UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PAVIA
I 40 anni del Reattore
TRIGA MARK II
Progetto e realizzazione
Marcella Cagnazzo
Fotografie
Gabriele Vinciguerra
LENA
Laboratorio Energia Nucleare Applicata
CENTRO SERVIZI INTERDIPARTIMENTALE
Via Aselli, 41 – 27100 Pavia
Tel. +39 0382 98 73 00
http://www.unipv.it/weblena/sito_lena
2
SOMMARIO
IL LABORATORIO ENERGIA NUCLEARE APPLICATA (LENA)
5
CARATTERISTICHE TECNICHE DEL REATTORE TRIGA MARK II DEL LENA. ...................................... 7
Il nocciolo............................................................................................................................................ 8
Sistema di controllo ............................................................................................................................ 9
Sistema di raffreddamento ................................................................................................................ 11
Posizioni di irraggiamento ............................................................................................................... 11
FUNZIONAMENTO DEL REATTORE........................................................................................................ 13
ORGANIZZAZIONE DEL C.S.I. LENA................................................................................................... 17
Il Comitato Tecnico Scientifico del LENA (C.T.S.).......................................................................... 17
Il Presidente del LENA .................................................................................................................... 17
Il Direttore del LENA ...................................................................................................................... 18
Il Collegio del Delegati alla Sicurezza dell’Impianto ........................................................................ 19
ORGANICO ATTUALE DEL LENA ......................................................................................................... 20
40° COMPLEANNO DEL REATTORE TRIGA MARK II
22
PROGRAMMA DELLA GIORNATA ......................................................................................................... 22
Prof. G. Flor..................................................................................................................................... 23
Prof. A. Piazzoli ............................................................................................................................... 26
INTERVENTI DI ALCUNI EX-DIRETTORI DEL LENA ............................................................................. 29
Prof. S. Meloni ................................................................................................................................ 29
Prof. T. Pinelli .................................................................................................................................. 33
Prof. S. Altieri .................................................................................................................................. 37
“ENERGIA E TECNOLOGIE NUCLEARI: UN FUTURO A MISURA D’UOMO” ........................................... 40
“Il Neutrone, questo sconosciuto” (A. Piazzoli) .............................................................................. 40
“La Storia del Nucleare in Italia” (E. Cerrai) .................................................................................. 49
"Attualità dell’Energia Nucleare” (A. Ricci) ................................................................................... 54
“Il LENA e le Tecnologie Nucleari” (A. Borio di Tigliole) .............................................................. 60
“Riflessioni sulla cultura scientifica in Italia” (E. Bellone) ............................................................. 69
PUBBLICAZIONI DAL 1965 AL 2005
73
IL LABORATORIO ENERGIA NUCLEARE APPLICATA
(LENA)
DELL’UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PAVIA
(1965 – 2005)
Il Laboratorio Energia Nucleare Applicata (LENA) è un “Centro Servizi Interdipartimentale”
dell’Università degli Studi di Pavia che gestisce un reattore nucleare di ricerca e altre sorgenti di
radiazioni ed apparecchiature di irraggiamento mettendole a disposizione di ricercatori
dell’Ateneo pavese e di altri utenti, pubblici e privati, per lo svolgimento di attività di ricerca, di
didattica e di servizio.
Il Centro promuove e svolge anche direttamente attività di ricerca, di servizio e di formazione,
incoraggiando il trasferimento tecnologico al sistema produttivo anche mediante la
preparazione di personale specializzato nelle tecniche nucleari per conto di enti pubblici e
privati.
L’apparecchiatura fondamentale di cui il LENA dispone è un reattore nucleare di ricerca del
tipo TRIGA MARK II (Training Research Isotope production General Atomic) da 250 kW di potenza
nominale.
Voluto dal Prof. Mario Rollier, il reattore raggiunse la sua prima criticità alle 19,31 del 15
novembre 1965 e venne ufficialmente inaugurato il 16 dicembre 1966. Un rapporto ufficiale del
1985, dopo il primo ventennio di esercizio, riportava l’elenco di 240 pubblicazioni relative a
ricerche condotte con il reattore in vari settori: chimica nucleare e radiochimica, analisi per
attivazione, chimica di base, fisica nucleare, fisica dei reattori, dosimetria.
Dal 1980 al 1987 il reattore è stato utilizzato per realizzare un complesso e imponente
esperimento di fisica fondamentale, finanziato dall’I.N.F.N. (Istituto Nazionale di Fisica
Nucleare) sulle oscillazioni neutrone-antineutrone.
A quarant’anni dalla sua prima criticità il reattore è in ottime condizioni e viene impiegato
quasi quotidianamente per importanti attività di ricerca tra le quali:
 Terapia oncologica sperimentale per il trattamento di tumori epatici multifocali
mediante irraggiamento con neutroni (B.N.C.T.);
 Studi preliminari sul comportamento di strati sottili di Americio, nell’ambito di un
progetto di ricerca per la realizzazione di un motore spaziale di nuova concezione da
impiegare eventualmente per un futuro viaggio sul pianeta Marte;
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Analisi di materiali e di campioni ambientali per la determinazione di elementi in
traccia mediante il metodo dell’analisi per attivazione neutronica;
Analisi di campioni alimentari ai fini della Sicurezza e Qualità Alimentare mediante il
metodo dell’analisi per attivazione neutronica;
Studio dei danni indotti dalle radiazioni su componenti elettronici per applicazioni
aerospaziali e in macchine acceleratici di particelle;
Produzione di radioisotopi e attivazione di componenti per diagnostica industriale non
distruttiva;
Produzione di prodotti marcati per diagnostica medica;
Datazione di materiali e manufatti e determinazione della loro provenienza geografica;
Studio delle alterazioni della struttura reticolare e delle caratteristiche dei materiali
soggetti ad irraggiamento;
Induzione di modifiche strutturali in nuovi materiali (in particolare superconduttori e
semiconduttori) e loro caratterizzazione;
Studi per la caratterizzazione di materiali relativamente alle loro proprietà nucleari.
Il reattore del LENA, uno dei quattro reattori nucleari di ricerca ancora in esercizio in Italia (due
sono situati presso il Centro di Ricerca dell’ENEA a Casaccia e uno presso l’Università di
Palermo) è attualmente l’apparecchiatura di irraggiamento più importante e la più utilizzata
per lo svolgimento delle attività di ricerca e di servizio; tuttavia il Centro dispone anche di altre
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sorgenti di radiazioni ed apparecchiature, tra le quali: un generatore Rx industriale da 350 kV e
12 mA, una sorgente da 500 curie di Cobalto-60 e, in fase di installazione, un ciclotrone da 80
microA e 18 MeV protone per la produzione di radioisotopi per uso medicale.
Caratteristiche tecniche del reattore TRIGA MARK II del LENA.
Il reattore del LENA appartiene alla filiera degli impianti TRIGA (Training Research Isotope
production General Atomic), i reattori di ricerca più diffusi al mondo costruiti dalla General
Atomic negli anni sessanta in circa un centinaio di esemplari di cui quaranta ancora in esercizio.
L’acronimo TRIGA indica le principali attività di utilizzo di tali impianti: formazione didattica e
professionale, ricerca e produzione di radiosotopi. Costruiti con taglie di potenza variabili (da
100 kW a 14 MW), il reattore in esercizio presso il LENA ha una potenza nominale in regime
stazionario di 250 kW e un flusso totale massimo di circa 2x1013 neutroni al cm-2 s-1. Sebbene da
molti anni l’opzione non sia stata più utilizzata, il reattore del LENA potrebbe funzionare anche
in regime pulsato raggiungendo una potenza di picco di 250 MW durante un transitorio della
durata di circa 300 millisecondi.
Tale modalità di funzionamento è consentita dalla peculiarità del combustibile nucleare
utilizzato dai reattori TRIGA: una lega metallica di uranio (arricchito al 20% in 235U) e zirconio
all’interno della quale viene fatto diffondere dell’idrogeno. La presenza dell’idrogeno conferisce
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al combustibile nucleare anche la proprietà di moderatore, ossia la proprietà di ridurre la
velocità dei neutroni prodotti dalla fissione nucleare, aumentando così la probabilità di
autosostentamento della catena di fissione. Tale proprietà risulta dipendere in modo
inversamente proporzionale dalla temperatura del combustibile e, di conseguenza, dalla
potenza del reattore. Per questo motivo il reattore può essere pulsato, ossia portato
volontariamente in condizioni di “criticità pronta”, senza alcun rischio, in quanto si spegne
automaticamente per effetto dell’incremento della temperatura del combustibile. Questa
caratteristica rende l’impianto intrinsecamente sicuro nei confronti degli incidenti di reattività e
le altre caratteristiche costruttive lo rendono intrinsecamente sicuro anche rispetto alle altre
tipologie di incidenti nucleari: la perdita di refrigerante (LOCA – Loss Of Coolant Accident) e il
mancato raffreddamento. Per questo elevatissimo grado di sicurezza i reattori nucleari di
ricerca TRIGA sono impianti “urbani”, spesso costruiti nel centro delle città (come a Pavia,
Vienna, Hannover e Maintz) o nelle immediate periferie (come a Ljubljana e a Pitesti).
Le caratteristiche principali del Reattore sono le seguenti:
- Potenza nominale stato stazionario
250 kW
- Potenza massima funzionamento pulsato
250 MW
- Flusso massimo (Canale Centrale)
1.8x1013 cm-2 s-1
- Massa critica
~ 2,2 Kg di 235U
62 elementi di combustibile freschi
- Coefficiente di temperatura del combustibile moderatore
-1,2 ×10-4 K/K °C a 50 °C
- Moderatore
HZr, H2O
- Riflettore
grafite
- Termovettore
H2O
- N° barre di controllo
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- Temperatura combustibile a potenza nominale
180 °C
- Temperatura termovettore a potenza nominale
35 – 40 °C
Il nocciolo
Il nocciolo (core) del reattore è posizionato a circa 60 cm dal fondo di un contenitore di alluminio
(tank) di forma cilindrica avente dimensioni pari a circa 2 m di diametro e 6 m di altezza e
riempito con acqua demineralizzata, che svolge la funzione di fluido termovettore, moderatore
neutronico e schermo verticale per le radiazioni.
Il nocciolo del reattore TRIGA è interamente circondato da un riflettore radiale di grafite, a
forma di anello e dello spessore di circa 30 cm, che ha il compito di ridurre le fughe di neutroni
dal nocciolo in modo da incrementare e uniformare il flusso all’interno dello stesso.
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La geometria del nocciolo è caratterizzata da simmetria cilindrica: esso consiste in un reticolo di
elementi (90 tra elementi di combustibile, elementi di grafite, barre di controllo e canali di
irraggiamento) disposti su cinque anelli concentrici, intorno al canale centrale.
Gli elementi di combustibile, realizzati dalla General Atomic, sono costituiti da una singola barra
di lunghezza 72,5 cm e diametro 3,76 cm con camicia in alluminio o acciaio inossidabile. Il
combustibile è costituito da una lega di idruro di zirconio (ZrH) e uranio, contenente l’8% in
peso di uranio arricchito al 20% in 235U. Ogni barra di combustibile ha una lunghezza utile di
35,6 cm e contiene circa 36 grammi di 235U. Due cilindri di grafite dalla lunghezza di 10,2 cm
sono posizionati all’inizio e alla fine della barra di combustibile e svolgono la funzione di
riflettore assiale. Il combustibile svolge anche la funzione parziale di moderatore di neutroni
grazie ad alcune proprietà fisiche dell’idruro di zirconio fortemente dipendenti dalla
temperatura.
Sistema di controllo
Il controllo del reattore viene assicurato tramite l’inserimento e l’estrazione di tre barre di
controllo, ossia una barra di regolazione fine (REGULATING), una di fine corsa e protezione
(SHIM) e una di moto rapido e sicurezza (TRANSIENT). Le barre consistono di cilindri lunghi
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51 cm che possono adattarsi a una qualsiasi delle 90 posizioni disponibili nel reticolo del
nocciolo. Delle tre barre, due (REG e SHIM) sono costituite da carburo di boro, l’altra (TRANS)
da grafite borata: la scelta di questi materiali è giustificata dalla elevata sezione d’urto di cattura
del boro per neutroni termici. L’inserimento rapido a caduta libera (scram) delle barre di
controllo nel core provoca una drastica diminuzione della popolazione neutronica, rallentando
la reazione a catena fino allo spegnimento del reattore; invece, l’estrazione graduale delle barre
induce la moltiplicazione della popolazione neutronica e quindi l’aumento di potenza del
reattore. Per quanto riguarda il meccanismo di inserimento ed estrazione, le due barre di
carburo di boro sono collegate ad un’asta alla cui estremità è posto un elettromagnete. Dopo
aver alimentato l’elettromagnete, la barra viene agganciata e movimentata per mezzo di un
motorino elettrico; togliendo l’alimentazione all’elettromagnete, avviene la caduta libera della
barra nel nocciolo, con conseguente spegnimento del reattore. La barra di grafite borata, invece,
viene estratta tramite un sistema pneumatico ad aria compressa: mediante l’estrazione rapida di
quest’ultima si possono eseguire impulsi di potenza.
Il sistema di strumentazione e controllo del reattore è tale da indurre automaticamente l’arresto
rapido del reattore nel caso in cui il periodo del reattore, la potenza sviluppata o la temperatura
raggiunta dal combustibile eccedano i limiti prescritti.
Il reattore deve tuttavia le sue elevatissime caratteristiche di sicurezza principalmente alle
proprietà fisiche del combustibile-moderatore che dipendono dalla sua struttura reticolare a
base tetraedrica composta da 4 atomi di zirconio ai vertici e da un atomo di idrogeno al centro.
10
Poiché, secondo il modello di Einstein, il reticolo cristallino dell’HZr possiede livelli energetici
discreti con energia hν o multipli di tale valore (con hν dello stato fondamentale pari a 0.13 eV),
se un neutrone possiede energia En> hν può cedere al reticolo uno o più quanti di energia ed
essere termalizzato; viceversa, per energie del neutrone En< hν, il neutrone non può essere
ulteriormente termalizzato ma ha una probabilità proporzionale a e-hν/kT di ricevere uno o più
quanti di energia dal reticolo e di essere accelerato. L’effetto di questo comportamento è che un
aumento di temperatura nel combustibile, anche repentino, induce automaticamente la
riduzione della popolazione neutronica termica e, quindi, della potenza del reattore.
Per questo motivo il reattore è considerato intrinsecamente sicuro relativamente agli incidenti di
inserzione incontrollata di reattività: un errore di manovra combinato ad un contemporaneo
guasto del sistema di controllo non può causare danni alle persone e alle cose in prossimità
dell’impianto.
Sistema di raffreddamento
Il raffreddamento del nocciolo avviene per convezione naturale. L’asportazione dal tank del
reattore del calore prodotto avviene mediante tre circuiti di raffreddamento e due scambiatori
di calore.
Il circuito primario (sorgente calda) è alimentato dall’acqua del tank, mentre il terziario
(sorgente fredda) dall’acqua della rete idraulica cittadina. Il secondario è un circuito chiuso che
ha lo scopo di evitare, in caso di fessurazione dei due scambiatori di calore, eventuali contatti
tra l’acqua del primario debolmente radioattiva e quella del terziario che viene scaricata
direttamente nella rete fognaria cittadina. La temperatura dell’acqua del tank del reattore è
mantenuta ad un valore costante mediante un sistema automatico di controllo.
Posizioni di irraggiamento
Il reattore è dotato di diverse postazioni di irraggiamento in-core e out-core. Le postazioni di
irraggiamento in-core penetrano verticalmente nel nocciolo e sono il Canale Centrale, il Canale F
e il Canale Rabbit.
