Concetto di foyer per adolescenti
1.
Premessa
Foyer è una parola francese che, tradotta, significa focolare domestico, che è sinonimo di calore, affetto e protezione.
Un foyer è una casa di tipo famigliare, aperta tutto l’anno, dove abitano nove giovani, di ambo i sessi, tra i 13 ed i 20
anni, che, per ragioni diverse, non possono più vivere in famiglia.
In ogni foyer esistono spazi fisici e sociali che garantiscono il rispetto delle esigenze di intimità personale e quelle di
vita di gruppo. Ogni ragazzo ha una stanza propria.
Un’équipe di educatori, presente giorno e notte e guidata da un responsabile, segue i ragazzi in tutti gli aspetti della
loro vita fino all’eventuale possibilità di rientro in famiglia, oppure fino al raggiungimento di un’adeguata autonomia
affettiva e finanziaria.
I ragazzi sono tenuti a collaborare con gli educatori nella conduzione domestica della casa (pulizie, cucinare, ecc.).
Se il contesto famigliare lo permette, il ragazzo può rientrare a casa durante i fine settimana o per brevi periodi di
vacanza.
Il foyer organizza dei campi di vacanza estivi e invernali e delle attività ricreative.
Gli educatori favoriscono l’inserimento dei ragazzi nei gruppi del tempo libero presenti sul territorio.
Ogni ragazzo è seguito da una coppia educativa di riferimento, che assume il ruolo di sostituti parentali senza peraltro
voler prendere il posto dei genitori reali.
La coppia educativa cura le relazioni del giovane in ogni ambito (all’interno del foyer, con la famiglia, con gli operatori
sociali esterni, con il contesto scolastico e lavorativo, ecc.).
I giovani che si avviano verso l’autonomia possono usufruire di un periodo di collocamento diurno : questo significa
che assumono la gestione di un loro piccolo appartamento, ma che mantengono un contatto quotidiano con il Foyer.
La fase della dimissione è sicuramente uno dei periodi più delicati dell’intervento educativo. L’impatto con la vita
autonoma è spesso molto duro per il giovane che non può contare sulla propria famiglia.
Per questo motivo si prevede un lungo periodo di post-cura, durante il quale il giovane dimesso mantiene contatti
regolari con il Foyer.
Alcuni giovani dimessi mantengono per alcuni anni relazioni intense con il Foyer.
Per loro il Foyer resta un punto di riferimento importante.
2. Il personale operante in un foyer
In ogni foyer lavora un’équipe di educatori formati coordinata da un responsabile per un totale di 6,36 tempi di lavoro.
L’équipe è mista e si cerca di mantenere un equilibrio tra figure femminili e maschili.
Ogni ragazzo è seguito da una coppia educativa di riferimento.
Non esistono altre figure professionali : gli educatori sono quindi tenuti anche ad occuparsi della conduzione pratica
della casa (pulizie, fare la spesa, cucinare, lavanderia, ecc.) e a trascorrere a turni la notte all’interno del foyer.
3. Casistica
La casistica che viene di regola segnalata ed eventualmente collocata presso i foyers, comprende una gamma
vastissima e sfumata di situazioni, di lieve, media e a volte alta gravità: disgregamento della famiglia, assenza totale
della famiglia stessa, presenza incompleta del nucleo familiare, malattie o morte di uno o di ambedue i genitori,
etilismo, debilità, disturbi psichici gravi dei genitori, abusi sessuali, maltrattamenti fisici e violenze psicologiche,
contatti con il mondo della droga e della prostituzione, anche in seno alla propria famiglia, situazione economica
disastrata.
Nella maggior parte dei casi si è confrontati con una famiglia multiproblematica dove esiste una complessa
combinazione dei vari fattori citati.
Bisogna ancora considerare l'aspetto patogeno della famiglia stessa, la sua incapacità a gestire i propri problemi e ad
integrarsi nel tessuto sociale, con la conseguente incapacità di offrire ai figli l'ambiente adatto al proprio sviluppo e
alla propria evoluzione; in più vi possono essere anche i limiti del ragazzo stesso, la sua fragilità e la sua incapacità a
superare i propri problemi e quelli della sua famiglia.
La problematica presentata dal ragazzo va distinta e valutata in base alle componenti:
- psico-sociale
- di personalità
- di potenzialità intellettuale (e la sua realizzazione, specie in rapporto agli aspetti scolastici e professionali).
In questi casi, pur considerando l'allontanamento del ragazzo dalla propria famiglia un fatto doloroso e certamente
problematico, si deve procedere nel tentativo di ricuperare, in un ambiente più idoneo, equilibrio, sicurezza, serenità.
È ciò che il foyer intende offrire ai minorenni adolescenti posti in questa situazione.
Negli adolescenti i disturbi si manifestano in modo diverso e sono sempre associati a quelli che qualsiasi adolescente
può presentare.
I problemi dovuti alla loro situazione famigliare nascondono vissuti penosi, che si sono a volte susseguiti negli anni,
provocando nei giovani seri traumi e lasciando bisogni profondamente insoddisfatti.
In considerazione della struttura "aperta" del foyer, a gestione "familiare", con un orientamento educativo, è
necessario valutare, ad esempio;
- la struttura della personalità e i limiti sopportabili dal
foyer (p.es. una struttura borderline o con tratti
psicotici è sopportabile, purché non sia scompensata),
- gli aspetti delinquenziali e dissociali (p.es. furti,
prostituzione, potenzialità delinquenziale),
- i limiti di potenzialità intellettuale e il margine entro
il quale il foyer può tollerare questi limiti.
Si dovranno quindi escludere, quei casi che presentano una struttura di tipo psicotico e scompensato, debili mentali
medio-gravi, personalità delinquenziali che necessitano di un controllo stretto e di un ambiente chiuso, perversioni
sessuali che esigono istituzioni di tipo terapeutico, tossicodipendenza o altri casi che dovranno venire definiti a
seconda delle possibili combinazioni delle tre componenti.
In pratica si tratta di utilizzare le indicazioni dei sintomi, unicamente per interpretarli alla luce delle suddette
componenti.
