PER COSTRUIRE UN MONDO EQUO James D. Wolfensohn Presidente Gruppo della Banca Mondiale Discorso pronunciato all’Assemblea annuale Praga, Repubblica Ceca 26 settembre 2000 For Position Only Praga, Repubblica Ceca, 2000 E ’per me un piacere accogliervi a questa Assemblea annuale del Fondo Monetario Internazionale (FMI) e del Gruppo della Banca Mondiale. Vorrei esprimere un benvenuto speciale alla delegazione di San Marino, nuovissimo paese membro della Banca. Vorrei ringraziare il Presidente dell’Assemblea, Trevor Manuel, per il suo sostegno e il suo discorso incisivo. Egli ha dimostrato un peculiare insieme di capacità di leadership sia nella lotta per la libertà che nella messa a punto di una solida gestione dell’economia una volta che la libertà è stata conquistata. Vorrei inoltre ringraziare i Governatori e i Direttori Esecutivi per la loro partecipazione attiva al lavoro della Banca. Desidero inoltre esprimere la mia ammirazione per tutto ciò che Michel Camdessus è riuscito a compiere nei suoi anni a capo dell’FMI e ringraziarlo per la sua amicizia e stretta collaborazione. Mi fa piacere la prospettiva di collaborare altrettanto strettamente con Horst Köhler e ritengo che i primi contatti avuti siano di buon auspicio. Guardo con interesse alla nostra visita congiunta in Africa, accennata da Horst. Vorrei inoltre sottolineare che sono in completo accordo con Horst riguardo alla complementarietà dei ruoli della Banca e del Fondo. I nostri obiettivi sono i medesimi: migliorare la qualità della vita e ridurre la povertà tramite la crescita sostenibile ed equa. Nel perseguire tale comune obiettivo, il mandato centrale della Banca è la riduzione della povertà, con particolare attenzione alla dimensione istituzionale, strutturale e sociale dello sviluppo. Ciò funge da complemento all’attenzione rivolta dal Fondo alle questioni di macroeconomia, in linea con il loro obiettivo primario di promuovere e mantenere la stabilità finanziaria internazionale. Vorrei sottolineare altresì quanto tali ruoli siano interconnessi. Se non riuscissimo a porre rimedio alle carenze strutturali e alle tensioni sociali che mettono a repentaglio la stabilità macroeconomica, i primi a soffrirne sarebbero i poveri. E, nel perseguire maggiore responsabilità finanziaria, la protezione dei meno abbienti deve essere il nostro obiettivo prioritario. 3 Per costruire un mondo equo Vorrei ringraziare anche la Repubblica Ceca nonché i cittadini e le autorità di Praga per aver accolto questa Assemblea annuale e per averla organizzata in maniera impeccabile nonostante le difficili circostanze. Ringrazio il presidente Václav Havel, il quale rappresenta in modo così speciale le speranze e i sogni di un’intera generazione. Le sue parole oggi sono state fonte di ispirazione, e ricorderemo sempre la sua esortazione al rinnovo dei valori. La Repubblica Ceca ha patito il dolore e le difficoltà della transizione. Ma in quel senso il paese è stato un pioniere ed ha assunto il fermo impegno a creare le istituzioni, le strutture economiche e di governo essenziali ad una crescita equa. La nostra assemblea qui a Praga, cuore dell’Europa, simbolegga il grande significato del movimento verso l’integrazione europea. E’ la sesta volta che mi rivolgo a questa Assemblea in qualità di presidente del Gruppo della Banca Mondiale, la prima del mio secondo mandato. Ho imparato molto in questi ultimi cinque anni, durante i quali Elaine ed io abbiamo visitato oltre 100 paesi. Da una donna nelle favelas di Rio de Janeiro che partecipava ad un programma comunitario idrico fognario autosostenuto, ho imparato che sviluppo non è sinonimo di carità, ma di integrazione e di capacitazione. Da un coltivatore di gamberi del delta del Mekong, privato del suo mezzo di sostentamento dal degrado delle mangrovie, ho imparato che lavorare anche duramente può non servire a nulla se non ci si occupa dei problemi ambientali. Da un capo religioso musulmano della Costa d’Avorio che ho incontrato in uno dei miei primi viaggi per la Banca, ho imparato che dare soldi ai poveri da una parte e riprenderseli dall’altra in forma di debito, fa poco per alleviare la povertà. Tale semplice lezione è stata la base per il lancio dell’Iniziativa verso i paesi poveri altamente indebitati (HIPC Initiative). E soprattutto ho imparato che l’umanità ha un filo conduttore. I poveri vogliono per i loro figli quello che noi qui riuniti vogliamo per i nostri: istruzione, buona salute, sicurezza e delle opportunità. 