SVILUPPO DELL'IMPRESA E FABBISOGNO DI CAPITALI UN MODELLO SINTETICO PER LA PIANIFICAZIONE FINANZIARIA Eugenio Pavarani Dipartimento di Economia dell’Università degli Studi di Parma - febbraio 2002 ([email protected]) Abstract In letteratura sono proposti modelli sintetici (modello "g" e modello "xyz") per la pianificazione finanziaria. Questi modelli hanno il pregio di individuare un numero limitato di variabili esplicative e di evidenziare il grado di equilibrio finanziario di un piano di sviluppo aziendale in modo diretto e senza rilevanti complessità metodologiche. A fronte dell'agevole accessibilità al problema e dell'immediatezza del quadro concettuale di riferimento, i due modelli forniscono visioni parziali delle relazioni che legano crescita del fatturato e dinamica dell'esposizione nei confronti dei finanziatori. Il presente lavoro si propone di superare quest'ultimo limite proponendo un'integrazione dei due modelli. Essi, infatti, presentano caratteri di complementarità e di sinergia, sicchè l'output del modello integrato fornisce indicazioni attendibili e complete non diversamente dai più complessi modelli che proiettano nell'orizzonte del piano aziendale l'intero e sistematico quadro contabile. L'informatizzazione del modello, cui si fa rinvio (v. nota n.7), prevede soltanto quattro variabili da stimare e restituisce un quadro puntuale delle dinamiche finanziarie sottese al piano di sviluppo. A verifica delle relazioni formali evidenziate, viene proposta l'applicazione del modello integrato ad una situazione aziendale proiettata nell'arco di quattro anni. 1. INTRODUZIONE Premessa. La formalizzazione di un piano di sviluppo aziendale è esercizio complesso sia per quanto riguarda la quantificazione dei dati di input, sia per quanto concerne le metodologie per l'elaborazione delle informazioni. Le più rilevanti difficoltà metodologiche riguardano, in particolare, la quantificazione delle componenti finanziarie del piano. Un conto è ragionare sulla dinamica attesa dei ricavi, dei costi, del reddito operativo. Certamente meno agevole risulta elaborare le componenti finanziarie del piano: quanto capitale dovrà essere investito nell'impresa? Quanto ne produrrà la stessa gestione? Quanto capitale dovrà essere acquisito all'esterno? L'elaborazione dei profili reddituali può essere approssimata anche attraverso un processo intuitivo, senza dover ricorrere a complicate metodologie di analisi. Ogni 1 imprenditore tende a maturare idee abbastanza precise sulla dinamica possibile del fatturato alla luce delle tendenze della domanda che si rivolge al settore e della ricomposizione in atto delle quote di mercato dei concorrenti. Allo stesso modo, è relativamente agevole ragionare sulla dinamica dei costi operativi stimando l'incidenza dei costi variabili ed il grado di stabilità dei costi fissi. Chi si propone di mettere in relazione crescita del fatturato ed impatto sugli utili operativi non incontra particolari difficoltà concettuali, tecniche e metodologiche; il processo di stima può essere oggetto di un agevole approccio intuitivo. Non è la stessa cosa per i profili finanziari. La relazione tra crescita del fatturato e dinamica dell'esposizione nei confronti dei finanziatori non è altrettanto lineare. Il fabbisogno finanziario indotto dal piano di sviluppo in termini di crescita del capitale circolante e delle immobilizzazioni, l'entità dei flussi di cassa generati dalle diverse aree della gestione, l'impatto sui debiti finanziari e sulle passività non onerose, l'entità degli oneri finanziari, sono grandezze difficilmente approssimabili in via intuitiva e la loro stima presuppone conoscenze tecniche e metodologiche specialistiche. Questa "barriera all'entrata" rappresenta un ostacolo all'attività di programmazione, soprattutto nelle imprese minori spesso prive di specifiche professionalità manageriali in campo finanziario, e rischia di pregiudicare il principale risultato del processo di pianificazione che consiste nell'obbligare i responsabili delle diverse aree decisionali dell'impresa ad esplicitare e formalizzare programmi, vincoli, attese ed obiettivi specifici. La pianificazione obbliga a valutare la compatibilità reciproca delle diverse linee d'azione ed impone di rivedere criticamente i singoli orientamenti prendendo coscienza dei legami che intercorrono tra gli specifici ambiti decisionali e la performance complessiva dell'impresa1. Riferimenti alla letteratura. La letteratura in materia propone metodologie di analisi molto sofisticate, talora supportate da efficaci aiuti informatici, pienamente rispondenti alle esigenze operative di chi affronta in chiave professionale i problemi 1 Cfr. R. A. Brealey, S. C.Myers (1993) cap.28. 2 della pianificazione finanziaria2. Questi modelli previsionali sono fondati su articolate metodologie di redazione dei bilanci pro forma, sulla quantificazione dei flussi finanziari prospettici (flussi di capitale circolante e flussi di cassa) e sulla predisposizione dei preventivi finanziari annui ed infra-annuali. A fronte della completezza e della profondità dell'approccio analitico, per contro, le metodologie indicate presentano l'inconveniente di risultare di difficile comprensione per chi non abbia maturato specifiche conoscenze tecniche in campo finanziario: le variabili rilevanti sono numerose, le relazioni tra le stesse sono complesse, il lessico stesso costituisce una consistente barriera all'entrata per i non specialisti. Queste difficoltà ostacolano la partecipazione consapevole dei responsabili di tutti i centri decisionali e rendono più difficile la funzione maieutica del processo di pianificazione che si esprime nell'opportunità, offerta ai soggetti coinvolti, di cogliere ex ante eventuali squilibri impliciti e latenti nella riconduzione a sistema dei programmi delle singole aree aziendali, squilibri destinati a manifestare le proprie conseguenze nel prossimo futuro, quando potrebbe essere molto più "costoso" (se non troppo tardi) porvi rimedio. Migliori risultati, sotto il profilo dell'accessibilità e della capacità di evidenziare con immediatezza variabili rilevanti e relazioni tra fenomeni, sono assicurati da modelli previsionali sintetici e parziali proposti dalla letteratura specialistica. Nella diversità della struttura, delle variabili considerate, dei fenomeni evidenziati, i modelli di questa specie sono accomunati da un approccio che si caratterizza per la rinuncia alla completezza ed alla