Su questa base potrà essere elaborato un progetto, anche se provvisorio, si potrà abbozzare una ipotesi di evoluzione
e chiarire le aspettative reciproche possibili.
Occorre avere una visione sistemica della realtà: il ragazzo che ci interessa ha sviluppato la sua individualità in
interazione non solo con la sua famiglia, ma anche in un mondo sociale che, ai nostri tempi, presenta condizioni di vita
apparentemente facilitate e talvolta illusorie, così come tentazioni e vie di fuga, dalle quali il giovane debole è
fortemente attratto.
La nostra società aperta e conflittuale, dove i valori e i modi di vita cambiano rapidamente, il cui continuo sviluppo
produttivo crea bisogni fittizi o anche pericolosi, espone il giovane a molte vie perverse o di contrasto, dandogli un
senso di protagonismo e di affermazione personale, che vie più positive sembrano precludergli.
Nei ragazzi che ci interessano, la triade relazionale individuo-famiglia-società produce facilmente atteggiamenti di
debolezza, di sfiducia, di rivalsa, di assenza di speranza o di rifugio nei contro-valori sociali.
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4. Obiettivi psico-pedagogici
Lo scopo del collocamento e del soggiorno nel foyer è quindi quello di porre nuove basi, di offrire al ragazzo gli
strumenti per una ristrutturazione del proprio modo di essere in mezzo agli altri e per l'accettazione della propria
persona.
L'intervento educativo vuole essere lo stimolo ad una sempre maggiore integrazione dinamica del ragazzo nella società
in cui vive; all'acquisizione dello spazio sufficiente per la propria realizzazione e la gestione della propria vita; al
raggiungimento di determinate capacità: per esempio di reggere di fronte a situazioni difficili, di assumere
responsabilità, di aprirsi a relazioni affettive; di sviluppo di interessi vari e personalizzati.
Esso tende finalmente a guidare il giovane a un vissuto cosciente, nella ricerca della propria identità e verso la
maturità sociale e affettiva.
Così descritto, l'obiettivo non appare diverso da quello prevedibile per qualsiasi ragazzo; diverso, nel nostro caso, è il
punto di partenza, che si presenta sempre sfavorevole rispetto allo scopo da raggiungere.
Rapporti sociali, fattori ereditari, vissuto precedente, possono costituire ostacoli di cui bisogna tener conto
nell'affrontare il lavoro educativo con i nostri ragazzi.
Le modalità di intervento educativo vanno adattate costantemente alla evoluzione talvolta lenta: ricupero di valori,
creazione di legami nuovi, adozione di modi diversi di contatto; faticoso lavoro, dai risultati lenti, che tende alla
normalizzazione o per lo meno a spostare la struttura precedente (di scarsa speranza, di tendenza alla devianza) verso
una struttura più aperta ai valori del lavoro, della vita associata, della realizzazione positiva di se stesso.
Il passato non potrà forse essere cancellato, ma almeno controbilanciato da nuovi valori.
Indispensabile per il raggiungimento dell'obiettivo sono la ferma speranza in possibili cambiamenti e la fiducia nella
persona e nella sua possibile evoluzione.
L'obiettivo potrebbe anche essere definito "terapeutico", in quanto comporta modifiche della vita psichica del
soggetto, grazie ai modelli offerti in seno al foyer e alla relazione privilegiata con l'educatore.
Non dobbiamo inoltre trascurare l'aspetto preventivo dell'intervento educativo; la domanda da porsi è infatti quella a
sapere che cosa avrebbero potuto diventare i nostri ragazzi, se non fossero stati collocati in foyer.
5. Fasi di realizzazione degli obiettivi
Gli obiettivi potranno essere realizzati in vari tempi, strutturati in tre fasi:
5.1 L'approccio
Il primo impatto con il foyer consiste in un reciproco sondaggio tra educatore (equipe educativa) e ragazzo, con
possibili sollecitazioni da parte di quest'ultimo, cui l'educatore cercherà di rispondere.
I ragazzi tendono a reagire in base a schemi relazionali precedentemente sperimentati, e a volte fallimentari;
l'educatore dovrà proporre allora altri tipi di comportamento e di reazione.
Da ciò si può dedurre quanto siano importanti sensibilità e intuizione psicologica.
Al momento dell'ammissione il ragazzo non incontra però solo l'educatore, ma si trova ad affrontare la coppia e
l'equipe educativa, ad inserirsi in un gruppo di ragazzi.
Le reazioni delle varie parti causano a volte crisi importanti.
L'educatore deve essere estremamente attento anche a queste interazioni di gruppo, ammorbidendo gli impatti e
facilitando l'accettazione reciproca tra gruppo e nuovo ammesso.
Uno degli obiettivi più importanti della prima fase è quindi creare un primo rapporto positivo e cercare di capire il
ragazzo con i suoi sintomi, mediante l'osservazione e la conseguente elaborazione di ipotesi di intervento.
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Le ipotesi di lavoro andranno poi corrette e modificate con il procedere del lavoro, con l'evoluzione e la migliore
conoscenza del ragazzo, consentendo di fissare i primi obiettivi intermedi.
Ogni piano educativo può essere avviato unicamente se si tiene conto degli aspetti positivi del ragazzo, ed è su questa
base che si può cominciare a costruire.
Parallelamente viene fissato un quadro di norme elementari (come la pulizia personale, l'ordine di camera,
l'educazione a tavola, ecc.), nell'ambito del quale possono essere vissuti nuovi valori e fatte esperienze positive.
L'educatore dovrà tener nota scrupolosamente di queste sue osservazioni, che dovranno essere oggettive ma anche
partecipative, ossia dovranno comprendere - oltre all'osservazione del ragazzo - anche quelle inerenti il suo rapporto
con il ragazzo.
Andranno valutati in modo particolare: la capacità di relazionare e di interiorizzare, il senso di realtà, la capacità di
autocritica, di rinuncia, e di investire un progetto nel tempo, il grado di autonomia o la sua tendenza alla dipendenza,
il vissuto della propria persona e del proprio sesso, la sua scala di valori.