4 Praga, Repubblica Ceca, 2000 Vogliono far sentire la loro voce. Non vogliono carità, ma la possibilità di costruirsi una vita migliore. E vogliono il rispetto dei loro diritti umani. Siamo tutti qui per lavorare alla realizzazione di tali desideri comuni e soprattutto per combattere con passione contro la povertà. Ma per sconfiggere la povertà, la passione non basta. Dobbiamo agire ed agire con efficacia. E dobbiamo prendere un impegno a lungo termine. Ritengo che i profondi cambiamenti dell’ultimo decennio, per quanto complessi e difficili, ci offrano la possibilità reale di conseguire progressi enormi nella lotta contro la povertà. Tale opportunità l’abbiamo ora, e ora dobbiamo coglierla. Oggi comprendiamo meglio cosa sia la povertà. e come promuovere uno sviluppo equo. Stiamo cambiando la nostra istituzione e il modo in cui operiamo per portare avanti la nostra missione in modo più efficace, trasparente e responsabile. Ma conseguiremo dei progressi nella lotta contro la povertà solo se lavoreremo insieme: paesi in via di sviluppo e paesi industrializzati, organismi internazionali, società civile in tutte le sue forme, e settore privato. La nostra deve essere una partnership volta a rafforzare la lotta contro la povertà. Deve essere una partnership volta a costruire un nuova solidarietà internazionale in linea con la globalizzazione economica. Fuori da queste mura, dei giovani stanno manifestando contro la globalizzazione. Ritengo che molti di loro pongono domande legittime, e applaudo l’impegno della nuova generazione nella lotta contro la povertà. Condivido la loro passione e i loro interrogativi. Sì, abbiamo tutti molto da imparare. Ma ritengo che possiamo progredire solo se instauriamo un dialogo costruttivo e di rispetto reciproco. In tale contesto, sono profondamente grato al presidente Havel per aver organizzato un’occasione di dialogo qui a Praga. Il mondo all’alba del nuovo millennio Eccoci all’inizio di un nuovo millennio, alla fine di un decennio in cui il processo di globalizzazione si è accelerato notevolmente. 5 Per costruire un mondo equo E’ giunto il momento di fare il punto della situazione e di fissare gli obiettivi per il futuro. E’ un momento di grandi opportunità, ma anche di profonde sfide. Dobbiamo considerare la globalizzazione un’opportunità, e la povertà una sfida. Ma cosa si intende per globalizzazione? La globalizzazione descrive un mondo sempre più interconnesso e interdipendente. Descrive la situazione in cui il commercio, gli investimenti, e le finanze internazionali sono cresciuti molto più in fretta dei redditi nazionali, cosicché le nostre economie sono sempre più strettamente integrate. Descrive anche le crisi finanziarie internazionali. Come abbiamo visto in Asia orientale, l’instabilità di un paese può avere ripercussioni in tutto il mondo. Descrive delle tecnologie che hanno già trasformato le nostre capacità di comunicare in modi ritenuti impensabili fino a qualche anno fa. Descrive delle malattie, e penso soprattutto all’HIV/AIDS, alla malaria e alla tubercolosi. Descrive la criminalità, la violenza, le minacce e il terrorismo, che non rispettano i confini nazionali. Descrive le nuove possibilità offerte ai lavoratori di tutti i paesi di sviluppare il loro potenziale e di sostenere le loro famiglie grazie alle opportunità di lavoro create da una maggiore integrazione economica. Ma descrive anche i lavoratori dei paesi industrializzati che temono di perdere il lavoro a favore dei paesi in cui il costo del lavoro è più basso e dove i diritti del lavoro sono limitati. Descrive i lavoratori dei paesi in via di sviluppo che temono decisioni che si ripercuotono sulla loro vita e che vengono prese in paesi lontani, negli uffici direttivi delle società internazionali. In breve, la globalizzazione descrive rischi e opportunità. Dobbiamo neutralizzare tali rischi a livello nazionale tramite la 6 Praga, Repubblica Ceca, 2000 gestione della transizione e il rafforzamento del sistema sociale, strutturale e finanziario. E a livello globale, dobbiamo creare