LE CONFRATERNITE RELIGIOSE IN CALABRIA E NEL MEZZOGIORNO
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LE CONFRATERNITE RELIGIOSE IN CALABRIA E NEL MEZZOGIORNO
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PROGRAMMA DEL CONVEGNO
PROGRAMMA DEL CONVEGNO
16 Ottobre 1992
Ore 9.30
Indirizzi di saluto
Presiede
Antonio Cestaro
Relazioni introduttive
Pietro Borzomati
Le confraternite nel Meridione e la loro incidenza nella chiesa e nella società
Maria Mariotti
Vito Teti
Situazione e prospettive degli studi sulle confraternite in Calabria
Ore 16.00
Consistenza documentaria sulle confraternite calabresi
Francesco Arillotta
Le confraternite della diocesi di Reggio-Bova tra XVII e XIX secolo
Enzo D’Agostino
Le confraternite della diocesi di Gerace (od. Locri-Gerace)
Rocco Liberti
Le confraternite nella piana di Gioia (dioc. Oppido-Palmi)
Antonio Tripodi
Le confraternite delle diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, Catanzaro-Squillace,
Crotone-Santa Severina, Lamezia Terme, Cassano, San Marco-Scalea
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PROGRAMMA DEL CONVEGNO
Luigi Intrieri
Le confraternite della diocesi di Cosenza
Luigi Falcone
Confraternite e pietà dei laici in Calabria tra medioevo ed età moderna: il caso di
Bisignano
Francesco Milito
Le confraternite della diocesi di Rossano dal XVI al XX secolo
Luigi Renzo
Confraternite laicali nella diocesi di Cariati prima e dopo il Concordato del 1818
17 Ottobre 1992
Ore 9.00
Presiede
Luigi Maria Lombardi Satriani
Profili antropologici, religiosi, economici delle confraternite calabresi
Luigi Maria Lombardi Satriani
Periferie della vita
Francesco Faeta
Confraternie ed organizzazione dello spazio
Giovanni Sole
Note storico-antropologiche su una confraternita cosentina
Franco Ferlaino
Appunti per lo studio dei sistemi aggregativi e dei riti di rifondazione.
Le confraternite di Amantea
Vincenzo La Vena
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PROGRAMMA DEL CONVEGNO
Canti liturgici della Settimana Santa in Amantea
Antonello Ricci
Musiche e suoni della Settimana Santa in alcune comunità calabresi
Goffredo Plastino
Canti liturgici e tradizione orale a S. Nicola da Crissa
Maria Minicuci
Le confraternite a Fitili
Maffeo Pretto
Le confraternite religiose in Calabria e la pietà popolare
Enzo Misefari
Le confraternite in Calabria dalle origini al solidarismo operaio
Renata Ciaccio
Confraternite e assistenza a Cosenza nell’Ottocento
Sonia Dramisino
L’arciconfraternita di S. Maria della Misericordia dei Nobili a Cosenza
Ore 16.00
Marianna Cassetti
Le quattro confraternite di Terranova da Sibari
Saverio Napolitano
Prassi organizzativa e cultura politica negli statuti di alcune confraternite
della Calabria Nord-Occidentale
Mario Spizzirri
Fraternite e confraternite laicali nel territorio di S. Fili (sec. XVIII-XX)
Gustavo Valente
Le confraternite di Celico e Minnito
Giorgio Leone
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PROGRAMMA DEL CONVEGNO
Le confraternite del Carmine alle origini: le motivazioni
di una diffusione iconografica (sec. XVI-XVII)
Cesare Mulè
Iconografia mariana: la Madonna della Vittoria di Catanzaro
Sharo Gambino
L’arciconfraternita di Maria SS. dei Sette Dolori a Serra S. Bruno
Sebastiano Augruso
La confraternita della B.V.M. di Monte Carmelo di Curinga:
un’ipotesi di recupero del passato e di attivazione di energie progettuali
Natale Pagano
Confraternite in diocesi di Nicotera
Franco Tigani Sava
Fermenti politici nelle confraternite catanzaresi del ’700
Antonio Denisi
Le confraternite della diocesi di Reggio Calabria
nelle visite e nei sinodi dell’arcivescovo Annibale D’Afflitto
Giovanni Russo
Confraternite laicali di Polistena tra XVI e XX secolo
Bruno Polimeni
La congrega del Carmine e dell’Immacolata a San Ferdinando
18 Ottobre 1992
Ore 9.00
Presiede
Maria Mariotti
Aspetti del movimento confraternale nel Sud
Maria Rosaria Valensise
Il problema dell’assistenza nella politica del Mezzogiorno e il ruolo delle confraternite
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PROGRAMMA DEL CONVEGNO
Gianfausto Rosoli
Confraternite ed emigrazione
Enrica Delle Donne
Aspetti giuridici e socio-economici delle confraternite in Campania
(Principato Citeriore, sec. XVIII)
Maurizio Agamennone
La musica delle confraternite nell’area del Cilento Storico
Ottavio Cavalcanti
Confraternite e cene conviviali a Sessa Aurunca
Domenico Scafoglio
Il culto delle anime purganti a Napoli
Ore 16.00
Liana Bertoldi Lenoci
Le confraternite pugliesi
Angelo Sindoni
Le confraternite in Sicilia
Chiusura del convegno
mostre
Confraternite in immagini
Fotografie
di Vito Teti e Salvatore Piermarini
Aspetti di vita religiosa del passato
Mostra fotografica
a cura di Vito Pileggi, Salvatore Piermarini, Vito Testi
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PROGRAMMA DEL CONVEGNO
Oggetti di culto e devozione delle confraternite
a cura di Antonio Tripodi
Ente promotore
Comune di S. Nicola da Crissa
Ente organizzatore
Sistema Bibliotecario Territoriale Vibonese
Istituzioni scientifiche
Deputazione di Storia Patria per la Calabria
Università della Calabria
Dipartimento di Filologia
Centro Interpartimentale di Documentazione Demo-Antropologica
Responsabili del progetto
Maria Mariotti - Vito Teti
Coordinamento
Gilberto Floriani
Comitato organizzatore
Franco Teti - Pasquale Fera - Antonio Facciolo
Giuseppe Lo Moro - Goffredo Plastino
Segreteria
Centro Sistema Bibliotecario
Piazza Diaz, 2 - 89900 Vibo Valentia - Tel. 0963 547538 - Fax 0963 5475577
Per i giorni del convegno: Comune di S. Nicola da Crissa
Via F. Fiorentino, 35 - Tel. 0963 13013
Addetto stampa
Annarosa Macrì
Patrocinio
Regione Calabria
Assessorato alla Pubblica Istruzione
Assessorato ai Beni Culturali e Turismo
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PROGRAMMA DEL CONVEGNO
Il convegno è uno dei momenti conclusivi del progetto di innovazione didattica,
realizzato in collaborazione con il preside e gli insegnanti della scuola media di S.
Nicola da Crissa, intitolato: «Storia locale, identità, didattica scolastica attraverso il
ripensamento della devozione popolare e delle confraternite religiose», finanziato
dall’Assessorato alla Pubblica Istruzione della Regione Calabria nell’ambito delle
iniziative previste dalla legge regionale per il diritto allo studio.
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SALUTO DEL SINDACO
SALUTO DEL SINDACO
Francesco Teti
Desidero porgere a nome mio personale e dell’Amministrazione Comunale di San
Nicola da Crissa il più affettuoso benvenuto nella nostra comunità a tutte le autorità
religiose e politiche, ai priori della confraternita del SS. Crocifisso e della confraternita
del SS. Rosario, ai devoti dell’Addolorata, ai concittadini, soprattutto i giovani, ai tanti
qualificati e illustri studiosi e partecipanti al convegno «Le confraternite religiose in
Calabria e nel Mezzogiorno». Ringrazio anche quanti ci hanno fatto pervenire
messaggi di auguri e di buon lavoro, in particolare l’Arcivescovo di Crotone mons.
Giuseppe Agostino, l’Arcivescovo di Reggio Calabria-Bova mons. Vittorio Mondello,
il sen. Nicola Signorello, originario del nostro paese.
Rivolgo a tutti il mio più sentito ringraziamento per avere, con la loro presenza,
contribuito a fare in questi giorni della nostra piccola comunità, che conosce tranti
problemi, primo fra tutti quelli di una forte disoccupazione giovanile e di un
preoccupante spopolamento, un luogo di incontro, di riflessioni, di dibattito su
tematiche storiche e culturali di grande importanza. Un vivo ringraziamento alle
istituzioni scientifiche - la Deputazione di Storia Patria per la Calabria, il Dipartimento
di Filologia e il Centro Interdipartimentale di Documentazione Demo-Antropologica
dell’Università della Calabria - che hanno collaborato nella promozione e nella
realizzazione di questo convegno che conclude il progetto «Storia locale, identità,
didattica scolastica attraverso il ripensamento della devozione popolare e delle
confraternite religiose», finanziato dall’Assessorato alla Pubblica Istruzione della
Regione Calabria.
Il progetto è stato presentato e realizzato dall’Amministrazione Comunale di San
Nicola in collaborazione con il preside e gli insegnanti della locale scuola media, che
desidero salutare e ringraziare per il loro impegno e per avere ospitato i seminari tenuti
dai proff. Pietro Borzomati, Luigi M. Lombardi Satriani, Giovanni Sole, che hanno
visto una grande partecipazione e un grande interesse. La gratitudine di tutti gli
amministratori va in maniera particolare ai proff. Maria Mariotti e Vito Teti,
responsabili scientifici del progetto, che ci sono stati sempre vicini sia a livello
culturale sia a livello organizzativo e che non a caso introducono i lavori di questo
convegno.
Non posso fare a meno - e chiedo scusa se sono costretto ad essere lungo - di
ringraziare per la loro diversa, ma sempre preziosa collaborazione il dott. Giuseppe
Del Grande dell’Assessorato alla Pubblica Istruzione della Regione Calabria, che ha
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SALUTO DEL SINDACO
seguito con partecipazione e competenza questo nostro progetto; il dott. Gilberto
Floriani del Sistema Bibliotacario Vibonese che si è occupato con assiduità del
coordinamento del progetto di innovazione didattica e del convegno; Vito Pileggi,
Salvatore Piermarini e Vito Teti nella loro veste di curatori delle mostre fotografiche
«Confraternite in immagini» e «Aspetti di vita religiosa del passato»; l’ing. Antonio
Tripodi che ha curato la mostra sugli «Oggetti di culto e devozione delle
confraternite».
Un grazie ai tanti ragazzi e alle tante ragazze che si sono prodigati per
l’organizzazione del convegno. Ringrazio infine, ma non in ordine d’importanza, il
parroco don Salvatore Minniti che ci è stato vicino, fin dall’inizio, in questa come in
altre iniziative e che ha concesso che questo incontro si tenesse nella chiesa di Mater
Domini, un luogo fondamentale della vita religiosa del paese, situata in mezzo ad ulivi
secolari dove, il 15 agosto, si svolge una delle feste più belle e commoventi del nostro
territorio, che richiama tanta gente dai paesi vicini e soprattutto i nostri cari emigrati.
Dopo i miei sentiti e doverosi saluti e ringraziamenti, consentitemi una breve
considerazione su questa iniziativa. L’Amministrazione Comunale, che ho il piacere di
presiedere, sta compiendo tanti sforzi in tutte le direzioni per dare una certa vitalità a
un paese, che negli ultimi anni ha conosciuto, come altri paesi dell’interno, gravi
problemi di natura economica e sociale. Ci siamo detti, noi amministratori, che la
nostra azione non può essere ispirata soltanto a progettare e a realizzare opere
pubbliche, pure importanti in un paese carente di strutture e con gravi problemi
occupazionali. Abbiamo deciso di puntare sulla promozione culturale, su inizative tese
al recupero della nostra memoria e della nostra identità, coinvolgendo i giovani, le
scuole, le confraternite religiose, le associazioni culturali e pensando anche a possibili
ricadute pratiche. Abbiamo pensato, pertanto, che una riflessione scientifica e una
ricognizione documentaria sulle confraternite costituiscano l’iniziativa più adatta per
una comunità la cui storia religiosa, economica e sociale è stata segnata dalla presenza
decisiva, a volte non priva di contrasti, delle confraternite religiose, come ci ricordano
nei loro saluti l’avv. Tommaso Mannacio e il preside Domenico Carnovale, che
parlano a nome della confraternita del SS. Crocefisso e di quella della Madonna del
Rosario. L’identità religiosa di tutti noi sannicolesi residenti a S. Nicola e quella dei
sannicolesi che si sono costruiti una nuova vita, portando con sé i valori e la fede dei
padri, a Toronto, a Roma, in Francia, a Milano, a cui va in questo momento il mio più
affettuoso pensiero, è legata ai riti, alle feste, alle tradizioni, agli insegnamenti delle
congreghe. Da questo convegno ci aspettiamo anche utili indicazioni per conoscere
meglio il nostro passato e poter meglio operare nel presente. Speriamo anche che
questo incontro sia il primo di tanti altri. Contiamo molto sul vostro aiuto, la vostra
collaborazione, la vostra sensibilità di studiosi che operate nelle istituzioni culturali e
scientifiche con grande attenzione alle realtà locali e alle iniziative di base. Con questo
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SALUTO DEL SINDACO
spirito avanziamo l’idea di realizzare in questo nostro paese un Museo della pietà
popolare e delle confraternite religiose che diventi richiamo per gli studiosi e gli
studenti di tutta la Calabria, per gli emigrati, per i turisti e anche occasione di crescita
culturale, con possibili ricadute pratiche ed economiche nella comunità. Ancora grazie
a tutti voi per la vostra presenza, insieme ai migliori auguri per i vostri lavori.
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SALUTO DEL SEGRETARIO DELLA CONFRATERNITA DEL SS. CROCIFISSO
SALUTO DEL SEGRETARIO DELLA CONFRATERNITA DEL SS. CROCIFISSO
Tommaso Mannacio †
Illustri e gentili Signori,
La confraternita del SS. Crocifisso di S. Nicola da Crissa porge il suo deferente saluto,
augura un proficuo e fecondo lavoro, mi incarica di presentarla attraverso alcuni brevi
cenni sul suo passato che, proprio nello scorso mese di settembre, S. Ecc. mons.
vescovo di Mileto definiva in un suo scritto «una ricca vicenda storica».
E tale vicenda tento di sintetizzare nel modo più breve possibile.
Nel 1635 Giovan Jacopo Martini - sannicolese - dava alle stampe in Santo Nicola - per
i tipi di Giovan Battista Russo e Domenico Jezzo - il suo «Consiliorum sive
Responsorum Juris» regalando così a questo paese l’eccezionale primato di essere
stato antesignano nella introduzione della stampa in Calabria Ultra.
Nel 1627 nasceva qui a S. Nicola Antonio Papa «Innocentio XI apprime carus» che,
dopo essersi laureato in utroque jure alla Sapienza, divenne Avvocato Rotale e
successivamente «Episcopus Sancti Marci», vescovo, cioè, di S. Marco Argentano.
Ebbe per suo Vicario Generale un personaggio di eccezione: Domenico Martire,
l’autore di «Calabria Sacra e Profana».
Nel 1612 il Cardinal Felice Centini, vescovo di Mileto, così scriveva al sommo
pontefice Paolo V descrivendo nella Relazione ad Limina il Vicariato di Vallelonga:
«Santissimo Padre,
La Contea di Vallelonga, oltre al Paese, che per l’ingiuria dei tempi è quasi distrutto,
comprende i villaggi di Vazzano con mille rurali, di Pizzoni con 1.300 abitanti e infine
S. Nicola».
«S. Nicola - scrive il Centini - conta settecento abitanti di cui sei sono insigniti del
dottorato e molti altri cercano di conseguirlo negli studi pubblici» («... multi hoc idem
in publicis studijs contendunt»).
E proprio tra quei dottori il cardinal-vescovo scelse il suo vicario generale nella
persona dell’allora molto giovane Gian Giacomo Martini.
Questo, dunque, era l’ambiente, questi gli indirizzi ed i fermenti culturali allorché a S.
Nicola giunsero in santa missione - inviati dal vescovo Diego Castiglion Morelli - due
santi sacerdoti («due Messaggeri di Dio») «per ridurre alla strada del Paradiso l’anime
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SALUTO DEL SEGRETARIO DELLA CONFRATERNITA DEL SS. CROCIFISSO
de’ Peccatori, per predicare la penitenza, per risvegliare con santi avvertimenti le
menti immerse nel profondo letargo del Peccato, concedendo con autorità datali dal
Sommo Pontefice l’Indulgenza Plenaria e Remissione di tutti i Peccati».
La risposta del popolo di S. Nicola alle parole, alle preghiere, all’azione missionaria
dei due sacerdoti fu immediata ed univoca:
«Non richiese quel popolo come il ricco Epulone i Morti risuscitati per dar fede
agl’avvisi divini, ma ricevuta come dà Profeti Celesti per bocca di questi Reverendi
Sacerdoti la correzione che Dio li faceva de’ loro peccati, vestitisi tutti in habito di
penitenza e forzandosi ciascheduno con Orazioni, discipline, diggiuni e lagrime di
vera contrizzione, impetrarono dalla Maestà Divina il perdono, confessarono a questi
Messaggeri di Dio i loro peccati, e riceverono per mano de’ medesimi il Sacramento
dell’Eucharistia, riserbando nelle loro Menti un vivo e vero proponimento di mai più
peccare».
L’attento e puntuale cronista (che è l’ignoto autore degli Statuti), ci riferisce che «anco
i fanciulli, coronati di Spine tolte dal capo delle loro Madri, andavano con le pietre in
mano percuotendosi il petto et gridando per tutte le strade con dirotte lagrime:
Misericordia!». E a questo punto uno dei due Missionari, il Reverendo Signor Don
Orazio Rocca, dottore di leggi, canonico e Penitenziero Maggiore della Cathedrale di
Mileto, «desiderando che quel fervore che si eccitò in quel Popolo nel servizio divino
e nella Virtù della Penitenza non mai s’estinguesse, anzi dovesse sempre
maggiormente avanzarsi, nel dì Sabato primo di giugno 1669, adunato doppo compieta
la maggior parte degl’huomini di quel luogo nella Chiesa Parochiale, dando a tutti
molti Santi Ricordi, instituì fra di loro questa devota Congregazione acciò potessero di
continuo mantenersi in Santi Essercizij per mezo de’ quali dovesse dopo la sua
partenza non solo non sminuirsi, ma maggiormente accendersi il concepito fervore.
Creò in quel medesimo punto gli Officiali opportuni al suo mantenimento e
consegnato a quelli un foglio dove erano brevemente scritti i devoti Statuti, letto ad
alta voce quanto in quello si contenea, fu da tutti i fratelli già scritti, che erano al
numero di ottanta, a viva voce accettato, cantando immediatamente in segno
dell’allegrezza da tutti concepita per così Santa istituzione il “Te Deum Laudamus”».
La fondazione o «instituzione» trova il suo completamento nella «Intitolazione»:
«Determinorono tutti i fratelli, conforme fu da tutti humilmente invocato e nominato
Padrone Titolare della Congregazione Penitente il Redentor Nostro Giesù Christo
Crocefisso, come quello dalle cui piaghe pende l’assoluzione de’ nostri pecati, in cui
consiste la Speranza che noi havemo d’esser grata avanti gl’occhi della divina
Giustizia la nostra Penitenza e da cui finalmente come da un affettuoso Avvocato
speramo tutti essere presentate nel suo medesimo Divino Tribunale avanti la faccia
dell’Eterno Padre le nostre Preghiere».
Nel volgere di un anno l’unico foglio «su cui erano scritti i devoti Statuti» diventò un
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SALUTO DEL SEGRETARIO DELLA CONFRATERNITA DEL SS. CROCIFISSO
ponderoso volume di 592 pagine dense di Fede, di Amore, di Speranza. L’Autore dei
nostri Statuti è ignoto.
Ai nostri occhi di sannicolesi quell’opera appare magnifica, in alcuni «passi»
assolutamente deliziosa.
Il 20 Ottobre 1682 mons. Ottavio Paravicino, vescovo di Mileto, approvò quegli
Statuti e quelle Regole, apponendovi in calce significative espressioni di lode e,
naturalmente, la propria firma:
«Datum MontisLeonis die 20 Ottobre 1682. Octavius Episcopus Miletensis». E
proprio dagli Statuti provengono garbatissimi obblighi - ma pure sempre obblighi - per
i confratelli:
«Quando però Iddio volesse, per mostrar la sua providenza, moltiplicar l’elemosine,
sarebbe molto conveniente che la Congregazione havesse un Altare dedicato al SS.
Crocefisso con la sua Imagine di rilievo e con i paramenti necessarij».
Garbato nelle espressioni - il desiderio. Impegnativo - però - l’invito, raccolto ed
eseguito dai confratelli che non esitarono a costituire un «Fondo per la Erigenda
Cappella del SS. Crocefisso», così come risulta da molti documenti dell’epoca.
Dal più antico di essi traggo un breve stralcio. È il testamento della vedova di tal
Gioseppe De Martino morto nel 1717.
«... lascia legati cossì li Docati dieci dati e consegnati dal venerato quondam Gioseppe
De Martino suo marito, vivente esso, al Prefetto della Congregazione sotto
l’invocazione del SS.mo Crocefisso, a venerazione del quale li fratelli di detta
Congregazione decidevano se ne erigesse una Cappella, come ancora li altri docati
venti consignati da essa doppo la morte etc. etc.». (La somma complessiva era di 55
ducati. La cappella fu eretta all’Altare Maggiore della Chiesa Matrice e nella
interessante cappella lignea tuttora esistente campeggia la bellissima Statua del SS.
Crocifisso di scuola napoletana).
Nel 1734 fu istituita la Messa settimanale del SS.mo Crocefisso che ancor oggi si
celebra e che, secondo il preciso mandato dei nostri antichi confratelli si dovrà sempre
celebrare. «In perpetuum et durante mundo».
Nel 1773 la nostra confraternita fu aggregata all’Arciconfraternita del SS. Crocifisso
di S. Marcello in Urbe, frutto di un costante rapporto degli uomini di S. Nicola con
una importante parte del laicato romano e, di seguito, le non troppo liete vicende del
periodo dei regi assensi di tanucciana memoria.
E infine - ai giorni nostri, dopo il Concilio Vaticano II - una forte attività tesa alla
rinascita delle confraternite calabresi in stretta comunione di intenti, di fervore e di
impegno con quelle di Dasà (Maria SS. Immacolata e Rosario), del Rosario di S. Vito
Jonio, del SS. Sacramento di Jonadi e di S. Giovanni di Catanzaro.
Proprio in questa chiesa dedicata a Maria Mater Domini, il 20 Maggio 1979 S. Em.za
il Cardinal Giuseppe Paupini Penitenziere Maggiore di Santa Romana Chiesa, di
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SALUTO DEL SEGRETARIO DELLA CONFRATERNITA DEL SS. CROCIFISSO
recente scomparso, presiedette un importante convegno delle confraternite calabresi
che fu forse decisivo per la vita del movimento confraternale, convegno di cui fu
animatore mons. Armando Fares e che fu organizzato dalla confraternita del Crocifisso
di S. Nicola da Crissa, la qual confraternita, frattanto, continuava il suo lavoro e non
soltanto a S. Nicola.
A Roma, infatti, l’avv. Nicola Gerardo Marchese, con la collaborazione di altri nostri
confratelli colà residenti, faceva rinascere, dopo un lungo periodo di stasi e ormai in
fase di estinzione, l’antica Arciconfraternita del SS. Crocifisso di S. Marcello di cui è
tuttora l’attivissimo presidente e la cui opera ha consentito a quella arciconfraternita di
riallacciare i rapporti con le consorelle aggregate d’Italia, di Spagna, di Francia e
anche dell’America Latina.
A Toronto i confratelli emigrati hanno costituito regolarmente (dal 1975)
l’Associazione del SS. Crocifisso ricevendo i permessi dalle Autorità ecclesiastiche e
da quelle di governo del Canada.
Di quei nostri confratelli così ci scriveva - tra l’altro - Padre Isidoro De Miglio della
Parrocchia di S. Francesco d’Assisi in Toronto: «Il SS. Crocifisso, soltanto Lui,
conosce quanto bene viene operato da coloro che lo adorano, lo amano e si sentono
spinti a seguirne gli esempi e che sono stati educati e formati all’ombra mistica e sacra
della confraternita di S. Nicola da Crissa».
E recentemente Pino Macrì, presidente di quell’Associazione, così scriveva alla sua
confraternita di S. Nicola:
«Io, insieme al Comitato, prego il SS. Crocifisso che ci dia la forza e ci mantenga uniti
con una grande fede verso secoli futuri anche in una terra lontana, sperando che un
giorno anche i nostri figli ci seguiranno come noi abbiamo seguito i nostri Padri».
È questa la sintesi del nostro passato, anche recente. Che intendiamo proiettare nel
futuro, in sintonia con quanto ci scriveva il nostro confratello di Toronto.
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SALUTO DEL PRIORE DELLA CONFRATERNITA DEL SS. ROSARIO
SALUTO DEL PRIORE DELLA CONFRATERNITA DEL SS. ROSARIO
Domenico Carnovale
Come Priore della confraternita del SS. Rosario, in S. Nicola da Crissa, saluto il Sig.
Sindaco, Franco Teti, tutti i responsabili del progetto, gli studiosi che, con la loro
presenza e le loro relazioni, ravviveranno questo convegno.
La confraternita del SS. Rosario ha lo scopo principale di diffondere la devozione alla
Madonna ed al suo Rosario.
A questo si aggiunge quello della solidarietà, dell’assistenza ai bisognosi dove è
carente lo Stato. Vive con le quote dei confratelli (mille lire all’anno, fino all’anno
scorso la metà), con le libere offerte e con i risparmi dei festeggiamenti annuali.
Dal 1980, anno in cui sono stato eletto priore, abbiamo risparmiato oltre cento milioni.
Così si sono potute acquistare delle abitazioni, confinanti con la chiesa, che stiamo
ristrutturando per trasformarle in una piccola casa di riposo per le persone più
bisognose del paese.
Nel passato, le confraternite sono state molto importanti, perché, in un periodo storico
in cui non vi era Azione Cattolica, non vi erano Focolarini, non vi erano Ciellini, non
vi erano «Maria Cristina», non vi erano ancora Oratori salesiani, non vi erano Terzi
Ordini religiosi, nei paesi dove non vi era un convento di Francescani o di
Domenicani, esse erano la vita della parrocchia. Pur con i loro limiti, con i difetti degli
uomini, rappresentavano un centro di vita cristiana, perché avevano una loro
spiritualità particolare alla quale restavano fedeli e che, con tanta abnegazione ed
entusiasmo, trasmettevano ai posteri.
Ora i tempi sono cambiati, i movimenti nuovi potranno dare una nuova linfa ed una
certa collaborazione alla gerarchia ecclesiastica, ma se le confraternite, alla spiritualità
originaria, sapranno aggiungere ed indirizzare il volontariato, che è numeroso fra i
confratelli, verso la solidarietà e l’assistenza agli emarginati, agli anziani, alle persone
che vivono in solitudine, avranno ancora un posto importante nella Chiesa e nella
comunità.
Con questi pensieri auguro che il vostro lavoro storico e scientifico metta nel giusto
valore l’importanza che hanno avuto e che avranno le confraternite nella storia della
Chiesa e della società civile.
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SALUTO DEL PRIORE DELLA CONFRATERNITA DEL SS. ROSARIO
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LE CONFRATERNITE NEL MERIDIONE E LA LORO INCIDENZA NELLA CHIESA E NELLA SOCIETÀ
LE CONFRATERNITE NEL MERIDIONE E LA LORO INCIDENZA NELLA
CHIESA E NELLA SOCIETÀ
Pietro Borzomati
Lo scorso anno a Caulonia, in provincia di Reggio Calabria, si è avuto un contenzioso
tra l’arciconfraternita del SS. Rosario ed il vescovo di Gerace-Locri a causa delle
irregolarità che si ebbero nel sodalizio per l’elezione del priore e dei consiglieri. Il
vescovo scrisse all’assistente dell’arciconfraternita, a tutti i confratelli, ai fedeli di
Caulonia e dispose che venisse ristampato il testo del regio decreto del 17 settembre
del 1940 con cui si elencavano le confraternite della provincia che passavano alle
dipendenze dell’autorità ecclesiastica per ciò che concerneva il funzionamento e
l’amministrazione «ai termini dell’art. 29, lettera c del Concordato con la Santa Sede»
1. Il vescovo interdì la chiesa della confraternita, denunciò le irregolarità commesse
per le elezioni del priore, nominò un commissario straordinario ed invitò i fedeli alla
preghiera «perché l’onnipotenza dell’Amore illumini le loro menti [dei confratelli
dissidenti] e i loro cuori e li faccia strumenti di unità e di pace» 2.
L’episodio è significativo; in questa sede non interessa quale è stata la conclusione del
contenzioso, bensì ciò che è accaduto, a vent’anni circa dal concilio ecumenico
Vaticano II, un evento che non può non stimolarci a ricerche e studi sul passato, se non
altro per chiarire le motivazioni di fondo di alcune sopravvivenze nel mondo
confraternale del Sud quali, ad esempio, i contrasti tra i confratelli ed il loro assistente
spirituale e le curie vescovili, la strumentalizzazione di queste istituzioni ecclesiali da
parte del notabilato.
Ma, nelle confraternite di oggi, si hanno anche lodevoli esempi di vita di pietà e di
solidarietà. Gli atti del congresso, indetto dalla diocesi di Oria, sulle «Confraternite
oggi: rinnovamento nella continuità» confermano infatti la vitalità spirituale di esse 3.
Nel corso dell’incontro di Oria, a cui parteciparono tutti i responsabili delle trentatré
confraternite della piccola diocesi pugliese, si è deciso, ad esempio, una
«riorganizzazione spirituale e di ricarica di impegno operativo» 4 al fine, anche, di
promuovere, in piena intesa con la Chiesa locale, un incisivo apostolato ed una mirata
azione sociale a favore soprattutto degli emarginati.
La persistenza di questo mondo confraternale nelle comunità ecclesiali del
Mezzogiorno alle soglie del Duemila pone ulteriori domande su ciò che queste
istituzioni promossero nel Sud nei trascorsi secoli e, cioè, se esse effettivamente
riuscirono ad assicurare ai confratelli una solida formazione cristiana ed in che misura
indicarono nella vita di perfezione cristiana le modalità per imitare i loro venerati
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LE CONFRATERNITE NEL MERIDIONE E LA LORO INCIDENZA NELLA CHIESA E NELLA SOCIETÀ
Santi Patroni, e ciò anche per rinsaldare la pietà del popolo ed in particolare quella
cristologica.
È vero che i decreti vescovili sulla vita delle confraternite normalmente tendevano a
porre un argine alla vita rilassata di esse, ma è altresì risaputo che questi atti episcopali
raramente si soffermavano sulla vita spirituale o l’edificante pietà degli aggregati. I
decreti, in realtà, venivano emanati prevalentemente per condannare abusi o deviazioni
dottrinali e per riaffermare e tutelare i rapporti di sudditanza con la gerarchia e,
raramente, per un’azione di coordinamento con i programmi pastorali.
Questi decreti erano solamente volti a reprimere gli abusi, in quanto si riteneva, salvo
alcune eccezioni, che l’esemplarità di vita delle confraternite dei fratelli non dovesse
essere evidenziata. Tutto ciò senza contare che, normalmente, negli archivi
ecclesiastici si conservavano soprattutto gli atti «giudiziari» e, cioè, decreti,
notificazioni su particolari aspetti e momenti essenzialmente negativi della vita della
Chiesa e che, raramente (salvo che gli atti dovessero essere conservati per disposizione
canonica in archivio come ad esempio gli atti dei processi di canonizzazione), si
custodivano i documenti sulla vita edificante del clero e dei fedeli.
In un decreto, ad esempio, sullo stato delle confraternite della diocesi di Oria del 1897,
si denunciava come in queste istituzioni vi fosse «l’inosservanza di Regole e Statuti,
l’inadempienza circa la tassa d’iscrizione, casi di ribellione e disprezzo della legge
morale, abbandono dei sacramenti, inosservanza del precetto pasquale, mancanza di
pace, ordine, moralità, pietà cristiana, l’aggregazione di persone discole, scandalose e
di costumi riprovevoli (bestemmiatori abituali, frequentatori di case di peccato, viventi
in relazioni illecite, assidui alle bettole per giocare e ubriacarsi, inadempienti al
precetto pasquale, condannati a pene di giustizia)», queste persone si andavano
introducendo nelle confraternite, contravvenendo alle norme degli statuti che ne
vietavano l’iscrizione, «amministrazione irregolare, morire senza sacramenti,
partecipazione a funerali dove non era presente il parroco o il sostituto con la croce,
assenteismo alla processioni e alle associazioni dei cadaveri» 5. Che dire poi dei
giudizi assai severi del vescovo Nicola Monterisi? Il prelato nel 1931 definiva le
confraternite «mummificate in organismi di semplice parata e di servizio funebre,
appunto perché nella loro vita spirituale furono soppressi istruzioni e sacramenti,
credendo di reggersi con l’esercizio del solo culto ma questo finisce con l’inaridirsi
come frutto, il cui albero ebbe recisi radici e fusto. Il loro sacerdote ha nome ancora di
direttore, o padre spirituale, ma il compito si restringe alle solite funzioni, e a
seppellire i confratelli» 6.
Si è, inoltre, opportunamente detto che il movimento cattolico fu promosso in ritardo
nel Mezzogiorno per la diffusa convinzione che quei ruoli sarebbero stati svolti, come
in passato, dalle confraternite 7. In verità gli ecclesiastici meridionali erano convinti di
ciò non avendo compreso, o voluto comprendere, i contenuti di programmi e le finalità
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del movimento cattolico. Ma la mancanza di studi sul mondo confraternale del Sud
dopo l’Unità non ci consente, in realtà, di conoscere programmi, ruoli ed impegni delle
fraternite. Nei nostri studi di storia sociale e religiosa non abbiamo attentamente
valutato, ad esempio, la straordinaria estensione ed estensibilità delle confraternite, ma
soprattutto, come si è avvertito, non abbiamo considerato la vita delle stesse fraternite
in età contemporanea per verificare se non altro la loro vera consistenza ed i riflessi
che ebbero nella Chiesa e nella società. È certo, comunque, che la storia del notabilato
del Mezzogiorno negli ultimi due secoli può essere ricostruita solo se saranno portati
avanti ricerche e studi sul mondo confraternale. I notabili, infatti, si erano appropriati
delle confraternite per trarne benefici e prestigio, per strumentalizzare le devozioni per
finalità egemoniche.
La consistenza economica di queste istituzioni (lasciti, donazioni, patrimoni
confraternali, capitali per le opere di misericordia o per la committenza di chiese,
oratori, opere d’arte, suppellettili, ornamenti) non passò in realtà inosservata ed i
«galantuomini» ne trassero notevoli profitti. Questi aspetti sono stati parzialmente
affrontati al seminario di studi su «La sociabilità religiosa nel Mezzogiorno: le
confraternite laicali» 8. Ma, in quell’incontro, si sono avuti buoni risultati; Antonio
Cestaro ad esempio ha acutamente osservato che la confraternita nel Sud «è venuta a
rappresentare un passaggio obbligato, un crocevia in cui finiscono col convergere, da
diversi punti di partenza, vari filoni di interesse, tutti tendenti a lumeggiare, con nuovi
e più affinati strumenti, linee e tendenze della vita religiosa quale si andò
manifestando nell’età moderna: dalle strutture ecclesiastiche post-tridentine alla
sociabilità religiosa, dalla organizzazione assistenziale-ospedaliera ai problemi del
pauperismo, dall’atteggiamento dinanzi alla morte alle prime rudimentali forme
creditizie» 9.
Nel corso di quel convegno Maria Mariotti, che aveva coordinato le ricerche sulle
confraternite in Calabria, ha, significativamente, rilevato che «dai dati finora raccolti
non emergono indicazioni significative sugli orientamenti e i livelli di spiritualità e di
pietà proposti e professati, anche se non pienamente vissuti» 10. Questa affermazione
ci riporta ad una constatazione e, cioè, che perdura la scarsa sensibilità negli studiosi
per momenti così qualificanti del mondo confraternale, come, appunto, la preghiera, la
formazione, le liturgie. Abbiamo studiato gli statuti, lo stato patrimoniale di esse, ma
in realtà nelle indagini si sono trascurati quegli aspetti di vita spirituale e di pietà che
pur stanno alla base di ogni altro impegno. Sappiamo, inoltre, poco o nulla sulla
predicazione nelle confraternite e sul persistere, ad esempio, di varie forme
penitenziali proposte ed accettate dai fratelli anche in età contemporanea.
Ha scritto Giovanni Vitolo che «la tradizione penitenziale dei Disciplinati [...] se si
diffuse nel Mezzogiorno più tardi rispetto al resto dell’Italia, trovò nella tendenza a
vivere l’esperienza religiosa su un piano emotivo-fisiologico, che a volte affiora
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ancora oggi nelle popolazioni meridionali, un ambiente più adatto alla sua
conservazione e al suo sviluppo per cui, sia pure confinata in zone ove più immobili
sono state nel corso dei secoli le strutture economiche e sociali, ha potuto conservarsi
sino ai nostri giorni» 11. Vincenzo Paglia dal canto suo ha osservato che «una storia,
[...] quella delle confraternite del Mezzogiorno [è] diversa e autonoma da altre. Essa
non può eludere quello spirito laicale ereditato da una tradizione secolare, che si fa
forte della componente giurisdizionale e regalista che determina un certo rapporto con
l’autorità ecclesiastica» 12.
Gli studiosi del mondo confraternale del Mezzogiorno sono, quindi, sollecitati a
rispondere con le loro ricerche ed i loro studi ai tanti interrogativi che emergono dalle
più recenti analisi sul passato confraternale. Ciò per sapere, ad esempio, le motivazioni
della vitalità o delle crisi di queste istituzioni, gli orientamenti devozionali e
l’incidenza che ebbero gli ordini religiosi nella vita delle confraternite e
conseguentemente nella pietà popolare, il ruolo dei predicatori ed i rapporti delle
fraternite con le diocesi e le parrocchie, i legami con il territorio ed il peso politico che
esercitarono, la loro funzione sociale e la mentalità dei fratelli, chi erano i priori e gli
assistenti ecclesiastici e la vita economica di queste istituzioni.
Quello del Mezzogiorno è un mondo dove la confraternita ha avuto un suo ruolo e ad
essa aderivano artigiani, borghesi, nobili, professionisti e gente impegnata, potente ma
anche umile. Si deve, inoltre, tener presente che in queste fraternite si ebbero nel corso
dei secoli notevoli cambiamenti, che in esse si coniugavano aspetti devozionali e
finalità essenzialmente sociali, che furono sempre attente alle tradizioni locali per cui
hanno adeguatamente risposto a bisogni particolari di differenti territori e di persone
diverse anche per estrazione sociale. È certo, comunque, come si evince dagli studi
sinora compiuti, che le confraternite non accumularono ricchezze e furono estranee
all’imprenditoria.
Ma, ed è utile ribadire, la confraternita ebbe prospettive essenzialmente religiose; si
deve a questa istituzione l’incremento della pietà eucaristica e mariana, riflessioni sui
problemi della morte, la capacità di soddisfare le esigenze devozionali del popolo
meridionale.
La loro incidenza nella Chiesa e nella società del Mezzogiorno è stata notevole; è vero
che crisi e deviazioni causarono serie difficoltà alla Chiesa ed in particolare alla
gerarchia, che esse furono oggetto di palese strumentalizzazione per finalità
essenzialmente egemoniche, ma è altrettanto certo che le confraternite contribuirono
all’annuncio del Regno e, soprattutto nei centri più sottosviluppati, alla evoluzione
sociale anche degli emarginati, non mancando di essere associazioni laicali dove
liberamente si potevano dibattere i diversi problemi ed eleggere a scrutinio segreto i
propri dirigenti. E ciò non è stato poco in una società per molti aspetti deperita nelle
sue generali condizioni. Urge, quindi, avviare nuove ricerche al fine di conoscere
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LE CONFRATERNITE NEL MERIDIONE E LA LORO INCIDENZA NELLA CHIESA E NELLA SOCIETÀ
aspetti e momenti della spiritualità e della pietà nelle confraternite anche in età
moderna e contemporanea, cioè, su modi di vita essenzialmente religiosi che pur si
ebbero e che portarono anche all’ascesi, alla contemplazione ed alla santità.
Note
1 «Rivista diocesana della Chiesa di Locri-Gerace», II, 1991, pp. 12-20.
2 Ibid., p. 17.
3 Confraternite oggi: rinnovamento nella continuità, Manduria 1988.
4 Ibid., p. 24.
5 Ibid., pp. 43-44.
6 N. MONTERISI, Trent’anni di episcopato nel Mezzogiorno (1913-1944). Memorie, scritti
editi ed inediti, a cura di G. DE ROSA, Roma 1981, p. 358.
7 P. BORZOMATI, Movimento cattolico e Mezzogiorno, in «Dizionario Storico del
Movimento Cattolico in Italia», Torino 1981, I/1, pp. 122-129.
8 «Ricerche di storia sociale e religiosa», ns, XIX (1990), 37-38.
9 A. CESTARO, Il fenomeno confraternale nel Mezzogiorno: aspetti e momenti, in «Ricerche
di storia sociale e religiosa», ns, XIX (1990), pp. 15-51, in particolare p. 17.
10 M. MARIOTTI, Ricerca sulle confraternite laicali del Mezzogiorno in età moderna.
Rapporto dalla Calabria, in «Ricerche di storia sociale e religiosa», ns, XIX (1990), pp. 141183, in particolare p. 156.
11 G. VITOLO, Contributo alla storia delle confraternite dei disciplinati in Campania tra
Medioevo ed Età Moderna, in «Ricerche di storia sociale e religiosa», ns, IX (1980), 17-18, pp.
173-187, in particolare p. 187.
12 V. PAGLIA, Contributo allo studio delle confraternite romane dei secoli XV-XVI, in
«Ricerche di storia sociale e religiosa», ns, IX (1980), pp. 233-276, in particolare p. 236.
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SITUAZIONE E PROSPETTIVE DEGLI STUDI SULLE CONFRATERNITE IN CALABRIA (FONTI E BIBLIOGRAFIA - ASPETTI RELIGIOSI)
SITUAZIONE E PROSPETTIVE DEGLI STUDI SULLE CONFRATERNITE IN
CALABRIA (FONTI E BIBLIOGRAFIA - ASPETTI RELIGIOSI)
Maria Mariotti
1. Consistenza documentaria e bibliografica
sulle confraternite calabresi
Nelle ricerche e riflessioni che da vari decenni vado conducendo sulla vita della
Chiesa nella società calabrese in età moderna e contemporanea, solo marginalmente
avevo sfiorato il tema delle confraternite. Esso tuttavia spesso emergeva tra gli aspetti
più rilevanti e forse anche più suggestivi di questa vicenda.
Lo stimolo ad occuparmene direttamente, sebbene senza sistematico impegno su fonti
specifiche, si ricollega all’invito ricevuto nel 1985 da Gabriele De Rosa a coordinare
la ricerca per l’area calabrese in vista di un seminario di studio su La sociabilità
religiosa nel Mezzogiorno: le confraternite laicali. Non avevo esitato allora ad
accettare perché sapevo di poter contare sulla competenza e l’impegno di alcuni
studiosi che da tempo conducevano sull’argomento indagini capillari presso
biblioteche e archivi prevalentemente calabresi e ne avevano già reso noto o stavano
per pubblicarne qualche risultato. Ed è stata infatti immediata e generosa la loro
disponibilità a collaborare 1.
Eravamo d’accordo nella scelta della via più difficile, per il cammino comune
intrapreso. Avremmo potuto infatti far consistere il nostro contributo
nell’approfondimento dell’analisi su singole confraternite o su ristretti gruppi di esse,
entro limitati ambiti di città e paesi in zone diverse della regione. Ci è sembrato invece
più urgente e proficuo sotto il profilo storico-storiografico, allo stato delle ricerche,
tentare un accertamento d’insieme sulla documentazione esistente in tutto il territorio
calabrese.
Non avevamo ovviamente posto limiti nello stabilire il termine cronologico a quo della
ricerca, nella fragile speranza, rivelatasi poi non del tutto illusoria, di spostare quanto
più possibile all’indietro, rispetto alla fase «postridentina», il reperimento di qualche
segno di vita per le confraternite calabresi. Il termine ad quem era stato esteso fino a
raggiungere gli anni sessanta del nostro secolo: estremo limite possibile per condurre
correttamente una ricerca storica, come ci eravamo proposti.
Quanto agli ambiti spaziali dell’indagine, la più naturale suddivisione fra i ricercatori
ci era sembrata quella delle 12 diocesi esistenti dal 1986 in Calabria (cartina 1),
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SITUAZIONE E PROSPETTIVE DEGLI STUDI SULLE CONFRATERNITE IN CALABRIA (FONTI E BIBLIOGRAFIA - ASPETTI RELIGIOSI)
tenendo però conto delle situazioni precedenti che registravano in regione, dal secolo
XIV, 24 diocesi (cartina 2) ridotte nel 1818 a 18 (cartina 3) con l’aggiunta di Lungro
nel 1919 (cartina 1). La ricerca allora ha toccato, in misura completa o parziale, le
diocesi di Reggio, Oppido-Palmi, Locri-Gerace, Mileto-Nicotera-Tropea, CatanzaroSquillace, Lamezia Terme, Crotone-Santa Severina, Cosenza, Rossano-Cariati,
raggiungendo il numero complessivo di oltre 1300 sodalizi. Per limitazioni personali e
tecniche non è stato possibile estenderla a San Marco-Scalea, Cassano Jonio, Lungro,
Bova (parte di Reggio), Bisignano (parte di Cosenza).
Gli ambienti privilegiati in cui la ricerca si è svolta sono stati, ovviamente, gli archivi
storici delle diocesi (anche di quelle soppresse o accorpate) e gli archivi di Stato (dei
tre capoluoghi e delle relative sezioni). Nei primi si è attinto prevalentemente alle
relazioni delle visite pastorali (originali) e per le visite ad limina Apostolorum (per lo
più fotocopie delle collezioni vaticane). Nei secondi sono stati fecondi di notizie
soprattutto gli atti notarili. Ma, al di là di queste fonti «seriali», preziosi dati sono
emersi da documenti isolati come atti di costituzione o di ravvivamento,
riconoscimenti ecclesiastici e assensi regi, concessioni, vertenze, contratti, atti
amministrativi, ecc.: talora consapevolmente cercati, talora scoperti seguendo piste
diverse. E non meno proficua è stata l’individuazione di materiale manoscritto e a
stampa riguardante la vita delle confraternite: statuti, regole, cronache, manuali di
preghiera, elenchi di beni posseduti e di offerte ricevute, attestati di acquisti, vendite
ed elargizioni, libri contabili, ecc., reperiti anche presso archivi e biblioteche di
parrocchie, congreghe, famiglie, luoghi pii.
Un limitato allargamento dello sguardo a materiale esistente fuori regione,
direttamente tentato da qualcuno, è stato agevolato dal sussidio di alcuni studi (come
ad esempio un saggio del padre Guglielmo Esposito sulle confraternite del Rosario
condotto presso l’archivio generale dei Domenicani). Ma soprattutto è stato guidato
dai risultati della pionieristica ininterrotta opera del padre Francesco Russo, raccolti
nelle sue «storie» della Chiesa in Calabria, delle diocesi di Nicastro, Cosenza, Reggio,
Cassano, degli ordini religiosi specialmente Francescani e Minimi, e nel Regesto
Vaticano per la Calabria giunto allora al IX volume pubblicato nel 1986 (fino all’anno
1708).
Al convegno svolto a Roma nei giorni 10, 11, 12 dicembre 1987, che ci ha visti tutti
presenti, il risultato delle varie ricerche, come era previsto, è stato sintetizzato in un
mio «rapporto», pubblicato negli atti apparsi nel 1992 2. Non hanno potuto purtroppo
in essi trovare posto i testi preparati dai singoli collaboratori: la loro consistenza
avrebbe sbilanciato l’economia del volume, poiché per nessuna delle altre zone
interessate era stato condotto un lavoro così capillare e denso. Ed è riuscito vano un
tentativo di pubblicazione con contributo del CNR: la nostra richiesta, come in altri
casi, è stata «cortesemente» respinta perché l’opera, pure ritenuta apprezzabile, non
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SITUAZIONE E PROSPETTIVE DEGLI STUDI SULLE CONFRATERNITE IN CALABRIA (FONTI E BIBLIOGRAFIA - ASPETTI RELIGIOSI)
rientrava nei piani e nei fini dell’istituzione ... In paziente attesa di altra opportunità, si
è continuato a sviluppare l’indagine integrandone i dati già acquisiti ed estendendola
alle zone che ne erano rimaste escluse.
L’occasione si è presentata in modo imprevisto: l’invito rivolto da Vito Teti alla nostra
Deputazione a collaborare all’elaborazione e attuazione di un progetto del
Dipartimento di Filologia e del Centro Interdipartimentale di Documentazione demoantropologica dell’Università della Calabria per un convegno sulle confraternite in
regione.
La nostra adesione, pronta e cordiale sotto il profilo della «simpatia» umana, è stata
sottoposta ad attenta riflessione quanto all’impegno scientifico. Ci rendevamo conto
infatti della diversità di prospettiva e di taglio che caratterizzava in questo caso (a
differenza da quello dell’iniziativa romana) il comune interesse verso il tema
«confraternite» e in genere «religione popolare»: specificamente sociologicoantropologico per il gruppo dell’Università, essenzialmente storiografico per quello
della Deputazione. Ciò significa differenziazione non solo di riferimenti cronologici
(prevalente attenzione rivolta al presente oppure al passato) ma anche di fonti
(manifestazioni vissute di fenomeni nella loro constatata e prevedibile ripetitività
oppure testimonianze scritte e orali di avvenimenti nella loro irripetibile originalità) e
quindi di metodi (quanto più possibile rigorosamente sperimentali - anche se di
sperimentazione sui generis come sempre quando ne è oggetto l’uomo - oppure
descrittivi-interpretativi di «monumenti» e «documenti»).
Ci è sembrato tuttavia di potere, anzi di dovere accogliere l’invito, oltre che per
l’opportunità di sviluppare le ricerche avviate e metterne in comune su piano più vasto
i risultati, per l’eccezionale occasione di incontro «sul campo» fra studiosi che
riflettono sullo stesso tema in prospettive diverse. Proprio la presa di coscienza in actu
exercito delle differenze, evitando generiche commistioni o preconcette
contrapposizioni, può favorire una discreta, rispettosa «interdisciplinarietà», nel
tentativo di fare qualche piccolo progresso nel comprendere la multiforme complessità
della realtà umana di ieri e di oggi, e nel nostro caso di quella espressa attraverso le
«confraternite religiose» calabresi.
Questa intenzionalità, forse più implicita che esplicita, ci ha indotti, nella fase di
progettazione, a non porre limiti all’accoglienza dei vari contributi richiesti o offerti.
Ne è risultato un programma che prevede quarantaquattro interventi: forse
fantasmagorico nell’enunciazione dei temi, certo sproporzionato alla limitatezza del
tempo disponibile. L’intelligenza dei partecipanti saprà cogliere il filo unitario
nell’evidente varietà e nell’apparente dispersività degli argomenti proposti. La
discrezione dei relatori vorrà rendere sopportabile il peso che queste tre intense
giornate imporranno a tutti noi: che siamo qui non per una sosta distensiva (e tanto
meno evasiva), ma per dare, mediante questa fatica intellettuale e fisica, un altro
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piccolo contributo al tentativo di recuperare la consapevolezza di una identità
calabrese oggi più che mai esposta a rischio di perdita irrecuperabile.
Attraverso gli atti, che speriamo possano riprodurre integralmente relazioni e
interventi, saranno meglio puntualizzati i risultati raggiunti e le possibilità di sviluppo
degli studi sulle confraternite in Calabria, cui in questa introduzione «a due voci» non
possiamo che accennare: non solo sotto l’aspetto documentario e bibliografico, ma
anche nella molteplicità di profili (psicologici, sociologici, economici, politici,
religiosi, culturali) che la realtà confraternale implica, con prevalente riferimento alla
Calabria e con qualche apertura esemplificativa o sintetica verso altre regioni del Sud.
Da quanto già detto appare con chiarezza la discreta consistenza documentaria e
bibliografica, sebbene limitata e frammentaria, sulle confraternite calabresi,
puntualizzata attraverso le ricerche già compiute a partire dagli ultimi decenni
dell’Ottocento. Devo però accennare ad una fortunata coincidenza che ci consentirà di
allargare ulteriormente l’informazione su fonti e studi in argomento. È uno degli ultimi
contributi di cui siamo grati al padre Francesco Russo. Circa un anno prima della
morte, avvenuta nell’agosto 1991, egli aveva predisposto un dattiloscritto di oltre 350
cartelle nel quale erano elencate, in ordine alfabetico-topografico (città, paesi, frazioni,
ecc.), tutte le notizie su confraternite calabresi reperite lungo il sessantennio delle sue
ricerche. L’editore dott. Domenico Laruffa con intuito e coraggio ne aveva assunto
l’impegno di pubblicazione pur senza alcuna garanzia di almeno parziale copertura
finanziaria. La scomparsa dell’autore ha rafforzato l’obbligo morale di condurre a
termine l’impresa. E non è esagerato parlare di impresa perché del testo provvisorio e
incompleto consegnato dal padre non erano purtroppo ormai più possibili revisioni e
chiarificazioni da parte sua. Con la generosa collaborazione di Antonio Tripodi,
Franco Arillotta, Bruno Polimeni, Luigi Intrieri si era avviato un estenuante lavoro di
precisazioni, correzioni, integrazioni indispensabile per una pubblicazione decente, se
non perfetta. Non ci illudevamo di avere a disposizione il volume entro brevi termini;
e le moltiplicate difficoltà ci inducono a dubitare della possibilità della sua
pubblicazione. Intanto però, l’avere in mano la prima stesura di questo nuovo
«regesto» mi ha messa in condizione di potermi fare un’idea approssimativa della
preziosa integrazione che esso potrebbe offrire al proseguimento della ricerca comune.
Quanto alle fonti, il repertorio inedito del Russo dà minore spazio a quelle conservate
in Calabria, ma in compenso arricchisce le informazioni sulla documentazione
esistente presso gli archivi napoletani (specialmente Archivio di Stato, R. Camera di
Santa Chiara, Cappellano Maggiore, per conferme settecentesche degli statuti) e
romani: Archivio Segreto Vaticano (Congregazione del Concilio per relazioni di visite
ad limina, Congregazione dei Vescovi e Regolari per relazioni di visite apostoliche,
Dataria Apostolica per successioni e controversie, Registro Vaticano, Segreteria dei
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SITUAZIONE E PROSPETTIVE DEGLI STUDI SULLE CONFRATERNITE IN CALABRIA (FONTI E BIBLIOGRAFIA - ASPETTI RELIGIOSI)
Brevi per cappelle, altari e indulgenze, Segreteria Camerale) ed altri particolarmente
importanti per le aggregazioni alle arciconfraternite primarie (San Lorenzo in Damaso,
Concezione [Francescani Minori]; SS. Apostoli, Immacolata [Francescani
Conventuali]; Santa Maria sopra Minerva, SS. Sacramento [Domenicani]; Santa
Sabina, Rosario [Domenicani]; San Marcello, Addolorata [Serviti]). Quanto agli studi,
il Russo tiene conto di quelli noti al nostro gruppo di lavoro, aggiornati fino alla
raccolta di studi a lui dedicata 3 e alle annotazioni aggiunte al mio rapporto 4; ma ne
cita parecchi altri, in prevalenza meno recenti, più difficilmente reperibili e non
sempre ricordati nei saggi degli altri studiosi.
Questo allargamento di informazioni documentarie e bibliografiche ha rilevanza non
solo erudita. È molto importante per un più preciso accertamento sul numero delle
confraternite calabresi, che risulta più consistente dei dati acquisiti attraverso la nostra
ricerca, e sulla loro diffusione capillare nel territorio della regione. Ma è di notevole
rilievo soprattutto per l’arretramento al periodo pretridentino di alcune date di origine:
c’è solo qualche barlume per i secoli XIII e XIV, ma indizi abbastanza sicuri per il XV
e la prima metà del XVI. L’estensione della «retrospettiva» cronologica non può non
influire sulle «prospettive» problematiche, per il proseguimento degli studi riguardanti
le confraternite nelle loro caratterizzazioni sociologiche, giuridiche, ecclesiastiche (e
relativi rapporti con autorità politiche e civiche, vescovi, clero diocesano e regolare),
composizione sociale, incidenza socio-economica e culturale, contenuti di culto,
devozione, pietà, spiritualità.
Il padre Russo aveva certo avuto consapevolezza dell’importanza di questo suo
contributo. Nella breve prefazione egli infatti si soffermava sulle poche ma
significative notizie intorno alle confraternite esistenti in Calabria nel Quattrocento e
nella prima metà del Cinquecento. E sottolineava la loro prevalente caratterizzazione
penitenziale, spesso con specifica denominazione di «flagellanti», «battenti»,
«disciplinati», ecc.; la presenza di vari sodalizi dedicati al «Corpo di Cristo» o «SS.
Sacramento» (particolarmente incrementati sotto il pontificato di Paolo III, 1534-49);
l’esistenza di confraternite del Rosario antecedentemente al Concilio (1545-63) e a
Lepanto (1571); la coesistenza di titoli caduti nel prosieguo di tempo in disuso (ad es.
S. Maria di Melissa, Reggio; Veterana, Nicastro) con altri persistenti nei secoli
successivi (oltre a SS. Sacramento: Annunziata, Immacolata, Carmine, Soccorso,
Suffragio, Grazie, San Michele Arcangelo, Santa Caterina vergine e martire, San
Giorgio); qualche caso di aggregazione alle primarie romane (come SS. Sacramento di
Molochio, 1548, e Corpo di Cristo di Mormanno, 1539, a S. Maria sopra Minerva;
Annunziata di Reggio, 1538, senza precisazione).
Questi fragili spunti, uniti ad altri emergenti da fonti e studi diversi, si collegano ad
una questione di grande importanza per la storia della Chiesa in età moderna e
contemporanea: la posizione e funzione del Concilio di Trento e il rapporto tra la
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«riforma cattolica» da esso avviata e la «preriforma» che l’ha preceduto e preparato.
Non intendo qui neanche sfiorare la complessità del tema «riforma cattolica» e/o
«controriforma», ampiamente dibattuto ad alto livello (da Pastor a Jedin, da Cantimori
a Bendiscioli, da Marcocchi ai Firpo) e per la Calabria approfondito da vari nostri
studiosi (fra i quali non posso non ricordare Ernesto Pontieri e Pasquale Sposato).
Osservo solo che, attribuendo ai termini «riforma cattolica» significato costruttivo e
propositivo prevalentemente religioso, a «controriforma» senso difensivo e repressivo
con forti implicanze politiche, la fedeltà alla storia esige che essi siano intesi e assunti
non come alternativi ma come integrativi 5. E ricordo che, nella fase cui ci riferiamo,
il movimento di «riforma cattolica» si pone non solo come «controriforma» rispetto
alle istanze e alle aggressioni della «riforma protestante», ma anche, molto prima e
molto dopo, come «autoriforma» rispetto a incoerenze, infedeltà, deviazioni
riconosciute e confessate all’interno della stessa cristianità cattolica 6.
Ritengo che questo aspetto di «autoriforma» pre e post tridentina vada tenuto ben
presente nello studio delle confraternite calabresi. Anzitutto per capire il ruolo da esse
esercitato nel movimento di purificazione e rinnovamento abbastanza vivacemente
operante qui da primo Quattrocento a metà Cinquecento, specialmente per impulso di
alcuni ordini mendicanti: Francescani, Domenicani, Agostiniani, Carmelitani, Minimi,
Cappuccini, che (ad eccezione dei primi Francescani presenti fin dalle origini
dell’Ordine), proprio in quel periodo e in quello spirito si inserivano tardivamente
nella regione. E anche per cogliere i caratteri di continuità e/o di novità dalle
confraternite assunti nella fase immediatamente postridentina e fino a tutto il Seicento,
nel rispetto e insieme nel controllo ecclesiastico della loro specificità laicale, sia
nell’intensificazione del rapporto di alcune di esse con i religiosi (e ai mendicanti si
aggiungono ora le congregazioni di chierici regolari, particolarmente i Gesuiti), sia nel
tentativo di raccordo del particolare impegno confraternale con i progetti riformatori
dei vescovi e del clero diocesano.
La questione si ripropone per il Settecento e l’Ottocento, nel mutato quadro politico
delle varie forme di «giurisdizionalismo», dall’equivoca coesistenza di diffidenze e
alleanze fra «trono e altare», in atto fin dal periodo spagnolo, ai precisi controlli
statali, borbonici di prima e seconda maniera, limitativi e a un tempo promozionali,
sulla vita della Chiesa, che da parte sua cerca di difendersene e insieme di utilizzarli a
proprio vantaggio. Gli «accomodamenti», che di fatto caratterizzano già i rapporti
Chiesa-Stato in regime spagnolo, vengono legalizzati dai Concordati che nelle varie
fasi ulteriori, fino al Novecento, tentano di ricucire fratture e di riattivare intese dopo
momenti di maggiore tensione.
A questo profilo politico-giuridico sono stati particolarmente attenti alcuni studi sulle
confraternite calabresi settecentesche e ottocentesche, favoriti dall’abbondanza di
materiale esistente: regi assensi, soppressioni, ravvivamenti, rifondazioni, controlli
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amministrativi, statuti e regolamenti. Nel proseguimento degli studi andrebbe più
esplicitamente rilevato che questi interventi, nella maggioranza dei casi, segnano non
l’inizio dei sodalizi, ma il riconoscimento statale della loro preesistenza e il tentativo
di normalizzazione in base alle prescrizioni del diritto ecclesiastico e canonico vigente
nei vari periodi.
Il riferimento alle fasi precedenti delle Congreghe rispetto a questi controlli statali
richiama il problema, sempre aperto, di una loro valutazione di positività e/o di
negatività per lo sviluppo della vita confraternale. Ritengo apprezzabili i rilievi di
Augusto Placanica, credo sostanzialmente condivisi da Gabriele De Rosa e da Antonio
Cestaro, ripresi da Maria Rosaria Valensise, che sottolineano l’importanza del
processo di «razionalizzazione» e di conseguente «rivitalizzazione» derivanti da tali
provvedimenti, specialmente nella fase borbonico-tanucciana. E in questo senso va
rilevata una certa concordanza (anche se per motivazioni diverse) con la
preoccupazione pontificia ed episcopale, fin dal secolo precedente, di garantire ordine
e normalità alla multiforme esuberanza confraternale attraverso regole comuni e
vigilanza ordinaria (concili provinciali, sinodi diocesani, visite pastorali prima e dopo
la costituzione Quaecumque di Clemente VIII, 1604; provvedimenti riguardanti le
congreghe in collegamento con la riforma e soppressione dei «piccoli conventi» da
parte di Innocenzo X, inchiesta 1649, decreti 1652 e 1654).
L’apprezzamento positivo degli interventi statali settecenteschi (e per analogia anche
dei successivi) nella vita delle confraternite, avendo presente la caratterizzazione
specificamente religiosa di queste, impone però una duplice riserva, di cui non
possono non tener conto gli studi in corso. Pare che la richiesta del Regio Assenso, da
parte di molte delle oltre 3.500 confraternite del Regno documentate presso il
Cappellano Maggiore, implicasse un’intenzione di garantirsi la «protezione regia»
prendendo le distanze dall’autorità ecclesiastica e mettendosene «al riparo in caso di
controversie» 7: tendenza apprezzabile a salvaguardia del carattere laicale delle
congreghe, ma pericolosa nell’atmosfera giurisdizionalista-anticurialista-anticlericale
di quei tempi e luoghi. Si offriva così, tra l’altro, l’opportunità di infiltrazioni
massoniche nei pii sodalizi 8; e si apriva la via a forme di deteriore laicizzazione che
in seguito avrebbe consegnato molte confraternite in mano a persone di dubbia fede e
di tiepida pratica cristiana o addirittura in posizioni politiche o ideologiche
dichiaratamente anticattoliche. L’innegabile influenza disgregatrice dell’unità e della
comunione ecclesiale esercitata purtroppo da molte confraternite nei secoli XIX e XX
può in parte spiegare la diffidenza dei vescovi e del clero «zelanti» circa la possibilità
di una loro valorizzazione nei tentativi di rinnovamento pastorale e missionario messi
in atto a partire dal pontificato di Leone XIII, specialmente attraverso il movimento
cattolico 9.
Va inoltre considerato in tutta la sua gravità l’aspetto economico a cui si estendeva il
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controllo regio delle confraternite, come delle altre istituzioni ecclesiastiche. Per la
Calabria ulteriore, come è noto, il terremoto del 1783 offrì occasione di pesanti
soppressioni con incameramento di opere e di beni anche a proposito di questi
sodalizi. E la Cassa Sacra non segnò che la prima fase, «borbonica», dei sempre più
massicci interventi operati in tal senso nelle due successive, «francese» e «italopiemontese», a inizio e fine Ottocento. L’acuta analisi critica di quanto avvenuto nella
prima fase, condotta da Augusto Placanica 10, attende continuatori altrettanto
documentati e onesti per la seconda e la terza, anche in rapporto alle confraternite. E
per i vari periodi sarebbe anche da verificare se e come le varie «commissioni» e
«congregazioni» statali e comunali abbiano provveduto a gestire e sviluppare le opere
benefiche sottratte a diocesi, parrocchie, comunità religiose, sodalizi laicali. Mi limito
qui a rilevare che la violenta privazione di risorse economiche compromise
irrimediabilmente l’operosità caritativa delle congreghe che le stesse riforme
illuminate avevano incoraggiato, anzi prescritto. Di tale elemento essenziale alla vita
confraternale, sebbene in forme e misure diverse, andrebbe ricostruita la storia: per le
consistenti iniziative assistenziali promosse in Calabria tra Cinquecento e Settecento e
per i modesti servizi resi anche in tempi precedenti e successivi 11. Nell’individuare le
cause di decadenza, per le congreghe, si dovrà mettere in luce anche questo fattore: la
crescente e poi definitiva frattura tra culto e beneficenza, tra spiritualità e assistenza,
fino all’esaurirsi della carità e al banalizzarsi della devozione.
Accennando agli aspetti economici, segnalo anche l’opportunità che siano ampiamente
sviluppati i dati e rilievi riscontrati in alcuni studi specialmente più recenti: sia in
rapporto ai criteri di gestione amministrativa di tutte le confraternite, anche quelle
«miste»; sia quanto alla specificità di impegno e incidenza socio-economica dei
sodalizi specializzati per categorie, di «nobili», di «civili» o «onorati», e specialmente
di «artigiani» o «artisti» o «maestri d’arte»: quali forme di attività «creditizia»
esercitavano le prime due? quali aspetti di funzionalità «corporativa» sono in qualche
modo riscontrabili nella terza?
Sarebbe inoltre di grande interesse unificare e arricchire le preziose notizie sparse in
parecchi saggi circa la destinazione e l’impiego delle risorse economiche acquisite
attraverso donazioni o procurate mediante piccole imprese: sia per il decoro del culto
(chiese, cappelle, altari, statue, quadri, oggetti sacri e profani [grande importanza delle
«committenze» anche per la storia dei «beni culturali» calabresi]); sia per l’incremento
dell’assistenza (in tutte: elargizioni per matrimoni, monacazioni, accoglienza di
«esposti», elemosine; in alcune: monti di pietà, ospizi, ospedali [di particolare
significato per gli ambienti depressi ed emarginati in cui si inserivano]) 12.
2. Confraternite calabresi e religione popolare
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Secondo il progetto iniziale concordato con Vito Teti, nel delineare «situazioni e
prospettive degli studi sulle confraternite in Calabria» egli ha tenuto in prevalenza
presente la problematica antropologica, io quella religiosa: distinzione da intendere e
assumere nella sua convenzionalità e correlatività, che esclude separazioni o
opposizioni e implica convergenze e interferenze.
Avevamo previsto che altri, purtroppo resisi poi indisponibili, con maggiore
competenza e ampiezza illustrassero le questioni affioranti dagli studi sui profili
politici ed economici delle congreghe. La lacuna sarà in parte colmata da alcune
relazioni ad essi specificamente attente. I precedenti accenni sommari in merito hanno
richiamato istanze ed emergenze religiose non marginali, ma centrali nella
considerazione di qualsiasi aspetto della realtà confraternale, fatto appunto
essenzialmente «religioso» (l’aggettivo nel titolo del nostro convegno è pleonastico:
negli spazi e tempi di cui ci occupiamo non esistono confratenite se non «religiose»).
Non posso perciò avviare a conclusione queste rapide annotazioni senza qualche
cenno alle caratteristiche e ai contenuti di tale specifico aspetto che storicamente
costituisce la ragione d’essere di questi sodalizi: solo per rilevarne aspetti messi in
luce da studi già effettuati e segnalarne spunti che esigerebbero approfondimento.
Le confraternite, fino almeno a metà Ottocento, si presentano come una delle forme
permanenti e strutturate più vistose e solide di religione popolare della cattolicità in
determinate zone (non solo calabresi o meridionali o italiane).
Parlo di religione, non di religiosità. La vita confraternale non ha nulla di vago,
generico, esigenziale, riconducibile o al fondamentale desiderio di Dio e di rapporto
con la divinità più o meno chiaramente presente nella coscienza di ogni uomo, o al suo
concretarsi, talora, in tentativi di gestire il «sacro» in forme marginali, oscure, estranee
e sospette rispetto ai culti ufficiali. Il mondo della magia, della stregoneria, del
sortilegio, dello scongiuro ritualizzati è massicciamente presente nell’ambiente della
cristianità anche calabrese; mi pare però che esso resti estraneo rispetto alla realtà
delle confraternite. Questa invece si svolge in piena luce, nell’ambito consistente e
corposo della religione cattolica; ne assume la determinatezza ecclesiale di fede, culto,
morale e si struttura in regole, norme, istituzioni, consuetudini che operano all’interno
della disciplina ecclesiastica, in linea di massima accettata. In questo quadro, eventuali
elementi giudicati «superstizioni» o sconfinanti nella «magia» infiltrati nelle
congreghe dovrebbero essere individuati e interpretati nelle loro manifestazioni e
motivazioni specifiche, per lo più devianti, estranee alla peculiarità confraternale. Le
ricorrenti tensioni, opposizioni, contestazioni nei riguardi dell’autorità ecclesiastica,
ampiamente registrate dalla storia delle congreghe, pare debbano essere viste molto
più nel quadro dell’ortoprassi che dell’ortodossia: specialmente nel nostro Sud
l’ambiente delle confraternite non si mostra sensibile a tentazioni o suggestioni
«ereticali»; né in questo senso sembrano orientarsi le preoccupazioni preventive e gli
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interventi correttivi dei vescovi.
E si tratta di religione popolare, in senso ampio e insieme delimitato.
La «popolarità» delle confraternite emerge sociologicamente sotto aspetti quantitativi
(un grande numero, complessivamente rilevante in rapporto alla fragilità geo-demotopografica della Calabria, di persone e di gruppi, viene coinvolto nella vita religiosa
dei sodalizi, dai centri principali fino alle più piccole e remote frazioni), ma anche
qualitativi (tutte le categorie, i ceti, gli ambienti annoverano membri nelle congreghe:
«dominanti» e «subalterni», ricchi e poveri, colti e ignoranti). Si tratta di
composizione aperta, non selettiva, ma selezionata (tipica del resto dell’aggregazione
religiosa cristiana-cattolica: non massa, o folla, o setta, ma popolo): comunità che
propone ed esige adesione volontaria di singole persone, con assunzione di impegni
individuali e comuni che implicano precisi diritti e doveri, in prospettiva non tanto
utilitaristica quanto solidaristica proiettata verso dimensioni anche, sebbene non solo,
spirituali e ultraterrene. Sono caratterizzazioni che andrebbero raffinate e
approfondite. Nell’individuazione numerica e tipologica delle confraternite
«specializzate» (riservate a una o più categorie di ceto o di lavoro) e «miste» (senza
distinzioni): come si intendeva e attuava la solidarietà, la fraternità in esse? perché in
Calabria prevaleva la denominazione «congrega» su «confraternita»? ... E anche nella
precisazione delle persone e dei ceti che di fatto (e in qualche caso intenzionalmente)
ne restavano estranei in quanto membri, ma ne partecipavano all’attività o ne
usufruivano dei servizi in vita e in morte: quali erano i motivi dell’esclusione, oltre la
povertà che rendeva impossibile l’adempimento degli obblighi economici? Quale
significato assumeva la preferenza riservata all’ammissione di uomini adulti? Quale
effettiva influenza devozionale e operativa esercitavano le donne, in genere escluse
dall’iscrizione a pieno titolo ma ammesse in posizione subordinata? Come si
considerava e praticava l’elemosina, il soccorso, la beneficenza, l’assistenza, il piccolo
prestito-credito? come se ne armonizzava l’aspetto di «opera di misericordia» con
quello di «impresa economica».
Sotto il profilo ecclesiale, la «popolarità» delle confraternite ha uno specifico
riferimento laicale. Si tratta di fedeli-laici che spesso le fondano, sempre le
compongono e dirigono, pure accettando anzi esigendo la peculiarità del ministero
presbiterale-episcopale (insegnamento religioso, celebrazione sacramentale, guida
spirituale e disciplinare), non solo come membri delle comunità ecclesiali di base
(parrocchie, diocesi), ma anche all’interno degli stessi sodalizi (attraverso il
cappellano e/o il padre spirituale). Questa specificità laicale è un fatto solo
relativamente nuovo, che riprende e rinnova una tradizione delle origini cristiane
sempre in atto, anche se appannata dall’accentuata «clericalizzazione» di molti servizi
e compiti in sé non propri dei chierici gradualmente verificatasi nelle comunità
cattoliche, non risparmiando gli ordini religiosi monastici e mendicanti. In questa
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prospettiva, varie questioni andrebbero riprese e approfondite. Ne richiamo solo due.
1. Il modo di manifestarsi e attuarsi della libertà di associazione tra i fedeli: fenomeno
comune nei movimenti religiosi aggregativi particolarmente vivaci in periodi di
accentuata esigenza autoriformista, con la specificità non solo di essere diretti e gestiti
da laici, ma anche di considerare la condizione laicale costitutiva di questa forma di
aggregazione. Esistono confraternite riservate a chierici, ma sono rare eccezioni, e non
vanno confuse con le pie aggregazioni di ecclesiastici moltiplicate in età moderna e
contemporanea con caratteristiche del tutto diverse. Ed esistono congreghe cui sono
ammessi anche chierici, con titolo di appartenenza riferito però non a tale
connotazione, bensì al loro essere «fedeli». Senza particolari approfondimenti
ecclesiologici, e in ambienti e tempi in cui si accentuavano le discriminazioni
giuridiche e disciplinari dei «laici» rispetto ai «chierici» (e, per analogia o contrasto,
rispetto ai «regolari»), il fatto macroscopico delle confraternite sta a testimoniare la
persuasione, nonostante tutto diffusa nell’ambiente devoto, anche calabrese, che i
fedeli in quanto tali, indipendentemente da «ordini» clericali o da «voti» religiosi,
possono essere ufficialmente coinvolti come soggetti attivi e responsabili in un
impegno comune di spiritualità e di carità autenticamente cristiana e cattolica.
2. Il modo di manifestarsi e attuarsi del rapporto di questi sodalizi con le altre
componenti della comunità ecclesiale: vescovi e clero diocesano, ordini e
congregazioni regolari, aggregazioni laicali diverse. Non mi soffermo qui a rievocare e
descrivere tensioni e contrasti che talora giungono a determinare «storie in parallelo»
13. Mi limito a segnalare la distinzione delle confraternite dai tradizionali
«terz’ordini» (appartenenti ai mendicanti) e dalle più recenti «congregazioni di
spirito» (promosse da istituti e compagnie di chierici regolari). Negli uni e nelle altre i
laici sono aggregati alla vita e alle strutture delle relative famiglie religiose cui
vengono in certo modo annessi spiritualmente (e i terz’ordini anche giuridicamente),
pur mantenendo stati di vita e impegni secolari. I religiosi in genere continuano a
promuovere e dirigere le proprie specifiche aggregazioni laicali e a un tempo
diffondono e assistono congreghe di tipo tradizionale che, in rapporto alla loro
influenza, assumono o rafforzano determinate caratterizzazioni specialmente
devozionali (in Calabria sono particolarmente saldi i rapporti delle confraternite
dell’Immacolata con i Francescani Conventuali, del Rosario con i Domenicani,
dell’Addolorata con i Serviti, del Carmine e del Suffragio con i Carmelitani, del
Crocefisso con i Cappuccini, del SS. Sacramento e della Buona Morte con i Gesuiti:
legami consolidati dall’aggregazione alle Primarie romane). Tra gli interrogativi che
potrebbero porsi: quali sono i criteri che i religiosi seguono nell’orientamento,
accettazione, guida spirituale, proposte operative per i due tipi di sodalizi? quali
differenze si manifestano rispetto alle confraternite non legate ai regolari? come si
delinea e sviluppa il rapporto tra confraternite e movimento cattolico?
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L’ultimo aspetto, ma il più importante, che mi propongo di considerare riguarda
direttamente i contenuti della religione popolare confraternale nella specifica
caratterizzazione di culto, devozione, pietà.
Preciso anche qui il senso in cui assumo i termini. Il culto riguarda prevalentemente le
manifestazioni esterne, in genere pubbliche, sempre comunitarie e in qualche modo
ritualizzate, dell’adorazione di Dio e della venerazione di Maria e dei santi:
costantemente presenti in ambito cristiano cattolico, e, nella varietà delle forme
liturgiche-paraliturgiche-extraliturgiche, diversamente valutate, controllate, orientate
dall’autorità ecclesiastica. La devozione interessa soprattutto le motivazioni interiori
del rispettoso e affettuoso sentimento coltivato nel cuore dei fedeli verso l’umanità del
Cristo, la Madonna, i santi e gli angeli, della fiducia in essi riposta, del rapporto
personale con essi intrattenuto, in forme singole o collettive, attraverso invocazioni e
impegni, parole e gesti, convinzioni e pratiche, che l’autorità ecclesiastica, secondo i
casi, condivide e approva o diffida e frena. La pietà si caratterizza come sviluppo e
approfondimento dell’adesione personale alle esigenze ed espressioni religiose
(singole e comunitarie, cultuali e devozionali), nella interiorizzazione del rapporto
filiale con Dio (e subordinatamente con Maria) che apre al rapporto fraterno con gli
uomini viventi sulla terra e al di là della terra, nella tensione ad uno stato di unione
intima con Dio in cui si attua la comunione fra i «santi» 14.
Ritengo di non scivolare verso «semplificazioni metastoriche» 15 introducendo nel
nostro discorso queste categorie: proprio perché esso ha come oggetto la «storia» delle
confraternite, non può ignorarne i contenuti reali che «dall’interno» caratterizzano
credenze, mentalità, intenzionalità, aspirazioni concretate in precisi comportamenti ed
espressioni. Se è di grande interesse il tentativo di penetrare i significati «profondi»
che a livello inconscio, preconscio, subconscio tali manifestazioni possono rivelare, è
altrettanto importante, e non meno incidente in profondità, lo sforzo di esplicitarne il
senso che su un piano cosciente, sia pure talora rozzo o ingenuo, ad esse i soggetti
agenti attribuiscono. E, nel nostro caso, i riferimenti non possono essere che ai valori
dottrinali ed esistenziali riassunti nella professione di fede cristiana-cattolica, humus di
cui la vita confraternale si alimenta. Mi pare perciò legittimo, anzi doveroso, porre la
domanda: quali tipi e forme di culto, devozione, pietà, all’interno delle matrici comuni
della fede e della religione cattolica, le confraternite calabresi assumono ed esprimono
con particolare accentuazione?
1. Quanto al culto, è evidente che le confraternite ne privilegiano gli aspetti
comunitari, esterni, pubblici, sia nelle celebrazioni ordinarie settimanali e quotidiane,
quasi sempre aperte alla partecipazione di altri fedeli, sia nelle grandi manifestazioni
legate per lo più alle feste patronali e alle ricorrenze pasquali, talora anche natalizie,
del Corpus Domini, ecc., che coinvolgono tutta la popolazione del paese e spesso del
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territorio circostante.
Vari studi mettono in luce i significati psico-sociologici, economici, culturali di queste
manifestazioni cultuali, nelle loro espressioni luminose e nelle loro equivoche oscurità.
Il profilo specificamente religioso non è del tutto trascurato. Ma andrebbe
approfondito specialmente in rapporto al valore che il «culto esterno» assume nella
tradizione cattolica, come manifestazione pubblica dell’adorazione dovuta a Dio,
come esigenza concreta della fede nella creazione e nell’incarnazione, come segno
dell’adesione alla solidarietà stabilita fra gli uomini dall’azione redentrice del Cristo
Uomo-Dio, come attuazione simbolica e reale del coinvolgimento della «corporeità»
(visibilità, sonorità, gestualità, affettività ...), assunta in senso gioioso e/o doloroso
nella «spiritualità» dell’atto e dell’atteggiamento religioso.
È certo un tema che riguarda la «religione popolare» nel suo complesso. La specificità
dell’aspetto confraternale consiste forse nella sottolineatura vistosa, ufficiale della
sensibilità e del sentimento nel culto personale e collettivo, e insieme nel tentativo di
assicurarne ordine, decoro, dignità, a garanzia di autenticità e a prevenzione di
devianze. Si inserisce in tale contesto la questione del «controllo» da parte
dell’autorità ecclesiastica specialmente episcopale, in continua tensione fra le critiche
élitarie (influenzate in parte da ispirazioni protestanti, gianseniste, illuministe) che la
accusano di cedimenti lassisti, e le proteste popolari (sostenute talora da membri del
clero regolare e secolare) che le rimproverano irrigidimenti rigoristi. Sarebbe
interessante cogliere, nelle singole concrete situazioni, la funzione di equilibrio o di
rottura esercitato dalle confraternite.
A proposito del culto da queste promosso, il problema fondamentale da tener presente
è il suo rapporto con la liturgia. Pare non si tratti, per le congreghe, di estraneità o di
contrapposizione, come in altre forme di cultualità para-magiche o pseudo-mistiche
serpeggianti e affioranti in tutti i tempi e ambienti. In linea di principio anzi il culto
liturgico (specialmente la celebrazione eucaristica e la pratica sacramentale) è
considerato, diremmo oggi, centro e culmine della vita confraternale. E non mancano
casi in cui la liturgia, estesa dai riti gestuali e orali ai luoghi e agli oggetti, è curata e
partecipata da questi sodalizi con riverenza, attenzione, finezza talora maggiore di
quanto ad essa riservano molte parrocchie (se ne può cercare ampia traccia nelle
relazioni di visite pastorali). Resta certo anche per le congreghe il fatto abbastanza
generalizzato di una certa distanza, di un certo parallelismo tra i momenti liturgici, più
o meno fedelmente seguiti, e i devozionali, partecipati con maggiore vivacità e
consapevolezza. Non si può comunque dimenticare che le confraternite sono rimaste a
lungo fedeli alle celebrazioni liturgiche nelle tradizionali forme rituali e linguistiche
(latino compreso), anche quando altre comunità e parrocchie se ne distaccavano (ad
esempio i vespri cantati domenicali e festivi). Questa fedeltà ha costituito uno stimolo
o un ostacolo alla comprensione e attuazione delle riforme proposte dal Concilio
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SITUAZIONE E PROSPETTIVE DEGLI STUDI SULLE CONFRATERNITE IN CALABRIA (FONTI E BIBLIOGRAFIA - ASPETTI RELIGIOSI)
Vaticano II? I canti liturgici in uso nelle congreghe, considerati nei testi e nelle
melodie, rappresentano continuità, deformazione, sostituzione, integrazione rispetto
alla linea ufficiale e a quella popolare?
2. Sotto il profilo religioso, non si può eludere l’interrogativo fondamentale: quali
significati di pietà, devozione, spiritualità sono prevalentemente espressi dal culto
confraternale calabrese liturgico, paraliturgico, extraliturgico?
Una pista per orientarsi in questa delicata questione mi pare sia quella dei «titoli» delle
confraternite: non casuali o formali, ma significativi delle origini e degli orientamenti
di esse. È abbastanza evidente che, nei sodalizi più antichi, denominazioni legate a
luoghi o avvenimenti oppure a particolari devozioni e opere coesistono con altre
esplicite dedicazioni al Signore, alla Madonna, a santi, ad angeli. Con l’avanzare dei
tempi le intitolazioni del primo e secondo tipo diminuiscono fin quasi a scomparire per
cedere il posto a quelle che fanno specifico riferimento alle persone sacre cui è diretto
il culto (con forse unica eccezione per la «morte» e il «suffragio», anch’essi però
fortemente personalizzati). Nessuna è intitolata a Dio Padre; solo qualcuna alla Trinità
e allo Spirito Santo.
Non solo né soprattutto attraverso i titoli, e nonostante l’emergenza mariana e
santorale, pare di poter cogliere, nella devozione confraternale, un’impostazione
«cristica» incentrata sul mistero dell’incarnazione redentrice del Figlio di Dio e
culminante nella sua morte e resurrezione. Nelle manifestazioni della pietà, il
riferimento al Cristo paziente e crocefisso prevale vistosamente su quello rivolto al
Cristo risorto (che tuttavia non è assente: si pensi alle celebrazioni della settimana
santa quasi sempre culminanti nell’«affruntata»; ad alcune raffigurazioni del crocifisso
trionfante, quasi già distaccato dalla croce). È un orientamento di larga diffusione nelle
correnti spirituali occidentali, non solo medievali, anche e specialmente moderne, non
esclusi alcuni filoni protestanti (si pensi all’esaltazione della «scientia» e della
«sapientia crucis»). Sul versante cattolico si dà forte rilievo all’imitazione del Cristo
sofferente, all’immedesimazione nella sua passione e morte per «compierne» l’opera
salvifica in senso personale e comunitario, terreno e ultraterreno, nel bilanciamento fra
la dolorosa consapevolezza del peccato dell’uomo e il fiducioso affidamento alla
misericordia e alla grazia di Dio. Non sarebbe certo fuori luogo chiedersi se e quali
tracce la tradizione bizantina abbia lasciato nelle confraternite calabresi, e
puntualizzare le evidenti influenze su di esse esercitate da moduli ed esperienze
devozionali di origine spagnola.
Su questo sfondo vanno collocate alcune manifestazioni tipiche della devozione e
della pietà confraternale. Ne accenno a tre.
a) È grande il rilievo del riferimento alla Madonna, ai santi e agli angeli, visti e
invocati soprattutto come intercessori, protettori, confortatori nella vita di ogni giorno.
Sembra prevalere il fiducioso rapporto abituale con Gesù, con sua madre e con i suoi
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SITUAZIONE E PROSPETTIVE DEGLI STUDI SULLE CONFRATERNITE IN CALABRIA (FONTI E BIBLIOGRAFIA - ASPETTI RELIGIOSI)
più intimi amici e messaggeri come efficace sostegno nelle difficoltà materiali e
spirituali dell’esistenza ordinaria, piuttosto che l’invocazione del loro aiuto in
circostanze di particolare difficoltà che richiedono interventi taumaturgici. La
preghiera confraternale abitualmente domanda e attende più «grazie» e «grazia» che
«miracoli», a differenza da altre manifestazioni devozionali svolte spesso intorno ai
santuari. Le congreghe promuovono frequentemente processioni, più legate alla vita
quotidiana e all’ambiente ordinario, e raramente pellegrinaggi, dove invece
l’eccezionalità e impegnatività dell’occasione sollecita a uscirne, ad allontanarsene. È
importante sotto questo profilo lo studio delle preghiere e dei canti extra o paraliturgici
in uso nelle confraternite (linguaggio familiare, volgarizzazioni bibliche, ecc.).
b) La forte accentuazione penitenziale delle pratiche devote individuali e comuni
concreta il desiderio di partecipazione alla passione di Gesù. L’uso della «disciplina»
ne è solo un’espressione, e non la più importante. Nello studio di tale aspetto va
comunque tenuta presente la grande diffusione di questa pratica negli ambienti
«devoti» fino a tempi recenti, anche al di fuori delle confraternite. Pare che esse non
siano state, in quanto tali, direttamente interessate alle manifestazioni cruente e
spettacolari dei «flagellanti» che ancora sopravvivono in alcune località, e che credo
vadano considerate come fenomeni diversi: ad esempio, nel caso di Nocera Terinese si
riscontra la coesistenza di individualismo e di pubblicità, a differenza dall’ambito
confraternale dove, in Calabria, la pratica della disciplina, anche quando è esercitata in
comune, ha in genere carattere riservato. Per le antiche confraternite denominate
esplicitamente «di flagellanti», se ne potessimo reperire documentazione, sarebbe
interessante studiare analogie e differenze rispetto alle precedenti e coeve di altre zone
d’Italia, specialmente Umbria, Toscana, Veneto, anche in rapporto al carattere di
contestazione religiosa e sociale a queste spesso attribuito e che non appare rilevante
nelle nostre regioni.
Nel quadro penitenziale andrebbero presi in considerazione anche i digiuni più o meno
stretti e frequenti cui le regole confraternali obbligavano: non particolarmente gravosi
però, in rapporto alle norme abbastanza severe che la normativa ecclesiastica del
tempo estendeva a tutti i fedeli adulti. Si è giustamente osservato che queste
prescrizioni, tanto restrittive per la mentalità e le abitudini odierne, non si scostavano
molto dall’ordinario regime alimentare delle popolazioni anche non miserabili di
allora. Il rilievo, dal quale sono state tratte conclusioni differenti, mi pare importante
anche per capire il significato che la convivialità assumeva nella cornice delle
celebrazioni religiose festive 16.
c) L’attenzione delle confraternite è costantemente rivolta all’assistenza ai moribondi e
ai funerali, alle sepolture e ai suffragi: aspetto spesso enfatizzato al punto da assorbire
interamente l’impegno fino a ridurle, nella fase della decadenza, ad agenzie quasi
commerciali di loculi cimiteriali o di uffici funebri. Le deviazioni e deformazioni non
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possono tuttavia cancellare il profondo significato della presenza della morte
costantemente evocata dall’esperienza confraternale. Essa non è certo «rimossa» dalla
coscienza individuale e collettiva; è forse nel subconscio a volte «esorcizzata» con
ricorso a espedienti di contenimento di paure angoscianti o di reazioni scomposte; ma
è soprattutto consapevolmente assunta nella sua drammatica realtà come il momento
decisivo di tutta la vita, di cui fermamente si crede, nonostante tutto, nella proiezione
ultraterrena. Da ciò la cura rivolta alla preparazione cosciente ad affrontare il passo
estremo (unzione, viatico); lo svolgimento decoroso dei funerali (rito delle esequie e
trasporto funebre) e delle sepolture (in modi, tempi e luoghi civilmente e
religiosamente decorosi); la preoccupazione di accompagnare nell’al di là, con
preghiere e buone opere, le anime dei defunti per agevolarne l’incontro finale con Dio
(suffragi, indulgenze). Nello studio di questi aspetti si rilevano certo, oltre ad abusi e
degenerazioni, forme ingenue, grossolane, anacronistiche, forse anche teologicamente
dubbie o inconsistenti, attraverso cui si manifestavano e continuano ancora a
manifestarsi. Ma non è consentito ignorare o sottovalutare le istanze, ispirazioni,
intenzioni essenzialmente religiose che ne stanno a fondamento. Esse si riconducono
alla fede nella «vita eterna» e nella «comunione dei santi», che motiva l’attenzione alla
«salvezza dell’anima» propria e altrui e dà consistenza al desiderio e all’impegno di
estendere oltre le soglie della morte l’aiuto reciproco, la fraternità, la carità.
Con la discrezione e il rigore propri della ricerca storica si può e si deve tentare di
cogliere la consistenza, i modi, i limiti, i valori di questa testimonianza escatologica
offerta, anche come messaggio sempre attuale di solidarietà e di speranza, dalle
confraternite calabresi.
Note
1 È doveroso segnarne qui i nomi: Enzo D’Agostino, Carmela De Leo, Antonino Denisi, Luigi
Intrieri, Rocco Liberti, Lino Lopa, Francesco Milito, Luigi Renzo, Antonio Tripodi, Maria
Rosaria Valensise.
2 M. MARIOTTI, Ricerca sulle confraternite laicali del Mezzogiorno in età moderna. Rapporto
dalla Calabria, in La sociabilità religiosa nel Mezzogiorno: le confraternite laicali, atti del
convegno dell’Istituto Sturzo (Roma 10-12 dicembre 1987), «Ricerche di storia sociale e
religiosa», n.s., 37-38, XIX (1990), pp. 141-183. Cfr. ibid. le «cartine» cui sopra si fa
riferimento.
3 Studi di storia della Chiesa in Calabria offerti al padre Francesco Russo nei suoi ottant’anni,
«Rivista storica calabrese», n.s., VIII e IX (1987 e 1988).
4 Cfr. supra, nota 2, pp. 180-183: 106 titoli.
5 Cfr. M. MARIOTTI, Studi su riforma cattolica tridentina e Calabria (secc. XVI-XVIII): stato
attuale e prospettive di sviluppo, in Il Concilio di Trento nella vita spirituale e culturale del
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Mezzogiorno tra XVI e XVII secolo, atti del convegno dell’Associazione per la storia sociale
del Mezzogiorno e dell’area mediterranea (Maratea 19-21 giugno 1986), Osanna, Venosa 1988,
pp. 707-747; ID., Presentazione, in Gaspare del Fosso e riforma cattolica tridentina in Calabria,
atti del convegno delle arcidiocesi di Reggio Calabria-Bova e Cosenza-Bisignano e dell’Ordine
dei Minimi di Paola (Rogliano-Paola-Reggio Calabria 5-7 dicembre 1992), Laruffa, Reggo
Calabria, in corso di stampa.
6 Cfr. ID., Linee di orientamento e di sviluppo negli studi di storia religiosa della Calabria
moderna e contemporanea, in Ricerca storica e Chiesa locale in Italia. Risultati e prospettive,
atti del IX convegno di studio dell’Associazione italiana dei professori di storia della Chiesa
(Grado 9-13 settembre 1991), Roma, Dehoniane, 1995, pp. 329-377. Cfr. anche contributi di
vari autori a I Gesuiti e la Calabria, atti del convegno della Provincia d’Italia della Compagnia
di Gesù e della Deputazione di storia patria per la Calabria (Reggio Calabria 27-28 febbraio
1991), Laruffa, Reggio Calabria 1992.
7 Cfr. A. CESTARO, Il fenomeno confraternale nel Mezzogiorno: aspetti e problemi, in La
sociabilità religiosa ..., p. 27.
8 Cfr. G. DE ROSA, Conclusioni, in La sociabilità religiosa ..., pp. 412-413.
9 «Il diavolo qui non si veste a rosso o con la camicia nera, ma prende l’abito del sagrestano e
di priore della congrega» (N. MONTERISI, Trent’anni di episcopato nel Mezzogiorno (19131944), Roma 1981, p. 176). Cfr. V. ROBLES, Vescovi e confraternite nel Mezzogiorno: una
storia in parallelo, in La sociabilità religiosa ..., pp. 239-241, 262-270.
10 Cfr. A. PLACANICA, La Calabria nell’età moderna, II, Chiesa e società, Edizioni
Scientifiche Italiane, Napoli 1988, pp. 77-79 e passim (puntualizzazione sintetica dei risultati di
vari altri studi).
11 Cfr. DE ROSA, Conclusioni, in La sociabilità religiosa ..., pp. 410 e 413. Da approfondire
l’accenno all’essenzialità dell’assistenza per le confraternite nell’età moderna e non nel
medioevo.
12 Per una visione d’insieme dei rapporti religione-politica-economia in cui si inserisce la
vicenda delle confraternite cfr. M. MARIOTTI, Chiesa e società in Calabria nell’età moderna e
P. BORZOMATI, Chiesa e società in Calabria nell’età contemporanea, in Storia della Calabria
moderna e contemporanea, a cura di Augusto Placanica, vol. II, Roma-Reggio Calabria,
Gangemi, in corso di stampa.
13 Cfr. V. ROBLES, Vescovi e confraternite ..., in La sociabilità religiosa ..., p. 239 e passim.
14 Cfr. M. MARIOTTI, Culto e devozione mariani in alcuni documenti episcopali calabresi
(sec. XX), in S. Maria di Polsi. Storia e pietà popolare, atti del convegno del Santuario di Polsi
e della Deputazione di storia patria per la Calabria (Polsi-Locri 19-21 settembre 1988), Laruffa,
Reggio Calabria 1990, pp. 89-134; ID., Religiosità e pietà popolare nei documenti episcopali
collettivi calabresi (secoli XVI e XX), in Fede, pietà, religiosità e San Francesco di Paola, atti
del II convegno dell’Ordine dei Minimi (Paola 7-9 dicembre 1990), Curia Generalizia
dell’Ordine, Roma 1992, pp. 46-164; M. PRETTO, La pietà popolare in Calabria, Progetto
2000, Cosenza 1988; Idem, I santi nella vita del popolo in Calabria, Progetto 2000, Cosenza
1993.
15 Cfr. O. CAVALCANTI, La cultura subalterna in Calabria (profilo storico di studi e
bibliografia), Casa del libro, Roma-Reggio Calabria 1982, p. 93.
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SITUAZIONE E PROSPETTIVE DEGLI STUDI SULLE CONFRATERNITE IN CALABRIA (FONTI E BIBLIOGRAFIA - ASPETTI RELIGIOSI)
16 Su questi e vari altri aspetti, cfr. anche le relazioni presentate a questo convegno da Ottavio
Cavalcanti e Vito Teti.
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NOTE PER UN’ANTROPOLOGIA DELLE CONFRATERNITE CALABRESI IN ETÀ MODERNA E CONTEMPORANEA
NOTE PER UN’ANTROPOLOGIA DELLE CONFRATERNITE CALABRESI IN
ETÀ MODERNA E CONTEMPORANEA *
Vito Teti
1. Interessi e studi sulla religione popolare e sulle confraternite
religiose
1.1. Dall’incomprensione illuministica alla negazione positivistica
Le confraternite laicali meridionali e calabresi hanno avuto una scarsa ed episodica
attenzione da parte degli studiosi, a dispetto del ruolo centrale da esse svolto nella vita
religiosa, economica, culturale dei diversi ceti sociali, soprattutto dalla metà del
Cinquecento alla fine dell’Ottocento e in molte comunità del Mezzogiorno fino alla
metà del Novecento. Nel 1972 Ernesto Pontieri sosteneva, non a caso, la necessità di
uno studio critico delle confraternite nel Mezzogiorno ed auspicava approfondite
ricerche, come avveniva in altre parti d’Italia 1. Dieci anni dopo padre Russo,
ribadendo come la storia delle confraternite non fosse stata ancora scritta, individuava
la causa di tale atteggiamento nelle vicende più recenti delle confraternite, «quando
l’intromissione del potere civile ne ha sviato gli obiettivi per cui erano sorte e avevano
funzionato nei secoli precedenti» 2.
Per la scarsa considerazione, in sede storiografica, delle confraternite ha inciso, in
effetti, una tradizione di sguardi, affermatasi nel Regno di Napoli in periodo
illuministico, che ha visto in tali associazioni lo strumento del controllo capillare
esercitato, a livello economico e sociale, dalla Chiesa e un’espressione della
superstizione e della ignoranza delle popolazioni. Un risultato paradossale per
istituzioni che erano sorte nelle contrade meridionali dopo il Concilio di Trento anche
con l’intento di contrastare la miseria economica e morale, la “primitività” e la
“selvatichezza” in cui vivevano le popolazioni, considerate bisognose di una intensa e
sistematica opera di “evangelizzazione”.
E infatti, se nelle regioni conquistate alla riforma protestante, le confraternite,
«identificate e indicate come una delle espressioni più perverse e “superstiziose” del
cattolicesimo», conoscevano un «lento declino», nelle regioni rimaste fedeli o
riconquistate alla Chiesa di Roma esse costituiscono un settore non secondario
d’intervento per i nuovi ordini espressi dalla Controriforma 3.
Attraverso le confraternite nei secoli XVI-XVII si tenta, secondo Angelozzi cui
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NOTE PER UN’ANTROPOLOGIA DELLE CONFRATERNITE CALABRESI IN ETÀ MODERNA E CONTEMPORANEA
dobbiamo le precedenti annotazioni, una «normalizzazione» nel solco della «più rigida
ortodossia» e una «subordinazione più stretta alla gerarchia» 4, ma anche
l’evangelizzazione di contrade in cui permangono credenze, comportamenti, riti
arcaici, spesso di origine precristiana. L’opera missionaria della Chiesa nelle regioni
meridionali si svolge all’insegna di una intensa e diffusa predicazione e di un costante
intervento presso popolazioni ritenute selvagge e primitive. Nella loro attività
missionaria nel Viceregno di Napoli (Abruzzi, Puglia, Napoli, Sicilia) i Gesuiti
coniano l’espressione «India italiana» per designare quella parte d’Italia. Da Cosenza,
il 22 agosto 1561, Giovanni Xavier così scriveva:
«È la gente tanto assuefatta al male, sono tanto licenziosi, superbi, senza giustizia et
governo come se fussero tutti del bosco. Delli preti non voglio cominciare: basterà che
a bocca potremo dare occasione alli nostri fratelli di venire in questa India» 5.
Michele Navarro, dopo aver percorso per sette mesi le montagne dell’estrema Calabria
e del territorio di Messina, il 24 gennaio 1575 descrive in una lettera «l’estrema rovina
di tante anime» e la «spaventosa ignoranza» delle persone, sostenendo la necessità di
«estirpare errori e superstizioni e abusi, dei quali vi è gran copia». E conclude, in
maniera eloquente, «che chiunque darà buona prova di sé in queste nostre Indie di qui,
sarà adatto anche a quelle di là dell’Oceano; così come chi troverà difficoltà nel
viaggiare e nel patire in queste, non sperimenterà certo nelle altre molta facilità» 6.
In questo clima religioso e missionario, nell’ultimo decennio del Cinquecento nasce
una rete di confraternite mariane con diverse configurazioni devozionali e articolazioni
istituzionali in tutte le contrade meridionali. Proprio i Gesuiti ordinano le forme della
loro presenza e redigono, tra l’altro, testi come il Catalogo di tutte le congregazioni
della Beatissima Vergine che sono in ciascheduna casa o collegio della Compagnia di
Gesù della Provincia di Napoli fatto nel mese di luglio 1607 7. I Domenicani e gli
Agostiniani favoriscono le congreghe intitolate al Rosario, i Cappucini quelle intitolate
all’Addolorata, i Carmelitani quelle intitolate alla Madonna del Carmelo. E nei secoli
XVII e XVIII le confraternite sono fondamentali per affermare, oltre al culto mariano,
la devozione al SS. mo Sacramento e ai santi patroni, i riti, le feste, le funzioni che
hanno segnato la mentalità, la vita delle popolazioni.
I vescovi calabresi cercano nei Sinodi da loro promossi a partire dalla fine del
Cinquecento di fissare le norme a cui le confraternite debbono ispirarsi. Basti ricordare
come il Primo Sinodo Diocesano di Cosenza indetto da mons. Giovanni Battista
Costanzo e celebrato in città nell’ottobre 1592 (e pubblicato l’anno successivo) si
occupa tra l’altro «De Confraternitatibus et locis piis, De Sepulturis, De Dierum
festorum observatione» 8. Anche il Vescovo di Mileto emana delle precise
disposizioni che vengono annotate nella Relazione ad limina del 1592 sotto il titolo di
«Hospitalia, loca pia, ac Confraternitates laicorum» 9.
I Sinodi, le Relazioni ad limina e le Visite pastorali di questo periodo rivelano quanto
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NOTE PER UN’ANTROPOLOGIA DELLE CONFRATERNITE CALABRESI IN ETÀ MODERNA E CONTEMPORANEA
sia difficile e problematico per la Chiesa estirpare errori, superstizioni e abusi 10, e
come, soprattutto nel Meridione, risulti problematica e talvolta «drammatica» (come
nel caso delle minoranze valdesi della Calabria) la «cancellazione delle diversità
religiose e culturali» delle popolazioni 11. In molti casi le confraternite, assieme al
clero locale, vengono indicati, spesso dagli stessi vescovi, come artefici di nuove
“superstizioni”, di antichi e di nuovi abusi proprio per l’intromissione di quel potere
civile ricordato da padre Russo.
La denuncia della miseria, dell’ignoranza e delle superstizioni dei ceti popolari
diventa, con motivazioni diverse da quelle dei padri missionari, un motivo ricorrente
della polemica illuministica nel Mezzogiorno, ma anche in altre parti d’Europa, come
la Francia e l’Austria. Per gli illuministi napoletani le popolazioni sono «Ottentotti»,
«barbari» vicini alla città considerata una delle più nobili, gentili e grandi della
coltissima Europa. Nella loro polemica contro la «barbarie» della «plebe» gli
illuministi inseriscono una forte critica contro una Chiesa, che dopo il Concilio
tridentino, era diventata proprietaria di terre e altri beni, e contro un clero gestore di
affitti e di redditi e procuratore di prestiti e di affari 12. Le notevoli proprietà delle
confraternite, i loro diffusi interessi economici, le loro attività redditizie in presenza di
un popolo sempre più abbandonato e ignorante sono al centro della denuncia degli
illuministi. Galiani, in particolare, si sofferma sulla speculazione delle confraternite
nel settore dei servizi funebri e cimiteriali, denuncia l’intreccio degli interessi tra
confraternite e “paglietti”, e ricorda che esse erano nel Regno circa 11.000 con almeno
due milioni di fondi e con l’esazione di un altro milione e mezzo delle contribuzioni
dei confratelli 13.
Rispetto alla loro ispirazione originaria, le confraternite avevano ormai conosciuto non
solo l’intromissione del potere civile, ma anche quello del potere ecclesiastico e degli
ordini religiosi. Dopo un secolo e mezzo dell’inizio dell’azione missionaria dei
Gesuiti, l’intellettualità napoletana emetteva giudizi di condanna proprio nei confronti
delle confraternite nate anche per estirpare errori ed ignoranza delle popolazioni.
Giuseppe Maria Galanti nel Giornale di viaggio in Calabria (1792) traccia un quadro
amaro e desolante delle condizioni disperate in cui versano popolazioni tristi, luttuose,
abbrutite da catastrofi naturali (terremoto, malaria, nebbie, ecc.), dall’oppressione
feudale dei baroni, da un clero superstizioso. Galanti è colpito dalle usanze «rozze»,
«barbare», «bizzarre» messe in atto dalle popolazioni in presenza di un evento luttuoso
14.
Viene riproposto un topos, risalente al Cinquecento, della melanconia del calabrese
considerata come manifestazione di un “animo feroce” e che poi, in epoca positivista,
verrà letta come tratto antropologico fisico di popolazioni inferiori per fattori razziali
15.
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NOTE PER UN’ANTROPOLOGIA DELLE CONFRATERNITE CALABRESI IN ETÀ MODERNA E CONTEMPORANEA
Le descrizioni di Galanti suggeriscono, tuttavia, come la tristezza e le usanze funeree
non siano un dato costitutivo e naturale delle persone, ma il prodotto di una storia
segnata da ricorrenti catastrofi naturali e da angustie e oppressioni di vario genere, di
concezioni che affondavano le loro radici in lontani universi culturali. I lunghi e
complessi rituali luttuosi, che osserva Galanti, vanno riportati a una storia culturale e
religiosa di lunga durata. Siamo in presenza di tecniche di superamento del cordoglio
che rinviano a tradizioni culturali arcaiche, a modalità di pianto che, come mostra De
Martino, risalgono al mondo antico e contro cui il cristianesimo delle origini,
affermando un nuovo modello di dolore, aveva ingaggiato un’aspra battaglia 16.
Gli autori illuministi definiscono «barbare» e «primitive» le usanze osservate, nel
momento in cui si va affermando un nuovo ordine culturale e sociale, il “mondo
moderno” della borghesia in ascesa. Tali posizioni vengono in parte condivise e
portate avanti da uomini e istituzioni della Chiesa che in diverse parti d’Europa
contrastano gli errori dei ceti popolari e del clero locale 17. Nei Sinodi diocesani e
nelle Relazioni ad limina di quel periodo si riscontra una forte polemica della Chiesa
contro i modi di piangere, di accompagnare e seppellire i defunti, di affrontare il lutto,
e contro altre usanze (ad esempio i riti del periodo carnevalesco) considerate
barbariche 18. Le stesse confraternite hanno tra l’altro “regole”, spesso fissate negli
statuti, di comportamenti “adeguati” e “controllati” sia in presenza di un lutto sia nel
periodo carnevalesco.
Le posizioni dell’intellettualità illuminista contro l’ignoranza, la povertà economica e
morale, la superstizione delle popolazioni, verranno riprese da numerosi osservatori
esterni e viaggiatori stranieri, spesso provenienti da Paesi protestanti o segnati dalla
Riforma, che tenderanno a liquidare tutte le concezioni e le pratiche religiose (dal
culto dei santi a quello delle reliquie, dalle preghiere ai riti processionali) come
espressione di barbarie e tenderanno a stabilire una sorta di analogia e di continuità tra
religione, superstizione e arretratezza delle popolazioni meridionali. Il clero e le
istituzioni religiose locali vengono indicati come i responsabili principali dello stato
delle cose.
Significativa una considerazione di Duret De Tavel, ufficiale francese impegnato nella
repressione contro i briganti e la popolazione (spesso non viene fatta alcuna differenza
tra i primi e la seconda) durante il periodo napoleonico:
«Questo popolo non ha alcun vero principio religioso e morale. Come tutti gli uomini
ignoranti sono superstiziosi fino al fanatismo. Persino il brigante più sanguinario porta
appesi al collo reliquie e immagini di santi che osa invocare anche nel momento in cui
commette le più atroci crudeltà.
Gli ecclesiastici, lontani dal possedere qualche virtù del loro stato, danno l’esempio
dei vizi più vergognosi, a tal punto che si trovano fra loro quelli che per una modica
ricompensa diventano i mezzani degli ufficiali francesi nei loro intrighi amorosi. Il
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clero calabrese è, credo, il più corrotto d’Europa» 19.
Queste considerazioni verranno riproposte da numerosi osservatori nel corso
dell’Ottocento e, a fine secolo, fatte proprie dagli antropologi positivisti che teorizzano
l’inferiorità razziale dei meridionali e individuano proprio nella religione dei ceti
popolari una conferma della loro decadenza. Ne L’Italia barbara contemporanea
(1898) Alfredo Niceforo, il più convinto divulgatore delle posizioni antropologicopositive, riduce la religione popolare a forma esteriore, manifestazione di folle non
religiose, ma superstiziose, feticiste, fanatiche, arretrate, arcaiche, violente 20. Lo
studioso sottolinea a più riprese il carattere gretto, petulante, immorale di «una
religione degenerata e avvilita da un popolo degradato» e da una folla senile 21.
Lo stesso Nitti, uno dei più lucidi osservatori della realtà meridionale, lontano dalle
esemplificazioni e riduzioni positiviste, accoglie talvolta l’immagine del meridionale
superstizioso, rozzo e violento anche nelle sue manifestazioni religiose 22.
Anche Pasquale Rossi, lontano dalle posizioni di Niceforo, ne L’animo della folla
(1898), soffermandosi sull’inferiorità del carattere dei meridionali rispetto a quello dei
settentrionali, ricorda come il sentimento religioso dei contadini abbia carattere
feticistico e sia privo di «ogni sana idealità» 23. Ma questo è soltanto uno degli aspetti
della prospettiva di Rossi, dal momento che, è autore di considerazioni innovative e
originali in un clima segnato da sostanziale incomprensione della religione e della
cultura dei ceti popolari. Il severo giudizio dei positivisti nei confronti di una religione
ritenuta superstiziosa, formale, barbara si coniuga quasi sempre con una forte
motivazione, culturale e politica antiecclesiastica. Ne La decadenza delle nazioni
latine (1900) Giuseppe Sergi, assertore della distinzione tra Arii e Mediterranei
(1898), individua nel papato e nella religione della Chiesa una delle ragioni principali
della decadenza delle popolazioni latine e della loro inferiorità rispetto a quelle
anglosassoni 24.
Gli studiosi positivisti prestano scarsa attenzione alle confraternite o le considerano
espressione di superstizione. Un esito davvero paradossale ove si pensi che le
confraternite erano sorte anche per combattere le superstizioni popolari.
Alfredo Niceforo nel 1901 si sofferma sulla differente psicologia degli italiani del
Nord e degli italiani del Sud: i primi presentano un io stabile, scarsa passionalità,
spiccato senso dell’organizzazione sociale; i secondi si rivelano con un io mobile,
inquieti, passionali, con scarso senso della collettività. A riprova delle sue teorie
Niceforo osserva che al Sud, contrariamente a quanto avviene al Nord, non esistono
forme di organizzazione politica. Le confraternite religiose non fanno che confermare,
secondo lo studioso, l’incapacità organizzativa dei meridionali 25.
Nell’Inchiesta sulla questione meridionale, avviata da Renda nel 1899 sulle pagine del
periodico catanzarese «Il Pensiero Contemporaneo», D. Ruiz, procuratore del re,
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NOTE PER UN’ANTROPOLOGIA DELLE CONFRATERNITE CALABRESI IN ETÀ MODERNA E CONTEMPORANEA
denuncia come nel Sud venisse data scarsa importanza all’attività intellettuale e
all’educazione scolastica. L’insegnamento inferiore era lasciato, osserva Ruiz, «alle
congregazioni religiose dei gesuiti, scolopi e barnabiti, che sebbene, i primi
specialmente, con finalità proprie e con limitata estensione, l’impartivano con
maggiore intensità e serietà che non faccia lo Stato al presente» 26.
Se Niceforo coglie la dimensione organizzativa delle confraternite in una società in cui
prevale l’individualismo, Ruiz le riconosce come centri di educazione e di formazione
per popolazioni analfabete, ne sottolinea il ruolo pedagogico. Si tratta, tuttavia, di
riconoscimenti parziali che non modificano il giudizio complessivo dei positivisti sulle
forme e le pratiche religiose dei ceti popolari.
Vanno sottolineate la vicinanza e la continuità tra: a) l’aspra battaglia della Chiesa
dopo il Concilio di Trento alle superstizioni, ai rituali, all’ignoranza dei ceti popolari;
b) la denuncia gesuitica dello stato misero delle popolazioni e l’ignoranza del clero
locale del XVI secolo; c) la critica degli illuministi meridionali alle manifestazioni
religiose delle popolazioni e allo strapotere degli ordini ecclesiastici; d) le osservazioni
di tipo illuministico degli ufficiali francesi del periodo napoleonico; e) la polemica di
tanti viaggiatori stranieri contro le manifestazioni esteriori della religione dei
meridionali 27; f) le teorie positiviste di fine Ottocento e inizio Novecento. Permane
nel tempo un sostanziale giudizio negativo nei confronti di un clero considerato vicino
ai ceti popolari e omogeneo alle loro superstizioni.
L’immagine positivista del meridionale superstizioso anche nelle sue manifestazioni
religiose può essere considerata decisiva per la successiva disattenzione o valutazione
negativa della cultura e della religione delle popolazioni anche da parte di studiosi
impegnati nel riscatto economico, sociale e civile delle popolazioni meridionali. Le
fonti orali, le voci dei ceti popolari, una rilevante produzione di poesia e di musica
popolare religiosa, le iniziative artistico-religiose sono state spesso ignorate, rimosse,
relegate nel campo dell’irrilevante o dell’ininfluente. La pratica e la tentazione di
indagare il passato soltanto con documenti scritti, non raffrontati con altre fonti come
quelle orali, iconografiche, letterarie, hanno portato anche a superficiali e
impressionistiche interpretazioni di ritualità attuali, a ignorare le forme di devozione e
di religiosità che ancora oggi coinvolgono, diversamente dal passato, le popolazioni
della regione.
1.2. Gli studi in ambito demo-antropologico
Per registrare una significativa attenzione alla storia e alla cultura delle confraternite
bisogna rivolgersi a tradizioni e prospettive di studi, a torto sottovalutate o considerate
minoritarie e marginali da una storiografia che ha privilegiato, quasi ossessivamente,
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la storia delle élite e i documenti da esse prodotti. Vale la pena segnalare almeno una
tradizione di sguardi che a partire dalla seconda metà dell’Ottocento ha svolto un ruolo
decisivo per la raccolta, la sistematizzazione, l’elaborazione di documenti orali
fondamentali per scrivere la storia dei ceti popolari. In questa sede è sufficiente
ricordare come gli studiosi di folklore calabrese abbiano saputo affermare,
interpretare, rappresentare (a volte in maniera più incisiva e problematica, di quanto
non avvenga in altre parti d’Italia e d’Europa) con le loro ricerche e i loro studi un
bisogno di riconoscimento, di rispecchiamento, di presenza delle popolazioni. I
folkloristi, anche quando sono portatori di concezioni romantiche, rivelano un
atteggiamento nostalgico nei confronti di un universo al crepuscolo ed operano
mitizzazioni di una realtà che si presenta con i segni della miseria, hanno avuto il
merito di indagare e di descrivere le tradizioni popolari non più come superstizioni e
manifestazioni di arretratezza, ma come modi di essere delle popolazioni.
Vincenzo Padula, in pieno periodo romantico, anticipando tematiche
meridionalistiche, afferma la necessità di conoscere le reali condizioni delle «persone
in Calabria». I ceti popolari vengono osservati e descritti nella loro vita quotidiana,
nella loro miseria e nella loro poesia. La cultura folklorica, i testi di poesia orale che
Padula registra e riporta, diventano documenti e testimonianze di una cultura, di una
condizione umana e di una realtà sociale. Le «anonime canzoni popolari» descrivono
lo stato del bracciante «povero, imbruttito, lordo, sporco, ignorante» 28.
Nell’esortazione di Padula a considerare il bracciante un «Cristo di carne» nato da «un
legno afflitto» 29 possiamo rintracciare motivi di un vangelo popolare, dove Cristo
appare figura umana, terrena, familiare, fondatore di verità. L’attenzione alla poesia
popolare di carattere religioso è costante in Padula, che è anche autore di importanti
componimenti di argomento religioso 30. L’elenco degli studiosi calabresi che si sono
occupati di poesia orale a sfondo e contenuto religioso, effettuando ricerche con ampia
risonanza non solo a livello locale, sarebbe molto lungo e pertanto mi limito a
ricordarne soltanto alcuni. Apollo Lumini in Studi Calabresi (1890) raccoglie due
lunghi saggi dedicati rispettivamente alla sacre rappresentazioni e al Natale nei canti
popolari calabresi. Lo studioso segnala, con grande competenza storico-filologica,
l’origine letteraria colta di molti testi e di diverse rappresentazioni popolari e si
sofferma su riti come quelli della Settimana Santa (in particolare l’affruntata della
domenica di Pasqua) che hanno come protagonisti i congregati 31.
Ed è un assiduo interesse per il folklore, inteso come produzione storica e come
cultura dei ceti popolari, a portare Pasquale Rossi lontano dalle rigide posizioni
positiviste e in una zona di comprensione di tipo storico- antropologico della religione
popolare. Ne Le Rumanze ed il Folk-lore in Calabria (1903), Rossi, prende in
considerazione i cicli a contenuto religioso cristiano presenti nelle fiabe. I centri di
svolgimento dei cicli cristiani sono, secondo lo studioso calabrese, la vita di Gesù e dei
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santi, il diavolo, l’inferno, la morte, che non fanno più paura come avevano fatto
l’orco e le fate 32. La religiosità delle rumanze è caratterizzata da una vena di
umorismo popolare, da un’ondata di riso, da una dimensione gioiosa. Gesù che «va per
il mondo» è dolce, mite, arguto, gira di terra in terra, avvolto «da gioconda festosità».
Rossi parla di Cristo che viaggia per il mondo, sconfigge la morte, riceve ospitalità,
delinea la figura di S. Martino come «protettore dei deboli e degli oppressi» 33. «La
vita dei santi risponde alle quotidiane vicende della folla», nota Rossi, rintracciando e
organizzando i tratti di un vangelo popolare, di un vangelo che conosce
un’«interpretazione rusticana» 34.
Negli scritti di Rossi troviamo non soltanto documenti e collegamenti utili per
ricostruire i caratteri originali di una storia religiosa dei ceti popolari non separabile da
quella delle élite, ma anche interpretazioni che ricordano recenti posizioni di
antropologia religiosa. Il folklore (è significativo che Rossi adoperi il termine
affermatosi in Inghilterra a partire dalla prima metà dell’Ottocento)35, le fiabe, le
tradizioni orali vengono considerati espressione del “carattere” delle popolazioni, delle
vicende storiche, sociali, culturali delle folle, sia di quelle antiche sia di quelle del suo
tempo. Lontano dalle retoriche tardo-romantiche, dal rimpianto del “buon tempo
antico”, e dal mito del folklore come riflesso della bontà, genuinità, semplicità del
popolo, di cui in quel periodo troviamo echi in molti viaggiatori e in altri folkloristi,
Rossi prende, sia pure con molte contraddizioni, le distanze dalle posizioni razziali e
razziste degli antropologi positivisti, a cui fa esplicito e continuo riferimento 36.
Una particolare attenzione al folklore religioso si riscontra su La Calabria, la rivista di
letteratura popolare pubblicata a Monteleone (l’attuale Vibo Valentia) dal 1888 al
1902 per iniziativa di Luigi Bruzzano ed Hettore Capialbi, alla quale collaborano i
maggiori folkloristi calabresi del tempo (Giambattista Marzano, Giovanni De
Giacomo, Apollo Lumini, ecc.), e dove vengono pubblicati ricerche, studi, testi orali e
documenti sulle tradizioni religiose delle diverse parti della regione 37. Sulla rivista
comincia la lunga avventura intellettuale di Raffaele Lombradi Satriani, che nell’arco
di un sessantennio pubblicherà, sul modello della «Biblioteca» del Pitré, la «Biblioteca
delle tradizioni popolari calabresi», ben undici volumi in cui sono raccolti canti,
proverbi, racconti, credenze di tutta la Calabria 38. Numerosi sono i testi orali relativi
alla vita e alla cultura religiosa delle popolazioni. Si pensi, ad esempio, alle orazioni
dei bambini (cosi ’i Dio), ai canti sacri e fanciulleschi, ai canti natalizi, alle preghiere
ed invocazioni, ai rosarii, ai lamenti, alle storie di santi, pubblicati nel sesto volume
dei canti popolari calabresi 39.
Non bisogna, certo, confondere l’interesse per la religione popolare e il folklore
religioso con quello per le confraternite, tuttavia le raccolte, più o meno sistematiche,
di credenze, riti, preghiere risultano decisive per conoscere e ricostruire la vita
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quotidiana e festiva delle singole congregazioni. Nell’esaminare criticamente le fonti
orali bisogna evitare l’errore di una loro assolutizzazione e di pensare a una storia dei
ceti popolari «separata» e «oppositiva» rispetto a quella delle élite. Questa
impostazione è presente nella tradizione demologica di derivazione pitreiana,
contrassegnata da una sostanziale disattenzione per le istituzioni della Chiesa e i
rapporti tra clero e popolo, tra cultura delle élite e cultura di tradizione orale.
Questo limite è stato segnalato da Ernesto De Martino. Ne La terra del rimorso (1961)
lo studioso ricorda, infatti, come Pitrè affermasse l’esistenza di «due» storie, «quella
dei dominatori e quella dei dominati, e che questa seconda non dovesse essere confusa
con la prima: era pertanto venuto il tempo di salvare le memorie dei dominati, cioè del
“popolo”, le quali non coincidono con le memorie dei dominatori» 40. Per De Martino
l’ideologia delle «due» storie racchiudeva un «motivo di vero» che occorre
sottolineare per rendere giustizia a Pitré e alla sua opera. Se infatti la storia della vita
religiosa è considerata semplice «storia di vertici», il materiale folklorico sarebbe
destinato a restare fuori dall’interesse storiografico e a diventare «rottame irrilevante,
aneddotica frivola, pettegolezzo irriverente nel solenne corso degli eventi» 41. Pitrè
finiva però col ridurre i fatti della vita religiosa attuali a «reliquie del passato» e quindi
a «non storia», a «segno di un limite della sua potenza di espansione e di plasmazione
reale del costume, o, se si vuole, la continua ironia che si contrapponeva agli sforzi che
la civiltà moderna aveva compiuto per realizzare la propria storia» 42.
L’ideologia delle «due» storie e dell’autonomia della storia del mondo popolare non
consentiva a Pitrè di vedere che il «relitto folklorico-religioso» era documento di
un’unica storia, «di quella della civiltà religiosa in cui sopravvive o subisce più o
meno profonde riplasmazioni, ma non mai di una storia religiosa “popolare”
contrapposta, parallela e concorrente a quella delle élites sociali e culturali» 43.
Occorre attendere Gramsci, come ricorda De Martino, per ritrovare spunti ed
indicazioni per una storia religiosa del Sud non ridotta al cattolicesimo dei ceti
intellettuali religiosi e delle gerarchie ecclesiastiche ma estesa al cattolicesimo
popolare e al folklore 44. Gramsci ha sostenuto, infatti, la necessità di considerare la
«religione di popolo» in rapporto al “folclore”, ma anche alle vicende degli
intellettuali e della gerarchia ecclesiastica prima e dopo il Concilio di Trento 45.
Nella prospettiva di una storia non separata, che individui e segnali i molteplici nessi
tra «religione di popolo» e religione delle élite, a De Martino il materiale folklorico
religioso appare indispensabile: «Esso segnala quella potenza del negativo,
quell’esplodere di contraddizioni, quel gioco di tensioni che, proprio per il rischio
estremo che comportano, fanno ancor più risaltare come “storica” la potenza positiva
di una data plasmazione culturale religiosa. Non si tratta dunque di “due” storie
concorrenti in una stessa civiltà religiosa: ma di un’unica storia, resa più concreta dalla
continua valutazione della sua dimensione sociologica, con tutte le corrispondenti
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particolarizzazioni di tempo, di luogo, di mezzo sociale» 46.
Da ricordare come De Martino ravvisi nell’impostazione romantico-risorgimentale di
Pitrè anche il limite di non aver avuto un «apprezzabile rapporto con la questione
meridionale». La stessa letteratura meridionalistica, secondo lo studioso, aveva
sottovalutato o ignorato la dimensione storico-religiosa che avrebbe potuto inaugurare
una più ampia valutazione storico-culturale della realtà meridionale 47. Di fronte al
“silenzio” dei meridionalisti e alle valutazioni negative dei positivisti, il materiale
folklorico raccolto dai demologi a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, anche
quando presentato in una cornice romantica e all’interno della concezione delle «due»
storie, appare significativo e indispensabile per una lettura storico-antropologica
attenta alle produzioni, alle elaborazioni, alle emozioni, ai sentimenti dei ceti popolari
in un rapporto di incontro-scontro con le costruzioni delle élite.
Alle indicazioni di Gramsci e alla prospettiva di De Martino si legano importanti
ricerche sulla religione popolare meridionale e calabrese, all’interno di un più vasto e
generalizzato interesse per le culture tradizionali a partire dalla metà degli anni
sessanta del Novecento. È impossibile ricordare, sia pure sommariamente, una ricca
stagione di indagini, ricerche, riflessioni sul folklore, portate avanti in un periodo di
grande trasformazione e di forti tensioni sociali, politiche e culturali. La sottolineatura
da parte di alcuni studiosi degli aspetti oppositivi del folklore e dell’autonomia della
cultura popolare risponde spesso a urgenze politiche e va compresa all’interno di una
più vasta critica della cultura ufficiale (che continuava ad ignorare la cultura dei ceti
popolari) e di quella cultura di massa che stabiliva un rapporto strumentale con una
cultura ormai scomparsa o in via d’estinzione. Luigi M. Lombardi Satriani, che
definisce tale fenomeno folkmarket, propone una rivisitazione critica delle culture
tradizionali, ne segnala gli aspetti contestativi e narcotizzanti, l’autonomia, ma anche
la dipendenza da condizioni di povertà e di oppressione, la loro inseparabilità dalle
elaborazioni delle élite. Con concetti e categorie mutuate dall’antropologia culturale
statunitense e britannica, rilegge la ricca letteratura demologica calabrese. Le
manifestazioni religiose rivelano, secondo lo studioso, come il folklore, con la sua
semplice esistenza, costituisca una «contestazione implicita» della cultura dominante,
ne denunci i limiti di penetrazione e il carattere classista. La dimensione magicoreligiosa delle popolazioni viene ricondotta alle condizioni esistenziali, ai disagi
economici e psicologici 48.
Questa prospettiva teorica e metodologica trova la più alta elaborazione ne Il ponte di
S. Giacomo (1982), scritto con Mariano Meligrana, uno dei più importanti lavori sulle
concezioni popolari del Mezzogiorno d’Italia, dove, tra l’altro, si trovano numerosi
spunti sulla religione, sulla cultura delle confraternite, sull’ideologia arcaica della
morte nella società meridionale, ripensate in rapporto a complesse vicende storiche e
culturali dei diversi ceti sociali dell’universo mediterraneo 49. I comportamenti
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popolari non sono indagati come “relitti” o “residui” del passato, ma come il portato
storico di continue elaborazioni dei diversi contesti sociali. Non vengono ridotti a
negativo da superare, ma riconosciuti nella loro “positività”, diremmo “umanità”,
rispetto alla rimozione della morte che caratterizza la società moderna.
A queste posizioni si collegano alcune ricerche e riflessioni sulla religione dei ceti
popolari della Calabria, nelle quali si trovano indicazioni decisive per un’antropologia
della confraternite. Ricordo, in particolare, i contributi di Mariano Meligrana, di
Francesco Faeta e di chi parla 50. Tra i tanti studiosi (demologi, etnologi, antropologi)
che a partire dalla fine degli anni sessanta si soffermano sui diversi aspetti della
religione popolare delle regioni meridionali, una menzione particolare merita
Annabella Rossi che nel volume Le feste dei poveri (1969) redige un dettagliato
resoconto delle forme di devozione popolare presenti in numerosi luoghi di culto del
Meridione e della Calabria, ne segnala la diffusione, l’attualità e la diversità rispetto a
quella che allora veniva proposta e inventata dai media come “cultura popolare” 51.
Per gli studi relativi alla sfera magico-religiosa delle popolazioni del Mezzogiorno
particolare importanza assume l’indagine di Alfonso M. Di Nola sul culto di S.
Domenico a Cucullo 52.
Anche numerosi intellettuali cattolici, impegnati in quel periodo a livello politico e
sociale, compiono una significativa apertura alle posizioni antropologiche ricordate.
Frutto della collaborazione tra antropologi, che si rifanno alla tradizione gramsciana e
demartiniana, e studiosi cattolici è un numero di Idoc dedicato alla Religiosità
popolare nel Meridione (1976), con saggi di Arnaldo Nesti, Alfonso M. Di Nola,
Mariano Meligrana, Luigi M. Lombardi Satriani, Lello Mazzacane e dell’autore di
queste note 53.
Sono diversi gli studiosi cattolici ad affermare la necessità di non considerare separate
le «due» storie e di non ridurre la religione popolare a fenomeno arcaico e residuale
delle «classi subalterne» 54.