Una simile valutazione è possibile solo se l'educatore non si sarà limitato ad osservare, ma avrà cercato di incontrare la
persona del ragazzo, con un coinvolgimento affettivo, tuttavia sempre razionalmente guidato.
Premesse per poter dare un apporto educativo positivo sono, tra l'altro, la rottura del circolo vizioso di esperienze
negative e di fallimenti, la creazione di nuove norme di comportamento e relativi appoggi, prima di abbandonare gli
atteggiamenti errati.
Si deve proporre un ritmo di vita determinato da una chiara suddivisione tra lavoro, scuola e tempo libero, tra vita
individuale e vita di gruppo e si possono offrire attività stimolanti.
5.2 Stabilizzazione
Nella fase di stabilizzazione, soprattutto all'inizio, è necessario concedere maggiore attenzione alle situazioni
individuali; il ragazzo può non essere ancora in grado di rispondere alle aspettative collettive.
In primo luogo bisogna tendere alla capacità di sviluppo della sua personalità e della sensibilità, all'espansione
spirituale, e ciò in relazione ai vari aspetti della vita quotidiana, mediante colloqui individuali o discussioni in gruppo,
apprendimento di buone abitudini, elaborazione di rapporti, sia positivi che negativi, ampliamento degli orizzonti
culturali, giochi, sport, vacanze trascorse insieme, ecc.
È per esempio importante capire che le modalità di espressione dei ragazzi, che vanno dall'abbigliamento al modo in
cui tengono la camera, con cui si esprimono, sono espressioni della loro situazione attuale, sono fasi dell'evoluzione di
ognuno.
Altrettanto importante è far conoscere e apprezzare al ragazzo le conseguenze positive di atteggiamenti e abitudini
diversi.
È necessario tuttavia ricordare che, durante tutta la permanenza al foyer, il gruppo dei ragazzi e le interazioni tra i
singoli membri, costituiscono un momento importante nel processo evolutivo di ognuno, determinando situazioni e
climi che possono influire positivamente o negativamente sui vari individui (la messa in comune o il confronto tra
problemi individuali simili, modalità di comportamento, mode, ecc.).
L'organizzazione della giornata e le norme di comportamento fissate per la vita in comune, devono comunque
permettere ai ragazzi di rendersi conto anche dei propri sentimenti, desideri e bisogni, e soprattutto di esprimerli.
Educare significa anche esercitare un influsso sul pensiero, il sentimento e il comportamento del ragazzo.
Obblighi, divieti e determinati limiti costituiscono una esigenza del programma educativo, ma ne sentono la necessità
anche i ragazzi stessi.
Questi strumenti vanno tuttavia usati con misura, badando a ottenere un effetto positivo.
L'evoluzione verso l'autonomia può infatti avvenire unicamente attraverso un rapporto personale tra educatore e
ragazzo; in questo modo momenti negativi possono essere corretti e trasformati in esperienze positive.
Il rapporto tra educatori e ragazzi non può essere lasciato al caso: va creato coscientemente e ciò presuppone che
l'educatore sappia quali meccanismi entrano in gioco, e farne uso correttamente.
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Alla sua ammissione, il ragazzo assume un atteggiamento esplorativo, che può sfociare in un rapporto privilegiato con
un educatore o anche aprirsi ad un rapporto di gruppo e ampliare sempre più la rosa delle possibilità.
Nel tentativo di creare un rapporto affettivo con i ragazzi, ci si trova di fronte a reazioni che nascondono il loro vissuto,
che fanno pensare all'impossibilità di avvicinarli: un modo di entrare in contatto con modalità di rifiuto.
L'iniziativa di una modifica del rapporto deve partire quindi dall'educatore; i sentimenti di affetto espressi e
l'accettazione possono esserne la base di partenza.
L'organizzazione del foyer può concedere il tempo sufficiente al ragazzo, perché acquisti la necessaria energia e riesca
ad affrontare questo rapporto.
Non da ultimo va considerato l'aspetto sessuale che, proprio nell'adolescenza, diventa estremamente vivo ed assume
una grande importanza.
È indispensabile infatti che ragazzi e ragazze possano accettare positivamente la propria identità sessuale, per una
corretta collocazione dei ruoli femminili e maschili, in una società in cui gli stessi sono in costante cambiamento e
fluttuazione.
A questo tema deve essere riservata sufficiente attenzione e deve essere ripreso di tanto in tanto, soprattutto, quando
una particolare situazione venutasi a creare al foyer, ne offre lo spunto.
5.3 Collocamento diurno e post-cura
Durante tutta la permanenza dell'adolescente in foyer, ma in particolare nella fase del distacco, devono essere tenuti
presenti gli scopi pratici, in vista di ciò che attende il giovane alla sua dimissione: la capacità di adattarsi all'ambiente in
cui verrà a trovarsi, di assumere responsabilità, di sopportare eventuali difficoltà, di assicurare una precisa continuità
di rendimento nel lavoro; tutti aspetti che saranno stati curati in precedenza, e che andranno perfezionati.
Inoltre, se durante il soggiorno al foyer si è cercato di curare e sviluppare la capacità di crearsi dei rapporti, di legarsi a
persone e cose, nell'ultima fase è necessario che i giovani imparino anche a staccarsi.
Questi non sono processi che si verificano senza crisi ed è indispensabile l'appoggio degli educatori, in particolare della
coppia educativa con la quale il giovane ha maggiormente legato.
Se da una parte quindi, si tende a sciogliere dei legami, è anche necessario che se ne creino altri, fuori dal foyer,
nell'ambiente in cui il giovane andrà a vivere, legami che lo aiuteranno nel passaggio.
Il distacco costituisce comunque un problema, sia per il ragazzo che per l'equipe educativa, ponendo sia l'uno che gli
altri in una situazione di ambivalenza.
Nella maggior parte dei casi, e in particolare per coloro i cui appoggi sono pressoché inesistenti, sarà necessario
prevedere la continuazione del rapporto e la disponibilità della coppia educativa di riferimento, anche dopo la
dimissione.