un’architettura finanziaria internazionale più forte e impegnarci a lottare contro le malattie e il degrado ambientale e ad usare i mezzi di comunicazione per dare voce a chi non l’ha. Non possiamo rovesciare il processo di globalizzazione. La sfida consiste nel rendere la globalizzazione uno strumento di opportunità e di integrazione, non di paura e di insicurezza. L’ultimo decennio non ha solo visto l’accelerazione della globalizzazione, ha anche visto un progresso reale nella qualità delle politiche nei paesi in via di sviluppo. In tutto il mondo, è aumentato il numero di bambini che frequenta la scuola elementare e secondaria. In molti paesi, la gente vive più a lungo, meno neonati muoiono alle soglie della prima infanzia, e più madri sopravvivono per vedere i loro bambini. Per quanto attiene alla politica economica, l’inflazione è scesa, i mercati sono stati liberalizzati e gli investimenti sono aumentati notevolmente. Le prospettive economiche per gli anni a venire sono incoraggianti, essendoci la concreta possibilità che nei paesi in via di sviluppo il reddito pro capite cresca ad un tasso ben superiore al tre per cento. Si tratterebbe della più alta crescita sostenuta in decenni e anche più rapida che nei paesi industrializzati. Un gran numero di persone nei paesi in via di sviluppo sta raccogliendo i frutti dell’abbinamento tra migliori politiche e globalizzazione. Ma per troppi, tale quadro ottimista è ancora un miraggio. In troppi paesi, la crescita demografica ha falciato il reddito pro capite. In troppi paesi, l’HIV/AIDS ha ridotto la durata della vita ed ha causato dolore e difficoltà incalcolabili. In troppi paesi le armi, la guerra e i conflitti hanno falciato lo sviluppo. A livello globale, non possiamo permetterci di scivolare nell’autocompiacimento per le nostre prospettive, in particolare di fronte all’instabilità del prezzo del petrolio e dei prodotti di base, e di fronte alle grosse oscillazioni dei tassi di cambio. 7 Per costruire un mondo equo Viviamo in un mondo sfregiato dell’ineguaglianza. Ci deve essere qualcosa che non va se il 20 per cento più ricco della popolazione globale riceve oltre l’80 per cento del reddito globale. Ci deve essere qualcosa che non va se il 10 per cento di una popolazione riceve la metà del reddito nazionale, come oggi accade in troppi paesi. Ci deve essere qualcosa che non va se il reddito medio per i 20 paesi più ricchi è pari a 37 volte quello medio per i 20 più poveri, un divario che si è più che raddoppiato negli ultimi 40 anni. Ci deve essere qualcosa che non va se 1,2 miliardi di persone vivono ancora con meno di un dollaro al giorno e 2,8 miliardi vivono con meno di due dollari al giorno. Con tutte le forze che contribuiscono a rendere il mondo più piccolo, è giunto il momento di cambiare il nostro modo di pensare. E’ giunto il momento di rendersi conto che viviamo tutti insieme in un unico mondo, non due: questa povertà è nella nostra comunità, dovunque viviamo. E’ una nostra responsabilità. E’ giunto il momento che i nostri leader politici riconoscano tale obbligo. E la posta in gioco non potrebbe essere più alta. I conflitti che hanno tormentato così profondamente lo sviluppo non sono semplicemente incidenti della storia. La probabilità che si verifichino è più alta nei paesi ad alto tasso di povertà e profonda dipendenza dai prodotti di base. La criminalità violenta si scatena con maggiore probabilità nei paesi con un grande divario nel reddito. E ciò che si rileva oggi per una singola nazione varrà sempre più per i conflitti e il terrorismo internazionale, in un mondo senza frontiere. La lotta contro la povertà è la lotta per la pace e la sicurezza mondiali. Cosa abbiamo imparato sul modo di combattere la povertà? Nell’affrontare tali sfide dobbiamo agire insieme, traendo insegnamento dall’esperienza. Cosa abbiamo imparato? Abbiamo imparato che essere poveri non significa solo avere un reddito indadeguato o basso sviluppo umano, significa anche non avere voce in capitolo, non essere rappresentati. Significa essere 8 Praga, Repubblica Ceca, 2000 vulnerabili all’abuso e alla corruzione. Significa violenza contro le donne e paura di essere vittima della criminalità. Significa mancanza di autostima. Come ci hanno insegnato le conversazioni con 60 