1.3. Gli studi storico religiosi e di storia locale
Gli studi sulle vicende storiche delle diverse diocesi calabresi e, più in generale, sulle
strutture e il patrimonio della Chiesa e sul rapporto che essa intrattiene con l’intera
società hanno nella regione un’antica, solida, variegata tradizione di studi 55. Tuttavia
le ricerche mirate sulle confraternite nel Mezzogiorno d’Italia in epoca moderna - con
significativa attenzione non solo alle istituzioni ecclesiastiche, ma anche alle culture,
alle mentalità, alla religione dei diversi ceti sociali che le compongono - conoscono un
certo impulso soltanto alla fine degli anni settanta e all’inizio degli anni ottanta,
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soprattutto grazie alle ricerche di storia sociale e religiosa portate avanti da Gabriele
De Rosa 56 e da Giuseppe Galasso 57 nel quadro di una più generale e complessa storia
del Mezzogiorno nell’età moderna e contemporanea.
L’approccio storico al mondo confraternale in età moderna nasce, come ricorda
Antonio Cestaro, dalle ricerche sul ruolo religioso e sociale della parrocchia e degli
enti ad essa collaterali 58. Un significativo passo avanti viene fatto in un convegno di
studi, svoltosi a Roma nel dicembre 1987, dal titolo «Sociabilità religiosa nel
Mezzogiorno: le confraternite laicali», le cui relazioni vengono pubblicate, a cura di
Vincenzo Paglia, nel volume Confraternite e meridione nell’età moderna (1990) 59.
Maria Mariotti presenta un «rapporto dalla Calabria» dal titolo Ricerca sulle
confraternite laicali del Mezzogiorno in età moderna, dove espone una serie di temi e
problemi, riassumendo lo stato delle ricerche condotte in Calabria da Antonio Tripodi,
Enzo D’Agostino, Luigi Intrieri, Luigi Renzo, Francesco Milito, Maria Rosaria
Valensise, Antonio Denisi, Lino Lopa, Carmela De Leo 60. I contributi sulla religione
popolare di Maria Mariotti e di altri studiosi cattolici come Luigi Renzo e Maffeo
Pretto 61 sono fondamentali per le ricerche di storia e di antropologia religiosa e per
una giusta collocazione storica del fenomeno confraternale nel Sud. È opportuno
ricordare come le ricerche degli studiosi cattolici siano legate in molti casi anche a
preoccupazioni di “fede”, “pastorali”, “ecclesiali” non separabili dagli interrogativi
che il complesso e variegato universo della Chiesa calabrese si pone anche in rapporto
alle manifestazioni religiose di antica tradizione o di recente invenzione 62.
Pure con significative diversità di ordine teorico-metodologico, d’impostazione e di
prospettiva, la tradizione demo-antropologica e quella storico-religiosa, per lo più
d’ispirazione cattolica convergono sui seguenti motivi: a) l’opposizione alla
prospettiva positivista che, in maniera etnocentrica, riduce la religione e la cultura
popolare a superstizione, arcaicità, sopravvivenze del passato, espressione di
formalismo; b) la centralità assegnata al “fatto religioso” all’interno delle società e
delle culture folkloriche tradizionali in rapporto a vicende storiche più generali, alla
storia della Chiesa e alle elaborazioni delle élite intellettuali e religiose; c) il
riconoscimento della religione popolare (o devozione popolare o pietà popolare) nelle
sue valenze sociali ed antropologiche; d) l’interesse, anche se non sempre sistematico,
per le confraternite religiose, di cui viene segnalata la dimensione sociale e culturale;
e) l’uso critico e problematico di fonti diverse da quelle scritte e, soprattutto, di testi
della tradizione orale raccolti nel corso di oltre un secolo dai demologi della regione;
f) la considerazione delle forme di autopercezione e autorappresentazione degli
“osservati”; g) la concezione non separata delle vicende di élite e ceti popolari e quindi
il superamento di posizioni che presuppongono l’esistenza di “due” storie: vuoi quella
demologica-romantica che vede la storia del popolo in opposizione a quella dei ceti
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NOTE PER UN’ANTROPOLOGIA DELLE CONFRATERNITE CALABRESI IN ETÀ MODERNA E CONTEMPORANEA
dominanti; vuoi quella positivista-modernista che privilegia la storia delle élite
(borghesie, aristocrazie), ignorando la storia, le fonti, le testimonianze, le elaborazioni
dei ceti popolari.
Non si può concludere questa rapida e sintetica rassegna senza ricordare le ricerche di
Enzo Misefari, che ha sottolineato la funzione sociale ed economica delle confraternite
in epoca moderna ed ha individuato in esse forme di associazione autonome dei ceti
popolari 63. Bisogna ricordare per concludere anche il fiorire negli ultimi anni di
importanti ricerche sulle confraternite. Molti studiosi rinnovano una prestigiosa
tradizione di storia locale e sono autori di importanti monografie sulle confraternite;
altri forniscono materiali, documenti, stimoli che indicano la complessità del
fenomeno delle confraternite nella storia delle comunità calabresi 64.
Si può dire che le ricerche, gli studi, le fonti, i documenti sulle confraternite
consentono di ripensare in maniera non consueta e con una pluralità di voci e di fonti
la storia religiosa, sociale, culturale della Calabria.
Queste prospettive di ricerca rivelano la loro importanza in presenza di certe posizioni
che, ignorando sia la prospettiva pitreiana sia le indicazioni demartiniane, rileggono le
vicende storiche come affare esclusivo di “vertici”. Se nel passato la prospettiva
demologica trovava una qualche legittimità nel fatto che i ceti popolari erano stati
ignorati dall’indagine storiografica, oggi la teoria di una storia separata dei ceti sociali
avviene senza alcun fondamento teorico e metodologico e soltanto con più o meno
consapevoli ragioni ideologiche. Non è certo un caso se negli ultimi anni che da una
problematica critica del concetto di “civiltà contadina” si è passati ad un acritico
elogio del ruolo delle borghesie e delle aristocrazie meridionali. Appare tanto più
necessario, pertanto, consegnare ad una prospettiva storiografica non parziale altri
sguardi, altre sensibilità, altre tradizioni che consentano di cogliere la dimensione
antropologica delle confraternite.
Ad uno sguardo attento esse si pongono come “istituzioni sociali totali” che hanno
relazioni con i diversi aspetti della vita dei diversi ceti sociali dell’universo
tradizionale 65. Nelle note che seguono ripenserò brevemente alcuni tratti
antropologici delle confraternite fondamentali per decifrare meglio l’universo
tradizionale calabrese: il rapporto tra oralità e scrittura, tra cultura delle élite e dei ceti
popolari; le forme di organizzazione e di trasmissione culturale nella società
tradizionale; l’ideologia della morte e l’organizzazione comunitaria del cordoglio, del
lutto, della memoria; l’organizzazione simbolica e rituale dello spazio; il problema
dell’appartenenza territoriale e dell’identità individuale e collettiva nelle società
tradizionali.
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NOTE PER UN’ANTROPOLOGIA DELLE CONFRATERNITE CALABRESI IN ETÀ MODERNA E CONTEMPORANEA
2. Le confraternite religiose come istituzioni economiche,
sociali e culturali
2.1. Le confraternite come «luoghi pii» di elaborazione, trasmissione
e scambi di culture
Un esame attento e approfondito della storia e della vita delle confraternite potrà
contribuire a ribaltare sia il luogo comune di derivazione positivista della mancanza di
organizzazione delle popolazioni, sia quello di tipo romantico delle confraternite come
semplici istituzioni spontanee e dal basso. Siamo in presenza in realtà di enti in cui si
verifica una serrato rapporto e un intenso, talvolta conflittuale, dialogo, tra alto e
basso, élite e ceti popolari, clero e “basso popolo”, mondo esterno e mondo interno. Le
confraternite costituiscono in epoca moderna l’istituto di una grande trasformazione
religiosa e culturale, il veicolo di penetrazione e diffusione di pratiche, riti, culti,
saperi, culture. In un certo senso è attraverso le confraternite - unitamente alla
presenza dei diversi ordini religiosi - che si attua nelle regioni meridionali lo
sradicamento di pratiche e culture arcaiche e si verifica una sorta di “omologazione”
religiosa e culturale che interessa la quasi totalità delle popolazioni 66. Una grande
storia di penetrazione culturale e di “acculturazione” ancora in larga parte da scrivere.
In pratica, le confraternite svolgono un ruolo decisivo per quell’opera di
evangelizzazione e di eliminazione di forme di “magismo” e di “superstizioni”
promosse dalla Chiesa dopo il Concilio di Trento.
Non bisogna però dimenticare che le confraternite hanno una lunga e significativa
storia precedente al Concilio tridentino e che pertanto la loro iniziativa in epoca
moderna va considerata sia negli elementi di rottura, sia in quelli di continuità rispetto
a vicende religiose precedenti 67. Nello stesso tempo non bisogna considerare le
confraternite come mere istituzioni importate dall’esterno, calate dall’alto, frutto
dell’opera di penetrazione ecclesiastica. Ogni confraternita esprime reali esigenze
delle popolazioni delle aree rurali e dei ceti cittadini in ascesa e in difesa o alla ricerca
di un’identità, di una ragione sociale ed economica. L’aggregazione solidaristica su
basi religiose risponde a “mille” esigenze locali di antica o di recente tradizione che
vanno indagate e contestualizzate di volta in volta. La storia delle confraternite non è
una storia unitaria, ma è segnata da molteplici esperienze di distanza, di autonomia, di
conflittualità con le autorità diocesane o parrocchiali. I rapporti che si stabiliscono tra
esigenze ecclesiastiche ed interessi locali, tra interventi dall’alto e iniziative dal basso,
sono un fatto inedito nella storia sociale e civile del Mezzogiorno e danno origine a
nuove produzioni culturali, a una nuova mentalità, a una nuova organizzazione del
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NOTE PER UN’ANTROPOLOGIA DELLE CONFRATERNITE CALABRESI IN ETÀ MODERNA E CONTEMPORANEA
territorio, dei rapporti sociali, dei legami tra le persone, dei modi di intendere la vita e
di organizzare la morte.
Questa grande opera di creazione di nuove forme religiose e culturali viene realizzata
non solo attraverso la predicazione e quindi la trasmissione orale (accompagnata da
una gestualità e da una teatralità di grande impatto emotivo e comunicativo), ma anche
attraverso gli statuti, dove sono elencati modalità di ammissione e di elezione delle
cariche, obblighi, regole (anche relative punizioni per i trasgressori), impegni
devozionali, pratiche, funzioni, riti, preghiere, feste. Gli statuti sono stati esaminati
come fonti preziose per cogliere la tipologia confraternale e la collocazione in uno dei
gruppi in cui si è soliti distinguere le confraternite (eucaristiche, mariane, dei santi, dei
morti), «anche se va tenuto presente che l’esame comparato di statuti coevi, per zone
territoriali diverse (zone rurali e zone urbane; zone di pianura e zone di montagna) può
contribuire non poco a definire i caratteri peculiari di una confraternita e di una
religiosità, gli elementi autoctoni o di importazione, nel quadro di una circolarità
culturale e religiosa» 68. Proprio nella definizione della circolarità culturale che le
confraternite attuano sarebbe interessante considerare il linguaggio degli statuti, le
funzioni da essi svolte. La scrittura gioca, infatti, una grande influenza anche presso
ceti popolari “analfabeti”, diventa un elemento fondamentale per la costruzione della
loro identità, del loro sentimento d’appartenenza che si afferma in epoca moderna. La
scrittura, come attestano fonti orali e letterarie, esercita sulle categorie sociali, che ne
sono escluse, un grande fascino, un forte richiamo 69.
Gli statuti non vanno esaminati soltanto per i loro contenuti, ma anche per la loro
forma, e come nuovo “mezzo di comunicazione” che raggiunge i ceti popolari
disagiati. Essi sono stati un medium, un veicolo eccezionale di regole, saperi, culture
che ha concorso alla costruzione dell’identità individuale e di gruppo nella società
tradizionale. Gli statuti rappresentano e segnano una sorta di “nuovo inizio”, di
“fondazione” di tutta la comunità. La storia di molti piccoli centri viene fatta
cominciare dai suoi abitanti proprio con la costituzione di una confraternita, attestata
dagli statuti. E in molti casi, soprattutto nelle zone interne e marginali, gli statuti
rappresentano davvero il testo scritto più antico ed importante, in possesso della
comunità. Il “libro” diventa “fondamento” del comportamento dei congregati,
costituisce spesso motivo di “distinzione” dagli appartenenti ad altre confraternite.
Indizi e spunti per approfondire la ricerca in questa direzione vengono offerti dagli
Statuti e Riti della Congregazione del SS. Crocefisso eretta nella Chiesa Madre di S.
Nicola (attuale S. Nicola da Crissa) il sabato 1 giugno del 1669. Si tratta di un
manoscritto di 296 carte (24 capitoli di regole, con una prefazione di 41 carte), ben
conservato, scritto da un anonimo estensore, certamente un ecclesiastico molto
erudito, approvato per mano di mons. Ottavio Paravicino, vescovo di Mileto, in data
20 ottobre 1682 70.
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Nelle pagine iniziali si fa riferimento alle visite nei luoghi della diocesi di due padri
missionari: D. Orazio Rocca, canonico della Cattedrale di Mileto e P. Pasquale
Martirano dell’ordine dei Minori. È un esempio di come la costituzione di alcune
confraternite rientri in quell’opera di evangelizzazione delle popolazioni promosse in
quel periodo nelle diverse diocesi. Del resto il termine Junca che è parte integrante del
nome del paese (S. Nicola della Junca) sembrerebbe indicare anche una “zona
paludosa”, una “spelonca” e richiama fortemente l’immagine di quegli abitanti «tutti
del bosco» che i Gesuiti, come si è gia detto, intendevano assistere, redimere e salvare.
La predicazione dei due missionari avviene in un luogo dove, secondo quanto si legge
negli Statuti, in passato c’era stata una «crudelissima guerra» sostenuta dal papa
Callisto II contro Ruggiero Guiscardo, conte di Sicilia, in difesa di Guglielmo duca di
Calabria. Gli abitanti avevano subito la scomunica per essersi schierati contro il Papa.
L’estensore del testo, come un moderno cronista, ricostruisce il clima penitenziale che
accompagna l’atto di fondazione di un sodalizio religioso, grazie al quale si verifica
l’espiazione dei peccati e si annulla la “maledizione” che grava sulla comunità fin dai
tempi della scomunica. I presenti, circa ottocento persone, «forandosi ciascheduno con
Orazioni, discipline, diggiuni e lagrime di vera contrizione impetrare dalla Maestà
Divina il perdono confessarono a questi Messaggeri di Dio i loro peccati, e riceverono
per mano de’ medesimi il Sacramento dell’Eucharistia, riserbando nelle loro Menti un
vivo e vero proponimento di mai più peccare» 71. La cerimonia d’istituzione della
confraternita si conclude con il canto del Te Deum Laudamus 72.
Ancora oggi il Te Deum viene cantato dai congregati, ogni anno, il giorno dopo la
processione, quando la statua del Crocefisso viene riposta nella sua nicchia sopra
l’altare della Chiesa matrice da dove sarà tolta l’anno successivo. La cerimonia
avviene in un clima di commozione e di partecipazione che sembra rinnovare il rito
della fondazione.
L’estensore degli Statuti annota:
«Mi è stato necessario però nell’esecuzione di questo mio proponimento [«scrivere
questo libretto»] haver riguardo alla capacità e condizione de’ medesimi Congregati,
che per essere nella maggior parte semplici, son bisognosi di vulgate parole e di chiari
avvertimenti, né possono eseguir tutti quei statuti che si dovrebbero osservare in una
ben ordinata Congregazione» 73. La fondazione della confraternita viene realizzata con
“proponimenti” religiosi, non separabili da “preoccupazioni” pedagogiche e culturali,
con attenzione alla mentalità e al linguaggio delle persone.
Il riferimento alle “regole” e ai riti fissati con la scrittura ha avuto, e in molti casi
conserva ancora oggi, un valore di fondazione e di riconoscimento dei congregati
proprio nelle situazioni in cui vengono messi in atto comportamenti che si discostano
dallo spirito degli statuti. La fondazione viene collocata, in un tempo, storico e insieme
“mitico”, che è alla base del sentimento di appartenenza, di identità, di orgoglio dei
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congregati soprattutto nei momenti di conflitto (religioso e giuridico) con altre
confraternite presenti nella comunità o con la gerarchia ecclesiastica. Gli statuti sono
“luoghi” e “siti” della memoria della confraternita, testimonianza e prova “concreta”
di un passato carico di significato. I testi scritti, anche quando non conosciuti e non
letti, sono considerati “tavole sacre” che confermano la più antica origine o il
maggiore prestigio del proprio sodalizio rispetto agli altri.
Le “sacre scritture” hanno un valore di fondazione di tipo mitico, creano nuova
cultura, favoriscono aggregazioni economiche, familiari e di gruppo, influenzano la
mentalità, la psicologia, le concezioni dei diversi ceti sociali. Esse forniscono una
spiegazione per interpretare gli eventi che riguardano la comunità. È questa
un’ulteriore conferma di come la “scrittura” sia stata presente, nell’orizzonte culturale
e mentale dei ceti popolari “illitterati”; come, del resto, l’oralità è stata un elemento di
comunicazione e di trasmissione culturale anche per le élite intellettuali. Le
confraternite, con le proprie regole, i propri riti, le proprie funzioni, hanno
rappresentato istituti di acculturazione anche delle persone “analfabete”, hanno
funzionato come centri di elaborazione culturale, come veicolo per forme ed elementi
della cultura alta ed esterna.
Le regole, le preghiere, le prescrizioni, i divieti, le funzioni diventano modelli di
comportamento, ma da essi, come la storia delle congregazioni rivela, i devoti si
discostano, apportando modifiche, aggiustamenti, integrazioni rispondenti al loro
modo di sentire e di vivere. Anche le tradizioni fissate con la scrittura subiscono una
progressiva opera di riplasmazione e di reinvenzione. La scrittura, pure avendo svolto
in Calabria (analogamente a quanto avviene in altre società tradizionali) un ruolo
fondamentale nel processo di formazione d’identità in ambito religioso, non ha
rappresentato un elemento di rigidità e fissità. Se si osservano i riti e le cerimonie
confraternali di oggi, si può constatare come nel corso del tempo essi abbiano subito
significative modifiche. Le tradizioni vengono spesso soltanto evocate nel momento in
cui si verificano cambiamenti non condivisi o accettati soltanto in parte. La tradizione
è mutevole: viene continuamente modificata, reinventata; a volte diventa soltanto
pretesto per affermare nuovi comportamenti che di fatto ne costituiscono la negazione
e il superamento. La vita della confraternita si modifica nel corso del tempo, in
presenza di mutamenti economici, sociali e culturali che avvengono all’interno e
all’esterno della comunità e che spesso trovano riflesso nell’affermarsi di nuove
tradizioni religiose, talvolta nell’istituzione di nuove confraternite.
In diverse località si verifica una costante rielaborazione popolare della regole
affermate negli statuti e un serrato e ininterrotto dialogo tra élite e ceti popolari. Se
appare tendenzioso parlare di autonomia della cultura popolare, è certamente legittimo
parlare di una diversa interpretazione e fruizione da parte dei ceti popolari di
concezioni elaborate a livello colto. Non separazione o opposizione, ma spazio
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d’intervento che rende possibile “creazioni”, “invenzioni”, modifiche dal basso e che a
loro volta influenzano e condizionano le elaborazioni colte. È necessario tenere
presente, contestualizzare, storicizzare il gioco di passaggi, incontri, scontri culturali
tra diversi ceti sociali e anche all’interno di uno stesso ceto o di una stessa
confraternita.
I testi scritti (preghiere, inni, canti) della liturgia in lingua latina che venivano recitati
o cantati nel corso delle funzioni confraternali hanno conosciuto una rielaborazione e
una fruizione popolare. Non si tratta di semplici adattamenti formali o linguistici di
testi colti ecclesiastici. Dietro le modificazioni agiscono concezioni e interpretazioni
diverse degli strati popolari.
A S. Nicola da Crissa domenica delle Palme il corteo processionale di fedeli con in
mano rami di ulivo e palme partiva dalla Chiesa matrice e giungeva in una cappella di
proprietà della confraternita del SS. Crocifisso. Qui si svolgeva una breve funzione
religiosa, conclusa dal prete con la benedizione dei ramolivi. Il corteo tornava verso la
chiesa, e davanti alla porta d’ingresso si cantava l’Inno al Cristo Te, che ancora oggi fa
parte della liturgia della Domenica delle Palme: “Gloria, laus et honor tibi sit, rex
Christe Redemptor, cui puerile deus prompsit Hosanna pium”. I devoti, con
atteggiamento carico di tensione, rispondevano ad alta voce: “Apiri, apiri, o Zzinnapiu
/ Cà si non apiri tu aperu iu”. Dopo avere ripetuto per tre volte questa preghieraimprecazione, la persona che portava la croce dava un colpo alla porta della chiesa,
che si apriva e, finalmente, consentiva l’ingresso rumoroso e festoso della folla.
Zzinnapiu, con cui veniva tradotto a livello popolare “Osanna pia”, sembra fare
riferimento a una delle tante “figure” immaginarie, che costellano l’universo folklorico
tradizionale. Più che di uno dei tanti santi, benevoli o malevoli, inventati dai ceti
popolari, grazie alle deformazioni linguistiche del latino liturgico, siamo in presenza di
un personaggio negativo, inquietante come un demone. Zzinnapiu, evocato con un
senso di irritazione e di fastidio, appare un personaggio diabolico da sconfiggere e da
abbattere. Egli appare impegnato nell’impedire il ritorno dei fedeli nella casa del
Signore, tenendone chiusa la porta. L’esortazione popolare ad aprire e il violento colpo
di croce sulla porta della chiesa consentono la sconfitta di un personaggio ostile.
Zzinnapiu contro cui i fedeli mimavano una lotta cruenta era una figura che nel
contempo ispirava ilarità, come una sorta di capro espiatorio. Pari nu Zzinnapiu nel
linguaggio parlato indicava ancora pochi anni fa un individuo brutto, goffo, simpatico,
familiare, “perturbante”. Nella “teatralizzazione”, che conclude il rito di benedizione
delle palme, si potrebbe scorgere - ma è solo un’ipotesi da approfondire - un’allusione
a una sorta di battaglia della Chiesa contro credenze arcaiche, la narrazione-ripetizione
di riconquista simbolica del luogo sacro, del “centro”, che può essere sempre
minacciato da figure ostili.
Le “riletture” e le “traduzioni” popolari dei testi colti e delle cerimonie liturgiche
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rivelano bisogni, emozioni, sensazioni, paure, concezioni dei ceti popolari 74. I riti e le
funzioni dalla Chiesa divenivano un patrimonio condiviso e accettato, non senza
interventi e rielaborazioni dei ceti popolari, che concorrevano alla costruzione di
nuove forme culturali. Il latino adoperato nelle funzioni e nei riti ecclesiastici più che
un elemento di differenziazione e di distanza tra Chiesa e popolo, tra élite e ceti
popolari, diventa una “lingua” di scambio e di comunicazione, che consente
invenzioni e offre spazi di “autonomia” e talvolta di ironia (si pensi alle satire del
periodo carnevalesco, allo storpiamento di termini, alle benedizioni alla rovescia). Il
latino si afferma nel tempo come una lingua “comune” nei riti, nelle funzioni, nelle
processioni delle confraternite. È andato ormai disperso un vasto e ricco patrimonio
canoro in lingua latina, ma ancora oggi in paesi come Badolato, Santa Caterina, S.
Andrea, Spadola, Serra S. Bruno, S. Nicola da Crissa è possibile ascoltare canti
liturgici in latino di tradizione orale. I “suoni”, la “musica”, il “ritmo” dei canti in
latino “reinventato” a livello popolare accompagnavano le diverse manifestazioni
religiose. Gli studiosi hanno documentato il ruolo decisivo delle confraternite nella
conservazione e nella trasmissione del canto liturgico, grazie all’attività di vere e
proprie scholae cantorum 75.
Gli appartenenti a ceti popolari (lavoratori della terra e artigiani) acquistavano
prestigio e rispetto per la loro capacità di organizzare e gestire i riti e le funzioni, di
eseguire i canti liturgici in latino. L’attività delle confraternite nel corso dell’anno era
incentrata sugli esercizi, le “prove” di cantori, suonatori di strumenti, di organo, di
campane che poi conoscevano un loro pubblico “momento di gloria” in occasione
delle festività principali. Questa intensa attività canora e musicale, che vede
significativi apporti colti, conferma come le confraternite fossero un centro di
elaborazione e trasmissione culturale nel quale dialogano persone appartenenti a ceti
sociali diversi. È il caso di sottolineare come si verificassero continui passaggi dalla
scrittura all’oralità, dal testo scritto e dal testo orale a quello cantato e musicale e
viceversa. L’identità e la memoria, spesso “reificata”, delle confraternite non possono
essere comprese se non si tiene conto del “tenersi” e del “combinarsi” di testi scritti e
tradizioni orali.
Le confraternite non hanno introdotto ed elaborato soltanto canti e musiche, ma anche
numerose altre forme di produzione artistica, ed infatti si sono occupate della
realizzazione di statue, altari, cappelle, quadri, presepi, organi a canne ricorrendo ad
artisti locali o che operano in centri lontani 76. Dobbiamo alla loro iniziativa la
presenza in molte chiese di opere d’arte poco note o considerate “minori” e che invece
rivelano influenze esterne e un serrato dialogo tra “periferie” e “centro”. La vita
confraternale ha significato trasmissione e circolarità di culture dall’alto verso il basso
e viceversa; dall’interno verso l’esterno e viceversa. La storia delle confraternite
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segnala quanto sia angusta l’immagine delle «due» storie, ma anche l’idea di comunità
chiuse, impermeabili alle idee del mondo esterno.
Le confraternite in qualche modo orientavano sia la dimensione quotidiana sia quella
rituale della comunità. La vita confraternale richiedeva organizzazione, impegno,
dedizione, presenza. Feste e riti prevedevano una preparazione meticolosa e il
coinvolgimento assiduo di numerosi congregati nel corso dell’intero anno. Le funzioni
e le feste principali vedevano la partecipazione di quasi tutti i fratelli. Anche in questo
senso la confraternita appare un centro, un “cenacolo culturale”. Restano ancora da
indagare anche la presenza, la partecipazione, il ruolo delle donne, delle “consorelle”,
svolto nei singoli sodalizi 77. In alcune confraternite calabresi, le donne avevano
soltanto benefici di ordine spirituale e temporale. Non era concesso loro l’elettorato
attivo e passivo, non partecipavano alle assemblee, non avevano assegnato un apposito
spazio nelle chiesa, non indossavano camice e mantellina come i fratelli, non avevano
compiti o funzioni durante le pubbliche cerimonie o durante le processioni 78. A volte,
però, la presenza delle donne era attiva nei riti della confraternita. A Luzzi (Cosenza)
le consorelle della confraternita della Carità (istituita probabilmente a fine
Cinquecento), chiamate “Figlie della Beata Vergine Immacolata e S. Agnese” avevano
il compito di portare la statua del Cristo morto durante la processione del Venerdì
Santo. Questo “privilegio” veniva meno non appena le giovani donne si sposavano 79.
Tali ristrettezze normative vanno comprese con riferimento al ruolo della donna nella
società tradizionale. La presenza femminile all’interno di un’istituzione organizzata,
dove esercitava comunque una funzione di tipo morale e pratico, rappresenta un dato
culturale da non sottovalutare.
2.2. Le confraternite come luoghi di elaborazione del lutto
e di organizzazione della memoria del singolo e della comunità
È nel rapporto dell’uomo con la morte che le confraternite assumono in epoca
moderna un ruolo economico, aggregativo, solidaristico, culturale. Nel Mezzogiorno
d’Italia numerose confraternite per statuto, definizione, regole si occupano
principalmente della morte, dell’assistenza pratica e morale ai moribondi e ai familiari
del defunto. Tutte le confraternite, non solo quelle che si definiscono dei morti, si
configurano, però, come istituzioni tese alla gestione dell’evento luttuoso, come
organizzazione del cordoglio in cui sono coinvolti, non soltanto le persone colpite
direttamente dal lutto, ma tutti i fratelli. È stato sottolineato per alcune realtà
confraternali del Mezzogiorno un rapporto con la morte di tipo utilitaristico e poco
spirituale, e si è individuata prevalentemente la loro funzione pratica, soprattutto
quella legata alla sepoltura 80. Tuttavia le confraternite sembrano portare avanti in
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epoca moderna un progetto più ambizioso e radicale tendente ad affermare una diversa
“ideologia della morte” rispetto alle concezioni arcaiche che ancora segnavano la vita,
la mentalità, la psicologia delle popolazioni. In particolare l’opera di evangelizzazione
delle contrade meridionali è avvenuta grazie a interventi nell’ambito delle concezioni
legate alla paura della morte e dell’aldilà 81.
Le confraternite sono state decisive per sradicare arcaiche pratiche di lutto presenti nel
Mezzogiorno d’Italia ancora nel Settecento, come si evince da numerosi Sinodi,
Concili e Relazioni ad limina e come denunciano numerosi osservatori esterni. Le
regole confraternali affermano un diverso modello di dolore e di pianto in occasione
della morte; propongono ai fratelli “presenti” un atteggiamento controllato e
interiorizzato. Luigi Prato nel 1939 ricorda come in passato a Spezzano Piccolo
(Cosenza), durante il funerale di un appartenente adulto a una confraternita, i fratelli e
le sorelle recitassero un rosario in suo suffragio, mentre le “accompagnatrici” si
scioglievano e si strappavano i capelli, si graffiavano le gote, emettevano grida
altissime 82. Il folklorista coglie la “coesistenza” di differenti, quando non
contrapposte, concezioni d’intendere la morte e di affrontare il lutto. È sulla gestione
culturale della morte che la confraternita gioca una partita decisiva con precedenti
concezioni: le iniziative messe in atto dall’agonia fino all’accompagnamento, e poi
dalla sepoltura al “ricordo” del fratello defunto, hanno una finalità pratica e di
sostegno, attestate dal Monte dei morti istituito da molte confraternite 83, ma rientrano
soprattutto in una strategia tendente ad affermare una nuova ideologia della morte e
dell’aldilà. Chi oggi assiste a un funerale che si svolge nei paesi può notare una
significativa diversità tra il modello di lutto proposto dai congregati che camminano
lenti e silenziosi davanti alla bara del defunto e il dolore espresso talvolta in maniera
“scomposta”, secondo modalità “arcaiche”, dai familiari del defunto che camminano
dietro la bara.
Il defunto, al cui “stato” i congregati si avvicinano, diventa un fratello da
accompagnare nell’ultimo viaggio terreno, e da ricordare nelle funzioni e nelle
preghiere. La campana (o la “campanella”) della confraternita annuncia alla comunità
non solo un evento luttuoso, ma anche l’appartenenza confraternale del defunto.
Il legame e il dialogo con i defunti sono al centro dei riti e delle funzioni di numerose
confraternite. Le feste del passato costituiscono anche una sorta di grande esorcismo
della morte e comunque sono tempo di “ritorno” dei defunti, il tempo in cui sono
evocati, richiamati in vita. Le confraternite che avevano il compito di presiedere al
trasporto e all’inumazione dei defunti, si fanno carico di superare, in maniera rituale e
simbolica, la minacciosità latente all’interno della comunità. Anche per tali ragioni
l’assistenza talvolta è estesa anche ai non appartenenti alla confraternita, che non
avrebbero avuto adeguata sepoltura: poveri, bisognosi, condannati. A Cosenza
l’arciconfraternita di S. Maria della Misericordia, costituita da nobili, aveva tra i suoi
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compiti quello di assistere i condannati a morte. In particolare, provvedeva al
mantenimento del condannato nei giorni che precedevano l’esecuzione,
all’accompagnamento e alla sua sepoltura. Si tratta di un manifestazione di solidarietà
ed assistenza ai bisognosi, che aveva anche profondi risvolti sociali e che spesso dava
luogo a forme di ostentazione, ad accompagnamenti esteriori e pomposi 84.
Le confraternite, in quanto istituzioni che mediano il rapporto vivi-defunti, si
assumono il ruolo di superare, attraverso precisi rituali processionali, e comportamenti
rigidamente definiti, quel senso di angoscia territoriale presente nelle culture
folkloriche tradizionali, organizzano un ritorno controllato dei defunti. Nelle feste e
nelle processioni (soprattutto in quella della Settimana Santa) i fratelli si “avvicinano”
alla condizione dei defunti. I congregati non a caso sono stati individuati come “figure
vicarie” dei defunti. Scrivono Lombardi Satriani e Mariano Meligrana:
I congregati, in virtù dell’appartenenza a una famiglia simbolica, possono assumere
una più rischiosa prossimità con la morte.[…] La loro funzione nei cortei funebri - sia
in quelli realistici che in quello paradigmatico di Cristo - è per molti versi assimilabile
a quella dei parenti del defunto. Tale funzione li costituisce, di fatto, di volta in volta,
come parenti iniziatici, che condividono e orientano il lavorio familiare del cordoglio.
Attraverso il mascheramento rituale - un saio bianco che copre tutto il corpo, spesso
un cappuccio con due fori per gli occhi, mantelline di colore diverso e con immagini e
distintivi sacri diversi - essi partecipano contemporaneamente alla condizione di vivo e
a quella di morto, ponendosi così come zona di immunità dal contagio, mediatori con i
morti, loro vicari» 85.
I congregati, osservati in una prospettiva storico-antropologica, costituiscono, come
abbiamo visto, le figure che facilitano l’elaborazione del lutto secondo tecniche che
rivelano una sorta di compromesso tra antiche modalità di piangere i morti e modi di
manifestare il dolore in maniera più controllata e non esteriore. La collocazione rituale
dei fratelli in una zona di confine agevola il lavorio culturale dei viventi.
«Il mascheramento rituale come tecnica di sdoppiamento abilita i congregati a
costituirsi come organo della comunità, cui possono essere demandate le funzioni
rischiose dell’intrattenimento di rapporti con la morte, l’aldilà e il sacro.
[...] Vita e morte si incontrano e il lavorio dell’uomo è per la vita» 86.
Le iniziative confraternali di sostegno ai fratelli ammalati e moribondi, assistiti per
una “buona morte”, quelle per l’accompagnamento nel loro ultimo viaggio terreno,
quelle per aiutare, a livello pratico e morale, i rimasti, favorendone la reintegrazione
nella più vasta comunità, rivelano un’assidua strategia di gestione del lutto e di
collegamento vivi-defunti. Tali iniziative sono state così intense e decise da avere
suscitato spesso l’ironia dei ceti popolari. Il carattere luttuoso di molte manifestazioni
è all’origine di svariate immagini del “calabrese triste”, ma anche al centro di molte
satire carnevalesche. Nei riti di Carnevale i mascherati che portano in corteo
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l’Imperatore Carnevale morto, che sempre tornava, fanno la parodia dei congregati,
ripetono, in maniera scherzosa, preghiere, canti, benedizioni. Echi, forse, di un
contrasto tra modi diversi d’intendere il dolore, il lutto, la morte, la vita, il rapporto
vita-morte. E, d’altra parte, gli ultimi momenti delle festività carnevalesche venivano
interrotti da rintocchi della campana che introducevano nel tempo della Quaresima e
della preparazione a un lutto esemplare, che comprende e rinnova, commemora tutti i
lutti.
Il ricordo e la memoria, come si è visto, sono elementi costituitivi delle feste, dei riti,
delle funzioni religiose. Le confraternite sono vere e proprie organizzazioni della
memoria del gruppo e dell’intera comunità. Il ricordo dei defunti rientra in una più
generale strategia della memoria della propria discendenza e appartenenza che la
confraternita mette in atto. In tal modo la confraternita concorre al superamento di
antiche paure di un ritorno irrelato dei defunti. I morti non tornano in maniera
incontrollata e minacciosa, come potenziali “vampiri”, ma vengono evocati nella
memoria e attesi nelle feste e nei riti della congrega come “cari estinti”, come “figure
benevole”, come membri della famiglia e della confraternita. Se la metastorica
famiglia contadina, come scrivono Lombardi Satriani e Meligrana, è formata da vivi e
defunti 87, la confraternita è costituita dai fratelli che presiedono e partecipano ai riti,
ma anche da coloro che non ci sono più, dai “fratelli assenti”.
I congregati del SS. Crocefisso di S. Nicola da Crissa, ogni domenica, nel corso del
rito della “congrega”, previsto negli statuti, ricordano più volte i “fratelli assenti”.
Negli ultimi decenni l’espressione “fratelli assenti” include i fratelli lontani, gli
emigrati e questo conferma, ancora di più, come l’emigrazione abbia rappresentato
una sorta di “morte” per le comunità e come comunque essa abbia modificato il
sentimento di appartenenza, la mentalità, la percezione di sé e degli altri sia dei partiti
che dei rimasti. Dove sono ancora vive, le confraternite giocano un ruolo decisivo
nella gestione dell’accompagnamento e del lutto, continuano ad elaborare, sia pure in
maniera molto appannata rispetto al passato, una strategia della memoria e del ricordo.
2.3. Narrazione e teatralizzazione del trionfo della vita sulla morte
nei riti della Settimana Santa
Le confraternite religiose sono le protagoniste del lavorio rituale e simbolico che,
soprattutto durante la Settimana Santa, le comunità compivano per esorcizzare la
morte ed affermare la vita. Il periodo quaresimale era ricco di appuntamenti
significativi, di riti penitenziali, di funzioni di pentimento e richiesta di perdono che
vedevano impegnati i congregati specialmente i venerdì di marzo. Riti con canti,
preghiere, recita di salmi, genuflessioni, prostrazioni, percosse sul petto o sulle spalle
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con “discipline” sono segnalati in diverse località della Calabria.
I rituali della Settimana Santa si basano sulla commemorazione di un dolore, di una
morte, di una resurrezione esemplari nei quali confluiscono le esperienze individuali e
familiari dei congregati, dei fedeli, dell’intera comunità 88. La Domenica delle Palme,
che in molti paesi rappresentava anche un importante occasione di mercato, le
confraternite organizzavano e gestivano la visita al Calvario, dove avveniva la
benedizione dei rami d’olivo e delle palme, poi adoperati con funzione propiziatrice
nei campi e nelle case. Nei paesi a partire dal Giovedì Santo nelle chiese viene
organizzata una sorta di “strategia collettiva del cordoglio”. Quasi, dovunque,
organizzatori e attori principali delle funzioni religiose sono i fratelli di una o più
confraternita. Con ritualità, che presentano varianti a volte significative, vengono
sospesi i simboli della vita: il tabernacolo si vuota; le lampade ad olio si spengono; gli
oggetti sacri vengono coperti; le campane non vengono più fatte suonare. “Calano le
tenebre” che annunciano un lutto, viene ancora oggi detto nel corso dei riti della
confraternita del SS. Crocefisso a S. Nicola da Crissa. E l’espressione viene adoperata
anche in senso metaforico o ironico per alludere a un evento doloroso e non gradito.
Dal tardo pomeriggio di Giovedì Santo i fedeli cominciano le visite ai “sepolcri”
allestiti e addobbati nelle diverse chiese. Accanto ai “sepolcri” vengono collocati
piatti, vasi o altri recipienti nei quali vengono “offerti” i germogli di cereali,
soprattutto grano, e legumi, con un colore chiaro, perché non hanno visto la luce del
sole. Gli studiosi hanno collegato i germogli ai “giardinetti di Adone”, i vasi nei quali
si faceva crescere il grano al buio, in segno di lutto per la morte dell’eroe. Bisogna
tuttavia essere cauti nello stabilire continuità con i miti e riti del mondo antico: nella
Settimana Santa le funzioni religiose quasi sempre sono costruzioni o invenzioni delle
confraternite, che magari riprendono antiche e desuete ritualità. Giovedì Santo le
confraternite organizzano in molti paesi la rappresentazione dell’Ultima Cena. Il
Venerdì e il Sabato venivano praticati dai più devoti il “digiuno”, che rientra in una
logica di punizione e mortificazione, ma anche di partecipazione al lutto per la Morte
del Signore. La memoria orale di molte confraternite è segnata da storie di confratelli
che riuscivano a fare la “campana”, a non mangiare cioè nelle ore in cui le campane
tacevano, o anche di “trasgressori” che raggiravano in qualche modo le prescrizioni
liturgiche e le regole confraternali.
Il pomeriggio di Venerdì Santo o il Sabato Santo (con la nuova liturgia) in tutte le
comunità della Calabria si svolge, con un’infinità di varianti, la processione con il
Cristo Morto, generalmente seguito dalla Madonna Addolorata. In alcune località
lungo le vie del paese vengono fatte “sfilare” le Vare (i Vari) o Misteri, le statue che
rappresentano Cristo deposto nella bara, la Madonna e San Giovanni, altri personaggi
della Passione e Morte di Cristo. Talvolta il corteo processionale è preceduto da
giovani che raffigurano Cristo, la Madonna e altri personaggi. È nel corso di tale
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processione che i fratelli, con in capo una corona di spine, accompagnano il Cristo per
le vie del paese, luoghi di un lutto esemplare. I fratelli, sistemati davanti o dietro alle
statue, sono gli esecutori di preghiere, canti, “laudi”, con modalità che richiedono una
grande abilità e una lunga preparazione nel corso dell’anno e di un’intera vita. Esiste
una sorta di “gara” tra fratelli della stessa confraternita o tra fratelli di confraternite
diverse per la migliore esecuzione dei canti di passione: si tratta di una devozione
praticata con orgoglio perché considerata costitutiva dell’identità della congrega di
appartenenza. Negli ultimi anni gli etnomusicologi hanno effettuato un’attenta
ricognizione dei canti tradizionali, che porta a interessanti scoperte culturali e
musicali, all’individuazione di legami tra mondo colto e mondo popolare. La banda,
sistemata dietro le statue, suona musiche funebri, interrompendo le esecuzioni dei
congregati e dei devoti, spesso sovrapponendosi ad esse, spesso coinvolta e trascinata
in una sorta di gara di abilità. In queste giornate di lutto collettivo molte persone si
recano nel cimitero per visitare i defunti. Le visite notturne al cimitero o al calvario o
nei luoghi sacri dello spazio urbano (chiese, croci) sono organizzate e guidate dai
congregati.
In molti centri, grandi e piccoli, della Calabria meridionale (province di Catanzaro, di
Vibo e di Reggio) i riti della Settimana Santa si concludono, domenica di Pasqua, con
l’affruntata (in alcune località cunfrunta o cunfruntata, o svilata), la rappresentazione
teatralizzata dell’incontro tra il Cristo risorto e la Madonna Addolorata 89. Le due
statue generalmente sono collocate in chiese diverse e sono portate da appartenenti a
una o più confraternite. L’incontro è preceduto, in molti paesi, dai viaggi di S.
Giovanni che, per tre o più volte, si sposta da una chiesa all’altra per annunciare a
Maria la Resurrezione del Figlio. I viaggi di S. Giovanni sono, generalmente, gioiosi.
Il rito prevede l’iniziale incredulità della Madonna. Al terzo viaggio, o all’ultimo, S.
Giovanni si dirige verso la Madonna insieme a Cristo Risorto. Maria finalmente si
convince dell’avvenuta Resurrezione e incomincia a correre verso il Cristo. In molto
centri, come a Vibo Valentia, l’incontro viene quasi ritardato, rallentato, segnato da
un’attesa e da una lentezza che generano emozione e pathos: quando le statue sono
ormai vicine, Maria va “avanti e indietro” per tre o più volte, non sa se avvicinarsi o
allontanarsi. I portantini mimano in tal modo lo stupore e la commozione della
Madonna. Al suo fianco procede alla stessa velocità la statua di S. Giovanni.
L’incontro avviene, all’uscita della messa, a mezzogiorno o subito dopo in un luogo
centrale o emblematico del paese. Nell’“ora cruciale del mezzogiorno” si verifica una
sorta di “sospensione del tempo”. Come se tutto, il mondo e la vita potessero finire.
Come se il destino della comunità dipendesse dalla riuscita di quell’evento. Al
momento dell’incontro, la Madonna perde il velo nero e si presenta vestita di bianco.
Sia la svelazione (’a svilazioni), sia i giri e i movimenti che i portantini compiono per
disporre le due o tre statue nella stessa direzione, sia l’incontro, sia l’inchino che in
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alcuni luoghi la Madonna fa al Cristo al momento dell’incontro richiedono una grande
attenzione ed abilità, una lunga preparazione e consuetudine.
Dalla riuscita dell’incontro in passato si traevano auspici sulla produzione e il raccolto,
sulla vita della comunità. In caso di “cattiva riuscita” dell’incontro (la caduta di una
statua, il manto della Madonna che resta impigliato) incombe sulla comunità qualche
disgrazia (guerra, carestia, pestilenza). La tradizione orale dei paesi in cui si svolge
l’affruntata è ricca di racconti sulla “cattiva riuscita” del rito, sul senso di paura che
avvolge le persone, sulle disgrazie che colpiscono la comunità o che si verificano in
altre parti del mondo.
Quando avviene l’affruntata, la gente si abbandona a una sorta di applauso liberatorio.
Molti fedeli piangono di gioia, altri pregano, si battono il petto, baciano per terra,
commentano ad alta voce. Dopo l’incontro in molti paesi (Vibo Valentia, Filogaso)
comincia la processione per le vie della città. Cristo cammina tra Maria, non più Mater
Dolorosa, ma Mater Gloriosa, e S. Giovanni. Protagonisti dei viaggi, della corsa, dei
giri, della svelazione, dell’incontro sono quasi dovunque i congregati.
L’affruntata con ogni probabilità si collega alle “sacre rappresentazioni” quattrocinquecentesche e si diffonde, come in altre aree del Mediterraneo della sponda nord,
dopo il Concilio di Trento. La descrizione più antica finora nota è quella che ne fa il
Fiore nel 1691 e si riferisce all’incontro tra la Vergine e il Cristo che ha luogo a
Gerace 90. È necessario, tuttavia, legare il rito alla storia religiosa, civile, sociale,
urbanistica di ogni singola comunità. In molte comunità il rito è sorto e si è affermato
in periodi recenti. A S. Andrea Apostolo dello Jonio la cumfrunta è stata introdotta
nella seconda metà dell’Ottocento da Badolato per iniziativa di un parroco del luogo
91. Le descrizioni dei demologi e degli studiosi locali fanno ipotizzare una continua
rielaborazione del rito, con successivi e diversi interventi delle confraternite, dei
fedeli, dell’intera comunità e, negli ultimi anni, anche degli osservatori e dei visitatori
esterni. Se durante le manifestazioni della Settimana Santa (fino alle fasi iniziali
dell’“incontro”) Maria appare modello di sofferenza e di dolore e Cristo riassume e
rappresenta tutte le morti individuali, con l’affruntata viene celebrato il rito della
Resurrezione, viene narrato e presentificato il trionfo della vita sulla morte. La
commemorazione della morte-resurrezione di Cristo libera «anche nell’orizzonte
storico, gli uomini dalla loro precarietà e dall’angoscia ad essa connessa, inserendoli in
una strategia della speranza, essenziale per la continuazione dell’esistenza» 92.
Si possono segnalare somiglianze formali tra la commemorazione della MorteResurrezione del Cristo e i complessi rituali di “scomparsa-ritorno” della divinità, di
morte-rinascita della natura, celebrati nell’antichità. Il carattere propiziatorio dei riti
pasquali fino a qualche anno addietro era alla base di numerosi comportamenti,
credenze, modi di dire delle persone impegnate nel lavoro dei campi e nella
produzione agro-pastorale. Tuttavia, anche in questo caso, bisogna essere cauti nello
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stabilire meccaniche e non dimostrabili continuità. Il rito dell’affruntata è strettamente
legato alla predicazione, ai culti, alla liturgia, ad istituzioni religiose, come le
confraternite, che si affermano in epoca moderna in Calabria e in altre regioni
meridionali. I riti della Settimana Santa e della Pasqua giocano, come vedremo, anche
un ruolo fondamentale per la riorganizzazione-ridefinizione simbolica dello spazio
paesano e per i complessi legami tra territori separati di una stessa comunità o di
comunità vicine.
3. Appartenenza, contrasti, identità
3.1. Le confraternite come luogo di affermazione e costruzione di identità
religiosa, sociale e culturale
Le confraternite in quanto istituzioni religiose, sociali, culturali che, accompagnano la
vita dell’individuo dalla “culla alla bara” e segnano la dimensione quotidiana e festiva
della comunità, sono state decisive per il formarsi della personalità, della mentalità,
dei sentimenti delle persone, soprattutto nei piccoli centri, dove mancavano altre
istituzioni religiose e sociali, altri centri culturali, di aggregazione e di socialità.
Le confraternite influenzano e segnano il senso di appartenenza delle persone. È in
gioco, spesse volte, un’appartenenza di tipo sociale. Sono numerose anche in Calabria
tra il XVI e il XIX secolo le confraternite riservate a determinati ceti sociali: nobili,
“civili” (il ceto intermedio), artigiani, lavoratori della terra 93. In questo periodo in
alcune località sono presenti anche alcune confraternite dei marinai o pescatori, in
coincidenza con l’affermarsi di nuovi culti in territori di nuovo insediamento o di
recente ripopolamento. I lavoratori agricoli meno disagiati (coloni, massari, ecc.) e i
contadini sono presenti soprattutto nelle numerose congreghe devozionali caritative
non specializzate, sparse soprattutto nei paesi, nei centri minori con popolazione
prevalentemente agricola 94. In molti casi siamo in presenza di aggregazioni religiose
a carattere sociale che interessa gruppi ristretti, chiusi, talvolta arroccati nella difesa
dei loro interessi alla ricerca di una loro identità. L’arciconfraternita di S. Maria della
Misericordia a Cosenza è un centro di potere e di affermazione dei nobili cosentini nel
Sei-Settecento. Essa aveva una rendita derivata da vari censi e da affitti di case,
botteghe, terreni, manteneva rapporti economici di vario tipo con altre confraternite e
condizionava sensibilmente l’intera economia cittadina. Attraverso le numerose e
interminabili processioni, caratterizzate da pompa, sfarzo, lusso di tipo spagnolesco,
ma anche attraverso le manifestazioni, spesso ostentate, di assistenza ai condannati a
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morte e di carità ai poveri, le famiglie nobili si mostrano, si autorappresentano, si
identificano 95.
La situazione è diversa nei contesti rurali e più “periferici”. Nella maggior parte dei
casi, soprattutto nelle aree interne e nei piccoli centri della regione, in comunità che
spesso sono “autosufficienti” a livello produttivo e di sostentamento, la composizione
sociale è mista: sono presenti contadini, artigiani, piccoli proprietari, aristocratici, e,
soprattutto a partire dalla metà del Settecento, borghesi. La confraternita, come
ricostruisce opportunamente Cestaro, diventa un fatto “borghese” nel periodo storico
in cui i «nuovi ceti emergenti individuano nelle strutture ecclesiastiche una delle vie
maestre per la loro ascesa economica e politica» 96. La quasi totalità delle
confraternite, cui accenno in questo scritto, ricordandone usanze e riti, ha una
composizione sociale mista, diremmo “interclassista” e “trasversale” e una struttura, di
fatto, anche se non prevista dagli statuti e dalle regole, di tipo “verticale”.
Generalmente sono i proprietari terrieri e dei mezzi di trasformazione dei prodotti
(mulini, frantoi, ecc.), i loro familiari, congiunti, o parenti medici, avvocati, i
professionisti, a ricoprire le cariche di priore, di tesoriere, di segretario. «In mezzo a
tanti analfabeti, i “borghesi” in ascesa erano gli unici che potevano e ambivano
ricoprire le cariche interne, a ciò favoriti anche dal fatto che spesso i membri di una
stessa famiglia avevano i loro rappresentanti in seno ai capitoli cattedrali, nei collegi
ricettizi, negli ordini religiosi, nelle amministrazioni locali. Non si spiegherebbe
altrimenti la trasformazione delle confraternite, alla metà del Settecento, in senso
autonomistico nei confronti dei vescovi e del clero, senza tener conto della diffusione
dello spirito “borghese” e della nuova mentalità di cui la borghesia si faceva
portatrice» 97.
I contrasti a volte violenti tra confraternite, segnalati in numerosi paesi della Calabria,
sono quasi sempre il riflesso di lotte tra famiglie borghesi per il potere economico e
politico-amministrativo.
In un certo senso le confraternite sono la rappresentazione religiosa di gruppi di
persone e di famiglie, con a capo un élite economica-sociale con “sponde” di
riferimento nelle amministrazioni locali e nelle istituzioni religiose e civili esterne, in
posizione intermedia ceti produttivi con attività collaterali a quelle dei proprietari, a
cui sono spesso legati da parentela, comparatico, amicizia, e alla base ceti sociali più
poveri “dipendenti” dalle famiglie possidenti e professioniste. L’organizzazione
gerarchica delle confraternite veniva affermata e ribadita nel corso dei riti, delle feste,
delle processioni, anche in quelle in cui più forti erano il senso di identificazione e di
opposizione ad altri sodalizi. La confraternita si articola come una sorta di lobby con
una molteplicità di interessi economici evidenti, ma non dichiarati, ha una logica di
impresa e afferma una dinamicità e una mobilità, anche economica e sociale,
all’interno della società tradizionale dell’Ottocento e della prima metà del Novecento.
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In alcuni casi le stesse confraternite sembrano assumere i caratteri della moderna
impresa economica. Senza dimenticare, come nei grandi centri, abbiano gestito grossi
enti assistenziali come gli ospedali e abbiano creato “monti” di vario tipo («dei morti»,
delle «messe», dei «maritaggi», «di monicazione») costituiti da piccoli capitali ottenuti
con offerte degli associati e utilizzati per funerali, messe di suffragio, opere di carità
98. Da non confondere questi monti con i più impegnativi “monti di pietà” che, sorti
fin dalla metà del Quattrocento e diffusi nel Cinquecento, costituiscono degli «istituti
di piccolo credito su pegno con esborso di tenue mutuo» 99. In alcune realtà, come
quella pugliese, i «monti frumentari» rappresentano non a caso degli «embrionali
istituti bancari», che richiedono accumulazione e circolazione di danaro 100. Gli
studiosi si sono soffermati sulla facilità con cui in alcuni ambienti si aderiva o si
abbandonava un sodalizio e ricordano la diversa attitudine alla socialità rispetto a
quella segnalata nelle confraternite del centro-nord 101. Andrebbe verificato, nelle
diverse situazioni, se questa mobilità associativa, come anche le “scissioni” che si
verificano all’interno di alcuni sodalizi o la creazione di nuovi sodalizi, non risponda a
una mobilità economica, a contrasti tra famiglie possidenti e gruppi di riferimento.
3.2. Riti delle confraternite, sentimento dei luoghi, senso di appartenenza
Naturalmente come non vanno sottovalutati il carattere concreto, pratico, economico
di molti sodalizi o dei membri ad essi appartenenti, la vita confraternale non va ridotta
a tali aspetti, va vista nella sua complessità, nelle molteplici esigenze che esprime,
nella sua dimensione più strettamente religiosa e spirituale, nei diversi legami (con il
proprio corpo, con i propri familiari, vivi e defunti, con i propri fratelli, con gli altri,
con lo spazio paesano, ecc.) che i congregati mettono in atto nel corso delle feste, nella
ricerca di senso, di centro, di sacro che vede diversamente impegnati tutti i membri
della comunità.
Un dato comune alle diverse società arcaiche, primitive, tradizionali è la distinzione
che l’individuo opera tra “spazio sacro” e “spazio non consacrato”. Per l’uomo
religioso, come ricorda Mircea Eliade, la non omogeneità spaziale si traduce in
un’esperienza di opposizione tra spazio sacro, il solo che sia reale e che esiste
realmente, e tutto il resto, l’esteso informe che lo circonda 102. Non si tratta di una
speculazione teologica, ma di un’esperienza primordiale, anteriore a ogni riflessione
sul Mondo, omologabile a una “fondazione del Mondo”. La “spaccatura” operata nello
spazio permette la costituzione del mondo, perché scopre il “punto fisso”, l’asse
centrale di ogni forma di orientamento futuro. Se è il centro a conferire orientamento,
è la religione che fonda la possibilità di affermare un centro. Tale modello si presta, da
un punto di vista etnologico, a numerose obiezioni e integrazioni (e infatti gli studiosi
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hanno individuato società policentriche, acentriche, con centro fuori dal tempo e dallo
spazio, criptocentriche, ecc.), tuttavia esso ha avuto il merito di segnalare come gli
individui di numerose società, tra cui quelle di area euro-mediterranea, assegnino al
centro e ai luoghi in cui abitano, lavorano, vivono, un carattere “sacro” e fondante.
Tutta una tradizione etnologica, che possiamo far risalire a Marcel Mauss, associa la
nozione sociologica di luogo - anche senza affermare una natura sacra o religiosa del
centro - a quella della cultura localizzata nel tempo e nello spazio 103. Il “luogo
antropologico”, di scala variabile nelle diverse società, è delimitato e definito dalle
persone che lo abitano e lo umanizzano, è riconosciuto rispetto ad uno spazio esterno,
sconosciuto, denso di pericoli e di minacce 104. Ernesto De Martino ha scritto pagine
fondamentali sull’angoscia, il senso di smarrimento e di paura che colpisce i contadini
meridionali e calabresi quando si allontanano dal campanile del proprio paese (celebre
la metafora del “campanile di Marcellinara”) 105, inteso come centro spaziale e
mentale, a partire dal quale orientarsi e percepirsi nello spazio e nel mondo. Il centro
territoriale viene organizzato, in realtà, a partire da un centro percettivo, dall’io che
misura e organizza lo spazio, ridefinendolo costantemente, e così ridefinendo se
stesso.
Nelle società tradizionali nascere significa nascere in un luogo, essere e sentirsi
consegnato ad uno spazio, a una residenza, a un centro. Il luogo di nascita è costitutivo
della personalità, della mentalità, dell’identità dell’individuo, che si sente depositario
di vicende che l’hanno preceduto e, in qualche modo, pensa che, anche dopo la morte,
continuerà ad essere nel luogo in cui è vissuto. I defunti non abbandonano mai del
tutto i luoghi abitati da vivi: essi hanno una profonda nostalgia della vita, del cibo,
dell’acqua, della casa, dei loro familiari. I defunti, i morti-antenati, con il loro ritorno,
previsto e controllato, come accade nel corso delle feste, denotano che l’«abolizione
del tempo è possibile in quel momento mitico in cui il mondo viene abolito e ricreato»
106. Essi quindi partecipano, a pieno titolo, del processo di rifondazione del Mondo
che trasforma ogni anno nuovo in inaugurazione di un’era. La consacrazione di un
luogo costituisce una ripetizione della cosmogonia: organizzando uno spazio, si ripete
e si rinnova l’opera esemplare degli dei, della divinità, degli eroi mitici e fondatori. Il
centro rifonda e ricrea il Mondo, lo spazio, ma anche il tempo. Si comprende allora in
che senso è possibile ipotizzare l’esistenza di una sorta di “sentimento del luogo”. Le
persone nate e cresciute nello stesso luogo sono e si sentono accomunate da gesti, riti,
storie, sensazioni, percezioni, emozioni, memorie, feste, divinità strettamente legati a
quel luogo. Esse si riconoscono una comune appartenenza e identità anche fuori dai
luoghi di origine. Noi abitiamo i luoghi, ma i luoghi ci abitano. Il luogo agisce anche
fuori dal luogo. Quando ci spostiamo, trasportiamo con noi anche i luoghi 107.
L’uomo delle società eurasiatiche e mediterranee aspira a vivere sempre al centro del
Mondo: in ogni sua attività, in ogni sua costruzione, appare sempre impegnato in una
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ricerca di centro, di un luogo sacro, a partire dal quale orientarsi nel mondo esterno. Il
vero Mondo si situa sempre al Centro. Un paese intero (la Palestina per gli Ebrei), una
città (Gerusalemme), il Tempio, e in seguito, con l’avvento del cristianesimo, un
santuario, un monastero, una basilica, una chiesa, un campanile rappresentano
indifferentemente una imago mundi e nello stesso tempo la riproduzione terrestre di un
modello trascendente.
Il forte senso di radicamento, la paura di perdersi, la nostalgia del luogo
d’appartenenza, la costante ricerca di centro sono caratteristiche delle comunità
calabresi tradizionali che pure avevano una storia secolare, sia pure difficoltosa, di
scambi e rapporti con il mondo esterno, di mobilità e di fughe. Nella Calabria dei paesi
interni, dove quasi tutti gli abitanti sono iscritti a una o più confraternite, il senso di
“appartenenza confraternale” è legato alla percezione dello spazio, al sentimento dei
luoghi, alla concezione di sé e degli altri.
Il legame era spesso non tanto con l’intera comunità ma con un luogo (un sub-luogo)
preciso e delimitato della comunità. Il riferimento spaziale ancora negli anni cinquanta
era spesso a una chiesa, a un campanile, a un Calvario, un “ruga”, a una “metà”, a un
luogo produttivo-sociale-religioso, a una confraternita. Il sentimento del proprio luogo
comporta un sentimento di estraneità o lontananza dal luogo degli altri. La
“fratellanza”, la solidarietà, la sociabilità l’identità di gruppo comportano talvolta la
“svalutazione” dei fratelli di altre confraternite. Più che di una comunità, non di rado,
gli individui si sentono membri di una confraternita.
L’identità, il sentimento del luogo, il legame con il proprio territorio vengono messi in
gioco nel corso delle funzioni, dei rituali, delle feste della confraternita cui si
appartiene. La ricerca del centro e la sacralizzazione dello spazio vengono realizzati
nel corso dei riti della propria confraternita. Il centro coincide quasi sempre con la
chiesa, la sede delle propria confraternita, con i luoghi dove abitano i confratelli. La
rifondazione del Mondo e del tempo viene attuata nel corso delle feste della propria
confraternita, quando ritornano i propri morti-antenati. La processione costituisce
viaggio e cammino che affermano forme di autoriconoscimento. La processione è
insieme di soste e di partenze, guidate dai confratelli, in strade, luoghi e spazi
significativi della storia sociale e religiosa della confraternita e della comunità. È stato
notato come le confraternite religiose siano protagoniste di una teoria di
peregrinazioni, che si svolgono secondo itinerari rigorosamente codificati, oralmente
tramandati, tendenti a una «ricapitolazione progressiva e sistematica dello spazio» 108.
L’azione delle congreghe viene ricondotta alla necessità della comunità di riaffermare
un’identità territoriale attraverso una riorganizzazione simbolica dello spazio. Le
processioni rappresentano momenti decisivi di una storia religiosa che si è precisata
anche secondo l’antropologia dello spazio, il senso dell’appartenenza, il bisogno di
riappropriazione del territorio noto ad opera dei membri della comunità organizzate
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nelle confraternite. La processione è viaggio che sottolinea e scandisce episodi storicosociali della confraternita e della comunità, ritenuti particolarmente esemplari e
fondanti dai partecipanti al rito. L’iter processionale costituisce un momento di
sacralizzazione degli spazi urbani significativi per la confraternita di appartenenza.
La festa rappresentava l’occasione in cui si ribadivano distanze sociali, ma anche in
cui fratelli e sorelle della stessa confraternita si riconoscevano come persone aventi
una stessa appartenenza religiosa, la medesima storia, tradizione, identità.
«Congregavit nos unum Passionis Christi Amor» recitano gli Statuti della
Confraternita del Crocefisso a San Nicola da Crissa, dove sono elencati anche i
principi di carità, solidarietà, assistenza 109. Non è questa la sede per ricordare la
pluralità di funzioni che le feste svolgono nella società tradizionale, basta ricordare
come fossero emblematiche dell’aggregazione sociale che riuscivano a realizzare ed
esprimere proprio nella complessità degli aspetti religiosi, culturali, economici sopra
ricordati 110. La convivialità legata alle feste aveva sia implicazioni di tipo realistico
(mangiare quello che non era consentito gli altri giorni) sia implicazioni simboliche di
ordine liturgico-sacramentale. Le tradizioni alimentari del periodo festivo assumono,
dunque, una duplice valenza “materiale” e “simbolica”. “Mangiare insieme”,
“mangiare gli stessi alimenti”, ma anche “digiunare” o “astenersi dagli stessi alimenti”
in determinate circostanze e periodi (come quello quaresimale) erano segno di
vicinanza e di comunanza 111. Non a caso dai riti alimentari della propria confraternita
erano, o si sentivano esclusi, gli appartenenti ad altre confraternite. Ancora oggi nei
paesi di antichi contrasti tra confraternite la distanza da una determinata festa o da un
determinato rito viene, a volte scherzosamente, sottolineata affermando di praticare un
regime alimentare non festivo, a base di erbe, di cibi poco apprezzati, leggeri. Essere
“dentro” o “fuori” della festa significava, soprattutto, essere partecipi o meno di
pratiche alimentari festive ed eccezionali.
La fratellanza, la convivialità, la “comunione” realizzate nel corso delle feste e delle
funzioni religiose, in coincidenza anche con festeggiamenti civili, si traducevano
spesso in “orgoglio” della propria “appartenenza” e in sentimento di “superiorità”
rispetto agli appartenenti ad altre confraternite.
3.3. Storie di contrasti e di «doppiezze» e loro manifestazione-risoluzione rituale
Il senso di appartenenza, i riti in cui essa si manifesta, il legame con la propria storia,
in molti paesi, sono basati sulla differenza, il contrasto, il conflitto più o meno
esasperato con una o più confraternite. Il ritrovarsi, riconoscersi, sentirsi uniti, legati a
un’unica confraternita comportava una “distanza” più o meno accentuata dagli
appartenenti ad altre confraternite, che assistevano alla festa, ma raramente
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partecipavano in maniera attiva e quasi sempre erano contenti, pregavano, facevano
scongiuri, per la cattiva riuscita dei festeggiamenti religiosi o civili che non li
riguardavano. Conflittualità e contrapposizioni tra confraternite sono state segnalate in
diverse parti della Calabria. Anche in ambiente urbano sono state registrate liti e
dispute su fatti inerenti il diritto di precedenza nelle processioni e
nell’accompagnamento dei defunti o il primato di importanza nella vita sociale. A
Cosenza la Congregazione della Misericordia, formata da nobili, ebbe, a partire dal
1793, un lungo e dispendioso contenzioso con quella del SS. Crocifisso, costituita dal
ceto degli avvocati, che tentò di sottrarle il “diritto” di assistenza ai condannati a
morte. La disputa, che venne portata avanti nei tribunali civili e religiosi, costituisce
un riflesso dei contrasti tra due ceti sociali più in vista nella città: quello dei nobili, che
rappresenta una classe estesa, fortemente radicata nella vita sociale cittadina e
detentrice, fino ad allora, del potere economico, e quello degli “onorati”, che
rappresenta un ceto borghese emergente e che tenta di contrastare gli aristocratici. La
presenza nelle iniziative di assistenza e di solidarietà diventa un elemento di visibilità
sociale e va compresa in un più vasto progetto di ricerca di privilegi e cariche, che ne
ratificano il potere sociale ed economico ormai raggiunto 112. Anche ad Amantea,
grosso centro della provincia cosentina, in passato sono stati molto forti i contrasti,
legati alla precedenza nelle processioni, tra la confraternita del SS. Rosario, detta
anche dei pescatori e l’arciconfraternita dell’Immacolata N. Signora, detta anche dei
nobili 113.
Le dispute e i contrasti tra confraternite nei grandi e medi centri urbani costituiscono la
prosecuzione e la rappresentazione di lotte tra i diversi ceti sociali. Nelle piccole
comunità delle zone interne, i contrasti tra confraternite a composizione mista con un
numero elevato di iscritti, spesso dividono in “due” (o più “parti”) l’intero paese e
condizionano la vita, la cultura, la mentalità delle popolazioni. La “memoria” stessa
della comunità appare divisa e “separata”. Le informazioni che sottopongo
all’attenzione dei presenti, frutto di lunghe ricerche etnografiche e di osservazioni
dirette, sono parziali ed esemplificative. Meritano ulteriori approfondimenti e vengono
presentate soltanto per offrire spunti per future ricerche, ipotesi interpretative da
verificare.
Un esempio di conflittualità tra confraternite ci viene da Cerisano (Cosenza),
conosciuto all’esterno non a caso come il “paese delle due Madonne”, dove in passato
si sono registrati forti contrasti, con risvolti giudiziari, tra la confraternita del SS.
Rosario e quella di Maria SS. del Carmelo. Tra la fine del XVII secolo e l’inizio del
XVIII le due congregazioni sono delle vere e proprie “imprese”: gestiscono terreni,
censi, mandrie di bestiame, fitti di case e botteghe. Dirigerle significa esercitare un
notevole controllo sulle fondamentali attività del paese. I contrasti economici e sociali,
di cui quelli religiosi sembrano rappresentazione ed espressione, risalgono,
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probabilmente, a precedenti conflitti tra le famiglie benestanti della comunità. Delle
lotte del passato resta memoria nelle feste, nelle tradizioni, nei modi di dire, nella
mentalità degli abitanti del paese 114.
Forti contrasti sono segnalati a partire dall’inizio dell’Ottocento a Borgia (Catanzaro)
tra la congrega dell’Immacolata (espressione della classe padronale e notabile) e
quella del SS. Rosario (che raccoglie i ceti popolari). La disputa sul “Privilegio del
Regio Assenso”, in particolare per chi deve organizzare la festa di Pasqua, si trasforma
in un «deciso antagonismo sempre più viscerale e incontrollabile con conseguenze
che, purtroppo, minarono la pacifica e cristiana convivenza e la stessa unità popolare
con vere e proprie risse che, per tutto il Novecento ma già nell’Ottocento, facevano
registrare incresciosi fatti di cronaca», con liti ed episodi delittuosi 115. Salvatore
Guerrieri, a cui dobbiamo tale ricostruzione, sottolinea come nei primi anni del
Novecento il contrasto tra confraternite rispecchiasse lo scontro tra famiglie borghesi,
tra borghesi-notabili (presenti tra i “mmeculatisti”) e appartenenti ai vecchi ceti agrari
(presenti tra i “rosarianti”) e riflettesse «i chiari sintomi della lotta tra famiglie per
l’egemonia locale e territoriale, legata al mondo economico e politico», che si
manifestano nelle elezioni politiche ed amministrative 116. I contrasti permangono fino
agli anni cinquanta del Novecento, quando finalmente vengono attribuite dalla diocesi
di Squillace le feste da celebrare e in particolare quella della vecchia disputa: alla
congrega del Rosario viene, infatti, assegnata la cunfrunta di domenica di Pasqua, a
quella dell’Immacolata i riti del Venerdì Santo 117.
Anche a Curinga (Catanzaro) è esistita una forte rivalità tra confraternita
dell’Immacolata e confraternita del Carmine, che ha introdotto nelle comunità
elementi di divisione, di cui oggi resta memoria soprattutto in occasione delle
processioni e dei festeggiamenti civili organizzati dai due sodalizi 118. Le due
confraternite mariane di Dasà (Vibo Valentia), una dedicata all’Immacolata e l’altra al
Rosario, entrambe erette nella seconda metà del XVI secolo, elaborano un
“compromesso” per superare i contrasti che si verificavano in occasione della
Settimana Santa e che si protraevano nel resto dell’anno. Nel 1837 stabiliscono una
convenzione per regolare le modalità di partecipazione di ciascuna di esse alle
funzioni religiose. Nella processione, che si svolge dopo l’affruntata del martedì di
Pasqua in località l’Arcu, «la “precedenza” spetta all’inizio alla confraternita
dell’Immacolata, che sfila per ultima fino davanti alla chiesa matrice. Qui la
confraternita del Rosario si ferma per far passare avanti quella dell’Immacolata.
L’inversione della “precedenza” è seguita di conseguenza dal cambio del colore della
mozzetta del sagrestano che porta la croce processionale davanti al clero» 119.
Un caso esemplare di “dualismo” a carattere religioso è quello di Caulonia (Reggio
Calabria), dove le confraternite che organizzano la Settimana Santa, l’arciconfraternita
dell’Immacolata e quella del Rosario, fondate rispettivamente nel 1784 e nel 1790,
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rinviano a una ripartizione territoriale tradizionale dell’abitato, diviso in rioni alti
(susu) e in rioni bassi (jusu), abitati da classi e gruppi subalterni differenti, divisi da
perenne discordia e da forte rivalità. La discordia, nel passato, poteva trascendere in
scontri fisici e in risse. E ancora negli anni ottanta, specialmente durante la Settimana
Santa, «la tensione si accende e spesso degenera, soprattutto a causa della divisione
delle competenze territoriali tra i diversi gruppi processionali o per le posizioni da
assumere nelle manifestazioni comuni, particolarmente nel Caracolo» 120. L’esistenza
delle confraternite offre orizzonte istituzionale alla spartizione territoriale tradizionale
del paese.
Una vera e propria teoria di contrasti ci arriva dalla storia religiosa di alcuni paesi
dell’attuale provincia di Vibo Valentia, in particolare delle Serre, dell’alto jonio
catanzarese e reggino. Emblematica la vicenda di S. Nicola da Crissa dove viene
segnalato un contrasto storico tra la confratenita del SS. Crocifisso, fondata nel
periodo 1669-1682, e quella di Maria SS. del Rosario che ottenne il regio assenso nel
1776. La probabile istituzione della confraternita Rosario a seguito di conflitti interni a
quella del Crocefisso ribadiva ed accentuava precedenti lotte tra famiglie benestanti
del paese, nonché distanze di tipo territoriale presenti nell’abitato 121. La conflittaulità
tra “crucifissanti” e “rosarianti” accompagna e provoca nella comunità un “dualismo”
religioso, con profonde implicazioni economiche, sociali, politiche, culturali. Il
contrasto per la “precedenza” (jus precedentiae) nelle processioni comuni si trasforma
in una estenuante contesa giuridica che si protrae fino al 1929. Nemmeno il
pronunciamento delle autorità ecclesiastiche, che riconoscono tale diritto alla
confraternita di più antica istituzione, quella del Crocefisso, placa i contrasti, anzi li
accentua. Nell’Ottocento e nella prima metà del Novecento gli abitanti del paese
elaborano una cultura della “separazione”, che spesso significa ostilità e rancori tra
persone e gruppi familiari. Due chiese, due territori, due confraternite, due zone
produttive, due feste, due bar, due sistemi differenti di trattare e organizzare lo spazio
paesano, più di recente due partiti politici,: siamo di fronte a un esempio di “paese
doppio” per contrasti religiosi, che riflettono e provocano divisioni familiari, sociali,
politico-amministrative. Ancora negli anni sessanta la distinzione tra “crucifissanti” e
“rosarianti” viene riprodotta a livello politico nelle lotte amministrative, che vedono
come protagonisti i maggiori esponenti delle due confraternite. E ancora oggi le due
confraternite, anche se in maniera meno vistosa dal passato, mostrano una certa
conflittualità che si riduce alla gara e a competizioni verbali su chi organizza la
migliore festa e nel rifiuto di qualsiasi collaborazione nelle cerimonie a cui
partecipano entrambe.
Nel passato l’identità e la memoria del singolo si sono strutturate prevalentemente
attorno alla storia, alle tradizioni, ai riti dell’una o dell’altra confraternita. Si sono
affermati nel paese “due” diversi sentimenti delle feste e dei luoghi. Lo “spazio sacro”,
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uno spazio storico che cambia e si dilata a seguito di importanti mutamenti urbanistici
e sociali, è uno “spazio diviso”. Ogni confraternita nel corso della propria festa e delle
processioni da essa gestite percorreva, proteggeva, segnava in maniera particolare il
territorio della propria sede, le zone in cui prevalentemente abitavano i propri
congregati. L’ordine interno e il percorso processionale riflettevano non soltanto la
contrapposizione tra le diverse confraternite, ma anche la stratificazione sociale
esistente all’interno della singola confraternita.
Le dispute tra confraternite venivano attuate, rappresentate, ritualizzate, teatralizzate
anche nel corso delle processioni e delle funzioni religiose in cui era prevista la
partecipazione di entrambe 122.
Durante la processione del Corpus Domini e quella di S. Nicola, il Santo patrono della
comunità, l’incontro delle due teorie di fratelli lungo le vie del paese era preludio a
sfottò, ironie, scontri verbali. Quelle che dovevano costituire occasioni rituali
d’incontro si trasformavano in momenti di ulteriore tensione. La tradizione orale è
ricca di episodi di risse e liti che scoppiavano in tali occasioni. Una sorta di esigenza
del paese di viversi e rifondarsi come unità viene realizzata nel corso della festa della
Madonna di Mater Domini, che il 15 agosto si svolge in una chiesetta tra gli ulivi a
due chilometri dell’abitato. I fedeli sono presenti come membri della comunità e non
come fratelli dell’una o dell’altra confraternita. Durante il tragitto processionale tra le
strade in terra battuta in prossimità della chiesa, la statua viene fatta sostare in un
luogo da dove si abbraccia con lo sguardo un vasto territorio e poi, viene girata, in tre
momenti successivi, segnati dal canto di litanie accompagnate dalla banda ed eseguite
a ritmi diversi, in direzione dei paesi di Capistrano, Filogaso, S. Nicola da Crissa. Lo
sguardo di Maria abbraccia, avvolge, protegge l’intero spazio urbano di quest’ultimo
paese. La divisione dei due nuclei territoriali, affermata nel corso delle feste delle
confraternite, sembra superata attraverso un rito che riguarda la comunità nella sua
totalità.
Vicende di contrasto e di conflittualità (ancora oggi presenti nei riti della Settimana
Santa), per molti aspetti simili a quelli di San Nicola da Crissa, ci vengono consegnati
dalla confraternita del Rosario e della confraternità del Crocefisso a Monterosso
Calabro. Andrebbero indagati eventuali rapporti tra le due comunità. Spadola,
Brognaturo, Simbario, sono dei piccoli paesi, in prossimità di Serra S. Bruno, così
vicini da legittimare il modo di dire: “Spatula, Brognaturu e Zimbariu - Catte ’nu
pogghiareju e li ’mpittau”. La vicinanza-contiguità territoriale e abitativa dei tre paesi
facilitava nel passato scambi e rapporti di vario genere, ma dava origine anche a
contrasti, rivalità e ostilità attestati dalla tradizione orale e dalla memoria popolare.
L’antagonismo trovava una sua conferma e rappresentazione nel corso delle visite ai
Sepolcri che gli abitanti dei tre paesi si scambiavano in passato la sera del Giovedì e
oggi la mattina del Venerdì Santo.
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Il “pellegrinaggio penitenziale” è organizzato e guidato dalle confraternite dei tre
paesi: quella della Madonna Addolorata con sede nell’omonima chiesa di Spadola;
quella della Madonna Addolorata con sede nell’omonima chiesa di Simbario; quella
della Madonna del Rosario con sede nell’omonima chiesa di Brognaturo. A partire
dalle otto e trenta e per circa tre ore, ciascuna delle tre confraternite esce dalla propria
sede e sia reca in visita devozionale ai Sepolcri allestiti nelle chiesa delle altre due,
compiendo una sosta di “saluto” al Calvario, situato tra Spadola e Brognaturo, lungo la
Statale per Serra S. Bruno. Ciascun corteo è aperto da un congregato che porta la
croce, seguito dagli altri fratelli che recitano passi del Vangelo, dal parroco con i
chierichetti, dalle persone più in vista del paese, dai fedeli e dalle donne che intonano
inni sacri tradizionali. Viaggi, incontri, soste delle tre confraternite danno origine a un
rito complesso, colorato, spettacolare che non è possibile descrivere nei particolari e
che meriterebbe un’attenta descrizione e considerazioni di antropologia religiosa e
dello spazio. Particolarmente intensi e tesi sono i diversi incontri tra i tre cortei
processionali: quello di Spadola e quello di Simbario s’incontrano, in punti diversi,
quattro volte; quello di Brognaturo e quello di Simbario tre volte; quello di Brognaturo
e quello di Spadola due volte. I tre cortei, che s’incontrano a due a due, ma mai tutti e
tre insieme, si guardano, si scrutano, si studiano, anche a distanza, per tutta la durata
del rito.
Prima dell’incontro, i fratelli e i devoti dei due cortei sembrano ignorarsi, continuano a
pregare e a cantare, guardano avanti come se stessero incrociando una processione di
defunti con la quale non entrare in contatto. Al momento dell’incontro si scambiano,
tra il serio e il faceto, battute di spirito, parole di sfottò, talvolta insulti: ogni corteo
rivendica una superiorità rispetto agli altri due per precedente istituzione, per numero
dei partecipanti, per la superiorità delle tradizioni, per il colore dei paramenti. Le tre
comunità riaffermano in maniera simbolica una storia fatta di vicinanze e insieme di
contrasti. Le tre confraternite concorrono alla sacralizzazione di un territorio nel quale
“occupano” uno spazio più ristretto ed esercitano un differente ruolo. In un certo modo
tutte si sentono al “centro” di un rito “rigenerativo” per le comunità che oggi
conoscono fenomeni di spopolamento e di disgregazione.
Serra S. Bruno ci offre un significativo esempio di centro urbano segnato da profondi
contrasti tra gli abitanti dei nuclei in cui il paese si è diviso a seguito di una catastrofe
naturale. Tutto comincia col terremoto del 1783 che provoca rovine e morti. Molti
degli abitanti di Terravecchia, poiché le scosse non cessavano, decidono di spostarsi in
un sito più sicuro e si trasferiscono al di là del fiume Ancinale, vicino alla Certosa, in
un luogo non coltivato e pieno di rovi, che diventa lo Spinetto. Il parroco don
Vincenzo Giancotti si trasferisce in questo nuovo sito dove fa edificare una chiesetta
dedicata, come quella nella Terravecchia, all’Assunta. È l’inizio della separazione,
della “frattura” tra vecchio e nuovo abitato. Il fiume divide abitanti che cominciano a
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percepirsi e a presentarsi come “diversi”. Il terremoto determina la nascita di un
“doppio” del paese. L’identità e la mentalità degli abitanti di Serra si sono organizzate
in rapporto a un “altro” che ha la stessa origine dell’“io”. Nel nuovo nucleo vengono
riprodotti gli stessi riti e le stesse feste religiose. Quale delle due chiese deve essere
considerata la principale? Quale delle due congreghe è la più importante?
Comincia una storia di contrasti, risse, litigi che vede come protagoniste la
confraternita di Maria SS. Assunta, con sede nella chiesa di Terravecchia, e la
confraternita di Maria Assunta in Cielo con sede a Spinetto. I fratelli delle due
confraternite indossano lo stesso camice bianco e la stessa mantellina di colore celeste:
quelli di Spinetto portano anche una fascia rossa in quanto devoti del SS. Sacramento.
Nonostante la comune origine e appartenenza, a Ferragosto, giorno dell’Assunta, le
due confraternite festeggiano separatamente nei rispettivi territori. Le due processioni
ricordano i contrasti sorti a seguito del terremoto e del trasferimento di una parte degli
abitanti. Anche i riti della Settimana Santa sono “doppi”. Un momento di “incontro” si
verifica quando le due confraternite e l’arciconfraternita dell’Addolorata con sede a
Terravecchia si scambiano le visite ai Sepolcri nelle rispettive chiese di appartenenza.
Una festa “esclusiva” degli abitanti di Terravecchia è quella, in giugno, di S.
Giovanni, la festa “esclusiva” degli abitanti di Spinetto è quella, a luglio, della
Madonna del Carmelo.
Accanto a questi riti che commemorano e rinnovano la divisione seguita al terremoto,
altri riti ricordano la medesima origine degli abitanti e dei congregati dei due rioni. La
processione della Madonna Addolorata, patrona di Serra, organizzata dall’omonima
arciconfraternita, che si svolge a settembre, è comune ai due rioni 123. Feste comuni
sono anche quelle di S. Rocco, S. Gerolamo, San Cosma e San Damiano. La
processione del Corpus Domini sembra riflettere le contrastanti spinte di aggregazione
e di separazione. Il primo giovedì del Corpus Domini le due confraternite compiono
insieme una processione che esce dalla Matrice; il secondo giovedì un corteo
processionale parte dalla Matrice, ma interessa soltanto gli abitanti di Terravecchia, un
altro parte dalla chiesa di Spinetto e interessa soltanto gli spazi del nuovo abitato. I riti
ribadiscono, nello stesso tempo, una comune origine, ma anche una distinzione
determinatesi nella comunità. La separazione, ma anche la memoria di una comune
origine e un bisogno di riconciliazione, vengono riaffermati in maniera simbolica e
rituale.
Anche S. Andrea Apostolo dello Jonio (Catanzaro) ha una storia religiosa e culturale
segnata dalla presenza di diverse confraternite religiose, dai loro rapporti e dai loro
contrasti. La diversa composizione sociale delle confraternite principali rifletteva,
almeno in larga parte, una separatezza territoriale. La confraternita del SS. Sacramento
era costituita da appartenenti alle maestranze e alla media borghesia; quella
dell’Immacolata aggregava prevalentemente nobili e notabili; quella del Rosario
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contadini, artigiani, pastori; quella di S. Andrea Apostolo riunisce tutte le altre 124. La
confraternita del SS. mo Sacramento era impegnata nella preparazione e gestione del
presepe, dei riti dell’Epifania, del Giovedì Santo, Venerdì Santo (a turno con quella
del Rosario) e del Corpus Domini. La Confraternita dell’Immacolata organizzava il
mese mariano. La confraternita del Rosario la novena di Natale, il Capodanno, la festa
del Rosario (7 ottobre), il Venerdì Santo (a turno con quella del SS.mo Sacramento), la
cumfrunta a Pasqua. La confraternita di S. Andrea organizza la festa del Santo (30
novembre) e la processione dell’ultima domenica di luglio. Ogni confraternita aveva
una sua “specializzazione” nelle feste e nei riti della comunità, ma anche un suo
Officium cantato, che è considerato un momento rituale significativo e di
identificazione. Questa specializzazione e successione nell’organizzazione delle feste
determinava talvolta gara, emulazione, contrasti. Un detto popolare conferma:
“Signuristi spogliacristi; mmaculatisti galantuomini e ministri, rosarianti pignatari”.
Mentre l’appartenenza al Santissimo Sacramento, all’Immacolata e al Rosario veniva
tramandata di padre in figlio (le donne sposate rimangono alla loro congrega),
l’appartenenza a quella di S. Andrea è estesa a tutti gli abitanti. Il santo patrono
ricompone al suo interno le distinzioni presenti nella comunità e rappresentate nelle
altre confraternite. L’Officium Sancti Andreae è cantato dai confratelli di tutte le
congreghe a conferma del carattere super partes della Confraternita di S. Andrea 125.
A Badolato (Catanzaro) le tre confraternite esistenti (quella della Santissimo Rosario
risalente al 1636, quella dell’Immacolata Concezione, presente almeno fin dal 1736,
quella di S. Caterina V. e M. d’Alessandria, risalente al 1782) rivelano una notevole
conflittualità sia nelle feste “separate” sia nei riti in comune. Le tensioni esistenti
soprattutto tra la confraternita del Rosario e quella dell’Immacolata trovano
espressione e risoluzione nei riti della Settimana Santa, che hanno una ricchezza e una
complessità che non possono essere nemmeno riassunti. Il Venerdì Santo protagonista
è la confraternita del Rosario che organizza e gestisce la processione dei Misteri
Dolorosi (che parte dalla chiesa di S. Domenico alle ore 13. 00) a cui le altre due
confraternite partecipano con i loro stendardi e una loro rappresentanza. Il Sabato
Santo la processione dei Misteri Dolorosi è a cura della confraternita dell’Immacolata,
che esce dall’omonima chiesa e vede la partecipazione, in funzione subordinata, delle
altre due confraternite. La cumfrunta che avviene alle ore 12. 00 della Domenica di
Pasqua in piazza S. Barbara è, di nuovo a cura, della Confraternita del SS. mo Rosario,
con la partecipazione della confraternita di S. Caterina, e con l’esclusione di quella
dell’Immacolata, che avrebbe ceduto in passato la gestione di tale rito. L’incontro tra
Cristo e la Madonna viene preceduto da una serie di ostacoli rituali, che confermano
antichi antagonismi tra le confraternite. I fratelli del Rosario che corrono con lo
stendardo per annunciare l’avvenuta Resurrezione debbono mostrarsi più veloci di un
suonatore di “tamburo” che corre cercando di precederli nell’annunciazione alla
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Madonna. Debbono essere anche attenti e guardinghi perché la confraternita
dell’Immacolata potrebbe fare apparire da qualche strada e all’improvviso la propria
statua della Madonna e realizzare la cumprunta nella propria giurisdizione territoriale.
Quando, dopo una serie di viaggi processionali, avviene l’incontro tra Cristo Risorto e
la Madonna, i confratelli del Rosario e di S. Caterina fanno il “ballo dello stendardo”:
la danza devozionale, al ritmo assordante e frenetico del tamburo, richiede grande
abilità nel tenere ritto sopra il mento e sopra i denti il simbolo del proprio sodalizio
126.
Il gioco d’incontri e di separatezze, di ricomposizione-conciliazione e di antagonismi,
viene esemplarmente rappresentato quasi in tutti i paesi dai riti della Settimana Santa e
dell’affruntata. Il rito dell’“incontro”, oltre ad essere narrazione “drammatizzata”
dell’evento di Resurrezione, si configura nei diversi paesi come risoluzione rituale di
conflitti tra abitanti di luoghi separati; appare incontro tra persone divise da fattori
territoriali, sociali, culturali. Attraverso un incontro paradigmatico in un luogo
“centrale” e significativo per l’intera comunità, le molte storie separate individuali e di
grippo si ricompongono. La comunità si presenta e si percepisce, nonostante le
divisioni, come unità. Molte volte la “centralità” e l’“importanza” del luogo sono
successivi alla sua individuazione come posto dell’incontro rituale. Le statue che
corrono ansiose per incontrarsi raccontano una rinascita, ma anche l’ansia, l’angoscia
e il bisogno d’incontro dei paesi che hanno conosciuto lutti collettivi, terremoti,
alluvioni, disgregazioni, fughe. La frenesia e il pathos con cui si svolge il rito
sembrano riflettere un’inquietudine culturale e mentale degli abitanti di una terra di
contrasti e di separatezze, mobile, in fuga, in viaggio.
L’affruntata rappresenta una sorta di “trionfo” per i fratelli delle confraternite che
organizzano e partecipano al rito, soprattutto per quanti portano le statue, compiono la
svelazione della Madonna, realizzano l’incontro. L’esultanza per la riuscita del rito si
coniuga con l’orgoglio di appartenere a un’istituzione che organizza e gestisce un
evento fondante e significativo per l’intera comunità.
3.4 I contrasti tra confraternite nel contesto euro-asiatico e come riflesso
ed esito di separatezze territoriali, economiche, socio-culturali
Come leggere i “contrasti” a sfondo religioso che hanno caratterizzato la vita di molte
comunità calabresi in epoca moderna e contemporanea? L’interrogativo non può
trovare una risposta in questa sede, dove mi limito, pertanto, a qualche ipotesi
interpretativa tutta da verificare.
Per evitare l’accentuazione del carattere originale dei contrasti o dei dualismi religiosi
presenti in passato in alcune comunità, per non ridurli a banale “incidente storico”, a
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manifestazione di società “arretrate” e “barbare”, bisogna ricordare che i “conflitti”,
religiosi e non, sono un elemento presente in diverse civiltà arcaiche, primitive,
storiche, come attesta una vasta letteratura etnologica, antropologica e storico-religiosa
che qui non è possibile ricordare. È necessario pertanto collocare in un contesto
geografico e culturale più vasto i contrasti di cui ci stiamo occupando; è necessario
adoperare delle lenti che ci facciano guardare più lontano e più in profondità. Mircea
Eliade individua una «funzione rituale» delle lotte, dei conflitti, delle guerre, delle
ostilità presenti nelle società arcaiche, primitive, tradizionali. L’opposizione tra le due
metà del clan o la lotta tra due gruppi rappresentanti due divinità costituisce, sia nella
tradizione eurasiatica che in quella nordica, sempre la commemorazione di un episodio
del dramma sacro o divino. Non si può spiegare in nessun caso la guerra o il duello
con «motivi razionalistici». Tutte le volte che il conflitto si ripete si verifica
«un’imitazione di un modello archetipico» 127.
Adoperando una prospettiva più ampia e di “lunga durata” anche il “dualismo
religioso” segnalato in Calabria (ma anche in molte zone del Mezzogiorno e della
Sicilia) potrebbe essere ricondotto a un modello archetipico; i conflitti, le opposizioni,
i contrasti presenti in alcuni centri della regione sembrano, talvolta, avere svolto una
funzione rituale, essere stati elementi “necessari” di coesione e anche di rigenerazione
e di rinnovamento delle comunità.
Si potrebbe ipotizzare - senza accogliere meccanicamente concetti e categorie
adoperati per lo studio di società arcaiche ed etnologiche - che i contrasti (territoriali,
religiosi, culturali) presenti nella realtà calabrese tradizionale, non ancora del tutto
scomparsi, possano essere collegati a lontane concezioni cosmogoniche diffuse nelle
società eurasiatiche e nel mondo mediterraneo. Nei contrasti presenti nelle società
tradizionali alcuni studiosi hanno individuato l’imitazione di un modello archetipico,
la ripetizione della lotta originaria tra Bene e Male. Il contrasto rituale tra Carnevale e
Quaresima, che tanta importanza ha avuto nella cultura folklorica tradizionale, sembra
la commemorazione di un episodio originario e drammatico. Attraverso una
teatralizzazione del conflitto e l’espulsione del male la comunità ritrovava la propria
compattezza e unita, si ricostituiva 128. Anche contrasti religiosi, come quelli delle
confraternite, possono essere pensati come “ripetizione” di un conflitto originario,
necessario, archetipico. Sarebbe altresì interessante mettere in relazione il “dualismo
religioso” praticato dalle confraternite di una stessa comunità anche con ragioni di
natura psicologica, connesse alle esperienze percettive e sensoriali del corpo. I
contrasti di tipo dualistico tra confraternite hanno creato un “paese dimezzato” che può
essere considerato con la categoria archetipa del “corpo dimezzato”. La simmetria è
una caratteristica degli esseri viventi. Il paese appare un corpo che si percepisce nel
rischio della mutilazione, come corpo separato, e la divisione è la sua vita. Le “due
parti” del paese sono degli specchi attraverso cui ciascuna si guarda e si riconosce. I
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contrasti rituali consentirebbero il superamento del rischio della mutilazione. La
“doppiezza” rappresenterebbe la ragione, la possibilità di esserci del paese
tradizionale. Il conflitto e i contrasti avrebbero nelle società tradizionali una
motivazione originaria e necessaria. Tali concezioni, che rinviano a modelli
archetipici, affermano una sorta di necessità e inevitabilità del male, della lotta, del
conflitto nella vita del singolo e nelle diverse società e culture. René Girard,
soffermandosi sulla mitologia greca e ripensando una tradizione di pensiero che va da
Freud a Durkheim a Lévi-Strauss, ha mostrato come sia criminale uccidere la vittima,
ma che la vittima non sarebbe sacra se non la si uccidesse. «La prevenzione religiosa
può assumere un carattere violento. La violenza e il sacro sono inseparabili» 129.
Cristo, che diventa capro e attira su di sé la violenza, fonda la possibilità di una
sacralità non violenta. Nonostante il “sacrificio” di Cristo, la violenza segna anche la
storia del cristianesimo. Filippo Gentiloni ha ricordato il collegamento fra violenza e
religione nelle diverse epoche e tra i diversi popoli. «La cultura religiosa non ha
esorcizzato la guerra e l’esercito, tutt’altro: ne ha fatto pane quotidiano» 130. La stessa
Chiesa è stata vissuta come un esercito schierato. Nella religione cattolica è presente la
metafora dell’esercito ordinato, obbediente, fedele, pronto a combattere. Il cristiano è
stato presentato come combattente e molti santi sono stati eroi guerrieri, armati, pronti
a fare guerra al nemico. Le metafore dell’esercito e della guerra al nemico
permangono nella predicazione ecclesiastica e nell’evangelizzazione portate avanti
dopo il Concilio di Trento. E alcuni statuti presentano il “fratello” come una sorta di
“soldato” che deve eseguire minuziosamente le regole 131.
Anche in alcuni statuti delle confraternite le prescrizioni religiose sono spiegate con
metafore di tipo militare: organizzazione, esercizio, ammaestramento, schiere, castigo.
Per questa via, che merita altri approfondimenti, si può ipotizzare come i contrasti tra
confraternite abbiano un fondamento che richiama concezioni cosmogoniche antiche,
che permangono anche dopo secoli di cristianesimo.
E allora i “contrasti” religiosi e non soltanto religiosi presenti in alcune comunità
calabresi del passato, che evocano anche una geografia e una cultura del “conflitto”
presente in un contesto eurasiatico e mediterraneo, possono essere considerati una
sorta di necessità originaria? I contrasti religiosi, così come storicamente si sono
configurati, sarebbero la continuazione di forme di conflitti presenti in lontane e più
antiche concezioni?
Non è questa la sede per affrontare il complesso problema del rapporto tra indagine
morfologica e spiegazione storica, che è al centro delle riflessioni di storici ed
antropologi 132. L’avere qui indicato “somiglianze” e “parentele” tra fenomeni lontani,
“analogie” tra corpo dell’individuo e “corpo” del paese, ha avuto soltanto la finalità di
sottrarre certi fenomeni alle categorie dell’unicità, dell’esclusività, della eccezionalità
che poi portano direttamente al “caratteristico”, alla “stranezza”, e al “folkloristico”.
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Per scongiurare tali rischi è importante collegare i contrasti che si verificano in epoca
moderna a vicende di lunga durata e a concezioni che si ritrovano in contesti
geografici e culturali più vasti. È importante segnalare che la Calabria presenta in
epoca moderna situazioni di contrasti e di doppiezze a sfondo religoso così frequenti,
peculiari e particolari che meriterebbero un’approfondita indagine storico religiosa ed
antropologica. Ma i “contrasti” e i “dulismi” religiosi che hanno visto come
protagoniste le istituzioni confraternali in epoca moderna e contemporanea vanno
interpretati e collocati essenzialmente all’interno delle vicende economiche, sociali,
religiose, culturali delle comunità nelle quali si sono svolti, da considerare nei
molteplici e controversi legami con eventi che si verificano all’esterno, con scelte
operate in “alto”, con enti e istituzioni “centrali”. I contrasti tra confraternite hanno
una loro origine storica ben individuabile e definita; sono legati, in molti modi, a
separazioni, distanze, opposizioni territoriali, lavorative, sociali e che presentano
significative somiglianze, ma altrettanto significative differenze e che richiedono, caso
per caso, un approfondito esame storico-antropologico. Sarebbe interessante verificare
fino a qual punto e in che misura i contrasti tra confraternite riscontrabili in alcuni
paesi della Calabria non conservino in qualche modo “memoria” di precedenti
contrapposizioni religiose e di culto, che hanno comportato talvolta dualismi di odine
giuridico e amministrativo. Il succedersi, il sovrapporsi, il coesistere, il contrapporsi di
culti, riti, lingue diverse andrebbero ripensati per meglio comprendere la “doppiezza”
e i “dualismi” presenti in Calabria. Ancora nel XVII secolo in molte comunità della
Calabria meridionale coesistono rito e lingua latina e rito e lingua greca. L’immagine
delle “mille Calabrie” che ci viene consegnata da studiosi e viaggiatori che visitano la
regione in epoca moderna e contemporanea è così frequente e “veritiero” da diventare
spesso una sorta di luogo comune, un topos con cui descrivere raffigurare, rinchiudere
una realtà segnata da forti contrasti e da grandi differenze. Ancora ad inizio Ottocento,
e precisamente nel decennio francese, un attento viaggiatore aveva modo di notare che
la Calabria è «un vero mosaico, un abito d’Arlecchino», una terra dove «ogni città è
una nazione», dove i «popoli della costa non somigliano a quelli dell’interno: gli
albanesi sono diversi dagli abitanti delle pianure e, infine, non c’è accordo né nei
costumi né nelle idee di questa regione» 133. Spesso le diversità interessano comunità
confinanti, spesso una stessa comunità. Le differenze di culture, tradizioni, linguaggio
dovute al passaggio o alla permanenza, più o meno prolungata, di popolazioni diverse,
spesso fotografano, riflettono, riproducono, altre volte alimentano ed esasperano,
distanze e separatezze di tipo geografico e territoriale. La frammentarietà geografica
della Calabria, vale a dire la frantumazione fisica del suo territorio - a cui è stato
spesso riportato l’isolamento di comunità, che pure sviluppandosi su terreni attigui,
s’ignorano a vicenda - è un altro motivo ricorrente nelle osservazioni di viaggiatori,
geografi, storici, meridionalisti e ha costituito, certo, un elemento “naturale” che ha
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segnato la cultura e la mentalità delle popolazioni, anche se bisogna essere cauti
nell’assumerla come criterio interpretativo assoluto di una complessa vicenda storica
che è fatta, non solo di isolamenti e di separatezze, ma anche di dialoghi,
comunicazioni, scambi, rapporti tra comunità a volte lontane e con il mondo esterno
134. Nonostante una storia di lunga durata di separatezze e di contrapposizioni di vario
genere presenti nel territorio calabrese fin dall’antichità (si pensi ai conflitti tra le
colonie e subcolonie magno greche), va però chiarito che i contrasti tra confraternite anche quando potrebbero conservare memoria di precedenti diversità - sono
“costruzioni” e “invenzioni” che si affermano in epoca moderna, quasi sempre in
periodo post-tridentino. I conflitti tra confraternite, che danno luogo a nuove e
“originali” forme di “dualismo” in molti paesi della regione, nascono o si acuiscono in
seguito alle richieste di “Regio Assenso”, e ai privilegi, al ravvivamento, alle nuove
istituzioni, alle “scissioni” che ne conseguono. Le disposizioni del Regio Assenso però
sono un’occasione e un pretesto per continuare o dare uno sbocco diverso a conflitti
quasi sempre già esistenti nella comunità o tra comuni limitrofi o in “formazione”
proprio in coincidenza con la “mobilità” economica e sociale che si verificano con il
devastante terremoto del 1783, l’istituzione della Cassa Sacra, l’abolizione della
feudalità.
Nell’esaminare i contrasti esistenti nelle comunità, riprodotti o presentificati dalle
confraternite in maniera rituale, bisogna fare riferimento alla “frammentazione” del
territorio, ai contrasti e alle separatezze di natura geografica, alla differenze produttive
ed economiche, ai contrasti sociali e familiari presenti nelle comunità. Quasi sempre i
conflitti tra confraternite si registrano in territori dove non esistono grandi proprietà
latifondiste, ma prevalgono soprattutto la media e piccola proprietà fondiaria ed è
presente una certa articolazione tra categorie sociali diverse. I contrasti interessano
soprattutto confraternite con diversa composizione sociale, potremmo dire
“interclassiste”, e quindi riflettono una lotta per il controllo dei beni e dei mezzi di
produzione, che vede impegnate le famiglie notabili e borghesi dei paesi e coinvolge le
diverse categorie produttive ad esse legate da interessi economici, il clero locale, e
numerosi referenti esterni civili e religiosi. Le lotte religiose tra gruppi a composizione
interclassista rispecchiano i rapporti di forza economica presenti in paese all’interno
delle singole confraternite e vengono ribadite nel corso delle feste.
Le conflittualità, le rivalità, le lotte tra confraternite, gruppi, comunità vicine sono
state considerate come fenomeni di separazione e, conseguentemente, di disgregazione
della società tradizionale. Ma si può ipotizzare che i contrasti che trovavano una
risoluzione rituale e si esprimevano soltanto a livello simbolico, siano stati elementi di
coesione, il cemento di compattezza della comunità. L’unità, l’identità, della comunità
si basava sui conflitti presenti al suo interno. Le confraternite avrebbero mantenuto la
compattezza della comunità, organizzando e programmando una conflittualità
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comunque esistente. In altri termini nella comunità tradizionale si sarebbe restati
“uniti” perché ci si combatteva ritualmente, perché esistevano lotte, litigi, conflitti. Se
nel modello archetipico di Eliade i conflitti tra gruppi rinnovavano un dramma
cosmico e mitico, nell’interpretazione storico-antropologica le lotte e i conflitti sociali,
concreti e pratici trovano un’espressione, una teatralizzazione, una risoluzione nei riti
della comunità.
Naturalmente non bisogna dimenticare che la conflittualità è soltanto un aspetto della
realtà confraternale di alcune zone della regione. Spesso anche nei paesi che
conoscevano forti conflitti era prevista l’iscrizione a “due” o a più confraternite.
Questa scelta appariva come necessità di redimere e superare il conflitto. La doppia
appartenenza era prevista ed obbligatoria come nel caso di S. Andrea Apostolo. Non è
un caso che alla doppia iscrizione erano interessati appartenenti ai ceti proprietari che
avevano comunque bisogno di esercitare il loro controllo sociale. Bisogna ricordare
anche le opposizioni popolari e carnevalesche al conflitto tra confraternite e alle
gerarchie esistenti all’interno del singolo sodalizio. Non bisogna pensare che i paesi
fossero luogo di perenne conflittualità. Gli stessi riti delle confraternite affermavano
l’esigenza di andare oltre le separatezze e di ritrovare le ragioni di una comune
appartenenza. La mentalità e la cultura degli individui non si strutturavano soltanto nei
rapporti con la confraternita a cui appartenevano per nascita, ma si basavano su altre
forme di socializzazione e di adesione. Se i contrasti hanno giocato un ruolo per il
costituirsi dell’identità della comunità, dei gruppi e del singolo, le identità si sono
elaborate in maniera più aperta anche nelle società tradizionali.
La vita di una confraternita non si esauriva nei contrasti con altre confraternite, ma era
basata su culti, regole, tradizioni che miravano alla “socialità”, alla “cooperazione”,
all’organizzazione della sfera quotidiana, festiva, della morte, della memoria, della
continuità. Gli aspetti pratici e concreti della vita confraternale non debbono fare
dimenticare che esse sono state istituzioni religiose. Né bisogna dimenticare che,
all’interno di questi quadri di riferimento e di norme e valori condivisi, esisteva il
singolo che viveva in maniera soggettiva la propria religiosità. I momenti di
“integralismo” confraternale e di competizione religiosa non esauriscono il sentimento
del sacro delle persone. La dimensione religiosa di una comunità andava al di là della
presenza delle confraternite. Se la storia religiosa della Calabria conosce una pratica di
tensioni, di conflittualità, la cultura popolare afferma la presenza di un Cristo che parla
della possibilità di una verità senza violenza, della fame di giustizia delle popolazioni,
dell’esigenza dell’accoglienza e dell’ospitalità. Le microstorie di molte confraternite (a
composizione mista, a struttura “verticale”, in contesti “paesani” e rurali) sono segnate
dalla presenza di figure prestigiose, stimate, apprezzate per moralità, fede religiosa,
assiduità nella pertecipazione alla vita e ai riti confraternali, la loro abilità e bravura
nell’organizzare e gestire le feste, la loro capacità di “interpretare” gli umori dei
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fratelli. La “nostalgia del passato” di molti congregati si basa soprattutto sul ricordo,
spesso trasfigurato, di “fratelli” considerati come eroi fondatori e protettori della
confraternita e della comunità. Del passato non si rimpiangono i contrasti e i conflitti,
ma la vita intensa, semplice, religiosa, spirituale dei fratelli. E questo testimonia come
la confraternita consegni memorie e messaggi che non si esauriscono nei contrasti
paesani.
La storia delle confraternite religiose ci ricorda come l’identità non possa essere né
negata né ridotta a retorica, astraendola dal contesto in cui è stata costruita, affermata,
definita. L’identità non è qualcosa di astorico e di pacificato, ma si fonda, come
ricorda la storia religiosa e delle confraternite, anche su contrasti, su “ombre” che di
cui è bene avere consapevolezza.
4. Il crepuscolo è la fine delle confraternite tradizionali. Una tenue
speranza di rinascita
La crisi o la decadenza delle confraternite meridionali in epoca moderna viene fatta
risalire dagli studiosi del fenomeno alla fine dell’Ottocento. Alcuni collegano tale
decadenza alle posizioni civili affermate nei periodi borbonico-riformista e postunitario 135. In realtà nella società calabrese, soprattutto nei piccoli centri sia montani
che costieri, le confraternite conoscono una vitalità che resta sostanzialmente integra
ancora fino agli anni Cinquanta del Novecento. Michel Vovelle ha sottolineato come
nell’Italia meridionale, contrariamente a quanto avviene in Francia e nei Paesi
limitrofi, dove la rivoluzione dell’Ottantanove segna il declino confraternale, tali
istituzioni mantengano una loro vitalità ancora nella metà del XIX secolo, quando si
dotano di statuti che affermano una pratica che, nel caso della morte, resta
sostanzialmente immutata rispetto ai secoli precedenti 136. La centralità che in tale
periodo continuano ad avere le feste e i riti della Settimana Santa, la “permanenza” di
dualismi e contrasti nelle comunità tradizionali, le trasformazioni introdotte dagli
“americani” che recuperano e rinnovano le antiche tradizioni e si fanno promotori
delle iniziative in campo artistico e culturale, portate avanti dalle confraternite, la
resistenza che le confraternite esercitano rispetto a forme di erosione introdotte
dall’esterno: sono alcuni dei fattori di una vitalità altrove scomparsa. Non a caso a fine
Ottocento vengono erette in molte zone della Calabria nuove confraternite. Antonio
Tripodi, esaminando i bollari della diocesi di Mileto, ricorda come nell’ultimo
ventennio dell’Ottocento siano registrate le erezioni di almeno diciassette nuove
confraternite in grossi centri e in piccole frazioni dell’attuale provincia di Vibo 137. In
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questo stesso periodo, le confraternite di più antica istituzione sono impegnate in
molteplici iniziative religiose, sociali, economiche, artistiche e culturali. Spesso
protagonisti di molte iniziative sono gli emigrati nelle Americhe. Nel 1889 viene
iniziata nella chiesa della confraternita del Rosario a Borgia la costruzione di un
pavimento in “quadrelli” di cemento. Gli emigrati borgesi residenti a Buenos Aires
inviano 524. 5 lire argentine: chiedono la pubblicazione della lista dei contribuenti nel
giorno della festa del SS. Rosario 138. Iniziative analoghe vengono segnalate in diverse
parti della Calabria.
Soltanto a partire dalla fine degli anni cinquanta del Novecento le confraternite, in
quanto istituzioni strettamente legate all’universo produttivo e culturale agropastorale, conoscono lo stesso destino di quell’universo. Il processo di erosione e di
disgregazione dell’antico mondo, il crepuscolo e la fine di un mondo, non potevano
non travolgere istituzioni che organizzavano e rappresentavano interessi, bisogni,
concezioni delle persone di quel mondo.
Il grande esodo del secondo dopoguerra; il progressivo spopolamento dei piccoli centri
delle zone rurali interne; la discesa delle popolazioni lungo le coste; la crisi delle
tradizionali attività produttive, che travolge non solo i ceti sociali più poveri, ma anche
quella borghesia produttiva che aveva individuato nella vita confraternale un luogo di
espressione e di affermazione di una nuova mentalità; la nascita di nuove forme
associative anche nelle comunità più periferiche (basti ricordare il ruolo centrale che
giocano i partiti politici, le organizzazioni sindacali, le cooperative di consumo e di
produzione - sia “laiche” che cattoliche - le casse rurali, gli istituti assistenziali e
previdenziali e, in ambito cattolico, le leghe di artigiani e contadini, l’Azione
Cattolica, le cui iniziative entrano spesso in contrasto con l’azione delle confraternite);
il boom economico che si verifica a partire dagli anni sessanta in Italia e che interessa
anche luoghi più marginali del paese; la nascita della scuola dell’obbligo e una sempre
maggiore alfabetizzazione delle popolazioni; i mutamenti che si registrano a livello di
mentalità e di tradizioni culturali; l’arrivo delle cultura di massa: sono alcuni dei
fattori che, combinandosi tra di loro, mettono in discussione l’esistenza stessa delle
confraternite o ne modificano profondamente il senso e i modi della loro presenza. Le
antiche organizzazioni di “sociabilità” e di “solidarietà” entrano in crisi irreversibile
nel momento in cui entrano in crisi le strutture economiche e sociali nelle quali erano
sorte e avevano sperimentato una loro ragione di essere. Un mondo di “assistiti”, di
“clienti”, di “invalidi” come quello che i politici nazionali e locali costruiscono nelle
contrade meridionali, soprattutto a partire dagli anni sessanta del Novecento, non
lascia spazio a una pratica religiosa della solidarietà. Non c’è né da rimpiangere, né
d’avere nostalgia del passato: c’è soltanto da capire.
Nelle comunità dove ancora le confraternite mantengono una loro struttura
“organizzata”, la loro sfera d’azione si limita alla presenza più o meno attiva nella
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gestione delle feste, soprattutto quelle della Settimana Santa e quelle estive, e nelle
pratiche legate al lutto. Durante la Settimana Santa il ruolo delle confraternite resta
ancora essenziale sia nell’organizzazione sia nella gestione delle funzioni e dei riti,
tuttavia si tratta di una presenza che riguarda poche persone, impegnate per brevi
periodi dell’anno. I riti della Settimana Santa non sono, però, più la conclusione di
un’attività penitenziale e di funzioni che duravano tutto il periodo quaresimale. La
preparazione delle funzioni, l’esecuzione dei canti, l’organizzazione dell’affruntata
non durano più un intero anno, non coinvolgono tutti i congregati, non fanno parlare
più l’intera comunità.
La tradizione che viene custodita, salvaguardata, rinnovata, recuperata spesso è
soltanto quella che ha forti componenti “spettacolari” ed “esibizionistiche”: i riti
rappresentano un modo di osservarsi e di presentarsi agli altri. Negli ultimi anni la
morfologia dei riti e delle feste, il loro senso, i loro protagonisti si sono profondamente
trasformati anche per la presenza di numerosi turisti o forestieri che quasi sempre si
accostano a riti come a manifestazioni “folkloristiche” e di “colore”, non a caso come
tali segnalati nelle tante guide turistiche.
Con molti riti gli abitanti del luogo più che a se stessi e alla loro comunità sembrano
guardare ai turisti e ai forestieri. Gli aspetti “teatrali” e “spettacolari” dei riti
confraternali e festivi sono più accentuati ed esasperati, sia nei centri urbani sia nelle
piccole comunità, per la sempre più elevata presenza di forestieri, curiosi, turisti, che,
anche quando distratti e passivi osservatori, finiscono col modificare l’antico ordine, la
struttura, il senso della festa. Protagonisti del rito non sono più ceti popolari analfabeti,
lavoratori della terra, artigiani, ma gli appartenenti alla media e alta borghesia
cittadina, che nelle feste scorgono un elemento di riconoscimento, d’identità, di
affermazione e di appartenenza. Si assiste spesso alla riplasmazione di un’antica
tradizione, talvolta ad operazioni di vere e proprie “sagre-invenzioni”. L’orgoglio per
la festa, per la propria festa, rappresenta comunque affermazione di una nuova
“centralità”, vera o sognata, della propria comunità.
L’affruntata che, come abbiamo visto, in passato raccontava attraverso un incontro
emblematico e fondante anche l’incontro tra luoghi separati del paese, oggi racconta
nuovi incontri come quello tra abitanti dei paesi doppi sorti in Calabria anche negli
ultimi cinquant’anni. In paesi dello jonio catanzarese, come Badolato e S. Andrea
Apostolo dello Jonio, i fratelli che si sono trasferiti in un “paese due” sorto lungo la
marina, tornano per celebrare gli antichi riti in luoghi ormai praticamente vuoti o
disabitati. L’affruntata diventa “ritorno” nell’antico paese, di cui non si vuole ratificare
la “morte”. E come se con i riti di un tempo lo si volesse preservare, mantenere in vita,
sollecitarlo a “rinascere”.
I “doppi” che tentano di dialogare, incontrarsi, riconciliarsi non sono più gli
appartenenti alle diverse zone del paese: sono i rimasti e i partiti. I riti della Settimana
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Santa e le feste che in passato svolgevano una funzione di esorcizzare la morte,
celebrando una resurrezione esemplare, oggi sembrano esorcizzare, attraverso il
ritorno degli emigrati, la fine, la morte, dell’antica comunità. Ma l’affruntata, i riti, le
feste estive stabiliscono un incontro tra coloro che sono rimasti e coloro che sono
partiti, un momento di riconciliazione e di identificazione per entrambi 139
I riti, che oggi vedono come protagonisti gli emigrati, coloro che si sono spostati,
quanti partono e ritornano, i nuovi erranti, sembrano alludere a storie di esodi,
separazioni, distacchi e a nostalgie di ricongiungimento e di ritorno. Le feste sono
diventate “feste del ritorno”, feste degli emigrati, luoghi in cui si rincontrano gli
abitanti di un mondo esploso in mille pezzi e che si sono spostati in mille luoghi. Le
stesse date delle feste delle confraternite e non solo sono state modificate per rendere
possibile, nei mesi estivi, la presenza degli emigrati. Fino agli anni Settanta le feste dei
paesi vedevano non solo la presenza degli emigrati, ma anche una loro decisione attiva
nelle gestione e nella organizzazione, che venivano legittimate, rese possibili,
riconosciute anche grazie ai contributi in denaro che le comunità di emigrati all’estero
raccoglievano e inviavano.
Oggi gli emigrati hanno trasferito le loro feste altrove, hanno trapiantato antichi culti
nel nuovo mondo. Proprio le confraternite sono protagoniste di riti di fondazione e
riorganizzazione di nuovi spazi. Le confraternite calabresi svolgono un ruolo
fondamentale nell’organizzazione dell’imponente processione che il Venerdì Santo si
svolge nella Little Italy di Toronto dalla fine degli anni Settanta. Ma questa opera di
trasferimento della festa, questa dilatazione antropologica dei luoghi, influenza in
misura sempre meno significativa le confraternite e le persone rimaste. Gli scambi e i
rapporti che permangono, pure modificando la cultura dei rimasti, non hanno molta
incidenza nella vita e nella vitalità delle confraternite. Nei mesi invernali l’attività
delle confraternite è ridotta all’accompagnamento dei fratelli iscritti per tradizione più
che per consapevole adesione, e si tratta di un impegno in cui si sentono coinvolte
soltanto poche persone e che non vede se non una scarsa partecipazione giovanile.
Anche le antiche rivalità tra confraternite permangono come ricordo del passato, come
elemento di colore, come tratto di rimpianto di un buon tempo antico, spesso
mitizzato.
A partire dagli anni settanta del Novecento - in coincidenza con la decadenza del
confraternite, ma anche con situazioni di erosione delle vita comunitaria - vengono
promossi ad opera di alcune confraternite convegni, raduni, incontri nei quali vengono
posti interrogativi sul senso e il ruolo attuali delle confraternite, si avviano rapporti e
collegamenti tra confraternite, si affronta il problema di una loro rivitalizzazione anche
in presenza di un mutato atteggiamento della Chiesa, che prima aveva avuto sia
localmente sia a livello centrale un rapporto controverso e difficile, talvolta di rifiuto e
di ostilità, con tali istituzioni.
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Proprio nella chiesa di Mater Domini di S. Nicola da Crissa, che adesso ci accoglie per
questo nostro incontro, si è svolta nel 1979 per iniziativa della confraternita del SS.
Crocefisso un convegno delle confraternite calabresi 140. L’intento religioso non è
disgiunto da un interesse culturale, teso alla conoscenza e alla valorizzazione del
proprio passato. Dopo un periodo di rimozione e di cancellazione si avverte l’orgoglio
per tradizioni spesso negate e oggetto d’incomprensione. Questo fenomeno non va
separato dalla più generale attenzione per le culture e le tradizioni popolari, che
avviene nel periodo della loro definitiva scomparsa e spesso si traduce in controverse
operazioni di recupero. Il folk revival, cominciato nella metà degli anni Sessanta,
riguarda anche le tradizioni e le manifestazioni religiose. È un fenomeno che
coinvolge religiosi, fedeli, laici, sia pure con motivazioni diverse. Un esito interessante
è quello che gli studiosi esterni, spesso affascinati soltanto dalla grande storia,
“scoprono” per iniziativa dei “locali” ambiti di ricerca prima trascurati. Gli studiosi
locali sono autori di indagini di notevole interesse, portano alla luce documenti, statuti,
fonti di grande rilevanza e propongono iniziative di “recupero”, centri studi e di
ricerca. È in tale contesto di attenzione insieme religiosa e culturale, locale e
meridionale, che è nata l’idea di questo convegno.
Ma come il discorso sulla tradizione non significa far rivivere le tradizioni, il discorso
sulle confraternite non equivale a un loro ravvivamento. Bisogna distinguere. Un fatto
è la ricerca sulle confraternite, che merita di essere incoraggiata, perseguita, affinata
con nuove metodologie e riflessioni, con nuovi dati e documenti. La lettura di dati,
fonti, studi locali riserva scoperte interessanti e contribuisce alla scrittura di una storia
ancora ignorata e sottovalutata, che meglio può fare conoscere le vicende religiose,
sociali e culturali della regione, le vicende che hanno segnato per secoli la vita di
molte comunità.
Un altro fatto è il tentativo di fare rivivere le tradizioni. I discorsi, più o meno
nostalgici, sul passato non bastano a farlo rivivere; l’orgoglio per tradizioni evocate
con enfasi e retorica non serve ad arrestare un processo di disgregazione. Quanti si
sentono eredi di un passato da conoscere criticamente e da valutare nelle sue luci e
nelle sue ombre non possono limitarsi al rimpianto e a una nostalgia inconcludente. Le
confraternite possono, forse, trovare un nuovo senso, una loro ragione di essere,
soltanto se saranno capaci di “rappresentare” gli interessi e i bisogni nuovi delle
comunità, se scopriranno la fantasia di dare voce ai nuovi bisognosi e ai nuovi poveri
che ci circondano e che bussano alle nostre porte. Una residua speranza di nuova
vitalità può consistere nella riscoperta e attualizzazione della loro vocazione
originaria: assistere, accogliere, aiutare, fondare socialità e solidarietà. In paesi
disgregati, dove ormai sempre più si vive e si muore da soli, dove sono venute meno
forme tradizionali di socialità e di assistenza, un senso possibile è quello di porsi, con
pazienza e con generosità, con passione e con impegno, come nuovi “luoghi pii e di
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accoglienza”, è quello di misurarsi con un nuovo sentimento dei luoghi, di quello
proprio e di quello degli altri, di quello di qui e di quello altrove. Potranno e sapranno
gli eredi di una tradizione antica mostrare o tentare di mostrare che una nuova socialità
e una nuova solidarietà, legate alla migliore storia e cultura confraternali, sono ancora
possibili e necessarie?
Note
* Il testo qui pubblicato costituisce una delle relazioni introduttive ai lavori del convegno,
anche se in quella occasione ne è stata proposta, per ragioni di tempo, un’ampia sintesi. Data la
varietà e la vastità degli argomenti toccati la bibliografia, pure significativa, è limitata alle
opere citate e a pochi titoli di riferimeno. Negli anni della complessa organizzazione e cura dei
testi e dei materiali iconografici sono apparsi nuovi contributi, di cui tengo conto quando sono
relativi a problemi di storia e culture delle confraternite calabresi (si vedano alcune tesi di
laurea discusse sull’argomento nell’Università della Calabria) o a lavori che risultano
siginifacativi ai fini della prospettiva di ricerca a suo tempo da me proposta e delineata. Ogni
ricerca antropologica, in maniera particolare quella che ha come oggetto il proprio universo di
origine - anche quando parziale, provvisoria, incompiuta -, costituisce sempre una ricerca di sè,
un ripensamento della propria appartenenza, una riflessione sulle proprie identità. Per queste
ragioni - a conclusione di questo scritto e del lavoro, portato avanti insieme ad altri - sento di
poter ricordare con grande nostalgia il nonno materno Peppe Iozzo e il nonno paterno di cui ho
preso anche il nome, che mi hanno educato ai valori morali e alla spiritualità della confraternita
del SS. Crocefisso di San Nicola da Crissa. Anche se questo testo è stato portato a termine
molti anni addietro, nel momento in cui vede la luce mi fa piacere dedicarlo al nipotino Nicola
Galloro, figlio di Vito e di Maria Costanza, e ai miei bambini Stefano e Caterina con l’augurio
che la religione e le tradizioni del mondo in cui sono nati e in cui stanno crescendo siano
sempre parte del loro orizzonte e della loro memoria, punto di riferimento in un più vasto
mondo, e che il loro sentimento dei luoghi non diventi mai retorica, ma sentimento di sè e degli
altri, spinta al dialogo, alla pace, al rispetto delle diversità. A Felicia va tutta la mia gratitudine
per la sua vicinanza e la sua partecipazione, anche in questa circostanza.
1 E. PONTIERI, Sulle origini della Compagnia dei Bianchi della Giustizia in Napoli e su i suoi
statuti del 1525, in «Campania Sacra», n. 3, 1972, cit. da A. CESTARO, Il fenomeno
confraternale nel Mezzogiorno: aspetti e problemi, in V. PAGLIA (a cura di), Confraternite e
Meridione nell’età moderna, «Ricerche di storia sociale e religiosa», a. XIX, n. 37-38, n. s.,
Roma 1990, pp. 15-41.
2 F. RUSSO, Storia della Chiesa in Calabria. Dalle origini al Concilio di Trento, Parte 2,
Rubbettino, Soveria Mannelli 1982, p. 688.
3 G. ANGELOZZI, Le confraternite laicali. Un’esperienza cristiana tra medioevo ed età
moderna, Queriniana, Brescia 1978, p. 40.
4 Ibid.
5 Cfr. P. TACCHI VENTURI S. J., Storia della Compagnia di Gesù in Italia, vol. I, parte I, pp.
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324 sgg., e parte II, p. 93, Roma, rip. in E. DE MARTINO, La terra del rimorso. Contributo a
una storia religiosa del Sud, intr. di G. Galasso, Il Saggiatore, Milano 1976, p. 22.
6 Ibid., p. 23.
7 R. RUSCONI, Confraternite, compagnie e devozioni, in G. CHITTOLINI e G. MICCOLI (a
cura di), Storia d’Italia, Annali 9, Einaudi, Torino 1986, pp. 467-506, qui cit. p. 493. Sulla
presenza dei Gesuiti in Calabria cfr. O. MILELLA, La compagnia di Gesù e la Calabria,
Gangemi, Reggio Calabria-Roma 1992. Come è stato ricostruito di recente proprio in Calabria
la Compagnia di Gesú si pone a partire della seconda metà del Cinquecento come un «corpo
ecclesiatico» pronto a esercitare «l’ufficio poliziesco dell’inquisizione», ma soprattutto quello
della catachesi e della conversione. Dopo la strage dei valdesi a Guardia e San Sisto in Calabria
del giugno 1561, i Gesuiti (tra cui ritroviamo Giovanni Xavier) si occupano della conversione e
del pentimento degli eretici sopravvisuti all’eccidio per i quali manifestano sentimenti di
simpatia e di apprezzamento per la loro moralità. Adriano Prosperi ricorda come
«all’incontro/scontro fra strategie dell’inquisitore, del missionario, si dovette l’impianto, sui
resti della comunità valdese, di una realtà nuova: quella del cattolicesimo moderno». La
costruzione dell’unità religiosa italiana passa attraverso la miscela disuguale di quelle strategie.
Cfr. A. PROSPERI, Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari, Einaudi,
Torino 1996, pp. 5-15.
8 Constitutiones et decreta condita in Provinciali Synodo Consentia sub Rev. mo D. Fantino
Petrignano Dei et Apostolicae sedis gratia Archiepiscopo Consentiae. Anno Domini
MDLXXIX. Romae, apud Fr. Zanectum, cit. da P. SPOSATO, Aspetti e figure della Riforma
cattolico tridentina in Calabria, «Atti del III Congresso Storico Calabrese», Fiorentino Editore,
Napoli 1964, p. 300.
9 Cfr. P. SPOSATO, Aspetti e figure della Riforma cattolico tridentina in Calabria …, pp. 285288. Su questi aspetti si vedano i fondamentali contributi di M. MARIOTTI, Documenti per lo
studio della vita religiosa e sociale calabrese nel Viceregno: I Concili e i Sinodi Postridentini
(1963); Le costituzioni dei Sinodi diocesani e dei Concili provinciali e le relazioni delle visite
pastorali e per le visite «ad limina» come fonti per la storia religiosa e sociale della Calabria
(1973); Rapporti tra vescovi e religiosi in Calabria (dai sinodi diocesani, 1574-1795) (1987); I
Concili provinciali e Sinodi diocesani cosentini nelle relazioni degli arcivescovi per le visite
«ad limina apostolorum» (1579-1593) (1988); Religiosità e pieta popolare nei documenti
episcopali collettivi calabresi (secoli XVI e XX) (1992), ora raccolti in ID., Istituzioni e vita
della Chiesa nella Calabria moderna e contemporanea, Salvatore Sciascia Editore, Caltanissetta
1994.
10 I limiti della Riforma in Calabria sono stati sottolineati da diversi studiosi. Cfr., ad esempio,
le considerazioni di P. SPOSATO, Aspetti e figure della Riforma cattolico tridentina in
Calabria …, pp. 292-293. Sulle difficoltà di affermare le norme e le disposizioni del Concilio di
Trento in Calabria si vedano le ricostruzioni e le considerazioni di M. MARIOTTI, Istituzioni e
vita della Chiesa nella Calabria moderna e contemporanea…, passim.
11 Cfr. A. PROSPERI, Tribunali della coscienza ..., p. 8.
12 G. GALASSO, La storia socio-religiosa, in ID., L’altra Europa. Per un’antropologia storica
del Mezzogiorno d’Italia, Mondadori, Milano 1982, 424-425.
13 In Ibid., p. 425.
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NOTE PER UN’ANTROPOLOGIA DELLE CONFRATERNITE CALABRESI IN ETÀ MODERNA E CONTEMPORANEA
14 G. M. GALANTI, Giornale di viaggio in Calabria (1792), a cura di A. Placanica, Società
Editrice Napoletana, Napoli 1981, passim. Emblematiche le seguenti annotazioni: «Una pruova
manifesta della ferocia dell’animo loro [delle popolazioni calabresi] è di vedere che il nero è il
colore favorito negli uomini e nelle donne. Sono indifferenti alla musica. Sono per lo contrario
portati per le funzioni tetre e lugubri. I lutti vanno soggetti a gran riti e formalità. Se ne trovano
delle più barbare. Quando muore alcuno nella casa si piagne e sta chiuso tre giorni delle porte e
finestre. Si accompagna il morto con urli e pianti. Si rinnova il pianto al termine del mese e
dell’anno. Si tengono pagate le persone a questo uso. Il lutto si porta per qualche mese dagli
amici del morto e della sua famiglia. Vi sono paese dove la vedova colla chioma sciolta e
ricadente sugli omeri deve stare uno, due e tre giorni fissa su di una sedia in mezzo di una
stanza chiusa. I parenti e gli amici si portano a darle compagnia ed a piangere. Come entrano le
donne le strappano i capelli, e questi capelli servono a ornare la bara del morto. In altri paesi la
vedova fino a tre anni non sorte di casa, né per un anno apre le finestre. Per non farsi vedere,
appena le è concesso di notte andare in chiesa per udir la messa. Per più mesi non si rade la
barba, non si cambia di camicia, non si manda al macello. Ogni paese ha le sue usanze così
barbare che bizzarre su di questo articolo» (Ibid., p. 349).
15 Su questi aspetti mi sia consentito rinviare a V. TETI, La razza maledetta. Origini del
pregiudizio antimeridionale, Manifestolibri, Roma 1993.
16 E. DE MARTINO, Morte e pianto rituale. Dal lamento funebre antico al pianto di Maria,
Boringhieri, Torino 1975.
17 Si veda, ad esempio, quanto avviene in Austria a proposito delle credenze nei vampiri e nel
ritorno irrelato dei defunti. Cfr. V. TETI, La melanconia del vampiro, Manifestolibri, Roma
1994.