Il Canale Centrale e il Canale F sono posizionati rispettivamente al centro e nell’anello F della
griglia spaziatrice del nocciolo e sono utilizzati quasi esclusivamente per la realizzazione di
analisi per attivazione neutronica e per la produzione di radioisotopi. Il Canale Rabbit è collegato
con il Laboratorio di Radiochimica del LENA mediante un sistema di trasferimento pneumatico
ad alta velocità che permette di analizzare anche campioni irraggiati contenenti radioisotopi con
vita media piuttosto breve, tipicamente dell’ordine delle decine di secondi.
11
Le postazioni di irraggiamento out-core sono il portacampioni rotante (Lazy Susan), i Canali
Orizzontali (A,B,C e D), la Colonna Termica e la Colonna Termalizzante.
La postazione “Lazy Susan” è costituita da un porta-campioni rotante posizionato nella parte
superiore del riflettore di grafite e incapsulato in alluminio. La postazione, che può accogliere
contemporaneamente 80 campioni, viene utilizzata principalmente per la realizzazione di
analisi per attivazione neutronica e per la produzione di radioisotopi, garantendo un
irraggiamento uniforme dei campioni.
I quattro Canali Orizzontali (A,B,C, e D) si estendono dal riflettore fino all’esterno dello schermo
biologico. Tre sono canali radiali (Canale D “Penetrante”, Canale A e Canale B), il quarto è un
canale tangenziale (Canale C “Tangenziale”) e vengono utilizzati principalmente per esperimenti
di fisica di base e applicata.
La Colonna Termica consiste essenzialmente in una cavità di dimensioni 1.22  1.68  1.22 m3
riempita di grafite, nella quale il flusso neutronico risulta isotropo e prevalentemente termico
(rapporto sotto cadmio RCd>200); recentemente essa è stata modificata ricavando, al suo interno,
una cavità di irraggiamento (dimensioni 20.5  40  103.5 cm3) con basso fondo gamma. La
Colonna Termica comunica con una camera di irraggiamento che consente di alloggiare apparati
di grandi dimensioni; due porte scorrevoli di calcestruzzo borato (shutter) permettono di
isolarne una porzione. La Colonna Termica è utilizzata prevalentemente per attività di ricerca
12
nell’ambito della BNCT (Boron Neutron Capture Therapy).
La Colonna Termalizzante è anch’essa costituita da una cavità riempita di grafite di dimensioni
63.5  63.5  132 cm3. Posizionata a 180° rispetto alla Colonna Termica, termina in una vasca
riempita di acqua (Piscina) nella quale è possibile irraggiare anche campioni di notevoli
dimensioni.
Funzionamento del reattore
Il reattore ha operato alla massima potenza di 250 kW per un totale di circa 31.000 ore nel
periodo dal 1965 a oggi, con una media di 780 ore/anno e 686 impulsi.
Il consumo calcolato di 235U è stato nei 40 anni di esercizio pari a 340,24 grammi.
Sono stati eseguiti complessivamente n° 9930 irraggiamenti richiesti da ricercatori del
Laboratorio, da istituti dell’Università di Pavia e da Enti esterni tra i quali i principali sono stati:
 Centro di Radiochimica ed Analisi per Analisi per Attivazione del C.N.R. – Pavia
 Dipartimenti di Fisica Nucleare e Teorica, Fisica “A. Volta” – Università di Pavia
 Dipartimento di Chimica Generale - Università di Pavia
 Dipartimento di Ingegneria Elettronica - Università di Pavia
 I.N.F.N. sezione di Pavia
 I.N.F.N. sezione di Firenze
 I.N.F.N. sezione di Pisa
 I.N.F.N. sezione di Roma
 I.N.F.N. sezione di Padova
 I.N.F.N. sezione di Milano (Laboratori “LASA”)
 CNR sezione di Pisa
 C.C.R. Euratom – Ispra (Varese)
 E.N.E.L. – Compartimento di Milano
 C.I.S.E. – Segrate (Milano)
 C.A.M.E.N. – San Pietro a Grado (Pisa)
 Istituto di Mineralogia dell’Università di Firenze
 Istituto di Mineralogia dell’Università di Torino
 Istituto di Chimica Generale dell’Università di Torino
 Istituto di Semeiotica Medica dell’Università di Parma
 Istituto di Petrografia e Giacimenti Minerari dell’Università di Parma
 Istituto di Fisica dell’Università di Genova
 CESNEF – Politecnico di Milano
13

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Regione Lombardia – Fondazione”G.Gallini” – Voghera
Istituto Tecnico Industriale “G.B. Pininfarina” – Moncalieri (Torino)
Hytech Laboratories Inc. – Pleasanton, Calif., USA
“Giovanni Agusta” – Cascina Costa di Somarate (Varese)
FIAT – Direzione Laboratori Centrali – Torino
Farmitalia Carlo Erba – Milano
Farmades S.p.A. – Roma
Ausimont Spa
Laboratori Nazionali del Gran Sasso
Università di Shanghai (Cina)
Università di Brescia
Consorzio “Grana Padano”
Università di Milano Bicocca
Società ANSALDO-Camozzi
Pharmaceutical Profiles – Nottingham (UK)
15
Organizzazione del C.S.I. LENA
L’Autorizzazione e la Licenza di Esercizio dell’impianto TRIGA MARK II sono intestate alla
persona giuridica dell’Università degli Studi di Pavia e per essa al Rettore pro-tempore.
Nell’ambito dell’organizzazione interna dell’Università, i poteri di rappresentanza del Titolare
della Licenza di Esercizio e di indirizzo scientifico delle attività del LENA sono delegati al
Presidente del Centro.
I poteri ed i compiti relativi alla gestione tecnica e amministrativa del reattore TRIGA MARK II e
dell’annesso Laboratorio di Radiochimica, nonché la direzione del personale sono delegati al
Direttore del Centro.
Al Direttore del LENA sono inoltre delegati dal Rettore dell’Università degli Studi di Pavia i
compiti, le responsabilità e gli obblighi specifici attributi dalla Legge al Datore di Lavoro e
all’Esercente dell’impianto in materia di sicurezza nucleare e protezione sanitaria
Il Comitato Tecnico Scientifico del LENA (C.T.S.)
Il Comitato Tecnico Scientifico del LENA è costituito da membri individuati tra il personale
docente e ricercatore che abbia particolare competenza nelle attività del LENA.
Il Direttore del LENA è membro di diritto del C.T.S.
Compiti del C.T.S. sono:
1. proporre al Titolare della Licenza di Esercizio, su indicazione del Direttore del LENA, le
modifiche del Regolamento di Esercizio;
2. esprimere un parere, su richiesta del Direttore del LENA, circa le modifiche alla pianta
organica per il funzionamento del reattore TRIGA MARK II;
3. individuare, su indicazione del Direttore del LENA, le necessarie disponibilità di mezzi e di
personale per l’esercizio del reattore TRIGA MARK II;
4. esprimere un parere sul programma pluriennale e annuale di funzionamento del reattore
TRIGA MARK II.
Il Presidente del LENA
Il Presidente esercita i seguenti compiti di rappresentanza ed indirizzo delegati dal Rettore
dell’Università di Pavia quale Titolare della Licenza di Esercizio:
1. assicurare al Direttore del LENA la disponibilità di mezzi, di risorse e di personale per
l’esercizio dell’impianto e per l’attuazione delle cautele di Protezione e Sicurezza previste
dal D.L. 230/95, ivi compreso l’espletamento della Sorveglianza Fisica e Medica della
Radioprotezione;
2. su proposta del Direttore del LENA, sottoporre all’approvazione dell’APAT la composizione
17
3.
4.
5.
del Collegio dei Delegati alla Sicurezza del reattore TRIGA MARK II ;
predisporre, d’intesa con il Direttore del LENA, il programma di attività del Laboratorio;
su proposta del Direttore del LENA, inviare alle competenti Autorità la documentazione
sullo stato di conservazione e funzionamento dell’impianto per il rinnovo o la proroga della
Licenza di Esercizio;
su proposta del Direttore del LENA, richiedere alle Autorità competenti l’autorizzazione alle
modifiche d’impianto rilevanti ai fini della sicurezza nucleare e della protezione sanitaria.
Il Direttore del LENA
Il Direttore del LENA è il Direttore Tecnico Responsabile del reattore ed è nominato dal Rettore
dell’Università degli Studi di Pavia.
Il Direttore del LENA è responsabile dell’espletamento delle funzioni tecnico-gestionali ed
amministrative relative alla determinazione, all’organizzazione, al coordinamento ed al controllo
delle attività svolte presso il reattore TRIGA MARK II e connesse alle varie condizioni operative
previste nelle Prescrizioni Tecniche.
Fatti salvi i compiti e le responsabilità del Presidente del LENA, al Direttore sono delegati i
compiti e gli obblighi specifici attributi dalla Legge al Datore di Lavoro e all’Esercente
18
dell’impianto in materia di sicurezza nucleare e protezione sanitaria.
Il Direttore del LENA è responsabile di definire le attività di competenza di ciascun Servizio e
Sezione e di assicurare, per ogni attività rilevante per la sicurezza e la protezione, l’esistenza di
un adeguato piano di attività e di efficienti procedure operative.
Il Direttore ha anche il compito di mantenere formalmente i rapporti con le organizzazioni
esterne a quella d’impianto e, in particolare, con le altre Strutture di Servizio dell’Università
degli Studi di Pavia e con le Autorità di controllo.
Nei casi previsti dall’art.49 del D.L. 230/95 e succ. mod. ed int., il Direttore è assistito dal
Collegio dei Delegati alla Sicurezza che egli convoca e presiede.
Il Collegio del Delegati alla Sicurezza dell’Impianto
Il Collegio del Delegati alla Sicurezza dell’Impianto, costituito a norma dell’art. 49 del D.L. n°
230/95 e succ. mod. ed int., ha funzioni consultive con i compiti di cui al medesimo articolo.
I membri del Collegio del Delegati alla Sicurezza dell’impianto sono nominati dal Rettore
dell’Università di Pavia. Il Collegio del Delegati alla Sicurezza dell’Impianto è composto da:
1. Direttore del LENA
2. ViceDirettore del LENA
3. Esperto Qualificato del LENA
4. Responsabile dell’Unità di Garanzia della Qualità
5. Responsabile del Servizio di Fisica Sanitaria
6. Responsabile della Sezione Manutenzione Meccanica
7. Responsabile della Sezione Manutenzione Elettrica, Elettronica e della Strumentazione di
Impianto
8. Rappresentante dell’APAT
9. Eventuali altri tecnici che sovrintendono a servizi essenziali per il funzionamento
dell’impianto.
Il Collegio dei Delegati alla Sicurezza dell’Impianto è convocato e presieduto dal Direttore del
LENA.
Alle riunioni del Collegio sono invitati i Responsabili delle esperienze da realizzarsi presso
l’impianto, quando, a norma dell’art. 49, comma 3, lettera c) del D.L. n° 230/95 e succ. mod. ed
int., il Collegio deve esprimere il parere preventivo in merito alla loro realizzazione.
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Organico attuale del LENA
Presidente: Prof. Adalberto Piazzoli
Direttore: Dott. Ing. Andrea Borio di Tigliole
Membri del Collegio dei Delegati alla Sicurezza dell’Impianto
Dott. Ing. Andrea Borio di Tigliole
Direttore
Dott. Andrea Salvini
Vice-Direttore
Dott. Sergio Manera
Esperto Qualificato
Dott.sa Marcella Cagnazzo
Responsabile dell’Unità di Garanzia della Qualità
Sig. Fabrizio Lana
Responsabile del Servizio di Fisica Sanitaria
Dott. Ing. Giovanni Magrotti
Responsabile Sezione Manutenzione Elettrica,
Elettronica e della Strumentazione di Impianto
Sig. Fausto Marchetti
Responsabile Sezione Manutenzione Meccanica
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Altri dipendenti del LENA
Vinciguerra Gabriele
Pappalardo Pietra
Losi Alberto
Dott.ssa Piccitto Zelaschi Carmela
Supervisore del Reattore
Operatore del Reattore
Operatore del Reattore
Addetta Amministrativa
Membri del CTS
Professor PIAZZOLI Adalberto
Dip. di Fisica Nucleare e Teorica (Presidente)
Dott. Ing. BORIO DI TIGLIOLE Andrea LENA (Direttore)
Prof.ssa NANO Rosanna
Dip. Biologia Animale
Professor GERZELI Giuseppe
Dip. Biologia Animale
Professor FAUCITANO Antonio
Dip. di Chimica Generale
Professor D’AGOSTINO Gianluigi
Dip. di Farmacologia Sperimentale Applicata
Professor ORVINI Edoardo
Dip. di Chimica Generale
Prof.ssa SPEZIALI Valeria
Dip. di Elettronica
Professor SVELTO Francesco
Dip. di Elettronica
Professor ALTIERI Saverio
Dip. di Fisica Nucleare e Teorica
Professor ROTONDI Alberto
Dip. di Fisica Nucleare e Teorica
Professor DIONIGI Paolo
Sezione Chirurgia Generale A - Policlinico San Matteo
Professor MAGRASSI Lorenzo
Sezione Clinica Neurochirurgia -Policlinico San Matteo
Professor ODDONE Massimo
Dip. di Chimica Generale
Dott. Ing. MAGROTTI Giovanni
LENA (Rappresentante del personale T.A.)
Dott.ssa CAFFU’ Sonia
Segretario Amministrativo
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40° Compleanno del Reattore TRIGA MARK II
Pavia 9 novembre 2005
Università degli Studi di Pavia
LENA
Laboratorio Energia Nucleare Applicata
CENTRO SERVIZI INTERDIPARTIMENTALE
PROGRAMMA DELLA GIORNATA
Il 9 novembre 2005 si è svolta una giornata di festeggiamento del 40° anniversario di
funzionamento del reattore.
Il programma della giornata ha previsto nella mattinata, in aula Foscolo dell’Università di Pavia,
gli interventi di ex-Direttori del LENA che hanno ricordato le tappe fondamentali della storia
del reattore e una conferenza avente per argomento “Energia e Tecnologie Nucleari: un futuro
a misura d’uomo”. Relatori della conferenza sono stati:
Prof. Adalberto Piazzoli – Ordinario di Fisica Generale presso l’Università di Pavia e
Presidente del LENA
Prof. Renato Angelo Ricci – Ordinario di Fisica Generale presso l’Università di Padova, già
Presidente della SIF (Società Italiana di Fisica), attualmente Presidente Onorario della SIF e
Presidente dell’Associazione Italiana Nucleare
Prof. Enrico Cerrai – Docente di Tecnologie dei Materiali Nucleari presso il Politecnico di
Milano, già Direttore Generale e Vice Presidente del CISE, nonché Presidente dell’AEM di
Milano e consigliere di amministrazione dell’ASI (Agenzia Spaziale Italiana), attualmente
Presidente Onorario dell’AEM di Milano.
Dott. Ing. Andrea Borio di Tigliole – Direttore del LENA
Nel pomeriggio si è svolta presso l’aula Giulotto del Dipartimento di Fisica Nucleare e teorica
dell’Università di Pavia la proiezione del film “Gli anni dell’atomo” che racconta la storia del
nucleare italiano dal dopoguerra fino al nuovo millennio realizzato dal Dott. Flavio Parozzi del
CESI.
La giornata è stata conclusa dal Prof. Enrico Bellone, Ordinario di Storia della Scienza presso
l’Università di Milano (Facoltà di SS.MM.FF) e Direttore della rivista “Le Scienze”.
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Prof. Giorgio Flor
Delegato del Rettore per l’Innovazione e il trasferimento tecnologico
Autorità, Colleghi, Signore e Signori,
come hanno sentito, sono qui in sostituzione del Magnifico Rettore.
Alcuni giorni fa mi aveva confidato di essere ben lieto di fare la sua
prima uscita ufficiale pavese portando il saluto dell’Università di Pavia
a questo compleanno: purtroppo la CRUI ha indetto proprio per oggi
un’ importante riunione e quindi si è dovuto recare a Roma per
prendervi parte.
