno-atriale e deprime la frequenza cardiaca. Il nervo vago di sinistra ha un’azione elettiva sulla velocità di conduzione del nodo atrio-ventricolare, riducendola. A livello delle cellule del segnapassi naturale, l’interazione tra acetilcolina e recettori muscarinici M2, comporta l’aumento della conduttanza di canali responsabili di una corrente per il potassio rettificata verso l’interno. Ciò genera ad un valore più negativo del potenziale diastolico (nadir del potenziale in diastole). Inoltre, anche le correnti ICa e If sono depresse. La risalita del potenziale in diastole verso il potenziale soglia è più lenta, la diastole si allunga e, di conseguenza, la frequenza cardiaca rallenta. Nel miocardio da lavoro, l’occupazione dei recettori M2 da parte dell’acetilcolina comporta un lieve effetto inotropo negativo dovuto essenzialmente al fatto che la fase 2 del potenziale di azione si accorcia consentendo un ingresso di una minore quantità di calcio nella cellula. Abbiamo già accennato al fatto che l’attività del sistema ortosimpatico a riposo mantiene un certo grado di vasocostrizione. La vasodilatazione conseguente ad uno stimolo ipertensivo si realizza grazie alla diminuzione dell’attività simpatica; la vasocostrizione consegue, invece, Carlo Capelli Pagina 7 29-10-2010 all’aumento dell’attività di questa branca del sistema neurovegetativo in risposta ad un insulto ipotensivo. Il sistema ortosimpatico, per altro, non dimostra una spiccata attività sul cuore mediata dai nervi cardiaci. Al contrario, il sistema parasimpatico esercita un’evidente influenza sul cuore rallentandone la frequenza. Ciò è anche dimostrato dall’azione della somministrazione dell’antagonista farmacologico dell’acetilcolina, l’atropina, sulla frequenza cardiaca. Il trattamento con questa sostanza accelera la frequenza spontanea di depolarizzazione delle cellule segna passi principali del cuore che balza da circa 60-70 battiti al minuto a circa 100, cioè alla frequenza spontanea di depolarizzazione ritmica di queste cellule specializzate del miocardio. Quanto affermato ha notevole importanza funzionale. Infatti, le risposte vascolari mediate dal baroriflesso, che presuppongono variazioni del tono vasomotore e che portano a modificazioni della pressione arteriosa, sono dovute a variazioni del tono simpatico; le risposte riflesse che comportano variazioni della frequenza cardiaca a riposo sono, invece, da ricondurre a modificazioni del sistema parasimpatico. Si deve inoltre tenere conto che il tempo di risposta del sistema parasimpatico è molto breve: le risposte si completano nell’arco di circa un secondo. Il sistema simpatico, invece, mostra tempi di intervento significativamente più lunghi. In questo caso, il tempo necessario a portare a compimento la risposta si aggira su qualche decina di secondi. Da quanto detto, si comprende come le risposte a breve termine mediate dal riflesso barocettivo messe in atto per correggere improvvise variazioni pressorie dipendano essenzialmente dalla modulazione dell’attività parasimpatica. Curva stimolo-risposta del baroriflesso Nei paragrafi precedenti si è affermato che è possibile descrivere la curva stimolo-risposta dei barocettori costruendo la relazione tra la frequenza di scarica delle singole unità recettoriale in funzione delle corrispondenti variazioni di pressione carotidea. In realtà, questo approccio sperimentale invasivo è praticabile solo utilizzando il modello animale. D’altro canto, è senz’altro importante caratterizzare le caratteristiche funzionali del riflesso barocettivo anche nell’uomo. A tale scopo, però, devono essere applicati approcci non invasivi che utilizzano variabili che surrogano quelle analizzate sul modello animale. In breve, sono prese in esame, in qualità di variabili dipendenti, le variazioni di frequenza cardiaca e di pressione arteriosa media in funzione delle corrispondenti variazioni di pressione transmurale applicata al seno carotideo. Quest’ultima è manipolata applicando sul collo pressioni positive e negative per mezzo di speciali collari pneumatici e modificando, quindi, la pressione di distensione carotidea. In questo modo è stato possibile descrivere la curva stimolo-risposta del riflesso barocettivo in vivo (Figura A1). Essa ha una forma sigmoidale, descritto in senso strettamente matematico per Carlo Capelli Pagina 8 29-10-2010 mezzo di una funzione logistica. Su questa curva