Corso ECONOMIA, FINANZA e POLITICHE FISCALI
1° Modulo
PROGRAMMA FORMATIVO
28 – 30 Settembre 2010
Centro Studi Nazionale Cisl
Firenze
Le scuole del pensiero economico. Dagli economisti
classici alle moderne teorie della crescita.
© prof. Bruno Soro
Facoltà di Giurisprudenza - Università degli Studi di Genova
Per iniziare …
“… presto o tardi sono le idee, non gli interessi costituiti,
che sono pericolose sia in bene che in male.”
John Maynard Keynes
Premessa: non eccedere nella semplificazione
Non pretendere
l’impossibile
Mi scuserete quindi se, per
dirla con le parole di
Keynes,
 Non sono uno storico del pensiero economico. Insegno
Politica economica, la disciplina che studia l’opportunità e il
merito dell’intervento pubblico nel sistema economico, e sono
un cultore dell’Economia della crescita e dello sviluppo
economico.
 So poco di Economia finanziaria, di Banche e Casinò, mi
interesso maggiormente del comportamento dei sistemi
economici reali.
 La scelta di esporre l’evoluzione delle idee degli economisti
a partire dai problemi che essi si ripromettevano di affrontare
risente di questi limiti.
“Dirò troppo per l’inesperto, troppo poco per l’esperto. Benché
nessuno ci creda, infatti, l’economia è materia tecnica e
difficile. Sta perfino diventando una scienza.”
John Maynard Keynes, La Grande Depressione del 1930, in
Esortazioni e profezie, Garzanti, Milano 1968
Cultura e linguaggio
La cultura esiste anche negli animali, ma
nell’uomo è sviluppata in un grado estremamente
elevato, grazie al linguaggio.”
L.L. Cavalli Sforza, L’evoluzione della cultura,
Codice edizioni, Torino 2004
Gli economisti, al pari dei cultori di altre discipline, hanno elaborato un proprio linguaggio fatto
di concetti e di relazioni tra gli stessi.
Semplificando moIto possiamo distinguere due diverse forme di linguaggio:
il linguaggio di «comunicazione».
e il linguaggio di «elaborazione».
Elaborare una teoria significa ordinare i
fatti in base ad uno schema logico a
partire da una certa visione del mondo
e da un certo numero di ipotesi.
Strumento di base della «cultura umanistica»,
questa forma di linguaggio consente di formulare
e registrare informazioni (fatti, opinioni, idee),
nonché di scambiarle con altri soggetti.
La divulgazione
e la«cultura
didattica
Strumento
di base della
scientifica»,
sono
tentativi
di tradurre
un di simboli e di
questa
forma
di linguaggio
fa uso
regole
di manipolazione
logica ein
consente di
linguaggio
di elaborazione
rendere
manifesta
una
conclusione
quello di comunicazione, allo
(verificabile) a partire da certi assunti.
scopo di favorire e agevolare
l’accettazione del linguaggio
scientifico
da parte diun
chimodello significa
Costruire
ancora non lo possiede. [C.
formalizzare una teoria
Bernardini, 2007]
utilizzando il linguaggio di
elaborazione.
Spazio e tempo
La nostra mente percepisce con maggiore
facilità la dimensione spaziale rispetto
a quella temporale, perché ci sembra di
riuscire a dominarla meglio.
Domanda: quanto dista
Firenze da Roma?
Esempio: la rotondità della
«Spazio» e «tempo» sono importanti nella
terra.
valutazione degli eventi: noi percepiamo
una dimensione alla volta (tenendo ferma
l’altra) e riusciamo a cogliere certi
fenomeni solo se ci poniamo dal punto di
vista di un osservatore che sta ad una certa
distanza e si allontana man mano da essi.
Mentre ci si allontana la terra
gira e ci sfugge la dimensione
temporale!
L’evoluzione culturale
Spazio
Evoluzione culturale
Quando prendiamo in considerazione un evento, la
condizione iniziale esprime, in qualsiasi istante nel
tempo, l’inventario delle circostanze concomitanti
l’evento stesso.