Da parte mia posso dire che ho accettato questo incarico con vivo
piacere, anche perchè i 40 anni del nostro TRIGA MARK II coincidono
perfettamente con i 40 anni della mia carriera universitaria.
Ho avuto la fortuna di avere il mio studio nel Dipartimento di Chimica
Fisica proprio di fronte al LENA, quindi dalla mia finestra, ho potuto
osservare, da un punto di vista privilegiato, alcuni aspetti esterni delle
molteplici iniziative che sono state condotte in tutti questi anni.
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Ricordo, credo fosse metà dicembre del 1966, quando il Prof. Mario Alberto Rollier, con alcuni
Colleghi che vedo seduti qui davanti ed alla presenza di rappresentanti nazionali del mondo
politico, organizzò la solenne inaugurazione del reattore.
Ho poi potuto seguire lo sviluppo non solo di nuove strumentazioni, ma anche dell’edificio
iniziale che è andato via via ingrandendosi, per cui adesso il Dipartimento di Chimica Fisica ed
il LENA sono quasi a contatto. Ho potuto anche seguire, per un non trascurabile interesse
scientifico, gli importanti risultati che sono stati raggiunti a livello di ricerca.
In questi ultimi anni vi sono state significative applicazioni nel campo della medicina, con
iniziative ben note a tutti e che qui verranno ora ricordate.
Sempre dalla mia finestra, questa volta alcuni mesi fa, ho potuto assistere alla messa in opera di
un ciclotrone che fornirà tra breve i radioisotopi per la diagnostica in campo medico.
Pensavo, venendo qui questa mattina, anche alla travagliata storia di questo reattore rimasto
ormai unico in Italia: nei 40 anni della sua vita il nucleare è passato attraverso momenti di
successo ma anche di profonde crisi.
Negli anni ’60 vi è stato un periodo di grande impulso: l’Italia produceva energia elettrica dal
nucleare in modo cospicuo. Poi l’affare Ippolito, l’incidente alla centrale di Three Miles Island in
Pennsylvania, quello di Chernobyl, infine il referendum alla fine degli anni ’80, hanno
sostanzialmente portato alla scelta politica che il nucleare in Italia, come fonte di energia,
venisse completamente abbandonato.
Mi consola il fatto che alcuni politici in questi ultimi tempi sembrano riconoscere il grave errore
commesso con il referendum ed anche i giornali riprendono a parlare del nucleare in termini
positivi: per questi motivi penso che questo compleanno sia per il nostro reattore un po’ più
allegro di quelli del passato.
Comunque per l’Università di Pavia la presenza del reattore, che nel nostro paese è l’unico
insediato in un campus universitario, è un fiore all’occhiello, una ricchezza, un valore aggiunto
perchè solo qui a Pavia si possono fare ricerche in questo settore.
Si è partiti dalla fisica delle particelle, dalla scienza dei materiali e si è arrivati alla cura dei
tumori del fegato ed alla produzione di radioisotopi da utilizzare in campo medico: se si sono
raggiunti significativi risultati lo si deve al fatto di poter disporre di un reattore a Pavia. E non
dobbiamo dimenticare tutta l’attività di formazione -abbiamo molti corsi in Chimica, in Fisica,
in Medicina-, che hanno come base la Radiochimica e la Chimica Nucleare, discipline che
certamente possono essere insegnate e studiate nel modo migliore possibile se si dispone di un
reattore e dei saperi associati alla sua corretta gestione ed al suo buon funzionamento.
Lo dimostra il fatto che si è potuta istituire la Scuola Europea sulle Tecnologie Nucleari e delle
Radiazioni Ionizzanti che i Proff. Piazzoli e Faucitano portano avanti ormai da 7 anni e che è ora
riconosciuta a livello internazionale.
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Ne’ va sottaciuta la mole di lavoro svolto dagli addetti al reattore nell’ambito del monitoraggio
della radioattività presente nell’ambiente e diffusa sul territorio nazionale, anche in occasione
di incidenti verificatesi ben lontano da noi come quello già citato di Chernobyl nel 1986.
Ho qui davanti a me diversi Colleghi chimici e fisici che in questi quarant’anni hanno sostenuto
con impegno e senso di responsabilità il peso dell’attività di ricerca in un contesto spesso
indifferente e talora scoraggiante se non ostile: desidero ingraziarli a nome di tutto l’Ateneo per
quello che hanno fatto senza scoraggiarsi anche in tempi difficili per il nucleare.
Ora lascio la parola, secondo il Programma, ai Direttori del LENA che si sono susseguiti in
questi anni ed in particolare all’attuale Direttore Prof. Borio. Come tutti voi sono ora ansioso di
conoscere, accanto alla storia del passato, le nuove iniziative scientifiche programmate per il
futuro, che certamente potranno portare ad ulteriori sviluppi e riconoscimenti per il nostro
reattore.
Buon lavoro a tutti.
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Prof. Adalberto Piazzoli
Ordinario di Fisica Generale presso l’Università di Pavia e Presidente del LENA
Naturalmente ringrazio tutti gli intervenuti a questo evento che vuol ricordare i quarant’anni
del LENA.
Da qualche anno sono presidente del Comitato Tecnico Scientifico del LENA e devo dire che ne
sono piuttosto orgoglioso.
La storia e la biografia del laboratorio e del reattore saranno fatte dall’attuale Direttore Ing. A.
Borio nella sua relazione e allora io farò solo alcune considerazioni generali e forse personali.
Pare che i reattori nucleari, sia di potenza sia di ricerca, stiano dimostrando di essere più
longevi del previsto, tanto più se sono tenuti bene come ...il nostro, che sta vivendo una
brillante maturità: ha quarant’anni, ma ne dimostra venti, come ha anche confermato un checkup di qualche anno fa.
Insomma, di andare in pensione non ne vuol proprio sapere !
Forse non tocca a me dire se in questi quarant’anni sono stati raggiunti risultati tecnici o
scientifici di eccellenza, ma certamente posso dire che sono stati anni di onorato servizio: ne ha
tirati fuori di neutroni e ne ha irraggiate di cose, il nostro reattore !
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Volevo ricordarne solo due, se non altro per la loro singolarità.
Tra l’85 e il ’90 si è eseguito presso il LENA un complesso esperimento di fisica delle particelle,
denominato Nadir e finanziato dall’INFN, per verificare l’ipotizzata esistenza di oscillazioni
quantistiche neutrone-antineutrone. L’esperimento ha implicato la costruzione di un bunker e
qualche modifica d’impianto. Purtroppo il neutrone non ne ha voluto sapere di oscillare. Ma,
come si sa, i “sì” e i “no” hanno una diversa pregnanza nella ricerca sperimentale: il risultato fu
che il periodo dell’oscillazione, ancorché esistente, è superiore a 105 secondi, cioè circa un
giorno (oggi si sa che è superiore a 108 secondi, cioè circa 3 anni).
L’altro irraggiamento singolare è stato quello di due fegati umani, espiantati e perfusi con
sostanze borate, a fini di terapia oncologica. I neutroni catturati dal Boro, maggiormente
assorbito dalle cellule cancerogene, inducono una reazione nucleare distruttiva per queste
cellule.
Il risultato purtroppo non è stato fausto per i pazienti, ma la “Boroterapia” ha suscitato molto
interesse e molte speranze, in campo internazionale.
Si noti che le due citate imprese sono, in un certo senso, estremamente diverse, perché la prima
è di una “sublime inutilità” (qualcuno ha detto che la ricerca fondamentale si propone solo di
“conoscere i pensieri di Dio”), mentre la seconda è un’applicazione di grande impatto sociale.
Ogni anno vengono a visitare il LENA sei/settecento studenti, dalle scuole medie ai politecnici.
E tutti rimangono un po’ stupiti, anche gli universitari, di vedere un reattore nucleare, in
...Italia: sì, perché per vederlo, ormai bisogna proprio venire a Pavia.
Il nostro reattore sta per avere un vicino di casa, quasi un altro condomino ospitato nel bunker
che fu dell’esperimento Nadir: un ciclotrone a protoni da 18 MeV che servirà a produrre
radionuclidi, in particolare Fluoro-18, necessari per fare la PET (ecco un’altra applicazione di
grande impatto sociale).
La nuova macchina (che entrerà in funzione tra qualche mese), con l’aggiunta di qualche unità
di personale espressamente dedicato, sarà gestita da personale del LENA sotto il profilo della
sicurezza e dei controlli sanitari.
Alla nuova giovane macchina diamo un caloroso benvenuto.
Grazie ancora a tutti gli intervenuti.
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Interventi di alcuni
ex-Direttori del LENA
Prof. Sandro Meloni
1965 – 2005: quaranta anni di vita del reattore TRIGA MARK II e di
attività scientifica e didattica del Laboratorio Energia Nucleare
Applicata. Parafrasando altre situazioni si potrebbe dire che il LENA ha
quarant’anni ma non li dimostra ovvero che la vita del LENA comincia
a quarant’anni. Entrambe queste affermazioni mi sembrano veritiere:
frequentando il LENA o anche semplicemente visitandolo ci si accorge
come l’impianto ha mantenute inalterate, se non migliorate, le
caratteristiche originarie di sicurezza e versatilità che lo rendono ancora
oggi quanto mai idoneo per lo svolgimento di programmi di ricerca di
base o applicata. Le attività in corso e quelle programmate a breve o
medio periodo fanno intravedere ancora una lunga vita del reattore
TRIGA MARK II, quale strumento insostituibile, per lo meno
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attualmente, per lo svolgimento di attività di ricerca e didattica in molti
campi del sapere scientifico e/o tecnologico.
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Celebrare i 40 anni significa anche riandare indietro nel ricordo e rivivere ancora con
trepidazione, in quel grigio pomeriggio del 15 novembre 1965, gli istanti che precedettero il
raggiungimento della criticità e il senso di appagamento e di soddisfazione per il traguardo
raggiunto. Ci sentivamo e in realtà eravamo dei pionieri dell’era nucleare in Italia.
Vi è ancora oggi all’ingresso del LENA una foto che ricorda quei momenti. Secondo la migliore
tradizione inaugurata da Enrico Fermi si brinda con un bicchiere di vino. Quella foto ci riporta
alla memoria quelli che sono stati i personaggi chiave nel conseguimento di quel importante
traguardo. Spicca tra tutti la figura di Mario Alberto Rollier che, unitamente a Luigi Giulotto e a
Alberto Gigli Berzolari, componenti del primo organo collegiale del neonato LENA, grazie alla
sua intuizione, lungimiranza, impegno e volontà si batté per portare a Pavia, presso
l’Università, un reattore nucleare di ricerca sicuro, agile, multiuso per promuovere e sviluppare
a Pavia le discipline nucleari e in particolare quelle a lui più affini della Radiochimica e della
Chimica Nucleare.
Ancora oggi dobbiamo essere grati e riconoscenti a Mario Alberto Rollier per averci fornito il
motivo per celebrare i 40 anni di questa impresa. Rollier non era tuttavia nuovo ad imprese di
questo tipo: mentre era, negli anni tra il 1956 e il 1960 Professore all’Università di Cagliari, riuscì
a farsi finanziare le costruzione di un piccolo reattore subcritico, SM-1, installato presso
l’Istituto di Chimica Generale dell’Università di Cagliari nel 1958. A quel tempo era l’unica
macchina in Italia a produrre e moltiplicare i neutroni lenti, tanto da suscitare un titolo roboante
sulla rivista Energia Nucleare, “I Neutroni Lenti Tornano in Italia”, naturalmente dopo gli
esperimenti di Enrico Fermi in Via Panisperna a Roma negli anni precedenti la seconda guerra
mondiale . Con il trasferimento di Rollier a Pavia alla fine del 1960, anche la struttura subcritica
venne trasferita a Pavia dove è tuttora esistente presso il Dipartimento di Chimica Generale
dell’Università.
In quella foto un po’ sfuocata, vi è poi un trio di giovani, naturalmente di allora, il trio CaMeTa
(Achille Cambieri, Sandro Meloni e Vittorio Tazzoli), che coordinò e seguì la progettazione e la
costruzione del Laboratorio per tutta la parte non nucleare. A loro si aggiunsero poi Franco
Cingoli e Edoardo Orvini. Quasi tutti ebbero poi la opportunità di essere addestrati alla
conduzione del reattore TRIGA frequentando un corso specifico presso la casa costruttrice, la
General Atomic di San Diego in California (USA).
Nella foto vi è poi presente un’altra persona, prematuramente scomparsa, Vera Maxia, che fu il
primo Direttore del LENA. E’ assente nella foto un’altra figura storica del LENA, che è
doveroso ricordare oggi, Nicla Genova, recentemente scomparsa, quel giorno vittima di un
incidente stradale. La Genova fu il primo e per lunghi anni l’unico Esperto Qualificato del
LENA.
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Mi piace qui ricordare anche tutto il personale tecnico-amministrativo che tanto ha dato, con
diverse professionalità, per far crescere ed affermare il LENA: Massara, D’Errico, Bergamini,
Oldani, Carughi, Bianchi, Rosti.
Dicevo prima che ci sentivamo ed eravamo dei pionieri. Le conoscenze pregresse sugli impianti
nucleari erano assai limitate per quasi tutti noi; certo sopperivamo con lo studio e con la
formazione ricevuta negli USA. Vi era però in noi uno spiccato interesse a verificare nella
pratica quanto appreso, avevamo tutti il gusto dello sperimentare. A quel tempo era forse tutto
più facile: la normativa era meno complessa e pressante, vi era in tutti noi un forte senso di
autocritica e di auto controllo che non ha mai fatto venire meno i massimi livelli di sicurezza e
di protezione per il personale e per gli utenti.
Altri importanti traguardi furono raggiunti in quei giorni quarant’anni fa. Ad esempio il
raggiungimento della massima potenza in funzionamento in stato stazionario, 250 kW:
finalmente si poteva disporre di un flusso neutronico adeguato per lo svolgimento dei progetti
di ricerca da anni programmati.
Il ricordo va anche all’effettuazione dei primi impulsi con la potenza di picco che schizzava a
250 MW, creando nella sala reattore bagliori surreali.
Da quei giorni il LENA ha fatto molta strada. E’ stato la sede di importanti esperimenti
nazionali ed internazionali (Euracos II, oscillazione neutrone-antineutrone, BNCT, ecc), sono
stati sviluppati metodi innovativi di analisi per attivazione neutronica sia strumentale che
distruttiva ed applicati a numerosi settori disciplinari (beni culturali, ricerca biomedica, scienza
dei materiali, certificazione di materiali standard di riferimento, ricerca ambientale, scienze
forensi, ecc.).
Va anche ricordato il gravoso impegno civile e lo sforzo organizzativo del LENA, e della
Prof.ssa Genova in particolare, nei giorni dell’incidente di Chernobyl. Per lunghe settimane il
LENA fu l’unica istituzione locale a monitorare il livello di radioattività ambientale e a fornire
informazioni obiettive su quanto stava accadendo.
Oggi il LENA inizia una sua nuova stagione: il Laboratorio è stato rinnovato nelle strutture e
nelle attrezzature; l’installazione del ciclotrone diversifica ed amplia i settori di intervento
nell’ambito delle scienze nucleari; il personale si è arricchito di un nutrito gruppo di giovani di
alta qualificazione professionale, fortemente motivato ed entusiasta. Esistono quindi tutti i
presupposti perché l’Università di Pavia, con il suo Laboratorio di Energia Nucleare Applicata,
si affermi come centro di eccellenza nelle discipline nucleari, unico nel panorama scientifico e
tecnologico nazionale.
Vi saranno pertanto molti altri traguardi da raggiungere, molti altri compleanni da festeggiare.
Nel mio piccolo mi prenoto per la cerimonia del cinquantesimo.
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Prof. Tazio Pinelli
Buongiorno a tutti. Mi è stato chiesto di fare un sunto delle attività
svolte al LENA nel periodo del mio Direttorato. Sono stato Direttore del
LENA per 12-13 anni a partire da 4-5 anni dopo che era stato realizzato
il reattore nucleare. Come ricercatore sono entrato nel Laboratorio da
neo-laureato con forte piacere di fare ricerca.