puntualità dell'analisi, garantite invece dai modelli che proiettano nel futuro il complessivo e sistematico quadro contabile. La rinuncia all'approccio analitico ed onnicomprensivo è ripagata da una più diretta ed immediata evidenza del grado di sostenibilità finanziaria dei piani aziendali in un quadro sintetico di relazioni significative tra selezionate variabili rilevanti. Si perde in completezza dell'analisi (non si lavora sull'intero quadro dei fenomeni rilevati dalla contabilità 2 Si veda, ad esempio, quanto proposto da B. Rossignoli (2001), S. Benninga (2001), M. Regalli (2002). Un efficace supporto informatico per la pianificazione finanziaria, denominato EDP 3 generale) e si perde anche capacità di misurazione puntuale, ma si guadagna in accessibilità al problema ed in chiarezza del quadro concettuale ed interpretativo 3. I modelli di questa specie sono riconducibili a due principali tipologie che saranno richiamate negli aspetti essenziali nei paragrafi successivi. La prima è costituita dai modelli 4 che acquisiscono, come input, i valori di un numero contenuto di variabili rilevanti del piano di sviluppo, riferite al profilo reddituale della gestione. Come output dell'analisi generano il tasso di crescita dei mezzi propri determinato dall'economicità della gestione. Questo tasso, generalmente indicato in letteratura con la lettera "g", viene quindi proposto come il termine di riferimento per la valutazione di sostenibilità finanziaria dello sviluppo del capitale investito. Nel seguito del lavoro, questo approccio al problema sarà identificato con il termine "modello g". La seconda tipologia è costituita dai modelli 5 che hanno come input l'obiettivo di crescita del fatturato (x), l'intensità di capitale (y) ed i flussi finanziari di autofinanziamento (z) generati dalla gestione e producono, come output, la quantificazione del fabbisogno finanziario esterno. Questo valore viene quindi indicato come il termine di riferimento del giudizio di sostenibilità, da rapportarsi all'effettiva capacità dell'impresa di acquisire dall'esterno risorse finanziarie per l'importo corrispondente al fabbisogno, attraverso l'incremento dei debiti o eventuali aumenti di capitale. Le lettere sopra indicate tra parentesi riprendono la simbologia adottata nel contributo che ha introdotto questa metodologia di analisi ai fini (Elaboratore Dati Previsionali), è proposto da Tagliavini G. e Regalli M. in allegato al volume "Analisi Finanziaria", a cura di E. Pavarani, McGraw-Hill 2002. 3 Sostanzialmente, si può ragionare in questo modo: se si vuole mettere a fuoco il problema sul piano concettuale e si vuole ottenere un'indicazione immediata del grado di equilibrio finanziario del piano di sviluppo aziendale, la logica dei modelli sintetici risponde pienamente allo scopo; se si vuole misurare la sostenibilità finanziaria del piano, con elevato grado di dettaglio sulle singole poste contabili e con elevato grado di precisione, è necessario proiettare nel futuro l'intero quadro dei profili economici e finanziari della gestione attraverso la redazione dei bilanci pro-forma, del prospetto dei flussi finanziari e del preventivo finanziario. 4 Cfr. A. J. Zakon (1966), G. Brunetti (1983), R. R. Ellsworth (1983),G. Donaldson (1985), M. Reboa (1989), S. A. Ross, R. W. Westerfield, J. F. Jaffe (1993), A. Madhavan (1998), A. Dessy (2001), F. Ielasi (2002). 5 Cfr. C. Demattè (1974), A. Charrue (1980), P. Mottura (1987), R. Gaeta (1985), B. Rossignoli (1991). 4 previsionali nella letteratura finanziaria italiana 6. Nel seguito del lavoro, questo approccio al problema sarà identificato con il termine "modello xyz". Obiettivi e struttura del lavoro. In riferimento al quadro premesso, il presente lavoro è finalizzato a proporre e ad illustrare un modello previsionale che abbini semplicità di approccio (è richiesta la stima di poche variabili e di natura prettamente reddituale) con completezza dell'analisi ed attendibilità dei risultati 7. La soluzione proposta deriva dall'elaborazione di un'idea di fondo che supporta e caratterizza il presente lavoro. L'idea consiste nella lettura integrata dei due modelli sintetici e parziali. Questi, infatti, opportunamente definiti e resi omogenei, manifestano connotazioni di complementarità e di sinergia che estendono il campo d'indagine nella direzione della completezza ed attivano relazioni iterative capaci, a parità di numero e semplicità delle variabili di input, di potenziare la qualità dell'output nella direzione dell'attendibilità della misurazione dei profili finanziari prospettici della gestione. Il lavoro è articolato nel modo seguente: nei paragrafi 2 e 3 vengono richiamati il modello g ed il modello xyz per quanto strettamente utile ai fini sopra indicati; per i necessari approfondimenti si fa rinvio alla bibliografia citata. Nel paragrafo 4 viene messo a fuoco il posizionamento parziale dei due modelli in rapporto al quadro complessivo dei fenomeni rilevanti per la pianificazione finanziaria. L'analisi mira peraltro ad evidenziare il carattere di complementarità dei due modelli; da questa constatazione emerge l'opportunità di impostare una lettura integrata che ne potenzia notevolmente la capacità di supportare in termini agevolmente accessibili e sintetici un processo completo di previsione finanziaria. A questi fini, si evidenziano le esigenze di riconduzione ad omogeneità delle variabili di input e della situazione patrimoniale di riferimento. Nel paragrafo 5, infine, viene presentato il modello 6 Cfr. C. Demattè (1974). Il modello, elaborato in Excel, è liberamente scaricabile dal sito internet http://www.unipr.it/arpa/facecon/Pavarani/pavarani.htm ove, attraverso il link "booksite" è possibile accedere ai materiali didattici che supportano il volume "Analisi Finanziaria" a cura di E. Pavarani, McGraw-Hill, 2002. L'informatizzazione del modello ha beneficiato del contributo di Federica Ielasi. 7 5 integrato proponendone anche, a titolo di esemplificazione e di verifica, l'applicazione ad una situazione aziendale. 