Quando si elabora una teoria si isolano gli effetti
che si ritengono rilevanti tra quelli che
concorrono a determinare l’evento.
Tempo
Fonte: M. Piattelli Palmarini, I linguaggi della scienza, Mondadori, Milano, 2003
La scala temporale
… ma
i Ore
decimi
di secondo
l’unità
di misura
rilevante
per
la
formula uno!
Decenni
e egiorni
secoli
sono
sono
lesono
le
unità
unità
di
misura
misura
prevalenti
inper
Meteorologia
latemporale
Climatologia
Poniamo
che di
l’anno
sia prevalenti
l’unità
di misura
315.360.000
31.536.000
525.600
8.760
365
12
4
1
100
1.000
Decimi di secondo
Secondi
Minuti
Ore
Giorno
Mese
Trimestre
Anno
Secolo
Millennio
Climatologia
Attività sportive
Analogamente, quando muta la scala Meteorologia
temporale di riferimento cambia la branca dell’Economia che si
occupa di studiare i vari fenomeni!
Economia dei mercati finanziari
Microeconomia
Macroeconomia
Teorie della crescita economica
Teorie dello sviluppo economico
Minuti e ore sono le unità di misura prevalenti sui mercati finanziari
Decenni e i secoli sono le unità di misura prevalenti per le Teorie dello sviluppo economico
Anni e decenni sono le unità di misura prevalenti nelle Teorie della crescita
Giorni, mesi e anni sono le unità di misura prevalenti per la Micro e la Macroeconomia
Che cosa abbiamo imparato
•
•
•
•
L’importanza del linguaggio
Che cos’è una teoria e che cos’è un modello
Che nell’elaborazione di una teoria non si può cogliere tutta la
realtà
Che vi sono molte teorie in relazione alla scala temporale utilizzata
Come ci ricorda ancora il genetista L.L. Cavalli Sforza
in “L’evoluzione della cultura”,
“… non si può mai dire se una teoria è vera, ma si può
solo dimostrare se è falsa – fino a quel momento non
diciamo che una teoria è vera, ma utile.”
Di cosa parleremo


Alle origini del pensiero economico: dai Classici a Keynes
Da Keynes alle moderne teorie della crescita
Ambientiamoci nel tempo
12000,00
2010 = 6,7 md
2050 = 11 md
2000 = 6 md
10000,00
1974 = 4 md
Gli storici ci rammentano che qualcosa di simile è già
accaduto circa 10-11 mila anni fa all’epoca della
Rivoluzione Agricola. Secondo Carlo Maria Cipolla
1902 =(1922-2000)
2 md
l’evoluzione demografica è legata alla
capacità dell’uomo di controllare l’uso delle fonti di
energia: con la Rivoluzione Industriale l’uomo ha
sostituito l’energia fornita dal cavallo con quella del
1804 = 1 md
cavallo a vapore!
8000,00
6000,00
4000,00
1750: ha inizio la Rivoluzione Industriale
2000,00
0,00
0
100
200
300 400
500 600
700 800 900 1000 1100 1200 1300 1400 1500 1600 1700 1800 1900 2000 2100 2200
Fonte: M. Livi Bacci, Banca mondiale
Dai Classici a Keynes
L’economia classica
(dal 1750 al 1850 circa)
Nasce come tentativo di comprendere le modificazioni economiche e sociali indotte
dalla Rivoluzione Industriale.
Ne sono principali interpreti A. Smith (1723-1790),
D. Ricardo (1772-1823), R. Malthus (1766-1834), J.B. Say (1767-1832), J.S. Mill (1806-1873),
K. Marx (1818-1883), J.Schumpeter (1933-1959).
La rivoluzione «marginalista»
(dal 1850 circa al 1936)
Introduce nelle discipline economiche
il paradigma della fisica e del calcolo marginale.
Pone l’accento sul momento dello scambio
ed è alla base della moderna «Microeconomia».
Ne sono principali interpreti: L. Walras (1834-1910),
V. Pareto (1848-1923), A. Marshall (1842-1924)
La teoria quantitativa della moneta
(dal 1911 circa al 1930 circa)
Pone l’accento sul ruolo della moneta
e i suoi riflessi che questa ha sull’inflazione.