In accordo con il giovane verrà quindi programmata la post-cura, che potrà variare da un ragazzo all'altro, sia nella
durata che nelle modalità.
È anche possibile prevedere un periodo di collocamento diurno : il ragazzo ha un proprio appartamento ma viene a
mangiare in foyer. Il collocamento diurno permette al ragazzo di sperimentarsi nella sua autonomia prima della fase
della post-cura.
La dimissione dal foyer significa il passaggio ad un nuovo sistema di vita, più autonomo, meno protetto, con
conseguenti rischi e problemi, presenti per qualsiasi giovane che lasci la propria famiglia, ma sicuramente potenziati
per i nostri ospiti, spesso fragili e comunque privi di appoggi.
Bisogna rilevare, a questo proposito, che il distacco del giovane dalla famiglia avviene da qualche anno a questa parte
sempre più tardi; i giovani attorno ai venti anni sono ancora impreparati ad affrontare la vita e cercano più a lungo la
protezione della famiglia. L'esigenza di prolungare la permanenza anche in foyer si fa sentire.
Il giovane va quindi accompagnato nel superamento di questa fase caratterizzata dall'insicurezza e dal sentimento di
abbandono. Egli deve quindi poter contare sull'appoggio di quella che è stata per parecchi anni, la sua comunità di
vita, e in particolare della coppia educativa, che ha assunto taluni ruoli, sostitutivi della famiglia naturale.
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Per tutti questi motivi la coppia educativa resterà, per la maggior parte dei ragazzi, un riferimento importante, che ha
fatto parte di un periodo importante e difficile della loro vita.
L'attività educativa deve poter intervenire in un tempo sufficientemente breve dal momento dell'insorgere delle
difficoltà; si ritiene necessario quindi tendere verso interventi precoci - con un relativo lungo tempo per avviare la fase
educativa -, che consentano di prospettare un'evoluzione positiva del ragazzo ed eventualmente anche del suo nucleo
familiare d'origine.
Il foyer dimetterà il ragazzo, in vista del suo inserimento nella società, quando riterrà il giovane capace di gestire la sua
vita. Solo al momento in cui il ragazzo si confronterà con la realtà esterna, si potrà fare una verifica concreta delle sue
capacità di autonomia.
6. Equipe educativa
Da quanto sin qui esposto emerge l'importanza del ruolo che l'educatore singolo, la coppia educativa e l'equipe
devono assumere e l'esigenza della formazione - psicologo, educatore specializzato, assistente sociale e formazioni
analoghe - mediante la quale si acquisiscono la comprensione delle situazioni e gli strumenti per affrontarle
correttamente.
Alla base di questa attività vi deve essere la volontà di un impegno nei confronti dei ragazzi affidatici, la capacità di
assumere le responsabilità che l'attività richiede, la disponibilità a lavorare in equipe e ad avere tolleranza nei
confronti delle diverse personalità e della diversità di metodo, l'apertura positiva verso gli altri e la trasparenza nello
stile di comunicazione, la capacità di superare conflitti e tensioni in modo costruttivo.
Il singolo educatore, la coppia educativa e l'equipe devono costituire, per il giovane, una possibilità di incontro, di
legame affettivo; devono offrire stimolo, sicurezza e protezione; devono offrirsi come gruppo affiatato e dall'essere
trasparente.
Educare non significa unicamente formare, guidare, modellare, trasmettere cultura, socializzare, ma significa anche
porsi a modello quale figura con cui potersi identificare, nelle varie fasi della evoluzione.
Alla coppia educativa in particolare spetta il non facile compito di rappresentare le figure parentali, di assumerne il
ruolo, con tutti i limiti che la professionalità tuttavia richiede.
Per portare il giovane a un nuovo senso della vita è necessario che egli possa comprendere che anche l'educatore
cerca di dare una risposta ai molti e importanti interrogativi che la vita pone; anche in questo egli diventa un esempio
da imitare.
Non è indispensabile che tutti i componenti dell'equipe condividano gli stessi criteri di vita e gli stessi valori, ma è
indispensabile che possa essere trovato un orientamento comune nell'attività.
L'equipe educativa propone vari modelli, tutti accettabili nella loro diversità e tende così a dimostrare la possibilità di
convivenza di varie persone e mentalità, capaci di superare eventuali conflitti.
Estremamente importante è in ogni modo che vi sia comunicazione reciproca tra i membri dell'equipe, sia in
riferimento al comportamento sia nella scelta degli obiettivi pedagogici e delle modalità per raggiungerli.
È pertanto indispensabile che le osservazioni fatte dal singolo educatore vengano raccolte, almeno semestralmente, in
un rapporto e che l'equipe ne discuta il contenuto in modo approfondito, per evitare che le situazioni sfuggano
improvvisamente di mano, e per correggere, se necessario, gli obiettivi pedagogici.
Importante è inoltre che l'equipe trovi, con gli operatori esterni, le necessarie "alleanze di lavoro" con relativa
suddivisione di ruoli e competenze, e la reciproca comprensione per raggiungere gli scopi che, insieme, avranno
concordato.
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Compito del responsabile è quello di guidare la discussione verso una chiara visione della situazione, coinvolgendo gli
operatori interessati (assistente sociale, insegnante, datore di lavoro, ecc.) e fare in modo che, nel caso in cui il ragazzo
fosse seguito in terapia, vengano tenute in considerazione anche le modalità e le mete previste in quel campo.
La disponibilità, le qualità personali e le conoscenze tecniche dell'educatore sono quindi gli elementi indispensabili,
affinché il foyer costituisca una reale possibilità di aiuto serio e competente ai ragazzi a noi affidati.
7. Supervisione e formazione
Tenuto conto della crescente gravità delle problematiche poste dagli ospiti dei foyer, la supervisione è diventata uno
strumento indispensabile allo svolgimento responsabile dell'attività educativa.
Il supervisore è di aiuto all'equipe nella comprensione del problema posto dal ragazzo, ciò che le permette di
riguadagnare la giusta distanza professionale dalle situazioni complesse, e impostare un intervento educativo corretto.