2. IL MODELLO "g" L'approccio proposto dal modello g è sintetizzato nel grafico 1. Il modello si rapporta ad uno schema di stato patrimoniale riferito all'inizio dell'anno oggetto del piano e quantifica l'impatto di quest'ultimo sulla situazione patrimoniale a fine esercizio. Lo SP è riclassificato in modo da evidenziare tra le attività le poste attive della gestione corrente e le immobilizzazioni al netto dei rispettivi fondi rettificativi. Corrispondentemente, tra le passività sono evidenziati i mezzi propri (MP) ed i mezzi di terzi (MT), costituiti dalle passività non onerose di pertinenza della gestione economica caratteristica corrente e dai debiti finanziari. I MP corrispondono alle voci del capitale netto avendo preventivaente detratto, dall'utile dell'esercizio, l'importo 6 corrispondente ai dividendi di cui è programmata la distribuzione. I dividendi di competenza dell'esercizio vengono evidenziati con apposita voce tra le passività, come debiti finanziari verso i soci, oppure vengono direttamente imputati all'esposizione nei confronti delle banche come, d'altra parte, avverrà necessariamente all'atto della liquidazione. Il modello è alimentato dai seguenti dati e variabili di input: - dati storici desumibili dall'ultimo bilancio: mezzi di terzi (passività di gestione corrente e debiti finanziari), mezzi propri, capitale investito (attività correnti ed immobilizzazioni nette); - variabili oggetto di programmazione: tasso di pay out "d" (quota degli utili netti da distribuire in dividendi) ed eventuali aumenti di capitale a pagamento (NMP); - variabili stimate: ROA (reddito operativo sul totale dell'attivo), "t" (tasso di incidenza degli oneri finanziari sui mezzi di terzi) e "I" (tasso di incidenza dell'utile netto sull'utile corrente). Sulla base dei dati di input, il modello elabora il tasso di crescita dei mezzi propri che è implicito nel piano stesso come risultato della gestione reddituale al netto dei dividendi programmati e come eventuale apporto incrementale attraverso aumenti di capitale a pagamento. Il tasso g indica, contestualmente, anche il tasso di sviluppo del capitale investito (CI) che risulta compatibile con lo sviluppo programmato dei MP e con la corrispondente crescita dei MT. Il modello, in altri termini, prende le misure all'equilibrio finanziario avendo come riferimento il rapporto MT/MP. La crescita dei mezzi di terzi in valore assoluto non è, per sé, indice di squilibrio. E' invece squilibrata una crescita percentuale dei MT superiore alla corrispondente crescita percentuale dei MP. 7 Se si considera, per esempio, una situazione iniziale in cui CI = 100, MT = 60 e MP = 40, e si ipotizza che la gestione sia in grado di generare un incremento dei MP (al netto dei dividendi) pari al 10%, il piano di sviluppo è in equilibrio se il CI cresce al massimo nella stessa misura. In tal caso, infatti, il fabbisogno incrementale pari a 10 (100*10%) trova copertura per 4 (40*10%) nel contributo reddituale della gestione e, per 6, nell'incremento dei MT che rispetta la proporzione 1,5:1 tra MT e MP (60/40 = 66/44 = 1,5). Se il piano aziendale prevedesse un aumento di capitale, pari per esempio al 15% dei MP iniziali, il CI potrebbe crescere fino al 25% (da 100 a 125) trovando copertura per 10 nel contributo reddituale (4) e nell'apporto dei soci (6) e, per 15, nell'incremento dei MT coerente con il rapporto di equilibrio iniziale (75/50 = 1,5). Incrementi del CI superiori al tasso g romperebbero l'equilibrio MT/MP, ridurrebbero il grado di capitalizzazione dell'impresa ed suggerirebbero una revisione delle variabili di piano di cui dovrebbe essere verificata la percorribilità. Analiticamente, il modello può essere formalizzato nel seguente modo g = ROE * (1-d) + NMP / MP [1] in cui ROE*(1-d) spiega il contributo reddituale della gestione al netto dei dividendi distribuiti nella percentuale d (pay out ratio) in rapporto all'utile dell'esercizio; NMP (nuovi mezzi propri), rapportato ai mezzi propri iniziali, rappresenta la percentuale di incremento del capitale netto per effetto di aumento del capitale a pagamento. Scomponendo il ROE secondo la nota formula additiva, la [1] può essere così riscritta g = {[ROA + (ROA - I) * MT / MP] * (1 - d) * (1 - t)} + NMP / MP [2] in cui ROA è pari al reddito operativo rapportato alle attività di bilancio, I è pari all'incidenza percentuale degli OF sui MT e t è pari all'incidenza percentuale dell'utile netto (RN) sull'utile corrente (UC) corrispondente, quest'ultimo, al reddito operativo al 8 netto del risultato della gestione finanziaria. Nell'ipotesi di ininfluenza delle componenti straordinarie di reddito, il fattore (1-t) coincide con l'incidenza delle imposte sull'utile corrente, altrimenti deve essere interpretato come la misura dell'incidenza congiunta della gestione straordinaria e della gestione fiscale. Il modello fornisce un'indicazione di massima sulla sostenibilità finanziaria dei programmi aziendali e si caratterizza, in rapporto agli obiettivi della pianificazione, per alcuni pregi e molti limiti che è utile evidenziare nell'economia del presente lavoro soprattutto al fine di valutare, in seguito, la capacità del modello integrato di superare i limiti indicati senza perdere i pregi evidenziati. Il pregio del modello sta nella immediatezza concettuale e metodologica: 1) si ragiona su variabili di natura reddituale evitando di addentrarsi nella più complessa stima di flussi finanziari (di capitale circolante e di cassa); 2) il numero delle variabili di input da stimare è contenuto a tre soltanto (ROA, I e t); gli altri dati di input sono storici (MT, MP, CI) o sono variabili decisionali (d, NMP). I principali limiti del modello sono riconducibili ai seguenti profili: 1) la variazione del CI, parte integrante del giudizio sul grado di equilibrio del programma, viene acquisita come un termine esterno al modello. Quest'ultimo non indaga, attraverso la considerazione delle variabili gestionali rilevanti, le modalità di formazione del fabbisogno, non fornisce indicazioni per la misurazione e non fornisce elementi per la valutazione di congruità dell'ipotesi di fabbisogno da confrontare con il tasso g. L'ipotesi che spesso viene adottata, in ordine alla coincidenza tra tasso di sviluppo del CI e tasso di sviluppo del fatturato, corrisponde a situazioni soltanto eventuali ed anche difficilmente riscontrabili e può indurre in significativi errori di valutazione 8; 8 Come sarà evidenziato in seguito, l'ipotesi risulta accettabile soltanto nel caso in cui l'intensità di capitale del piano coincida con quella desumibile dall'ultimo bilancio. 