Ne sono principali interpreti:
I. Fischer (1867-1947) e K. Wicksell (1851-1926)
Il monetarismo e la
Nuova macroeconomia classica
(dal 1970 )
Questa scuola di pensiero nega
ogni forma di intervento da parte
dello stato
Dalla rivoluzione marginalista
nasce l’economia cosiddetta
neoclassica. Essa non prevede le
crisi: il sistema economico possiede
meccanismi spontanei di
aggiustamento che lo conducono
verso la piena occupazione.
Ne sono principali interpreti:
M. Friedman (1912-2006) e la Scuola
di Chicago
La rivoluzione keynesiana
(dal 1936 al 1970 circa)
Pone l’accento sul momento della
produzione anziché su quello dello
scambio
Ne sono principali interpreti:
J.M. Keynes (1883-1946),
R. Harrod (1900–1978 ),
N. Kaldor (1905-1986)
Nell’economia keynesiana le crisi sono
endemiche al sistema economico:
poiché la domanda effettiva è inferiore alla capacità
produttiva si genera disoccupazione involontaria, per
contrastare la quale occorrono misure
di politica economica. Questo approccio è alla base della
moderna «Macroeconomia»
La nascita dell’Economia della crescita e dell’Economia dello sviluppo
L’Economia della crescita trae la sua origine dal
tentativo di Sir Roy Harrod di trasporre dinamicamente la
Teoria Generale di Keynes (1936).
L’Economia dello sviluppo nasce invece come
disciplina autonoma alla fine del secondo
conflitto mondiale.
L’Economia «keynesiana» ha innovato il linguaggio e gli strumenti della moderna
macroeconomia. Le istituzioni internazionali come la Banca Mondiale, il Fondo Monetario
Internazionale sono nate con gli «Accordi di Bretton Woods» del 1944, accordi dei quali
John Maynard Keynes è stato uno dei principali artefici.
Il concetto di «crescita economica» nasce con i modelli
elaborati da Harrod e Domar, due economisti keynesiani
considerati i fondatori delle moderne teorie della
crescita.
La sensibilità per i problemi dello «sviluppo
economico», e con essa l’Economia dello
sviluppo, trova invece spazio nei primi studi
delle organizzazioni internazionali (BM, FMI)
nell’immediato secondo dopoguerra. Da quegli
studi sono emerse le profonde disparità
economiche e sociali seguite al crollo degli
Imperi.
Fonte: F. Volpi, Lezioni di economia dello sviluppo, Angeli, Milano 2003
Sette Premi Nobel per la crescita e lo sviluppo economico
1969, IAN TINBERGEN (1903-1994) e RAGNAR FRISH (1895-1973): “Per aver sviluppato e applicato
modelli dinamici nell’analisi del processo economico”.
1971, SIMON KUZNETS (1901-1985): “Per la sua analisi empirica della crescita economica statica e
dinamica e per i suoi contributi ad accrescere il livello dell’analisi nella scienza economica”.
1974, GUNNAR MYRDALL (1898-1987) e FRIEDRICH Von HAYEK (1899-1992): “Per i loro lavori
riguardanti la teoria della moneta e per le fluttuazioni economiche e per le loro analisi delle
interdipendenze di fenomeni economici, sociali e istituzionali”.
1979, Sir WILLIAM LEWIS (1915-1991) e THEDORE SCHULTZ (1902-1998): “Per le loro ricerche sullo
sviluppo economico ai problemi dei paesi in via di sviluppo”.
1987, ROBERT SOLOW (1924): “Per i suoi contributi alla teoria della crescita economica”.
1993, ROBERT FOGEL (1926) e DOUGLAS NORTH (1920): “Per aver innovato la ricerca nella storia
economica applicandovi teoria economica e metodi quantitativi al fine di spiegare i cambiamenti
economici ed istituzionali”.
1998, AMARTYA SEN (1933): “Per i suoi contributi all’economia del benessere”.