Il mio gruppo di ricerca ha messo a punto 2 canali neutronici adatti alla
ricerca nucleare di base ed anche applicata. Dopo aver realizzato le
adeguate strutture schermanti per neutroni, abbiamo iniziato lo studio
sperimentale di eventi rari di Fissione Nucleare Ternaria, studio che si è
protratto per una decina di anni. Nel tempo il gruppo si è assottigliato
in quanto diverse industrie lombarde offrivano ai giovani fisici lavori
molto interessanti. Allora la simbiosi ricerca-industria dava vantaggi sia
ai ricercatori sia alla economia del Paese.
I risultati di questa ricerca (finanziata dall’Istituto Nazionale di Fisica
Nucleare) sono stati apprezzati sul piano internazionale e sono tuttora
la base di un modello nucleare sviluppato dal Prof. Grainer
dell’Università di Francoforte. Inoltre i risultati hanno permesso di
generalizzare il modello statistico della Fissione Nucleare realizzato dal
Prof. Fong, della Memory University negli Stati Uniti e dal Professore
Facchini dell’Università di Milano.
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Sin dai primi anni di lavoro come Direttore del LENA, insieme al mio
gruppo di ricerca, mi sono impegnato a sviluppare nel Laboratorio la
Fisica dei Neutroni in ogni suo aspetto.
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L’attività in questo campo è stata svolta in stretta collaborazione con il personale del LENA e
con istituzioni extra-universitarie con cui il LENA ha stipulato opportuni contratti.
Fra queste istituzioni vorrei citare l’Euratom di Ispra, che allora si occupava di reattori nucleari
sia termici sia veloci. Il centro di Ispra ha firmato due distinti contratti con il LENA. In
particolare al LENA si è svolto lo studio del sodio liquido come moderatore e come
refrigeratore del reattore veloce. In quel tempo lo studio sperimentale nell’ambito della
tecnologia del reattore veloce era di grande interesse e attualità. In Europa, a dedicarsi
maggiormente alla realizzazione di un reattore veloce erano i Francesi.
Una volta eseguita la ricerca sul sodio con il finanziamento dell’ EURATOM, è stato posizionato
nella colonna termica modificata un convertitore di energia (di proprietà EURATOM) in modo
da ottenere neutroni con energia maggiore dei neutroni termici.
Il suddetto convertitore (EURACOS) ha permesso lo studio di nuovi materiali schermanti.
Abbiamo poi lavorato con l’Agusta di Cascina Costa per analizzare, con la tecnica della
neutronigrafia, parti di manufatti riguardanti gli elicotteri, soprattutto le eliche, da costruire in
fibre di carbonio.
Dopo una visita al grande laboratorio di Saclay (Francia) dove la neutronigrafia era pervenuta
ad un alto grado di eccellenza, al LENA sono state messe a punto tecniche per ottimizzare le
analisi in quel campo.
Altre attività sono state svolte per conto di industrie di antibiotici, di strumenti medicali,
eccetera.
Nel campo degli antibiotici, insieme con la Zambon, abbiamo studiato una procedura
neutronica per osservare il rilasco nel tempo dell’antibiotico somministrato agli animali
(Scimpanzè). Nel campo della medicina industriale abbiamo collaborato nella messa a punto di
strumentazione originale per gabinetti di analisi mediche.
Uno spettometro per neutroni veloci, necessario per determinare lo spettro dei neutroni
generati da EURACOS è stato ideato, costruito e collaudato al LENA. Questo spettometro è
stato utilizzato anche nell’Istituto Elettrotecnico (IPRA) dedicato ai reattori di potenza della
Standford University.
E’ stato poi realizzato un originale dispositivo ottico per collimare ed arricchire un fascio di
neutroni termici.
Nel corso di una ricerca congiunta tra fisici e biologi, sono state valutate per la prima volta le
efficienze biologiche relative riguardanti la sopravvivenza e la capacità riproduttiva dopo
irraggiamento con neutroni termici e veloci.
I risultati degli irraggiamenti neutronici sono stati confrontati con i risultati dell’irraggiamento
con raggi X. I risultati ottenuti hanno suscitato grande interesse, tanto che sono pervenute oltre
3.000 richieste di reprint e di chiarimenti su vari aspetti del lavoro.
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Negli ultimi mesi del mio Direttorato è nata l’idea di applicare la Boron Neutron Capture
Therapy (già impiegata in Giappone per curare tumori cerebrali) per trattare metastasi
oncologiche nel fegato.
L’idea era di irraggiare fegati (umani) espiantati e perfusi con sostanze borate, con lo scopo di
distruggere maggiormente le cellule cancerogene. Le modalità e le dosi sono molto critiche ed
hanno richiesto ben 13 anni per la loro messa a punto.
E’ seguito il trattamento di due pazienti, per uno dei quali la BNCT è stata una possibilità unica
di prolungare la propria vita per alcuni anni. Il trattamento ha riportato un successo che è stato
pubblicizzato a livello mondiale, tuttavia la BNCT è nella sua fase iniziale e sono in corso
valutazioni approfondite relative all’opportunità di continuare nella sperimentazione umana.
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Prof. Saverio Altieri
Sono felice di poter intervenire in quest’occasione anche se sono stato
direttore del LENA solo per un paio d’anni: un periodo breve ma
cruciale. L’impianto, infatti, aveva raggiunto i 32 anni e bisognava
decidere se mandarlo in pensione o verificare la possibilità che potesse
continuare a lavorare bene ancora per parecchio tempo. Per questo sono
stati chiamati i colleghi esperti dell’ Atominstitut der Osterreichischen
Universitaten di Vienna (H. Bock, E. Klapfer e H. Schachner) che hanno
portato varie apparecchiature necessarie a fare un check up completo del
nocciolo, fra cui un endoscopio subacqueo, un compressore in grado di
produrre un getto d’acqua in pressione fino a 100 bar e una pompa
dotata di filtri di varia granularità per la purificazione dell’acqua del
tank. Sono lieto di potervi mostrare oggi alcune immagini di quel
controllo che, come già anticipato dal Prof. Piazzoli, alla fine ha rivelato
che il cuore del reattore era ancora quello di un diciottenne. Il nocciolo
è stato completamente svuotato da tutti gli elementi di combustibile e il
tank sottoposto ad un’approfondita pulizia. Nel corso dell’operazione
sono stati ripescati oggetti di vario genere (bulloni, rondelle e altri pezzi
metallici) che nel corso degli anni erano finiti in fondo al tank. Al
momento di estrarre il canale centrale è stato scoperto che questo aveva
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una saldatura, posta sotto la griglia superiore, che aveva subito una
deformazione e ne impediva l’estrazione.
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Questo ci ha costretti a smontare tutto il sistema delle barre di controllo per poter sollevare la
griglia superiore del core; così il canale e la griglia stessa sono stati sollevati fino al pelo
dell’acqua e il canale, una volta tagliato, è stato sfilato dalla parte inferiore della griglia. Nel
frattempo, avendo sollevato la griglia superiore, abbiamo constatato che il sistema di fissaggio
alla griglia inferiore di uno dei tubi-guida delle barre (quello della regulating) era danneggiato;
si è così proceduto alla riparazione di questo sistema. Alla fine, dopo una settimana di lavoro e
di vari controlli minuziosi, il nocciolo è stato ricostituito e la luce Cherenkov è tornata a
splendere nel tank.
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“Energia e Tecnologie
Nucleari: un futuro a
misura d’uomo”
“Il Neutrone, questo sconosciuto”
Prof. Adalberto Piazzoli
Ordinario di Fisica presso l’Università di Pavia
Presidente del LENA
Inizio io, solo per il fatto che in un certo senso la mia relazione è
propedeutica alle altre.
Essendo io un “particellaio”o, come si dice a Roma un “particellaro”,
parlerò del neutrone, ma non tanto di quello che ...fa, quanto di quello
che ...è, cioè delle sue proprietà e di quello che ... c’è dentro.
Dunque, negli anni venti, poco prima della sua scoperta, senza neutrone
non si poteva più campare.
I nuclei avrebbero dovuto contenere protoni ed elettroni, come in una
sorta di “Panettone con l’uvetta” che Thomson aveva già introdotto
come modello primordiale di atomo.
Era una situazione insostenibile: il nucleo di Azoto-14 (N-14), per
esempio, avrebbe dovuto contenere 14 protoni e 7 elettroni, cioè 21
oggetti di spin ½ e quindi anche N-14 avrebbe dovuto avere spin
semintero, cioè essere un fermione; ma questo era incompatibile con
l’interpretazione dell’effetto Raman.
Un’altra più grossa difficoltà era che un elettrone non può essere
confinato in un volumetto diciamo di un Fermi cubo, perché la
conseguente indeterminazione sull’impulso gli conferirebbe una
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velocità, vista la sua piccola massa, superiore a ogni ipotizzabile velocità
di fuga.
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Finalmente nel 1932, arriva il ... neutrone: lo scopre James Chadwick. Il lavoro originale sulla
rivista Proceeding of Royal Society è intitolato “The existence of neutron” e nella Tr.1 mostro il
Summary, una foto dell’autore, nonchè lo schema originale del suo apparato sperimentale.
Come si evince dal Summary, Chadwick
aveva ancora un’idea classicheggiante del
neutrone, perché lo concepiva come una
sorta di atomo supercompatto: un protone
e un elettrone legati insieme, chi sa poi da
quale forza (se fosse elettromagnetica
costituirebbero un atomo di idrogeno).
Il 1932 è stato chiamato “Anno mirabile“
della Fisica, come il 1905 (l’anno della
Relatività Speciale) perché sono state fatte
altre due importanti scoperte, nonché
un’invenzione altrettanto importante. Una
è la scoperta del positrone da parte di
Anderson e Nedermayer che avevano
confermato la previsione teorica di Dirac
(con la previsione del monopolo
magnetico invece, gli è andata male,
almeno fino a oggi) e l’altra è l’origine
extra terrestre dei raggi che da allora
furono chiamati “cosmici”. L’invenzione è
quella del primo acceleratore di particelle:
un modestissimo ciclotrone da 80 KeV
operata da Lawrence. Una celebre foto lo
ritrae con il ciclotrone ...in mano (è appena il caso di ricordare che l’ultimo acceleratore del
CERN ha una circonferenza di 27 Km).
Ma torniamo al neutrone. Sul nome ci fu una certa discussione, perché nel ’30 Pauli, allo scopo
di spiegare il puzzle dello spettro continuo degli elettroni emessi nel decadimento del Trizio,
aveva suggerito l’esistenza di una celebre particella, che oggi si chiama “neutrino”, e che lui
aveva proposto di chiamare “neutrone”. Sarà poi Fermi a ...decidere: si chiami “neutrone”
quello di Chadwick e “neutrino” quello di Pauli !
Copia della celebre lettera di Pauli ai partecipanti a un congresso di Tubingen a cui lui non
aveva potuto partecipare a causa di un impegno mondano che spudoratamente confessa (una
festa da ballo) è mostrata in Tr.2.
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Dear Radioactive Ladies and Gentlemen,
As the bearer of these lines, to whom I graciously ask you to listen, will explain to you in
more detail, how because of the “wrong” statistics of the N and 6Li nuclei and the
continous β-spectrum. I have hit upon a disperate remedy to save the “exchange
theorem” of statistics and the low of conservation of energy. Namely, the possibility that
there could exist in the nuclei electrically neutral particles, that I wish to call neutrons,
which have spin ½ and obey the exclusion principle and which further differ from light
quanta in that they do not travel with the velocity of light. The mass of the neutrons
should be of the same order of magnitude as the electron mass and in any event not larger
than 0.01 proton masses. – The continuous β-spectrum would then become
understandable by the assumption that in β-decay a neutron is emitted in addition to the
electron such that the sum of the energies of the neutron and electron is constant.
Unfortunately I cannot appear in Tübingen personally, since I am indispensable here in
Zürich because of a ball on the night of 6/7 December. – With my besr regards to you,
and also to Mr. Back, your humble servant,
W. Pauli
Il neutrone è una particella instabile e, con una vita media di circa 887 secondi, decade in un
protone, un elettrone e un antineutrino. S’intende naturalmente un neutrone “libero”, perché
altrimenti a determinare il valore della vita media sono le masse del nucleo “padre” e “figlio”: ci
sono nuclei che decadono emettendo elettroni, altri emettendo positroni e altri ovviamente
sono stabili. Non sarebbe del tutto corretto pensare che un nucleo è “beta-meno-attivo” se un
suo neutrone costituente decade emettendo un elettrone e “ beta- più- attivo” se un suo protone
costituente decade emettendo un positrone (ciò che è energeticamente proibito per un protone
libero), perché ogni costituente del nucleo, detto “nucleone”, gioca “a turno” il ruolo di
neutrone e di protone: misteri della meccanica quantistica!
E adesso arriva ..., “la Sora Cesarina“. Ma chi è ?
Qualcuno dice che avrebbe dovuto avere il Premio Nobel , ma fa per scherzare !
Era la donna delle pulizie degli anni trenta nell’Istituto di Fisica di Via Panisperna a Roma.
Ma andiamo con ordine.
Il 22 ottobre 1934 “I ragazzi di Via Panisperna” osservano uno strano fenomeno che
naturalmente viene prontamente spiegato da E.Fermi: i neutroni emessi da una sorgente di
Radio-Berillio sono molto più efficaci nell’attivare un bersaglio di Argento, se prima
attraversano uno strato di materiale leggero, come paraffina o acqua, anziché uno pesante,
come Piombo.
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La ragione è che il materiale leggero è più efficace nel rallentare i neutroni e questi
interagiscono tanto più con l’Argento quanto più sono lenti: come se ci passassero più tempo
vicino.
La Tr.3 mostra una modesta pagina originale del taccuino personale di Fermi in cui appaiono
due colonne di numeri e i numeri di una sono sistematicamente maggiori di quelli dell’altra:
ebbene, questa pagina vale un Premio Nobel, perché vi si intravede la possibilità di realizzare
centrali nucleari e purtroppo anche ... bombe nucleari.
E la Sora Cesarina ?
Negli anni ’50, uno dei ”ragazzi”, il chimico D’Agostino, racconta su Candido (un giornale
satirico dell’epoca) che in effetti la scoperta era incominciata con l’intrigante osservazione che
sul tavolo di B.Pontecorvo l’Argento si attivava di più che sugli altri. A un’ attenta indagine di
Fermi risultò che sotto a quel tavolo la Sora Cesarina depositava dei secchi d’acqua che usava
per la pulizia dei pavimenti e che allora Fermi, come una sorta di tenente Colombo, mise un
secchio sul tavolo e dentro ci mise la sorgente di Radio-Berillio unitamente all’Argento: l’effetto
risultò ancora più vistoso.
Non sembra proprio credibile questa storia e non è chiaro perché D’Agostino abbia voluto
raccontarla.
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Comunque, dopo la scoperta avvengono dei fatti ormai storici.
Fermi prende il Nobel nel ’38, naturalmente a Stoccolma, e invece di tornarsene a casa va negli
Stati Uniti, dove nel ’42 realizza la famosa “Pila di Fermi”.
Intanto erano stati scoperti i “Transuranici” e non dai “ragazzi” (anzi loro avevano preso una ...
cantonata, dichiarandone la scoperta, poi subito smentita) e così pure la fissione dell’Uranio235.
La Tr.4 mostra un disegno-vignetta della Pila di Fermi (pare che non esistano fotografie, per
ragioni di segretezza militare). Si noti l’omino pronto con un’ascia a tagliare una fune che
trattiene una barra di controllo e che immagino sia un funzionario .... dell’ANPA.
Non tutti sanno che la pila aveva una potenza di...mezzo Watt e che quel giorno funzionò per
28 minuti: fu comunque abbastanza per convincere gli americani che si poteva realizzare una
bomba atomica.