mila poveri in 60 paesi, povertà significa mancanza delle fondamentali libertà di azione, di scelta e di opportunità. Abbiamo imparato che le riforme verso un’economia di mercato, se unite allo sviluppo sociale ed istituzionale, possono generare crescita economica per i poveri. Abbiamo imparato che la crescita economica è la forza più efficace per la riduzione a lungo termine della povertà. La crescita è fondamentale, ma non sufficiente. Se vogliamo veramente combattere l’ineguaglianza, dobbiamo anche aiutare i poveri a costituirsi un certo patrimonio, in particolare dando loro accesso all’istruzione, alla salute e alla proprietà terriera. Dobbiamo portare le infrastrutture e la conoscenza nelle zone povere, sia rurali che urbane. Dobbiamo affrontare le profonde ineguaglianze eliminando le discriminazioni sessuali, etniche, sociali e razziali. Dobbiamo proteggere i poveri da un cattivo raccolto e dai disastri naturali, dal crimine e dal conflitto, dalle malattie e dalla disoccupazione. Lo sviluppo deve essere totale. Deve comprendere l’istruzione e la salute, ma deve anche puntare su buone strutture governative, sulla lotta contro la corruzione, sulla riforma legale e giudiziaria e sulla riforma del settore finanziario. Lo sviluppo deve comprendere le infrastrutture e la protezione ambientale, assieme a salde politiche economiche. Tutti questi elementi dipendono l’uno dall’altro e si rinforzano a vicenda. Abbiamo imparato, e questo è un elemento fondamentale, che lo sviluppo non può essere imposto dall’alto. Non esiste una formula universale per lo sviluppo. Deve scaturire dall’interno del paese ed essere gestito localmente. Ogni paese deve mettere a punto e adottare una strategia d’insieme, affinché si possa conseguire quello sviluppo indispensabile alla costituzione di un mondo pacifico ed equo. 9 Per costruire un mondo equo Mettiamo in pratica ciò che abbiamo imparato. Oltre un anno fa, riconoscendo l’importanza di una strategia d’insieme, abbiamo lanciato il Quadro di sviluppo integrato (Comprehensive Development Framework). Olistica, a lungo termine e gestita dai paesi stessi, la strategia CDF è ora attuata in una dozzina di paesi. L’anno scorso, assieme al FMI, abbiamo iniziato a sostenere i nostri paesi partner aiutandoli nell’elaborazione di strategie per la riduzione della povertà, strategie gestite dal paese stesso e rivolte alla povertà. Il nostro quadro di sviluppo integrato e le strategie per la riduzione della povertà costituiscono un approccio che sta guadagnandosi grande riconoscimento nell’ambito della comunità dello sviluppo. Riconosciamo che vi è un elemento chiave che permea tale approccio, si tratta della partecipazione. La partecipazione offre risultati a livello progettuale e programmatico. E può creare quel consenso sociale fondamentale al cambiamento e alle riforme della società. E’ parte integrante della libertà. Dove meglio che qui, a Praga, città della "rivoluzione di velluto", possiamo sottolineare l’importanza assoluta della partecipazione? Dove meglio che qui possiamo ribadire ciò a cui i poveri di tutto il mondo ci dicono di aspirare: la libertà, la partecipazione, e la possibilità di farsi sentire per migliorare la loro vita? La partecipazione riveste molte forme e dà veramente dei buoni risultati. In Bangladesh, stiamo dando il nostro appoggio ad organizzazioni non governative per finanziare programmi di microcredito che intereressqno oltre cinque milioni di poveri, di cui il 90 percento è costituito da donne. In Uganda, le sovvenzioni di controparte che abbiamo elargito a gruppi comunitari hanno avuto l’effetto di migliorare notevolmente la frequenza scolastica e il ricorso alle strutture sanitarie. In India, il rafforzamento della democrazia ha fatto progredire il fenomeno della partecipazione nelle città più piccole mentre la 10 Praga, Repubblica Ceca, 2000 rappresentazione femminile nei consigli locali è stata enormemente rafforzata dall’attuazione di apposite riforme. Usufruendo dell’appoggio e della leadership dei paesi beneficiari dei finanziamenti, abbiamo collaborato con le comunità e le amministrazioni locali, con il settore privato e con la società civile allo scopo di sostenere quelle forme di sviluppo attuate dalle comunità stesse. In Indonesia, oltre due