Corso ECONOMIA, FINANZA e POLITICHE FISCALI 1° Modulo PROGRAMMA FORMATIVO 28 – 30 Settembre 2010 Centro Studi Nazionale Cisl Firenze Le scuole del pensiero economico. Dagli economisti classici alle moderne teorie della crescita. © prof. Bruno Soro Facoltà di Giurisprudenza - Università degli Studi di Genova Per iniziare … “… presto o tardi sono le idee, non gli interessi costituiti, che sono pericolose sia in bene che in male.” John Maynard Keynes Premessa: non eccedere nella semplificazione Non pretendere l’impossibile Mi scuserete quindi se, per dirla con le parole di Keynes, Non sono uno storico del pensiero economico. Insegno Politica economica, la disciplina che studia l’opportunità e il merito dell’intervento pubblico nel sistema economico, e sono un cultore dell’Economia della crescita e dello sviluppo economico. So poco di Economia finanziaria, di Banche e Casinò, mi interesso maggiormente del comportamento dei sistemi economici reali. La scelta di esporre l’evoluzione delle idee degli economisti a partire dai problemi che essi si ripromettevano di affrontare risente di questi limiti. “Dirò troppo per l’inesperto, troppo poco per l’esperto. Benché nessuno ci creda, infatti, l’economia è materia tecnica e difficile. Sta perfino diventando una scienza.” John Maynard Keynes, La Grande Depressione del 1930, in Esortazioni e profezie, Garzanti, Milano 1968 Cultura e linguaggio La cultura esiste anche negli animali, ma nell’uomo è sviluppata in un grado estremamente elevato, grazie al linguaggio.” L.L. Cavalli Sforza, L’evoluzione della cultura, Codice edizioni, Torino 2004 Gli economisti, al pari dei cultori di altre discipline, hanno elaborato un proprio linguaggio fatto di concetti e di relazioni tra gli stessi. Semplificando moIto possiamo distinguere due diverse forme di linguaggio: il linguaggio di «comunicazione». e il linguaggio di «elaborazione». Elaborare una teoria significa ordinare i fatti in base ad uno schema logico a partire da una certa visione del mondo e da un certo numero di ipotesi. Strumento di base della «cultura umanistica», questa forma di linguaggio consente di formulare e registrare informazioni (fatti, opinioni, idee), nonché di scambiarle con altri soggetti. La divulgazione e la«cultura didattica Strumento di base della scientifica», sono tentativi di tradurre un di simboli e di questa forma di linguaggio fa uso regole di manipolazione logica ein consente di linguaggio di elaborazione rendere manifesta una conclusione quello di comunicazione, allo (verificabile) a partire da certi assunti. scopo di favorire e agevolare l’accettazione del linguaggio scientifico da parte diun chimodello significa Costruire ancora non lo possiede. [C. formalizzare una teoria Bernardini, 2007] utilizzando il linguaggio di elaborazione. Spazio e tempo La nostra mente percepisce con maggiore facilità la dimensione spaziale rispetto a quella temporale, perché ci sembra di riuscire a dominarla meglio. Domanda: quanto dista Firenze da Roma? Esempio: la rotondità della «Spazio» e «tempo» sono importanti nella terra. valutazione degli eventi: noi percepiamo una dimensione alla volta (tenendo ferma l’altra) e riusciamo a cogliere certi fenomeni solo se ci poniamo dal punto di vista di un osservatore che sta ad una certa distanza e si allontana man mano da essi. Mentre ci si allontana la terra gira e ci sfugge la dimensione temporale! L’evoluzione culturale Spazio Evoluzione culturale Quando prendiamo in considerazione un evento, la condizione iniziale esprime, in qualsiasi istante nel tempo, l’inventario delle circostanze concomitanti l’evento stesso. Quando si elabora una teoria si isolano gli effetti che si ritengono rilevanti tra quelli che concorrono a determinare l’evento. Tempo Fonte: M. Piattelli Palmarini, I linguaggi della scienza, Mondadori, Milano, 2003 La scala temporale … ma i Ore decimi di secondo l’unità di misura rilevante per la formula uno! Decenni e egiorni secoli sono sono lesono le unità unità di misura misura prevalenti inper Meteorologia