Se in seno all'equipe dovessero sorgere problemi e divergenze sui metodi di intervento, la supervisione può dare un
valido contributo alla loro soluzione.
È in ogni caso inevitabile che, esaminando la situazione di un giovane, emergano le interazioni interne all'equipe e le
problematiche ad esse legate.
La Fondazione organizza annualmente delle giornate di formazione per tutto il personale delle sue strutture. Il
contenuto della formazione viene deciso secondo le esigenze ed i bisogni espressi dagli educatori.
8. Modalità di ammissione e dimissione
8.1 Ammissione
Riteniamo molto importante la fase di approccio che precede l'accoglimento del ragazzo in foyer :
- per il giovane che si trova a confrontarsi con una
realtà nuova, un ambiente, persone e situazioni nuove;
- per il gruppo già costituito, che deve allargarsi per
accogliere un nuovo ospite, deve determinare una
ristrutturazione anche a livello di relazioni
interpersonali;
- per l'equipe educativa, che deve adattare il suo
intervento alla nuova situazione di gruppo, in modo il
più possibile tempestivo;
- per la coppia educativa che deve prepararsi ad assumere
un nuovo ragazzo.
Altrettanto importanti sono anche le informazioni sul ragazzo e la sua storia, dati che pongono il foyer in grado di
decidere se accogliere il minore oppure no, in base alle componenti:
- psico-sociale
- della personalità
- della potenzialità intellettuale del ragazzo, nonché
della combinazione di questi tre elementi.
Dopo aver elaborato una prima valutazione e con la speranza di una evoluzione positiva, si deciderà sull'ammissione.
All'ente segnalante si chiede quindi, al momento della segnalazione:
- di presentare l'anamnesi personale e familiare del
ragazzo, l'iter scolastico e il grado di apprendimento,
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il rapporto sociale sulla situazione attuale e sui
motivi della richiesta di collocamento;
- di disporre di informazioni chiare sulla situazione
economica della famiglia, presentando una dichiarazione
scritta della persona o dell'ente che assumerà la retta
fissata dall'Ufficio attività sociali;
- di disporre, se ritenuto necessario, di un decreto di
collocamento della Commissione Tutoria o della
Magistratura dei Minorenni.
La Fondazione si riserva di sottoporre il ragazzo ad un esame psicologico.
Se verrà decisa l'ammissione del ragazzo, sarà necessario:
- fissare le modalità di collaborazione tra ente
collocante e foyer, definire ruoli e funzioni di tutti
coloro che sono interessati al caso, differenziando i
compiti;
- definire con che modalità e con che tempi, eventuali
trattamenti terapeutici dovranno avvenire e quelli già
iniziati dovranno continuare;
- fissare le modalità di approccio del ragazzo al foyer,
che possono tuttavia venire diversificate, a seconda
del caso:
a) in genere il ragazzo verrà presentato al foyer, nel corso di un incontro, alla presenza di uno o di ambedue i genitori
e/o dell'ente collocante; ciò consentirà al ragazzo di farsi una prima idea sull'ambiente in cui andrà eventualmente a
vivere;
b) in seguito verrà organizzato un soggiorno al foyer, per un paio di giorni, per una reciproca osservazione, e affinché
l'approccio tra il ragazzo e il foyer avvenga in modo graduale e il più armoniosamente possibile; nel corso di questo
primo soggiorno verranno spiegate al minore le regole di funzionamento, i ruoli della coppia educativa, dell'equipe e
del foyer, le modalità di vita adottata dalla comunità;
c) verrà poi fissata la data di ammissione definitiva, in accordo con l'ente collocante;
- organizzare un incontro con i genitori e/o i detentori
dell'autorità parentale e l'ente segnalante, per
definire il tipo e la frequenza dei rapporti con la
famiglia sia da parte del ragazzo che del foyer;
con l'ente segnalante dovrà essere stabilito che tipo
di intervento e di atteggiamento verrà assunto nei
confronti della famiglia.
Al momento dell'ammissione il ragazzo verrà sottoposto ad una visita del medico di fiducia del foyer.
Verrà inoltre stabilito, all'ammissione, un periodo di prova; durante questo periodo verranno quindi mantenuti stretti
contatti tra i due enti, per una verifica regolare dell'evolvere della situazione.
Durante questo periodo la dimissione potrà avvenire a breve scadenza - e quindi con un preavviso di pochi giorni concordata tuttavia con l'ente segnalante.
Il contratto di ammissione e il piano pedagogico verranno discussi dal responsabile e dalla coppia educativa con l'ente
segnalante, il ragazzo e il detentore dell'autorità parentale; in seguito verranno fissati regolari incontri di sintesi
(almeno uno all'anno), per una verifica sia della situazione del ragazzo che dei motivi per i quali è stato collocato,
nonché della famiglia.
I risultati delle sintesi verranno messi per iscritto e posti nella cartella dei ragazzi.
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Tutte le richieste di collocamento dovranno essere inoltrate, con i documenti necessari, alla direzione dei foyer.
8.2 Dimissione
È necessario ricordare che ogni dimissione, anche la meglio preparata, costituisce un'incognita; non si tratta infatti
unicamente della conclusione di un periodo di vita, bensì dell'inizio di una nuova fase e del conseguente impatto con
una nuova realtà, alla quale il ragazzo dovrà reggere.
Bisogna quindi sottolineare l'importanza di una accurata valutazione della dimissione e delle sue eventuali
conseguenze.
In ogni caso, prima di coinvolgere i ragazzi nei preparativi di una dimissione, dovranno essere sentiti i pareri di tutti gli
interessati e viceversa il foyer e la direzione dovranno essere informati per tempo di eventuali intenzioni di dimissioni
da parte dell'ente segnalante.
Vanno comunque distinte varie modalità di dimissione:
a) Ideale è la situazione in cui tutte le parti interessate, giovane compreso, sono del parere che sia giunto il momento
di iniziare per lui una vita indipendente, seguito per almeno un anno in post-cura, dalla coppia educativa del foyer, con
la eventuale collaborazione dell'assistente sociale, del tutore o altri.