mila villaggi e gruppi comunitari stanno elaborando le loro proposte per ottenere fondi locali. In Benin, le donne si prodigano collettivamente nella protezione delle foreste per renderle fonte di reddito anziché fonte di combustibile. Ed a livello nazionale, stiamo cercando di costruire forti istituzioni affinché i poveri possano inserirsi nella vita economica e sociale del loro paese e raccogliere i frutti di tale partecipazione. Dobbiamo rendere le istituzioni statali più sensibili alle esigenze dei poveri. Dobbiamo renderci conto che in troppi paesi combattere contro la povertà significa anche lottare contro gli interessi acquisiti di una élite economica che ha un’eccessiva ed immeritata influenza sulle politiche, le leggi e le normative interne del paese. Se conseguiamo tale approccio globale, in collaborazione con i governi, e se riusciamo ad ottenere la partecipazione, l’eguaglianza e l’integrazione, allora avremo reso democratico lo sviluppo. La rivoluzione delle informazioni e delle comunicazioni Oggi disponiamo di un eccezionale strumento per coinvolgere tutti su una scala impossibile ad immaginare fino ad alcuni anni fa. La rivoluzione del sistema delle informazioni e delle comunicazioni servirà a trasformare la nostra idea di sviluppo. Questa rivoluzione offre l’occasione storica di ridisegnare l’economia globale assicurando a tutti il medesimo accesso alla 11 Per costruire un mondo equo conoscenza e all’informazione; assicurando alle comunità locali la capacitazione e l’integrazione; ed assicurando lo sviluppo economico, la creazione di nuovi posti di lavoro ed un migliore accesso ai servizi di base. E così, nel corso degli ultimi cinque anni, ci siamo concentrati sul modo migliore di usare il potere della tecnologia delle informazioni e delle comunicazioni per accelerare lo sviluppo. Stiamo collaborando con i vari governi per incoraggiare l’aggiornamento delle politiche, dei regolamenti e delle capacità tecniche, attraverso il nostro lavoro di analisi e di consulenza, nonché per mezzo del nostro meccanismo di sovvenzioni infoDev. Stiamo collegando globalmente fra di loro i responsabili dello sviluppo del mondo intero per mezzo del nostro Global Development Learning Network che offre opportunità di formazione e crea ampi centri di studio. Attraverso il nostro programma World Links for Development stiamo collegando studenti ed insegnanti delle scuole secondarie dei paesi in via di sviluppo con i loro omologhi nei paesi industrialilizzati. Stiamo anche utilizzando la tecnologia delle informazioni e comunicazioni per creare "l’università senza pareti" e per collegare i paesi dell’Africa subsahariana direttamente con i docenti universitari e le risorse didattiche globali attraverso l’Università virtuale africana (African Virtual University). Con il Portale globale per lo sviluppo (Global Development Gateway) e la Rete globale per lo sviluppo (Global Development Network) contiamo di promuovere la creazione e lo scambio della conoscenza. Diamo il nostro supporto alla reti di diffusione della conoscenza (knowledge networking), alla ricerca globale ed alla costituzione di cerchia di professionisti a partire dalle basi. Infine, stiamo sviluppando molte applicazioni pratiche utilizzate dalle comunità povere di tutto il mondo per portar loro la conoscenza nella loro lingua, per costruire comunità, per generare 12 Praga, Repubblica Ceca, 2000 attività commerciali, per assisterle nel campo medico, e per collegarle fra di loro e con il mondo intero. La rivoluzione delle informazioni e delle comunicazioni ci offre un’opportunità senza pari per far sì che diventino realtà la demarginalizzazione e la partecipazione. I poveri di tutto il mondo ci spingono ad agire. Facendo seguito al nostro studio la "Voce dei poveri" ("Voices of the Poor"), molti gruppi ci hanno chiesto, come assoluta priorità, ulteriore accesso alla tecnologia delle informazioni e delle comunicazioni. Abbiamo l’obbligo di lavorare affinché un giorno, tramite l’Internet, l’insegnamento a distanza, i cellulari e le radio windup, l’anziano del villaggio o lo studente volonteroso abbiano accesso agli stessi dati a cui avrà accesso il ministro delle finanze. La tecnologia delle comunicazioni ci offre gli strumenti per una vera partecipazione. Questo