SICUREZZA AEROPORTUALE: ANALISI QUALITATIVA DELL’AGENCY NELLE INTERAZIONI TRA OPERATORE E PASSEGGERO PRESSO L’AEROPORTO MARCO POLO DI VENEZIA dr. Luca Verona Università degli Studi di Padova Il presente lavoro di ricerca presenta un modello di analisi organizzativa applicabile a qualsiasi contesto nel quale sia presente una comunità di pratiche. Il modello è stato applicato all’interno dell’organizzazione aeroportuale Marco Polo di Venezia. Nello studio specifico è stato studiato come viene trattata e suddivisa l’agency tra i ruoli deputati al controllo e mantenimento della sicurezza all’interno del delicato contesto aeroportuale, al fine di analizzare e valutare eventuali miglioramenti. L’agency o agentività è “la libertà d’azione in un contesto normatizzato”: questo significa che la persona è autore e deve contribuire nella costruzione e nell’aggiornamento adattivo del proprio ambiente lavorativo, creando la propria storia lavorativa e professionale (Piccardo, Pellicoro, 2008). Ogni organizzazione ha una propria cultura che ne determina i principi, le norme, le pratiche. La libertà di scelta su come operare o comportarsi in specifiche situazioni è lasciata in diverso grado agli attori sociali e varia secondo l’ambiente e il ruolo ricoperto. Una persona presenta alta agency quando ha un’ampia libertà decisionale a differenza della bassa agency che lascia limitata facoltà di scelta al soggetto interessato. E’ stato scelto di analizzare l’agency nello specifico dei controlli di sicurezza perché gli eventi che vengono a crearsi sono sottoposti a cambiamenti non lineari o meccanici: deve essere l’operatore a costruire ed adattare il suo lavoro non affidandosi esclusivamente alla norma ma nemmeno alle singole pratiche individuali. Le novità e la traduzione operativa della norma si rifanno all’affidabilità e concretezza del sistema di azioni dei soggetti che andranno ad apportare modifiche e quindi ad evolvere l’organizzazione stessa. Ogni organizzazione avrà specifiche problematicità o ambiti d’intervento, il modello che mi presto a presentare dovrà essere pensato e sviluppato considerando gli aspetti legati al focus d’indagine. La ricerca tradizionale presenta tre criteri fondamentali: l’affidabilità, validità interna, la generalizzabilità dei risultati, la replicabilità. Nella ricerca qualitativa non è possibile soddisfare pienamente questi criteri; per questo tipo di ricerca è dunque necessario utilizzare criteri di validità scientifica che sono: (Taylor, 2001) - situatività: lega i metodi, i risultati e l’interpretazione della ricerca allo specifico ambito in cui si svolge; - contingenza: assegna un valore situato ai risultati riferito alla situazione o momento specifico; - riflessività: il ricercatore è consapevole della sua non neutralità di interessi e di scelte metodologiche. Un ulteriore criterio dell’analisi qualitativa è la triangolazione. Denzin (1978) propone un’osservazione dei fenomeni attraverso la triangolazione dei dati, investigativa, delle teorie, delle metodologie. La teoria e le metodologie utilizzate sono di carattere squisitamente qualitativo in quanto tengono in considerazione la specificità del contesto, situazione ed interazioni. Ogni organizzazione è unica e specifica e per questo i risultati non sono omologabili con altre. La teoria metodologica di riferimento è la struttura a tre livelli del contesto sociale ideato da Mantovani nel 1993 (Figura 1). Nella presente ricerca sono stati soddisfatti i criteri di Denzin: i dati, le metodologie e le conseguenti teorie derivano da tre tipologie di analisi diverse che ricoprono inoltre i tre livelli della teoria di riferimento, soddisfando quindi i criteri di scientificità della ricerca qualitativa. I tre livelli sono interconnessi e racchiusi uno dentro l'altro, percorribili dal basso verso l’alto o viceversa ,poiché un aspetto del terzo livello è un aspetto particolare del livello sovraordinato; il contesto sociale fornisce quindi gli elementi necessari all’interpretazione della situazione contingente. Figura 1. Struttura a tre livelli del contesto sociale (Mantovani, 1993) 1. Il primo livello è il contesto sociale più generale che integra l’insieme degli artefatti culturali e tecnologici presenti all’interno di un dato ambiente sociale e fisico con l’azione degli attori sociali. Esso determina la storia e le caratteristiche specifiche del contesto considerato, nel nostro caso l’aeroporto Marco Polo. La struttura designa l’insieme dei rapporti simbolici che definiscono una cultura (Archer, 1988); l’azione non è diretta ad uno scopo come se si stesse eseguendo un piano, ma è mediata dalla struttura. L’impatto dell’azione sull’ordine simbolico, attraverso la sua costante modificazione, crea la sua storia. Nella ricerca il primo livello viene analizzato mediante le ordinanze emanate dalla direzione aeroportuale nel corso degli anni e risulta utile per analizzare, tramite l’analisi del contenuto, la struttura e le azioni compiute negli anni, creandone dunque la storia dell’aeroporto stesso. Sono state selezionate 127 su 501 totali inerenti alla Security dal 1967 al 10/2011. Tramite il software di analisi qualitativa Atlas.ti sono stati suddivisi i ruoli e le categorie sociali interne ed estratte le categorie: Norme, Principi, Contingenze e Problemi strutturali. Dallo studio delle frequenze e delle co-occorrenze è emerso che le contingenze sono trattate prevalentemente da norme, mentre i problemi strutturali da principi. E’ emerso anche che a ruoli direzionali sono destinate ordinanze aventi più principi che lasciano quindi alta agency; gli Operatori Aeroportuali (OA) presenti sul campo sono maggiormente destinatari di norme e hanno bassa agency che si manifesta nelle produzioni comunicative e nelle comunità di pratiche. 