Fonte: http://nobelprize.org/nobel_prizes/economics/laureates/
«Crescita» e «sviluppo» non sono sinonimi
La crescita attiene agli aspetti quantitativi del sistema
economico. In termini assoluti, è misurata
dall’incremento del PIL da un periodo all’altro, in termini
relativi dal tasso percentuale di crescita del PIL
Le teorie della crescita cercano di spiegare le
differenze esistenti tra i tassi di crescita del
PIL pro capite. Tali differenze sono all’origine degli
avvicendamenti all’interno delle graduatorie
In valore assoluto il PIL indica la potenza
economica di una economia. I confronti tra
paesi sono però viziati da un errore di
dimensione, per ovviare il quale occorre fare
riferimento ad una misura di densità.
L’indicatore utilizzato nei confronti internazionali è
il PIL (o reddito) pro capite. Esso indica la capacità
di spesa media di un abitante del sistema
economico considerato.
Il PIL pro capite fornisce la posizione dei singoli
paesi all’interno delle graduatorie, ma le posizioni
mutano in relazione alle differenze tra i tassi di
crescita del PIL pro capite
Lo sviluppo economico non è riconducibile alla sola dimensione quantitativa.
 In termini generali, esso consiste nel contestuale ampliamento delle opportunità offerte agli abitanti di un sistema
economico e delle libertà di cui essi godono nella scelta dell’opportunità che preferiscono.
I grandi temi dello sviluppo economico sono:
•l’evoluzione demografica
•la lotta alla povertà estrema
•lo «sviluppo sostenibile» e gli effetti
dell’antropizzazione
L’Economia dello sviluppo studia le
modificazioni che si accompagnano alla
crescita e gli effetti che queste inducono
sull’evoluzione demografica e sugli aspetti
sociali ad essa collegati.
L’importanza dei dati
L’Economia dello sviluppo e l’Economia della crescita
sono due discipline eminentemente empiriche e per
poter fare dei confronti internazionali occorrono dati
omogenei.
Agli inizi degli anni Sessanta, prima A.
Maddison (nel 1960) e poi due economisti
inglesi, Beckerman (nel 1962) e lo stesso
Kaldor (nel 1964), hanno effettuato i primi
confronti internazionali limitati però ad una
decina di paesi industrializzati.
I primi studi comparativi tra i sei paesi che
avrebbero dato vita alla Comunità Economica
Europea sono stati effettuati nel 1948, per conto
della Commissione Economica per l’Europa con
sede a Ginevra, da un gruppo di 25 tra economisti
e statistici coordinato da Nicholas Kaldor.
•Il primo set di dati esteso a 132 paesi è stato
messo a disposizione degli studiosi dalla Banca
Mondiale solo nel 1976.
•Il primo set di dati omogenei utili per effettuare
comparazioni (ancorché limitatamente a soli 60
paesi e la cui costruzione ha impegnato un’equipe di
ricercatori per ben15 anni di lavoro), è stato ultimato
nel 1980.
I primi studi sulla povertà estrema, condotti sotto l’egida della Banca
Mondiale e del FMI e che hanno innovato alcuni importanti indicatori, tra
cui l’Indice di Sviluppo Umano, risalgono alla prima metà degli anni ’90.
Le prime verifiche empiriche su questo set di dati (progressivamente
esteso a 120 paesi) sono state effettuate nella seconda metà degli anni ’80
– primi anni ’90 e hanno dato origine alle moderne teorie della crescita
cosiddetta endogena.