latemporale Climatologia Poniamo che di l’anno sia prevalenti l’unità di misura 315.360.000 31.536.000 525.600 8.760 365 12 4 1 100 1.000 Decimi di secondo Secondi Minuti Ore Giorno Mese Trimestre Anno Secolo Millennio Climatologia Attività sportive Analogamente, quando muta la scala Meteorologia temporale di riferimento cambia la branca dell’Economia che si occupa di studiare i vari fenomeni! Economia dei mercati finanziari Microeconomia Macroeconomia Teorie della crescita economica Teorie dello sviluppo economico Minuti e ore sono le unità di misura prevalenti sui mercati finanziari Decenni e i secoli sono le unità di misura prevalenti per le Teorie dello sviluppo economico Anni e decenni sono le unità di misura prevalenti nelle Teorie della crescita Giorni, mesi e anni sono le unità di misura prevalenti per la Micro e la Macroeconomia Che cosa abbiamo imparato • • • • L’importanza del linguaggio Che cos’è una teoria e che cos’è un modello Che nell’elaborazione di una teoria non si può cogliere tutta la realtà Che vi sono molte teorie in relazione alla scala temporale utilizzata Come ci ricorda ancora il genetista L.L. Cavalli Sforza in “L’evoluzione della cultura”, “… non si può mai dire se una teoria è vera, ma si può solo dimostrare se è falsa – fino a quel momento non diciamo che una teoria è vera, ma utile.” Di cosa parleremo Alle origini del pensiero economico: dai Classici a Keynes Da Keynes alle moderne teorie della crescita Ambientiamoci nel tempo 12000,00 2010 = 6,7 md 2050 = 11 md 2000 = 6 md 10000,00 1974 = 4 md Gli storici ci rammentano che qualcosa di simile è già accaduto circa 10-11 mila anni fa all’epoca della Rivoluzione Agricola. Secondo Carlo Maria Cipolla 1902 =(1922-2000) 2 md l’evoluzione demografica è legata alla capacità dell’uomo di controllare l’uso delle fonti di energia: con la Rivoluzione Industriale l’uomo ha sostituito l’energia fornita dal cavallo con quella del 1804 = 1 md cavallo a vapore! 8000,00 6000,00 4000,00 1750: ha inizio la Rivoluzione Industriale 2000,00 0,00 0 100 200 300 400 500 600 700 800 900 1000 1100 1200 1300 1400 1500 1600 1700 1800 1900 2000 2100 2200 Fonte: M. Livi Bacci, Banca mondiale Dai Classici a Keynes L’economia classica (dal 1750 al 1850 circa) Nasce come tentativo di comprendere le modificazioni economiche e sociali indotte dalla Rivoluzione Industriale. Ne sono principali interpreti A. Smith (1723-1790), D. Ricardo (1772-1823), R. Malthus (1766-1834), J.B. Say (1767-1832), J.S. Mill (1806-1873), K. Marx (1818-1883), J.Schumpeter (1933-1959). La rivoluzione «marginalista» (dal 1850 circa al 1936) Introduce nelle discipline economiche il paradigma della fisica e del calcolo marginale. Pone l’accento sul momento dello scambio ed è alla base della moderna «Microeconomia». Ne sono principali interpreti: L. Walras (1834-1910), V. Pareto (1848-1923), A. Marshall (1842-1924) La teoria quantitativa della moneta (dal 1911 circa al 1930 circa) Pone l’accento sul ruolo della moneta e i suoi riflessi che questa ha sull’inflazione. Ne sono principali interpreti: I. Fischer (1867-1947) e K. Wicksell (1851-1926) Il monetarismo e la Nuova macroeconomia classica (dal 1970 ) Questa scuola di pensiero nega ogni forma di intervento da parte dello stato Dalla rivoluzione marginalista nasce l’economia cosiddetta neoclassica. Essa non prevede le crisi: il sistema economico possiede meccanismi spontanei di aggiustamento che lo conducono verso la piena occupazione. Ne sono principali interpreti: M. Friedman (1912-2006) e la Scuola di Chicago La rivoluzione keynesiana (dal 1936 al 1970 circa) Pone l’accento sul momento della produzione anziché su quello dello scambio Ne sono principali interpreti: J.M. Keynes (1883-1946), R. Harrod (1900–1978 ), N. Kaldor (1905-1986) Nell’economia keynesiana le crisi sono endemiche al sistema economico: poiché la domanda effettiva è inferiore alla capacità produttiva si genera disoccupazione involontaria, per contrastare la quale occorrono misure di politica economica. Questo approccio è alla