assicura le pari opportunità. Questa è la vera eguaglianza. Una Banca che mantiene ciò che promette Nel corso della sua storia, la Banca mondiale si è adeguata ai cambiamenti dei tempi, dalla ricostruzione del dopoguerra alle sfide dello sviluppo globale. Tale trasformazione continua tuttora. Permettetemi di elaborare su quello che abbiamo fatto negli ultimi cinque anni con l’intento di ampliare l’enorme contributo dei miei predecessori e le solide basi del passato. Negli ultimi cinque anni abbiamo continuato a indirizzare i nostri prestiti verso i settori sociali quali la sanità, l’istruzione e la previdenza sociale che ora costituiscono circa un quarto del nostro portafoglio. Fino a cinque anni fa, i nostri prestiti per la lotta globale contro l’HIV/AIDS erano di poca entità. Oggi vi abbiamo stanziato circa un miliardo di dollari, di cui 500 milioni recentemente messi a disposizione per programmi in Africa. Fino a cinque anni fa non eravamo impegnati in nessuna opera di ricostruzione post-bellica. Oggi invece siamo impegnati in oltre 35 paesi in questo senso. 13 Per costruire un mondo equo Fino a cinque anni fa non avevamo ancora formulato l’iniziativa a favore dei paesi poveri altamente indebitati (HIPC Initiative). Oggi abbiamo raggiunto accordi per alleviare il debito di 10 paesi e stiamo facendo tutto il possibile per portare questo numero a 20 entro la fine dell’anno. Fino a cinque anni fa, non lavoravamo a programmi anticorruzione. Negli ultimi cinque anni, ci siamo impegnati in oltre 600 attività anticorruzione. Fino a cinque anni fa, ci concentravamo solo sul concetto di "non arrecare danni" all’ambiente. Oggi disponiamo di un portafoglio di 15 miliardi di dollari per l’ambiente, che comprende programmi relativi ai cambiamenti climatici e alla biodiversità. Stiamo lavorando assieme a vari governi per migliorare le strutture governative e il clima per gli investimenti. Stiamo lavorando per instaurare quadri normativi razionali per far sì che il settore privato possa contribuire più efficacemente alla realizzazione delle infrastrutture. La Compagnia finanziaria internazionale (International Finance Corporation, IFC) sta facendo leva sui suoi progetti innovativi ed il suo crescente portafoglio per espandere le frontiere delle opportunità di investimento. Lo stesso sta facendo la MIGA (Multilateral Investment Guarantee Agency), dove la copertura delle garanzie è salita dai 600 milioni di dollari di cinque anni fa a più di 1,5 miliardi. Abbiamo deciso di puntare sui risultati e siamo riusciti a conseguirli. Eppure rimangono coloro che dicono che noi promettiamo molto più di quanto non manteniamo. Nel 1995, ho promesso che saremmo diventati una "Banca del sapere" ed abbiamo conseguito grandi progressi in questo campo. Nel 1996, ho promesso che avremmo lottato contro il "cancro della corruzione" ed oggi figuriamo fra i leader in questa lotta. Nel 1997, ho parlato della "sfida dell’integrazione" ed oggi ci stiamo prodigando più che mai nel tentativo di demarginalizzare i più poveri e deboli. Nel 1998, ho parlato della necessità di raggiungere un equilibrio tra la crescita economica essenziale e lo sviluppo sociale e strutturale, ed ho esortato l’adozione del Quadro di sviluppo integrato (Comprehensive Development Framework). Da allora abbiamo condotto vari programmi pilota in questo senso e abbiamo introdotto nuove strategie per la 14 Praga, Repubblica Ceca, 2000 riduzione della povertà su più vasta scala. E nel 1999, ho parlato dell’importanza di una buona struttura governativa e dello sviluppo delle capacità e della formazione di partneriati. Lavoriamo a tali questioni quotidianamente e senza sosta, e stiamo ottenendo ottimi risultati. Lavoriamo continuamente al miglioramento della qualità dei nostri programmi. Negli ultimi cinque anni, la percentuale delle operazioni di prestito reputate soddisfacenti o più che soddisfacenti dall’ente indipendente di valutazione della Banca è notevolmente aumentata. Cinque anni fa, il 34 per cento dei nostri progetti veniva considerato a rischio. Oggi quella cifra è scesa al 15 per cento. Siamo sempre più vicini ai nostri clienti: oggi la metà dei nostri direttori responsabili per i singoli paesi e 2300 dipendenti sono sul posto. E siamo più transparenti: