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La schizofrenia è caratterizzata da "sintomi positivi", come allucinazioni e deliri; da "sintomi
negativi" come appiattimento o ottundimento affettivo, alogia, abulia-apatia, anedoniaasocialità; sintomi cognitivi come alterazioni a livello di memoria di lavoro, velocità di
elaborazione e problem solving; disorganizzazione, che include disturbi del pensiero
formale e linguaggio inappropriato, comportamenti bizzarri e catatonia, affettività
inappropriata, ma anche episodi di agitazione e aggressività; in aggiunta molte persone
affette da schizofrenia vanno incontro a depressione e ansia durante il corso della loro
malattia.
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Le basi biologiche della schizofrenia non sono ancora del tutto chiare. L’ipotesi
patogenetica più accreditata presuppone una disfunzione della neurotrasmissione
dopaminergica. Tuttavia, quest’ipotesi presenta dei limiti, per cui nel tempo sono state
formulate altre ipotesi che riguardano alterazioni in altri sistemi neurotrasmettitoriali, tra
cui il sistema serotoninergico e quello glutammatergico.
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La dopamina (DA) è un importante neurotrasmettitore. I recettori per la DA modulano la
neurotrasmissione dopaminergica. Esiste un gran numero di recettori dopaminergici, tra cui
almeno 5 sottotipi farmacologici, organizzati in due famiglie (recettori D1-simili e D2-simili),
in base al loro profilo di accoppiamento all’effettore. La sottofamiglia D1 è composta dai
sottotipi D1 e D5, i quali si accoppiano alla proteina Gs per stimolare la produzione di cAMP
cellulare. La sottofamiglia D2 comprende i recettori D2, D3 e D4, i quali si accoppiano a
proteine Gi/o riducendo la produzione di cAMP.
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Il sistema dopaminergico è organizzato in quattro vie principali: nigrostriatale (proietta
dalla substantia nigra ai gangli della base; fa parte del sistema nervoso extrapiramidale e
regola il movimento), mesolimbica (proietta dall’area ventrotegmentale mesencefalica al
nucleus accumbens; è associata principalmente alla gratificazione), mesocorticale
(importante per funzioni cognitive superiori tra cui motivazione, emozioni e controllo
degli impulsi), e tuberoinfundibulare (questi neuroni partono dal nucleo arcuato
dell'ipotalamo e terminano all'eminenza mediana, dove rilasciano la DA nella pituitaria
anteriore inibendo il rilascio di prolattina).
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L'eziologia dei sintomi positivi sembra essere collegata all’eccessiva neurotrasmissione
dopaminergica nella via mesolimbica.
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L’eziologia dei sintomi cognitivi e negativi è stata associata ad una ipoattività dopaminergica
nella via mesocorticale.
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Tutti i farmaci antipsicotici hanno in comune l’antagonismo (o il parziale agonismo nel caso
dell’aripiprazolo) del recettore D2 della DA. Le azioni terapeutiche dei farmaci antipsicotici
sono dovute ad un blocco dei recettori D2 specificamente nella via dopaminergica
mesolimbica. Tale blocco ha l’effetto di ridurre l’iperattività di questa via.
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Si ipotizza che il blocco dei recettori D2 postsinaptici a livello della via mesolimbica sia
responsabile della capacità degli antipsicotici di ridurre o bloccare i sintomi positivi.
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Il blocco dei recettori D2 a livello della via mesocorticale può determinare ottundimento
emotivo che simula i sintomi negativi della schizofrenia. Se un paziente ha già questi
sintomi prima del trattamento, la somministrazione di farmaci che agiscono principalmente
come antagonisti D2 può far peggiorare i sintomi negativi.
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Il blocco dei recettori D2 a livello della via nigrostriatale può determinare la comparsa di
disturbi del movimento apparentemente molto simili a quelli del morbo di Parkinson (per
questo motivo tali disturbi nel loro insieme vengono definiti parkinsonismo iatrogeno). Dal
momento che la via nigrostriatale fa parte del cosiddetto sistema extrapiramidale, tali
reazioni avverse prendono anche il nome di sintomi extrapiramidali (EPS). Il parkinsonismo
si verifica quando l’occupazione dei D2 dello striato supera il 78% e spesso risponde ad una
riduzione della dose dell’antipsicotico. Clinicamente si assiste ad un generale rallentamento
ed impoverimento dei movimenti volontari (bradicinesia) con facies amimica e ridotti
movimenti delle braccia durante la deambulazione, rigidità e tremore a riposo che
coinvolge specialmente le estremità superiori.
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La discinesia tardiva è una condizione di aumentata attività dopaminergica nigrostriatale
come risultato di una up-regulation dei recettori D2 postsinaptici a causa del loro blocco
persistente. E’ caratterizzata da movimenti involontari, stereotipati (simili a un tic),
ripetitivi, non dolorosi, dei muscoli facciali, delle palpebre (ammiccamento), della bocca
(smorfie), della lingua, degli arti e del tronco.