Ora vorrei elencare i ..”titoli” del neutrone :
 è un “nucleone”: vuol dire che è un costituente dei nuclei.
 è un “barione”: vuol dire che è una particella
pesante e che possiede un numero quantico
“conservato”, chiamato “numero barionico”.
 è un “adrone”: vuol dire che è una particella
capace di interagire “fortemente”.
 è un”fermione”: vuol dire che ha spin semintero (
½ ) e che quindi deve ubbidire alla statistica di
Fermi-Dirac e quindi al Principio di Pauli.
E ora una “carta d’identità” :
Massa : 939,36 MeV ; Carica elettrica : zero ; Spin : ½
; Momento Magnetico : - 1,91 magnetoni nucleari ;
Vita media : 887 secondi: Segni particolari : nessuno!
Sul Particle Phisics Booklet edito ogni anno dal
CERN per addetti ai lavori, c’è anche scritto: IJP=½,
½, + , dove I è “l’isospin”, J è lo spin e P è la “parità
intrinseca”.
Ma cos’è l’isospin? è un numero quantico conservato
dalle interazioni forti formalmente analogo allo spin.
Diciamo che se rappresentiamo un nucleone con una
freccia, in analogia con lo spin ma in un altro spazio
astratto, risulta che questa può essere rivolta solo in
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due sensi, uno corrispondente allo stato di protone e l’altro a quello di neutrone (una tipica
...diavoleria quantistica): l’isospin del nucleone è ½.
Credo non dispiaccia a nessuno se rinuncio a definire la “parità intrinseca”.
La Tr.5 mostra una carta d’identità più professionale: si noti con quale fantastica precisione
sono dati alcuni numeri sperimentalmente determinati.
Ho evidenziato il momento di dipolo elettrico espresso in “carica elementare per cm” che è
estremamente piccolo e compatibile con zero come vuole la teoria (più sotto mi dilungherò un
poco su questo punto) e il periodo di un’eventuale oscillazione neutrone-antineutrone che è
maggiore di 10 alla 8 secondi. Ho personalmente partecipato a due esperimenti per la sua
determinazione, con risultato negativo, cioè con nessun antineutrone rivelato, ma che hanno
tuttavia permesso di fornire questo limite inferiore; uno di questi è stato eseguito proprio al
LENA di Pavia.
Una nota un poco filosofeggiante sul momento di dipolo elettrico che in gergo si chiama EDM.
E’ proibito per una particella elementare possedere un EDM, per almeno due ragioni :
- per la conservazione della parità ( P ) : supponiamo che una particella possieda un EDM
parallelo al suo spin. Vista in uno specchio, questa particella avrebbe EDM e spin antiparalleli,
perché lo spin è un vettore “assiale”, mentre l’EDM è un vettore ”polare”: ma è proibito
distinguere una particella dalla sua immagine speculare.
- per l’invarianza “time-reversal” ( T ) : supponiamo di riprendere una particella dotata di EDM
parallelo allo spin con un’ ipotetica e fantascientifica telecamera: la vedremmo ruotare su stessa
in senso antiorario perchè lo spin è appunto sintomo di questo fatto. Supponiamo ora di far
girare la videocassetta al contrario. Ce ne accorgeremmo subito, perché vedremmo la rotazione
oraria e allora spin e EDM sarebbero antiparalleli, invece che paralleli: ma anche questo è
proibito.
Le due ragioni citate valgono naturalmente per tutte le particelle ma il neutrone si presta
particolarmente bene a una verifica sperimentale, perché non possiede carica elettrica, che
“oscurerebbe” l’eventuale EDM. Ma poiché le interazioni “deboli” violano siano P che T un pur
piccolo EDM potrebbe anche esistere.
Il neutrone è naturalmente costituito da tre quark : udd. Dove u e d indicano il “flavor” (il
tipo) di quark : il protone sarebbe uud.
Il neutrone appartiene a famiglie più complesse di particelle: un “ottetto di SU(3)” e un ”20pletto di SU(4) “ e non pretendo di essere compreso dai non particellai.
Con la tecnica dello scattering elastico di elettroni sono stati misurati i fattori di forma, elettrico
e magnetico, del neutrone. Ma cosa sono i fattori di forma?
Sono le trasformate di Fourier nello spazio dell’impulso trasferito della densità, rispettivamente
di carica e di corrente, nell’interno del neutrone.
E del neutrone credo di aver detto tutto, almeno tutto quello che so.
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Riporto qui di seguito la voce “neutrone” trovata su un’enciclopedia.
Neutrone Particella elementare neutra di massa uguale a quella del protone,
insieme al quale costituisce la materia nucleare: è quindi un nucleone. E’
instabile, e decade in un protone, un elettrone e un antineutrino con una vita
media d circa 12 min, liberando un’energia di 0,786 MeV. La sua massa è di
circa 1,008 unità di massa atomica. Viene liberato in particolari reazioni
nucleari e nella fissione. Non essendo soggetto a forze di natura elettrica può
penetrare facilmente nei nuclei. Quando i n. hanno energia relativamente
bassa (n. termici) hanno particolare efficacia per produrre la fissione. Il n. fu
scoperto da J. Chadwick nel 1932. || Bomba al n. ordigno nucleare che utilizza
la capacità dei n. di attraversare la materia lasciandola integra; il suo uso
consentirebbe di cancellare ogni forma di vita dall’obiettivo stabilito, senza
però distruggere installazioni o mezzi militari, edifici ecc. Progettata dagli
U.S.A. come arma tattica, ha suscitato vaste proteste e preoccupazioni, tanto
che a più riprese ne è stata interrotta la costruzione. || Stelle di neutroni Stelle
di piccole dimensioni e di altissima densità la cui esistenza viene richiesta per
spiegare le sorgenti di raggi X non solari.
Ho evidenziato due termini correlati ed entrambi piuttosto popolari :”Bomba al neutrone “ e
”Stella di neutroni”: senza volerne spiegare il significato.
Ma quanti sono i neutroni ...nell’Universo ?
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Bò! Si valuta però che i nucleoni siano 1080, nucleone più, nucleone meno !
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“La Storia del Nucleare in Italia”
Prof. Enrico Cerrai
Docente di Tecnologie dei Materiali Nucleari
presso il Politecnico di Milano
Già Direttore Generale e Vice Presidente del CISE
Presidente Onorario dell’AEM di Milano
Io sono qua per alcune considerazioni di carattere generale, poi il Prof.
Ricci farà degli approfondimenti.
Intanto ringrazio per essere stato invitato perché ho una certa affezione
al LENA. Sono stato nel Consiglio Scientifico del Centro dal 1970 al
1997, 27 anni, poi, questa mattina, abbiamo imparato che il nucleare non
invecchia mai, quindi per noi il tempo non è un problema.
Prima di tutto sento il dovere di ricordare Rollier, ed approfitto del fatto
che sono presenti molti giovani, ormai la terza generazione rispetto a
quella che iniziò nel dopoguerra, per ricordare che il Paese a quei tempi,
dal ’46 agli anni ’50, non era quello di oggi per il fervore e la dedizione
nelle attività di ricerca e sviluppo anche e soprattutto nel nucleare e
nelle tecnologie nucleari. E l’entusiasmo era trasfuso in noi da figure
come il Prof. Mario Alberto Rollier, il quale, subito dopo la guerra,
anche come Consigliere al Comune di Milano, propugnava la creazione
di centri industriali di ricerca in aggiunta a quelli inseriti nel sistema
universitario o del CNR o altro. Egli sosteneva la necessità di progetti e
programmi che consentissero all’industria nazionale di risorgere dalle
rovine della guerra. Ed egli, insieme con i fisici dell’Università di
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Milano, si prodigava affinché in Italia si riprendessero gli studi nucleari
anche ai fini energetici.
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Il risultato fu che nel novembre 1946 diverse società industriali private, per iniziativa
dell’amministratore delegato della Edison, Ing. Vittorio De Biase, con i fisici di Milano,
Giuseppe Bolla, Carlo Salvetti, Giorgio Salvini ed altri fisici ed ingegneri, come Mario
Silvestri, riuscirono a far nascere, presso un notaio, una piccola società di ricerca che fu
chiamata CISE (Centro Informazioni Studi Esperienze). Essa crebbe e, come anche molti
presenti sanno, fu una grande scuola dove io stesso ho passato una vita. Alle origini, proprio
Mario Alberto Rollier aveva ottenuto che il Comune di Milano, come istituzione, fosse socio di
questa iniziativa unendosi agli industriali fondatori. Il Paese dispose così del primo laboratorio,
espresso dall’industria, dedicato agli studi, alla ricerca ed alla sperimentazione nel campo
dell’energia e della sua applicazioni. In particolare, iniziarono subito gli studi e gli esperimenti
in campo nucleare, inizialmente in segreto perché l’Italia, in regime armistiziale non poteva
occuparsi di tale materia. In quegli anni ’46, ’47, ’48, a Milano, in alcune stanze e cantine della
Edison, vicino al Cimitero Monumentale, si ottennero i primi risultati che furono il seme della
ricerca nucleare italiana. Basta ricordare che con apparecchiature in gran parte costruite dagli
stessi ricercatori fu misurata la sezione d’urto di fissione dell’uranio 235, con ottima precisione,
quando ciò era ancora coperto da segreto.
Le iniziative di Mario Alberto Rollier, come la struttura sottocritica di Cagliari e questo stesso
Centro con il suo Triga, nascevano dallo spirito di allora, ed egli era sempre stato vicino al CISE.
Infatti, insieme andavamo a rappresentare l’Italia all’Euratom, per l’esame del progetto europeo
della società per il trattamento dei combustibili nucleari irradiati, finalizzato al recupero
dell’uranio fissile incombusto e del plutonio. Noi andavamo a portare la presenza dell’Italia,
riferendo a Felice Ippolito, Segretario Generale dell’allora CNRN, poi CNEN, a fianco degli
altri Paesi europei che intraprendevano il loro cammino nel nucleare per usi civili. Con le
vicende degli ultimi vent’anni, solo noi, non solo ci siamo fermati ma siamo più indietro di
allora.
Osservavo tra me questa mattina che qui, col TRIGA, dopo che frettolosamente centrali e
reattori da ricerca sono stati spenti, esiste, forse unica in Italia, una reazione di fissione nucleare
propriamente detta, autosostenentesi, in esercizio, governata, regolata e ben utilizzata.
Questo è incoraggiante, in un momento nel quale molti, a livello mondiale, stanno riparlando
del nucleare. In che termini stanno parlando del nucleare? Grandi nazioni stanno dicendo che di
fronte al pericolo del riscaldamento globale del pianeta a causa dei gas serra (CO2,CH4 ecc.),
bisogna reagire adottando sistemi energetici diversi, non produttori di CO2. In sostanza con
questo si stanno riprendendo progetti e programmi per il ritorno al nucleare.
Allora, qual’è il quadro generale? Cosa vuol dire ripresa nucleare? Ricominciare ad installare,
progettare e costruire, con progettazione attuale, che però non è molto diversa dalla
progettazione classica, dei reattori del tipo più diffuso oggi nel mondo, quelli ad acqua in
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pressione, i PWR. Vuol dire ritrovare i siti, costruire a fianco industria, progettisti e gestione e,
disporre dei capitali.
Il nostro Paese in venti anni si è allontanato da tutto questo, e soprattutto si è soffocata una
diffusa ed obiettiva cultura nucleare, elemento essenziale per suscitare il consenso sociale per
questa tecnologia. Molto cammino sarebbe da percorrere per risalire la china. Qualche elemento
positivo sta emergendo. Eminenti politici accettano di discutere il problema di un possibile
ritorno dell’Italia al nucleare, pur con molta timidezza nel pronunciarsi. Si notano segni di
ripresa in ambito industriale. Abbiamo visto rinascere come società autonoma l’Ansaldo
Nucleare due settimane fa.
Però la situazione mondiale è ben diversa da quella che dipinge la propaganda antinucleare, la
quale relega questa fonte fra le minori facendo notare che essa contribuisce al bilancio delle
risorse energetiche primarie solo per il 7%. E’ noto che l’energia nucleare è usata per produrre
quasi unicamente energia elettrica, e nel bilancio mondiale essa copre il 17%, così come la
idroelettrica che è ferma a tale valore pur essendo quest’ultima fra le prime fonti storiche alle
quali l’uomo ha attinto da secoli per ottenere energia utile.
La sequenza storica dell’uso delle fonti energetiche ha un andamento non casuale ma risponde
a leggi che sono state verificate dai ricercatori dello IIASA di Vienna. Soprattutto nell’ultimo
paio di secoli, si è passati dal legname da ardere, che era stata la fonte primordiale, al carbone,
quindi al petrolio, al gas naturale ed al nucleare, non a causa dell’esaurimento della risorsa
naturale, ma per la spinta di nuove tecnologie sempre più efficienti e sempre più compatibili
con l’ambiente. L’affermarsi di ogni nuova fonte ha seguito un andamento temporale che si può
assimilare a quello di una curva logistica, tipica della curva di apprendimento. Così i ricercatori
dello IIASA, fra i quali il brillantissimo nostro concittadino Cesare Marchetti, sulla base dei dati
storici hanno potuto tracciare le previsioni per il futuro. Non solo corrispondono all’esperienza
gli andamenti previsti per le tre fonti fossili, dai quali emerge la forte ascesa del gas naturale a
scapito delle altre due, ma si evidenzia pure una affermazione del nucleare inizialmente più
rapida del previsto, con l’indicazione di una seria ripresa, dopo il periodo di stasi che abbiamo
vissuto.
Si noterà che il passaggio dal carbone al petrolio e quindi al gas naturale ha consentito una
produzione di anidride carbonica per unità di energia via via decrescente. Infatti, in media, la
produzione di 1kWh elettrico comporta una emissione di CO2 di almeno 800 grammi, quella col
petrolio 600 grammi e quella col gas naturale 400 grammi. La produzione elettronucleare è
priva di CO2. Un altro aspetto interessante accompagna la sequenza storica delle fonti. Esso
riguarda il contributo energetico fornito dall’idrogeno al soddisfacimento del fabbisogno
dell’Umanità. Lo stesso carbon fossile è formato da carbonio accompagnato da idrogeno nel
rapporto 1 C a 0,8 H, cosicché l’idrogeno, che brucia insieme col carbone, fornisce il 20%
dell’energia totale prodotta. Con gli idrocarburi il contributo energetico dell’idrogeno è
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maggiore in funzione della percentuale di idrogeno legato nella molecola, fino al metano, il
quale, con 1 atomo carbonio e 4 di idrogeno, ricava da questi ultimi il 51% della sua energia di
combustione. A livello mondiale il contributo energetico dell’idrogeno, supera il 35% dei
consumi ed è in crescita al crescere dell’uso energetico del gas naturale. Ciò però significa che
l’idrogeno può costituire, e lo è, una fonte primaria solo se è chimicamente legato, e poiché è
legato al carbonio, la produzione di CO2 è inevitabile.
Si sente molto parlare di questi tempi della “economia all’idrogeno”, come soluzione definitiva
dei problemi ambientali, soprattutto per quanto riguarda l’effetto serra prevalentemente
attribuito alla presenza di una crescente percentuale di CO2 nell’atmosfera terrestre. E’
indispensabile, quindi, riuscire ad ottenere idrogeno libero a partire da una sostanza priva di
carbonio. Infatti il processo corrente odierno di ricavare idrogeno dagli idrocarburi per “steam
reforming” obbliga al sequestro ed allo smaltimento della CO2 comunque prodotta. Ecco che il
nucleare ha attirato nuovo interesse anche per la possibilità di abbinare la generazione di
energia elettrica, unico suo prodotto, con quella dell’idrogeno con reazioni termochimiche a
partire dall’acqua. In tal caso quest’ultima diverrebbe la vera inesauribile risorsa energetica
dell’Umanità. Infatti l’idrogeno, sia nella produzione elettrica che in quella termica, forma di
nuovo acqua ricombinandosi con l’ossigeno.