18 Per questi aspetti si vedano i contributi di MARIA MARIOTTI ora raccolti in ID.,
Istituzioni e vita della Chiesa nella Calabria moderna e contemporanea ...
19 DURET DE TAVEL, Lettere dalla Calabria (1820), intr. e trad. di C. Carlino, Rubbettino
Editore, Soveria Mannelli 1985, p. 52.
20 A. NICEFORO, L’Italia barbara contemporanea, Sandron, Milano-Palermo 1898. Niceforo
descrive Napoli come capitale della sporcizia, della primitività, dell’inferiorità sociale e morale
del Mezzogiorno. «Guardate dunque i segni d’inferiorità della sua psicologia collettiva. Essi
sono molteplici. Primo carattere: la superstizione allo stato ancora selvaggio. In nessuna società
d’Italia troverete la folla così brutalmente e grettamente superstiziosa come a Napoli. E badate
che diciamo folla superstiziosa, non religiosa, poichè il sentimento religioso, nel vero senso
della parola, non è delle civiltà inferiori, ma di quelle evolute, mentre la superstizione è propria
alle tribù selvagge, non evolute, alle società primitive». (Ibid., p. 243).
21 Ibid., pp. 243-244.
22 In un saggio del 1899 sul brigantaggio del periodo post-unitario Nitti scrive: «Le genti
dell’Italia meridionale, risultano delle mistioni di razze sì varie, hanno forse da tanti incroci,
forse più ancora dalla rapidità loro nell’ideare, una vaga tendenza alla vita di avventure. Vi è,
sopra tutto nelle genti di Basilicata e di Calabria, un senso di misticismo inconscio, che invade
l’anima popolare. Non è il misticismo gentile e delicato che penetrò l’anima di Francesco
d’Assisi, ma un misticismo rozzo e quasi selvaggio, com’è quello che dové albergare
nell’anima di Gioacchino da Fiore, il calabrese abate Gioacchino, che esercitò appunto il suo
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rude apostolato nei monti di Basilicata e di Calabria. In quelle aspre regioni ogni paese, ogni
zona, ha il santuario lontano, in cima ai monti; chiese perdute tra i boschi, e costruite su antiche
caverne, abitate da pellegrini o da santi. Si va ai santuari, dopo aver digiunato, pregando per
via, qualche volta con i fiori in cima alle canne, gli umili fiori dei campi e dei boschi: molto
spesso si va a piedi nudi, salmodiando e orando. Lunghi cortei di uomini e di donne salgono le
erte faticose fino ai luoghi da cui si spazia l’orizzonte lontano. Nei lunghi pellegrinaggi il
misticismo si trasforma; diventa qualche volta desiderio di avventure. Il pellegrino è ora più
che non si pensi il precursore dell’emigrante; in altri tempi il precursore del brigante». F. S.
NITTI, Eroi e briganti, Edizioni Osanna Venosa, Potenza 1987, pp. 40-41.
23 P. ROSSI, L’animo della folla, Tipografia di Raffaele Riccio, Cosenza 1898, pp. 49-50,
dove leggiamo: «Uno dei sentimenti sociali è, certamente, il sentimento religioso: ma esso, nel
contadino, è un vero feticismo, mancante di ogni sana idealità. Il contadino si rassomiglia, in
ciò, molto col selvaggio e con popoli nei quali il sentimento religioso è il riflesso d’una società
barbara. La criminalità, in Calabria, si è ammantata lungo tempo con sentimenti religiosi: i
banditi portavano il tradizionale abitino della Madonna del Carmine e pregavano in momenti di
imprese arrischiate e pieni di pericoli. Al tempo della Santa Fede i briganti furono tutti
sanfedisti; in altri termini, come, nell’olimpo greco, quella società, per alcuni rispetti, inferiori
e barbara si rispecchiava nei suoi dei, così, presso le folle basse, il sentimento religioso
rispecchia le condizioni morali inferiori d’un popolo».
24 G. SERGI, Arii e Italici. attorno all’Italia preistorica, Bocca, Torino 1898; ID., La
decadenza delle nazioni latine, Bocca, Torino 1900
25 A. NICEFORO, Italiani del Nord e Italiani del Sud, Bocca, Torino 1901.
26 D. RUIZ, in A. RENDA, La questione meridionale. Inchiesta, Remo Sandron editore,
Milano-Palermo 1900, p. 98. «Il Pensiero Contemporaneo. Rassegna quindicinale d’arte e
scienze sociali» venne pubblicato a Catanzaro [Stab. tip. del Corso] dal 15 gennaio 1899 [anno
I-n. 1] al 30 novembre 1989, per complessivi 9 numeri. Antonio Renda fu il direttore della
rivista. Sul periodico catanzarese cfr. G. MASTROIANNI, L’Inchiesta del «Pensiero
contemporaneo» sulla questione meridionale, in Cultura e società in Calabria fra l’Otto e il
Novecento, Frama Sud, Chiaravalle Centrale 1975, pp. 69-99; A. PLACANICA,
L’intellettualità catanzarese nella crisi di fine secolo (1896-1899), Introduzione alla ristampa
anastatica della raccolta completa della Rassegna, Frama Sud, Chiaravalle Centrale 1975, pp. IXXXI.
27 Lo scrittore inglese Norman Douglas, autore di interessanti descrizioni e di riflessioni
puntuali, soffermandosi sulla religione dei meridionali non abbandona l’ironia tipica di uno
sguardo esterno ed élitario di derivazione protestante o comunque anticattolica. Nel suo Old
Calabria (1915), a proposito del culto dei Santi e della Madonna, così scrive: «Le fonti
mostrano che il popolino non ha mai preso sul serio i propri santi al modo nordico come
esemplari morali; dal principio alla fine se n’è servito unicamente come pretesto al gioco e alla
festa, come mezzo per ravvivare di luce il carattere catacombale, essenzialmente privo di sole,
del Cristianesimo» (N. DOUGLAS, Vecchia Calabria, Giunti, Firenze 1978, p. 400).
28 V. PADULA, Stato delle persone in Calabria. V - I braccianti, «Il Bruzio», a. 1, n. 37, pp. 13.
29 ID., Stato delle persone in Calabria. V - I braccianti, «Il Bruzio», a. 1, n. 36, pp. 2-4
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30 Si ricordi, ad esempio, il famoso poemetto polimetro La notte di Natale, in ID., Persone in
Calabria, a cura di C. Muscetta, Ed. dell’Ateneo, Roma 1967.
31 A. LUMINI,Studi calabresi (Le sacre rappresentazioni. Il Natale nei canti popolari calabresi.
Le reputatrici), Nicastro 1890; rist. an. Brenner, Cosenza 1989.
32 P. ROSSI, Le Rumanze ed il Folk-lore in Calabria, Tipografia del Riccio, Cosenza 1903, pp.
28-29.
33 Ibid., p. 32.
34 Ibid., pp 29-32.
35 Il termine folklore viene adoperato per la prima volta da W. J. THOMS, Lettera firmata con
lo pseudonimo Ambrose Merton in cui viene adoperato per la prima volta il termine «folklore«, «Athenaeum. Journal of English and Foreign Literature, science and the Fine Arts», n.
982, 22 agosto 1846, pp. 862-863.
36 Per le posizioni di Rossi sul folklore cfr. V. TETI, Le Rumanze e le culture popolari:
tradizioni e modernità, in T. CORNACCHIOLA e G. Spadafora (a cura di), Pasquale Rossi e il
problema della folla, Armando, Roma 2000, pp. 359-394.
37 «La Calabria. Rivista di Letteratura Popolare», fondata e diretta da Luigi Bruzzano, esce
come mensile dal settembre 1888 all’agosto 1896 e come bimestrale dall’ottobre 1896 al
settembre 1902, quando chiude per la morte del suo direttore. Sulla rivista vengono pubblicati
proverbi, favole, leggende, novelline, filastrocche, farse, contrasti, facezie, imprecazioni,
termini dialettali, nomi e descrizioni di feste, usanze, sacre rappresentazioni, relative ai paesi
dell’attuale provincia di Vibo Valentia, del Lametiano, della Piana, della provincia di Cosenza,
di Crotonese, dell’area reggina. Da segnalare, inoltre, i testi orali (canti, novelle, leggende,
preghiere) delle zone grecaniche ed albanesi. Sull’importanza e l’originalità della rivista cfr. L.
M. LOMBARDI SATRIANI, «La Calabria»: Sguardo demologico e società calabrese sul finire
dell’Ottocento, in P. Falco (a cura di) Cultura romantica e territorio nella Calabria
dell’Ottocento, Periferia, Cosenza 1987, pp. 3-24; V. TETI, Il folklorista e il cuculo. Splendori
e paradossi delle ricerche sulla poesia popolare, in L’acqua di Gangà. La cultura orale di una
comunità calabrese, vol. II, Qualecultura Jaca Book, Vibo Valentia 1990, pp. 13-273.
38 La «Biblioteca delle tradizioni popolari calabresi» di R. LOMBARDI SATRIANI
comprende i seguenti volumi: Canti popolari calabresi, Vol. I, Tip. «Il Progresso», Laureana di
Borrello 1928; Vol. II, Napoli, De Simone, 1931; Vol. III, ivi, 1932; Vol. IV, ivi, 1933; Vol. V,
ivi, 1934; Vol. VI, ivi, 1940; Credenze popolari calabresi, ivi, 1951 (n. ed., intr. di L. M.
Lombardi Satriani, Peloritana, Messina 1970); Racconti popolari calabresi (Vol. I, Napoli, De
Simone, 1953; Vol. II, «La Modernissima», Vibo Valentia Marina 1955; Vol. III, ivi, 1957;
Vol. IV, Brenner, Cosenza 1963). Dello studioso vanno ricordati inoltre: Canti popolari di S.
Costantino di Briatico, Raho, Monteleone 1899; Canti popolari di S. Costantino di Briatico, II,
ivi, 1910; Novelline popolari di S. Costantino di Briatico, ivi, 1912; Proverbi in uso in S.
Costantino di Briatico, ivi, 1913 (n. ed., intr. di L. M. Lombardi Satriani, Peloritana, Messina
1969); Il Piano delle Tradizioni Popolari Calabresi e le mie conisderazioni sui canti popolari
(“Atti del Congresso di Studi Etnografici Italiani”, Napoli 1953, pp. 88-95); e infine gli scritti
sulle “consuetudini giuridiche popolari”, i canti, le usanze, le tradizioni di diverse aree della
Calabria, apparsi su riviste da lui dirette.
39 R. LOMBARDI SATRIANI, Canti popolari calabresi…, vol. VI, pp. 158-207.
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40 E. DE MARTINO, La terra del rimorso…, p. 25.
41 Ibid., p. 26.
42 Ibid., p. 25.
43 Ibid., pp. 25-26.
44 Ibid., p. 28.
45 Scrive, a tal proposito, Gramsci: «... sebbene si possa sostenere che tutte le religioni, anche
le più dirozzate e raffinate, siano “folklore” in rapporto al pensiero moderno, con la capitale
differenza che le religioni e quella cattolica in primo luogo, sono appunto “elaborate e
sistemate” dagli intellettuali e dalla gerarchia ecclesiastica e pertanto presentano speciali
problemi (è da vedere se una tale elaborazione e sistemazione non sia necessaria per mantenere
il folclore disseminato e molteplice: le condizioni della Chiesa prima e dopo la Riforma e il
Concilio di Trento e il diverso sviluppo storico- culturale dei paesi riformati e di quelli
ortodossi dopo la Riforma e Trento sono elementi molto significativi)». A. GRAMSCI,
Osservazioni sul “Folclore”, Quaderno 27 (XI), 1935, in ID., Quaderni del Carcere, a cura di V.
Gerratana, Einaudi, Torino 1975, vol. III, pp. 2312-2313.
46 E. DE MARTINO, La terra del rimorso…, p. 27.
47 Ibid.
48 Le categorie demartiniane (presenza, rischio di perdita della presenza, disagio psicologico)
costituiscono punto di riferimento per la comprensione della dimensione magico-religiosa delle
popolazioni. Note e riflessioni sul folklore e sulla religione dei ceti popolari si trovano nelle
seguenti opere di L. M. LOMBARDI SATRIANI: Il folklore come cultura di contestazione,
Peloritana, Messina 1966; Santi, streghe e diavoli. Il patrimonio delle tradizioni popolari nella
società meridionale e in Sardegna, Sansoni, Firenze 1971; Folklore e profitto. Tecniche di
distruzione di una cultura, Guaraldi, Firenze 1973; Menzogna e verità nella cultura contadina
del Sud, Guida, Napoli 1974; Antropologia culturale e analisi della cultura subalterna, Rizzoli,
Milano 1980 (I ed. Peloritana, Messina 1968); Il silenzio, la memoria e lo sguardo, Sellerio,
Palermo 1980; (in collaborazione con M. MELIGRANA) Il ponte di San Giacomo. L’ideologia
della morte nella società contadina del Sud, Rizzoli, Milano 1982; Un villaggio nella memoria,
Casa del Libro, Roma-Reggio Calabria 1983.
49 L. M. LOMBARDI SATRIANI, M. MELIGRANA, Il ponte di San Giacomo…, passim.
50 Di Meligrana sono importanti le riflessioni su religione e diritto nella cultura popolare
meridionale, che forniscono spunti per ripensare le conflittualità che caratterizzano le
confraternite calabresi, e quella sul Cristo nella cultura folklorica calabrese. Cfr. M.
MELIGRANA, Tratti di un vangelo popolare; Religione e diritto nella cultura popolare
meridionale; La presenza di Cristo nella cultura degli oppressi; Quando Cristo andava per il
mondo, in L. M. LOMBARDI SATRIANI, M. MELIGRANA, Un villaggio nella memoria…,
pp. 247-305. Di F. FAETA, si vedano, in particolare: Territorio, angoscia, rito nel mondo
popolare calabrese. Le processioni di Caulonia, «Storia della città», n. 8, Electa, Roma 1978,
pp. 4-32; Il cammino degli antenati: rituali popolari di rifondazione territoriale, in Id. (a cura
di), Calabria. L’architettura popolare in Italia, Laterza, Bari 1984, pp. 207-230. Spunti e note
sui contrasti tra le confraternite nella società tradizionale, sulla parodia carnevalesca dei riti
funebri confraternali, sulla doppiezza territoriale e religiosa presente nei paesi calabresi mi sia
consentito ricordare: V. TETI, Comunicazione sul teatro popolare, in M. BOGGIO e A.
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NOTE PER UN’ANTROPOLOGIA DELLE CONFRATERNITE CALABRESI IN ETÀ MODERNA E CONTEMPORANEA
Calogero (a cura di), Per un teatro nel Meridione, Edizioni Parallelo 38, Reggio Calabria 1977,
pp. 293-305; Id., in collaborazione con S. Piermarini, Le strade di casa. Visioni di un paese di
Calabria, Mazzotta, Milano 1982; ID., Strutture produttive e strutture abitative. San Nicola da
Crissa, in F. Faeta (a cura di), Calabria …, pp. 119-139; ID., Il paese e l’ombra, Periferia,
Cosenza 1989. Di alcuni riti delle confraternite mi sono occupato in alcuni documentari sul
folklore e le tradizioni religiose in Calabria realizzati per conto della Rai. Cfr. V. TETI, Le
sacre rappresentazioni; La morte e la vita: i riti della settimana santa; I Vattienti; La
processione dei misteri del ciclo “Spazio Folklore”, Realizzazione: Sede Regionale Rai della
Calabria (1979-1980); I giorni e la festa del ciclo “America dove. Viaggio tra i paesani di
Calabria e di Toronto (1983-84)”, Realizzazione Dipartimento Scuola Educazione-Rai. Alla
prospettiva storico-antropologica qui brevemente ricordata si rifà anche F. FERLAINO,
Vattienti. Osservazione e riplasmazione di una ritualità tradizionale, con una nota di V. Teti,
Qualecultura-Jaca Book, Vibo Valentia 1990.
51 Le ricerche di Annabella Rossi alimentano un nuovo interesse per la ricerca sul campo, la
religione popolare, le condizioni sociale e culturali delle popolazioni meridionali. Cfr. A.
ROSSI, Le feste dei poveri, Laterza, Bari 1969.
52 Cfr. A. M. DI NOLA, Gli aspetti magico-religiosi di una cultura subalterna italiana, Bollati
Boringhieri, Torino 1976.
53 Arnaldo Nesti nella presentazione della rivista da lui diretta, si interroga sul concetto di
“religione popolare”, in quel periodo al centro di un crescente interesse, di molte
interpretazioni e discussioni. Interessante la confutazione delle tesi di coloro che riducono la
religione popolare a forme di culture rurali, meridionali in particolare, a fenomeno non
liturgico ancorato alla quotidianità, senza alcun legame con l’istituzione ecclesiastica. A.
NESTI, Per una lettura della religione popolare, in «Idoc. Internazionale», maggio, 1976, pp. 24.
54 Al concetto di religione popolare in rapporto con la Chiesa è dedicato il volume F. Saija (a
cura di), Questione meridionale e religione delle classi subalterne, Guida, Napoli 1978, con
scritti di Luigi M. Lombardi Satriani, Alfonso M. Di Nola, Arnaldo Nesti, Domenico Pizzuti,
Alessandro Alimenti, Mariano Meligrana, Roberto Cipriani. Il volume raccoglie le relazioni
degli atti di un convegno organizzato dal movimento “Cristiani per il socialismo” e svoltosi a
Messina nel 1976. Per un’interessante assunzione critica, in ambito cattolico, del concetto di
«religione popolare» cfr. F. BOLGIANI, La religione popolare. Problematica storico-critica, in
L. Sartori (a cura di), Pellegrinaggio e religiosità popolare, Edizioni Messaggero Padova, 1983,
dove, oltre agli scritti di Franco Bolgiani e di Luigi Sartori, vengono pubblicati importanti
riflessioni sul pellegrinaggio e la religione popolare di Renato de Zan, Vincenzo Bo, Aldo N.
Terrin, Sandro Spinsanti, Lorenzo Dani, Silvano Sarti.
55 In questa prospettiva e anche per scrivere la storia religiosa e antropologica del
Mezzogiorno sarebbe utile rileggere criticamente i contributi di autori del passato come
Gabriele Barrio, Giovanni Fiore da Cropani, Vito Capialbi, D. Taccone Gallucci e tanti altri
che non è possibile nominare in questa sede. Per ripensare il ruolo delle confraternite calabresi
in età moderna, per capire come esse costituiscano uno degli assi portanti della struttura
ecclesiastica calabrese, vanno ricordati almeno i seguenti contributi: F. RUSSO, Storia della
Chiesa in Calabria, dalle origini al Concilio di Trento, voll. 2, Rubbettino, Soveria Mannelli,
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NOTE PER UN’ANTROPOLOGIA DELLE CONFRATERNITE CALABRESI IN ETÀ MODERNA E CONTEMPORANEA
1982; ID., Regesto Vaticano per la Calabria, Gesualdi Editore, Roma 1978. A. PLACANICA,
Il patrimonio ecclesiastico calabrese nell’età moderna, Frama Sud, Chiaravalle Centrale 1972;
ID., Chiesa e Società nel ’700 Meridionale, Edizioni Scientifiche Italiane, Roma 1977; ID.,
Alle origini dell’egemonia borghese in Calabria. La privatizzazione delle terre ecclesiastiche:
1784-1815, Sem, Salerno-Catanzaro 1979; ID., La Calabria nell’età moderna, vol. II, Ed.
Scientifiche Italiane, Napoli 1988; G. VALENTE, Storia della Calabria nell’età moderna, vol.
II, Frama Sud, Chiaravalle Centrale 1972; ID., La Calabria nella legislazione borbonica, Ed.
Effe-Emme, Chiaravalle Centrale 1977; P. BORZOMATI, Aspetti religiosi e storia del
movimento cattolico in Calabria, 1860-1919, Edizioni 5 lune, Roma 1970; ID., Chiesa e società
meridionale. Dalla Restaurazione al secondo dopoguerra, Studium, Roma 1982.
56 Cfr., in particolare, G. DE ROSA, Chiesa e Religione popolare nel Mezzogiorno, Laterza,
Roma-Bari 197I; ID., Vescovi, popolo e magia nel Sud. Ricerche di storia socio-religiosa dal
XVII al XIX secolo, Guida, Napoli 1971.
57 Cfr., tra l’altro, G. GALASSO, L’altra Europa … Bisogna, inoltre, ricordare la Storia del
Mezzogiorno (Edizioni del Sole, Napoli 1991), diretta da G. GALASSO e R. ROMEO, dove
compaiono diversi saggi sulla storia e la cultura religiosa delle regioni meridionali.
58 A. CESTARO, Il fenomeno confraternale nel Mezzogiorno …, p. 16.
59 V. PAGLIA (a cura di), Confraternite e meridione nell’età moderno … Il volume esce come
numero 37-38 della rivista «Ricerche di storia sociale e religiosa», nuova serie, che si era già
occupata di confraternite. Si veda il n. 17-18 (gennaio-dicembre 1980) dedicato a Le
confraternite in Italia tra Medioevo e Rinascimento, presentato da G. De Rosa. Vincenzo Paglia
nella sua introduzione ricorda come per le ricerche sulle confraternite presentate al convegno
un ruolo fondamentale aveva svolto il lavoro di M. AGULHON, Pénitents et Francs-Maçons de
l’ancienne Provence. Essai de sociabilité méridionale, Fayard, Paris 1984. Cfr. anche J.
REVEL, Ricerche sulla «sociabilità» e le organizzazioni sociali nell’eta moderna, in «Ricerche
di storia sociale e religiosa», n. 10, 1976.
60 M. MARIOTTI, Ricerca sulle confraternite laicali del Mezzogiorno in età moderna.
Rapporto dalla Calabria, in V. Paglia (a cura di), Confraternite e meridione nell’età moderno…,
pp. 141-183.
61 Maria Mariotti assume l’espressione religiosità-religione popolare in «senso fondamentale e
complessivo, al di qua e al di là dei significati limitativi, e talora esclusivi, in cui le varie
interpretazioni la intendono». M. MARIOTTI, Religiosità e pietà popolare nei documenti
episcopali collettivi calabresi (secoli XVI e XX) (1992), in ID., Istituzioni e vita della
Chiesa…, p. 438. La religiosità-religione popolare è «sentita» più che «ragionata», «vissuta»
più che «riflessa». Essa non è necessariamente in contrapposizione con l’«ufficialità», la
«istituzionalizzazione», la «prescrizione», elementi che «normalmente, il popolo accetta e forse
esige, nella sua partecipazione religiosa». Ibid., p. 437. La studiosa non condivide la
distinzione tra religione popolare e religione delle élite. Se la religiosità popolare coinvolge i
poveri, gli incolti, i «subalterni», non respinge i benestanti, i dotti, i «dominanti», spesso
affascinati, a prescindere dalle motivazioni, dalle suggestioni tendenzialmente «carnali»,
«sensitive», «mitiche», «magiche» della religiosità popolare. In quanto nessuno se ne sente
estraneo e può essere partecipe, essa è religione di massa. Non è pertanto accettabile la
riduzione della religiosità-religione popolare a superstizione, nonostante essa tenda a cadere in
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varie forme “superstiziose”, spesso per responsabilità degli stessi chierici e religiosi. La pietà
religiosa, secondo la studiosa, non assume, in ambito cristiano-cattolico, forme
«individualistiche»: l’elemento personale è compenetrato con le dimensioni della vita
associata, con le forme di aggregazione delle persone, oltre che con il contesto socio-ecclesiale.
Ibid., pp. 437-438. Anche Luigi Renzo sostiene che «non esiste una religione popolare in
contrasto con quella ufficiale, come non esiste una religione delle classi incolte contrapposta a
quella delle classi borghesi». L. RENZO, Religiosità e cultura popolare nel Rossanese,
Effesette, Cosenza, 1981, p. 12. La pietà popolare per Renzo che si richiama a Giuseppe De
Luca è un «abito interiore», ha una vitalità che anima tutte le manifestazioni della vita religiosa
anche le più esteriori. Cfr. anche ID., Storia e Folkore della Congrega di Campana, Frama Sud,
Chiaravalle Centrale 1978; ID., Campana. Itinerari di storia, Studio Zeta, Rossano 1997, dove
viene dato ampio spazio alle confraternite e ai luoghi pii. Maffeo Pretto propone di analizzare il
cattolicesimo popolare della Calabria all’interno di una determinata cultura e di particolari
vicende storiche e sociali che hanno conosciuto le classi popolari della regione. M. PRETTO,
La pietà popolare in Calabria, editoriale progetto 2000, Cosenza 1988, passim. Pretto collega
inoltre le forme della cultura e della religione popolare con le vicende storiche delle istituzioni
ecclesiastiche e sottolinea l’importanza degli studi storici sulle confraternite: «Un altro filone
storico che bisogna ripercorrere per comprendere la religiosità popolare, e non solo della
settimana santa, è la storia ed il mondo delle confraternite laicali sorte nel Medioevo, che si
sono sviluppate con una varietà di interessi e modi ... preghiere ereditate dalle devozioni
popolari» (Ibid., pp. 294-295).
62 Non è possibile prendere in considerazione le diverse, e talora contraddittorie, posizioni del
clero calabrese nei confronti della religione popolare. Mi limito a brevi considerazioni. A
partire dagli anni Settanta, gli uomini di Chiesa, in una situazione di profonda trasformazione e
di erosione delle culture tradizionali, si trovano di fronte a interrogativi che così possono essere
riassunti: come rapportarsi a manifestazioni religiose che spesso si traducono in comportamenti
considerati “arcaici” e “superati” dopo il Concilio Vaticano II che pone l’accento sulla
religione come “fatto interiore”. Come regolarsi con ritualità tradizionali, spesso organizzate e
gestite dalle confraternite, spesso contrastate dal clero locale e dalla gerarchia ecclesiastica?
Nel corso delle mie ricerche etnografiche condotte in Calabria negli anni settanta e ottanta, ho
avuto modo di riscontrare come nei confronti di numerosi riti, pellegrinaggi, feste, processioni
delle diverse località, esista una pluralità di atteggiamenti e di posizioni, che in maniera
schematica possono essere così riassunti: 1. Posizione di controllo, censura, negazione dei riti
tradizionali. La religione popolare e in particolare le processioni come fenomeni formali ed
esteriori sono al centro di numerose prese di posizioni ecclesiastiche fin da inizio Novecento.
Nel 1916 i vescovi calabresi in una lettera pastorale per la Quaresima così scrivono: «Come
chiamare ancora religiose o almeno serie certe processioni che si protraggono per intere
giornate, se non anche di più e nelle quali, come se il santo fosse un burattino lo si fa girare per
tutti i vicoli e viottoli del paese?». Lettera riportata in P. BORZOMATI, Aspetti religiosi…, p.
420. Posizioni vescovili di questo tenore sono frequenti anche in anni a noi vicini. In molti
centri dove si svolgono feste e pellegrinaggi con ritualità “particolari”, “spettacolari”, il clero
locale si pone problemi di controllo di comportamenti considerati poco “adeguati” ai nuovi
tempi. Il santuario della Madonna del Pettoruto nei pressi di S. Sostene, dove si svolge uno dei
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pellegrinaggi più importanti della regione, alla fine degli anni settanta viene chiuso nella notte
tra il 7 e l’8 settembre. In tale modo si vieta l’ingresso ai pellegrini provenienti da paesi vicini e
lontani e vengono impedite le precedenti forme di devozione popolare: la veglia con preghiere
e canti, accopagnati da zampogna e organetto. I fedeli, con cui ho parlato, manifestavano
disorientamento per una decisione che impedisce loro di comportarsi secondo la tradizione a
cui sono stati educati. Forme di controllo delle antiche forme di devozione ho riscontrato nello
stesso periodo anche a Polsi in Aspromonte, dove l’1 e il 2 settembre si conclude il famoso
pellegrinaggio in onore della Madonna della Montagna. Diversi cartelli, attaccati ai muri del
santuario, invitavano al silenzio e a comportamenti controllati. Sono ancora frequenti in molti
paesi contrasti di antica data tra confraternite religiose e clero locale. 2. Posizione di
accettazione e tolleranza dei riti tradizionali. In molte località il clero ha tollerato e accettato,
anche se non sempre con entusiasmo e convinzione le manifestazioni religiose tradizionali. In
molti casi i parroci tollerano forme di devozione tradizionale sulle quali si sono innestati
comportamenti tipici della cultura di massa. Ho incontrato parroci che con grande autenticità si
ponevano il problema di come valutare manifestazioni religiose “arcaiche”, esteriori,
“spettacolari”e ritualità di un nuovo folklore religioso. 3. Posizione di controllo, censura,
negazione di un nuovo folklore religioso. Molte posizioni sono caratterizzate da un
atteggiamento modernista che poco ha da invidiare alle posizioni di studiosi del periodo
positivista. Spesse volte la negazione riguarda però un “nuovo folklore” religioso che vede
come protagonisti gli emigrati che ritornano d’estate e i turisti e forestieri che di fatto hanno
modificato le antiche manifestazioni e i significati dei riti. In alcune località gli organizzatori
delle feste tradizionali o di recente istituzione sono a volte “potenti” che cercano un
riconoscimento e affermano anche a livello della sfera religiosa il loro “prestigio” nella
comunità. Tutto questo provoca imbarazzo tra i parroci, che anche quando non prendono
apertamente le distanze da presenze non gradite, lamentano la fine dell’antica fede. Per evitare
forme di ostentazione da parte di potenti locali, alcuni vescovi hanno di recente proibito le
offerte di soldi durante la processione e abolito l’uso di attaccare le banconote agli stendardi. 4.
Adesione alle forme di invenzione delle tradizioni e di costruzione di un nuovo folklore
religioso. In diverse comunità è il clero a favorire, riscoprire, riproporre la ripresa di antiche
forme devozionali, prima ostacolate dalle gerarchie ecclesiastiche o in via di disgregazione. In
molte località i parroci sono protagonisti dell’invenzione di un nuovo folklore religioso. Si
pensi ai tanti presepi viventi, alle molte sacre rappresentazioni, a processioni e riti destinati agli
emigrati. Si pensi alle numerose processioni a mare sorte negli ultimi decenni in numerosi
centri costieri per iniziativa di parroci, fedeli, associazioni religiose o culturali. Si tratta di riti
che affermano l’esigenza di sacralizzare luoghi prima disabitati e adesso diventati meta di
turismo estivo. Siamo in presenza, come si può vedere, di atteggiamenti variegati, spesso
contradditori, mutevoli dipendenti dalla formazione, dalla concezione, dalla sensibilità dei
parroci, dalla gerarchia ecclesiastica, dai modi di percepire delle comunità il rapporto con la
tradizione e con il passato, il senso di appartenenza, l’identità basata su tradizioni che si
vogliono ora custodire e ora modificare, ora riprendere e ora inventare..
63 E. MISEFARI, Storia sociale della Calabria: popolo, classi dominanti, forme di resistenza
dagli inizi dell’età moderna al XIX secolo, Jaca Book, Milano 1976. Misefari individua già nel
mondo antico la presenza di istituti di aggregazione e di socialità.
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64 Si può dire che non c’è monografia di storia locale o studio di comunità in cui non venga
dato ampio spazio ad aspetti di vita religiosa, a notizie sulle confraternite locali, a testi della
tradizione orale (canti, preghiere, ecc.) che caratterizzano la devozione e la ritualità religiosa
dei ceti popolari. Se il diffuso interesse degli studiosi per le culture popolari tradizionali ha
sollecitato una teoria di ricercatori locali ad occuparsi della cultura folklorica del passato, la
crescente attenzione storico-antropologica e storico-religiosa per le confraternite ha alimentato
negli studiosi locali un diffuso interesse per le vicende religiose e confraternali delle proprie
comunità.
65 Antonio Cestaro ricorda come, nelle società dell’“antico regime” del Sud, afflitte
periodicamente da ondate di miseria e di pauperismo, oltre che un fatto emientemente
devozionale e di culto, «la confraternita finiva con l’assumere ruoli molteplici e, in definitiva si
potrebbe dire che era tutto: l’ente di assistenza, il club, il circolo culturale, la banca, il centro di
formazione religiosa e di distinzione sociale dalla massa amorfa del popolo, nel cui ambito si
facevano le prime esperienze di autogoverno, in base a precise norme statutarie che regolavano
le assemblee e le elezioni interne». Cfr. A. CESTARO, Il fenomeno confraternale nel
Mezzogiorno…, p. 19. L’espressione “istituzione sociale totale” viene fatta con chiaro
riferimento alla nozione di “fatto sociale totale” di M. MAUSS, Teoria generale della magia e
altri saggi, Einaudi, Torino 1966.
66 È stato sottolineato l’elevato numero di persone che aderisce alle confraternite del
Mezzogiorno. Talvolta i fratelli iscritti a un sodalizio sono migliaia, molte volte, nelle piccole
comunità, l’intera popolazione. Cfr. V. PAGLIA, Introduzione a Confraternite e Meridione…,
p. 11.
67 La bibliografia sulle confraternite del periodo pretridentino in Italia e nel Mezzogiorno
d’Italia è cospicua e non può essere ricordata in questa sede.
68 A. CESTARO, Il fenomeno confraternale nel Mezzogiorno…, p. 19. Gli statuti più antichi,
che risalgono al periodo pretridentino, sono scritti parte in latino parte in volgare per poter
essere accessibili a tutte le classi sociali. Gli statuti delle confraternite sorte in epoca moderna
presentano tra loro significative somiglianze. Le regole e le prescrizioni, che andavano
sottoposti al vaglio delle autorità religiose centrali e vescovili, erano quasi sempre simili. Non
sono molti, allo stato attuale delle conoscenze, statuti “originali” e molto elaborati, se si fa
eccezione per alcuni rilevati nella diocesi di Mileto e nella zona di Serra, che merirerebbero,
vista la loro importanza storico-religiosa e antropologica, un’attenzione particolare. Cfr. M.
MARIOTTI, Ricerca sulle confraternite laicali…, pp. 153-154; F. VOLPE, Statuti di
confraternite e vita socio-religiosa nel Settecento, in V. Paglia (a cura di), Confraternite e
Meridione…, pp. 75-105; I. ASSISI, Storia religiosa della Calabria. Le confraternite laicali
nella diocesi di Mileto, Pellegrini editore, Cosenza 1992.
69 A fine Ottocento-inizio Novecento sono proprio gli emigrati che ritornano nei loro paesi a
porre, tra l’ironia e l’indifferenza dei ceti dominanti, l’esigenza dell’alfabetizzazione dei propri
figli. L’educazione scolastica è vista come un mezzo di riscatto ed elevazione sociale da parte
dei contadini analfabeti che per “scriversi” dovevano ricorrere ai notabili. Cfr. V. TETI, Note
sui comportamenti delle donne sole degli “americani” durante la prima emigrazione in
Calabria, «Studi Emigrazione», Centro Studi Emigrazione - Roma, n. 85, marzo 1987, pp. 1346; ID., Il folklorista e il cuculo ..., passim. Sul rapporto oralità-scrittura nel mondo antico e
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NOTE PER UN’ANTROPOLOGIA DELLE CONFRATERNITE CALABRESI IN ETÀ MODERNA E CONTEMPORANEA
nelle società tradizionali europee ed africane esiste una significativa bibliografia che non può
essere ricordata in questa sede. È opportuno, tuttavia, segnalare che etnologi e antropologi
hanno mostrato come in molte società tradizionali (particolarmente in quelle africane) la
scrittura abbia avuto un ruolo determinante nel processo di formazione di un’identità in ambito
religioso. In particolare il “libro sacro”, il “testo scritto”, è qualcosa che “fissa l’identità e che
può provocare sopraffazione e annullamento dell’”alterità”. Tra i tanti lavori cfr. (con
riferimento alle società tradizionali africane) J. GOODY, The Logic of Writing and the
Organizazion of Society, Cambridge University Press, Cambridge 1986, trad. it. La logica della
scrittura e l’organizzazione della società, Einaudi, Torino 1988.
70 Cfr. Statuti e Riti della Congregazione del SS. Crocefisso eretta nella Chiesa Madre di S.
Nicola, testo manoscritto, di cui esiste copia dattoloscritta di 292 pagine ad opera di Tommaso
Mannacio. Si tratta certamente di uno degli statuti più originali e articolati risalente all’epoca
moderna e relativo a una confraternita calabrese. Sugli Statuti e sulla storia della confraternita
del SS. Crocefisso di S. Nicola da Crissa si veda T. MANNACIO, La confraternita del
Crocifisso. Vita e cultura di un sodalizio calabrese. (San Nicola da Crissa, dal 1669 ai nostri
giorni), postfazione di V. Teti, Mapograf, Vibo Valentia 1993. Si veda ora di D. TETI, Gli
Statuti della Confraternita del Crocefisso di San Nicola da Crissa (1669), Dissertatio ad
licentiam in iure canonico assequendam, presentata presso la Pontificia Universitas
Lateranensis (Relatore Prof. Sebastiano Paciolla), Roma, aa. 2000-2001.
71 Statuti e Riti..., p. 48.
72 Ibid., p. 49.
73 Ibid., p. 51.
74 Un altro esempio di “traduzione” popolare di un testo della liturgia in latino ci arriva ancora
da S. Nicola da Crissa. “Unus militum necavit Jesus Christum”: così nella liturgia della
Settimana Santa. “Unu de Militu ammazzau Gesu Cristu”: così recitavano e traducevano, con
ironia e scherzosità, i fedeli che partecipavano alle funzioni religiose. Il riferimento a
quell’“uno di Mileto” (il vescovo, un’autorità ecclesiastica?) responsabile dell’uccisione di
Cristo potrebbe essere interpretato come una sorta di opposizione alle autorità ecclesistiche.
Non è un’ipotesi azzardata, se è vero che spesso le confraternite, anche con la solidarietà del
loro parroco padre spirituale, entravano in conflitto con le Curie e i Vescovi.
75 Cfr. G. Plastino (a cura di), Officium Sancti Andeae Apostoli, Silipo & Lucia, Catanzaro,
1993, con musicassetta allegata, dove si trovano numerose indicazioni sulle fonti storiche sul
canto liturgico di tradizione orale in Calabria. Nell’ambito delle iniziative culturali e
scientifiche di preparazione a questo convegno Goffredo Plastino e l’autore di queste note
hanno effettuato registrazioni dei canti liturgici in latino eseguiti da appartenenti alla
Confraternita del SS. Crocefisso di S. Nicola da Crissa. Tali registrazioni, promosse dal
Sistema Bibliotecario Territoriale Vibonese per conto dell’Amministrazione Comunale di San
Nicola da Crissa, sono depositate presso il suddetto Sistema, in attesa dell’edizione di un CD,
previsto come allegato ai presenti Atti. Va ricordato anche che Scholae cantorum sono operanti
a Badolato, S. Andrea e a Spadola.
76 Il ruolo svolto dalle confraternite nella committenza artistica per abbellire e rendere
importanti le chiese è stato sottolineato da P. F. RUSSO, Storia della Chiesa in Calabria …, p.
668. Questo ruolo è stato sempre più precisato nelle singole realtà da diversi studiosi. Per la
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NOTE PER UN’ANTROPOLOGIA DELLE CONFRATERNITE CALABRESI IN ETÀ MODERNA E CONTEMPORANEA
diocesi di Bisignano cfr. R. D’ALESSANDRO, Chiese, conventi, confraternite, eremiti, spedali
e funzioni sacre a Bisignano dal medioevo al XVIII secolo, Frama Sud, Chiaravalle Centrale
1983; ID., Chiesa e società in Calabria. Una Visita Apostolica alla Diocesi di Bisignano
MDCXXX, Quaderni del Centro Studi e Documentazione Meridionale “Bonaventura Sculco”,
s. d., pp. 59-65. Antonio Tripodi ha documentato l’impegno delle confraternite del Vibonese
nella committenza di quadri e statue per abbellire le chiese e gli altari confraternali. Numerose
anche le confraternite impegnate a dotarsi di organi a canne. Cfr. A. TRIPODI, Le confraternite
del Vibonese nell’800, in L’associazionismo cattolico tra XIX e XX secolo, «Mnemosyne»,
Sistema Bibliotecario Territoriale Vibonese, 1, 1999, pp. 11-27.
77 Per la presenza delle donne nelle confraternite pugliese in epoca moderna e contemporanea
cfr. L. BERTOLDI LENOCI, Sociabilità religiosa pugliese, in V. Paglia (a cura di),
Confraternite e Meridione…, pp. 213-237, in particolare, pp. 230-231.
78 Si veda lo statuto della confraternita di Santa Maria della Pietà in Maierato, eretta nel 1684.
Cfr. A. CUGLIARI, La confraternita di Santa Maria della Pietà in Maierato (Catanzaro),
Barbaro Editore, Oppido Mamertina 1984, p. 49.
79 A. COSENZA, Antropologia e folklore della festa a Luzzi, tesi di laurea, Facoltà di Lettere
e Filosofia, Università degli Studi della Calabria, 1993-94, pp. 73-74.
80 Per il rapporto di tipo utilitaristico con la morte affermato dalla realtà confraternale pugliese
si rinvia a L. BERTOLDI LENOCI, Sociabilità religiosa pugliese…, pp. 223-225.
81 Sulla paura della morte nella società tradizionale esiste una vasta letteratura che non può
essere ricordata in questa sede. Mi limito a segnalare: E. DE MARTINO, Morte e pianto
rituale…; L. M. LOMBARDI SATRIANI - M. MELIGRANA, Il ponte di San Giacomo…; R.
HERTZ, Sulla rappresentazione collettiva della morte, Savelli, Roma 1978; J. DELUMEAU,
Rassicurare e proteggere, Rizzoli, Milano 1992. Mi permetto di rinviare alle considerazioni
svolte in V. TETI, La melanconia del vampiro, Manifestolibri, Roma 1994. Anche la
bibliografia sugli interventi ecclesiastici nel Mezzogiorno d’Italia per affermare una diversa
concezione della morte è vasta e articolata sia in ambito storico che in ambito religioso. Mi
limito a segnalare C. GINZBURG, Folklore, magia, religione, in Storia d’Italia. I caratteri
generali, 1, Einaudi, Torino 1975, pp. 603-728; A. PROSPERI, Penitenza e Riforma, in Storia
d’Europa, vol. IV, L’età moderna. Secoli XVI-XVIII (a cura di M. AYMARD), Einaudi,
Torino 1995, in particolare pp. 187-195 e 203-210; ID., Tribunali della coscienza …; L. M.
LOMBARDI SATRIANI, M. MELIGRANA, Il ponte di San Giacomo…; T. CERAVOLO, Gli
spirdati. Possessione e purificazione nel culto calabrese di San Bruno di Colonia, Monteleone,
Vibo Valentia 1999.
82 L. PRATO, Gente e cose di Calabria. I-Usanze funebri, Romeo Prampolini Editore, Catania
1939, pp. 12-14.
83 Tonino Ceravolo ha ricostruito l’azione esercitata da parte dell’arciconfraternita
dell’Addololorata di Serra S. Bruno con l’istituzione del Monte dei morti (1 maggio 1853),
ricordando come l’intervento delle confraternite nel campo della morte non vada
riduttivamente esaminato in relazione alle numerose finalità pratiche, ma debba essere
considerato all’interno dei complessi rituali predisposti da esse per «fronteggiare il momento
del trapasso e la gestione del morto nell’aldilà». T. CERAVOLO, L’associazionismo religioso
calabrese tra XIX e XX secolo. Un caso: l’Arciconfraternita dell’Addolorata di Serra S. Bruno,
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NOTE PER UN’ANTROPOLOGIA DELLE CONFRATERNITE CALABRESI IN ETÀ MODERNA E CONTEMPORANEA
in L’associazionismo cattolico tra XIX e XX secolo…, pp. 29-59.
84 Cfr. S. DRAMISINO, Arciconfraternita di S. Maria della Misericordia. Aspetti storicoantropologici di una congrega di nobili a Cosenza (XVI-XX sec.), tesi di laurea, Facoltà di
Lettere e Filosofia, Università degli Studi della Calabria, a. a. 1992-1993. Si veda anche la
relazione presentata da Sonia Dramisino in questo convegno (vedi sopra vol. II)
85 M. LOMBARDI SATRIANI - M. MELIGRANA, Il ponte di San Giacomo…, pp. 118-119.
86 Ibid., p. 120
87 Ibid., passim.
88 Ibid., pp. 50-51.
89 Il rito, con varianti a volte notevoli, si svolge, in provincia di Vibo Valentia, a Vibo città e
Vibo Marina, Filadelfia, Briatico, S. Gregorio d’Ippona, Rombiolo, S. Onofrio, Maierato,
Arena (lunedì dopo Pasqua), Dasà (martedì dopo Pasqua), Soriano Calabro, Polistena. Col
nome di cunfrunta lo troviamo, in provincia di Catanzaro, a Chiaravalle Centrale, Maida,
Borgia, S. Vito sullo Jonio, Stalettì, Satriano, S. Andrea Apostolo sullo Jonio, Badolato e in
alcuni centri della Piana (Cinquefrondi) e del versante tirrenico (Bagnara) e di quello jonico
reggino (Gioiosa Jonica, Caulonia, Grotteria, Roccella Jonica e Siderno Marina, dove viene
chiamato svelata). In alcune località la cumprunta viene realizzata con statue di altre figure del
Vangelo: è il caso di Filadelfia dove vi è la presenza della Maddalena. Con rilevanti varianti,
l’“incontro” viene rappresentato in Sicilia, nelle isole Eolie, a Malta, in diverse zone della
Spagna a conferma del comune sostrato arcaico e di analoghe vicende storico-religiose di
diverse aree del Meridione e del Mediterraneo.
90 G. FIORE, Della Calabria illustrata, Frama Sud, Chiaravalle Centrale 1974, vol. II, p. 453
(rist. an. dell’edizione di Napoli 1691).
91 A. DE STEFANO, Le confraternite religiose: storia e antropologia. S. Andrea dello Jonio,
tesi di laurea, Facoltà di Lettere e Filosofia, Università degli Studi della Calabria, a. a. 19941995, pp. 185-193.
92 Cfr. L. M. LOMBARDI SATRIANI, Il silenzio, la memoria e lo sguardo, Sellerio, Palermo
1980, pp. 77-78.
93 Le ricerche condotte in Calabria mostrano come l’articolazione dei mestieri nei sodalizi
artigiani sia abbastanza varia: vasai, bottai, cordari, seggiari, mbastari, cofinari, muratori, sarti,
calzolai, fabbroferrai, falegnami manovali, cocchieri, artiglieri. Cfr. M. MARIOTTI,
Confraternite laicali nel Mezzogiorno…, pp. 161-163.
94 Ibid., p. 162.
95 S. DRAMISINO, Arciconfraternita di S. Maria della Misericordia…, pp. 99-106.
96 A. CESTARO, Il fenomeno confraternale nel Mezzogiorno…, p. 41.
97 Ibid.
98 M. MARIOTTI, Confraternite laicali nel Mezzogiorno…, p. 168.
99 A. PLACANICA, Moneta prestiti usure nel Mezzogiorno moderno, Società Editrice
Napoletana, Napoli 1982, p. 197, cit. da V. F. LUZZI, I capitoli di Monte di Pietà di Napoli del
1548 e le carte di fondazione dei Monti di pietà di Tropea e Mileto del 1585-1622 e 1622-1642,
«Rivista storica calabrese» n. s., 1983, p. 368.
100 L. BERTOLDI LENOCI, Sociabilità religiosa pugliese …, pp. 229-230.
101 Cfr. V. PAGLIA, Introduzione a ID. (a cura di), Confraternite e Meridione…, p. 11. Paglia
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NOTE PER UN’ANTROPOLOGIA DELLE CONFRATERNITE CALABRESI IN ETÀ MODERNA E CONTEMPORANEA
ricorda gli studi sulla socialità di M. AGULHON, in particolare Pénitents et Francs-Maçons ...
102 M. ELIADE, Il sacro e il profano, Boringhieri, Torino 1973.
103 M. MAUSS, Teoria generale della magia e altri saggi...
104 Sulla nozione di “luogo antropologico” e di “nonluogo” cfr. M. AUGÈ, Non luoghi.
Introduzione a un’antropologia della surmodernità, Elèuthera, Milano 1993.
105 Cfr., in particolare, E. DE MARTINO, La fine del mondo. Contributo all’analisi delle
apocalissi culturali, a cura di C. Gallini, Einaudi, Torino 1977, ID., Il mondo magico (1948),
intr. di C. Cases, Boringhieri, Torino 1981.
106 M. ELIADE, Il mito dell’eterno ritorno (Archetipi e ripetizione) (1949), Borla, Roma
1968, p. 87.
107 Per le considerazioni svolte in questo paragrafo mi sia consentito rinviare a V. TETI, Il
paese e l’ombra…; Id., Viaggi religiosi, sentimento dei luoghi, identità. La festa di Maria SS.
di Porto Salvo a Melito e a Pentedattilo, in L. M. Lombardi Satriani (a cura di), Madonne,
pellegrini e santi. Itinerari antropopogico-religiosi nella Calabria di fine millennio, Meltemi,
Roma 2000, pp. 135-159; Id, Reliquie, sentimento religioso dei luoghi e identità, in T.
Ceravolo e V. Teti (a cura di), Reliquie e culto dei santi nella Certosa di Serra S. Bruno, Centro
di Antropologie e Letterature del Mediterraneo, Unical - Museo della Certosa, 2000, pp. 19-37.
108 F. FAETA, Territorio, angoscia, rito…, p. 25.
109 Statuti e riti…, passim.
110 M. MARIOTTI, Canfraternite laicali del Mezzogiorno…, p. 165.
111 Su questi aspetti rinviamo a V. TETI, Il pane, la beffa e la festa. Alimentazione e ideologia
dell’alimentazione nelle classi subalterne, Guaraldi, Rimini-Firenze 1976 (n. ed. aggiornata
1978); Id., Feste e cibi rituali in Calabria, in «Idoc»…, pp. 65-73; Id., Beni alimentari:
conservazione e innovazione nella comunità calabro-canadese a Toronto, in Beni culturali in
Calabria, Atti del VII Congresso storico calabrese (Vibo Valentia-Mileto 11-14 marzo 1982), a
cura di E. ZINZI, Gangemi, Roma-Reggio Calabria 1985, vol. II, pp. 627-649; Id., Il colore del
cibo, Meltemi, Roma 1999. Sulla necessità della duplice valenza “materiale” e “simbolica”
delle tradizioni alimentari festive cfr. M. MARIOTTI, Confraternite laicali del Mezzogiorno…,
p. 165.
112 S. DRAMISINO, Arcicofraternita di S. Maria della Misericordia…, pp. 88-97.
113 Si veda, su questi aspetti, la relazione presentata a questo convegno da Franco Ferlaino
(cfr., supra, vol. II, pp.). Sulla storia, gli statuti, la cultura delle diverse confraternite presenti ad
Amantea cfr. A. FACCHINIERI, Le confraternite religiose ad Amantea, tesi di laurea, Facoltà
di Lettere e Filosofia, Università degli Studi della Calabria, a. a. 1996-97, p. 35.
114 Si veda la relezione presentata a questo convegno da Luigi Bilotto (cfr. vol. II).
115 S. GUARNIERI, L’arciconfraternita del SS. Rosario di Borgia. Storia e tradizione, con la
collaborazione di A. Procopio, Vincenzo Ursini Editore, Catanzaro 1996, p. 33.
116 Ibid., p. 37.
117 Ibid., p. 43.
118 Sulla confraternita della B. V. M. di Monte Carmelo di Curinga si veda la relazione a
questo convegno di Sebastiano Augruso (cfr. vol. II).
119 A. TRIPODI, Le confraternite del Vibonese nell’800, in L’associozianismo cattolico…,
pp. 14-15.
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NOTE PER UN’ANTROPOLOGIA DELLE CONFRATERNITE CALABRESI IN ETÀ MODERNA E CONTEMPORANEA
120 F. FAETA, Territorio, angoscia, rito…, pp. 19-20.
121 Si veda T. MANNACIO, La confraternita del Crocifisso.… Sulla Confraternita della
Madonna SS. del Rosario cfr. D. CARNOVALE, La confraternita del SS. Rosario in San
Nicola da Crissa, Catanzaro 1989.
122 La festa della confraternita del Crocefisso aveva luogo la quarta domenica di settembre,
quella della confraternita del Rosario la seconda domenica di ottobre: entrambe, a conclusione
di importanti lavori agricoli, occasione per scambi e commerci nel corso delle fiere che le
precedevano. Oggi le date sono state sposate (alla quarta domenica d’agosto e all’ultima
domenica di luglio) per consentire la partecipazione degli emigrati, che appaiono i veri
protagonisti della festa.
123 Sull’arciconfraternita dell’Addololorata cfr. T. CERAVOLO, L’associazionismo religioso
calabrese tra XIX e XX secolo... Ceravolo ricorda, tra l’altro, la lite tra le congreghe
dell’Addolorata e dell’Assunta di Spinetto, durante la Pentecoste del 1899, «esplosa per la
questione di chi fra esse ad un certo punto del percorso dovesse portare il busto reliquiario di S.
Bruno in processione» (Ibid., pp. 54-55).
124 In passato operavano anche la confraternita di S. Sebastiano e la confraternita di S.
Caterina.
125 Cfr A. DE STEFANO, Le confraternite religiose: storia e antropologia… Sull’Officium
delle diverse confraternite di S. Andrea cfr. G. Plastino (a cura di), Officium Sancti Andeae
Apostoli …
126 Sul rito della Settimana Santa e della cumprunta a Badolato è in corso di realizzazione un
documentario, a cura di chi vi scrive e di Eugenio Lijoi.
127 Scrive, a tal proposito, Eliade: «Lotte, conflitti, guerre hanno per la maggior parte una
causa e una funzione rituale. È un’opposizione stimolante tra le due metà del clan, o una lotta
tra i rappresentanti di due divinità (per esempio, in Egitto, il combattimento tra due gruppi
rappresentanti Osiride e Seth); ma essa commemorerà sempre un episodio del dramma cosmico
e divino. Non si può spegare in nessun caso la guerra o il duello con motivi razionalistici.
Hocart ha giustamente messo in rilievo la funzione rituale delle ostilità. Ogni volta che il
conflitto si ripete, vi è un’imitazione di un modello archetipico. Nella tradizione nordica, il
primo duello è avvenuto quando Thorr, provocato dal gigante Hrungnir, lo affrontò alla
“frontiera” e lo vinse in singolar tenzone. Si ritrova questo motivo nella mitologia indoeuropea,
e Georges Dumézil a ragione lo considera come una versione tardiva, ma tuttavia autentica,
dello scenario molto antico di una iniziazione militare. Il giovane guerriero doveva ripetere il
combattimento di Thorr e di Hrungnir; infatti, l’iniziazione militare consiste in un atto di
bravura il cui prototipo mitico è l’uccisione di un mostro tricefalo. I frenetici berserkir,
guerrieri feroci, realizzavano precisamente lo stato di furia sacra (wut, menos, furor) del
modello primordiale». Cfr. M. ELIADE, Il mito dell’eterno ritorno…, pp. 48-49. Ugo Bianchi
per “dualismo religioso” intende «ogni concezione di due principii o cause che -coeterni o
meno- fondano o, rispettivamente, motivano l’esistenza (o l’apparenza di esistenza) di ciò che
esiste (o appare esistere) nel mondo, - di maniera che gli esseri, gli elementi, le sostanze (o
anche le illusioni) che dai due principi o cause rispettivamente derivano si trovano per ciò
stesso non solo graduati ma anche, in maniera e in misura diverse, opposti sul piano del
valore». Cfr. U. BIANCHI, Il dualismo religioso. Saggio storico ed etnologico, II ed. riveduta,
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NOTE PER UN’ANTROPOLOGIA DELLE CONFRATERNITE CALABRESI IN ETÀ MODERNA E CONTEMPORANEA
Edizioni dell’ateneo, Roma 1983, p. 4.
128 Sul contrasto Carnevale-Quaresima come ripetizione di un conflitto archetipo tra Bene e
Male cfr., tra gli altri, P. TOSCHI, Le origini del teatro italiano (1955), Boringhieri, Torino
1976.
129 R. GIRARD, La violenza e il sacro, Adelphi, Milano 1990, p. 35. Scrive Girard: «Arriva
sempre il momento, a quanto sembra, in cui non ci si può più opporre alla violenza se non
mediante un’altra violenza; e allora importa poco il successo o il fallimento, è sempre lei quella
che vince. La violenza ha straordinari effetti mimetici, a volte diretti e positivi, a volte indiretti
e negativi. Più gli uomini si sforzano di dominarla e più le danno alimento; essa trasforma in
mezzi d’azione gli ostacoli che uno crede di opporle, simile in ciò ad una fiamma che divora
tuuto quello che, con l’intenzione di spegnerla, le si può gettar sopra. [...] Il sacro è tutto quel
che domina l’uomo con tanto maggior sicurezza quanto più l’uomo si crede capace di
dominarlo. Quindi, tra l’altro, ma secondariamente, il sacro sono le tempeste, gli incendi di
foreste, le epidemie che decimano una popolazione. Ma è anche e soprattutto, pur se in maniera
più velata, la violenza degli uomini stessi, la violenza posta come esterna all’uomo e confusa
oramai con tutte le altre forze che gravano sull’uomo dal di fuori. È la violenza che costituisce
il vero cuore e l’anima segreta del sacro» (Ibid., pp. 49-50).
130 F. GENTILONI, La violenza nella religione, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1991, p. 43.
131 Gli Statuti e riti della confraternita del Crocefisso di San Nicola da Crissa, al capitolo IX
dal titolo Dell’officio de i Decurioni, recitano: «Decurione è nome latino inventato dagli antichi
per significare un’officiale da Guerra che havesse sotto il suo Commando la terza parte di una
truppa di cavalli che importava secondo Varrone il numero di dieci soldati, quali dal decurione
erano nella dottrina militare esercitati et ammaestrati. Nel medesimo modo, benché non
secondo questo numero, sono nella Congregazione penitente quattro Decurioni, l’officio de’
quali è il tener pensiero particolare delle azzioni de i fratelli, ammestrandoli ne’ Riti e Statuti
della Congregazione, e procurar che l’eseguiscano minutamente e con devozione e facendo il
contrario deve procurare che dal P. Spirituale e dal Prefetto siano corretti e castigati». Cfr.
Statuti e Riti…, p. 84.
132 La bibliografia su questi problemi è alquanto vasta e diversificata, mi limito a segnalare le
considerazioni svolte da C. GINZBURG, Storia notturna. Una decifrazione del sabba, Einaudi,
Torino 1989. Con riferimento alla ricostruzione del culto di S. Bruno di Colonia in Calabria cfr.
T. CERAVOLO, Gli spirdati. Possessione e purificazione …
133 A. DE CUSTINE, Lettere dalla Calabria (1830), intr.e trad. di C. Carlino, Editur Calabria,
Diamante 1983, p. 17 e p. 36.
134 Esiste sulla frammentarietà e le separatezze geografiche della Calabria una vasta
bibliografia, della quale mi limito a segnalare: G. ISNARDI, Frontiere calabresi, Edizioni
Scientifiche Italiane, Napoli 1965; L. GAMBI, Calabria, vol. 16°, coll. «Le regioni d’Italia»,
Utet, Torino 1965; F. PAOLO d’ORSI VILLANI, B. ROSSI-DORIA, L’ambiente territoriale
della Calabria: alcuni caratteri, in F. FAETA (a cura di), Calabria..., pp. 31-69.
135 Sulla crisi e la decadenza delle confraternite calabresi cfr. M. MARIOTTI, Confraternite
laicali nel Mezzogiorno…, pp. 174-179.
136 Cfr. M. VOVELLE, La morte e l’Occidente dal 1330 ai nostri giorni, Laterza, Roma-Bari
1993, pp. 500-502. T. CERAVOLO (L’associazionismo religioso…, pp. 48-54) ricorda come
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l’arciconfraternita dell’Addolorata di Serra S. Bruno, fondata nel 1694, istituisce un Monte dei
morti nel 1853.
137 A. TRIPODI, Le confraternite del Vibonese…, pp. 22-23.
138 S. GUERRIERI, L’arcicofraternita del SS. Rosario di Borgia…, p. 45.
139 Su questi aspetti mi sono soffermato in molti scritti di antropologia del viaggio e
dell’emigrazione. Cfr., in particolare V. TETI, Il paese e l’ombra …, passim.
140 T. MANNACIO (a cura di), Atti del convegno delle confraternite calabresi (San Nicola da
Crissa, 20. 5. 1979), (testo ciclostilato).
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LE DIOCESI CALABRESI NEI SECOLI XIII-XX
LE DIOCESI CALABRESI NEI SECOLI XIII-XX
Le diocesi della Calabria nei secoli XII - XIV
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LE DIOCESI CALABRESI NEI SECOLI XIII-XX
Le diocesi della Calabria nel 1818
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LE DIOCESI CALABRESI NEI SECOLI XIII-XX
Le diocesi della Calabria nel 1919
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LE DIOCESI CALABRESI NEI SECOLI XIII-XX
Le diocesi della Calabria nel 1986
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LE CONFRATERNITE DELLE DIOCESI DI REGGIO E DI BOVA TRA XVI E XX SECOLO
LE CONFRATERNITE DELLE DIOCESI DI REGGIO E DI BOVA TRA XVI E XX
SECOLO
Francesco Arillotta
Una prima breve premessa.
L’incarico che la Deputazione di Storia Patria e gli organizzatori del Convegno - che
ringrazio di cuore - mi avevano gentilmente affidato, era quello di rilevare dati
riguardanti le confraternite religiose esistenti nelle Diocesi di Reggio e Bova fra il
XVII e il XIX secolo.
La maggior mole delle notizie che sono riuscito a raccogliere per Reggio è proveniente
dalle relazioni dell’arcivescovo reggino Annibale D’Afflitto attraverso le ricerche di
don Antonino Denisi, del padre Francesco Russo e di Sebastiano Schiavone. Per Bova
molti dati ho tratto da un prezioso fondo consultato presso l’Archivio di Stato di
Reggio Calabria. L’aver trovato che ancora nel nostro secolo si sono avute fondazioni
di confraternite, mi ha sollecitato ad estendere il campo di ricerca dal ’500 fino al XX
secolo.
Seconda breve premessa.
Va precisato che io colloco una confraternita in un secolo o in un altro, sulla base del
primo atto certo che ne attesti l’esistenza. Vedremo fra poco cifre di una qualche entità
nel XVIII secolo, ma nella gran parte dei casi ciò è legato alla Regia approvazione
degli Statuti, cui le confraternite si dovettero sottoporre, intorno al 1770; quindi la loro
citazione non è un elemento che garantisce che quelle confraternite furono fondate in
quel secolo.
Terza premessa.
Spesso l’atto civile o religioso che ci consente di conoscere l’esistenza di una
confraternita è il primo ma anche l’ultimo. Un esempio per tutti: la famosa
confraternita di San Michele dei Gerbini, la più antica di cui ci sia attestazione in
Reggio, perché nel 1457 stipulò, tramite il priore Antonino Malfa, il ben noto contratto
con Antonello da Messina per la realizzazione del suo gonfalone di legno dipinto1, si
affaccia alla storia in quel giorno, il 5 marzo. Ma quello è anche l’ultimo atto che la
riguardi, perché dopo di allora non se ne parlerà più. Nessun altro documento siamo
riusciti a rintracciare che ce ne tramandi l’attività.
Entriamo, quindi, in argomento, ed esaminiamo adesso i numeri che sono a nostra
disposizione.
Nel XVI secolo, nelle diocesi di Reggio e Bova sono attestate 88 confraternite, di cui
20 nella sola Reggio. Nel XVII secolo troviamo altre 39 confraternite di cui si parla
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LE CONFRATERNITE DELLE DIOCESI DI REGGIO E DI BOVA TRA XVI E XX SECOLO
per la prima volta, e di queste 19 nella nostra città. Nel XVIII secolo le confraternite
sono 49, di cui 35 nella diocesi e 14 in città; nel XIX si fondano, o perlomeno sono
attestate per la prima volta, 15 confraternite, di cui 9 a Reggio e 6 in diocesi; nel XX
secolo, le nuove confraternite sono 8, di cui 3 in città (cfr. tab. 1).
Le intitolazioni di queste confraternite sono svariate. Le più frequenti sono quelle al
SS. Sacramento. Infatti ne abbiamo ben 16 nel XVI secolo, 3 nel XVII, una nel XVIII
e ancora due nel XX secolo. Le confraternite intitolate alla Madonna del Rosario sono
11 nel XVI secolo, 3 nel XVII e 4 nel XVIII; alla Madonna delle Grazie son 5 nel XVI
secolo, e una rispettivamente nel XVII e nel XIX; alla Madonna del Carmine 1 nel
XVI, 2 nel XVII, 2 nel XVIII e 1 nel XIX; a Gesù e Maria sono intestate 2 congreghe
nel XVI, 6 nel XVII e ben 12 nel XVIII, più 1 nel XIX; alla Madonna Immacolata 5
nel XVI, 2 nel XVII, 2 nel XVIII, 1 nel XIX; all’Addolorata non ce n’è intestata
nessuna nel XVI, 1 nel XVII, 2 nel XVIII, 1 nel XIX, 2 nel XX (cfr. tab. 2).
Significativa la presenza di congreghe dedicate a S. Maria di Porto Salvo che, come si
sa, è la protettrice dei marinai: ne abbiamo infatti 1 nel XVII secolo a Reggio Calabria,
e poi 4 che si costituiscono, o perlomeno che sono attestate, nel XVIII, e sono
collocate a Bagnara, Scilla, Cannitello e Catona, centri notoriamente marinareschi.
Qualcosa di più particolare circa queste intitolazioni: le confraternite del SS.
Sacramento avevano come funzione primaria quella di scortare il sacerdote mentre
portava le sacre ostie presso ammalati, o presso moribondi, oppure, agli inizi del
tempo che noi stiamo esaminando, nel ’500, dalla chiesa principale alle parrocchie
secondarie. In quell’epoca è infatti documentato che soltanto nella Matrice il Pane
Eucaristico poteva essere stabilmente conservato; molto probabilmente per quelle
incursioni piratesche che tanto spesso sconvolgevano a quei tempi le nostre contrade, e
che suggerivano al clero di tenere in un solo posto le particole per poter eventualmente
metterle rapidamente in salvo di fronte ad un improvvisa scorreria, ed evitare che
venissero compiuti atti di profanazione.
Quanto alla Madonna del Rosario, il suo culto è legato alla vittoria nella battaglia di
Lepanto, e ancor più alla presenza di padri Domenicani, così come connesso alla
presenza di padri Carmelitani è il culto alla Madonna del Carmelo.
Ho accennato al rapporto congrega Madonna del Porto Salvo-marinai.
Quasi tutte le congreghe erano espressione di mestieri o di professioni, e venivano
intestate ai Santi o alle istituzioni religiose che proteggevano questi mestieri e queste
professioni. Infatti, la congrega dei Santi Cosma e Damiano riuniva i medici, la
congrega dei SS. Crispino e Crispiniano riuniva i calzolai e più in generale i sutores
cioè i produttori di scarpe. Da sottolineare che questa congrega, alla fine del ’500, era
ospitata con un proprio altare addirittura nel nostro Duomo, molto probabilmente in
rapporto con l’importanza dell’attività economica che questa categoria svolgeva nella
città di Reggio, come è attestato da numerosissimi documenti notarili.
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LE CONFRATERNITE DELLE DIOCESI DI REGGIO E DI BOVA TRA XVI E XX SECOLO
Poi la congrega di S. Carlo, che era gestita dai fabricatores, cioè dai muratori, la
congrega di S. Andrea, che era costituita dai pescatori, e quindi diversa da quella dei
marinai, già ricordata. Non dimentichiamo che S. Andrea Pescatore è il protettore di
Amalfi, e conosciamo bene i rapporti che, nei primi secoli di questo millennio, c’erano
tra Reggio e Amalfi. S. Eligio era protettore dei fabbri e dei magnani, S. Gaetano
Thiene lo era dei panettieri; i SS. Girolamo e Omobono proteggevano i sarti, S.
Giuseppe Palamareo i falegnami.
Notevole una rilevazione: le donne, che in quei tempi avevano certamente una
posizione molto subordinata rispetto agli uomini, pur tuttavia, a Bagnara, godevano di
una propria congrega. Infatti in una chiesa di S. Sebastiano, è attestata nel 1581 una
omonima congrega che prevedeva solo donne come congregate, o consorelle. A
Bagnara: è tutto un programma. Un’altra congrega, però fondata nel 1584, che fissava
la possibilità della presenza di donne, è quella della Madonna del Carmelo di Musalà
di Campo Calabro, alla quale potevano essere ammesse le mogli, le figlie e le sorelle
dei confratelli 2.
Altro elemento interessante ricavabile dalla lettura degli atti che riguardano la vita di
queste congreghe, è l’uso dei colori nei rispettivi paramenti. Riscontriamo, ad
esempio, che tutte le congreghe intestate al SS. Sacramento, adottavano il colore
rosso: i loro stendardi, le cappe, gli altri apparati, erano tutti di damasco o di panno
rosso. Erano di panno bianco invece gli stendardi e gli apparati delle congreghe
intestate alla Madonna del Rosario e in genere alle Madonne; erano verdi gli apparati
delle congreghe intestate ai Santi (San Marco, San Rocco, San Nicola, ecc.); erano di
color turchino gli apparati delle congreghe intitolate alle Sante. Unica eccezione, la
congrega di Reggio del Santo Corpo di Cristo, che aveva lo stendardo di damasco
bianco e anche le cappe di panno bianco; da qui la sua seconda intitolazione:
confraternita dei Bianchi, nome che ancora oggi è ricordato nella toponomastica
locale, con la via dei Bianchi.
Ho parlato di «stendardi» e qualche volta di «gonfaloni»; negli atti questa distinzione
ha una sua valenza, perché gli stendardi erano di stoffa, i gonfaloni erano di legno. Noi
troviamo numerose attestazioni in questo senso: abbiamo un gonfalone di legno dorato
appartenente alla congrega dello Spirito Santo di Scilla 3, a Calanna (4) per la
congrega dello Spirito Santo, a Fiumara per San Giovanni (5), e addirittura due
gonfaloni, sempre di legno dorato, erano conservati, alla fine del XVI secolo,
nell’ospedale di Fiumara (6), dove operava un’altra congrega. Sempre di legno,
definito tabernacolo di legno con la Madonna, era quello della congrega di Montebello
(7); e abbiamo un gonfalone di legno per la congrega di San Lorenzo (8), e un
gonfalone di legno anche per la congrega di Sant’Agata (9).
Addirittura, per la congrega di Molochio, è documentata la data di allestimento del
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LE CONFRATERNITE DELLE DIOCESI DI REGGIO E DI BOVA TRA XVI E XX SECOLO
relativo gonfalone: 1499 (10). Questo ci riporta alla congrega dei Gerbini, che appunto
chiese ad Antonello da Messina di realizzare il suo segnacolo, che consisteva in una
tavola di legno dipinta, con, da una parte, la Madonna col Bambino, e, dall’altra, la
Passione del Cristo; in cima a questa tavola, a questo tabernacolo, c’era San Michele,
con tanto di lancia e di drago (11).
Di questi gonfaloni di legno restano presenze in Sicilia, conservate nei musei, che ci
fanno conoscere questa particolare forma di rappresentanza della confraternita (cfr.
fig. 1).
Altra notizia interessante: in un atto notarile del 1631, redatto dai confratelli della
Madonna del Rosario di Reggio, si parla, tra le altre cose, di una processione che
questa confraternita teneva in città ogni primo venerdì del mese (12).
Ecco: questa notizia mi porta ad immaginare una scena veramente singolare. A Reggio
esistevano, in quel torno di tempo, ben venti congreghe; ipotizziamo che ognuna di
esse avesse un particolare giorno del mese nel quale promuovere la propria
processione; poi c’erano le festività solenni (il Corpus Domini, l’Ascensione,
l’Annunciazione), nelle quali certamente le confraternite uscivano in giro. A questo
punto balza alla fantasia tutta questa teoria interminabile di congregati con
coloratissimi sacchi, cappe, cappucci, labari, gonfaloni, stendardi, crocifissi, che, a
turno, o tutti insieme, giravano per la città; città peraltro molto modesta nel suo
sviluppo urbano, contenuta rigidamente entro la cerchia di mura spagnole! Ciò doveva
certamente portare ad un coinvolgimento generale, addirittura globale di tutti gli
abitanti.
Gli Statuti ci parlano anche dello schieramento con il quale queste confraternite si
muovevano processionalmente: al centro della strada, prima il portatore del gonfalone
o dello stendardo, poi il portatore del crocifisso, quindi il sacerdote-assistente
spirituale della congrega, e dietro il Priore, attorniato dal gruppo dei vice priori e degli
assistenti, mentre tutti gli altri confratelli sfilavano sulla destra e sulla sinistra della
via. Tra l’altro, questa ritualità ripetuta, questo stare nella città, porta anche a capire
che appartenere a una certa congrega, uscire, farsi vedere all’interno di una congrega,
compreso in una congrega, significava dare testimonianza del proprio stato sociale,
della propria condizione: assurgeva veramente a status symbol.
Così si spiega questa corsa a dare una titolazione sempre più aulica alla propria
congrega: prima confraternita, poi arciconfraternita, poi Real arciconfraternita. Ben
noto è il falso storico che portò alla denominazione della confraternita dell’Annunziata
come arciconfraternita degli Ottimati: un titolo che non è stato mai attribuito da
nessuno, ma che la confraternita si è autoattribuito, approfittando di una espressione
latina apposta in un rescritto reale (13).
Così si spiegano anche le liti fra le varie confraternite: per la posizione che ogni
confraternita doveva occupare durante le grandi processioni, le grandi manifestazioni,
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LE CONFRATERNITE DELLE DIOCESI DI REGGIO E DI BOVA TRA XVI E XX SECOLO
le solenni manifestazioni di pietà, oppure per la collocazione in determinati momenti
della vita cittadina.
Bisogna però dire che la vita congregata non era tutta pompa esteriore e non era tutta
litigiosità: c’erano anche forti motivi di solidarietà, forti sollecitazioni di
alimentazione della fede, c’era il momento della gestione della chiesa; la confraternita
veniva riconosciuta dall’autorità ecclesiastica soltanto se poteva garantire il
mantenimento del culto nella propria chiesa.
Fra le tante carte la contabilità di una confraternita di Scilla (14) (cfr. fig. 2). Si tratta
della confraternita dello Spirito Santo, citata da d’Afflitto e che padre Russo
attribuisce al ceto dei marinai e considera eretta nel secolo XVI con statuti approvati
nel 1778.
Questa confraternita dello Spirito Santo era ospitata nella omonima chiesa, costruita
dall’architetto scillese, sacerdote Bandiera, nel XVI secolo. Fin qui le notizie storiche.
Il quinterno, con un’annotazione: Nuova costituzione della congrega; il che significa
che la congrega aveva per un certo tempo cessato la sua attività e poi veniva
ricostituita. Poiché questa contabilità inizia con l’anno 1899, c’è motivo di ritenere che
appunto in quell’anno la congrega ebbe un rilancio, una rivitalizzazione.
Nel primo foglio, i congregati fondatori appongono la propria firma - e qualche segno
di croce -. Segue una puntuale e corretta annotazione delle somme introitate e di quelle
esitate, per la celebrazione della festa dello Spirito Santo; con tutta una serie di voci
che suscitano grande interesse, perché ci indicano, ad esempio, i contributi e le offerte
provenienti da New York, o da Buenos Aires, oppure le spese per la Banda, per i
fuochi artificiali, per il petrolio, per l’illuminazione, per il fanalista; alcune volte si
parla di un’Orchestra, e tante volte si parla di spese per una Regata, il che indica che
c’erano anche manifestazioni collaterali, oltre alla classica processione. Processione
che, come viene fuori dalle chiose contenute in questo libro contabile, si effettuava un
anno nel rione di Chianalea e l’anno successivo nel rione San Giorgio. Evidentemente,
non potendo coinvolgere tutto il paese di Scilla, si faceva questa alternanza fra un
rione e l’altro, per consentire alla confraternita di far girare l’immagine dello Spirito
Santo nei due grossi tronconi urbani nei quali Scilla ancora oggi si divide.
Interessante annotazione: la «processione non si fece a causa dello scirocco»; questo
nell’anno 1908. Nell’anno 1909, un’annotazione molto più drammatica: «La
processione non si fece per causa del terremoto avvenuto il 28 dicembre 1908»; e in
calce alla pagina si parla di danni che la zona tra Reggio e Messina, e quella tra
Lazzaro e Cannitello, avevano subìto. E si conclude con questa terribile frase: «Un
vero flagello di Dio, superiore di gran lunga a quello del 1783», il che dimostra che a
Scilla ancora nel 1908 si ricordavano i danni e i tanti morti che il terremoto del 1783
aveva provocato in quella città.
Il libro contabile si chiude con il 1914. Non sappiamo se la congrega continuò ad
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LE CONFRATERNITE DELLE DIOCESI DI REGGIO E DI BOVA TRA XVI E XX SECOLO
operare nel periodo della I guerra mondiale; tuttavia notizie in nostro possesso ci
dicono che essa ancora oggi è attiva.
La grande vitalità, il grande fervore di tutte queste congreghe di cui abbiamo evocato
il ricordo, a un certo punto finì. Perché ciò sia accaduto, lo diranno gli autorevoli
studiosi che partecipano a questo importante e significativo convegno.
Io non mi posso sottrarre tuttavia ad una riflessione, che offro alla vostra
considerazione.
Abbiamo già parlato di quali erano le motivazioni sociali che stavano alla base delle
congreghe: solidarietà, culto, propaganda della fede. Ma c’è qualche cosa di più. Le
titolazioni di alcune confraternite inducono a maggiore attenzione: congrega del Pio
Monte, congrega del Monte dei Morti, confraternita della Buona Morte, la congrega
dell’Ospizio di Scilla, la congrega operante nell’ospedale di Fiumara. Gli statuti ci
parlano di assistenza agli ammalati, di seppellimento dei defunti, di condannati a
morte, di dote che si istituiva per le ragazze povere, di aiuto a quelle che allora si
chiamavano «facci ’mmucciati», cioè i nobili, i ricchi decaduti, che nascondevano la
propria povertà, di cui si vergognavano, nascondendo se stessi, e quindi avevano
particolare bisogno di essere sostenuti, aiutati e capiti.
Queste erano le attività delle congreghe, delle confraternite; attività molto importanti,
che ancora oggi noi troviamo largamente praticate, sia pure in forme differenti. Sono
mutati i tempi, però resta la solidarietà umana che fortemente ispira la nostra vita
religiosa; e soprattutto rimane immutata la nostra fede.
Tab. 1
Fondazione (prime notizie)
Località
s. XVI s. XVII s. XVIII
Reggio Calabria (città)
9
3
* Amendolea
s. XIX s. XX totale
20
19
14
65
1
1
Arasì (fr. di Reggio)
2
2
Bagaladi
1
Bagnara
1
4
2
7
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1
LE CONFRATERNITE DELLE DIOCESI DI REGGIO E DI BOVA TRA XVI E XX SECOLO
* Bova (città)
3
5
1
2
11
* Brancaleone
2
2
* Bruzzano
1
1
Calanna
3
3
Campo Calabro
1
1
Cannitello (fr. di Villa San Giovanni)
1
Cardeto
1
Cataforio (fr. di Reggio)
1
Catona
1
2
4
5
1
1
1
* Condofuri
2
2
Fiumara
6
1
4
11
Fossato (fr. di Montebello)
1
* Gallicianò (fr. di Condofuri)
2
1
2
Gallico
1
1
2
Gallina
1
1
Montebello
4
1
5
Mosorrofa (fr. di Reggio)
2
1
Motta San Giovanni
6
3
6
Musalà (fr. di Campo Calabro)
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1
Ortì (fr. di Reggio)
3
1
3
Pellaro
1
Pentidattilo
1
3
3
Podargoni (fr. di Reggio)
1
* Roccaforte
1
2
2
* Roghudi
1
2
3
Sambatello
2
1
1
4
San Lorenzo
1
San Sperato (fr. di Reggio)
1
Sant’Agata
Sant’Alessio
Santo Stefano
Scilla
* Staiti
4
3
8
1
10
15
1
2
2
4
3
8
2
2
5
1
2
2
Villa San Giovanni
3
Vito (fr. di Reggio)
1
Totale
8
3
3
1
88
39
49
14
198
* nella diocesi di Bova (nel sec. XX per vari periodi unita ad personam all’arcivescovo
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LE CONFRATERNITE DELLE DIOCESI DI REGGIO E DI BOVA TRA XVI E XX SECOLO
reggino, dal 1986 aggregata a Reggio sotto il titolo di Archidiocesi di Reggio CalabriaBova).
Tab. 2
Denominazione
Secolo
XX
XVI
SS. Sacramento
2
16
XVII
XVIII
3
1
XIX
totale
25
+3
non databili
Madonna del Rosario
1
Sacro Cuore
2
Immacolata
11
19
3
4
1
4
7
5
2
2
12
+3
non databili
Madonna del Carmine
1
9
2
2
1
+3
non databili
Madonna delle Grazie
5
7
Gesù e Maria
1
17
Oratorio di Gesù e Maria 1
4
Annunziata
1
4
Addolorata
2
6
S. Antonio da Padova
3
5
Spirito Santo
3
1
4
2
1
11
1
1
2
1
1
2
1
1
1
1
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4
S. Maria di Porto Salvo
1
3
4
S. Sebastiano
3
3
S. Rocco
3
1
4
S. Andrea
2
1
3
SS. Nome di Gesù
Dottrina Cristiana
1
S. Nicola
2
2
4
3
4
1
1
2
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Note
1 G. MANDEL, L’opera completa di Antonello da Messina, Milano 1967, p. 88.
2 S. SCHIAVONE, Le antiche parrocchie dell’Archidiocesi di Reggio Calabria, Reggio
Calabria 1977, p. 72.
3 A. DENISI, L’opera pastorale di Annibale D’Afflitto arcivescovo di Reggio Calabria (15941638), Roma 1983, p. 187.
4 Ibid., p. 221.
5 Ibid., p. 200.
6 Ibid., p. 198.
7 Ibid., p. 281.
8 Ibid., p. 297.
9 Ibid., p. 307.
10 Ibid., p. 325. Molochio, in territorio diocesano di Oppido, ma sotto la giurisdizione degli
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arcivescovi di Reggio.
11 G. MANDEL, L’opera completa di Antonello da Messina..., p. 88, note 12-13.
12 F. ARILLOTTA, Reggio nella Calabria spagnola. Storia di una città scomparsa (16001650), Reggio Calabria 1981, p. 270.
13 F. ARILLOTTA, M. MISIANI, P. PORCHI PROVAZZA, I mosaici degli Ottimati, Reggio
Calabria 1985, p. 76.
14 «Quinterno» manoscritto, ff. 4 e 5 (confraternita dello Spirito Santo di Scilla), in archivio
Arillotta di Reggio Calabria.
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI REGGIO CALABRIA NE...TE E NEI SINODI DELL’ARCIVESCOVO ANNIBALE D’AFFLITTO
LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI REGGIO CALABRIA NELLE VISITE E
NEI SINODI DELL’ARCIVESCOVO ANNIBALE D’AFFLITTO
Antonino Denisi
Nella prolungata e complessa attività pastorale dell’Arcivescovo di Reggio Calabria,
mons. Annibale D’Afflitto 1, un capitolo importante è rappresentato dalle confraternite.
L’argomento è affrontato sotto il profilo giuridico nel corpo della legislazione sinodale 2
che regolamenta l’interessante fenomeno di collaborazione, in prevalenza laicale e
maschile, allo svolgimento della missione della chiesa, ma anche - e più diffusamente - nel
corso delle nove visite pastorali 3 effettuate alle parrocchie della diocesi, in alcune delle
quali era ancora in vigore il rito greco.
Questa relazione comprende quindi due parti ben distinte: la prima dispositiva e statutaria,
la seconda analitica e descrittiva delle più rilevanti forme associative del laicato nelle
confraternite incontrate nel corso delle visite pastorali di cui rimane ampia, anche se non
completa, documentazione. Nulla, invece, ho potuto rinvenire nelle 15 relazioni delle
visite ad limina 4, se non un generico riferimento ai «molti oratori delle confraternite»,
distrutti nell’invasione turchesca del settembre 1594, insieme alle altre chiese della città 5.
Sull’uno e sull’altro fronte le notizie raccolte aprono uno spiraglio straordinario su tutto un
vasto scenario di fedeli laici - quasi sempre contadini o artigiani - dei quali molto poco si
ricorda abitualmente anche la storia delle istituzioni ecclesiastiche, protagonisti di
iniziative e di un costante impegno per vivere un tipo di fede che, anche se fondata
prevalentemente sul culto e sulla più elementare pratica religiosa, costituiva la principale,
e spesso unica, forma di vita civile e sociale delle comunità locali.
Statuti e costituzioni delle confraternite
Nel I sinodo diocesano del 29 dicembre, nella terza parte dedicata alle istituzioni
diocesane, i primi cinque capitoli sono riservati a «sodalitates, confraternitates, magistri
ecclesiarum et hospitalium regimen», comprendenti statuti e costituzioni delle più
importanti forme di associazionismo laicale esistente in diocesi. Riguardano
specificamente le «Compagnie» del SS.mo Sacramento e della Dottrina Cristiana, di
«qualsivoglia Confraternite et Compagnie fondate o da fondarsi per tutta la diocesi», con
due brevi appendici sul governo degli ospedali e sui «Mastri delle chiese quando non sono
Confraternite o Compagnie» 6.
Negli altri 16 sinodi, celebrati durante i 44 anni di episcopato, il D’Afflitto non torna più a
legiferare sulle confraternite. Le poche volte in cui vi si fa riferimento nelle esortazioni
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI REGGIO CALABRIA NE...TE E NEI SINODI DELL’ARCIVESCOVO ANNIBALE D’AFFLITTO
introduttive, denominandole «laicorum sodalitates», è per rilevare che fine del sinodo è
anche quello di «richiamare alla disciplina ecclesiastica», insieme alle altre istituzioni,
anche le confraternite 7. Nel complesso queste associazioni sono denominate confraternite,
compagnie o congregazioni e si richiamano ad associazioni similari con sede in Roma,
con adattamenti e riduzioni alla situazione locale 8. Scopo della Compagnia del SS.
Sacramento è quello di promuovere, con decoro e splendore, il culto eucaristico nelle
celebrazioni ordinarie, ma soprattutto in occasione di processioni, adorazione solenne
delle Quarantore e del viatico ai malati. Scopo della Compagnia della Dottrina Cristiana è
l’insegnamento del catechismo ai ragazzi «per essere cosa tanto necessaria al christiano la
scienza et conoscimento della fede che professa, di tal maniera sapere li misterii di nostra
santa religione christiana che ne possi dar conto ad ogn’uno con facilità» 9. Le altre
confraternite avranno ciascuna un proprio fine specifico che, in generale, viene compreso
nell’espressione «essercitarsi in sant’opere» 10, oppure nel governo dell’ospedale o delle
chiese alle quali sono preposte.
Una parte considerevole delle norme è riservata alla formazione culturale e spirituale dei
confratelli, per cui ognuna deve avere un cappellano, detto comunemente padre spirituale,
col compito dell’istruzione catechistica e della celebrazione dei sacramenti, primo fra tutti
l’eucaristia, la vigilanza sulla vita morale degli aderenti, che tuttavia è affidata ai
responsabili, detti genericamente «officiali», «rettori» o «mastri» delle confraternite.
Da notare ancora che l’età minima per entrare a far parte delle confraternite va dai 20 ai 24
anni; un severo esame riservato viene prescritto per accertare l’onestà dei costumi
dell’aspirante, con votazione segreta sull’ammissione definitiva da parte di tutti i membri
della compagnia 11. Finalmente va tenuto presente che, pur essendo formate
prevalentemente da laici, alle confraternite potevano aderire anche i sacerdoti; è detto
espressamente negli statuti della Compagnia del SS. Sacramento 12.
Molto dettagliata è la normativa riguardante l’amministrazione, l’elezione dei responsabili
e la tenuta delle chiese. Si può veramente affermare che la premura del vescovo è orientata
alla maturazione dei singoli membri nella fede, alla trasparenza della gestione economica,
ottenuta con minuziosi controlli, e alla educazione per il rispetto delle regole che
assicuravano il corretto funzionamento degli organi di governo. L’ampia ed articolata rete
delle confraternite, estesa a tutte le parrocchie della diocesi, assicurava la manutenzione
degli edifici di culto, la formazione delle coscienze di un buon numero di fedeli chiamati a
svolgere un largo impegno non solo per il decoro del culto ma anche per l’esercizio, il più
diffuso, delle opere di misericordia spirituali e materiali.
La rete delle confraternite in diocesi
Il numero delle confraternite operanti in diocesi nella prima metà del sec. XVII è
rilevante. Gli atti delle Visite sono ricche di notizie che si possono cogliere sia nella parte
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI REGGIO CALABRIA NE...TE E NEI SINODI DELL’ARCIVESCOVO ANNIBALE D’AFFLITTO
riservata alle chiese ed ai sacerdoti che in quella dispositiva dei decreti conclusivi e delle
indicazioni pastorali indirizzate ai parroci. Da una visita all’altra le novità sono poche. In
genere, la prima visita riporta letteralmente il testo degli statuti, ci sono esortazioni ed
imposizioni per il rispetto delle costituzioni di fondazione, la formazione spirituale dei
membri e la presentazione dei libri contabili; si nota qualche variazione nel numero dei
soci. In quelle successive risalta il compiacimento per la riforma accettata e per le attività
svolte; si avverte un processo di normalizzazione che consente di procedere alla
costituzione di nuove confraternite, anche per dare adeguate risposte alle esigenze della
società che, anche se molto lentamente, si evolve.
La linea metodologica che seguirò non è quella di ricercare particolari della realtà
associativa, quanto piuttosto di offrire un quadro d’assieme del vasto panorama,
formulando qualche osservazione e riportando documenti non ancora pubblicati. Presento,
infine, dei prospetti riassuntivi, tenendo presente le grandi aree territoriali in cui è
articolata la diocesi: la città di Reggio, la zona latina sul versante tirrenico ed il retroterra
aspromontano, la zona grecanica sul versante ionico e preaspromontano.
Le confraternite della città di Reggio
L’elenco che presento è, ovviamente, solo rappresentativo della situazione reale, nel senso
che non di tutte le confraternite esistenti le visite pastorali danno notizia. Anche riguardo
all’anno di erezione ed al numero dei confratelli non sempre abbiamo dati precisi. Di
molte congregazioni, anche se erette nei decenni precedenti all’episcopato del D’Afflitto,
si dice espressamente che vengono rifondate o costituite per la prima volta. Non sempre
viene riportato l’elenco o, almeno, il numero dei membri, che, tuttavia, non sembra subire
negli anni variazioni notevoli; mentre per alcune rimane vaga l’indicazione della natura e
finalità.
Come ho rilevato esaminando l’opera pastorale complessiva del D’Afflitto, le
confraternite in diocesi di Reggio «servono allo stesso tempo ad alimentare e sviluppare la
pietà e le devozioni in mezzo al popolo, ad incrementare l’insegnamento della Dottrina
cristiana, ad organizzare l’assistenza ai malati ed ai pellegrini negli ospedali ed ospizi, a
curare la costruzione e la tenuta delle chiese, mantenere lo svolgimento del culto,
assicurare ai sacerdoti il salario per la celebrazione della messa nelle chiese dove sorgono,
ecc.» 13.
A Reggio troviamo due compagnie unitarie: quelle del SS. Sacramento e della Dottrina
Cristiana; alcune specifiche per artigiani: muratori, sarti, calzolai, medici, pescatori;
qualche nuovo tipo rispondente ai problemi propri della città: quella della Carità che
assiste i carcerati, i condannati a morte ed i nobili decaduti 14. La Confraternita del SS.
Sacramento deve essere esemplare per tutte le parrocchie della diocesi 15. Anche quando
la riforma è decisamente avviata il numero dei confratelli non va quasi mai oltre le poche
decine di unità, il che consente un rapporto personale tra i responsabili e gli associati,
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI REGGIO CALABRIA NE...TE E NEI SINODI DELL’ARCIVESCOVO ANNIBALE D’AFFLITTO
favorendo la loro formazione 16. La Compagnia di S. Carlo Borromeo è stata eretta nel
1612, con 27 confratelli, ma nel 1617 ne ha già 50; essa raduna i muratori (artis
fabbricationis) e testimonia la devozione del D’Afflitto per l’arcivescovo di Milano,
canonizzato nel 1610 17. La Confraternita della Madonna di Porto Salvo ha sede
nell’antica chiesa di S. Matteo, annessa al monastero delle monache, che è andato distrutto
dai turchi nel saccheggio del 1594. Nella visita del 1604 è detto che il vescovo l’ha
affidata ai pescatori (artis maritimae professantibus) i quali provvedono al necessario 18. I
confratelli di S. Maria della Misericordia, presso la chiesa di S. Giuseppe, insieme ai
poveri ed agli ammalati, si prendono cura dei carcerati 19.
Una Confraternita destinata a colmare un vuoto nella società del tempo è quella della
Carità, eretta dal D’Afflitto nel 1616. Si può configurare come una «Conferenza di S.
Vincenzo» o una Caritas odierna, col compito di assistere i poveri a domicilio nell’ambito
cittadino, con particolare attenzione agli appartenenti a famiglie benestanti cadute in
miseria, ai carcerati e condannati a morte, avendo cura di rispettare l’incognito delle
persone aiutate e di preoccuparsi anche dei bisogni spirituali degli assistiti. Si accenna
anche alla processione del Giovedì santo, durante la quale alcuni confratelli si
flagellavano. Si prescrive che questi fratelli non devono farsi riconoscere e non debbono
portare lungo il tragitto cibi o bevande: «et in caso che fosse bisogno qualche poco di vino
per le discipline, si porti in qualche catino modestamente» 20.
Le confraternite della zona latina
Le notizie sulle confraternite extraurbane diminuiscono sensibilmente rispetto a quelle del
centro. Troviamo cenni generici; per lo più c’è solo l’indicazione che esiste la
confraternita, la denominazione e la chiesa che la ospita, poche volte viene riportato
l’anno di fondazione e qualche veloce notazione. In generale si può osservare, sia per la
zona latina che per quella greca, che in tutte le parrocchie ci sono le confraternite del SS.
Sacramento e della Dottrina Cristiana, con adattamenti rispetto a quelle della città. In
quasi tutte le chiese succursali si trova una confraternita che porta la stessa denominazione
della chiesa 21.
Nei paesi più importanti c’è almeno una chiesa in cui ha sede la confraternita del Nome di
Gesù e Maria. Ordinariamente possiedono beni mobili e, talvolta, anche immobili, che
vengono elencati scrupolosamente; sono governate da «officiali», con a capo il «Mastro»
della confraternita, eletti democraticamente con votazione segreta nella ricorrenza annuale
del titolare, hanno tutte un padre spirituale per lo svolgimento delle numerose pratiche di
pietà 22.
Spesso l’arcivescovo deve rilevare che queste confraternite o non hanno alcun statuto o
non l’osservano. Per cui è costretto a richiamare le costituzioni formulate nel I sinodo del
1595, oppure nella prima visita dello stesso anno alla parrocchia di Scilla 23.
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI REGGIO CALABRIA NE...TE E NEI SINODI DELL’ARCIVESCOVO ANNIBALE D’AFFLITTO
A Fiumara di Muro i rettori della confraternita di S. Giovanni Battista pretendono di
nominare loro il cappellano e di rimuoverlo ad nutum. L’arcivescovo deve ricordare le
istruzioni «pro bono regimine praedicti hospitalis» ed imporne l’osservanza 24. Alcune
confraternite, specie nei paesi, hanno affidata la gestione dell’ospedale e, quindi, i
confratelli hanno l’obbligo di assistere gli infermi ed i pellegrini. Loro compito è anche
quello di svolgere azione di vigilanza per il rispetto della pubblica moralità, l’osservanza
delle feste di precetto, la frequenza all’insegnamento della Dottrina Cristiana ed assicurare
la preghiera pubblica per le autorità 25.
Nel complesso va sottolineata la larga diffusione delle confraternite, le molteplici finalità
di natura spirituale e materiale, la larga partecipazione dei devoti. Si tratta di forme di
apostolato laicale che, per quei tempi, sono, espressive di un coinvolgimento della chiesa
nei problemi che la società poneva. Va anche rilevato che le visite non forniscono tutte le
notizie che desidereremmo circa la loro attività nella vita della chiesa e della società.
Questo ci impedisce di valutare l’incidenza effettiva di queste associazioni in relazione
alla collaborazione nell’opera di riforma. Altre informazioni possono venire dagli archivi
delle confraternite, dove sono conservati, e da quelli delle istituzioni maggiormente
proiettati nel sociale, come sono gli ospedali, gli ospizi, i monti di pietà, ecc.
Le confraternite della zona grecanica
Non ci sono differenze sostanziali nelle parrocchie che conservano il rito greco-bizatino,
salvo che per il numero più rilevante. Tale è il caso di S. Agata, dove ogni chiesa ha la
propria confraternita e quelle che non ce l’hanno chiedono di poterla erigere. È
interessante questa iniziativa dal basso nella costituzione di nuove confraternite. Nella
visita del 1610, 31 fedeli della chiesa di S. Antonio, 23 di quella del Rosario e 24 di quella
di S. Pietro si presentano al vescovo chiedendo di potersi costituire in confraternita e,
seduta stante, il 23 maggio, ricevono l’autorizzazione, con riserva di spedizione formale
della bolla 26. A Mosorrofa il D’Afflitto impone la confraternita del SS. Sacramento
«prout instanter petitur a nonnullis devotis» 27.
Sul piano giuridico per erigere una confraternita era necessaria una autorizzazione
espressa del vescovo. Nel Sinodo del 1595 è detto espressamente: «Tutti et qualsivoglia
Confraternita et Compagnia, doppo che con la nostra licenza saranno congregati per
essercitarsi in sant’opere et haveranno ottenuto la bolla dell’eretione et fondatione» 28. Tra
le prescrizioni lasciate a S. Lorenzo per il vicevicario c’è la seguente: «Et fuit mandatum
rev.do vicevicario quod de novo non instituat Confraternitates et Sodalitates, ... sine
expressa Ordinarii licentia, sub poena carcerationis mensium duorum, privationis
fructuum et aliis reservatis» 29. La compagnia del SS. Sacramento è stata eretta a S.
Lorenzo nel dicembre 1598. Da quella data non sono stati presentati i conti per la
necessaria approvazione, secondo le prescrizioni sinodali. L’arcivescovo usa indulgenza e
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI REGGIO CALABRIA NE...TE E NEI SINODI DELL’ARCIVESCOVO ANNIBALE D’AFFLITTO
si limita a minacciare di far pagare in proprio i rettori, nel caso dovessero continuare a
trascurare di esibire i libri contabili 30. In effetti a S. Agata neppure le confraternite già
esistenti sono in regola. Tutti gli intervenuti, anche se non sono confratelli, partecipano
all’elezione degli ufficiali. L’arcivescovo ordina di uniformarsi alle norme del sinodo. Per
i rettori prescrive che siano eletti dai sindaci e dal vicevicario 31. Evidentemente il metodo
di elezione poteva variare secondo tradizioni locali.
A Motta S. Giovanni c’era l’abitudine di spogliare il defunto appartenente alla
confraternita, per ricuperare l’abito. L’arcivescovo lo proibisce severamente 32. Quanto ai
beni posseduti, ritorna frequente l’invito a non sperperare in «banchetti ed ubbriachezze»
le entrate delle elemosine, raccolte con la contribuzione mensile dei confratelli 33.
A conclusione si può rilevare come il fenomeno delle confraternite sia presente dovunque
nella diocesi di Reggio: in città come nelle parrocchie della periferia, fino ai nuclei di
fedeli dispersi nelle frazioni rurali. Dopo quella del clero i membri delle confraternite
costituiscono la componente più attiva ed appariscente di una chiesa che ha una parola da
dire nei problemi della gente ed in mezzo ad una società che non offriva molti spazi alla
vita economica, sociale e culturale delle popolazioni.
Note
1 Annibale D’Afflitto nacque a Palermo intorno al 1560. Compì gli studi a Bologna e Padova dove
si laureò, insieme a S. Francesco di Sales, in utroque iure. Nominato arcivescovo di Reggio
Calabria nel 1593 giunse l’anno successivo in diocesi, dove svolse un’intensa azione riformatrice
per ben 44 anni, fino alla morte sopraggiunta nel 1638. Fu vescovo di profonda spiritualità, severo
rigore ascetico ed efficace pastoralità tridentina, prendendo a modello la vita ed i metodi pastorali
dell’arcivescovo di Milano Carlo Borromeo. Cfr. G. FOTI, Vita del Venerabile Servo di Dio
Annibale d’Afflitto, Arcivescovo di Reggio Calabria, Roma 1681; G. MINASI, D. Annibale
D’Afflitto, Patrizio Palermitano, Arcivescovo di Reggio Calabria, Napoli 1898.
2 Durante i 44 anni di episcopato il D’Afflitto, celebrò 17 Sinodi diocesani ed un Concilio
provinciale (1602) in media uno ogni due anni e mezzo. Fra tutti grande importanza assume il
primo del 1595 perché vi sono affrontati sistematicamente i principali problemi della vita religiosa,
morale e sociale della diocesi. I manoscritti si trovano presso l’ARCHIVIO STORICO
DIOCESANO DI REGGIO CALABRIA (= ASDRC). Gli atti del I Sinodo del 1595 sono stati
pubblicati, insieme agli atti della I Visita Pastorale e la relazione della prima visita ad limina, da A.
DENISI, L’opera pastorale di Annibale D’Afflitto, Arcivescovo di Reggio Calabria (1594-1638),
Roma, La Goliardica Editrice Universitaria 1983.
3 Il D’Afflitto considerava la visita pastorale come lo strumento più idoneo per conoscere la
diocesi, premessa indispensabile per governarla proficuamente. Nel suo lunghissimo episcopato
visitò nove volte l’intera diocesi, facendo registrare tutto minutamente. Di cinque visite abbiamo gli
atti completi; delle altre possediamo parti significative. La più importante rimane la prima,
compiuta negli anni 1594-95; nelle successive molte notizie si ripetono. Sono 18 volumi
manoscritti, per un complesso di 8.700 fogli, scritti su entrambe le facciate, in cui si trova una
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minuziosa ed accurata descrizione di ogni paese della diocesi - zona latina e greca - di ogni chiesa,
della vita religiosa, morale e sociale del clero e dei fedeli, istituzioni ecclesiastiche e civili, beni
economici ed artistici, dati statistici, inventari, questionari, decreti, ecc. Gli atti delle Visite
Pastorali del D’Afflitto costituiscono il corpo documentario più antico e completo dell’ASDRC.
4 Le relazioni delle 15 Visite ad limina apostolorum effettuate dal D’Afflitto, sempre per mezzo di
procuratori per non venir meno alla residenza, si trovano presso il fondo della Congregazione del
Concilio (oggi del Clero) nell’ARCHIVIO SEGRETO VATICANO (= ASV).
5 Visita ad limina (1595), in A. DENISI, L’opera pastorale ..., p. 398.
6 I Sinodo (1595), ivi, pp. 368-379.
7 Sinodo 6° del 14 agosto 1612. Sinodi, vol. I, f. 171 v, presso l’ASDRC.
8 La Compagnia del SS. Sacramento era aggregata all’arciconfraternita omonima di s. Pietro in
Roma. Quella della Dottrina Cristiana si richiama ad altra della medesima denominazione fondata
da Pio V nel 1572 e riformata da Gregorio XIII nel 1576.
9 Sinodo del 1595, in A. DENISI, L’opera pastorale ..., p. 372.
10 Ibid., p. 375.
11 Ibid., p. 378.
12 «Riceveranno li fratelli tutti sorti diligenti, cioè preti, gentilhuomini, artigiani et altre persone
onorate». Ibid., p. 371.
13 Ibid., p. 39.
14 Nei decenni successivi la confraternita della Carità è denominata anche «del Sangue di Cristo» o
«dei Bianchi». La chiesa presso la quale i confratelli si radunavano era detta «del Santo Cristo» e
sorgeva sul Largo Amalfitano, lungo la strada di S. Giorgio de Gulpheriis. Cfr. A. DE LORENZO,
Monografie di storia reggina e calabrese, Reggio Calabria 1888, pp. 48-51.
15 Nella visita del 6 maggio 1617 è detto: «SS. Sacramenti cultus et celebratio non modo
conservetur et augeatur, sed illius exemplo ad huiusmodi cultum pietatisque et misericordiae
imitationem, aliae ecclesiae per dioecesim amplius accendantur».
Visite (1617) f. 293 r et v.
16 Gli appartenenti alla compagnia del SS. Sacramento seguono il seguente andamento numerico:
nel 1617 sono 45, nel 1628 ancora 45, nella visita del 1635-37 passano a 54.
17 Negli atti della visita del 1617 è detto: «ecclesia noviter dicata divo Carolo archiepiscopo
Mediolanensi, quae olim nuncupabatur S. Nicolai de Cleonomo». Visite (1617) ff. 324-325.
18 Visite (1606) f. 93 r.
19 «Congregantur fratres S. Mariae de Misericordia quotidie, curam gerunt pauperum, infirmorum
huius civitatis et carceratorum, maxima cum diligentia et charitate». Visite (1628) 178 r.
20 Visite (1617) ff. 306 r et v.
21 In quelle chiese che non hanno una confraternita canonicamente eretta c’è sempre un gruppetto
di fedeli, che abitano nei dintorni, i quali si prendono cura del decoro dell’edificio,
dell’amministrazione dei beni e delle elemosine, provvedendo al sacerdote che celebra la domenica
e nelle numerose feste di precetto. Cfr. Sinodo del 1595, in A. DENISI, L’opera pastorale ..., p.
379.
22 Le quattro confraternite di Calanna «ex antiqua consuetudine simul uniuntur et omnia necessaria
suppeditant circa fabbricam et ornatum ecclesiarum». Visite (1631-35) f. 310 v.
23 Ad Arasì, ancora nel 1606 si osserva: «Sodales non vacant exercitiis spiritualibus. Ad unguem
observent instructiones et regulas tam in exercitiis spiritualibus faciendis quam in coeteris rebus ad
regimen et emolumentum ipsius sodalitatis spectantibus». Visite (1606) f. 914.
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24 Visita del 1595 in A. DENISI, L’opera pastorale ..., pp. 212-216.
25 Tra gli esercizi spirituali che devono praticare i confratelli, a Fiumara, c’è quello di «riprendere
tutti quelli che biastemano, che non guardano le feste, et che non vanno alla dottrina christiana».
Visite (1606) f. 914. Quanto alla preghiera per le autorità, nella visita del 1595 c’è questa
prescrizione: «in tempo di guerra, peste et fame faranno processioni con devotione; pregheranno
sempre Nostro Signore Dio per il felice stato della Santa Chiesa, per Sua Santità et Maestà, con
tutta la casa reale, per la Signora Baronessa della Terra et per tutto il popolo christiano». A.
DENISI, L’opera pastorale ..., p. 214.
26 Riporto la domanda dei fedeli della chiesa di S. Pietro, con il relativo rescritto vescovile: «Ill.mo
e Rev.mo Monsignore, l’infrascritte et devote persone della città di S. Agata, supplicando fanno
intendere a V.S. Ill.ma come desiderano unirsi et far congregatione seu confraternita sotto il titolo
et fundatione di S. Pietro, nella quale confraternita si potessero essercitare in spirituali esercitii.
Perciò, havendo determinato far questa santa opera, supplicano humilmente a V.S. Ill.ma resti
servita darci licentia et facultà d’effetuare cossì santo esercitio, supplicando ancora l’assegni il
loco, desiderando andare per humiltà nell’ultimo loco nelli processioni. E il tutto si riceverà in
gratia di V.S. Ill.ma. Ut Deus». Le altre domande chiedono anche di poter vestire l’abito adatto da
confratelli.
Ed ecco il rescritto del vescovo: «Erigatur et fundetur, in nomine Domini, retroscripta sodalitas in
ecclesia S. Petri et gestent saccos albos, servata in omnibus et per omnia, forma constitutionum
nostrae primae sjnodus dioecesanae, parte 3, capite I. Et expediatur bulla in forma. Datum in
civitate S. Agathae, die 23 mensis maij 1610». Visite (1610) ff. 615 r et v.
27 Visite (1618) f. 428 v.
28 A. DENISI, L’opera pastorale ..., p. 375.
29 Ibid., p. 290.
30 La prescrizione dice: «ob id essent significandi et condemnandi; nihilominus, attenta potius
eorum ignorantia quam malitia, fuit, pro hac vice tantum, clementer per Suam Rev.mam
Dominatinem dispensatum. Cum comminatione et iniunctione quod si de coetero non paruerint,
condemnabuntur ad solvendum de proprio, praeter alias poenas quas ipse, suo arbitrio, reservat».
Visite (1605) f. 81 v.
31 Visite (1605) f. 337 v.
32 «Sodales omnes, involuti saccis sepeliantur vel in sindone circumvoluti». Visite (1610) f. 413 r.
33 Per Montebello: «Item, mandatur su poena excomunicationis et aliis arbitrio nostro reservatis,
omnibus et quibuscumque clericis, magistris confraternitatum, confratribus, aliisque cuiuscumque
gradus et conditionis, quod in festibus et sollemnitatibus quarumcumque ecclesiarum, etiam in die
Jovis sancti, non audeant coenas parare, nec dulciaria seu collationes et potationes ex vino
distribuere, in dictis ecclesiis eorumque coemeteriis seu convicinis locis earundem eccesiarum,
neque alibi ex eleemosinis ecclesiarum, nisi de nostra licentia». A. DENISI, L’opera pastorale ..., p.
278. Anche a Pentidattilo si ordina espressamente che i rettori delle confraternite non devono
dissipare le elemosine: «ne consumentur in commessationibus et ebrietatibus». Ibid., p. 288.
Appendice
Nel volume da me curato dal titolo L’opera pastorale di Annibale D’Afflitto, Arcivescovo di
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Reggio Calabria (1594-1638), La Goliardica, Roma 1983, alle pagine 368-379, vengono riportati
gli statuti di alcune confraternite, ed in particolare di quelle del SS. Sacramento, della Dottrina
Cristiana ed alcuni schemi con cui debbono essere governate tutte le altre costituite presso chiese,
ospedali o altre istituzioni della diocesi. Rimandando a quegli statuti, registrati nel Sinodo
diocesano del 1595 e che vengono continuamente richiamati nel corso delle visite pastorali, ho
ritenuto opportuno trascrivere in questa appendice gli statuti della Confraternita della Carità,
fondata nel 1616, e quelli del SS. Rosario che, pur risalendo al pontificato di Pio V, portano
l’impronta del D’Afflitto. Trascrivo inoltre il resoconto effettuato in occasione della visita pastorale
che il D’Afflitto ha fatto alla città di Reggio nel 1617.
Statuti e relazioni delle nove confraternite di cui si riporta il testo manoscritto originale.
Le confraternite visitate sono così denominate:
1. - Confraternita della Carità, fondata nel 1616.
2. - Confraternita del SS. Rosario, risalente al pontificato di Pio V.
3. - Confraternita di S. Maria de Conceptione (Immacolata), presso la chiesa de Melissa, fondata
nel 1520.
4. - Confraternita Beata Vergine de Conceptione, presso la chiesa de Pennis, 1601.
5. - Confraternita S. Michele Arcangelo lo grande, fondata nel 1493.
6. - Confraternita S. Michele Arcangelo lo piccolo, senza data di fondazione.
7. - Confraternita Vergine di Portosalvo, dei marinai, fondata nel 1604.
8. - Confraternita di S. Giuseppe, fondata nel 1552.
9. - Confraternita di S. Carlo, dei mastri muratori, fondata nel 1612.
Gli statuti presentano disposizioni e dettagli che non si ritrovano in quelli codificati nel Sinodo del
1595, non solo per quanto riguarda la vita spirituale e morale dei confratelli, ma anche per le
finalità ed attività previste, maggiormente qualificate sul piano sociale. Si parla, infatti, di
assistenza spirituale, oltre che ai malati di sepoltura da dare ai poveri; l’assistenza materiale ai
poveri viene estesa agli appartenenti a famiglie benestanti cadute in povertà, con particolari
accorgimenti di riservatezza per rispettare il loro decoro sociale. Almeno quattro di queste
associazioni sono sorte durante l’episcopato del D’Afflitto, segno di una sua iniziativa
promozionale. Della confraternita della Carità, presso l’ospedale di S. Margherita, viene riportata la
bolla di erezione in data 1 aprile 1616. Da sottolineare l’iniziativa laicale testimoniata da una lettera
di richiesta indirizzata all’arcivescovo da 11 sottoscrittori espressamente elencati.
Dalle dettagliate relazioni emerge la consistenza numerica con l’elenco nominativo dei soci, la
composizione laicale di ogni classe sociale, con qualche sparuta presenza di sacerdote e chierico, i
cognomi delle famiglie reggine del tempo, ed infine qualche cenno ai beni in dotazione alle singole
confraternite.
Si avverte la particolare attenzione e qualche eccezione privilegiata per le confraternite assistite dai
domenicani e gesuiti, con una stima singolare per questi ultimi che vengono richiesti per le
esortazioni in occasione delle elezioni.
Ed ora, ecco la trascrizione di statuti e relazioni delle nove confraternite.
Visitatio civitatis
1.
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Visitatio Sodalitatis Charitatis
Die 26 mensis Maij 1617
Prosequendo ipse Rev.mus Dominus visitationem Confraternitatum huius civitatis, hodie,
supradicta die, visitavit dictam Confraternitatem, et comparuerunt offitiales infrascripti, cum bulla
erectionis, eorum institutionibus et libris accepti et expensi, et coeteris necessarijs pro recta
visitatione, prout fuerunt requisiti. Et offitiales et ministri qui comparuerunt sunt infrascripti:
Jacobus Laboccetta, rector; Johannes Vincentius Foti et Franciscus Bosurgi, assistentes; Paulus
Loghoteta, secretarius; Johannes Dominicus Filocamo, thesaurarius; Franciscus Suppa et Joseph
Marra, sacristae; Petrus Melissari et Pompeus Moriscianus, eleemosinarij; Didacus Parisi et
Antoninus Morabito, nuntij; Johannes Oliva et Nicolaus Oliva, ostiarij.
Bulla erectionis est tenoris sequentis:
Annibal De Afflictis, Dei et Apostolicae sedis gratia
Archiepiscopus Rheginus, universo clero et populo huius
nostrae Rheginae civitatis (300 r)
salutem in Domino.
Noveritis quod pro parte nonnullorum devotorum eiusdem civitatis, cupientium magis ac magis in
dies in Domino proficere ac eius famulatui propensius se dicare et in eius vinea fructus bonos
facere, fuit nobis humiliter porrecta supplicatio tenoris sequentis:
Ill.mo et Rev.mo Monsignore,
Paolo Loghoteta, Scipione Prato, Bernardino Malgeri, Ottaviano Parisi, Giuseppe di Capua, Cesare
Benassai, Jacomo Laboccetta, Gioanne Stapani, Pietro Melissari, Gioanne Domenico Filocamo,
Gioanne Vincenzo Foti et altri devoti, desiderosi essercitare l’opere di carità nella Confraternita
sotto questo santo nome, supplicano V.S. Ill.ma concederli licentia et la sua santa beneditione,
acciò nella chiesa et loco ben visto a V.S. Rev.ma si possi fundare et erigere detta Confraternita et
governarsi con le regole et instruttioni et portare l’insegne et habito che a V.S. Rev.ma parerà,
offerendosi prontissimi obedirli et esseguirli per beneficio dell’anime loro et del prossimo. Con
ogni riverenza et obedienza, ricevendo tutto a gratia et favore particulare.
Et per Nos, attenta praedictorum petitione, fuit interpositum decretum tenoris sequentis:
Fundetur et erigatur Sodalitas praedicta in Hospitali Sanctae Margheritae huius civitatis, in quo
componatur oratorium et coetera necessaria quae opus erunt, pro adiumento et commodo dictae
Sodalitatis, servata, in omnibus et per omnia, forma instructionum prout in prima nostra Sjnodo
dioecesana et etiam quae specialiter (300 v) dictis Sodalibus traditur observanda in eorum regulis et
statutis. Et ad futuram rei memoriam expediatur bulla fundationis et erectionis in forma, in nomine
Domini.
Datum Rheggij, 25 Martij 1616.
† Annibal Archiepiscopus
Nuper vero, ex eorundem parte, fuit nobis denuo supplicatum ut de huiusmodi erectione bullas in
forma authentica, ad futuram rei memoriam, expedire dignaremur. Nos enim, piis eorum desideriis
similiter inclinati, et ut in futurum de dicta erectione authentica fides appareat.
(Unde) auctoritate nostra ordinaria, qua in his fungimur, ac omni alio meliori modo, via et forma
quibus de iure melius possumus, erectionem praedictae Sodalitatis, nuncupatae della Carità, in
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dicto Hospitali S. Margheritae, confirmamus, approbamus, ratificamus et creamus. Et, quatenus
opus est, de novo in perpetuum erigimus, ita quod praedicti oratores, eorum successores in
Sodalitate pro spe existentes, pro exercitiis spiritualibus et aliis negotijs ad regimen et spirituale
exercitium Sodalitatis pertractandis, discutiendis et concludendis in ipsomet Hospitali S.
Margheritae, in una se convenire valeant. Dantes eisdem paesentibus sodalibus, et successive
futuris, facultatem gestandi talares saccos ex panno lineo, vulgo nuncupato tela di Borgogna, cum
cingulis, pileis, palliolis seu mantellettis et calceamentis leonini coloris, etiam in processionibus
pubblicis, ac quaestuandi et ab omnibus Christi fidelibus eleemosinas exigendi, amotis capsulis ab
oratoriis, iuxta formam constitutionis Clementis Papae VIII, felicis recordationis, easque
expendendi. Servata in omnibus formam capitulorum seu constitutionum primae nostrae Sjnodus
dioecesanae habitae anno 1595, pars. I, cap. 3°, pro universali regimine Sodalitatum emanatorum,
et ea etiam quae specialiter (301 r) dictis sodalibus traditis sobservanda, in eorum regulis et statutis.
Mandantes omnibus et singulis nostrae iurisdictionis, mediate vel immediate subiectis, sub poena
obaedientiae et aliis arbitrio nostro, quod in huiusmodi confratres et sodales recipiant et tractent,
dantes omne auxilium et favorem, ita quod ipsa Sodalitas, semotis impedimentis, vim, magna
populi aedificatione, in dies magis a magis crescat. In cuius rei testimonium, has praesentes, quas
propria manu subscripsimus, per infrascriptum Curiae nostrae actuarium fieri, ac sigilli nostri
impressione muniri mandavimus.
Datum Rheggij, in Archiepiscopali Palatio nostro, die prima mensis Aprilis 1616, Pontificatus
SS.mi D. N. D. Pauli divina providentia Papae quinti, anno eius undecimo feliciter. Amen.
† Annibal Archiepiscopus
Locus sigilli. Ill.mus et Rev.mus Dominus Archiepiscopus mandavit mihi, Presbitero Nicolas
Francisco de Mesiano, actuario (301 r).
Statuta supradictae Sodalitatis sunt quae sequuntur:
Statuti della Confraternita della Carità, eretta in questa città di Rheggio al primo del mese di Aprile,
l’anno 1616.
Cap. I
Del numero di officiali, modo e forma di eligerli.
Per il buon governo della Compagnia, la prima domenica dopo (301 v) l’ottava del SS.mo
Sacramento, ogni anno, faranno li fratelli l’elettione di loro officiali, cioè il Rettore, doi Assistenti
seu Consiglieri, un Cappellano, un Segretario, un Maestro di novizij, doi elemosinieri per ogni
parochia della città, doi Nunzij, un Sacristano, un Portinaro, un Camerlingo, seu Casciero; la quale
elettione si dovrà fare dopo confessati e comunicati li fratelli, e notificata otto dì prima per farsi
qualche oratione a devotione particolare per la bona elettione in soggetti qualificati et a proposito
da tante opere pie e spirituali che haverà di maneggiare la Compagnia.
Venuta dunque la suddetta giornata, che sarà la prima domenica di ogni anno dopo pranzo nel
solito oratorio, con intervento di un padre della Compagnia di Giesù ovvero altro padre; e stando a
sedere tutti quattro al tavolino, cioè il Rettore, il Padre che farà l’esortazione et Assistenti, et alli
banchi ordinarij gli altri fratelli. Piglieranno li voti scritti ch’ognuno havrà portato scritto in una
cartella del nome e cognome di quell’officiale a chi vorrà concorrere, incomenciando dal Rettore. E
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li doi fratelli ch’havranno più voti al Rettorato resteranno per primo et secondo Assistente. E fornita
l’elettione di tutti si dirà il Te Deum laudamus; e dopo haver detto il Padre che haverà assistito
quattro parole d’esortatione all’officiali e fratelli intorno all’(302 r)osservanza delle constitutioni e
carità fra loro e del prossimo, se ne anderanno a case loro. Et attenderanno l’officiali vecchi
haveranno a carico, informandosi di quello doveranno fare nell’amministrato loro e li negotij che
restano di spedirsi et aggiustando li conti con il Camerlengo passato di tutto lo introito et esito del
suo amministrato, per vedersi nella prima congregatione.
Cap. II
Dell’offitio di ciascun officiale et prima del Rettore.
Il Rettore procurerà, con ogni diligenza, l’osservanza delle regole le congregationi ogni domenica.
E quella che sarà prima del mese, confessione e comunione, osservando sempre con il Maestro di
novizij l’andamento, vita e costumi di tutti fratelli, acciò da nessuno di loro si senta cosa sconcia et
inconveniente a tal Compagnia. Et essere avvisato dalle gose (sic) ch’alla giornata succedono alla
città e diocesi da possersi abbracciare e maneggiare da confrati per essercitare la carità e proponerli
in congregatione, acciò a suo loco e tempo si dispongano per la salute spirituale, pace et quiete e
soccorso alle necessità del prossimo, etiandio temporale, ch’è il principale (302 v) instituto della
Confraternita della Carità. Et ogni volta che si gionteranno chiameranno o padre della Compagnia o
altro padre a farsi l’esortatione, che sederà al tavolino con esso Rettore e li dui Assistenti,
intervenendo alli loro esercitij spirituali. Et al principio d’ogni Congregatione piglierà conto di
quanto havranno eseguito li fratelli, in particolare delli negotij che se li hanno incaricato per vedersi
l’esecutione et il fine che gli si dà. Et procurerà anco chiamare sempre ad ogni congregatione e loro
spirituali esercitij il proprio loro curato di San Giorgio, acciò resti appieno informato d’ogni cosa et
habbi la dovuta corrispondenza con l’altri Rettori della città, per li negotij che vanno succedendo,
dove si doveva impiegare la Confraternita.
Delli Assistenti seu Consiglieri
I doi Consiglieri, con il padre che farà l’esortatione, assisteranno sempre a tutte le congregationi,
sedendo tutti quattro al tavolino con il Rettore. Et il secondo Consigliero, che sarà il minore d’età,
noterà in un libretto li fratelli che mancano, per darne poi nota alli Nuntij per sapersi la cagione del
mancamento, si è infermità o absentia. E l’altro Consigliero terrà parimenti (303 r) il suo libretto
per notare l’opere di carità che s’havranno da eseguire quel mese dalli fratelli particolari, alli quali
s’havranno incaricati, a finché se ne pigli conto. La prima cosa, in ogni principio di congregatione,
che dovrà esser preposto dal Rettore.
Del Cappellano
L’officio del Cappellano sarà tenere tutte le cose dell’altare limpie e devotamente accomodate, con
tutti l’apparecchi necessarij per la comunione, litanie et altre devotioni che si doveranno fare dalli
fratelli. Et assieme con li deputati delli poveri per le parochie alla distributione dell’elemosine, che
si farà haver cura particulare delli fratelli ammalati, visitandoli e consolandoli, tenendo buona
intelligenza, particolarmente con i parochiano della curata di S. Giorgio de Gulferij, per quello che
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fosse bisogno dell’opera sua, per aggiuto della Compagnia; servendosi di quella campana per
convocar li fratelli. E di tutto il resto che bisognasse, anco per servitio dell’ammalati dell’Hospidale
e nel sepelire anco li poveri per le parochie, intervenendo con li propri curati e far provedere delle
cose necessarie, conforme al Rituario Romano (303 v).
Del Segretario
Il Segretario sarà persona diligente nella scrittura, havendo cura particolare che nel tavolino dove
sedono l’officiali si sij buon recapito di scrivere. Terrà in suo potere il sigillo della Compagnia. Li
sui armi sono il nome di Giesù, con lettere attorno che dichino Charitas. Terrà anco tre libri grandi:
e nel primo saranno notati tutti li nomi, cognomi e patria delli fratelli; nel secondo tutti li beni della
Confraternita, mobili e stabili, et nota di tutte l’elemosine che si fanno, con le altre spese ordinarie
et straordinarie che si possino confrontare con il libro che tenerà il Camerlengo; nel terzo si
noteranno tutte le determinationi et resolutioni che si faranno nella Confraternita, in ogni
congregatione et giuntamento che faranno, notando sempre quel padre della Compagnia di Giesù,
ovvero altro che haverà assistito in quel giontamento.
Del Maestro di Novizij
Il Maestro di Novizij sarà persona di età matura et a guisa di Maestro di cerimonie della
Compagnia, instruendo li fratelli in che modo si havranno da esercitare nell’opere della carità, il
silentio ch’havranno d’osservare, non solamente nell’oratorio, ma in tutte la chiese, dove non s’ha
da murmurare di fatti di nessuno, né di (304 r) trattare altre facende né negotij non toccanti a
spiritualità et alle opere di carità. E che nell’oratorio nessuno entri con spada, né si faccino prattiche
soverchie per li fratelli che s’haveranno da ricevere; e che siino d’età legitima e non contumaci di
civile o criminale e di buona vita e costumi, acciò d’ogni cosa sii ben informato il Rettore, prima di
proponerli in congregatione.
Delli Elemosinieri
Li Elemosinieri s’eligeranno tre volte l’anno, non durando l’offitio loro se non quattro mesi, acciò
possino soffrire il travaglio e se ne faranno dua per ogni parochia, che saranno sedeci in tutto. E
terrà ogni buona corrispondenza con il suo parochiano, sapendo li poveri ed infermi che ci sono e li
giorni che s’ha da cogliere l’elemosina e distribuirsi ai poveri. E particolarmente stare avvertiti
della carità che si dovrà dare alli poveri vergognosi et altri genti honorati; che non si facci
pubblicità se non con ogni secreto debito, confidando con il parochiano solamente o del
Penitenziero o di qualche padre della Compagnia, acciò non si sappi né pubblichi la persona (304
v).
Et a questi tali sarà sempre bene soccorrerli con denari et effettivamente farci comprare grano e
pagare qualche debito.
Delli Nuntij
Li doi Nuntij assisteranno sempre con il Rettore per li bisogni della Compagnia. Si eligeranno
persone disbrigate e di buona gamba, acciò possino andare per tutto, dentro e fuori la città dove
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bisogna, e siino di poche parole e non pubblichino cosa alcuna di quanto il Rettore li commette et
di quello che si tratta in congregatione. Come dovranno anco fare tutti li fratelli, e con molta
obbedienza, senz’altra replica eseguiscano quanto s’egl’incarica.
Del Sacristano
Il Sacristano sarà obbediente a tutti officiali, in particolare al Cappellano, con il quale terrà buona
corrispondenza e terrà anco apparecchiate le cose necessarie dell’oratorio per li esercitij spirituali,
sepelir li fratelli e poveri e far provedere di magniare e lume a quelli che s’hanno da (305 r)
giustiziare. Et all’infermi che muoiono nell’Hospitale, farci assistere sempre il suo parochiano di S.
Giorgio et altri religiosi per aggiutarli a ben morire, avvisando delli mancamenti al Rettore con
molta diligenza.
Del Portinaro
Il Portinaro assisterà sempre alla porta dell’oratorio, alla quale attaccata la nota e catalogo di tutti
fratelli. E non lascierà entrare homo vivente che non sij confrate, senza licenza espressa del Rettore,
eccettuato il cappellano di S. Giorgio de Gulferio, che potrà e dovrà intervenire a tutte le
congregationi et esercitij di fratelli, acciò ch’ogni cosa, per minuta che sia, ne resti ben informato,
per l’intelligenza che conviene tenere con l’altri curati della città et Elemosinieri. Sarà il primo
all’andare e l’ultimo a partirsi. E non solamente havrà cura delle cose della porta dentro, ma della
porta fuori, quando li fratelli saranno congregati non si mettano genti ad ascoltare quello che si
tratta. Et la chiave dell’oratorio portarla sempre seco, et in caso di legitimo impedimento non
consegnarla a nessuno senza licenza del Rettore (305 v).
Del Camerlingo seu Casciero
Il Camerlingo tenerà il suo libro dell’introito et esito, bene agiustato di tutto il denaro che entrerà in
suo potere, ordinario et extraordinario, et non pagherà cosa alcuna senza mandato firmato dal
Rettore et Assistenti, sottoscritto anco dal Segretario. Et ne piglierà ricevuta dalla persona a chi si
paga. Et essendo elemosina secreta, che non conviene nominarsi la persona, si farà il mandato
diretto ad un padre della Compagnia, overo al proprio curato o penitenziero; e basterà per sua
cautela che qualsivoglia di loro facci ricevuta. Riscuoterà da tutti fratelli una a aquila il mese, per le
spese necessarie ch’occorrono farsi nell’oratorio.
Cap. III
Della età, qualità di fratelli e loro spirituali esercizij.
Li fratelli tutti saranno d’età d’anni vinti almeno, di boni costumi e fama, pacifichi, senza niuna
sorte di inimistà e non contumaci della Corte o criminale o civile, di qualità tale che si scorga in
loro attitudine a questi santi esercizij di possersi a loro giovare nel spirito et al prossimo, havendo
dato qualche saggio della vita ... (306 r).
La frequenza di santi sacramenti e qualche opera pia c’havessero administrato. Ogni prima
domenica del mese di confessaranno e comunicaranno nel proprio loro oratorio, overo al Gesù; e
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dopo haver fatto un poco d’oratione e congregatione, anderà ciascheduno a sentire predica dove li
parerà. Uniti tratteranno dell’aggiuto loro spirituale primieramente, e dopo del prossimo, intorno
alla pace che s’haverà da fare, elemosine che si dovranno raccogliere e distribuire, visita
d’ammalati e carcerati, sotterar li morti, aggiuto a ben morire li condannati della giustizia,
consolandoli tre dì et notte continue, accompagnarli al patibolo. E dopo ch’havranno finito le
conferenze e tutti li negotij, prima di partirsi diranno devotamente, senza cantare, le litanie de’ santi
con le preci et orationi solite. E con questo se n’anderà ogniuno in pace. E qualsivoglia di fratelli
che mancherà tre volte, senza legitimo impedimento, di uno di questi spirituali esercizij, come sono
confessione, comunione. Et gionta la prima domenica et altre domeniche e feste, sij casso senza
altra cerimonia; e non s’ammetta più, eccettuato quelli fratelli che sono della Congregatione del
Gesù, alli quali sij lecito frequentare la loro Congregatione del Gesù, alli quali sij lecito frequentare
la loro Congregatione et alli suoi (306 v) tempi confessarsi lì e comunicarsi. E non s’intenda
mancare alla Confraternita quante volte vanno lì, overo che il Prefetto loro l’occuperà nelli loro
esercizij et instituti.