divulghiamo oltre l’85 per cento delle nostre strategie di assistenza ai paesi, un aumento considerevole visto che fino a cinque anni fa non le pubblicavamo affatto. Siamo una Banca diversa di quella di una volta, ed attendiamo allo sviluppo economico in maniera diversa. Siamo già arrivati alla meta? No. Ma abbiamo compiuto oltre la metà dell’imponente programma di riforme? Sì. E nei prossimi cinque anni ci concentreremo ancora di più sull’attuazione. Siamo pronti ed in grado di assumerci la responsabilità del programma sociale e strutturale, collaborando con il FMI nel sostenere i programmi dei vari paesi. Stiamo studiando con i nostri colleghi alle Nazioni Unite e con le altre banche multilaterali di sviluppo i problemi della selettività e della ripartizione del lavoro fra di noi. Lavoriamo con i vari governi, aiutandoli a portare avanti le loro politiche e le loro istituzioni, invece di attuare semplicemente i nostri progetti. Tutto questo esige un’ulteriore trasformazione della nostra strategia operativa: meno microgestione e più collaborazione con i governi per aiutarli a tracciare i loro grandi parametri. Manterremo la condizionalità ma apportandovi gli snellimenti necessari e privilegiando i principi fondamentali. Daremo il nostro 15 Per costruire un mondo equo appoggio alle strategie nazionali, di cui i paesi interessati avranno pieno controllo, con prestiti programmatici che allineano l’appoggio dei donatori con i cicli politici e di bilancio dei governi. A questo scopo, stiamo introducendo il Credito in appoggio alla riduzione della povertà (Poverty Reduction Support Credit). Sia per i progetti, sia per i programmi, ci adatteremo alle esigenze specifiche dei particolari paesi e cercheremo misure innovative per sostenere i programmi regionali, con consigli, finanziamenti e sovvenzioni. Collaboreremo con i nostri partner nel campo dello sviluppo nel coordinamento ed armonizzazione degli standard e delle procedure relative all’approvvigionamento, all’ambiente e all’informazione al fine di ridurre l’onere amministrativo che grava sui nostri clienti. Siamo convinti che sia questa la strada da seguire per incrementare lo sviluppo ed accelerare, rendere più efficace e flessibile l’esecuzione. Permettetemi di precisare che non solo continueremo a prodigarci, ma che intensificheremo i nostri sforzi per debellare la povertà nei paesi a medio reddito. Non possiamo ignorare il fatto che, nei paesi a medio reddito, un miliardo di persone vive con meno di due dollari al giorno. Continueremo a fornire appoggio finanziario e cognitivo nel campo dell’istruzione, della sanità e della previdenza sociale nelle comunità povere. Continueremo ad attingere alla sinergia creatasi fra i nostri servizi di prestito e di consulenza, che è la chiave delle riforme. Continueremo a collaborare con le autorità nazionali e regionali per instaurare un clima più favorevole agli investimenti e alla creazione di posti di lavoro che sono essenziali per alleviare la povertà. Col tempo, il loro accesso ai mercati aumenterà. Non possiamo semplicemente chiedere a questi paesi di contare su mercati di capitali instabili per finanziare la loro lotta contro la povertà. La nostra partnership deve essere a lungo termine, deve essere mirata e di totale impegno, sia nei momenti buoni che in quelli cattivi. 16 Praga, Repubblica Ceca, 2000 Si tratta di un programma molto impegnativo e il nostro bilancio è estremamente limitato. Permettetemi, a questo proposito, di esprimere la mia profonda gratitudine ai dipendenti e ai dirigenti del Gruppo della Banca Mondiale per la dedizione ed il professionismo dimostrato in questo periodo di transizione. A mio parere, costituiscono l’équipe di sviluppo migliore del mondo per il talento e la dedizione. A loro e alle loro famiglie porgo il mio plauso. Sono molto orgoglioso di lavorare con loro. L’avvenire: responsabilità e opportunità Ho parlato di opportunità, di sicurezza, di demarginalizzazione. Ho anche parlato di partecipazione, di trasparenza e dell’obbligo di rendere conto. Ma che cosa dobbiamo dire del senso di responsabilità? Due anni fa abbiamo pubblicato uno studio sull’efficacia degli aiuti. I risultati erano chiari. I paesi in cui vigono buone politiche di governo usano con profitto l’assistenza