La limitazione che caratterizza l’energia nucleare, di essere adatta quasi esclusivamente alla
generazione di elettricità, lascerebbe insoddisfatta più della metà dei fabbisogni energetici
complessivi, quelli relativi ai trasporti individuali, parte di quelli collettivi, gran parte di quelli
termici sia civili che industriali, né sarebbe attuabile una pressoché completa elettrificazione di
tutti gli usi. La complementarietà fra le tecnologie nucleari e quelle dell’idrogeno invita ad
intensificare studi, ricerche e sperimentazioni affinché la visione schematica che sopra ho
delineato possa divenire in futuro una realtà, quella realtà che porterà gradualmente
all’affrancamento dalla schiavitù delle fonti fossili e quindi, per tutti, ad una migliore
sostenibilità della vita sul nostro pianeta.
Non voglio dire altro, dico solo che sono molto felice di essere qua perché vedo che finalmente
si può riparlare senza vergognarsi della parola nucleare, che è stata cancellata anche in
Medicina con la Risonanza Magnetica non più nucleare, Risonanza Magnetica e basta. I giornali
ricominciano a parlare di nucleare, anche se tuttora alcuni ambienti politici si allarmano per
timore di perdere voti.
Ripensando oggi, dopo quasi
vent’anni, al Referendum ed all’uso che ne fu fatto,
comprendiamo quale mistificazione esso sia stato, e come le conseguenze siano andate ben oltre
le intenzioni dei politici. Ma questo sarà ancora più evidente nel resto della nostra giornata.
Sono certo che argomenti più interessanti e più quantitativi ci vengono ora offerti dall’amico
Prof. Ricci al quale cedo la parola. Grazie per l’attenzione.
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Attualità dell’Energia Nucleare
Prof. Renato Angelo Ricci
Presidente Onorario SIF
Presidente AIN
Introduzione
Questa ricorrenza del 40mo anniversario di
funzionamento del reattore TRIGA del LENA a Pavia si presta prima
di tutto a ricordare le molteplici attività di fisica nucleare applicata
promosse in Italia dall’INFN, dall’Università e dalle comunità
scientifiche.
Ció ha permesso, soprattutto negli anni ‘70-80, una grande fioritura di
conoscenze e competenze scientifiche, tecniche e ingegneristiche che
hanno costruito nel nostro Paese una cultura “nucleare”di prim’ordine,
tale da porsi in posizioni di avanguardia non solo per ciò che riguarda il
contesto intellettuale ma anche nella progettazione, realizzazione e
gestione di impianti per la produzione di energia elettronucleare.
Fino al 1987 quando, un anno dopo il disastro di Chernobyl, a causa di
un referendum a dir poco capzioso e nel seguito interpretato
surrettiziamente, malgrado posizioni responsabili delle comunità
scientifiche (vorrei ricordare il Convegno Nazionale della SIF su
“Energia, Sviluppo e Ambiente”) la classe politica dominante decretò la
“fine del nucleare”nel nostro Paese.
Sono passati quasi 20 anni e il trionfo dell’incompetenza oltre che la
mancanza di qualsiasi lungimiranza nel definire una strategia
energetica hanno causato un declino inevitabile delle competenze e
della loro organizzazione a livello strutturale e tecnicamente produttivo
tale da far rischiare un disastro ancora maggiore nel nostro Paese con la
perdita vera e propria di un patrimonio culturale difficile da ricostruire.
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Di tale carenza culturale sono tuttavia prova i perduranti slogan antinucleari quali appaiono, ad
esempio, nei cartelli dei “comuni denuclearizzati” o nelle diciture relative alla risonanza
magnetica dove viene soppresso l’aggettivo “nucleare”.
Solo negli ultimi anni a causa dei problemi socio-economici derivanti dall’aumento continuo
del prezzo del petrolio e, di conseguenza, degli idrocarburi, dalla crescita inesorabile dei
fabbisogni energetici a livello globale, dall’enfatizzazione dei rischi ambientali, e a seguito
della riconsiderazione come fonte strategica dell’energia nucleare, anche in Italia un più
consapevole ripensamento si sta facendo strada.
1) situazione generale
Faró riferimento a quanto emerge dall’analisi obbiettiva della situazione energetica mondiale,
con particolare riguardo all’energia nucleare.
Tale analisi, nel dettaglio, la si può trovare ad esempio negli atti del Convegno su “Orizzonti
delle Tecnologie Nucleari”, tenutosi a Roma nel settembre 2004 e in quelli del Convegno “Il
Paradosso dell’energia nucleare in Italia”dell’Associazione Galileo 2001 nel marzo di
quest’anno.
In linea generale l’aumento del fabbisogno energetico mondiale procede ad un tasso all’incirca
del 2% annuo. In valore assoluto tale fabbisogno è già arrivato a oltre 10 miliardi di Tep
(tonnellate equivalenti di petrolio). La potenza primaria totale necessaria a soddisfare tale
fabbisogno corrisponde circa a 13 TW equivalenti all’utilizzo di 12.000 centrali da 1000 MW (di
cui circa il 14% per la produzione di energia elettrica).
Secondo il Consiglio Mondiale dell’Energia (WEC) la domanda mondiale di energia crescerà
del 50% nei prossimi 20 anni. Per cui “…. si dovranno usare più carbone e più nucleare e ….
nessuna fonte d’energia dovrà essere trascurata per arbitrarie ragioni politiche”.
Tali previsioni si confrontano con una distribuzione dei consumi disomogenea. Per esempio
l’attuale consumo energetico annuo per abitante in Italia è di 4 Tep (~50.000 kWh). Se ciò fosse
parimenti distribuito ad ogni abitante del Pianeta, il fabbisogno energetico mondiale
ammonterebbe a 24 Gtep (24 miliardi di Tep).
Ciò implica ovviamente che la gran parte della crescita dei consumi energetici nei prossimi
anni sarà dovuta ai Paesi in via di sviluppo, in particolare alle cosiddette Economie Emergenti,
come ad esempio la Cina e l’India e alcuni paesi del Sud America. Il che comporterà, malgrado
l’impiego di fonti energetiche alternative ai combustibili fossili, un aggravio considerevole
delle emissioni di gas serra.
55
E qui interviene il problema del “riscaldamento globale” e della sua attribuzione all’effetto
serra di origine antropica e, piú specificamente, la realizzazione del Protocollo di Kyoto, che
tuttavia pone forti perplessità scientifiche ed economiche.
Ci si dovrebbe aspettare che una qualunque strategia energetica, non dico scientificamente
fondata ma almeno provvista di buon senso tecnico-economico, si basi sull’evidenza che
l’energia nucleare da fissione rappresenta il miglior complemento, se non l’unica alternativa
realistica attuale, ai combustibili fossili responsabili delle emissioni di gas serra di origine
antropica nella produzione di energia.
I due aspetti che caratterizzano l’evoluzione sociale del secolo: lo sviluppo economico e le
tematiche ambientali rendono il problema della produzione e del consumo di energia
altamente e perfino drammaticamente prioritario.
I costi di approvvigionamento del petrolio pongono seri problemi. Le scorte mondiali –2700
miliardi di tonnellate di cui più di 1000 già consumati- dovrebbero esaurirsi nel giro di 40-100
anni al ritmo di produzione attuale.
Il confronto tra possibili nuove risorse e ritmo accelerato dei consumi appare negativo di
fronte alla scomoda verità che l’80% del petrolio oggi prodotto proviene da giacimenti
scoperti prima del 1973 e che la capacità produttiva della grande maggioranza dei giacimenti
sta declinando. Anche le nuove scoperte, dopo aver toccato un massimo negli anni Sessanta,
hanno cominciato a diminuire.
Occorre inoltre considerare che il fabbisogno tendenziale di petrolio è dettato, più che dai
paesi industriali avanzati, dalla domanda che vanno esprimendo le vaste aree geopolitiche in
via di sviluppo e crescerà del 60% entro il 2020.
Il problema della strategia energetica è pertanto una questione primaria e dimostra la
necessità, anche nel nostro Paese, di una politica energetica nazionale lungimirante ed accorta
che sappia tener conto della complessità e della varietà degli scenari futuri, ricorrendo ad un
mix equilibrato.
2) energia nucleare
La produzione di energia nucleare dopo Chernobyl non ha subito arresti. La potenza nucleare
installata nel mondo è passata da 249.688 MWe del 1985 ai 358.661 del 2002;
corrispondentemente la produzione totale è passata da 1500 TWh a 2575 TWh (17% della
produzione di energia mondiale di elettricità).
Per ciò che riguarda il numero di centrali nucleari che assicurano tale produzione sempre
facendo riferimento al 2002, esso è di 441 (125 USA, 143 UE di cui 59 in Francia, 97 in Asia e 67
nell’Europa dell’Est e Russia).
Ufficialmente vi sono 33 unità in costruzione (2/3 in Asia, 1/3 in Europa centrale e orientale)
cui vanno aggiunti i due reattori EPR previsti in Finlandia e in Francia.
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Nel 2002 sono stati collegati alla rete 6 nuovi reattori per una potenza complessiva di 5013
MW mentre altri 7 sono stati ordinati.
-L’energia nucleare contribuisce alla copertura del fabbisogno elettrico (dati ONU-IAEA 2002)
per il 35% in Europa (percentuale che non muta sostanzialmente nell’UE a 25, visto che i nuovi
membri utilizzano ampiamente anch’essi l’energia elettronucleare) e per il 25% nei paesi
dell’OCSE.
-La competitività dell’energia nucleare è misurabile anche dai reattori di nuova generazione.
La terza generazione, esemplificata dall’EPR, si confronta in modo positivo con altri impianti,
a causa di un ridotto costo capitale (1250 euro/kW installato).
A ció si aggiungono nuovi accorgimenti progettuali, maggiore sicurezza e affidabilità e una
vita utile dell’impianto di 60 anni. Da notare che già i reattori attuali (di 2^ generazione)
hanno visto prolungata la loro vita utile dai 20-30 anni di progetto ai 40-50 anni, rinviando
perciò la loro dismissione e costituendo quindi un atout economico e competitivo non
indifferente.
Se si confrontano le varie fonti primarie tenendo conto di tutti i costi, compresi quelli
ambientali, si trova che il costo totale per un impianto che produce 1000 MWe (MegaWatt
elettrici) è realisticamente di 1400-1500 $/kWe per il nucleare, con un’area occupata di 15
ettari, 1770 $/kWe per il carbone (area occupata 30 ettari) , 1500 per l’olio combustibile (20
ettari), 1200 per il gas naturale (12 ettari) mentre, escludendo gli impianti idroelettrici, per le
cosiddette nuove energie rinnovabili come il solare (fotovoltaico) e l’eolico, si hanno
rispettivamente costi totali di impianto di 7200 $ al kWe (area occupata 200 ettari) e 2.400 $ al
kWe (12.500 ettari).
Tenendo conto inoltre dei costi di funzionamento e della effettiva disponibilità, si ottiene che il
prezzo del kWe è di circa 3 centesimi di euro per il nucleare, 4 per il carbone, 7 per l’olio
combustibile, 6 per il gas a ciclo combinato, 55 per il fotovoltaico e 11 per l’eolico.
Corrispondentemente le emissioni di CO2 , nulle per il nucleare e le energie rinnovabili,
ammontano a 7,5 Mtonn annue per il carbone, 6,2 per l’olio combustibile e 4,3 per il gas.
Differenze notevoli si hanno anche per le emissioni di ossidi di zolfo e di azoto, comuni a tutti
i combustibili fossili e assenti negli impianti nucleari, fotovoltaici ed eolici. Un dato
interessante è il rapporto fra energia spesa ed energia ricavata: 1,7% per il nucleare, 5% per il
carbone, 3% per l’olio combustibile, 3,8% per il gas mentre sale al 27% per il fotovoltaico e al
16,7% per l’eolico. Il che è correlato con il fatto che il fattore di carico (grosso modo la
percentuale di utilizzazione) è del 90% per le centrali nucleari, a carbone, olio e gas, mentre è
del 15% e del 30% rispettivamente per il fotovoltaico e l’eolico. In effetti, a fianco di un sistema
rinnovabile va sempre previsto un metodo tradizionale di supporto e complemento, pena
interruzioni impreviste ed imprevedibili, con un aggravio ulteriore di costi.
57
3) l’opzione nucleare e il nostro paese
La strategia energetica al giorno d’oggi deve dare una risposta positiva alle seguenti esigenze:
-Uso razionale delle risorse energetiche
-Contenimento dell’impatto ambientale
-Produzione dell’energia utile a costi contenuti
-Uso razionale delle risorse naturali
e l’energia nucleare può farlo, attenuando le preoccupazioni crescenti associate ad un uso
esteso dei combustibili fossili.
Se il nucleare può essere una soluzione percorribile, se pur parziale, per fronteggiare i
problemi succitati, ancora di più lo sarebbe per il nostro Paese, che deve affrontare vere e
proprie emergenze nel settore energetico e precisamente:
-Eccessiva dipendenza da petrolio e gas anche nel settore elettrico
-Continuo aumento di gas serra
-Energia elettrica troppo cara
-Inquinamento dell’area nei grandi centri urbani
-Diminuzione della capacità manifatturiera nello specifico settore
-Poca ricerca
In effetti l’energia primaria necessaria al nostro Paese è in continua crescita (196 Mtep nel
2003). Essa dipende da un’importazione pari al 82% del fabbisogno , con un esborso annuo
che nel 2003 ha superato i 30 miliardi di euro. Il fabbisogno nazionale è coperto per il 65%
attraverso il ricorso agli idrocarburi (petrolio e gas naturale). La situazione è ancora più grave
nel sistema elettrico dove la dipendenza dall’estero raggiunge l’84% e la dipendenza dagli
idrocarburi l’80%.
L’energia elettrica prodotta in Italia (in massima parte utilizzando petrolio e gas naturale)
costa il 60% piú della media europea, due volte quella prodotta in Francia e tre volte quella
prodotta in Svezia.
Sul piano ambientale, secondo le valutazioni del Ministero dell’Ambiente, l’attuazione del
protocollo di Kyoto costerebbe all’Italia 360 dollari per abitante, contro i 5 della Germania
(33% nucleare) e i 3 della Francia (78% nucleare).
Quanto alla possibilità di far fronte a tale situazione con il ricorso alle energie rinnovabili,
basta ricordare che, a livello nazionale, il ruolo delle fonti “rinnovabili” è del 17,6% e,
all’interno di questa quota, il 96,8% è prodotto con il rinnovabile tradizionale (geotermico e
idroelettrico). Le fonti rinnovabili non tradizionali (0,1% in Italia) sono sostanzialmente date
dal fotovoltaico e dall’eolico, con qualche contributo dalle biomasse.
Se poi, malgrado la scarsa utilità ormai chiara a tutti del Protocollo di Kyoto per la riduzione
dei gas serra di origine antropica, il suo rispetto viene pervicacemente considerato ineluttabile
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per onore di firma, allora il problema diventa molto serio perché non si vede come, malgrado
costi esorbitanti, l’Italia possa rientrare nei limiti considerati (-6,5% rispetto al 1990, quando
ancora siamo a +5-6%), se non ricorrendo a diversificazioni delle fonti primarie che, così
stando le cose, nel decennio in corso e su una ragionevole economia di scala, implicherebbe un
ricorso all’energia elettrica di origine nucleare comprata all’estero.
Il quadro è chiaro e il nostro Paese non può prendersi il lusso di “guardare” il nuovo corso
energetico-ambientale che si imporrà nello sviluppo mondiale e che comprende (vedansi le
recenti decisioni del Regno Unito, degli Stati Uniti e dei Paesi asiatici) un contributo
apprezzabile dell’energia nucleare. Segnali positivi sono la politica dell’ENEL (acquisto di
centrali nucleari in Slovacchia), l’accordo EDF-Edison, che permetterà all’Italia di entrare nella
filiera del nuovo reattore europeo EPR. Ci si aspettano inoltre iniziative per una possibile
collaborazione ai progetti dei reattori di IV generazione all’interno della collaborazione
internazionale (Generation IV).