Faranno ogn’anno tre processioni: il giorno et ottava del SS.mo Sacramento et il Giobbia (sic) santo
dopo pranzo, ammettendo in compagnia loro tutti e qualsivoglia devoti che vorranno disciplinare.
Et alle ventiquattr’hore si raccoglieranno, acciò possino con tempo andarsene ogn’uno a casa sua,
prima che si serrino le porte della città.
A queste processioni, et a quelle anco ch’accompagnano alcun fratello a sepelire, come ad altri che
vanno a giustiziati, dovranno intervenire tutti, senza mancare alcuno. Al sepelire poi l’altri
poverelli, basterà che vadino almanco dodici per accompagnare il SS.mo Crocifisso, con dui
candelieri lunghi di legno, con doi blandoni accesi.
In tutte le processioni il Pendone, non li porteranno se non li fratelli della Compagnia cola faccia
coperta. E nella processione di disciplinanti il Giobbia santo, dove anderanno dei devoti, tutti
porteranno sacchi di battenti, senza insegna particolare che possino essere conosciuti, se non sacchi
comuni. Come (307 r) anco dovranno fare li propri fratelli della Compagnia che si vorranno battere.
Et a modo alcuno, né per strada né per l’oratorio, si porti vino, né confettioni per magniare e bevere
li fratelli che si battono; et in caso che fosse bisogno qualche poco di vino per le discipline, si porti
in qualche catino modestamente.
Sodales qui in praesentia adscripti sunt supradictae Sodalitati.
Paolo Loghoteta
Cesare Benassai
Camillo Sirti Gio. Domenico Trapani
Francesco De Masi Gio. Pietro Politi
Giuseppe Capua minore
Pietro Melissari
Gio. Domenico Filocamo
Diego Parisi
Sebastiano Lamantia Francesco Suppa
Paolo Bosurgi
Francesco Bosurgi
Marc’Antonio Speranza
Paolo Capurri
Gio. Domenico Spanò Pietro Spanò
Giuseppe Rota
Gio. Domenico Barone
Ottaviano Parisi
Francesco Lapalla
Lattanzio Spanò
Jacopo Laboccetta
Coletta Oliva Gio. Vincenzo Foti
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Gioanne Oliva
Geronimo Capurso
(307 v)
Paolo di Miceli
Francesco di Miceli
Cesare Bosurgi
Gio. Andrea Cama
Simeone Schimizzi
Giuseppe Mazza
Pompeo Morisciano Pietro Foti di Gio. Domenico
Geronimo Foti
Bartuccio Melissari
Gio. Simone Spanò
Martino Oliva
Francesco di Pietro Cola Maria Valentino
Oratio Campolo
Gio. Pietro li Chiani
Filippo Ijdari Cesare di Bitto
Paolo Marra Gio. Domenico La Iuvara
Filippo Bunulo
Antonino Morabito
Francesco Romeo
Ottavio Mandica
Cola Maria Menga
Marc’Antonio Cavagliotta
Cola Maria Marino
Salvatore Arcudi
Battista Rota Giando Macroleo
Francesco Pellicanò Virgilio Musco
Nunzio Politi (308 r)
(Visita pastorale del 1617 alla città di Reggio, ff. 300 r-308 r)
2.
Visitatio sodalitatis Santissimi Rosarij
Die 28 mensis maij 1617
Post visitationem Sodalitatis Charitatis, visitavit ipse rev.mus Dominus Sodalitatem SS.mi Rosarij.
Et comparuerunt frater Joseph Monsolinus, Hierosolimitanae religionis, Johannes Antonius
Genuensis, Santonius Gatto, Paulus Jaria, Consalvus Genuensis, Petrus Gatto, Antoninus Furnari,
Paulus de Diano, Petrus Angelus Novello, Lucas Strati, offitiales Sodalitatis, cum eorum
constitutionibus et libris accepti et expensi, et coeteris necessariis ad visitationem, prout fuerunt
requisiti.
Et fuit Sodalitas praedicta olim erecta, auctoritate ordinaria, in conventu Fratrum Ordinis
Praedicatorum, nuncupata il SS.mo Rosario, virtute bullae Pij Papae quinti, felicis recordationis,
per quam conceditur Religioni Ordinis Praedicatorum ubique locorum, Sodalitates praedictae
erigere posse sub titulo SS.mi Rosarij. Utuntur praedicti confratres saccis albis cum almuccceis, seu
mantellettis, nigris. Et intersunt pubblicis processionibus. Et anno quolibet, die sabbathi sancti,
magno apparatu et ornatu, processionaliter veniunt ad Metropolitanam Ecclesiam cum misterijs
Resurrectionis Domini nostri Jesu Christi, cum magna (f. 309 r) populi frequentia et devotione. Et
omnibus dominicis et festis diebus qui ex praecepto servantur, conveniunt omnes in conventu
SS.mi Rosarij, in oratorio secus altare SS.mi Rosarij, cum interventu rev.di patris prioris, ubi
exercent nonnulla pietatis et charitatis opera, et sacramenta frequentant secundum formam
quorundarum constitutionum, quas exhibuerunt. Et quia non sunt, iuxta praescriptum in prima
Sjnodo dioecesana, quae ab omnibus sodalibus servari debent, absque diminutione et immutatione,
ob id mandat ipse rev.mus Dominus quod eas recipiant et servent ad unguem, absque alia
immutatione, prout infra adnotabitur.
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Statuti per la Confraternita del SS.mo Rosario, fundata in questa città di Rheggio, nel convento
di Padri di S. Domenico, cavati dalla prima Sinodo diocesana et consignati ad essi offitiali et
confrati in questa presente visita generale a 28 di maggio 1617
Essendo questa Confraternita antichissima nella città et di grandissima devotione, fundata al
principio (f 309 v) che si pigliò il convento delli rev.di Padri di S. Domenico, con licenza
dell’Ordinario, in virtù della bolla apostolica di Pio quinto, di felice memoria, che possano li sudetti
padri nelli loro conventi erigere confraternità del SS.mo Rosario. Acciò vadi sempre aumentando et
crescendo la devotione in questa presente visita generale, havendosi moderato li loro antichi
constitutioni, se gli danno le seguenti, redutti a miglior forma, secondo l’ordine di già dato a tutte
Confraternità della diocesi. Et perciò ordiniamo a tutti offitiali, maggiori e minori, presenti et chi
pro tempore saranno, doverli osservare puntualmente.
Cap. I
Del numero dell’offitiali, modo et forma d’elegersi.
La prima domenica dopo la festa del SS. Rosario, ogni anno, tutti li fratelli farranno l’eletione delli
offitiali seguenti, cioè: un Rettore, duoi Assistenti seu Consiglieri, un Cappellano, un Segretario, un
Maestro di Novizij, un Sacristano, un Camerlingo, duoi Nunziij et un Portinaro. Et si doverà fare la
eletione dopo tutti confessati et comunicati, et notificata otto dì prima per farsi oratione et qualche
devotione particolare, raccomandando al Signore la buona eletione (310 r).
Venuta dunque la suddetta giornata, che sarà la prima domenica dopo la festa del SS. Rosario, si
gionteranno tutti fratelli, dopo pranzo, nel solito loro oratorio al convento delli Padri di S.
Domenico, con intervento del padre priore o da un loro Padre mandato da essi. Et stando a sedere
tutti quattro al tavolino, cioè il Rettore, il Padre che farà l’esortatione et Assistenti - et alli banchi
ordinarij l’altri fratelli - piglieranno li voti secreti ch’ognuno havrà portato scritto in una cartella del
nome e cognome di quell’offitiale a chi vorrà concorrere, incomenciando dal Rettore; e li fratelli
che havranno più voti al Rettorato resteranno per primo e secondo Assistente. Et fornita la eletione
di tutti, si dirà il Te Deum laudamus. Et dopo haver detto il Padre che havrà assistito quattro parole
d’esortatione all’offitiali e fratelli, intorno all’osservanza delle regole et carità, unione fra di loro et
del prossimo, se n’anderanno a casa et attenderanno li nuovi offitiali ad incaricarsi delli libri,
sigillo, scritture et negotij che l’offitiali vecchi haveano a carrico, informatosi di quello doveranno
fare nell’amministrato loro. Et li negotij che restano di spedirsi aggiustando li conti con il
Camerlingo passato di tutto l’introito et esito del suo amministrato, per vedersi nella prima
congregatione (310 v).
Cap. II
Dell’offitio di ciascheduno offitiale, et prima del Rettore.
Il Rettore procurerà con ogni diligenza l’osservanza delle regole, le congregationi a suo tempo et
che ogni prima domenica di mese si confessino et comunichino tutti, osservando con il Maestro di
Novizij l’andamenti, vita e costumi di tutti fratelli, acciò che da nessuno di loro si senta cosa
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sconcia et inconveniente a tale Confraternita. Et stij sempre avvertito all’occorrente di confrati,
tanto nel spirituale come nel temporale, acciò possino essere soccorsi et aggiutati nelli loro bisogni,
con la carità che si spera. Et ogni volta che si gionteranno intervenerà il padre priore del convento,
o altro padre mandato da essi a fare l’esortatione, che sederà nel tavolino con esso Rettore et li duoi
Assistenti. Intervenendo all’esercitij spirituali al principio d’ogni congregatione piglierà esso
Rettore conto di quanto haveranno esecuto li fratelli, intorno alli negotij che se gli hanno incaricato
per vedersi come s’haveranno finiti (311 r).
Dell’Assistenti seu Consiglieri
Lu duoi Consiglieri si troveranno sempre presenti a tutte le congregationi. Et il secondo, che sarà il
minore di età, noterà in un libro li fratelli che mancano, per darne nota alli Nuntij e saper la cagione
del mancamento, sia infermità o absentia; et l’altra seguente congregatione avvisarne il Rettore con
il suo compagno, et quando anco mancano delli soliti esercitij spirituali.
Del Cappellano
Terrà il Cappellano tutte le cose dell’altare limpie et devotamente accomodate, con tutti
l’apparecchi necessari per la comunione, litanie et altre devotioni che si doveranno fare dalli
fratelli. Et terrà cura dell’ammalati et carcerati et di tutti l’altri bisogni spirituali e temporali
ch’haveranno bisogno li fratelli per comunicarli con il Rettore et aggiutarli.
Del Segretario
Sarà il Segretario persona diligente nel scrivere et (311 v) haverà cura particolare che nel tavolino,
dove sono gli offitiali ci sij ogni recapito di scrivere. Terrà in suo potere il sigillo della Compagnia,
con l’immagine della Madonna SS.ma del Rosario, con le lettere attorno che diranno Sodalitas
SS.mi Rosarij. Terrà tre libri grandi: nel primo saranno notati tutti nomi, cognomi et patria di
fratelli. Nel secondo tutti li beni mobili e stabili della Confraternita, l’elemosine che si raccoglino et
le spese ordinarie et extraordinarie che si vanno facendo alla giornata, per confrontarli poi con il
libro del Camerlingo. Nel terzo libro si noteranno tutti li decreti e determinationi che si vanno
facendo nelle congregationi per il buon governo della Compagnia.
Del Maestro di Novitij
Sarà il Maestro di Novitij persona matura di età et a guisa di Maestro di cerimonie, per spatio di sei
mesi instruire sempre li fratelli nuovi, tanto nell’ationi et esercitij spirituali dentro l’oratorio come
fuori nelle processioni. Et sijno sempre l’ultimi, dando luogo alli più antichi et sopra tutto farli
guardare il silentio et secreto. Et s’informi bene dell’età et qualità di fratelli che s’hanno da
ricevere, acciò ni possi dar conto al Rettore (312 r).
Del Sacristano
Il Sacristano sarà obediente a tutti offitiali, in particolare al Cappellano, con il quale terrà buona
corrispondenza e terrà anco apparecchiate le cose necessarie dell’oratorio per l’esercitij spirituali; et
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particolarmente nel sepelire li fratelli defonti assistere con il curato per tutto che fosse necessario.
Del Camerlingo
Il Camerlingo, che sarà la cascia di tutto il denaro che entra alla Confraternita, terrà il suo libro
d’introito et esito bene aggiustato. Et non pagherà cosa alcuna senza mandato firmato dal Rettore et
Assistenti, et scritto et sottoscritto dal Segretario, pigliandone recevuta dalla persona a chi si paga.
Et quando occorresse distribuire qualche elemosina a persone di rispetto si farà il mandato diretto al
Parochiano, overo al Penitentiero; et basterà la loro recevuta senza nominarsi la persona a chi si dà
l’elemosina (312 v).
Delli Nuntij
Li duoi Nuntij assisteranno sempre con il Rettore per li bisogni della Compagnia. Saranno persone
diligenti et di buona gamba, acciò possino andare dentro et fuori la città, dove sarà bisogno; et di
poche parole, senza referire altro che quello l’haverà imposto il Rettore, et senza replica eseguirlo.
Del Portinaro
Assisterà sempre alla porta dell’oratorio il Portinaro. Et della parte di dentro terrà la nota et
catalogo di tutti fratelli et non lascerà entrare se non li fratelli, senza espressa licenza del Rettore. Et
quando sono li fratelli congregati stia avvertito a non lasciare ascoltare genti alla porta, ancorché sia
serrata, per non intendere quello che si tratta. Et in tutte le congregationi sij sempre il primo ad
andare et l’ultimo a partirsi (313 r).
Cap. III
Dell’età et qualità di fratelli et loro esercitij.
Li fratelli tutti saranno d’età d’anni venti almeno, di buoni costumi e fama, pacifichi, senza
inimistà, né contumaci della Corte, per civile o criminale, soliti a frequentare li santi sacramenti et
devoti, che in qualche opera pia et devota habbiano dato saggio di vita loro. Ogni prima domenica
del mese si confesseranno et comunicheranno al proprio oratorio, senteranno Messa, faranno le
conferenze spirituali et dette le litanie di santi. Se n’anderanno a sentir predica nel proprio convento
del Rosario o dove haveranno devotione. Faranno ogni anni, ultra le processioni ordinarie del
SS.mo Rosario dentro la chiesa, tre processioni pubbliche et sollenni: la prima la domenica di
Resurretione, a buonissima hora, con li soliti misterij che sogliono portare; la seconda il giorno del
SS.mo Sacramento et la terza l’ottava. In tutte le processioni (313 v) il pendone, torcie e candelieri
di legno non li porteranno se non li propri fratelli con la faccia coperta, non ammettendo secolari
per dentro la processione. Et li fratelli che mancheranno tre volte, senza legitimo impedimento, da
questi esercitij spirituali et con licenza de Rettore, si cassino dalla Compagnia.
Sodales, qui in praesentiarum adscripti sunt supradictae sodalitati, sunt infrascripti:
Fra Giuseppe Musolino
Gio. Antonio Genovese
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Jacinto Diano
Santonio Gatto
Paolo Geria Consalvo Genoese
Gaspare Diano
Pietro Gatto
Antonino Fornari
Pietr’Angelo Novello
Luca Strati Camillo di Diano
Abb. Lelio Mosolino Agostino Mosolino
Gio. Battista Mosolino
Geronimo Mosolino
Diego Strozzi
Gio. Pietro Geria
Scipione Bolani
Antonio Cacomala
Gian Leonardo Ruffo Gio. Jacopo di Jacopo
(314 r)
Gio. Michele Genoese
Ottavio Barone
Marco Barone
Tiberio Genoese
Vincenzo Loghoteta Antonello Diano
Francesco Bernabé
Fabritio Melissari
Fabritio Geria
Tolomeo Politi
Claudio Fornari
Marianello Vitale
Tomaso Dainotto
Nicolò del Giudice
Pompeo Cotrone
Stefano di Capua
Nicolò Attanà
Gioanne Lombardo
Gio. Domenico Sardica
Ruggiero Foti
Marcello Rigolino
Pomponio Oliva
Agostino Venetiano Filippo Cama
Paolo Brancati
Silvestro Sorace (314 v)
Paolo di Diano
3.
Visitatio Confraternitatis Sanctae Mariae de Conceptione,
in ecclesia vulgo nuncupata de Melissa
Die 28 mensis Maij 1617
Post visitationem Confraternitatis SS. Rosarij, comparuerunt offitiales huius Sodalitatis
Gloriosissimae Conceptionis, cum eorum constitutionibus et regulis, iuxta praescriptum in prima
Sjnodo dioecesana, et libris accepti ed expensi, prout fuerunt requisiti accedere ad visitationem. Et
praedicti offitiales qui comparuerunt sunt infrascripti: Antoninus Romeo, Nicolaus Maria
Pizzimenti, Mattheus Romeus, Dominus Antoninus Geria cappellanus, clericus Hiacintus Politi,
Michael Bachumi et Thomas Cotroneus. Et ex bulla quam exhibuerunt, expedita Romae,
decimanona mensis januarij 1520 per quondam rev. mum Archiepiscopum Rheginum Robertum
latinum Ursinum, sub pontificatu Leonis X, fel. rec. Constat de erectione et vetustissima
fundatione. Et exhibuerunt etiam constitutiones et regulas traditas per S. Rev.nam Dominationem,
iuxta praescriptum in sua prima Sjnodo dioecesana, quas in praesentiarum servant. Intersunt
pubblicis processionibus. Et (314 r) utuntur saccis lineis albi coloris, cum pileis et palliolis, seu
almuceis cerulei coloris.
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Et omnes sodales, qui in praesentiarum adscripti sunt supradictae Sodalitati, sunt infrascripti:
Clerico Hiacinto Politi
Francesco D’auronito
Nicolò Romeo
Marco Antonio Romeo
Nicolò Pizzi Gioanne Cardillo
Gioanne Giofré
Gio. Jacopo Romeo
Jacopo Citrino
Nicolò Maria Pizzimentti
Tolomeo Politi
Giuseppe D’auronito
Domenico Citrino
Jacopo Romeo
Rocco Filippone
Giuseppe Romeo
Matteo Romeo
Michäele Bachumi
Marc’Antonio Giufré Thomaso Cotroneo
Salvo Barilla Angelo Galanti
Salvatore D’auronito Conforo Costantino
Filippo D’auronito
Francesco Romeo
Francesco Morisciano
Francesco Cardillo
Redditus supradictae Confraternitatis fuerunt adnotati in visitatione eiusdem ecclesiae (315 v).
Mandat ipse rev.mus Dominus supradictis confratribus quod, anno quolibet, post festum SS.mae
Conceptionis, prima die dominica, eligantur novi offitiales, eo modo et forma prout praescribitur in
eorum constitutionibus.
(Visita pastorale del 1617 alla città di Reggio ff. 314 r-316 v)
4.
Visitatio Confraternitatis Gloriosissimae Conceptionis Beate Virginis,
in ecclesia vulgo nuncupata de Pennis
Die 28 mensis Maij 1617
Prosequendo ipse rev.mus Dominus visitationem Confraternitatum (316 r) huius civitatis hodie,
supradicta die, comparuerunt devoti viri Franciscus Strinerius, Paulus Ferentinus, Leonardus
Salinitri, Angelus Pasqualuni, Antoninus Saccà, Dominus Dominicus Castrusianus et Ferdinandus
Famà, offitiales et ministri praedictae Sodalitatis, com eorum constitutionibus, iuxta praescriptum
in prima Sjnodo dioecesana, et libris accepti et expensi, et coeteris necessariis ad rectam
visitationem, prout fuerunta requisiti. Et exhibuerunt bullam erectionis seu fundationis dictae
Sodalitatis, expeditam per Suam Rev.mam Dominationem anno 1601, die 17 mensis januarij. Et
obtinuerunt etiam indulgentias in forma, anno 1602, kalendis maij, Pontificatus Clementis Papae
octavi, fel. record. Utuntur saccis lineis albi coloris cum pileis et almuceis, seu palliolis, coerulei
coloris, et vexillo albo. Et intersunt anno quolibet, devote et reverenter pubblicis processionibus.
Qui sodales sunt infrascripti:
Dominus Dominicus Castrusianus
Franciscus Strineri
Paolo Ferentino
Leandro Salinitri
Angelo Pasqualone
Antonino Saccà
Palmieri Calvari
Paolo Foti
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Francesco Foti
Matteo Amodeo
Francesco Calvari
Diego Perrotta (316 v)
Ferrante Fama
Gio. Andrea Rigolino
Gio. Andrea Perrone Nicolò Ricca
Giuseppe Ricca
Gio. Domenico Spinella
Nardo Ciampa
Quibus sodalibus mandat ipse rev.mus Dominus quod servent regulas et constitutiones eo modo et
forma, prout iacent. Et novi offitiales, anno quolibet, eligantur, post festum Conceptionis Beatae
Virginis, prima die dominica immediate sequenti.
Bona mobilia et ornamenta ipsius Sodalitatis fuerunt adnotata in visitatione eiusdem ecclesiae.
Stabilia vero et iura censualia, quae possidet, sunt quae sequuntur.
Gio. Filippo Battaglia, di Rheggio, paga aquile quindici di
censo, sopra una casa dentro Rheggio, contrada S.to Eustochio 1.5
Olimpia Connivione, paga ogni anno aquile dudeci
1.2
Vidua Giuseppe Malgeri, un scudo di Sicilia
1.0
10
Gio. Angelo Foti, alias Bivacqua
1.2
0
Antonino Cama, figlio di Mico di S.ta Dominica,
paga aquile otto perpetue
0.8
(317 r)
Heredi di Giorgello Monsirano
1.0
0
Gio. Domenico Mentola, paga aquile venticinque bullati 2.5.0
Ferrante Diano, paga un docato 1.0.0
Il colleggio della Compagnia di Giesù di Rheggio,
come herede dell’Abbate Paolo Campolo
1.5.0
Gio. Filippo Battaglia, paga aquile quindici ut supra,
quali lasciò il quondam Antonino Campulo, et è obligata essa
Confraternita alla celebratione di una Messa
ogni quindici giorni, il venerdì, per l’anima della q.dam
Hippolita Melissari, conforme l’ordine di Sua Sig.ria Rev.ma
1.5.0
Angelo Schimizzi, come herede di Gio. Pietro Schimizzi,
paga ogni anno aquile quindici per li quali è obligata
essa Confraternita alla celebratione di una Messa ogni
quindici giorni, il lunedì, per l’anima del q.dam
Paolo di Silvestro
1.5.0
Coletta Catalano, paga di censo perpetuo
3.0.0
Gio. Domenico li Chiani
3.0.0
.......... Palumbo .......... 0.1.11%
(317 v)
(Visita pastorale del 1617 alla città di Reggio, ff. 316 r-317 v)
5.
Visitatio Sodalitatis Santi Angeli, nuncupati Lo Grande
Die 28 mensis Maij 1617
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI REGGIO CALABRIA NE...TE E NEI SINODI DELL’ARCIVESCOVO ANNIBALE D’AFFLITTO
Post visitationem Sodalitatis Conceptionis Gloriosissimae Virginis, comparuerunt devoti viri
Ottavius Correnti, Franciscus Cinnerius, Michäel de Amico, Sebastianus Lamantea, Dominicus
Sebastianus Angi, Filippus Cinerius et Didacus Gatto, offitiales praedictae Sodalitatis cum eorum
libris accepti et expensi, regulis et constitutionibus et coeteris necessarijs ad visitationem, prout
fuerunt requisita. Et fuit dicta Sodalitas, olim auctoritate ordinaria erecta et fundata in ecclesia santi
Michäelis Arcangeli, vulgo nuncupata lo Grande, ut constat ex bulla expedita per quondam
vicarium generalem rheginum Guglielmum de Userijs, die ultima augusti 1493, tempore Alexandri
sexti, fel. record. Quae etiam bulla fuit confirmata a q.dam Rev.mo Archiepiscopo de Fosso, die 12,
anno 1584 et anno 1593. Obtinuerunt etiam supradicti confratres indulgentias et confirmationem a
Clemente octavo, fel. (318 r) record . Utuntur saccis albis, almuceis, seu muzzettis, cingulis et
pileis rubri coloris. Et instructiones seu constitutiones servant iuxta praescriptum in prima Sjnodo
diocoesana, prout fuit eis iniunctum in praecedenti visitatione. Intersunt pubblicis processionibus,
omni quo decet ornatu. Et curam omnimodam poenes se detinent circa ornamentum et fabricam
ecclesiae s.ti Angeli, prout latius fuit adnotatum in visitatione illius ecclesiae, cum omnibus bonis
mobilibus et stabilibus, quae inpraesentiarum Sodalitas ipsa possidet.
Et confratres omnes sunt infrascripti:
Sebastiano Lamantea Ottavio Corrente
Francesco Cinneri
Paolo Cinneri
Angelo Mosciarela
Diego Romanò
Filippo Cinneri
Diego Gatto
Francesco Jannò
Nicolò Altomonte
Angelo Brancati
Antonino Candaca
Gio. Angelo Saraca
Gio. Domenico Candela
Marco Pensabene
Simone Humila (318 v)
Natalino Cangemi
Gio. Battista Caserta
Gio. Herrigo Megalizzi
Antonello Cappelluto
Rinaldo Costa
Gio. Battista Laboccetta
Santoro di Ditto
Marcello Foti
Michele d’Amico
Francesco Milardi
Nunzio Tunza Geronimo Pensabene
Nicolò Bilardo
Giuseppe Lafaci
Fabriti Gangemi
Matteo Foti
Dosio Barreca
Gio. Nicolò Barreca
Paolo Lachanà
Angelo Laface
Salvatore Malavendi Gio. Maria Romeo
Paolo Romeo
Gio. Domenico Rigolino
Nicolò Maria Romeo Jacopo Romanò (319 r)
(Visita pastorale del 1617 alla città di Reggio; ff. 318 r-319 v)
6.
Visitatio Confraternitatis Santi Michäelis Arcangeli;
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI REGGIO CALABRIA NE...TE E NEI SINODI DELL’ARCIVESCOVO ANNIBALE D’AFFLITTO
vulgo nuncupati Lo Piccolo
Die 28 mensis Maij 1617
Post visitationem alterius Confraternitatis gloriosi santi Michäelis Arcangeli, comparuerunt devoti
viri rev.dus Dominus Petrus Laboccetta, Marcus Antonius Pizzata, Johannes Baptista de Bitto,
Dominus Fabritius Brancati, Tiberius Genuensis et clericus Johannes Laurentius Trimili, offitiales
supradictae Sodalitatis, cum regulis, iuxta praescriptum in prima Sjnodo dioecesana, et libris
accepti et expensi, et coeteris necessarijs, prout fuerunt requisiti ad visitationem.
Supradicta Sodalitas fuit erecta et fundata auctoritate ordinarii, prout patet in praecedenti visitatione
et ex bulla expedita, quam exhibuerunt. Servant, omni qua decet reverentia et devotione, regulas et
constitutiones, quibus in omnibus et per omnia reguntur. Et intersunt pubblicis processionibus, cum
saccis lineis albis, cingulis, almuceis, seu mozzettis, pileis et vexillo rubei coloris. Curam gerunt
ecclesiae supradictae santi Angeli quoad ornatum, fabricam et missarum celebrationem. Bona
mobilia huius Sodalitatis fuerunt adnotata (319 v) in visitatione supradictae ecclesiae santi Angeli;
stabilia vero quae possidet est quodam viridarium in agro rhegino in regione vulgo nuncupata
l’Arangía, relictum a quondam Lucretia Cannizzone pro dote puellae orfanae pauperae quae,
quolibet anno, in matrimonium locari debet, ut constat ex testamento suparadictae in actis Notarij
Ascanij Candido, anno 1610. Et ut rite et recte, prout decet, supradictae testatoris voluntas
adimpleatur, mandat ipse rev.mus Dominus, quod electio dictae orfanae, anno quolibet, fiat
praesente parocho santi Georgij de Gulferio, intra cuius fines est Sodalitas ipsa et ecclesia praedicta
santi Angeli.
Devoti viri, qui supradictae sodalitati se adscripserunt, sunt qui sequuntur:
Dominio Pietro Laboccetta
Domino Fabritio Brancati
Marc’Antonio Pizzata Gio. Battista di Bitto
Tiberio Genoese
Clerico Gio. Lorenzo Trimili
Matteo Cannizzone
Gio. Andrea Cama
(320 r)
Pietro Nastasi
Andrea di Geronimo
Georgio Conte
Gio. Battista Cafari
Federico Napolitano Ottavio Laface
Michele Catanoso
Francesco di Nava
Francesco Nastasi
Gio. Pietro Ginneri
Francesco Conte
Gio. Bernardo Trimili
Domenico Galluzzo Filippo Lauria
Giacomo di Geronimo
Vincenzo Pizzata
Luca di Geronimo
Gio. Herrigo Castelli
Gio. Domenico Caadaran
Scipione Lattuchella
Gio. Leonardo Greco Clerico Gio. Herrigo Pizzata
Gioanne d’Alfano
Mariano Altomonte
Giuseppe Altomonte Gio. Domenico Ginneri (320 v)
(Visita pastorale del 1617 alla città di Reggio, ff. 319 r-320 v)
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7.
Visitatio Confraternitatis Gloriosissimae Virginis,
Vulgo nuncupatae de Portosalvo
Die 28 mensis Maij 1617
Hodie, supradicta, die, prosequendo ipse rev.mus Dominus visitationem, comparuerunt rev. dus
abbas Desiderius Nava U.J.D, canonicus, et devoti viri Joseph Pirrellus, Dominicus Calafatus,
Stefanus Ciriacus, Marianus Sergius, Filippus Vallanus, Joseph Versaci et Johannes Baptista Sacco,
offitiales ipsius Confraternitatis, cum eorum regulis et constitutionibus et libris accepti et expensi,
et coeteris requisitis ad rectam visitationem. Et ex bulla quam exhibuerunt constat Sodalitatem
praedictam fuisse erectam et fundatam in ecclesia santi Matthei, intra fines parochialis ecclesiae
santi Nicolai de Columnis, de licentia Suae Rev.mae Dominationis, die secunda mensis maij 1604,
ad instantiam quamplurimorum devotorum artis maritimae huius civitatis. Et postea, anno 1611, die
secunda mensis augusti, instantibus quamplurimis devotis huius civitatis, fuit ampliata facultas
aggregandi sodales non solum quoad devotos artis maritimae, sed etiam ad coeteros quoscunque
Christi fideles cupientes Omnipotenti Deo et Gloriosissimae Virgini famulari in ipsa Sodalitate. Et
postea, anno 1612, die 28 januarij, fuit praedicta Sodalitas aggregata (321 r) venerabili
Archiconfraternitati SS.mi Corporis Christi in collegiata santi Laurentij in Damaso, de Urbe, prout
patet ex bulla expedita Romae, ut supra. Et anno quolibet pubblicantur indulgentiae quas ipsi
sodales lucrantur.
Et in praesentiarum sunt infrascripti omnes confratres:
Abbas Desiderius Nava
Minico Ficara
Paolo d’Evoli
Paolo Caridi
Nino Barca Petro Pensabene
Gio. Domenico Galluzzo
Antonio Matteo Citrino
Natali Latella Petro Arlotto
Pompeo Porcello
Gio. Francesco Catefano
Giuseppe Montealbano
Oliveri Nicastro
Paolo Li Conti
Paolo Brancati
Oratio Macaleusi
Cola Gioanne Melito
Nino Li Conti
Giuseppe Pirrello
Filippo Galluzzo
Francesco Spanò
Mariano Sergi
Stefano Chiriaco
Domitio Calafato
Filippo Calafato
Gio. Battista Sacco
Giuseppe Versaci
(321 v)
Marcello Ficara
Natale Salvatore
Petro Pastizzo
Nino Ferrandico
Diego Versaci
Antonino Porcello
Gio. Battista Carrello Francesco Galluzzo
Bittio Jannà Andrea Vadalà
Gio. Andrea Parisi
Oratio Citrino
Francesco Parisi
Jacopo Salerno
Paolo Galluzzo
Ottavio di Simone
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Paolo Zuccalà
Francesco Maurella
Paolo Puturtì Matteo d’Amato
Marc’Antonio Rognetta
Giallo Alampi
Gio. Ruberto Venetiano
Marc’Antonio Rappoccio
Filippo Li Conti
Cosmo Galluzzo
Qui omnes servant constitutiones saccis, pileis, almuceis, seu mantellettis, et vexillo coerulei
coloris. Devote et reverenter intersunt pubblicis processionibus. Bona stabilia et mobilia fuerunt
adnotata in visitatione ecclesiae santae Mariae de Portosalvo, quae olim erat santi Matthei (322 r).
Mandat ipse rev.mus Dominus supradictis offitialibus et sodalibus quod ecclesia semper clausa
detineatur et non aperiatur nisi certis horis, quando conveniunt omnes sodales pro eorum exercitijs
spiritualibus. Et quanto citius conficiant oratorium, prout fuit eis iniunctum in visitatione ecclesiae
supradictae.
(Visita pastorale del 1617 alla città di Reggio, ff. 321 r-322v)
8.
Visitatio Sodalitatis Sancti Joseph
Die 29 mensis Maij 1917
Hodie, supradicta die, comparuerunt ad visitationem devoti viri: venerabilis presbiter Joseph
Moriscianus, Santorus Panso, Joseph Murra, Andreas Moriscianus, Antoninus Calabrò, Angelus
Moriscianus, Henricus Lafaci et Vincentius Moriscianus, offitiales dictae Sodalitatis, cum
constitutionibus et regulis, libris accepti et expensi et coeteris necessarijs ad visitationem. Et ex
bulla erectionis, quam exhibuerunt, patet Sodalitatem ipsam fuisse erectam et fundatam in dicta
ecclesia, auctoritate ordinaria, a quondam rev.mo Archiepiscopo Gonzaga anno 1552, et per S.R.D.
(322 v) confirmatam in generalibus visitationibus et praesertim anno 1601. Ipsi sodales servant
constitutiones et regulas iuxta praescriptum in prima Sjnodo dioecesana. Pubblicis processionibus
intersunt et curam gerunt ecclesiae gloriosi sancti Joseph circa ornatum, fabricam et missarum
celebrationem, prout latius fuit adnotatum in visitatione illius ecclesiae. Ac etiam circa bona
mobilia et immobilia. Utuntur in processionibus saccis albi coloris, vexillo, pileis seu mantellettis
violaceis.
Et omnes devoti viri, praedictae Sodalitati adscripti, sunt qui sequuntur:
Gio. Dominico Ijdari Prete Giuseppe Morisciano
Jacopo Casili Gio. Domenico Morisciano
Andrea Morisciano
Sebastiano Morisciano
Giuseppe Murra
Angilello Morisciano
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI REGGIO CALABRIA NE...TE E NEI SINODI DELL’ARCIVESCOVO ANNIBALE D’AFFLITTO
Antonino Palumbo
Giuseppe Foti
Stefano Checco
Enrico Lafaci
Geronimo Sartiano
Francesco Ijdari
Nicodemo Assenti
Francesco S.ta Catrini
Religno Maesano
Francesco Murra
Domenico Greco
Gio. Antoni Pinna
Gratiano Porchi
Paulo Spanò
(323 r)
Gio. Domenico Tavella
Rocco Comi
Marcello Latella
Nicolò Jacopo Gio.zza
Giuseppe Sergi
Paolo Marino
Candiloro Fargalà
Ottavio Catura
Francesco Pensabene Prete Gio. Battista Ponzo (323 v)
Santoro Ponso
Antonino Ponso
Vincenzo Morisciano
(Visita pastorale del 1617 alla città di Reggio, ff. 322 v-323v)
9.
Visitatio Confraternitatis Santi Caroli
Die 29 mensis maij 1617
Post visitationem Sodalitatis sancti Joseph, hodie, supradicta die, comparuerunt ad visitationem
infrascripti devoti viri (323 v):
Rev.dus D. Nicolaus Joseph Nervari, Ottavius Catura, Johannes Petrus Gullì, Dominicus
Protopapa, Franciscus Zuccarello et Andreas Filocamo, offitiales dictae Sodalitatis, cum eorum
instructionibus, iuxta praescriptum in prima Sjnodo dioecesana, libris accepti et expensi et coeteris
necessarijs ad visitationem. Et ut patet ex bulla fundationis, quam exhibuerunt, constat fuisse
erectam praedictam Sodalitatem auctoritate Suae Rev.mae Dominationis anno 1612, die 7 Julij, in
ecclesia noviter dicata divo Carolo, Archiepiscopo Mediolanensi, quae olim nuncupabatur santus
Nicolaus de Cleonomo, intra fines parochialis ecclesiae sancti Nicolai de Blanchis. Supradicti
sodales pubblicis ecclesiae sancti Nicolai de Blanchis. Supradicti sodales pubblicis processionibus
intersunt omni qua decet reverentia et devotione. Utuntur saccis lineis albi coloris et almuceis, seu
mantellettis, et vexillo rubeis. Curam gerunt ecclesiae supradictae santi Caroli, quoad fabricam,
ornatum et missarum celebrationem.
Et omnes devoti adscripti Sodalitati sunt qui sequuntur:
Nicolò Giuseppe Nervari
Ottavio Catura
Gio. Petro Gullì
Domenico Protopapa
Francesco Zuccarello Andrea Filocamo
Vincenzo Norcia
Geronimo Bivacqua
Scipio Menga
Jacopello Camardi
(324 r)
Bartulo Filocamo
Marc’Antonio Bivacqua
Candiloro Fargalà
Nunzio Cucuzza
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Valetino Zangari
Santoro Sergi
Salvo Zangari Gio. Domenico Miliadò
Confidio Zangari
Ottavio Altomonti
Gio. Angelo Zangari Francesco Altomonti
Francesco Culurisi
Andrea Spinella
Domenico Gullì
Nicolò Morabito
Giuseppe Gullì
Mariano Menga
Ottavio Greco
Paolo Filocamo
Francesco Canciano Gio. Andrea Strati
Gio. Gregorio Canciano
Luca Li Conti
Natali Canciano
Aloisio Facchineri
Francesco Gio. Ndirriggio
Antonino Menga
Francesco Melissari Gioanne La Face
Domenico Spinella
Oratio Rigolino
Placido Altomonti
Georgio Camardi
Gio. Lorenzo Catura Antonello Battaglia
(324 v)
Nicolò Maria Suraci Benigno Maisano
Gio. Simone Zuccalà Gio. Antonio Liceli
Quibus omnibus mandat, ipse rev.mus Dominus, quod in omnibus et per omnia oboediant
Cappellano, eius mandatis pareant. Et ecclesia, certis et debitis horis, aperiant; et post missarum
celebrationem et quando sodales conveniunt pro eorum spiritualibus exercitijs, clausa detineant.
(325 r)
(Visita pastorale del 1617 alla città di Reggio, ff. 323 v- 325 r)
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI REGGIO CALABRIA NE...TE E NEI SINODI DELL’ARCIVESCOVO ANNIBALE D’AFFLITTO
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI GERACE (OGGI LOCRI - GERACE)
LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI GERACE (OGGI LOCRI - GERACE)
Enzo D’Agostino
Il primo testo normativo che conosciamo sulle confraternite della diocesi di Gerace (oggi
Locri-Gerace) 1 è rappresentato dalla costituzione sinodale edita dal vescovo Vincenzo
Bonardo nel 1593 2. Ivi, il presule, osservato che il numero di tali istituti attivi nella città
e nella diocesi era non parvus, auspicava che gli associati vivessero in modo conforme
alle regole sociali, che nessuno di loro osasse indossare l’abito senza l’assenso dei
confratelli, che venissero ammessi soggetti probos et morigeratos ed esclusi i discolos et
facinorosos; esortava a frequentare gli edifici di culto partecipando alle funzioni sacre,
accostandosi ai sacramenti, ascoltando i predicatori; lodava la consuetudine di avere
cappellani propri.
Passando alla parte più esplicitamente normativa, il vescovo stabiliva (volumus) che gli
venissero comunicati annualmente i nomi degli ufficiali, che i procuratori presentassero
il resoconto della gestione anche essi annualmente, e che l’eventuale attivo venisse speso
o per restaurare gli oratori o per altri fini d’istituto: ciò allo scopo dichiarato di evitare
che le rendite, depositate a lungo presso terzi, divenissero di fatto indisponibili. Quanto
ai privilegi ed al diritto di precedenza, niente doveva essere innovato rispetto al passato;
invece dovevano essere eliminate ed abolite le eventuali consuetudini di organizzare
banchetti (convivia sive ientacula) e di dispensare regalucci e dolci (munuscula et
bellaria) a spese delle confraternite; infine, nuove confraternite potevano essere erette
soltanto dietro esplicita licenza vescovile 3.
Siamo di fronte, come ben si evince, ad un tentativo coraggioso di mettere ordine in un
settore che evidentemente sfuggiva completamente al controllo della curia. Quella di
Gerace non era invero una situazione isolata. È stato osservato dal Meersemann e dal
Pacini che, prima della costituzione clementina Quaecumque (7-12-1604), «raramente
una confraternita chiede l’approvazione all’ordinario eccetto quando non può farne a
meno, specialmente se il vescovo si mostra diffidente nei confronti del sodalizio: allora
la richiesta mira ad ottenere un oratorio ed un cappellano propri. In Italia, fino a qualche
decennio dopo il Concilio di Trento, i vescovi non si occupano affatto delle confraternite
laicali o lo fanno malvolentieri quando la curia romana li obbliga per qualche motivo
particolare» 4. Sotto questo aspetto, pertanto, il vescovo di Gerace fu un precursore,
avendo evidentemente ben capito quale carica vitale contenessero in sé le confraternite.
Ma, a noi, tale costituzione sinodale interessa anche perché suggerisce almeno un paio di
deduzioni:
a) se alla fine del Cinquecento si registrava la consuetudine di organizzare nelle chiese
banchetti e regalucci, ciò vuol dire che le origini e le tradizioni di parecchie confraternite
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI GERACE (OGGI LOCRI - GERACE)
geracesi erano un retaggio dell’epoca più propriamente medievale, epoca della quale purtroppo - manchiamo assolutamente di notizie; soltanto qualche vaga informazione ci
suggerisce di risalire, con le confraternite di battenti (ma di esse abbiamo soltanto i
titoli), al XV o XIV secolo;
b) il fatto che alla fine del Cinquecento esistesse un numerus non parvus (erano circa 90)
di confraternite conferma che il periodo conciliare e postconciliare fu, in questa diocesi,
un periodo prolifico quanto alla promozione di attività formative e di forme di vita
associativa 5.
Recenti e fortunate acquisizioni di materiali archivistici hanno consentito di incrementare
notevolmente le conoscenze sulle confraternite geracesi. Mi riferisco alla scoperta,
nell’Archivio di Stato di Ascoli Piceno, ed al successivo trasferimento nella Sezione di
Archivio di Stato di Locri, del cosiddetto Fondo Gerace 6, un fondo archivistico che
comprende, tra l’altro, ben 5 volumi di verbali di visite pastorali del periodo 1541-1594,
cioè di carte che consentono di documentare con precisione quasi assoluta - le lacune che
pur si riscontrano nei verbali non sono irreparabili - l’incremento almeno quantitativo
delle confraternite geracesi dal pre- al postridentino. Dai suddetti verbali si ricava che
tali associazioni, da 38 che erano nel 1541-43, diventarono 92 nel 1594, e 100 nel 1603,
secondo i dati di un’altra fonte 7. Si tratta, come ben si vede, di un incremento del 163%
in 60 anni; e poiché nello stesso 1603 gli abitanti della diocesi erano circa 28.000 (forse
meno), ne consegue l’esistenza di una confraternita ogni 280 abitanti (ivi inclusi,
ovviamente, le donne ed i bambini). Sono dati molto significativi, che diffondono nuova
luce sull’attivismo dei vescovi geracesi postridentini ed avvalorano l’affermazione dello
Sposato, secondo il quale essi - insieme con tanti altri prelati calabresi -, «con febbrile
operosità, si votarono all’applicazione dei decreti tridentini, che è quanto dire al
risanamento della propria diocesi» 8. Limitando il discorso alle confraternite, Tiberio
Muti (1538-1552) promosse l’istituzione di quella del SS. Sacramento nella Cattedrale di
Gerace e, quasi certamente, in altre chiese matrici della diocesi; Andrea Candido (15521574) sappiamo che favorì la nascita di altre confraternite; Ottaviano Pasqua (15741591), scrive egli stesso, «Apostolica benignitate Indulgentias Sodalitatum Conceptionis,
Rosarii, S. Mariae, Nominis Jesu, Trinitatis convalescentium, Redemtionis Captivorum
Hieracii atque in Dioecesi, orationemque, quam vocant XXXX horarum, introduxit» 9.
Fu, così, grazie a vescovi illuminati, che, anche favorendo l’istituzione delle
confraternite, si cercò di calare tra il popolo lo spirito tridentino per consentire la
partecipazione ai benefici spirituali delle riforme.
Purtroppo, in questa diocesi, i frutti non furono abbondanti, e le condizioni generali
rimasero veramente precarie. Sempre limitando il discorso alle confraternite, la
sottolineata prodigiosa propagazione non significò davvero progresso e promozione di
vita, anzi, tanto più esse erano numerose, tanto meno conseguivano i fini per cui
venivano fondate, e servivano per indebiti arricchimenti dei procuratori, non certo
sovvenivano alle necessità dei soci. Il vescovo Orazio Mattei (1601-1622) si occupò
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI GERACE (OGGI LOCRI - GERACE)
delle confraternite con determinazione e, oltre a pretendere dai procuratori il resoconto
annuale, vietò che l’incarico durasse più di un anno. Sul piano spirituale, poiché in sacris
vigeva la più spaventosa anarchia, impose che venissero recitati soltanto i salmi
penitenziali e le orazioni alla Beata e sempre Vergine Maria, eliminando tutte le
preghiere manoscritte non approvate 10.
Delle confraternite si occupa anche il sinodo celebrato dal vescovo Vincenzo Vincentino
nel 1651, ma ivi l’approccio è ben diverso. Il titolo stesso della costituzione sinodale è
indicativo: non più De Confraternitatibus laicorum, come nel 1593, ma De
Procuratoribus Ecclesiarum, Hospitalium et Confraternitatum. L’attenzione, dunque, si
concentra sulla figura del procuratore, al quale si ordina di rendere i conti annuali con
assoluta puntualità. Ai procuratori, specialmente delle confraternite del SS. Sacramento,
viene addebitato dai parroci l’abuso di detenere nelle proprie case tutta la sacra
suppellettile necessaria quando si porta il viatico agli infermi: il sinodo ordina che tale
abuso finisca e che la suppellettile venga conservata in chiesa, con le dovute garanzie.
Quanto poi ai confratelli, ad essi vengono rivolte le sollecitazioni usuali:
«Quotiescumque ad solemnes convocantur processiones, studeant iisdem interesse
frequentes, cum omni pietate ac modestia, et sine pileis seu (ut dicitur) berrettinis
laicalibus, et propriis sed cum caputiis, si pileos coloribus propriae confraternitatis non
habeant: Crebro item se in omni piorum operum genere se exerceant; Sacrosancto Christi
Corpore saepius reficiantur, et alia id genus peragant, quibus alios exemplo suo ad
Divinorum mandatorum observantiam valeant inflammare» 11.
Nessuna attenzione alle confraternite viene riservata dal Sinodo del 1704 12, celebrato
dal vescovo Domenico Diez (1689-1729), ma nei superstiti verbali delle visite pastorali
di qualche anno dopo 13, tutte eseguite da delegati, a causa della tarda età del presule,
non si fa fatica a cogliere qua e là, nella vita concreta delle nostre associazioni, sintomi
di degenerazione e di diffuso deterioramento. A riprova, ecco le severe prescrizioni
contenute nell’editto che il successore del vescovo Diez, Idelfonso Del Tufo (17301748), emanò durante la sua seconda visita pastorale (1731), dopo aver riscontrato lo
stato di completo sfacelo in cui versava la confraternita del SS. Sacramento di Grotteria:
Dovendo le confraternite usare varij esercitij di pietà e caminare sotto dovute ed
approvate regole con numero decente per farsi merito davanti a Dio, e guadagnare le
concedute indulgenze, perciò comandiamo a tutte e ciascune confraternite che,
congregati more solito i fratelli, stabiliscano le dovute regole in caso non l’abbiano, ed a
noi le trasmettino per darsi la necessaria approvazione. E quando le abbiano le rileggano
ponendole puntualmente in esecutione dichiarandosi aggregati alla confraternita quelli
che vorranno osservarle, e non parteciparvi d’essa, né degni d’avere tal nome, quei che
non vorranno osservarle. Del che alla più lunga per la settimana santa vogliamo averne
tutte le informationi sotto pena della scomunica ipso facto incurrenda, acciò possiamo
Noi fare le dovute determinationi, e quando Iddio ci conceda far la terza visita possiamo
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI GERACE (OGGI LOCRI - GERACE)
trovarle ben regolate ed esercitate ne’ dovuti atti di pietà.
Il decreto si conclude così:
Che le confraternite, quali non avranno regole, o non avranno decente numero, dovendo
essere almeno di otto, o non eserciteranno i congruenti atti di devotione e di pietà,
saranno da Noi perpetuamente abolite, e se vi sarà qualche rendita la impiegheremo o in
beneficio della di loro cappella, o in altro uso pio, che stimeremo più proprio per lo
servitio di Dio 14.
Altra spia delle difficoltà di quel momento è senz’altro la diminuzione del numero delle
confraternite attive, scese, dal picco massimo delle 105 documentate nel 1641, a meno di
80 alla vigilia della firma del Concordato del 1741. Quel clima di regalismo prepotente
fu d’altra parte immediatamente letale per un’altra diecina di confraternite, e per tutte più attente alle lusinghe indipendentistiche che alle restrizioni economico-finanziarie che
conteneva - fu l’occasione per separarsi - se non per divorziare - dalle autorità
ecclesiastiche, creando condizioni di grave disagio nei rapporti. Credo che non possa che
attribuirsi a tali nuove situazioni il fatto che Cesare Rossi (1750-1755), il secondo dei
successori del vescovo Del Tufo 15, non accenni minimamente alle confraternite né nelle
relazioni per le visite ad limina Apostolorum 16 né nel Sinodo celebrato nel 1754 17. Ma
la cosa appare ugualmente strana, ed in contraddizione con la cura con cui questo stesso
vescovo censisce le confraternite durante le visite pastorali. Dai verbali che possediamo,
è possibile ricavare l’elenco dei circa 70 sodalizi in vita durante tale episcopato, e di tutti o quasi - il vescovo descrive puntualmente la divisa, indica gli oneri ed il procuratore,
accenna qua e là alle condizioni ed alle peculiarità riscontrate; a Platì, il 13 maggio 1751,
si adopera perché la confraternita del SS. Rosario venga ricostituita al più presto;
approvando le regole di altre confraternite, precisa che esse devono essere soggette alla
sua ordinaria giurisdizione ecclesiastica. C’è da rilevare, però, che durante le accennate
visite pastorali quasi mai le confraternite intervengono alle manifestazioni di accoglienza
del vescovo - sempre festose -, alle cerimonie e funzioni che vengono celebrate, alle
visite che vengono effettuate 18. Soltanto a Bovalino, il 25 aprile 1751, è segnalato
l’intervento dei confratres ad accompagnare honorificentissime il presule 19; per il resto,
il rapporto del vescovo è intrattenuto sempre con il rettore dell’oratorio o con il
procuratore. Tali atteggiamenti non possono che essere determinati dal clima di
sostanziale freddezza accennato. Una conferma di ciò credo che si legga senza difficoltà
nella relazione ad limina del 1760 del successore del Rossi, Pietro Domenico Scoppa
(1756-1793):
Oratoria et Ecclesiae quasi omnes erant de administratione ecclesiastica; post concordata,
praesertim vocato ad Urbem bonae memoriae Episcopo Del Tufo, earum
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI GERACE (OGGI LOCRI - GERACE)
administrationem laici sibi vindicarunt, exceptis locorum Giojosae, Mammulae, S.
Joannis, Syderonis et Ardoris, licet non omnes; et in tantum processit audacia, ut,
contemptis legibus Concordati, nec etiam deputato ab Episcopo rationes reddere velint,
quamvis per edicta S. Visitationis et per Encyclicas per me fuerint requisiti, unde ad
Tribunal mixtum relationes transmittere, si parere recusant, quamprimum proposui, etsi
dura sit Provincia obsolutum fraenum pristinum, ipsius dispositiones quae forsan
dabuntur abque impensis et contradictionibus exequi 20.
Una situazione, dunque, di grave difficoltà - denunciata anche nelle relazioni successive
21 -, nella quale al vescovo rimane appena il potere di intervenire in spiritualibus:
Quoad Loca Pia, Ecclesias Confraternitatesque et Montes Pietatis, quae fere omnes ad
manus laicorum petransierunt, eorumdem reditus in proprios usus convertunt, vix
supportatis oneribus, Procuratores, et quod reliquum est exactis rationibus nullo modo
successoribus persolvunt, nisi volentes, quia nulla in eos jurisdictione Nos uti possumus,
eorumdem tamen aedificia in meliorem statum redacta sunt, sacrisque supellectilibus
hactenus sufficienter provisum, non Visitationum Decretis, sed meis exhortationibus et
Ecclesiasticorum de dicto Collegio Mesuracae, quos continuo pro spiritualibus exercitiis
ad Clerum et Populum quotannis mittere solitus sum 22,
potere anche esso minacciato giorno dopo giorno:
Onera Missarum sive Ecclesiarum, sive Confraternitatum et Locorum Piorum, ut fideliter
adimpleantur nulla via providere potui, et eadem onera propria authoritate et
administratores et Confratres, imo et haeredes ad minorem numerem redigunt, et velle
me in his ingerere, molestias et perturbationes suscitarem, et nullum praestarem
remedium, satisque efficere arbitror, si exhortationibus meis et aliorum monitos saepius
reddam pro earumdem missarum adimplemento 23.
Lo scollamento dei rapporti con l’autorità ecclesiastica, insieme con le altre novità
introdotte dalla legislazione borbonica (le leggi di ammortizzazione del 1769-70
proibirono gli acquisti), segnarono la sorte di molte confraternite. Delle circa 70 in vita
intorno al 1753, soltanto 20 risulta che istruirono la pratica per ottenere da Napoli il
Regio Assenso, un altro laccio nella vita delle nostre istituzioni.
Ad aggravare la situazione, intervenne anche il terremoto del 1783, con le sue sequele di
morti e di distruzioni morali e materiali, e con le conseguenze nefaste della Cassa Sacra.
È da datare all’anno del flagello la cessazione definitiva di almeno 50 confraternite
geracesi 24. Tuttavia, anche durante quei terribili frangenti, ci furono tra le confraternite
guizzi di vitalità. Risulta, per esempio, che tra gli anni 1784 e 1798 almeno 5
confraternite - quasi tutte di nuova istituzione - chiesero a Napoli il R.A. 25.
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI GERACE (OGGI LOCRI - GERACE)
Da parte dei vescovi, però, rimase il distacco rilevato. Essi, dal momento che le
confraternite confermavano le loro tendenze autonomistiche, ritennero quasi di
doversene disinteressare, come appare evidente dai rapidissimi accenni che dedicano loro
nelle relazioni ad limina, come in questa (del 1788) del vescovo Scoppa:
Loca Pia, Hospitalia, Montes Pietatis, Confraternitates, si quae essent, abolita vel
suspensa fuere, sed aliqua restitui vel de novo institui, iuxta Instructiones et rescripta ad
petitiones spes est, unde in alia relatione, si de facto instituantur, et restituantur, muneri
meo satisfaciam 26,
o in quest’altra (del 1802) del vescovo Vincenzo Barisani (1797-1806):
De Hospitalibus, Collegiis, Confraternitatibus ac Pietatis Montibus, nihil est cur verba
faciam. Mutato quippe rerum statu, a cura Episcopali subtracta sunt, praeterquam quod
illorum redditus Arcae Sacrae jampridem addicti reperiuntur 27.
Sanatesi lentamente le spaventose ferite della seconda metà del Settecento, nei vari centri
della diocesi ci fu un fiorire di iniziative intese a ripristinare le antiche confraternite, o a
fondarne delle nuove, tuttavia senza che diminuissero in alcun modo i «sospetti» della
curia, come è comprovato dalle relazioni ad limina del vescovo Giuseppe Maria
Pellicano (1818-1833), che, relativamente alle confraternite, sono vere e proprie
fotocopie di quella già citata del Barisani 28.
Il clima sembra rasserenarsi alquanto con i suoi successori. Così, se Luigi Maria Perrone
(1834-1852) sembra manifestare soddisfazione per il fatto che in ogni paese della diocesi
esistano una o più confraternite 29, Pasquale Lucia (1852-1860) addirittura dipinge una
situazione quasi idillica, nella quale anche gli eventuali litigi si compongono senza
eccessive difficoltà:
Confraternitates, quae plurimae in Dioecesi sunt, omnes sunt laicorum, eaque bona
omnino non possident, atque pia opera exequuntur suis largitionibus ac stipe fidelium.
Episcopo parent in spiritualibus quoad omnia. Si quae altercationes cum respectivis
Parochis oriantur, auctoritate adhibita, compescuntur 30.
Le cose non stanno, però, così, e, nel sinodo celebrato nel 1879, il vescovo Francesco
Saverio Mangeruva, introducendo la costituzione «De Confraternitatibus laicorum»,
denuncia in modo accorato il sostanziale tradimento che dei principi di fratellanza fanno
gli aggregati: «... At ehu! quot nomen hoc sanctum inverecunde vituperant. Fratres
vocari ostentant, et Absalom, Ammon, Cain, filiosque Jacob haud in exempla sibi
sumere pudent. Cessent, quaeso! cessent tandem inter eos dissidia, contentiones, iurgia;
cessent aemulationes et odia, ambitio et avaritia, atque sola Christi regnet charitas.
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI GERACE (OGGI LOCRI - GERACE)
Quemadmodum in eorum statutis et vexillis, ita et in cordibus Religionem, Pietatem,
Charitatem inscribant» 31. Confermata, poi, la complessiva validità della costituzione
Quaecumque di Clemente VIII, il presule detta, in 25 paragrafi, le norme cui attenersi
non solo per l’erezione delle nuove confraternite, ma anche per la conferma e la
legalizzazione di quelle esistenti. Esse contemplano una sostanziale autonomia delle
confraternite nella gestione delle attività d’istituto, pur nel rispetto delle direttive
dell’autorità vescovile per tutto ciò che riguarda o abbia comunque connessione con le
cose spirituali; ricordano che l’aggregazione alle arciconfraternite romane consente il
godimento di indulgenze, non la creazione di privilegi; vietano ai direttori spirituali di
ingerirsi nell’amministrazione delle cose temporali e nell’elezione degli organi direttivi;
invitano i sodalizi a provvedersi di un proprio oratorio e di una sala idonea per le
riunioni; impegnano a soddisfare coscienziosamente i pii legati; invitano a mantenere
ben ordinato l’archivio 32.
Confortato da tale viatico, monsignor Mangeruva poté così esprimersi nella relazione ad
limina del 1880:
Confraternitates laicorum septem supra viginti universa in Dioecesi adnumerantur.
Directorem spiritualem earum unicuique dedi, qui Confratrum confessiones audiat,
verbum Dei praedicet, sacris functionibus, quae in oratorio peraguntur praesidet, easque
dirigat, ac demum ut omnia secundum constitutiones fiant legesque canonicas solerter
evigilet.
De bonorum administratione, adversantium legum civilium causa, rationes quaerere non
expedire putavi; numquam vero ut recte administrentur pervigilem esse praetermisi 33.
Più o meno le stesse cose il presule scrisse nelle relazioni successive, scandendo con
evidente soddisfazione l’aumento del numero dei sodalizi: 28 nel 1882, 29 nel 1886, 30
nel 1891 34; circa 35 saranno nel 1905, concludendosi il suo episcopato.
Nell’ultima sua relazione ad limina consultata, quella del 1891, oltre alle notazioni solite
sulla prudenza adottata nell’interessarsi delle cose temporali dei sodalizi, il presule
aggiunge anche due note interessanti. La prima è relativa ai beni immobili: «Nullum
sodalitium bona immobilia possidet» 35: tale in effetti era la condizione delle
confraternite geracesi dal 1783, da quando, istituita la Cassa Sacra, tutti gli enti del
genere erano stati espropriati di tutti i beni immobili, di cui le confraternite - non tutte, in
verità - nei secoli XVII e XVIII erano state sufficientemente (in qualche caso,
abbondantemente) dotate. L’altra è l’emissione di un altro grido di dolore: «Postquam
saecularis auctoritas se in hisce sodalitatibus intrusit, pietatis et religionis spiritus
permagno indiget labore, nedum ut augeatur, sed et ut servetur» 36.
Qui, in attesa di poter consultare altre serie di documenti - quali gli archivi più recenti
delle confraternite ancora in vita 37 - interrompo temporaneamente il viaggio più
squisitamente storico e mi soffermo più direttamente sulle fonti già utilizzate e sui
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI GERACE (OGGI LOCRI - GERACE)
problemi ed aspetti particolari della vita delle nostre istituzioni.
Fonti
I materiali utilizzati per questo studio provengono pressoché esclusivamente dagli
archivi, essendo la quantità e la qualità dei documenti editi sull’oggetto veramente
insignificanti. Anche la bibliografia è carente: oltre alle notizie reperibili qua e là nelle
«Storie» dei vari centri abitati della diocesi - tutte degne di attenzione per la pazienza e
l’amore con cui sono state raccolte, ma tutte bisognose di revisione critica e spesso di
interpretazione - non è possibile leggere che qualche articolo di mera divulgazione e
qualche e raro saggio di ambito troppo particolare 38. Questo studio ha pertanto richiesto
una fatica notevole, che è consistita nella consultazione dei seguenti fondi archivistici:
Sezione Archivio di Stato di Locri
Ho già accennato alla fortunata acquisizione del cosiddetto Fondo Gerace 39. Esso
comprende, oltre ai già ricordati 5 volumi di verbali di visite pastorali del periodo 15411594, anche un volume contenente le visite 1725-1729 del vescovo Diez e ben 45 volumi
contenenti i verbali delle visite eseguite dal vescovo Del Tufo tra il 1730 ed il 1746.
Non credo sia necessario che mi soffermi sulla natura e sul contenuto di tali documenti;
sottolineo soltanto che ora, dopo tale acquisizione, è possibile disegnare attendibilmente
il volto della diocesi di Gerace nella seconda metà del XVI secolo, finora pressoché
sconosciuto; della prima metà del XVIII secolo, della quale sapevamo già abbastanza,
ora sarà più facile puntualizzare parecchie cose, incominciando ad utilizzare la
possibilità di definire meglio la ancora misteriosa figura dello stesso vescovo Del Tufo
40.
Quanto alle confraternite, le notizie in tale fondo reperite consentono di averne il quadro
pressoché preciso - almeno quantitativamente - a cavallo del Concilio di Trento. Il che
non è certamente poco.
Archivio di Stato di Napoli
Nel fondo «Cappellano Maggiore, Statuti e Congregazioni» sono conservate le pratiche
settecentesche della richiesta del R.A. di 26 confraternite. Ogni pratica contiene la
petizione, le regole, gli atti istruttori ed il R.A. Non vi si trovano più le pratiche delle
confraternite S.M. di Pugliano di Gerace e S. Vittorio e SS. Rosario di Roccella, che
l’archivista Salvatore Blasco vide agli inizi del nostro secolo 41.
Archivio di Stato di Reggio Calabria
Il materiale relativo alle confraternite geracesi è conservato in varie buste dell’inventario
27: si tratta di pratiche aperte per ottenere il R.A. per la ripristinazione o l’erezione
nell’Ottocento di circa 30 confraternite. Oltre alle copie degli statuti settecenteschi o agli
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI GERACE (OGGI LOCRI - GERACE)
originali dei nuovi statuti e dei R.A., vi si reperiscono corrispondenza e provvedimenti
intorno alle più varie richieste dei sodalizi (insegne, privilegi, locali, etc.) ed alle contese
frequenti con gli arcipreti e con i parroci.
Archivio Vescovile di Locri-Gerace
A) Bollari dei vescovi: la serie è quasi completa a partire dal 1574 e di essi F. von
Lobstein ha pubblicato un utilissimo regesto 42, tuttavia non sempre sufficiente ad avere
un’idea del tesoro di informazioni che i bollari conservano. Particolarmente interessanti i
volumi dei vescovi Ottaviano Pasqua (1574-1591) e Idelfonso Del Tufo (1730-1748), i
quali, approvando le regole o l’erezione di una confraternita, ne accennano sempre la
storia, citando e spesso trascrivendo documenti oggi non più reperibili.
B) «Beni ecclesiali 1683»: si tratta di un grosso volume composto con gli inventari dei
beni mobili ed immobili degli enti ecclesiastici geracesi richiesti nel 1682 dal vicario
apostolico Alessandro Fidele. La raccolta presenta delle evidenti lacune, ma fornisce dati
interessantissimi su almeno 25 confraternite (spesso se ne ricava anche il numero degli
iscritti).
C) Visite pastorali: I verbali superstiti incominciano dal 1715 e, anche dopo il recupero
del Fondo Gerace della Sezione di Archivio di Stato di Locri, rimangono portatori di dati
preziosi. Veramente interessanti sono i verbali redatti dal vescovo Cesare Rossi nella sua
prima visita pastorale (1750-51), i quali, pur soffermandosi quasi esclusivamente sulla
situazione istituzionale e materiale, con accenni rari al livello della vita spirituale,
offrono un quadro preciso della diffusione dei nostri istituti a metà del XVIII secolo e
consentono utili riflessioni sullo stato dei rapporti tra autorità ecclesiastiche e
confraternite in quel periodo.
D) Fondo enti: vi sono conservati documenti a partire soltanto dal Settecento, e le cose
interessanti non mancano. Vi si ritrovano, tra l’altro, alcune platee o inventari
settecenteschi, grossi volumi compilati con cura, che ci consentono di leggere il
movimento dell’introito e dell’esito a volte di parecchi anni di seguito, in qualche caso di
7 od 8 decenni; vi si trovano anche alcune copie ottocentesche di statuti del Settecento e
le pratiche più o meno complete degli atti relativi a qualcuna delle numerose diatribe di
cui si ha notizia specialmente dall’Ottocento.
Archivio Segreto Vaticano
Dell’Archivio Segreto Vaticano, oltre alle relazioni (fino al 1891) per le visite ad limina
Apostolorum, che sono una fonte fondamentale per conoscere l’atteggiamento dei
vescovi nei confronti delle confraternite, è stato utilizzato a fondo il «Regesto» del
compianto padre Francesco Russo 43, consultando anche i documenti integrali quando
ciò è apparso di una certa utilità; dal «Regesto» sono emersi soprattutto dati relativi alla
concessione delle indulgenze.
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI GERACE (OGGI LOCRI - GERACE)
Malgrado l’accennata fatica, molto resta ancora sicuramente da fare:
a) la lettura approfondita e possibilmente sincronica degli statuti reperiti (25 del
Settecento ed altrettanti dell’Ottocento) e che possa essere ancora possibile reperire. Gli
statuti del Settecento appaiono tutti redatti, o in gran parte trascritti, per corredare la
richiesta del R.A. prescritta dal R.D. 29-6-1776; non è improbabile che alcuni di tali
statuti risalissero ad epoca anteriore, ma è una indagine ancora da fare;
b) lo scavo sistematico del fondo notarile della Sezione di Archivio di Stato di Locri,
nella quale sono conservati protocolli a partire dal 1538 e dove saggi sporadici (sui notai
di Castelvetere e di Gerace) hanno rivelato la presenza di buone informazioni sulle
attività imprenditoriali e finanziarie delle confraternite geracesi tra Seicento e Settecento;
c) l’esplorazione degli archivi delle pochissime confraternite ancora esistenti, nei quali,
però, la speranza di reperire materiali utili per le epoche più antiche sono davvero scarse.
Rapporti con la curia, le parrocchie, gli ordini religiosi
Quanto ai rapporti con il centro-diocesi, si è già evidenziato ciò che è possibile cogliere
dagli atti ufficiali dei vescovi e da altri rarissimi documenti.
Con gli arcipreti ed i parroci, anche quando questi ultimi risultano promotori delle
confraternite (le quali, però, hanno generalmente sede in una chiesa propria) prima o poi
i rapporti si deteriorano. In genere, le lagnanze degli ecclesiastici riguardano la
sovrapposizione delle attività religiose più comuni, ma spesso, quando è possibile
scavare tra le carte, emergono i motivi più veri delle diatribe, che vertono intorno
all’amministrazione delle rendite e delle elemosine, alla retribuzione per la celebrazione
delle cerimonie e funzioni religiose e delle feste, alla gestione dei funerali. Tutto ciò in
modo particolare nell’Ottocento; per i secoli precedenti, però, la mancanza di
documentazione non esclude davvero che potessero esistere occasioni consimili di
discussione.
Anche carente è la documentazione sul rapporto tra la presenza degli ordini religiosi e la
promozione di confraternite. Qui è opportuno avvertire che questa diocesi ha mantenuto
fino al 1480 il rito greco e che la presenza degli ordini religiosi latini è stata fino a tale
data molto sporadica e scarsamente incisiva. Poi, dagli inizi del XVI secolo, nel tempo,
si è consolidata la presenza dei Francescani (di tutte le famiglie) e dei Domenicani, ed
hanno fondato i loro conventi i Minimi, gli Agostiniani ed i Carmelitani; nel Settecento
c’è stata anche la presenza fugace dei Gesuiti (cfr. Tab. 8).
Ora, se è indiscutibile la parte avuta dai Domenicani (anche il vescovo Vincenzo
Bonardo, 1591-1601, era un domenicano, ed uno dei più vivaci missionari del medesimo
Ordine, Paolo Piromalli - 1591-1667, arcivescovo prima di Nassivan, in Armenia, poi di
Bisignano - era di Siderno) nella propagazione della confraternita del Rosario (sono
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI GERACE (OGGI LOCRI - GERACE)
attestate confraternite di tale titolo a partire almeno dal 1580 - Gerace e Gioiosa - e ben
pochi furono i centri della diocesi rimastine senza) 44, molto poco sappiamo della parte
sostenuta dagli altri religiosi. Risulta, almeno per il momento, che confraternite erano
installate soltanto nelle chiese dei Minori Osservanti di Bianco e di Gioiosa ed in quelle
dei Minimi di Gerace e di Roccella, ma tutto ciò è poco e non dice davvero granché sui
rapporti intercorsi tra confraternite e religiosi in questa diocesi 45.
Si conosce qualche caso di buon vicinato. A Gioiosa si realizzarono buoni rapporti tra la
confraternita del Rosario ed i Frati Minori Osservanti. In tale centro, dovendosi gli
Osservanti trovare una sede, fu loro assegnata pacificamente (a. 1593) la chiesa del SS.
Rosario, con il beneplacito della confraternita. La chiesa stessa, da allora in poi, si
chiamò dei Minori Osservanti, e nello statuto del 1780 (art. 4) della confraternita è
sancito l’obbligo di assegnare la direzione spirituale del sodalizio ad uno dei frati. Anche
a Gerace, la confraternita del Rosario ebbe sede in una cappella della chiesa dei
Conventuali di San Francesco d’Assisi.
Situazione di altro genere a Bianco. Ivi è documentata, a partire dal 1541, una chiesa
intitolata a San Francesco d’Assisi, sede di una confraternita quasi certamente omonima.
Durante il vescovato di Ottaviano Pasqua (1575-1591) tale chiesa fu assegnata ai
Cappuccini, stanziatisi a Bianco, e nel 1590 risulta in essa la presenza di una seconda
confraternita, intitolata alla SS. Concezione della B.M.V., evidentemente promossa dagli
stessi Cappuccini, a danno della precedente, che, infatti, nel 1594 fu invitata dal vescovo
Bonardo a trasferirsi nella chiesa di S. Marina 46.
L’arrivo di nuovi religiosi anche a Gerace comportò qualche disagio per una
confraternita, quella della SS. Trinità del Monte, la quale, nel 1585, dovette cedere la
propria chiesa ai Frati Minimi, con i quali si instaurarono rapporti verosimilmente
difficili se, nella visita pastorale del 9 settembre 1589, il vescovo Pasqua, rilevato un
allentamento delle attività della confraternita, ne ordinò il ripristino 47. Successivamente,
le cose si normalizzarono perché sappiamo che i Frati Minimi ebbero affidata la cura
pastorale del sodalizio.
Quantità
Il numero delle confraternite di questa diocesi è stato, specialmente nel passato più
lontano, considerevole, essendone state censite complessivamente ben 205 (cfr. Tab. 1).
Il momento più florido della loro esistenza è comunque da collocare intorno alla metà del
XVII secolo, nel 1641, anno in cui, in un documento ufficiale 48, è attestata la presenza
sull’intero territorio diocesano di ben 105 sodalizi (cfr. Tabb. 2 e 7). Grosso modo la
stessa quantità era presente all’inizio del secolo, e dai dati emersi nel corso di questo
studio, risulta che la gran parte di essi - circa 60 - furono fondati nella seconda metà del
secolo precedente, vale a dire dopo il Concilio di Trento, quando la diocesi godette della
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI GERACE (OGGI LOCRI - GERACE)
guida di alcuni pastori di prepotente personalità, tutti presi da frenetico attivismo (anche
se con risultati davvero inferiori agli sforzi) per seminare i semi del Concilio. Le notizie
della diffusione di queste associazioni in epoca preconciliare non sono abbondanti, ma
sappiamo per certo, dal verbale della visita pastorale di quell’anno, che nel 1541 erano
circa 40 49.
Leggermente fluttuante dalla metà del Seicento alla metà del Settecento, il numero delle
confraternite calò rovinosamente dopo il terremoto del 1783, che cancellò da sé o con gli
strumenti giuridici indotti la quasi totalità di esse.
Il fenomeno confraternale ebbe una ripresa, in questa diocesi, a metà dell’Ottocento; poi,
dopo una seconda cesura, riprese a farsi notare tra la fine del XIX e l’inizio del XX
secolo, nella parte terminale dell’episcopato di monsignor Francesco Saverio Mangeruva
(+ 1905). Nel decennio tra il ’30 ed il ’40 gran parte di tali sodalizi si estinse; dopo la
seconda Guerra Mondiale alcuni ripresero a vivere, e vivono tuttora, ma del tutto diversi
dai loro venerandi predecessori.
Quanto alla consistenza numerica delle singole confraternite, i dati posseduti consentono
delle valutazioni soltanto parziali ed approssimative (cfr. Tab. 5).
Nel Seicento e nella prima metà del Settecento, sembra che le confraternite fossero
proprie di pochissimi eletti, in genere dei capi delle famiglie nobili o di quelle che più si
avvicinavano ad un costume di vita simile a quello dei nobili; in questo caso gli aspiranti
dovevano essere laureati in utroque jure (si veda la confraternita del SS. Sacramento di
Gerace). Non mancavano sodalizi di civili e di umile gente, ma per questi la reperibilità
dei dati è ancora più difficile. In ogni modo, le confraternite costituivano circoli chiusi,
esclusivi, e vi si era ammessi per diritto ereditario (tale privilegio mi sembra di ogni
tempo e di ogni ceto sociale) o per cooptazione. Lo stesso numero degli aggregati è
molto significativo. Le 14 confraternite delle quali si hanno indicazioni relative al
Seicento (precisamente negli anni 1682-83) avevano un numero di aggregati variabile tra
8 e 17 50; dello stesso valore sono i dati di 12 confraternite della prima metà del
Settecento, da 5 a 20 51. Qui, però, abbiamo anche il caso di una confraternita, Maria SS.
Addolorata di Gerace, con 30-40 iscritti: vi sono ammesse anche le donne (che non
sembrano incluse nella cifra riferita), le quali partecipano soltanto alle attività interne
(neppure a tutte), che si svolgono al chiuso.
Quanto alla presenza delle donne, sappiamo pochissimo per le epoche più antiche.
Soltanto la confraternita S.M. della Sanità (Gerace) risulta utriusque sexus già alla fine
del XVI secolo, nel 1584, anno della fondazione 52. Poi, la presenza femminile
incomincia ad essere esplicitamente dichiarata a partire dal XVIII secolo. Nei verbali
delle sue visite pastorali, il vescovo Rossi la annota sempre, quando la riscontra. Ma il
ruolo delle donne è di evidente subordinazione. Già si è detto che non partecipano alle
manifestazioni pubbliche; addirittura, nessuna firma di donna è dato riscontrare nelle
petizioni per il R.A. o per la licenza vescovile, non solo nel Settecento, ma anche fino ad
epoca recente. Ha, dunque, del sensazionale (anche se siamo nel 1805) la constatazione
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI GERACE (OGGI LOCRI - GERACE)
che nella confraternita dell’Addolorata di Gioiosa Jonica era esplicitamente prescritta la
scelta «di una donna la più distinta pel buon costume fra le sorelle della congregazione,
che serva da Priore alle donne».
In genere, nelle confraternite non erano ammessi gli ecclesiastici. Alcune erano tuttavia
miste, di laici e di ecclesiastici, come quella di S. Filippo Neri a Mammola (documentata
dalla metà del XVIII secolo), ma gli ecclesiastici non avevano voce attiva né passiva.
Così era anche nella confraternita dell’Immacolata di Bovalino, ma ciò era stato
prescritto nel 1779 in occasione della concessione del R.A.: «... che gli Ecclesiastici, li
quali al presente si trovano ascritti in detta Congregazione, e quelli che si ascriveranno in
appresso non possano godere né della voce attiva, né della passiva, neque directe, neque
indirecte ingerirsi negli affari della medesima».
Dalla seconda metà del Settecento in poi il numero degli aggregati subisce un’impennata,
riscontrabile con il numero di firme della petizione per il R.A., che (e sono firme soltanto
di uomini) varia da 16 a 155, in rapporto - mi sembra - e alla popolazione dei luoghi e
alle confraternite funzionanti.
Ma le firme delle suddette petizioni rivelano anche l’esistenza di un altro fenomeno, che,
pur non essendo davvero isolato e peculiare di questa diocesi, tuttavia provoca curiosità e
lascia il rammarico di non poterne spiegare la genesi e la motivazione. Mi riferisco al
fatto che già nel Settecento si potesse aderire a più di una confraternita, come è
largamente documentato dal confronto delle firme apposte alla petizione per il R.A. delle
tre confraternite di nobili, tutte di Gerace, S.M. della Sanità, S. Giacomo e SS.
Sacramento:
S.M. della SANITÀ S. GIACOMO SS. SACRAMENTO
Francesco Scaglione Francesco Scaglione
Saverio Sergio
Saverio Sergio
Carmine Capogreco Carmine Capogreco
Iacopo Scaglione
Iacopo Scaglione
Pietro Piconeri
Baldassarre Capogreco
Nicodemo Bennati
Michele Arcano
Michele Arcano
Ettore Candida
Domenico Del Balzo
F.sco Antonio Del Balzo
Pietro Spina
Diego Spina
Diego Spina
Francesco Spina
Francesco Spina
Carmine Migliaccio
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI GERACE (OGGI LOCRI - GERACE)
Ferdinando Spina
Saverio Malarbì
Felice Malarbì Felice Malarbì
Agostino Sergio
Giuseppe Malarbì
Vincenzo Boromà (?)
Antonino Candida
Vincenzo Spina
Felice Arcano
Pasquale Capogreco
Carlo Migliaccio
Ivi non è fuor di luogo rilevare l’assoluta incompatibilità dell’appartenenza
contemporanea a S.M. della Sanità ed a S. Giacomo, mentre erano possibili tutti gli altri
intrecci e connessioni. Se poi andiamo a leggere i nomi del gruppetto di imprenditori
che, dopo il terribile terremoto del 1783, si adoperarono per ottenere l’appalto dei lavori
di ricostruzione della splendida Cattedrale (Pietro Piconeri, Michele Arcano, Antonino
Candida, Bruno Capogreco, Agostino Sergio, Agostino Arcano) 53, non facciamo fatica a
constatare che appartengono a soci delle confraternite della Sanità e del SS. Sacramento,
nessuno alla confraternita S. Giacomo, constatiamo, cioè, l’esistenza della medesima
incompatibilità. Che qualità di rapporti, dunque, offriva la nobiltà geracese di fine
Settecento?
L’epoca offre, comunque, anche esempi di più varia e meno discriminante composizione
sociale degli aggregati, sancita, in alcuni statuti, con la dichiarazione esplicita che
possono essere ammessi al sodalizio tutti. Così leggiamo nello statuto 1777 del SS.
Rosario di Canolo: «Art. 1: Essa confraternita non ammette distinzione di qualità di
persone, e quindi sono confratelli, e Dottori, e persone civili, e Massari, ed anche Mastri,
ed anche bracciali». La medesima liberalità contempla lo statuto della confraternita
Maria SS. del Carmine di Gerace, che prevede la possibilità di adesione per «quei che
sono di buoni costumi senza distinzione di ordine particolare di Persone, e quindi
possono essere Persone civili, Massari, Artefici, e Bracciajuoli»; neppure all’Addolorata
ci sono vincoli: «Essa confraternita ammette nella sua adunanza Persone Civili, Mastri,
Massari, ed altre simili persone senza distinzione veruna».
Ma non è ovunque così. Nella confraternita SS. Sacramento di Mammola, oltre a limitare
a 24 il numero degli aggregati, agli artt. 1 e 2 dello statuto si stabiliva che «nell’entratura
sempre avessero la preferenza le famiglie Nobili, e Civili» e che «tutti i Dignitarj sempre
fossero de’ Nobili». Tale concetto, ad evitare equivoci, veniva ribadito nell’art. 3: «Che
in detta confraternita non vi fossero ammessi plebei, ma soltanto le famiglie de’ Nobili, e
Civili, ed Ecclesiastici sacerdoti solamente».
Suscita, comunque, qualche perplessità - in ordine alla coerenza con le finalità
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI GERACE (OGGI LOCRI - GERACE)
intrinseche di questi sodalizi - il divieto introdotto all’inizio di questo secolo (nel 1902)
nello statuto della confraternita S. Giuseppe di Antonimina. Ivi, all’art. 1 del cap. 2°, si
legge che «possono far parte a questo sodalizio tutti gli individui di lodevole condotta
sino all’età di quaranta anni 54, che non siano storpi o difettosi di corpo né di salute
molto cagionevole». A Bianco, nella confraternita del Carmine, era addirittura prescritto
il certificato di sana costituzione 55. È difficile condividere tali orientamenti, anche se
essi si spiegavano con la necessità del sodalizio di tutelarsi dagli oneri di assistenza che
si assumevano nei confronti degli iscritti.
Quanto poi ai requisiti e alle qualità morali dei confratelli, la prescrizione espressa negli
statuti di tutti i tempi era che essi fossero di buoni e sani costumi, un’espressione
abbastanza generica, spesso meglio esplicitata, come nello statuto 1845 del SS.
Sacramento di S. Ilario, nel quale, a scanso di eventuali situazioni imbarazzanti, si
precisava che, tra gli altri, non potevano essere ammessi i conosciuti ladri: «[La
confraternita] dovrà essere composta di uomini dabene, religiosi, e per quanto sarà
possibile senza vizj. Sono perciò esclusi i scandalosi pubblici, i pubblici bestemiatori, i
frequentatori di Bettole, e di gioco, e i conosciuti ladri» 56.
Ritornando alla quantità, a cavallo tra l’Ottocento ed il Novecento l’adesione ad alcune
confraternite è massiccia: contare su 2-300 iscritti è fatto normale, ma il SS. Rosario di
Caulonia ne ha 700 e la SS. Immacolata dello stesso centro ne ha 1200 (ivi, però, pare
che venisse consentita l’iscrizione ad entrambe le confraternite).
Qualità e finalità
Il titolo più diffuso tra le confraternite geracesi è stato quello del SS. Rosario, presente,
nel tempo, in 25 località su 30 che abbiano comunque avuto una confraternita, ma altre
15 specificazioni mariane (Addolorata o dei Sette Dolori o della Pietà, Immacolata,
Annunziata, Carmine, Pozzo, Soccorso, Arco, Consolazione, Misericordia, Mercede,
Purità, Sanità, Grazie, Portosalvo, Pugliano) hanno suggerito il titolo ad altre 67
confraternite, alcune con doppia intitolazione. La confraternita del SS. Sacramento è
stata presente in 25 chiese matrici; 3 confraternite hanno adottato il titolo della SS.
Trinità, una del Nome di Gesù, 3 del SS. Crocifisso (o S. Salvatore), 3 del Sacro Cuore
di Gesù, una dello Spirito Santo.
Sessantasei sono state le confraternite che hanno mutuato il titolo dai santi: Andrea,
Antonio di Padova, Bartolomeo, Biagio, Carlo Borromeo, Caterina, Filippo Neri,
Francesco d’Assisi, Francesco di Paola, Francesco Saverio, Giacomo, Giorgio, Giovanni
Battista, Giuseppe, Gregorio, Leonardo, Lucia, Margherita, Nicola di Bari, Pantaleone,
Rocco, Sebastiano, Stefano, Veneranda, Vittorio. Tra tutti questi, il santo più presente è
stato S. Nicola, invocato da 12 confraternite; seguono S. Sebastiano e S. Caterina (8
confraternite), S. Rocco (6), S. Leonardo (5), S. Giuseppe (4), S. Lucia (3), S. Francesco
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI GERACE (OGGI LOCRI - GERACE)
Saverio (2). Due confraternite hanno adottato il titolo doppio (S. Vittorio e SS. Rosario;
S. Nicola e S. Veneranda); due sole sono state le confraternite intitolate esplicitamente
alle Anime del Purgatorio (o a S. Michele Arcangelo); una risulta intitolata a S. Angelo;
di 4 (2 a Bovalino, una a Grotteria e una a Sant’Ilario) non è stato possibile ritrovare la
denominazione.
Le finalità dichiarate della stragrande maggioranza delle confraternite geracesi sono state
quelle di aumentare il culto e la devozione del santo al quale si intitolavano, di
organizzarne la festa, di compiere opera salutare per l’anima degli aggregati, di
assicurare agli stessi una buona morte, una sicura e degna sepoltura, la cura dei sepolcri,
i suffragi dopo la morte (in genere attraverso la fondazione e la gestione del Monte dei
Morti, qui detto anche Monte delle Cento Messe).
La confraternita S. Maria di Pugliano in Gerace, anch’essa esclusiva e limitata a 10
persone, sembra che si preoccupasse soprattutto di recitare le litanie lauretane del sabato
ed i salmi penitenziali: «Conveniunt hic ipsi sodales sabbatis ad lauretanas litanias sive
laudes B.V.; in feria vero sexta toto tempore quadragesimae conveniunt ad recitandos
psalmos penitentiales cum litaniis versiculis et orationibus ...»; i confratelli non avevano
l’uso del sacco e pertanto non partecipavano a manifestazioni pubbliche 57.
Insieme con tali scopi religiosi e morali, venivano perseguiti fini caritativi ed
assistenziali. Della confraternita detta dal Pasqua «del Riscatto dei prigionieri» sappiamo
per certo, e soltanto, che era in vita nel penultimo decennio del secolo XVI, ma con
buona probabilità era stata fondata all’inizio di quel secolo dal vescovo Giacomo
Conchilles (1505-1509), che era un Mercedario 58 e che pertanto doveva avere molto a
cuore il problema del riscatto dei prigionieri catturati dalle orde turchesche durante le
frequenti incursioni in questa plaga disarmata dello Jonio; è molto probabile, dunque,
che la confraternita fosse intitolata a S.M. della Mercede. Potrebbero essere sorte con le
stesse finalità anche le 5 confraternite intitolate a Maria SS. del Soccorso che risultano
presenti nella diocesi nella stessa epoca 59.
Dei carcerati si occupava invece la confraternita geracese Maria SS. del Carmine, i cui
sodali, «una volta al mese andavano a portare commestibili, o altro ai carcerati» 60.
Anche i confratelli dell’Addolorata «secunda vero cujuslibet mensis dominica (...)
ostiatim mendicant pro eis qui in carceribus inveniuntur» 61; e quelli dell’Immacolata di
Ardore e del SS. Rosario di Benestare avevano tale obbligo nello statuto: «Debbono i
fratelli impegnarsi con modo speciale ed efficace di visitare gl’Infermi, ed i carcerati ...»
62.
Almeno 6 confraternite - S. Giacomo a Gerace, S. Leonardo a Siderno, SS. Soccorso a
Grotteria ed a Roccella, SS. Sacramento a Bianco, Immacolata Concezione a
Castelvetere - gestivano gli ospedali omonimi, istituzioni risalenti in genere alla fine del
secolo XV, sorte - come si esprime il vescovo Bonardo - «pro peregrinis et advenis
recipiendis, nec non infirmis curandis». Non si trattava certo di grossi istituti, ma le
indagini specifiche condotte in proposito documentano un’attività interessante e per nulla
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI GERACE (OGGI LOCRI - GERACE)
trascurabile 63.
In epoca più recente, la fondazione di un ospedale è tra gli scopi preminenti della
confraternita S. Rocco a Gioiosa, che ritiene di poter provvedere a tale realizzazione con
i capitali costituiti «dal concorso annuale dei Procuratori di S. Rocco, da offerte e lasciti
privati che per cooperazione di tutti i soci si verificheranno, da tutti i proventi annuali e
multe della congrega». «Detto capitale inamovibile - recita ancora l’art. 25 dello statuto
del 1906 - nella prima quindicina di settembre di ciascun anno dovrà essere convertito in
acquisto di Rendita italiana, intestata all’Arciprete pro-tempore della Chiesa Matrice,
fino a che non si sarà riunita una discreta somma da poter iniziare lo impianto
dell’Ospedale a giudizio dell’Amministrazione della congrega, e fino a quando non si
sarà all’uopo costituita una personalità giuridica». Ma non se ne fece niente.
Allo stesso modo, quasi niente si riuscì a fare per realizzare il proposito di istituire delle
casse di depositi e prestiti che si legge negli statuti delle confraternite S. Michele
Arcangelo in Caulonia, B.M.V. del Rosario in Grotteria e Maria SS. del Carmine in S.
Nicola di Caulonia: «Coi risparmi che si otterranno sarà cura dello stesso Governo [della
confraternita] impiantare una cassa di depositi e prestiti a beneficio degli ascritti». Gli
statuti sono rispettivamente del 1902, 1903, 1904, ma sono statuti pressoché identici,
degli statuti-tipo cioè, nei quali l’articolo citato sarà stato incluso dai soci senza rendersi
conto dell’onere che comportava. In tale campo qualcosa si fece a Gioiosa Jonica, dove scrive l’Oppedisano - «vi è nella giurisdizione parrocchiale una Cassa Rurale di
vantaggio al popolo, che sottrae alle unghie di avidi strozzini. La Cassa è stata fondata
nel 1917, sotto il titolo di Maria SS. Addolorata, e fu istituita dalla confraternita
omonima» 64. L’annotazione dell’Oppedisano è del 1932; dopo quella data non si hanno
altre notizie del benefico istituto.
A dire dello Zavaglia, era di arti e mestieri la confraternita dell’Annunziata in Mammola,
e vi aderivano gli artigiani - seggiari (sediai), mbastari (bastai), cofinari (cestai), pellari
(conciatori), mastridascia (falegnami) - che a metà del Settecento, ed oltre, sembra
esercitassero numerosi la loro arte a Mammola 65. Non possediamo, però, dati certi.
Qualcosa di più concreto suggerisce l’intestazione dello statuto 1859 di Maria SS. del
Carmine in Siderno Marina: ivi è scritto che la confraternita è composta «di massari,
mastri, e marinai», e l’informazione si riduce a ciò: nessun articolo dello statuto consente
di saperne di più.
Regole e statuti
I più antichi statuti reperiti sono settecenteschi, quasi tutti allegati alla petizione inviata a
Napoli per ottenere il R.A. Non è improbabile che molti di tali statuti fossero
antichissimi, risalenti cioè alla data della fondazione e tramandati nel tempo secondo la
tradizione, ma una lettura in tal senso è estremamente difficile e comunque non agevole.
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI GERACE (OGGI LOCRI - GERACE)
In genere, gli statuti del Settecento sono concisi 66, attenti all’essenziale, chiari, semplici,
quasi rispettosi delle possibilità culturali dei fruitori. Vi si distinguono due parti
fondamentali, una incentrata sugli aspetti organizzativi e gestionali del sodalizio, l’altra
attenta ed indirizzata al bene spirituale dei confratelli. In tal senso sono esemplari le
regole dell’Addolorata di Gerace, approvate dal vescovo Del Tufo nel 1742. Sono un
vero e proprio decalogo (tale anche nel numero degli articoli), nel quale sono dettati
precetti e suggerimenti per la vita privata e pubblica degli adepti, nell’intera giornata, dal
momento della sveglia all’arrivo del sonno ristoratore.
Dello stesso tenore sono le regole dell’Immacolata di Castelvetere, dettate nel 1784, le
quali, però, sono attente anche a ricordare gli impegni e gli obblighi della confraternita
nei confronti degli associati; notevoli anche le regole approvate a Gerace nel 1829 per la
confraternita del Sacro Cuore di Gesù, evidentemente esemplate su quelle
dell’Addolorata.
Quanto all’aspetto organizzativo e gestionale, esso è minutamente (spesso in modo
meticoloso, ma molto chiaro) descritto in quasi tutti gli statuti.
Il governo della confraternita è affidato sempre ad un priore (il SS. Sacramento di Gerace
ne aveva due) 67, coadiuvato da due assistenti: tutti insieme costituiscono il gruppo degli
officiali maggiori; durano in carica un anno 68; vengono eletti a scrutinio segreto (voto
inclusivo: pallina bianca; voto esclusivo: pallina nera), dopo essere stati designati (non
ovunque) dal priore o da tutti gli officiali uscenti); il priore esercita il potere
monocraticamente e risponde del suo operato soltanto all’assemblea plenaria,
all’approvazione della quale deve sottoporre preventivamente le spese straordinarie; è lui
che nomina gli officiali minori (cancelliere o segretario, sacrestano, portinaio, maestro
dei novizi ...) e gli assistenti possono soltanto assisterlo con consigli.
Quasi tutte le confraternite hanno un procuratore: deve essere persona notoriamente
affidabile, puntuale nei resoconti annuali, disponibile a qualsiasi controllo (occorrendo, il
priore affida l’ispezione a due razionali); non deve avere debiti nei confronti della
confraternita. All’inizio del Seicento, il vescovo Mattei vieta che i procuratori durino in
carica più di un anno; nel Settecento, però, tale obbligo non sembra più osservato.
L’incarico non è precluso agli ecclesiastici, anzi frequentemente è ad essi riservato 69.
Singolare il procedimento che si segue a S. Giovanni di Gerace (nella cappella del SS.
Sacramento ed in quella del SS. Rosario, in ognuna delle quali c’era una confraternita)
per l’elezione, anzi il rito, come lo definisce e lo descrive il vescovo Rossi nella visita
del 1750: «Ejusdem electionis ritus est alterum nominari in scriptis a Parocho, alterum
similiter a Vicario foraneo, et postremo pari forma a Sindico Universitatis die prima
Januarii in hac Ecclesia congregatis. Confunduntur postea schedulae in vase aliquo, et
manu pueri una illarum sorte extrahitur, et qui reperitur in extracta chartula nominatus,
ille Procurator habetur» 70.
Carica di grande prestigio è in genere quella di padre spirituale. Essa è spesso riservata
alla designazione dei giuspatroni, oppure viene assegnata dal priore o dall’assemblea, e
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI GERACE (OGGI LOCRI - GERACE)
confermata dal vescovo. Negli statuti è sempre detto che il padre spirituale non deve
«ingerirsi nei problemi temporali» della confraternita 71; nella pratica quotidiana tale
divieto non veniva quasi mai osservato: da qui le frequenti liti di cui le fonti e la
storiografia confraternale conservano tracce profonde, anche se spesso di maniera.
L’incarico è retribuito, con modalità precise e codificate, l’inosservanza delle quali è
anch’essa causa di lamentele e di querele da parte dei sacerdoti, sempre molto attenti e
sensibili in proposito. Suscita, dunque, curiosità quanto si legge negli statuti di due
confraternite di Ciminà, curiosità di sapere con quanto entusiasmo degli interessati
venissero considerati gli articoli che stabilivano di non dare al padre spirituale alcun
compenso. Ciò perché, è scritto nello statuto (del 1836) della confraternita S. Cuore di
Gesù e Maria SS. Addolorata, «la gloria di Dio è quella muoverlo e la salute
dell’anima». Tuttavia, continua l’art. 23, il procuratore «avrà solamente in morte tutti i
funerali o messe, come uno dei fratelli, e sarà distinto col doppio della cera solita, cioè
rotoli 2, senza essere tenuto a verun pagamento in vita, né mensuale, né annuale».
Pressoché le stesse cose si leggono nell’art. 6 dello statuto del 1895 della confraternita
del SS. Sacramento, della Vergine Immacolata e di S. Giuseppe: «Le fatiche del Padre
Spirituale verranno compensate col rispetto e con L’ubbidienza de’ confratelli in ciò che
riguarda lo spirituale». Anche qui, però, il padre spirituale «sarà esente d’ogni
contribuzione, avente funerale e messe basse come gli altri fratelli, con la distinzione del
doppio della cera in quelli».
Ai requisiti per essere ammessi si è già accennato. Gli statuti prevedono quasi sempre
che l’aspirante presenti la domanda di ammissione al priore, il quale, assunte le debite
informazioni, la sottopone all’assemblea. Questa, e soltanto questa, ha poi il potere di
espellere coloro che sono venuti meno ai doveri personali e sociali.
Quasi tutte le confraternite prescrivono agli aspiranti un periodo di noviziato, in genere
di sei mesi.
Nell’Ottocento gli statuti diventano più lunghi ed articolati, anche se i punti essenziali
rimangono complessivamente, quanto a contenuto, simili a quelli degli statuti
settecenteschi. All’inizio, in epoca di restaurazione, si seguono, in genere, i
«Regolamenti per le Pie confraternite Laicali del Regno», proposti dalla Consulta dei
Reali Domini al di qua del Faro; qualche confraternita, anzi, adotta tale proposta senza
praticamente nulla aggiungere o modificare (cfr. lo statuto delle confraternite S.
Giuseppe di Benestare, del 1845; S. Giorgio di Martone, del 1862; SS. Rosario di Platì,
del 1888); qualche altra, invece, se ne serve come traccia per redigere uno statuto proprio
(cfr. quello della confraternita S. Cuore e SS. Rosario di Antonimina, approvato nel
1825).
La tendenza a redigere statuti sempre più lunghi, prolissi, inutilmente complicati ed
accessibili soltanto a pochi «eletti», si accentua verso la fine dell’Ottocento e tocca le
vette più alte nei primi anni del nostro secolo: nel 1904, lo statuto della confraternita
Maria SS. di Portosalvo di Siderno si compone di ben 122 articoli! Ecco, comunque, un
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI GERACE (OGGI LOCRI - GERACE)
quadro della consistenza degli statuti di 14 confraternite del periodo 1891-1922 72:
Confraternite
luogo
anno
articoli
M. SS. della Purità Siderno 1891
61
SS. Sacramento
Ciminà 1895
44
S. Michele Arcangelo
Caulonia
1902
B.M.V. del Rosario Grotteria
1903
53
M. SS. delle Grazie Grotteria
1903
53
M. SS. del Carmine Caulonia S. Nicola
1904
M. SS. di Portosalvo Siderno 1904 122
SS. Sacramento
S. Ilario 1905 109
S.M. di Pandore
Careri 1905
59
S. Rocco
Gioiosa J.
1906
25
Spirito Santo
Bombile
1908
39
M. SS. del Rosario Portigliola
1909 100
M. SS. Immacolata Siderno Mirto 1910
61
S. Nicola
Ardore S. Nicola
1910
50
S. M. della Misericordia
Agnana 1910
13
M. SS. del Monte Carmelo Bianco 1912
19
SS. Rosario e S. Sebastiano Condoianni
1915
M. SS. Immacolata Ardore 1922
39
53
53
73
Però, come si rileva, non mancano, neppure in questa epoca, statuti «leggeri», consentiti
alle confraternite di più vecchia data per rispettarne la storia e la tradizione, permessi
anche a qualche confraternita di (praticamente) nuova istituzione. È il caso di Agnana,
dove la confraternita S.M. della Misericordia presenta nel 1910 uno statuto di appena 13
articoli.
Uno statuto del tutto singolare è certamente quello del SS. Sacramento di Bovalino,
approvato il 1° gennaio 1898. Esso è in verità strutturato un po’ come tutti gli altri, ma le
norme che lo compongono sono dettate da uno spirito centralizzatore assoluto. Scarsi,
quasi irrilevanti, sono i poteri dell’assemblea generale: ad essa è lasciata la possibilità di
riunirsi soltanto «nei casi di appello promosso da uno dei membri della Commissione»;
alla commissione, invece, sono riservate tutte le prerogative, persino quella di eleggere
non solo le varie cariche, addirittura anche i propri membri 73. Questo è, però, anche uno
statuto dotto. Rilevante e singolare è, per esempio, il convincimento di far derivare
dall’etimologia la sostanza ed il contenuto dei titoli. L’art. 2 (pur con qualche licenza
sintattica) chiarisce, infatti, che «rimontando ai primevi che diedero questo nome,
trassero l’idea dalla etimologia, vediamo che Priore risponde a primo rappresentante o
Capo». Lo stesso procedimento si segue per individuare e definire i compiti del
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI GERACE (OGGI LOCRI - GERACE)
procuratore e degli assistenti.
Comportamenti
A) attività imprenditoriali e finanziarie
Già si è accennato che lo scavo dei protocolli notarili locresi potrà fornire ulteriori
indicazioni su tale argomento. Le prime emergenze - lette insieme con gli inventari o
platee esistenti 74 - dicono che le confraternite geracesi esercitavano una sensibile attività
di compravendita di immobili - terreni e case - e certamente investivano i loro capitali in
censi perpetui e bullali. Tutto ciò fino alla metà del XVIII secolo.
Non si hanno documenti di patrimoni eccezionali. La gran parte dei bilanci conosciuti è
attestata su entrate-uscite di 30-40 ducati annui e, in genere, le uscite superavano le
entrate; il passivo veniva pareggiato con le elemosine degli aggregati e dei fedeli.
Soltanto due o tre confraternite potevano vantare patrimoni che rendevano qualche
centinaio di ducati: la confraternita SS. Sacramento di Mammola, nel 1750, aveva un
reddito di 100 ducati annui; la confraternita SS. Annunziata di Roccella aveva un
discreto patrimonio di immobili e, addirittura, una chiesa ausiliaria dello stesso titolo,
costruita extra moenia (a Grotteria, la confraternita del SS. Sacramento esercitava il
giuspatronato sulla chiesa della Divina Carità); nel 1784 il patrimonio della cappella del
SS. Sacramento di Siderno, già di pertinenza della confraternita omonima, consisteva in
circa 65 appezzamenti di terreno, in genere aratorio ed alberato, per complessive 210
tomolate (70 ettari), 22 censi perpetui, 79 censi bullali (capitale di 1015 ducati circa), 12
case; della capacità economica della confraternita SS. Sacramento di Gerace si può avere
un’idea dalla ricchezza decorativa della cappella omonima, curata nella celebre
cattedrale.
Di notevole interesse il proposito di alcune confraternite - già illustrato - di istituire delle
casse di depositi e prestiti.
B) Diritto di precedenza
Il conseguimento del diritto di occupare il posto d’onore nelle manifestazioni pubbliche,
con relativa acquisizione del titolo di arciconfraternita, ha costituito un obiettivo preciso
per parecchie confraternite. È da ritenere che nei tempi più lontani tale diritto lo si
conseguisse con l’aggregazione alla primaria di Roma o di altre località, e le cronache
locali si richiamano a tali aggregazioni. Però il problema esisteva e provocava continue
discussioni e risse, tanto da richiamare l’intervento dei vescovi. Ne siamo informati da
Ottaviano Pasqua, il quale «Haud levibus dissidiis de praecedentia inter novas
confraternitates laicorum ad normam constitutionis Gregorii XIII eo de genere editae
compositis, suo sub vexillo omnes ut incederent, constituit» 75. Tuttavia, nel Settecento,
quando, all’atto della legalizzazione della sua erezione, la confraternita Maria SS.
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI GERACE (OGGI LOCRI - GERACE)
Addolorata di Gerace chiese di avere riconosciuti in proposito diritti particolari, in virtù
della sua aggregazione all’arciconfraternita romana dei Servi di Maria, il vescovo Del
Tufo, per non intaccare il privilegio concesso dal suo antico predecessore Ottaviano
Pasqua alla confraternita Maria SS. della Sanità all’atto della fondazione, chiese che
venisse sentito il parere di quest’ultimo sodalizio. Tale parere fu ovviamente negativo e
pertanto il vescovo decise che nelle processioni la confraternita dell’Addolorata
occupasse il posto immediatamente dopo la confraternita SS. Trinità del Piano e davanti
alla confraternita Maria SS. della Sanità, la quale avrebbe dovuto occupare sempre
«ultimum et novissimum locum ab ipsa electum, iuxta bullae suae fundationis», cioè
fosse sempre la più vicina al simulacro processionale.
La stessa confraternita della Sanità era stata lungamente in lotta con l’altra confraternita
di nobili, quella di S. Giacomo. Intervenne ancora una volta il vescovo Del Tufo e le
prerogative furono definite nel seguente pedantesco modo:
[...] Circa le processioni che si stabiliranno si è concluso che nel Giovedì Santo, nel qual
tempo furono altre volte contrasti tra i fratelli della confraternità di S. Giacomo e quelli
della Sanità, si osservi l’ordine attualmente ritrovato, cioè che un anno la Croce avanti la
Processione si porta da un fratello di S. Giacomo, in mezzo due ceroferarij confratelli
della Sanità, doppo i quali seguivano due ceroferarij di S. Giacomo, e doppo di essi due
fratelli della Sanità, poi due di S. Giacomo, e cosi alternativamente sino al fine, in cui
vanno il maestro di S. Giacomo alla dritta ed il Priore della Sanità alla sinistra. L’istesso
ordine al contrario si osserva l’altro anno, in cui la Croce è portata da un fratello della
Sanità in mezzo a’ due ceroferarij di S. Giacomo, con appresso due ceroferarij della
Sanità, poi due fratelli di S. Giacomo, all’ultimo il Priore della Sanità alla dritta ed il
maestro di S. Giacomo alla sinistra. Ed essendo che in questo anno 1731 sono andati
sotto la Croce della Sanità, nel venturo anno 1732 toccherà alla Croce di S. Giacomo.
Circa le Processioni poi generali, avendoci asserito esser il solito che essi abbiano avuto
più vicino al clero come più antichi, Noi citra prejudicium jurium lasciamo le cose come
si trovano.
E perché non possano esse confraternite avere alcuna pretensione di luogo nella
Catedrale, perciò nel venire per l’ora determinata doppo aver preso la perdonanza al
Venerabile, deposta la Croce in qualche luogo della Chiesa, aspetteranno la chiamata per
mettersi in processione. Nel ritorno poi fatta la riverenza all’altare del Venerabile, o
tornino alle loro rispettive chiese, o pure, deposto da parte il Crocifisso, potranno
fermarsi senza determinazione di luogo a prendere la benedizione 76 .
Lotte dello stesso tipo a San Luca, tra le confraternite (da poco ricostituite) S. Sebastiano
(1732) e SS. Rosario (1729), tanto che il vescovo Del Tufo deve intervenire con un
decreto:
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI GERACE (OGGI LOCRI - GERACE)
Quod in tollenda iurgia et dissentiones, Confratres huius Ecclesiae in prima proxima
processione praecedant confratribus SS. Rosarii, in altera vero confratres SS. Rosarii his
praecedant, et sic in posterum quiete et pacifice servetur sub poena excommunicationis
ferendae sententiae 77.
Anche dall’Ottocento provengono echi di prolungate discussioni per la tutela di tale
diritto. Celebrando il suo sinodo, il vescovo Mangeruva chiarì, come s’è detto, che
l’aggregazione ad una primaria (che lui favoriva con tutti i mezzi) comportava il
godimento di indulgenze, non il conseguimento di privilegi. Pertanto, presentandosi la
necessità, il diritto di precedenza veniva determinato sulla base della data di fondazione
dei sodalizi. Non sempre, però, la determinazione fu facile. Poiché per l’approvazione
dello statuto della confraternita Maria SS. delle Grazie di Grotteria si erano registrati
ritardi burocratici che le sottraevano parecchia anzianità rispetto alla confraternita SS.
Rosario, fondata dopo ed approvata prima, il vescovo Delrio, il 17 ottobre 1910, decise
salomonicamente che il diritto di precedenza venisse esercitato dai due sodalizi ad anni
alterni.
C) Giuspatronato
Notevole, in questa diocesi, mi sembra l’esercizio del diritto di patronato da parte delle
confraternite, a ciò quasi costrette per poter mantenere il controllo del patrimonio nelle
mani di quegli stessi che l’avevano costituito con le loro donazioni e che avevano fatto
della confraternita un circolo chiuso, ad essi ed ai diretti discendenti riservato; ma
costrette anche per tutelarsi in qualche modo dalle usurpazioni, cosa che si verificava
facilmente quando esse non avevano oratorio proprio ed esclusivo ed avevano la sede in
condominio o nelle chiese parrocchiali. Finora ho potuto accertare l’esercizio di tale
diritto presso una quindicina di confraternite, dalla geracese S. Gregorio - che se lo
riservò fin dal 1444 - a Maria SS. del Soccorso di Ardore, che lo esercitò fino ad almeno
il 1744. Queste le altre:
Gerace: SS. Trinità, S.M. della Sanità, S. Giacomo, S. Nicola del Chao, S. Nicola di
Favocastro;
Bovalino: S. Nicola di Bari, SS. Annunziata, SS. Rosario;
Grotteria: SS. Sacramento;
Roccella: SS. Sacramento;
S. Nicola d’Ardore: SS. Annunziata, SS. Rosario.
D) Flagellanti
I dati raccolti hanno consentito di individuare in questa diocesi 8 confraternite di
flagellanti, riconosciute come tali esclusivamente attraverso la specificazione file:///C|/Documenti/CONFRATERNITE/Vol_1/Testi_1/C9_dagostino.htm (23 of 42) [29/11/02 10.01.10]
LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI GERACE (OGGI LOCRI - GERACE)
conservata dalla tradizione scritta - delli battenti o disciplinatorum. Due di esse ebbero
sede nell’antica Castelvetere: di una, S. Caterina «delli battenti», abbiamo notizie a
partire dal 1519 (ma l’iscrizione di una campana sembrerebbe farla risalire al 1340 circa)
78; l’altra, S. Nicola «delli battenti», viene ricordata a partire dalla seconda metà del XVI
secolo, ma probabilmente esisteva anch’essa da più secoli. Anche a Roccella c’era la
confraternita S. Caterina «delli battenti», documentata dagli inizi del ’500. La più antica
di tutte, quella della quale in definitiva si hanno più notizie, è comunque S. Gregorio
disciplinatorum di Gerace, la cui data di fondazione sembra poter essere collocata senza
difficoltà alla metà del XV secolo.
Sempre a Gerace, confraternite di disciplinati erano quelle di S. Giacomo, di Santa Maria
de Servitali, di S. Nicola di Favocastro, tutte attestate a partire dal 1541. Era di
disciplinati anche la confraternita S. Nicola di Bari, nella chiesa di S. Nicola ad fratres in
Bovalino, anch’essa documentata a partire dal 1541.
Il dovere della disciplina è contemplato ancora in qualche statuto della seconda metà del
Settecento (Benestare, SS. Rosario: «... il Padre Spirituale, dopo le Litanie, abbia a fare
un punto di meditazione assieme colli fratelli per un quarto d’ora, poi si faccia la
disciplina ...») 79, ed in almeno uno statuto della prima metà dell’Ottocento (Ciminà, S.
Cuore di Gesù e Maria SS. Addolorata: «Nella processione del Venerdì Santo tutti [i
fratelli] sopra il cappuccio, che gli coprirà la testa ed il volto, porteranno la corona di
spine e colla disciplina in mano si batteranno, cantando il miserere, o altre canzoncine
analoghe alla luttuosa giornata»).
E) La Messa dell’aurora
Visitando la chiesa di S. Giorgio, a Martone, nel 1750 il vescovo Rossi osserva che ivi
c’è la confraternita dei laici, «qui in Aurora officium persolvunt». Il presule non dice
niente di tale consuetudine, che non so se possa in qualche modo collegarsi con
l’istituzione della Messa mattutina voluta dal vescovo Vincenzo Vincentino (1650-1670)
«per comodità dei poveri - scrive l’Oppedisano - delle vedove, dei contadini e per le
persone nobili decadute che difettavano di vestimenta».
La Messa dell’alba veniva celebrata anche nella chiesa geracese di S. Giacomo, a cura
dell’omonima confraternita, e nella cappella del SS. Sacramento in S. Giovanni di
Gerace.
Committenza artistica
Le notizie dei lavori fatti eseguire dalle confraternite geracesi sono tanto abbondanti
quanto generiche. Ciò è comprensibile: parecchie confraternite sono proprietarie delle
chiese nelle quali sono installate, e pertanto la manutenzione degli edifici è di loro
indiscutibile competenza. Di tali lavori non mette conto parlare, riguardando quasi
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI GERACE (OGGI LOCRI - GERACE)
sempre il rifacimento dei tetti e degli infissi. Anche se raramente, qualche volta si viene
tuttavia a sapere del restauro degli altari e dei portali, e, per l’epoca più recente,
dell’acquisto di qualche paramento o di statue o di altri oggetti che possono essere
definiti d’arte: a questi è opportuno accennare, riportando le informazioni reperite.
Molto attiva, in tutti i tempi, appare la confraternita geracese di S. Maria della Sanità.
Essa cura particolarmente la chiesa, impiegando spesso materiali pregiati quali il marmo.
Della committenza affidata nell’anno 1600 ad un notevole artista geracese, Giovan
Battista Lucifero, abbiamo addirittura il contratto, conservato nella Sezione Archivio di
Stato di Locri: riguarda la costruzione di due porte, una per il costo di 100 ducati, l’altra
con il solo pagamento di 11 ducati per gli operai 80. Sappiamo poi di altri lavori fatti
eseguire nel 1603, nel 1656 e nel 1729: in quest’ultimo caso si tratta del rivestimento in
marmo dell’altare 81.
Molto attiva ad occuparsi della propria cappella fu la confraternita del SS. Sacramento,
installata nella Cattedrale. Ciò è documentato ancor oggi dallo splendore dei marmi,
documento visivo di eloquenza assoluta. Ma, al solito, sono gli atti notarili che ci
conservano i nomi ed i momenti degli interventi.
Poiché per riparare e tenere in ordine la cappella occorrono «molte centinaia di ducati»,
si ricorre a qualche vendita, come quella, avvenuta nel 1628, di un terreno per la somma
di 15 ducati 82. La cappella, comunque, gode della benevolenza dei geracesi: nello stesso
1628, suor Polita Gagliardi, «bizoca tertiaria di S. Francesco d’Assisi», notando che «si
sta abellendo et migliorando per passione dei signori Priori et confrati», lascia in eredità
alla cappella la metà dei suoi beni 83.
Un contratto importante è quello stipulato il 20 luglio 1638 tra il procuratore Cherubino
Longaretti e gli «artisti» mastro Giacomo de Giveni e chierico Antonio Azzarelli,
probabilmente messinesi: questi, insieme con gli artigiani locali, forse scalpellini,
Michele Archinà e Francesco e Domenico Lucifero, prendono in appalto, per la somma
di 220 ducati, i seguenti lavori: «... tenendo bisogno la predetta cappella del Santissimo
Sacramento di complire in parte l’opra cominciata, due colonne e tre cappelle, con loro
cornicioni e finimenti, come stanno formate l’altre cappelle nel loro nicchio di detta
cappella, con li medesimi lavori, intagli commissi, et pietre et della medesima qualità e
bontà, tanto delle pietre rosse, negre, verdi, et marmorei bianchi, et ogn’altra cosa,
conforme sono l’altre, hanno avuto trattato fra esse parti, che tutta la sopradetta opera
l’havessero da fare à loro proprie spese, tanto nelle pietre, come cavare et portare le
pietre ...» 84.
Su questa cappella, ovviamente, si concentra l’attenzione e l’ammirazione dei vescovi, i
quali le riservano interi paragrafi nelle triennali relationes ad limina. Ecco quanto ne
scrive Lorenzo Tramallo nel 1641:
In eadem Ecclesia est confraternitas SS.mi Sacramenti, unica in tota Urbe, cum nobili et
ampla Cappella, quae in dies ornamentis marmoreis magis augetur. Confratres ut
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI GERACE (OGGI LOCRI - GERACE)
plurimum nobiles curam illicum gerunt, nec desunt recipientes rectam huius
Augustissimi Sacramenti administrationem 85.
Ivi, come si osserva, si mettono in evidenza i continui lavori di abbellimento 86; nella
relazione del 1664 (vescovo Vincenzo Vincentino) si parla dell’installazione del
bellissimo tabernacolo: «... hoc anno fuit etiam ornata tabernaculo perpulcro marmoreo,
impensa ducentorum aureorum, ita ut dicta cappella nunc sit fere omni parte absoluta»
87.
A Gerace, una graziosissima chiesa è quella intitolata a Maria SS. Addolorata, curata
dalla confraternita omonima, che vi venera la statua marmorea della titolare, opera del
1762 dello scultore napoletano Francesco Vittozzi 88. Nella chiesa del S. Cuore, costruita
a metà dell’Ottocento dalla confraternita omonima, si conservano la statua lignea
ottocentesca raffigurante Cristo nell’iconografia del Sacro Cuore, un ostensorio in lamina
d’argento acquistato nel 1842 ed il grande organo a canne costruito nel 1888.
Da Gerace a Gioiosa. Ivi si conserva la bellissima statua lignea di S. Caterina V. M.: fu
commissionata nel 1727 allo scultore napoletano Giuseppe Bonavita per la confraternita
omonima: costo 60 ducati, compresa «la pedagna di oro fino», ossia la varetta artistica
per la processione 89. Nella stessa cittadina, nella chiesa arcipretale di San Giovanni
Battista, bell’esempio di tardo barocco meridionale è l’altare a tarsie marmoree costruito
nel 1758 dalla confraternita del SS. Sacramento; nel 1770 fu costruita in marmo anche la
balaustra 90.
Sempre a Gioiosa, si deve ad un’altra confraternita la costruzione della più bella chiesa
ivi esistente, quella intitolata a Maria SS. Addolorata, aperta al culto nel 1889, un vero
gioiello d’arte, elegantemente decorata da Francesco Gangemi da Cittanova e da Luigi
Hierace da Gioiosa. Vi si conservano, oltre ad una tela cinquecentesca (San Michele
Arcangelo) proveniente però dalla chiesa dell’Annunziata, un pregevole gruppo ligneo «Pietà» - di G. Cavaleri da Grotteria (1862), ed altre statue; vi è installato un organo
monumentale (22 registri e 1400 canne) costruito a Verona nel 1933; vi si ammirano un
pesante ostensorio d’argento (F. Ierace, 1912) ed altri arredi d’arte 91.
A Grotteria, si ha notizia di un quadro (che non esiste più) della Madonna del Rosario,
voluto della scuola di Luca Giordano, acquistato verso il 1680 da tale Giovan Luca
Campaccio, «primo fratello» della confraternita del SS. Rosario 92. L’altra confraternita
della B.M.V. del Rosario, fondata nel 1903, iscrisse nello statuto l’impegno a «far
scolpire una bella statua del SS. Rosario», oltre a prefiggersi di ampliare la chiesa e di
acquistare arredi vari.
A Caulonia (l’antica Castelvetere), la confraternita S. Michele Arcangelo include nello
statuto (1902) l’impegno (non mantenuto) di fare scolpire la statua del titolare. Sempre a
Caulonia, la confraternita dell’Immacolata acquista (1932) un notevole organo liturgico e
commissiona allo scultore Rodolfo Del Pozzo la statua delle Anime del Purgatorio 93.
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI GERACE (OGGI LOCRI - GERACE)
Note
1 È opportuno precisare che questa relazione considera la configurazione territoriale della diocesi
così come era fino al 1989. Da quell’anno, per il decreto della Congregazione per i Vescovi n.
147/82 del 18 novembre (esecutivo dal 1° gennaio 1990), il confine tra le diocesi di Locri-Gerace
e di Catanzaro-Squillace, fino ad allora segnato dal corso della fiumara Allaro, coincide con il
limite civile delle province di Reggio e di Catanzaro.
2 Synodus prima Hieracensis sub admodum ill. et rev.mo D.F. Vincentio Bonardo eiusdem
Civitatis Episcopo habita, Romae 1598, pp. 126-128.
Sul Bonardo, e sugli altri vescovi geracesi menzionati in questo saggio, si può consultare il mio I
Vescovi di Gerace-Locri, Chiaravalle C. 1981.
3 V. il testo integrale di questa costituzione in appendice.
4 G. G. MEERSEMANN - G. P. PACINI, Le confraternite laicali in Italia dal ’400 al ’600, in
«Problemi di Storia della Chiesa nei secoli XV-XVII», Napoli 1979, pp. 109-136. La citazione è a
p. 114.
5 Qui si registrò uno dei primi tentativi operati in Calabria per l’istituzione del seminario: Cfr. il
mio Istituzione e prime vicende del seminario di Gerace (1565-1700), in «Il Concilio di Trento
nella vita spirituale e culturale del Mezzogiorno tra XVI e XVII secolo», Atti del convegno di
Maratea (19-21 giugno 1986) a cura di G. De Rosa e A. Cestaio, Venosa 1988, pp.749-779.
6 Sulla consistenza e sulle vicende del Fondo, cfr.: S. DE FIORES, Polsi nel Settecento alla luce
dei documenti inediti nell’Archivio di Stato di Ascoli Piceno, in «S. Maria di Polsi: storia e pietà
popolare», Atti del Convegno (Polsi-Locri 19-21 settembre 1988), a cura di P. Borzomati, Reggio
Calabria, 1990, pp. 63-87; D. COPPOLA, La Sezione di Archivio di Stato di Locri nel quadro
dell’ordinamento archivistico italiano. L’acquisizione delle carte settecentesche del Fondo
Gerace, «Rivista Storica Calabrese», N.S., X-XI (1989-90), pp. 399-425; E. D’AGOSTINO,
Fondo visite pastorali della Diocesi di Gerace nella Sezione di Archivio di Stato di Locri,
«Archiva Ecclesiae», XXXIV-XXXV (1991-92), pp. 173-176.
7 Cfr. ARCHIVIO SEGRETO VATICANO, SACRA CONGREGAZIONE DEL CONCILIO (=
ASV, SCC), Relationes 390 A, Hieracen. 1603 (è pubblicata integralmente nel mio Il vescovato di
Orazio Mattei e la diocesi di Gerace agli inizi del secolo XVII attraverso le relazioni per le visite
ad limina Apostolorum, «Rivista Storica Calabrese», N.S., IV (1983), n. 1-2, pp. 111-136.
8 P. SPOSATO, Aspetti e figure della riforma cattolico-tridentina in Calabria, Napoli 1964, p. 2.
9 Vitae Episcoporum Ecclesiae Hieracensis ab Octaviano Pasqua Episcopo conscriptae illustratae
notis a I.A. Parlao Canonico Poenitentiario qui adjecit etiam vitas illorum qui ab A. MDXCI
Octaviano successerunt, in «Constitutiones et Acta Synodi Hieracensis ab Ill.mo et Rev.mo
Domino Caesare Rossi Episcopo celebratae diebus 10, 11 et 12 Novembris 1754», Neapoli 1755,
p. 311.
10 ASV, SCC, Relationes 390 A, Hieracen. 1603 (cfr. n. 7), f. 5r.: «Laicorum sodalitatum
custodes et praefectos ad redditionem rationum multorum annorum, per Ecclesiasticas etiam
censuras, compuli; ex quo in maximum detrimentum societatum ipsarum bona et pecunias
retinebant, cavique ut in posterum singulis annis coram me, vel Vicario, cum duorum
deputatorum praesentia, dati et accepti rationes, subducantur, nec eorum officia ultra annum
extenderentur clavesque pecuniarum altera penes Capellanum, altera penes Praefectos
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI GERACE (OGGI LOCRI - GERACE)
asservarentur. Et quia ex eorum Congregationibus orationes quaedam manuscriptae non
approbatae recitabantur illis amotis, iniunxi sub gravibus poenis ut tantum Beatae Mariae Virginis
horarias praeces septemque Poenitentiales Psalmos cum annexis orationibus persolverent et
recitarent».
11 Synodus Dioecesana ab Ill.mo et Rev.mo D.D. Vincentio Vincentino U.J.D. Patritio Reatino
Dei et Apostolicae Sedis gratia Episcopo Hieracen. celebrata in Cathedrali Ecclesia IX Kal. Maij
MDCLI, Messanae 1651, pp. 130-132.
12 Synodus Dioecesana Hieracensis ab Ill.mo et Rev.mo Domino D. Dominico Diez de Aux
Episcopo Hieracensi in Ecclesia Cathedrali duobus diebus 28 et 29 Februarii 1704 celebrata,
Messanae 1704.
13 Si possiedono, incompleti, i verbali delle visite dell’anno 1715 (ARCHIVIO VESCOVILE
DELLA DIOCESI DI GERACE-LOCRI [=AGL], S. Visite 1715-1872) e degli anni 1725-1729
(SEZIONE ARCHIVIO DI STATO DI LOCRI [=SASL], Fondo Gerace, vol. 8).
14 SASL, Fondo Gerace, vol. 12, ff. 175-176 (v. in appendice il testo integrale dell’editto).
15 Al Del Tufo era succeduto Domenico Bozzoni, ma l’episcopato di quest’ultimo era durato
meno di 10 mesi (3-3-1749/21-12-1749).
16 ASV, SCC, Relationes 390 A, Hieracen. 1751 et 1753.
17 Constitutiones et Acta Synodi Hieracensis ab Ill.mo et Rev.mo Domino Caesare Rossi
celebratae diebus 10, 11 et 12 Novembris 1754, Neapoli 1755.
18 AGL, S. Visite 1715-1872, Visite 1750-1752.
19 Ibid., Visita 1751, f. 31 v.
20 ASV, SCC, Relationes 390 A, Hieracen. 1760, f. 372 r.
21 ASV, SCC, Relationes 390 B, Hieracen. 1766, f. 12 v.; Ibid., Hieracen. 1772, f. 50 v.
22 Ibid., Hieracen. 1776, f. 67.
23 Ibid., Hieracen. 1778, f. 81 v.
24 Cfr. Tab. 1.
25 1784: Maria SS. Immacolata di Castelvetere; 1791: SS. Rosario di Castelvetere; 1798: S.
Giuseppe, S. Vittorio e SS. Rosario, Maria SS. Immacolata, tutte di Roccella.
26 ASV, SCC, Relationes 390 B, Hieracen. 1788, f. 129 rv.
27 Ibid., Hieracen. 1802, f. 167 v.
28 Ibid., Hieracen. 1822, f. 211; Hieracen. 1825, f. 207; Hieracen. 1828, f. 240 v.; Hieracen. 1831,
f. 267.
29 Ibid., Hieracen. 1837, f. 281: «Praeterea ferme nullus est locus, ubi una vel plures laicorum
confraternitates non existant, quae vel propria Oratoria habent, vel sacra faciunt in Ecclesiis
Parochialibus».
30 Ibid., Hieracen. 1855, f. 346 rv.
31 Constitutiones et Acta Synodi Hieracensis ab Ill.mo et Rev.mo Francisco Xaverio Mangeruva
Episcopo diebus 22, 23 et 24 Maii anni I.D. MDCCCLXXIX celebratae, Neapoli 1880, p. 266.
32 Ibid., 266-270.
33 ASV, SCC, Relationes 390 B, Hieracen. 1880, f. 368 v.
34 Ibid., Hieracen. 1882, f. 378; Hieracen. 1886, f. 383v; Hieracen. 1891, f. 396.
35 Non c’è cenno, nella relazione, a conseguenze derivanti dalla Legge 17-7-1890, n. 6972, con la
quale lo Stato italiano aveva deciso di sopprimere tutte le confraternite che avevano finalità di
assistenza e di incamerarne i beni.
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LE CONFRATERNITE DELLA DIOCESI DI GERACE (OGGI LOCRI - GERACE)
36 ASV, SCC, Relationes 390 B, Hieracen. 1891, f. 396 rv.
37 Sono circa 20 (cfr. Tab. 1).
38 V. CATALDO, Le confraternite laiche del Monte Carmelo a Gerace in uno statuto del 1777,
«Calabria Sconosciuta», X (1987), n. 37, pp. 45-48; ID., La congregazione laica di S. Giacomo
Apostolo a Gerace in uno Statuto del 1777, «Calabria Sconosciuta», XV (1992), n. 56, pp. 71-73;
F. RACCO - S. SCALI, La Chiesa della Confraternita di San Giuseppe in Roccella, già Oratorio
dei PP. Riformati, Frama Sud, Chiaravalle C. 1984; S. SCARFÒ, Le confraternite di Mammola,
«Calabria Letteraria», XXXV (1987), n. 1-3, pp. 50-52; C. SORGE, Le confraternite, in «Bollari
dei Vescovi di Gerace», a cura di F. von Lobstein, Effe Emme, Chiaravalle C. 1977, pp. 51-54; E.
D’AGOSTINO, La confraternita geracese di S. Giacomo Apostolo, «Calabria Sconosciuta», XVI
(1993), n. 60, pp. 63-66.
39 Cfr. n. 6.
40 È l’auspicio del compianto Salvatore Gemelli (Storia tradizioni e leggende a Polsi
d’Aspromonte, Chiaravalle C. 1974, p. 382, n. 91 [ristampa 1992: p. 374, n. 91]).
41 Cfr. R. COTRONEO, Statuti e privilegi delle Confraternite in Calabria, «Rivista Storica
Calabrese», X (1902), pp. 395-403.
42 Bollari dei Vescovi di Gerace, a cura di F. von Lobstein, Effemme, Chiaravalle C. 1977.
43 F. RUSSO, Regesto Vaticano per la Calabria, Gesualdi, Roma 1974 ss. (sono stati finora
pubblicati 14 volumi, anni 401-1861, più 2 di indici).
44 In questa diocesi è largamente superata l’equazione di G. Esposito «tante confraternite [del SS.
Rosario] quante erano le case dei Domenicani». Infatti, mentre i conventi domenicani sono sorti
soltanto in Ardore, Castelvetere, Condoianni, Gerace, Grotteria e sidereo, la confraternita del
Rosario è stata presente i 25 dei suoi 30 centri abitati .Cfr. G. Esposito, Per la storia delle
confraternite del SS. Crocifisso di Grotteria, Roccella e San Giovanni di Gerace; dei Cappuccini
con le confraternite dell’Addolorata (o della Pietà) di Condoianni, Gerace, Mammola, Roccella e
Siderno; dei Minori in genere con le confraternite dell’Immacolata di Ardore, Bovalino, Careri,
Gerace, Grotteria, Platì e Siderno.
46 Cfr. SASL, Fondo Gerace, vol. 1, f. 46 v. (14-10-1541); vol. 3, f. 180 v. (7-11-1590); vol. 4, f.
41 (20.5.1594).
47 Ibid., vol. 3, f. 62 v.
48 ASV, SCC, Relationes 390 A, Hieracen. 1641.
49 Cfr. SASL, Fondo Gerace, vol. 1.
50 Tali dati sono conservati in gran parte negli inventari del 1682-83 (AGL, Beni Ecclesiali
1683).
51 Tali dati sono ricavati dai verbali delle visite pastorali. Da sottolineare che, come s’è visto, il
vescovo Del Tufo aveva stabilito che il numero dei confratelli non poteva essere inferiore ad otto.
52 AGL, Bollario Pasqua, f. 149v, 28-6-1584 (LOBSTEIN, Bollari ... 141); ASV, Reg. Lat. 1890,
ff. 252-253 v. (RUSSO, Regesto ..., 23667).