base della moderna «Macroeconomia» La nascita dell’Economia della crescita e dell’Economia dello sviluppo L’Economia della crescita trae la sua origine dal tentativo di Sir Roy Harrod di trasporre dinamicamente la Teoria Generale di Keynes (1936). L’Economia dello sviluppo nasce invece come disciplina autonoma alla fine del secondo conflitto mondiale. L’Economia «keynesiana» ha innovato il linguaggio e gli strumenti della moderna macroeconomia. Le istituzioni internazionali come la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale sono nate con gli «Accordi di Bretton Woods» del 1944, accordi dei quali John Maynard Keynes è stato uno dei principali artefici. Il concetto di «crescita economica» nasce con i modelli elaborati da Harrod e Domar, due economisti keynesiani considerati i fondatori delle moderne teorie della crescita. La sensibilità per i problemi dello «sviluppo economico», e con essa l’Economia dello sviluppo, trova invece spazio nei primi studi delle organizzazioni internazionali (BM, FMI) nell’immediato secondo dopoguerra. Da quegli studi sono emerse le profonde disparità economiche e sociali seguite al crollo degli Imperi. Fonte: F. Volpi, Lezioni di economia dello sviluppo, Angeli, Milano 2003 Sette Premi Nobel per la crescita e lo sviluppo economico 1969, IAN TINBERGEN (1903-1994) e RAGNAR FRISH (1895-1973): “Per aver sviluppato e applicato modelli dinamici nell’analisi del processo economico”. 1971, SIMON KUZNETS (1901-1985): “Per la sua analisi empirica della crescita economica statica e dinamica e per i suoi contributi ad accrescere il livello dell’analisi nella scienza economica”. 1974, GUNNAR MYRDALL (1898-1987) e FRIEDRICH Von HAYEK (1899-1992): “Per i loro lavori riguardanti la teoria della moneta e per le fluttuazioni economiche e per le loro analisi delle interdipendenze di fenomeni economici, sociali e istituzionali”. 1979, Sir WILLIAM LEWIS (1915-1991) e THEDORE SCHULTZ (1902-1998): “Per le loro ricerche sullo sviluppo economico ai problemi dei paesi in via di sviluppo”. 1987, ROBERT SOLOW (1924): “Per i suoi contributi alla teoria della crescita economica”. 1993, ROBERT FOGEL (1926) e DOUGLAS NORTH (1920): “Per aver innovato la ricerca nella storia economica applicandovi teoria economica e metodi quantitativi al fine di spiegare i cambiamenti economici ed istituzionali”. 1998, AMARTYA SEN (1933): “Per i suoi contributi all’economia del benessere”. Fonte: http://nobelprize.org/nobel_prizes/economics/laureates/ «Crescita» e «sviluppo» non sono sinonimi La crescita attiene agli aspetti quantitativi del sistema economico. In termini assoluti, è misurata dall’incremento del PIL da un periodo all’altro, in termini relativi dal tasso percentuale di crescita del PIL Le teorie della crescita cercano di spiegare le differenze esistenti tra i tassi di crescita del PIL pro capite. Tali differenze sono all’origine degli avvicendamenti all’interno delle graduatorie In valore assoluto il PIL indica la potenza economica di una economia. I confronti tra paesi sono però viziati da un errore di dimensione, per ovviare il quale occorre fare riferimento ad una misura di densità. L’indicatore utilizzato nei confronti internazionali è il PIL (o reddito) pro capite. Esso indica la capacità di spesa media di un abitante del sistema economico considerato. Il PIL pro capite fornisce la posizione dei singoli paesi all’interno delle graduatorie, ma le posizioni mutano in relazione alle differenze tra i tassi di crescita del PIL pro capite Lo sviluppo economico non è riconducibile alla sola dimensione quantitativa. In termini generali, esso consiste nel contestuale ampliamento delle opportunità offerte agli abitanti di un sistema economico e delle libertà di cui essi godono nella scelta dell’opportunità che preferiscono. I grandi temi dello sviluppo economico sono: •l’evoluzione demografica •la lotta alla povertà estrema •lo «sviluppo sostenibile» e gli effetti dell’antropizzazione L’Economia dello sviluppo studia le modificazioni che si accompagnano alla