Ciò appare lodevole ma non risolverebbe il problema dell’utilizzazione più consistente a
livello nazionale di energia elettronucleare prodotta e consumata all’estero.
In conclusione appare chiaro che ogni politica energetica a livello mondiale, europeo e quindi
anche nel nostro Paese, non può né potrà prescindere da una analisi obiettiva e comparata
delle possibilità tecnico-economiche in gioco. La stessa questione ambientale non potrà essere
affrontata seriamente e consapevolmente senza una base conoscitiva scientificamente corretta.
Il binomio energia-ambiente, che sarà la base delle strategie socio-politiche di questo secolo, si
trova di fronte ad una sfida epocale.
Posizioni ideologicamente preconcette e disinformazioni fuorvianti dovranno cedere il passo
alle forze della ragione.
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“Il LENA e le Tecnologie Nucleari”
Dott. Ing. Andrea Borio di Tigliole
Direttore del LENA
Io vi parlerò del secondo tema argomento della conferenza ossia delle
tecnologie nucleari. Lo farò parlandovi del LENA e vi racconterò quelle
che sono le principali tecnologie nucleari utilizzate presso il nostro
Laboratorio.
Ho voluto iniziare la presentazione proiettando un’immagine di un
impianto nucleare da 1000 megawatt elettrici costruito in California in
riva al mare e, come potete vedere, l’impatto non è sicuramente
negativo, almeno non così negativo come quello di una serie di
generatori eolici o di specchi solari! Anche questa è la “misura d’Uomo”
del nucleare. Ma torniamo al LENA che è un Centro Servizi
Interdipartimentale dell’Università di Pavia che gestisce un reattore
nucleare di ricerca ma anche altre apparecchiature e sorgenti di
radiazioni che sono messe a disposizione dei ricercatori del nostro
Ateneo o di altri Enti per attività di ricerca, di didattica e di servizio. Il
LENA svolge anche direttamente delle attività di ricerca, di servizio e di
formazione anche di personale specializzato appunto nelle tecnologie
nucleari. Il nostro reattore, ne hanno parlato i direttori precedenti è un
TRIGA MARK II della General Atomics.
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L’acronimo TRIGA significa “Training Research Isotope production General Atomics” e questo dice
già quale è l’attività per la quale questo reattore è stato costruito che è appunto il training,
quindi la formazione, la ricerca in generale, la produzione di radioisotopi. Il reattore ha una
potenza termica di 250 kilowatt in regime stazionario e di 250 Megawatt in regime pulsato.
Purtroppo sono 20 anni che non possiamo più operare il reattore in regime pulsato ma
quell’idea della luce e del bagliore che illuminava la sala del reattore che ha ricordato il Prof.
Meloni è molto bella. Il LENA non è solo il reattore ma è anche una serie di apparecchiature di
irraggiamento e di facility: un generatore a raggi X di tipo industriale, una sorgente di cobalto60, un Laboratorio di radiochimica e, a breve, anche un ciclotrone da 18 MeV protoni per la
produzione di radioisotopi per uso medicale. La settimana prossima dovremmo fare i primi
collaudi a freddo dell’impianto e speriamo che nel giro di pochi mesi si possano fare i collaudi a
caldo.
Il ciclotrone sarà dedicato inizialmente alla produzione di radioisotopi quali fluoro-18 e azoto13 per applicazioni PET, ma anche ad attività di ricerca e, in un futuro non troppo lontano, si
spera di poter realizzare anche un fascio estratto di protoni da adibire ad attività di ricerca nel
campo della radiobiologia e della scienza dei materiali.
A 40 anni dalla sua prima criticità, il reattore del LENA è in ottime condizioni e viene utilizzato
quasi quotidianamente per svolgere importanti attività di ricerca. Quest’anno, fino alla data
odierna, abbiamo funzionato per circa 400 ore, che è un dato decisamente positivo. E’ chiaro che
negli anni ’60 e ’70, quando si era nel pieno sviluppo dell’era nucleare, il reattore funzionava
800-1000 ore all’anno; oggi però, in questa situazione in cui ci troviamo, dove peraltro le
tecnologie nucleari non sono nemmeno conosciute dal mondo industriale italiano, funzionare
circa 400 ore all’anno lo si può ritenere un ottimo risultato.
Ma vediamo brevemente alcune delle attività che normalmente vengono svolte presso il LENA
utilizzando il reattore.
Una delle più frequenti è l’analisi dei materiali e dei campioni ambientali per la determinazione
di elementi in traccia mediante il metodo dell’analisi per attivazione neutronica. Questo
metodo, noto a quasi tutti i presenti, si basa semplicemente sul principio che un elemento, nel
momento in cui interagisce con un neutrone, se prima non era radioattivo lo diventa e diventa
quindi anche rilevabile mediante una adeguata strumentazione di misura. Un’attività molto
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interessante che è stata svolta di recente presso di noi è stata la ricerca della presenza di
meteoriti utilizzando proprio questo metodo di analisi. Infatti, analizzando lo strato profondo
di terreno che corrisponde all’era nella quale si ipotizza che sia caduto il meteorite parzialmente
responsabile della scomparsa dei dinosauri(circa 65 milioni di anni fa), si riscontra una quantità
di iridio molto superiore a quella che si riscontra negli altri
strati. Al LENA abbiamo prima verificato la presenza
dell’iridio negli strati di terreno relativi a quell’era
geologica e poi abbiamo iniziato la ricerca di iridio nei
terreni carotati presso il Gran Sasso, dove vi sono dei
laghetti di montagna che si ritiene possano avere una
origine meteorica.
La stessa tecnica di analisi può essere utilizzata per altre
indagini, per esempio per la determinazione della
distribuzione degli inquinanti in atmosfera. Il Prof. Orvini
si è occupato di questa attività di ricerca e utilizzando
l’analisi per attivazione neutronica delle piume degli uccelli che volano a quote diverse ha
dimostrato che è possibile stabilire come gli inquinanti, in particolare i metalli pesanti, si
stratificano in atmosfera.
Sto facendo solo degli esempi di tanti che se ne possono fare.
Oppure analizzando i muschi, i licheni prelevati sull’Himalaia si può anche in questo caso
capire come certi inquinanti si distribuiscono in certe zone del pianeta. Questa è una ricerca che
è stata svolta dal Prof. Gallorini e dal Dott. Rizzio del CNR di Pavia.
Sempre mediante il metodo dell’attivazione neutronica è anche possibile analizzare campioni
alimentari di vario genere: ad esempio, il formaggio Grana Padano e il Tè verde. Abbiamo
concluso proprio di recente un contratto con il Consorzio del Grana Padano ed abbiamo svolto
numerose analisi coordinate dal Dott. Salvini, Responsabile del Servizio di Analisi e Misure del
LENA, dalle quali è emerso che il Grana Padano ha una concentrazione di cloro decisamente
inferiore rispetto a quella del Parmigiano Reggiano e rispetto a quella di numerosi altri
formaggi similari prodotti in Polonia piuttosto che in Inghilterra, piuttosto che in altri Stati
europei. Utilizzando questa tecnologia nucleare noi siamo stati in grado di discriminare il
grattugiato del Grana Padano rispetto a quello del Parmigiano Reggiano in maniera
inequivocabile e rispetto a quasi tutti i prodotti similari esteri. Perché il Consorzio ce l’ha
chiesto? Perché il Consorzio produce 4 milioni di forme all’anno (che corrispondono a un giro
d’affari di circa 2 miliardi di euro) di cui il 10% circa viene esportato sul mercato internazionale
sotto forma di grattugiato. Quindi sono 200 milioni di euro all’anno di business sul grattugiato
del solo Grana Padano per il quale il rischio di contraffazione è molto alto. E non si tratta solo di
potenziale danno economico ma anche di un rischio per la salute dei consumatori. Questa
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tecnologia nucleare non solo risponde alle esigenze commerciali di tutela di un marchio, ma
aiuta anche a garantire la sicurezza dei consumatori e la qualità degli alimenti.
Un altro esempio nello stesso campo è la ricerca che è stata realizzata sul Tè verde, il quale
contiene arsenico in tracce (parliamo di decine di ppm, parti per milione) in quantità superiore
al normale Tè. Quindi, attraverso il metodo dell’analisi per attivazione neutronica,
determinando il preciso contenuto di arsenico, è possibile verificare se il prodotto dichiarato
sulla confezione è realmente Tè verde o se è una miscela.
Altra applicazione delle tecnologie nucleari riguarda l’irraggiamento con neutroni di materiali
superconduttori e semiconduttori in modo da indurre una variazione delle loro caratteristiche e
del loro comportamento. Una interessante attività di ricerca su questo argomento è stata svolta
un anno fa da un Gruppo di Fisici dell’Università di Genova.
Altre applicazioni di tecnologie nucleari consentono lo studio di fenomeni di radiolisi dei
polimeri mediante l’induzione di alterazioni nella struttura reticolare mediante opportuni
campi di radiazione. Il Prof. Faucitano e il Prof. Buttafava si occupano di questa attività di
ricerca presso il LENA utilizzando una sorgente di cobalto-60 da circa 500 curie.
Anche utilizzando il reattore, si possono svolgere studi per la caratterizzazione di materiali
relativamente alle loro proprietà nucleari. Un paio di anni fa, per la società AUSIMONT (ora
Solvay Solexis), abbiano realizzato un contratto di ricerca per la caratterizzazione nucleare di oli
lubrificanti che dovevano essere probabilmente utilizzati in ambienti con rischio di criticità,
ossia in presenza di materie fissili. Ecco allora la necessità di misurare l’indice di moderazione,
quindi le proprietà nucleari di quei materiali per evitare che in caso di incidente si creassero
delle condizioni di criticità. Questa attività di ricerca è stata realizzata inserendo i campioni di
questi oli lubrificanti nel nocciolo del reattore e misurando la reattività indotta dalla
introduzione di questi materiali. Quindi
dalla misura di variazione della
reattività indotta si è risaliti alla
determinazione
dell’indice
di
moderazione di questi materiali.
Sempre utilizzando il reattore, un
Gruppo di ricerca del Dipartimento di
Fisica Nucleare e Teorica della nostra
Università, sta studiando i danni indotti dalle radiazioni su componenti elettronici per
applicazioni aerospaziali e per le macchine acceleratrici. Infatti, i componenti elettronici
utilizzati in ambito aerospaziale e per la costruzione di macchine acceleratrici (tra le quali anche
gli acceleratori per uso medicale), essendo soggetti a flussi considerevoli di radiazioni
degradano il loro comportamento e le loro caratteristiche di risposta nel corso del tempo.
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Un’altra attività di ricerca abbastanza
recente ha riguardato lo studio del
comportamento di strati sottili di materiali
fissili che si ipotizza possano essere utilizzati
in futuro per la realizzazione del motore
spaziale nucleare per l’eventuale viaggio su
Marte. Svolta a cura del Prof. Benetti, del
Prof. Terrani e dei ricercatori dell’INFN di
Pavia, questa attività di ricerca ha misurato
la distribuzione di energia dei prodotti di
fissione provenienti da uno strato sottile di
materiale fissile. Il prossimo passo sarà lo
studio dell’integrità strutturale dello strato, perché è importante capire come quest’ultimo si
può deteriorare durante il funzionamento del motore.
Altra attività interessantissima è l’analisi dei materiali e dei manufatti antichi e la
determinazione della loro provenienza geografica. Il Prof. Meloni e il Prof. Oddone si sono
occupati in passato ripetutamente della determinazione della provenienza geografica dei
marmi. E’ possibile infatti, utilizzando queste tecnologie nucleari, capire se un marmo proviene
da una cava o da un’altra. Utilizzando sempre queste tecnologie è possibile capire se un moneta
antica è vera o è falsa semplicemente analizzando la composizione della lega metallica di cui è
composta.
Da circa un anno, in collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria Meccanica l’Università di
Brescia, abbiamo iniziato un’attività di ricerca relativa allo studio dell’usura degli utensili per
lavorazioni industriali: si irraggiano degli utensili nel reattore e si va a misurare il loro consumo
durante la lavorazione, ad esempio analizzando il truciolo. Questo metodo può essere utilizzato
per utensili quali le frese e le punte dei trapani ed è un’applicazione nuova ed innovativa per
questo campo di indagine.
Anche la produzione di prodotti marcati per diagnostica medica è un’attività di grande
importanza: ci sono radioisotopi che si producono utilizzando i ciclotroni, ma ci sono dei
radioisotopi che si producono bene solo utilizzando i reattori nucleari. Abbiamo ricevuto da
poco una commessa da parte di una società farmaceutica inglese che ha chiesto al LENA di
produrre dei prodotti marcati a base di samario da utilizzare in trial clinici in Inghilterra.
Quando capitano queste richieste a noi fa molto piacere ma, contemporaneamente, ci rendiamo
conto di quanta poca conoscenza ci sia in Italia delle potenzialità delle tecnologie nucleari:
vengono dall’estero, con tutte le problematiche connesse al trasporto dei materiali radioattivi, e
nessuna azienda italiana è interessata a questa tecnologia. Comunque, in questi ultimi anni, il
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LENA si sta impegnando molto per promuovere le proprie attività in ambito industriale e
qualche piccolo ma significativo risultato è stato ottenuto.
Il Prof. Pinelli ha illustrato nel suo intervento l’importantissima attività di ricerca svolta al
LENA relativa alla BNCT (Boron Neutron Capture Therapy), ossia relativa alla terapia oncologica
sperimentale per il trattamento di tumori epatici mediante l’irraggiamento con neutroni. E’
un’attività dell’INFN e dell’Università di Pavia alla quale partecipano un elevato numero di
ricercatori e, come diceva il Presidente nel suo intervento, questa attività avrebbe una
grandissima prospettiva di sviluppo se le venisse dato un adeguato finanziamento e sostegno
istituzionale. Speriamo che nel breve periodo si possa riprendere con efficacia la
sperimentazione in modo da evitare quello che in Italia troppo spesso accade, ossia che qualche
straniero copi l’idea e la realizzi molto prima di noi!
Altra interessante tecnologia nucleare per diagnostica industriale è la radiografia neutronica.
Noi siamo abituati a sentir parlare di radiografie realizzate mediante raggi X piuttosto che raggi
gamma. Bene, esiste invece una radiografia realizzata
mediante neutroni che è complementare alla radiografia X
e gamma e che è fondamentale per lo studio di tutti quei
materiali che hanno un basso numero atomico, come i
materiali compositi a base di carbonio. Ad esempio: le pale
degli elicotteri sono costruite con fibre di carbonio e
facendo una radiografia X si hanno dei risultati molto
scarsi; al contrario, una radiografia neutronica è il metodo
di diagnostica non distruttiva ottimale perché è in grado di
evidenziare particolari strutturali ed eventuali difetti con
una elevatissima risoluzione. Lo stesso vale per lo studio
di miscele bifase di liquidi, per l’analisi della distribuzione
di lubrificanti in motori in funzionamento, e per tanti altri
materiali ed applicazioni.
Questa immagine mostra la radiografia neutronica di fiori
e la proietto per dimostrarvi come questa tecnologia
nucleare sia utilizzata largamente all’estero e, in questo
particolare caso in Giappone. Il Giappone, come saprete, è
un grande produttore di fiori, in particolare crisantemi che esporta un pò in tutto il Mondo,
bene, prima di esportare i crisantemi, i giapponesi fanno, a campione, la radiografia neutronica
dei fiori in modo da verificare se lo stelo è sufficientemente idratato oppure no. Sembra una
banalità, ma da una semplice radiografia neutronica si può stabilire se l’intera partita sarà in
grado o meno di sopportare il disagio di una spedizione.
