Mobile Identities:
Migration and Integration
in Transnational Communities
(HOME/2012/EIFX/CA/CFP/4201)
“Identità Mobili: Migrazione e Integrazione
Nelle Comunità Transnazionali”
MIGRAZIONE TEMPORANEA E CIRCOLARE:
RACCOMANDAZIONI POLITICHE NAZIONALI
ITALIA
Con il sostegno economico della
Direzione B-Immigrazione e Asilo-Direzione generale Affari interni
Commissione Europea,
Fondo Europeo per l'Integrazione dei Cittadini di Paesi Terzi 2007-2013
Co-funded by the
European Union
Partner di progetto:
Istituto Psicoanalitico per le Ricerche Sociali
(IPRS) Project Coordinator
Rome, Italy
[email protected]
Christliches Jugenddorfwerk Deutschlands
(CJD)
Hamburg, Germany
[email protected]
Autonomous University of Barcelona
Barcelona, Spain
[email protected]
University College London
London, United Kingdom
[email protected]
Free University of Amsterdam
Amsterdam, The Netherlands
[email protected]
Univerzita Mateja Bela
Slovakia
[email protected]
Partner Associati:
North German Union of Islamic Communities, Germania - [email protected]
Organization for Development and Emancipation (OZHE), Albania - [email protected]
Mohamed First University, Marocco - [email protected]
Comune di Reggio Emilia, Italia - [email protected]
Associazione Stranieri Lavoratori in Italia (ASLI), Italia - [email protected]
Marie Curie University Lubin, Polonia - [email protected]
Il Progetto “Mobile Identities: Migration and Integration in Transnational Communities”
(HOME/2012/EIFX/CA/CFP/4201)
Ha ricevuto il sostegno economico della Direzione B-Immigrazione e Asilo-Direzione generale Affari
interni, Commissione Europea,
Fondo Europeo per l'Integrazione dei Cittadini di Paesi Terzi 2007-2013
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MIGRAZIONE TEMPORANEA E CIRCOLARE:
RACCOMANDAZIONI POLITICHE NAZIONALI
Introduzione
“Mobile Identities. Migration and Integration in Transnational Communities” (“Identità Mobili.
Migrazione e integrazione nelle comunità transnazionali”) è un Progetto finanziato dalla
Commissione Europea, DG-Home, all’interno del Fondo Europeo per l’Integrazione, e
coordinato dall’Istituto Psicoanalitico per le Ricerche Sociali (IPRS). Il progetto, di una durata
complessiva di 20 mesi a partire dal 1 Gennaio 2014, è stato realizzato in 5 Paesi Europei
(Germania, Spagna, Regno Unito, Olanda, e Italia) da un Consorzio formato da 6 Partner ed
altrettanti partner associati, che includevano anche Paesi extra-Europei quali l’Albania e il
Marocco.
Il progetto intendeva esplorare i vincoli esistenti tra le forme di migrazione transnazionale
circolare e temporanea e i processi d’integrazione. In particolare, si voleva valutare la capacità
delle attuali politiche d’integrazione di promuovere il benessere dei migranti coinvolti da forme
di migrazione temporanea e/o circolare. Dopo una prima fase di desk-research, è stata avviata
una fase di ricerca di campo nei 5 Paesi, con la realizzazione di interviste in profondità tanto
con stakeholders e policy-makers, come con gli stessi migranti temporanei/circolari.
La maggior parte delle politiche e dei modelli di integrazione europei si fonda sulla previsione
di una definitiva permanenza degli immigrati nei paesi di destinazione e pertanto è rivolta a
costruire percorsi di integrazione finalizzati a rafforzare il sentimento di appartenenza con i
terminali migratori. Anche se ciò non significa per l’immigrato dover tagliare completamente i
ponti con il proprio Paese di origine, la logica che sottende queste politiche e questi modelli è
quella di considerare bacino e terminale migratorio come due poli alternativi.
In anni più recenti, la migrazione circolare è stata vista dai Governi di molti Paesi Europei
come una possibile soluzione alle sfide poste dall’integrazione dei migranti. In particolare, la
circolarità delle migrazioni è sembrata profilare la possibilità di un approccio “Win-Win-Win”,
ossia a beneficio di tutte le parti in causa: il Paese di origine, il Paese di destinazione, e il
migrante stesso. Oggi però, a distanza di pochi anni, tale panorama sembra a sua volta aver
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perso attrattiva per molti governanti Europei e le politiche dell’immigrazione sono tornate a
interrogarsi sulle modalità e sulle strategie più appropriate per favorire un inserimento dei
migranti il più possibile compatibile con la situazione economica e sociale del momento.