9 2) non distingue all'interno dei MT la componente "debito oneroso" (D) dalla componente "passività correnti non esplicitamente onerose" (PNO), costituite da debiti verso i fornitori, fondo tfr, fondo svalutazione crediti, fondo imposte, ecc.; non fornisce quindi indicazioni puntuali sull'impatto che il piano è destinato a determinare sull'esposizione nei confronti delle banche che è, peraltro, l'informazione maggiormente ricercata da chi imposta la pianificazione finanziaria; 3) come corollario al punto precedente, si può anche rilevare che la mancata quantificazione dell'esposizione bancaria a fine periodo rende difficoltosa la stima di I in quanto il numeratore del rapporto (OF) è spiegato soltanto da una (D) delle due componenti del denominatore (MT = D + PNO); la mancanza di ogni valutazione sulla dinamica prospettica del capitale circolante e delle passività non onerose (PNO) che lo compongono non consente di scorporare il debito verso le banche e di approfondire la stima degli oneri finanziari; 4) in caso di incremento percentuale del CI maggiore del tasso g, e posto che il divario non sia recuperabile attraverso la modifica del pay out o di eventuali possibilità di correzione delle altre variabili (ROA, I, t), è evidente che lo squilibrio viene assorbito da una crescita dei MT superiore a quella "di equilibrio" indicata dal parametro MT/MP. Il modello, tuttavia, non è in grado di quantificare il valore del rapporto MT/MP a fine esercizio. Infatti, se nella [2] si attribuisce a g il tasso di sviluppo del CI e si risolve l'equazione ponendo MT/MP come incognita, in realtà, non si ricava l'aggiustamento di MT/MP che porterebbe in equilibrio il modello stesso <<a fine periodo>>; si ricava, bensì, quel diverso valore <<iniziale>> che ex ante avrebbe assicurato l'equilibrio: si ragiona cioè su alternative ad un valore storico, esercizio privo di qualsiasi utilità. Una via più costruttiva potrebbe essere quella di quantificare la variazione assoluta di MT, per differenza tra la variazione di CI e la variazione di MP. Riprendendo l'esempio numerico sopra proposto, si può considerare che, se il CI cresce del 25% a fronte di un contributo reddituale della gestione pari al 10%, i MT dovranno aumentare di 21, pari a 25 (25% di 100) meno 4 (10% di 40). 10 Tuttavia, neppure in questo caso si otterrebbe un valore attendibile; il modello infatti non consente di cogliere un fenomeno di "circolarità" che lega MT/MP al ROE: al crescere dell'indebitamento, l'effetto di leva finanziaria innalza anche ROE, quindi l'autofinanziamento, e per conseguenza si riduce l'incremento necessario del debito; a parità di fabbisogno, il debito incrementale risulterà inferiore a 21 e l'autofinanziamento sarà maggiore di 4; 5) il modello giudica finanziariamente sostenibile un piano di sviluppo che non alteri il rapporto MT/MP; è del tutto evidente, peraltro, che il rapporto può rimanere inalterato per valori più elevati (rispetto al valore iniziale) del numeratore e del denominatore; l'indicazione è pertanto accettabile soltanto nei limiti dei margini non utilizzati dei fidi bancari o se risultano ampliabili le linee di credito; 6) il modello è uniperiodale; non restituisce dati di fine periodo utili a riproporre l'analisi in riferimento ad esercizi successivi. 3. IL MODELLO "xyz" L'approccio proposto dal modello xyz è sintetizzato nel grafico n.2. Dallo schema è immediatamente rilevabile il diverso approccio al problema rispetto a quanto proposto dal modello g. La valutazione di sostenibilità dello sviluppo viene affrontata dal lato opposto della situazione patrimoniale. Il focus dell'analisi è infatti incentrato sul fabbisogno di capitale e sui fenomeni gestionali che lo determinano. Il modello individua i fattori che spiegano la relazione tra sviluppo e fabbisogno finanziario addizionale lordo. I fattori rilevanti sono indicati nel tasso di incremento delle vendite (TSV) e nell'intensità di capitale (IC). Quest'ultima è definita come il rapporto tra l'investimento di capitale incrementale necessario per sostenere lo sviluppo ed il flusso incrementale delle vendite previsto dal piano. 11 Il fabbisogno finanziario lordo (FFL) è spiegato dalla relazione FFL = V 0 * TSV * IC [3] ed è pertanto funzione del fatturato, del tasso di sviluppo dello stesso e dell'intensità di capitale. Noto il tasso di autofinanziamento (MAF), espresso in percentuale dell'autofinanziamento prodotto dal piano in rapporto alle vendite dell'ultimo esercizio, il modello consente di quantificare il fabbisogno finanziario esterno (FFE) da coprirsi con l'incremento dei debiti finanziari e con eventuali aumenti di capitale: FFL - AF = FFE 12 AF = MAF * V 0 FFE = V 0 (TSV * IC - MAF) [4] Il modello considera grandezze di natura prettamente finanziaria: fabbisogno finanziario, risorse finanziarie prodotte internamente, risorse finanziarie da acquisire all'esterno. In coerenza con la logica finanziaria del modello, lo schema di stato patrimoniale cui rapportare l'analisi è concepito in termini strettamente finanziari: il lato sinistro individua gli effettivi impieghi di capitale nei processi della gestione caratteristica corrente e nelle immobilizzazioni; le passività rappresentano le effettive fonti di risorse finanziarie a copertura del fabbisogno. Lo SP è pertanto riclassificato in modo da evidenziare, tra gli impieghi di risorse finanziarie, il capitale circolante netto e le immobilizzazioni al netto dei rispettivi fondi rettificativi e dei rispettivi debiti di fornitura; corrispondentemente, tra le passività sono evidenziati i mezzi propri (MP) ed i debiti (D) di natura finanziaria (le PNO di gestione corrente sono portate a detrazione delle poste attive del capitale circolante). Il piano di sviluppo si autosostiene se l'autofinanziamento copre il fabbisogno lordo incrementale (FFE = 0). Se l'autofinanziamento è insufficiente per la copertura del fabbisogno lordo (FFE > 0), la fattibilità del piano risulta legata alla capacità dell'impresa di mobilitare le risorse esterne necessarie (ulteriori debiti ed aumenti di capitale). Se si considera, per esempio, una situazione in cui il fatturato dell'esercizio che precede il primo anno del piano è pari a 120, l'intensità di capitale è stimata pari a 1,7 ed il tasso di sviluppo delle vendite è programmato nella misura del 12%, il FFL addizionale risulta pari a 24,48 (120*12%*1,7). Il piano di sviluppo risulta in equilibrio finanziario se l'impresa è in grado di generare un flusso di autofinanziamento, a copertura del fabbisogno, pari a 24,48 corrispondenti al 20,4% dell'ultimo fatturato. Come rilevato a proposito del modello g, anche il modello xyz si caratterizza per il pregio della immediatezza concettuale e metodologica: 13 1) le variabili