Ricchi e poveri
WDI-2009
P 2008
% su
millions
World
p annual
GDP
% su
GNIPC
% su
billions
World
cur. US$
USA
100,0
8613
18,1
0,9
524
1,1
cur. US$
World
6692,0
100,0
1,2
60.587
972,8
14,5
2,1
569
Middle income (> di 825, ma < 10066$)
4650,7
69,5
1,1
Lower middle income (< di 3255 $)
Upper middle income(> di 3255 $)
Low & middle income (> 825, ma < 10066$)
3702,2
948,5
5623,5
55,3
14,2
84,0
1,2
0,8
1,3
East Asia & Pacific
Europe & Central Asia
Latin America & Caribbean
Middle East & North Africa
South Asia
Sub-Saharan Africa
High income (> di 10066$_in 2005)
1931,2
441,3
565,3
324,8
1542,9
818,0
1068,5
28,9
6,6
8,4
4,9
23,1
12,2
16,0
0,8
0,3
1,1
1,8
1,5
2,5
0,7
304,1
4,5
0,9
326
4,9
0,5
Low income (< di 825$_in 2005)
USA
Europen Monetary Union
Fonte: World Development Indicators, 2009
16.827
27,8
16827
35,4
Poco
di un miliardo
(il 14,5%)
nei
Lameno
popolazione
dei paesi
poveri vive
cresce
paesi a8.377
reddito
basso
un
reddito
a un tasso
delcon
2,1%
…
13,8
2078
4,4
inferiore alla soglia di povertà (2 $ al giorno)
8.445
17.408
13,9
28,7
7878
2789
16,6
5,9
5658,3
9,3
2631
5,5
1531,5
987,1
43.190
2,5
1,6
71,3
986
1082
39345
2,1
2,3
82,7
L’84% della popolazione mondiale vive nei
3860,6
6,4
7418
15,6
paesi a reddito medio-basso con meno di 8 $ al
giorno4247,1
e produce7,0
meno di un6780
terzo della 14,2
produzione
complessiva
1117,2
1,8
3242
6,8
… mentre quella dei paesi ricchi
Poco più 14.204
di un miliardo
16%)
vive nei paesi
23,4(il
47580
100,0
al tasso
dello
0,7%
a reddito alto, con più di 100 $ al giorno e
produce
più dei due
terzi della
produzione81,6
13565,5
22,4
38821
complessiva
Che cosa abbiamo imparato
•
Che la scienza economica moderna nasce con lo sviluppo industriale
•
Che gli economisti Classici hanno approfondito le regole di funzionamento del
sistema capitalistico
•
Che gli economisti neoclassici hanno approfondito il meccanismo dello scambio,
dei mercati e della formazione dei prezzi a partire dalle scelte individuali
•
Che l’economia keynesiana ha indagato il funzionamento del sistema economico
nel suo insieme a partire dall’ottica della produzione anziché da quella dello
scambio.
•
Che la crescita è solo una delle dimensioni dello sviluppo economico e che lo
studio di questi fenomeni è alquanto recente
•
Che la distribuzione delle risorse e delle ricchezze a livello mondiale è
caratterizzata da forte iniquità ed enormi disuguaglianze.
In ogni filone di pensiero vi sono aspetti utili alla
comprensione di quella parte della realtà che è stata
scelta quale oggetto di indagine.
Il rifiuto aprioristico e ideologico di un filone di
pensiero è un atteggiamento antiscientifico.
Di cosa parleremo


Alle origini del pensiero economico: dai Classici a Keynes
Da Keynes alle moderne teorie della crescita
I tre filoni principali delle teorie della crescita economica
L’approccio
formale
R. Solow
e la teoria della crescita
esogena (1970)
R. Lucas
e la teoria della crescita
endogena (primi anni ‘90)
L’approccio
valutativo
Gli approcci
eterodossi
A. Maddison
e la contabilità
della crescita
R. Nelson – S. Winter
e la teoria
evoluzionistica
M. Abramovitz
e la teoria
del catching up
N. Kaldor – A.P. Thirlwall
e il vincolo dei
conti con l’estero
D. North
e il ruolo delle
istituzioni
N. Georgescu-Roegen
e la bioeconomia
S. Latouche
e la teoria della
decrescita
Il ruolo del progresso tecnico
Volendo individuare un aspetto comune a tutte le teorie della crescita
si può fare riferimento al ruolo del progresso tecnico.
Il progresso tecnico consiste nel flusso delle innovazioni che alimenta
lo stato delle conoscenze tecnologiche.