crescita e gli effetti che queste inducono sull’evoluzione demografica e sugli aspetti sociali ad essa collegati. L’importanza dei dati L’Economia dello sviluppo e l’Economia della crescita sono due discipline eminentemente empiriche e per poter fare dei confronti internazionali occorrono dati omogenei. Agli inizi degli anni Sessanta, prima A. Maddison (nel 1960) e poi due economisti inglesi, Beckerman (nel 1962) e lo stesso Kaldor (nel 1964), hanno effettuato i primi confronti internazionali limitati però ad una decina di paesi industrializzati. I primi studi comparativi tra i sei paesi che avrebbero dato vita alla Comunità Economica Europea sono stati effettuati nel 1948, per conto della Commissione Economica per l’Europa con sede a Ginevra, da un gruppo di 25 tra economisti e statistici coordinato da Nicholas Kaldor. •Il primo set di dati esteso a 132 paesi è stato messo a disposizione degli studiosi dalla Banca Mondiale solo nel 1976. •Il primo set di dati omogenei utili per effettuare comparazioni (ancorché limitatamente a soli 60 paesi e la cui costruzione ha impegnato un’equipe di ricercatori per ben15 anni di lavoro), è stato ultimato nel 1980. I primi studi sulla povertà estrema, condotti sotto l’egida della Banca Mondiale e del FMI e che hanno innovato alcuni importanti indicatori, tra cui l’Indice di Sviluppo Umano, risalgono alla prima metà degli anni ’90. Le prime verifiche empiriche su questo set di dati (progressivamente esteso a 120 paesi) sono state effettuate nella seconda metà degli anni ’80 – primi anni ’90 e hanno dato origine alle moderne teorie della crescita cosiddetta endogena. Ricchi e poveri WDI-2009 P 2008 % su millions World p annual GDP % su GNIPC % su billions World cur. US$ USA 100,0 8613 18,1 0,9 524 1,1 cur. US$ World 6692,0 100,0 1,2 60.587 972,8 14,5 2,1 569 Middle income (> di 825, ma < 10066$) 4650,7 69,5 1,1 Lower middle income (< di 3255 $) Upper middle income(> di 3255 $) Low & middle income (> 825, ma < 10066$) 3702,2 948,5 5623,5 55,3 14,2 84,0 1,2 0,8 1,3 East Asia & Pacific Europe & Central Asia Latin America & Caribbean Middle East & North Africa South Asia Sub-Saharan Africa High income (> di 10066$_in 2005) 1931,2 441,3 565,3 324,8 1542,9 818,0 1068,5 28,9 6,6 8,4 4,9 23,1 12,2 16,0 0,8 0,3 1,1 1,8 1,5 2,5 0,7 304,1 4,5 0,9 326 4,9 0,5 Low income (< di 825$_in 2005) USA Europen Monetary Union Fonte: World Development Indicators, 2009 16.827 27,8 16827 35,4 Poco di un miliardo (il 14,5%) nei Lameno popolazione dei paesi poveri vive cresce paesi a8.377 reddito basso un reddito a un tasso delcon 2,1% … 13,8 2078 4,4 inferiore alla soglia di povertà (2 $ al giorno) 8.445 17.408 13,9 28,7 7878 2789 16,6 5,9 5658,3 9,3 2631 5,5 1531,5 987,1 43.190 2,5 1,6 71,3 986 1082 39345 2,1 2,3 82,7 L’84% della popolazione mondiale vive nei 3860,6 6,4 7418 15,6 paesi a reddito medio-basso con meno di 8 $ al giorno4247,1 e produce7,0 meno di un6780 terzo della 14,2 produzione complessiva 1117,2 1,8 3242 6,8 … mentre quella dei paesi ricchi Poco più 14.204 di un miliardo 16%) vive nei paesi 23,4(il 47580 100,0 al tasso dello 0,7% a reddito alto, con più di 100 $ al giorno e produce più dei due terzi della produzione81,6 13565,5 22,4 38821 complessiva Che cosa abbiamo imparato • Che la scienza economica moderna nasce con lo sviluppo industriale • Che gli economisti Classici hanno approfondito le regole di funzionamento del sistema capitalistico • Che gli economisti neoclassici hanno approfondito il meccanismo dello scambio, dei mercati e della formazione dei prezzi a partire dalle scelte individuali • Che l’economia keynesiana ha indagato il funzionamento del sistema economico nel suo insieme a partire dall’ottica della produzione anziché da quella dello scambio. • Che la crescita è solo una delle dimensioni dello sviluppo economico e che lo studio di questi fenomeni è alquanto recente • Che la distribuzione delle risorse e delle ricchezze a livello mondiale è caratterizzata da forte iniquità ed enormi disuguaglianze. In ogni filone di