che viene loro fornita; nei paesi con cattive politiche di governo, tale assistenza viene sprecata. E’ in aumento il numero di paesi che applicano quelle politiche per una crescita sana. Ed è in aumento il numero dei paesi che ottengono buoni risultati. I paesi in via di sviluppo che mantengono i loro impegni sono in aumento. Ed i paesi industrializzati? Alcuni di loro si assumono ammirevolmente le loro responsabilità e siamo loro molto grati. Ma molti non lo fanno. Mi sembra che, man mano che procediamo, dobbiamo concentrarci su molti punti prioritari. Primo, molti paesi industrializzati sono scesi molto al di sotto degli obiettivi di assistenza allo sviluppo riconosciuti a livello internazionale. Essi devono intensificare il loro impegno all’assistenza. Secondo, i paesi industrializzati devono fornire le risorse necessarie per ottenere una riduzione del debito più ampia, veloce e profonda. Se vogliamo che venga applicata più celermente l’Iniziativa verso i paesi poveri più indebitati (HIPC Initiative), dobbiamo poter rivolgerci ai paesi più ricchi per ottenere le 17 Per costruire un mondo equo risorse necessarie. Tale iniziativa non deve essere finanziata riducendo le risorse fornite ai paesi a basso o a medio reddito, o aumentandone i costi. Terzo, i paesi industrializzati debbono smantellare le barriere commerciali nei confronti dei paesi poveri. Secondo le nostre stime, il costo annuo di tutte le barriere commerciali erette dai paesi industrializzati rappresenta oltre il doppio del totale della somma volta all’assistenza allo sviluppo. Quarto, dobbiamo trovare gli strumenti innovativi a cui ricorrere, che comprendano anche i sussidi, per far fronte a questioni urgenti come l’HIV/AIDS, l’ambiente, l’istruzione di base e la sanità. E’ essenziale che la Banca rafforzi la Development Grant Facility. Quinto, i donatori sia a livello multilaterale che bilaterale devono collaborare allo scopo di semplificare le loro procedure e di ridurre i costi delle loro transazioni. Infine, dobbiamo renderci conto che esiste un numero crescente di problematiche che richiede un intervento su scala mondiale. Dobbiamo agire in sintonia. Questo è il momento opportuno. Il bilancio dei paesi ricchi non è mai stato così alto. Il ritmo del progresso tecnologico non ha precedenti. Le prospettive di crescita sono state raramente così favorevoli. In tutti i paesi l’azione del potere pubblico dev’essere ispirata da un rinnovato impegno alla lotta contro la povertà. Abbiamo di fronte la sfida demografica. Nei prossimi 25 anni, ai sei miliardi dell’attuale popolazione mondiale se ne aggiungeranno quasi due, di cui la quasi totalità nei paesi in via di sviluppo. Fra 25 anni, la popolazione dell’Europa sarà quasi la stessa di quella attuale, mentre quella dei paesi in via sviluppo aumenterà da cinque a quasi sette miliardi. In mancanza di un tale impegno allo sviluppo, non potremmo arginare la marea delle privazioni, della miseria e della disperazione. Non saremmo capaci di creare un mondo più equo, 18 Praga, Repubblica Ceca, 2000 né assicurare la pace e la stabilità per i nostri figli. Noi tutti qui presenti sappiamo che possiamo e dobbiamo fare di più. Abbiamo di fronte un’opportunità storica Se collaboriamo, se mettiamo in atto lo sviluppo in modo diverso e se diamo la parola a chi non ha voce in capitolo, questo nuovo mondo, la maggior comprensione, la maggiore esperienza della comunità dello sviluppo e l’evoluzione delle istituzioni internazionali, ci offrono la possibilità che il prossimo decennio veda una considerevole vittoria della lotta contro la povertà. Le opportunità e le prospettive dell’economia globale, l’era dell’informazione e le tecnologie che permettono di salvare vite umane e di potenziare la produttività sono a portata di mano. Dobbiamo collaborare affinché i benefici della globalizzazione non vadano a vantaggio di pochi, ma contribuiscano alla prosperità dei più. Non si tratta semplicemente di un nuovo programma economico. Ma di un impegno, un impegno basato su comuni valori morali e sociali. Un impegno basato anche su un nostro interesse preciso. L’impegno che prendiamo nei confronti della prossima generazione di lasciar loro in eredità un mondo migliore: un mondo equo, un mondo di pace e di sicurezza. . 19