Questo significherà, ad esempio, incontri regolari con la coppia di riferimento, un pasto per settimana consumato al
foyer, la verifica finanziaria, la vigilanza sul rendimento a scuola o sul lavoro, mantenendo anche i rapporti con l'ente
segnalante; queste modalità vanno naturalmente adeguate, caso per caso.
b) Se nel corso del soggiorno presso il foyer dovessero emergere dati nuovi, dovesse verificarsi che la famiglia è in
grado di riprendere il ragazzo e che quest'ultimo è in grado di adeguarsi allo stile di vita proposto dalla famiglia, l'ente
segnalante, con il foyer, dovrà avviare un graduale processo di dimissione, prevedendo in un primo tempo rientri
regolari durante le fine settimana, e in seguito periodi più lunghi di permanenza in famiglia, come le vacanze;
ciò permetterà di valutare l'effetto sia sul ragazzo che sulla famiglia;
se le reazioni fossero positive su un arco di tempo abbastanza lungo, e se la situazione apparisse normalizzata e
stabile, si potrà fissare la data del rientro, tenendo conto possibilmente dell'anno scolastico.
c) Quando il foyer non risulta essere, per il ragazzo collocato, il posto adatto, nel senso che il foyer non essendo in
grado di offrire una terapia, un ambiente chiuso, un'organizzazione limitata ad un solo sesso o altro, non può
rispondere a determinati bisogni;
oppure quando il ragazzo non riesce in alcun modo ad integrarsi nel gruppo, per cui l'ambiente viene caratterizzato da
costanti tensioni, nocive sia per l'uno che per gli altri; allora dovrà essere discussa, tra l'ente segnalante e il foyer,
l'eventualità di un trasferimento in un'altra struttura più adatta alle esigenze del ragazzo, trasferimento che dovrà
avvenire al più presto possibile;
anche questo tipo di dimissione deve essere preparato con cura, e seriamente motivato anche con il ragazzo, affinché
non venga vissuto come una punizione;
è tuttavia possibile che fatti o comportamenti particolarmente gravi, da parte di un ragazzo, riferiti soprattutto alla
messa in pericolo di singoli compagni o anche del clima e dell'organizzazione del foyer, possano determinarne
l'allontanamento repentino;
le modalità di dimissione verranno concordate con l'ente segnalante.
d) Quando la dimissione avviene per volontà del o dei genitori, del tutore, della Commissione Tutoria o dell'ente
segnalante in genere, ma in contrasto con l'opinione dell'equipe educativa, che auspicherebbe invece il
prolungamento del soggiorno al foyer;
in questi casi si tratta solitamente di dimissioni poco preparate, nelle quali il foyer non viene coinvolto o solo
marginalmente; non ci rimane che accettare la volontà dell'autorità, riservandoci il diritto di dissentire dalla decisione,
se del caso anche per iscritto;
è peraltro possibile che, malgrado sia stata fatta una valutazione negativa o siano state espresse riserve, il ragazzo
evolva comunque positivamente.
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9. Impostazione e funzionamento del foyer
9.1 Struttura organizzativa
Il foyer per adolescenti si pone come alternativa alla vita di famiglia per quei ragazzi di ambo i sessi che, per motivi
diversi, devono allontanarsi dal loro ambiente familiare.
Può significare per essi un punto d'appoggio importante, anche se transitorio, in attesa e con la finalità che
acquisiscano la maturità necessaria ad una vita indipendente.
Il foyer si presenta fondamentalmente come una struttura di vita di gruppo tra ragazzi, con la presenza, la gestione e
l'animazione di alcuni adulti.
Ad ogni ragazzo che si inserisce nel foyer si richiede la disponibilità ad accettare le regole della struttura e la realtà del
gruppo che vi trova, con l'impegno ad una graduale integrazione in esso.
Agli adulti presenti al foyer compete la funzione di animare il gruppo, stimolare i singoli ragazzi, rispondere ai loro
bisogni per quanto è necessario e utile, di indirizzarli alle mete educative, comuni e individuali, e di contenere le loro
problematiche.
L'attività educativa viene assunta da tutti gli adulti in modo analogo. Vi è invece una ripartizione funzionale dei compiti
amministrativi. Il responsabile del foyer assume le necessarie funzioni di rappresentanza e di riferimento con l'esterno,
e i compiti di responsabilità nella gestione; inoltre egli imposta e coordina l'attività dell'equipe e delle coppie di
riferimento, sul piano organizzativo e pedagogico, basandosi sul Concetto.
Si possono verificare ulteriori diversificazioni nell'attività educativa, in risposta alle modalità di sviluppo dei rapporti
interpersonali: qualcuno degli adulti potrà così diventare punto di riferimento preferenziale per qualcuno dei ragazzi,
data la solidità e l'intensità del rapporto affettivo che si sarà creato tra di loro.
Per esigenze di orario e per la pluralità delle persone, la presenza degli educatori al foyer risulta frammentata e
parziale. Questa situazione può comportare dei rischi: superficialità di rapporto, possibilità di manipolazioni da parte
dei ragazzi, senso di insicurezza e di precarietà. È responsabilità di ogni educatore curare un soddisfacente equilibrio
tra esigenze di orario, interessi personali, continuità di rapporto e importanza di presenza.
Allo scopo di ridurre i rischi della frammentarietà sono previsti e vengono considerati importanti, taluni momenti di
interazione e di scambio a livello di coppie di riferimento e di equipe.
Nei momenti più importanti della giornata è prevista normalmente la presenza di due persone.
Al momento del cambio di turno tra gli educatori, un certo tempo va dedicato alla trasmissione di consegne, di notizie
utili, di suggerimenti.
Settimanalmente tutti gli educatori si incontrano in una riunione regolare per confronti, scambi, riflessioni,
puntualizzazioni riguardo all'attività educativa svolta da ciascuno.
Allo stesso scopo, quindicinalmente, ha luogo un incontro di supervisione con una persona particolarmente preparata
e comunque esterna al foyer: per l'analisi di situazioni, scambio di esperienze, approfondimento nella ricerca dei
significati, del valore e delle finalità della vita vissuta con i ragazzi. In taluni casi è prevista anche la discussione del
piano pedagogico di un particolare ragazzo.