è possibile individuare punti ed intervalli utilizzati per descrivere in modo esaustivo le caratteristiche del riflesso. Il valore di pressione di distensione del seno carotideo al di sotto del quale non è possibile indurre alcuna risposta riflessa definisce la soglia del riflesso barocettivo. In analogia, il valore di pressione di distensione al di sopra del quale non si attua alcun meccanismo di correzione attraverso modificazioni di pressione arteriosa media o frequenza cardiaca, definisce il livello di saturazione. L’intervallo racchiuso tra soglia e saturazione è il cosiddetto operating range della variabili indipendente. Il responding range descrive l’intervallo di variazione tra massimo e minimo delle variabili dipendenti. Il punto centrale descrive il punto della curva in corrispondenza del quale è possibile indurre risposte ipertensive o ipotensive applicando, in un verso o in un altro, variazioni di pressione transmurale di identico valore assoluto. La pendenza istantanea della curva stimolo-risposta quantifica il guadagno (gain), o sensibilità, del riflesso barocettivo. In corrispondenza del punto centrale, si ha il punto di maggiore pendenza, quindi si osserva il massimo guadagno del riflesso. In prossimità del punto centrale, a riposo, è possibile localizzare il cosiddetto operating point. Questo definisce la coppia di valori di pressione di distensione della carotide-frequenza cardiaca o pressione di distensione della carotide –pressione arteriosa media attorno alla quale il riflesso si trova ad operare fisiologicamente. Esso può essere visto, quindi, come il punto dei valori pre-stimolo e definisce, in ultima analisi, il set point. Il baroriflesso all’opera: la risposta ortostatica Abbiamo già accennato al fatto che il barocettore è particolarmente attrezzato per correggere le modificazioni rapide e transitorie di pressione. Quest’ultime avvengono in modo del tutto inavvertito in parecchie occasioni durante la giornata. Per esempio, sono quelle indotte dal variazioni della postura o quelle che avvengono all’inizio dell’esercizio. Un buon esempio di quanto appena affermato consiste nella serie di aggiustamenti cardiovascolari riflessi che si attuano quando si passa dalla posizione supina a quella in piedi e che prendono il nome, nel loro complesso, di risposta ortostatica. In posizione sdraiata, la pressione arteriosa media è praticamente identica (salvo la trascurabile diminuzione dovuta alle perdite lineari di carico) nel cuore, negli arti inferiori e a livello carotideo. Quando ci alziamo in piedi, si costituisce immediatamente un gradiente di pressione idrostatica tra il cuore (o meglio tra il punto pressorio indifferente, HIP, vedi paragrafo “Gli adattamenti cardiovascolari: concetti fondamentali”) ed i piedi. Negli arti inferiori, quindi, si stabilisce una pressione arteriosa superiore di circa 80-90 mm Hg rispetto a quella vigente a livello cardiaco. Allo stesso modo, i barocettori carotidei avvertiranno una pressione di circa 15 mm Hg inferiore a quella Carlo Capelli Pagina 9 29-10-2010 cardiaca. L’aumento della pressione idrostatica negli arti inferiori si traduce in un aumento della pressione transmurale a cavallo dei vasi arteriosi e venosi. Poiché i nostri vasi non sono condotti rigidi, ma al contrario sono distensibili, il suddetto aumento di pressione transmurale si traduce nell’aumento del raggio del vaso e nell’inevitabile aumento del volume di sangue ospitato nei vasi. L’aumento del raggio dei singoli vasi dipende dalla compliance e dalla pressione tessutale esistente attorno ai vasi. Come sappiamo, le vene sono caratterizzate da una compliance molto più elevata delle arterie (circa 20 volte maggiore, nel complesso). Il sangue, quindi, si raccoglierà essenzialmente nei grandi vasi venosi degli arti. La pressione esercitata dai tessuti sui vasi dipende dal trofismo dei tessuti muscolari, compromesso in caso di disuso. Tutto ciò si traduce, quindi, in una traslocazione di circa 400-500 ml di sangue circolante nelle parti declivi ed in una deprivazione di un identico volume nei distretti toraco-cardiaci. Di conseguenza, anche il ritorno venoso al cuore destro diminuisce e con esso, in ossequio alla più volte menzionata legge di Frank-Starling, il volume di eiezione. Per questo motivo si instaura un ulteriore diminuzione della pressione avvertito dai barocettori carotidei. La risposta riflessa si