oggetto di stima sono due soltanto (IC, MAF); gli altri dati di input sono storici (V 0) o sono variabili decisionali (TSV); 2) l'output del modello costituisce una puntuale indicazione per la pianificazione e consente di formulare un'immediata valutazione sulla sostenibilità finanziaria dei programmi aziendali evidenziandone l'impatto sulle linee di credito bancarie al netto degli aumenti di capitale programmati. Il principale limite del modello consiste nella carenza di indicazioni di metodo per la stima dell'autofinanziamento. Gli autori che hanno analizzato il modello o non forniscono indicazioni per la quantificazione o forniscono indicazioni di diversa impostazione, anche in coerenza con le diverse modalità proposte per la riclassificazione dello SP9. In ogni caso, le modalità proposte per il calcolo dell'autofinanziamento rientrano nella logica dei flussi finanziari e presuppongono una capacità di analisi "specialistica" dei profili finanziari della gestione. 4. LE OPPORTUNITÀ LEGATE ALL'INTEGRAZIONE DEI DUE MODELLI Come è evidenziato con immediatezza dal grafico n.3, i due modelli si rapportano in modo soltanto parziale alla complessa catena di relazioni che legano la crescita del fatturato alla dinamica dei debiti finanziari e lasciano scoperte alcune aree dell'indagine (informazioni esterne ai modelli o informazioni di input non oggetto di elaborazione). 9 P. Mottura, op. cit., indica la somma degli utili di periodo non distribuiti, delle quote di ammortamento al netto delle spese per rinnovi e sostituzioni, degli accantonamenti ai fondi rischi e spese future al netto dei relativi utilizzi. B. Rossignoli (1991) indica il flusso di circolante della gestione reddituale pari alla somma del reddito netto e degli ammortamenti. 14 E' anche evidente, peraltro, che la loro integrazione consentirebbe di coprire l'intero spettro degli argomenti rilevanti dello scenario di previsione finanziaria. In particolare, il modello xyz sarebbe in grado di apportare al modello integrato la metodologia di stima del fabbisogno (ignorata dal modello g); il modello g, per contro, apporterebbe la metodologia di stima dell'aumento dei mezzi propri per effetto della gestione e l'informazione di input relativa alle decisioni di ricapitalizzazione (non contemplate dal modello xyz). L'integrazione dei due modelli assume significato se si verificano due condizioni: a) è necessario, in primo luogo, che non si riscontrino incompatibilità di carattere metodologico tra le parti che vengono assemblate; in particolare, si tratta di verificare se la metodologia di misurazione dell'autofinanziamento in termini di utili al netto dei dividendi è compatibile con la metodologia di stima del fabbisogno lordo e con lo schema di riclassificazione finanziaria dello SP, o se, invece, risulta imprescindibile quantificare l'autofinanziamento prodotto dalla gestione in termini di flussi di capitale circolante; 15 b) la seconda condizione è legata alla verifica dell'esistenza di fenomeni di sinergia tra i due modelli, sicchè il modello integrato, anche attraverso le facilitazioni connesse all'informatizzazione, generi una capacità di analisi potenziata rispetto alla semplice somma dei due contributi. L'analisi che segue è finalizzata a dimostrare la sussistenza delle due condizioni. A titolo di esemplificazione e di verifica, verranno anche proposti riferimenti quantitativi alla Società Alfa di cui viene riportata la sequenza dei bilanci nell'arco di un periodo quinquennale (v. tabella 1 e 2). Tabella n. 1 - Società Alfa - Stato Patrimoniale (anni 0-4) Attività 0 Cassa Clienti Scorte Immobilizzazioni totale Passività e netto Fornitori Fondo imposte Fondo Tfr Fondo amm.to Banche Capitale sociale Riserve Utile di cui: dividendi totale 16.000 4.042.000 1.800.000 1.358.000 7.216.000 0 1.794.000 480.000 188.000 508.000 2.274.000 500.000 1.014.000 458.000 1 2 20.000 20.000 4.617.311 5.718.362 2.069.980 2.551.173 1.858.000 2.358.000 8.565.291 10.647.535 1 2.050.068 457.518 270.963 626.912 2.886.122 500.000 1.243.000 530.709 2 2.535.498 589.818 362.815 777.824 3.662.803 500.000 1.508.354 710.424 229.000 265.354 355.212 7.216.000 8.565.291 10.647.535 3 4 20.000 20.000 7.352.180 8.822.616 3.253.353 3.862.652 2.858.000 3.358.000 13.483.533 16.063.268 3 4 3.244.664 827.323 460.593 960.736 4.076.546 800.000 2.063.566 1.050.104 3.857.175 1.023.762 564.296 1.175.648 4.663.877 800.000 2.588.618 1.389.891 525.052 694.946 13.483.533 16.063.268 In primo luogo, si tratta di verificare, sul piano analitico ed in riferimento alla situazione aziendale proposta, la compatibilità dello schema patrimoniale finanziario (v. grafico 2 e tabella 3) cui è riferita la stima del fabbisogno, con l'approccio reddituale alla quantificazione dell'autofinanziamento. 16 Tabella n. 2 - Società Alfa - Conto Economico (anni 0-4) 0 Ricavi Costo del venduto Acquisti Variazione rimanenze Altri oneri di gestione Risultato lordo Costo del lavoro Ammortamenti Risultato operativo Oneri finanziari netti Oneri tributari Utile netto 11.624.000 9.380.000 9.210.000 394.000 564.000 2.244.000 1.000.000 60.000 1.184.000 350.000 376.000 458.000 1 2 12.786.400 14.704.360 10.273.226 11.689.198 9.935.905 11.480.278 269.980 481.193 607.300 690.112 2.513.174 3.015.162 1.254.089 1.388.456 118.912 150.912 1.140.173 1.475.795 211.703 242.024 397.761 523.347 530.709 710.424 3 4 17.645.232 21.174.278 13.898.808 16.747.987 13.778.906 16.359.467 702.180 609.299 822.082 997.819 3.746.424 4.426.292 1.478.034 1.567.611 182.912 214.912 2.085.478 2.643.769 279.709 306.519 755.665 947.359 1.050.104 1.389.891 Tabella n. 3 - Società Alfa - Stato Patrimoniale finanziario (anni 0-4) Capitale investito Capitale circolante Immobilizzazioni nette totale Risorse finanziarie Debiti finanziari Mezzi propri totale 0 3.380.000 850.000 4.230.000 0 2.487.000 1.743.000 4.230.000 1 3.908.743 1.231.088 5.139.831 1 3.131.476 2.008.354 5.139.831 2 4.781.405 1.580.176 6.361.581 2 3.998.015 2.363.566 6.361.581 3 6.072.953 1.897.264 7.970.217 3 4.581.598 3.388.618 7.970.217 4 7.240.035 2.182.352 9.422.387 4 5.338.823 4.083.564 9.422.387 Ci si propone, in particolare, di dimostrare che, proprio in forza dello schema di riclassificazione finanziaria adottato, la quantificazione dell'autofinanziamento proposta dal modello g è la sola modalità corretta e "consistente" con il quadro contabile semplificato del modello integrato. Al fine indicato, si consideri la seguente formulazione analitica [5] dei flussi finanziari che raccordano, in sequenza, le situazioni patrimoniali finanziarie (per una quantificazione riferita alla Società Alfa, cfr. tabella 3 e tabella 4). 