pensiero vi sono aspetti utili alla comprensione di quella parte della realtà che è stata scelta quale oggetto di indagine. Il rifiuto aprioristico e ideologico di un filone di pensiero è un atteggiamento antiscientifico. Di cosa parleremo Alle origini del pensiero economico: dai Classici a Keynes Da Keynes alle moderne teorie della crescita I tre filoni principali delle teorie della crescita economica L’approccio formale R. Solow e la teoria della crescita esogena (1970) R. Lucas e la teoria della crescita endogena (primi anni ‘90) L’approccio valutativo Gli approcci eterodossi A. Maddison e la contabilità della crescita R. Nelson – S. Winter e la teoria evoluzionistica M. Abramovitz e la teoria del catching up N. Kaldor – A.P. Thirlwall e il vincolo dei conti con l’estero D. North e il ruolo delle istituzioni N. Georgescu-Roegen e la bioeconomia S. Latouche e la teoria della decrescita Il ruolo del progresso tecnico Volendo individuare un aspetto comune a tutte le teorie della crescita si può fare riferimento al ruolo del progresso tecnico. Il progresso tecnico consiste nel flusso delle innovazioni che alimenta lo stato delle conoscenze tecnologiche. Già nel 1930 John Maynard Keynes aveva evidenziato i rischi della disoccupazione tecnologica: “I paesi che non sono all’avanguardia deloppure progresso Le innovazioni possono derivare da scoperte da invenzioni e possono riguardare (tecnologico) ne risentono in maniera relativa. Noi, invece, sia i processi produttivi che l’introduzione di nuovi prodotti. siamo colpiti da una nuova malattia di cui alcuni lettori possono In genere, le innovazioni di processo sono risparmiatrici di lavoro e vengono introdotte non conoscere ancora il nome, ma di cui sentiranno molto nella produzione attraverso l’acquisizione nuovi macchinari (gli investimenti reali). parlare nei prossimi anni: vale a dire ladi disoccupazione tecnologica. Il che significa che la disoccupazione dovuta alla scoperta di strumenti economizzatori di manodopera procede con un ritmo più rapido di quello con cui riusciamo a trovare impieghi per il laprogresso stessa manodopera.” Secondo nuovi J. Schumpeter tecnico non è un flusso continuo ma procede ad ondate successive. Esso agisce quale forza al tempo stesso creatrice J. Maynard Keynes, e distruttrice delle imprese. Prospettive economiche per i nostri nipoti (1930), in Esortazioni e profezie, Garzanti, Milano 1968 Il progresso tecnico può non dipendere oppure dipendere dall’attività produttiva. In quest’ultimo caso, affinché le innovazioni non provochino disoccupazione tecnologica occorre che la produzione cresca ad un certo tasso minimo. Di crisi in crisi Abbiamo visto che, a differenza dell’impostazione neoclassica, sia gli economisti classici che la macroeconomia keynesiana ipotizzano che le crisi economiche, non importa se di dimensione locale oppure globale, siano endemiche al sistema capitalistico. Tra la prima e la seconda guerra mondiale si Le crisi economiche sono sonoverificate, riconducibili a due diverse finanziarie e reali. a livello mondiale, otto tipologie: crisi, tra cui la Grande Crisi degli anni ’30. Tra il 1944 e il 1971 vi dal sonovenir state meno sei crisi e tra fiducia il 1974 esulla il 2008 Le prime traggono origine della capacità del debitore di onorare i sedici. propri debiti. Le seconde sono originate da una carenza di domanda effettiva, o dalla scarsità di materie prime, oppure da tensioni sui mercati delle fonti energetiche. Poiché il sistema economico è fortemente interconnesso, le crisi finanziarie si trasmettono all’economia reale e viceversa. Secondo la teoria macroeconomica keynesiana il meccanismo di trasmissione dalle crisi finanziarie all’economia reale passa attraverso l’effetto che la distruzione di ricchezza finanziaria ha sui consumi e la contrazione dei consumi sugli investimenti delle imprese: un meccanismo che autoalimentandosi provoca la recessione. Le politiche keynesiane Secondo la teoria macroeconomica keynesiana è possibile fronteggiare le crisi con opportune