53 A. OPPEDISANO, Cronistoria della Diocesi di Gerace, Gerace Superiore 1934, pp. 562-563.
54 Non credo che fosse nelle intenzioni degli estensori della norma di ammettere che dopo i 40
anni si potesse anche non essere di lodevole condotta: la verità è che è stata dimenticata una
virgola.
55 Cfr. lo statuto del 1919.
56 In verità, tale statuto non fu approvato dal Ministero dell’Interno, e la confraternita poté essere
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fondata soltanto nel 1905.
57 AGL, S. Visite 1715-1872, Visita 6-9-1752, f. 43.
58 Cfr. C. OVIEDO CAVADA, Los Obispos mercedarios, Santiago (Chile), 1981, pp. 151-152.
59 Ad Ardore, Bianco, Grotteria, Natile e Siderno.
60 Confraternita Maria SS. del Carmine, Statuto 1777, art. 7.
61 AGL, S. Visite 1715-1872, Visita 1752.
62 Statuto 1778 (art. 8) della Confraternita Maria SS. Immacolata di Ardore; statuto 1778 (art. 7)
della Confraternita SS. Rosario di Benestare.
63 Cfr. S. GEMELLI, Un ospedale per la Locride, Chiaravalle C., Frama Sud, 1975.
64 OPPEDISANO, Cronistoria ..., 319-320.
65 V. ZAVAGLIA, Mammola, Ed. Frama’s, Chiaravalle C. 1973, p. 174.
66 Lo statuto dell’Immacolata di Bovalino, per esempio, si compone di appena 6 articoli.
67 Ho già segnalato che la Confraternita Maria SS. Addolorata di Gioiosa aveva anche la priora
delle donne (designata, comunque, dagli uomini).
68 Nella Confraternita Santa Maria di Pandore di Careri la durata delle cariche era biennale (art.
32 dello statuto 1905).
69 Il procuratore doveva essere espressamente un laico nella Confraternita Maria SS. della Sanità
di Gerace.
70 AGL, S. Visite 1715-1872, Visita 1750, f. 64 v.
71 Gli ecclesiastici non godevano di elettorato, né attivo né passivo.
72 Da rilevare che sono praticamente identici i seguenti statuti: Spirito Santo di Ardore-Bombile e
Maria SS. Immacolata di Ardore; Santa Maria della Misericordia di Agnana e M. SS. del Monte
Carmelo di Bianco; S. Michele Arcangelo di Caulonia, M.SS. del Rosario di Grotteria, Maria SS.
delle Grazie di Grotteria, Maria SS. del Carmine di San Nicola di Caulonia.
Anche negli statuti precedenti si possono rilevare identità: Maria SS. Immacolata di Ardore
(1779) e SS. Rosario di Benestare (1777); San Carlo Borromeo di Siderno (1778) e Maria SS.
della Purità di Siderno (1778); San Giuseppe di Benestare (1845), San Giorgio di Martone (1862)
e SS. Rosario di Platì (1888).
73 In questa confraternita, la Commissione si articola in ufficiali superiori (in ordine gerarchico:
presidente, già priore; procuratore; 1° assistente; 2° assistente) e ufficiali di 2° ordine subalterni
(due maestri di cerimonie; maestro dei novizi); non ne fa parte il padre spirituale.
74 Di alcune confraternite conosciamo il patrimonio, perché accuratamente inventariato nella
bolla di nomina del beneficiato.
75 Vitae ..., 312.
76 SASL, Fondo Gerace, vol. 14, f. 31.
77 Ibid., vol. 16, f. 80 (20-5-1733).
78 A tale secolo, quantomeno, F. Russo, lo storico delle Chiese calabresi (al quale mai
riconoscimento potrà essere pari al merito acquisito con la pubblicazione del Regesto Vaticano
per la Calabria), ritiene appunto che vada riportato il termine battenti, «che è il secolo in cui
sorgono in Calabria diverse confraternite sotto il titolo di S. Caterina, come, p. es., a Squillace e a
Guardavalle». Nella diocesi di Gerace, altre confraternite di S. Caterina sono documentate, a
partire dalla metà del Cinquecento, a Bianco, Bovalino, Bruzzano, Gioiosa, Grotteria, Siderno.
79 Lo statuto dell’Immacolata di Ardore, che è pressoché identico a questo, non contempla il
dovere della disciplina.
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80 SASL, Notaio Naymo, vol. 58, f. 34, Gerace 23-3-1600. Cfr. C. TRASSELLI, Lo Stato di
Gerace e Terranova nel Cinquecento, Reggio Calabria 1978, p. 84.
81 AGL, S. Visite 1715-1872, Visita 23-7-1752; Ibid., Bollario Perrone, ff. 246-248, 4-9-1851
(LOBSTEIN, Bollari ..., 1528).
SASL, Notaio Bongiorno, Gerace 13-1-1769. Cfr. M. C. MONTELEONE, Il Santuario della
Grotta in Bombile d’Ardore, Arti Grafiche Edizioni, Ardore 1990, pp. 26-31, 36-40.
82 SASL, Notaio D. Comaci, Gerace 13-4-1628.
83 Ibid., Notaio G. Riccio, Gerace 30-8-1628. Quell’anno i priori erano Ettore Pignatelli e Paolo
Gagliardi, quest’ultimo verosimilmente un congiunto della bizzoca.
84 Ibid., Notaio G.B. Castelli, Gerace 20-7-1638.
85 ASV, SCC, Relationes 390 A, Hieracen. 1641, f. 52.
86 Così anche nella relazione del 1643 (ASV, SCC, Relationes 390 A, Hieracen. 1643, f. 85 v.).
87 ASV, SCC, Relationes 390 A, Hieracen. 1664, f. 156.
88 Cfr. G. RUSSO, La statua di Maria SS. Addolorata di Gerace, «Ambiente», 1992, n. 6, pp. 8-9
(la statua fu scolpita per impulso del vescovo P. D. Scoppa e costò 73 ducati).
89 G. RUSSO, La statua di S. Caterina di Gioiosa Jonica ed il suo autore Giovanni Bonavita,
«Brutium», LXXI (1992), n. 2, pp. 11-12.
90 E. BARILLARO, Cronache d’arte gioiosana, «Brutium», LVII (1978), n. 3, pp. 10-14.
91 G. INCORPORA, L’ostensorio di Gioiosa Jonica, «La Locride», II (1967), pp. 15-17; E.
BARILLARO, Gioiosa Jonica. Lineamenti di storia municipale, Chiaravalle C., 1976, pp. 224225; M. C. MONTELEONE, La chiesa di Maria SS. Addolorata, «Ambiente», V (1989), n. 2, pp.
9-10; n. 3, pp. 12-13; R. DATTOLA MORELLO, Il gruppo ligneo della Pietà e l’oratorio
dell’Addolorata a Gioiosa Jonica, «Brutium», LXIX (1990), n. 2-3, pp. 2-3; G. INCORPORA,
L’ostensorio di Gioiosa Jonica di F. Jerace, «Calabria Sconosciuta», XV (1992), n. 56, pp. 39-40.
92 D. LUPIS - CRISAFI, Cronaca di Grotteria dalla sua fondazione fino all’anno 1860, Gerace
M. 1887, p. 158, NADILE, Il culto ..., 275 n. 15.
93 L’organo, fabbricato da G. Tamburini di Crema, fu pagato 20.000 lire.
Appendice
1
Gerace, 11 maggio 1593
Costituzione sinodale del vescovo Vincenzo Bonardo
DE CONFRATERNITATIBUS LAICORUM
Tit. XXVIII.
Cap. I
Ad experimento probandum verum esse, quod regius Propheta dixit, Ecce quam bonum et quam
iocundum habitare fratres in unum, institutae sunt laicorum Confraternitates, ut in illis conscripti
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cum ceciderint, habeant sublevantes, eosque in sevitio Dei foventes, et eis in nomine Christi
congregatis, ipse sit praesens, eos adiuvans, nec non petitionibus eorundem satisfaciens. Harum
cum non parvus numerus sit tam in civitate, quam per dioecesim distributus, optamus ut ad
suarum confraternitatum instituta conformiter vivant, et quemadmodum titulis, insigniis, habitu a
coeteris distinguuntur christianis, ita vitae, morumque probitate illis antecellant; quod ut fiat,
nemini licere volumus cuiusvis confraternitatis habitum pro libito induere, sed tantum de
confratrum consilio, et assensu; quorum ut erit probos, et morigeratos admittere, ita discolos, et
facinorosos ab eorum societate excludere, quod etiam facient his, qui in societatem admissi, tales
evaserunt, ut iam non nisi scandalo alijs esse possint. Oratoria frequenter, et in ipsis orationes, et
Missas persolvi curent, quae ex eorum institutis debentur, ita tamen, ut haec non omittant, et quae
facere oportet faciant, accedere scilicet ad Ecclesias, et in eis Missas, sacrasque conciones audire,
nec non sacramenta suscipere, etenim quae ab ipsis in oratorijs fiunt, tanquam supererogationis
bona censeri debent.
Cap. II
Laudamus valde confraternitatum morem quam habent tenendi capellanum, qui pro eis Missas
persolvat, eorundemque confessiones audiat, quod ut ab omnibus fiat, hortamur et monemus. In
posterum volumus, quod singulis annis, cum novi electi fuerint officiales, illos nobis significent,
et a procuratoribus ratio reddatur suae administrationis, significatorijs literis a nobis recepti. Quod
si repertum fuerit, redditus expensas superare, id totum pro oratorij restauratione, seu quovis alio
confraternitatis beneficio expendi volumus: idque quamprimum, ne pecunia diu retenta penes
tertiam personam, vix postea exigi possit, quod quandoque etiam accidit. In processionibus eum
praecedentiae ordinem servent, qui usque adhuc tam in civitate, quam per dioecesim servatur, nec
eum alicui perturbare, vel immutare liceat, sub poenis superius expressis, et a Nobis, vel generali
Vicario nostro ad processiones vocatae praesto esse curent, sub poenis quibus supra. Si quae
adhuc in oratorijs, aut eorum Ecclesijs convivia, sive ientacula fiunt, aut etiam extra Ecclesias, et
oratoria munuscula, et bellaria donantur confraternitatum expensis, ea omnino tolli, et aboleri
volumus, quavis consuetudine, etiam immemorabili, non obstante. Novas confraternitates nobis
inconsultis, et absque nostra licentia erigi nolumus, et donec de earum titulis, habitu, institutis
plena informatio suscepta fuerit, ad facilius probandum quod bonum est, quod vero malum
reijciendum.
(Synodus prima Hieracensis sub admodum ill. et rev.mo D.F. Vincentio Bonardo eiusdem
Civitatis Episcopo habita, Romae 1598, pp. 126-128).
2
Grotteria, 7 novembre 1731
Editto del vescovo Idelfonso Del Tufo
De Confraternitatibus
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Dovendo le Confraternite usare varij esercitij di pietà, e caminare sotto dovute, ed approvate
regole con numero decente per farsi merito davanti a Dio, e guadagnare le concedute indulgenze,
perciò comandiamo à tutte, e ciascune confraternite, che congregati more solito i fratelli
stabiliscano le dovute regole in caso non l’abbiano, ed a noi le trasmettino per darsi la necessaria
approvazione. E quando le abbiano le rileggano ponendole puntualmente in esecucione
dichiarandosi aggregati alla confraternita, quelli che vorranno osservarli, e non parteciparvi
d’essa, ne degni d’avere tal nome quei, che non vorranno osservarli. Del che alla più lunga per la
settimana santa vogliamo averne tutte le informacioni sotto pena della scomunica ipso facto
incurrenda acciò possiamo Noi fare le dovute determinacioni, e quando Iddio ci conceda far la
terza visita possiamo trovarle ben regolate, ed esercitate ne’ dovuti atti di pietà.
Ed avendo ritrovato affatto dismessa la Confraternità del Venerabile sicche nelle processioni delle
terze domeniche non si trovava chi volesse portar l’aste del Palio ove prima era una confraternita
ragguardevole di tutt’i Gentiluomini del paese, essendo la detta Confraternita aggregata
all’Arciconfraternita di Roma, abbiamo vivamente rappresentato al presente Sindico Sig.
Domenico Infusini, al Magistrato Sig. Fortunato Falleti Auditor generale del Stato di Roccella,
che sono de’ migliori Gentiluomini del paese il grave scandalo, e disonore, che da ciò derivava,
essendo nella nostra Diocesi questo solo unico luogo, ove non si mantenga la Confraternita del
Venerabile, tanto più che detta Cappella è juspatronato dell’istessa Università, come per bolle
spedite da Papa Paolo V trovata da noi in Santa Visita, e con noi portata per conservarla nel
nuovo Archivio Vescovile: onde abbiamo esortato la loro pietà di volersi di nuovo unire come
prima, e rimettere nell’antico splendore la dispersa confraternità per non perdere ancora le
concedute indulgenze.
E perché la detta Cappella si ritrova al presente assai di sotto per i residui di coloro, che da tanto
tempo non pagano, e principalmente per la Università, che abbiamo veduto restar debbitrice di
200 e più scudi dall’anno 1713, finora non avendo quasi mai pagato i scudi venti, che ab
immemorabile pagava, cioè dieci per la festa del Corpus Domini, e dieci per la spesa del Sepolcro
il Giovedì Santo, oltre quattro carlini d’annuo canone, perciò abbiamo conchiuso col Magnifico
Sindico, che da qui innanzi si metta senza dubio in corrente siccome n’è stato anche incaricato
l’esattor delle cedole Sig. Giuseppe Amato, nella nostra presenza, e circa i residui appuratane la
quantità se ne formi scrittura autentica, e vadinsi a poco, a poco soddisfacendo nel miglior modo,
che sarà possibile alla Università attesa la sua povertà, acciò non abbiano à mancare alla Cappella
le necessarie, e decenti cose per lo servizio d’esso Augustissimo Sagramento.
Che le confraternite, quali non avranno regole, o non avranno decente numero dovendo essere
almeno di otto, o non eserciteranno i congruenti atti di devozione, e di pietà, saranno da noi
perpetuamente abolite, e se vi sarà qualche rendita la impiegheremo o in beneficio della di loro
Cappella, o in altro uso pio, che stimeremo più proprio per lo servizio di Dio.
Lecta, lata etc. hoc, et omni etc. Datum Crypteaureae in actu Sanctae Visitationis die ut supra [711-1735]
D. Idelfonsus Ep. Hieracen.
D. H. Pedullà S.V. Cancell.
(Sezione Archivio di Stato di Locri, Fondo Gerace, vol. 12, ff. 175-176)
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
Rocco Liberti
Le confraternite o congreghe, sodalizi del laicato cattolico nati col fine primario di dare una
mano al clero nella promozione della vita spirituale per mezzo di particolari opere di pietà,
affondano la loro origine nella notte di tempi remoti. Erano forse già presenti in età
carolingia, però documentariamente si affacciano alla ribalta solo nel secolo XII. Il loro
rigoglioso sviluppo, tuttavia, viene fissato a dopo la chiusura della più importante assise
della chiesa, il famoso concilio di Trento (1545-1565), nonché in seguito alla strepitosa
vittoria riportata sui Turchi a Lepanto nel 1571, un evento che costituirà un grande
prestigio per la cristianità tutta e fornirà lo spunto al sorgere di tante istituzioni 1.
Un tal genere di associazioni, che qualcuno ha stimato «strumenti per diffondere e
rafforzare la fede» 2 e qualche altro «combriccole di nobili e di notabili» o «enti sciuponi e
festaioli» 3, hanno avuto nei secoli una loro funzione sociale e, a seconda del luogo e del
tempo in cui si sono trovate ad operare, non hanno mancato di offrire il proprio apporto in
qualsiasi direzione. Difatti, se è realtà palpabile che in certi casi bisognò giocoforza
assistere ad un esasperato orgoglio di casta, ad interminabili liti per una sciocca preminenza
tra confratelli di ordine diverso e ad un mero sfruttamento di lasciti, è anche vero che molte
congregazioni portarono spesso il carico di enti da loro stesse fondati (Monti di Pietà,
Monti Frumentari, Doti, ecc.) e preposti al sollievo della popolazione meno abbiente
perennemente in lotta con i ricorrenti malanni endemici, non considerando poi che sovente
al disopra di ogni cosa stava una carica devozionale di tutto rispetto, che metteva in non
cale scrupoli, pettegolezzi e smaccata alterigia.
Erette solo canonicamente e messe alle dipendenze dei vescovi o dei generali di alcuni
ordini religiosi, le confraternite ebbero per parecchi secoli una grande autonomia dal potere
politico, che se ne venne a ricordare, almeno per quanto riguarda il mezzogiorno d’Italia,
all’epoca del governo borbonico. Nel periodo che va dal 1735 al 1860, infatti, ognuna di
esse fu assoggettata ad una ricognizione e revisione e tenuta a spedire a Napoli copia dello
statuto perché potesse essere prima esaminato dalla curia del cappellano maggiore e poscia
modificato o approvato dal re, che all’uopo concedeva un «regio assenso». Soppresse dai
francesi del decennio, ma tosto riaccese con la restaurazione dei Borboni, ripresero vigore e
prosperarono ancora per tutto l’Ottocento e per buona parte del Novecento, ma dopo
l’ultimo conflitto mondiale si venne a verificare una loro progressiva e netta dissoluzione.
Per lo più persistono oggi, ma in precario stato, quei sodalizi che hanno residui cespiti da
amministrare o loculi da vendere nella propria cappella al cimitero cittadino.
Alle confraternite calabresi, prima che l’Istituto Luigi Sturzo di Roma per volontà del suo
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
presidente prof. Gabriele De Rosa promuovesse per tutto il meridione apposite ricerche,
che sono poi culminate in un convegno tenutosi nella sede stessa dell’ente nei giorni dal 10
al 12 dicembre 1987 4, gli studiosi avevano dedicato poco spazio; difatti, ove si eccettuino i
lavori del Misefari, del Marzotti e dell’Esposito 5, era il vuoto, anche se non mancavano
vistosi accenni nelle singole storie che il Russo ha dedicato alle diocesi, nelle monografie
paesane e nell’importante opera di Gustavo Valente, che riporta i decreti emanati nel
secondo periodo borbonico 6.
La causa di tutto non è certo imputabile alla carenza di documentazione, che invece
abbonda solo che ci si sappia indirizzare, ma in una curiosa presa di posizione dei
ricercatori, i quali hanno sempre snobbato simili argomenti stimandoli da poco e non
pertinenti ad una disciplina secolare. In verità, non sono storia soltanto gli avvenimenti che
interessano il lato civile di un paese, ma anche quelli vissuti in chiave ecclesiastica. Non ci
si dimentichi che per molti secoli la massa del popolo condusse i suoi passi
quotidianamente all’ombra delle istituzioni religiose 7!
In questo lavoro, che vuol essere solo un contributo alla maggiore conoscenza delle
confraternite calabresi e che abbraccia i sodalizi originatisi nella tradizionale antica diocesi
di Oppido ed in quella parte della diocesi di Mileto aggiuntavi alcuni anni fa, in sostanza in
tutta l’area della cosiddetta Piana di Gioia Tauro, ci siamo serviti dei documenti rinvenuti
nei due archivi curiali di Oppido Mamertina (AVO = Archivio Vescovile Oppido) e di
Mileto (AVM = Archivio Vescovile Mileto), in quelli custoditi nelle chiese parrocchiali,
negli oratori e presso privati. Ci sono state di guida le due predette opere del Misefari e del
Marzotti, con l’uno, che ha avuto quale fonte una ricerca eseguita presso l’Archivio di
Stato di Napoli all’inizio del secolo dal direttore dell’Archivio di Stato di Reggio Calabria
e con l’altro, che si è giovato delle decretazioni della Curia del Cappellano Maggiore, atti
che si conservano nel medesimo archivio napoletano, nonché lo studio dell’Esposito.
Utilissimi ci sono stati, peraltro, i sinodi, le relationes ad Limina, le visite pastorali, gli atti
notarili, le documentazioni del fondo prefettura dell’archivio di stato di Reggio Calabria, il
citato lavoro del Valente, i volumi del Regesto Vaticano del Russo e tante altre
pubblicazioni, che verranno man mano segnalate in nota.
Le confraternite di un certo rilievo avevano ed hanno una propria chiesa (oratorio), dove
officiare le funzioni di rito, ma talune, in special modo quelle del «Santissimo
Sacramento», avevano ed hanno ancor oggi ragion d’essere, a seconda dell’entità del paese,
nella cattedrale, nella chiesa matrice od in quella parrocchiale, templi nei quali appare
riservata loro una cappella od un altare. Si fregiano tutte, comunque, di una propria divisa e
di un proprio stendardo.
A guidare le singole associazioni erano e sono per lo più due distinte categorie di
amministratori, che in genere durano in carica un anno: gli ufficiali maggiori e quelli
minori. Tra i primi si comprendono il priore e il I e II assistente, tra i secondi il segretario,
il fiscale, il maestro dei novizi, il maestro di cerimonie, il sacrestano e vari altri. Gli
ufficiali maggiori risultano da una votazione dell’assemblea di tutti i congregati e, una
volta eletti, provvedono a nominare gli ufficiali minori.
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
Preposto ad assistere religiosamente i confrati è un padre spirituale, un sacerdote, che di
regola viene scelto dagli stessi.
In un apposito statuto o regolamento, approvato dal vescovo, la congrega è tenuta a
dichiarare un proprio scopo, che, prevalentemente, è per tutte uguale, cioè quello di
dedicarsi alla diffusione del culto indicato nel titolo, all’assistenza degli associati viventi e,
in buona sostanza, alla sepoltura di quelli defunti.
Ogni iscritto è assoggettato, peraltro, a vari obblighi, che si articolano nella partecipazione
ad una serie di processioni e di cerimonie ecclesiastiche.
La prima e più importante svolta, cui andò incontro tutta la congerie di associazioni di tipo
confraternale, quasi sempre istituite da laici e da laici amministrate, riuscì senza alcun
dubbio quella impressa dal concilio di Trento, che in occasione della celebrazione della
XXII sessione avvenuta il 17 settembre 1562 pose sotto l’esclusiva tutela dei vescovi, oltre
alle chiese, anche le pie istituzioni di ogni genere. Ecco quanto recita il capo IX del citato
atto, da cui discenderanno poi tutti i provvedimenti presi successivamente in materia da
papi e vescovi: «Gli amministratori tanto Ecclesiastici, quanto Laici, ogni anno sieno
obbligati a render conto all’Ordinario della amministrazione della fabbrica di qualsisia
chiesa, anco Cattedrale, Spedale, Confraternita ... tolta qualsisia consuetudine, e privilegio
in contrario ...» 8.
I documenti nulla ci offrono sull’accoglienza ricevuta da una tale disposizione nei vari
ambienti interessati della diocesi di Oppido, neanche la prima relatio ad Limina di un
vescovo, quella di mons. Andrea Canuto del 1596, che pur si attarda a dire della
confraternita del SS. Sacramento della città capoluogo. Ma le successive comunicazioni,
soprattutto quella del Ruffo del 1607, si rivelano chiarissime nel fare il punto della
situazione delineando qual fosse a quei tempi lo stato della chiesa nella circoscrizione,
dove «rotto aveva lasciato il bacolo o pastorale la parsimonia dei presuli» e dove un pastore
«si era trovato a svolgere il suo ministero con grandi e fastidiose fatiche tra uomini rustici e
barbari». La prima notizia certa su iniziative vescovili in merito rimonta al 1613. Se ne rese
portavoce il sacerdote Muzio Clemente, pellegrino romeo al posto di mons. Cesonio.
Quegli riferì allora a Roma che il suo vescovo «venne ad assegnare santissime regole e
norme atte a ben reggersi a quelle associazioni che svolgevano attività nelle chiese
parrocchiali» 9. Invero, quanto regolamentato da quell’ottimo presule oriundo di Lugo di
Romagna figurerà quale cardine di riferimento per tutte le intraprese degli Ordinari, che lo
seguiranno sulla sedia episcopale oppidese e che vi si richiameranno sempre per ogni
disposizione.
Non sono pervenute sino a noi le sessioni sinodali promulgate dal Canuto e dal Cesonio
(1617) 10 e, quindi, ci troviamo nell’impossibilità di trattare su che cosa poggiassero
esattamente i vari canoni pertinenti da principio alle comunità confraternali. Anzi, per
avere ancora un minimum d’informazione su di esse occorrerà arrivare ad almeno venti
anni dall’ultima comunicazione a Roma. Sarà, infatti, il successore del Cesonio, il pesarese
mons. Montano, nel 1634 a fornire il dato che a quel tempo le confraternite o congregazioni
di laici raggiungevano in diocesi l’alto numero di cinquanta e che, al pari degli altri luoghi
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pii, riconoscevano la potestà del vescovo 11.
Il primo sinodo, di cui si conoscono gli atti, è quello del vescovo Paolo Diano Parisio
celebrato nel 1670, quindi a ben 36 anni di distanza dalle notizie fornite da mons. Montano.
Di esso riportiamo distintamente la parte consacrata alle confraternite, ch’è tutta compresa
nel capitolo XXXVII 12.
Secondo quanto fu allora stabilito, ogni confraternita o congregazione doveva avere proprie
insegne da usarsi nelle processioni e nelle funzioni di rito ed a nessuno era data facoltà di
cambiarle. Era fatto del pari divieto di negligere gli statuti antichi e di adottare i nuovi privi
ancora del crisma dell’approvazione e il tutto dietro minaccia della comminatoria di pene
arbitrarie. Ministri, priori, rettori, padri spirituali o con qualunque altro nome venivano
chiamati, erano obbligati a presentare al vescovo od al suo vicario generale entro un mese
dalla pubblicazione del sinodo il libro con su riportati gli statuti e le istruzioni o
costituzioni, al fine di poter conoscere se la tale confraternita poteva essere approvata
secondo le norme canoniche in vigore od anche emendata e addirittura abolita. Non era
concesso erigere nuovi sodalizi senza prima aver ottenuto un decreto da parte della curia e i
trasgressori incappavano ipso facto nella scomunica, facendosi riferimento nel caso alla
costituzione di Clemente VIII del 22 dicembre 1604. I rettori o maestri della confraternita
venivano eletti in seno all’assemblea degli associati in una riunione, che avveniva al suono
della campana nella stessa chiesa in cui quella aveva ricetto, il giorno avanti la ricorrenza
della festività del santo, sotto il cui titolo si riconoscevano. All’elezione doveva però esser
presente il vicario generale o altro delegato del vescovo, che aveva il compito di verificare i
suffragi avuti dai vari pretendenti, diversamente essa si rivelava illegittima e veniva,
quindi, dichiarata nulla. Nel medesimo giorno i procuratori dovevano dar conto o al
vescovo o al vicario generale tanto dei redditi che delle elemosine e consegnare alla
confraternita tutte le scritture contabili nel caso non fossero stati riconfermati nella carica.
Quest’ultima disposizione s’inquadrava con quanto stabilito dal concilio tridentino e dal
decreto della sacra congregazione del 2 aprile 1622 ed era dovuta al fatto, si diceva, che
s’intendeva con ciò proteggere i diritti della confraternita stessa ed evitare che col tempo
potessero andare dispersi.
Gli iscritti all’associazione non dovevano essere accettati in modo indiscriminato e
bisognava porre buona attenzione per quanto riguardava l’età, la condizione e il
comportamento. Soprattutto, si poneva una barriera davanti a coloro che non conoscevano i
rudimenti della fede, a concubinari, usurai, bestemmiatori, facinorosi ed infami impenitenti.
Non si poteva scegliere alcun sacerdote quale cappellano se prima non ci fosse stato
l’assenso del vescovo o del vicario e non si fosse rilasciata allo stesso una licenza per
iscritto. Nelle chiese appartenenti alle confraternite era permesso celebrare le messe e altre
funzioni divine in orari non coincidenti con l’ufficio delle ore e con le prediche che si
svolgevano nelle chiese parrocchiali. Nelle processioni i confrati dovevano sfilare
devotamente ed in ordine e la priorità era data ai sodalizi più antichi, che dovevano stare
più accosto al santo simulacro rispetto a quelli di più recente istituzione o conferma. Per il
resto, ove non ci fosse stata contrapposizione con quanto disposto, si rimandava ai decreti
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sanciti dal Cesonio.
Venti anni più tardi, nel 1699, altro sinodo, altra sessione consacrata alle confraternite
(negli atti è il cap. XXXIV), ma le disposizioni impartite non facevano che ricalcare quasi
fedelmente il regolamento ispirato dal Diano Parisio. Di seguito le scarse novità introdotte
dall’assise voluta da mons. Bisanzio Fili.
Non era permesso erigere in diocesi nuove confraternite senza un decreto accordato dal
vescovo (si faceva per ciò riferimento ad un atto della sacra congregazione del 7 ottobre
1613), nemmeno nelle chiese dei regolari con uso dei sacchi (era la divisa dei confrati)
sotto pena di scomunica (lo prevedevano la bolla di Clemente VIII del 24 dicembre 1604 e
il decreto della sacra congregazione del 6 dicembre 1616). L’elezione dei nuovi ufficiali
(questo nome compare per la prima volta) doveva avvenire come disposto dal sinodo
precedente, ma tenendo per fermo una deliberazione della sacra congregazione del 18
luglio 1549. Per l’accettazione degli iscritti si faceva divieto ai soliti peccatori già citati nel
sinodo precedente, mentre si autorizzava ad ammettere quelli di provata vita e fama,
prendendo in considerazione sempre l’età e lo stato 13.
Nel 1726 la forte personalità del Perrimezzi venne ad imprimere alle confraternite della
diocesi oppidese un nuovo impulso, ma, restringendo alquanto i poteri a quelle
precedentemente conferiti, racchiuse in limiti accettabili la loro libertà d’azione, non
sempre operante per il giusto verso.
Questi i canoni fondamentali sui quali dovevano basarsi le congreghe dopo la celebrazione
del sinodo di quell’anno.
Non era lecito cambiare insegne né fare nuove costituzioni contrarie a quelle già approvate.
Gli ufficiali dovevano essere eletti ad ogni semestre in presenza del vescovo o del vicario
generale e la stessa cosa valeva per i cappellani, i quali dovevano attendere prima la
conferma da parte del presule. I procuratori dovevano render conto della loro
amministrazione ogni anno e non potevano affrontare spese eccedenti il valore di cinque
aurei, se non dopo una deliberazione vescovile. Non erano ammessi quali confratelli i
concubinari, gli usurai, i bestemmiatori, i giocatori, gli spergiuri, gli ubriaconi e tutti coloro
che ignoravano i rudimenti della fede. Non dovevano essere accettati neanche i giocatori di
dadi, che risultavano essere stati ammoniti per ben tre volte. I confratelli dovevano
ubbidienza al padre spirituale ed al prefetto. Gli inadempienti andavano subito espulsi e
non riammessi senza licenza dell’Ordinario. Per la precedenza delle confraternite sia nelle
processioni che nelle altre funzioni faceva legge l’antichità dell’istituzione. Non era
permesso recitare le preghiere nelle chiese delle confraternite in tempo che nella cattedrale
e nelle chiese parrocchiali si svolgevano i divini uffici e le prediche. Coloro che venivano
discacciati da una confraternita non potevano essere accettati da un’altra senza che il
vescovo ne fosse stato edotto. Per il resto valeva quanto avevano stabilito i vescovi
Cesonio, Diano Parisio e Fili, cioè a dire, tutti quelli che avevano preceduto il Perrimezzi
nella celebrazione di un sinodo 14.
Non possediamo alcuna notizia in merito ad interventi sul tema confraternite in successione
a quello operato dal Perrimezzi da parte degli Ordinari diocesani oppidesi, ma il tragico
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terremoto del 1783, che impose il trasferimento del paese, l’imprigionamento di mons.
Tommasini durante il decennio francese e le altre vicende culminate con l’unificazione
dello stato italiano impedirono certamente che si guardasse a tali sodalizi con una precisa
attenzione. Il problema venne avanzato soltanto al tempo del I congresso cattolico della
regione calabra tenutosi in Reggio Calabria dal 13 al 16 ottobre 1896, quando l’arciprete di
Filadelfia (dioc. di Mileto) lo mise sul tappeto evidenziando soprattutto l’importanza di
operare un «Rifiorimento dello spirito cristiano» in seno alle confraternite e proponendo
perciò gli opportuni rimedi. Naturalmente, il congresso non si fece sfuggire l’occasione e,
pensando che dette istituzioni potessero divenire un’ottima longa manus per la chiesa,
rivalutò la funzione del padre spirituale e auspicò stretti rapporti tra confraternite, curie
vescovili e parrocchie, stimando soprattutto di poter evitare a tali consorterie un
asservimento alla politica clientelare 15.
Le confraternite consacrate a Gesù Cristo
nelle sue differenziazioni devozionali
Le confraternite calabresi più antiche sono forse quelle intitolate al Santissimo Sacramento,
a volte dette anche «del Venerabile» o «del S. Corpo di Cristo» o in altro modo non del
tutto dissimile. Queste pie associazioni laicali, parecchio in auge nel ’400, ma di gran lunga
più diffuse in seguito all’attribuzione di speciali privilegi disposta dal papa Paolo III nel
1539, furono le sole rispettate nel periodo dell’occupazione francese, in quanto la legge
italica del 1807, che soppresse tutte le altre, venne a lasciare in vita soltanto esse 16. Messe
alla dipendenza dei vescovi con rescritto reale del 18 maggio 1857, ritornarono ad essere
sottoposte ai consigli generali degli ospizi per decreto del 23 novembre 1860 17.
Lo scopo dichiarato di tali congregazioni era quello di onorare pubblicamente il S.mo
Sacramento e di recare processionalmente il viatico agli infermi, ma di dette compagnie,
che godevano del privilegio di officiare nell’omonima cappella sita quasi sempre in cornu
epistolae, cioè in fondo a destra per chi guarda verso l’abside, oggi se ne notano un numero
veramente esiguo. La causa della loro quasi totale scomparsa è ben presto scovata. Essendo
venuto a mancare l’elemento principe che le componeva, la tronfia nobiltà, che vi accedeva
soprattutto con l’intento di farsene lustro, non hanno avuto più ragione di esistere. Stando a
quanto ci è stato possibile indagare, in Calabria vi furono almeno 169 congreghe intestate
al S. Sacramento, ma di certo se ne troverebbero di più solo a volerne estendere la ricerca
in altre direzioni. Comunque, quelle ricadenti nell’area della diocesi di Oppido MamertinaPalmi risultano in numero di 32. La prima confraternita del S. Sacramento in assoluto nella
regione si rivela quella di S. Caterina dello Jonio, in provincia di Catanzaro, che dà notizie
di sé sin dal 1534. Quella propriamente del S. Corpo di Cristo la troviamo, invece, a
Gerace, in territorio reggino, nel 1538.
Alle confraternite del Sacramento s’interessò particolarmente il vescovo Peruzzo, il quale
nel 1930 venne a pubblicare sul bollettino diocesano un regolamento, che avrebbe dovuto
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garantire una maggiore funzionalità in senso veramente cristiano di tali associazioni.
Difatti, il presule, pur dicendo come fosse un suo vivo desiderio che le congreghe con quel
titolo albergassero in ogni parrocchia, non intese indulgere certo a riproporre le stereotipate
consorterie. Le indicazioni che volle dare in proposito si presentano quanto mai chiare e
perentorie. Ecco in merito alcune frasi piuttosto significative e volte a non offrire adito a
dubbi:
«Ma intendiamoci: queste confraternite non debbono essere un corpo senz’anima od una
pianta senza frutti; né debbono mantenere fra i propri membri dei cristiani freddi nella
pietà, indifferenti verso l’Eucaristia e peggio mondani e viziosi. A che servirebbero allora,
se non ad ingombrare il terreno parrocchiale ed a perpetuare pericolose illusioni?» 18
La più antica confraternita del S.mo Sacramento nella vecchia diocesi di Oppido, basandoci
sulle documentazioni conosciute e su qualche opera a stampa, è indiscutibilmente quella
del capoluogo, che sarebbe stata fondata nella prima metà del ’500 dal feudatario Giovanni
Antonio Caracciolo, deceduto nel 1574 e suo primo priore 19. Infatti, come si legge nella
relatio ad Limina del 1596 stilata da mons. Andrea Canuto, essa esisteva già all’epoca e,
oltre allo scopo principale, perseguiva pure quello di unire in matrimonio alla vigilia della
festa dello stesso S.mo Sacramento, otto vergini nubili povere, come per lascito del
benemerito citato signore, lascito conosciuto d’altronde come «legato Caracciolo» 20.
Aggregata all’Arciconfraternita di Roma nel 1590, l’istituzione l’1 agosto 1606 otteneva
dal papa delle indulgenze da usufruirsi in occasione dell’omonima festività e di quella della
Natività di Gesù 21. Protetta prima dai Caracciolo e susseguentemente dagli Spinelli, aveva
una propria cappella in cattedrale ed accoglieva nel suo seno esclusivamente elementi
provenienti dal ceto nobiliare, vale a dire Grillo, Capuano, Recanati, Sartiano ecc.
Probabilmente, addirittura, per come ricaviamo da vari atti notarili, doveva essere una
roccaforte della famiglia Grillo e delle altre, che via via con essa s’imparentavano. Nel
1622 il chierico Agazio Grillo appariva nel medesimo tempo priore e procuratore della
confraternita, mentr’erano iscritti quali confrati Giovanni Leonardo Grillo, il chierico
Francesco Grillo, Placido Sertiano (era marito a d. Laudomia Grillo), Bernardo Sertiano e il
dr.u.i. d. Muzio Pignatelli 22. Il 17 giugno 1718 contribuivano all’elezione a priore di d.
Giulio Capuano i magnifici d. Giovanni, d. Girolamo, d. Giuseppe e d. Domenico Grillo e
d. Francesco Antonio Recanati (era marito a d. Caterina Capuano) «confratelli
dell’antichissima Confratellanza sotto il titolo del Venerabile nella Sacrestia della
Vescovile Chiesa luogo solito e consueto» 23. Una tale congrega, che fu spesso in aperta
diatriba con l’ordinario diocesano, soprattutto a tempo del battagliero mons. Perrimezzi,
finì di agire certamente in concomitanza col terremoto del 5 febbraio 1783, quel Grande
Flagello impietoso distruttore di abitati e di istituzioni 24.
Il Perrimezzi si pose per tempo sul terreno della contestazione con gli appartenenti alla
confraternita del SS. Sacramento e, se nella relatio del 1715 venne a porre in evidenza che
le quattro confraternite cittadine risultavano prive di regola ed i confrati ostentavano vesti
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non consone al loro status, con quella successiva del 1718 tenne ad affermare con più
calore di aver mosso in proposito presso la S. Congregazione dei Riti una lite, che all’epoca
era ancora sub iudice. L’invio a Roma di un tal documento gli fornì altresì l’occasione di
poter comunicare di aver represso l’audacia di certe persone che, quantunque laici, avevano
trasformato un abuso in consuetudine, non arrossendo, durante la processione del Corpo di
Cristo, di paludarsi con le stole diaconali proprie degli ecclesiastici 25.
Il momento clou della vertenza tra il vescovo e gli associati del SS. Sacramento si ascrive
al 1719. In quest’anno il Perrimezzi cercò volutamente di fare abbassare la cresta ai nobili
confratelli agendo di sorpresa. Mentre detti erano riuniti in cattedrale - era il 16 giugno,
giorno di ricorrenza della festa del Corpus Domini - come ogni anno si usava fare, onde
sorteggiare il legato Caracciolo a pro delle zitelle povere, il presule, fattovi il suo ingresso,
ordinò subito di togliere il tavolino ed il libro occorrenti alla bisogna e pretese che le aste
del baldacchino fossero portate dai canonici e non dai confrati, che se ne appellavano
facendosi forti di una bolla di Paolo III, che avrebbe permesso loro di eseguire una tale
cerimonia «vestiti con camiso bianco, e stola sopra la spalla destra ligata alla sinistra di
color lionato sericea». Fecero allora buon viso a cattivo gioco i congregati e non fiatarono,
al fine di evitare pericolose bagarres, ma subito dopo il rito protestarono vivacemente con
atto notarile 26. E il vescovo? Il vescovo, non ancora contento del passo compiuto, ordinò
al promotore fiscale della curia di avanzare alcune domande alla sacra congregazione dei
riti sui diritti preminenziali pretesi dai confratelli, domande che avranno tutte una risposta
soltanto in data 15 febbraio 1721. Di seguito i vari responsi, logicamente tutti a disfavore
del nobilume locale.
Non era permesso ai confrati l’uso della veste bianca e della stola sopra la spalla, né era
loro concesso il privilegio di portare le aste del baldacchino in occasione della processione
nella festività del S. Corpo di Cristo, quando poi per tutta l’ottava ed in altri cortei o per il
trasporto del Viatico se ne ricusavano.
Perché la confraternita potesse eleggere il priore o procuratore e distribuire i legati dotali ed
in quel luogo e con l’assistenza dei confratelli, del ministro ecclesiastico e del notaio era
indispensabile un decreto vescovile.
Se la confraternita dovesse essere costituita solo da elementi appartenenti a quattro famiglie
o potesse e dovesse risultare impinguata con altri, che per condizione erano chiamati nobili,
era un fatto per cui bisognava seguire la prassi solita, cioè era cosa che spettava alla libera
decisione del vescovo 27. Nel 1726 il sinodo promulgato dal Perrimezzi verrà a riservare
ben sette commi del capitolo XII, oltre naturalmente ai restanti 13 di carattere generale,
proprio alla congrega del «Sacramento della Santissima Eucaristia».
La confraternita, confermata dal Perrimezzi qualche tempo prima in base alla costituzione
di Clemente VII (Quaecumque ..., a. 1604), risultava la primaria della città ed il vescovo se
n’era già occupato munendola di leggi, rivolgendole istruzioni e arricchendola di privilegi.
Essa era stata anteriormente eretta al fine di venerare il Santissimo Corpo di Cristo,
giammai per la vanità del fasto mondano e, comunque, faceva d’uopo conservarla e
proteggerla.
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Al sodalizio erano ammessi i nati di alcune famiglie stabilite, ma che dovevano aver
raggiunto almeno il dodicesimo anno di età. La cerimonia d’ingresso era svolta dal padre
spirituale nella cappella del Venerabile alla presenza del priore e di tutti gli altri confratelli.
I confratelli tenevano a portare le aste del baldacchino nel giorno consacrato al Corpo di
Cristo e per tutta l’ottava, come pure nelle terze domeniche di ogni mese ed allorquando si
recava il viatico a qualcuno da parte degli stessi.
Nei giorni in cui dovevano portare le aste di mattina, erano obbligati convenire già prima
nella cappella del S.mo Sacramento ed ivi alternativamente cantare il piccolo ufficio del
medesimo.
Ognuno era impegnato a procurarsi in proprio la divisa, che consisteva in fasce di seta, con
metà di una mano di larghezza, dall’omero discendente fino ai femori, di color bianco,
nelle quali si evidenziavano l’immagine del S.mo Sacramento e lo stemma della
confraternita, nonché vesti di lino, parimenti di color bianco.
Quando avveniva l’estrazione della dote nel giorno del Corpo di Cristo a mezzo del vicario
generale o del procuratore della cappella, eletto dal vescovo, al quale peraltro doveva dar
conto, i confratelli erano abilitati ad assistere alla funzione in onore dello stesso.
L’elezione del priore andava fatta nella sacrestia della cattedrale presente il vicario
generale, che nel medesimo tempo rivestiva la carica di padre spirituale della congrega e
ch’era autorizzato a confermarla. Sia l’elezione che la conferma dovevano essere trascritte
in un libro da un segretario scelto dai confratelli 28.
L’occasione che portò mons. Perrimezzi nel 1719 ad altercare con i membri della
confraternita dovette perciò rimanere un caso isolato e collegato solo a fatti contingenti se
anche nel sinodo del 1726 quegli volle inserire una voce, con la quale stabiliva d’istituire la
confraternita del S.mo Corpo di Cristo in ogni parrocchia, laddove non risultasse eretta e di
aggregarla all’Arciconfraternita di Roma 29.
Quasi certamente, sono da ritenersi coeve di quella oppidese, pure se al riguardo non
suffragano i documenti, le altre confraternite di Terranova, Pedàvoli e Varapodio, tutte e tre
notate sin dal 1606.
Al sodalizio di Terranova, che officiava nella chiesa matrice di S. Maria del Cantone, il
papa concedeva il primo agosto del citato anno indulgenze da godersi in occasione delle
feste del S.mo Sacramento e delle quattro principali istituite in onore della Beata Vergine
Maria 30. Detta congrega è sicuramente da riconoscersi anche in quella del S. Corpo di
Cristo, di cui riferiva nel 1596 il Canuto nella sua relatio ad Limina 31.
Di sicuro, è una sua riproposta l’altra dichiarata «del SS. Sacramento e della Madonna del
Rosario», fondata intorno al 1850, con statuto del 15 giugno 1887, che nel 1930 contava la
presenza di 120 confratelli e 115 consorelle. Le carte d’archivio ci dicono ch’essa venne
sciolta per ben tre volte. Nel 1957, tuttavia, la curia richiedeva al parroco il regolamento di
una confraternita del Sacramento, segno inequivocabile di una sua esistenza in vita
all’epoca, anche se ormai allo stato larvale. Detta risultava alquanto differenziata dalle
altre, e per lo scopo e per la conduzione amministrativa. Mentre per il primo ci si fissava su
un modulo etichettato di carattere generale preso a prestito da altre congreghe e cioè
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sull’«adempimento sull’esempio vicendevole degli atti di Religione e degli esercizi di pietà
per meglio osservare i doveri di Cristiani», per l’altra si faceva capo ad un priore, ad un I e
II congiunto, evidentemente lo stesso che assistenti, ad un cassiere e ad un segretario, con
padre spirituale il parroco 32.
Alla confraternita del SS. Sacramento o del Venerabile di Pedàvoli il papa offriva
indulgenze usufruibili nella ricorrenza delle festività del Sacramento, Domenica di
Passione, Pentecoste, Natività e Ascensione del Signore e delle quattro principali
consacrate alla Beata Maria Vergine il 13 agosto 1606 33. Notata dal Vita nel 1743, dal
Mandarani nel 1751 e dallo Spedaliere nel 1772, nella relatio ad Limina di mons. Coppola
del 1823 è detto che tale associazione soleva radunarsi per la pratica degli esercizi di pietà
nella chiesa di S. Francesco Saverio 34. Persistente nel 1875 per averla richiamata in vigore
il vescovo Caputo (1851-1858) 35, aveva avuto l’assenso regio nel 1777 36.
Agente prima in un proprio oratorio, che nel 1934 risultava già demolito, passò poi alla
chiesa parrocchiale di S. Nicola. Approvata dal vescovo il 15 giugno 1914, nel 1934
vantava la presenza di 78 confratelli e 84 consorelle. Lo statuto del ’14 prevedeva
un’amministrazione affidata al priore, a 2 assistenti, ad un cassiere ed a cinque consiglieri
37.
Delle confraternite di Varapodio, allogate nelle chiese parrocchiali di San Nicola e di Santo
Stefano ed a cui il papa elargiva rispettivamente indulgenze utili in occasione delle feste
del S. Corpo di Cristo, IIa di Pentecoste e S. Corpo di Cristo, Domenica di Passione, S.
Lorenzo, Apparizione di S. Michele Arcangelo il 26 ottobre del 1606, non si apprendono
ulteriori notizie 38.
Una scheda notarile del 1773 rivela che circa 160 anni prima, quindi intorno al 1613, una
confraternita del S.mo Sacramento si trovava in S. Giorgìa. Lo testimoniavano alcuni tra i
più vecchi del paese, compresi alcuni sacerdoti, i quali aggiungevano che i confratelli si
radunavano in giorni stabiliti a volte nella chiesa di San Sebastiano a volte in quella di
Santa Maria del Carmine. In tali templi un padre spirituale insegnava i rudimenti della fede
e della morale con appropriati «Sermoni». L’obbligo per gli associati consisteva nel
devolvere «alquanti grana» l’anno, che dovevano servire per le esequie degli stessi con
celebrazione di un determinato numero di messe annue in suffragio 39.
Della confraternita del S. Sacramento di Paracorìo, paese dirimpettaio a Pedàvoli, note
certe sulla sua esistenza ci si rivelano soltanto dal 1743 per la già citata relatio del Vita,
comunque nel 1767 ne risultava cassiere il mag. Carlantonio Strano 40. Secondo il Marzotti
41, avrebbe avuto l’assenso regio nel 1778, ma uno statuto del 1877, che si conserva
nell’archivio curiale di Oppido, ci dice ch’essa è la prosecuzione di altra fiorita nel vicino
villaggio di Cozzopòdini, ov’era stata istituita sin dal 1576 e che il regio assenso rimonta al
14 agosto 1824. Nel 1875 figurava in costruzione il suo Ius Oratorio 42, ma dopo del 1877
non sovviene nient’altro 43. In detto statuto la congrega si diceva affidata al priore, ai due
assistenti, al cassiere, ai revisori dei conti ed al padre spirituale.
Dal medesimo statuto abbiamo ancora che la confraternita di Cozzopòdini, paesetto
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
esauritosi nella seconda metà del ’600, aveva ricetto nella chiesa della Pietà.
A Sitizano la congregazione del S.mo Sacramento, che recava pure titolo della Madonna
del Carmine, si costituì nel 1873, anche se venne riconosciuta in data piuttosto recente, nel
1912. A tale anno rimontano, infatti, l’approvazione vescovile (11 maggio) e l’edizione
dello statuto, ma nemmeno essa, che officiava nella chiesa parrocchiale di Santa Domenica,
è giunta sino a noi. La divisa dell’associazione consisteva in un camice di tela bianca, con
cappuccio, cingolo bianco e «mozzetto di seta color cremisi con rifascio color caffè cotto».
Al priore, che avrebbe dovuto portare sulla spalla sinistra una stella ed ai due vice priori
competeva recare al collo un nastro anch’esso color caffé, dal quale avrebbe dovuto
pendere sul petto una medaglia d’argento con l’immagine della Madonna del Carmelo 44.
Nel 1930 il sodalizio era forte di 131 confratelli e 99 consorelle 45.
Secondo i dettami dello statuto, l’elezione del priore doveva avvenire entro l’anno, nella
seconda domenica di maggio e la scelta era fatta tra sette confratelli dei più degni segnalati
dal padre spirituale, dal priore uscente, dai due assistenti e dal segretario. Molti gli ufficiali
subalterni: un sacrestano, un cassiere, un fiscale, un maestro di cerimonie, due razionali, un
maestro dei novizi, due infermieri (un uomo e una donna), quattro sergentini (due effettivi
e due supplenti), un portacroce, un portastendardo, due portalanterne. La tassa sociale era
ripartita secondo l’età ed andava dalle due lire per i confratelli fino a 10 anni alle 25 per
coloro che avevano superato il 60° anno. La cosa era ovvia. Più ci si avanzava nel tempo e
più probabilità c’erano perché la confraternita dovesse sobbarcarsi a spese per onoranze
funebri a pro dei confratelli. Ma ciò era cosa comune a tanti sodalizi.
Nel piccolo Scroforìo la confraternita aveva nome del S. Corpo di Cristo e sito nella chiesa
della S.ma Concezione. Al riguardo si conosce soltanto che il papa il 7 maggio 1609 veniva
a concedere ai suoi congregati indulgenze da godersi nella festività omonima e nelle altre
dell’Assunzione della B.M.V. e della Natività di Gesù 46.
A Molochio, paese in origine facente parte dell’archidiocesi di Reggio e solo dal 1927 in
forza alla diocesi di Oppido, una confraternita del SS. Sacramento esisteva già parecchio
tempo prima del 1595, anno in cui fu riscontrata da mons. D’Afflitto ivi recatosi in sacra
visita. Detta, che agiva nell’omonima cappella sita «in cornu epistolae» della chiesa di S.
Maria de Merola, era propriamente intitolata del «SS.mo Sacramento e del Nome di Gesù»
e si distingueva da altra invocata del «S.mo Nome di Gesù e del Corpo di Nostro Signor
Gesù Cristo» 47. I maestri e i procuratori, cui n’era affidata la guida, venivano scelti
annualmente nella stessa cappella del Sacramento in occasione della ricorrenza della
relativa festività. Dall’altra visita che il D’Afflitto effettuò a Molochio nel 1605 risulta che
una confraternita del SS. Corpo di Cristo era stata aggregata all’Arciconfraternita di S.
Maria sopra Minerva in data 17 febbraio 1548 48. È certo un’appendice della prima quella
che poi venne fondata nella chiesa parrocchiale il 16 marzo 1930 con approvazione
vescovile del 23 febbraio 1931. L’ultimo sodalizio, che si ebbe uno statuto nel 1930
medesimo, l’anno successivo poteva contare su 69 confratelli, 9 consorelle e 27 novizi 49.
Una coeva confraternita del S.mo Sacramento fiorì similmente a Molochiello, altresì detto
Molochio Inferiore, Molochio di sotto ecc. Lo stesso D’Afflitto nel 1595 poté vedere
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custodite «dentro una cascia di latta» di proprietà della medesima due bolle risalenti al
1575 e al 1585. Quest’ultima data si qualificava per quella dell’aggregazione della
congrega all’Arciconfraternita di S. Maria della Minerva. L’associazione aveva ricetto
nella chiesa di S. Nicola, un tempio carente di redditi, ma la cappella del Sacramento, che
lo stesso amministrava, fruttava ben 25 ducati annui 50.
Naturalmente, le due confraternite del Sacramento di Molochio e Molochiello avevano
avuto quale riferimento quella del capoluogo reggino, pur essa data esistente nel 1595 e alla
quale si saranno uniformate per ogni dettaglio. Dal sinodo del D’Afflitto di quello stesso
anno abbiamo che a reggere il sodalizio, aggregato all’omonima confraternita di S. Pietro
in Roma, erano i seguenti «officiali»: quattro rettori, un cappellano, un tesoriere, un
segretario, un portiere, due nunzii, che venivano nominati in ogni prima domenica del mese
di gennaio. I rettori guidavano l’associazione un mese per ciascuno a cominciare dal più
anziano e dovevano preoccuparsi di tutto l’andamento associativo, in particolar modo
procurando proseliti, di far sì che il S.mo Sacramento fosse sempre accompagnato da un
numero sufficiente di lanterne e torce, di fare tre prediche ogni anno al fine di far riverire
maggiormente lo stesso, di effettuare una processione mensile in chiesa in ogni prima
domenica, di tenere il «bussolo con le fave bianche e nere» per le varie votazioni e la
ricezione dei nuovi adepti, di badare che elemosine e redditi andassero in favore del culto,
di cui al titolo, della fabbrica della cappella, dei fratelli ammalati e di qualche eventuale
povero abitante nell’ambito della parrocchia, di tenere a turno con il cappellano ed il
tesoriere una delle tre chiavi della casa delle elemosine. Al cappellano si addiceva
soprattutto mantenere in ordine la cappella, l’impegno a non far mancare mai la luce al
Sacramento e di fare che fosse adornata bastantemente la stanza, in cui si sarebbe andati a
far visita ad un infermo.
E ancora. Il segretario aveva l’incarico della buona tenuta dei libri riportanti tutti i nomi dei
confratelli e degli ufficiali e di quello dei decreti delle congregazioni, oltre logicamente a
tutte le indicazioni inerenti a rendite, legati, elemosine, mobili ed immobili. Il tesoriere o
camerlengo aveva il compito, da parte sua, di segnare in un libro entrate ed uscite di denaro
(la tassa da pagare per i fratelli era di mezz’aquila al mese). Al portinaio spettava la
sorveglianza della porta dell’oratorio, non lasciar passare gli estranei e tenere una lista,
onde segnalare di volta in volta gli assenti. I nunzii erano incombenzati di avvisare i
confratelli delle varie congregazioni che si tenevano, si interessavano degli infermi,
procurando di fare eseguire quanto disposto dal parroco e dal cappellano e, in occasione di
seppellimento di salma, dovevano rendere partecipe la confraternita al fine di poter allestire
ciò che si reputava necessario. L’impegno del sergente constava nel tenere in ordine gli
associati durante le varie funzioni, ognuno con il proprio sacco e la propria eventuale
insegna da portare. V’era poi la guida, che si occupava d’indicare ai confratelli la via da
seguire nelle processioni. Ai fratelli, in ultimo, che dovevano avere un’età superiore ai
venti anni, essere di vita buona ed intemerata, in particolar modo preti, gentiluomi, artigiani
ed altre persone onorate, toccava l’obbligo dell’ascolto della messa quotidiana, della lettura
di libri spirituali, della visita ai confratelli, della confessione e comunione in ogni prima
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domenica nella cappella propria o all’altare maggiore, della tenuta ordinata dei sacchi e
delle insegne, di partecipare a due riunioni quindicinali, la prima volta nella seconda
domenica del mese per recare in processione il Santissimo Sacramento e quindici giorni
dopo nel pomeriggio per prender parte ad una riunione, nella quale si sarebbe trattato di
cose interessanti l’associazione. Alcuni fratelli ogni settimana erano scelti per recare il SS.
Sacramento agli infermi senza sacchi, mentre due di loro ogni giovedì mattina dovevano
andare in divisa per la città a raccogliere elemosine per la fabbrica della cappella. Agli
stessi, che nelle processioni dovevano incedere «con gravità et gl’occhi bassi», con i più
anziani che precedevano i novizi, toccavano poi altre preghiere e funzioni, su cui non è
proprio il caso di dilungarci 51.
Confraternite recenti dedicate al SS. Sacramento si rivelano, nella vecchia diocesi di
Oppido, quelle di Cosoleto, Santa Giorgìa e Scido. Nel primo paese una congrega fu eretta
circa il 1890, ma tra 1899 e 1903 si segnalava col titolo del S.mo Sacramento e della
Madonna degli Angeli, ma anche della Madonna del Carmine. Alla discussione sul bilancio
di previsione per l’anno 1900 furono presenti 24 confratelli. Si rivela uno statuto del 1926
con aggiunte e modifiche del 1933. Collocata nella chiesa parrocchiale, aveva iscritti nel
1930 un numero di 36 confratelli e di 66 consorelle. A S. Giorgìa, con intestazione di SS.
Sacramento e S. Maria della Catena, fu invece istituita dal parroco il 23 agosto 1928 e nel
1937 vantava appena la presenza di 28 confratelli e 23 consorelle. Quella di Scido, la cui
denominazione era di S. Maria del Soccorso e del SS. Sacramento, era data come esistente
nel 1931, ma doveva avere un precedente in altra agente nel ’700. Il Caldarone, infatti, ci
rivela che i suoi confrati erano esenti dallo «jus sepulturae». A Cosoleto, tra i tanti ufficiali,
faceva capolino anche un vice-priore 52.
La più vetusta confraternita del S.mo Sacramento della parte di territorio della diocesi di
Mileto trasferita da poco tempo a Oppido è, senza dubbio, quella di Polistena, che, eretta il
23 marzo 1549 53, ebbe l’assenso regio il 21 ottobre 1794. È tuttora in vigore con un
proprio oratorio annesso alla chiesa parrocchiale di S. Marina e conta un centinaio di
aderenti, ma, come rivelano le doverose comunicazioni dei parroci pro-tempore, nel 1930
era invece forte della presenza di circa 900 soci e nel 1943 di 15 novizi, 300 confratelli e
514 consorelle 54. Il sinodo di mons. Parravicino del 1692, che dichiara la confraternita
esistente sin dal 1548 e già a quel tempo aggregata all’Arciconfraternita di S. Maria della
Minerva in Roma, ci fa appurare che i vescovi nel periodo 1686-1690 agirono in
opposizione agli stessi congregati ed effettuarono la visita della cappella, della sacristìa e
delle suppellettili loro malgrado. Cosa questa per la quale venne adita la sacra
congregazione dei cardinali, che in data 8 novembre 1690 stabilì, tra l’altro, che la cappella
del Sacramento poteva benissimo essere sottoposta a visita dall’Ordinario nonostante il
privilegio concesso da papa Paolo III (1534-1549) con un suo breve 55.
Evidentemente, anche a Polistena, come a Oppido, non dovettero essere assenti quegli
attriti soliti ad insorgere tra i sussiegosi nobili confratelli ed il clero locale, che mal
sopportava in casa propria inutili e sfrontate albagìe.
Una congregazione del S.mo Sacramento era riscontrabile nel 1586 nella chiesa
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parrocchiale di Borrello, paese completamente scomparso in seguito al crudo rivolgimento
tellurico del 1783 e di San Procopio. Lo attesta chiaramente il vescovo mons. Del Tufo
negli atti della visita effettuata in quel medesimo anno 56.
Appresso, in ordine di tempo, arriva la confraternita di Soreto, paese da tempo anch’esso
sparito, che si trova annotata in un apprezzo del 1605 e intestata al S. Corpo di Cristo.
Quindi, è la volta di quella di Seminara, che, collocata nella chiesa collegiale, nel 1681
otteneva l’indulgenza plenaria utile a godersi nella festività del SS. Corpo di Cristo, nelle
terze domeniche dei mesi agosto e ottobre e nella «Feria Quinta in Coena Domini» 57.
L’esistenza della congrega di S. Giorgio Morgeto è acclarata sin dal 1694. Un tale
sodalizio, che aveva logica sistemazione nella chiesa matrice, domandò l’assenso regio in
data 20 novembre 1800 e l’ottenne il successivo 27, mentre il 25 maggio 1925 guadagnava
l’elevazione al rango di arciconfraternita (era denominata arciconfraternita ogni
associazione che aveva la facoltà di unire a sé altre del medesimo tipo) con decreto
apostolico. In quell’occasione si meritò il «privilegio di aggregare a sé nella forme dovute
altre confraternite dello stesso nome e della stessa natura esistenti nell’ambito della diocesi
di Mileto, comunicando loro tutte le indulgenze comunicabili». La foggia della divisa
consisteva nel «solito camice bianco col cingolo dello stesso colore, ed il Rocchetto di
colore scarlato di robba di lana uniforme, ed il consueto capuccio di tela bianca per covrirsi
il volto nell’esequie, e nelle processioni di Penitenza» 58.
Di una confraternita del S.mo Sacramento a Radicena, ricettata stranamente nella chiesa
dell’Immacolata, ci danno contezza un regio beneplacito del 30 aprile 1768 ed altri atti che
ne acclarano l’esistenza nel 1753, 1766, 1791, 1872 e 1891, ma dal primo documento
traspare chiaramente ch’essa era già in vita nel 1742. Sospesa sicuramente dopo il
terremoto, nel 1791 la Regia Giunta della Cassa Sacra da Catanzaro poneva l’accento su di
un suo sollecito ripristino. In un atto notarile del 1753 si nota un «magazeno della
confraternita», mentre in altro del 1766 si rileva quale «attual Prefetto Interino
dell’Arciconfraternita» il mag. nr. Gio.Domenico Mammoliti. In altro ancora del 1744 si
rendono note le controversie che opposero l’Arciconfraternita eretta nella chiesa arcipretale
ai cappellani e come con l’atto stipulato l’8 maggio 1769, essendo priore il mag. Domenico
Gugliano, si fossero «alterate le regole munite di Reggi assenzi». A tal proposito fece
ricorso al re il confratello mag. Carlo Antonio Arcuri, per cui si ottennero reali dispacci
favorevoli nel 1770 ed in anni seguenti, ma ancora nel 1774, risultando priore Gio.Battista
Cannatà, appariva evidente la «pertinacia» degli ecclesiastici a resistere alle disposizioni,
ch’erano state loro contrarie 59.
A Palmi la confraternita del SS. Sacramento recava nome anche di S. Maria del Soccorso
quasi sicuramente perché «eretta e fondata» dentro l’omonima chiesa, come appare nel
1767 essendone procuratore d. Vincenzo Carrozza. Nel 1935 era rappresentata soltanto con
la seconda intitolazione. Si ebbe l’assenso regio il 24 novembre del 1777 e il De Salvo
affrettatamente conclude che è proprio questa la data della sua fondazione 60.
Allo stesso anno, ma al 7 luglio, rimonta l’assenso regio della confraternita di Candidoni,
che il Marzotti chiama del SS. Corpo di Cristo 61 e che risultava ancora esistente nel 1940
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62.
Nel 1933 in atti governativi era detta chiaramente del SS. Sacramento e figurava alle
dipendenze dell’autorità ecclesiastica 63.
Di appena un anno dopo (21 gennaio 1778) sarebbe l’assenso regio riguardante la
confraternita di Galatro, che nel titolo comprendeva anche S. Maria della Valle 64 e che, in
funzione fino al 1954 nella chiesa parrocchiale di S. Nicola, nel 1943 contava 60 confratelli
e 21 consorelle. Ciò riflette però quanto riferiva il parroco nello stesso anno 1943 perché,
secondo documenti conservati nell’archivio di stato di Reggio Calabria, l’iter
dell’istituzione rispecchia un andamento diverso. Essa sarebbe di antichissima origine e la
bolla di aggregazione all’Arciconfraternita di Santa Maria sopra Minerva rimonterebbe
all’1 dicembre 1626. Il 23 giugno 1777 facevano richiesta del regio assenso 95 confratelli e
detto veniva concesso con data 30 giugno. La divisa contemplata dalle regole era il «sacco
solito e mozzetta» 65.
S. Maria della Valle era, invero, anche la denominazione di un’antica chiesa di Galatro,
fondata il 3 maggio 1517 e consacrata da mons. Del Tufo il 2 maggio 1586, nella quale il
sodalizio al principio dovette prendere stanza 66. Trasse la sua etimologia dal fondatore,
Andrea della Valle, patrizio romano nipote dell’omonimo cardinale, che fu vescovo di
Mileto dal 1508 al 1523. Presente chiaramente nei documenti vaticani sin dal 1605,
potrebbe addirittura aver avuto dapprima titolo di S. Maria de la Nova, attributo di una
rettoria in attività già nel 1526 67. Quest’ultima intestazione lascia vistosamente intendere
come nel caso siasi trattato di un manufatto di recente erezione e come una prima logica
intitolazione abbia presto ceduto il passo ad altra più ragionata oppure che per un certo
tempo la chiesa fu chiamata or con l’una or con l’altra.
Alla confraternita di Casalnuovo, poi Cittanova, l’assenso regio giunse nel 1786 68, mentre
a quella di Laureana con data 22 febbraio 1793 69. Quest’ultima associazione, che officiava
nella chiesa di S. Pietro Apostolo, era ancora in vita nel 1943 con 40 confratelli e 60
consorelle 70. La sua collocazione in detto tempio e non in quello, in cui era stata fissata la
parrocchia, si spiega con quanto riferito da uno studioso del luogo. Essendo venuti a lite
con i canonici della chiesa lor sede naturale, i congregati, che ivi avevano propria cappella,
la lasciarono e s’installarono in quella di S. Pietro, ch’era sorta sui resti di altra gentilizia
intitolata ai SS. Pietro e Paolo e ch’era stata benedetta nel 1843. La traslazione poté
avvenire soprattutto per il permesso accordato dal proprietario della stessa, Nicola GallucciProtopapa, ch’era anche un confratello. Una cappella del Sacramento in Laureana, nella
chiesa parrocchiale di S. Maria degli Angeli, è peraltro avvertibile sin dal 1634. Così
veniva descritta nelle regole la divisa: cappuccio e cingolo color cremisi, mozzetta di seta
di ugual colore terminante con una «fittuccia bianca» e recante sulla destra l’immagine di
un calice di armosino bianco oppure un ricamo di seta bianca 71.
La confraternita di Bellàntone, che pure nel 1940 si ritrovava in attività, risulta fondata nel
1800 72, anche se l’esistenza di una cappella del Santissimo si rivela dal 1790 73. Nel 1933
era anch’essa alle dipendenze dell’autorità ecclesiastica. Nella richiesta per il regio assenso,
fatta addì 9 agosto così s’indicava la divisa degli associati: abito di tela con cappuccio e
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cingolo color cremisi, mozzetta di uguali colore e stoffa con piccolo orlo bianco o
acquamare con scolpita medaglia del calice o del Sacramento, piccola fascia bianca da
mettere sulla stessa mozzetta 74.
Quasi nel medesimo tempo che a Bellàntone la confraternita venne istituita nell’altra
popolosa frazione di Stellitànone anche se con abbinamento a Maria Immacolata. Allogata
nella chiesa dell’Immacolata, si ebbe l’approvazione il 25 giugno 1801. Quasi identica la
divisa, fatta eccezione per il cingolo, che doveva terminare con un «ciuffo» 75. A
Stellitànone i congregati nel 1943 si qualificavano in 10 novizi, 120 confratelli e 58
consorelle ed officiavano nella chiesa di S. Maria della Minerva 76. Anche questo tempio è
senza dubbio in relazione alla sede romana della massima arciconfraternita, alla quale tutte
le altre venivano aggregate.
La congrega di Plaesano, con titolo «del SS. Sacramento e di Maria SS.ma Addolorata
detta della Pietà», il cui statuto datato 30 luglio 1803 si avvale dell’assenso regio del
successivo 17 dicembre, deriva da altra più antica, che aveva titolo soltanto «del SS.
Sagramento». La seconda denominazione si giustifica col fatto che l’istituzione aveva
ricetto nella chiesa parrocchiale consacrata a S. Maria della Pietà.
Di seguito le più peculiari caratteristiche della confraternita, la cui carta costitutiva appare
firmata in primis dall’arciprete Ignazio Catania, evidentemente il promotore e da Fortunato
Sergio, Nicola Rodofile, Domenico Neri, Francesco Antonio Rodofile, Saverio Scinica,
Francesco Ceravolo, Francesco Truncadi e Nicola Acquaro, nominativi ai quali si uniscono
quelli di altri 33 fratelli.
I congregati sono obbligati ogni sera di domenica a recarsi nella chiesa parrocchiale, onde
svolgere gli esercizi di rito a cura del padre spirituale, che è lo stesso parroco, mentre ogni
mattina dei giorni festivi debbono riunirsi nella cappella del SS. Sacramento al fine di
cantare il relativo ufficio o, in caso non lo si conosca, leggere «la coronella di Maria SS.ma
Addolorata». Gli stessi, con sacco, fascia violacea e mozzetta color rosso, sono tenuti a
prendere parte alle processioni del SS. Sacramento (solo per il quartiere, in cui è sita la
chiesa parrocchiale), del Corpus Domini, dell’Ottava, del Protettore S. Biagio,
dell’Addolorata, del Venerdì Santo, di S. Marco e delle Rogazioni, oltre che accompagnare
il viatico.
In seno alla confraternita viene confermato il monte di pietà a favore dei confratelli, istituto
che in buona sostanza è ripescato dal vecchio sodalizio. Il monte consiste nel pagamento
annuo di una determinata cifra da parte degli associati con in cambio la fornitura di
assistenza dopo il decesso. Naturalmente, chi versa sei carlini avrà diritto ad una maggiore
pompa rispetto a colui che eroga 30 o 15 grana 77.
Anche la confraternita di Giffòne, che appare a volte col titolo del «SS. Sacramento e del
SS. Rosario» ed altre «del Sacramento e di Maria S.ma del Soccorso» potrebbe aver avuto
più antiche radici, ma in merito si ha soltanto notizia di un decreto per nuova erezione in
data 2 gennaio 1836 78. Comunque, essa era dichiarata ancora esistente nel 1947, quando si
rilevavano 29 iscritti 79.
Una congrega del S.mo Sagramento a Melicucco venne fondata il 27 febbraio 1839 80 ed
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
approvata ufficialmente dal vescovo il 22 giugno 1911. Attiva nel 1943 con 4 novizi, 79
confratelli e 42 consorelle, è da ritenersi estinta intorno al 1966 81.
Pure la confraternita di Melicuccà ormai non esiste più da tempo. Eretta dal parroco nel
1840, con due statuti promulgati nel 1840 stesso e nel 1911, officiava nella chiesa
parrocchiale di S. Nicola 82. Un tale sodalizio doveva essere succeduto certamente a quello
similare del S.mo Corpo di Cristo allogato nella chiesa maggiore di S. Giovanni Battista ed
a cui il papa il 15 ottobre del 1608 aveva concesso indulgenze da godersi in occasione delle
feste del Corpo di Cristo, Apparizione della S. Croce, S. Trinità, S. Francesco di Paola,
Apparizione di S. Michele Arcangelo 83.
Due confraternite del Sacramento le aveva notate nel 1586 il vescovo Del Tufo a Feroleto,
nella chiesa di S. Nicola ed a San Martino, in quella di S. Maria della Palomba, ma, se della
prima si ha solo una traccia nel 1777, quando se ne rilevava procuratore Tomaso di Elia, la
seconda risultava in vita ancora nel 1935 84.
Anche a Sant’Anna di Seminara la confraternita prendeva nome del S. Corpo di Cristo, ma
di essa, ove si eccettui la concessione del 1607 (7 maggio) agli associati d’indulgenze
fruibili nelle feste del S. Corpo di Cristo, Annunciazione e Assunzione della B.V.M. e di
Sant’Anna e l’informazione, ch’era costituita nella chiesa di S. Maria, non conosciamo
altro 85.
Di una congregazione del SS. Sacramento a Sant’Eufemia senza alcuna data è cenno
soltanto in Misefari 86, mentre per quella di Caridà ce ne rende conto il Marzano 87. Una
qualche relazione con l’ultima delle due potrebbe averla avuta quella di «Gesù
Sagramentato» e «Maria SS. Immacolata» di S. Pietro di Caridà, che risulta ripristinata il 3
dicembre 1837 da un decreto che venne ad approvarne le regole 88.
Come le congregazioni del SS. Sacramento della diocesi di Oppido e le due
dell’archidiocesi di Reggio, di cui abbiamo detto, si rifacevano a quelle esistenti nei vari
capoluoghi, necessariamente anche le altre della fetta della circoscrizione di Mileto
guardavano a quella del loro centro diocesano, anche se nella città cara al primo dinasta
normanno una confraternita del genere appare varata più tardi che in tanti altri centri abitati
periferici. Difatti, lo attesta il sinodo di mons. Paravicino del 1692, a Mileto la confraternita
del S.mo Sacramento venne istituita con bolla di Paolo V, che fu papa dal 1605 al 1621. Di
seguito alcune note interessanti detta associazione tratte dalla citata opera e logicamente
pertinenti a tutte le rimanenti della diocesi.
I confratelli, in ogni domenica di mese, erano obbligati ad ascoltare la S. Messa, che
peraltro sapevano cantare e, quindi, a partecipare del pari vestiti «co’ sacchi» alla
processione, che ne scaturiva subito dopo. Stesso comportamento doveva essere tenuto in
occasione dei vespri, che si svolgevano nella festa del Corpo di Cristo e all’ottava. Detti
ostentavano uno «Stendardo di broccato rosso con l’immagine da una parte del Santissimo,
e nell’altro della Madonna». Il procuratore, che veniva eletto ogni anno, ne amministrava le
entrate, ma era in dovere di dar conto del suo agire al vescovo. Come si vede, ormai in ogni
dove quanto prescritto dal Tridentino era diventato legge e consuetudine 89.
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
Sono certamente da accostare alle confraternite del SS. Sacramento o del S. Corpo di Gesù
Cristo anche quelle dette del SS. Nome di Gesù, del SS. Salvatore, del Redentore, del SS.
Crocifisso, della S. Croce, dell’Ecce Homo, che, con attributi diversi, non fanno altro che
acclamare tutte la medesima figura di Gesù Cristo.
Le confraternite del S. Nome di Gesù sono naturalmente correlate all’omonima antica
festività avviata dai Francescani 90, la cui celebrazione nel 1530 papa Clemente VII venne
a fissare al 14 gennaio, ma che oggi ricorre, per riforma di Pio X, nella domenica tra il 2 e
il 15 gennaio e, in mancanza, il 2 gennaio 91. Di una tale intitolazione si ritrovano chiare
tracce, per la circoscrizione di cui ci andiamo occupando, a Molochio, paese peraltro già
dell’archidiocesi di Reggio, per come abbiamo detto in precedenza, a San Martino ed a
Seminara. Per tutta la Calabria se ne riscontra un numero assai limitato, 23. La prima
appare a Rossano nel 1564. A San Martino, dove fu rilevata da mons. Del Tufo nel 1586,
era ricettata nella chiesa parrocchiale di S. Maria delle Grazie ovvero S. Maria della
Colomba. A Seminara, nel medesimo tempo, si serviva dell’altare omonimo in S. Maria dei
Poveri e vantava una bolla spedita dalla Minerva di Roma il 7 novembre 1581 92.
Si configura parecchio interessante a proposito della confraternita di Seminara un caso
occorso nel 1680, che, a quanto ci è dato sapere, appare addirittura unico. Il 25 luglio di
quell’anno il procuratore sac. d.Luca Tigani ed i confratelli e maestri Salvatore Bonello,
Filareto Schimizzi Crucefissaro, Pietro Rosso, Tommaso Cristofaro, Giuseppe De Ilio,
Giuseppe La Porta, Domenico Pardo e Michele de Como, congregatisi nella propria chiesa,
affidavano ad un pubblico notaio un ricorso. Sospettando che le indulgenze, di cui
godevano a seguito dell’aggregazione alla confraternita della Minerva in Roma, potessero
essere state abolite a motivo di una sospensione generale decretata da Innocenzo XI,
chiedevano a questi di poter usufruire delle stesse separatamente ricusando a tal fine il loro
legame con l’associazione romana. Il papa il 26 agosto successivo verrà a concedere alla
congrega seminarese indulgenza plenaria da godersi nella festività omonima e ordinaria per
quattro feste a scelta 93.
Nove congreghe risultano consacrate al culto del S. Salvatore nella regione ed una soltanto
si segnala per le due diocesi di Oppido e di Mileto, a Palmi. La prima si evidenzia proprio a
Palmi, dove ebbe modo di notarla nel 1586 il solito Del Tufo 94.
Al Redentore due soli sodalizi figurano dedicati in Calabria e tutti e due molto
probabilmente nella provincia di Cosenza ed in epoca tarda. Si richiamano indubbiamente
entrambe a quella congregazione che nel 1732 venne fondata a Scala da S. Alfonso M.de
Liguori 95.
Scarse appaiono anche le confraternite della SS. Croce, appena 4, tre vari secoli addietro ed
una in epoca contemporanea, con la prima a Catanzaro nel 1563. Comunque, non se ne
ravvisano minimamente nella diocesi di Oppido-Palmi.
All’Ecce Homo è stata intitolata una congrega a Bagnara, ma di essa non conosciamo alcun
dato preciso.
Al SS. Crocifisso erano consacrate in diocesi tre confraternite, a Palmi, a Iatrinoli e
soprattutto a Terranova, paese dove il culto si osserva con trasporto da antiche età, per cui
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
esiste precisa nota nelle relationes ad Limina del Vita (1743), del Mandarani (1751) e dello
Spedaliere (1772) e di un rogito del 1744. La prima della Calabria, dove se ne contavano
15, è quella di Cassano, del 1555 96.
Il 24 luglio 1755 il sindaco dei nobili d. Pasquale Messina, con l’eletto Onofrio Clerici e il
sindaco del popolo Filippo Germanò, affermarono, con atto notarile, che il 20 precedente,
ricorrenza del miracoloso evento del 20 luglio 1532 (sic! 1531), quando il celebre
Crocifisso di Terranova sudò sangue, l’abate di S. Nicolò de Latinis, d. Felice Vaccari e il
canonico d. Luigi Migliorini diedero principio a vari disordini. In particolare, il secondo
pretendeva «farla da Prefato nella congregazione de Laici di detta Venerabil chiesa del
SS.mo Crocifisso, se bene vi sia lo Padre Spirituale colla carica di confessore». I disturbi,
che n’erano seguiti, erano riusciti tali, che dal Reggimento si era dovuto far ricorso alle
autorità superiori e perfino al re. Una tale confraternita era ancora in vita nel 1865 97.
Gli altri due sodalizi di Palmi e di Iatrinoli, ospitati nelle rispettive chiese parrocchiali,
vennero rilevati in occasione di sacra visita dal vescovo Bernardini nel 1707 98.
A Gesù e Maria, insieme, sono state consacrate in passato varie congreghe, ma sin da tempi
remoti esse risultano quasi tutte localizzate nella provincia di Reggio, con la prima a Villa
S. Giovanni nel 1779. Per la diocesi di Oppido-Palmi ci è dato rilevare soltanto il caso di
Sant’Eufemia. L’associazione quivi stabilita, che aveva avuto l’assenso regio il 2 maggio
1777 e nel 1900 risultava forte di 235 associati, tirò fuori un nuovo regolamento nel 1910 e
nel 1935 era ancora attiva 99. Il Misefari parla anche di una simile confraternita a Sinopoli,
ma sicuramente avrà confuso con la precedente, che potrà essere stata detta di S. Eufemia
di Sinopoli, essendo a quel tempo il primo paese in funzione di casale del secondo 100. In
Calabria se ne rinvengono in tutto 24.
Al Seicento si fa risalire l’origine del culto dei SS. Cuori di Gesù e di Maria, sia distinti che
uniti e se ne ritiene iniziatore San Giovanni Eudes (+ 1680). Di questi, invero, seguì le
orme un’altra grande santa, S. Margherita M. Alacoque (+ 1690), ma una tal pratica
religiosa venne a svilupparsi in più grande stile con Pio IX ed i suoi successori. In Calabria
si attestarono ben 24 confraternite, però quasi tutte in provincia di Reggio. Nella diocesi, di
cui ci interessiamo, se ne evidenziano sei variamente intitolate e collegate a siffatta
divozione e tutte di recente fondazione 101.
Una congrega consacrata ai «S.mi Cuori di Gesù e Maria» a Rizziconi venne eretta per
iniziativa ecclesiastica il 15 agosto 1901 con 540 associati e si ebbe l’approvazione dello
statuto il 22 novembre dello stesso anno e altra vescovile nel 1920. La sua sede era nella
chiesa di S. Teodoro Martire, certo la parrocchiale. Questo lo scopo enunciato: «procurare
il culto ai SS. Cuori di Gesù e di Maria onorandoli in modo particolare con opere di pietà e
stringerci confratelli nei dolci vincoli di carità a maggior gloria di Dio ed a vantaggio delle
anime loro ecc». Nel 1943 appariva piuttosto operosa e ricca di adepti, ben 13 novizi, 377
confratelli e 409 consorelle, ma oggi è data per scomparsa 102. Al «Sacro Cuore di Gesù e
di Maria SS.ma» era dedicata una congregazione da tempo ormai anch’essa esaurita, a
Terranova. Figurava fondata nel 1886 e ne facevano parte gentiluomini, maestri, negozianti
e industriali. Gli ufficiali duravano in carica cinque mesi 103 Della confraternita del «S.
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
Cuore di Gesù» di Scido, allogata nella chiesa parrocchiale, abbiamo notizie soltanto per il
1917, allorquando si rivelava seguita da 250 iscritti 104, mentre di quella di pari titolo di
San Ferdinando, formata di un’unica sezione femminile e ancor oggi in vita con circa 30
soci, conosciamo ch’ebbe l’approvazione vescovile il 25 febbraio 1957 e che agisce nella
chiesa parrocchiale. L’amministratore comprende il presidente, il vice-presidente, otto
consiglieri, la segretaria, la cassiera, la maestra degli aspiranti e la maestra di cerimonie,
con durata di un anno. L’elezione è stabilita per ogni terza domenica di maggio. Il padre
spirituale è lo stesso parroco 105. Un sodalizio con denominazione «S. Cuore Eucaristico di
Gesù» risulta istituito l’1 giugno 1929 a Taurianova (rione Radicena). Ancora operante nel
1935, non lo è più ai nostri giorni 106.
Una particolare forma di devozione al S. Cuore di Gesù, nata nel 1863 in Francia, la
«Guardia d’Onore del S. Cuore di Gesù», i cui associati si propongono un’ora di guardia,
durante la quale stare in comunione con Gesù nel Tabernacolo 107, ha dato il via a due
confraternite in Calabria similmente denominate ed entrambi agenti nella fetta di territorio
della diocesi di Mileto aggregata ad Oppido, cioè a Iatrinoli e ad Anoia Superiore. Nel
primo paese fu istituita con lettera di affiliazione del 23 luglio 1895 108, nel secondo con
decreto vescovile del 1911 109, ma per esse si tratta ormai solo di un ricordo.
In stretta colleganza alle predette confraternite del S. Cuore rientrano anche quelle che
onorano il Sangue di Gesù e che riescono di antichissima tradizione 110. In Calabria se ne
ravvisa uno scarso numero e nella circoscrizione Oppido-Palmi una soltanto, a Casalnuovo.
Tale (Congregazione del Preziosissimo Sangue di Gesù Cristo), che oggi appare esaurita,
ottenne un primo decreto regio il 17 febbraio 1777 ed un secondo, che approvava gli
articoli addizionali alle regole, il 9 luglio 1846 111. Nel 1944 era abbastanza seguita con i
suoi 555 confratelli e 761 consorelle. Funzionava nella chiesa matrice dedicata a S.
Girolamo. Nel 1698 l’aveva notata in occasione di sacra visita il vescovo Bernardini. Nel
1751 e 1767 n’erano priori rispettivamente m.ro Antonio Caruso e Domenico Antonio
Furfaro 112. Altri e divergenti particolari li ricaviamo dalla documentazione conservata
presso l’archivio di stato di Reggio Calabria. La congrega, con titolo di SS. Sangue di
Cristo Redentore, era stata varata nella chiesa matrice e il 31 dicembre 1776 aveva chiesto
il regio assenso con 39 firme, a capo delle quali stavano il priore Girolamo Simari e
l’arciprete Domenico Foti. L’approvazione reale arrivò con data 9 gennaio 1777. La divisa
dei confratelli consisteva in un «abito con cappuccio bianco, colla mozzetta rossa, e
cappello rosso». La confraternita era attiva ancora nel 1899-1900. La prima con tale
intestazione nella regione fu quella di S. Margherita di Reggio, del 1593 113.
Le confraternite del SS. Rosario
Alle confraternite del SS. Sacramento nella diocesi di Oppido Mamertina-Palmi si
affiancano per numero d’istituzione e per antichità di erezione quelle del SS. Rosario,
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
sodalizi intimamente legati ai conventi dei padri domenicani a partire dal 1480, ma
proliferati in seguito alla celebre vittoria di Lepanto del 7 ottobre 1571, che avrebbe arriso
alle armi cattoliche per l’intercessione della Madonna chiamata in aiuto dei fedeli appunto
tramite il Rosario 114. Su un totale di 169 segnalate per l’intera regione, nella circoscrizione
che c’interessa se ne rivelano ben 27. La prima in territorio calabrese compare a Melicuccà
nel 1569.
Nell’originaria diocesi di Oppido un tale genere di congreghe si fa notare assai per tempo a
S. Cristina, Cosoleto, Tresilico e Terranova, dove sono notate sin dal primo scorcio del
XVII secolo, ma dove, peraltro, non vi è alcun indizio dell’esistenza di un convento
domenicano. I padri predicatori, per la verità, erano di stanza nel vicino Messignadi sin dal
1513, ma, guarda caso, in quel paese, malgrado una cappella del Rosario fosse presente tra
’600 e ’700 115, una richiesta di costituire una siffatta confraternita, come vedremo, venne
inoltrata in epoca piuttosto recente.
A S. Cristina l’associazione figura ricettata sin dal primo agosto 1606, allorquanto il papa
volle concedere ai suoi congregati indulgenze da ottenersi in occasione della festa
omonima e delle quattro principali in onore della Beata Vergine Maria 116. Di essa non si
posseggono ulteriori dati, ma dal noto Caldarone vien fuori che in S. Niccolò risultava nei
due secoli XVII e XVIII una cappella del S. Rosario 117.
Una sua logica derivazione è senza dubbio la confraternita di Maria SS. del Rosario e S.
Rocco, il cui progetto di regole venne presentato a mons. Teta nel periodo del suo
episcopato, e cioè, tra il 1859 e il 1875. Essa agiva nella chiesa matrice dell’Assunta. Nella
cerchia dei soliti ufficiali si prevedevano, in più, un gonfaloniere e un segnalatore di pene
118.
Anche della congrega di Cosoleto si sa ben poco e soltanto che, allogata nella chiesa
parrocchiale di S. Maria delle Grazie, il 13 agosto 1606 riceveva per i suoi associati
indulgenze usufruibili nell’omonima festività 119.
Più ampie notizie si offrono invece per l’istituzione di Terranova, alla quale il papa
concedeva uguali indulgenze il 26 aprile 1607 120. La confraternita del Rosario, di cui è
rilevata l’esistenza anche nel 1743, nel 1751, nel 1753, nel 1759, nel 1772 e nel 1781 si
procacciava il regio assenso per un nuovo statuto il 9 novembre 1777 e, se prima del
terremoto del 1783 aveva ricetto nella chiesa degli agostiniani intitolata a S. Maria del
Soccorso, successivamente aveva la sua sede in quella del Crocifisso 121. Altri due statuti
del 1866 e del 1887 testimoniano della sua lunga durata fin quasi ai nostri giorni. Alcuni
dati offerti dallo statuto: l’elezione degli amministratori avveniva nella prima domenica di
dicembre, mentre la quota sociale consisteva nel 1866 nel versamento di 5 grani al mese.
Nel 1796 l’associazione godeva dell’apporto di 7 censi bollari dati al 3% e dell’affitto di un
fondo in contrada Marro. Lo scopo rivelato è quello solito etichettato e cioè «esercitarsi
sull’esempio vicendevole ecc.» 122.
Pure della congrega di Tresilico si conosce poco e, soltanto che ad essa, officiante nella
chiesa di S. Caterina, venivano concesse dal papa in data 7 settembre 1607 le consuete
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
indulgenze da ottenersi in occasione delle feste del Rosario, del S. Corpo di Cristo, S.
Giovanni Battista, S. Domenico, S. Caterina e la domenica di ottobre 123. Dal solito
Caldarone, peraltro, apprendiamo che tra ’600 e ’700 nella chiesa parrocchiale di S.
Caterina si apriva una cappella del S. Rosario 124.
A Castellace il Rosario, cui era dedicata una cappella nella chiesa parrocchiale detta di S.
Maria di Buzzano, fu la bandiera di una confraternita fondata il 26 marzo 1753, mentre a
Scido e a Sitizano, dove è presentata in abbinamento, l’associazione vide la luce il 12
febbraio 1760. Nel secondo paese era sistemata nella chiesa parrocchiale di S. Domenica
125.
La confraternita di Zurgonàdi, non più in attività come le quattro precedenti, ma esistente
nel 1889, risultava fondata il 20 aprile 1888 con approvazione vescovile del 26 successivo
e svolgere le sue funzioni nella chiesa parrocchiale di S. Leone, ov’era un altare intitolato
alla Vergine del Rosario. All’atto della costituzione denunciava la presenza di 65
confratelli e di 78 consorelle, molti dei quali abitavano nella vicina Oppido 126.
Di una congrega a Varapodio, allogata nella chiesa parrocchiale di S. Nicola, è notizia sin
dal 9 novembre 1896 per un diploma rilasciato dal maestro generale dell’ordine dei
predicatori o domenicani, in conformità del quale il 13 giugno 1898 il vescovo diocesano
mons. Curcio concedeva il proprio assenso, ma dopo di tale data è il buio pesto. Fungeva
da cappellano il rettore pro-tempore 127.
Il 19 ottobre 1914 l’arciprete di Messignadi, d. Alfonso Lando, l’unico parroco di un paese,
in cui i domenicani avevano avuto un proprio convento 128, almeno per quanto riguarda
l’antica diocesi di Oppido, richiedeva, con l’approvazione del vescovo Scopelliti, la
costituzione di un similare sodalizio, ma in merito non si hanno ulteriori particolari 129.
Antichissima appare la confraternita del SS. Rosario di Molochio. Ad essa il 5 febbraio
1609 il papa elargiva indulgenze sfruttabili nelle festività del solito S. Rosario, della
Natività di S. Giovanni Battista e della Purificazione di Maria Vergine 130. Gia collocata
nella chiesa di S. Marco, non più esistente da moltissimo tempo, un decreto reale ne
approvava le regole nel 1851 e altro a sanatoria lo seguiva nel 1857. Reggeva le sorti della
confraternita un procuratore eletto nella prima domenica di ottobre 131.
La più vetusta congrega del SS. Rosario nel territorio che fu già di Mileto si ritroverebbe in
Melicuccà. Stando ad una copia dattiloscritta di un antico documento, che si conserva
nell’archivio della medesima, sarebbe stata fondata il 3 ottobre 1569, quindi un paio di anni
prima della stessa battaglia di Lepanto 132. Con un provvedimento recante tale data frate
Vincenzo Giustiniano dal convento di S. Maria Sopra Minerva in Roma veniva a consentire
l’istituzione di una confraternita del Rosario nella chiesa parrocchiale di S. Maria della
Consolazione «autorizzando che dopo la guerra nessun’altra confraternita in detta Città di
Melicuccà sia installata con il titolo che a questa è concesso» 133. Invero, da documenti
curiali 134 si vuole che sia stata eretta il 7 marzo 1777 e che abbia addirittura avuto
l’assenso regio il 17 febbraio, quindi ancora prima dell’erezione, ma, come abbiamo potuto
accertare nella documentazione conservata nell’archivio di stato di Reggio la richiesta per
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
l’assenso fu fatta il 29 gennaio 1777 con 90 firme e venne ricevuta in Napoli il 17 febbraio,
ma quello venne effettivamente concesso il 7 marzo. I confratelli, come si specifica nello
statuto, dovevano, tra l’altro, «sentir la spega dell’Evangelo» e incedere nelle processioni
con «cappa seu camice, mozzetta torchina e candela accesa in mano» 135.
Tuttora in vigore nella chiesa omonima con 165 aderenti, nel 1930 figurava avere iscritti
139 confratelli e 178 consorelle 136.
Si rivela assai interessante quanto a proposito di tale congregazione si trae dagli atti, che si
custodiscono nell’archivio dell’altra associazione di S. Maria Assunta nella stessa
Melicuccà e che riassumiamo di seguito.
Da una lettera con datazione Napoli 27 febbraio 1772 inviata al vescovo di Mileto e
riportata di peso nel libro degli statuti 137, si ricava come la confraternita dell’Assunta
abbia fatto ricorso in merito al comportamento minaccioso annunciato dai congregati del
Rosario per l’occasione della visita processionale al Santo Sepolcro, che si sarebbe dovuta
organizzare dai suoi adepti il giovedì santo anziché il venerdì, come di consueto, «con
darnele impedimento per vie di fatto». Non sappiamo come la vicenda andò a finire, ma da
Napoli con siffatta missiva si mettevano le mani avanti invitando il presule ad «ordinare
alla detta congrega del Rosario, che si astenga da violenze, attentati e vie di fatto
impeditive della detta processione».
Come in tanti altri paesi, anche in Melicuccà si dovettero riscontrare stati di litigio tra le
varie confraternite a soli fini di supremazia, che culminarono in violente dispute e querele.
Si legge in un’annotazione apposta tra le pagine del predetto libro che nel 1777 la congrega
del Rosario avanzò pretesa di avere il primo posto nelle processioni paesane adducendo di
aver ricevuto l’assenso regio con data anteriore di tre giorni a quello della rivale e cioè dal
14 febbraio. Venute per forza in urto le due istituzioni e pretendendo entrambe di essere nel
giusto, fu necessario far ricorso alla delegazione della real giurisdizione a Napoli e che cosa
si scoprì? Che le due confraternite avevano avuto il regio beneplacito nello stesso giorno,
cioè il 17 febbraio e che «alcuni confratelli di essa Congregazione del Rosario per
comparire il dietro assenzo di averlo ottenuto tre giorni prima del nostro, si furono leciti
con alcune rasature nel di loro Privilegio, accomodandone la data ..., ma sendosi il tutto
scoverto, il Sig. Delegato della Real Giurisdizione - dice l’amanuense di parte del sodalizio
dell’Assunta - decretò con aver dato a noi la precedenza». In verità, quest’ultimo episodio,
che non depone certo a favore della congrega del Rosario, può farci dubitare che il
comportamento dei suoi associati non si stato del tutto limpido anche in altra occasione,
come detto in precedenza.
Parecchio antica è pure la confraternita di Polistena, paese nel quale risulta del pari
efficiente. Di essa, che fu posta in un primo momento nell’oratorio di S. Giuseppe e poi, tra
il 1852 e il 1862, nella chiesa del SS. Rosario, si conosce che la relativa erezione avvenne il
30 aprile 1577, quindi a pochissimi anni di distanza dal grande avvenimento, che fornì
l’esca al sorgere della maggior parte di tali istituti 138. Ma fu ricostituita nel 1828 e, oltre ad
un decreto del 15 gennaio 1830, ottenne un regio assenso nell’aprile del 1831 139, anno in
cui fu elaborato un apposito ennesimo statuto 140. Nel 1931 contava 283 soci, nel 1943
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invece 3 novizi, 110 confratelli e 143 consorelle, oggi appena 90 141.
Senza alcun dubbio, la confraternita, della quale abbiamo testé discorso, dev’essere stata
emanazione diretta dell’omonimo convento domenicano polistenese, la cui fondazione,
secondo un documento vaticano, venne riconfermata in data 5 ottobre 1583 142, segno
questo che la sua prima formazione si deve ricercare ancora in anni precedenti, se non altro
almeno anteriori alla creazione della congrega. Composta soprattutto da maestri d’arte,
dovette fare spesso ricorso a committenze artistiche, in special modo favorendo gli scultori
Morani, del luogo. Si hanno notizie relative a ritocchi a statue e, nel 1862, a lavori
effettuati per il frontespizio della chiesa 143.
Segue per anzianità la confraternita di Palmi, detta anche del Salterio 144, che aveva posto
nell’omonima cappella nella chiesa del S. Salvatore e di cui si conserva la bolla
d’istituzione rilasciata il 9 settembre 1580 145. Detta si ebbe il suo regio assenso in data 24
novembre 1777 146. È ancora in discreta attività. Nella bolla si fa chiaro riferimento alla
memorabile vittoria di Lepanto.
Appresso viene quella di S. Eufemia, ricettata nell’omonima chiesa all’altare del S.mo
Rosario, che venne rilevata nel 1586 dal Del Tufo in occasione di sacra visita, avendo
avuto modo anche di accertare la concessione d’indulgenze da parte della Minerva di Roma
in data 6 luglio 1582. La richiesta del regio assenso venne fatta l’8 marzo 1798 con 22
firme e la concessione riporta la data del successivo 22. Come da statuto, i congregati
dovevano portare quale divisa la cappa bianca, la mozzetta violacea e il cingolo rosso, tutti
colori atti a rappresentare i principali misteri del S. Rosario. Il sodalizio era ancora attivo
nel 1900 con 749 associati 147.
È poi la volta di San Martino, il cui assenso regio rimonta al 1753 148.
La confraternita del Rosario di Galatro si rivela da documenti custoditi nell’archivio
generale dei predicatori a Roma come fondata nella chiesa parrocchiale di S. Nicola nel
1774, ma di più non si conosce 149.
Anche a Casalnuovo venne creata una confraternita del S.mo Rosario, ma lo fu in
abbinamento alla SS. Trinità. Fondata nella chiesa del Rosario il 31 dicembre 1776, ottenne
il regio assenso il 17 febbraio 1777 150, mentre il 15 giugno 1826 fu emanato un decreto
per aggregarsi un Monte utile per l’iscrizione delle donne. All’atto della fondazione per
rogito del notaio Geronimo Valerioti della stessa Casalnuovo, anche lui un confratello,
compaiono quale priore Francesco Antonio Muratore e come padre spirituale il Sac. Pietro
Giacomo D’Agostino. In tutto figurano 25 soci, ma nel documento sono segnati «quasi tutti
la parte del Ceto Civile, e Chiesastici, e soltanto notati non furono nella retroscritta
supplica i Confratelli idioti, e del basso ceto». La divisa consisteva nell’abito bianco e nel
«muzzetto negro colla solita insegna» 151. Nel 1929, anno di approvazione delle regole
nuove, la congrega contava 890 confratelli e 1.300 consorelle; 636 confr. e 353 cons.,
invece, nel 1943 152.
A Serrata la congrega del Rosario si ebbe del pari l’assenso regio nel 1777, esattamente l’8
agosto 153. Era data esistente ancora nel 1985 154.
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
L’assenso regio promulgato a favore della consimile confraternita di Rosarno rimonta al
1778 155, ma risultano ancora un successivo decreto di ripristino del 25 ottobre 1845 e un
atto di approvazione delle nuove regole del 20 gennaio 1846 156. Sistemato nella chiesa
omonima, un tal sodalizio, che gestisce la festa di San Rocco e i cui iscritti sono in
prevalenza coltivatori diretti, vive appena per amministrare dei fonduscoli ad essa intestati
e, se nel 1931 era forte di 86 confratelli e 52 consorelle 157, oggi può vantare la presenza di
appena 25 soci. Secondo il Napolione, una confraternita operante in S. Maria del Rosario a
Rosarno si rivelava sin dal 10 giugno 1534 e un atto notarile ci offre l’opportunità di
notarla in attività nel 1670 158. Questo ci autorizza a supporre ch’essa sia stata originata
dalla presenza di un convento di domenicani, che, sul luogo dal 1526 col titolo di Santa
Maria del Soccorso, finì tristemente come tante altre istituzioni del genere per effetto del
terremoto del 1783. In realtà, l’odierna chiesa del Rosario risulta proprio a lato del sito, in
cui aveva sede l’antico cenobio 159. Secondo le regole del 20 aprile 1846 la divisa
consisteva in un camice di tela bianca col cappuccio, in una mozzetta di color nero e in un
cappello bianco con laccio pure nero. A sinistra della mozzetta o, in sua assenza, a sinistra
del cappuccio, doveva recarsi l’immagine del santo tutelare con relativo emblema. Il
superiore, l’assistente e gli altri ufficiali erano tenuti a portare sulla mozzetta o veste un
nastro bianco pendente dal collo collegato ad una medaglia con impressa la stessa effigie,
mentre si permetteva al solo superiore di incedere nelle pubbliche funzioni con un bastone
nero 160.
Anche per la congrega di Cinquefrondi le carte dell’archivio di stato reggino ci offrono
interessanti particolari. L’1 luglio 1778 ventisei confratelli, con a capo il priore Francesco
Loschiavo e il rettore d. Leonardo Condò, chiesero al re l’obbligante assenso per il loro
sodalizio allogato nella chiesa di S. Leonardo, l’entratura nel quale costava 5 carlini per
coloro che avevano meno di 35 anni. Per tutto il resto, caso strano, il pedaggio da pagare
sarebbe stato oggetto di un’amichevole composizione. Per detta, cui potevano aderire solo
«Massari Maestri, e Popolari», l’abito doveva essere «di tela bianca con la mozzetta, ed
immagine» 161. Secondo altra documentazione 162, l’assenso regio fu concesso l’11
gennaio 1779, mentre un decreto di ripristino rimonta al 19 febbraio 1839 ed altro ancora al
1845 163. Posta, quindi, nell’omonima chiesa, nel 1943 contava 6 novizi, 30 confratelli e 22
consorelle 164, ma è da considerarsi estinta proprio dopo tale ultima data.
Nel 1781 ricevettero gli assensi reali le congreghe di Rizziconi e di Radicena 165. La
prima, officiante nella chiesa dallo stesso titolo, ottenne la riforma dello statuto del 1781
nel 1869 e il 14 giugno 1914 venne elevata al rango di arciconfraternita, mentre un nuovo
regolamento porta la data del 22 maggio 1921 166. L’esistenza della confraternita di
Radicena si rivela da un atto rogato nel 1714 dal notaio Calfapietra, che la dice eretta nella
chiesa del convento di S. Maria della Misericordia e ne officia i principali responsabili:
mastro Giovanni Domenico Monteleone procuratore, Antonino Calfapietra I assistente,
mastro Pietro Fera II ass., chierico Marco Fera cassiere 167. Quindi, ne appare nota dagli
atti della visita pastorale del 1891. Nel 1943 contava 142 novizi, 698 confratelli e 722
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
consorelle 168. La sua sede è un preciso indice di una fondazione ad opera dei domenicani,
il cui cenobio si originò nel 1537 169.
Nel 1803 alcuni cittadini di Maròpati, tra i quali si distinguevano Pietro e Giovanni
Mindozza, Giovanni Seminara, Fortunato Cavallaro, Michele Fuda, Giuseppe e Vincenzo
Iaconis, Vincenzo Vadalà, Almanegildo (sic!) Iaconis, ch’erano seguiti da ben 69
«crucesignati» maschi e femmine, chiesero il regio assenso al fine di «aprire una
confraternita sotto il titolo della Vergine del Santissimo Rosario» nell’omonima cappella
della chiesa di S. Giovanni Evangelista. Dai 15 capitoli presentati all’approvazione per
mezzo del notaio Giuseppe M. Curciarello di Polistena traiamo i particolari che ci
sembrano più interessanti ai fini della presente ricerca. La divisa dei fratelli era un «sacco
di tela bianca colla mozzetta celeste, con l’orlo negro, fascia rossa, e cappello pelli Uffiziali
della stessa a color decente». Il trapasso delle cariche avveniva al canto del Te Deum. Il
padre spirituale, eleggibile da tutti i fratelli presenti con voto segreto ed a maggioranza, non
doveva affatto «ingerirsi nella temporalità della Congregazione». Il fratello, che non si
fosse confessato e comunicato almeno ad ogni terza domenica di mese, in tutte le festività
della Madonna ed in quella del Corpus Domini doveva «essere mortificato in
Congregazione dal Priore con qualche discreta penitenza salutare». Una tale punizione si
applicava anche in altri casi, comunque ne erano esentati quelli che avevano compiuto i 60
anni 170.
La confraternita di S. Giorgio Morgeto dovette certamente la sua erezione del pari alla
presenza nel paese di un convento di domenicani e nel 1758 un atto notarile la dava già
esistente con priore mastro Francesco Agostino. Difatti, rifondata il 31 luglio 1804, prese
posto in quella chiesa di S. Domenico accosto al monastero, detto di S. Maria Annunziata e
attivo sin dal 1544 171. Ma se nel 1943 poteva farsi forte di 6 novizi, 71 confratelli e 11
consorelle, ai nostri tempi deve contentarsi di appena 30 iscritti. In uno statuto del 1899 si
prescriveva all’iscritto di presentarsi nelle cerimonie «nello stesso abito dei Novizi
Domenicani» ed al priore ed ai due sottopriori di recare una medaglia d’argento con
l’effigie del Rosario 172.
Per l’associazione di Gioia Tauro risulta soltanto un assenso regio per ripristino del 29
gennaio 1837 173 e null’altro. Due invece sono i decreti per quella di San Procopio estinta
già da tempo: uno di approvazione delle regole emanato in data 9 luglio 1846 ed altro a
sanatoria dell’8 agosto 1857 174.
Ultima in ordine di tempo è la confraternita di Sinopoli Superiore, che, eretta per iniziativa
ecclesiastica il 27 agosto 1930, è esistita fin verso il 1950 175. Ma poiché il Misefari
riferisce che nel primo caso si sia trattato del rinnovamento di un antico sodalizio già
presente nell’antico centro abbandonato 176.
Come si ricorderà, anche a Giffone si ritrovava un’uguale congrega, che aveva pure titolo
del S.mo Sacramento e della quale abbiamo già detto.
Le confraternite del Carmine
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
Se le confraternite del SS. Rosario o di Maria SS.ma del Rosario ebbero i loro patrocinatori
nei frati domenicani, quelle dette di S. Maria del Carmine o di Monte Carmelo nacquero a
loro volta certamente per la spinta impressa dai frati carmelitani presenti in alcuni casi nel
territorio della diocesi. Su 66 congreghe intestate in Calabria alla Madonna con tale
appellativo, ben 14 appartengono all’area di cui ci stiamo occupando, ma la prima in
assoluto ci si rivela da Reggio nel 1520.
Agendo come al solito e, cioè, distinguendo la circoscrizione secondo i due momenti della
sua strutturazione, veniamo a riscontrare che una prima associazione in onore della
Madonna intesa con il titolo del Carmine o del Carmelo entro il perimetro della prima
fascia ebbe origine a Varapodio nel 1767 177. Tuttora in vigore con appena una decina di
soci, già rappresentata da 42 nel 1952 e successivamente da 105, gestisce la festa omonima
e sta in vita anche per amministrare alcuni residui fonduscoli. Munita di un primo
regolamento dell’11 novembre 1951 approvato dagli stessi confratelli il 6 gennaio 1952
quale collegamento ad un ipotetico statuto del 1887 e di un secondo del 1956 elaborato in
conformità delle direttive generali emanate dalla S. Congregazione del Concilio, ha il suo
luogo nella chiesa parrocchiale di S. Stefano. Il Misefari 178 ci fa conoscere che gli
amministratori della congrega il 7 marzo 1768 fondarono un Monte per cento messe, che il
successivo 20 luglio 1768 venne poi costituito in ente morale con un regio decreto. Nel
1859 il priore era eletto nella prima domenica di gennaio. Lo stesso, unitamente agli
assistenti, durava in carica cinque anni. In quella data si denunciava un introito di 281
ducati e 44 carlini ed un esito di 284 ducati, 78 carlini e 6 piccoli 179. Al dire dell’attuale
parroco, d. Antonino Di Masi, nella figura del priore si adombrava quella del futuro
sindaco.
La confraternita Laicale sotto il titolo di S. Maria del Carmelo Ausiliatrice delle Anime
Purganti di Oppido, officiante nella chiesa parrocchiale di S. Nicola extra moenia (Abazia),
che nel 1853 vantava la presenza di 43 confratelli e 18 consorelle, è ormai in liquidazione
180. Risulta approvata con regio decreto una prima volta il 3 agosto 1848 ed una seconda a
sanatoria il 25 aprile 1857 181.
Ecco quanto si legge in proposito in un vecchio manoscritto del 1860, opera di G. M.
Grillo, vicario generale della diocesi: La congrega «funziona nell’antica Cattedrale, oggi
Chiesa Parrocchiale di S. Nicola Superiore. Venne istallata a cura di D. Giuseppe Ioculano,
con regole Sovranamente approvate ecc.» 182.
La divisa dei congregati, come descritta dallo statuto licenziato il 20 aprile 1848 con 52
firme, fra le quali, molto prestigiose, quelle del decano Giuseppe M. Pupa, di Domenico
Zuco e di Candido Zerbi, consisteva in un camice di tela bianca con cappuccio stretto ai
fianchi da una fascetta color azzurro pallido, in una mozzetta nera con fascia bianca con
orli anch’essi azzurri e pendenti dall’omero destro fino al fianco sinistro, in uno scapolare
con l’immagine della Madonna del Carmine da portare sul petto e in un cappellino del pari
azzurro da tenere dietro gli omeri 183.
È piuttosto recente la costituzione di una confraternita del Carmelo a Sitizano (1 giugno
1871 - approvazione vescovile del 4 giugno 1871), ma essa venne certamente sostituita
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
dall’altra del «SS. Sacramento e della Madonna del Carmine», della quale abbiamo già
ampiamente riferito 184.
Di epoca moderna sono pure quelle di Cosoleto (confraternita della Beata Vergine di
Monte Carmelo e di San Rocco) e di Lubrichi (Confraternita di Nostra Signora del Carmine
e di San Rocco), entrambe approvate dall’autorità vescovile in data 25 aprile 1891. Tutte e
due esaurite da tempo, furono insediate nelle rispettive chiese parrocchiali con la clausola
che vi sarebbero rimaste fino a quando non si fosse provveduto alla costruzione di un
oratorio proprio e separato. A Lubrichi l’elezione degli ufficiali avveniva nella terza
domenica dopo Pasqua ed ogni nuovo adepto doveva sobbarcarsi ad un noviziato di sei
mesi 185.
Una richiesta al fine di fondare una confraternita dei SS. Cuori di Gesù, SS. Cuore di Maria
e SS. Vergine del Carmelo a Messignadi rimonta al 1891, mentre altra del 20 aprile 1908
avanzata da 80 iscritti per erigerne una intitolata a Maria SS. del Carmine a Terranova reca
la data del 20 aprile 1908. Per quest’ultimo caso è noto il rigetto da parte del vescovo, che
non approvava l’istituzione di nuove congreghe in quel paese 186.
Prima confraternita di S. Maria del Carmine della fu zona di Mileto oggi soggetta a Oppido
appare quella di Polistena, della quale si conosce però soltanto che il 13 dicembre 1612 il
papa veniva a concederle indulgenze usufruibili nelle feste di S. Maria del Carmine,
Purificazione, Annunciazione, Assunzione e Natività della B.V.M. 187. Aveva ricetto nella
chiesa di S. Sebastiano 188.
Appresso, è la volta della confraternita di Maria SS. del Carmelo od anche di Monte
Carmelo di Cinquefrondi, che venne eretta il 4 gennaio 1771 e si ebbe l’assenso regio l’1
marzo 1779. Successivi decreti ne approvarono la riconferma (21 luglio 1813) e la
modifica alle regole (27 febbraio 1839) e il 23 marzo 1908 fu innalzata al rango di
arciconfraternita. Allogata nella chiesa omonima, nel 1943 vantava l’iscrizione di 42
confratelli e 64 consorelle, ma oggi è in fase di ricostituzione. Dallo statuto si ricava che
l’elezione degli ufficiali, che come quasi in tutte le confraternite duravano un anno,
avveniva ogni primo di gennaio e che era possibile ottenere la rielezione soltanto per una
volta 189.
Altra documentazione offerisce che a chiedere il regio assenso il 28 gennaio 1779 furono in
26 e che l’autorizzazione arrivò con data 22 febbraio dello stesso anno. Quindi, che
facevano parte del sodalizio anche le donne, che l’elezione dei capi veniva solennizzata col
canto del Te Deum, pratica comune a tantissime altre associazioni e che l’entrante doveva
essersi prima confessato e comunicato 190.
La confraternita di Palmi (Nostra Signora del Carmine), notata nella chiesa omonima da
mons. Bernardini nel 1707, che ne rinvenne anche la divisa (sacchi e scapolare di cambris
misto), ottenne l’assenso regio il 2 giugno 1773 191, un decreto che ne approvava gli
articoli addizionali alle regole il 12 febbraio 1846 ed altri per accettazione di vari legati
nello stesso 1846 e nei susseguenti anni 1849 e 1857 192. È tuttora esistente. Una tale
congrega era indubbiamente legata al convento carmelitano fondato nel 1609 e soppresso
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
nel 1652 con il noto provvedimento di papa Innocenzo X, che venne ad eliminare tanti
cenobi non più in grado di funzionare a dovere 193.
La congrega palmese, una volta ottenuto il documento che la riconosceva ufficialmente, al
pari di varie altre, venne a lite per motivi di preminenza con quella dell’Immacolata
Concezione e del Glorioso S. Rocco. Entrambe le associazioni, vantando più antica
erezione e concessione del regio assenso, si rivolsero in più occasioni al Re perché
stabilisse a chi toccava chiudere le processioni sia pubbliche che private, ma quegli, dopo
vari dispacci, alla fine dispose «che fin tanto non si vedessero e s’appurassero le ragioni
della Regal Camera di Santa Chiara, ... s’osservasse l’antico solito». Al tal punto le due
confraternite, che avevano speso parecchie somme di denaro in atti utili ad ottenere quanto
bramavano, «per evitare non meno le spese, che li scandali, che apportavano al Publico, e
per evitare altresì gl’odij, e rancori tra’ Confratelli», capirono che bisognava smetterla e
cercare un necessario patteggiamento. Difatti, il 17 giugno 1778 i responsabili del sodalizio
del Carmine (mag. Domenico Guido governatore, mag. Michele Caruso assistente) e
dell’Immacolata (mag. Michele Guido governatore, mag. Michele Barone assistente), di
concerto con quelli di S. Maria del Soccorso (mag. d. Francesco Bagalà governatore,
padron Domenico Savoja procuratore, padron Nicola Sinopoli e padron Vincenzo Savoja
assistenti), si portarono dal notaio per ribadire la loro volontà di venire ad un accordo.
Tutto si risolse con la dichiarazione che tutte e tre le congreghe d’allora in poi avrebbero
fruito della precedenza «alternativamente per tutti gli anni» a far tempo dall’indomani 18
giugno, festa del Corpo di Gesù Cristo. Il primo anno il privilegio sarebbe spettato ai
congregati del Carmine, il secondo a quelli dell’Immacolata, il terzo, infine, ai marinai
raggruppati sotto l’egida del Soccorso 194.
Anche l’assenso regio riguardante l’istituzione di Laureana rimonta allo stesso anno 1777,
ma al 7 di maggio. Detta officiava nella chiesa omonima e nel 1943 contava 100 confratelli
e 120 consorelle 195. In precedenza è data presente nel 1756 nella chiesa di S. Nicolò «sub
in vocabulo S. Mariae de Monte Carmelo» con prefetto d. Giuseppe Mirazzita» 196.
Del pari antico dev’essere stato il sodalizio di Maria SS.ma del Carmelo di Anoia Inferiore,
ma in proposito si conosce appena un decreto di ripristino del 24 febbraio 1835 197.
Pure esaurita risulta la congrega di Galatro, per cui un primo decreto riporta la data del
1846 ed altro successivo, promulgato a sanatoria, quella del 1858 198. Secondo il Sergio,
una tale associazione sarebbe stata sostituita proprio nel 1858 dall’altra confraternita detta
di S. Maria della Montagna 199.
Di una congrega di Maria SS. del Carmine abbinata all’Immacolata, ancor oggi in funzione
a San Ferdinando e già appartenente ai marchesi Nunziante, siamo edotti dell’assenso
regio, che è del 30 dicembre 1857 e che, se prima officiava nella cappella privata di detti
signori, almeno fino al 1930, ebbe poi sistemazione nella chiesa dell’Immacolata. Nel
citato anno vantava un bel numero di aderenti, 124 confratelli e 212 consorelle, mentre nel
1943 aveva 15 novizi, 131 confr. e 141 cons. Oggi se ne contano in tutto soltanto
un’ottantina 200.
Come al solito, ricaviamo dallo statuto le caratteristiche delle divisa dei confrati, che in
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
primo luogo si presenta con un camice di tela bianca con cappuccio e mozzetta.
Quest’ultima dev’essere di color rosso per ricordare la consacrazione del sodalizio al
Carmine, mentre a testimoniare dell’altro titolo dell’Immacolata vi sta una fascia celeste. Il
tutto si completa con un cappello bianco con laccio anch’esso di color rosso. Sul lato
sinistro della mozzetta o, in mancanza, del cappuccio, deve poi risultare impressa «La
Santa Titolare ed i suoi problemi». Superiore, assistenti ed ufficiali portano attaccata ad un
nastro bianco pendente dal collo una medaglia con effigiata la medesima titolare e solo al
superiore è concesso incedere col bastone di color nero 201.
Un’ultima confraternita del Carmelo fu eretta a Drosi per iniziativa del parroco l’1 gennaio
1905 e approvata dal vescovo il 7 luglio del medesimo anno. Allogata nella chiesa
parrocchiale, nel 1905 contava 200 iscritti, nel 1943 invece 105 confratelli e 172
consorelle, ma è da considerarsi del tutto esaurita. Un particolare: l’arciprete rivestiva le
qualifiche di direttore spirituale e di cassiere 202.
Le confraternite di Maria SS.ma delle Grazie
I frati agostiniani, quali promotori del culto a Maria SS. delle Grazie, furono certamente
anche loro auspici della fondazione delle confraternite similmente intitolate, però in
nessuno dei paesi della diocesi, in cui tali sodalizi nacquero, risulta essere stato presente un
cenobio ad essi appartenente. Di congreghe così denominate, comunque, se ne riscontrano
appena 31 in tutto il territorio regionale e soltanto 7 nell’area della Piana di Gioia. La prima
in Calabria si affaccia a Santo Stefano nel 1544.
A rappresentare l’antica diocesi di Oppido sono state in passato principalmente Pedàvoli e
Oppido, con un’associazione costituita nella chiesa omonima. Per quella di Pedàvoli si
conosce che il 13 agosto 1606 furono concesse indulgenze da godersi in occasione della
relativa festività 203, mentre per l’altra di Oppido abbiamo soltanto la testimonianza del
vescovo Perrimezzi, che ne informava Roma con la relatio ad Limina del 1715 204. Anche
in Terranova esisteva una confraternita consacrata a Maria SS. delle Grazie. Il 12 febbraio
1718 otteneva a sua volta delle indulgenze, mentre ne rilevavano l’esistenza nel 1743 il
Vita, nel 1751 il Mandarani, nel 1744 e 1753 il notaio Gatti, nel 1766 il notaio Calfapietra,
nel 1772 lo Spedaliere e nel 1780 il notaio Medici 205.
Nella gran parte della circoscrizione aggiuntavi in un secondo momento se ne rivelano
quattro di congreghe, anche se solo due protrassero la loro attività fino a tempi recenti.
La confraternita di Maria SS. delle Grazie a Cristò, paesetto scomparso nella prima metà
del seicento, ci si evidenzia dagli atti della visita di mons. Del Tufo del 1586 e dalla Platea
Panzani del 1654, che la collocano nella chiesa omonima 206.
L’8 novembre 1634 il papa concedeva agli ufficiali e confratelli dell’associazione di S.
Maria delle Grazie nonché al rettore della relativa chiesa in Sant’Eufemia il permesso di
poter cambiare alcuni gelsi, che avevano una resa di 7 ducati di camera con altri
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
procaccianti un reddito di 8 ducati 207, ma dopo tale data non ci sovviene altro in merito.
Una congregazione di S. Maria delle Grazie si ebbe anche a S. Pietro di Caridà, con
sistemazione nella chiesa di S. Maria Assunta. Tale, che risulta munita di regio assenso il 5
dicembre 1767 e le cui regole furono approvate l’8 febbraio 1768, è pervenuta sino ai nostri
tempi. Nel 1943 poteva registrare la presenza di 30 confratelli e 80 consorelle 208.
Altro sodalizio consacrato alla Madonna delle Grazie si discopre a Sinopoli Superiore. Di
antica erezione 209, si ebbe un nuovo decreto nel 1835 210 e dava ancora segni della sua
esistenza nel 1935 211. Nel paese, peraltro, la chiesa parrocchiale era ed è tuttora intestata
proprio a S. Maria delle Grazie.
Le confraternite dell’Immacolata
Parecchie si offrono pure le confraternite votate alla Madonna sotto il titolo
dell’Immacolata, a sola od in abbinamento ad altri santi, ma esse avranno avuto certamente
origine solo dopo che la relativa festività ebbe riconoscimento universale, soprattutto per
merito di Sisto IV, che emanò in proposito varie bolle tra il 1472 e il 1479 212. In Calabria
la prima a farsi avanti è quella di Reggio, che rimonta al 1520 ed è conosciuta anche come
S. Maria de Melissa. Quest’ultimo è senza dubbio il toponimo indicante la rispettiva chiesa
nell’area urbana. Nella circoscrizione di Oppido Mamertina-Palmi se ne incontrano ben 17
su un totale regionale di 117, ma a rappresentare il nucleo più antico di essa sono appena
due, localizzate a Messignadi e a Terranova.
Nel primo paese una congrega dell’Immacolata risulta eretta il 15 giugno 1883, con
approvazione vescovile dello stesso anno. Detta agì fin quasi ai nostri giorni e tuttora un
Tizio se ne chiama suo priore. Nel 1883 contava 40 confratelli e 46 consorelle, nel 1939
invece 68 confratelli e 52 consorelle 213. Nel secondo una confraternita invocata
dell’Immacolata e di S. Antonio di Padova è stata censita soltanto dal Misefari, il quale al
proposito non tramanda particolari di sorta 214.
Passiamo ora alla parte nuova della diocesi occupandoci per prima di Galatro, dove un
sodalizio della B.V.M. dell’Immacolata appare sin dal 1686, anno in cui otteneva
l’indulgenza plenaria da usufruirsi «ad libitum Confratrum» in occasione della festa
principale ed ordinaria. Su tale associazione non si rinvengono ulteriori notizie. Quindi, è la
volta di S. Eufemia, dove una confraternita dell’Immacolata si affaccia a partire dal 1697,
con indulgenza similmente concessa 215. Detta si ebbe il regio assenso in data 2 maggio
1777 e nel 1900 contava 650 iscritti. Era in attività ancora nel 1935 216.
In Iatrinoli, paese che unitamente a Radicena forma il Comune di Taurianova, la
confraternita dell’Immacolata Concezione è ancor oggi operante, ma se nel 1943 era forte
di 6 novizi, 58 confratelli e 78 consorelle, al momento denunzia la presenza di 12
confratelli e 58 consorelle. Da quanto si conosce, essa venne fondata nel 1742 e il regio
assenso, richiesto il 5 dicembre 1776, nella stessa data dell’edizione dello statuto, fu
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
concesso il 22 maggio 1781. Costituita all’inizio nella chiesa di S. Nicola di Bari, passò poi
di seguito nelle altre di S. Giuseppe, dell’Ospedale e dell’Immacolata. Si giovò parecchio
di un lascito del 7 marzo 1792 del terranovese Domenico Tutini, il cui testamento diede il
via all’istituzione dell’ospedale, primo antico nucleo dell’odierno nosocomio di
Taurianova. Particolare interessante, forse unico: i due razionali venivano scelti extra
confraternita 217.
Nel 1905 si chiedeva al prefetto dallo stesso Iatrinoli l’autorizzazione alla erezione di una
confraternita denominata Comitato Cattolico democratico Maria SS. Immacolata, ma detto,
sciolto dal vescovo di Mileto con decreto 12 maggio «per il dissidio sorto nel seno del
Comitato medesimo», non venne sorretto dal parere favorevole del consiglio comunale e,
quindi, si espressero negativamente sia il sottoprefetto che il prefetto. Quest’ultimo rigettò
l’istanza in data 7 luglio 218.
A Laureana la congrega, che portava la denominazione dell’Immacolata Concezione e di S.
Gregorio Taumaturgo, ottenne la sanzione delle regole in data 27 maggio 1777, ma un
successivo privilegio del 9 giugno 1780 venne a concederle di poter celebrare la festa
dell’Immacolata con fiera franca alla prima domenica di settembre. Un ulteriore Breve
della S. Congregazione delle Indulgenze le procurava invece il 23 giugno 1781
l’aggregazione alla «Congregazione Primaria dell’Annunciazione della Beata Vergine di
Roma». Collocata nella chiesa di S. Maria degli Angeli, ancora nel 1943 si ritrovava in
discreta attività, in quanto contava sulla partecipazione di 6 novizi, 24 confratelli e 30
consorelle 219.
Pure a Rosarno si riscontrava in tempi recenti una confraternita similmente denominata ed
oggi ormai del pari esaurita. Era sotto la protezione della famiglia Paparatti e, richiesta il 18
maggio 1777 con 43 firme, aveva ricevuto l’assenso regio il 30 giugno successivo 220 più
altro decreto il 10 maggio 1845 221. Figurava sistemata nella chiesa omonima e nel 1930
vantava la presenza di 60 confratelli e 50 consorelle, mentre per il 1943 gli aderenti erano
segnalati in 30 confratelli e 20 consorelle 222.
La confraternita di Cinquefrondi aveva titolo della Vergine SS. Immacolata Concezione e
l’assenso regio, di cui era stata munita, ascendeva al 1779 223. Non ci è dato conoscere di
più.
Di un’associazione della Concezione di Maria SS. Immacolata a Gioia Tauro si fornisce
l’assenso regio, che si data al 1780 224, ma siffatto sodalizio dev’essere stato ripristinato in
tempi più vicini a noi. Difatti, si sa di una sua erezione al 31 dicembre 1905 e
dell’emissione di un decreto vescovile di approvazione del 2 gennaio 1906. Detto era,
peraltro, attivo nel 1940, ma gli adepti che allora si comunicavano, appena 9 confratelli e 7
consorelle, ne indicavano già chiaramente un fatale declino 225.
L’istituzione di una congrega dell’Immacolata a Polistena è cosa recente ed esclusivo
merito di maestro Pasquale Lombardo, un artigiano rientrato dall’America sul finire del
XIX secolo e subito messosi all’opera 226. Il decreto vescovile di approvazione porta la
data del 15 agosto 1895 e uno statuto dato alle stampe quella del 1897. Stabilizzata nella
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
chiesa omonima, nel 1943 contava ancora 55 confratelli e 94 consorelle 227.
Il Misefari scrive che una confraternita del tipo di quelle, di cui stiamo trattando, si
ritrovava anche a Palmi, Seminara, Feroleto e S. Giorgio e ne dà così le rispettive
denominazioni: «dell’Immacolata e di San Rocco» oppure semplicemente «della
Concezione», «della Congregazione Colleggiata della Concezione», «dell’Immacolata»,
«dell’Immacolata e Dottrina Cristiana» 228, ma in proposito non ci gratifica di alcun serio
dato documentario. Al novero di tali associazioni sono peraltro ancora da aggiungere le tre
di Stellitànone (Sacramento e Immacolata), San Ferdinando (Carmine e Immacolata) e S.
Pietro di Caridà (Gesù Sagramentato e Maria SS. Immacolata), di cui abbiamo già riferito.
A Palmi, verosimilmente, una confraternita con l’invocazione dell’Immacolata Concezione
di Maria e di S. Rocco, che aveva sede nella chiesa di S. Rocco, si ebbe un assenso regio il
18 novembre 1777, ma successivamente, nel 1944, quando registrava la presenza di 583
confratelli e 636 consorelle, conservava soltanto il titolo dell’Immacolata ed aveva
sistemazione in una propria chiesa. Nel 1761 e 1768 risultava denominata in atti notarili
come «Venerabile Congregazione delle Consorelle sotto il titulo dell’Immacolata
Concezione» ed agire nella chiesa di S. Rocco, dove era stata «eretta e fondata». Nel 1778
si accordava per ragioni di precedenza con quelle di S. Maria del Carmine e di S. Maria del
Soccorso. Molto probabilmente, essa potrà essere collegata ad altra di più antica istituzione
scomparsa nel corso dei secoli oppure modificata nel nome. Il 5 agosto del 1640, infatti, il
papa elargiva indulgenze da godersi dai confratelli di un’associazione detta dello «Stellario
della B.V.M.» proprio in occasione delle ricorrenze dell’Immacolata e delle quattro
principali in onore della B.V.M. e non per niente l’azzurro manto dell’Immacolata viene
sempre rappresentato da pittori e scultori costellato di stelle 229. Invero, poiché tali
indulgenze concesse alla congrega di Palmi venivano estese nello stesso giorno ed altre di
Ionadi, Squillace, Nicastro, Badolato, Reggio, Amantea ed Arena, risultando tutte collocate
nella chiesa rispettiva dei minori osservanti, dobbiamo logicamente arguire che, nel caso,
deve essersi trattato di un’iniziativa di quell’ordine, cui si deve, peraltro, anche la
promozione e propagazione del culto in onore dell’Immacolata, che nel 1719 venne scelta a
patrona ufficiale dello stesso 230.
Le confraternite dell’Addolorata
Anche sotto le spoglie dell’Addolorata, culto affermatosi sin dal secolo XI, ma in maggior
grado nel 1233, allorché venne appositamente fondato l’Ordine dei Servi di Maria 231, la
Madre di Gesù ebbe consacrate le sue confraternite sia nella prisca diocesi di Oppido, che
nel territorio di Mileto posto successivamente sotto la sua giurisdizione. Però, su un totale
regionale di 34, di cui la prima è quella di Rossano, del 1602, se ne ritrovano soltanto 4.
Del sodalizio di Cosoleto, l’unico paese della vecchia circoscrizione ad averlo avuto, non
esiste più alcun vestigio, conoscendosi appena che ottenne l’approvazione delle regole il 2
giugno 1777 e che venne ripristinato poi con un susseguente decreto reale del 5 agosto
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
1830 232.