17 Tabella n. 4 - Società Alfa - Prospetto dei flussi finanziari (anni 1-4) Impieghi Variazione del capitale circolante Variazione delle Immobilizzazioni nette totale Risorse finanziarie Variazione dei debiti finanziari Autofinanziamento Aumenti di capitale totale 1 2 3 4 528.743 872.662 1.291.548 1.167.082 381.088 349.088 317.088 285.088 909.831 1.221.750 1.608.636 1.452.170 1 2 3 4 644.476 866.538 583.584 757.224 265.354 0 909.831 355.212 0 1.221.750 525.052 500.000 1.608.636 694.946 0 1.452.170 La [5] evidenzia, da un lato, gli usi di risorse finanziarie (impieghi incrementali lordi in immobilizzazioni, incrementi del capitale circolante, dividendi ed oneri finanziari) e, dall'altro, le corrispondenti fonti (aumento dei debiti finanziari, aumenti di capitale e risorse prodotte dalla gestione in termini di flusso di capitale circolante): VAR IMM L + VAR CAP CIRC + DIVID + OF = VAR D + AUM CAP + FCC [5] Considerando che a) il flusso di capitale circolante è dato dalla somma algebrica del reddito operativo e delle quote d'ammortamento meno le imposte, FCC = RO + AMM - IMP b) il reddito operativo è pari alla somma degli utili netti, delle imposte e degli oneri finanziari 18 RO = RN + IMP + OF c) l'investimento lordo in immobilizzazioni è pari alla somma dell'investimento netto e delle quote d'ammortamento VAR IMM L = VAR IMM N + AMM sostituendo nella [5] e semplificando, si ottiene VAR IMM N + VAR CAP CIRC = VAR D + AUM CAP + (RN - DIVID) [6] Come si può rilevare dalla [6] (e come è verificato in tabella 4), l'utile di esercizio al netto dei dividendi di competenza (output del modello g) coincide, nel quadro contabile dei modelli in esame, con la quantificazione delle risorse finanziarie generate dalla gestione misurate secondo la logica dei flussi finanziari. In riferimento alla seconda condizione sopra indicata, utile a dare significato all'integrazione dei due modelli, si possono rilevare con l'ausilio del grafico n. 4 le seguenti relazioni interne che arricchiscono il modello integrato rispetto alla semplice somma dei due modelli elementari. Si fa riferimento, in particolare, a fenomeni di "circolarità" tra le variabili rilevanti che l'informatizzazione in Excel consente di risolvere agevolmente: (1) la reddività netta consente di determinare la variabile MAF, valore percentuale che esprime l'incidenza dell'autofinanziamento sul fatturato, ovvero quanti euro di autofinanziamento vengono prodotti ogni 100 euro di vendite [MAF = ROE (1-d) MP / V 0]; 19 (2) NMP, variabile di input del modello g, consente di determinare, noto il fabbisogno finanziario (FFE), l'incremento dei debiti a fine esercizio; (3) la variazione dei debiti finanziari, congiuntamente con la rilevazione dell'incremento dei mezzi propri per effetto dell'autofinanziamento e per effetto degli eventuali aumenti di capitale, concorre a determinare, attraverso un processo iterativo, il valore del rapporto D/MP a fine esercizio superando il limite di cui al punto 4) sopra evidenziato in sede di analisi del modello g; (4) la quantificazione dei debiti a fine esercizio retroagisce anche sulla quantificazione della variabile I (OF/D): il riferimento degli oneri finanziari ai debiti (e non più ai mezzi di terzi) rende più diretta ed attendibile la stima del tasso I; (5) il riferimento al CI in senso strettamente finanziario qualifica la redditività operativa in termini di ROI (RO/CI) indicatore che esprime l'ammontare di reddito 20 prodotto dalla gestione caratteristica per ogni unità di capitale finanziario (D+MP)10 l'esplicitazione della variabile V/CI, implicita nella stima del ROI del piano (essendo ROI = RO/V * V/CI), consente di estrarre dalle variabili reddituali del piano l'intensità di capitale a fine esercizio; dal confronto di quest'ultimo valore con l'intensità di capitale rilevata dall'ultimo bilancio, risulta agevole determinare l'intensità di capitale incrementale [(CI1-CI0)/(V 1-V0)] che spiega, in concorso con TSV, il fabbisogno finanziario lordo. 5. IL MODELLO INTEGRATO La formulazione analitica del modello integrato, essendo MAF = ROE (1-d) MP/ V 0 può essere espressa nei seguenti termini V0 * [TSV * IC - ROE * (1-d) * MP/V 0] - NMP = Var D [7] in cui, in coerenza con la riclassificazione finanziaria dello SP, ROE = [ROI + (ROI - I) D/MP] (1-t) La [7] fornisce evidenza della capacità del modello di collegare le previsioni sul fatturato con le previsioni sulla dinamica dell'indebitamento finanziario. E ciò sulla base di soltanto quattro variabili oggetto di stima, come è desumibile dalla tabella n.5. 10 Come sopra evidenziato, il ROA, coerentemente con la riclassificazione dello SP cui viene riferito, 21 Tabella n. 5 - Società Alfa - Dati di input del modello previsionale integrato Piano anno 1 Dati storici Fatturato Debiti finanziari Mezzi propri Intensità di capitale iniziale Variabili Tasso di sviluppo del fatturato RO / V V / CI OF / D t = incidenza imposte e gest. str. d = pay out ratio NMP / MP Piano anno 2 Piano anno 3 Piano anno 4 11.624.000 2.487.000 1.743.000 0,36 12.786.400 3.131.476 2.008.354 0,40 14.704.360 3.998.015 2.363.566 0,43 17.645.232 4.581.598 3.388.618 0,45 10% 15% 20% 20% 0,089 2,488 6,76% 42,84% 0,100 2,311 6,05% 42,42% 0,118 2,214 6,11% 41,85% 0,125 2,247 5,74% 40,53% 50% 0,0% 50% 0,0% 50% 21,2% 50% 0,0% La tabella individua i dati di input del modello e li applica al caso della Società Alfa considerando la fine dell'anno zero come il momento della pianificazione: a) dati storici: fatturato, debiti finanziari, mezzi propri ed intensità di capitale desumibili dall'ultimo bilancio; b) variabili decisionali: obiettivo di sviluppo del fatturato, dividendi che si intende distribuire, aumenti di capitale programmati; c) variabili stimate: ROI scomposto nel ROS (RO/V) e nel turnover (V/CI), tasso di incidenza degli oneri finanziari sui debiti finanziari a fine esercizio; tasso di incidenza effettiva delle imposte (e di eventuali componenti di reddito straordinarie) sull'utile corrente. Le quattro variabili da stimare richiedono la formulazione di ipotesi attendibili sui valori che assumeranno a fine esercizio • la redditività operativa delle vendite: si tratta in sostanza di ragionare sulle dinamiche dei prezzi di vendita e sull'incidenza dei costi produzione al fine di formulare ipotesi sulle tendenze in atto del ROS, anche alla luce dei dati storici desumibili dagli ultimi bilanci; esprime invece la quantità di reddito operativo in rapporto al totale delle attività di bilancio. 