traduce in una serie di modificazioni cardiovascolari. La sottrazione del tono vagale sul cuore comporta un immediato aumento della frequenza cardiaca. L’aumento dell’attività simpatica causa la vasocostrizione arteriolare e delle venule. La prima contribuisce a riportare la pressione arteriosa verso la norma aumentando le resistenze periferiche totali; la seconda, dislocando il sangue verso il cuore, sostiene l’aumento del volume di eiezione. Le modificazioni di frequenza cardiaca e volume di eiezione, infine, riportano la gettata cardiaca a valori prossimi a quelli presenti in condizioni supine. In questo modo, la pressione arteriosa è normalizzata. La vasocostrizione è soprattutto spiccata nel distretto splancnico, dove si registra una spiccata riduzione della perfusione. Altri distretti, dove il sistema di autoregolazione del diametro vascolare è moto efficiente (cervello, rene), non soffrono di sostenute riduzioni del flusso di sangue. Ad ogni modo, se il ritorno venoso non è sostenuto dalla pompa muscolare dovuto alle continue e ritmiche contrazione e decontrazione dei muscoli degli arti inferiori, questo meccanismo riflesso non può correggere per tempi infiniti la pressione. Ad un certo punto, si assiste all’inevitabile diminuzione del volume di eiezione e all’aumento della frequenza cardiaca che non riesce più a compensare la diminuzione della gettata cardiaca: la pressione cade ed i soggetto sviene per crisi ipotensiva (lipotimia). Il resetting del baroriflesso durante esercizio muscolare Il riflesso barocettivo entra in gioco anche nelle risposte cardiovascolari all’esercizio. Anzi, si può affermare che il suo comportamento in questo contesto costituisce un meccanismo chiave per comprendere come il sistema cardiovascolare si adatti all’inizio dell’esercizio. Carlo Capelli Pagina 10 29-10-2010 All’inizio di un esercizio dinamico di intensità moderata eseguito con grandi gruppi muscolari, si assiste ad una veloce e netta caduta delle resistenze vascolari dei muscoli reclutati e delle resistenze periferiche totali. Questo fenomeno implica che, a dispetto del contemporaneo incremento della gettata cardiaca, la pressione arteriosa media aumenti di poco. Al citato aumento pressorio, risponde il pronto aumento della frequenza cardiaca che, nel caso di esercizio moderato, balza dai valori a riposo di 60-70 battiti al minuto, a valori vicini a 100 battiti al minuto a causa della caduta del tono vagale. Si instaura, quindi, una condizione contraddittoria in termini di funzionamento del riflesso barocettivo a riposo: ad un aumento di pressione corrisponde una cardioaccelerazione e non una bradicardia. Si giunge alla conclusione, quindi, che il riflesso barocettivo si sia resettato in modo da operare attorno a valori di pressione più alti. Più precisamente, si ammette che il responding range della curva stimolo-risposta si sposti in alto (verso valori più alti di frequenza cardiaca) e l’operating range si sia riposizionato verso destra (verso valori di pressione al seno carotideo maggiori). Si ammette anche che la pendenza della curva attorno al punto centrale non si modifichi: il guadagno del baroriflesso sembra quindi rimanere uguale a quello esistente a riposo. Inoltre, l’operating point risale verso la soglia riposizionandosi su un tratto della curva a minore pendenza (guadagno inferiore) (Figura A2). Lo spostamento dell’operating point ha un importante significato funzionale poiché diminuisce l’ampiezza del range di risposta a stimoli ipertensivi durante esercizio aumentando, così, l’efficacia del riflesso nel contrastare eventuali aumenti della pressione durante esercizio. Ciò è molto importante perché, per esempio, al baroriflesso è consentito di limitare gli effetti dello stimolo ipertensivo che si instaura a causa dell’intervento del metaboriflesso pressorio muscolare periferico dovuto alla diretta stimolazione chimica e meccanica di terminazioni amieliniche afferenti presenti nei muscoli in attività. Questo adattamento ha anche notevole importanza fisiopatologica, poiché si ritiene che nei soggetti che soffrono di crisi ipertensive nel corso di esercizio l’operating point non si riposizioni su un tratto a minore pendenza della curva, ma rimanga in prossimità del punto centrale. La riduzione od il mantenimento dell’efficacia della componente cardioacceleratrice parasimpatica del guadagno barocettivo rimane, per altro, una