A Sinopoli Superiore una confraternita di Maria SS. Addolorata, con regio assenso del 30
giugno 1780, si segnala fino al 1935 233. Nel 1803, come ci rivela un atto notarile,
organizzava la festa nella propria chiesa nei giorni dal 22 al 25 settembre essendo
procuratore mastro Francesco Trimarchi. Per l’occasione veniva ingaggiata la banda di
Palmi formata da mastro Antonio Grasso di Jace Reale e suoi soci, che recavano nove
strumenti di fiato, grancascia, corni di caccia ed altri simili istromenti. Il 12 gennaio 1806 i
confratelli, forti di circa 86 unità, si riunirono dal notaio obbligandosi ciascuno a
consegnare «tre coppi» di «olio chiaro e lampante» al procuratore mastro Domenico
Trimarchi al fine di eliminare i debiti contratti «per la costruzzione di detta Chiesa e per
altre necessarie spese, e per lo mantenimento di essa» 234.
La congrega di Anoia Inferiore (Pia Unione) vi appare quale erezione del parroco sin dal 9
giugno 1909. Detta, che oggi esiste solo di nome, venne munita di approvazione vescovile
il 18 ottobre 1910 ed osservò ben due statuti, l’uno varato nel 1910 stesso, l’altro nel 1925.
Nel 1931 contava a malapena 44 iscritti e 32 nel 1943. Allogata da principio nella chiesa
omonima, passò in seguito in quella parrocchiale intestata a S. Nicola 235.
A San Procopio l’associazione laicale aveva titolo di Maria SS.ma dei Sette Dolori ed
Afflitti e probabile sede nell’omonima chiesa ancor oggi esistente. Esaurita da tempo,
resisteva ancora nel 1935. Vantava un assenso regio del 10 marzo 1777. Richiesta da 82
confratelli, i quali erano obbligati a vestire con cappa bianca e mozzetta color viola, e
crollata la chiesa col terremoto del 1783, rimase negletta e solo dopo vari anni se ne
richiese la ricostruzione, che avvenne con provvedimento del 12 agosto 1812 236. Una
congrega così detta, che appare in Calabria (se ne conoscono in tutto 17) per la prima volta
a Condoianni nel 1593, rientra anch’essa nelle iniziative dei Serviti, i quali ne originarono
una nel 1495 in Fiandra 237.
Della confraternita di Plaesano abbiamo detto quando ci siamo occupati di quella del
Sacramento, accoppiata nel titolo.
Le confraternite di Maria SS. Assunta
Poche risultano essere state in Calabria le confraternite in onore della Madonna Assunta in
Cielo, appena 21 - la palma del primato tocca a Melicuccà - ma ben sei si rinvengono nel
territorio della Piana e, per le probabili tre riscontrate nell’originaria diocesi di Oppido, un
eventuale aggancio può farsi facilmente con la cattedrale, ch’era appunto ab antiquo
consacrata al culto dell’Assunta.
Di un’associazione dell’Assunta a Oppido riferisce soltanto il Misefari 238, ma non se ne
può discutere mancando di ogni utile elemento in proposito. Forse, nel caso, si sarà
ingenerata qualche confusione con quella dell’Annunziata, che aveva il suo sito proprio in
cattedrale.
Della congrega di S. Cristina abbiamo invece notizie certe sin dall’1 agosto 1606, quando
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
in suo favore venivano elargite dal papa indulgenze da godersi in occasione delle festività
dell’Assunta, della Pentecoste, del Lunedì di Passione e della Natività e Ascensione di
Gesù 239. Essa si ebbe il suo regio assenso in data 27 ottobre 1780 e, sistemata in un primo
tempo nella chiesa protopapale omonima e poi in un proprio oratorio, funzionò fino ad
alcuni anni fa. Ne regolò la conduzione da principio uno statuto offerto all’approvazione
reale il 18 aprile 1780 e successivamente altro del 1886, che presentava alcune modifiche
richieste da mons. Curcio e sancite da mons. Scopelliti nel 1916. Qualche particolare tratto
dallo statuto: i confratelli venivano accettati dall’età di 10 anni e, tra gli obblighi, vi era
quello di partecipare alla processione del Cristo. Alcune interessanti notizie ci provengono
da un atto notarile del 1773. Con esso alcuni anziani della città riferivano che i confratelli
usavano radunarsi nella propria chiesa col loro padre spirituale in ogni domenica, dalla
prima di novembre all’ultima di aprile, per fare gli esercizi spirituali e che non avevano
ingerenza alcuna nell’amministrazione della stessa, in quanto vi accudivano dei procuratori
nominati dal vescovo 240.
A Castellace una confraternita di Maria SS. Assunta con sede nella chiesa parrocchiale,
anch’essa parimenti consacrata, fa capolino il primo maggio 1888. Rifondata nel 1907 ed
approvata da mons. Scopelliti, si ebbe un nuovo riconoscimento nel 1937, quando
evidenziava 13 confratelli e 22 consorelle 241.
Un antichissimo sodalizio di Maria SS. Assunta prosperò lungo tempo a Melicuccà, dove
tuttora persiste. La tradizione e qualche documento lo fanno rimontare al 1516, dapprima
con sede nella chiesa di S. Maria di Loreto e poi in un proprio oratorio. Quasi certamente
sempre sotto la protezione della famiglia Ruffo, che aveva in potere la stessa Commenda
(nel 1698 appaiono prefetto seu rettore d. Fabrizio Ruffo di Bagnara, I assistente il dr. D.
Scipione Mazzei suo agente generale e II assistente il sig. Paolo Buccisano, ma in molte
altre occasioni i Ruffo risultano ricoprire importanti incarichi in seno alla confraternita), fu
governato da vari statuti allestiti nel 1698, il 30 marzo 1752 (questo era «per quei nostri
confratelli prima arrollati in altra confraternita») e il 20 gennaio 1754. Appare aggregato da
parecchio tempo all’«Arciconfraternita di Roma sotto il titolo di S. Maria del Suffragio» ed
aver ottenuto l’assenso regio, come detto in precedenza, con data 17 febbraio 1777. Nel
1943 vantava la presenza di 145 confratelli e 248 consorelle, ma oggi se ne contano 30 in
tutto. L’elezione degli ufficiali, secondo statuto, avviene la domenica antecedente alla
festività dell’Assunta e, tra gli obblighi, ci è quello della «Celebrazione del Quarantore
nella chiesa madre a principiare dalla domenica delle Palme a tutto il mercoledì santo a
mezzogiorno». La divisa consiste in una cappa bianca, in un mantello rosso di lana e in un
cappuccio bianco e degli ufficiali fanno pure parte «due civili e due artisti di capacità,
probità ed esperienza per dare consigli su gli affari» 242.
Altre due confraternite dell’Assunta o, meglio, di Maria SS. dell’Assunzione, erano attive
ad Anoia Inferiore e ad Anoia Superiore. Di quella esistente nella prima frazione si sa che
venne ad esaurirsi verso i primi anni di questo secolo, mentre l’altra, fondata intorno al
1800 e con richiesta di assenso regio del 27 ottobre 1802, cessò all’incirca nel 1930 243.
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
Le confraternite della SS. Annunziata
Numerose risultano le confraternite in onore della Madonna Annunziata in Calabria, ben 54
(la prima appare in Bisignano sin dal secolo XIV), ma tre soltanto si rivelano quelle
istituite in seno alla diocesi di Oppido Mamertina-Palmi e tutte e tre sono comprese nella
ristretta cerchia della prima strutturazione. Il motivo è ovvio. Era Oppido che si distingueva
e si distingue tuttora per il devoto culto all’Annunziata e non Mileto, indirizzata altrimenti,
anche se nei vari paesi della nuova giurisdizione non sono assenti le cappelle erette alla
Madonna con siffatto appellativo. Naturalmente, tali associazioni ebbero possibilità di
essere dopo che il cardinale Torquemada ne fondò una nel 1460 a Roma nella chiesa di S.
Maria sopra Minerva 244.
A Oppido una congrega di Maria SS. Annunziata risulta da evo antichissimo.
L’1 agosto 1606 il papa concedeva agli aderenti indulgenze utili in occasione delle feste
dell’Annunciazione, Purificazione, Natività e Assunzione di Maria SS. 245. Il sinodo del
Perrimezzi, del 1726, tramandò che al suo tempo agiva nella chiesa di S. Caterina una
confraternita detta della Santissima Vergine salutata dall’Angelo e che la divisa dei
confratelli consisteva in vesti di lino bianche, in una mozzetta di color azzurro pallido fin
dal cappuccio, nella quale era impressa l’immagine stessa della Vergine Annunziata 246.
Dopo il terremoto del 1783 si rese necessaria una nuova fondazione e l’apposito regio
assenso si ebbe con data 31 agosto 1816. Collocata in un primo tempo nella cattedrale e poi
in un proprio oratorio, venne guidata all’inizio con uno statuto del 1916 medesimo e in
ultimo con altro del 1956 elaborato in conformità della nuova legge sulle confraternite. Nel
1859 si segnalava la presenza di 33 iscritti, nel 1932 di 64 ed oggi di una decina appena,
ma il tutto si trova ormai sulla via di un’improcrastinabile liquidazione. Alcuni particolari
sull’organizzazione interna: nel 1816 la quota sociale prevedeva il versamento di 6 carlini e
1 candela per il confratello, di 3 carlini e 1 candela per la consorella. Tra gli ufficiali minori
figurava anche un paciere 247.
La confraternita di Maria SS. Annunciata di Pedàvoli, che officiava nella chiesa
parrocchiale e che dai documenti appare in attività nel 1713 e nel 1738, fu munita di regio
assenso il 4 febbraio 1778 248. Dello stesso anno è pure il beneplacito a favore dell’altra
associazione del vicino Paracorìo, che si fa viva nel 1680 ed è data presente anche nelle
relationes ad Limina del 1743, del 1751 e del 1772 249. Nel 1713 la congrega di Pedàvoli
denunziava un introito di duc. 151. 4. 16. 4 e un esito di duc. 149. 4. 18. 6 mentre sei anni
più tardi, con un’entrata di duc. 58. 3. 42 ed un’uscita di duc. 58. 2. 16 (carlini, grana,
piccoli), mostrava un evidente ridimensionamento. Il priore era nominato ogni anno nella
domenica successiva alla festa dell’Annunziata e veniva scelto in una terna di confratelli
250.
Le confraternite di Maria SS. del Suffragio o del Purgatorio
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
Anche di sodalizi nati a devozione di Maria SS. del Suffragio in diocesi è dato riscontrarne
soltanto uno, a S. Eufemia, ma in tutta la regione se ne ritrovano ben 16 e il primo si offre
quello di Mormanno, del 1594. Nel predetto paese appare esservi stato fondata nel 1721 ed
aver prosperato fino al 1935 251.
Tuttavia, ad una confraternita con tale denominazione occorre far seguire tutte le altre
intitolate «del Purgatorio» e simili, dato che assai spesso ci si imbatte in associazioni
intestate a S. Maria del Suffragio o del Purgatorio, con quest’ultimo termine lasciato a solo
o variamente combinato. Di congreghe del genere se ne scoprono otto nella circoscrizione,
di cui ci andiamo occupando e 44 in tutta la Calabria, con primazia spettante a Cariati ed a
S. Giorgio Morgeto, ove ci si rivelano dal 1615.
Le otto confraternite diocesane appaiono tutte dislocate nell’ex-territorio di Mileto. A
quella di S. Giorgio il papa concedeva indulgenze tra il 1615 e il 1620 252. L’altra di
Rosarno appare sin dal 1670, anno in cui, detta delle Anime del Purgatorio seu dei Morti,
figurava agire nella chiesa della SS. Trinità 253. La congrega di Laureana ottenne l’assenso
regio nel 1762 254, mentre per Melicuccà il provvedimento venne ripreso nel 1787 255. Per
quelle di Feroleto della Chiesa e Sinopoli (quest’ultima aveva denominazione «del
Purgatorio sotto il titolo di S. Maria del Suffragio») 256 ci resta solo la testimonianza del
Misefari 257. A Stellitànone un’associazione intitolata di «Maria SS.ma delle Anime del
Purgatorio» fu costituita per decisione ecclesiastica con conseguente approvazione
dell’ordinario diocesano. Era ancora esistente nel 1935 258. A Palmi venne fondata nel
1664 nella chiesa matrice di S. Nicola di Bari. Il 28 ottobre 1696 il vescovo ne confermò e
sottoscrisse i capitoli, che modificò poi nel successivo 27 novembre. Con le sue rendite il
27 maggio 1733 mons. Ajerbi d’Aragona dotò dieci cappellani. Aveva nome «del
Purgatorio o del Sacro Monte delle cinquanta messe» e proprio una chiesa del Purgatorio si
rivela esistente in Palmi sin dal 1740 259.
Potrebbero, ancora, essere riferite a S. Maria del Suffragio od al Purgatorio le congreghe
che vanno sotto il nome di Maria SS.ma della Purità e in diocesi se ne trovano due, a S.
Giorgio Morgeto ed a Palmi. Nel primo caso si tratta di una congregazione di gentiluomini,
che agiva nella chiesa delle anime del purgatorio e che non andò per le lunghe 260. Nel
secondo (Nome di Maria SS. e sua Purità) di un’associazione, della quale possediamo la
sola testimonianza del Misefari 261 e che forse potrebbe aver avuto un collegamento con
quella del Purgatorio, di cui abbiamo or ora riferito. Di un tal genere di congreghe in
Calabria altre due si riscontrano a Siderno ed a Taverna.
Assai stranamente, è dato reperire in alcuni rogiti l’esistenza tra 1757 e 1763 a Radicena
una «Confraternita del S.mo Sagramento sotto titolo dell’Anime del Purgatorio». N’erano
priori ossia prefetti G. B. Mammoliti nel 1757, d. Giuseppe Calfapetra nel 1762 e il mag.
Domenico Aquario nel 1763 262.
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
Le confraternite di S. Maria della Minerva
Un sol caso si verifica in Calabria di congrega eretta col titolo di S. Maria della Minerva,
come la nota arciconfraternita romana, alla quale venivano ad aggregarsi in frotta le
istituzioni di tutta Italia. Nell’elenco delle confraternite custodite nell’archivio diocesano di
Mileto e datato al 1935 è segnalata una siffatta confratria per Stellitànone, senza che si
aggiungano precisi particolari.
Le confraternite di Maria SS.ma di Portosalvo
A Maria SS.ma di Portosalvo, evidente protettrice dei marinai, faceva indubbiamente capo
l’omonima confraternita di Gioia Tauro, eretta il 27 novembre 1908, ma non giunta sino a
noi 263. Di tali compagnie se ne incontrano altre sei in Calabria, con la prima a Pizzo.
Com’è logico, risultano tutte in buona parte localizzate in paesi rivieraschi, con unica
eccezione di Fiumara, un paese dell’interno. Tra tante, appare sintomatica quella di Scilla
«istituita fra le persone del ceto dei marinai, dei pescatori e dei padroni di barche e
feluche».
Le confraternite di Maria SS.ma della Montagna
A Maria SS.ma della Montagna, sicuramente con precisa connessione alla Madonna di
Polsi, detta comunemente «della Montagna» e parecchio venerata in tutti i centri abitati
della Piana di Gioia, era stata intestata una confraternita a Galatro, ch’è pervenuta sin quasi
a qualche anno fa. Detta, che nel 1943 rivelava la presenza di 61 confratelli e 52 consorelle,
aveva ottenuto il regolare assenso regio in data 11 settembre 1808 ed altro susseguente per
nuova congrega il 14 settembre 1858 264. Probabilmente, in questa occasione, delle due
confraternite di Maria SS. del Carmine e di Maria SS. della Montagna se ne venne a fare
una sola. È quanto scrive il Sergio 265. Come riferiscono atti documentali, invece, per la
seconda edizione le regole portano la data dell’8 marzo 1858 e la loro approvazione
rimonta all’11 settembre dello stesso anno. Il sacco, di cui gli aderenti a tale congrega
dovevano munirsi, doveva essere confezionato nella «massima semplicità» e risultare «un
camice di tela, legandosi da un cingolo di filo, il mozzetto di seta color celeste, guarnito
con fittuccia di color paglino, ed il cappuccio bianco anco di tela, poggiato dal collo sulle
spalle. Alla sinistra della mozzetta ... affibiata una figura, ch’esprima il santo tutelare» 266.
Le confraternite di S. Maria del Soccorso
Cinque riescono i sodalizi col titolo di S. Maria del Soccorso presenti in diocesi, 16 quelli
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
di tutta la regione. A Vàtoni ne riscontrò uno nel 1586 nella chiesa omonima il vescovo Del
Tufo, ma esso era certo di più antica datazione. Difatti, la splendida opera della Madonna
del Soccorso di Rinaldo Bonanno, che, rinvenuta tra le macerie di quel paesetto, oggi si
custodisce nella chiesa dell’Immacolata di Taurianova, reca la data del 1582. La stessa
confraternita accertò operante il presule a Sinopoli la vecchia. I congregati godevano delle
indulgenze concesse dalla Minerva in data 9 settembre 1585 e recavano uno «stendardo di
damasco carmosino con frangie et crocetta di legno dorata» 267.
Altra congrega era anche a Scido, nella cui chiesa parrocchiale si conserva ulteriore
simulacro con la Madonna ugualmente effigiata in atto di alzare la clava per proteggere un
putto dal demonio. Essa si guadagnò l’assenso regio nel 1777. È data come esistente ancora
nel 1929, e nel 1928 contava su 44 confratelli. La divisa consisteva in un sacco di tela
bianca con il cordone di ugual colore, in una cappa celeste e in una fascia rossa, che andava
da sinistra a destra. A priore ed assistenti competeva recare pendente da un nastro sul petto
una medaglia d’argento con scolpita l’immagine della Madonna del Soccorso 268.
Alle predette occorre aggiungere, infine, le associazioni di Palmi e di Giffòne, ch’erano
entrambe dichiarate «del SS. Sacramento e di S. Maria del Soccorso». Per quanto riguarda
più propriamente la confraternita di Palmi, un atto notarile dell’anno 1778 ci rende certi
della sua esistenza all’epoca con titolazione soltanto di «Santa Maria del Soccorso».
Nell’occasione si tratta di una sua azione in comune con altre associazioni, onde
disciplinare la precedenza nelle processioni, che venne stabilito di effettuare
«alternativamente» 269.
La prima congrega in onore di Santa Maria del Soccorso in Calabria si rivela quella di
Monteleone, che appare sin dal 1574.
La devozione per la Madonna del Soccorso ebbe origine in Sicilia tra il 1400 e il 1500 ed è
collegata ad un miracoloso intervento della Gran Madre di Dio, che avrebbe salvato un
bambino minacciato dal demonio.
Le confraternite di Santa Maria della Catena
A S. Maria della Catena risultavano intestate in Calabria due confraternite, una a Soreto, in
diocesi di Mileto, notata nel 1605, l’altra a S. Giorgìa, nella circoscrizione oppidese. Il 7
luglio 1608 il papa concesse agli adepti dell’associazione santagiorgese, che officiavano
nella chiesa omonima, delle indulgenze da godersi nella domenica successiva alla festa
dell’Assunta. Nel 1773 in un rogito notarile era specificata la sua esistenza intorno al 1613
e alcuni tra i più vecchi del paese conoscevano che i confratelli agivano di volta in volta o
nella chiesa di S. Sebastiano od in quella di Santa Maria del Carmine, ma la cosa ci appare
alquanto strana. Comunque, gli associati avevano dei giorni stabiliti per le riunioni, che
teneva loro un padre spirituale, il quale rivolgeva dei Sermoni sulla fede e sulla morale.
Ognuno era tenuto al versamento di una certa quota, che sarebbe servita per il funerale e
per la celebrazione di un determinato numero di messe 270.
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
Un tal genere di congreghe si era originanato dall’intenzione di favorire la liberazione di
cittadini schiavi dei Turcheschi.
Le confraternite di S. Maria del Pilar
Le confraternite di S. Maria del Pilar, soltanto tre in tutta la regione e ben due nella diocesi
di Oppido-Palmi, distinte una nella prima fascia e l’altra nella seconda, sono sicuramente
scaturite da un culto importato al tempo della dominazione aragonese dall’antico santuario
omonimo di Saragozza in Spagna. Ne sono testimoni le due effigi marmoree di fattura
cinque-secentesca, che si custodiscono nelle chiese parrocchiali dei rispettivi paesi e che
hanno in comune con quella iberica l’identico tema se non la stessa conformazione: il pilar,
la colonna. La prima di siffatte confraternite si ritrova a S. Lorenzo nel 1594, dov’era
denominata propriamente «S. Maria de Pilaro» 271.
A Tresilico, in un luogo fuori le mura, menò vanto di miracolosi richiami per tanti secoli un
tempio detto di S. Maria del Pilerio o del Pileri, che, come molti altri vetusti manufatti,
andò a finire in briciole a causa del terremoto del 1783. In esso agiva da tempi remoti
un’omonima confraternita, alla quale il papa in due diverse occasioni, il primo luglio 1603
e il 24 agosto 1607 veniva a concedere varie indulgenze. Un’indulgenza plenaria di sette
anni e quaranta giorni e la remissione di tutti i peccati toccava a coloro, già confratelli o
che entravano a far parte dell’istituzione per la prima volta, allorché, dopo aver ricevuto il
sacramento dell’Eucarestia, visitavano il santuario dal cader della sera fino al tramonto in
ogni domenica immediatamente seguente alla festa della Natività della Madonna (8
settembre). Essa spettava pure a chi si prodigava in favore dell’esaltazione delle dottrine
della Chiesa, dell’estirpazione e conversione degli eretici, di conservare la pace, la
concordia e l’unione tra i prìncipi cristiani ed a chi elevava preghiere a Dio per la salute del
pontefice. Altra indulgenza di sessanta giorni era invece devoluta ai confratelli che si
recavano in visita alla chiesa, sempre in stato di grazia, in occasione delle feste della
Natività, Concezione, Annunciazione e Assunzione della Beata Vergine ed in tanti altri casi
272. Rappresenta il culto della Madonna del Pilar, ormai obliàto, un’opera marmorea
secentesca, che dall’abbandonato sacrario venne portata dopo il disastro tellurico nella
chiesa parrocchiale di Santa Caterina. In essa l’ignoto artista, di gusto siciliano e
ispirandosi alla più famosa immagine spagnola, raffigurò Maria con in braccio il Bambino
che regge una piccola colonna, il pilar, appunto 273.
Oltre che a Tresilico, altra confraternita in onore di S. Maria del Pilar è data esistente a
Sinopoli, nella cui chiesa di S. Maria delle Grazie si custodisce ancora una statua di
Madonna del Pilerio o della Neve, opera di Antonello Gagini datata 1508 e ordinata dal
feudatario dell’epoca, d. Giovanni Ruffo. Di un tale sodalizio conosciamo soltanto la data
di concessione dell’assenso regio, che rimonta al 1777 274.
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
Le confraternite della Madonna Pastorella
Un caso più unico che raro in Calabria è rappresentato dalla confraternita della Madonna
nelle sembianze della Divina Pastorella, patrona del piccolo villaggio montano di pastori e
carbonai di Piminoro, fondato in sul finire del secolo XVIII dal vescovo di Oppido mons.
Tommasini. Essa ebbe però breve durata. Nata nel 1923 per volontà del parroco ed allogata
nell’unica chiesa esistente, ottenne l’approvazione vescovile il 10 ottobre 1926. All’epoca
si segnalava una presenza di 26 confratelli, ma già nel 1937 detta associazione veniva
considerata estinta 275.
Le confraternite della Madonna dei Campi
Potrebbe fare il paio con la confraternita della Madonna Pastorella l’altra intitolata alla
Madonna dei Campi, ideata dal canonico Giuseppe Mangione nel 1896 e sistemata nella
chiesa detta dell’Oratorio a Oppido. Interessanti lo scopo e l’impegno di chi si iscriveva a
tale sodalizio, che, affiliato «con apposito Diploma all’Arciconfraternita della Basilica
Cattedrale di Séez Orne in Francia», venne ad esaurirsi a metà degli anni ’50 del nostro
secolo. Lo scopo, come dice un libricino pubblicato nel 1904, era quello di «attirare con la
preghiera e con l’intercessione di Maria le benedizioni di Dio sopra i lavori campestri e i
frutti della terra; ... conservare e ricondurre lo spirito cristiano in mezzo agli agricoltori,
specialmente con la santificazione più completa delle Domeniche e delle altre feste
comandate». L’associato, al momento di entrare a far parte della «Pia Associazione», era
tenuto a far «promessa di offrire primizia dei raccolti di frumento, cereali, vino, posto,
olio». Caratteristica e suggestiva la processione in onore della Madonna dei Campi, che si
costumava svolgere nel mese di maggio, mese ricco di tanti frutti primaticci, con bambine
vestite da graziose contadinelle e recanti ognuna un cesto distinto 276.
Altre confraternite in onore della Madonna sotto vari titoli
In Seminara il 13 febbraio 1605 appariva una congrega detta di S. Maria dell’Arco, che
agiva nella chiesa omonima ed a cui il papa nell’occasione veniva a concedere indulgenze
utili a godersi nelle ricorrenze dell’Ascensione di Gesù, della Natività, Visitazione ed
Annunciazione della B.V.M. e dei Defunti 277. Non possediamo ulteriori notizie in merito a
tale sodalizio, ma il tempio che l’ospitava è rilevato negli atti notarili ancora sul finire del
’700 278. Il culto è senz’altro da collegare a quello espresso dal santuario omonimo, che
trovasi in Campania.
Una confraternita detta di S. Maria della Porta istituita nella chiesa di S. Cristina con
identico titolo è rintracciabile nei documenti vaticani. Questi fissano al 13 giugno 1617
l’elargizione ai suoi associati d’indulgenze per le festività della Domenica di Settuagesima,
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
Purificazione ed Assunzione della B.V.M. Tale chiesa, uno iuspatronato della famiglia dei
feudatari Ruffo, rivela la sua presenza sin dal 1610. Secondo alcuni testimoni di un atto
notarile del 1773 la congrega deriverebbe da altra nomata di S. Rocco, che «perché non era
capace la Chiesa di detto Santo di congregarsi detta confraternita per esser piccola, li
fratelli di questa si ritrovarono nella Chiesa di Santa Maria la Porta, come più grande, ed
oggi si chiamano fratelli di Santa Maria la Porta». La divisa consisteva in una «cappa
bianca, e mozzetta turchina, che si va dismettendo di giorno in giorno». I confrati non
avevano alcuna ingerenza nei beni della chiesa ed il loro compito si limitava alla
partecipazione alle processioni cittadine 279.
Nel 1768 il sovrano elargiva il regio assenso ad una confraternita di S. Maria del Mercato
operante a Galatro 280. Non possedendo alcun elemento probante al riguardo, non possiamo
né tentare di spiegarne la denominazione né far eventuale riferimento ad altra istituzione.
Certo, nella fattispecie, non poteva che trattarsi di un’associazione allogata in una chiesa
situata accosto al mercato. Il Del Tufo nel 1586 accertò a Galatro una confraternita di S.
Maria della Valle, che aveva ricetto nella chiesa omonima, chiesa che all’epoca risultava
ricostruita dall’università e possedeva due stendardi, uno di damasco bianco, l’altro di
damasco carmosino 281.
A S. Maria con vari attributi si rinvengono, ancora, associazioni di tipo confraternale a
Palmi (Santa Maria de Caravellis) 282, Gioia Tauro (Madonna della Neve) 283, San Martino
(Vergine della Misericordia) 284, San Procopio (Santa Maria di Gesù; risultava esistente nel
1586 e nel 1596; nella prima data il Del Tufo vi scorse un «confalone») 285, Stellitànone
(S. Maria del parto; i confrati agivano nel 1586 in una chiesa seu cappella sita fuori paese e
recavano «sacchi bianchi») 286.
Un’importante confraternita, importante perché sicuramente sotto la protezione dei
feudatari, è dato rinvenirla in pieno settecento a Seminara. Era quella detta del S.mo Nome
di Maria, che aveva ricetto nella chiesa di S. Marco. Gli atti notarili ci offrono per il 1761
tre suggestive cerimonie di professione di confratelli proprio di alcuni rappresentanti di
casa Spinelli. Il 4 gennaio, presenti il rettore d. Tobia Satriano ed i due assistenti d.
Mercurio Sanchez e d. Gaetano Rossi, iniziava il principe d. Scipione, il quale, «sceso dal
suo Palazzo ..., che sta di rimpetto a detta Venerabile Chiesa di S. Marco, ed entrato nella
medesima, ad ore quindeci circa, ove doppo d’entrare, alquanto orato fece la sua
professione di confrate ... in mano del Molto Rev. Padre fra Giacinto Romeo Regente
dell’ordine de Predicatori, Padre Spirituale ... coll’assistenza di ... Rettore, ed Assistenti, e
della maggior parte de Confrati ...». Il 18 susseguente era la volta dei figli d. Domenico e d.
Ferdinando. Quindi, al 31 dicembre, toccava all’altro rampollo d. Gennaro il quale faceva
la professione nientemeno a richiesta del padre, divenuto frattanto rettore e dei due
assistenti, d. Giuseppe Marzano e d. Antonino Clemente 287.
Di altra congrega denominata del Nome di Maria Santissima operante a San Giorgio
rapporta il Misefari 288.
A Santa Maria senza altri titoli risultano invece consacrati due sodalizi a Bracàdi ed a
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
Seminara. Dell’istituzione del primo paesello, che agiva nella chiesa dallo stesso nome e
che sparì in seguito a varie calamità nella seconda metà del ’600, danno notizia la platea di
mons. Del Tufo del 1605 e quella di mons. Panzani del 1654 289. Dell’altra di Seminara si
conosce soltanto che il papa il 15 ottobre del 1603 concedeva a favore dei suoi aderenti
indulgenze usufruibili per l’occasione delle feste dell’Assunzione della B.V.M. Detta aveva
luogo proprio nella chiesa di S. Maria dei Poveri, dal famoso richiamo miracolistico 290.
Le associazioni delle Figlie di Maria comparvero in diocesi di Oppido per merito di mons.
Caputo. Questi medesimo, con la relatio del 1855 informava Roma di averne istituito al
capoluogo, a Varapodio, a Santa Cristina ed a Piminoro al fine di provvedere al bene del
sesso femminile. Non sappiamo a quale congregazione riferire tali confraternite data la
diversificazione di esse in ampio raggio 291.
Le confraternite della SS. Trinità
Originata in periodo carolingio, con centri di devozione nei monasteri di Aniane e Tours, la
festività della SS. Trinità ebbe il suo battesimo ufficiale in occasione del sinodo di Arles
del 1263, ma fu Giovanni XXII nel 1331 ad estenderla alla chiesa tutta 292.
Le confraternite legate a tale culto in Calabria appaiono 12, ma nella diocesi di OppidoPalmi se ne discoprono soltanto quattro e ben tre disposte nella parte di territorio, che
appartenne già a Mileto, un fatto questo di per sé piuttosto eloquente. Era, infatti, a Mileto
e non ad Oppido ch’era stato creato dai Normanni un grosso centro abbaziale col titolo
della S.ma Trinità, cui vennero ad ispirarsi i tanti fondatori di chiese ed istituzioni di quella
diocesi.
La più importante di siffatte congreghe, peraltro ancora funzionante in pieno, sorse a
Polistena e fu la prima in Calabria e nacque creatura del nobilume locale. Non ne
conosciamo l’atto di nascita, ma la constatazione che il papa elargiva ai suoi associati
indulgenze da godersi nella ricorrenza della festa del S. Salvatore il 21 giugno 1540 ci fa
ipotizzare una più antica origine. Il Del Tufo nel 1586 ne accertò l’esistenza ed annotò che
si serviva di un confalone indorato» 293. Essa, ancora, risulta essere stata aggregata alla
Basilica Lateranense ed alla confraternita dell’Ordine Generale della SS. Trinità di Roma il
16 settembre 1592, cioè nella stessa data e, forse, con il medesimo provvedimento della
concessione dell’assenso regio, ma un nuovo decreto emesso il 22 aprile 1858 doveva
dichiararla Prima Arciconfraternita di Polistena. Nel 1930 vi si contavano 700 soci, nel
1943 distintamente 83 novizi, 188 confratelli e 350 consorelle, mentre oggi si offerisce la
bella cifra di un migliaio circa. Un tale sodalizio fino al 1905 era tenuto a versare un tributo
annuo alla Santa Sede. Delle committenze artistiche operate della confraternita è notizia
dell’ordinazione, nel 1798, a Vincenzo Scrivo da Serra di un gruppo in legno della
Madonna dell’Itria con Gesù Bambino in braccio e cassa sorretta da due monaci basiliani
294.
Altra congrega della S.ma Trinità era in funzione nella chiesa omonima a Rosarno. Si
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
trattava di fondazione assai recente risalendo la relativa approvazione vescovile al 22
febbraio 1940, e, se nel 1931 poteva registrare la presenza di 42 confratelli e 28 consorelle
e nel 1940 addirittura di 1780 soci, oggi è da considerarsi spenta. Nello stesso 1940
risultava possedere una casetta al piano terreno, che le fruttava un affitto di lire 360 annue
295.
Una confraternita si rilevava nel 1752 a Casalnuovo ed aveva ricetto nella chiesa del S.
Rosario. Ecco perché in seguito si ebbe unica congregazione con titolo di S. Rosario e S.ma
Trinità 296.
Per l’originaria diocesi di Oppido abbiamo da un atto notarile del 23 agosto 1773 che a
Rubrichi, evidentemente Lubrichi, esisteva fino a cinque anni prima una confraternita che
«da se medesima si è dismessa forse perché non avea ottenuto il Reggio beneplacito».
Testimoniavano in quell’occasione, tra gli altri, Domenico Ioculano «officiale, e cassiero
per più anni» e Tommaso Misiano, «ufficiale cassiere, ed amministratore» che una tale
congrega non godeva di alcuna rendita, ma soltanto di un carlino annuo a testa, ch’erano
tenuti a versare gli associati. Quanto incassato occorreva per le esequie di ogni confratello e
per la celebrazione in suo suffragio di venti messe basse e di altra cantata. Agli illetterati si
faceva obbligo della recita di un rosario di cinque poste. La confraternita «faceva corpo
separato» dell’omonima cappella 297.
Le confraternite dello Spirito Santo
Possono certamente essere considerate sulla stessa scia delle associazioni in onore della
S.ma Trinità anche quelle, il cui culto è stato indirizzato verso la terza persona del trio
divino, lo Spirito Santo, ma in tutti i casi si tratta d’istituzioni non più esistenti da tempo. In
Calabria se ne rinvengono 16, con la più antica a Seminara datata 1544.
A Santa Cristina, l’unico paese dell’antica diocesi oppidese ad averne una, la congrega «del
Santo Spirito» compare sin dal primo seicento. Il 13 aprile del 1606, infatti, il papa faceva
dono agli adepti, che officiavano nella chiesa omonima, d’indulgenze utili a sfruttarsi nelle
festività del S. Spirito, della Circoncisione di Gesù, di S. Giuseppe, di S. Antonio di Padova
e della Domenica in Albis298.
Dei paesi già in forza a Mileto ebbero in passato una confraternita intestata al S. Spirito
Seminara (confermata in data 8 febbraio 1544, unitamente all’annesso Ospedale dei Poveri,
nel quale agiva, nonché ai relativi statuti) 299, Polistena (fu eretta nella chiesa di S. Marina
nel 1548, ma, sparita, in seguito al terremoto del 1783, venne ricostituita il 21 ottobre del
1794. Gli iscritti appartenevano prevalentemente al ceto contadinesco) 300 e Sinopoli
(ottenne l’assenso regio nel 1778; nel 1648 n’era maestro e procuratore Gustino Vitalone)
301.
Le confraternite della Sacra Famiglia
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
Un’unica congrega compendiava in diocesi tutta la Sacra Famiglia. A questo gruppo n’era,
infatti, dedicata una in Casalnuovo, che, costituita «verso l’anno 1837» ha lasciato tracce
archivistiche soltanto fino al 1935. Agiva nell’omonimo oratorio e nel 1907, essendo priore
Domenico Fonti, «riuscì così tumultuosa da doversi sciogliere con l’intervento, per misura
di prudenza, dell’Arma dei R. R. Carabinieri», secondo una petizione di vari confratelli
avverso quel primo responsabile a motivo dell’accentramento di tutte le cariche e per
questioni di lavori avviati al cimitero. Come recita lo statuto, i confratelli avrebbero dovuto
indossare quale divisa un «sacco di tela bianca lungo fino al tallone, un cinto di quojo nero,
un mozzetto con cappuccio color Bleù». Quindi, ai consiglieri di amministrazione toccava
portare attaccata al collo la medaglia dell’istituzione, mentre ai maestri di cerimonia si
faceva obbligo del «bastone con fiore di argento». Dello stesso colore blù doveva risultare
poi lo stendardo, che recava l’immagine della Sacra Famiglia. Il culto aveva luogo nella
chiesa di S. Giuseppe e l’elezione degli amministratori era acclamata al canto del «Veni
Creator Spiritus» 302.
Un’altra appena si registra per tutta la regione ed è quella di Tropea, detta anche della
Concezione di Maria e ricordata sin dal 1780 303.
Le confraternite di San Rocco
Ed ora, dopo aver detto dei tanti movimenti confraternali consacrati a Gesù Cristo, a Maria
ed alle Persone della S.ma Trinità variamente considerati, passiamo a tutti quegli altri
ch’ebbero a loro campione un eroe della fede, cioè un santo.
La parte del leone in quest’ultimo genere d’istituzioni la fa in Calabria e, in particolare,
nella diocesi mamertina San Rocco, un santo parecchio amato dalla popolazione della
Piana di Gioia ed i cui sacrari restano sempre un potente richiamo per la gente in bisogno di
grazie materiali e spirituali.
I sodalizi in onore di San Rocco, ben 29 evidenziati nella regione, ebbero origine nella
seconda metà del XV secolo in seguito allo scoppio di numerose crudeli pestilenze, nelle
quali occasioni quegli che in vita aveva curato gli appestati, venne invocato come grande
taumaturgo 304. A tal proposito è sintomatica l’affermazione dell’arcivescovo di Reggio,
D’Afflitto, che nel 1595 disse che l’associazione di Motta San Giovanni fu eretta nel 1578
«tempore pestis» 305. Ma la prima istituzione per la nostra terra resta quella di Catanzaro,
che dà notizie di sé sin dal 1529.
Nell’originaria diocesi di Oppido congreghe intitolate a San Rocco sono rintracciabili a
Cosoleto, Tresilico S. Cristina, ma nessuna di esse è pervenuta ai nostri giorni. A Cosoleto
aveva nome di «S. Rocco e S. Michele Arcangelo» e sito nella chiesa della «Beata Maria
de Fresco» (?) e un privilegio del 26 ottobre 1606 concedeva ai congregati di godere di
alcune indulgenze per l’occasione delle feste di S. Rocco, S. Michele, S. Martino, S.
Giovanni Battista e S. Giovanni Evangelista 306. A tale confraternita è certamente da
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
agganciare l’altra denominata «della Beata Vergine di Monte Carmelo e di S. Rocco»
fondata nel 1891 e della quale abbiamo peraltro già riferito e che appare coeva ed uguale a
quella di Lubrichi, già precedentemente pure segnalata.
A Tresilico la confraternita di S. Rocco officiava nella chiesa omonima, almeno per quanto
riguarda l’abitato distrutto dal terremoto del 1783 ed era ancora operante nel 1875. I soci di
detta, costituitasi a norma del dispaccio reale del primo luglio 1775, risultano aver chiesto
al re in data 7 agosto 1776 il regio assenso (verrà concesso il 16 giugno 1777) sulla
fondazione medesima e sulle regole. Figurano firmatari della petizione i sacerdoti d.
Gioacchino e d. Leonardo La Face e Domenico Carbone, Pasquale Vicenda, Francesco
Paolo Grimtre (?), Vincenzo Mazzapica, Francesco Collufio, Agostino Carbone, Antonio
Antico. Altri venti associati, che seguono, hanno apposto soltanto il segno di croce. Il
particolare denota ancora assai chiaramente l’avvilente stato in cui si doveva vivere
all’epoca.
Riescono assai interessanti nel documento la presenza, tra gli ufficiali, di uno Zelante, che
«ha l’incarico di notare li difetti dei Fratelli in Congregazione» e l’enunciazione
dell’articolo XV del regolamento, che così recita: «Che li fratelli non possono vestire altro
abito, che di tela Ordinaria, con mozzetta di Raso umanz’ (?), di color negro, con aver nella
parte sinistra, stampata l’Effigie di S. Rocco, un Cappello bianco, e Cappuccio, pure di tela
ed il Cordone in mano, avvertano però di non portar merletti, pezzilli, o altri ornamenti, ne
cingolo di Seta, o fittuccie; ma di filo bianco, per imitar in questi, l’umiltà, e povertà del
Glorioso S. Rocco».
Presso la congrega è stabilito un Pio Monte di Messe, da usufruirsi, naturalmente, dopo il
decesso. L’istituzione, che vien retta dal priore, dai due assistenti, dal collettore e dai
cassieri, contempla il versamento annuo di 52 grana per 100 messe, di 26 per 50 e, infine,
di 13 per 25. Per essere ammessi al Monte occorre aver compiuto il quarantesimo anno di
età 307.
Per la confraternita di S. Cristina facciamo riferimento a quanto abbiamo detto per quella di
S. Maria della Porta. Sicuramente, essa venne nuovamente ripresa nel 1883. Da atti curiali
conosciamo, infatti, ch’essa si ebbe l’approvazione vescovile nel medesimo anno. Agiva in
un proprio oratorio. Interessante lo scopo prospettato dallo statuto del 1883, che offre una
lampante giustificazione all’erezione: «agevolare la salvezza delle anime dei confratelli
nella più esatta osservanza delle leggi di Dio e della chiesa, non che delle opere di
misericordia, tra le quali deve primeggiare la visita ed il sussidio agli infermi a domicilio
ad imitazione del Santo» 308.
Il Del Tufo segnalò nel 1586 quelle di Palmi, Rizziconi, Polistena ed Acquaro.
A Polistena vide uno stendardo di damasco arangino, mentre ad Acquaro accertò che la
congrega, guidata dal maestro e procuratore Vittorio Licopoli, era operante nella chiesa
omonima e godeva delle indulgenze concesse dall’Arciconfraternita di Roma con bolle
dell’1 settembre 1585. Il Panzani, a sua volta, venne ad indicare nel 1654 le altre allogate
nelle chiese dal medesimo titolo in Cristò e Bracadi 309, che finirono miseramente al pari
degli stessi infelici paesucoli, spersi nel nulla in antiche epoche 310.
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
La congrega di Seminara sotto l’invocazione di San Rocco e di S. Michele Arcangelo, che
nel 1930 contava 353 confratelli e 372 consorelle, è ancor oggi in funzione coi suoi 120
iscritti nella chiesa di S. Michele. Elevata al rango di arciconfraternita, vanta un assenso
regio del 21 aprile 1777 ed un primo statuto del medesimo anno riformato poi in data 19
maggio 1860. Fu in lite con l’altra confraternita di San Marco per le solite ragioni di
preminenza 311.
Piuttosto recente appare la congrega di San Rocco di Casalnuovo, che apparteneva al ceto
nobile e risulta installata nella chiesa omonima il 30 marzo 1838, nella stessa data
dell’approvazione dello statuto 312. Uguali confraternite si ritrovavano in passato a
Sinopoli (ebbe il regio assenso per fondazione ed approvazione delle regole il 29 luglio
1856) 313 a Melicuccà (nel 1769 ne risultava II assistente d. Manelio Spina) 314 ed a San
Procopio (con titolo di «Glorioso S. Rocco» ottenne l’assenso regio nel 1777) 315.
Da ricordarsi che a Palmi operava la congrega dell’Immacolata e di S. Rocco, della quale
abbiamo già trattato.
Le confraternite di San Nicola
A San Nicola furono dedicate in Calabria 24 associazioni e ben 12 in diocesi, con le prime
reperibili a Vàtoni ed a Cristò, ma tutte esaurite da tempo. Nel 1586 il vescovo Del Tufo,
nella visita esperita nella circoscrizione, vi notò quelle di Vàtoni, Cristò, San Martino,
Cinquefrondi (lo stendardo di cui si fregiava era di damasco verde), Serrata (agiva nella
chiesa seu cappella omonima ed aveva un proprio «confalone»; gli associati andavano
vestiti di un sacco di panno bianco) e Palmi 316. Altre due congreghe ci risultano per
Sinopoli e Santa Cristina. Nel primo paese la confraternita di S. Nicolò, com’era chiamata
ebbe l’assenso regio nel 1780 317, ma si avvertiva già nel 1778, mentre quella del secondo,
che aveva nome di «S. Nicola della Porta», si rivela sin dal 1612 318.
Le confraternite di San Giuseppe
Divenuto pubblico nel XV secolo il culto a San Giuseppe, fiorirono dappertutto
confraternite a lui dedicate, in particolare ad opera dei falegnami, che lo nominarono loro
speciale patrono 319. Di siffatte consorterie in Calabria se ne ritrovano 19, con la prima, che
appare collocata in Bovalino sin dal 1575.
Tre le congreghe riscontrabili nella circoscrizione, di cui andiamo interessandoci, a
Oppido, Paracorio e Casalnuovo. In quell’antico capoluogo diocesano una confraternita
sotto il titolo «del Glorioso Patriarca S. Giuseppe Protettore della buona morte» ebbe
origine con provvedimento reale del 26 novembre 1846 in seno alla categoria dei
falegnami. Sistemata nella chiesa omonima altrimenti detta «della Madonna del Buon
Consiglio» e protetta dalla famiglia Germanò, che offrì la statua del santo, nel 1930
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
contava 120 confratelli e 86 consorelle, ma oggi si ritrova sulla via della completa
liquidazione 320. Nel solito manoscritto del Grillo si dice a riguardo: congrega «istallata
colle regole Sovranamente approvate nel dì ..., che funziona nella chiesa del Buon
Consiglio, costruita colle fabbriche di S. Francesco di Paola, estesa ed abbellita a cura di
quei confratelli, colla pubblica cooperazione» 321. A Paracorìo venne fondata nel 1891 e
l’approvazione vescovile arrivò al 1909. Allogata nella chiesa parrocchiale dell’Assunta,
nel 1937 si segnalavano presenti 50 confratelli e 51 consorelle 322. Della confraternita di S.
Giuseppe Patriarca di Casalnuovo si conosce soltanto l’assenso regio, che rimonta al 1776
323.
A Iatrinoli esisteva una congrega dal titolo di Transito di S. Giuseppe, ma in merito non si
hanno ulteriori particolari 324.
Le confraternite di S. Francesco di Paola
Al santo calabrese per antonomasia, S. Francesco di Paola, risulta dedicato in diocesi
soltanto un sodalizio, quello di Messignadi, del quale, in verità, si apprende ben poco dalle
fonti documentarie. Era ospitato nella chiesa parrocchiale di S. Nicola, nella cappella
omonima e l’1 agosto 1628 il papa venne a concedere ai suoi associati indulgenze da
usufruirsi nelle ricorrenze delle festività di S. Francesco stesso, Domenica in Albis, IIa
domenica dopo la Resurrezione, S. Giovanni Evangelista e Ia domenica di marzo 325.
Presente in atti notarili tra il 1726 e il 1745, ne risultava procuratore quasi sempre il
parroco pro-tempore 326.
Al fondatore dei Minimi in Calabria sono state erette, almeno a quanto ci è dato di sapere,
dieci confraternite e la prima in ordine di tempo è quella di Reggio, del 1584.
Le confraternite di San Sebastiano
Confraternite a devozione di San Sebastiano se ne accertano in vari paesi: a Vàtoni ed a
Cristò, dove vennero rinvenute operanti nella chiesa omonima nel 1586 dal solito Del Tufo
327; a Molochio (agiva nella chiesa omonima, che le apparteneva e che aveva di reddito tre
ducati annui consistenti in sette sacchi di fronda provenienti dalla piazza antistante allo
stesso tempio. Venne riscontrata nel 1595 dall’arcivescovo reggino D’Afflitto, che poté
vedere anche lo «stendardo di damasco zallo con frangie rosse, et verdi con la crocetta di
legno dorato», di cui si fregiava); a Molochiello (era anch’essa sistemata nella chiesa dal
medesimo nome, dove un cappellano nel 1595 celebrava con le elemosine offerte dalla
confraternita) 328; a Polistena (fu riscontrata dal Del Tufo già nel 1586. I confratelli, che
officiavano nella chiesa omonima, il 20 novembre 1605 ricevettero dal papa il privilegio di
godere delle indulgenze in occasione delle feste di S. Sebastiano, 1° Luglio, Pasqua,
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
Assunzione e Annunciazione della Beata Vergine Maria) 329, a Iatrinoli (già eretta in
occasione della visita di mons. Del Tufo) 330, a Rizziconi (idem) 331 ed a Laureana
(accertata nel 1708 da mons. Bernardini) 332.
Sul santo, che contese per lungo tempo a San Rocco il titolo di protettore degli appestati, in
Calabria furono fondate, a quel che si conosce, 15 congreghe, ma le prime si evidenziano le
già citate di Vàtoni e di Cristò.
Le confraternite di San Giacomo
San Giacomo ebbe intitolata una confraternita a Tresilico nella chiesa omonima, ma da
molto tempo ormai sono spariti associazione e tempio, il cui ricordo rimane affidato
soltanto ad un toponimo. Il 15 ottobre 1621 il papa elargiva ai congregati indulgenze utili
nelle ricorrenze delle feste di S. Giacomo, Domenica in Albis, Pentecoste, Pasqua, Natività
di S. Giovanni Battista 333.
A San Giacomo vennero dedicate in Calabria 9 confraternite e la prima, che appare a
Cosenza, si fa datare al 1445.
Le confraternite di San Giovanni Battista
S. Giovanni Battista era il santo titolare di una confraternita originatasi in Varapodio
nell’omonima chiesa in epoca bastantemente antica e che il 13 dicembre 1606 il papa
premiava con delle indulgenze utili ai suoi aderenti in occasione delle festività del Patrono
e delle altre quattro principali in onore della B.V.M. 334.
Al grande Precursore di Gesù s’intestarono nella regione 19 sodalizi ed il primo fu quello
di Catanzaro, del 1502 consacrato anche a S. Giovanni Evangelista.
Le confraternite di San Francesco d’Assisi
A Varapodio, ancora, è dato imbattersi in una congrega dedicata ad un altro grande santo, a
S. Francesco d’Assisi, per la quale venne promulgato assenso regio nel 1776 335. Dai
registri della parrocchia di S. Nicola appuriamo ch’essa nel 1789 aveva ricetto in quella
chiesa, dove si rilevava una «sepoltura dell’Arciconfraternita di S. Francesco d’Assisi»,
nella quale venivano inumati i corpi dei confratelli defunti. Detta confraternita ebbe un
nuovo riassetto nel 1926 e nel 1930 contava su 32 confratelli e 4 consorelle 336.
Di congreghe intitolate al fondatore dei francescani in Calabria se ne ritrovano appena 7 e
la prima figura a Catanzaro sin dal 1592.
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
Le confraternite di San Biagio
San Biagio, più esattamente Santo Biase, aveva una sua confraternita nella chiesa omonima
di Bracàdi intorno al 1654 337. Nella regione calabra di tali istituzioni se ne contano altre
due.
Le confraternite di San Francesco Saverio
Di una confraternita di S. Francesco Saverio a Oppido traiamo dettagliate notizie dal
sinodo Perrimezzi del 1726. Negli atti di tale assise è chiaramente detto che il sodalizio,
che operava nella chiesa omonima, risultava di pari condizione e antichità e con uguali
prerogative di quello della Santissima Vergine salutata dall’Angelo, col quale si alternava
per quanto riguardava il diritto di precedenza. I confratelli vestivano di lino bianco, con
mozzetta di color nero fino dal cappuccio, nella quale era impressa l’immagine stessa del
santo 338.
Non conosciamo quando una tale confraternita abbia avuto origine, ma una chiesa di S.
Francesco Saverio a Oppido agiva sin dal 1666. Lo testimonia la prima relatio ad Limina
del vescovo Diano Parisio. Comunque, già nel 1684 mons. Ragni riferiva nella sua relatio
che in quell’anno una confraternita era allogata nella chiesa di S. Francesco Saverio 339.
Del culto del santo missionario a Oppido, che senza alcun dubbio è stato propagandato
soltanto dopo la di lui canonizzazione avvenuta nel 1622, è nota anche nella relazione
annuale del 1635, che i Padri hanno inviato al P. Generale a Roma 340.
In Calabria si rinviene soltanto un’altra congrega con patrono S. Francesco Saverio. È
quella di Piscopìo, che si rivela appena dal 1779.
Le confraternite di San Zaccaria
A Santo Zaccaria, il padre del Precursore, avevano intitolata un’associazione gli abitanti di
Curtolàdi, l’antico paese progenitore dell’odierna Cittanova finito malamente per epidemie
ed eventi tellurici nella prima metà del ’600 341. Essa risulta la sola in tutta la Calabria.
Le confraternite di Sant’Anna
Anche a Sant’Anna venne eretta in diocesi una sola congrega e, manco a dirlo, la cosa si
verificò a Seminara, una cui frazione si chiama proprio con tal nome. Di detto sodalizio si
conosce soltanto che per esso il 7 maggio 1833 fu emesso un decreto regio, che lo facoltava
ad accettare un legato del 10 febbraio 1828 342. Altra congrega appare a Dinàmi sin dal
1677.
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
Le confraternite di San Giorgio
Una confraternita di S. Giorgio venne rilevata a Vàtoni dal Del Tufo nel 1586 operante nel
tempio omonimo 343. Si configura unica nella regione.
Le confraternite di San Filippo Neri
Una congrega così intitolata esisteva a Gioia Tauro. Ottenne l’assenso regio nel 1779 344. È
la sola del genere in Calabria.
Le confraternite di San Luigi
A S. Luigi Gonzaga furono votate due confraternite, entrambe nella parte diocesana che fu
di Mileto, a Sant’Anna ed a Rizziconi. Nel primo paese officiava nella chiesa omonima e,
dopo aver avuto l’assenso regio in data 22 marzo 1798, nel 1908 varò un nuovo statuto,
approvato dal vescovo il 29 maggio dello stesso anno. Nel 1930 godeva dell’apporto di 28
soci ordinari e di 14 onorari 345. A Rizziconi, dove aveva nome di Unione Luigini, si trattò
di un’erezione ecclesiastica del 16 febbraio 1916, che ottenne l’approvazione vescovile il
27 marzo del 1924. Era stata collocata nella chiesa di S. Antonio ed era data ancora per
esistente nel 1935 346.
Lo scopo della confraternita di Sant’Anna rispecchiava fedelmente il culto, di cui al titolo
(«l’educazione morale e religiosa dei giovani soci, ai quali si propone come modello e
protettore l’Angelico S. Luigi Gonzaga»), mentre quello di Rizziconi, che per prima cosa
doveva «Procurare la maggior gloria di Dio, nella santificazione delle anime ed impartire
un’educazione morale, religiosa, civile nei giovani», secondariamente si limitava ad
«aiutare tanti poveri che non avendo mezzi per scriversi ad altre associazioni religiose,
possono facilmente entrare in questa Unione ed avere alla loro morte suffragi e decenti
onoranze» 347.
Si ravvisa in Calabria un’altra confraternita dedicata al santo della purezza.
Le confraternite di San Marco
Un’aspra controversia, come abbiamo già riferito, oppose la congrega di S. Marco
Evangelista, che si ritrovava in Seminara, ad altra di S. Rocco e S. Michele Arcangelo per
questioni di precedenza nel 1884.
Di detta conosciamo che, allogata nell’omonima monumentale chiesa oggi purtroppo in
pessime condizioni, dà notizie di sé sin dal 1754, risultandone procuratore in un atto d.
Filareto d’Anile, un nobile del luogo. Quindi, si offre per un certo lascito di tale Antonino
d’Amile (probabilmente, d’Anile). Il 16 dicembre 1824 si approntò un regolamento,
ch’ebbe l’approvazione del Consiglio di Stato l’8 marzo 1825. Riorganizzata il 7 novembre
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
1855, ottenne un decreto reale a sanatoria il 19 maggio 1860. Nel 1931 denunziava ancora
189 soci, ma ormai dal 1978 è da considerarsi del tutto esaurita 348.
Un’altra confraternita, che stimiamo fosse anch’essa intitolata a S. Marco, era a Molochio.
Il solito visitatore mons. D’Afflitto nel 1595 l’accertò per l’omonima chiesa esistente fuori
le mura del paese. Detta, che ostentava «Uno stendardo di damasco verde» e un «confalone
fatto l’anno 1499», era proprietaria della stessa chiesa e provvedeva, naturalmente, a
quanto necessitava 349.
È vano ricercare in Calabria altre confraternite similmente intestate.
Le confraternite di Sant’Elia
Una confraternita invocata di S. Elia Profeta a Pedàvoli venne eretta da 61 cittadini, su
proposta di Loria Saverio, con atto deliberativo del 24 luglio 1904 sancito
dall’approvazione vescovile del 30 maggio precedente. Essa, che come scopo primario
dichiarato aveva quello del culto del Santo, cui era intitolata, aveva sede in un’aula attigua
alla vecchia chiesa omonima. Tra i suoi amministratori fa la sua comparsa, per la prima ed
unica volta, anche un «bidello» 350.
Detto sodalizio figura il solo del suo titolo in Calabria.
Le confraternite di Santa Caterina
Il Perrimezzi nella relatio del 1715 parla di una confraternita di S. Caterina (con tale
intestazione se ne ritrovano parecchie in Calabria) a Oppido; Esisteva veramente una tale
istituzione oppure il vescovo avrà fatto confusione con quella dell’Annunziata ospitata
nella chiesa di S. Caterina? Allo stato delle documentazioni ci è impossibile decifrarlo 351.
Le confraternite di Sant’Orsola
Unica del suo genere in Calabria è pure una confratria intestata a Sant’Orsola, una santa,
che, insolita per la regione, ha però avuto soprattutto fino ad un recente passato un grande
seguito a Radicena, dove si celebra in suo onore un’importante fiera di bestiame. Di una
tale associazione, agente nel monastero di S. Maria, danno notizia documenti vaticani, che
segnano al 1604 la concessione di indulgenze valide ad essere usufruite nell’ultima
domenica di settembre, quindi in coincidenza col celebre mercato, che per tradizione si
tiene dal mercoledì antecedente il 24 settembre fino a tutta la domenica 352.
Le confraternite di Sant’Antonio di Padova
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
A S. Antonio di Padova nel territorio calabrese appaiono dedicate 11 confraternite ed una
sola in diocesi, a Seminara. In questo paese, dov’era ricettata nella chiesa di S. Maria dei
Poveri, godeva sin dal 1665 dell’indulgenza plenaria in giorni scelti dagli stessi confrati e
approvati dall’Ordinario 353. Non è dato saperne di più.
Confraternite intitolate ad altri santi
Le documentazioni ci offrono ancora una discreta serie di congreghe consacrate ad altri
santi.
A Polistena mons. Del Tufo avvertì nel 1586 un’associazione di laici intestata a S. Chiriaco
e funzionante nella chiesa omonima 354. Lo stesso poi ne accertò ben tre dedicate a S.
Leonardo: a San Martino 355, a Cinquefrondi 356, ed a Seminara (qui i consociati recavano
«uno stendardo di damasco torchino con soi freggi di oro») 357. Quelle in onore di S.
Michele ebbe modo il medesimo di notarle a San Martino 358 e ad Anoia (qui agiva in una
chiesa fuori l’abitato) 359, mentre l’altra di Santa Lucia a Melicucco 360. Tutte stavano
erette nella propria chiesa.
Diverse congreghe figuravano istituite in abbinamento ad un secondo patrono, com’era il
caso di Laureana (Immacolata e S. Gregorio Taumaturgo), Cosoleto e Seminara (S. Rocco
e S. Michele Arcangelo) ed a Terranova (Immacolata e S. Antonio) 361.
Ancora una confraternita, della quale riscontriamo chiare tracce, era quella detta della
«Fratellanza del Monte delle cento Messe» di S. Giorgio Morgeto, che, ridotta a soli 30
aderenti, venne a riprendere quota nel 1684 per merito del vescovo Parravicino. Nel 1693
le si aggiunse un Monte dei Poveri. Funzionava nella chiesa matrice 362.
Note
1 F. Russo, Storia della Chiesa in Calabria dalle origini al Concilio di Trento, vol. II, Soveria
Mannelli 1982, p. 661. Cipriotti-Bartoccetti, voce confraternita, Enciclopedia Cattolica.
2 F. Russo nel commento di A. Marzotti, Chiesa e Società in Calabria nel dibattito storiografico del
secondo dopoguerra. Un contributo: Le Congreghe, Incontri Meridionali, Cosenza 1977, nn. 2-3, p.
8.
3 E. Misefari nel commento di A. Marzotti, Chiesa e Società ..., ibid.
4 La partecipazione calabrese, coordinata da Maria Mariotti, comprendeva, oltre al sottoscritto,
Antonio Tripodi, Luigi Intrieri, Lino Lopa, Luigi Renzo, Antonino Denisi, Franco Milito, Enzo
D’Agostino, Maria Rosaria Valensise, Carmela De Leo.
5 E. Misefari, Storia Sociale della Calabria, Milano 1976; A. Marzotti, Chiesa e Società ...; G.
Esposito, Per la storia delle confraternite del Rosario in Calabria. Appunti e note, «Rivista Storica
Calabrese», ns, (= RSC), I (1980), nn. I-II, pp. 145-161.
Nuoce al pur meritevole lavoro del Marzotti l’aver riportato le confraternite di parecchi paesi, che
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
nulla hanno a che fare con la Calabria. Ecco i nomi dei vari centri erroneamente inseriti distinti per
provincia: Calabritto, S. Pietro di Montoro, Summonte (Avellino); Carbonara (potrebbe trattarsi di
Carbonara di Nola), Cardito, Striano (Napoli); Dragonea, Giffoni (Giffoni Sei Casali o Giffoni Valle
Piana), Macchia, Pisciotta, Scafati (Salerno); Maddaloni, Pignataro (Maggiore) (Caserta);
Castelluccio Inferiore e Superiore, Rotonda, Viggianello, Maratea (Potenza); Montescaglioso
(Matera); Castrignano dei Greci, S. Dania (S. Dana), Spongano, Squinzano (Lecce); Mottola
(Taranto); S. Nicandro (Bari o Foggia); Spinazzola (Bari); Celano, Pereto, Pizzoli (L’Aquila);
Cesano (Teramo); Cerreto, Morrone (del Sannio), Pescopennataro, Salcito (Campobasso); Fossano
(?) (Cuneo?); Saponara (Messina); Sperlonga (Latina). Non sappiamo se far riferimento ad errori di
stampa o di lettura per i seguenti altri casi. A chi va correlato S. Vito de’ Schiavi? Col nome di S.
Vito si ritrovano parecchi centri abitati nel meridione d’Italia.
E Mamone, Sommara, Zito dove si trovano?
Trizzico è Trizzino? Palatone è Galatone? Mazzi è Marzi? Pontone è Pentone? Plendi è Paludi?
È di sicuro Melicuccà di Soreto e non di Loreto, come pure S. Benedetto Ullano e non Vallano.
6 Sono particolarmente ricche di notizie sulle confraternite, tra tante, le seguenti opere: I. Naso
Marvasi, La Chiesa del Rosario di Cittanova, Reggio Cal. 1980; V. Fusco, Polistena-Storia sociale e
politica (1221-1979), Reggio Cal., 1981; G. Valente, La Calabria nella legislazione borbonica,
Chiaravalle C. 1977.
7 Risultano in buona compagnia oggi gli storici interessati al fattore ecclesiastico della vita
meridionale. Tra i tanti, sono da ricordare soprattutto Gabriele De Rosa, Antonio Cestaro, Maria
Mariotti, Pietro Borzomati, Augusto Placanica, Vincenzo Paglia, Francesco Volpe.
8 Il Sacrosanto Concilio di Trento, Napoli 1850, pp. 203-204.
9 R. Liberti, La Diocesi di Oppido in Calabria nel periodo a cavallo dei secc. XVI e XVII (15961616) dalle Relationes ad Limina dei Vescovi, RSC, IV (1983), nn. 1-2, passim.
10 G. M. Perrimezzi, Prima Synodus Dioecesana Oppidensis, Neapoli 1728, cap. II, De Doctrina
Christina, p. 19.
11 R. Liberti, La Diocesi di Oppido in Calabria nel sec. XVII dalle Relationes ad Limina dei
Vescovi, RSC, V (1984), nn. 1-2, p. 52.
12 P. Diano Parisio, Constitutiones synodales, Romae 1671, pp. 92-93.
13 B. Fili, Acta Synodi Dioecesanae, Messanae 1701, pp. 116-118.
14 G. M. Perrimezzi, Prima Synodus ..., pp. 54-55.
15 Atti del I Congresso Cattolico della Regione Calabra, Reggio Cal. 1897, pp. 39, 101.
16 F. Da Mareto, voce Confraternita del S.mo Sacramento, Enciclopedia Cattolica.
17 Archivio Vescovile Oppido (= AVO), Lettera di Antonino Plutino, Governatore Generale degli
Ospizi, al vescovo di Oppido in data 20 novembre 1860.
18 Bollettino Ecclesiastico Ufficiale per gli Atti Vescovili della Diocesi di Oppido Mamertina, II
(1930), n. 6, pp. 3-4.
19 G. B. Pacichelli, Il Regno di Napoli in Prospettiva ecc., Napoli 1703, parte II, p. 92; F. Ughelli,
Italia Sacra, Venezia 1721, p. 417.
20 Archivio Segreto Vaticano (= ASV), Congr, Conc., relationes ad Limina, Oppiden, 598 A,
vescovo A. Canuto, a. 1596, f. 57.
21 G. B. Pacichelli, Il regno di Napoli ..., ibid.; F. Russo Regesto Vaticano per la Calabria, Roma
1979, vol. V, p. 351.
22 Sezione Archivio di Stato Palmi (= SASP), Libro del Protocollo di nr. Francesco Colaciuri,
Oppido.
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
23 SASP, Libro del prot. di nr. Nicola Francesco Zerbo.
24 G. Pignataro, Per una storia dell’Episcopato di Mons. G. M. Perrimezzi in Oppido di Calabria
(1714-1734), «Historica», 1968-1969, nn. 4-1.
I congregati del S.mo Sacramento non soltanto in Oppido non andavano d’accordo con le autorità
ecclesiastiche, ma in vari altri paesi. Per qualche caso del pari eclatante ved. R. Liberti, Storia dello
Stato di Aiello in Calabria, Oppido Mamertina 1979, pp. 254 e ss.
Il Misefari (Storia Sociale ..., p. 358) dà un titolo erroneo alla confraternita chiamandola «del
Sacramento e del Rosario».
25 ASV, relationes ad Limina ..., vescovo G. M. Perrimezzi, a. 1715, f. 206; a. 1718 f. 218.
26 G. Pignataro, Per una storia dell’episcopato di mons. G. M. Perrimezzi ..., «Historica», 1968, n.
4, p. 214.
27 G. M. Perrimezzi, Prima Synodus ..., De confraternitate Laicorum, pp. 52-53.
28 Ibid., p. 54.
29 Ibid., cap. III, comma 13, p. 40.
30 F. Russo, Regesto ..., p. 351.
31 ASV, relationes ad Limina ..., vescovo A. Canuto, a. 1596, f. 577.
32 AVO, comunicazioni varie.
33 F. Russo, Regesto ..., p. 352.
34 ASV, relationes ad Limina ..., vescovi: L. Vita, a. 1743, f. 269; F. Mandarani, a. 1751, f. 298; N.
Spedaliere, a. 1772, f. 316 v.; F. M. Coppola, a. 1823, f. 23 v.
35 AVO, Stato del Clero 1875.
Nel medesimo archivio si ritrova un libro dei conti della confraternita con inizio dal 1730, ma con
indicazione che altro aveva cominciamento dal 1725.
Il Caldarone, la mutila platea sei-settecentesca dei beni diocesani di Oppido (AVO) rivela l’esistenza
di una cappella del Sacramento nella chiesa parrocchiale di S. Nicolò.
36 A. Marzotti, Chiesa e Società ..., p. 35.
Il Misefari (Storia Sociale ..., p. 359) indica la confraternita una volta con l’appellativo del SS.
Sacramento e in altra occasione con abbinamento a S. Maria del Soccorso.
37 AVO.
Da documenti dell’archivio di Stato di Reggio Cal. si ha notizia di una confraternita del SS.
Sagramento di Delianova nella parrocchia S. Nicola in vita tra il 1899 e il 1900 e «ricostituita» nel
giugno 1887, priva di statuti, ma regolarmente approvata. Dagli interessati era stato comunicato in
prefettura che trattavasi della prosecuzione di altra avente assenso regio del 2 giugno 1777 e non più
esistente, però dai funzionari addetti fu risposto che la ricongiunzione non poteva avvenire. La
congrega, in pratica, era allogata nella stessa chiesa parrocchiale dell’antico Pedàvoli.
Archivio Stato Reggio Cal. (= ASRC), Inv. 28/4, f. 29.
38 F. Russo, Regesto ..., p. 355.
39 SASP, Libro del prot. di nr. Domenico Gaudino, Galatro.
40 ASV, relationes ad Limina ..., vescovo L. Vita, a. 1743, f. 269 v; SASP, Libro del prot. di nr.
Paolino Calabrò, Paracorìo, a. 1767.
41 A. Marzotti, Chiesa e Società ..., p. 34.
42 AVO, Stato del Clero ...
43 L’esistenza di una cappella del SS. Sacramento nella chiesa parrocchiale di Paracorìo (S. Maria
Assunta) figura dal Caldarone.
44 AVO.
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
Nella chiesa di S. Salvatore si rilevava tra ’600 e ’700 una cappella del Santissimo (Caldarone).
ASRC, Inv. 28/5, f. 11.
45 AVO.
46 F. Russo, Regesto ..., p. 385.
47 A. Denisi, L’opera pastorale di Annibale D’Afflitto Arcivescovo di Reggio Calabria (15941638), Roma 1983, pp. 324, 327.
48 F. Russo, Regesto ..., IV (1978), p. 158.
49 AVO.
50 A. Denisi, L’opera pastorale ..., pp. 329-330.
51 Ibid., pp. 368-371.
52 AVO.
ASRC, Inv. 28/3, f. 11.
53 F. Russo, Regesto ..., IV, p. 177.
In tale data il papa concedeva all’università ed agli uomini di Polistena la facoltà di erigere nella
chiesa parrocchiale una cappella del SS. Sacramento sotto la tutela della confraternita omonima.
54 Archivio Vescovile Mileto (=AVM), Comunicazioni del parroco pro-tempore.
Il Fusco, l’ultimo storico in ordine di tempo di Polistena, che pur si è dilungato a trattare delle varie
confraternite ed ha avuto qualche cenno sulla cappella del Sacramento (V. Fusco, Polistena ..., p.
522), ha ignorato del tutto la congrega, di cui sopra. La chiesa parrocchiale di S. Marina dà notizie di
sé sin dal 1535 (F. Russo, Regesto ..., III [1977], p. 458).
55 O. Paravicino, Synodus Dioecesana Miletensis secunda, Messanae 1693, pp. 141-142.
56 AVM, Visite Del Tufo ..., II, ff. 218-224; IV, f. 690.
57 G. CROCENTI, La Valle del Marepotamo, Chiaravalle C. 1980, p. 114; F. Russo, Regesto ..., IX
(1986), p. 15.
58 R. Liberti, Una Platea secentesca nella chiesa matrice di S. Giorgio Morgeto, «Incontri
Meridionali», 1981, nn. 1-2, terza serie, p. 195: notizia scritta all’inizio del libretto «Officium SS.
Sacramenti recitandum in Ecclesia Parochiali S. Giorgi Morgeti a sodalibus Archiconfraternitatis
sub titulo eiusdem SS. Sacramenti in omni die festivo» (Polistena 1932) (in archivio parrocchiale S.
Giorgio Morgeto); ASRC, Inv. 28/5, f. 35.
59 Atti vari in Archivio confraternita, Taurianova (Strumento nr. Prochilo del 27 marzo 1797, copia
legale del 21 febbraio 1855, invito del consiglio generale degli ospizi in data 1 ottobre 1856).
I. Loschiavo, Radicena-Iatrinoli-Taurianova, Polistena 1982, pp. 180-182; ID., La Chiesa Matrice di
Radicena, ora Taurianova, Calabria Letteraria, a. 1983, nn. 10-12; G. SOFIA, Spigolature sulla
Arciconfraternita del SS. Sacramento e sulla chiesa dell’Addolorata di Radicena, in I beni culturali e
le chiese di Calabria, Reggio Cal. 1981, pp. 573-574.
La Loschiavo (Radicena ..., p. 174) afferma che la chiesa odierna dell’Immacolata prese il posto di
quella del Sacramento.
SASP, Libri del prot. dei notai Carlantonio Arcuri, aa. 1753, 1766 e Giovan Domenico Borgese, a.
1714 f. 11, Radicina.
60 AVM, Elenco confraternite riconosciute ai fini del culto; A. MARZOTTI, Chiesa e Società ..., p.
34; SASP, Libro del prot. di nr. Luigi Colloridi, Palmi, a. 1767; A. DE SALVO, Ricerche e Studi
Storici intorno a Palmi, Seminara e Gioia Tauro, Palmi 1899, p. 257.
61 A. MARZOTTI, Chiesa e Società ..., p. 21.
62 AVM, Elenco confraternite ...
63 AVO.
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
64 Il Marzotti (Chiesa e Società ..., p. 39) ha soltanto «SS. Sacramento» ed il Misefari (Storia
Sociale ..., p. 361) unicamente «S. Maria della Valle». R. Sergio, Un po’ di storia della chiesa
matrice di Galatro, «Calabria Letteraria», 1984, nn. 7-9, p. 109, a tal proposito, servendosi di atti
ritrovati nel locale archivio parrocchiale, chiarisce che dette confraternite erano in origine due e ben
distinte e che pervennero ad unirsi, onde ovviare alle solite liti originate di continuo da sciocca
pretesa di preminenza, tra il 1796 e il 1801. La confraternita del SS. Sacramento gli risulta, peraltro,
aggregata all’Arciconfraternita di S. Maria Sopra Minerva.
65 AVM, Comunicazioni del parroco pro-tempore; ASRC, Inv. 28/5, f. 12.
66 V. F. LUZZI, Le «Memorie» di Uriele Maria Napolione, Reggio Cal. 1984, parte I, p. 58; D.
TACCONE GALLUCCI, Monografia della Città e Diocesi di Mileto, Napoli 1881, p. 146.
67 V. F. LUZZI, Le «Memorie» ...; F. RUSSO, Regesto ..., V, p. 341/III (1977), p. 361.
68 A. MARZOTTI, Chiesa e Società ..., p. 21.
69 Ibid., p. 30.
Il Marzano (G. B. MARZANO, Cenno storico intorno a Laureana di Borrello, Laureana di Borrello
1915, p. 121) ha invece 21 febbraio 1791.
Da quanto leggiamo nella costituzione del sodalizio, a tal proposito è nel giusto il Marzano. La
richiesta del regio assenso è del 19 febbraio 1791 e la concessione venne fatta proprio con data 21
febbraio 1791 (ASRC, Inv. 28/5, f. 17).
70 AVM, Comunicazione del parroco pro-tempore.
71 G. B. MARZANO, Cenno storico ..., pp. 117, 126.
72 AVM, Elenco confraternite ..., ASRC, Inv. 28/5, f. 17.
73 G. B. MARZANO, Cenno storico ..., p. 32.
74 AVO.
Sulla controversia che oppose il parroco ai confratelli nel 1921 offre ampi cenni U. DI STILO, in Il
Natale nella poesia di Giuseppe Blasi, Polistena 1987, pp. 14-15.
ASRC, Inv. 28/5, f. 17.
75 ASRC, Inv. 28/5, f. 17.
76 AVM, Comunicazione del parroco pro-tempore.
77 Istituto per il sostentamento del Clero, Oppido Mamertina.
78 G. VALENTE, La Calabria ..., p. 249.
Da tenere presente però che la parrocchia intitolata a S. Maria del Soccorso venne stabilita con
provvedimento dell’1 gennaio 1697 (V. F. LUZZI, Le «Memorie» ..., p. 102); AVM,
Comunicazione del parroco pro-tempore.
79 AVM, Comunicazioni del parroco pro-tempore.
80 G. VALENTE, La Calabria ..., p. 315. Il paese è detto erroneamente Melicuccà.
81 AVM, Comunicazioni del parroco pro-tempore.
82 AVM, Comunicazioni del parroco pro-tempore.
83 F. RUSSO, Regesto ..., V, p. 379.
84 AVM, Visite Del Tufo, II f. 259 v, IV f. 714; Elenco confraternite ...; SASP, Libro del Prot. di nr.
Gregorio Barcellona, Feroleto, a. 1771; Registri parrocchiali di San Martino. Una chiesa di S. Maria
a San Martino risulta presente sin dal 1515 (F. RUSSO, Regesto ..., V, p. 363).
85 Regesto ..., V, p. 363.
86 E. MISEFARI, Storia Sociale ..., p. 359.
Dai documenti vaticani si ricava, però, che nel 1634 era stabilita nella chiesa di S. Maria delle
Grazie di S. Eufemia una confraternita, di cui si tace il nome (F. RUSSO, Regesto ..., VI-1982, p.
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
343).
87 G. B. MARZANO, Cenno storico ..., p. 32.
88 G. VALENTE, La Calabria ..., p. 290.
89 O. PARAVICINO, Synodus Dioecesana ..., pp. 97-98.
90 L. DI FONZO, voce Frati Minori Conventuali, Enciclopedia Cattolica.
91 G. LOW, voce Nome di Gesù, Enciclopedia Cattolica.
92 AVM, Visite Del Tufo, IV, ff. 654, 676 v.
93 SASP, Libro del prot. di Nr. Antonio Paparo, Seminara, a. 1680, ff. 21 v - 22; F. RUSSO,
Regesto ..., VIII - 1984, p. 493.
94 AVM, Visite Del Tufo ..., IV f. 654.
95 M. DE MEULEMEESTER, voce Congregazione del S.mo Redentore, Enciclopedia Cattolica.
96 ASV, relationes ad Limina ..., vescovi: L. Vita, a. 1743 f. 269 v; F. Mandarani, a. 1751, f. 298; N.
Spedaliere, a. 1772 f. 361 v; G. Teta, a. 1865, f. 144.
SASP, Libro del prot. di nr. Antonino Gatti, Terranova, a. 1744, ff. 87-88.
97 SASP, Libro del prot. di nr. Domenico Gaudino ..., a. 1755, ff. 20-21.
98 AVM, Visite di mons. D. A. Bernardini, a. 1707, ff. 784, 927.
99 AVM, Elenco confraternite ...; ASRC, Inv. 28, f. 31.
100 E. MISEFARI, Storia Sociale ..., p. 359.
101 L. PENZO, voce Cuore di Gesù (Culto del S. Cuore di Gesù) e G. ROSCHINI, voce Cuore di
Maria (Culto del), Enciclopedia Cattolica.
102 AVM, Comunicazioni del parroco pro-tempore; ASRC, Inv. 28/5, f. 33.
103 AVO, fasc. Terranova.
104 AVO, fasc. Scido.
105 AVM, Regolamento 1957.
106 AVM, Elenco confraternite ...
107 A. M. LANZ, voce Guardia d’Onore del Sacro Cuore, Enciclopedia Cattolica.
108 F. M. DE LUCA, Monografia di Iatrinoli, Reggio Cal. 1928, p. 145.
109 AVM, Elenco confraternite ...
110 P. A. FRUTAZ, voce Sangue Preziosissimo di N. S. Gesù Cristo, Enciclopedia Cattolica.
111 AVM, Comunicazioni del parroco pro-tempore; A. MARZOTTI, Chiesa e Società ..., p. 21; G.
VALENTE, La Calabria ..., p. 469.
112 AVM, Visite mons. D. A. Bernardini, a. 1698, f. 630.
113 ASRC, Inv. 28/3, f. 5; Inv. 28/5, f. 10.
114 E. MEERSSMAN, Voce Frati Predicatori (X-confraternite domenicane), Enciclopedia
Cattolica.
115 Caldarone, platea dei beni della diocesi di Oppido, Biblioteca Vescovile, Oppido Mamertina.
116 F. RUSSO, Regesto ..., V, p. 351.
117 Caldarone ...
118 AVO, fasc. confraternite.
119 F. RUSSO, Regesto ..., V, p. 352.
120 Ibid., p. 363.
121 G. ESPOSITO, Per la storia delle confraternite del Rosario in Calabria. Appunti e note, RSC, a.
1-1980, nn. I-II, p. 157; G. MARZOTTI, Chiesa e Società ..., p. 46; SASP, Libri del prot. dei notai
G. Medici, Terranova, a. 1751; A. Gatti, Terranova, a. 1753; D. Gaudino, Galatro, a. 1761; AVO
Liste di carico dei Luoghi Pii di Terranova, a. 1796.
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
122 AVO, Statuti 1866 e 1887.
123 F. RUSSO, Regesto ..., V, p. 367.
124 Caldarone ...
125 Ibid.
G. ESPOSITO, Per la storia delle confraternite ..., p. 153.
Risulta erronea la lettura Scicli al posto di Scidi fatta dall’Esposito (p. 157), a meno che l’errore non
si trovi già nel documento originale o che il tutto non sia imputabile al proto. L’Esposito, ancora,
dice chiaramente di una confraternita abbinata, ma nella parte del documento riportato si parla di
due distinte bolle e si afferma che quali cappellani furono nominati i parroci delle due chiese
parrocchiali. Nel caso, l’Esposito ha ricavato la questione dell’abbinamento da parte dello stesso atto
o si tratta di errore?
126 AVO, Lettera del priore al vescovo (1889) e statuto 1888.
127 AVO, Registro delle regole.
128 Sul convento messignadese ved. R. LIBERTI, Grama esistenza del Convento Domenicano di S.
Maria della Palomba a Messignadi (1513-1809), «Brutium», 1983, n. 2, p. 12.
129 G. ESPOSITO, Per la storia delle confraternite ..., p. 161.
130 F. RUSSO, Regesto ..., V, p. 382.
131 G. VALENTE, La Calabria ..., pp. 545, 683.
132 Se la notizia è vera cade l’affermazione dell’Esposito (Per la storia delle confraternite ..., p. 145
nota 1), secondo la quale la prima confraternita del Rosario a sorgere in Calabria sarebbe stata quella
di Cassano. L’Esposito è, comunque, in errore per altro verso, perché le fonti vaticane (F. RUSSO,
Regesto ..., IV-1978, p. 460) tramandano che una simile istituzione fu creata a Morano, anche se
nella stessa diocesi di Cassano, il 30 marzo 1570.
133 Archivio della confraternita del Rosario, Melicuccà.
134 AVM, Elenco confraternite ...; Comunicazioni del parroco pro-tempore.
135 ASRC, Inv. 28/5, f. 18.
136 AVM, Comunicazioni del parroco pro-tempore.
137 Archivio confraternita di S. Maria Assunta in Melicuccà, Libro degli statuti.
138 G. ESPOSITO, Per la storia delle confraternite ..., p. 156.
Il Fusco (Polistena ..., p. 491) sconosce l’erezione antica della confraternita e scrive ch’essa «fu
fondata con decreto reale di Francesco I, n. 2969 del 15 gennaio 1830» e, in sostanza, viene a
confondere la fondazione con la concessione dell’assenso regio.
139 V. FUSCO, Polistena ..., pp. 491-509; G. VALENTE, La Calabria ..., p. 165.
140 AVM, Statuto 1831.
141 AVM, Comunicazioni del parroco pro-tempore.
142 F. RUSSO, Regesto ... , V, p. 99.
Tutti gli studiosi, che se ne sono occupati, presentano la data del 1592 estraendola dall’opera di
Padre Fiore (G. FIORE, Della Calabria Illustrata, Napoli 1743, II, p. 394) come quella della prima
fondazione del cenobio, ma la notizia tratta dai documenti vaticani è stata conosciuta solo di recente
per merito del Regesto Vaticano di Padre Russo.
Per maggiori informazioni sulla confraternita e sul convento di Maria SS. del Rosario di Polistena,
vedere, comunque, Fusco (Polistena ..., ibid.), che ne scrive esaurientemente.
143 V FUSCO, Polistena ..., passim.
144 Si chiama comunemente così il libro biblico che raccoglie i Salmi.
145 A. DE SALVO, Ricerche e Studi Storici ..., pp. 323-327; D. FERRARO, Palmi immaginifile:///C|/Documenti/CONFRATERNITE/Vol_1/Testi_1/C10_liberti.htm (59 of 91) [29/11/02 10.03.33]
LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
cronaca-storia, Roma, 1982, p. 28.
146 AVM, Elenco confraternite ...
147 ASRC, Inv. 28/5, ff. 33, 34; AVM, Visite Del Tufo, IV f. 696.
148 G. ESPOSITO, Per la storia delle confraternite ..., p. 157.
149 SERGIO, Un po’ di storia ..., p. 109.
150 A. MARZOTTI, Chiesa e Società ..., p. 21; ASRC, Inv. 28/3, f. 5.
151 G. VALENTE, La Calabria ..., p. 126; A. GIORDANO, Sull’attività assistenziale svolta dalle
Società di Mutuo Soccorso e dalle Corporazioni di Arti e Mestieri nella provincia di Reggio
Calabria, tesi di laurea, Università degli Studi di Messina, anno accademico 1978-79.
152 AVM, Comunicazioni del parroco pro-tempore. NASO MARVASI, La Chiesa del Rosario ...,
passim.
153 AVM, Elenco confraternite ...
154 Ibid.
155 ASRC, Inv. 28/5, f. 33.
156 C. VALENTE, La Calabria ..., pp. 443, 447; ASRC, Inv. 28/5, f. 33.
157 AVM, Comunicazioni del parroco pro-tempore.
158 V. D. LUZZI, Le «Memorie» ..., parte I, p. 61; SASP, Libro del prot. di nr. Diego Amendolia,
Rosarno, a. 1670.
159 D. TACCONE GALLUCCI, Monografia ..., p. 165; G. LACQUANITI, Storia di Rosarno da
Medma all’ottocento, Oppido Mamertina 1980, I, p. 188 nota 94.
160 ASRC, Inv. 28/5, f. 33.
161 ASRC, Inv. 28/3, f. 5.
162 G. MARZOTTI, Chiesa e Società ..., p. 26; AVM, Comunicazioni del parroco pro-tempore ...;
AVM, Elenco confraternite ...
163 G. VALENTE, La Calabria ..., p. 319.
164 AVM, Comunicazioni del parroco pro-tempore.
165 G. MARZOTTI, Chiesa e Società ..., pp. 36, 39.
166 AVM, Elenco confraternite ...; Comunicazioni del parroco pro-tempore; ASRC, Inv. 28/5, f. 33.
167 SASP, Libro del prot. di nr. Francesco Calfapietra, Radicina, a. 1714.
168 I. LOSCHIAVO, La chiesa matrice ..., p. 51; AVM, Comunicazioni del parroco pro-tempore.
169 V. F. LUZZI, Le «Memorie» ..., p. 219.
170 ASRC, Inv. 27 f. 80.
171 SASP, Libro del prot. di nr. Michelangelo Bulzomi, San Giorgio, a. 1758; G. ESPOSITO, Per la
storia delle confraternite ..., pp. 156-157.
172 AVM, Comunicazioni del parroco pro-tempore; ASRC, Inv. 28/5, f. 35.
173 G. VALENTE, La Calabria ..., p. 264.
174 Ibid., pp. 469, 702.
175 AVM, Elenco confraternite ...
176 E. MISEFARI, Storia Sociale ..., p. 359.
177 ARCHIVIO STATO NAPOLI (= ASN), Decretazioni della Curia del Cappellano MaggioreStatuti e Congregazioni, fascio 1185, fascicolo 186 (notizia fornitami cortesemente dall’amico arc.
D. Antonino Di Masi, parroco in Varapodio).
178 E. MISEFARI, Storia Sociale ..., p. 111.
179 AVO, carte varie; Statuto-Regolamento del 1956 (presso parroco di S. Stefano in Varapodio).
180 AVO, carte varie (fasc. Oppido-Abazia).
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
181 G. VALENTE, La Calabria ..., pp. 501, 692.
182 AVO.
Per altri particolari ved. G. PIGNATARO, La chiesa della Madonna del Buon Consiglio e la
confraternita di S. Giuseppe in Oppido, Polistena 1985, pp. 10-12.
183 ASRC, Inv. 28/5, f. 22.
184 AVO, fasc. Sitizano.
185 AVO, fasc. Cosoleto, Lubrichi.
186 AVO.
187 F. RUSSO, Regesto ..., V, p. 429.
188 Come si ricava dai registri parrocchiali, questa chiesa risulta in attività sin dal 1652,
seppellendovisi cadaveri almeno da tale data (R. LIBERTI, Polistena nei libri parrocchiali, «Studi
Meridionali», IX (1976), n. 3, p. 268).
189 ASRC, Inv. 28/3, f. 5.
190 AVM, Comunicazioni del parroco pro-tempore; G. MARZOTTI, Chiesa e Società ..., p. 26; G.
VALENTE, La Calabria ..., p. 315.
191 AVM, Visite mons. D. A. Bernardini, a. 1707, f. 793; AVM, Elenco confraternite ...; G.
MARZOTTI, Chiesa e Società ..., p. 34.
192 G. VALENTE, La Calabria ..., pp. 451, 525, 710; A. DE SALVO, Ricerche e Studi Storici ..., p.
151.
193 G. PARAVICINO, Synodus ..., p. 133.
194 SASP, Libro del prot. di nr. Francesco Colloridi, Palmi, a. 1778.
195 A. MARZOTTI, Chiesa e Società ..., p. 30; AVM, Elenco confraternite ...; Comunicazioni del
parroco pro-tempore; ASRC, Inv. 28/5, f. 17.
196 SASP, Libro del prot. di nr. Gregorio Custurone, Laureana, a. 1756.
197 G. VALENTE, La Calabria ..., p. 228.
198 Ibid., pp. 469, 737.
199 SERGIO, Un po’ di storia ..., p. 110 nota 15.
200 AVM, Comunicazioni del parroco pro-tempore; ASRC, Inv. 28/5, f. 33.
201 ASRC, Inv. 28/5, f. 33.
202 AVM, Comunicazioni del parroco pro-tempore; Registri per le deliberazioni della Pia
Associazione sotto il titolo di Maria SS. del Carmine in Drosi (presso parroco di Drosi).
203 F. RUSSO, Regesto ..., V, p. 352.
204 ASV, relationes ad Limina ..., vescovo G. M. Perrimezzi, a. 1715.
205 F. RUSSO, Regesto ..., X (1990), p. 164; ASV, relationes ad Limina ..., vescovo G. M.
Perrimezzi, a. 1715; SASP, Libri del prot. dei notai A. Gatti, Terranova, aa. 1744 ff. 83 v - 84 e
1753; Michelangelo Calfapietra, Radicina, a. 1766, f. 12 e Gaetano Medici, Terranova, a. 1780.
206 AVM, Visite Del Tufo, IV f. 744.
207 F. RUSSO, Regesto ..., VI (1982), p. 343.
208 AVM, Comunicazioni del parroco pro-tempore.
209 AVM, Elenco confraternite ...
210 G. VALENTE, La Calabria ..., p. 229.
211 AVM, Elenco confraternite ...
212 E. LAVAGNINO, voce Immacolata Concezione, Enciclopedia Cattolica.
213 AVO, fasc. Messignadi.
214 E. MISEFARI, Storia Sociale ..., p. 360.
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
215 F. RUSSO, Regesto ..., IX, pp. 99, 278.
216 AVM, Elenco confraternite ..., ASRC, Inv. 28/5, f. 33.
217 AVM, Comunicazioni del parroco pro-tempore ...; A. MARZOTTI, Chiesa e Società ..., p. 30;
Statuto 1776 e Registro dei soci dal 1958 ad oggi (presso priore Santino Marra a TaurianovaIatrinoli).
218 ASRC, Inv. 28/5, f. 13.
219 AVM, Comunicazioni del parroco pro-tempore; A. MARZOTTI, Chiesa e Società ..., p. 30; G.
B. MARZANO, Cenno storico ..., p. 121.
220 AVM, Comunicazioni del parroco pro-tempore ...; MARZOTTI (Chiesa e Società ..., p. 39) ha
invece 1777.
ASRC, Inv. 28/5, f. 33.
221 G. VALENTE, La Calabria ..., p. 433.
222 AVM, Comunicazioni del parroco pro-tempore.
223 A. MARZOTTI, Chiesa e Società ..., p. 26.
224 Ibid., p. 29.
225 AVM, Comunicazioni del parroco pro-tempore.
226 V. FUSCO, Polistena ..., p. 564.
227 AVM, Comunicazioni del parroco pro-tempore ...; Statuto 1897.
228 E. MISEFARI, Storia Sociale ..., pp. 359, 358, 360, 362.
229 AVM, Comunicazioni del parroco pro-tempore ...; A. MARZOTTI, Chiesa e Società ..., p. 34.
G. MAZZÙ, La festa di S. Rocco nella Piana di Palmi, Rosarno 1980, p. 17; SASP, Libri del prot. di
nr. Francesco Colloridi, Palmi, aa. 1761, 1765, 1778; F. RUSSO, Regesto ..., VII (1983), p. 16.
230 DI FONZO, voce Frati Minori Conventuali ...
231 G. M. ROSCHINI, voce Addolorata (Devozione alla), Enciclopedia Cattolica.
232 G. VALENTE, La Calabria ..., p. 168.
233 AVM, Elenco confraternite ...; A. MARZOTTI, Chiesa e Società ..., p. 45.
Tale confraternita aveva, certo, la sua sede nella chiesa omonima.
234 SASP, Libri del prot. di nr. Luigi Maria Ceravolo, Sinopoli, aa. 1803, 1806 f. 16.
235 AVM, Comunicazioni del parroco pro-tempore ...
236 AVM, Elenco confraternite ...; ASRC, Inv. 28/3, f. 33.
237 G. M. ROSCHINI, voce Addolorata ...
238 E. MISEFARI, Storia Sociale ..., p. 358.
239 F. RUSSO, Regesto ..., V, p. 352.
240 AVO, Statuti 1780, 1886; Stato del Clero 1875; SASP, Libro del prot. di nr. Gaudino ...
241 AVO, Regolamento 1888.
242 Libro degli Statuti della Venerabile Archiconfraternita sotto il titolo di S. Maria Assunta
(disposto nel 1750); libro dei soci confratelli e consorelle (ARCHIVIO CONFRATERNITA
dell’ASSUNTA, Melicuccà); AVM, Comunicazioni del parroco pro-tempore ...; A. MARZOTTI,
Chiesa e Società ..., p. 31 (è errato 1787. Starebbe per 1777?). ASRC, Inv. 28/5, f. 18.
243 E. MISEFARI, Storia Sociale ..., p. 362; G. PASQUALE, Il Comune di Anoia, appunti
dattiloscritti presso la biblioteca comunale di Polistena.
Il Pasquale conserverebbe presso di sé le regole e il verbale di giudizio relativo al regio assenso
riguardante la confraternita di Anoia Superiore.
244 S. MATTEI, voce Annunziata (confraternita della), Enciclopedìa Cattolica.
245 F. RUSSO, Regesto ..., V, p. 351.
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
246 G. M. PERRIMEZZI, Prima Synodus ..., p. 54.
247 Regio Assenso alla Fondazione e alle Regole della congrega - 1816; Libro delle Deliberazioni 1916 - 1981; Libro di Cassa 1916 (presso chiesa dell’Oratorio); Libro delle Sessioni dei Confratelli 1859, 1884; Libro delle Regole (in AVO).
Cenni sulla confraternita possono leggersi in G. PIGNATARO, La chiesa della Madonna del Buon
Consiglio ..., pp. 8-9.
248 Libro della Congregazione di Pedavoli sotto il Titulo della Santissima Annunciata di Pedavoli
(dal 1713 al 1772); Copia delle Regole approvate nel 1778 (AVO), MARZOTTI, Chiesa e Società
..., p. 35; ASV, relationes ad Limina ..., vescovo L. Vita, cit.
249 Il Giovinazzo (P. F. GIOVINAZZO, Delianuova - Appunti e spunti per ricostruirne la storia,
Delianuova, 1987, p. 108) ha letto su una campana della chiesa parrocchiale la seguente iscrizione:
«Confrat. SS.Ann. et R.D. Ambrosius Papalia me fecerunt 1680».
ASV, relationes ad Limina ..., vescovi L. Vita, F. Mandarani, N. Spedaliere, cit.
250 A. MARZOTTI, Chiesa e Società ..., p. 34.
251 AVM, Elenco confraternite ...
252 F. RUSSO, Regesto ..., VI, p. 44; ASRC, Inv. 28/5, f. 31.
253 SASP, Libro del prot. di nr. Diego Amendolia ..., a. 1670.
254 A. MARZOTTI, Chiesa e Società ..., p. 30.
255 Ibid., p. 31.
256 E. MISEFARI, Storia Sociale ..., p. 360.
257 Ibid.
258 AVM, Elenco confraternite ...
259 A. DE SALVO, Ricerche e Studi Storici ..., pp. 233, 237.
260 D. CANGEMI, Monografia di S. Giorgio Morgeto, Reggio Cal., 1886, p. 84.
261 E. MISEFARI, Storia Sociale ..., p. 358.
262 SASP, Libri del prot. dei notai Giovan Battista Cannatà, aa. 1757, 1762 e Carlantonio Arcuri,
Radicena, a. 1763.
263 E. MISEFARI, Storia Sociale ..., p. 429.
264 AVM, Comunicazioni del parroco pro-tempore; VALENTE, La Calabria ..., p. 738.
265 SERGIO, Un po’ di storia ...
266 ASRC, Inv. 28/4, f. 29.
267 AVM, Visite Del Tufo, IV, ff. 713-714.
268 A. MARZOTTI, Chiesa e Società ..., p. 44; ASRC, Inv. 28/5, f. 35.
269 AVM, Elenco confraternite ...; A. MARZOTTI, Chiesa e Società ..., p. 34; SASP, Libri del prot.
di nr. Luigi Colloridi, a. 1767 e Francesco Colloridi, a. 1778, Palmi; A. DE SALVO, Ricerche e
Studi Storici ..., p. 257; G. VALENTE, La Calabria ..., p. 249; I. LUZZI, Le «Memorie» ..., p. 102:
AVM, Comunicazioni del parroco pro-tempore.
270 G. CROCENTI, La Valle del Marepotamo ..., p. 114; F. RUSSO, Regesto ..., V, p. 377; SASP,
Libro del prot. di nr. Gaudino ...
271 A. DENISI, L’opera pastorale ..., p. 297.
272 ASV, Secr. Camer. 92 f. 246 v; 102 ff. 478-479; R. LIBERTI, Nuove note sul culto della
Madonna del Pilar a Tresilico, «Brutium», 1980, n. 2, pp. 8-9.
273 R. LIBERTI, Il culto della Vergine del Pilar a Tresilico, ARCHIVIO STORICO PER LA
CALABRIA E LA LUCANIA, XLIII (1976), pp. 83-94; Idem, Un paese un culto - Tresilico e la
Madonna delle Grazie, Villa S. Giovanni 1979, pp. 31-45.
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
274 A. MARZOTTI, Chiesa e Società ..., p. 45.
275 AVO.
Il titolo «Madonna Pastorella» o «Divina Pastorella» appartiene alla tradizione popolare.
Ufficialmente la Chiesa ha «Madre del Divin Pastore».
276 Lo Fiore del Campo-Piccolo Manuale di preghiere e Ricordi per la Pia Associazione di Nostra
Signora dei Campi, Oppido Mamertina 1904.
277 F. RUSSO, Regesto ..., V, p. 335.
278 SASP, atti notarili vari.
279 F. RUSSO, Regesto ..., VI, p. 5; V, p. 392; SASP, Libro del prot. di nr. Gaudino ..., a. 1773.
280 A. MARZOTTI, Chiesa e Società ..., p. 29.
281 AVM, Visite Del Tufo ..., II f. 284.
282 A. DE SALVO, Ricerche e Studi Storici ..., p. 151.
283 La festività della Madonna della Neve fa capo originariamente a quella che si celebrava col
titolo «ad nives» nella basilica di S. Maria Maggiore a Roma. G. LOW, Maria, santissima ..., 3, voce
in Enciclopedia Cattolica; E. MISEFARI, Storia Sociale ..., p. 361.
284 E. MISEFARI, Ibid.
285 AVM, Visite Del Tufo, IV, f. 693; V. F. LUZZI, Le «Memorie» ..., p. 60.
286 AVM, Visite Del Tufo, II ff. 249 v - 250.
287 SASP, Libro del prot. di nr. Carlo Calogero, Seminara, a. 1761.
288 E. MISEFARI, Storia Sociale ..., p. 362.
La festività del Nome di Maria ebbe motivo di essere dalla decisione del papa Innocenzo XI, che
volle con essa celebrare la vittoria sui Turchi del 1683, che procurò la liberazione di Vienna
assediata. G. LOW, Maria, santissima ...
289 AVM, Visite Del Tufo; Platea Panzani.
290 F. RUSSO, Regesto ..., V, p. 317.
291 ASV, relationes ad Limina ..., vescovo M. Caputo, a. 1855, f. 120.
292 A. P. FRUTAZ, voce Trinità (Santissima), Enciclopedia Cattolica.
293 F. RUSSO, Regesto ..., IV, p. 48; Idem, Storia della Chiesa ..., p. 667; AVM, Visite Del Tufo,
IV, ff. 853 v - 854.
294 AVM, Comunicazioni del parroco pro-tempore; V. FUSCO, Polistena ..., p. 543; G. VALENTE,
La Calabria ..., p. 725.
295 AVM, Comunicazioni del parroco pro-tempore.
296 SASP, Libro del prot. di nr. Gioacchino Avenoso, Casalnuovo, a. 1752.
297 SASP, Libro del prot. di nr. Gaudino ..., a. 1773.
298 F. RUSSO, Regesto ..., VI, p. 479.
299 F. RUSSO, Regesto ..., IV, p. 99; Idem, Storia della Chiesa ..., p. 667.
300 F. FUSCO, Polistena ..., p. 525.
301 A. MARZOTTI, Chiesa e Società ..., p. 45; SASP, Libro del prot. di nr. Vincenzo Carbone,
Sinopoli.
302 AVM, Elenco confraternite ...
303 A. MARZOTTI, Chiesa e Società ..., p. 47.
304 A. P. FRUTAZ, voce Rocco, santo, Enciclopedia Cattolica.
305 A. DENISI, L’opera pastorale..., p. 266.
306 F. RUSSO, Regesto ..., V, p. 355.
307 AVO.
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
308 AVO, Stato del Clero 1875.
309 AVM, Visite Del Tufo, IV, ff. 652 v, 634 v, 853, 705 v; Platea Panzani.
310 AVM, Comunicazioni del parroco pro-tempore; A. MARZOTTI, Chiesa e Società ..., p. 44.
311 G. VALENTE, La Calabria ..., p. 773.
Sacra Rituum Congregatione ponente Emo, ac Rmo Dno Cardinale Aloysio, Militen praecedentiae
pro Ven. Archiconfraternitate S. Rochi, et S. Michaelis Archangeli in Evangelistae ejusdem Oppido,
Romae 1884, passim.
312 AVM, Comunicazioni del parroco pro-tempore; G. MAZZÙ, La festa di S. Rocco ..., p. 69.
313 G. VALENTE, La Calabria ..., p. 672.
314 SASP, Libro del prot. di nr. Antonio Calogero, Melicuccà, a. 1769; E. MISEFARI, Storia
Sociale ..., p. 361.
315 A. MARZOTTI, Chiesa e Società ..., p. 42.
316 AVM, Visite Del Tufo, IV, ff. 723, 810 v, 637, 681 v, 682, 651; II, f. 229 v.
317 A. MARZOTTI, Chiesa e Società ..., p. 45; SASP, Libro del prot. di nr. Ceravolo ..., a. 1778.
318 F. RUSSO, Regesto ..., V, p. 428.
319 P. SIFFRIN , voce Giuseppe, IV, Enciclopedia Cattolica.
320 G. VALENTE, La Calabria ..., p. 468; AVO Statuto, in Libro delle Regole.
321 AVO.
Recentemente ne ha trattato il Pignataro nell’opuscolo già citato La chiesa della Madonna del Buon
Consiglio ..., passim.
322 AVO.
323 A. MARZOTTI, Chiesa e Società ..., p. 21.
324 F. M. DE LUCA, Iatrinoli ..., p. 145.
325 F. RUSSO, Regesto ..., VI, p. 196.
326 SASP, Libro del prot. di nr. Filippo Augimeri, Varapodio.
327 AVM, Visite Del Tufo.
328 DENISI, L’opera pastorale ..., pp. 326, 330.
329 AVM, Visite Del Tufo, IV, f. 855; F. RUSSO, Regesto ..., V, p. 332.
330 AVM, Visite Del Tufo, IV, f. 762; DE LUCA, Iatrinoli ..., p. 85.
331 AVM, Visite Del Tufo, IV, f. 634.
332 AVM, Visite mons. D. A. Bernardini, a. 1708, f. 210.
333 F. RUSSO, Regesto ..., VI, p. 55.
334 F. RUSSO, Regesto ..., V, p. 358.
335 ASN, Decretazioni ..., n. 1181 fasc. 122; dato cortesemente offertomi dall’amico parroco d.
Antonino Di Masi.
336 AVO, Stato del Clero 1875.
337 AVM, Platea Panzani.
338 G. M. PERRIMEZZI, Prima Synodus ..., p. 54.
339 ASV, relationes ad Limina ..., a. 1666 f. 126 v, a. 1684 f. 157 v.
340 F. RAFFAELE, Il culto di S. Francesco Saverio in Calabria, «Historica», 1964, nn. 5-6, pp. 213218.
341 AVM, Platea Panzani.
342 G. VALENTE, La Calabria ..., p. 201.
343 AVM, Visite Del Tufo.
344 A. MARZOTTI, Chiesa e Società ..., p. 29.
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
345 AVM, Statuto 1908; Elenco confraternite ..., Comunicazioni del parroco pro-tempore.
346 AVM, Statuto 1916; Elenco confraternite ...
347 Ibid.
348 SASP, Libro del prot. di nr. Carlo Calogero ..., a. 1754; AVM, Regolamento 1824; AVM,
Progetto Regole 1855; G. VALENTE, La Calabria ..., passim; SERAFINI, Militen Praecedentiae ...,
p. 18.
349 A. DENISI, L’opera pastorale ..., p. 325.
350 AVO.
351 ASV, relationes ad Limina ..., vescovo G. M. Perrimezzi, a. 1715, f. 206.
352 F. RUSSO, Regesto ..., V, p. 329; G. ROMEO TOSCANO, Città tra gli olivi-Taurianova nella
geografia e nella storia, Roma, 1959, p. 19.
353 F. RUSSO, Regesto ..., VIII, p. 136.
354 AVM, Visite Del Tufo, IV, f. 852.
355 Ibid., f. 720 v.
356 Ibid., ff. 821 v - 822.
357 Ibid., f. 665 v.
Nel 1747 ne risultavano i maggiori responsabili d. Antonino D’Alessandro Filippone, rettore; d.
Orazio Mezzatesta, I assistente; mag. Felice Zanghari, II) assistente; rev. sac. d. Felice Mercurio
Vaccaro, cassiero; mag. fra Domenico Zetera, procuratore (SASP, Libro del prot. di nr. Carlo
Calogero ..., a. 1747).
358 AVM, Visite Del Tufo, f. 723 v.
359 Ibid., f. 794.
360 Ibid., f. 783.
361 A. MARZOTTI, Chiesa e Società ..., passim. E. MISEFARI, Storia Sociale ..., passim.
362 R. LIBERTI, Una Platea secentesca ..., p. 193.
Appendice I
Le confraternite della diocesi di Oppido Mamertina-Palmi distinte per paese
Acquaro
Anoia Inferiore
Anoia Superiore
Bellàntone
Borrello
Bracàdi
Candìdoni
Caridà
Casalnuovo
poi Cittanova
- S. Rocco.
- Assunta, Addolorata, Carmine.
- Assunta, Guardia d’Onore del S. Cuore di Gesù.
- Sacramento.
- Sacramento.
- S. Biagio, S. Rocco, S. Maria Vergine.
- Sacramento.
- Sacramento.
- Sacramento, Rosario, S. Giuseppe Patriarca, S. Rocco,
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
Castellace
Cinquefrondi
Cosoleto
Cozzopòdini
Cristò
Curtolàdi
Drosi
Feroleto della Chiesa
Gàlatro
Giffòne
Gioia Tauro
Iatrinoli
Laureana
Lubrichi
Maròpati
Melicuccà
Melicucco
Messignadi
Molochiello
Molochio
Oppido
Palmi
Paracorìo
Pedàvoli
Preziosissimo Sangue di G. C., SS. Trinità, Sacra Famiglia.
- Assunta, Rosario.
- Immacolata, Rosario, Carmine, S. Nicola.
- Sacramento, Rosario, Carmine, Addolorata, S. Rocco,
S. Michele Arcangelo.
- Sacramento.
- S. Maria delle Grazie, S. Sebastiano, S. Rocco, S. Nicola.
- S. Zaccaria.
- Carmine.
- Sacramento, Immacolata, Purgatorio.
- Sacramento, Rosario, Carmine, S. Maria del Mercato,
Immacolata, Maria SS. della Montagna, S. Maria Vergine.
- Sacramento, Maria SS. del Soccorso, Rosario, S. Michele
Arcangelo.
- Immacolata, Rosario, S. Filippo Neri, Madonna della Neve,
Maria SS. di Portosalvo.
- Immacolata, Transito di S. Giuseppe, S. Sebastiano,
Guardia d’onore del S. Cuore di Gesù, SS. Crocifisso.
- Sacramento, Immacolata, Carmine, Purgatorio, S. Gregorio
Taumaturgo.
- Carmine, S. Rocco, Trinità.
- Rosario, S. Luisa, della Morte.
- Sacramento, Rosario, Assunta, S. Rocco, Purgatorio,
S. Maria di Loreto.
- Sacramento.
- Immacolata, Rosario, Carmine, S. Francesco di Paola,
SS. Cuore di Gesù e Maria.
- Sacramento, S. Sebastiano.
- Sacramento, Rosario, S. Corpo di Cristo, Nome di
Gesù, S. Sebastiano, S. Marco Evangelista.
- Sacramento, Annunziata, Carmine, Assunta,
S. Giuseppe, S. Maria delle Grazie, S. Francesco
Saverio, Madonna dei Campi, della Morte.
- Sacramento, SS. Salvatore, Crocifisso, Rosario,
Carmine, Maria SS. del Soccorso, S. Nicola, Immacolata,
Stellario della B.V.M., S. Rocco, Purgatorio o Purità,
S. Maria Caravellis.
- Sacramento, Annunziata, S. Giuseppe Patriarca.
- Sacramento, Maria SS. delle Grazie, Annunziata, Maria
SS. del Soccorso, S. Elia.
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
Piminoro
Plaesano
Polìstena
Radicena
Rizzìconi
Rosarno
San Ferdinando
S. Giorgio Morgeto
San Martino
S. Pietro di Caridà
San Procopio
Sant’Anna
Santa Cristina
Santa Giorgìa
Sant’Eufemia
Scido
Scroforìo
Seminara
Sinopoli Superiore
Sinopoli Vecchio
Sitizano
Stellitànone
Terranova
- Madonna Pastorella.
- Sacramento, Addolorata.
- Sacramento, Sangue di Gesù, Rosario, Carmine,
Imamcolata, S. Sebastiano, SS. Trinità, Spirito Santo,
S. Rocco.
- Sacramento, Rosario, S. Cuore Eucaristico di Gesù,
S. Orsola, Purgatorio.
- Unione Luigini, Rosario, SS. Cuori di Gesù e Maria,
S. Rocco, S. Nicola.
- Immacolata, Rosario, SS. Trinità, Purgatorio o Purità.
- S. Cuore di Gesù, Carmine, Immacolata.
- Sacramento, Rosario, Immacolata, Nome di Maria SS.,
Purgatorio o Purità, S. Nicola.
- Sacramento, Rosario, Vergine della Misericordia,
Nome di Gesù, della Morte, S. Nicola.
- Sacramento, S. Maria delle Grazie, Immacolata.
- Sacramento, S. Rocco, Rosario, Maria SS. dei 7 Dolori,
S. Maria di Gesù.
- S. Corpo di Cristo, S. Luigi Gonzaga.
- Assunta, Rosario, S. Rocco, S. Nicola della Porta,
Spirito Santo, S. Maria della Porta.
- Sacramento, Maria SS. del Soccorso, S. Maria della
Catena.
- Sacramento, S. Maria delle Grazie, Maria SS. del
Suffragio, Immacolata, Nome di Gesù e Maria, S. Rocco,
S. Giovanni Battista, Monte della Campanella.
- Sacramento, Maria SS. del Soccorso, S. Cuore di Gesù,
Rosario.
- S. Corpo di Gesù.
- Sacramento, S. Maria dell’Arco, Concezione, S. Anna,
S. Antonio di Padova, S. Michele Arcangelo, S. Marco
Evangelista, Nome di Gesù, S. Rocco, Spirito Santo,
S. Maria dei Poveri, S. Nicola.
- S. Maria del Pilar, Rosario, S. Maria delle Grazie,
Addolorata, S. Rocco, S. Nicola, Spirito Santo, Gesù e
Maria, Purgatorio.
- S. Maria della Pietà, S. Maria del Soccorso.
- Sacramento, Rosario, Carmine.
- Sacramento, Maria SS. della Minerva, Immacolata,
Anime del Purgatorio.
- Sacramento, S. Corpo di Cristo, Rosario, Carmine,
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LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
Tresìlico
Varapodio
Vàtoni
Zurgonàdi
S. Maria delle Grazie, Immacolata, S. Maria della Pietà,
S. Cuore di Gesù e Maria, SS. Crocifisso, della Morte.
- S. Maria del Pilar, Rosario, S. Giacomo, S. Rocco.
- Sacramento, Rosario, Carmine, S. Francesco d’Assisi,
S. Giovanni Battista.
- Maria SS. del Soccorso, S. Giorgio, S. Sebastiano,
S. Nicola.
- Rosario.
Appendice II
Le varie confraternite con indicazione della data più antica reperita in documenti ed opere a
stampa e della loro persistenza nel corso dei secoli
Le confraternite del SS. Sacramento
Molochio
Polistena
1777
Molochiello
Cozzopòdini
1786
Borrello
San Procopio
1800
Feroleto della Chiesa
1801
San Martino
Oppido
1548
1777
1549
1575
1777
1578
1586
1793
1586
1586
1586
1803
1590
1836
file:///C|/Documenti/CONFRATERNITE/Vol_1/Testi_1/C10_liberti.htm (69 of 91) [29/11/02 10.03.33]
Palmi
Candidoni
Galatro
Casalnuovo
Laureana
Bellàntone
Stellitànone
Plaesano
Giffòne
LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
Terranova
1837
Pedàvoli
1839
Varapodio
1840
Sant’Anna
Santa Giorgìa
Seminara
San Giorgio Morgeto
data
Paracorìo
senza data
Radicena
’500
attività
1606
S. Pietro di C.
1606
Melicucco
1606
Melicuccà
1607
1873
1613
1890
1681
1931
1694
Sitizano
1738
Caridà
Cosoleto
Scido
S. Eufemia d’A. senza
1742
’600
’700
’800
’900
non
in
documentate
Oppido
Cozzopodini
Borrello
Polistena
Molochio
Molochiello
S. Procopio
Oppido
Terranova
Cozzopodini
Polistena
Polistena
Molochio
Oppido
Terranova
Polistena
Polistena
Molochio
Varapodio
Feroleto d. C.
S. Giorgio M.
M.
Pedàvoli
S. Giorgio M.
S. Giorgio M. S. Giorgio
S. Giorgio M.
Pedàvoli Pedàvoli Pedàvoli
San Martino
Paracorìo
Scroforìo
Melicuccà
Paracorìo Paracorìo
Melicuccà
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Melicuccà
LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
S. Anna
Seminara
S. Giorgia
S. Giorgia
Radicena Radicena
Laureana Laureana Laureana
Palmi
Candidoni Candidoni
Galatro
Galatro Galatro
Casalnuovo
Melicucco
Melicucco
Cosoleto Cosoleto
Sitizano Sitizano
Bellàntone
Bellàntone
Giffòne Giffòne
S. Pietro di C.
Plaesano
Stellitànone
Stellitànone
Scido
Caridà
S. Martino S. Eufemia
d’Aspr.
Le confraternite del SS. Nome di Gesù
Seminara
1595
San Martino
’500
attività
S. Martino
Molochio
Seminara
1581
Molochio
1586
’600
’700
’800
Seminara
file:///C|/Documenti/CONFRATERNITE/Vol_1/Testi_1/C10_liberti.htm (71 of 91) [29/11/02 10.03.33]
’900
non doc. in
LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
Le confraternite del SS. Salvatore
Palmi
’500 ’600
’700
’800
’900
non doc.
in attività
Palmi
Le confraternite del SS. Crocifisso
Palmi
1707
Terranova 1736
Palmi
Iatrinoli
Terranova
Iatrinoli
1707
Terranova
Le confraternite di Gesù e Maria
S. Eufemia 1777
Sinopoli
’500 ’600
’800
’700
S. Eufemia
’900
non doc.
in attività
S. Eufemia
Sinopoli
file:///C|/Documenti/CONFRATERNITE/Vol_1/Testi_1/C10_liberti.htm (72 of 91) [29/11/02 10.03.33]
LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
Le confraternite dei SS. Cuori di Gesù e Maria
Terranova 1886
Rizziconi
’500 ’600
’800
’700
’900
1901
non doc.
in attività
Terranova
Rizziconi
Le confraternite del Sangue di Gesù
Polistena
1777
Casalnuovo
’500 ’600
’700
’800
’900
1777
non doc.
in attività
Polistena
Casalnuovo
Le confraternite del S. Cuore di Gesù
Iatrinoli
1895
Anoia Superiore
Scido
1917
Taurianova
1929
1911 San Ferdinando
’500 ’600
’800
’700
’900
non doc.
1957
in attività
Iatrinoli
Scido
S. Ferdinando S. Ferdinando
Taurianova
file:///C|/Documenti/CONFRATERNITE/Vol_1/Testi_1/C10_liberti.htm (73 of 91) [29/11/02 10.03.33]
LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
Anoia Sup.
Anoia Sup.
Le confraternite del SS. Rosario
Melicuccà 1569
Polistena 1577
Palmi
1580
S. Cristina 1606
Cosoleto 1606
Tresilico 1607
Terranova 1607
Molochio 1609
Castellace 1753
San Martino 1753
San Giorgio Morgeto 1758
Sitizano
1760
Scido
1760
Galatro
1774
Casalnuovo 1776
Serrata
1777
Rosarno
1778
Cinquefrondi
1779
’500 ’600
’700
’800
Rizziconi
Radicena
Maropati
Giffòne
Gioia Tauro
San Procopio
Zurgonàdi
Varapodio
Messignadi
Sinopoli Sup.
’900
non doc.
1781
1781
1803
1836
1837
1846
1888
1896
1914
1930
in attività
Melicuccà
Melicuccà
Melicuccà
Melicuccà
Polistena
Polistena
Polistena
Polistena
Palmi
Palmi
Palmi
S. Cristina
S. Cristina
Cosoleto
Tresilico
Terranova
Terranova
Terranova
Molochio
Molochio
Casalnuovo
Casalnuovo
Casalnuovo
Cittanova
Castellace
già Casalnuovo
Sitizano
Serrata
Serrata
file:///C|/Documenti/CONFRATERNITE/Vol_1/Testi_1/C10_liberti.htm (74 of 91) [29/11/02 10.03.33]
LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
Galatro
S. Martino
Rosarno
Rosarno
Rosarno
Cinquefrondi Cinquefrondi Cinqufrondi
Rizziconi
Rizziconi
Rizziconi
Radicena
Radicena
Scido
S. Giorgio M. S. Giorgio M. S. Giorgio M.
Zurgonàdi
Varapodio
Gioia Tauro
S.Procopio
Giffòne
Maròpati
Messignadi
Sinopoli Sup.
Rosarno
Rizziconi
Le confraternite della Beata Vergine del Carmine
Polistena 1612
Varapodio 1767
Cinquefrondi
Palmi
1777
Laureana 1777
Anoia Inferiore
Galatro
1846
’500 ’600
’700
Oppido
S. Ferdinando
Sitizano
Cosoleto
Messignadi
Lubrichi
Drosi
1771
1835
’800
’900
non doc.
1853
1857
1871
1891
1891
1891
1905
in attività
Polistena
Varapodio
Varapodio
Varapodio
Cinquefrondi Cinquefrondi Cinquefrondi
Palmi Palmi
Oppido
Sitizano
Cosoleto
Lubrichi
Lubrichi
file:///C|/Documenti/CONFRATERNITE/Vol_1/Testi_1/C10_liberti.htm (75 of 91) [29/11/02 10.03.33]
LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
Anoia Inf.
S. Ferdinando S. Ferdinando
Galatro
Messignadi
Laureana
Drosi
S. Ferdinando
Le confraternite di S. Maria delle Grazie
Cristò
1586 Terranova
1738
Pedàvoli 1606 S. Pietro di Caridà
S. Eufemi d’Aspr. 1634 Sinopoli Sup.
Oppido
1715
1767
1835
’500 ’600
in attività
’700
’800
Cristò
Cristò
Pedàvoli
S. Eufemia
S. Pietro di C.
Oppido
Terranova
Sinopoli
’900
non doc.
S. Pietro di C.
Sinopoli Sup.
Le confraternite dell’Immacolata Concezione
Galatro
1686
S. Eufemia d’Aspr. 1697
Iatrinoli
1742
Palmi
1777
Laureana 1777
Rosarno
1779
Cinquefrondi
1779
Messignadi
1883
Polistena
Terranova
s.d.
Seminara
Feroleto della Chiesa
“
Stellitànone
“
S. Ferdinando
file:///C|/Documenti/CONFRATERNITE/Vol_1/Testi_1/C10_liberti.htm (76 of 91) [29/11/02 10.03.33]
1895
“
“
LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
Gioia Tauro 1780
’500 ’600
’700
S. Pietro di Caridà
S. Giorgio Morgeto
“
’800
’900
non doc.
“
in attività
Palmi Palmi
S. Eufemia
S. Eufemia
Palmi
Galatro
Iatrinoli Iatrinoli Iatrinoli
Iatrinoli
Laureana
Laureana
Rosarno
Rosarno
Rosarno
Cinquefrondi
Gioia Tauro
Gioia Tauro
Messignadi
Messignadi
S. Ferdinando S. Ferdinando
Terranova
Seminara
Feroleto d. C.
S. Giorgio M.
S. Pietro di C.
Stellitànone
S. Ferdinando
Le confraternite dello Stellario della B.V.M.
Palmi
1640
’500 ’600
’700
’800
’900
non doc.
in attività
Palmi
Le confraternite di Maria SS. Addolorata
Consoleto 1777
Sinopoli Superiore
1780
Plaesano
Anoia Inferiore
file:///C|/Documenti/CONFRATERNITE/Vol_1/Testi_1/C10_liberti.htm (77 of 91) [29/11/02 10.03.33]
1803
1909
LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
’500 ’600
’700
’800
’900
non doc.
Cosoleto
Cosoleto
Pedàvoli
Sinopoli Sup. Sinopoli S.
Anoia Inf.
Plaesano
in attività
Sinopoli S.
Le confraternite di Maria Vergine dei Sette Dolori
San Procopio
1777
’500 ’600
’800
’700
’900
San Procopio
non doc.
in attività
San Procopio
Le confraternite di Maria Assunta in Cielo
Melicuccà 1516
S. Cristina 1606
Anoia Sup. 1800
’500 ’600
’700
Castellace
Anoia Inf.
Oppido
’800
’900
non doc.
1888
s. d.
s. d.
in attività
file:///C|/Documenti/CONFRATERNITE/Vol_1/Testi_1/C10_liberti.htm (78 of 91) [29/11/02 10.03.33]
LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
Melicuccà Melicuccà
Melicuccà
Melicuccà
Melicuccà
Melicuccà
S. Cristina
S. Cristina
S. Cristina
S. Cristina
Castellace
Castellace
Anoia Sup.
Anoia Sup.
Anoia Inf.
Oppido
Le confraternite della S.ma Annunziata
Oppido
Paracorìo
Pedàvoli
1606
1680
1713
’500 ’600
’700
’800
’900
non doc.
in attività
Oppido Oppido Oppido Oppido
Paracorìo
Paracorìo
Pedàvoli
Le confraternite di S. Maria del Suffragio
S. Eufemia d’Aspr. 1721
’500 ’600
’700
’800
’900
S. Eufemia Aspr.
non doc.
in attività
S. Eufemia Aspr.
file:///C|/Documenti/CONFRATERNITE/Vol_1/Testi_1/C10_liberti.htm (79 of 91) [29/11/02 10.03.33]
LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
Le confraternite delle Anime del Purgatorio o del Purgatorio
S. Giorgio Morgeto 1615
Palmi
1664
Rosarno
1670
Radicena 1757
Laureana 1762
’500 ’600
’700
’800
Melicuccà
Stellitànone
Feroleto della Chiesa
Sinopoli
’900
non doc.
1787
1935
s. d.
in attività
S. Giorgio M.
Palmi Palmi
Rosarno
Laureana
Melicuccà
Stellitànone
Feroleto della C.
Sinopoli
Radicena
Le confraternite di S. Maria della Minerva
Stellitànone 1935
’500 ’600
’700
’800
’900
non doc.
in attività
Stellitànone
Le confraternite della Purità
file:///C|/Documenti/CONFRATERNITE/Vol_1/Testi_1/C10_liberti.htm (80 of 91) [29/11/02 10.03.33]
s. d.
LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
S. Giorgio Morgeto s. d.
’500 ’600
’700
’800
Palmi
’900
s. d.
non doc.
in attività
S. Giorgio M.
Palmi
Le confraternite di S. Maria della Pietà
Sinopoli Vecchio
1599
’500 ’600
’800
’700
Terranova
’900
1738
non doc.
in attività
Sinopoli V.
Terranova
Le confraternite di S. Maria SS. di Portosalvo
Gioia Tauro 1908
’500 ’600
’700
’800
’900
non doc.
in attività
Gioia Tauro
Le confraternite di Maria SS. della Montagna
file:///C|/Documenti/CONFRATERNITE/Vol_1/Testi_1/C10_liberti.htm (81 of 91) [29/11/02 10.03.34]
LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
Galatro
1808
’500 ’600
’700
’800
’900
non doc.
in attività
Galatro Galatro
Le confraternite di S. Maria SS. del Soccorso
Vàtoni
1586
Sinopoli Vecchio
Palmi
1777
Scido
1777
1586 Giffòne
Pedàvoli
’500 ’600
’800
’700
Vàtoni
Sinopoli Vecchio
Scido
Palmi
’900
1836
s. d.
non doc.
in attività
Scido
Giffòne Giffòne
Le confraternite di S. Maria della Catena
Santa Giorgia
1608
’500 ’600
’800
’700
’900
non doc.
in attività
Santa Giorgia
Le confraternite di S. Maria del Pilar
Tresilico
1603
Sinopoli
1777
file:///C|/Documenti/CONFRATERNITE/Vol_1/Testi_1/C10_liberti.htm (82 of 91) [29/11/02 10.03.34]
LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
’500 ’600
’700
’800
’900
non doc.
in attività
Tresilico
Sinopoli
Le confraternite della Madonna Pastorella
Piminòro
1923
’500 ’600
’700
’800
’900
non doc.
in attività
Piminoro
Le confraternite della Madonna dei Campi
Oppido
1896
’500 ’600
’700
’800
’900
non doc.
in attività
Oppido Oppido
Le confraternite della Madonna sotto vari titoli
S. Maria della Porta
S. Maria dell’Arco
S. Maria de Caravellis
S. Maria Vergine
Santa Cristina
Seminara
Palmi
Seminara
file:///C|/Documenti/CONFRATERNITE/Vol_1/Testi_1/C10_liberti.htm (83 of 91) [29/11/02 10.03.34]
1617
1605
s. d.
1603
LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
“
“
S. Maria di Gesù
Galatro
Bracàdi
1603
1605
San Procopio
1590
Le confraternite della Madonna sotto vari titoli
S. Maria della Neve
S. Maria del Mercato
Nome di Maria
S. Maria di Loreto
Gioia Tauro
s. d.
Gàlatro
1768
San Giorgio Morgeto s. d.
Melicuccà
1584
Le confraternite della SS. Trinità
Polistena
Lubrichi
1540
1768
Casalnuovo
Rosarno
’500 ’600
’700
’800
Polistena
Polistena
Polistena
’900
1777
1931
non doc.
Polistena
Casalnuovo
Lubrichi
in attività
Polistena
Casalnuovo
Rosarno
Le confraternite dello Spirito Santo
Seminara
Polistena
1544
1548
Santa Cristina
Sinopoli
’500 ’600
’700
’800
Seminara
Polistena
’900
1606
1778
non doc.
in attività
Polistena
file:///C|/Documenti/CONFRATERNITE/Vol_1/Testi_1/C10_liberti.htm (84 of 91) [29/11/02 10.03.34]
LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
S. Cristina
Sinopoli
Le confraternite della Sacra Famiglia
Casalnuovo 188
’500 ’600
’700
’800
’900
Casalnuovo
non doc.
in attività
Casalnuovo
Le confraternite di San Rocco
Acquaro
1585
Polistena 1586
Palmi
1586
Rizziconi 1586
S. Cristina 600
Cosoleto 1606
Cristò
1654
Bracàdi
1654
S. Eufemia d’Aspr. 1664
’500 ’600
’700
’800
San Procopio
Tresilico
Seminara
Casalnuovo
Lubrichi
Melicuccà
’900
non doc.
1777
1777
1777
1838
1891
s. d.
in attività
Acquaro
Polistena
Palmi
Palmi Palmi
Palmi
Rizziconi
Cosoleto
Cosoleto
Cristò
Bracàdi
S. Eufemia Asp.
S. Cristina
S. Cristina
file:///C|/Documenti/CONFRATERNITE/Vol_1/Testi_1/C10_liberti.htm (85 of 91) [29/11/02 10.03.34]
LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
Tresilico
Tresilico
Seminara
Seminara
S. Procopio
Melicuccà
Lubrichi
Casalnuovo
Seminara
Seminara
Le confraternite di San Nicola
Cristò
1586
Vàtoni
1586
S. Martino 1586
Cinquefrondi
1586
S. Giorgio M.
1586
Rizziconi 1586
’500 ’600
Seminara
Serrata
Palmi
S. Cristina
Sinopoli
1586
1586
1586
’700
’800
’900
non doc.
in attività
Cristò
Vàtoni
S. Martino
Cinquefrondi
S. Giorgio M.
’500 ’600 ’700
’800
’900
non doc.
in attività
Rizziconi
Seminara
Serrata
Palmi
S. Cristina
Sinopoli
file:///C|/Documenti/CONFRATERNITE/Vol_1/Testi_1/C10_liberti.htm (86 of 91) [29/11/02 10.03.34]
1612
1778
LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
Le confraternite di San Giuseppe
Casalnuovo 1778
Oppido
1846
Paracorìo
Iatronoli
’500 ’600
’800
’700
’900
1891
s. d.
non doc.
in attività
Casalnuovo
Oppido Oppido
Paracorìo
Iatrinoli
Le confraternite di S. Francesco di Paola
Messignadi 1628
’500 ’600
’700
’800
’900
non doc.
in attività
Messignadi
Le confraternite di S. Sebastiano
Vàtoni
1586
Molochio
1595
file:///C|/Documenti/CONFRATERNITE/Vol_1/Testi_1/C10_liberti.htm (87 of 91) [29/11/02 10.03.34]
LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
Cristò
1586
Molochiello 1595
’500 ’600
Polistena
Iatrinoli
1605
s. d.