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Al LENA la radiografia neutronica non è ancora disponibile, ma i nostri colleghi del reattore
TRIGA dell’ENEA della Casaccia hanno già una lunga esperienza. Colgo l’occasione per
ringraziare proprio loro, che vedo qui presenti, e che sono stati così cortesi da venire a
festeggiare con noi il 40° compleanno del nostro reattore.
Anche per risolvere una storica controversia tra Inglesi e Francesi riguardo il presunto
avvelenamento dell’Imperatore Napoleone le tecnologie nucleari possono dare un importante
contributo. Infatti, sempre utilizzando il metodo di analisi per attivazione neutronica, è
possibile determinare con grande precisione il quantitativo di arsenico presente nei capelli di
Napoleone in vari periodi della sua vita e nei capelli di suoi coevi.
Vi ho presentato solamente alcune delle numerose tecnologie nucleari che sono disponibili sul
mercato e che, nella maggior parte dei casi, realizziamo anche al LENA.
Il nostro Centro però è impegnato anche in altre importanti attività quali il sostegno all’attività
di didattica e di formazione: stiamo chiudendo una convenzione con il Dipartimento di
Ingegneria Nucleare del Politecnico di Milano che ci ha chiesto di poter svolgere delle
esercitazioni presso di noi nell’ambito dei corsi di Impianti Nucleari e di Controllo del reattore.
Il supporto del reattore del LENA rappresenta un valore aggiunto straordinario che consente
agli studenti di vedere con i propri occhi la calibrazione delle barre di controllo, la calibrazione
della potenza termica del reattore, le misure del periodo e della reattività e tanti altri aspetti
dell’esercizio del reattore che altrimenti sarebbero per loro difficilmente immaginabili.
Da diversi anni il LENA ospita anche degli stages di formazione per lo IUSS (Istituto
Universitario di Studi Superiori) e svolgiamo tirocini per aspiranti Esperti Qualificati.
Lo ha ricordato il Presidente nel suo intervento che abbiamo anche numerose visite didattiche
di Scuole Medie e Medie Superiori e di persone esterne che hanno voglia di vedere e capire
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come funziona un reattore nucleare e sono particolarmente lieto di comunicarvi che quest’anno,
fino alla data odierna il LENA ha accolto 730 visitatori!
Alcuni di noi sono stati in Slovenia un paio d’anni fa dove c’è un reattore esattamente identico
al nostro e dove hanno costruito un centro straordinario di informazione della popolazione
sull’energia nucleare. E’ bellissimo, enorme, con tantissime possibilità interattive e hanno circa
4.000 visitatori all’anno. Noi, nel nostro piccolo, con le nostre piccole strutture, ne abbiamo 700800. I nostri colleghi sloveni ci hanno mostrato un grafico sull’andamento del consenso
popolare sull’energia nucleare in Slovenia che mostrava come, in 15 anni di informazione
continua, hanno incrementato di circa il 17% i pareri favorevoli! Questo vuol dire che dando
informazioni corrette agli studenti delle Scuole Medie e Superiori, dando loro gli strumenti per
capire se un’affermazione è giusta o sbagliata, si permette a queste persone di capire i limiti ma
anche i pregi dell’energia nucleare, si permette loro di esprimere un giudizio obiettivo e questi
nostri colleghi hanno dimostrato che questo giudizio è a larga maggioranza a favore al nucleare.
Il LENA svolge oggi anche delle attività di consulenza esterna: ad esempio per il Centro
Comune di Ricerca di Ispra dell’Unione Europea, in rappresentanza del quale vedo e ringrazio
il Direttore Tecnico dell’impianto ESSOR, Dottor Bertelli; una consulenza per l’Ansaldo
Camozzi che è una di quelle poche industrie italiane che ancora si occupa di nucleare e assieme
alla quale stiamo studiando soluzioni tecniche per la realizzazione di nuovi Cask per il deposito
di scorie nucleari, per lo smantellamento dei sommergibili nucleari russi, per lo sviluppo di
nuovi reattori nucleari a gas.
Prima di concludere vorrei fare una considerazione, visto anche le persone che sono presenti
oggi in sala. L’Università di Pavia ha una condizione secondo me privilegiata per le
apparecchiature che ha a disposizione: ha un reattore nucleare di ricerca, installerà presto un
ciclotrone, ha un complesso sottocritico che è un impianto nucleare di particolare interesse, ha
dei laboratori di radiochimica al LENA, ha dei laboratori di chimica e radiochimica al
Dipartimento di Chimica, ha delle celle calde non utilizzate da anni ma che si potrebbero
rimettere in funzione con adeguati finanziamenti, ha tante attrezzature per irraggiamento. Tutto
questo fa sì che in Italia l’Università di Pavia sia l’unica ad avere tutte queste possibilità di
irraggiamento, di gestione di materie nucleari e radioattive e, secondo me, ci sono tutte le
premesse per svolgere nuove e interessanti attività di ricerca nel campo del ciclo del
combustibile nucleare, della gestione e del bruciamento delle scorie e delle tecnologie nucleari
in generale. Sono attività di punta oggi e noi, come Università di Pavia siamo nella condizione
di farlo, di partecipare attivamente a questo filone di attività. E’ un’occasione unica in Italia e
sarebbe un peccato se non venisse sfruttata.
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Chiudo semplicemente mostrandovi la fotografia dello staff tecnico del LENA, i “magnifici
dieci” che si dedicano quotidianamente con passione e professionalità a far funzionare il nostro
reattore che è si un quarantenne, ma in splendida forma! Grazie per l’attenzione.
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“Riflessioni sulla cultura scientifica in
Italia”
Enrico Bellone
Ordinario di Storia della Scienza presso l’Università di Milano
Direttore della rivista “Le Scienze”
Il problema energetico ha una storia particolare nel nostro paese.
Soprattutto perché le maggiori forze politiche hanno avuto, per decenni,
un atteggiamento comune di relativa indifferenza o di rigetto
dell’innovazione nel settore dell’elettronucleare. Un atteggiamento
trasversale che ha potuto nutrirsi di vaste zone di consenso popolare. Il
che si spiega tenendo conto di una circostanza precisa e a suo tempo
sottolineata da Ruberti. Il quale fece notare che nella seconda metà del
Novecento fu maggioritaria, nel nostro paese, l’idea che la scienza non
fosse cultura vera e propria. Grazie a quell’idea, la ricerca scientifica fu
valutata come una forma meramente tecnica, da giudicare in termini di
utilità o danno. Fu allora semplice accreditare il punto di vista secondo
cui certe forme della tecnica, e in particolare quelle riferibili al nucleare,
fossero potenzialmente pericolose e, quindi, da evitare per non correre
rischi. Così si è formato un consenso solidamente ancorato ai timori che
hanno permeato la cultura diffusa nel paese, che sono stati seminati con
generosità attraverso i grandi mezzi di comunicazione e che hanno
trovato nutrimento nelle condizioni di fatto in cui versa il sistema
educativo nazionale.
Giova ricordare, a questo proposito, che già agli inizi degli anni Settanta
i rilevamenti internazionali sul nostro sistema educativo avevano
evidenziato la scarsa efficienza di quest’ultimo soprattutto nelle aree
scientifiche e tecniche. Non è quindi casuale che oggi i nuovi e più
recenti rilevamenti mostrano come nella popolazione adulta italiana i
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numeri di diplomati, laureati e ricercatori sono nettamente inferiori ai
valori medi europei.
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Questo stato di cose è stato recentemente analizzato da Carlo Bernardini e Tullio De Mauro, in
un saggio intitolato “Contare e raccontare”. I due autori pongono in rilievo come, nel nostro
paese, si abbiano sia l’analfabetismo scientifico di massa, sia il pressappochismo in molte aree
della cultura umanistica. Una analisi, questa, che ho condiviso in un mio libretto dedicato alla
“Negazione della scienza” in Italia.
I dati disponibili, insomma, spiegano come sia stato piuttosto facile, nella situazione italiana,
propagare in grandi quote della popolazione quelle che uno storico della cultura come Paolo
Rossi ha battezzato “immagini negative della scienza”. Una immagine della scienza è, in
generale, un gruppo di valutazioni non scientifiche sulle attività delle comunità di ricercatori in
varie discipline. Possiamo anche avere immagini positive di tali attività, ma pur sempre
sconnesse dalla realtà della ricerca: per esempio, quelle immagini che vengono elaborate e
messe in circolazione allo scopo di raccogliere finanziamenti sulla base di promesse illusorie.
Prevalgono comunque le immagini negative, che sono agevolmente assorbite da cittadini privi
di quelle conoscenze di base che sono indispensabili per capire che cosa davvero stia
succedendo alle frontiere della ricerca. Basti qui ricordare le paure che ancora circondano linee
di modernizzazione del paese riferibili agli organismi geneticamente modificati o ai
termovalorizzatori, all’alta velocità o alle indagini sulle cellule embrionali. Il rigetto del
nucleare, insomma, rientra in una ampia cultura del “no” all’innovazione.
Non si dovrebbe compiere l’errore di credere che, per quanto riguarda l’elettronucleare, tutto
abbia avuto inizio con il referendum post-Chernobyl. Quel referendum non riguardava infatti la
scelta tra nucleare e non nucleare, anche se la maggioranza delle forze politiche fu operosa nel
convincere gli elettori che si dovesse compiere una scelta del genere per allontanare dall’Italia
un possibile disastro. Il rigetto di questo specifico settore energetico fu realizzato, infatti, molti
anni prima. Sto parlando dei primi anni Sessanta, e delle coraggiose ipotesi che allora furono
messe in campo da protagonisti come Mattei e Ippolito. E sto ricordando che il primo fu
assassinato sul finire del 1962, e che pochi mesi dopo fu lanciata, contro il secondo, una
campagna diffamatoria che si chiuse con il carcere. Chi oggi indulge nel dichiarare “no al
nucleare” dovrebbe avere il coraggio civile di dire, anche, che la morte di Mattei e la galera per
Ippolito, pur essendo condannabili per la loro brutalità, furono comunque atti valutabili come
“politicamente corretti” e “realisticamente lungimiranti”.
D’altra parte nessuno ha il diritto di porre tra parentesi ciò che i grandi mezzi di comunicazione
diffusero tra la nostra popolazione quando si verificarono, poco tempo fa, casi evidenti e
plateali di black-out. Si scrisse che questi eventi potevano far rialzare la testa ai residui difensori
di uno scenario energetico comprendente il nucleare. E si scrisse che nessuno doveva tuttavia
dimenticare Chernobyl e le centinaia di migliaia di morti che quell’evento avrebbe provocato.
Questa numerologia fu propagandata anche se erano ben disponibili i dati elaborati, per
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esempio, da un ente autorevole come l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Questo ente
precisava che i morti causati da Chernobyl in un ventennio erano inferiori alle sessanta unità.
Precisava anche che tutti gli incidenti tecnici verificatisi durante il mezzo secolo di attività
mondiale di impianti elettronucleari avevano causato la morte di cento persone. Il normale
traffico automobilistico, in un solo fine settimana, provoca decine di vittime.
Anche in altre nazioni a noi vicine proliferano immagini negative della scienza e della tecnica.
Ma questa libera discussione sui rischi delle tecnologie non induce certamente la Francia a
chiudere le sue decine di centrali, e non impedisce alla Finlandia di costruirne altre. E, nello
stesso tempo, quasi in sordina il nostro paese sta collaborando con il governo francese per la
progettazione e costruzione dei nuovi impianti EPR, e sta entrando in compartecipazione nel
nucleare di altre nazioni europee. Appunto: in sordina.
Non in sordina, invece, molti opinionisti stanno celebrando i rituali giornalistici dell’avvento
dell’era dell’idrogeno. Senza tuttavia chiarire la differenza centrale tra fonte energetica e vettore
energetico, e senza spiegare come sia possibile produrre idrogeno in quantità tali da modificare
radicalmente il problema energetico. Si può concedere che non venga mai a galla la differenza
tra fonte e vettore: una differenza che, per essere capita, presuppone che sia il giornalista, sia il
lettore, conoscano un minimo di fisica. Più difficile da giustificare, invece, è l’inclinazione a fare
promesse sull’età dell’idrogeno senza spiegare che la produzione su vasta scala di idrogeno
implica l’utilizzazione di fonti energetiche molto robuste, e riproponga quindi la scelta tra le
fonti fossili e il nucleare.
La comunità scientifica italiana ha una grande responsabilità, in questo momento. La
responsabilità di uscire dai recinti delle università e dei centri di ricerca, e di rivolgersi
direttamente ai cittadini per effettuare una costante operazione culturale di chiarimento dei
problemi reali. Non dobbiamo dimenticare che, negli ultimi anni, sta cambiando
l’atteggiamento verso la scienza di ampie porzioni della società civile. Il cambiamento è
documentato dalla crescita di interesse per la ricerca che è osservabile in molte iniziative
pubbliche, come, a puro titolo di esempio, quelle del Festival della Scienza genovese. Un buon
momento, questo, per intervenire.
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Pubblicazioni dal 1965 al 2005
Durante i 40 anni di funzionamento del reattore, i ricercatori dell’Università di Pavia e di altre
Università ed Enti hanno prodotto le seguenti pubblicazioni a seguito di lavori eseguiti
utilizzando il Reattore TRIGA MARK II del LENA:
1)
S. Meloni “Utilizzazione del Reattore TRIGA nella ricerca” – Atti del Convegno “Fisica
del Reattore”, Milano-Pavia, 1 - 1963
2)
A. Cambieri, F. Cingoli, S. Meloni, E. Orvini “Il Reattore Triga MARK II da 250 kW,
pulsato, dell’Università di Pavia” – Rapporto finale sulle prove nucleari – LENA 1, 1965
3)
S.E. Corno “Moltiplicazione neutronica attorno ad un solo elemento di combustibile”.
Parte I. Teoria e metodi di calcolo – Ed. Cesnef del Politecnico di Milano , 1966
4)
A. Cambieri “Il reattore Triga pulsato dell’Università di Pavia” – F.A.S.T, Conferenza, 23
Maggio 1966
5)
M.A. Rollier “Quale chimica fare all’Università con un reattore nucleare di ricerca” – La
Chimica e l’Industria n° 2: p. 209, 1967
6)
V. Maxia, M.A. Rollier “Determination of Selenium in Amino Acids at the 0.1 ppm level
by pulsed-neutron Activation” – Nuclear Applications n. 3: p. 187 , 1967
7)
V. Maxia, S. Meloni, M.A. Rollier, M.T. Valentini “Determination of trace amounts of
cobalt in haemin by neutron activation analysis” – Int. J. Applied Radiation Isotopes n.
18: p. 267, 1967
8)
E. Orvini “Détermination par analyse d’activation instrumentale de trace de chlore dans
des substances organiques d’emploi nucléaire” – Energia Nucleare n° 4 : p. 249, 1967
9)
D. Bollini, M. Cambiaghi, F. Fossati, T. Pinelli “Long range alpha particles and helium
isotopes in the thermal neutron fission of 239Pu” – Il Nuovo Cimento, serie X, vol. 51 : p.
235, 1967
10) E. Orvini, V. Maxia “Thermal neutron capture cross section of 121Sb and 123Sb” – Energia
Nucleare n. 14: p. 541, 1967
73
11) M. Cambiaghi, F. Fossati, T. Pinelli “Realizzazione di un fascio di neutroni collimato e
arricchito nella componente termica mediante un collimatore tronco-conico riflettente” –
SIF Bulletin n. 55: p.111, 1967
12) C. Bigliocca, F. Girardi, S. Meloni, J. Pauli, A Provatoli, E. Sabbioni “Radiochemical
separation by absorption of manganese dioxide” - Anal. Chem. n. 39: p. 1634, 1967
13) R. Stella, V. Crespi, V. Maxia “Yields for the A=141 to A=153 region in the reactor
neutron fission of 237Np” – Ric. Sci. n. 37: p. 347, 1967
14) R. Stella, M. Di Casa, V. Maxia “Yields for the 131-135 mass region in the reactor neutron
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