vexata quaestio. Studi effettuando utilizzando collari pneumatici in grado di esplorare tutto l’operating range della curva stimolorisposta hanno evidenziato che la pendenza della curva in prossimità del punto centrale non cambi e che, quindi, il guadagno della funzione barocettiva non si modifichi. Altri metodi, basati sull’analisi delle fluttuazioni spontanee di pressione sistolica e intervallo R-R, hanno suggerito invece che il guadagno si riduca passando da riposo ad esercizio. Queste discrepanze sembrano doversi ricondursi ai diversi approcci metodologici: il metodo basato sulle fluttuazioni spontanee delle variabili esplora il comportamento del baroriflesso attorno all’operating point. Poiché quest’ultimo Carlo Capelli Pagina 11 29-10-2010 si sposta per occupare una posizione su un tratto di curva di minore pendenza, è ovvio che il guadagno calcolato con questo metodo risulti inferiore a quanto misurato a riposo quando operating point e central point coincidono. La metodica basata sull’applicazione di diverse pressioni di distensione carotidea, esplorano tutto il responding range della curva. Questi aspetti metodologici, apparentemente di secondaria importanza, spiegano anche perché dati ottenuti in microgravità in condizioni ambientali pressoché identiche abbiano portato in alcuni casi a conclusioni opposte. I meccanismi neurali che si suppone determinino il resetting dei barocettori sono due: il cosiddetto central command e il già citato riflesso pressorio muscolare. Il central command è un meccanismo anterogrado che si orgina in aree cerebrali centrali coinvolte nell’attivazione parallela dei circuiti spinali e tronco-enecefalici responsabili del controllo motorio e cardiovascolare all’inizio dell’esercizio. L’entità delle modificazioni indotte dal central command su pressione arteriosa e frequenza cardiaca sono proporzionali all’intensità dell’esercizio, ovvero al numero di unità motorie reclutate nel corso dello sforzo. Le aree cerebrali coinvolte nella genesi e mantenimento del central command risiedono nella corteccia motoria ed insulare, nel mesencefalo e nelle regioni locomotorie dell’ipotalamo. Fibre nervose di neuroni siti in queste strutture terminano, sovrapponendosi alle terminazioni delle afferenze barocettive, nelle regioni dorsolaterale, ventrolaterale, periventricolare e commissurale del NTS. Quindi, l’attività di questi centri è in grado di modulare l’attività neuronale del NTS e della zona ventrolaterale del midollo allungato. L’attivazione del riflesso pressorio muscolare è in grado di spostare ulteriormente in senso verticale la curva stimolo-risposta del baroriflesso senza modificare la posizione dell’operating point relativa al livello di soglia (Figura A2). Come già accennato, il riflesso pressorio costituisce un meccanismo a retroazione negativa e trova origine all’interno del muscolo in attività. L’accumulo di metaboliti e lo stimolo meccanico che si instaurano nel corso di contrazioni protratte sono in grado di stimolare terminazioni amieliniche afferenti. I segnali veicolati per mezzo di queste fibre sono in grado di attivare per via riflessa le aeree dei centri che controllano l’attività cardiovascolare inducendo un aumento della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca. Gli aggiustamenti emodinamici generati da questo riflesso contribuiscono a mantenere un’adeguata pressione di perfusione del letto vascolare nei muscoli in attività. Risposte cardiovascolari all’esercizio e baroriflesso Giunti a questo punto, vale la pena descrivere in un quadro riassuntivo la sequenza e il tipo di adattamenti cardiovascolari che si attuano all’inizio dell’esercizio muscolare, tra i quali il resetting del riflesso barocettivo riveste senza alcun dubbio un ruolo chiave. All’inizio di un esercizio dinamico eseguito con grandi masse muscolari e d’intensità lieve-moderata, si attua Carlo Capelli Pagina 12 29-10-2010 immediatamente una serie di eventi. Per prima cosa, le resistenze del circolo muscolare diminuiscono bruscamente per effetto della vasodilatazione indotta dalle ritmiche contrazioni e decontrazioni muscolari. Ad ogni contrazione muscolare, il sangue contenuto nel letto capillare e venoso dei muscoli è spremuto in senso anterogrado. Nella successiva fase di rilasciamento, questo volume di sangue non refluisce all’interno del muscolo, ma rimane nelle vene poiché il reflusso è impedito dalle