’700
’800
’900
non doc.
in attività
Vàtoni
Cristò
Molochiello
’500 ’600 ’700
’800
’900
non doc.
in attività
non doc.
in attività
Molochio
Iatrinoli
Polistena
Laureana
Le confraternite di San Giacomo
Tresilico
1621
’500 ’600
’700
’800
’900
Tresilico
Le confraternite di S. Giovanni Battista
Varapodio 1606
S. Eufemia d’Aspr. 1671
file:///C|/Documenti/CONFRATERNITE/Vol_1/Testi_1/C10_liberti.htm (88 of 91) [29/11/02 10.03.34]
LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
’500 ’600
’700
’800
’900
non doc.
in attività
Varapodio
S. Eufemia
Le confraternite di S. Francesco d’Assisi
Varapodio 1776
’500 ’600
’700
Varapodio
’800
’900
non doc.
in attività
Varapodio
Confraternite intitolate ad altri santi
S. Francesco Saverio
S. Orsola
S. Antonio
S. Filippo Neri
S. Luigi
“
Sant’Anna
S. Luisa
S. Michele Arcangelo
“
“
S. Marco Evangelista
“
S. Elia
S. Giorgio
S. Michele Arcangelo
S. Gregorio
Oppido
Radicena
Seminara
Gioia Tauro
Sant’Anna
Rizziconi
Seminara
Maròpati
Cosoleto
Seminara
Giffòne
Molochio
Seminara
Pedàvoli
Vàtoni
Cosoleto
Laureana
1684
1604
1665
1779
1798
1916
1828
s. d.
1606
1777
s. d.
1595
1765
1904
1586
file:///C|/Documenti/CONFRATERNITE/Vol_1/Testi_1/C10_liberti.htm (89 of 91) [29/11/02 10.03.34]
1606
1777
LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
Confraternite variamente intestate
Monte della Campanella
S. Eufemia
s. d.
Le confraternite di San Giuseppe
Oppido
1688
Terranova 1726
San Martino
Maròpati
’500 ’600
’800
’700
’900
1793
s. d.
non doc.
in attività
Oppido Oppido
Terranova
S. Martino
Maròpati
file:///C|/Documenti/CONFRATERNITE/Vol_1/Testi_1/C10_liberti.htm (90 of 91) [29/11/02 10.03.34]
LE CONFRATERNITE NELLA PIANA DI GIOIA (DIOCESI OPPIDO - PALMI)
file:///C|/Documenti/CONFRATERNITE/Vol_1/Testi_1/C10_liberti.htm (91 of 91) [29/11/02 10.03.34]
LE CONFRATERNITE NELLE DIOCESI DI MILETO - NICOTERA ...; SAN MARCO ARGENTANO - SCALEA; CASANO IONIO; LUNGRO
LE CONFRATERNITE NELLE DIOCESI DI MILETO - NICOTERA - TROPEA;
CATANZARO - SQUILLACE; LAMEZIA TERME; CROTONE - SANTA
SEVERINA; SAN MARCO ARGENTANO - SCALEA; CASANO IONIO;
LUNGRO
Antonio Tripodi
Nota redazionale
Secondo l’iniziale progetto, questo contributo avrebbe dovuto limitarsi all’ambito
dell’attuale diocesi di Mileto - Nicotera - Tropea.
Venuto meno l’impegno di altri collaboratori, la generosa disponibilità di Antonio
Tripodi ha gradualmente allargato la ricerca ad altre sei diocesi, coprendo interamente
il territorio della già provincia di Catanzaro (Catanzaro-Squillace, Lamezia Terme,
Crotone-Santa Severina) con estensione a parte della provincia di Cosenza (San Marco
Argentano-Scalea, Cassano Ionio, Lungro).
L’ampiezza dell’ambito di indagine (corrispondente ad oltre la metà delle attuali
diocesi calabresi) e la varietà di vicende e situazioni nelle diverse zone hanno reso
molto difficile l’elaborazione di una sintetica nota introduttiva sulle principali
caratteristiche confraternali emergenti dalla documentazione consultata. Riteniamo
comunque molto valido questo schematico lavoro riassuntivo dei dati della ricerca in
due ordinate serie di tabelle.
La prima serie presenta, per ogni diocesi, le singole confraternite in ordine alfabetico
per comuni, con indicazione di località, titoli, chiese o cappelle, tipologie, fondazioni,
aggregazioni a primarie romane, indulgenze, regi assensi, statuti e regolamenti,
trasferimenti, sospensioni, scioglimenti, ravvivamenti, estinzioni.
La seconda serie raggruppa i sodalizi dei vari centri secondo i titoli, con riferimento al
Signore, a Maria, ai santi, agli angeli, a denominazioni diverse.
L’assenza parziale o totale di notizie documentarie per qualche diocesi è causata dalla
difficoltà o dall’impossibilità della consultazione di quegli archivi storici.
I richiami alle fonti ed alla bibliografia per le singole notizie acquisite vengono
indicati nell’ultima colonna della prima serie di tabelle con le abbreviazioni che
seguono.
file:///C|/Documenti/CONFRATERNITE/Vol_1/Testi_1/C11_tripodi.htm (1 of 10) [29/11/02 10.03.43]
LE CONFRATERNITE NELLE DIOCESI DI MILETO - NICOTERA ...; SAN MARCO ARGENTANO - SCALEA; CASANO IONIO; LUNGRO
Abbreviazioni
ag = aggregazione alla primaria romana
AP = Archivio parrocchiale
ASCZ = Archivio di stato di Catanzaro
ASDC = Archivio storico diocesano di Crotone
ASDLT = Archivio storico diocesano di Lamezia Terme
ASDM = Archivio storico diocesano di Mileto
ASDN = Archivio storico diocesano di Nicotera
ASDS = Archivio storico diocesano di Squillace
ASDSM = Archivio storico diocesano di San Marco Argentano
ASDSS = Archivio storico diocesano di Santa Severina
ASDTP = Archivio storico diocesano di Tropea
ASNA = Archivio di stato di Napoli
bl = bollario
c = cartella/e
cf = confraternita/e
cm = cappellano maggiore
cons osp = consiglio degli Ospizi
er = erezione
est = estinzione
lb = libro dei morti
lc = liste di carico della Cassa Sacra
ms = miscellanea
not = protocolli del notaio
rl = relazioni ad limina
RU = Regia udienza
SASLT = Sezione di archivio di stato di Lamezia Terme (Cz)
ASVV = Archivio di stato di Vibo Valentia
se = segreteria ecclesiastica
sp = segreteria pagana
vp = visite pastorali
CL = «Calabria Letteraria»
RSC = «Rivista storica calabrese»
HT = «Historica»
BR = «Brutium»
file:///C|/Documenti/CONFRATERNITE/Vol_1/Testi_1/C11_tripodi.htm (2 of 10) [29/11/02 10.03.43]
LE CONFRATERNITE NELLE DIOCESI DI MILETO - NICOTERA ...; SAN MARCO ARGENTANO - SCALEA; CASANO IONIO; LUNGRO
RV = F. RUSSO, Regesto Vaticano per la Calabria, pubblicati 14 volumi, Gesualdi,
Roma 1974-1995
Premessa
La presente ricerca è riferita alle confraternite di tutte le diocesi comprese nella
provincia di Catanzaro (Catanzaro-Squillace, Crotone-Santa Severina, Lamezia
Terme, Mileto-Nicotera-Tropea) ed a tre (Cassano, San Marco Argentano-Scalea,
Lungro) appartenenti alla provincia di Cosenza.
Lo studioso, o il ricercatore, che si accinge a scrivere di storia, la prima difficoltà che
deve superare è quella del reperimento delle fonti documentarie, tanto per le
archivistiche quanto per le bibliografiche od anche per le osservazioni dirette.
Si sostiene da alcuni che la documentazione sulla vita confraternale è per la maggior
parte andata dispersa, è questo può essere parzialmente vero per quanto attiene agli
archivi ecclesiastici.
Ma non può essere ignorato che alcuni archivi diocesani sono in realtà depositi di carte
scampate alle varie distruzioni ed alle continue sottrazioni dei tanti amatori senza
scrupoli.
Non possono passare inosservati a tal proposito i tanti riferimenti alla propria
domestica biblioteca che si leggono in alcuni scritti di rampolli di famiglie altolocate
calabresi.
Nel corso della propria esistenza ogni archivio lamentò occasioni di distruzione o di
depauperamento. Sono documentati l’incendio dell’archivio diocesano di Mileto nel
1686 ed il crollo del tetto e del pavimento di quello di Tropea nel mese di novembre
1723 seguito da una pioggia che rese inservibili tutte le carte contenute negli armadi
che precipitarono nel locale sottostante.
Raccontava anni addietro un razionale della confraternita dell’Immacolata di Crotone
che in precedenza il sagrestano usava i fogli dei vecchi registri delle deliberazioni e
delle spese per accendere il fuoco nell’incenziere.
Tutte le confraternite, anche quelle che ostentano una parvenza di attività, hanno un
proprio archivio comprendente documenti a volte antichi ed a volte soltanto di questo
secolo.
Purtroppo questi archivi non sempre è possibile consultarli per la gelosìa che ancora
regna nella mentalità di quanti, e non sono pochi, vedono nelle confraternite mondi
chiusi ed accessibili agli officiali ed ai pochi zelanti amici di costoro.
Inoltre è dura a scomparire la prassi di affidare la custodia degli armadi e delle casse a
confratelli difficilmente reperibili o che considerano le robe della confraternita come
se fossero comprese nell’eredità ricevuta dai genitori o dai nonni.
Per queste ragioni viene mortificato, e non raramente anche umiliato, il ricercatore che
file:///C|/Documenti/CONFRATERNITE/Vol_1/Testi_1/C11_tripodi.htm (3 of 10) [29/11/02 10.03.43]
LE CONFRATERNITE NELLE DIOCESI DI MILETO - NICOTERA ...; SAN MARCO ARGENTANO - SCALEA; CASANO IONIO; LUNGRO
azzarda la richiesta di poter prendere visione di un archivio confraternale.
Lo stesso si deve dire degli archivi parrocchiali, e chi scrive potrebbe narrare le
delusioni occorsegli con alcuni parroci che hanno dimostrato ampiamente di non aver
compreso il significato delle richieste loro rivolte da persona residente in una località
abbastanza distante dalla loro.
Non è infrequente il caso di qualcuno che si riserva di eseguire egli stesso le ricerche,
assicurando che sarà sua cura far conoscere i risultati. Si rischia che la lunghezza
dell’attesa possa protrarsi per tutta la vita.
Purtroppo la possessività, come se si trattasse di proprietà ereditaria, è la malattìa che
contamina quasi tutti coloro che a qualunque titolo sono chiamati ad assumere
responsabilità in un ufficio ecclesiastico.
Le difficoltà per il reperimento delle notizie in alcuni archivi diocesani sono da
riportare alla dispersione delle fondamentali documentazioni costituite dalle visite
pastorali.
Queste sono conservate dal 1586 ai nostri tempi, con qualche lacuna della fine del
seicento, nell’archivio di Mileto.
Nei bollari, che iniziano dal 1662, nessun provvedimento riguardo alle confraternite si
rinviene registrato.
Per la diocesi di Squillace sono pervenuti gli atti di tre visite pastorali del sec. XVIII,
con la incomprensibile mancanza dei verbali relativi alla città sede vescovile.
In compenso, nei bollari che iniziano dall’anno 16 sono riportati i decreti d’erezione di
molte confraternite.
Nella confusione dell’archivio di Tropea, sono reperibili i frammenti di alcune visite
settecentesche, rilegati o trascritti senza alcun ordine cronologico.
Solo una visita del seicento è conservata nell’archivio di Santa Severina, nel quale i
bollari sono inesistenti.
La distruzione a causa del bombardamento del luglio 1943 ha privato l’archivio
dell’archidiocesi di Catanzaro di tutta la documentazione precedente a quella data.
Neanche molto fornito è l’archivio di Nicastro, ora Lamezia Terme, nel quale solo le
visite pastorali sei-settecentesche offrono notizie sulle confraternite.
Nell’archivio di Crotone è conservata solo una visita di Isola del 1594, quando le due
diocesi erano separate.
L’archivio di Mileto custodisce i libri delle contabilità, alcuni seicenteschi, di molte
confraternite.
Vera miniera di notizie, a volte le uniche, per la storia delle confraternite è il
monumentale Regesto Vaticano per la Calabria compilato dal defunto p. Francesco
Russo.
In quelle pagine si rinvengono bolle pontificie relative ad indulgenze, a conferme
d’erezioni, ad autorizzazioni per acquisti di immobili o per costituzioni di censi, ed
file:///C|/Documenti/CONFRATERNITE/Vol_1/Testi_1/C11_tripodi.htm (4 of 10) [29/11/02 10.03.43]
LE CONFRATERNITE NELLE DIOCESI DI MILETO - NICOTERA ...; SAN MARCO ARGENTANO - SCALEA; CASANO IONIO; LUNGRO
altro.
L’altra difficoltà per la consultazione degli archivi ecclesiastici è rappresentata dagli
orari di apertura, che molto spesso sono da concordare con l’incaricato che custodisce
la chiave per aprire la porta della stanza dove sono riposti i pochi documenti scampati
alle distruzioni ed ai saccheggi.
Per la storia delle confraternite ancora non riscuotono la dovuta considerazione i
superstiti Liber defunctorum delle chiese parrocchiali.
Nelle registrazioni dei morti erano anche indicate le sepolture: in sepulcro confratrum,
in sepulcro consororum. La confraternita dell’Immacolata di Dasà disponeva anche
delle tombe per i bambini, separate per i due sessi.
Stante l’assenza, non facilmente comprensibile, delle relazioni sulle chiese della città
di Squillace nei verbali delle tre visite pastorali settecentesche conservate in
quell’archivio diocesano, i liber defunctorum risultano l’unica fonte ecclesiastica per
la conoscenza delle confraternite.
La prima notizia in riferimento alla confraternita del patrono Sant’Agazio si riscontra
nell’atto di morte del confratello Cola Sestito alla data del 15 ottobre 1624. Nella
cappella della confraternita del Rosario, eretta nella chiesa del convento domenicano
sotto il titolo di San Giovanni, il 9 ottobre 1626 fu sepolta la consorella Caterina di
Tino.
Le sepolture di confratelli e consorelle sono a volte le uniche o le prime testimonianze
dell’esistenza o dell’apertura al culto di chiese ed oratori.
Le prime informazioni riguardo alle chiese dell’Immacolata sia di Dasà che di
Squillace si rilevano dai seppellimenti rispettivamente del confratello Francesco Fratèa
dell’11 febbraio 1729 e della consorella Rosa Megna del 16 agosto 1772.
La storia della confraternita era ed è scritta nei registri delle deliberazioni e nei libri di
contabilità. Ma gli archivi ecclesiastici furono «sequestrati» dalla Cassa Sacra dopo il
terremoto del 1783, e solo pochi in seguito furono restituiti alle diocesi
d’appartenenza.
Laboriosa, ma prodiga di soddisfazioni per il ricercatore, è la consultazione degli atti
notarili.
Questi, purtroppo, sono rari per il secolo decimosesto e meno della metà per il secolo
successivo, arco di tempo nel quale si verificò la fioritura posttridentina di
confraternite ed altri luoghi pii.
Le notizie che si apprendono dalle scritture dei notai sono contenute negli atti di
donazione, e massimamente nelle disposizioni testamentarie. Nel dettare le «ultime
volontà» il testatore stabiliva di voler essere sepolto nella fossa della confraternita alla
quale era iscritto, ed a volte anche la/e confraternita/e che desiderava intervenisse/ro
alle proprie esequie, e lasciava l’elemosina/e che corrispondeva/no per la
partecipazione.
file:///C|/Documenti/CONFRATERNITE/Vol_1/Testi_1/C11_tripodi.htm (5 of 10) [29/11/02 10.03.43]
LE CONFRATERNITE NELLE DIOCESI DI MILETO - NICOTERA ...; SAN MARCO ARGENTANO - SCALEA; CASANO IONIO; LUNGRO
I contratti di committenze artistiche, dei quali non ne sono pervenuti molti purtroppo
per noi, sono altre notizie ricavabili dai protocolli notarili.
Le documentazioni della Regia Udienza e del Consiglio degli Ospizi, contenenti
principalmente ricorsi per riconoscimento di diritti patrimoniali o di precedenze, sono
fonti da non trascurare per la conoscenza della storia confraternale.
Ignorate, o comunque poco o per nulla considerate, sono le iscrizioni che ricordano
esecuzioni di lavori o particolari avvenimenti e ricorrenze. Se pure spesse volte non
esenti da enfasi o da esibizionismi, sono testimonianze per la storia delle istituzioni.
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LE CONFRATERNITE NELLE DIOCESI DI MILETO - NICOTERA ...; SAN MARCO ARGENTANO - SCALEA; CASANO IONIO; LUNGRO
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LE CONFRATERNITE NELLE DIOCESI DI MILETO - NICOTERA ...; SAN MARCO ARGENTANO - SCALEA; CASANO IONIO; LUNGRO
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LE CONFRATERNITE NELLE DIOCESI DI MILETO - NICOTERA ...; SAN MARCO ARGENTANO - SCALEA; CASANO IONIO; LUNGRO
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LE CONFRATERNITE NELLE DIOCESI DI MILETO - NICOTERA ...; SAN MARCO ARGENTANO - SCALEA; CASANO IONIO; LUNGRO
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LE CONFRATERNITE DELLA PARTE ANTICA DELLA DIOCESI DI COSENZA
Le Confraternite della parte ANTICA della diocesi di Cosenza 1
Luigi Intrieri
1. Fonti
Fino al 1963 apparteneva all’arcidiocesi di Cosenza il territorio compreso tra i comuni
di San Lucido e Guardia sul Tirreno e tra quelli di Montalto, Castiglione, San
Giovanni in Fiore, Rogliano, Altilia e Lago all’interno. Successivamente, per far
corrispondere i confini delle diocesi con quelli delle province, venne aggregata ad essa
prima la zona di Amantea, già appartenente alla diocesi di Tropea, e poi quella di
Scigliano, già appartenente a Nicastro. Per la difficoltà di consultare i documenti delle
nuove zone, rimasti negli archivi delle diocesi di provenienza, ho limitato la presente
ricerca solo ai comuni della parte antica dell’arcidiocesi. Tuttavia, oltre ai documenti
conservati nell’Archivio storico diocesano di Cosenza, ho consultato anche quelli
conservati nell’Archivio di Stato della Città e nel Grande Archivio di Napoli. Ho
consultato anche alcuni volumi, indicati nella parte bibliografica.
La distruzione dell’Archivio diocesano di Cosenza, operata dai francesi nel decennio
1806-1815, ha limitato fortemente la ricerca relativa ai secoli precedenti; tuttavia il
Regesto Vaticano per la Calabria di padre Russo e l’ultima sua opera in corso di
stampa mi hanno permesso di gettarvi almeno uno sguardo. Altre notizie ho potuto
ricavare dalle relationes ad limina, recentemente ottenute in fotocopia dall’Archivio
segreto vaticano, e dalle visite pastorali. Gli statuti conservati nell’Archivio di Stato, e
risalenti in buona parte al ’700, hanno fornito ulteriori interessanti notizie.
Esaminando i documenti disponibili, ho notato delle contraddizioni sulla natura delle
istituzioni, presentate a volte come confraternite e a volte come cappelle o chiese
soggette. Per risolverle ho seguito il criterio di accettare la versione dei documenti
originali e di quelli del Regesto Vaticano; ho dato valore secondario agli elenchi
redatti dai funzionari statali o dalla curia diocesana, perché ne ho notato la scarsa
accuratezza. In alcuni casi mi sono limitato a segnalare le differenti versioni.
2. Ampiezza del fenomeno
Complessivamente nei 47 comuni della diocesi sono state istituite 245 confraternite
così distribuite:
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LE CONFRATERNITE DELLA PARTE ANTICA DELLA DIOCESI DI COSENZA
In particolare:
37 Cosenza (di cui 7 nelle sue attuali frazioni)
10 Montalto
9 San Fili
8 Paola, Pedace, Rende
7 Dipignano, Marzi, Spezzano della Sila
6 Acquappesa, Castiglione, Fuscaldo, Mendicino, Rogliano, Rovito, San Giovanni in
Fiore
5 Aprigliano, Celico, Lago, San Pietro in Guarano, Spezzano Piccolo, Trenta
4 Carolei, Figline (di cui 1 in comune con Cellara), Malito, Marano Marchesato,
Pietrafitta
3 Carpanzano, Altilia, Cerisano, Lappano, Mangone, San Lucido, San Vincenzo La
Costa, Santo Stefano di Rogliano, Serra Pedace, Zumpano
2 Belsito, Casole, Cellara (+1 in comune con Figline), Domanico, Grimaldi, Guardia,
Paterno
1 Marano Principato, Parenti, Pianecrati
3. Titolo e patrono
Le confraternite portano dei titoli molto vari, come emerge dalla tabella seguente. Per
semplicità ho raggruppato i titoli simili, come, ad esempio, Rosario e Madonna del
Rosario, Carmine e Carmelo ecc. Il patrono corrisponde sempre al santo il cui nome
appare nel titolo.
44 Rosario (di cui 6 in titolo plurimo)
37 Immacolata (di cui 4 in titolo plurimo)
36 SS. Sacramento (di cui 5 in titolo plurimo e 4 come «SS. Corpo di Cristo»)
16 Annunziata (di cui 2 in titolo plurimo)
11 Carmine (di cui 1 in titolo plurimo)
9 Assunta (di cui 3 in titolo plurimo)
7 Santa Caterina (di cui 2 in titolo plurimo)
6 Addolorata
6 San Giovanni Battista (di cui 1 in titolo plurimo e 1 come San Giovanni Decollato)
5 Maria SS. delle Grazie (di cui 1 in titolo plurimo)
4 S. Maria della Consolazione
4 SS. Trinità (di cui 1 in titolo plurimo)
4 San Giuseppe (di cui 3 in titolo plurimo)
4 San Giacomo (tutte in titolo plurimo)
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LE CONFRATERNITE DELLA PARTE ANTICA DELLA DIOCESI DI COSENZA
3 Sacro Cuore
3 Spirito Santo
3 Buona morte
3 San Francesco di Paola
3 San Nicola
3 Croce o Crocifisso (di cui 1 in titolo plurimo)
3 San Michele Arcangelo (di cui 1 in titolo plurimo)
3 San Leonardo (di cui 1 in titolo plurimo)
3 SS. Nome di Gesù (di cui 2 in titolo plurimo)
3 Anime del Purgatorio (di cui 2 in titolo plurimo)
2 Morte o Morte e orazione
2 Natività di Maria V.
2 Madonna di Loreto
2 S. Maria della Misericordia
2 S. Maria del Soccorso
2 S. Maria del Suffragio e anime del Purgatorio
2 San Sebastiano
2 Morti (di cui 1 in titolo plurimo)
2 Purgatorio (di cui 1 in titolo plurimo)
2 S. Maria della Stella (di cui 1 in titolo plurimo)
2 S. Maria della Pace (di cui 1 in titolo plurimo)
2 San Rocco (di cui 1 in titolo plurimo)
2 Santa Sofia (di cui 1 in titolo plurimo)
1 Sant’Anna
1 Sant’Antonio da Padova
1 SS. Salvatore
1 San Pietro Apostolo
1 San Giovanni Evangelista
1 San Francesco d’Assisi
1 Passione
1 Purificazione della B.V.M.
1 S. Maria della Pietà
1 S. Maria del Popolo
1 S. Maria del Riposo
1 S. Maria della Neve
1 S. Maria Maggiore
1 Madonna di Costantinopoli
1 Cinque Piaghe
1 Cordigeri
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LE CONFRATERNITE DELLA PARTE ANTICA DELLA DIOCESI DI COSENZA
1 Dottrina cristiana
1 Santa Lucia
1 Figlie di Maria (in titolo plurimo)
1 Monteoliveto (in titolo plurimo)
1 Sant’Andrea (in titolo plurimo)
1 Sant’Ivone (in titolo plurimo)
1 San Marco (in titolo plurimo)
1 Sant’Agnese (in titolo plurimo)
1 San Crispino (in titolo plurimo)
1 San Crispiniano (in titolo plurimo)
Complessivamente 219 confraternite hanno un titolo unico, e 26 hanno un titolo
plurimo. Appare evidente la forte estensione della devozione alla Madonna: ben 154
confraternite ne portano il nome, sia pure sotto diversi titoli. La maggiore diffusione
del titolo Rosario è legato non tanto alla presenza dei Domenicani, quanto piuttosto
alla diffusione della sua recita. Il titolo Immacolata è legato a un voto emesso da
Cosenza e dai suoi casali nella seconda metà del ’600. Le confraternite col titolo del
SS. Sacramento risalgono in buona parte al periodo dell’episcopato di mons. Costanzo
(1591-1617).
Molte confraternite vengono indicate con nomi diversi nei vari documenti prodotti
durante i secoli: a volte col nome della chiesa in cui hanno la loro sede; a volte,
invece, con uno solo dei nomi del loro titolo plurimo. In alcuni casi si genera il dubbio
sulla possibilità che si tratti di due istituzioni diverse.
4. Fondazione ed eventuale esaurimento
Le notizie relative alla fondazione sono spesso incerte, sia per la perdita dei documenti
anteriori al 1818, dovuta alla distruzione dell’archivio diocesano di Cosenza, sia
perché il regio assenso è stato reso obbligatorio solo nella seconda metà del ’700 e non
tutte lo chiesero. Sembra che le più antiche siano la Confraternita dell’Immacolata
Concezione di Cosenza, che risalirebbe al secolo XIII, e l’omonima di Paola che
esisteva già nel 1416, perché in quella data stipulò un contratto per un censo. Oltre a
queste, almeno 3 confraternite risalgono al ’400, almeno 72 al ’500, almeno 78 al
’600, almeno 60 al ’700, almeno 20 all’800 e 10 al 900.
La scarsità delle fonti relative alla fondazione delle confraternite non permette di
elaborare una statistica relativa ai promotori: vescovi, parroci, ordini religiosi, gruppi
di fedeli, categorie professionali. Tuttavia emerge in qualche modo l’incidenza dei
parroci, dell’arcivescovo Costanzo per le Confraternite del SS. Sacramento, della
corporazione dei sarti e dei calzolai di Cosenza e di alcuni ordini religiosi:
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LE CONFRATERNITE DELLA PARTE ANTICA DELLA DIOCESI DI COSENZA
Domenicani (Rosario), Francescani (Immacolata), Agostiniani (Consolazione), Gesuiti
(Buona Morte), Cappuccini e Servi di Maria (Addolorata), Carmelitani (varie).
Il regio assenso venne concesso a una sola confraternita nel ’600, la SS. Salvatore dei
sarti di Cosenza, a 102 nel ’700 e a 10 nell’800. Pochi i decreti canonici di erezione
rinvenuti: quattro del ’500, uno del ’600, uno del ’700, quattordici dell’800 e tre del
’900. Tuttavia a otto decreti arcivescovili di erezione non seguì alcun altro atto. In tali
casi il decreto è quasi sempre accompagnato dalla richiesta del parroco del luogo; è
perciò probabile che questi non sia poi riuscito a conferire vitalità all’istituzione.
Le relationes ad limina nel 1590 segnalano 16 confraternite in Cosenza e altre nei
paesi della diocesi; nel 1600 non vi è quasi paese che non abbia una confraternita; nel
1609 mons. Costanzo afferma di aver istituito la Confraternita del SS. Sacramento in
tutte le parrocchie; nel 1730 esistono in città 15 confraternite e 100 nel resto della
diocesi; nel 1795 vi sono 13 confraternite in città e 98 in diocesi; nel 1821 ancora 13
in città; nel 1838 in città 10 e 90 in diocesi.
Anche l’estinzione delle confraternite è accertabile con difficoltà; tuttavia in molti casi
è possibile individuarla con notevole approssimazione. Un certo numero di esse sono
state soppresse con decreto arcivescovile, ma ciò è avvenuto in seguito alla
dichiarazione del parroco che esse non avevano più alcun socio e che i loro beni erano
amministrati o dal parroco o dal solo priore.
Dai documenti consultati risulta che una confraternita non dà più sue notizie dopo la
fine del ’400; 7 si estinguono nel corso del ’500; 59 confraternite prima della fine del
’600; 7 prima della fine del ’700; 35 scompaiono durante il decennio francese; 5
durante il successivo periodo borbonico; 22 tra il 1860 e il 1900; 6 durante la prima
guerra mondiale; 2 durante gli anni ’20; 35 non superano la seconda guerra mondiale e
12 si estinguono tra la fine della guerra e oggi; 54 sono ancora in vita. La maggioranza
delle confraternite intitolate al SS. Sacramento ebbe una durata relativamente breve;
probabilmente ciò è dovuto al fatto che esse non sorsero per decisione spontanea dei
fedeli, ma per decisione di mons. Giambattista Costanzo, che resse la diocesi di
Cosenza dal 1591 al 1617 2.
Nell’annuario diocesano del 1992 sono registrate 49 confraternite, ma per alcune di
esse è stato già emanato da vari anni il decreto di soppressione. Attualmente, in
seguito all’entrata in vigore della revisione concordataria, è in corso un controllo da
parte della Curia diocesana.
5. Scopi e finalità
Dai documenti consultati risulta che tutte le confraternite avevano finalità di culto:
celebrare la festa del santo protettore, celebrare messe per i defunti, recitare
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LE CONFRATERNITE DELLA PARTE ANTICA DELLA DIOCESI DI COSENZA
periodicamente l’ufficio della Madonna o il rosario, «vivere cristianamente uniti in
vita e in morte», formarsi alla vita cristiana, ricevere la comunione almeno una
domenica al mese e nelle feste principali ecc. Abbastanza diffuso anche il fine di
visitare i confratelli infermi per mezzo di ufficiali appositamente eletti e denominati
infermieri, e di assicurare ai morti la sepoltura nella propria cappella del cimitero. Le
congreghe del SS. Corpo di Cristo avevano anche il compito di rendere pubblicamente
onore al Viatico 3. Dai documenti emerge che in molti casi il parroco, anche nel caso
di estinzione, continua sia a far celebrare la festa annuale, sia ad assicurare la sepoltura
nella cappella del cimitero.
Dai documenti consultati non risultano confraternite con fini esclusivi di beneficenza.
Tuttavia la beneficenza era diffusa: molte sorteggiavano dei maritaggi annuali;
l’Arciconfraternita di S. Maria della Misericordia di Cosenza assisteva i condannati a
morte, fra i quali, nel 1844 i fratelli Bandiera, mentre l’Arciconfraternita Morte e
orazione della stessa città si proponeva di seppellire i morti. Nel 1686 la Congrega di
San Pietro Apostolo di San Pietro in Guarano venne denunciata al tribunale della
Sommaria perché risolveva nel suo interno le controversie legali tra i confratelli,
evitando loro di ricorrere ai tribunali. Interessante la Confraternita SS. Rosario e S.
Leonardo di Aprigliano, che nello statuto del 29 luglio 1731 si impegna a pagare un
sussidio giornaliero ai confratelli infermi cronici.
6. Edizioni degli statuti
Salvo due sole eccezioni, gli statuti originari delle confraternite anteriori al ’700 sono
andati perduti. Restano, invece, molti statuti dal ’700 in poi, dai quali, nonostante
seguano un impianto comune, emergono varie particolarità. Dopo il concordato del
1929 venne chiesto a tutte le confraternite di approvare un modello unificato di statuto,
modificato dopo i sinodi del 1938 e del 1953.
Gli statuti anteriori al ’700 appartengono alla confraternita del SS. Salvatore di
Cosenza, dal quale risulta l’obbligo per tutti i sarti di farne parte, e all’Annunziata di
Cosenza, che riproduce il modello delle confraternite dei Gesuiti.
7. Organizzazione interna e feste
Fin dalle origini tutte le confraternite sono rette democraticamente, secondo il metodo
proprio dei pubblici parlamenti delle università calabresi dell’età moderna. Spetta
all’assemblea, infatti, eleggere gli ufficiali e decidere sull’ammissione o l’espulsione
dei soci. Poche congreghe sono riservate a un solo ceto, nobili o esercenti un’arte, o a
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LE CONFRATERNITE DELLA PARTE ANTICA DELLA DIOCESI DI COSENZA
un solo sesso, anche se a volte alle donne non viene riconosciuto il diritto di voto. Le
confraternite si distinguono anche per il colore della mozzetta indossata sul camice
bianco dai confratelli in occasione delle feste: nera la mozzetta delle congreghe del
Rosario, celeste quella dell’Immacolata, turchina quella dell’Annunziata, rossa quella
del SS. Sacramento e dello Spirito santo, rossa con fasce celeste quella di S. Caterina e
rossa e turchina l’unica confraternita intitolata contemporaneamente a S. Maria della
Stella e al SS. Sacramento. In molti statuti il colore non viene indicato.
Per quanto concerne le feste c’è da osservare che molte, oltre a celebrare la festa
annuale della loro titolare, celebrano anche altre feste o compiono delle funzioni
religiose particolari. La congrega Morte e orazione di Cosenza, ad esempio, organizza
periodicamente 40 ore consecutive di preghiere per i defunti.
Fino al ’700 le confraternite erano autonome e dipendevano dall’autorità ecclesiastica
solo per l’aspetto strettamente religioso. Dal ’700 in poi lo Stato ne assunse il
controllo e le obbligò a chiedere il regio assenso; il controllo statale venne ribadito dai
Borboni durante la restaurazione e dal Regno d’Italia con la legge sulle opere pie del
1891. Nel Concordato del 1929 venne data loro la facoltà di scegliere se dipendere
dall’autorità ecclesiastica o da quella civile: la maggior parte scelse l’autorità
ecclesiastica.
8. Sede amministrativa e chiesa
Ogni confraternita ha cercato di costruirsi una chiesa propria, perché ciò conferisce
loro maggiore indipendenza; poche hanno sede in una cappella della chiesa
parrocchiale. Le loro chiese sono in buona parte conservate e alcune sono utilizzate
come chiese parrocchiali.
9. Eventuali protettori
Dai documenti consultati risulta un solo caso di cardinale protettore. Nel 1581, infatti,
la congrega dello Spirito Santo di Cosenza chiede al card. Sirleto di diventare suo
protettore. L’esito non è noto.
10. Aggregazione a Roma
L’aggregazione all’omonima confraternita di Roma risulta per 35 istituzioni
variamente intitolate: Immacolata 14, SS. Sacramento 9, Addolorata 3, Rosario 2,
Assunta 2, Annunziata, Suffragio, Morte e orazione, S. Caterina e San Rocco 1. La
Congrega dei Cordigeri risulta aggregata alla confraternita madre di Assisi, e quella
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LE CONFRATERNITE DELLA PARTE ANTICA DELLA DIOCESI DI COSENZA
della Consolazione all’omonima congrega di Bologna.
11. Numero dei membri in varie epoche
Il numero dei confratelli è molto variabile: la confraternita del Carmine di Cerisano, ad
esempio, nel 1929 aveva 1500 confratelli e 1300 consorelle; altre ne avevano un
numero più ridotto fino a giungere a 5 o 6 persone o, nella fase finale, al solo priore.
12. Entità del patrimonio, rendite, entrate
Nell’Archivio diocesano sono conservate due platee del ’700: quelle della Natività e
dell’Assunta di Cosenza; per l’800, invece, esistono nell’Archivio di Stato gli stati
discussi quinquennali, i conti annuali e gli elenchi compilati dalla prefettura dopo il
1860. Per il passato non ho notato casi di notevole ricchezza: in genere le confraternite
possedevano qualche casa, qualche terreno, dei censi, dei legati di culto e dei titoli di
Stato. Attualmente la maggior parte delle confraternite vive grazie ai contributi dei
confratelli e agli introiti delle feste, perché i loro beni sono stati incamerati in
esecuzione della legge del 1891 sulle opere pie. La svalutazione ha poi eroso le rendite
fisse, per cui queste si sono ridotte a importi puramente simbolici.
Dall’elenco del 1871 risulta che la più ricca era la congrega del Rosario di Cosenza
con una rendita annua di L. 2467,71, seguita dal Suffragio con L. 2157,85 e
dall’Annunziata, entrambe di Cosenza, con L. 1049,80. Le più povere risultano essere
la congrega S. Sebastiano di Perito di Pedace con una rendita di L. 5,10 e San Pietro
Apostolo di San Pietro in Guarano con L. 7,45 annue.
13. Ruolo della confraternita nella committenza artistica
Tutte le confraternite che hanno avuto una certa durata hanno anche avuto un ruolo sul
piano della committenza artistica. Questo ruolo non sempre emerge con chiarezza dai
documenti, sia perché spesso lacunosi, sia perché il compilatore è a volte molto
generico.
In genere le confraternite curavano molto le loro chiese: sono da segnalare alcuni casi
di notevole bellezza; fra queste la chiesa (ora cappella) del Rosario di Cosenza
(convento di san Domenico), quella di Santa Caterina di Cosenza (convento di san
Francesco d’Assisi), quella di S. Maria del Suffragio di Cosenza (chiesa dell’Oratorio
nella parrocchia di San Gaetano), quella di Santa Maria del Riposo di Montalto (dove
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LE CONFRATERNITE DELLA PARTE ANTICA DELLA DIOCESI DI COSENZA
è conservato un dipinto che viene ritenuto un ritratto originale di San Francesco di
Paola).
Il tema iconografico preferito è ovviamente la figura del patrono, rappresentato in
genere da una statua lignea o da una tela. Non mancano, tuttavia, rappresentazioni più
complesse, come la serie delle tele di Santa Maria del Suffragio di Cosenza (che
rappresenta il ciclo della vita della Madonna) e quella di Santa Caterina di Cosenza.
14. Sinodi diocesani
Fin dal loro sorgere i vescovi di Cosenza si sono occupati delle confraternite. Il
concilio provinciale celebrato dall’arcivescovo Petrignani nel 1579 invita i vescovi
suffraganei a sorvegliare le confraternite perché rispettino i loro statuti e siano
rafforzate nel viverli; proibisce l’erezione di nuove istituzioni senza il permesso
vescovile e la predicazione nelle adunanze senza analogo permesso. Il concilio
provinciale Costanzo 1596 invita i vescovi a dirimere le controversie relative alle
precedenze, vieta l’erezione di nuove confraternite non autorizzate dalla Santa Sede o
dai vescovi e invita i confratelli delle congreghe del SS.mo Corpo di Cristo a prestare
onore al Viatico non appena la campana annunzia la comunione agli infermi.
Anche i sinodi diocesani di Cosenza si sono occupati delle confraternite. Il sinodo
Costanzo 1592 conferma le prescrizioni del concilio Petrignani e obbliga le congreghe
a far redigere da un notaio l’elenco dei loro beni. Il Castiglion Morelli 1645 stabilisce
l’elezione annuale degli amministratori, da sottoporre alla conferma vescovile, e
sancisce l’obbligo di amministrare i beni con cura e di far redigere i rendiconti annuali
da due sacerdoti: uno nominato dal vescovo e uno nominato dai confratelli. Il
Sanfelice 1678 conferma le norme del sinodo Castiglion Morelli. Il Brancaccio 1707
conferma la necessità del permesso vescovile per l’erezione delle confraternite e
l’elezione dei loro dirigenti; obbliga gli amministratori a prestare giuramento prima di
assumere l’incarico nelle mani del parroco o di un sacerdote da lui designato e a
consegnare al termine del mandato un libro con l’indicazione di tutti i beni; vieta le
spese superiori ai venti carlini senza il permesso arcivescovile; vieta anche ogni
funzione di qualsiasi tipo di spettanza delle parrocchie, come anche le processioni o le
questue non autorizzate dall’arcivescovo. In tempi a noi più vicini i sinodi Nogara
1938 e Calcara 1953 impongono l’approvazione di un modello unico di statuto e
l’istituzione delle confraternite del SS. Sacramento e della Dottrina cristiana secondo
le norme dei canoni 708 e 711 del codice di diritto canonico.
15. Bibliografia utilizzata
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LE CONFRATERNITE DELLA PARTE ANTICA DELLA DIOCESI DI COSENZA
S. CHIATTO, Storia di Lago e Laghitello attraverso le locali istituzioni ecclesiastiche, Tip.
Tocci, Cosenza 1992.
C. MINICUCCI, L’arciconfraternita del SS. Salvatore, «Parola di vita», VIII (1932), n. 1, 15.1,
p. 1.
Id., L’arciconfraternita di S. Caterina, ivi, VIII (1932), n. 2, p. 2.
Id., L’arciconfraternita di S. Maria del Suffragio, ivi, VIII (1932), n. 4, 29.2, p. 3.
Id., L’arciconfraternita dell’Assunta, ivi, VIII (1932), n. 5, 15.3, p. 1.
Id., L’arciconfraternita del SS. Rosario, ivi, VIII (1932), n. 17, 15.9, p. 2.
Id., L’arciconfraternita della Morte, ivi, VIII (1932), n. 18, 1.10, pp. 1-2.
Id., L’arciconfraternita della Misericordia, ivi, VIII (1932), n. 20, 31.10, p. 2.
Id., La confraternita dell’Annunziata, ivi, VIII (1932), n. 21, 16.11, p. 1.
Id., La confraternita della Consolazione, ivi, IX (1933), n. 2, 31.1, p. 1.
Id., Cosenza sacra, Cosenza 1932.
L. INTRIERI, La congregazione di San Pietro Apostolo in San Pietro in Guarano, Cosenza
1987.
T.PEDRETTI, Cellara attraverso i secoli, Cosenza 1982.
F. RIZZUTI, Breve storia di Pedace, Catanzaro 1982.
F. RUSSO, Regesto Vaticano per la Calabria, voll. 11, Roma 1974-1992.
Id., I Francescani Minori Conventuali in Calabria, Catanzaro 1982.
Id., Le confraternite della Calabria (dattiloscritto).
G. VALENTE, Chiese conventi confraternite e congreghe di Celico e Minnito, Chiaravalle
Centrale 1979.
16. Elenco delle confraternite 4
* ACQUAPPESA 1: Addolorata. Aggregata a Roma il 23.7.1740 (Russo, p. 20).
* ACQUAPPESA 2: Rosario. Già in attività nel 1757 (Russo, p. 20).
* ACQUAPPESA 3: Morti. Il suo statuto viene approvato nel 1777 (Russo, p. 20).
* ACQUAPPESA 4: S. Giuseppe e S. Caterina. Nel 1791 viene inviata una supplica al
re per la riorganizzazione della congrega (Russo, p. 20).
* ACQUAPPESA 5: Buona Morte. Il suo statuto viene approvato nel 1795 (Russo, p.
20).
* ACQUAPPESA 6: B. Maria V. del Carmelo. Eretta con decreto arcivescovile nel
1891 (ASD.Cf).
* ALTILIA 1: SS. Sacramento. Viene aggregata all’Arciconfraternita di S. Maria
sopra Minerva di Roma il 15.5.1565 (Russo, p. 25).
* ALTILIA 2: Immacolata. Sorta nella chiesa dei Conventuali, il 10.8.1580 viene
aggregata all’arc. di San Lorenzo in Damaso di Roma (Conv. p. 94; Russo, pp. 25-26).
Potrebbe riferirsi a lei o alla Congrega del Rosario l’indulgenza concessa il 26.5.1594
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LE CONFRATERNITE DELLA PARTE ANTICA DELLA DIOCESI DI COSENZA
dalla S. Sede alla confr. della «B. Maria» per la festa della «B. Maria» (Reg. Vat. n.
24836).
* ALTILIA 3: Rosario. Eretta nel 1573, il suo statuto viene confermato nel 1577
(Conv. p. 94; Russo, p. 26). Nel 1888 il parroco protesta perché il priore della
confraternita, da lui stabilita nel primo anno del suo ministero, agisce di testa sua
(ASD.Cf). È evidente che la confraternita aveva avuto una lunga interruzione.
* APRIGLIANO 1 (fraz. CORTE): SS. Rosario e S. Leonardo. Il 29-7-1731 le viene
concesso il regio assenso, ma dichiara di essere stata eretta ab immemorabili per
recitare l’ufficio della Vergine, celebrare la messa per i defunti ecc.; i confratelli
indossano la mozzetta nera con cappuccio, pagano grana 20 annui, possono essere
ammessi solo se laici, e ricevono un sussidio giornaliero se infermi cronici (AS.ST).
Nel Reg. 1995 (AS), relativo al 1831-37, è registrata con la denominazione di «SS.
Sacramento e S. Leonardo»; idem in ASD.Rl 1838. Nel 1868 ha una rendita di L.
94.50 (AS.Re). Passa all’autorità ecclesiastica nel 1939 (Ann. 1988). Viene soppressa
due volte con decreto arcivescovile perché estinta: nel 1944 e nel 1958 (Boll.CS), ma
risulta ancora nell’elenco delle confraternite in attività (Ann. 1992).
* APRIGLIANO 2 (fraz. VICO): S. Maria Assunta e S. Andrea apostolo. Il 29-2-1768
le viene concesso il regio assenso; tra le sue finalità vi è l’obbligo di frequentare la
comunione, recitare mattutino e lodi nei giorni festivi, visitare i fratelli ammalati e
carcerati ecc. (AS.St) (AS.NA, 3/7). Nel 1868 ha una rendita di L. 150,47 (AS.Re).
Nel 1931 ha una propria chiesa, 63 confratelli e 211 consorelle (ASD.Cf). Passa
all’autorità ecclesiastica nel 1939 (Ann. 1988). Ancora in vita nel 1992 (Ann. 1992).
* APRIGLIANO 3 (fraz. AGOSTO): SS. Immacolata. Il suo statuto viene approvato il
27.5.1768: la confraternita è eretta nel soppresso convento del Carmine, si impegna
alla comunione la prima domenica di ogni mese e a celebrare la festa dell’8 dicembre
(ASD.Cf; AS.St.; AS.NA, 29/7). Nel 1868 ha una rendita di L. 132.50 (AS.Re). Passa
all’autorità ecclesiastica nel 1939 (Ann. 1988) ed è ancora in vita nel 1992 (Ann.
1992).
* APRIGLIANO 4 (fraz. Guarno): S. Maria Lauretana. Riceve il regio assenso il 7-11777, ma dichiara di essere stata eretta da duecento anni e di proporsi come fine la
comunione nelle feste, la recita dell’ufficio dei morti la prima domenica di ogni mese
ecc. (AS.St). Nel 1868 ha una rendita di L. 169.83 (AS.Re). Nel 1936 è ridotta a un
solo componente ed è proprietaria della chiesa parrocchiale di S. Domenica V. e M.
(ASD.Vp).
* APRIGLIANO 5: S. Maria delle Grazie e San Giacomo apostolo. Ripristinata il 27-81822, ha come fine la comunione, la recita dell’ufficio dei defunti l’ultima domenica
di ogni mese, la visita settimanale ai fratelli infermi ecc. (AS.St). Nel 1868 ha una
rendita di L. 123.68 (AS.Re). Ormai estinta, nel 1954 viene soppressa con decreto
arcivescovile (Boll.CS).
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LE CONFRATERNITE DELLA PARTE ANTICA DELLA DIOCESI DI COSENZA
* BELSITO 1: SS. Rosario. Costituita il 18-12-1618, riceve l’approvazione delle
regole con rescritto reale del 4-12-1824; i confratelli pagano 12 grana annui, indossano
la mozzetta nera e hanno una sepoltura propria; le sorelle non hanno diritto di parola
ecc. (AS.St). Nel 1868 ha una rendita di L. 73,88 (AS.Re).
* BELSITO 2: Immacolata. Nel 1628 ha un oratorio proprio, 46 iscritti e segue le
regole delle congregazioni dei Gesuiti (Russo, p. 40).
* CAROLEI 1: Immacolata. Nel 1584 viene aggregata a S. Lorenzo in Damaso di
Roma (Russo, p. 64). Il 1-8-1601 la S. Sede le concede delle indulgenze per le feste di
Natale, Pentecoste, Annunciazione e Assunzione (Reg. Vat. n. 25720). Riceve una
prima volta lo statuto nel 1762 (AS.NA, 73/13) e il 16-5-1858 il regio assenso; indossa
una mozzetta celeste (AS.St). Nel 1868 ha una rendita di L. 195,59 (AS.Re). Nel 1939
passa all’autorità ecclesiastica (Ann. 1988). Ha una chiesa propria (ASD.Cf) ed è
ancora in vita nel 1992 (Ann. 1992).
* CAROLEI 2: SS. Sacramento. Già in attività almeno dal 1628 (Russo, p. 64), riceve
una prima volta il regio assenso nel 1760 (AS.NA, 118/27) e una seconda volta il 16-51858: i confratelli indossano la mozzetta rossa e possono essere ammessi solo i
«galantuomini e quelli che esercitano un’arte liberale» (AS.St). Nel 1868 ha una
rendita di L. 390,52 (AS.Re). Nel 1939 passa all’Ente comunale di assistenza con
decreto prefettizio; ha una cappella nella chiesa di S. Maria Assunta (ASD.Cf).
* CAROLEI 3: S. Caterina. Il 1-12-1610 la S. Sede le concede delle indulgenze da
fruire nelle feste di S. Caterina, S. Antonio, S. Tommaso d’Aquino, Ss. Filippo e
Giacomo, S. Maria Maddalena (Reg. Vat. 26853). Dalle regole del 1856 risulta che i
confratelli vestono la mozzetta rossa con fasce celesti, che è stata eretta nel soppresso
convento dei PP. Carmelitani, chiesa di S. Caterina V. M., e aggregata
all’Arciconfraternita della Resurrezione di Cristo a Roma nel 1595 dal papa Clemente
VIII; il regio assenso le viene concesso il 16.5.1858 (AS.St). Nel 1868 ha una rendita
di L. 125,83 (AS.Re). Nel 1939 passa all’autorità ecclesiastica (Ann. 1988). Ancora in
vita nel 1992 (Ann. 1992).
* CAROLEI 4: Rosario. La sua erezione viene approvata dal generale dei Domenicani
il 22-11-1579 (Russo, p. 64).
* CARPANZANO 1: SS. Rosario. L’ordine dei Domenicani ne autorizza l’istituzione
nel 1712 (Russo, p. 65) e il 30-10-1768 riceve il regio assenso da cui risulta che è
eretta dentro la chiesa parrocchiale dell’Annunziata dal 1589 con decreto arcivescovile
e si impegna alla recita domenicale del rosario in chiesa (AS.St). Dopo una
controversia di 40 anni con la Confraternita del Carmine, le viene riconosciuto il
diritto di precedenza nelle processioni perché più antica (AS.As). Nel 1868 ha una
rendita di L. 301,19 (AS.Re). Nel 1947 ha una cappella nella chiesa delle Grazie, ma è
non più in attività (ASD.Cf). Ormai estinta, nel 1955 viene soppressa con decreto
arcivescovile (Boll.CS).
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* CARPANZANO 2: Arc. S. Maria del Carmine. Nel 1628 ha 42 iscritti (Russo, p.
65); il 30-1-1769 riceve il regio assenso e trovasi eretta nella chiesa parrocchiale
(AS.St; AS.NA, 44/5). Soppressa nel 1955 con decreto arcivescovile perché estinta
(Boll.CS).
* CARPANZANO 3: Servi di Maria o dei Sette Dolori. Statuti approvati nel 1769
(AS.NA, 95/22) e nel 1776 (AS.NA, 31/14; Russo, p. 65).
* CASOLE BRUZIO 1: SS. Sacramento. Nel 1628 trovasi nella chiesa parrocchiale
(Russo, p. 67).
* CASOLE BRUZIO 2: Arc. SS. Vergine Annunziata. Eretta nel 1757 (Russo, p. 67),
il 9-6-1777 riceve il regio assenso. Nello statuto è stabilita la nomina di «infermieri»
per visitare i fratelli ammalati; gli aderenti pagano grana 1 al mese, indossano una
mozzetta turchina, si obbligano a recitare in ogni festa il rosario e chi sa leggere canta
l’ufficio (AS.St; AS.NA, 58/15). Nel 1873 nomina il padre spirituale, è una
confraternita maschile e porta il nome di «SS. Sacramento, Annunciata e Rosario»; nel
1936, invece, porta il titolo di «Figlie di M. SS. Annunziata» e conta 105 consorelle
(ASD.Cf). È dubbio se quest’ultima sia una Congrega diversa o se è la medesima che
ha subito un cambiamento. Mancano notizie successive.
* CASTIGLIONE COSENTINO 1: Maria SS. dei sette dolori. Il 31-10-1756 riceve il
regio assenso: è eretta dentro la chiesa parrocchiale per guadagnare le indulgenze, fa
celebrare funerali per i defunti e i confratelli pagano la quota annuale di grana 12
(AS.St; AS.NA, 88/4). Nel 1930 porta il titolo di «SS. Addolorata» (ASD.Cf) e passa
all’autorità ecclesiastica nel 1939 (Ann. 1988). È ancora in vita (Ann. 1992).
* CASTIGLIONE COSENTINO 2: Maria SS. del Rosario. Già in attività nel 1628
(Russo, p. 70), nel 1793 riceve il regio assenso e le medesime regole della Congrega
del Rosario eretta nel monastero degli 88 domenicani della Serra della Guardia
Lombarda in Calabria Citra (ASD.Cf). Tra il 1825 e il 1839 riceve nuove regole da re
Francesco I (AS.St). Nel 1868 ha una rendita di L. 151,59 (AS.Re) e passa all’autorità
ecclesiastica nel 1939 (Ann. 1988). Ancora in vita (Ann. 1992).
* CASTIGLIONE COSENTINO 3: SS. Annunziata e Trinità dei Pellegrini. Già in
attività nel 1628 (Russo, p. 70), il 4-5-1829 riceve l’approvazione delle regole col
nome di «SS. Annunziata» (AS.St), ma in un altro documento la sua denominazione è
indicata in modo diverso: «SS. Trinità dei pellegrini eretta dentro la chiesa della SS.
Annunziata» (AS.St, b. 13, p. 47). Nel 1868 ha una rendita di L. 541,50 (AS.Re).
Passa all’autorità ecclesiastica nel 1939 (Ann. 1988). La sua chiesa è crollata nel 1926
(ASD.Cf, questionario 1947), ma la Confraternita è ancora in vita (Ann. 1992).
* CASTIGLIONE COSENTINO 4: Immacolata Concezione. Eretta nella chiesa di
San Nicola, il 2-10-1603 le viene concessa l’indulgenza plenaria per la festa
dell’Immacolata (Reg. Vat. n. 25938); riceve lo statuto nel 1739 come «Immacolata
Concezione e S. Antonio» (AS.NA, 50/9)
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LE CONFRATERNITE DELLA PARTE ANTICA DELLA DIOCESI DI COSENZA
* CASTIGLIONE COSENTINO 5: S. Sofia. Nel 1628 trovasi nella chiesa
parrocchiale (Russo, p. 70).
* CASTIGLIONE COSENTINO 6: SS. Sacramento. Nel 1936 vi aderiscono 10
uomini e 20 donne (ASD.Vp).
* CASTROLIBERO (già CASTELFRANCO) 1: Rosario. Nel 1628 trovasi nella
chiesa parrocchiale (Russo, p. 71).
* CASTROLIBERO 2: Madonna della Stella. Nel 1628 trovasi nella chiesa
parrocchiale (Russo, p. 71).
* CASTROLIBERO 3: S. Giovanni Decollato. Nel 1798 riceve lo statuto (AS.NA,
48/31).
* CASTROLIBERO 4: SS. Sacramento. Nel 1936 vi aderiscono 6 uomini e 3 donne
(ASD.Vp).
* CELICO 1: S. Maria dell’Assunta detta del Fosso. Il 1-5-1585 viene confermata
l’indulgenza concessale da Gregorio XIII per le feste dell’Assunzione e della
Visitazione; la confraternita è sita nella chiesa omonima (Reg. Vat. n. 23776). Le
indulgenze vengono confermate nel 1615-1620 (Reg. Vat. n. 28359) e il 5-4-1710
vengono concesse per la festa dell’Assunzione e per altre quattro feste principali della
Madonna (Reg. Vat. n. 51568). Il 30-11-1752 le vien concesso il regio assenso: è
aggregata all’Arciconfraternita del SS. Nome di Maria di Roma e si propone come fine
la frequenza ai sacramenti, la celebrazione delle feste dell’Assunta e del SS. Nome di
Maria, la recita dell’ufficio nell’ultima domenica di ogni mese, la recita del rosario da
chi non sa leggere e la visita a infermi e carcerati (AS.St; AS.NA, 106/10). Nel 1835 è
nella chiesetta di S. Antonio (ASD.Vp). Nel 1868 ha una rendita di L. 94.50 (AS.Re).
Passa all’autorità ecclesiastica nel 1939 (Ann. 1988). Viene soppressa due volte con
decreto arcivescovile perché estinta: nel 1944 e nel 1958 (Boll.CS), ma risulta ancora
nell’elenco delle confraternite in attività (Ann. 1992).
* APRIGLIANO 2 (fraz. VICO): S. Maria Assunta e S. Andrea apostolo. Il 29-2-1768
le viene concesso il regio assenso; tra le sue finalità vi è l’obbligo di frequentare la
comunione, recitare mattutino e lodi nei giorni festivi, visitare i fratelli ammalati e
carcerati ecc. (AS.St) (AS.NA, 3/7). Nel 1868 ha una rendita di L. 150,47 (AS.Re).
Nel 1931 ha una propria chiesa, 63 confratelli e 211 consorelle (ASD.Cf). Passa
all’autorità ecclesiastica nel 1939 (Ann. 1988). Ancora in vita nel 1992 (Ann. 1992).
* APRIGLIANO 3 (fraz. AGOSTO): SS. Immacolata. Il suo statuto viene approvato il
27.5.1768: la confraternita è eretta nel soppresso convento del Carmine, si impegna
alla comunione la prima domenica di ogni mese e a celebrare la festa dell’8 dicembre
(ASD.Cf; AS.St.; AS.NA, 29/7). Nel 1868 ha una rendita di L. 132.50 (AS.Re). Passa
all’autorità ecclesiastica nel 1939 (Ann. 1988) ed è ancora in vita nel 1992 (Ann.
1992).
* APRIGLIANO 4 (fraz. Guarno): S. Maria Lauretana. Riceve il regio assenso il 7-1file:///C|/Documenti/CONFRATERNITE/Vol_1/Testi_1/C12_intrieri.htm (14 of 39) [29/11/02 10.04.19]
LE CONFRATERNITE DELLA PARTE ANTICA DELLA DIOCESI DI COSENZA
1777, ma dichiara di essere stata eretta da duecento anni e di proporsi come fine la
comunione nelle feste, la recita dell’ufficio dei morti la prima domenica di ogni mese
ecc. (AS.St). Nel 1868 ha una rendita di L. 169.83 (AS.Re). Nel 1936 è ridotta a un
solo componente ed è proprietaria della chiesa parrocchiale di S. Domenica V. e M.
(ASD.Vp).
* APRIGLIANO 5: S. Maria delle Grazie e San Giacomo apostolo. Ripristinata il 27-81822, ha come fine la comunione, la recita dell’ufficio dei defunti l’ultima domenica
di ogni mese, la visita settimanale ai fratelli infermi ecc. (AS.St). Nel 1868 ha una
rendita di L. 123.68 (AS.Re). Ormai estinta, nel 1954 viene soppressa con decreto
arcivescovile (Boll.CS).
* BELSITO 1: SS. Rosario. Costituita il 18-12-1618, riceve l’approvazione delle
regole con rescritto reale del 4-12-1824; i confratelli pagano 12 grana annui, indossano
la mozzetta nera e hanno una sepoltura propria; le sorelle non hanno diritto di parola
ecc. (AS.St). Nel 1868 ha una rendita di L. 73,88 (AS.Re).
* BELSITO 2: Immacolata. Nel 1628 ha un oratorio proprio, 46 iscritti e segue le
regole delle congregazioni dei Gesuiti (Russo, p. 40).
* CAROLEI 1: Immacolata. Nel 1584 viene aggregata a S. Lorenzo in Damaso di
Roma (Russo, p. 64). Il 1-8-1601 la S. Sede le concede delle indulgenze per le feste di
Natale, Pentecoste, Annunciazione e Assunzione (Reg. Vat. n. 25720). Riceve una
prima volta lo statuto nel 1762 (AS.NA, 73/13) e il 16-5-1858 il regio assenso; indossa
una mozzetta celeste (AS.St). Nel 1868 ha una rendita di L. 195,59 (AS.Re). Nel 1939
passa all’autorità ecclesiastica (Ann. 1988). Ha una chiesa propria (ASD.Cf) ed è
ancora in vita nel 1992 (Ann. 1992).
* CAROLEI 2: SS. Sacramento. Già in attività almeno dal 1628 (Russo, p. 64), riceve
una prima volta il regio assenso nel 1760 (AS.NA, 118/27) e una seconda volta il 16-51858: i confratelli indossano la mozzetta rossa e possono essere ammessi solo i
«galantuomini e quelli che esercitano un’arte liberale» (AS.St). Nel 1868 ha una
rendita di L. 390,52 (AS.Re). Nel 1939 passa all’Ente comunale di assistenza con
decreto prefettizio; ha una cappella nella chiesa di S. Maria Assunta (ASD.Cf).
* CAROLEI 3: S. Caterina. Il 1-12-1610 la S. Sede le concede delle indulgenze da
fruire nelle feste di S. Caterina, S. Antonio, S. Tommaso d’Aquino, Ss. Filippo e
Giacomo, S. Maria Maddalena (Reg. Vat. 26853). Dalle regole del 1856 risulta che i
confratelli vestono la mozzetta rossa con fasce celesti, che è stata eretta nel soppresso
convento dei PP. Carmelitani, chiesa di S. Caterina V. M., e aggregata
all’Arciconfraternita della Resurrezione di Cristo a Roma nel 1595 dal papa Clemente
VIII; il regio assenso le viene concesso il 16.5.1858 (AS.St). Nel 1868 ha una rendita
di L. 125,83 (AS.Re). Nel 1939 passa all’autorità ecclesiastica (Ann. 1988). Ancora in
vita nel 1992 (Ann. 1992).
* CAROLEI 4: Rosario. La sua erezione viene approvata dal generale dei Domenicani
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LE CONFRATERNITE DELLA PARTE ANTICA DELLA DIOCESI DI COSENZA
il 22-11-1579 (Russo, p. 64).
* CARPANZANO 1: SS. Rosario. L’ordine dei Domenicani ne autorizza l’istituzione
nel 1712 (Russo, p. 65) e il 30-10-1768 riceve il regio assenso da cui risulta che è
eretta dentro la chiesa parrocchiale dell’Annunziata dal 1589 con decreto arcivescovile
e si impegna alla recita domenicale del rosario in chiesa (AS.St). Dopo una
controversia di 40 anni con la Confraternita del Carmine, le viene riconosciuto il
diritto di precedenza nelle processioni perché più antica (AS.As). Nel 1868 ha una
rendita di L. 301,19 (AS.Re). Nel 1947 ha una cappella nella chiesa delle Grazie, ma è
non più in attività (ASD.Cf). Ormai estinta, nel 1955 viene soppressa con decreto
arcivescovile (Boll.CS).
* CARPANZANO 2: Arc. S. Maria del Carmine. Nel 1628 ha 42 iscritti (Russo, p.
65); il 30-1-1769 riceve il regio assenso e trovasi eretta nella chiesa parrocchiale
(AS.St; AS.NA, 44/5). Soppressa nel 1955 con decreto arcivescovile perché estinta
(Boll.CS).
* CARPANZANO 3: Servi di Maria o dei Sette Dolori. Statuti approvati nel 1769
(AS.NA, 95/22) e nel 1776 (AS.NA, 31/14; Russo, p. 65).
* CASOLE BRUZIO 1: SS. Sacramento. Nel 1628 trovasi nella chiesa parrocchiale
(Russo, p. 67).
* CASOLE BRUZIO 2: Arc. SS. Vergine Annunziata. Eretta nel 1757 (Russo, p. 67),
il 9-6-1777 riceve il regio assenso. Nello statuto è stabilita la nomina di «infermieri»
per visitare i fratelli ammalati; gli aderenti pagano grana 1 al mese, indossano una
mozzetta turchina, si obbligano a recitare in ogni festa il rosario e chi sa leggere canta
l’ufficio (AS.St; AS.NA, 58/15). Nel 1873 nomina il padre spirituale, è una
confraternita maschile e porta il nome di «SS. Sacramento, Annunciata e Rosario»; nel
1936, invece, porta il titolo di «Figlie di M. SS. Annunziata» e conta 105 consorelle
(ASD.Cf). È dubbio se quest’ultima sia una Congrega diversa o se è la medesima che
ha subito un cambiamento. Mancano notizie successive.
* CASTIGLIONE COSENTINO 1: Maria SS. dei sette dolori. Il 31-10-1756 riceve il
regio assenso: è eretta dentro la chiesa parrocchiale per guadagnare le indulgenze, fa
celebrare funerali per i defunti e i confratelli pagano la quota annuale di grana 12
(AS.St; AS.NA, 88/4). Nel 1930 porta il titolo di «SS. Addolorata» (ASD.Cf) e passa
all’autorità ecclesiastica nel 1939 (Ann. 1988). È ancora in vita (Ann. 1992).
* CASTIGLIONE COSENTINO 2: Maria SS. del Rosario. Già in attività nel 1628
(Russo, p. 70), nel 1793 riceve il regio assenso e le medesime regole della Congrega
del Rosario eretta nel monastero degli 88 domenicani della Serra della Guardia
Lombarda in Calabria Citra (ASD.Cf). Tra il 1825 e il 1839 riceve nuove regole da re
Francesco I (AS.St). Nel 1868 ha una rendita di L. 151,59 (AS.Re) e passa all’autorità
ecclesiastica nel 1939 (Ann. 1988). Ancora in vita (Ann. 1992).
* CASTIGLIONE COSENTINO 3: SS. Annunziata e Trinità dei Pellegrini. Già in
file:///C|/Documenti/CONFRATERNITE/Vol_1/Testi_1/C12_intrieri.htm (16 of 39) [29/11/02 10.04.19]
LE CONFRATERNITE DELLA PARTE ANTICA DELLA DIOCESI DI COSENZA
attività nel 1628 (Russo, p. 70), il 4-5-1829 riceve l’approvazione delle regole col
nome di «SS. Annunziata» (AS.St), ma in un altro documento la sua denominazione è
indicata in modo diverso: «SS. Trinità dei pellegrini eretta dentro la chiesa della SS.
Annunziata» (AS.St, b. 13, p. 47). Nel 1868 ha una rendita di L. 541,50 (AS.Re).
Passa all’autorità ecclesiastica nel 1939 (Ann. 1988). La sua chiesa è crollata nel 1926
(ASD.Cf, questionario 1947), ma la Confraternita è ancora in vita (Ann. 1992).
* CASTIGLIONE COSENTINO 4: Immacolata Concezione. Eretta nella chiesa di
San Nicola, il 2-10-1603 le viene concessa l’indulgenza plenaria per la festa
dell’Immacolata (Reg. Vat. n. 25938); riceve lo statuto nel 1739 come «Immacolata
Concezione e S. Antonio» (AS.NA, 50/9)
* CASTIGLIONE COSENTINO 5: S. Sofia. Nel 1628 trovasi nella chiesa
parrocchiale (Russo, p. 70).
* CASTIGLIONE COSENTINO 6: SS. Sacramento. Nel 1936 vi aderiscono 10
uomini e 20 donne (ASD.Vp).
* CASTROLIBERO (già CASTELFRANCO) 1: Rosario. Nel 1628 trovasi nella
chiesa parrocchiale (Russo, p. 71).
* CASTROLIBERO 2: Madonna della Stella. Nel 1628 trovasi nella chiesa
parrocchiale (Russo, p. 71).
* CASTROLIBERO 3: S. Giovanni Decollato. Nel 1798 riceve lo statuto (AS.NA,
48/31).
* CASTROLIBERO 4: SS. Sacramento. Nel 1936 vi aderiscono 6 uomini e 3 donne
(ASD.Vp).
* CELICO 1: S. Maria dell’Assunta detta del Fosso. Il 1-5-1585 viene confermata
l’indulgenza concessale da Gregorio XIII per le feste dell’Assunzione e della
Visitazione; la confraternita è sita nella chiesa omonima (Reg. Vat. n. 23776). Le
indulgenze vengono confermate nel 1615-1620 (Reg. Vat. n. 28359) e il 5-4-1710
vengono concesse per la festa dell’Assunzione e per altre quattro feste principali della
Madonna (Reg. Vat. n. 51568). Il 30-11-1752 le vien concesso il regio assenso: è
aggregata all’Arciconfraternita del SS. Nome di Maria di Roma e si propone come fine
la frequenza ai sacramenti, la celebrazione delle feste dell’Assunta e del SS. Nome di
Maria, la recita dell’ufficio nell’ultima domenica di ogni mese, la recita del rosario da
chi non sa leggere e la visita a infermi e carcerati (AS.St; AS.NA, 106/10). Nel 1835 è
nella chiesetta di S. Antonio (ASD.Vp). Nel 1868 ha una rendita di L. 139,69 (AS.Re)
e nel 1937 passa all’autorità ecclesiastica, ma è già estinta da tempo; viene perciò
soppressa con decreto arcivescovile nel 1958, ma risulta ancora elencata fra quelle in
vita (ASD.Cf; Boll.CS; Ann. 1988; Ann. 1992).
* CELICO 2: SS. Annunziata. Nel 1615-1620 le vengono concesse delle indulgenze
dalla S. Sede (Reg. Vat. n. 28351). Nell’ottobre del 1764 riceve il regio assenso: da
molti anni i confratelli si radunano in una piccola chiesa di Celico, invocando S.
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LE CONFRATERNITE DELLA PARTE ANTICA DELLA DIOCESI DI COSENZA
Giovanni Battista ma «sotto il titolo dell’Annunziata»; in seguito erigono nella chiesa
parrocchiale di San Michele Arcangelo due cappelle: una al SS. Sacramento e una al
Purgatorio. Nel 1585 ha ottenuto dei privilegi da Gregorio XIII come Confraternita del
SS. Sacramento, e nel 1608 Paolo V le concede delle indulgenze come «Annunziata» e
l’aggrega alla chiesa di S. Maria sopra Minerva dei PP. Predicatori (AS.St; AS.NA,
109/4). Valente (pp. 142-143n) riporta il documento originale da cui risulta che
l’aggregazione era avvenuta come «SS. Sacramento». Nel 1868 ha una rendita di L.
81,26 (AS.Re). Esercita lo jus patronatus sulla cappella del SS. Sacramento nella
chiesa parrocchiale di S. Michele Arcangelo (AS.ST; 1828-32 AS.Sd, b. 5, foglio 17)
e sulla cappella del Purgatorio nella medesima chiesa (AS.St; 1828-32 AS.Sd, b. 5,
foglio 13). Nel 1937 passa all’autorità ecclesiastica (Ann. 1988), ma è ormai già
estinta; viene perciò soppressa con decreto arcivescovile nel 1955 (Boll.CS).
* CELICO (Minnito) 3: Arc. Immacolata Concezione di Maria. Nel 1640 viene
autorizzata dalla Curia arcivescovile di Cosenza a erigere la propria cappella (Valente,
p. 228). Il 10-3-1778 riceve il regio assenso: attigua alla chiesa di S. Nicolò di Bari;
nel 1607 Paolo V l’aveva aggregata a quella di S. Lorenzo in Damaso; celebra la festa
8 dicembre; ha sede propria e la sua cappella del Purgatorio nella chiesa di S. Nicola; i
confratelli recitano l’ufficio o il rosario domenicale (AS.St; AS.NA, 133/14). Nel 1868
ha una rendita di L. 83.74 (AS.Re). Ormai estinta, viene soppressa nel 1955 con
decreto arcivescovile.
* CELICO 4: Spirito Santo. Il 13-6-1624 le vengono concesse indulgenze per le feste
principali (Reg. Vat. n. 29022). Il 7-2-1700 rinnova gli statuti: è eretta nella cappella
omonima dei PP. Domenicani e dispone di un capitale di 272 ducati che dà a censo
(Valente, pp. 143-145). Nel 1954 è amministrata dall’Ente comunale di assistenza
(ASD.Cf) e l’anno successivo viene soppressa con decreto arcivescovile, perché
estinta (Boll.CS).
* CELICO 5: SS. Rosario. Eretta nel convento dei Domenicani, il 6-3-1701 sottoscrive
un atto notarile che regola il seppellimento delle sorelle (Valente, p. 147).
* CELLARA 1: S. Maria della Stella e SS. Sacramento. Già in attività nel 1601 col
titolo di S. Maria delle Grazie, nel 1605 si fonde con quella del SS. Sacramento e
assume il doppio nome (ASD.Vp 1601; Pedretti, pp. 22, 32-33). Attiva nel 1628
(Russo, p. 93), il 17-3-1777 riceve il regio assenso: aggregata alla Confraternita della
Minerva in Roma il 22 maggio 1560; celebra la festa l’8 settembre; i confratelli
recitano l’ufficio o il rosario nei giorni festivi e indossano una mozzetta rossa e
turchina (AS.St; AS.NA, 70/15). Nel 1868 ha una rendita di L. 50,09 (AS.Re). Nel
1954 è soppressa con decreto arcivescovile perché estinta (Boll.CS).
* CELLARA 2: SS. Sacramento. Esistente nel 1601 si fonde nel 1605 con quella della
Stella, assumendo il nome di «Arciconfraternita di S. Maria della Stella e del SS.
Sacramento» (Pedretti, pp. 32-33).
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LE CONFRATERNITE DELLA PARTE ANTICA DELLA DIOCESI DI COSENZA
* CERISANO 1: SS. Rosario e SS. Nome di Gesù. Col titolo SS. Nome di Dio nel
1628 è già in attività nella cappella della Circoncisione dei Domenicani (Russo, p. 96).
Ancora attiva nel 1684 (Russo, p. 95), il 25-7-1767 riceve il regio assenso con gli
obblighi delle confraternite dello stesso nome (AS.St; AS.NA, 98/5). Nel 1868 ha una
rendita di L. 416,36 (AS.Re). Ha una chiesa propria (ASD.Cf); nel 1937 passa
all’autorità ecclesiastica (Ann. 1988). È ancora in vita (Ann. 1992).
* CERISANO 2: B.M.V. del Monte Carmelo. Il 20-6-1824 vengono approvate le sue
regole: i confratelli si impegnano alla comunione festiva ecc. (AS.St). Nel 1868 ha una
rendita di L. 329,37 (AS.Re). Nel 1894 riceve il decreto arcivescovile di erezione
canonica e il decreto dell’Ordine carmelitano; ha una chiesa propria, 1500 confratelli e
1300 consorelle (ASD.Cf). Nel 1937 passa all’autorità ecclesiastica (Ann. 1988). È
ancora in vita (Ann. 1992).
* CERISANO 3: SS. Sacramento. Il 19-2-1566 è aggregata all’omonima Confraternita
di S. Maria sopra Minerva (Russo, p. 96). Nel 1628 è già in attività nella chiesa
parrocchiale di S. Lorenzo (Russo, p. 95). Eretta nella chiesa parrocchiale, riceve un
lascito testamentario nel 1876, l’approvazione canonica nel 1927 e ha 250 confratelli
nel 1936 (ASD.Cf).
* COSENZA 1: SS. Salvatore. L’8-7-1618 riceve dalla S. Sede la conferma e la
concessione di nuovi privilegi (Reg. Vat. n. 28017). Il 2-6-1653 riceve il regio
assenso: è eretta nella cappella del SS. Salvatore e di S. Omobono «dell’arte dei
Cositori». Dalle regole del 21-10-1652 risulta che i sarti sono obbligati a farne parte e
che celebra la festa il 6 agosto (AS.St). L’11-9-1767 vengono nuovamente approvate
le regole. Nelle processioni dell’800 ha precedenza su tutte le altre confraternite,
perché ha ricevuto prima di tutte il regio assenso (ASD.Cf). Il 14-3.-1857 Ferdinando
II autorizza l’aggiunta del titolo di «SS. Sacramento». Nel 1868 ha una rendita di L.
26,27 (AS.Re). Il 30-3-1939 passa all’autorità ecclesiastica (Ann. 1988). Nel 1980 la
sua chiesa viene ceduta agli albanesi della città come sede della parrocchia personale
dipendente dall’eparchia di Lungro. Ancora in vita (Ann. 1992).
* COSENZA 2: S. Caterina. Il 31-8-1753 riceve il regio assenso e dichiara di essere
stata fondata nel ’500 nella chiesa posta accanto al convento di S. Francesco di Assisi
(ora inglobata in essa); i confratelli si impegnano alla comunione festiva ecc. (AS.St).
Nel 1868 ha una rendita di L. 520,47 (AS.Re). La chiesa è in stile barocco ricchissimo
con stalli in noce e sei grandi quadri di pittore fiammingo; all’altare vi è un polittico
quattrocentesco con S. Caterina (Minicucci). Nel 1939 passa all’autorità ecclesiastica
(Ann. 1988). È ancora in vita (Ann. 1992).
* COSENZA 3: Arc. S. Maria de’ Suffragi e Anime del Purgatorio. Il 30-9-1762
riceve il regio assenso: eretta nella chiesa dei Teatini (AS.St; AS.NA, 71/13), adorna
di tele ad olio del ’600 (Fuga in Egitto, visita a S. Elisabetta, sposalizio di Maria,
natività ecc.) (Minicucci). Nel 1868 ha una rendita di L. 3283,28 (AS.Re). Nel 1979
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LE CONFRATERNITE DELLA PARTE ANTICA DELLA DIOCESI DI COSENZA
passa all’autorità ecclesiastica (Ann. 1988). È ancora in vita (Ann. 1992).
* COSENZA 4: Arc. SS. Rosario e SS. Nome di Gesù. Col titolo di SS. Nome di Dio,
nel 1590 è già in attività (Russo, p. 112). Il 15-5-1680 la S. Sede ordina che si facciano
restituire i beni sottratti a detta confraternita (Reg. Vat. n. 44425). Il 31-7-1764 riceve
il regio assenso (AS.St; AS.NA, 55/4). Ha una ricchissima cappella barocca nella
chiesa di San Domenico. Nel 1868 ha una rendita di L. 2547,40 (AS.Re). Nel 1937
passa all’Autorità ecclesiastica (ASD.Cf). È ancora in vita (Ann. 1992).
* COSENZA 5: SS. Crocifisso e S. Ivone in S. Croce in Gerusalemme delle monache
Cappuccine. Il 13-1-1581 le viene concessa l’indulgenza plenaria per la festa della S.
Croce (Reg. Vat. n. 23233), rinnovata l’11-7-1605 con l’aggiunta dell’indulgenza di 7
anni nelle principali festività (Reg. Vat. n. 26163). Riceve il regio assenso nel 1767
(AS.NA, 119/5): appartiene agli avvocati e ai patrocinatori della città (AS.Sd). Nel
1868 ha una rendita di L. 85 (AS.Re).
* COSENZA 6: Morte e orazione. Nel 1586 la S. Sede conferma la sua erezione nella
cattedrale di Cosenza (Reg. Vat. n. 23922) e il 27-10-1604 le conferma grazie,
privilegi e indulgenze (Reg. Vat. n. 26082). Il 30-3-1768 riceve il regio assenso:
aggregata a Roma nel 1635, ammette persone di qualsiasi ceto (AS.St; AS.NA, 63/7).
Nel 1776 ha circa 600 fratelli e 270 sorelle (ASD.Cf). Nel 1868 ha una rendita di L.
324,06 (AS.Re). Nel 1937 passa all’autorità ecclesiastica (Ann. 1988). Dal 1943
assume il titolo del SS. Sacramento. Ancora in vita (Ann. 1992).
* COSENZA 7: Arc. SS.mo Nome di Maria Assunta. Il 15-8-1624 la S. Sede le
conferma la concessione dell’oratorio nel cimitero della cattedrale di Cosenza (Reg.
Vat. n. 29074). Nel 1728 redige la platea (ora in ASD). Il 26-11-1776 riceve il regio
assenso: fondata nel 1614 da mons. G. B. Costanzo, aggregata a Roma il 26-9-1711
(AS.St; AS.NA, 84/18). Nel 1868 ha una rendita di L. 498,32 (AS.Re). Nel 1937 passa
all’autorità ecclesiastica (Ann. 1988). Ancora in vita (Ann. 1992).
* COSENZA 8: Maria SS. del Perpetuo soccorso. Sorta col titolo di Madonna del
Carmine nella chiesa dei Carmelitani e passata in quella attigua degli Agostiniani col
nuovo titolo, dopo il danneggiamento della prima, è già in attività nel 1628 e approva
gli statuti il 21-7-1776 (Russo, p. 116; Minicucci, Cosenza sacra, p. 101). Il 8-6-1778
riceve il regio assenso (AS.St; AS.NA, 77/30). Nel 1868 ha una rendita di L. 325,76
(AS.Re). Nel 1937 passa all’autorità ecclesiastica e successivamente viene unita alla
Congrega della Consolazione nella stessa chiesa (ASD.Cf). È ancora in vita (Ann.
1992).
* COSENZA 9: San Giovanni Battista. Nel 1605 la S. Sede le concede delle
indulgenze (Reg. Vat. n. 26208). Il 22-6-1778 riceve il regio assenso: è eretta
nell’omonima chiesa di Portapiana (AS.St). Nel 1868 ha una rendita di L. 738,71
(AS.Re). Nel 1937 passa all’autorità ecclesiastica (Ann. 1988). Ancora in vita (Ann.
1992).
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LE CONFRATERNITE DELLA PARTE ANTICA DELLA DIOCESI DI COSENZA
* COSENZA 10: Maria SS. della Consolazione. Eretta nella chiesa di A. Agostino, nel
1579 viene aggregata alla Congrega dei Centurati di Bologna (Reg. Vat. n. 23112). Il
16-10-1778 riceve il regio assenso (AS.St; AS.NA, 61/30). Nel 1868 ha una rendita di
L. 34 (AS.Re). Nel 1937 passa all’autorità ecclesiastica e successivamente viene unita
alla Congrega del Perpetuo Soccorso nella stessa chiesa (ASD.Cf). È ancora in vita
(Ann. 1992).
* COSENZA 11: Maria SS. Annunziata. Il 16-10-1590 Claudio Acquaviva, generale
dei Gesuiti, la erige nel collegio di Cosenza, affidandone la direzione a un padre della
Compagnia (AS, Regole stampate nel 1613, Biblioteca VI B 4 313). Il 24-6-1705 la S.
Sede concede l’indulgenza plenaria applicabile ai defunti ai confratelli che visitano la
chiesa nella terza domenica di ogni mese; la confraternita è dichiarata dei nobili e
situata in una chiesa vicina a quella del Collegio dei Gesuiti (Reg. Vat. n. 50483). Nel
1792 viene approvato lo statuto da cui risulta che ha sede in una chiesa «attaccata alla
chiesa dei PP. Carmelitani» (AS.NA, 24/11) (i Gesuiti erano stati espulsi dal Regno
nel 1767); il regio assenso è del 3.2.1793 (ASD.St). Nel 1868 ha una rendita di L.
1037,98 (AS.Re). Nel 1932 è nella chiesa di San Giovanni Gerosolimitano
(Minicucci). Nel 1939 passa all’autorità ecclesiastica (Ann. 1988). Ancora in vita
(Ann. 1992).
* COSENZA 12: S. Maria della Misericordia dei Bianchi. Il 12-3-1540 viene concessa
l’indulgenza di un giorno a coloro che visitano la sua cappella (Reg. Vat. n. 18207).
Riservata ai nobili, assiste i condannati a morte; la sua cappella è attigua alla sagrestia
della Cattedrale e ha varie tele, oggetti d’oro e d’argento fra cui un Cristo alla colonna
attribuito a Michelangelo (Minicucci). Nell’Archivio di Stato di Cosenza sono
conservati lo statuto, la platea del ’500 e altri incartamenti, fra cui gli elenchi dei
condannati a morte assistiti. Ormai estinta di fatto, nel 1926 consegna i suoi beni alla
Congregazione di Carità (ASD.Cf).
* COSENZA 13: S. Maria del Popolo. Il 3.1.1603 le viene confermata l’imposizione
di un annuo censo di 160 ducati per aver comprato una casa per un ospizio per
pellegrini (Reg. Vat. n. 25840). Il 23-8-1618 la S. Sede conferma la sua erezione e le
concede l’indulgenza plenaria (Reg. Vat. n. 28024).
* COSENZA 14: S. Rocco, Crispino e Crispiniano dei calzolai. Fondata col consenso
dell’arcivescovo Costanzo del 5-3-1599, il 21 maggio dello stesso anno acquista un
terreno dall’ospedale di Cosenza per costruirvi la propria chiesa (Reg. Vat. n. 25442 e
nota). Inattiva da tempo, nel 1856 presenta agli organi civili il progetto delle sue
regole per trasformare l’oratorio dedicato ai tre santi in confraternita per meglio curare
la chiesa; nel 1860 viene dato parere favorevole, ma viene chiesto il parere del
vescovo (AS.St). Dura in vita almeno fino al 1911 (ASD.Cf).
* COSENZA 15: SS. Sacramento. Eretta nella chiesa di San Nicola da mons. Costanzo
(1591-1617), il 20-5-1607 viene aggregata alla corrispondente di Roma (Reg. Vat. n.
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LE CONFRATERNITE DELLA PARTE ANTICA DELLA DIOCESI DI COSENZA
26429) e le viene concesso un privilegio (Reg. Vat. n. 27202).
* COSENZA 16: SS. Corpo di Cristo. Nel 1539 viene confermata dalla S. Sede la sua
erezione nella cattedrale (Reg. Vat. n. 18169).
* COSENZA 17: SS. Corpo di Cristo. Nel 1628 è in attività nella chiesa dei SS.
Stefano e Lorenzo dei Pignatari (Russo, p. 111).
* COSENZA 18: Natività della B.ma V. Maria. Eretta con bolla del 5-3-1613
dall’arcivescovo Costanzo (ASD, S. Nicola, Platea), il 9-9-1615 le vengono concesse
delle indulgenze dalla S. Sede (Reg. Vat. n. 27629). Nel 1728 redige la platea dei suoi
beni (ASD, S. Nicola, Platea).
* COSENZA 19: S. Leonardo. L’11-12-1618 viene confermato il suo statuto e la
facoltà di trasferirsi ad altra chiesa dello stesso nome da essa costruita; la confraternita
era stata fondata nel 1571 nella chiesa di S. Nicola dei Pignatari (Reg. Vat. n. 28072).
* COSENZA 20: Buona morte. Eretta nella chiesa del Collegio dei Gesuiti, il 13-91674 viene concessa ai confratelli l’indulgenza plenaria da usufruire in una delle
domeniche di ogni mese, con la facoltà di applicarla ai defunti, e inoltre l’indulgenza
di 7 anni e 7 quarantene a coloro che presenziano all’esposizione del SS. Sacramento
in detta chiesa o si flagellano in qualche domenica (Reg. Vat. n. 43203). L’11-4-1685
l’indulgenza plenaria viene concessa per una volta all’anno (Reg. Vat. n. 45275). L’114-1688 viene ripristinata la concessione del 1674 (Reg. Vat. n. 45761).
* COSENZA 21: Concezione della B.M.V. Sorta nel sec. XIII in S. Francesco di
Assisi (Russo, p. 112). Il 26-7-1580 viene concessa l’indulgenza ai confratelli (Reg.
Vat., n. 23162), rinovata l’11-3- 1583 (Reg. Vat., n. 23495) e il 1-6-1700 in occasione
della festa principale (Reg. Vat. n. 48322).
* COSENZA 22: S. Anna. Eretta in una cappella della chiesa di S. Maria Lauretana
dei Minimi, il 15-5-1723 le viene concessa l’indulgenza plenaria per le feste di S.
Anna, di S. Giuseppe, di S. Gioacchino, di S. Giovanni Battista e della Concezione
della B.V.M. (Reg. Vat. 54805).
* COSENZA 23: San Nicola. Costituita nella chiesa che da lei prende il nome, nel
1603 la cede alla parrocchia omonima per consentirne l’istituzione (ASD, S.Nicola,
Platea). Nel giugno 1616 il beneficio della cappella di S. Nicola della confraternita
omonima di ambo i sessi è assegnato al parroco della stessa chiesa (Reg. Vat. n.
27771). Nel 1728 sembra ancora in attività (ASD.S.Nicola, Platea).
* COSENZA 24: Dottrina Cristiana. Nel 1577 e nel 1591 riceve delle indulgenze
(Russo, p. 112).
* COSENZA 25: Spirito Santo. Nel 1581 chiede al card. Sirleto di diventare suo
protettore (Russo, p. 112).
* COSENZA 26: S. Maria delle Grazie. Le vengono concesse delle indulgenze il 6-121468 (Russo, p. 116).
* COSENZA 27: Madonna della Neve. In attività a Campagnano, riceve
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LE CONFRATERNITE DELLA PARTE ANTICA DELLA DIOCESI DI COSENZA
l’approvazione degli statuti nel 1777 (Russo, p. 116).
* COSENZA 28: SS. Crocifisso. Eretta con decreto arcivescovile nel 1871 nella chiesa
della Riforma su richiesta di 7 fedeli (ASD.Cf).
* COSENZA 29: Immacolata Concezione di Lourdes. Eretta nel 1877 con decreto
arcivescovile su richiesta dei pp. Filippini di Cosenza nella chiesa dello Spirito Santo
(ASD.Cf).
* COSENZA 30: B.M.V. del Monte Carmelo. In vita almeno dal 1869, viene eretta
canonicamente nel 1892 nella chiesa del Carmine con decreto arcivescovile (ASD.Cf).
* COSENZA (fraz. TURZANO, ora BORGO PARTENOPE) 1: SS. Corpo di Cristo.
Nel 1615 è già in vita (Russo, p. 353).
* COSENZA (fraz. TURZANO, ora BORGO PARTENOPE) 2: Madonna del Rosario.
I suoi statuti vengono confermati nel 1790 (Russo, p. 354; AS.NA, 118/24).
* COSENZA (fraz. DONNICI INFERIORE) 1: S. Michele Arcangelo. Il 30-3-1778
viene concesso il regio assenso (AS.St). Nel 1939 passa all’autorità ecclesiastica (Ann.
1988). È in una cappella attigua alla chiesa parrocchiale (ASD.Cf). Ancora in vita
(Ann. 1992).
* COSENZA (fraz. DONNICI INFERIORE) 2: SS. Rosario. In attività almeno dal
1628 (Russo, p. 134) al 1850 (AS.Sd; ASD, elenco generale).
* COSENZA (fraz. DONNICI INFERIORE) 3: SS. Sacramento. I suoi statuti vengono
confermati nel 1777 (Russo, p. 134).
* COSENZA (fraz. DONNICI SUPERIORE): SS. Rosario. Il 9-7-1777 le viene
concesso il regio assenso, ma esiste da tempo immemorabile (AS.St). In attività
almeno fino al 1850 circa (AS.reg. 1995; ASD. elenco generale).
* COSENZA (fraz. S. IPPOLITO): SS. Rosario. Nel 1917 viene eretta con decreto
arcivescovile e aggregata a Roma (ASD.Cf).
* DIPIGNANO 1: SS. Sacramento e Immacolata Concezione di Maria SS. Il 7-1-1777
le viene concesso il regio assenso (AS.St). Ha una chiesa propria e la sua fondazione è
anteriore al 1748; nel 1936 ha 32 confratelli e 60 consorelle (ASD.Cf e Vp). Nel 1937
passa all’autorità ecclesiastica (Ann. 1988). È ancora in vita (Ann. 1992).
* DIPIGNANO 2: Madonna del Rosario. Nel 1628 è in attività nella chiesa degli
Osservanti (Russo, p. 133).
* DIPIGNANO (Laurignano) 1: Assunta. Nel 1628 è già in vita (Russo, p. 169).
* DIPIGNANO (Laurignano) 2: SS. Rosario. Sorta probabilmente nel 1829, dà origine
a un’inchiesta governativa per una lettera anonima che l’accusa di accettare nel suo
seno dei «carbonari» (AS.St). Nel 1931 esiste solo la chiesetta pericolante (ASD.Cf).
* DIPIGNANO (Laurignano) 3: Passione. Istituita verso il 1932, quattro anni dopo ha
100 aderenti (ASD.Vp).
* DIPIGNANO (Pulsano): S. Caterina. Nel 1628 è già in vita (Russo, p. 243).
* DIPIGNANO (Tessano): SS. Immacolata. Il 11-3-1615 la S. Sede conferma la sua
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LE CONFRATERNITE DELLA PARTE ANTICA DELLA DIOCESI DI COSENZA
erezione (Reg. Vat. n. 27544) e il giorno dopo le concede delle indulgenze per la festa
dell’Immacolata e per quattro principali feste della Madonna (Reg. Vat. n. 27545). Nel
1931 risulta estinta da tempo (ASD.Cf).
* DOMANICO 1: S. Michele Arcangelo. Nel 1628 è già in vita (Russo, p. 133).
* DOMANICO 2: Maria SS. Immacolata. Già in attività nel 1628 (Russo, p. 133), nel
1778 le viene concesso il regio assenso; celebra feste l’8 settembre e la III domenica
dopo Pentecoste sotto il titolo di Costantinopoli o dell’Idria (AS.St). Nel 1850 circa è
inserita nell’elenco generale col nome di «Immacolata e Costantinopoli» (ASD). Nel
1868 ha una rendita di L. 305,89 (AS.Re). Nel 1937 passa all’autorità ecclesiastica
(Ann. 1988). Ancora in vita (Ann. 1992).
* FIGLINE VEGLIATURO e CELLARA 1: SS. Rosario. Già in attività nel 1628
(Russo, p. 139), il 7.4.1790 le viene concesso il regio assenso: appartiene alle
università di Figline, Cellara e Francolisi; è posta nel convento di San Domenico e
recita il rosario e le litanie nei giorni festivi (AS.St; AS.NA, 6/18). Nel 1794 Pio VI le
concede l’altare privilegiato perpetuo (Russo, p. 93). Tra il 1825 e il 1862 è oggetto di
una controversia, perché gli abitanti di Cellara accusano i Figlinesi di aver
abusivamente trasportato la statua nella chiesa del loro paese dopo la soppressione del
convento (AS.As). Nella seconda metà dell’800 la statua viene lasciata a Figline e il
Bambino riportato a Cellara (p. 41). Nel 1868 ha una rendita di L. 81,81 (AS.Re). Nel
1918 chiede di spostare la propria sede dalla chiesa matrice a quella di S. Rocco
(ASD). Ormai estinta, nel 1954 viene soppressa con decreto arcivescovile (Boll.CS).
*FIGLINE VEGLIATURO 2: S. Croce. Il 9 maggio 1711 le viene concessa
l’indulgenza plenaria per la festa di S. Giovanni Battista (Reg. Vat. 51766). Nel 1779
viene approvato lo statuto sotto il nome di «SS. Crocefisso, S. Giuseppe e Santa
Caterina» (AS.NA, 158/25).
* FIGLINE 3: S. Giovanni Evangelista. Nel 1628 è già in vita (Russo, p. 139).
* FIGLINE 4: Immacolata. Il 5-7-1692 viene aggregata a S. Lorenzo in Damaso di
Roma (Russo, p. 138).
* FUSCALDO 1: S. Immacolata Concezione. Eretta nel 1633, il 5-5-1762 viene
aggregata a San Lorenzo in Damaso di Roma (Russo, p. 144) e il 30-4-1769 le viene
concesso il regio assenso (AS.St; AS.NA, 73/22). Nel 1868 ha una rendita di L. 152,63
(AS.Re). Nel 1931 ha una chiesa propria, 80 fratelli e 95 sorelle; nel 1936 il parroco
dichiara che nella chiesa vi sono quadri del Pascaletto (scuola napoletana del ’700) e
ha 300 iscritti. Estinta nel 1960 (ASD.Cf).
* FUSCALDO 2: Madonna del Suffragio, di S. Giuseppe e anime del Purgatorio. Nel
1759 approva lo statuto come «Madonna del Suffragio e S. Giuseppe» (AS.NA, 2/3).
Il 21-4-1777 le viene concesso il regio assenso (AS.St). Nel 1868 ha una rendita di L.
448,37 (AS.Re). Nel 1936 il parroco dichiara che ha una chiesa barocca del 1704,
cinque statue e quadri di scuola napoletana del ’700; iscritti 350 (ASD.Cf). Nel 1939
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LE CONFRATERNITE DELLA PARTE ANTICA DELLA DIOCESI DI COSENZA
passa all’autorità ecclesiastica (Ann. 1988). Nel 1954 ha 315 confratelli e 332
consorelle; aggregata alla Confraternita del Suffragio in Roma nel 1697 (ASD.Cf). È
ancora in vita (Ann. 1992).
* FUSCALDO 3: SS. Rosario. Fondata l’8.3.1598 e in attività nel 1628 (Russo, p.
145) e nel 1831 (AS.Reg 1995), viene eretta canonicamente nel 1891 (ASD.Cf). Nel
1936 ha 30 iscritti (ASD.Vp).
* FUSCALDO 4: SS. Sacramento. Redige la platea nel 1792 nella chiesa di S.
Giacomo (Russo, p. 144).
* FUSCALDO 5: Addolorata. Nel 1756 viene aggregata a S. Marcello (Russo, p. 145).
* FUSCALDO 6: S. Nicola. Nel 1628 è già in vita (Russo, p. 145).
* GRIMALDI 1: M. SS. Immacolata. Fondata nel 1653 nella chiesa parrocchiale
(Russo, p. 158), il 7-1-1777 le viene concesso il regio assenso col fine di frequentare i
sacramenti ogni III domenica del mese e nelle feste della Madonna ecc. (AS.St). Nel
1868 ha una rendita di L. 358,04 (AS.Re). Nel 1929 il parroco dichiara che è stata
fondata nel 1653 e ha una chiesa propria (ASD.Cf). Nel 1939 passa all’autorità
ecclesiastica (Ann. 1988). Nel 1954 ha 278 iscritti (ASD.CF). È ancora in vita (Ann.
1992).
* GRIMALDI 2: Rosario: Il 30-4-1773 il generale dei Domenicani ne autorizza
l’istituzione (Russo, p. 158).
* GUARDIA PIEMONTESE (già GUARDIA LOMBARDA) 1: SS. Rosario. Nel
1779 approva lo statuto (AS.NA, 133/6) e il 26-4-1793 le viene concesso il regio
assenso: è eretta da tempo immemorabile nel monastero degli 88 domenicani (AS.St;
AS.NA, 54/25). Nel 1868 ha una rendita di L. 126,62 (AS.Re). Nel 1954 ha 25 iscritti.
È ancora in vita.
* GUARDIA PIEMONTESE: 2: SS. Sacramento. Esiste almeno dal 1834, quando
dichiara un introito di ducati 53.60 (AS.Sd). Nel 1954 ha 5 iscritti (ASD.Cf). È ancora
in vita.
* LAGO 1: SS. Annunziata. Già in attività nel 1615 (Chiatto, pp. 97-98), il 19-8-1776
le viene concesso il regio assenso (ASD.Cf; AS.NA, 28/21). Nel 1929 il parroco
dichiara che è proprietaria di una chiesa del 1770 con affreschi e nel 1937 passa
all’autorità ecclesiastica (ASD.Cf).
* LAGO 2: SS. Immacolata Concezione, san Giuseppe e san Giacomo. Già in vita nel
1582, 1684 e 1757, è eretta nella chiesa di S. Giacomo, che nel ’700 assume il titolo di
chiesa di san Giuseppe (Chiatto, pp. 90); il 17-8-1776 le viene concesso il regio
assenso (ASD.Cf). Nel 1820 le viene concesso il titolo di Arciconfraternita (AS.As).
Nel 1937 passa all’autorità ecclesiastica; ha una chiesa propria (ASD.Cf). È ancora in
vita (Ann. 1992).
* LAGO 3: SS. Sacramento. In attività nel 1628 (Russo, p. 165) e nel 1787 nella
chiesa matrice e aggregata a S. Maria sopra Minerva (Chiatto, p. 76).
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* LAGO 4: S. Maria del Soccorso. Nel 1575 è già in attività nel monastero omonimo
del Terz’ordine di S. Francesco d’Assisi (Chiatto, p. 138).
* LAGO 5: Rosario. In attività nel 1787 nella chiesa matrice (Chiatto, p. 76).
* LAPPANO 1: SS. Sacramento. Nel 1640 viene aggregata a S. Maria sopra Minerva
in Roma (Russo, p. 167).
* LAPPANO 2: SS. Giovanni Battista e Lucia. Nel 1628 è già in vita (Russo, p. 167).
* LAPPANO 3: S. Maria delle Grazie. Nel 1779 le viene concesso il regio assenso:
celebra la festa l’8 settembre e i confratelli si impegnano alla confessione e alla
comunione nelle feste principali della Madonna (AS.St; AS.NA, 64/21). Nel 1868 ha
una rendita di L. 29,10 (AS.Re). Ha una chiesa propria (ASD.Cf); nel 1939 passa
all’autorità ecclesiastica (Ann. 1988). Nel 1954 ha 70 iscritti ASD.Cf). È ancora in
vita (Ann. 1992).
* MALITO 1: SS. Rosario. Nel 1791 riceve statuto e regio assenso (ASD.Cf). Nel
1868 ha una rendita di L. 123,53 (AS.Re). Nel 1936 ha 109 iscritti e una chiesa propria
(ASD.Cf).
* MALITO 2: M. V. Immacolata. Già in attività nel 1638 (Russo, p. 179), nel 1834 ha
introiti per ducati 19.19 ed esiti per ducati 48.88 (AS.Sd). Nel 1868 ha una rendita di
L. 71,53 (AS.Re). Nel 1936 ha 220 iscritti e una chiesa propria; nel 1954 ha 30 iscritti
(ASD.Cf).
* MALITO 3: Figlie di Maria SS. e s. Agnese. Eretta nel 1909 con decreto
arcivescovile (ASD.Cf).
* MALITO 4: SS. Sacramento. Nel 1936 vi sono iscritti 5 uomini e 5 donne
(ASD.Vp).
* MANGONE 1: Immacolata. Il 24-5-1587 viene aggregata a S Lorenzo in Damaso di
Roma (Russo, p. 181).
* MANGONE 2: Assunta. Già in vita nel 1619 e nel 1628 (Russo, p. 181). Nel 1778
riceve l’approvazione dello statuto (AS.NA, 50/32); ma nei documenti del 1834 risulta
solo come una «chiesa filiale» (AS.Sd). Nel 1947 il parroco dichiara che la chiesa è
crollata e la pratica per il passaggio all’autorità ecclesiastica sospesa. Nel 1955 viene
soppressa con decreto arcivescovile per mancanza di confratelli (ASD.Cf).
* MANGONE 3: Annunziata. Il suo statuto viene approvato nel 1797 (AS.NA,
155/20).
* MANGONE 4: SS. Rosario. Il 21-5-1579 l’ordine dei Domenicani ne autorizza la
costituzione (Russo, p. 181) e nel 1850 riceve l’approvazione civile delle regole; è
eretta nella chiesa parrocchiale di Mangone (AS.St). Nel 1868 ha una rendita di L.
122,19 (AS.Re). È ancora in vita (Ann. 1992).
* MARANO MARCHESATO 1: Rosario. Eretta il 12-4-1768 (Russo, p. 182).
* MARANO MARCHESATO 2: Immacolata. Riceve lo statuto nel 1788 (AS.NA,
129/30). Nel 1834 ha introiti ed esiti per ducati 35.77 e ha 20 tra confratelli e
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LE CONFRATERNITE DELLA PARTE ANTICA DELLA DIOCESI DI COSENZA
consorelle (AS.Sd). Nel 1868 ha una rendita di L. 218,91 (AS.Re). Probabilmente
estinta verso la fine del secolo.
* MARANO MARCHESATO 3: M. SS. del Carmelo. Eretta nel 1882 con decreto
arcivescovile, è in attività almeno fino al 1919 (ASD.Cf).
* MARANO MARCHESATO 4: S. Cuore di Gesù. Il Parroco ne chiede l’erezione nel
1888 (ASD.Cf). Nel 1936 ha 50 iscritti (ASD.Vp).
* MARANO PRINCIPATO: SS. Immacolata. Nel 1864-65 ha sede nella chiesa
parrocchiale e i suoi 56 confratelli eleggono il padre spirituale (ASD.Cf).
* MARZI 1: SS. Nome di Gesù. Nel 1628 è già in vita (Russo, p. 175).
* MARZI 2: S. Maria della Consolazione. Nel 1776 le viene concesso l’altare
privilegiato perpetuo (Russo, p. 187).
* MARZI 3: Arc. Anime del Purgatorio. Il 31-1-1768 le viene concesso il regio
assenso: eretta nella chiesa parrocchiale di S. Andrea, si impegna alla comunione il
primo lunedì di ogni mese (AS.St, b. 3, f. 122; AS.NA, 184/25; Russo, p. 187). Nel
1834 ha 36.82 ducati di introiti, di cui 9 versati dagli iscritti (AS.Sd). Nel 1868 ha una
rendita di L. 26,44 (AS.Re). Nel 1958 viene soppressa con decreto arcivescovile
perché estinta (Boll.CS).
* MARZI 4: SS. Annunziata. Antichissima; nel 1768 si trova incorporata nella
Congrega di San Marco e del SS. Sacramento (AS.St; AS.NA, 197/25).
* MARZI 5: S. Marco evangelista e SS. Sacramento del Corpo di Cristo. Il 31-8-1563
viene aggregata a S. Maria sopra Minerva in Roma (Russo, p. 187) e il 30-6-1768 le
viene concesso il regio assenso da cui risulta che da tempo ha incorporato
l’antichissima Congregazione della SS. Annunziata nella chiesa di S. Marco (AS.St;
AS.NA, 197/25). Nel 1776 viene approvato il suo statuto col titolo di congregazione
del Corpo di Cristo (AS.NA, 6/25 e 17/25). Nel 1868 ha una rendita di L. 171,56
(AS.Re). Nel 1947 ha una chiesa propria (ASD.Cf). Nel 1955 viene soppressa con
decreto arcivescovile perché estinta (Boll.CS).
* MARZI 6: SS. Rosario. Fondata nella chiesa di Santa Barbara l’11-9-1579 (Russo,
p. 187), il 30-6-1768 le viene concesso il regio assenso (AS.St; 113/7). Nel 1868 ha
una rendita di L. 303,19 (AS.Re). Nel 1954 ha circa 50 confratelli. (ASD.Cf).
* MARZI 7: Arc. SS. Immacolata. Il 12-7-1581 viene aggregata a S. Lorenzo in
Damaso di Roma (Russo, p. 187) e il 30-7-1768 le viene concesso il regio assenso:
eretta nel convento di S. Maria degli Angeli dei Minori Osservanti (AS.St; AS.NA,
180/25). In attività almeno fino al 1826 (AS.Ce).
* MENDICINO 1: Immacolata. Nel 1582 viene aggregata a San Lorenzo in Damaso.
Ancora in attività nel 1616 e nel 1628 (Russo, p. 190).
* MENDICINO 2: SS. Rosario. Già in attività nel 1628 (Russo, p. 190), il 21-8-1776
le viene concesso lo statuto e il regio assenso: è eretta «ab immemorabili» nel
convento dei Domenicani (ASD.Cf; AS.St; AS.NA, 63/5). Russo (p. 190) afferma che
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LE CONFRATERNITE DELLA PARTE ANTICA DELLA DIOCESI DI COSENZA
vi erano due distinte confraternite con lo stesso nome: una nel convento dei
Domenicani e una nella chiesa di San Pietro, ma di ciò non ho trovato altra traccia. Nel
1868 ha una rendita di L. 213,86 (AS.Re). Nel 1936 ha circa 1000 confratelli e 1000
consorelle (ASD.Vp). Nel 1954 circa 600 confratelli (ASD.Cf).
* MENDICINO 3: S. Caterina V. M., S. Maria del Carmine e dei Morti. Il 27-5-1778
le viene concesso il regio assenso (AS.St; AS.NA, 179/28). Nei carteggi del 18181826 viene indicata come cappella del Carmine e congregazione di S. Caterina
(AS.As). Nel 1868 le rendite del Carmine sono di L. 677,49 e quelle di S. Caterina L.
175,59 (AS.Re). Nel 1936 ha una chiesa propria, 87 confratelli e 55 consorelle
(ASD.Cf). In attività almeno fino al 1947.
* MENDICINO 4: SS. Sacramento. Nel 1638 viene autorizzata dalla S. Sede a
recuperare un legato (Russo, p. 189). Nel 1779 le viene concesso lo statuto col titolo di
Corpo di Cristo (AS.NA, 63/20).
* MENDICINO 5: S. Sebastiano. Nel 1834 ha introiti ed esiti per 30.40 ducati (AS.Sd,
b. 13). Nel 1868 ha una rendita di L. 41,60 (AS.Re). Nel 1937 esiste solo la chiesa
(ASD.Cf).
* MENDICINO? 6: SS. Concezione di Maria V. Nel maggio 1616 si trova istituita fin
dalla sua erezione nella chiesa sine cura della SS.ma Concezione in «Monacini»; è per
ambedue i sessi (Reg. Vat. n. 27753).
* MONTALTO UFFUGO 1: Immacolata Concezione e S. Giacomo. Fondata nel 1616
(Russo, p. 196) ed eretta nella chiesa di S. Maria del Riposo, il 21-4-1695 viene
concessa ai confratelli l’indulgenza plenaria nel giorno del ricevimento dell’abito
(Reg. Vat. n. 47227). Il 1-3-1777 le viene concesso il regio assenso; dichiara di essere
stata eretta nella chiesa di San Giacomo apostolo nel 1616 (AS.St; AS.NA, 70/14). Nel
1858-1868 ha circa 40 confratelli (ASD.Cf). Nel 1939 passa all’autorità ecclesiastica
come «Immacolata e Riposo» (Ann. 1988). Nel 1954 ha circa 30 confratelli (ASD.Cf).
È ancora in vita (Ann. 1992).
* MONTALTO UFFUGO 2: S. Maria del Riposo. Il 4-5-1689 le viene concessa
l’indulgenza plenaria per la festa principale e per il secondo giorno della festa di
Pentecoste (Reg. Vat. n. 45969). Il 26-4-1783 le viene concesso il regio assenso: da
moltissimi anni nella chiesa dal medesimo titolo (AS.St; AS.NA, 77/20). Nel 1868 ha
una rendita di L. 638,01 insieme a quella dell’Annunziata (AS.Re). Nel 1913 è nella
chiesa di S. Francesco di Paola di sua proprietà (ASD.Cf). Possiede il ritratto autentico
di S. Francesco di Paola (ASD.Cf, questionario 1931). Nel 1933 la chiesa è sede del
ricreatorio don Bosco; nel 1955 viene soppressa con decreto arcivescovile perché
estinta (ASD.Cf).
* MONTALTO UFFUGO 3: SS. Annunziata. Fondata probabilmente nel 1424
(Russo, p. 197), il 26-4-1783 le viene concesso il regio assenso: eretta fin dal ’500
(AS.St; AS.NA, 75/20). Si unifica con quella del «Riposo» poco prima del 1860
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LE CONFRATERNITE DELLA PARTE ANTICA DELLA DIOCESI DI COSENZA
(ASD.Cf).
* MONTALTO UFFUGO 4: S. Giovanni Battista. Nel 1605 riceve la concessione di
indulgenze (Reg. Vat. n. 26206).
* MONTALTO UFFUGO 5: Cinque piaghe. Il 3-7-1693 le viene concessa
l’indulgenza plenaria per la festa dell’Invenzione della S. Croce e di 7 anni per la festa
dell’Assunzione e per i venerdì di marzo (Reg. Vat. n. 46793).
* MONTALTO UFFUGO 6: S. Leonardo. Il 28-8-1576 viene concessa l’indulgenza
plenaria per la festa di s. Leonardo ai confratelli della congrega omonima (di
Montalto? ) (Reg. Vat. n. 22778). Il 20-4-1594 viene concessa l’indulgenza per la festa
di San Leonardo all’omonima confraternita e chiesa di Montalto (Reg. Vat. n. 24811);
la concessione alla confraternita e chiesa viene ripetuta il 10-9-1604 senza però
indicare il nome del paese (Reg. Vat. n. 26071).
* MONTALTO UFFUGO 7: Rosario: Eretta in San Domenico, riceve l’approvazione
degli statuti nel 1765 (Russo, p. 197).
* MONTALTO UFFUGO 8: B.M.V. del Carmelo. Eretta nel 1882 con decreto
arcivescovile (ASD.Cf).
* MONTALTO UFFUGO (fraz. S. Maria La Castagna): SS. Rosario. Il 24-9-1767 le
viene concesso il regio assenso: nella chiesa di S. Maria ad Nives della “Villa di
Castagna”; i confratelli di impegnano all’assistenza quotidiana alla messa, alla
confessione e alla comunione nella I e III domenica e nelle feste della Madonna
(AS.St; AS.NA, 97/5). In attività almeno fino al 1917 (ASD.Cf).
* MONTALTO UFFUGO (fraz. VACCARIZZO): Immacolata Concezione di Maria
V. Il 27-8-1778 le viene concesso il regio assenso: i confratelli si impegnano a
confessarsi la I e III domenica di ogni mese (AS.St; AS.NA, 76/26). Nel 1868 ha una
rendita di L. 366,66 (AS.Re). Nel 1929 ha una chiesa propria del sec. XV, 82
confratelli e 144 consorelle; la chiesa viene interdetta nel 1939 e la congrega sospesa
per non aver voluto accettare il nuovo regolamento; nel 1954 ha 207 confratelli
(ASD.Cf) e nel 1958 viene soppressa con decreto arcivescovile perché estinta
(Boll.CS).
* PAOLA 1: Immacolata Concezione. Il 13-9-1609 le viene concessa l’indulgenza per
le feste della Concezione, dell’Assunzione, dell’Annunciazione e di S. Francesco di
Paola (Reg. Vat. n. 26690). Il 24-5-1644 viene confermato l’accordo per una vertenza
su un censo stipulato il 14 agosto 1416 con Francesco della Valle (Reg. Vat. n.
34463). Il 22-12-1777 le viene concesso il regio assenso (AS.St; AS.NA, 139/11). Nel
1868 ha una rendita di L. 513,06 (AS.Re). Nel 1876 viene eretta canonicamente con
decreto arcivescovile; nel 1929 ha una chiesa propria (ASD.Cf) e nel 1939 passa
all’autorità ecclesiastica (Ann. 1988). È ancora in vita (Ann. 1992).
* PAOLA 2: SS. Rosario. Eretta dai Gesuiti nella chiesa matrice nel 1617 (Russo, p.
225). Il 5-5-1777 viene concesso il regio assenso alla confraternita omonima eretta nel
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LE CONFRATERNITE DELLA PARTE ANTICA DELLA DIOCESI DI COSENZA
convento dei Domenicani (AS.St; AS.NA, 138/11). Secondo Russo (p. 225) si tratta di
due diverse confraternite; ma probabilmente è la stessa istituzione spostatasi nel
convento dei Domenicani dopo la soppressione dei Gesuiti nel 1767 (ASD.Cf). Ha una
chiesa propria, danneggiata dal terremoto nel 1908, e alcune opere d’arte catalogate:
altare, balaustra, tondo e tela (ASD.Cf). Dal 20-5-1914 la chiesa diventa sede di una
nuova parrocchia (ASD.Vp 1936). Nel 1939 passa all’autorità ecclesiastica (Ann.
1988); nel 1954 ha 105 confratelli (ASD.Cf). È ancora in vita (Ann. 1992).
* PAOLA 3: Arc. SS. Sacramento. Già in attività nel 1628 (Russo, p. 225), nel 1763 è
in conflitto col clero (AS.NA, 72/4). Autorizzata nel 1767, è eretta in una cappella
della parrocchia di cui è un sussidio (AS.Sd, b. 9). Nel 1868 ha una rendita di L.
463,49 (AS.Re). È ancora in vita (Ann. 1992).
* PAOLA 4: S. Giacomo apostolo e S. Maria Assunta. Il 1-6-1585 viene concessa
l’indulgenza di sette anni e sette quarantene per la festa dell’Assunzione alla
Confraternita di san Giacomo nella chiesa omonima di Paola (Reg. Vat. n. 23792). Nel
1628 è in attività (Russo, p. 225). Il 30-7-1779 le viene concesso il regio assenso
(AS.St; AS.NA, 119/11). Nel 1868 ha una rendita di L. 790,05 (AS.Re); nel 1936 ha
160 confratelli (ASD.Vp). Nel 1939 passa all’autorità ecclesiastica (Ann. 1988). È
ancora in vita (Ann. 1992).
* PAOLA 5: S. Francesco di Paola. Nel 1615-1620 le viene concessa l’indulgenza
(Reg. Vat. n. 28335).
* PAOLA 6: Buona Morte. Il 1-8-1681 viene concessa l’indulgenza plenaria una volta
al mese e di 7 anni e 7 quarantene a coloro che presenziano all’esposizione del SS.mo
e si flagellano in qualche domenica dell’anno (Reg. Vat. n. 44680).
* PAOLA 7: Madonna della Misericordia. In attività nel 1628 (Russo, p. 226).
* PAOLA 8: Maria Consolazione. Nel 1803 le viene concesso lo statuto (AS.NA,
16/27). In attività almeno fino al 1914 (ASD.Cf).
* PARENTI: S. Maria del Carmine. Il 13-4-1854 le viene concesso il regio assenso: è
eretta nella chiesa parrocchiale (AS.St). In attività almeno fino al 1915 (ASD.Cf).
* PATERNO CALABRO 1: Immacolata Concezione di Maria SS. Il 4-8-1582 viene
aggregata a San Lorenzo in Damaso di Roma (Russo, p. 229). Il 31-8-1767 le viene
concesso il regio assenso: ha 102 confratelli ed è stata fondata nel 1519 (AS.St;
AS.NA, 114/5). Nel 1868 ha una rendita di L. 190,61 (AS.Re). Nel 1947 ha una chiesa
propria in buone condizioni, paramenti, arredi sacri, terreni, ma è estinta; nel 1951 i
terreni vengono concessi alle suore della parrocchia di S. Pietro e Paolo e nel 1955
viene soppressa con decreto arcivescovile (ASD.Cf).
* PATERNO CALABRO 2: S. Michele Arcangelo e SS. Rosario. Fondata nel 1672
(Russo, p. 229; ASD.Cf), il 30-1-1768 le viene concesso il regio assenso: eretta nel
terzo di San Giovanni del casale di Paterno; ha 77 fratelli e come fine assistere gli
infermi, ricevere i sacramenti ecc. (ASD; AS.NA, 199/25). Nel 1852 esegue dei lavori
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LE CONFRATERNITE DELLA PARTE ANTICA DELLA DIOCESI DI COSENZA
di riattamento della chiesa in parte crollata; nel 1931 il parroco dichiara che è sciolta
da tempo e ha una chiesa propria; nel 1939 passa all’autorità ecclesiastica (Ann.
1988). Soppressa con due decreti arcivescovili nel 1955 e 1958 (prima con uno dei due
nomi e poi con l’altro) (Boll.CS), risulta elencata fra quelle ancora in vita (Ann. 1992).
* PEDACE 1: SS. Rosario della B.V.M. Immacolata. Fondata nella chiesa di San
Pietro il 21-4-1572 (Russo, p. 230), e in attività nell’800 (AS.Co), viene eretta
canonicamente nel 1899 (ASD.Cf).
* PEDACE 2: Annunciazione. Sita nella chiesa parrocchiale, il 20-5-1598 le vengono
concesse delle indulgenze (Reg. Vat. n. 25378).
* PEDACE 3: SS. Sacramento. Eretta dai Domenicani nel 1640 (Russo, p. 230).
* PEDACE 4: Madonna del Rosario e Monteoliveto. Eretta nella chiesa di
Monteoliveto il 19-9-1613 (Russo, p. 230), nei documenti dell’800 viene citata solo
come istituzione di beneficenza (AS).
* PEDACE 5: S. Maria della Pietà. Nel 1617 cede la propria chiesa ai Minimi (Russo,
p. 231).
* PEDACE 6: Addolorata o dei Sette Dolori. Eretta nella chiesa dei Cappuccini e
aggregata a S. Marcello il 9-7-1745 (Russo, p. 231), nel 1760 le viene concesso lo
statuto (AS.NA, 121/27).
* PEDACE 7: SS. Sacramento e S. Maria della Pace. Eretta nella chiesa di S. Pietro
nel 1608 e ancora in attività nel 1628 col solo titolo di SS. Sacramento (Russo, p. 230),
il 31-8-1767 le viene concesso il regio assenso e fra i fini si propone quello di recitare
l’Ufficio (AS.St). Il 16-4-1858 le viene concesso un nuovo regio assenso (AS.St). Nel
1868 ha una rendita di L. 177,52 (AS.Re). In attività almeno fino al 1913, viene
soppressa nel 1954 con decreto arcivescovile (ASD.Cf; Boll.CS).
* PEDACE (fraz. PERITO): San Sebastiano. Nel 1793 le viene concesso lo statuto
(AS.NA, 22/27). Nel 1817 i confratelli pagano 12 grana annui per «associare i
cadaveri» e far celebrare il loro funerale. Nessuno ha più pagato dal 1806 in poi
(AS.Sd, 1817, b. 1).
* PIANECRATI (già PIANE): Immacolata Concezione. Nel 1777 le viene concesso lo
statuto (AS.NA, 54/11).
* PIETRAFITTA 1: Madonna del Carmine. In vita nel 1628 (Russo, p. 236).
* PIETRAFITTA 2: SS. Sacramento. I suoi statuti vengono confermati nel 1777
(Russo, p. 236).
* PIETRAFITTA 3: V. SS. del Rosario. Il 6-10-1789 le viene concesso il regio
assenso: lo statuto stabilisce la nomina di infermieri per visitare gli ammalati ecc.
(AS.St; AS.NA, 114/12). L’Ordine dei Predicatori la riconosce l’8-10-1888 (ASD.Cf).
Nel 1923-25 la Congregazione del Concilio autorizza la riduzione delle messe da
celebrare annualmente (ASD.Cf).
* PIETRAFITTA 4: San Rocco. Nel 1891 la confraternita madre di Roma elenca le
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condizioni necessarie perché l’omonima di Pietrafitta venga aggregata ad essa
(ASD.Cf).
* RENDE 1: Immacolata. Aggregata a S. Lorenzo in Damaso di Roma il 5-7-1581
(Russo, p. 258).
* RENDE 2: S. Giovanni Battista. Il 23-6-1592 le viene concessa l’indulgenza per le
feste di Natale e dell’Annunciazione (Reg. Vat. n. 24375); altre indulgenze le vengono
concesse nel 1607-1608 (Reg. Vat. 26494). Nel 1777 le viene concesso il regio
assenso (annotato nell’inventario dell’AS, ma manca; vi sono solo delle regole del
1850 circa: AS.St). Nel 1868 ha una rendita di L. 142,95 (AS.Re). Nel 1930 il parroco
dichiara che la chiesa originaria è stata distrutta dal terremoto; l’attuale sede è la
chiesetta di S. Nicola (ASD.Cf). Nel 1937 passa all’autorità ecclesiastica (Ann. 1988).
È ancora in vita (Ann. 1992).
* RENDE 3: SS. Trinità. Il 18-9-1603 le viene concessa l’indulgenza plenaria per la
festa della SS. Trinità e di 7 anni per le feste di Natale, Tutti i santi, San Nicola e nei
giorni di Quaresima (Reg. Vat. n. 25926).
* RENDE 4: Annunziata. Nel 1607-1608 le vengono concesse delle indulgenze (Reg.
Vat. n. 26496). Nel 1871 ha una rendita di L. 275,64 (AS.Re).
* RENDE 5: San Nicola. Nel 1607-1608 le vengono concesse delle indulgenze (Reg.
Vat. n. 26497).
* RENDE 6: Purificazione della B. V. Maria. Il 1-10-1620 le vengono concesse delle
indulgenze per le feste della purificazione, dei santi Filippo e Giacomo, della
Decollazione di S. Giovanni Battista, della Circoncisione e di tutti Santi (Reg. Vat. N.
28307). Il 19-8-1634 la Congregazione dei Riti ordina che la messa pontificale del
giorno della Purificazione venga celebrata nell’altare della sua cappella e non
nell’altare maggiore della chesa (Reg. Vat. 31707).
* RENDE 7:.SS. Rosario. Fondata nel 1656, nel 1756 le viene concesso lo statuto (AS.
NA, 95/4). Nel 1868 ha una rendita di L. 416,84 (aS.Re) Ha una chiesa barocca con
facciata in pietra viva, un quadro sull’altare maggiore e oggetti sacri (ASD.Cf). Nel
1939 passa all’autorità ecclesiastica (Ann. 1988). È ancora in vita (Ann. 1992).
* RENDE 8: S. Maria Madre di Dio di Costantinopoli. Fondata nel 1670 (Russo, p.
258), il 7-4-1777 le viene concesso il regio assenso: ogni domenica i confratelli
ascoltano una lezione dai libri spirituali, poi partecipano alla Messa festiva e subito
dopo recitano la corona di 7 poste (AS.St; AS.NA, 4/25). Nel 1868 ha una rendita di
L. 286,28 (AS.Re). Nel 1930 il parroco dichiara che ha una chiesa propria del ’600
con altare barocco di marmo policromo e un’icona bizantina di metallo (ASD.Cf). Nel
1937 passa all’autorità ecclesiastica (Ann. 1988). È ancora in vita (Ann. 1992).
* ROGLIANO 1: SS. Immacolata Concezione. Il 30-8-1581 viene aggregata
all’Arciconfraternita di S. Lorenzo in Roma (ASD.Cf). Il 16.9.1776 le viene concesso
il regio assenso: è eretta nella chiesa dei santi apostoli Pietro e Paolo (AS.St). Nel
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LE CONFRATERNITE DELLA PARTE ANTICA DELLA DIOCESI DI COSENZA
1868 ha una rendita di L. 156,34 (AS.Re). In attività almeno fino al 1951 (ASD.Cf).
* ROGLIANO 2: S. Maria Assunta in cielo. Il 21-8-1776 le viene concesso il regio
assenso: fondata ab immemorabili; impegno a ricevere la comunione la prima
domenica del mese e nelle feste della Madonna (AS.St). Ha una chiesa propria non
buona e si estingue tra il 1933 e il 1947 (ASD.Cf).
* ROGLIANO 3: SS. Annunziata e S. Sofia. Fondata ab immemorabili, il 27-8-1776
le viene concesso il regio assenso (AS.St). Nel 1868 ha una rendita di L. 171,95
(AS.Re). Ha una chiesa propria e si estingue tra il 1933 e il 1947 (ASD.Cf).
* ROGLIANO 4: S. Maria Maggiore in S. Spirito. Il 9-10-1776 le viene concesso il
regio assenso: ha come fine il suffragio alle anime del Purgatorio (AS.St; AS.NA,
20/25). Nel 1868 ha una rendita di L. 81,61 (AS.Re). Nel 1947 la chiesa è adibita ad
asilo infantile e la congrega non ha confratelli, salvo il solo priore (ASD.Cf).
* ROGLIANO 5: S. Giuseppe. Nel 1915 ha sede nella chiesa di S. Domenico da poco
eretta a parrocchia. Accetta il decreto arcivescovile che suddivide i compiti tra essa e il
parroco (ASD.Cf).
* ROGLIANO (fraz. CUTI): Arc. S. Maria delle Grazie alle Croci. Il 23-8-1790 le
viene concesso il regio assenso in Rogliano Cuti, dove è eretta ab immemorabili; recita
l’ufficio domenicale della B. Vergine ecc. (AS.St). Nel 1947 ha una chiesa propria, ma
non ha confratelli né priore (ASD.Cf).
* ROVITO 1: SS. Sacramento. Aggregata a S. Maria sopra Minerva di Roma il 12-31540 (Russo p. 272).
* ROVITO 2: SS. Immacolata. Il 28-6-1781 vengono approvate le regole (AS.As.
1857, b. 39, f. 905; AS.NA, 1779, 19/21). Negli stati discussi del 1817 si afferma che
la congrega era stata istituita nel 1702 con autorizzazione reale, gli iscritti pagano 12
grana annui per il culto, la sepoltura e il mantenimento della chiesa dello stesso titolo;
nello stesso anno ha 40 fratelli e 30 sorelle (AS.Sd). Nel 1868 ha una rendita di L.
150,20 (AS.Re). Nel 1919 la chiesa propria è sotto il titolo di S. Sofia (ASD.Cf). Nel
1939: passa all’autorità ecclesiastica (Ann. 1988). Ancora in vita (Ann. 1992).
* ROVITO 3: Figli e figlie di Maria SS. del Rosario. La congrega è eretta nel 1898 e
aggregata a Roma nel 1900 (ASD.Cf).
* ROVITO (fraz. Flavetto) 1: SS. Sacramento e dei PP. Riformati. Il 31-8-1756
vengono approvate le regole (AS.As, 1857, b. 39, f. 905; 63/4). Nel 1872 partecipa
alla processione della festa del Rosario (ASD.Cf).
* ROVITO (fraz. Flavetto) 2: SS. Rosario. Nel 1903 il generale dei Domenicani
emana il decreto di erezione (ASD.Cf).
* ROVITO (fraz. MOTTA): SS. Sacramento e S. Maria Assunta. Il 22-5-1778
vengono approvate le regole (AS.As, 1857, b. 39, f. 905; AS.NA, 2/14). Nel 1868 ha
una rendita di L. 20,23 (AS.Re). Nel 1939 passa all’autorità ecclesiastica (Ann. 1988).
Nel 1947 ha una chiesa propria ma è estinta; tuttavia nel 1954 ha 50 confratelli
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LE CONFRATERNITE DELLA PARTE ANTICA DELLA DIOCESI DI COSENZA
(ASD.Cf). Nel 1958 viene soppressa con decreto arcivescovile (Boll.CS), ma nel 1992
risulta ancora in vita (Ann. 1992).
* SAN FILI 1: Madonna del Rosario. Fondata il 20-5-1580 nella chiesa
dell’Annunziata, è in vita nel 1628 (Russo, p. 279).
* SAN FILI 2: S. Antonio da Padova. Nel 1615-1620 le vengono concesse delle
indulgenze (Reg. Vat. n. 28350).
* SAN FILI 3: S. Giovanni Battista. Nel 1615-1620 le vengono concesse delle
indulgenze (Reg. Vat. n. 28377).
* SAN FILI 4: SS. Sacramento. In vita nel 1628 (Russo, p. 278).
* SAN FILI 5: Annunziata. In vita nel 1628 (Russo, p. 279).
* SAN FILI 6: S. Caterina. In vita nel 1628 (Russo, p. 279).
* SAN FILI 7: SS. Immacolata Concezione. L’8-8-1715 le viene concesso l’altare
privilegiato nella chiesa parrocchiale (Reg. Vat. n. 52788). Il 13-2-1777 le viene
concesso il regio assenso (AS.St). Per le spese di culto, prima del 1826, viene eretto al
suo interno il Monte dei fratelli e delle sorelle, che ha 39.05 ducati di rendita annuali
dal 1826 al 1852 (AS.Co, 1838-40). Nel 1868 la confraternita ha L. 422,09 di rendita
(AS.Re). Nel 1929 ha una chiesa propria (ASD.Cf) e nel 1939 passa all’autorità
ecclesiastica (Ann. 1988). È ancora in vita (Ann. 1992).