9.2 Servizi offerti
L'età dei ragazzi accolti e la loro situazione di personalità determinano una vasta gamma di bisogni che essi non
possono ancora soddisfare autonomamente e per i quali il foyer offre i suoi servizi.
Il foyer offre, in comunione, una casa che permette ai ragazzi di soddisfare i bisogni primari: ambienti comuni con
l'offerta di pasti regolari, un servizio di lavanderia e di cura degli abiti, luoghi in cui stare, ritrovarsi, fare delle attività
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con altri; un ambiente privato, in cui ogni ragazzo può vivere la sua vita personale, curare i suoi interessi particolari,
tenere le sue cose.
È soprattutto agli educatori che viene richiesta responsabilità ed efficienza nell'approntare questi servizi: ma è
richiesta una partecipazione ragionata ai ragazzi, come stimolo alla autonomia e come espressione di coinvolgimento.
Nelle persone che compongono le coppie educative di riferimento il foyer offre inoltre tutta un'altra gamma di servizi
a seconda delle situazioni e delle necessità particolari di ogni ragazzo. Le coppie educative:
- si collocano presso i ragazzi come punto di
riferimento, come modelli di una relazione
interpersonale sana, con un coinvolgimento affettivo e
disponibilità alla confidenza, all 'interesse,
ponendo anche dei limiti e termini di confronto;
- offrono un sostegno e lo stimolo all'attività svolta
dai ragazzi: attività scolastica, orientamento al
lavoro, ricerca e mantenimento di un posto di lavoro;
- si pongono come modelli validi di identificazione e
sostengono i ragazzi nel processo di socializzazione,
all'interno del foyer e nei rapporti con l'esterno;
- li aiutano nella varietà di situazioni e di problemi
che possono determinarsi per ciascuno.
9.3 Regole di convivenza
Per la sua struttura e per le finalità educative che il foyer si propone, si ritiene particolarmente importante fissare
alcune richieste che vengono fatte ai ragazzi come condizione per la loro presenza al foyer.
Queste richieste vengono presentate e spiegate con cura al momento in cui ogni ragazzo viene accolto, perché siano
capite, accettate e condivise.
Esistono norme e limitazioni che ogni vita comune richiede, nel senso di regolare l'iniziativa personale e definire
meglio i confini tra i propri e gli altri diritti.
I pasti sono presi in comune, in orario concordato: questo perché il momento della tavola diventi una occasione di
incontro e di scambio.
A mezzogiorno il pasto è preparato dagli educatori, dato che i ragazzi, nella mattinata, sono impegnati in attività di
scuola o di lavoro.
Per il pasto serale viene richiesta la collaborazione dei ragazzi, secondo modalità stabilite internamente.
Questa partecipazione ha il significato di un avvio all'apprendimento del cucinare e delle attività domestiche,
affrontando gradualmente le difficoltà che questo comporta.
È inoltre un'occasione per far si che ogni ragazzo si trovi ad assumere una responsabilità nei confronti degli altri e a
fare qualcosa per tutti.
Si richiede ad ognuno cura e rispetto degli ambienti e delle cose, quelle utilizzate in comune e quelle della propria
camera. Occorre spesso richiamare ed insistere a questo riguardo, confrontando atteggiamenti di trascuratezza e di
distruttività, che si possono verificare abbastanza facilmente nei ragazzi, fino ad arrivare all'imposizione di rimborso
nel caso di danni provocati in modo non accidentale.
Ognuno ha il compito di tenere la pulizia della propria camera, e di conservare un ordine accettabile, pur con la libertà
di sistemare mobili e cose come gli è più gradito di fare.
Durante il fine settimana, è richiesta ad ogni ragazzo una partecipazione alla pulizia dei locali comuni e della propria
camera.
Quanto alle uscite soprattutto quelle serali, verranno concordate con gli educatori, tenuto conto dell'età e della
situazione del ragazzo e della sua capacità di gestire tempo e libertà. Eventuali limitazioni saranno poste soprattutto
nel senso di garantire le ore necessarie di riposo, per affrontare in modo tranquillo gli impegni del giorno successivo.
Per il rispetto della comunità non si possono accettare attività rumorose (musica, voce alta, giochi chiassosi) nei
momenti considerati di riposo per gli altri.
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Ad ogni ragazzo si richiede una seria applicazione all'attività di formazione cui si dedica: la scuola, durante l'età
dell'obbligo scolastico; scuola e lavoro nel periodo dell'apprendistato.
È compito degli educatori interessarsi, stimolare, aiutare concretamente ogni ragazzo a realizzare una soddisfacente
applicazione alla sua attività specifica.
Per quanto riguarda il lavoro, essendo possibile e non raro il caso di licenziamento o di dimissione dal posto di lavoro
(come sintomo specifico dell'età e dei problemi particolari dei ragazzi), sarà importante sottolineare, soprattutto al
momento in cui viene accolto un ragazzo, che la disoccupazione non è considerata una situazione normale, ed è quindi
tollerata solo per un periodo molto limitato; questo potrà variare a dipendenza della situazione individuale.
La si potrà accettare per un ragionevole periodo, in attesa di un nuovo posto di lavoro, con un serio impegno
comunque di ricerca e di preparazione ad una nuova attività.
In questo periodo si potrà richiedere una maggiore partecipazione alle attività domestiche o altre prestazioni
particolari.
9.4 Vita di gruppo
La vita di gruppo è uno degli strumenti più importanti di intervento e viene considerata con particolare attenzione e
cura, perché può risultare molto influente, per il buon andamento del foyer e per il benessere dei singoli ragazzi:
nell'offrire loro un senso di appartenenza, un appoggio affettivo e di amicizia, un motivo di impatto con la realtà
dell'"altro", uno stimolo alla crescita e alla maturazione mediante l'esempio e il confronto con gli altri.