misure di politica monetaria e di politica fiscale. La politica monetaria consiste nel controllo della quantità di moneta in circolazione, da parte delle Banche Centrali (la FED, la BCE) allo scopo di contrastare la crisi di liquidità delle istituzioni creditizie. Sono fautori di questa impostazione interventista i Premi Nobel Joseph Stiglitz e Paul Krugman. In sostanza, per entrambi, le efficaci. Ma è proprio vero? La politica fiscale, consiste invece nella gestione del bilancio dello stato. L’operatore pubblico può attuare misure compensative della domanda aggregata allo scopo di contrastare la riduzione dei consumi delle famiglie ed avviare nuovi investimenti reali in infrastrutture. Ma gli interventi in deficit fanno aumentare il debito pubblico. Krugman sostiene invece che per arrestare l’aumento della disoccupazione l’economia Secondo Stiglitz la crisi ci ha insegnato che: debba crescere ad un tasso 2,5% E per raggiungere quell’obiettivo occorre che la ■ il mercato non si corregge da sé tradizionali misure di Politica economica sarebbero FED: ■ i mercati falliscono ■ le politiche keynesiane funzionano 1. acquisti titoli del debito privato a lunga ■ la politica monetaria non deve limitarsi alla lotta scadenza; all’inflazione 2. annunci l’intenzione di mantenere “bassi i ■ le innovazioni finanziarie hanno un costo sociale tassi d’interesse sul breve periodo”; 3. innalzi “l’obiettivo di inflazione di medio termine”. I limiti delle politiche keynesiane • • • • John Maynard Keynes ha elaborato le sue teorie tra il 1930 e il 1936. La diffusione delle sue teorie, specie negli Stati Uniti è avvenuta dopo la fine della Seconda Guerra mondiale. Molti di coloro che sostengono l’efficacia delle teorie keynesiane guardano con nostalgia agli anni ’50 e ’60 del Novecento. Ma quale è stato il contesto (irripetibile) in cui tali politiche hanno avuto successo? Il contesto internazionale contestopiù: interno Oggi le condizioni che hanno favorito l’età dell’oro dello sviluppo economico nonIl esistono • l’economia mondiale è fortemente interconnessa (globalizzata); • gli Usa stanno perdendo la leadership di potenza economica mondiale a favore di Cina e India; • l’Europa ha difficoltà trovaredalla un suo ruolo politico, oltre che economico, e la sua l’apparato produttivoadistrutto guerra; • In ciascun paese vi era una domanda sostenuta per i popolazione è fortemente in declino; • Gli Accordi di Bretton Woods sono venuti meno • • Tutti i paesi occidentali avevano esigenza di ricostruire consumi interni, che a sua volta induceva domanda di nell’agosto del 1971; e anche Continente Africano si sta muovendo … investimenti produttivi; • gli effetti del Piano Marshall si sono esauriti; • Le imprese manifestavano una elevata propensione al • gli USA vivevano una fase non isolazionistica; reinvestimento dei profitti; • i paesi europei vivevano una intensa fase di • In ogni paese vi era un elevato clima di coesione sociale e collaborazione che ha visto la nascita prima della CEE, poi di attaccamento al lavoro; … e la competenza in materia di politica fiscale è dello SME e infine dell’Unione Europea; • In ogni paese, infine, l’esistenza di un sistema di valori rimasta agli stati nazionali, ma è soggetta a E inoltre, nel dell’Unione • contesto Le economie occidentali sperimentavano un clima condivisi poneva un freno agli egoismi individuali in favore stringenti e vincolanti limitazioni: improntato all’ottimismo, in cui aspettative economiche a europeadell’interesse la politica collettivo. monetaria è di lungo termine erano favorevoli. competenza della BCE alla quale è 1) il rapporto del deficit sul PIL non deve superare il stato assegnato il compito prioritario di controllare l’inflazione … 3%; 2) il rapporto del debito sul PIL non deve superare il 60%. E noi? La crescita dell'economia italiana 1970-2009 8 Media dell’intero periodo La tendenza dell’intero periodo 2,07% Media 71-80 3,8% Media 81-90 2,4% 6 Media 91-00 1,6% 4 Media 01-09 0,6% 2 0 1970 -2 -4 1973 1976 1979 1982 La crisi del 1974-75 