* SAN FILI 8: Arc. Spirito Santo. Il 3-4-1781 le viene concesso il regio assenso: esiste
ab immemorabili, i confratelli indossano la mozzetta rossa e celebrano feste, novene e
i venerdì di S. Francesco di Paola (AS.St; AS.NA, 20/28). Nel 1868 ha una rendita di
L. 184,88 (AS.Re). Nel 1929 ha una chiesa propria (ASD.Cf) e il 22-9-1939 passa
all’autorità ecclesiastica (Ann. 1988). È ancora in vita (Ann. 1992).
* SAN FILI (fraz. BUCITA) S. Maria Assunta. Nel 1779 le viene concesso lo statuto
(AS.NA, 22/26). Nel 1868 ha una rendita di L. 96,03 (AS.Re). Nel 1930 ha una chiesa
propria e 2 castagneti (ASD.Cf). Ormai estinta, nel 1955 viene soppressa con decreto
arcivescovile (Boll.CS).
* SAN GIOVANNI IN FIORE 1: Annunziata. In attività nella chiesa omonima, riceve
un indulto nel 1725 (Russo, p. 282). Nel 1776 le viene concesso lo statuto (AS.NA,
158/17); tuttavia negli atti del periodo 1839-1851 è registrato come un fondo di
beneficenza amministrato dal Comune (AS.Sd).
* SAN GIOVANNI IN FIORE 2: Addolorata. Nella chiesa dell’Immacolata viene
aggregata a S. Marcello il 2-8-1746 (Russo, p. 282).
* SAN GIOVANNI IN FIORE 3: SS. Rosario. Nel 1759 le viene concesso lo statuto
con la denominazione di Corpo di Cristo, Rosario e San Germano (AS.NA, 94/19).
Nel 1859 trovasi eretta nella chiesa dei PP. Dottrinari (AS.As, b. 41, f. 962) e resta in
attività almeno fino al 1873 (ASD.Cf).
* SAN GIOVANNI IN FIORE 4: SS. Trinità. In attività almeno dal 1826 al 1871
(ASD.Cf).
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LE CONFRATERNITE DELLA PARTE ANTICA DELLA DIOCESI DI COSENZA
* SAN GIOVANNI IN FIORE 5: S. Cuore. Eretta nel 1879 con decreto arcivescovile
(ASD.Cf).
* SAN GIOVANNI IN FIORE 6: B.M.V. del Carmelo. Eretta nel 1891 con decreto
arcivescovile (ASD.Cf).
* SAN LUCIDO 1: SS. Rosario. Fondata con bolla del 5-5-1579 (Russo, p. 286), nel
1868 ha una rendita di L. 705,49 (AS.Re). Nel 1936 il parroco dichiara che ha 240
iscritti (ASD.Cf). Nel 1939 passa all’autorità ecclesiastica (Ann. 1988). Ha una chiesa
propria; nel 1954 ha 150 confratelli (ASD.Cf). È ancora in vita (Ann. 1992).
* SAN LUCIDO 2: SS. Sacramento. Già in attività nel 1628 (Russo, p. 286), viene
eretta civilmente con decreto regio del 27-8-1822 (AS.St). In attività almeno fino al
1850 (ASD.Cf).
* SAN LUCIDO 3: S. Cuore. Nel 1890 viene eretta con decreto arcivescovile
(ASD.Cf).
* SAN PIETRO IN GUARANO 1: SS. Sacramento. Nel 1628 è già in vita (Russo, p.
292). Nel 1784 è presente col proprio vessillo alla visita pastorale (ASD.Vp, 1784).
* SAN PIETRO IN GUARANO 2: S. Pietro Apostolo. Già in vita nel 1666 (ASD.Vp);
nel 1686 viene denunziata alla regia Udienza di Cosenza perché i confratelli dirimono
le loro liti all’interno della congrega senza ricorrere al regio giudice (AS, R. Camera
della Sommaria, Provisioni per la città di Cosenza e Casali, f. 1). Possiede una chiesa
propria e celebra anche la festa dell’Immacolata (Arch. parr., Platea 1748). Nel 1839
vengono approvate le regole (AS.St). Nel 1868 ha una rendita di L. 7,45 (AS.Re).
Ancora in attività (Ann. 1992).
* SAN PIETRO IN GUARANO 3: SS. Rosario. Nella visita pastorale del 1831 si
afferma che la confraternita esiste da anni e si riunisce in una cappella della chiesa
parrocchiale. L’arcivescovo concede l’autorizzazione a condizione che i confratelli e
le consorelle recitino ogni mercoledì e domenica il rosario (ASD.Vp). Ancora in vita.
* SAN PIETRO IN GUARANO (fraz. SAN BENEDETTO) 1: Santa Maria della
Consolazione. Già in attività nel 1628 (Russo, p. 292). La chiesa conserva al suo
interno un’iscrizione del 1767; un’altra iscrizione posta sopra il portale, non datata ma
del ’700, la dichiara confraternita. Nello Stato discusso del 1834 (AS.Sd, b. 22, p. 140)
si dichiara che non è confraternita ed è amministrata dal parroco di San Benedetto,
mentre anticamente il procuratore era eletto in pubblico parlamento. La medesima
dichiarazione è in AS.As, b. 42, f. 1001.
* SAN PIETRO IN GUARANO (fraz. SAN BENEDETTO) 2: Immacolata
Concezione. Eretta nel 1877 con decreto arcivescovile, nel 1878 viene aggregata alla
Pia unione dell’Immacolata di Roma (ASD.Cf). Nel 1936 ha 110 iscritti (ASD.Vp.) e
75 nel 1954 (ASD.Cf).
* SANTO STEFANO DI ROGLIANO (già SANTO STEFANO DI MANGONE) 1:
SS. Annunziata. Già in attività nel 1628 (Russo, p. 309); eretta nel monastero
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dell’Annunciazione, il 7-5-1629 le vengono concesse delle indulgenze per le feste
dell’Annunciazione, del SS. Corpo di Cristo, di S. Agostino, della Natività della
Madonna e di S. Stefano (Reg. Vat. n. 30349). Nel 1797 le viene concesso il regio
assenso, chiesto nel 1792: eretta da più di tre secoli nella chiesa del soppresso
monastero di S. Agostino, si impegna a recitare la corona e l’ufficio della Madonna
(AS.St). Nel 1868 ha una rendita di L. 19,21 (AS.Re). Estinta verso gli anni ’30
(ASD.Cf).
* SANTO STEFANO DI ROGLIANO 2: Madonna di Loreto. Nel 1628 è già in vita
(Russo, p. 309).
* SANTO STEFANO DI ROGLIANO 3: B. Vergine del SS. Rosario. Il 6-2-1787 le
viene concesso il regio assenso: è eretta nella chiesa dei santi martiri Stefano e
Lorenzo (AS.St; AS.NA, 53/28). Nel 1868 ha una rendita di L. 115,O4 (AS.Re).
Estinta probabilmente negli anni ’30 (ASD.Cf).
* SAN VINCENZO LA COSTA: SS. Immacolata. Riceve statuto e regio assenso nel
1779 (ASD.Cf). Nel 1859 ha 39 confratelli (ASD.Cf). Nel 1868 ha una rendita di L.
297,54 (AS.Re). Nel 1939 passa all’autorità ecclesiastica (Ann. 1988). Ancora in vita
(Ann. 1992).
* SAN VINCENZO LA COSTA (fraz. SAN SISTO) 1: SS. Rosario. Nel 1608 le
vengono concesse delle indulgenze (Reg. Vat. n. 26627).
* SAN VINCENZO LA COSTA (fraz. SAN SISTO) 2: SS. Immacolata. Nel 1778 le
viene concesso lo statuto (AS.NA, 93/28). Nel 1868 ha una rendita di L. 113,34
(AS.Re). Nel 1939 passa all’autorità ecclesiastica (Ann. 1988). Nel 1954 ha una chiesa
propria, 72 confratelli e 52 consorelle. È ancora in vita (Ann. 1992).
* SERRA PEDACE 1: Immacolata Concezione. Nel 1584 aggregata a San Lorenzo in
Damaso (Russo, p. 322). Nel 1767 le viene confermato lo statuto (AS.NA, 113/5;
Russo, p. 322). In data imprecisata si fonde con quella del Rosario (Rizzuti, p. 121).
* SERRA PEDACE 2: SS. Sacramento. Nel 1628 è già in vita (Russo, p. 322).
* SERRA PEDACE 3: SS. Rosario. Il 7-9-1776 le viene concesso il regio assenso; è
nel convento di S. Domenico (AS.St; ASD.Cf; AS.NA, 56/11). Nel 1868 ha una
rendita di L. 521,49 (AS.Re). In data imprecisata si fonde con quella dell’Immacolata
(Rizzuti, p. 121). Nel 1939 passa all’autorità ecclesiastica (Ann. 1988). È ancora in
vita col titolo di «Immacolata e Rosario» (Ann. 1992).
* SPEZZANO DELLA SILA (già SPEZZANO GRANDE) 1: SS. Sacramento.
Istituita nel 1542 e in attività nel 1628, riceve la conferma dello statuto nel 1776
(Russo, p. 331).
* SPEZZANO DELLA SILA 2: Annunziata. È in attività nel 1601 nella propria chiesa
(ASD.Vp).
* SPEZZANO DELLA SILA 3: S. Francesco d’Assisi. Nel 1628 è già in vita nella
chiesa dei Conventuali (Russo, p. 332).
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LE CONFRATERNITE DELLA PARTE ANTICA DELLA DIOCESI DI COSENZA
* SPEZZANO DELLA SILA 4: Congr. della Morte. Nel 1628 è già in vita (Russo, p.
332).
* SPEZZANO DELLA SILA 5: Suffragi delle Anime del Purgatorio. Eretta nella
chiesa di San Pietro, il 15-11-1676 le viene concessa l’indulgenza plenaria per le feste
principali e l’indulgenza ordinaria in 4 giorni all’anno (Reg. Vat. n. 43711).
* SPEZZANO DELLA SILA 6: Arc. S. Maria della Pace. Il 13-2-1777 le viene
concesso il regio assenso; i confratelli si impegnano a recitare 7 Ave Maria ogni
mattina in memoria delle 7 allegrezze della Madonna (AS.St; AS.NA, 145/17). Nel
1830 si denomina «SS. Sacramento e S. M. della Pace» (AS.Sd); nel 1846-1850 «Arc.
del SS. Sacramento, S. M. della Pace e S. Tommaso» (AS.Sd, b. 14, f. 118v). Nel
1868 ha una rendita di L. 248,46 (AS.Re). Nel 1939 passa all’autorità ecclesiastica
(Ann. 1988). Ha una chiesa propria (ASD.Cf). È ancora in vita (Ann. 1992).
* SPEZZANO DELLA SILA 7: S. Francesco di Paola. Nel 1936 ha 33 iscritti
(ASD.Vp); nel 1939 accetta il nuovo statuto (ASD.Cf).
* SPEZZANO PICCOLO 1: SS. Trinità. Eretta nella chiesa dei Conventuali, viene
approvata il 5-2-1585 (Conv., p. 94; Russo, p. 332).
* SPEZZANO PICCOLO 2: Confr. dei Cordigeri. Eretta dai Conventuali, viene
approvata il 7-3-1585 e aggregata ad Assisi nel 1605 (Conv., p. 94).
* SPEZZANO PICCOLO 3: Immacolata. Fondata dai Conventuali ai primi del ’600, il
6-4-1620 viene aggregata a San Damaso a Roma (Conv., p. 95; Russo, p. 332).
* SPEZZANO PICCOLO 4: SS. Corpo di Cristo. Nel 1628 è già in vita (Russo, p.
332).
* SPEZZANO PICCOLO (fraz. Macchia): S. Giovanni Battista. Nel 1615 le vengono
concesse delle indulgenze (Russo, p. 174; Reg. Vat., n. 26209).
* SPEZZANO PICCOLO (fraz. MacchiA): S. Caterina. In attività in località
«Mantisa», il 13-5-1606 le viene concessa l’indulgenza plenaria per la festa di S.
Caterina (Russo, p. 174; Reg. Vat. n. 26262).
* TRENTA 1: SS. Sacramento. Il 12.3.1566 viene aggregata a Roma a S. Maria sopra
Minerva (Russo, p. 353).
* TRENTA 2: S. Maria delle Grazie. Approvata con decreto arcivescovile il 19-101741, nel 1745 le viene concesso il regio assenso (AS.St). Nel 1868 ha una rendita di
L. 343,66 (AS.Re). Nel 1927 afferma di essere stata fondata nel 1630 (ASD.Cf). Nel
1947 passa all’autorità ecclesiastica (Ann. 1988). Nel 1949 presta 250.000 lire alla
Giunta diocesana di Azione cattolica. (ASD.Cf). È ancora in vita (Ann. 1992).
* TRENTA 3: Purgatorio. Nel 1776 le viene concesso lo statuto (AS.NA, 60/27).
* TRENTA (fraz. MAGLI): SS. Sacramento. Nel 1628 è già in vita (Russo, p. 175).
* TRENTA (fraz. SCALZATI) 3: S. Francesco di Paola. Nel 1936 ha 30 confratelli ed
è in decadenza (ASD.Vp); nel 1948 ha due terreni in Sila e i confratelli chiedono che
la Curia diocesana assuma l’amministrazione dei suoi beni (ASD.Cf).
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LE CONFRATERNITE DELLA PARTE ANTICA DELLA DIOCESI DI COSENZA
* ZUMPANO 1: SS. Annunziata. Nella chiesa matrice di Zumpano, nel 1617 le viene
concessa l’indulgenza plenaria; è (Reg. Vat. n. 27951). Il 7-11-1777 le viene concesso
il regio assenso (AS.St). Nel 1931 ha una chiesa propria, ma è ormai estinta (ASD.Cf).
* ZUMPANO (fraz. ROVELLA): Maria SS. del Carmine. Nel 1777 le viene concesso
il regio assenso. Fondata nel 1732 sopra la piazza con 11 ducati di rendita (AS.St), nel
1913 i confratelli chiedono l’autorizzazione all’apertura; nel 1954 ha 200 iscritti
(ASD.Cf).
* ZUMPANO (fraz. MOTTA): Natività di Maria V. Eretta nella chiesa di S. Giovanni
Battista, il 24-7-1613 riceve l’indulgenza plenaria da fruire nelle principali feste della
Madonna (Reg. Vat. n. 27247). Il 6-5-1615 le viene concessa l’indulgenza plenaria per
la festa dell’Assunzione (Reg. Vat. n. 27565).
Note
1 Sigle adoperate nel testo:
Ann. = Annuario diocesano di Cosenza
asd = Archivio storico diocesano di Cosenza
ASD.Rl = Idem, Relationes ad limina
ASD.Cf = Idem, Confraternite
ASD Vp = Idem, Visita pastorale
AS.As = Archivio di Stato di Cosenza, fondo Opere Pie, Affari speciali
AS.Ce = Idem, Opere Pie, Censi
AS.Co = Idem, Opere Pie, Conti
AS.Pe = Idem, Opere Pie, Personale
AS.Pl = Idem, Opere Pie, Platee
AS.Re = Idem, Opere Pie, Rendite
AS.Sd = Idem, Opere Pie, Stati discussi
AS.St = Idem, Opere Pie, Statuti
AS.NA = Archivio di Stato di Napoli, Cappellania maggiore (Indice repertorio n. 32), Statuti di
congregazioni (i numeri che seguono la sigla indicano rispettivamente «Incartamento/fascio»:
di questo fondo ho consultato solo l’Indice repertorio).
Boll. CS = Bollettino ufficiale dell’archidiocesi di Cosenza.
Chiatto = S. CHIATTO, Storia di Lago e Laghitello attraverso le locali istituzioni
ecclesiastiche, Tip. Tocci, Cosenza 1992.
Conv. = F. RUSSO, I francescani Minori Conventuali in Calabria, Silipo e Lucia, Catanzaro
1982.
Pedretti = T. PEDRETTI, Cellara attraverso i secoli, SATEM, Cosenza 1982.
Rizzuti = F. RIZZUTI, Breve storia di Pedace, Catanzaro 1982.
Russo = F. RUSSO, Le confraternite della Calabria (dattiloscritto).
Reg. Vat. = F. RUSSO, Regesto Vaticano per la Calabria, vol. 11, Gesualdi, Roma 1974-1992.
2 Nella Relatio ad limina del 1609 mons. Costanzo scrive di aver istituito la confraternita del
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LE CONFRATERNITE DELLA PARTE ANTICA DELLA DIOCESI DI COSENZA
SS. Sacramento in tutte le parrocchie della Diocesi.
3 Il Viatico è la comunione portata ai moribondi; viene chiamata così perché apre la via alla
vita eterna.
4 Il titolo di ogni singola confraternita è in genere quello scritto nel regio assenso, anche se a
volte non è quello usato più comunemente negli altri documenti.
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CONFRATERNITE E PIETÀ DEI LAICI TRA MEDIOEVO ED ETÀ MODERNA: IL CASO DI BISIGNANO
CONFRATERNITE E PIETÀ DEI LAICI TRA MEDIOEVO ED ETÀ MODERNA:
IL CASO DI BISIGNANO
Luigi Falcone
La presenza documentata di forme di associazionismo laicale in Bisignano può essere
ritenuta piuttosto antica risalendo addirittura agli inizi del XIV secolo. Un documento
notarile del 1637, rogato da Giovanni Tommaso Olivieri, fa riferimento infatti ad una
«platea fundationis» dell’arciconfraternita del Santissimo Sacramento «de Vico S.
Zaccariae» dell’anno 1302. I documenti da noi utilizzati sono in massima parte inediti;
sono di estremo interesse perché ci consentono anche di analizzare talvolta il contesto
economico, sociale ed ecclesiale della città; essi, oltre a collegare Bisignano nel più
generale contesto storico dell’epoca di riferimento, offrono valide indicazioni locali di
varia natura: commerciale, urbanistica, artigianale, religiosa, di costume ecc.
I documenti a cui ci richiamiamo sono solo una minima parte di quello che si sarebbe
potuto utilizzare; in particolare ci siamo serviti delle preziose indicazioni offerte dal
Regesto Vaticano per la Calabria del Russo, anche se i riferimenti espliciti alle chiese
confraternali della città sono poco numerosi; le Relationes ad limina dei Vescovi di
Bisignano dal 1590 al 1747, quanto mai preziose per altri aspetti ed altri settori della
vita religiosa e civica della comunità bisignanese, sono piuttosto scarne per quanto
riguarda le confraternite laicali; le relationes, difatti, si limitano a registrare il numero
dei sodalia laicorum operanti nel tessuto urbano, senza peraltro dare indicazioni
particolareggiate; la sola che ne riporti i nomi, l’uso e il colore dei «sacchi» e
l’eventuale possesso di beni, è la relazione di mons. Bonaventura Sculco 1 del 1747 di
cui ci occuperemo più avanti.
Faremo riferimento ad una raccolta di «rivele» della prima metà del XVIII secolo
pubblicata da Rosario D’Alessandro 2, dal titolo Catalogo di tutte le Chiese ed Oratorij
della Città di Bisignano reassunto dalle rivele fatte dalli RR. Parrochi di detta Città,
compilato nel 1737 per ordine, probabilmente, del vescovo Felice Sollazzo Castriota 3.
Infine, sono stati utilizzati altri documenti, per lo più platee di beni di chiese e
confraternite ed atti notarili del 1600 e 1700 evidenziati anche nella recente
pubblicazione della Guida Generale degli Archivi di Stato Italiani, del 1981.
Interessanti riscontri sono stati effettuati oltre che nella Monografia di Bisignano di
Leopoldo Pagano 4, anche nella famosa «Selva Calabra», l’opera inedita manoscritta
in più volumi che il Pagano, canonico della Cattedrale di Bisignano, ha consacrato alle
memorie storiche di questa antica e illustre Chiesa e di tante altre Chiese di Calabria 5.
Emerge chiaramente la presenza di «multae sodalitates laicorum qui se in operibus
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CONFRATERNITE E PIETÀ DEI LAICI TRA MEDIOEVO ED ETÀ MODERNA: IL CASO DI BISIGNANO
pietatis exercent», oltre alle varie attività connesse all’assistenza sanitaria degli
«hospitalia» che, pur essendo forniti «nullis redditus vel introitus» e pur facendo
affidamento sulla generosità dei benefattori e sulle elemosine raccolte, operavano nel
tessuto urbano anche grazie all’impegno dei confratelli ad essi associati 6.
1. Arciconfraternita del Santissimo Sacramento «de Vico S. Zaccariae»
Secondo quanto riferisce il Pagano 7, la confraternita del Santissimo Sacramento di
San Zaccaria esisteva già tra il 1644 e il 1680; essa è ricordata tra le cinque
confraternite laicali operanti in Bisignano, insieme alla SS.ma Annunziata, alla SS.ma
Concezione della Riforma, al SS.mo Sacramento della Piazza, a S. Caterina, anche se,
a dire il vero, le relazioni ad limina di questi anni ricordano «sex confraternitates
laicorum», nel 1631, nel 1641, nel 1659, nel 1661 e nel 1666.
Sull’architrave della porta d’ingresso della chiesa parrocchiale di S. Maria de
Justitieriis è riportata inoltre la seguente iscrizione: «Sumptibus societ. SS.mi
Sacramenti anno d.ni MDCXXXVI»; probabilmente l’esecuzione dell’opera fu voluta
dai confratelli del Santissimo Sacramento il cui sodalizio aveva forse sede nella
medesima chiesa 8.
Tra le sei confraternite operanti nella città di Bisignano, «cum usu saccorum», mons.
Sculco ricorda nel 1747 anche quella del Santissimo Sacramento «intus paroeciam
S.ae Mariae de Justitierijs» 9. La notizia, sostanzialmente, conferma quanto un
decennio prima veniva dichiarato dai parroci di Bisignano nel Catalogo di tutte le
chiese ed Oratorij della città, compilato appunto nel 1737. In esso si dice che nella
chiesa di Santa Maria de Justitieriis si celebra annualmente «la funzione della
Processione del SS.mo Sacramento nella Domenica infra octavam Corporis X.ti con
intervento di buona parte del Capitolo e clero secolare e regolare, ed associazione del
popolo, quale Processione si fa ogni anno a spese della confraternita eretta dentro detta
Parrocchia. Fa la funzione del Sepolcro di Nostro Signore nella feria quinta e sesta
della settimana Maggiore, che pure si fa ogni anno a spese di detta confraternita» 10;
nella chiesa di Santa Maria de Justitieriis, inoltre, la confraternita «tiene il peso di
Messe cinque la settimana» 11.
Un interessante documento del 1637, inserito tra gli atti di Giovanni Tommaso
Olivieri, «pubblicus et regius notarius», conferma l’antichità della istituzione di questa
arciconfraternita che risalirebbe addirittura al 1302 12 e che avrebbe posseduto una
chiesa propria quale sede del pio sodalizio.
Il documento, fa parte di una platea di beni della arciconfraternita del Santissimo
Sacramento «de vico S. Zaccariae», compilata nel 1718, e conservata nell’Archivio di
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CONFRATERNITE E PIETÀ DEI LAICI TRA MEDIOEVO ED ETÀ MODERNA: IL CASO DI BISIGNANO
Stato di Cosenza. Esso ci informa che l’arciconfraternita la cui platea di fondazione
risaliva all’anno 1302, era stata istituita già prima, sotto il titolo del Santissimo
Crocifisso «pietate fidelium».
Ma forse l’aspetto più interessante del documento è quello di aver messo in luce
l’impegno evangelico e caritativo dei membri del sodalizio, che era appunto di
«erogare elemosinam assistenti infirmos pauperes et subministrare omnia que
necessaria sunt ad victum tam corporale quam spirituale».
Nell’Archivio di Stato di Cosenza si conservano inoltre altri interessanti documenti:
una Platea del 1630 che contiene l’elenco dei beni e dei censi appartenenti alla
confraternita; una Platea del 1718 in cui è contenuto il documento del 1637 a cui
abbiamo già fatto cenno; infine un Libro dei conti comprendente gli anni 1800-1805.
2. Confraternita della Santissima Annunziata
«Quantunque non si trovi espressa la memoria del giorno ed anno dell’istituzione,
erezione e fondazione della venerabile Confraternità della SS.ma Annunciata di questa
Città di Bisignano, nondimeno che ella sia antichissima ne è pruova indubitata».
Queste parole, relative al «titolo ed antichità della venerabile Confraternità»,
costituiscono l’inizio della Platea conservata nell’Archivio di Stato di Cosenza, nella
quale è tracciata la storia della pia associazione dalle origini al 1727; a tale anno,
infatti, pare che si possa far risalire l’interessante documento 13.
L’antichità della confraternita è confermata, tra le altre cose, dal suo «precedere a tutte
l’altre confraternità di questa medesima città»; in secondo luogo, tale diritto di
precedenza è esercitato rispetto ai frati degli altri conventi della città, dai Padri
Domenicani «che per via di fondazione di convento, senza dubbio sono li primi, e
questi tengono, servono, stanziano e possedono la chiesa e li beni della sud.a
Confraternità, donatoli, cedutoli e rinunciatoli dalli nostri antichi fratelli per
istromento rogato per un tal Not.o Tomaso Romano sotto li 18 del mese di settembre
dell’anno 1475». In terzo luogo, l’antichità della confraternita è attestata dal possesso
della chiesa da parte dei confratelli sin dal 1430. Nella Platea dell’Archivio di Stato 14
si legge infatti che «detta confraternità sin dall’anno 1430 aveva la chiesa delli sudetti
PP. Domenicani con le sue cappelle e con il ius presentandi Cappellanum, siccome per
concessione del vescovo di tal tempo monsig.e Antonio, ed appare dal antico e
legitimo documento registrato dentro l’istessa chiesa in un pilastro della Cappella di
d.a Confraternità, che è del tenore seg.te.
Copia. Ecclesia Sanctissime Annunciate per prius erat de iure patronatus confratrum
(...) apparet ex pubblico scripto conces (...) (...) manu Joannis Moncini canonici (...)
temporis ecclesie cathedralis secre (...) Antonii huius civitatis episcopi cum sigillo
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CONFRATERNITE E PIETÀ DEI LAICI TRA MEDIOEVO ED ETÀ MODERNA: IL CASO DI BISIGNANO
magno ipsius sub anno millesimo quatringesimo trigesimo, 1430 die 20 mensis maij
cum facultate presentandi cappellanum» 15.
Il convento dell’Annunziata dei Domenicani fu dunque fondato nel quartiere di Santa
Croce nel 1475 ed ebbe vita fino al 1809.
Anticamente vi era una chiesa, forse appartenuta ai Canonici Regolari, con una
confraternita e con una cappellania, patronato dell’Annunziata. I confratelli,
desiderando maggiore culto e più servizio nella chiesa, cedevano ai domenicani la
chiesa e le rendite corrispondenti. L’atto pubblico di donazione fu confermato da Sisto
IV, con bolla del 7 dicembre 1475. I confratelli si riservarono la cappella
dell’Annunziata, una stanza come spogliatoio per deporvi gli abiti religiosi, e quattro
sepolture.
Nella Platea si legge infatti che «nell’anno 1475, a prieghi del Serenissimo Principe di
questa città, Don Gerolimo Sanseverino e d’altre autorità, per la gran devozione che
tenevano li antichi nostri confratelli al glorioso San Domenico, ed all’ill.ma sua
Religione, e pure per esser di miglior modo servita la di loro chiesa e di loro sodalità,
renunciorno con la sud.a chiesa il jus patronato e li beni presenti ad un tal fra Rogerio
di Catanzaro allhora Vicario Generale della Religione con alcuni patti e condizioni, e
reservationi a di loro favore per istromento rogato per l’atti del fu Not.o Tomaso
Romano, nel quale intervenne il vescovo di d.a città, ed a tale renuncia e donazione ci
prestò il suo assenso, consenso e beneplacito» 16.
L’atto di concessione originale in carta membrana, si conservava nel 1727 «nella cassa
delle scritture» del convento dei Padri Domenicani, insieme ad altre carte, col numero
58. Inoltre «detto istromento reassonto di forma valida» si trovava anche inserito tra
gli atti di «Not.o Tomaso di Fede sotto li cinque del mese di marzo dell’anno 1544, e
finalm.e reassonto dal fu Not.o Gio. Berardino Bagni sotto li 4 del mese di luglio
dell’anno 1686» di cui, nell’archivio del convento si conservava copia 17.
L’atto di concessione della chiesa dell’Annunziata e dei beni della confraternita fu
redatto alla presenza di Geronimo Sanseverino principe di Bisignano, di Fra Ruggiero
da Catanzaro vicario generale dei Domenicani della Provincia di Calabria, «cum
consensu seu auctoritate et potestate» del vescovo della città mons. Giovanni de
Freddi Pennati; erano inoltre presenti Giovanni Antonio Sanseverino, Cavalcante
Mendicino, D. Giovanni di Torano, Munaldo Castagnaro, Galasso Solima, Giovanni
de Squilla, Modesio Russo, Ursino de Angelo, Francesco de Gaeta. Nicola Antonio de
Romano, Luca Solima, Giovanni Loc, Nicola Andrea Solima, Giovanni Caprino, ed
altri cittadini «ad hoc vocati specialiter et rogati»; alla presenza del notaio Tommaso
Romano comparvero inoltre Giovanni Antonio Trentacapilli, Pietro Nicola de Gaeta,
Angelo Mazza, Valentino Solima, Matteo Solima, Simone de Montalto, Orlando de
Prezio ed altri confratres et Procuratores ecclesiae Annunciatae ipsius civitatis.
I confratelli concedevano «cum eius fructibus» la chiesa dell’Annunziata «sitam et
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CONFRATERNITE E PIETÀ DEI LAICI TRA MEDIOEVO ED ETÀ MODERNA: IL CASO DI BISIGNANO
positam in vico de fore porta extra civitatem Bisiniani suis finibus limitatam»; nel caso
in cui i Padri Domenicani avessero abbandonato la loro fondazione, i confratelli
sarebbero rientrati in possesso della chiesa e dei beni precedentemente concessi.
I confratelli si riservarono inoltre la cappella dell’Annunziata, quattro sepolture «in
quibus confratres possint sepelliri» e uno spogliatoio «pro habitibus et saccis
conservandis» 18.
Tali diritti, acquisiti con l’atto di concessione della chiesa ai Domenicani e di
fondazione del convento nel 1475, trovano una accurata riaffermazione ed una
opportuna conferma nella Platea della SS.ma Annunziata compilata nel 1657 e
conservata nel medesimo Archivio di Stato 19.
Ma forse la peculiarità più significativa, che da un punto di vista di esercizio della
pietà cristiana e di impegno socio-caritativo, qualificava la Confraternita della
Santissima Annunziata, era la gestione di uno dei due ospedali presenti in città.
L’ospedale in Santa Croce, che il Pagano ricorda sin dal 1580 20, era fornito di buone
e riguardevoli entrate fino a tutto il 1680, ed oltre, fino al 1795; «quello
dell’Annunziata, che avrebbe potuto diventare ospedale diocesano, conteneva uno
stanzone da infermi e pellegrini, una stanza per le robe, una stanza pei passeggeri e
una stanza per lo spedalingo» 21; tali notizie riportate sempre dal Pagano, trovano
conferma sostanzialmente nella Platea del 1657 dell’Archivio di Stato di Cosenza 22,
nelle relazioni ad limina dei vescovi di Bisignano tra il 1661, il 1666, il 1672, il 1733;
infine nella Platea del 1727, a cui si è fatto già cenno.
Nel 1661, nella visita di mons. Filippo Meo sono ricordati come operanti due ospedali,
Santa Croce e Santa Caterina, e sei confraternite; nel 1666, il 30 ottobre, lo stesso
vescovo dichiarava: «Civitas haec habet duo Hospitalia ad usum pauperum
infirmorum et peregrinorum et sex confraternitates laicorum, qui utentur saccis in
processionibus et administratores quotannis reddunt computa et eliguntur per
Confratres» 23.
Nel 1672, monsignor Giuseppe Sebastiani, il 28 marzo, registrava la presenza di «duo
xenodochia pro pauperibus infirmis sed habent modicos redditus qui administrantur a
duobus Procuratoribus altero ecclesiastico altero laico, eligendi a Confratribus
presente Ordinario, vel eius Delegato in quolibet anno et ita fit etiam cum tribus
sodalitatibus institutis in quibusdam ecclesiis dicte Urbis» 24.
Infine, sempre nei documenti vaticani, il 23 maggio 1733, mons. Felice Sollazzo
Castriota, oltre a segnalare le opere di pietà, svolte dalle cinque confraternite presenti
in città, «iuxta earum institutiones» si sofferma sui due ospedali, «que peregrinos
excipiunt infirmosque sustentant sufficientibus redditibus ac necessariis omnibus
provisa et dotata, in quibus etiam per Parochos infirmis sacramenta ad sabatum
necessaria ministrantur et reliqui omnia iuxta dictorum hospitalium constitutiones
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CONFRATERNITE E PIETÀ DEI LAICI TRA MEDIOEVO ED ETÀ MODERNA: IL CASO DI BISIGNANO
servantur» 25.
Nel 1657 «dicta confraternitas tenet (...) quaddam hospitalem isulatum situm et
positum intus d.i (...) loco ubi dicitur li Pignatari di S. Croce consistens in (...) duobus
cameriis cum loco sacrato et in dicta sala cum quadam cappella et cum multis lectis
pro usu egretorum et peregrinorum, et cum aliquibus appartamentis in inferiori parte
cum quodam orto contiguo arborato siccom.is et terreno vacuo in quo de continuo
dicta confraternitas tenet quemdam hospitalerium pro guberno infirmorum existentium
in d.o hospitali» 26.
Il Pagano ricorda nella «Selva Calabra» 27 la Platea dei «beni stabili che possiede la
Venerabile Confraternita ed ospetale della SS.ma Annunciata di S. Croce» risalente
all’anno 1727, lo studioso ci informa che si tratta di una Platea redatta tenendo conto
di altre simili compilazioni, tra cui le Platee del 1631 e del 1657, rogate dal notaio
Giovanni Domenico Verderamo.
Le rendite e le entrate dell’ospedale dell’Annunziata dopo il 1795 «andarono sotto la
categoria governativa della pubblica beneficenza, che forse - e siamo nel 1857, ai
tempi del Pagano - adempirà le obbligazioni spirituali»; lo stesso Pagano ci dice,
infine, che l’ospedale «era nel 1749 di ricovero a 2 pellegrini e a 2 donne, le quali
portando una cassetta di vipere andavano mendicando per la vita. Quindi l’Ospedale
era una specie di locanda gratuita» 28.
3. Confraternita di Santa Caterina di Piano
La più antica menzione di una chiesa di Santa Caterina nel territorio di Bisignano, è
probabilmente quella contenuta nella Platea della chiesa vescovile di Bisignano,
redatta dal vescovo Ruffino nel 1269 29.
In maniera più esplicita, tra le chiese non parrocchiali di Bisignano, troviamo ricordata
in una platea del 1508 dell’Archivio Capitolare, una «chiesa e Hospedale di Santa
Caterina vicino le vie pubbliche oltre le mura di Bisignano dove è chiamato Santa
Caterina, tenuta da Don Alessandro Nepote» 30. Nella stessa Platea, tra i «beneficia
ruralia Bisiniani», si fa riferimento all’«hospitale civitatis Bisiniani nominatus S.ta
Caterina, est valoris annuatim triginta ducatorum, ut: quam tenet ad p.ns D. Teseus de
Gayeta ex concessione S.tis D. N.ri» 31.
La chiesa di Santa Caterina è affidata il 22 aprile 1536 al cardinale Antonio
Sanseverino, presbitero del titolo di Santa Maria in Trastevere, poiché era rimasta
vacante per la morte di D. Giovanni Ferrari chierico di Bisignano 32; la stessa chiesa,
sei mesi dopo, il 28 novembre 1536 passa a D. Antonio Carito 33, e il 6 aprile 1537 è
concessa in beneficio a un tale Adolfo de Carello, cappellano del predetto cardinale 34.
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CONFRATERNITE E PIETÀ DEI LAICI TRA MEDIOEVO ED ETÀ MODERNA: IL CASO DI BISIGNANO
Il 16 marzo 1548 diviene cappellano della chiesa di Santa Caterina Nicola de Carello
chierico della diocesi di Tropea e fratello di Adolfo, della terra di Fiumefreddo sulla
costa tirrenica; nello stesso documento, contenuto nelle Resignationes dell’Archivio
Vaticano, vol. 117, si precisa che Adolfo era rettore della chiesa parrocchiale di San
Biagio di Fiumefreddo 35.
La chiesa di Santa Caterina, in cui aveva sede una confraternita laicale ed alla quale
era affiancato uno degli ospedali della città, «ad usum pauperum, infirmorum, et
peregrinorum», era forse la chiesa più bella di Bisignano, l’unica di un puro ed antico
stile gotico. Essa era al limite della città; una casa di Piano è confinata «circumcirca da
levante e tramontana con le case ed ortali del Venerabile Spetale di Santa Caterina, ed
il largo sotto il Ponte, e da ponente con il fosso della Città». La notizia è riportata dal
D’Alessandro, il quale ci informa pure che «alla fine del Settecento era già diroccata e
i resti furono chiesti in vendita dalla famiglia Gentile. Nel 1630, un contenzioso
dell’ospedale è discucco alla presenza del Perbenedetti» 36.
Nel 1737 37 la chiesa di Santa Caterina Vergine e Martire, appartenente al territorio
parrocchiale di Santo Stefano Protomartire è dichiarata Prebenda canonicale, mentre in
quello stesso anno la confraternita risulta ormai estinta. Dal Catalogo di tutte le Chiese
ed Oratorij della città di Bisignano risulta infatti che «nella Chiesa di S. Caterina V.e e
M.e eretta in canonicato nel quartiere di Piano vi è il peso di celebrarvisi la Messa in
ogni giorno di domenica e feste, e vi concorre il Popolo e non fa altre funzione, se
bene anticamente vi era eretta la Confraternità, che oggi (nel 1737 appunto), non sta in
essere» 38. Don Michelangelo Lipari, parroco di Santo Stefano Protomartire, nel
rilasciare il 4 dicembre 1737 la sua dichiarazione sullo stato della parrocchia a lui
affidata, afferma che tra le chiese filiali del suo territorio «la prima è S.ta Caterina
Verg.e e Mar.re situata nel mezzo di d.a Parrocchia nel luogo detto Piano, è Prebenda
Canonicale col peso d’una messa per ogni festa di precetto; dentro d.a Chiesa vi è un
beneficio laicale col peso d’una messa per ogni venerdi, il titolo di d. Beneficio è di
S.ta Maria del Carmine» 39.
Siamo, nel caso di Santa Caterina, in presenza di una confraternita i cui membri
avevano l’obbligo specifico di proteggere le classi emarginate della società con
l’esercizio della carità fraterna che trova la sua esplicitazione concreta nell’assitenza
ospedaliera, ancora legata, almeno per Bisignano, in larghissima misura, solo ed
esclusivamente alle istituzioni religiose, che diventano perciò supplenti nei confronti
della struttura statale.
La concessione di alcune indulgenze particolari «pro confraternitate S. Catherinae»,
nell’ottobre del 1614, è l’unico caso in cui il pio sodalizio è ricordato in forma
ufficiale in documenti Vaticani 40; si tratta ovviamente di un riconoscimento assai
qualificato del lavoro svolto dai confratelli di Bisignano nell’esercizio della carità
fraterna.
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CONFRATERNITE E PIETÀ DEI LAICI TRA MEDIOEVO ED ETÀ MODERNA: IL CASO DI BISIGNANO
4. Confraternita della Santissima Trinità e San Leonardo
Il pontefice Paolo V con il Breve «Cum certas» del 2 ottobre 1606, concedeva
all’arciconfraternita della SS.ma Trinità dei Pellegrini e Convalescenti di Roma, la
facoltà di poter aggregare altre confraternite, «communicando loro le stesse sue
Indulgenze» 41.
In realtà la venerabile Arciconfraternita della Santissima Trinità dei Pellegrini in
Roma, già prima del 1606 ebbe facoltà di associare altre confraternite. Esiste infatti
nell’Archivio storico della confraternita romana un volume manoscritto intitolato
«Catalogato di tutte le compagnie aggregate alla nostra Archiconfraternita dall’anno
1576 a tutto 1710» 42; il titolo, riportato sul dorso pergamenaceo del codice
manoscritto, trova ulteriore esplicitazione nell’incipit stesso del libro in questione: «In
questo libro, segnato EEEE, saranno scritte tutte le Compagnie di diverse parti del
mondo, aggregate all’Archiconfraternità della S.ma Trinità de Convalescenti et
Pellegrini di Roma per tutto l’anno 1595, con la nota della Ricognitione della cera che
hanno pagato per il passato, et che per l’avenire pagaranno, come più chiaramente si
vede nell’archivio di detta Archiconfraternità al libro segnato TTT, Curtio Sergardi
Archivista Deputato» 43.
All’arciconfraternita romana fu aggregata anche la confraternita della SS.ma Trinità e
di San Leonardo di Bisignano, di cui non esiste altra documentazione precedente
all’anno 1581, che compare nel manoscritto del Sergardi. A c.149 (CXXXXVIIII) si
legge infatti che «havendo la Santa Memoria di Papa Clemente Ottavo, dell’anno 1604
revocato tutte l’Immunità et Indulgentie, quali fin a’ quel tempo o dalla Santità sua o
da altri sommi Pontefici fussero state concesse alle compagnie aggregate
all’Archiconfraternità nostra, et anco havesse ordinato, che per l’avenire non se ne
dovesse aggregar senza nuova grazia»; perciò, in conseguenza di ciò «Curtio Sergardi
Archivista perpetuo della nostra compagnia ha fatto nova memoria delle compagnie de
diverse parti del mondo aggregate alla nostra; et per ordine d’alfabeto a perpetua
memoria l’ha descritte nel presente libro segnato eeee dalla carta 148 fin ’a car.176».
Difatti, in un primo elenco alfabetico è riportato: «L 3. Bisignano S.ti Leonardo, Pietro
et Pauolo a’ 24 aprile - 1581, a’ 13».
A c.12 v si legge invece, con una esplicitazione maggiore, la nota dei censi dovuti
dalla confraternita della Santissima Trinità di Bisignano, all’arciconfraternita romana:
«Bisignano. Procuratore della Compagnia della Santissima Trinità et S.to Leonardo,
S.to Pietro e Paulo di Bisigniano. Aggregata alli XXIIII di Aprile 1581.
Offersero dar ogni anno nella festa della Santissima Trinità libre tre di cera lavorata et
devono per l’anno 1581-1582: libr. 6.
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E devono dare per l’anno 1583 et per l’anno 1584: libr. 6.
E devono dare per l’anno 1585: libr. 3.
E devono dare per l’anno 1586: libr. 3.
E devono dare per l’anno n.o 9 a tutto l’anno 1595: libr. 27, e per l’anno 1596».
In fondo al volume è inserito un terzo elenco alfabetico, che deve essere ritenuto
probabilmente il primo compilato, sia perché segnala solo l’anno 1581, sia perché
presenta delle correzioni al testo che poi risultano debitamente omesse nella stesura di
quello che è l’attuale primo elenco alfabetico:
«L.3. Bisigniano. S.to 44 Leonardo S.to 45 Pietro e Paulo ’a XXIIII Aprile - 1581 a’
13».
Dal Catalogo di tutte le Chiese ed Oratorij della Città di Bisignano del il 6 dicembre
1737 46 si rileva che la chiesa parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo «tiene solamente
nel suo ristretto dentro l’abitato una chiesa filiale sotto il titolo di S. Leonardo unita in
Prebenda alla dignità del Succentorato» 47 in tale anno il parroco D. Giacinto Libro,
dichiarava che la chiesa di San Leonardo che dava nome ad una omonima
confraternita in essa eretta, «tiene peso di messe tre la settimana, cioè una di giorno di
domenica, e l’altre due ad libitum»; i confratelli inscritti, nelle funzioni pubbliche
indossavano abiti rossi; non è improbabile che ad essi fosse affidata la cura
dell’ospedale esistente in San Pietro sin dal 1587, di cui parla il pagano nella sua
onografia di Bisignanoe ancora operante nell’anno 1644 (48) sicuramente già prima del
1857, anno in cui il Pagano dà alle stampe la sua opera, la chiesa di San Leonardo,
nella quale era eretta la confraternita della santissima Trinità, no esistevapiù. San
Leonardo, è ricordata per l’ultima volta fra i «laicorum sodalia cum usu saccorum»
nella relazione ad limina di Mons. Bonaventura Sculco del 1747 49, ma si precisa che
la confraternita è priva di redditi provenienti da beni propri e che si mantiene «ex puris
elemosynis ab ipsismet sodalibus administratis».
La relazione ad limina di mons. Bernardo del Nero dell’11 ottobre 1603 ricorda i
«benefitia unita dignitati subcentoratus, unum sub vocabulo Sancti Leonardi alterum
sub vocabulo SS. Petri et Pauli insimul annexa annui valoris ducatorum quatuor» 50;
sono gli anni in cui S. Leonardo nel quartiere di S. Pietro, è anche sede della
confraternita della SS.ma Trinità, i cui membri operavano per la cura degli ammalati e
dei convalescenti secondo lo spirito della confraternita romana voluta sa S. Filippo
Neri 51.
Quando, nel 1747, la chiesa dei Santi Pietro e Paolo viene trovata dirutam, nella visita
pastorale compiuta dal vescovo Bonaventura Sculco, dinanzi all’impossibilità di
reperire un luogo adatto ad novam ecclesiam construendam, le funzioni di questa
chiesa parrocchiale saranno svolte in San Leonardo per tutto il tempo della costruzione
della nuova chiesa, che appare quasi terminata nella visita del 1760 52.
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5. Confraternita dell’Immacolata Concezione del Borgo di Piano
La tradizione storica locale è concorde nel ricollegare l’attuale confraternita
dell’Immacolata Concezione di Piano a quella, molto più antica, esistente nella chiesa
delle Stimmate di S. Francesco d’Assisi, meglio conosciuta come chiesa della Riforma
53. Se ne ignora la data di fondazione, tuttavia se ne conoscono le finalità caritative
che erano la «sovvenzione dei poveri» e il «maritaggio delle fanciulle oneste» 54.
Ricordata anche come «Confraternita della Concezione dei nobili», nel 1585 fu resa
partecipe di tutti i diritti e i privilegi che Papa Paolo III aveva concesso alla chiesa
romana di S. Lorenzo in Damaso 55.
L’attuale confraternita, la cui chiesa sorse probabilmente su ruderi medievali, poco
distante dalla cattedrale e dall’episcopio, secondo l’umanista e studioso, il can. Giulio
Bria, sarebbe stata eretta in sostituzione di quella già esistente nella chiesa della
Riforma; rifondata dai nobili bisignanesi, ricevette il regio assenso, col quale si dava
vita al regolamento della confraternita di Piano, il 5 luglio 1777, mentre il real
dispaccio con cui si proibiva ai Riformati di rifondare nella loro chiesa la Congrega
dell’Immacolata è del 3 luglio 1779 56.
Con ogni probabilità, il cambiamento di sede per l’antica confraternita avvenne agli
inizi del 1700. In una platea pergamenacea del 1639, «confecta sub procuraturatu
U.I.D. Rev.di Didaci Buscarelli et Rev.di Francisci Criterii» e redatta dal notaio
Giovanni Domenico Verderamo da Luzzi 57, sono ricordati Fabio Rende, Andrietta
Cosentino e Francesco Longo come ancora appartenenti alla confraternita della SS.ma
Concezione dei Nobili nel monastero di S. Francesco d’Assisi della Riforma 58.
Nel 1656 veniva redatta la «Platea Confraternitatis Immaculatae Conceptionis» 59; in
tale anno il sodalizio aveva ancora sede nella chiesa della Riforma; infatti «dicta
Confraternitas habet et tenet pro sua devotione quamdam cappellam sub titulo SS.
Conceptionis Immaculatae Beatae Mariae Virginis erectam et constructam intus ven.
(...) vetus mon. Sancti Francisci de Assisi Fratrum Minorum strictioris observantiae
dictae civitatis, ornatam cum quadam cona in quo adest depicta imago dictae
Sanctissimae Conceptionis (...) ornamentis et picturis munitam cum duobus sepulcris,
in una quarum humanantur cadavera seu corpora confratrum in altera vera corpora
consorum dictae Confraternitatis» 60.
Il trasferimento della confratenita nella nuova chiesa, dove tuttora ha sede, avvenne
verso la fine del 1600 o gli inizi del 1700; certo è che il 5 luglio 1777 il re Ferdinando
IV concedeva il regio assenso col quale si dava vigore alle nuove regole del pio
sodalizio che aveva ormai abbandonato la vecchia cappella eretta nella chiesa dei
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riformati 61.
6. Confraternita delle Anime del Purgatorio
La confraternita delle Anime del Purgatorio fu fondata nel 1628 da Scipione Longo,
nobile bisignanese, per gli artigiani, che, con statuto particolare, assunsero sin
dall’inizio l’impegno di associarvi i cadaveri dei fedeli poveri 62, ai quali assicuravano
una cristiana sepoltura. Il Pagano, dopo aver ricordato che la confraternita «ha statuti
speciali», ci informa che essa è pure «dotata dei beni stabili e di censi».
Nel tentativo di effettuare una esatta ricostruzione urbanistica del paese con le strutture
civiche e religiose in esso presenti, il D’Alessandro ricorda che, tra la fine del 1500 e
gli inizi del 1600, la piazza costituiva il centro della città e la sede delle attività
pubbliche e commerciali 63; era molto più spaziosa di quella attuale, ma già nel 1629
si stava costruendo, da «artibus exercendis fideles», la chiesa di Santa Maria del
Popolo, alla quale era annessa la confraternita delle Anime del Purgatorio, ed a cui si
allinearono in seguito gli attuali palazzi. Qui erano anche una serie di botteghe
artigianali quale forge, falegnamerie, altre non precisate, e due farmacie. Viene così ad
essere coperto un altro settore dell’esercizio della carità cristiana che consiste nel
portare alla sepoltura un proprio confratello o altri cristiani poveri o emarginati
esprimendo così il grande rispetto della dignità della persona umana, esercitando la
virtù teologale della carità come completamento dell’amore di Dio.
Tanto è vero che agli inizi del 1700 i confratelli dell’Annunziata hanno ormai
tralasciato l’uso di accompagnare processionalmente i defunti della città e di seppellire
gratuitamente i fedeli poveri, «essendo eretta la confraternita dell’Anime del
Purgatorio coll’obligo di gratis sepellire i defonti della città»; tale loro servizio era
pertanto reso solo agli iscritti alla confraternita che fossero del Vico di Santa Croce o
della Giudeca 64.
Nel 1672 mons. Giuseppe Sebastiani vescovo di Bisignano, dichiarava nella relazione
ad limina di quell’anno che «prope Platea principaliore d.e Civitatis est quaedam
ecclesia sub invocatione S.te Marie de Populo, in qua Confraternitas Artificorum
eiusdem urbis erecta est qui curam in ea quotidie celebrari sacrificium Misse, in
sabatis recitari litanias Beat.me Virginis et bis in anno exponi SS.m; ac nuper
capacitate ex meo indultu associare cum saccis defunctos et pro pauperibus dare etiam
candelas; aliqua pietatis et charitatis opera exercent» 65.
La chiesa di Santa Maria del Popolo con l’annessa confraternita delle Anime del
Purgatorio è ricordata nel Catalogo di tutte le Chiese ed Oratorij della Città di
Bisignano, compilato nel 1737 (66); i laici ad essa appartenenti hanno l’obbligo di
seppellirei cadaveri defunti e vi celebrano giornalmentenon una, ma più Messe per
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esservi l’altare sotto il titolo delle Anime del Purgatorio e vi celebra parimente la
messa cantata in ogni primo lunedì di mese ed in tutto l’Ottavario dei Morti, e sempre
che vi fanno l’esequie per li confrati defunti, per esservi la sepoltura, e viene sempre
frequentata e venerata.La dichiarazione sottoscritta dal Parroco di San Giovanni D.
Alessandro Malopera, il 3 dicembre 1737, da cui poi sostanzialmente è compilato il
Catalogo in questione, precisa che la confraternita è composta di sartori, che si
seppelliscono i morti «per ogni chiesa della città», che quotidianamente si celebrano
nella chiesa confraternale ... «molte altre Messe di devotione nelle quali vi concorre il
popolo» 67.
Gli Statuti attualmente vigenti risalgono al 1762, approvati dal Re di Napoli
Ferdinando IV con decreto del 25 giugno 1763; la finalità di culto era perseguita
mediante incontri di preghiera da tenersi tre volte la settimana, lunedì, venerdì e
domenica e nelle feste di precetto.
7. Confraternita del Santissimo Rosario
Leopoldo Pagano ricorda la confraternita del Santissimo Rosario operante sin dal 1795
insieme a quelle della Immacolata Concezione e delle Anime del Purgatorio. In realtà,
sulla base della Platea dell’Archivio di Stato di Cosenza, del 1727, relativa ai beni
della Santissima Annunziata, è possibile riportare al 1707 gli inizi dell’attività della
nuova confraternita del Santissimo Rosario, voluta appunto dai Padri Domenicani
nella loro chiesa conventuale.
La confraternita del Santissimo Rosario, di cui il Pagano non precisa l’anno di
fondazione 68 e che lo Statuto organico, stampato a Cosenza nel 1913 69, riporta al
1715, comincia in effetti a funzionare dal 1707, anche se l’associazione fu approvata
«con real rescritto del 1777» 70. Fine della confraternita era non solo di «rendere a Dio
quel culto che gli è dovuto come a Supremo Signore di tutte le cose; ed a Maria SS.
come la più eccellente dopo Dio, ma anche di seppellire e suffragare i defunti
confratelli e consorelle pei quali la Chiesa nostra madre domanda lagrime e preghiere»
71. Lo statuto che regola il funzionamento della confraternita è quello stampato nel
1913, per cura del priore Gaetano Gallo, a cui dava la sua approvazione mons.
Salvatore Scanu, da Bisignano, il 16 marzo 1911; s’è persa traccia invece dello statuto
approvato con real rescritto del 1777, che ricalcava senz’altro le norme date dai Padri
Domenicani al momento della istituzione della nuova confraternita agli inizi del 1700.
8. Confraternita del Santissimo Sacramento della Piazza
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Non abbiamo alcuna notizia, invece, della confraternita del Santissimo Sacramento
della Piazza, che il Pagano ricorda tra il 1644 e il 1680 72 e che differiva dalla
omonima confraternita eretta nel quartiere di San Zaccaria.
È ricordata, prima del Pagano, nel Catalogo di tutte le chiese ed Oratorij della Città di
Bisignano, nel 1737 73; in esso si legge che nella chiesa di San Giovanni Evangelista
vi si celebrano, tra l’altro, tre messe la settimana «per il peso della confraternita del
SS.mo Sagramento dell’Eucarestia dentro la mede.ma eretta». La confraternita si
estinse sicuramente prima del 1795, anno in cui il Pagano ricorda solo quelle del
Purgatorio, del Rosario e della Concezione 74. Non sappiamo con esattezza se il
Santissimo Sacramento della Piazza abbia avuto Statuti particolari e quali fossero le
finalità, oltre a quelle di culto, perseguite dai confratelli in essa iscritti.
9. Congregazione del Sacro Cuore di Maria Madre di Dio
Si ha notizia di questa confraternita eretta nella chiesa parrocchiale di San Giovanni
Evangelista, da una Platea del 1549 il cui titolo è: «Platea Parochialis Ecclesiae S.
Joannis Evangelistae de vico Platea huius Bisinianen civitatis, in anno Domini 1549».
La Platea fu scritta dal chierico Virgilio Cosentino alla presenza di vari testimoni,
autenticata dal notaio Vitale che vi appose il proprio sigillo.
Don Nicola Cerenzia, parroco di San Giovanni Evangelista dal 22 maggio 1831,
annotava nelle ultime pagine della Platea: «Nel 1833 fu rifabbricato il muro posteriore
della Chiesa infranto dall’orribile terramoto del dì 8 marzo 1831; ed in contiguità
dell’istesso nuovo muro vi fu inalzato l’altare, che prima in una maniera informe era
situato sotto l’arco. Vi fu eretto dippiù l’altare in onore del Sacro Cuore di Maria
Madre di Dio, e sotto il titolo dell’istesso Santissimo Cuore vi fu stabilita la
congregazione, unita alla primaria eretta in Roma nell’insigne Basilica e Chiesa
parrocchiale di Sant’Eustachio in vigore del diploma spedito il dì 1 dicembre 1833.
Reg. litt. ad greg. 239, pag. 42. L’installazione della congregazione fu fatta in detta
chiesa di San Giovanni il 9 marzo Dom. (...)» 75.
Della confraternita non è stato possibile reperire altro materiale edito o inedito;
ignoriamo, difatti, se essa sia stata governata da Statuti propri, e quali fossero i fini
perseguiti dagli associati; è da supporre però che la congregrazione abbia avuto solo
fini culturali e religiosi, senza alcuna pretesa caritativa o assistenziale.
10. Altre istituzioni
Un ultimo accenno occorre fare, alla congrega di Spirito della Immacolata per gli
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studenti istituita da mons. Parladore nel 1853 e alle cinque cappelle serotine per
l’istruzione religiosa del basso popolo di cui dà notizia il Pagano 76, senza peraltro
esserne informati da altre fonti 77.
Rilievi conclusivi
Anche nel caso di Bisignano un primo discrimine per definire l’evoluzione storica
delle confraternite per il Medioevo è costituito dalla nascita degli ordini mendicanti
cioè dei francescani e dei domenicani, e per l’età moderna dal Concilio di Trento.
Difatti nel periodo che precede l’epoca degli ordini mendicanti non si può ancora
parlare di una autonomia piena dell’istituto confraternale laicale. È solo a partire del
XII secolo che i laici riescono a farsi posto all’interno della realtà ecclesiale
acquisendo un carattere di autonomia istituzionale. L’origine della «fraternitates» nel
mondo francescano e nel mondo domenicano, l’origine cioè delle confraternite è anche
nel desiderio di penitenza, e di una penitenza pubblica come riconoscimento dei propri
peccati; mentre gli obiettivi che l’istituto confraternale si pone sono di carattere
eminentemente religioso e di carattere spirituale; innanzi tutto l’impegno delle
confraternite nelle opere di misericordia verso i propri soci e verso gli altri bisognosi.
Si tratta dunque di proteggere le classi emarginate della società proprio con l’aiuto e
con il consiglio della carità fraterna. In un’epoca in cui l’assistenza ospedaliera non si
è completamente laicizzata, essa appare ancora legata in larghissima misura solo ed
esclusivamente alle istituzioni religiose che diventano supplenti nei confronti delle
struttura statale. L’assistenza agli ammalati, l’assistenza ai poveri, la diversificazione
dei caratteri assistenziali era esclusivamente compito delle strutture ecclesiastiche o,
come vedremo, di più laici che si ponevano insieme. L’esercizio della «confraternita»
si collega dunque all’esercizio dell’ospitalità realizzando una delle grandi realtà, già
presente nel mondo medievale, perdurante ancora nei secoli successivi, fino a tutto il
XVIII secolo. Nell’età umanistica invece, quando il miglioramento economico, il
senso della gioia, la società opulenta fanno guardare la morte con tristezza e con
dolore, le confraternite hanno dato un grande contributo al mutuo soccorso, sia
attraverso le «misericordie», di cui ancora oggi ci sono in Italia larghe attestazioni, sia
ancora specialmente nel Mezzogiorno, nell’assistenza ai condannati a morte o nel dare
cristiana sepoltura ai poveri.
Si pensi allora alla grande valenza spirituale che assume in tutto questo il culto dei
defunti, che già nell’età medievale aveva raggiunto aspetti notevoli.
Il culto dei defunti, le cui liturgie iniziano già nel X secolo, vede perciò i confratelli di
una determinata associazione di pii laici, portare il loro confratello o altri cristiani
poveri o emarginati alla sepoltura; essi esprimono così attraverso questo loro gesto il
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grande rispetto della dignità della persona, esercitando la virtù teologale della carità
come completamento dell’amore di Dio.
Solo più tardi, tra gli elementi spirituali dell’esperienza confraternale, farà la sua
comparsa la partecipazione alla flagellazione di Cristo; note erano in Bisignano le
lunghe processioni a cui prendevano parte le confraternite laicali con l’abito proprio,
precedute dai loro stendardi e gonfaloni, disciplinate a volte anche sanguinosamente,
richiamando in tal modo i cittadini alla pace; i confratelli si flagellavano perché
dovevano servire da ignudi il Cristo ignudo e quindi partecipare alla sua flagellazione.
Infine, da un punto di vista spirituale, a colui che fa parte di una confraternita non si
chiede che faccia le sue pratiche devozionali e caritative per una imposizione cui
corrisponda una sanzione, cioè non si tratta solo di seguire i comandamenti per cui
trasgredirli comporta una pena, c’è invece un richiamo più alto alla responsabilità per
cui una determinata azione è legata soltanto alla volontarietà di far parte di una
confraternita per vivere più compiutamente la propria esperienza religiosa. Ed è qui
che si coglie il vero grande valore dell’esperienza confraternale tra medioevo ed età
moderna.
Note
1 Fu Vescovo di Bisignano dal 1745 al 1781; la relazione ad limina del 1747 è custodita
nell’Archivio Segreto Vaticano, Sacra Congregatio Concilii, Relazione per visite ad limina,
125 B, Bisignano 1747.
2 Cfr. R. D’ALESSANDRO, Chiese, Conventi, Confraternite, eremiti, spedali e funzioni sacre
a Bisignano dal Medioevo al XVIII secolo, Chiaravalle Centrale 1983.
3 Fu vescovo di Bisignano dal 1721 al 1745.
4 Cfr. L. PAGANO, Bisignano, in AA.VV., Il Regno delle Due Sicilie descritto e illustrato,
Napoli 1857.
5 I manoscritti della Selva Calabra del Pagano sono conservati nella Biblioteca Civica di
Cosenza.
6 ASV, Sacra Congreg. Concilii, Relazioni per visite ad limina, 125 A, Bisignano 1597, c. 10 r.
7 Cfr. L. PAGANO, Bisignano ..., p. 71.
8 L’iscrizione è stata pubblicata da R. FASANELLA D’AMORE nelle sue Memorie storiche di
Bisignano, I, Iscrizioni e pergamene, Cosenza 1963, p. 49.
9 ASV, Sacra Congregatio Concilii, Relazione per visite ad limina, 125 B, Bisignano 1747, c.
309 r.
10 Cfr. R. D’ALESSANDRO, Chiese, Conventi, Confraternite ..., p. 21.
11 Ibid.
12 Esso, come si dirà in seguito, è inserito nel fascicolo relativo alla Confraternita del SS.mo
Sacramento compilato nel 1718 e conservato nell’Archivio di Stato di Cosenza, nel fondo
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Corporazioni Religiose, Bisignano.
13 Nell’ASC, Corporazioni religiose, è conservato un manoscritto rilegato in pergamena,
comprendente varie scritture: 1) Platea in pergamena contenente l’elenco dei beni che possiede
la Confraternita e l’ospedale della Santissima Annunziata di Bisignano; la data è illegibile per
un foro della pergamena, ma da altre date interne pare che si possa fa risalire al 1657
(indicheremo la Platea come Documento I); 2) Fascicolo cartaceo, contenente un elenco di
donazioni (Documento II); 3) Platea Confraternitatis Hospitalis SS.me Annunciate civitatis
Bisiniani confecta sub magistratu Silvestri de Marco nell’anno 1630 (Documento III); 4)
Ampio fascicolo manoscritto cartaceo, la cui numerazione inizia da c. 6 r; risale probabilmente
al 1727 ed è forse lo stesso di cui prese visione il Pagano lasciandone poi traccia nelle sue
accurate annotazioni, nel vol. X della Selva Calabra conservata nella Biblioteca Civica di
Cosenza (si veda a p. 5619 l’elenco riassunto dei «beni stabili che possiede la V.bile
Confraternita ed ospetale della SS.ma Annunciata di S. Croce, Vico di questa città di Bisignano
nell’anno corrente 1727»); a quest’ultimo Documento IV faremo assai spesso riferimento nella
stesura delle presenti note.
14 Si veda il Documento IV, di cui alla nota precedente, c. 6 v.
15 Il testo della lapide, a parte qualche piccola variante, è riportata da L. PAGANO, Bisignano
..., p. 70: «Ecclesia sanctis. Annunciatae, quae prius erat de jure patronatus confratrum prout
apparet ex pubblico scripto concessionis manu Joannis Moncini canonici tunc temporis
ecclesiae cathedralis, secretarii illustr. Antonii (supple, de Caroleis) huius civitatis episcopi
cum sigillo magno ipsius sub anno 1430 die 20 mensis maii cum facultate praesentandi
cappellanum»; nel 1857, quando il Pagano dà alle stampe la sua monografia, questa iscrizione
poteva ancora leggersi su «uno dei pilastri della cappella dell’Annunziata, e sull’altro pilastro si
veggono i frammenti di una iscrizione del 1475 concernente la fondazione della casa religiosa».
16 Cfr. Documento IV, c. 8 r, riguardante la «concessione della Chiesa, juspatronato e beni
della sud.a ven. confraternità alli RR. PP. Domenicani».
17 Cfr. Ibid., c. 8 v.
18 Cfr. Ibid., c. 10 v.
19 Si tratta della Platea pergamenacea indicata come Documento II, di cui alla nota numero 13.
20 Cfr. L. PAGANO, Bisignano ..., p. 71.
21 Cfr. ibid.
22 Si veda il Documento II, già ricordato.
23 Archivio Segreto Vaticano, Sacra Congregatio Concilii, Relazioni per visita ad limina, 125
A, Bisignano 1666, cc. 148 v - 149 r.
24 Cfr. ibid., cc. 165 v - 166 r.
25 Cfr. ibid., c. 267 r.
26 Cfr. Documento II, cit. c. 15 r.
27 Cfr. L. PAGANO, Selva Calabra, ms. in Biblioteca Civica di Cosenza, vol. X, p. 5619.
28 Cfr. L. PAGANO, Bisignano ..., p. 71.
29 Si veda la recente edizione critica curata da P. DE LEO, Un feudo vescovile nel
Mezzogiorno svevo, la Platea di Ruffino Vescovo di Bisignano, in Fonti e Studi del Corpus
membranarum italicarum, dir. Antonino Lombardo, Seconda Serie: Fonti Medievali IX, Roma,
1984. Ruffino fu Vescovo di Bisignano dal 1264 al 1269, di lui ci resta questo prezioso
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CONFRATERNITE E PIETÀ DEI LAICI TRA MEDIOEVO ED ETÀ MODERNA: IL CASO DI BISIGNANO
documento in una copia del 1707 fatta eseguire da mons. Pompilio Berlingieri, vescovo di
Bisignano dal 1706 al 1721 (Cfr. L. PAGANO, Bisignano ..., pp. 39, 63).
30 Si tratta dell’Antiquissima Platea Episcopatus Bisinianensis, omnium eius bonorum,
immobilium, reddituum et iurium, compilata da D. Floreado de Leonardis tesoriere della
cattedrale, per volontà di mons. Francesco Piccolomini d’Aragona, vescovo di Bisignano dal
1498 al 1530. Sul canonico tesoriere de’ Leonardis cfr. L. PAGANO, Bisignano ..., p. 52; su
mons.Piccolimini d’Aragona, cfr. F. UGHELLI, Italia Sacra ..., a cura di N. COLETI, Venezia
17172, I, c 523. Cfr. R. D’ALESSANDRO, Chiese, conventi, confraternite ..., p. 13.
31 Cfr. L. PAGANO, Bisignano ..., p. 71.
32 Cfr. F. RUSSO, Regesto Vaticano per la Calabria, III, Roma 1977, n. 17650.
33 Cfr. ibid., n. 17754.
34 Cfr. ibid., n. 17816.
35 Cfr. F. RUSSO, Regesto Vaticano per la Calabria, IV, Roma 1978, nn. 19340-19341,
19376.
36 Cfr. D’ALESSANDRO, Bisignano, società, economia e costumi nel 1600, Chiaravalle
Centr., 1984, pp. 36-37. Mons. Andrea Perbenedetti, vescovo di Venosa, effettua la sua Visita
Apostolica nella diocesi di Bisignano nel 1630 (si veda il volume manoscritto conservato
nell’ARCHIVIO SEGRETO VATICANO, Visite Apostoliche 104, Bisignano 1630).
37 Cfr. R. D’ALESSANDRO, Chiese, conventi, confraternite ..., p. 24.
38 Cfr. ibid., p. 28.
39 Cfr. ibid., p. 31.
40 Cfr. F. RUSSO, Regesto Vaticano per la Calabria ..., V, Roma 1979, n. 27466.
41 Cfr. L’Elenco delle indulgenze e grazie concesse alla Arciconfraternita della Santissima
Trinità dei Pellegrini e Convelescenti d Roma, rinnovato nel 1851, Tipografia delle Belle Arti,
Roma 1851, p. 3 ss.
42 Si tratta di un codice cartaceo rilegato in pergamena (cm. 42x28) di complessive 175 carte
(comprendenti il r, la cui numerazione progressiva è fatta con numeri romani, e un v, con
numerazione a cifre arabe); all’interno del codice sono inseriti e rilegati insieme vari fascicoli,
di cui il I e il II sono sotto forma di rubrica.
43 Se il Catalogo ha inizio, come è detto sul dorso, «dall’anno 1576». è da supporre la
scomparsa di qualche fascicolo iniziale riferentesi a tale anno 1576, o almeno uno spostamento
nella rilegatura dei fascicoli, considerato anche che gli elenchi alfabetici delle Confraternite
aggregate non sembrano essere al loro posto; ragion per cui il manoscritto inizia con una
datazione che riporta l’anno 1595 e non 1576 come dovrebbe.
44 Corretto in «S.ti».
45 Risulta cancellato; difatti non è poi riportato nel primo elenco alfabetico.
46 Segnalato e pubblicato da R. D’ALESSANDRO in Chiese, conventi, confraternite ..., pp. 21
ss.
47 Cfr. R. D’ALESSANDRO, Chiese, conventi, confraternite ..., p. 22.
48 Cfr. L. PAGANO, Bisignano ..., p. 71.
49 ARCHIVIO SEGRETO VATICANO, Sacra Congregatio Concilii, Relazioni per visite ad
limina 125 B, Bisignano 1747, c. 309 r.
50 ARCHIVIO SEGRETO VATICANO, Sacra Congregatio Concilii, Relazioni per visita ad
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CONFRATERNITE E PIETÀ DEI LAICI TRA MEDIOEVO ED ETÀ MODERNA: IL CASO DI BISIGNANO
limina, 125 A, Bisignano 1603, c. 20 r. mons. Bernardo Nero fu vescovo di Bisignano dal 25
Maggio 1598 al 1607, anche se la sua morte è da riportare al 16 luglio 1619 (P. GAUCHAT,
Hierarchia catholica ..., IV, Münster, 1935, p. 115).
51 Poiché il D’ALESSANDRO, in Chiese, conventi, confraternite ..., ci informa che nella
«relazione acefala e non numerata della visita pastorale di Prospero Vitaliano, compiuta nel
1575», la chiesa di San Pietro appare appena restaurata e che l’«Ospedale di San Pietro è
severamente censurato e non merita più il nome di ospedale ... sed magis caula porcorum et
stabulum boum», è da supporre che un reale funzionamento del complesso assistenziale ha
effettivamente inizio nel 1587, che è l’anno ricordato dal Pagano come inizio ufficiale
dell’attività ospedaliera in San Pietro.
52 Cfr. ivi, pp. 18-19.
53 Cfr. R. FASANELLA D’AMORE, Memorie storiche di Bisignano, I, Iscrizioni e
pergamene ..., p. 50.
54 Cfr. L. PAGANO, Bisignano ..., p. 71.
55 Ibid.
56 È quanto si legge in G. GALLO fu Carlo, Bisignano, Arte Storia Folklore, Chiaravalle
Centr. 1983, p. 36.
57 La Platea, redatta allo scopo di ripristinare le spettanze capitolari evidentemente messe in
crisi dal terremoto dell’anno precedente, per cui alcune terre non rendevano più perché senza
coloni, mentre molte case risultavano distrutte, è ricordata nel lavoro Stato sociale e
amministrativo di Bisignano nel sec. XVII (in Studi Meridionali, XII, 1979, fasc. II-III, pp. 146147), da R. D’ALESSANDRO.
58 Cfr. R. D’ALESSANDRO, Stato sociale e amministrativo di Bisignano ..., cit., p. 147, da
cui sono tratte le citazioni fra virgolette.
59 Il documento si custodisce nell’Archivio di Stato di Cosenza nel fondo delle «Corporazioni
religiose».
60 Cfr. «Platea Confraternitatis Immaculatae Conceptionis», doc. cit., c. 4 v.
61 Cfr. E. MISEFARI, Storia sociale della Calabria, Milano 1976, p. 375.
62 Cfr. L. PAGANO, Bisignano..., p. 71.
63 Cfr. R. D’ALESSANDRO, Bisignano, società, economia e costumi nel 1600 ..., pp. 33-34.
64 Cfr. Documento IV, in ARCHIVIO DI STATO DI COSENZA, Platea della Santissima
Annunziata del 1727, c. 42 v.
65 Cfr. ARCHIVIO SEGRETO VATICANO, Sacra Congregatio Concilii, Relazioni per visite
ad limina, 125 A, Bisignano 1672, c. 165 v.
66 Cfr. R. D’ALESSANDRO, Chiese, conventi, confraternite ..., p. 26.
67 Cfr. ibid., p. 32.
68 Cfr. L. PAGANO, Bisignano ..., p. 71.
69 Cfr. Statuto organico della Venerabile Confraternita del SS.mo Rosario di Bisignano,
Cosenza 1913, p. 5.
70 Cfr. ibid.
71 Cfr. Statuto organico della Venerabile Confraternita del SS.mo Rosario ..., pp. 9-10.
72 Cfr. L. PAGANO, Bisignano ..., p. 71.
73 Cfr. R. D’ALESSANDRO, Bisignano, Chiese, conventi, confraternite ..., p. 23.
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CONFRATERNITE E PIETÀ DEI LAICI TRA MEDIOEVO ED ETÀ MODERNA: IL CASO DI BISIGNANO
74 Cfr. L. PAGANO, Bisignano ..., p. 71.
75 Cfr. Platea di San Giovanni Evangelista del 1549, in ARCHIVIO VESCOVILE DI
BISIGNANO, ms. senza segn., c. 42 r - v.
76 Cfr. L. PAGANO, Bisignano ..., p. 71.
77 Sulla ricerca delle fonti si potrebbe tentare una ricerca accurata nell’ARCHIVIO
VESCOVILE DI SAN MARCO ARGENTANO dove ancora si conserva molto materiale
documentario riguardante la diocesi di Bisignano.
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CONFRATERNITE LAICALI NELLA DIOCESI DI CARIATI PRIMA E DOPO IL CONCORDATO DEL 1818
CONFRATERNITE LAICALI NELLA DIOCESI DI CARIATI PRIMA E DOPO IL
CONCORDATO DEL 1818
Luigi Renzo
Premesse
Prima di entrare nel merito, sono doverose alcune precisazioni di natura storica,
documentaria e metodologica.
a) La diocesi di Cariati viene istituita nel 1437 da papa Eugenio IV su richiesta della
principessa Covella Ruffo 1. Inizialmente comprese Scala Coeli, Terravecchia e S.
Morello, paesi sottratti all’arcivescovo di Rossano. Unificatasi subito dopo con la
vicina diocesi di Cerenzia, di origine bizantina, si allargò anche a Belvedere 2,
Caccuri, Montespinello 3, Verzino e successivamente Savelli 4 e Castelsilano 5.
b) Il Concordato del 1818 tra Pio VII e il Re di Napoli, posto come riferimento
discriminante della ricerca, diede un nuovo assetto alla diocesi, il cui territorio si
arricchì delle diocesi soppresse di Umbriatico e Strongoli, anch’esse di origine
bizantina 6.
c) Col decreto Instantibus votis della S. Congregazione dei Vescovi, il 30 settembre
1986 la diocesi di Cariati, dopo alterne vicende, è stata unificata «in perpetuum» con
l’archidiocesi di Rossano 7.
d) Le vicissitudini travagliate delle tre diocesi, l’incuria, le ruberie di privati ed altre
ragioni hanno devastato gli Archivi Diocesani, per cui le fonti documentarie locali
(Visite Pastorali, o altro) risultano inesistenti o quanto meno disorganiche e poco
affidabili per un quadro omogeneo e completo delle confraternite laicali. Neanche
degli Archivi delle confraternite si sa che fine abbiano fatto, tenuto conto che oggi
risultano tutte estinte. Il fatto mi ha convinto a scegliere come base della ricerca le
Relazioni ad limina del secolo XVII per le tre diocesi divise e quella del 1823 del
vescovo Gelasio Serao per la situazione del dopo-Concordato del 1818.
e) Metodologicamente, infine, tenendo presente l’incidenza e la risultanza
dell’unificazione delle tre diocesi, onde avere un riferimento completo e diversificato
divideremo la trattazione in due parti: nella prima si darà l’elenco delle confraternite
per ciascuna diocesi; nella seconda il quadro unificato conseguente alla nuova
situazione strutturale e politica.
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CONFRATERNITE LAICALI NELLA DIOCESI DI CARIATI PRIMA E DOPO IL CONCORDATO DEL 1818
1. Confraternite laicali prima della unificazione
Per le ragioni addotte nelle premesse, fonti privilegiate della ricerca saranno, allora, le
Relazioni ad limina, unica documentazione valida da cui trarre per il sec. XVII un
quadro abbastanza completo ed omogeneo delle confraternite erette nelle tre diocesi di
Cariati-Cerenzia, Umbriatico e Strongoli.
Dall’analisi comparata si ricava che le confraternite nel secolo XVII sono state
complessivamente 45, di cui 21 a Cariati-Cerenzia, 19 a Umbriatico, 5 a Strongoli.
Un rilievo interessante è che nei paesi di rito greco-albanese gravitanti nella diocesi di
Umbriatico (Carfizzi, Pallagorio, S. Nicola dell’Alto) non esistono confraternite,
mentre in quelli di Cariati-Cerenzia (Montespinello, Belvedere) esiste la Confraternita
del SS.mo Sacramento.
La tipologia è abbastanza variegata: delle 45 confraternite 15 sono intitolate al
Sacramento, 19 alla Madonna (5 al Rosario, 4 all’Immacolata, 4 all’Annunciazione, 3
alla Vergine dei 7 Dolori, 2 alla Madonna del Carmine, 1 alla Madonna delle Grazie);
3 alla «Morte»; 4 alla «Dottrina Cristiana»; 2 alla «Compuntina»; 1 alla Trinità e S.
Croce; 1 al Purgatorio.
Fatta eccezione del SS. Crocifisso di Savelli 8 e di quella più recente del Sacramento
di Cirò Marina (1912), non disponiamo di altri Statuti. Ciò rende quasi impossibile
determinare le finalità specifiche di ogni confraternita, per quanto indirettamente
possiamo arguire i caratteri generali comuni (istruzione religiosa, culto divino, cura
degli ammalati, sepoltura dei sodali, ecc.).
Alcuni vescovi, inoltre, nelle loro Relazioni ad limina annotano talora brevi
informazioni molto utili nel totale silenzio dei documenti.
Nel 1630 il vescovo di Umbriatico Benedetto Vaccaro (1622-32) scrive, per esempio,
che nella sua cattedrale «reperitur Societas SS.mi Sacramenti per cuius confratres
multa pia exercentur opera» 9.
Nel 1634 il vescovo Francesco Gonzaga (1633-57) scrive che a Cariati «Duae sunt
laicorum sodalitas, quae plurima misericordiae opera exercent» 10.
Mons. Geronimo Barzellino (1664-88), per la sua diocesi di Cariati nel 1666 asserisce:
... In aliquibus locis sunt quaedam laicorum Confraternitates, licet pauperes, quae
aliqua officia ad devotionem fidelium excitandam exercent 11.
Parlando di Cirò il vescovo di Umbriatico Giovanni B. Ponzio (1682-88) nel 1684
scrive che nella cappella della Immacolata Concezione:
Sunt Confratres in ea descripti, qui singulis diebus festivis ipsius Virginis officium, ad
Litanias recitandum conveniunt, horum Congregatio vulgo dicitur Compuntina, qua
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CONFRATERNITE LAICALI NELLA DIOCESI DI CARIATI PRIMA E DOPO IL CONCORDATO DEL 1818
diebus sextis feriis se flagris verberant, mentali orationi semihorae spatio vacant,
contritionisque actum eliciunt.
E nella chiesa matrice S.M. Plateis:
Adest Confraternitas SS.mi Sacramenti cuius redditus aureorum 250 summam
attingunt, quae SS.mi Sacramenti venerationi, celebrationique missarum intensissima
est 12.
Nel 1664 il vescovo di Strongoli Antonio M. Camalda informa:
Confraternitates laicorum duo insunt, una sub titulo SS.mi Sacramenti, cuius Cappella
cum altari sita est intus Cathedralem, quae cum propriis redditibus lampadibus
providet, datque caeram pro altari, processionibus Corporis Christi solemnitate. Altera
sub titulo Mortis, cuius est mortuos sepelire erecta in praefata Ecclesia Sanitatis 13.
Una parola sulla confraternita del SS. Crocifisso di Savelli. Nella visita pastorale del
1689 del vescovo Sebastiano de Francis è detto:
I Cittadini di detta Terra (Savelli, n.d.r.) supplicarono l’Ill.mo e Rev.mo Signore,
acché si fosse degnato di concedere loro in detta Chiesa (S.M. delle Grazie, n.d.r.)
l’esercizio de la Congregazione Compuntina, secondo la stampa fatta al tempo del
presulato del fu Ill.mo e Rev.mo Sig. Fra Gesualdo vescovo di Cerenzia e Cariati.
L’Ill.mo e Rev.mo Signore acconsentì alla predetta richiesta 14.
La concessione della Compuntina non è ancora la confraternita vera e propria, ma di
certo ne ha costituito il nucleo di partenza. Ciò lascia intendere anche un’annotazione
dello Statuto approvato il 1780, dove è detto che la confraternita «in detta Terra
rattrovasi da tempo immemorabile» 15.
Contrariamente a quanto avviene in altre confraternite dell’epoca, era aperta anche alle
donne, che «pure possono essere aggregate per sorelle di detta congregazione, del
resto si regoleranno come tutti gli altri Fratelli della maniera detta sopra». Esse, però,
non potevano partecipare al suo governo 16.
Inoltre tra gli «offici» figurano anche due infermieri, il cui compito era
di portarsi in casa de’ Confratelli e Novizij Infermi per visitarsi ad ogni avviso, e
notizia, che n’averanno, con continuare l’esercizio di tal’atto, sintanto che saranno
rimessi in salute, e se il Fratello, o sorella Inferma sarà povera, l’Infermieri li potranno
soccorrere col consenso del Priore insino a dieci carlini in più volte secondo i bisogni,
e più di tal somma non possano affatto senza il consenso de’ Fratelli precedente
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CONFRATERNITE LAICALI NELLA DIOCESI DI CARIATI PRIMA E DOPO IL CONCORDATO DEL 1818
capitolo 17.
La quota mensile da pagare nel 1780 era di un carlino. Qualora non si versava la quota
per due anni non si poteva essere eletti «Ufficiali»:
Quei Fratelli, che saranno contumaci, cioè che non averanno pagato per due anni la
solita elemosina di un carlino, compreso questo carlino per la corresponsione
mensuale, e quelli che senza legitima causa non assistono in Congregazione, non
possono essere eletti per Ufficiali, non possono dare il voto nell’Elezione di quelli 18.
Anche della confraternita del Rosario di Cariati abbiamo qualche utile informazione.
In una Memoria del 1746 del vescovo Carlo Ronchi (1732-64) è detto che
i fratelli e sorelle d’essa convengono ogni giorno di domenica, mercoledì e sabato alla
recitazione del SS.mo Rosario coll’assistenza del canonico, e se ne celebra la solennità
ogni domenica d’ottobre la prima; portandosi per la città processionalmente la statua
della B.V. con indicibil concorso di tutti 19.
Se in realtà si tratta di brevissime note, restano comunque interessanti per cogliere lo
spirito animatore e per appurare le attività fondamentali. Non dimentichiamo inoltre
che le confraternite del Sacramento e del Rosario hanno collegamenti sovra-diocesani
in quanto aggregate all’Arciconfraternita S.M. della Minerva le prime e alla matrice
domenicana le seconde, per cui i vuoti documentari possono essere indirettamente
colmati.
Anche per queste, comunque, non mancano altre informazioni sussidiarie. Così, per
esempio, il menzionato mons. Barzellino annota nel 1685 che a Cariati il Viatico
veniva portato con grande solennità e con accompagnamento di baldacchino sorretto
da 6 confratelli del Sacramento, vestiti di sacco e preceduti dallo stendardo della
confraternita:
... Quod sub Baldacchino delato per sex Confratres Societatis SS.mi Sacramenti,
sachis indutos deferri, curo, praecedente uno Confratre, qui vexillum eius Societatis
gestat, prosequente etiam SS. Viaticum magno numero fidelium, et ritum huiusmodi in
utrasque mea Diocesi introduxi et servari curo 20.
Aspetto importante della vita delle confraternite è il capitolo dell’amministrazione. Gli
Statuti solitamente prevedevano il rendiconto annuale, ma non sempre ciò avveniva,
per cui continui e perentori erano gli interventi ingiuntivi dei vescovi soprattutto in
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CONFRATERNITE LAICALI NELLA DIOCESI DI CARIATI PRIMA E DOPO IL CONCORDATO DEL 1818
occasione delle visite pastorali. È un capitolo questo che andrebbe trattato a parte non
solo per gli abusi, ma soprattutto per cogliere il senso della giustizia e l’incidenza nel
sociale dei sodalizi religiosi. Molti beni mobili e immobili erano lasciti destinati sia al
decoro del culto, sia all’assistenza dei poveri, dei forestieri e degli ammalati.
Il vescovo di Strongoli, Carlo Diotallevi, nel 1640 sottolinea nella Relazione ad limina
che la confraternita del SS. Corpo di Cristo fornisce un sussidio alle ragazze povere
che dovevano sposare:
pauperibus praesertim puellis nubendis subsidia, et elaemosynas elargitur 21.
Elemento di prestigio del patrimonio confraternale erano le indulgenze, di cui ogni
sodalizio ha cercato di insignirsi. Dai Regesti Vaticani risulta che molte furono le
confraternite munite di indulgenze.
Nella diocesi di Cariati-Cerenzia
Indulgentia pro confraternitate Animarum Purgantium, Cariaten 22.
Pro Confr. SS.mi Corporis Christi in ecclesia Cariaten, indulgentia in festo Corporis
Christi et Nativitatis Domini et B.M.V. 23.
Pro Confr. S. Ioannis Evang. in parochiali ecclesia S. Stephani, Cariaten dioc.,
indulgentia in festo eiusdem Sancti 24.
Pro Confr. SS. Trinitatis et S. Crucis, erecta seu erigenda in eccl.SS.Trinitatis
Cariaten, indulgentia plenaria in festo SS. Trinitatis et Inventionis Crucis 25.
Pro Confr. SS.mi Corporis Christi, in matrici ecclesia terrae Caccuri, Geruntin. Dioc.,
indulgentia in festo eiusdem SS.mi Corporis Christi et Nativitatis Domini et
Annuntiationis et Assumptionis B.M.V. 26.
Pro Confr. SS.mi Corporis Christi, in parochiali ecclesia, archipresbyteratu nuncupato,
S. Nicolai, Casalis S. Maurelli, Cariaten dioc., indulgentia in festo Corporis Christi et
Natalis Domini et B.M.V. et Annuntiationis et Conceptionis B.M.V. 27.
Pro Confr. SS.mi Sacramenti, in parochiali eccl. terrae Scala, Cariaten dioc.,
indulgentia in festo SS.mi Sacramenti et Purificationis et Assumptionis B.M.V. et
Ioannis Evang. 28.
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CONFRATERNITE LAICALI NELLA DIOCESI DI CARIATI PRIMA E DOPO IL CONCORDATO DEL 1818
Pro Confr. S.M. de Pietate in ecclesia eiusdem S.M. de Pietate, terrae Scalarum,
Cariaten dioc., indulgentia plenaria in festo Inventionis S. Crucis, et 7 annorum in
festivitatibus B.M.V. 29.
Pro Confr. S.M. Gratiarum, de Coronata nuncupata, in ecclesia eiusdem nominis,
Terrae Vetulis, Cariaten dioc., indulgentia in festo eiusdem B.M. Gratiarum et in feria
II Pentecoste et in festo Circumcisionis Domini et Annuntiationis et Conceptionis
B.M.V. 30.
Nella diocesi di Umbriatico:
Pro Confr. SS.mi Sacramenti, in ecclesia Umbriaticen, indulgentia in festo principali
et in octava S. Ioannis Bapt. et Laurentii et S. Martini 31.
Pro Confr. SS.mi Sacramenti, in eccl. terrae Casabona, Umbriaticen dioc., indulgentia
in festo SS.mi Sacr. et Omnium Sanctorum et Nativitatis Domini et Assumptionis et
Visitationis B.M.V. 32.
Pro Confr. Mortis, in ecclesia loci Ipsicrò (Cirò), Umbriaticen dioc., indulgentia in
Commemoratione Omnium Fidelium Defunctorum et in festo Circumcisionis Domini
et Assumptionis B.M.V. et S. Catherinae 33.
Pro Confr. Annuntiationis B.M.V., in ecclesia terrae Melissa, Umbriaticen dioc.,
indulgentia in festo Annuntiationis et Nativitatis Domini 34.
Pro Confr. B.M. Septem Dolorum in ecclesia terrae Melissa, Umbriaticen dioc.,
indulgentia in festo eiusdem B.M. Septem Dolorum et in quatuor festivitatibus B.M.V.
35.
Pro confraternitate SS.mi Sacramenti, in matrici ecclesia S. Nicolai, terrae Melissae,
Umbriaticen dioc., indulgentia plenaria in festo Corporis Christi et 7 annorum in
quatuor aliis diebus eligendis 36.
Un ultimo rilievo sulla consistenza numerica dei sodali.
Per quanto i dati siano importanti per quantificare l’incidenza delle confraternite
nell’ambiente, purtroppo, per i motivi già addotti, non abbiamo elementi di riferimento
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CONFRATERNITE LAICALI NELLA DIOCESI DI CARIATI PRIMA E DOPO IL CONCORDATO DEL 1818
per il secolo XVII. L’unica esigua traccia è individuabile nella Relazione ad limina del
1653 del vescovo di Strongoli Martino Dentato (1652-55). Riferendo della
confraternita del Sacramento eretta nella cattedrale, dice che è frequentata con
costanza da «certo numero personarum spectatae probitatis» 37.
Per il secolo XVIII sappiamo dei 38 congregati del SS. Crocifisso di Savelli, che nel
1780 hanno richiesto e ottenuto la regia approvazione dello Statuto, mentre per
l’Ottocento possiamo fare riferimento ad alcuni registri di amministrazione della
confraternita del Rosario di Umbriatico riguardanti il 1857 e anni seguenti, da cui si
ricava che il sodalizio è formato distintamente tra uomini e donne con un unico
direttivo. Nel 1857 gli uomini sono 85 38, mentre le donne sono 50 39.
I dati non sono certo significativi per illazioni applicative, ma in ogni caso sono gli
unici rinvenuti e disponibili.
a) Confraternite di Cariati-Cerenzia nel sec. XVII
Sommando approssimativamente i dati forniti dal vescovo Maurizio Ricci (1619-26)
sui singoli paesi, nel 1621 la diocesi contava intorno a 6.500 abitanti in cura ad una
sessantina di preti 40. Le confraternite esistenti erano 21 così distinte:
CARIATI
1. SS.mo Sacramento. Citata nella Relazione ad limina del 1589 del vescovo Properzio
Resta (1586-1601), nel 1615 ottiene un’indulgenza da Paolo V 41. È eretta nella
omonima cappella della Cattedrale.
2. S. Antonio. Anch’essa eretta nella Cattedrale, risulta dalla Relazione del 1589.
Esiste ancora nel 1602, mentre non figura più nella Relazione del 1605 42.
3. SS.mo Rosario. Citata nella Relazione del 1605 del vescovo Gesualdi 43, nel 1640 è
detta eretta «in alia Ecclesia B.M. de Monte Carmelo nuncupata» 44.
4. Anime Purgatorio. Fondata dal vescovo Filippo Gesualdi, nel 1615 ottiene
un’indulgenza 45. Non dovette avere vita lunga perché già nel 1640 non è più
menzionata nella Relazione del vescovo Francesco Gonzaga (1633-57).
5. SS.ma Trinità e S. Croce. Eretta nell’omonima chiesa dal vescovo F. Gonzaga,
ottiene nel 1655 un’indulgenza 46.
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CONFRATERNITE LAICALI NELLA DIOCESI DI CARIATI PRIMA E DOPO IL CONCORDATO DEL 1818
6. Confraternita della Morte. Eretta nella chiesa della Trinità, è citata solo nella
Relazione ad limina del 1654 47. Probabilmente venne poi sostituita dalla precedente.
7. Congregazione Compuntina. Forse non è una vera confraternita, ma è ripetutamente
citata operante nella chiesa della Trinità fin dal 1640 e certamente fino al 1685 48.
BELVEDERE MALAPEZZA
1. SS.mo Sacramento. È citata nella Relazione ad limina del 1605 dove si dice che il
paese è «habitato da Greci che vivono secondo il rito greco».
2. Congregazione Compuntina. Eretta da mons. Geronimo Barzellino nella nuova
chiesa del Purgatorio, è citata nella Relazione del 1685 49.
CACCURI
1. SS.mo Sacramento. È citata nella Relazione del 1605. Ottiene un’indulgenza nel
1615 50.
CERENZIA
1. SS.mo Sacramento. Eretta nella Cattedrale S. Teodoro, è citata nella Relazione del
1589. Nel 1597 è detta «cum paucis confratribus» 51. Nel 1602 risulta estinta, mentre è
nuovamente menzionata nel 1616 52.
2. SS.ma Annunziata. Esistente nel 1589, risulta estinta nel 1602.
3. Immacolata Concezione Anch’essa esistente nel 1589, risulta estinta nel 1602.
MONTESPINELLO
1. SS.mo Sacramento. Citata nel 1605 dal vescovo F. Gesualdi.
S. MORELLO
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CONFRATERNITE LAICALI NELLA DIOCESI DI CARIATI PRIMA E DOPO IL CONCORDATO DEL 1818
1. SS.mo Sacramento. Eretta nella chiesa parrocchiale S. Nicola, è citata, nel 1605.
Ottiene un’indulgenza nel 1615 53.
SCALA COELI
1. SS.mo Sacramento. Eretta nella chiesa arcipretale S.M. Assunta, è citata nella
Relazione del 1605. Ottiene un’indulgenza nel 1609 e 1615 54.
2 Madonna del Carmine. Citata nella Relazione del 1605.
3. S.M. della Pietà. Non risulta dalle Relazioni ad limina. Nel 1656 ottiene
un’indulgenza. Aveva chiesa propria 55.
TERRAVECCHIA
1. SS.mo Sacramento. Eretta nella matrice S. Pietro in Vincoli, è citata nella Relazione
del 1605.
2. S. M. Grazie. Eretta nell’omonima chiesa, è citata nel 1605 da mons. Gesualdi. Nel
1618 ottiene un’indulgenza 56.
VERZINO
1. SS.mo Sacramento. Citata nella Relazione del 1605.
Nell’elenco ci si è limitati a segnalare le confraternite risultanti dalle Relazioni ad
limina del secolo XVII e talora dai Regesti Vaticani della stessa epoca. Altre
confraternite, comunque, risultano erette tra la fine del Seicento e il Settecento e che
riteniamo utile aggiungere al precedente elenco. In particolare sono sorte a Cariati (1.
Assunzione: eretta nella Cattedrale da mons. C. Ronchi; 2. Madonna dei 7 Dolori:
visitata dal vescovo Ronchi nel 1733) 57; a Belvedere Malapezza (Purgatorio:
ricordata nella «Platea» della mensa vescovile di Cerenzia risalente probabilmente al
tempo del vescovo F. Gonzaga) 58; a Caccuri (SS.mo Rosario: citata da Ughelli) 59; a
Cerenzia (S. Croce e SS. Vergine Addolorata: ottenne il regio assenso nel 1795); a
Terravecchia (S.M. dei 7 Dolori: citata nel 1733 da mons. Ronchi); a Savelli (SS.mo
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CONFRATERNITE LAICALI NELLA DIOCESI DI CARIATI PRIMA E DOPO IL CONCORDATO DEL 1818
Crocifisso: eretta nella chiesa S.M. delle Grazie tra il Sei-Settecento anche se ebbe il
regio assenso il 15 marzo 1780).
b) Confraternite della diocesi di Strongoli
La diocesi non comprende altri paesi oltre Strongoli e ai primi del Seicento doveva
essere in condizioni disastrose se il vescovo Sebastiano Ghislerio scrive: «Civitas
Strongolen quae est in Calabria citeriori cum sit magna ex parte diruta centum
octoginta focularia non excedit» 60. Nel 1640 le cose, comunque, sembrano migliorate
se gli abitanti risultano aumentati a 4000 61. Le confraternite erette sono
complessivamente 5.
STRONGOLI
1. Confr. Laicale della Morte. Citata nel 1640, è eretta nella chiesa S.M. della Sanità,
dove è anche un Ospizio dei poveri e dei pellegrini. È operante ancora nel 1679 62.
2. SS.mo Rosario. Eretta nel convento dei Domenicani, è menzionata nella Relazione
del 1640, mentre non figura più nel 1653 e 1679. Forse scompare con la soppressione
del convento da parte di Innocenzo X 63.
3. Immacolata Concezione. Citata nel 1640, è eretta nel convento dei Conventuali 64.
Nel 1679 figura eretta nella chiesa di S. Francesco di Paola 65.
4. SS.mo Sacramento. Eretta nella Cattedrale Ss. Pietro e Paolo, è citata da mons.
Diotallevi nel 1640. Provvede con i suoi redditi ad aiutare le ragazze povere in età da
marito e cura altre attività liturgiche (lampada, cera per l’altare, processioni) 66.
5. Annunciazione B.M.V. Ha chiesa propria. È citata nel 1679 da mons. A. M.
Camalda 67.
c) Confraternite della diocesi di Umbriatico
Ai primi del Seicento la diocesi di Umbriatico conta intorno a 8000 abitanti con 40
sacerdoti 68. Le confraternite sono complessivamente 19 così distribuite:
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CONFRATERNITE LAICALI NELLA DIOCESI DI CARIATI PRIMA E DOPO IL CONCORDATO DEL 1818
UMBRIATICO
1. SS.mo Sacramento. Eretta già nel 1606 69, opera nella Cattedrale S. Donato. Nella
Relazione del 1630 il vescovo Benedetto Vaccaro scrive che «confratres multa pia
exercentur opera» 70.
2. SS.mo Rosario. Aggregata alla cripta paleocristiana della Cattedrale 71, è
menzionata nel 1615 72.
3. Confr. Pro Dottrina Cristiana. Eretta da mons. P. Bastone nella Cattedrale, è citata
nella Relazione del 1615. Non viene più menzionata a partire dal 1630 73.
CASABONA
1. SS.mo Sacramento. Eretta nella chiesa parrocchiale S. Nicola da Bari, nel 1606
ottiene un’indulgenza 74.
2. Immacolata Concezione. Eretta anch’essa nella chiesa parrocchiale, è citata la prima
volta nel 1684 dal vescovo Giovanni B. Ponzio (1682-88) 75.
CIRÒ
1. SS.mo Sacramento. Citata nel 1615 da mons. Bastone, è eretta nella matrice S.
Maria de Platea. Nel 1629 ottiene la conferma dei privilegi e delle indulgenze 76. Con
un reddito di «250 monete d’oro» provvede al decoro dell’altare del Sacramento e a
celebrazioni di messe 77.
2. Confr. della Morte. Ottiene un’indulgenza nel 1606 78. Non viene più menzionata
certamente nel 1634.
3. Confr. Pro Dottrina Cristiana. Eretta per volontà del vescovo P. Bastone intorno al
1615. Anch’essa non è più menzionata a partire dal 1630.
4. SS.mo Rosario. Citata nella Relazione del 1634 del vescovo Antonio Ricciulli
(1632-39), è eretta nella cappella del Rosario di S. Menna. Nel 1684 si dice che i
fratelli «preces et mysteria ter in hebdomada meditantur, et recitant» 79.
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CONFRATERNITE LAICALI NELLA DIOCESI DI CARIATI PRIMA E DOPO IL CONCORDATO DEL 1818
5. B.M. del Carmelo. Non figura nelle Relazioni ad limina, ma nel 1638 viene
confermata la sua erezione nella chiesa S.M. della Platea 80.
6. Immacolata Concezione. Eretta nel convento dei Conventuali, è citata da mons.
Ricciulli nel 1634. Nel 1684 risulta che vi si fa la congregazione della compuntina, che
consiste nella pratica della disciplina con le verghe, nell’esercizio di mezz’ora di
orazione mentale e in atti di contrizione e di pentimento dei peccati 81.
CRUCOLI
1. SS.mo Sacramento. Eretta nella chiesa di S. Pietro è citata nella Relazione del 1615
di mons. Bastone.
2. Confr. Pro Dottrina Cristiana. Eretta nella stessa chiesa per volontà di mons.
Bastone intorno al 1615 82, scompare subito dopo come le altre sotto lo stesso titolo.
3. SS. Annunciazione. Eretta nel monastero degli eremiti di S. Agostino 83, non è più
menzionata dal 1634.
MELISSA
1. Annunciazione B.M.V. Citata in un Regesto del 1606, anno in cui ottiene
un’indulgenza 84, non è citata in nessuna Relazione del tempo.
2. B.M. dei 7 Dolori. Ottiene un’indulgenza nel 1606 85. Non è citata nelle Relazioni
ad limina dell’epoca.
3. SS.mo Sacramento. Eretta nella matrice S. Maria, è citata nella Relazione del 1615.
Permane nel 1684.
4. SS.mo Rosario. Eretta nella matrice, è citata fin dal 1615.
5. Confr. Pro Dottrina Cristiana. «Nuper erecta» nel 1615, dura praticamente solo
durante il vescovato di mons. P. Bastone.
Nel concludere questa prima parte sembrano opportune alcune sottolineature.
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CONFRATERNITE LAICALI NELLA DIOCESI DI CARIATI PRIMA E DOPO IL CONCORDATO DEL 1818
Circa la socialità è innegabile il merito delle confraternite, anche se, mancando di dati,
ce ne sfugge il grado di incidenza reale. In un tessuto sociale sommerso e frantumato
dal lavoro dei campi e quindi per natura isolazionista tipico della società contadina, la
vita confraternale non poteva non funzionare da cucitura e, pertanto, da motivo
aggregante. Le manifestazioni religiose in genere erano già di per sé occasione di
incontro e di superamento di individualismi. La solidarietà espressa ai malati, o ai
bisognosi, o in occasione di lutti, così come l’appartenenza alle confraternite esigeva,
pur con le dovute mitigazioni, non poteva non educare ad un senso più marcato di
socialità e di convivenza.
Colpiscono in questo senso le 3 Confraternite della Morte (Cariati, Cirò, Strongoli) il
cui scopo essenziale era di garantirsi e garantire una sepoltura dignitosa.
Indubbiamente sono servite a creare un generale senso di famiglia in cui la perdita di
un congiunto veniva avvertita come perdita e lutto di tutta la comunità.
Cosi pure le Congregazioni della Compuntina, seguite «cum frequentia Populi et zelo
devotionis», hanno senza dubbio incrementato il senso dell’appartenenza religiosa e il
valore della perfezione cristiana perseguita con una spiritualità esigente, incentrata
sullo spirito di penitenza e sulla volontà di partecipazione fisica alla sofferenza di
Cristo. Questo spiega la pratica della disciplina e dell’autoflagellazione fisica.
Un’ultima parola sulle Confraternite Pro Dottrina Cristina volute e istituite nella
diocesi di Umbriatico dal vescovo Pietro Bastone:
In singulis locis Doctrinae Christianae Societatem, et Virorum et mulierum
instituimus, quam Deo adiuvante omnes hilari fronte, comunique gaudio sunt
amplexati, et in dies magis, ac magis proficiunt 86.
In un tempo di radicata ignoranza religiosa, da cui non erano esenti gli stessi sacerdoti,
tali confraternite, sulla stregua delle scuole della Dottrina Cristiana create nella diocesi
di Milano da S. Carlo Borromeo, costituiscono probabilmente per la diocesi le prime
forme di catechesi parrocchiale organizzata esigite dal Concilio di Trento per uscire
dallo stato di abbrutimento morale e sociale in cui le popolazioni erano costrette a
vivere.
2. Confraternite dopo l’unificazione del 1818
La politica revisionista e giurisdizionalista dei Borboni di Napoli aveva sconvolto nel
secondo Settecento lo stato patrimoniale della Chiesa. L’affermazione del principio
della sovranità assoluta dello Stato secondo cui «il sovrano è il padrone primario delle
ricchezze esistenti nel suo Stato» 87 aveva, infatti, portato alla soppressione e alla
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CONFRATERNITE LAICALI NELLA DIOCESI DI CARIATI PRIMA E DOPO IL CONCORDATO DEL 1818
incamerazione di tutti i beni ecclesiastici, frutto di lasciti e donazioni secolari, che
avevano esclusivo scopo di culto, lasciando in piedi solo quelli che perseguivano uno
scopo comunque assistenziale riconosciuto con regio assenso.
In questo clima soppressionista scomparvero la maggior parte delle confraternite ed
opere pie.
In seguito al Concordato tra la S. Sede e il Regno di Napoli (16-2-1818), Pio VII con
la Bolla De Utiliori (28-6-1818), come si è ricordato, soppresse le diocesi di Cerenzia,
Umbriatico e Strongoli incorporandole «in perpetuum» alla diocesi di Cariati. Nella
nuova configurazione il quadro delle confraternite munite di regio assenso viene
fornito dal vescovo Gelasio Serao (1819-38), che nella Relazione ad limina del 1823
cosi scrive:
Confraternitates duodecim in tota Diocesi, sed ad praesens nomine tantum existunt
absque redditibus oblationibus fratrum sororumque adscriptorum sustinentur 88.
In particolare le menzionate 12 confraternite sono cosi distribuite per paesi:
CARIATI: 1. SS. Trinità 89.
STRONGOLI:
1. Purgatorio.
VERZINO: 1. SS.mo Rosario.
CACCURI: 1. SS.mo Rosario.
UMBRIATICO:
1. SS.mo Rosario 90.
CRUCOLI: 1. SS.mo Sacramento.
2. Immacolata Concezione.
CERENZIA: 1. S. Croce 91.
CIRÒ:
1. SS.mo Sacramento.
2. SS.mo Rosario.
SAVELLI: 1. SS. Crocifisso 92.
S. NICOLA DELL’ALTO: 1. SS. Maria Assunta 93.
Nella relazione del 1833, parlando delle «Chiese, Confraternite e Luoghi Pii», mons.
Serao precisa che dette confraternite praticano esercizi spirituali sotto la direzione di
un Rettore laico e di un Sacerdote approvati dal vescovo, senza obblighi di mantenere
scuole o altre opere pie 94. Inoltre, avendo come proventi solo le offerte dei sodali, non
rendono conto dell’amministrazione, ma curano solo di annotare le prestazioni e le
offerte per celebrazioni di messe e di funerali 95.
Nel corso del secolo XIX altre confraternite ebbero l’approvazione o un nuovo
«Regolamento». Ricordiamo a Cariati le confraternite del Rosario 96 e del Sacramento
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CONFRATERNITE LAICALI NELLA DIOCESI DI CARIATI PRIMA E DOPO IL CONCORDATO DEL 1818
97;
a Carfizzi quella dell’Immacolata 98; a Casabona quella di Maria SS. Addolorata
99; a Melissa il SS.mo Rosario 100; a S. Nicola dell’Alto il Purgatorio 101; a Strongoli
l’Addolorata eretta nel 1899 dal vescovo Giuseppe Barillari (1895-1902) 102.
Nel 1912, in questo clima di favore, il vescovo Giovanni Scotti autorizzò l’erezione
della confraternita del SS. Sacramento in S. Cataldo di Cirò Marina, approvandone lo
Statuto. Gli scopi sono prevalentemente religiosi, come del resto nelle altre. Dai
«confratelli» si esige la frequenza all’adunanza settimanale «dopo la prima messa»
domenicale o festiva e la partecipazione «con l’abito che l’è proprio»:
a) a tutte le funzioni di chiesa, nei giorni più solenni dell’anno;
b) alle processioni, come dicono, di Chiesa;
c) nelle funzioni e processioni straordinarie, quando vi sarà chiamata dal Parroco, ad
esempio, all’ingresso del vescovo ecc.;
d) nei funebri dei Confratelli e di qualche Sacerdote della Parrocchia, associando poi il
cadavere sino al Cimitero 103.
È stabilito, inoltre, che nelle processioni «promosse da particolari Comitati» la
confraternita percepisse un «diritto fisso di lire venti» da destinare una metà alla cassa
comune e l’altra da dividere tra i partecipanti 104.
Sarà stato probabilmente anche questo incentivo economico oltre al diritto
all’assistenza esequiale a destare interesse e a far rifiorire in parte le confraternite. Il
fuoco, comunque, durò poco perché nel giro di qualche decennio andarono tutte ad
estinguersi, soprattutto quando non esisteva alcuna dote patrimoniale da amministrare
e quando l’esiguo numero dei «loculi» disponibili al cimitero non garantì più neanche
il posto al Cimitero.
Così nel 1916-17 si estingue il Crocifisso di Savelli 105, nel 1931 non esiste più il
Sacramento a Cariati, nel 1942 a Umbriatico scompare il Rosario. Delle altre non si
hanno notizie, ma anch’esse si sono del tutto eclissate per estinzione naturale dei
membri. Unico caso isolato è Cirò Marina, dove, pur risultando canonicamente ancora
eretta la Confraternita del Sacramento perché viventi 3-4 anziani confratelli, in realtà è
ormai da tempo inoperosa e non svolge alcuna attività.
Note
1 Cfr. F. RUSSO, Regesto Vaticano per la Calabria, vol. II (Roma 1975), n. 10354.
2 Il paese è conosciuto anche come Belvedere de Malapezza. Cfr. Relazione ad limina del 1685
del vescovo Geronimo Barzellino. Divenne poi Belvedere Spinelli in onore di Ferrante Spinelli.
3 Già di rito greco-albanese, passò poi al rito latino.
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CONFRATERNITE LAICALI NELLA DIOCESI DI CARIATI PRIMA E DOPO IL CONCORDATO DEL 1818
4 Sorto intorno al 1638 ad opera di esuli sfollati dai Casali di Cosenza in seguito al terremoto di
quell’anno. Deve il nome alla principessa di Cariati Carlotta Savelli, che mise a disposizione il
territorio dove poi sorse il paese. Cfr. P. MAONE, Savelli, Napoli 1966.
5 Fondato dai Rota di Pedace ai primi del Settecento.
6 Di Umbriatico facevano parte Carfizzi, Casabona, Cirò, Crucoli, Melissa, Pallagorio, S.
Nicola dell’Alto, Zinga. Strongoli, invece, non comprendeva alcun paese.
7 In realtà col decreto Quo aptius di Giovanni Paolo II del 4 aprile 1979 la diocesi di Cariati era
stata smembrata: la parte della provincia di Cosenza venne aggregata «aeque principaliter» a
Rossano, mentre la parte cadente nella provincia di Catanzaro venne assegnata a Crotone-S.
Severina.
8 Nell’ARCHIVIO PARROCCHIALE DI SAVELLI si conservano in originale 3 edizioni di
Statuto della confraternita. Il più antico ha avuto l’approvazione regia il 15 marzo 1780.
Sottoscritto da 38 fratelli si compone di 3 capitoli, di cui il primo ha 7 paragrafi, il secondo ne
ha 2, il terzo solo uno. Nel 1824 la confraternita ha ottenuto un nuovo Regolamento per le
Confraternite dei 16 Dicembre 1824 approvato dal Re Nostro Signore sui doveri dei fratelli.
Questo si suddivide in 41 articoli. Un terzo Regolamento e Statuti per la Confraternita del SS.
Crocifisso in Savelli Diocesi di Cariati venne approvato il 1° settembre 1897 dal vescovo di
Cariati Giuseppe Barillari. Esprimo qui la mia gratitudine al parroco D. Pietro Pontieri per
avermi messo a disposizione l’Archivio, da lui recentemente ordinato.
9 Cfr. Relazione ad limina dell’anno. In G. GIURANNA, La diocesi di Umbriatico, «Studi
Meridionali», III (1970), fasc. I-II, p. 79; il suo cognome di origine spagnola è Vaez.
10 Cfr. Relazione ad limina dell’anno.
11 Cfr. Relazione ad limina. La stessa cosa ripete l’anno successivo: «Sunt quaedam
Confraternitates (licet Pauperes) in aliquibus Oppidis institutae officia pietatis exercentes ad
fidelium devotionem excitandam».
12 Cfr. Relatio status diocesis Umbriaticen exibita in Secretaria S. Congr. Concilii die 18 febbr.
1684.
13 Cfr. Relazione ad limina del 1664. Nel 1669 lo stesso vescovo aggiunge che nelle due
confraternite: «maximo fervore diversa exercitia spiritualia singulis hebdomadis peraguntur».
14 Il testo è stato fornito dallo storico locale Pericle Maone senza indicazioni di Archivio,
anche se è presumibile che lo studioso abbia consultato la Visita Pastorale di mons. De Francis
nell’ARCHIVIO DIOCESANO DI CARIATI. Cfr. P. PONTIERI, Savelli e la sua Jiesulella,
Cosenza 1994, pp. 45-51.
15 Cfr. Statuto del 1780, presso ARCHIVIO PARROCCHIALE DI SAVELLI.
16 Cfr. Statuto, cap. II, par. 1° e cap. I, par. 1° sul governo della Confraternita.
17 Cfr. Statuto, cap. I, par. 7.
18 Cfr. Statuto, cap. I, par. 1°: «Della forma di governo».
19 La Memoria, conservata nell’ARCHIVIO DIOC. DI CARIATI, è riportata in R. LIGUORI,
Notizie delle confraternite laicali che si ebbero nella diocesi di Cariati, pro manuscripto, 1984,
p. 1.
20 Cfr. Relatio status ecclesiarum Cariaten et Geruntinen, facta a Hieronimo Barzellino Episc.,
1685. A margine del brano è annotato un encomio («laudandus») del S. Dicastero per questo
zelo del vescovo.
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CONFRATERNITE LAICALI NELLA DIOCESI DI CARIATI PRIMA E DOPO IL CONCORDATO DEL 1818
21 Esperienze simili si fanno anche altrove.
22 Cfr. Regesto Vaticano, V (Roma 1979), n. 27688 del 1615.
23 Cfr. Ibid., n. 27497 del 13-1-1615.
24 Cfr. Ibid., n. 27495 del 13-1-1615. Dalle Relazioni ad limina del tempo non risulta una
Confraternita S. Giovanni Evangelista né a Cariati, né in diocesi.
25 Cfr. Regesto ..., VII (Roma 1983), n. 37614 del 3-9-1655. In un successivo Regesto, n.
37675 del 3-11-1655 si dice che detta confraternita ottiene «indulgentia plenaria in festo
principali et 7 annorum in diebus festivis eligendis».
26 Cfr. Regesto ..., V, n. 27494 del 13-1-1615.
27 Cfr. Ibid., n. 27498 del 13-1-1615.
28 Cfr. Ibid., n. 26656 del 1-5-1609. L’indulgenza viene riconfermata il 13-1-1615: cfr.
Ibidem, n. 27496.
29 Cfr. Regesto ..., VII, n. 37758 del 3-2-1656.
30 Cfr. Regesto ..., VI (Roma 1982), n. 28040 del 18-9-1618.
31 Cfr. Regesto ..., V, n. 26346 del 13-11-1606.
32 Cfr. Ibid., n. 26336 del 27-10-1606.
33 Cfr. Ibid., n. 26317 del 22-9-1606.
34 Cfr. Ibid., n. 26318 del 22-9-1606.
35 Cfr. Ibid., n. 26316 del 22-9-1606.
36 Cfr. Regesto ..., VIII (Roma 1984), n. 40118 del 29-2-1664.
37 Cfr. Relazione ad limina del 1653.
38 Cfr. Libretto di esazione della Congrega del SS.mo Rosario di Umbriatico, contenente i
nomi e i cognomi de’ fratelli che fan parte di essa: ed effidata alla cura di Andrea Giuranna
qual cassiere di essa riconfermato in detta carica 4 ottobre 1857, conservato a Umbriatico
nell’ARCHIVIO PARROCCHIALE DELL’EX CATTEDRALE S. DONATO, Cartella n. 11,
Confraternita: 1676-1947. Nel 1856 i fratelli scendono a 63; nel 1858 salgono a 90, nel 1859
sono 81. Ringrazio il parroco D. Eduardo Caruso per la disponibilità con cui mi ha facilitato la
consultazione.
39 Cfr. Libretto di esazione contenente nomi e cognomi delle consorelle Congregazione del
SS.mo Rosario in Umbriatico, affidata alla cura di Andrea Giuranna qual cassiere di essa. 4
ottobre 1857, presso stesso Archivio e stessa collocazione.
40 Cfr. Relazione ad limina del 1621.
41 Cfr. Regesto ..., V, n. 27497; anche R. e F. LIGUORI, Cariati nella storia, Cirò Marina
1981, p. 196.
42 Cfr. Relazione ad limina del 1602 e 1605 del vescovo Filippo Gesualdi (1602-18).
43 (In Cariati) «Vi sono due compagnie l’una del SS.mo Corpo di Cristo, nella Cattedrale,
l’altra del SS.mo Rosario in uno horatorio».
44 Cfr. Relazione ad limina, del 1640 del vescovo Gonzaga.
45 Cfr. Regesto ..., V, n. 27688; anche F. e R. LIGUORI, Cariati ..., 200.
46 Cfr. Regesto ..., VII, n. 37614 e 37675. Il 1652, dato come anno di fondazione, non trova
riscontro nella Relazione ad limina del 1654, in cui non figura tra le confraternite cariatesi. È
da pensare che sia sorta proprio nel 1655.
47 «In Oratorio SS.mae Trinitatis adest Confraternitates Mortis».
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CONFRATERNITE LAICALI NELLA DIOCESI DI CARIATI PRIMA E DOPO IL CONCORDATO DEL 1818
48 Nella Relazione ad limina del 1640 è detto: «Congregatio compuntina exercetur in Oratorio
Ecclesiae SS.mae Trinitatis cum frequentia Populi et zelo devotionis». Nel 1654 si dice che
nella chiesa della Trinità vi è la Confraternita della Morte «et celebratur Congregatio
compuntina, cui Adscripti praebent maximum devotionis exemplum caeteris, dum eximia
solertia devotas Processiones fere semper per Civitatem exponunt». È ancora citata nel 1685 da
mons. Barzellino: «Exercetur Congregatio compuntina laicorum cum magna frequentia et
devotione».
49 «De novo tamen edificari curavi Ecclesiam seu Oratorium Animarum Purgantium
nuncupatum, in quo exercetur Congregatio Compuntina laicorum, cum magna frequentia et
devotione».
50 Cfr. Regesto ..., V, n. 27494.
51 Cfr. stralcio della Relazione ad limina riportato in P. SPOSATO, Aspetti e figure della
riforma cattolico-tridentina in Calabria, Napoli 1964, p. 211. Anche R. LIGUORI, Notizie delle
Confraternite ..., 3.
52 Nella Relazione ad Limina del 1602 il vescovo F. Gesualdi scrive: «Cerenzia non ha che
500 abitanti, non vi sono confraternite, non dispone di un ospedale».
53 Cfr. Regesto ..., V, n. 27498.
54 Cfr. Ibid., nn. 26656 e 27496.
55 Cfr. Regesto ..., VII, n. 37758.
56 Cfr. Regesto ..., VI, n. 28040.
57 Cfr. S. Visita della diocesi di Cariati e Cerenzia dell’anno 1733 fatta dal vescovo C. Ronchi,
presso ARCHIVIO DIOCESANO CARIATI, riportato in R. LIGUORI, Notizie ..., 2. Eretta
nella Cattedrale presso l’altare dell’Addolorata, è detto che «i fratelli, e sorelle d’essa
convengono in ogni giorno di venerdì a recitare la Corona dei 7 dolori».
58 Vi si dice che la confraternita «paga ogni anno nel dì di S. Teodoro alla Mensa Vescovile
una libra di cera bianca lavorata». Cfr. R. LIGUORI, Notizie ..., 3.
59 Cfr. F. UGHELLI, Italia Sacra, IX, Venezia 1721, p. 499. Ripreso da R. LIGUORI, Notizie
...
60 Cfr. Relazione ad limina del 1612. I 180 fuochi dovrebbero corrispondere a 900-1000
abitanti.
61 Cfr. Relazione ad limina del vescovo Carlo Diotallevi (1639-52).
62 Cfr. Relazione ad limina del 1679 del vescovo Antonio M. Camalda (1663-1687/90) dove è
precisato che compito della confraternita è la sepoltura dei morti («Cuius est mortuos
sepelire»).
63 Cfr. relative Relazioni ad limina, rispettivamente di mons. Martino Dentato (1652-55) e
mons. A. M. Camalda. Nel 1647 il già menzionato mons. Diotallevi informa che vi si recita il
rosario «ter in hebdomada».
64 Cfr. Relazione ad limina del 1647 del vescovo Diotallevi.
65 Cfr. Relazione ad limina del 1679 del vescovo Camalda.
66 Cfr. Relazione ad limina del 1664 del vescovo Camalda. Nel 1661 ottiene «licentia
concedendi ad tertiam generationem domum quae saepenumero illicata remaneret, annui
redditus, quando locatur, 4 duc. monetae Regni Neapolis, sub annuo canone 6 duc.». Cfr.
Regesto ..., VIII (Roma 1984), n. 39116.
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CONFRATERNITE LAICALI NELLA DIOCESI DI CARIATI PRIMA E DOPO IL CONCORDATO DEL 1818
67 Cfr. Relazione ad limina.
68 Cfr. Relazione ad limina del 1618 del vescovo Pietro Bastone (1611-22).
69 In tale anno ottiene un’indulgenza. Cfr. Regesto ..., V, n. 26346.
70 Nel 1739-40 la confraternita ha l’obbligo di far celebrare una messa ogni domenica per i
confratelli vivi; una messa ogni lunedì per quelli morti; due messe all’anno per l’arciprete
Giovanni Insufino. Cfr. Indice delle Messe Piane provenienti dalli beneficiati e Cappellanie e
Confraternite (1739-40), conservato nell’ARCHIVIO PARROCCHIALE DI UMBRIATICO,
Cartella n. 11, già citata.
71 Cfr. G. GIURANNA La Cattedrale di Umbriatico, «Studi Meridionali», III (1970), fasc. III,
p. 258.
72 Cfr. Relazione ad limina del vescovo P. Bastone.
73 Mons. Bastone scrive nella Relazione ad limina del 1615 di aver da poco istituito tali
confraternite in tutta la sua diocesi.
74 Cfr. Regesto ..., V, n. 26336.
75 Cfr. Relazione ad limina, in cui è detto: «Duae in ea sodales existunt sub SS.mi Sacramenti
titulo una, Immaculataeque Conceptionis altera».
76 Cfr. Regesto ..., VI, n. 30330.
77 Cfr. Relazione ad limina del 1684 del vescovo G. B. Ponzio.
78 Cfr. Regesto ..., V, n. 26317.
79 Cfr. Relazione ad limina del 1684.
80 Cfr. Regesto ..., VI, n. 32707; anche PUGLIESE, Descrizione et istorica narrazione di Cirò,
Napoli 1839, I, p. 256.
81 Cfr. Relazione ad limina.
82 Cfr. relativa Relazione ad limina.
83 Cfr. Relazione ad limina del 1615.
84 Cfr. Regesto ..., V, n. 26318.
85 Cfr. Ibid., n. 26316.
86 Cfr. Relazione ad limina del 1618.
87 Cfr. A. MELPIGNANO, L’anticurialismo napoletano sotto Carlo III, Roma 1965, P, 52.
88 Cfr. menzionata Relazione ad limina, par. I, Quoad Statum materialem Ecclesiae.
89 Nel 1858 ottiene un «Decreto contenente il regio assenso sulla fondazione della congrega e
sulle corrispondenti regole»: decreto n. 4858 datato Napoli 18-3-1858. Cfr. G. VALENTE, La
Calabria nella legislazione borbonica, Chiaravalle Centrale 1977, p. 717, n. MMCCXXIX.
90 Nel 1909 ebbe un nuovo Statuto dal vescovo Lorenzo Chieppa (1903-1911). Cfr. Stato della
Diocesi di Cariati durante l’Episcopato del Vescovo Lorenzo Chieppa, conservato
nell’ARCHIVIO DIOCESANO DI CARIATI, citato da R. LIGUORI, Notizie ... La
confraternita, esistente fin dai primi del Seicento, nel 1739-40 ha l’obbligo di far celebrare
all’altare del Rosario della Cattedrale una messa ogni domenica per i confratelli vivi; una
messa ogni lunedì per i confratelli morti; nove messe cantate per i benefattori durante la novena
di natale, una messa cantata col primo Notturno e Lodi dell’Ufficio dei defunti per i confratelli
defunti «nel primo lunedì dopo la festività del Rosario». Cfr. Indice delle Messe Piane ...,
conservato nell’ARCHIVIO PARROCCHIALE DI UMBRIATICO. La confraternita si è
estinta nel 1942.
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CONFRATERNITE LAICALI NELLA DIOCESI DI CARIATI PRIMA E DOPO IL CONCORDATO DEL 1818
91 Si fregiava dell’onore di avere come «priore perpetuo» il vescovo di Cariati. Cfr. R.
LIGUORI, Notizie ..., 6.
92 Un suo nuovo Regolamento, approvato con regio assenso nel 1824, ottenne anche
l’approvazione del vescovo Nicola Golia nel 1845. Cfr. R. LIGUORI, Notizie ..., 8.
93 Non si conosce l’anno di fondazione. Nel 1871 i confratelli chiedono al vescovo la nomina
del padre spirituale. Cfr. R. LIGUORI, Notizie ..., 8.
94 «Quoad Confraternitates quaedam exercitia spiritualia peraguntur sub directione alicuius
Rectoris Laicalis et Sacerdotis ab Episcopo adprobati. Eorum institutio non invenitur cum
onere scholarum, vel aliorum piorum operum». Cfr. par. VII, n. 2.
95 «Cum non habent redditus praeter oblationes confratres, idcirco non redditur ratio
administrationis, sed tantummodo servatur adnotatio praestationum, et de sumptibus pro
celebratione Missarum, et Funeralium Sodalium defunctorum». Cfr. par. VII, n. 3.
96 Ignorata nella citata Relazione del vescovo Serao, viene data esistente nel 1847 da F.
ADILARDI, Cariati chiesa vescovile in «Enciclopedia dell’Ecclesiastico», Napoli 1847, tomo
IV.
97 Ignorata nel 1823, viene rifondata con Breve del 19-3-1907 dal vescovo L. Chieppa. Cfr. R.
e F., Cariati ..., 230. Nel 1931 risulta estinta.
98 Eretta dal vescovo Giuseppe Antonio Virdia (1877-95) con Bolla del 1879.
99 Non se ne hanno notizie. È menzionata da R. LIGUORI, Notizie ..., 5.
100 Ignorata nel 1823, nel 1837 ottiene un «Decreto approvante la ripristinazione e le regole»
(Decr. 4249. Napoli 15 settembre 1837): cfr. G. VALENTE, La Calabria ..., 283, n. DCCXLIX.
Nel 1886 un nuovo Regolamento viene approvato dal vescovo G. A. Virdia.
101 Ignorata nella relazione del 1823, è invece citata dal Sinodo tenuto in quello stesso anno a
Cariati.
102 Eretta nella chiesa di S. Maria, ricevette l’approvazione dello Statuto nel 1902. Citata da R.
LIGUORI, Notizie ..., 8.
103 Cfr. art. 8 dello Statuto della Confraternita del SS.mo Sacramento nella parrocchia di S.
Cataldo della Marina di Cirò, conservato nell’ARCHIViO PARROCCHIALE e messo a
disposizione da mons. Antonino Terminelli, cui esprimo pubblica gratitudine.
104 Cfr. Statuto ..., art. 10.
105 Cfr. risposte al Questionario alla Visita Pastorale del 1929 del parroco D. Antonio Maone,
conservato nell’ARCHIVIO PARROCCHIALE.
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CONFRATERNITE LAICALI NELLA DIOCESI DI CARIATI PRIMA E DOPO IL CONCORDATO DEL 1818
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MOSTRA - OGGETTI DI CULTO E DEVOZIONE DELLE CONFRATERNITE
MOSTRA
Oggetti di culto e devozione delle confraternite
dasà
Confraternita dell’Immacolata
a) divisa del priore (fig. 5)
b) velo di croce processionale (cm 50 x cm 74), ricamo su seta del 1758 con
l’immagine dell’Immacolata (fig. 7)
c) medaglioni ricamati di stendardo processionale (ovali cm 31,5 x cm 37,5) del 1850,
con le immagini dell’Immacolata e del compatrono San Nicola vescovo (fig. 7)
d) medaglione argenteo ottocentesco del priore (fig. 1)
Confraternita del SS. Rosario
a) croce lignea processionale della Settimana Santa, del 1872 (fig. 6)
b) scena del sepolcro del Venerdì Santo: l’orazione nell’orto degli ulivi (fig. 2)
c) pergamena dell’aggregazione all’Arciconfraternita del Rosario in Roma, del 14
aprile 1588 (figg. 3 e 5)
filogaso
Confraternita del Carmine
a) mazze processionali del priore e dei due assistenti (fig. 8)
b) fotografia dell’apparato della chiesa nel 1923 (fig. 5)
pizzo
Arciconfraternita del SS. Nome di Maria
a) vestito di apostolo per la cena del Giovedì Santo (fig. 8)
san nicola da crissa
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MOSTRA - OGGETTI DI CULTO E DEVOZIONE DELLE CONFRATERNITE
Confraternita del SS. Crocifisso
a) divisa del priore (fig. 9)
b) cassetta barocca per la raccolta delle elemosine (fig. 4)
c) campanello del padre spirituale (fig. 4)
d) mazza processionale (fig. 8)
e) discipline di ferro (fig. 4)
Confraternita del SS. Rosario
a) divisa del priore (fig. 10)
b) gonfalone processionale (fig. 10)
stefanaconi
Confraternita della Natività di Maria detta ora dell’Assunta
a) bastone processionale del priore (fig. 9)
b) bossolo per l’elezione degli officiali (figg. 3 e 6)
Figura 1
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MOSTRA - OGGETTI DI CULTO E DEVOZIONE DELLE CONFRATERNITE
Figura 2
Figura 3
Figura 4
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MOSTRA - OGGETTI DI CULTO E DEVOZIONE DELLE CONFRATERNITE
Figura 5
Figura 6
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MOSTRA - OGGETTI DI CULTO E DEVOZIONE DELLE CONFRATERNITE
Figura 7
Figura 8
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MOSTRA - OGGETTI DI CULTO E DEVOZIONE DELLE CONFRATERNITE
Figura 9
Figura 10
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Volume 1 - ragioni e opinioni