Va tenuto presente che si tratta di una vita di gruppo piuttosto atipica, per alcuni fattori: il gruppo non è scelto, ma
risulta praticamente imposto; è un gruppo soggetto a mutazioni talvolta frequenti; in un contesto comunque di
provvisorietà per tutti; con la presenza simultanea di persone differenti - preadolescenti, adolescenti, postadolescenti,
adulti, di ambo i sessi - con quanto ciò comporta nell'ambito dell'apprendimento della relazione eterosessuale; è un
gruppo che non si propone un obiettivo specifico o un particolare interesse, è un gruppo di vita.
Da qui l'importanza di una attenta valutazione delle ammissioni e dimissioni.
Questa vita di gruppo si realizza in momenti diversi e diversamente impostati. Si possono distinguere:
- momenti organizzati:
. il pasto: in cui si richiede la presenza di tutti, come possibilità di interrelazione e di scambio; possono risultare molto
indicativi nel rilevare il tono di gruppo e il grado di benessere e di salute di ciascuno;
. la riunione settimanale che può essere il momento di scarico di tensioni, di lamentele, di cose rimaste in sospeso;
l'occasione per puntualizzare l'andamento del foyer (economico, morale..), per richiamare gli impegni comuni; lo
spunto per discutere di qualche situazione di vita, di qualche problema che può riguardare tutti o qualcuno in
particolare; il momento per programmare iniziative diverse, presentare richieste e desideri, proposte di cambiamenti;
è l'occasione per preparare e annunciare novità, cambiamenti, arrivi, partenze;
- momenti informali:
in cui la dinamica consiste nel raccogliere e nel sostenere proposte, e desideri per iniziative di attività in comune: una
serata particolare di divertimento, una gita, una festa, una attività sportiva, ecc.
talvolta il desiderio o la proposta di uno dei ragazzi possono essere condivisi e vissuti da altri e permettere così uno
scambio più vivace, in un momento costruttivo per la vita di gruppo;
- momenti occasionali:
sono soprattutto i momenti di vacanza: quelle d'inverno e quelle più lunghe d'estate:
risultano di solito molto determinanti ed intensi nel creare il senso di vita di gruppo, per la particolare situazione in cui
questi momenti sono vissuti;
in un luogo sconosciuto e nuovo, dove i punti di appoggio abituali per le relazioni e per agire, gli interessi personali
non ci sono più, ci si può aprire molto di più alle relazioni con chi è a fianco, accettando più facilmente lo scambio e la
compartecipazione nelle attività; questo non esclude in taluni casi, possibilità di accentuazione delle difficoltà;
il carattere gioioso e di vacanza di questi periodi può servire da condizionamento positivo alla vita che si conduce
insieme determinata dalle circostanze.
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Col crescere dell'età potrà presentarsi il desiderio e la possibilità di vacanze indipendenti: esigenza da rispettare, che
andrà valutata e discussa individualmente.
È importante prestare attenzione al principio della differenziazione degli interventi a seconda dell'età dei ragazzi, che
dovrebbe regolare in modo equilibrato l'organizzazione della vita di gruppo.
È più facile e più importante accentuare l'attività di organizzazione della vita di gruppo quando i ragazzi sono ancora
in giovane età: essi non hanno ancora mezzi per dedicarsi ad attività ed interessi alternativi e sono perciò più limitati
nel proporli e nel viverli.
Col crescere dell'età, gli interessi possono variare molto di più, si allarga l'ambito delle possibilità (mezzi economici,
amicizie, conoscenze); può diventare difficile riuscire ad ottenere l'approvazione di tutto il gruppo per iniziative
organizzate.
È l'età stessa dell'adolescenza che può indurre alcuni ragazzi a rifiuti di principio: si accetta e si cerca il gruppo, ma si
rifiuta quello organizzato, imposto dalle circostanze.
Occorrono allora motivazioni forti e condivise per accettare e partecipare.
9.5 Tempo libero
I ragazzi, nel momento in cui sono a scuola o al lavoro, sono confrontati con un contesto molto strutturato e
necessariamente rigido e organizzato.
Anche al foyer i ragazzi trovano momenti strutturati: ma è importante che vi sia uno spazio conveniente di vero tempo
libero.
La méta educativa dell'autonomia dei giovani suggerisce un orientamento particolare per quanto riguarda la
considerazione e l'intervento eventuale sul tempo libero.
Una soddisfacente strutturazione del proprio tempo libero è uno dei problemi con cui è confrontata ogni persona, e
che non è così semplice e facile da risolvere.
È importante che i ragazzi affrontino questo problema e possano avviarsi ad una gestione gradevole e sana del loro
tempo.
L'intervento educativo auspicabile, a questo riguardo, si riferisce ad un non facile equilibrio tra le necessità di
organizzazione, il rispetto per l'autonomia, e la gestione della spontaneità dei ragazzi e degli educatori.
Gli estremi da evitare sono: da una parte, la presa in carico della gestione di questo tempo in un modo
deresponsabilizzante per essi; e da un'altra parte, la non-proposta di suggerimenti e di iniziative interessanti anche in
situazioni di noia e di fastidio.
Facciamo conto, comunque, che in particolari momenti, ed entro certi limiti, il confronto con la noia, l'incertezza, il
disinteresse, la mancanza di prospettive interessanti può essere uno stimolo ad affrontare con responsabilità e
creatività il problema.
Quando ci si decide per un intervento di organizzazione, questo dovrà avere finalità educative molto valide.
Se l'atteggiamento educativo va invece nel senso di rispettare l'autonomia, questo potrà comunque comportare
interventi come:
- l'espressione di accettazione e di rispetto delle
iniziative personali, con eventualmente incoraggiamento
se occorre;
- l'espressione prudente del proprio interesse, con la
richiesta di informazioni -che non faccia pesare più di
tanto la funzione di controllo, che comunque va
esercitata-, per la responsabilità che gli educatori
hanno dei ragazzi collocati in foyer;
- la puntualizzazione eventuale di quanto non può essere
accettato, perché contrario alle norme del convivere
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sociale o lesivo nei confronti del ragazzo stesso o
degli altri;
- l'invito a una limitazione, nel caso in cui attività
esterne troppo esclusive, portino all'estraneamento del
ragazzo dalla vita del foyer.
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