2. Interpretazione della situazione: La relazione struttura – azione del primo livello si frammenta declinando le opportunità che le situazioni offrono e gli interessi specifici delle persone. Le situazioni vengono costruite attraverso l’interpretazione che di volta in volta viene data risolvendo l’ambiguità come transizione tra opportunità ed interessi: il loro prodotto è la formazione di scopi. “Essi, come l’azione situata, non precedono il contesto né sono indipendenti da esso” (Mantovani, 2003). Nello studio il II°livello è analizzato attraverso 8 interviste semi-strutturate ad attori privilegiati sia dirigenti che operatori; le interviste sono state registrate e trascritte attraverso il software di analisi qualitativa Transana, adottando il codice di Jefferson per l’Analisi del Discorso. L’analisi delle interviste ha permesso di analizzare le azioni attraverso il significato dato dall’attore sociale stesso. Le problematicità emerse per gli OA sono di tipo relazionale: il dover invadere la privacy delle persone e la non sempre chiara conoscenza delle normative vigenti da parte dei passeggeri. 3. Interazione locale con l’ambiente: le pratiche sono intese come interazioni a livello locale, dove è possibile vengano prodotte nuove interpretazioni. Esse sono categorizzabili, al livello più basso, come esecuzione di compiti (tasks) in un dato contenuto in vista di determinati scopi (Mantovani, 1992). Nell’esecuzione di compiti sono sempre presenti gli artefatti. Essi mediano tra l’attore e l’ambiente in una relazione circolare (Caroll e Campbell, 1989). Nella definizione di ruolo bisogna superare la task analysis; è necessario evidenziare meglio il carattere simbolico dell’ambiente sociale che è fatto appunto di artefatti sia tecnologici che normativi. Gli artefatti, intesi come strumenti che modificano le modalità di svolgimento dei compiti degli attori, ne cambiano l’ambiente sociale e fisico e contribuiscono a trasformare la mentalità delle persone.“Gli artefatti, in questo senso più ampio, includono non solo gli strumenti per le operazioni fisiche sull’ambiente, ma anche le norme sociali e culturali che stabiliscono che cosa si deve fare e come va fatto.”(Mantovani, 2003). Questo in senso ascendente modificherà dunque gli scopi che a loro volta determineranno la storia e l’evoluzione dell’organizzazione stessa. Il 3° livello nella ricerca, cioè l’interazione tra attore sociale (operatore aeroportuale) e gli artefatti prassi e tecniche, è stato trattato tramite una serie di osservazioni etnografiche sul campo, con la compilazione, da parte di personale formato, di griglie create ad hoc per le zone di interazione, per un totale di 889 osservazioni. Analisi statistiche con SPSS hanno permesso di individuare frequenze e significatività di zone e tipologie d’interazione problematica. Le problematicità emerse si ritrovano sempre nell’ambito relazionale tra OA e passeggero, specificatamente nella mancata conoscenza delle procedure da parte del passeggero e la sua non conoscenza delle motivazioni alla base al controllo. In conclusione, confrontando i diversi dati ottenuti dalle differenti metodologie, è emerso che gli Operatori Aeroportuali preposti alla security presentano bassa agency, specialmente in eventi contingenti. L’agency si manifesta nelle scelte comportamentali e comunicative adottate e nel supporto della “comunità di pratiche”. Gli Operatori Aeroportuali devono mediare l’ambiguità dei passeggeri e fornire le informazioni necessarie per svolgere un controllo rapido ed evitare interazioni problematiche. Ciò presuppone che sia necessaria un’adeguata formazione in ambito comunicativo, relazionale e nella costruzione della comunità di pratiche, al fine di avere la giusta preparazione per mantenere elevato il livello di sicurezza nell’aeroporto e di risolvere velocemente ed in modo proficuo le problematicità, soprattutto relazionali, che emergono grazie anche al sostegno dei colleghi competenti nella tecnica e nella relazione. Il caso studiato vuole essere esemplificativo dell’utilizzo del modello di analisi organizzativa proposto. Questo modello può essere utilizzato per qualsiasi organizzazione sociale che sia dotata di norme, documentazione e possibilità di interviste e osservazioni, per risolvere ogni tipologia di approfondimento o studio specifico della stessa, ottenendo risultati validi, situati e contestualizzati per un eventuale intervento.