Già nel 1930 John Maynard Keynes aveva evidenziato i rischi
della disoccupazione tecnologica:
“I paesi
che non
sono all’avanguardia
deloppure
progresso
Le innovazioni
possono
derivare
da scoperte
da invenzioni e possono riguardare
(tecnologico)
ne risentono
in maniera
relativa. Noi, invece,
sia i processi
produttivi
che l’introduzione
di nuovi prodotti.
siamo colpiti da una nuova malattia di cui alcuni lettori possono
In genere, le innovazioni di processo sono risparmiatrici di lavoro e vengono introdotte
non conoscere ancora il nome, ma di cui sentiranno molto
nella produzione
attraverso
l’acquisizione
nuovi macchinari (gli investimenti reali).
parlare nei
prossimi anni:
vale a dire ladi
disoccupazione
tecnologica. Il che significa che la disoccupazione dovuta alla
scoperta di strumenti economizzatori di manodopera procede
con un ritmo più rapido di quello con cui riusciamo a trovare
impieghi per il
laprogresso
stessa manodopera.”
Secondo nuovi
J. Schumpeter
tecnico non è un flusso continuo
ma procede
ad ondate successive. Esso agisce quale forza al tempo stesso creatrice
J. Maynard Keynes,
e distruttrice delle imprese.
Prospettive economiche per i nostri nipoti (1930), in Esortazioni
e profezie, Garzanti, Milano 1968
Il progresso tecnico può non dipendere oppure dipendere
dall’attività produttiva. In quest’ultimo caso, affinché le innovazioni non provochino
disoccupazione tecnologica occorre che la produzione cresca ad un certo tasso minimo.
Di crisi in crisi
 Abbiamo visto che, a differenza dell’impostazione neoclassica, sia gli economisti classici che
la macroeconomia keynesiana ipotizzano che le crisi economiche, non importa se di dimensione
locale oppure globale, siano endemiche al sistema capitalistico.
Tra la prima e la seconda guerra mondiale si
Le crisi economiche sono
sonoverificate,
riconducibili
a due
diverse
finanziarie e reali.
a livello
mondiale,
otto tipologie:
crisi, tra
cui la Grande Crisi degli anni ’30. Tra il 1944 e il
1971 vi dal
sonovenir
state meno
sei crisi
e tra fiducia
il 1974 esulla
il 2008
Le prime traggono origine
della
capacità del debitore di onorare i
sedici.
propri debiti.
Le seconde sono originate da una carenza di domanda effettiva, o dalla scarsità di materie
prime, oppure da tensioni sui mercati delle fonti energetiche. Poiché il sistema economico è
fortemente interconnesso, le crisi finanziarie si trasmettono all’economia reale e viceversa.
Secondo la teoria macroeconomica keynesiana il meccanismo di trasmissione dalle crisi
finanziarie all’economia reale passa attraverso l’effetto che la distruzione di ricchezza
finanziaria ha sui consumi e la contrazione dei consumi sugli investimenti delle imprese: un
meccanismo che autoalimentandosi provoca la recessione.
Le politiche keynesiane
Secondo la teoria macroeconomica keynesiana è possibile fronteggiare le crisi
con opportune misure di politica monetaria e di politica fiscale.
La politica monetaria consiste nel
controllo della quantità di moneta in
circolazione, da parte delle Banche
Centrali (la FED, la BCE) allo scopo di
contrastare la crisi di liquidità delle
istituzioni creditizie.
Sono fautori di questa impostazione
interventista i Premi Nobel Joseph Stiglitz
e Paul Krugman.
In sostanza, per entrambi, le
efficaci. Ma è proprio vero?
La politica fiscale, consiste invece nella
gestione del bilancio dello stato. L’operatore
pubblico può attuare misure compensative
della domanda aggregata allo scopo di
contrastare la riduzione dei consumi delle
famiglie ed avviare nuovi investimenti reali in
infrastrutture. Ma gli interventi in deficit fanno
aumentare il debito pubblico.