D’altra parte però, una effettiva circolarità delle migrazioni ha certamente luogo, seppur
spesso in forma spontanea, in Italia come in altri Paesi Europei, soprattutto negli ambiti
tradizionali di occupazione stagionale quali il turismo e l’agricoltura.
Da questo scenario dinamico e controverso, che prende spunto dai risultati della ricerca
condotta dal Progetto, ha preso le mosse il Workshop: “Identità mobili. Migrazione e
integrazione nelle comunità transnazionale”, tenutosi a Roma il 13 Aprile 2015. Il Workshop
intendeva offrire ai partecipanti un’opportunità di scambio e di riflessione su una tematica
tuttora aperta, quella dell’impatto della migrazione circolare e temporanea sugli stessi
migranti, oltre che sul Paese ospitante e su quello di origine.
Le raccomandazioni politiche che vengono qui presentate sono il frutto di questo scambio
dinamico tra i principali stakeholders – rappresentanti di Enti locali, sindacati, associazioni di
migranti, organismi internazionali, altri – in questa occasione.
Il workshop ha preso avvio da alcuni quesiti, emergenti dai risultati della ricerca condotta
all’interno del progetto, e presentati ai partecipanti all’apertura dei lavori:
1.
Perché la migrazione circolare non sembra più essere una priorità politica?
2.
Perché alcuni migranti optano però per forme di migrazione circolare spontanea e da
cosa nasce quest’ esigenza? La MC per il migrante è una scelta o una necessità?
3.
Come si devono attrezzare i Paesi europei per accogliere i migranti circolari? Esistono
sfide specifiche per le politiche di accoglienza e integrazione?
Si ringraziano tutti i partecipanti al workshop per il loro contributo prezioso al dibattito sulla
migrazione temporanea e circolare e per l’apporto fondamentale ai risultati del progetto
“Mobile Identities”.
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La migrazione temporanea e circolare in Europa
Il concetto di migrazione circolare non solo è piuttosto recente a livello europeo, ma nel
contesto nazionale italiano appare, almeno per quanto riguarda l’ambito politico-legislativoistituzionale, ancora poco approfondito. La terminologia “migrazioni temporanee e circolari”
non compare attualmente in alcun testo di legge sull’immigrazione, né a livello nazionale, né a
livello regionale. A livello internazionale, il concetto di migrazioni circolari, che è relativamente
meno nuovo rispetto all’Italia, affonda le proprie radici in pratiche già ampiamente
sperimentate
nell’Europa
della
ricostruzione
post-bellica,
ad
esempio,
con
i
Gastarbeiterprogramme realizzati dall’allora Germania occidentale con i lavoratori ospiti
provenienti dall’Europa meridionale e orientale. In campo europeo, referenze in materia sono
rappresentate dalla recente Commission Communication on "European Agenda for the
Integration of Third-Country" (COM(2011) 455 final), e dall’Integration Handbook published by
the European Commission (EC, 1994, 2007, 2010).
Persiste tuttavia una mancanza di conoscenza sulla valutazione dei loro impatti, in termini di
integrazione sociale, economica e culturale nei Paesi di origine e Paese e nei Paesi di
destinazione, anche rispetto a quanto espresso nell’Approccio Globale alla Migrazione ed alla
Mobilità (GAMM), SEC (2011) 1353 finale, in particolare nell’ultimo dei quattro pilastri su cui si
fonda, dove si afferma che “un maggior coinvolgimento di gruppi di migranti e della diaspora
può contribuire a raggiungere l’obiettivo di un rinnovato Approccio Globale, al fine di affrontare
in modo più sistematico i diritti e l’empowerment dei migranti”
Le caratteristiche di una migrazione circolare e temporale sono le seguenti:
• temporaneità;
• rinnovabilità;
• circolarità (la libertà di movimento fra il Paese di origine e il Paese di destinazione deve
essere garantita durante il periodo di migrazione);
• legalità;
• rispetto dei diritti del migrante;
• soddisfacimento delle reali esigenze del mercato del lavoro tra un Paese e l’altro
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Pur in mancanza di una definizione precisa, l’intento di rispondere ad un bisogno di
flessibilizzazione della manodopera da parte degli Stati membri, pressati dall’accresciuta
concorrenza a livello mondiale, è abbastanza chiaro.