valvole a nido di rondine delle vene. Inoltre, il rilasciamento muscolare procura una dilatazione del letto arteriolare ed il flusso di sangue verso l’arteriole ed i capillari è accelerato ad opera di un vero e proprio meccanismo di suzione. Anche l’aumento dell’intensità della contrazione diaframmatica dovuto all’aumento della ventilazione, generando vigorose pressioni addominali e depressioni toraciche, supporta l’aumento del ritorno venoso al cuore. Nello stesso tempo, secondo un meccanismo più volte descritto, con l’aumento del ritorno venoso al cuore destro, il volume di eiezione del cuore subisce un brusco incremento. Nel frattempo, la caduta del tono parasimpatico vagale ha generato una pronta cardioaccelerazione e ha dato inizio al resetting del baroriflesso. L’aumento del volume di eiezione e della frequenza cardiaca sostengono il rapido incremento della gettata cardiaca che contrasta l’abbattimento delle resistenze periferiche totali mantenendo, quindi, un’adeguata pressione arteriosa media di perfusione. La pressione diastolica, esaurita questa fase transitoria, è diminuita rispetto al valore presente a riposo a testimonianza della diminuzione delle resistenze periferiche totali; quella differenziale è aumentata a causa dell’incremento del volume di eiezione del cuore sinistro e quella media è, normalmente, di poco superiore a quella registrata a riposo. Si è, quindi, pienamente sviluppato il resetting del baroriflesso. Col continuare dell’esercizio, e con l’eventuale incremento dell’intensità, le resistenze muscolari al circolo diminuiscono ulteriormente in ossequio alla cosiddetta vasodilatazione metabolico dipendente. L’aumento del metabolismo muscolare comporta la modificazione del milieau interstiziale del muscolo: svariati fattori chimico-fisici si accumulano nell’interstizio2 e sono in grado di procurare la vasodilatazione della muscolatura liscia attraverso meccanismi di azione diretta od indiretta. Nel frattempo, alcuni di questi mediatori, presumibilmente accoppiati a stimoli meccanici di stiramento, sono in grado di attivare il riflesso pressorio muscolare. In risposta a quest’ultimo, si assiste ad un aumento ulteriore di pressione e frequenza cardiaca che supporta un ulteriore aumento del flusso di perfusione muscolare favorito dalla caduta delle resistenze idrauliche locali. L’incremento della conduttanza vascolare nel muscolo mediata dai metaboliti è così potente da offuscare gli effetti vasocostrittori dovuti all’incremento dell’attività simpatica. Questo fenomeno prende il nome di simpatolisi. All’aumentare dell’intensità dell’esercizio si stabilisce anche una sempre più evidente 2 Vari sono i fattori presumibilmente implicati. Tra essi possiamo annoverare l’abbassamento della PO2, del pH e dell’ATP intracellulare e l’incremento interstiziale di PCO2, del K +, dell’acido lattico, di ATP, ADP e adenosina. Carlo Capelli Pagina 13 29-10-2010 ridistribuzione del flusso ematico totale. In pratica, una frazione sempre maggiore della gettata cardiaca è dirottata verso i muscoli in attività a discapito della perfusione splancnica. In questo distretto, l’attività simpatica è responsabile di una netta vasocostrizione. In alcuni distretti, il flusso è relativamente preservato grazie all’interazione tra l’autoregolazione vasomotoria miogenica e la dilatazione flusso dipendente mediata da NO. Il primo fenomeno è un meccanismo che consente ai distretti vascolari interessati di mantenere un flusso ematico costante a dispetto del fatto che la pressione al loro interno vari da circa a 60 a 150 mm Hg. L’aumento della pressione è in grado di aumentare progressivamente la tensione della muscolatura liscia riducendo il raggio del vaso; la diminuzione di pressione induce il fenomeno inverso. La dilatazione flusso dipendente causa il rilascio di una sostanza endoteliale, oggi individuata nel NO, in grado di indurre il rilassamento del muscolo liscio. La produzione endoteliale di NO dipende da uno stimolo fisico, lo shear stress, ovvero la forza tangenziale che le cellule endoteliali avvertono per unità di area a causa del flusso di sangue. Se prendiamo un organo che nel corso di esercizio fisico non va incontro ad uno spiccato aumento del metabolismo (il cervello è un buon esempio) possiamo descrivere quanto accade nel modo seguente. Il moderato aumento della pressione è in grado di indurre, grazie l’autoregolazione miogenica, la