1985 1988 1991 1994 1997 2000 2003 La crisi del 1992-93 -6 Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT La crisi attuale 2006 2009 Possiamo tornare a crescere? Abbiamo visto i vari approcci suggeriti dalle teorie della crescita. Essi sono riconducibili nella sostanza ai due seguenti: 1. Approcci dal dellacontrastare domandailaggregata Chelato significa: declino della(interna classe ed estera) media e il sistematico attacco allo stato sociale 2. Approcci dal lato dell’offerta aggregata (capitale, lavoro e tecnologia) (istruzione, sanità e previdenza) Vediamo per concludere qualche intervento non convenzionale: ■ Una più uniforme distribuzione del reddito, da attuare detassando i redditi più bassi e Che significa: contrastare la distruzione del capitale e favorire la ricerca e l’innovazione accentuando la progressività del sistema fiscale.umano Queste misure avrebbero l’effetto di accrescere i consumi delle famiglie e sostenere la domanda interna. ■ Favorire l’efficienza del sistema scolastico, dell’istruzione universitaria e in genere del sistema formativo pubblico. ■ contrastare il discredito del sistema delle regole; la tolleranza delle varie forme di Che significa: evitare la distruzione del capitale sociale, comportamenti di interessi vanno attraverso l’eserciziolesivi delle funzioni con leeconomici, quali lo stato che agisce (o non agisce) per frenare la corruzione, il fattore principale (sia nelleche assunzioni nei servizidelle pubblici che nel settore mina la competitività imprese dalla pratica della raccomandazione privato), alla concessione dei condoni, all’assenza di controlli e all’impunità dell’evasione fiscale, favorendo con ciò il ricorso all’occupazione irregolare e all’impiego di immigrati clandestini. E ancora … ■ prestare attenzione alle condizioni climatiche e alla tutela dell’ambiente; alla riconversione all’uso di risorse rinnovabili e delle risorse naturali in genere. Che significa: ridurre i costi sociali e contrastare la distruzione del capitale naturale ■ avversare la concentrazione della ricchezza, la speculazione e l’accumulazione delle varie forme di capitale diverse da quello direttamente produttivo, in quanto scoraggiano gli investimenti privati e impoveriscono la struttura produttiva. Che significa: invertire la tendenza al declino economico! Ma qui la competenza dell’economista si arresta ed inizia quella del politico, delle parti sociali e degli elettori. In altre parole, ha inizio la lotta per la distribuzione del reddito. E per concludere: «Casinò» Non mi resta che augurare a tutti un buon lavoro lasciandovi un cattivo pensiero su cui meditare: “Quando lo sviluppo del capitale di un paese diventa un sottoprodotto delle attività di un casinò da gioco, è probabile che vi sia qualcosa che non va bene”. John Maynard Keynes, Lo stato dell’aspettativa a lungo termine, cap. XII della Teoria generale dell’occupazione dell’interesse e della moneta, UTET, Torino 1971, pp. 298-299. … e invitarvi a ripassare la lezione su: Per saperne di più • C. BERNARDINI, Prima lezione di fisica, Editori Laterza, Bari 2007. • C.M. CIPOLLA, Uomini, tecniche, economie, Feltrinelli, Milano 1966. • M. LIVI BACCI, Storia minima della popolazione del mondo, il Mulino, Bologna 1998. • P. KRUGMAN, Lo sguardo cieco degli economisti, Repubblica, sabato 28 agosto 2010 • A. Roncaglia, La ricchezza delle idee. Storia del pensiero economico, Laterza, Bari 2006. • J. STIGLITZ, Le cinque mosse contro lo stallo, Il Sole 24 Ore, 3 gennaio 2010 • F. VOLPI, Lezioni di economia dello sviluppo, Franco Angeli, Milano 2003. • Wikipedia, http://it.wikipedia.org/wiki/Storia_del_pensiero_economico • WORLD BANK, World Development Indicators, http://www.worldbank.org/ Corso ECONOMIA, FINANZA e POLITICHE FISCALI 1° Modulo PROGRAMMA FORMATIVO 28 – 30 Settembre 2010 Centro Studi Nazionale Cisl Firenze Le scuole del pensiero economico. Dagli economisti classici alle moderne teorie della crescita. © prof. Bruno Soro Facoltà di Giurisprudenza - Università degli Studi di Genova