22 • il tasso di rotazione del capitale investito: l'analisi investe le relazioni quantitative tra fatturato, da un lato, ed il capitale fisso e circolante, dall'altro. In riferimento al capitale fisso, occorre verificare l'esistenza di margini di produzione inutilizzati; occorre quindi valutare la capacità di incrementare le vendite a parità di immobilizzazioni, ovvero se si rende necessario, e in quale misura, supportare le vendite con nuovi investimenti. In riferimento alle relazioni con il capitale circolante, occorre ragionare sulle tendenze in atto nella durata del ciclo monetario del processo acquisto-produzione-vendita. A parità di condizioni, infatti, incrementi nelle dilazioni ai clienti ed aumenti della consistenza delle scorte, non compensate da aumenti delle dilazioni ottenute dai fornitori, riducono il valore del rapporto V/CI con conseguenze negative sulla redditività e sull'intensità di capitale; • il tasso di interesse "contabile": la stima corretta di questa variabile può essere desunta dalla considerazione congiunta del tasso di interesse passivo sui debiti finanziari, dall'indebitamento medio nel corso dell'esercizio, dal debito a fine anno. Occorre infatti considerare che il numeratore del rapporto è spiegato dal tasso di interesse effettivo del debito bancario e dai saldi giornalieri del debito; il denominatore fa invece riferimento al valore istantaneo del debito al 31 dicembre, valore che potrebbe discostarsi in misura significativa dall'esposizione media nel corso dell'esercizio. Una corretta valutazione della variabile in esame richiede, pertanto, la stima dell'indebitamento effettivo medio nel corso dell'anno ed il calcolo degli oneri finanziari sulla base dell'esposizione media e del tasso bancario effettivo; il tasso contabile può così essere agevolmente ottenuto dal rapporto tra gli oneri finanziari effettivi ed il debito a fine periodo. Si può sostanzialmente ricavare questa indicazione: se il debito aumenta linearmente nel corso dell'esercizio, il tasso contabile deve essere corretto in diminuzione rispetto al tasso effettivo; se viceversa il debito segue un trend opposto, il tasso contabile risulta più elevato del tasso effettivo. L'entità della "correzione" deve essere rapportata allo scostamento tra debito medio e debito finale; 23 • tasso di incidenza "contabile" delle imposte: si tratta di stimare l'incidenza effettiva delle imposte sull'utile corrente; la relazione da tenere presente è RN/UC = (1-t); in presenza di una eventuale significativa incidenza delle componenti straordinarie di reddito, la variabile in questione deve inglobare anche queste ultime; l'incidenza storica, in assenza di discontinuità rilevanti, fornisce un punto di riferimento utile per la stima. La tabella n.6 individua le informazioni di output del modello integrato e le quantifica in riferimento ai dati della Società Alfa: Tabella n. 6 - Società Alfa - Dati di output del modello previsionale integrato Piano anno Piano anno 1 2 Tasso di svil. sostenibile g Tasso di sviluppo del CI Gradi di squilibrio Intensità di capitale del piano Intensità di capitale increm.le Fabbisogno fin. incrementale MAF = Roe(1-d)MP/V0 Autofinanziamento Fabbisogno fin. esterno Aumento di capitale Indebitamento incrementale Debiti finanziari finali D / MP a fine esercizio Piano anno 3 Piano anno 4 12,6% 21,5% -8,9% 0,40 14,4% 23,8% -9,4% 0,43 38,6% 25,3% 13,3% 0,45 17,3% 18,2% -0,9% 0,44 0,78 0,64 0,55 0,41 909.831 1.221.750 1.608.636 1.452.170 2,28% 265.354 644.476 0 644.476 2,78% 355.212 866.538 0 866.538 3,57% 525.052 1.083.584 500.000 583.584 3,94% 694.946 757.224 0 757.224 3.131.476 1,56 3.998.015 1,69 4.581.598 1,35 5.338.823 1,31 24 a) il tasso g: misura lo sviluppo sostenibile, data la capacità di alimentare la crescita dei MP attraverso la gestione ed attraverso aumenti di capitale; b) il tasso di sviluppo implicito nel piano: corrisponde all'incidenza del fabbisogno finanziario incrementale in rapporto al CI iniziale; c) il grado di squilibrio finanziario del piano: è determinato dal confronto dei due tassi precedenti; lo squilibrio deve essere interpretato in questi termini: se si vuole evitare che MT cresca (in termini percentuali) più dei MP, si rende necessario assumere un mix di provvedimenti nelle seguenti direzioni: - recuperare redditività operativa intervenendo sulla relazione prezzi/costi e/o sul contenimento del CI a parità di fatturato (gli interventi in quest'ultima direzione, oltre ad aumentare l'autofinanziamento, riducono l'intensità di capitale e, quindi, il fabbisogno finanziario lordo), - contenere il pay out, - alleggerire il costo contabile del denaro lavorando sulle quantità e sui tassi, - verificare le possibilità di contenimento del peso della gestione fiscale e della gestione straordinaria, - disporre ulteriori apporti di capitale da parte dei soci, - ridimensionare l'obiettivo di crescita del fatturato; d) l'intensità di capitale del piano e quella incrementale: quest'ultima, desunta dall'intensità iniziale e dall'intensità di capitale del piano, funge da "moltiplicatore" del TSV nel determinare il FFL; e) il fabbisogno finanziario incrementale lordo: misura l'impiego incrementale di capitale generato dal piano che dovrà trovare copertura nelle fonti interne ed esterne all'impresa; f) il tasso di autofinanziamento MAF ed il valore assoluto del flusso di risorse generate dalla gestione (autofinanziamento) a copertura del fabbisogno lordo; g) il fabbisogno finanziario esterno (FFE), da coprirsi con fonti esterne; h) le coperture finanziarie esterne: incremento dei debiti finanziari ed aumenti di capitale; i) il debito finanziario a fine esercizio ed il valore finale del rapporto D/MP. 25 In riferimento al piano di sviluppo della Società Alfa, si può rilevare che l'impresa sta perseguendo un rilevante progetto di crescita del fatturato che aumenta da 11,6 milioni di euro a 17,6 milioni nell'arco di quattro anni. Lo sviluppo genera, nel periodo considerato, un ingente fabbisogno finanziario incrementale per un importo complessivo di oltre 5 milioni di euro che porta a più che raddoppiare il capitale investito netto iniziale. Soprattutto nei primi due esercizi, si manifesta uno squilibrio rilevante tra fabbisogno incrementale ed autofinanziamento, il