Uno dei settori delle politiche migratorie in cui si evidenziano prassi parzialmente riconducibili
al concetto di migrazioni temporanee e circolari è senza dubbio quello del lavoro subordinato a
carattere stagionale.
La tipologia di impiego di tipo stagionale risulta lo strumento di politica migratoria che più
verosimilmente può condurre a sviluppi futuri nel senso del concetto di “win-win-win”, cioè
l’interesse dei Paesi di origine e di destinazione con quello delle persone, tipico delle migrazioni
circolari.
Mentre infatti il Paese di origine del migrante circolare risolverebbe un suo problema di
eccedenza di manodopera e riceverebbe al ritorno un proprio cittadino in possesso di migliori
qualificazioni professionali, il Paese ricevente risolverebbe il proprio problema di scarsità di
manodopera senza per questo scontentare l’opinione pubblica interna allarmata dalla
prospettiva di un insediamento definitivo. D’altra parte, il “migrante circolare” beneficerebbe,
nonostante una situazione di progressiva chiusura delle frontiere alle migrazioni per lavoro, di
poter valutare l’ipotesi di un ritorno nel Paese che lo ha accolto. L’ intento è quello di mettere
proprio il cittadino migrante e le sue esigenze al centro della mobilità internazionale, per
rendere la sua esperienza non solo più consapevole e più produttiva, ma soprattutto in
costante e costruttivo contatto con la sua regione di provenienza, in modo da eventualmente
porre le basi per un ritorno consapevole, ben preparato e che dunque poggi su basi solide.
Come è evidente, anche qui il risultato del “triplo vantaggio” appare anche più probabile,
qualora organizzato nei tempi e nei modi che meglio si adattano al progetto migratorio del
singolo, del Paese di provenienza e del Paese di inserimento.
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Migrazione temporanea e circolare in Italia:
il dibattito nel workshop
Nell’introdurre il tema della circolarità nella migrazione, occorre innanzitutto considerare come
il fenomeno migratorio sia radicalmente cambiato negli ultimi anni, in Europa e nel mondo. Le
richieste di asilo e di protezione internazionale sono in continua crescita. Ma cambiano anche i
lungo soggiornanti, le seconde generazioni, i progetti di stabilizzazione e le modalità di
integrazione.
Di circolarità, in Europa, si cominciò a parlare guardando al tema immigrazione come a una
questione da governare, soprattutto dal punto di vista della sicurezza e del controllo delle
frontiere, anche con l'obiettivo di controllare e gestire gli spostamenti tra un Paese europeo e
l'altro. L'approccio “Triple win” era una modalità pensata per fare anche cooperazione allo
sviluppo (vincoli geopolitici).
In molti casi, circolarità vuol dire che non c'è un progetto migratorio, ma una necessità, o un’
opportunità, temporanea di studio o di lavoro che molti tipi di persone colgono, e che può
successivamente trasformarsi in un vero e proprio progetto migratorio.
La migrazione circolare dovrebbe essere strettamente legata ad accordi bilaterali tra gli
Stati. Questi accordi non sono stati sviluppati in grande numero; per l’Italia ne sono stati
siglati sei e la circolarità non ne costituisce il focus principale. Soprattutto, il match tra le
competenze richieste dal mondo produttivo e gli ingressi non è stato seguito con attenzione, e
gli arrivi dei migranti sono stati invece gestiti secondo il criterio principale della nazionalità.
Cosa rappresenta per l’Italia il fenomeno della stagionalità? Può essere considerata una forma
di circolarità? Il meccanismo è molto legato a due settori: agricoltura e turismo. In Italia
funzionava soprattutto in risposta all’esigenza dell'economia italiana di trovare risorse
disponibili per alcuni periodi e rispetto ad alcuni lavori per cui non si trova manodopera
italiana. Nella pratica, però, anche la stagionalità ha fallito come progetto circolare governato
dall’alto, mentre sono molti i migranti che, pur possedendo permessi di soggiorno annuali o
biannuali, scelgono poi una forma di circolarità, generalmente di 6 mesi, su base spontanea.
Anche loro si muovono prevalentemente nei settori stagionali dell’agricoltura e del turismo.