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Poiché i neuroni dopaminergici hanno la funzione di inibire la produzione di prolattina, il
blocco dei recettori D2 in questa via causa un aumento della produzione di prolattina, con
conseguente ipertrofia della ghiandola mammaria e galattorrea (secrezione di latte).
Sopprimendo la secrezione di gonadotropine e di steroidi sessuali, l’iperprolattinemia può
indurre amenorrea nella donna e disfunzione sessuale o infertilità nell’uomo.
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Oltre a bloccare i recettori D2 in tutte e quattro le vie dopaminergiche, gli antipsicotici tipici
hanno altre proprietà farmacodinamiche.
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Tra gli antipsicotici tipici, le fenotiazine a bassa potenza (per esempio la clorpromazina)
hanno un’affinità muscarinica elevata. L’antagonismo muscarinico è responsabile degli
effetti anticolinergici tra cui stipsi, ritenzione urinaria, xerostomia (secchezza delle fauci),
visione offuscata, sonnolenza e disfunzioni cognitive.
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L’antagonismo α1 adrenergico è associato al rischio di ipotensione ortostatica
(potenzialmente problematica soprattutto in pazienti anziani con scarso tono vasomotorio).
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L’antagonismo centrale dei recettori H1 è associato a sedazione e incremento ponderale per
stimolazione dell’appetito. Fra gli antipsicotici tipici, la clorpromazina è il farmaco con
maggiore effetto sedativo. La sedazione può essere utile nel trattamento della psicosi
acuta, ma l’eccessiva sedazione può essere scarsamente tollerata e interferire con la
valutazione del paziente.
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Da un punto di vista farmacologico, gli antipsicotici atipici possono essere definiti come
antagonisti di serotonina e dopamina. La maggior parte delle loro proprietà cliniche
«atipiche» sono dovute allo sfruttamento dei diversi modi attraverso i quali la serotonina e
la dopamina interagiscono all'interno delle 4 vie dopaminergiche. Il primo farmaco di
questo gruppo, la clozapina, era considerato un antipsicotico «atipico» perché era efficace
a dosi che causavano EPS in modo trascurabile. Inoltre, ha mostrato una maggiore efficacia
nel ridurre i sintomi negativi della schizofrenia. Tuttavia, la clozapina e gli altri farmaci
introdotti successivamente in commercio come antipsicotici atipici, possono comunque
determinare reazioni avverse importanti, soprattutto a livello metabolico.
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La maggior parte dei farmaci antipsicotici atipici è costituita da antagonisti a bassa affinità
per il recettore D2 e antagonisti ad alta affinità per il recettore della serotonina 5-HT2A.
Attraverso l’interazione con questo recettore, la serotonina inibisce il rilascio di dopamina
dai terminali assonali dopaminergici nelle diverse vie.
A livello della via nigrostriatale, la serotonina inibisce il rilascio di dopamina sia a livello dei
corpi cellulari che dei terminali assonali dopaminergici: i neuroni serotoninergici dal rafe
del tronco cerebrale innervano i neuroni dopaminergici della sostanza nera e proiettano ai
gangli della base; in queste aree la serotonina interagisce con i 5-HT2A postsinaptici siti sul
neurone dopaminergico inibendo il rilascio della DA; il blocco dei 5-HT2A (dato da un
antipsicotico atipico) promuove il rilascio di DA, che può così competere con l’antipsicotico
stesso per il legame con il recettore D2. Il risultato finale è una riduzione del rischio di
sintomi extrapiramidali e discinesia tardiva.
A livello della via mesocorticale, poiché c’è una maggiore concentrazione di recettori 5-HT2A
rispetto ai recettori D2, l’azione di antagonismo 5-HT2A provoca un aumento netto
dell’attività della DA, determinando un miglioramento dei sintomi negativi della
schizofrenia.
Infine, a livello delle cellule ipofisarie lattotrope, la DA inibisce il rilascio di prolattina
stimolando i recettori D2, mentre la serotonina ne promuove il rilascio stimolando i
recettori 5-HT2A; tuttavia, non tutti gli antipsicotici atipici riducono la secrezione di
prolattina nella stessa misura e alcuni non la riducono affatto (per esempio il risperidone).
A livello della via mesolimbica, i recettori D2 sono più abbondanti dei recettori 5HT2A, per
cui prevale il blocco dei recettori D2, che contrasta l’iperfunzionalità dopaminergica
responsabile dei sintomi positivi.