vasocostrizione arteriolare. Il conseguente aumento di flusso e di shear stress che si instaurano a causa della riduzione del diametro vascolare, procurano una dilatazione flusso dipendente. I due fenomeni, quindi, sono in opposizione ed il flusso di sangue che perfonde quell’organo non aumenta. Anzi, in alcuni organi come il rene, un distretto vascolare potenzialmente in grado di sfruttare l’autoregolazione miogenica, l’aumento di flusso è praticamente offuscato dallo stimolo vasocostrittore simpatico ed il flusso renale diminuisce in funzione dell’intensità dell’esercizio. Consideriamo ora un organo nel quale, invece, si instaura un aumento notevole del metabolismo, per esempio i muscoli in attività. In questo distretto le arteriole si dilatano grazie alla vasodilatazione metabolico dipendente. Ciò causa l’aumento del flusso in questo letto vascolare con relativo incremento della produzione di NO. L’effetto vasodilatante di NO si riverbera in senso retrogrado sulle arterie della generazione precedente (feeding arteries) alle arteriole aumentandone il diametro. Inoltre, l’aumento del flusso procura una caduta lineare di carico della pressione ancora più spiccata in queste arterie di maggiore diametro, un maggior shear stress con relativo aumento della produzione di NO ed ulteriore vasodilatazione. Ciò comporta un caduta di pressione transmurale che innesca un’ulteriore vasodilatazione di origine miogenica. In questo caso, quindi, tutti i meccanismi che conducono a vasodilatazione convergono per generare e mantenere un aumento del flusso di sangue nelle arteriole e nelle arterie di diametro maggiore dalle quali nascono le prime. Carlo Capelli Pagina 14 29-10-2010 Se si compie esercizio ad intensità massimali, lo stato di fatto descritto si modifica lievemente. In questo caso, l’aumento dell’attività simpatica diventa così spiccato da ridurre, almeno in parte, gli effetti della vasodilatazione metabolico dipendente muscolare. Il sistema simpatico, insomma, tenta di contrastare la caduta delle resistenze idrauliche del letto vascolare dei muscoli: se così non facesse, noi saremmo esposti ad un serio pericolo di crisi ipotensiva nel corso di esercizio massimale. Che questo fenomeno sia vero, ce lo dimostra il fatto che molto soggetti, nel corso della fase di recupero successiva ad un esercizio massimale, vanno incontro a crisi ipotensiva con lipotimia. All’interruzione dell’esercizio, infatti, la rapida caduta del ritorno venoso comporta la diminuzione del volume di eiezione, della gettata cardiaca e della pressione arteriosa. Il sistema simpatico, ormai già attivato al massimo, non è in grado di compensare le resistenze muscolari molto basse. La conduttanza vascolare del muscolo, infatti, tornerà gradualmente nell’arco di qualche minuto al valore di riposo dopo che i mediatori fisico-chimici responsabili della vasodilatazione saranno stati completamente dilavati dal circolo. Per evitare che il soggetto svenga, è sufficiente consigliere di continuare a compiere un blando esercizio muscolare: la pompa muscolare e la frequenza cardiaca non completamente depressa sosterranno una gettata cardiaca sufficiente a mantenere un’adeguata pressione arteriosa. Carlo Capelli Pagina 15 29-10-2010 Modello schematico della curva stimolo-risposta del baroriflesso carotideo e dei suoi parametri operazionali. La curva è disegnata da dati sperimentali ottenuti applicando pressioni negative e positive di distensione carotidea con un collare cervicale. Per il signifcato dei termini,il lettore è pregato di riferirsi al testo Carlo Capelli Pagina 16 29-10-2010 A: la curva stimolo-risposta tra Pressione carotidea e Frequenza cardiaca è progressivamente resettata in funzione dell’intensità dell’esercizio. L’operating point (OP) si sposta verso un valore di pressione più bassa rispetto a quella associata al punto centrale (PC) e, quindi, si trova ad operare su un tratto della curva caratterizzata da un guadagno minore. Il massimo guadagno, però, rimane identico a quello di riposo. L’ampiezza dell’operating range e del responding range si riducono progressivamente. Il resetting è legato alla progressiva caduta del tono vagale e all’intervento del metaboriflesso pressorio muscolare. B: la curva stimolo-risposta tra Pressione caorotidea e Pressione Arteriosa Media subisce anch’essa un resetting progressivo mano a mano che aumenta l’intensità di esercizio.