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Differenze geografiche tra Paesi di origine: la migrazione circolare é forse possibile e più
interessante per migranti provenienti da Paesi più vicini all’Italia, come l’area dell’Europa
orientale e in primis l’Albania, che non per persone provenienti da altri continenti quali l’Africa,
l’Asia, l’America.
Altre considerazioni
Nonostante vi siano scarsi dati statistici relativi alla migrazione temporanea e circolare, tanto
da delineare dei “migranti invisibili”, questa tipologia migratoria risulta essere un’esigenza, a
partire da motivazioni tra le più disparate di natura economica, culturale e sociale, per un
ritorno “costruttivo” in patria con un bagaglio arricchito (know-how), in termini di conoscenzecompetenze acquisite (capitale umano) e relazioni-rete di contatti (=capitale sociale) da
investire per soddisfare il “sogno del ritorno” alle loro famiglie.
Alla luce di quanto sperimentato negli altri Paesi e sulla base dei dati raccolti dalle interviste, la
realizzazione di programmi di migrazione circolare e temporanea deve basarsi su alcune
condizioni.
La circolarità nei programmi migratori
La dimensione circolare, flessibile e ripetuta della migrazione emerge come una realtà presente
e vantaggiosa per il lavoratore migrante per diverse motivazioni.
Aspetti vantaggiosi della circolarità:
- Il migrante non si trova a dover fare una scelta definitiva di soggiornare in uno o nell’altro
Paese; -consente il mantenimento delle tradizioni, la cittadinanza, e la famiglia;
- Può essere fonte di arricchimento economico (anche perché non accompagnato dalla
famiglia), sociale e culturale.
- I migranti acquisiscono un know how prezioso al rientro in patria, dove potrebbero dar vita
ad iniziative economiche di rete tra i due Paesi per contributo diretto alle due economie.
- Si limita la “fuga dei cervelli” dai Paesi d’origine
- Si possono creano le fondamenta per l'avvio di nuove imprese (startup)
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Elementi di fragilità della circolarità:
- Difficoltà psicologiche legate all’abbandono prolungato della famiglia, particolarmente se vi
sono bambini o genitori anziani
- Il ruolo delle donne, generalmente molto penalizzate
- Difficoltà a far riconoscere i titoli di studio al proprio rientro
- L’entità delle rimesse dei migranti circolari è modesta e non sufficiente a creare un fondo per
il proprio futuro né a contribuire in maniera significativa allo sviluppo socio-economico del
proprio Paese. Questo è dovuto alla al fatto che i migranti circolari trascorrono pochi mesi
all’anno nel Paese di destinazione. Il loro salario risulta appena sufficiente a garantire la
sussistenza delle proprie famiglie.
- In Italia, il migrante è impiegato per lo più in professioni poco qualificate e poco remunerate
(prevalentemente
impegnate
nel
settore
edilizio,
agricolo),
riceve
poca
informazione,
acquisisce poche competenze e non ha modo di apprendere la lingua italiana.
-
Il quadro istituzionale e infrastrutture del Paese di origine dell’immigrato non sempre
sostiene le nuove competenze e tecnologie acquisite
- Difficoltà comunicative dovute alla non conoscenza della lingua italiana
- Difficoltà ad integrarsi in una cultura del tutto nuova
- Difficoltà a trovare un alloggio dignitoso adatto alle proprie possibilità economiche. Da qui
l’esigenza di programmi speciali per l’alloggio)
La stagionalità si pone come elemento di circolarità, come possibilità di accesso ai programmi
di circolarità. Essa può, però, funzionare quando la circolarità è nella mente del migrante, e
viene vissuta dai soggetti come linea ponte tra i due Paesi, come raccordo tra le due
esperienze (binomio stagionalità/circolarità).
Ma un ponte ha bisogno di sostegni e piedi robusti, il che significa che le migrazioni circolari
possono funzionare se sussistono valide condizioni, solo se il migrante diventa protagonista
attivo di tale processo, traendone vantaggi e forme di investimento futuro. Questo meccanismo
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di rotazione avrà successo solo se basato su una sintonia tra motivazione politica ed
obiettivi/benefici del migrante. Esistono le condizioni?