Krugman sostiene invece che per arrestare
l’aumento della disoccupazione l’economia
Secondo Stiglitz la crisi ci ha insegnato che:
debba crescere ad un tasso 2,5% E per
raggiungere quell’obiettivo occorre che la
■ il mercato non si corregge da sé
tradizionali
misure di Politica
economica sarebbero
FED:
■ i mercati falliscono
■ le politiche keynesiane funzionano
1.
acquisti titoli del debito privato a lunga
■ la politica monetaria non deve limitarsi alla lotta
scadenza;
all’inflazione
2.
annunci l’intenzione di mantenere “bassi i
■ le innovazioni finanziarie hanno un costo sociale
tassi d’interesse sul breve periodo”;
3.
innalzi “l’obiettivo di inflazione di medio
termine”.
I limiti delle politiche keynesiane
•
•
•
•
John Maynard Keynes ha elaborato le sue teorie tra il 1930 e il 1936.
La diffusione delle sue teorie, specie negli Stati Uniti è avvenuta dopo la fine della
Seconda Guerra mondiale.
Molti di coloro che sostengono l’efficacia delle teorie keynesiane guardano con nostalgia
agli anni ’50 e ’60 del Novecento.
Ma quale è stato il contesto (irripetibile) in cui tali politiche hanno avuto successo?
Il contesto
internazionale
contestopiù:
interno
Oggi le condizioni
che hanno
favorito l’età dell’oro dello sviluppo economico nonIl esistono
•
l’economia mondiale è fortemente interconnessa (globalizzata);
•
gli Usa stanno perdendo la leadership di potenza economica mondiale a favore di Cina e
India;
•
l’Europa
ha difficoltà
trovaredalla
un suo
ruolo politico, oltre che economico, e la sua
l’apparato
produttivoadistrutto
guerra;
• In ciascun
paese vi era una
domanda sostenuta per i
popolazione
è
fortemente
in
declino;
•
Gli Accordi di Bretton Woods sono venuti meno
•
• Tutti i paesi occidentali avevano esigenza di ricostruire
consumi interni, che a sua volta induceva domanda di
nell’agosto del 1971;
e anche
Continente
Africano si sta muovendo …
investimenti
produttivi;
•
gli effetti del Piano Marshall si sono esauriti;
• Le imprese manifestavano una elevata propensione al
•
gli USA vivevano una fase non isolazionistica;
reinvestimento dei profitti;
•
i paesi europei vivevano una intensa fase di
• In ogni paese vi era un elevato clima di coesione sociale e
collaborazione che ha visto la nascita prima della CEE, poi
di attaccamento al lavoro;
… e la competenza in materia di politica fiscale è
dello SME e infine dell’Unione Europea;
• In ogni paese, infine, l’esistenza di un sistema di valori
rimasta agli stati nazionali, ma è soggetta a
E inoltre, nel
dell’Unione
• contesto
Le economie
occidentali sperimentavano un clima
condivisi poneva un freno agli egoismi individuali in favore
stringenti
e vincolanti limitazioni:
improntato
all’ottimismo,
in
cui
aspettative
economiche
a
europeadell’interesse
la politica collettivo.
monetaria è di
lungo
termine
erano
favorevoli.
competenza della BCE alla quale è
1) il rapporto del deficit sul PIL non deve superare il
stato assegnato il compito prioritario
di controllare l’inflazione …
3%;
2) il rapporto del debito sul PIL non deve superare il
60%.
E noi?
La crescita dell'economia italiana 1970-2009
8
Media dell’intero periodo
La tendenza
dell’intero periodo
2,07%
Media 71-80
3,8%
Media 81-90
2,4%
6
Media 91-00
1,6%
4
Media 01-09
0,6%
2
0
1970
-2
-4
1973
1976
1979
1982
La crisi del
1974-75
1985
1988
1991
1994
1997
2000
2003
La crisi del
1992-93
-6
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT
La crisi
attuale
2006
2009
Possiamo tornare a crescere?
Abbiamo visto i vari approcci suggeriti dalle teorie della crescita. Essi sono riconducibili nella
sostanza ai due seguenti:
1.
Approcci dal
dellacontrastare
domandailaggregata
Chelato
significa:
declino della(interna
classe ed estera)
media
e
il
sistematico
attacco
allo
stato
sociale
2.