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Oltre all’antagonismo D2 e 5-HT2A, alcuni farmaci di questa classe interagiscono con molti
altri sottotipi di recettori dei sistemi di serotonina e DA (recettori 5-HT1A, 5HT1D, 5-HT2C, 5-HT3, 5-HT6 e 5-HT7 e recettori D1, D3, D4 e D5). In particolare, l'attività di
agonista parziale a livello dei recettori 5-HT1A di clozapina, ziprasidone e aripiprazolo può
spiegare i loro effetti ansiolitici. Inoltre, alcuni di questi farmaci esercitano un’azione di
antagonismo sui recettori antimuscarinici, istaminergici e adrenergici. Lo ziprasidone
esercita anche effetti come inibitore della ricaptazione di serotonina e noradrenalina. A
differenza degli altri antipsicotici, l'aripiprazolo è un agonista parziale a livello dei recettori
D2: questo spiega la sua capacità di stimolare i recettori D2 in zone del cervello dove ci sono
limitati livelli di DA (ad esempio, la corteccia prefrontale) o diminuire l'attività
dopaminergica quando le concentrazioni di DA sono elevate (ad esempio, a livello della
corteccia mesolimbica).
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Mentre le problematiche relative agli EPS sono state ridotte con l'introduzione dei farmaci
antipsicotici atipici nella pratica clinica, è aumentato il rischio di incremento ponderale,
alterazioni dell’omeostasi glucidica (fino all’insorgenza di diabete mellito di tipo 2) e
dislipidemie (in particolare ipertrigliceridemia). L’azione di blocco dei recettori
serotoninergici 5-HT2C e istaminergici H1, è associata ad aumentata assunzione di cibo e
incremento ponderale. A sua volta, l’incremento ponderale predispone all’insorgenza o al
peggioramento di condizioni quali diabete mellito, ipertensione e iperlipidemia.
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Clozapina e olanzapina sono associate ad un maggiore incremento ponderale, quetiapina e
risperidone ad un rischio intermedio, ziprasidone e aripiprazolo a minime variazioni nel
peso corporeo.
Gli antagonisti 5-HT2C determinano un aumento dell'assunzione di cibo. Clozapina e
olanzapina, oltre ad essere i farmaci che più frequentemente determinano incremento
ponderale, sono anche quelli con maggiore affinità relativa per il recettore 5-HT2C.
Anche la noradrenalina gioca un ruolo importante sulla regolazione dell’assunzione di cibo
a livello ipotalamico. La somministrazione dell’agonista α1-adrenergico fenilpropanolamina
riduce l'assunzione di cibo; si ritiene pertanto l’antagonismo α1 possano contribuire
all’incremento ponderale determinato da alcuni antipsicotici.
Anche la DA gioca un ruolo importante a livello ipotalamico e in altre regioni cerebrali nel
regolare l'assunzione di cibo.
I recettori istaminergici H1 sono particolarmente implicati nell’aumento di peso indotto da
antipsicotici: l'istamina può diminuire l'assunzione di cibo, effetto bloccato
dall’antagonismo H1.
Altri meccanismi potenzialmente coinvolti includono l’iperprolattinemia, l’antagonismo D2
blocco nel sistema di ricompensa e gli effetti sedativi degli antipsicotici.
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La clozapina è stata il primo antipsicotico atipico ad essere sviluppato ma, in seguito al
verificarsi di casi di agranulocitosi (riduzione del numero di globuli bianchi circolanti,
specificamente dei granulociti neutrofili, che può portare in alcuni casi anche alla morte), è
stata ritirata dal commercio. Successivamente, dopo che alcuni studi avevano dimostrato
che la clozapina era efficace nel trattamento della schizofrenia resistente ad altri
antipsicotici, è stata reintrodotta nel mercato con questa indicazione. E’ però necessario
effettuare un monitoraggio dell’esame emocromocitometrico con formula leucocitaria
(prima dell’inizio del trattamento, una volta alla settimana per i primi sei mesi,
successivamente una volta al mese). La tossicità immunomediata e un’alterazione dei
meccanismi ossidativi rappresentano i meccanismi più verosimilmente implicati nella
patogenesi dell’agrunolocitosi da clozapina.
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E’ ormai nota da tempo l’associazione tra terapia antipsicotica e rischio cardiovascolare.
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Diversi studi confermano la teoria secondo cui per la maggior parte dei farmaci, il
meccanismo alla base del prolungamento del tratto QT è correlato al blocco dei canali al
potassio deputati alla ripolarizzazione cardiaca.
Il prolungamento del tratto QT si associa ad un aumentato rischio di insorgenza di una
particolare tachiaritmia ventricolare polimorfa nota come torsione di punta.
Sebbene la torsione di punta sia generalmente una condizione in grado di autolimitarsi e
determinare, da un punto di vista emodinamico, pochi sintomi, è da considerarsi
potenzialmente pericolosa per la vita a causa della sua tendenza a recidivare ed evolvere in
fibrillazione ventricolare. Pertanto un adeguato monitoraggio dovrebbe essere
implementato, soprattutto nella fase iniziale, ogniqualvolta venga introdotto un farmaco
potenzialmente responsabile di un prolungamento dell’intervallo QT.
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