che comporta una crescita percentuale dei debiti finanziari superiore a quella dei mezzi propri. Inizialmente, infatti, si sono ipotizzati valori elevati dell'intensità di capitale incrementale (le vendite crescono, ma crescono meno del capitale investito) mentre la redditività unitaria delle vendite (ROS) cresce in misura insufficiente per compensarne l'effetto. Nel terzo anno, un consistente aumento di capitale contribuisce, congiuntamente con l'incremento della redditività operativa e dell'autofinanziamento, ad invertire la tendenza del rapporto D/MP. Nel quarto anno, l'impresa raggiunge una condizione di equilibrio tra sviluppo sostenibile e tasso di sviluppo del CI, che inverte la tendenza e diminuisce sensibilmente. In valore assoluto, i mezzi propri crescono all'incirca quanto i debiti per effetto dell'accresciuto margine di autofinanziamento, spiegato dai miglioramenti del ROS, di I e del turnover (V/CI); quest'ultimo inverte la tendenza ed aumenta esercitando effetti positivi sia sull'autofinanziamento, sia sul intensità di capitale. In termini percentuali, la crescita dei MP è maggiore della crescita dei debiti così che il rapporto D/MP diminuisce ulteriormente. Il progetto di sviluppo dell'impresa, che porta a più che triplicare l'utile netto, comporta un rilevante investimento di capitale ma risulta finanziariamente sostenibile, tanto che l'impresa può mantenere inalterata la propria politica dei dividendi, senza pregiudicare il rapporto di indebitamento che, anzi, dopo un temporaneo innalzamento, migliora sensibilmente. 26 I grafici n.5 e n.6 riportano, in riferimento al primo anno del piano di sviluppo della Società Alfa, i due principali fogli di lavoro del software elaborato sulla logica del modello integrato. 27 28 Il primo foglio contiene i dati di input e fornisce una prima indicazione sul grado di equilibrio del piano mettendo a confronto il tasso di sviluppo sostenibile con il tasso di sviluppo programmato del capitale investito. Si tratta di valori che derivano dall'applicazione del modello g senza ancora considerare l'integrazione con il secondo modello ed i conseguenti effetti di iterazione. L'incidenza di questi ultimi è peraltro immediatamente segnalata dalla casella che, a fianco del dato iniziale del rapporto D/MP, indica le conseguenze del piano, a fine esercizio, sullo stesso rapporto. Sempre ragionando sui dati iniziali e senza considerare gli effetti di iterazione, le colonne a fianco dei dati di input indicano i valori che avrebbero dovuto assumere le rispettive variabili per assicurare l'equilibrio ex ante. L'ultima colonna consente di rivedere i parametri del piano di sviluppo e permette di valutarne immediatamente le conseguenze sul rapporto di indebitamento a fine esercizio. Si può così rilevare che sarebbe sufficiente, nel caso in esame, ridurre al 30% la percentuale del pay out per mantenere il rapporto di indebitamento al valore iniziale assicurando la sostenibilità finanziaria dello sviluppo, secondo la logica del modello, fin dal primo anno del piano. Allo stesso modo, si possono verificare le ripercussioni prodotte sul rapporto di indebitamento da ogni altra revisione del piano, sia per quanto riguarda l'obiettivo di sviluppo, sia per quanto riguarda i valori da attribuire alle diverse variabili. Il secondo foglio di lavoro (v. grafico n.6) fornisce i dati di output nelle due ipotesi (prima colonna: valori iniziali; ultima colonna: revisione del piano) attivando, in entrambi i casi, le iterazioni interne al modello integrato. Vengono quantificati, in particolare, il fabbisogno incrementale e l'autofinanziamento al fine di determinare il fabbisogno finanziario esterno. Si rileva che, non essendo previsti aumenti di capitale, l'intero fabbisogno si scarica sul debito. Quest'ultimo cresce oltre il livello di equilibrio (378.621), cioè oltre il valore che lascerebbe invariato il rapporto D/MP dato il livello dell'autofinanziamento. Il debito aumenta di 644.476 euro e porta il rapporto D/MP ad 1,56. Come si può verificare, invece, dall'ultima colonna, la revisione del pay out consente di mantenere la crescita dei debiti nei limiti consentiti 29 dall'autofinanziamento con il risultato di mantenere il rapporto D/MP al valore iniziale di 1,43. 30 CONCLUSIONI L'integrazione dei modelli parziali richiamati nel presente lavoro consente di impostare una valutazione di sostenibilità finanziaria dei piani di sviluppo aziendali superando i limiti evidenziati in riferimento ai due modelli sintetici richiamati senza, peraltro, perderne i pregi più rilevanti. Risulta possibile, in particolare, • esplicitare l'intero quadro delle relazioni che legano la crescita del fatturato con la dinamica dei debiti finanziari; • evitare la proiezione nel tempo del complessivo quadro contabile dell'impresa; • evitare il ricorso a complesse metodologie di misurazione dei flussi finanziari prospettici; • ragionare su un numero limitato di variabili di natura prettamente reddituale e di agevole stima; • assicurare una prospettiva multiperiodale alla valutazione del piano finanziario. A ben vedere, il modello integrato risulta impostato, nella massima sintesi, sulla stessa logica di fondo dei modelli previsionali costruiti sui bilanci pro forma e sulla base di un approccio analitico. Anche questi ultimi, infatti, sono basati sulle relazioni che legano la crescita del fatturato al capitale investito e determinano il saldo del conto banche in funzione del fabbisogno incrementale e dell'autofinanziamento. La differenza consiste, sostanzialmente, nel grado di dettaglio. Anziché ragionare su di 31 un dato di sintesi (intensità di capitale) si ricerca la relazione tra il fatturato ed ogni singola voce di bilancio in cui si articola il capitale di funzionamento. La diversa modalità di quantificazione dell'autofinanziamento (flussi di capitale circolante e flussi di cassa) è, infine, una diretta implicazione della più ampia articolazione dei prospetti contabili di riferimento. In realtà, i due approcci non si escludono e possono anzi rappresentare metodologie complementari utili a condurre, congiuntamente seppure su piani diversi di analisi, un'articolata istruttoria sulla dinamica finanziaria prospettica dell'impresa. 32 BIBLIOGRAFIA Benninga S. (2001), Modelli finanziari, McGraw-Hill, Milano. Brealey R. A., Myers S. C. (1993), Principi di finanza aziendale, McGraw-Hill, Milano. Brunetti G. 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