Approcci dal lato dell’offerta aggregata (capitale, lavoro e tecnologia)
(istruzione, sanità e previdenza)
Vediamo per concludere qualche intervento non convenzionale:
■ Una più uniforme distribuzione del reddito, da attuare
detassando
i redditi
più bassi
e
Che significa:
contrastare
la distruzione
del capitale
e favorire la ricerca e l’innovazione
accentuando la progressività del sistema fiscale.umano
Queste
misure avrebbero l’effetto di
accrescere i consumi delle famiglie e sostenere la domanda interna.
■ Favorire l’efficienza del sistema scolastico, dell’istruzione universitaria e in genere del
sistema formativo pubblico.
■ contrastare il discredito del sistema delle regole; la tolleranza delle varie forme di
Che significa: evitare la distruzione del capitale sociale,
comportamenti
di interessi
vanno
attraverso
l’eserciziolesivi
delle funzioni
con leeconomici,
quali lo stato che
agisce
(o non agisce) per frenare la corruzione, il fattore principale
(sia nelleche
assunzioni
nei servizidelle
pubblici
che nel settore
mina la competitività
imprese
dalla pratica della raccomandazione
privato), alla concessione dei
condoni, all’assenza di controlli e all’impunità dell’evasione fiscale, favorendo con ciò il
ricorso all’occupazione irregolare e all’impiego di immigrati clandestini.
E ancora …
■ prestare attenzione alle condizioni climatiche e alla tutela dell’ambiente; alla riconversione
all’uso di risorse rinnovabili e delle risorse naturali in genere.
Che significa: ridurre i costi sociali e contrastare la
distruzione del capitale naturale
■ avversare la concentrazione della ricchezza, la speculazione e l’accumulazione delle varie
forme di capitale diverse da quello direttamente produttivo, in quanto scoraggiano gli
investimenti privati e impoveriscono la struttura produttiva.
Che significa: invertire la tendenza al
declino economico!
Ma qui la competenza dell’economista si arresta ed inizia quella del politico, delle parti sociali
e degli elettori. In altre parole, ha inizio la lotta per la distribuzione del reddito.
E per concludere: «Casinò»
Non mi resta che augurare a tutti un buon lavoro lasciandovi
un cattivo pensiero su cui meditare:
“Quando lo sviluppo del capitale di un paese diventa un sottoprodotto
delle attività di un casinò da gioco, è probabile che vi sia qualcosa
che non va bene”.
John Maynard Keynes, Lo stato dell’aspettativa a lungo termine, cap.
XII della Teoria generale dell’occupazione dell’interesse e della
moneta, UTET, Torino 1971, pp. 298-299.
… e invitarvi a ripassare la lezione su:
Per saperne di più
•
C. BERNARDINI, Prima lezione di fisica, Editori Laterza, Bari 2007.
•
C.M. CIPOLLA, Uomini, tecniche, economie, Feltrinelli, Milano 1966.
•
M. LIVI BACCI, Storia minima della popolazione del mondo, il Mulino, Bologna
1998.
•
P. KRUGMAN, Lo sguardo cieco degli economisti, Repubblica, sabato 28 agosto
2010
•
A. Roncaglia, La ricchezza delle idee. Storia del pensiero economico, Laterza,
Bari 2006.
•
J. STIGLITZ, Le cinque mosse contro lo stallo, Il Sole 24 Ore, 3 gennaio 2010
•
F. VOLPI, Lezioni di economia dello sviluppo, Franco Angeli, Milano 2003.
•
Wikipedia, http://it.wikipedia.org/wiki/Storia_del_pensiero_economico
•
WORLD BANK, World Development Indicators, http://www.worldbank.org/
Corso ECONOMIA, FINANZA e POLITICHE FISCALI
1° Modulo
PROGRAMMA FORMATIVO
28 – 30 Settembre 2010
Centro Studi Nazionale Cisl
Firenze
Le scuole del pensiero economico. Dagli economisti
classici alle moderne teorie della crescita.
© prof. Bruno Soro
Facoltà di Giurisprudenza - Università degli Studi di Genova
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Firenze_settembre 2010_B. Soro