Nel caso di una migrazione circolare, le condizioni alle quali bisogna puntare sono le seguenti:
a) In primo luogo, la professionalità dei migranti. Gli incentivi alle migrazioni circolari
produrranno effetti positivi per le persone coinvolte, purché queste siano in grado di migliorare
il loro livello professionale, grazie alle nuove competenze acquisite. Occorrerebbe guardare ai
migranti qualificati, a coloro che svolgono professioni medesime nel Paese d’origine e in quello
di destinazione, così da poter creare una linea ponte, una continuità di mansioni dei soggetti
migranti in un’ottica di alternanza tra due Paesi. E’ possibile provare ad avviare percorsi per
coloro che hanno acquisito competenze/conoscenze rispendibili nel proprio Paese. L’intento è
quello di individuare le professionalità che incontrino un turn over di manodopera che possa
contribuire allo sviluppo sostenibile anche tramite il trasferimento di conoscenze tra Paesi,
semplificando la circolazione dei portatori del sapere e di specifiche conoscenze. Un soggetto
rafforzato e consolidato nelle sue capacità e nella sua progettualità potrà in seguito iniziare a
introdurre nuovi prodotti e processi precedentemente acquisiti, aprire nuovi canali di
esportazione verso il Paese di emigrazione, creare joint-ventures e quindi avere maggiori
impatti sull’occupazione.
b) In secondo luogo, la formazione, che dev’essere tesa a facilitare l’acquisizione di
competenze da parte del migrante circolare; incentivi alla formazione tramite: a. Corsi di
lingua: per apprendere la lingua del Paese di destinazione; b. Corsi di formazione
professionale: per esempio, formazione di lavoratori specializzati nell’edilizia, o in nuove
tecniche di coltura; c. Corsi di aggiornamento: per consentire l’utilizzo di competenze
precedentemente acquisite in patria.
La temporaneità nei programmi migratori
* Per quanto attiene la temporaneità, questa trova attuazione in un progetto migratorio che
consenta una forma di arricchimento economico per il migrante nel Paese di destinazione per
poi tornare definitivamente nel proprio Paese. In tal caso, la migrazione poggerebbe su un
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modello di tipo “one-shot”, nel quale non sono previste forme di rinnovo di permesso di
soggiorno, ma un periodo di permanenza nel Paese d’arrivo di breve-medio periodo; un
periodo non troppo breve ma neanche troppo lungo, e pur sempre definito, tale da consentire
di
massimizzare
i
guadagni
economico
con
l’aggiunta
di
una
componente
formativa/professionale.
Da qui, l’esigenza di un approccio strutturale e ben organizzato dal Paese di arrivo, che metta
in piedi misure capaci di garantire i flussi migratori, capace di offrire opportunità lavorative
rivolte per lo più ai giovani, pur sempre riducendo l’impatto di popolamento e di radicamento.
Aspetti vantaggiosi della temporaneità
- Consente il mantenimento delle tradizioni, la cittadinanza, e la famiglia;
- E’ fonte di arricchimento sociale, qualora si evidenzi la capacità dei migranti di valorizzare nel
Paese di destinazione i capitali, in particolare sociali e relazionali, accumulati durante
l’esperienza migratoria, anche nel caso di lavoro di bassa qualifica. Ciò viene rilevato
frequentemente nella possibilità di coinvolgere il precedente datore di lavoro in Italia (o nel
Paese di immigrazione) come partner in affari o finanziatore della propria impresa nel Paese
d’origine
- E’ fonte di arricchimento economico, per la possibilità di poter costruire un futuro migliore nel
Paese d’origine, grazie alle rimesse valutarie (investimento di capitale finanziario);
- Rappresenta una componente aggiuntiva formativa e professionale
- Maggiore facilità ad integrarsi strettamente correlato al tempo di “permanenza”, che seppur
temporanea, è di breve-medio periodo
Elementi di fragilità della temporaneità
- La nostalgia dei propri cari
- Il ruolo delle donne, che generalmente sono molto penalizzate
- Difficoltà a far riconoscere i titoli di studio al proprio rientro
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- Nel Paese di destinazione il migrante è impiegato per lo più in professioni poco qualificate e
poco remunerate (prevalentemente impegnate nel settore edilizio, agricolo), riceve poca
informazione, acquisisce poche competenze e non ha modo di apprendere la lingua italiana.
- Quadro istituzionale e infrastrutture del Paese di origine dell’immigrato non sempre sostiene
le nuove competenze e tecnologie acquisite
-Difficoltà comunicative dovute alla non conoscenza della lingua italiana
-Difficoltà a trovare un alloggio adatto alle proprie possibilità economiche. Da qui l’esigenza di
programmi speciali per l’alloggio)
Ruolo delle Associazioni dei migranti e delle associazioni di categoria
Occorre richiamare l’attenzione su un’altra dimensione della circolarità, ovvero quella
sperimentata informalmente. Trattasi, nella fattispecie, di quel flusso migratorio che,
nonostante sia “invisibile” sul piano giuridico ed istituzionale, e, dunque, non statisticamente
rilevabile, esiste come una realtà sommersa. In tale contesto, il ruolo svolto dalle associazioni
di migranti, le associazioni di categoria e sindacati, sia nel Paese d’origine che in quello di
accoglienza, risulta di fondamentale importanza nei termini di divulgazione di informazioni:
1. Relativamente ai diritti e doveri, norme e opportunità in tema di lavoro, di diritti
fondamentali, come l’abitazione e la sicurezza sul lavoro. Tramite sportelli informativi
nella lingua dei migranti.
2. Inerenti iniziative che favoriscono il miglioramento dell’inserimento professionale e
l’integrazione sociale di migranti professionali, tramite un processo di reintegrazione
teso all’ assistenza tecnica per la realizzazione di future attività.
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Raccomandazioni politiche - Italia
1. Il concetto di circolarità va completamente ripensato. La circolarità può essere funzionale
ad
alcuni
percorsi
individuali,
ma
va
seguita,
accompagnata,
valutata:
va
governata. Occorre individuare i bisogni specifici nei diversi ambiti professionali, a livello
sia nazionale sia comunitario, per cui può essere interessante l'adozione di misure
specifiche. Occorre anche individuare quali Paesi di origine possono essere più interessati,
e quindi quali Paesi possono essere coinvolti nella progettazione di policy adeguate.
2. La migrazione circolare delle alte qualifiche e delle basse qualifiche, in un continente come
l’Europa, dove cambiano continuamente bisogni, mercato del lavoro, fabbisogni delle
industrie: occorre analizzare questi bisogni e le proiezioni demografiche e le specializzazioni
di cui si ha bisogno per elaborare strategie di “attrattivitá” dei Paesi o delle regioni.
3. Occorre cambiare prospettiva sul tema della cooperazione allo sviluppo. Forse non sono
possibili i "progetti Paese", ma può essere interessante accompagnare l'acquisizione di
competenze specifiche e qualificate nell'ottica dello sviluppo dell'auto-imprenditorialitá dei
migranti circolari.
4. Nella costruzione di accordi bilaterali, possono essere inserite esperienze che consentano di
costruire alcuni progetti di migrazione circolare che prevedono trasferimenti di competenze
imprenditoriali e tecniche a elevato valore aggiunto, prevedendo sin dalle prime fasi di
arrivo la costruzione e l'accompagnamento di progetti di rientro produttivo.
5. Occorre utilizzare il canale delle Associazioni operanti sul territorio italiano per comprendere
le reali esigenze ed aspettative dei migranti. Spesso, la scelta di una rete non ufficiale
rispetto a quella istituzionale consente di arrivare alle persone. Lavorando a stretto
contatto con le Associazioni, possibilmente attraverso Protocolli e accordi formali, si
riescono a far arrivare più informazioni, in quanto il migrante spesso diffida delle Istituzioni.
Questo processo dovrebbe coinvolgere non solo le associazioni italiane ma anche quelle
straniere dislocate sul territorio.
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6. In questa prospettiva, è fondamentale promuovere l’empowerment delle associazioni,
dotandole delle capacità utili ad avere un dialogo con le Istituzioni, sia in Italia che nei
rispettivi Paesi di origine.
7. La migrazione circolare risulta essere troppo “rigida” ed “impostata”. Essa dovrebbe
fondarsi su: 1. Un maggior e continuo dialogo tra le istituzioni politiche ed i migranti,
magari con la mediazione di facilitatori come le associazioni di migranti; 2. Uno snellimento
della burocrazia: “la mobilità circolare dovrebbe interessare la libera circolazione delle
persone, come dei beni e dei capitali”.
8. Infine, la migrazione circolare dovrebbe basarsi su una maggiore informazione e
comunicazione, su uno scambio di idee ed opinioni anche tra le associazioni presenti sul
territorio italiano.
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Raccomandazioni Politiche Nazionali