Prof. Alessandro Stranieri
Lezione n. 8
Struttura e morfologia ossea
Lo scheletro umano è composto da
oltre 200 ossa.
Compone una struttura NON
statica e rigida come un palazzo,
piuttosto una serie di tessuti vivi
che si sviluppano e modellano in
base alle funzioni da espletare.
FUNZIONI DELL’OSSO
Proteggere organi delicati.
Dare sostegno rigido ai segmenti corporei.
Funziona come “leva” permettendo al “motore”
muscolare di trovare un punto d’inserzione e
applicazione della forza.
Permette al corpo di fabbricare, all’interno del
midollo osseo, i globuli rossi.
SISTEMA NERVOSO
Fornisce il calcio necessario per le funzioni nervose;protegge il cervello ed il midollo
spinale; i recettori presenti nelle articolazioni danno informazioni sulla posizione del
corpo. Regola la posizione dell'osso mediante il controllo delle contrazioni muscolari.
SISTEMA TEGUMENTARIO
Sintesi della vitamina D, essenziale per un normale assorbimento di calcio efosforo
(necessario sia durante che dopo la crescita delle ossa)
SISTEMA MUSCOLARE
Fornisce il calcio necessario per la normale contrazione muscolare; le ossa fungono
da leve per generare i movimenti corporei. Stabilizza le posizioni dell'osso; la tensione
dei tendini stimola la crescita ed il rimaneggiamento ossei
SISTEMA RESPIRATORIO
I movimenti delle coste sono importanti per la respirazione; lo scheletro assiale
circonda e protegge i polmoni. Fornisce ossigeno ed elimina anidride carbonica
SISTEMA DIGESTIVO
Le coste proteggono parti del fegato e dell'intestino. Fornisce sostanze nutritizie,
calcio e fosfato.
SISTEMA URINARIO
Lo scheletro assiale fornisce una certa protezione per i reni e gli ureteri; la pelvi
protegge la vescica e l'uretra prossimale. Immagazzina il calcio ed il fosfato
necessari per la crescita dell'osso; elimina le scorie metaboliche
SISTEMA ENDOCRINO
Protegge gli organi endocrini, specialmente nel cervello, nel torace e nello scavo
pelvico. La crescita dello scheletro è regolata dall'ormone della crescita, dagli ormoni
tiroidei e da quelli sessuali; la mobilizzazione del calcio è regolata dal paratormone e
dalla tiroide.
SISTEMA CARDIOVASCOLARE
Fornisce il calcio necessario per la contrazione del muscolo cardiaco; sintesi
delle cellule del sangue nel midollo osseo. Fornisce ossigeno, sostanze nutritive,
ormoni e cellule del sangue; rimuove le scorie metaboliche e l'anidride carbonica
SISTEMA LINFATICO
I linfociti e le altre cellule che intervengono nella risposta immunitaria sono prodotti e
immagazzinati nel midollo osseo. I linfociti intervengono nella difesa e nella
riparazione dell'osso dopo una lesione
SISTEMA RIPRODUTTIVO
La pelvi protegge gli organi riproduttivi della femmina; nel maschio protegge una
parte del dotto deferente e le ghiandole accessorie. Gli ormoni sessuali stimolano la
crescita ed il rimodellamento delle ossa; l'incremento di ormoni sessuali durante la
pubertà determina un'accelerazione della crescita e la chiusura delle cartilagini di
coniugazione
COMPOSIZIONE DELL’OSSO
1/3 ACQUA
MINERALI INORGANICI
(carbonati di calcio e fosfati)
PICCOLA PORZIONE PROTEICA
(collagene)
COMPOSIZIONE DELL’OSSO
1/3 ACQUA
2/3 MINERALI INORGANICI
(carbonati di calcio e fosfati)
sono responsabili della resistenza dell’osso alla
COMPRESSIONE
PICCOLA PORZIONE PROTEICA
(collagene)
permette all’osso di resistere alla
TENSIONE
FIBRE COLLAGENE TIPO II
Matrice
interterritoriale
Matrice
territoriale
Pesocorporeo
corporeo
peso
(forza applicata)
Figura 7.3 - Organizzazione
lamellare di un osso lungo.
(a) Il femore, o osso della coscia,
presenta una diafisi, le cui pareti
sono costituite da osso compatto, e due epifisi (estremità di
osso spugnoso). Il peso corporeo viene trasferito al femore a
livello dell'articolazione dell'anca.
Dal momento che questa articolazione è decentrata rispetto
all'asse della diafisi femorale, il
peso corporeo si distribuisce
lungo l'osso in modo tale che la
porzione mediale della diafisi
viene compressa, mentre quella
laterale viene allungata. (b) In
alto: fotografia a raggi X che evidenzia l'orientamento delle trabecole nell'epifisi. In basso: sezione
di epifisi. Confronta l'orientamento delle trabecole con le linee
dello stress indicate nella parte
(a) di questa foto.
L’osso ha la stessa elasticità del legno
di quercia (130.000 kg/cm2);
la resistenza alla trazione (1700 kg/
cm2) compete con i metalli più tenaci
quali il rame o il duralluminio.
Epifisi
(testa)
(b)
La resistenza alla pressione (1500 kg/
cm2) è decisamente superiore a
compressione della
quella dei materiali da costruzione
CompressioneDiafisi
della diafisi
Trabecole di osso classici (arenaria e calcare: 1000 kg/
spugnoso
cm2);
Diafisi
Cavità midollare
Corticale
Cavità
midollare
la resistenza alla flessione statica è
paragonabile a quella dell’acciaio
fuso.
Corticale
(a)
Peso distribuito
alla gamba
attraverso
l'articolazione del
ginocchio
(valori secondo Knese, Hahne e Biermann, 1956)
Peso corporeo
Visto dall’esterno, l’osso
potrebbe dare
(forza applicata)
l’impressione di essere una formazione
decisamente massiccia; tale impressione
però, contrasta con il suo peso
relativamente esiguo.
Epifisi
(testa)
Nelle ossa più lunghe, l’osso spugnoso
occupa entrambe le epifisi, mentre la
porzione intermedia (diafisi) presenta
una cavità (canale midollare) delimitata
da osso compatto.
Diafisi
(b)
Compressione
della diafisi
Trabecole di osso
osso spugnoso
spugnoso
Cavità midollare
corticaleCorticale
Cavità
cavità midollare
midollare
Corticale
Peso distribuito
alla gamba
attraverso
Figura 7.3 - Organizzazione
lamellare di un osso lungo.
(a) Il femore, o osso della coscia,
presenta una diafisi, le cui pareti
sono costituite da osso compatto, e due epifisi (estremità di
osso spugnoso). Il peso corporeo viene trasferito al femore a
livello dell'articolazione dell'anca.
Dal momento che questa articolazione è decentrata rispetto
all'asse della diafisi femorale, il
peso corporeo si distribuisce
lungo l'osso in modo tale che la
porzione mediale della diafisi
viene compressa, mentre quella
laterale viene allungata. (b) In
alto: fotografia a raggi X che evidenzia l'orientamento delle trabecole nell'epifisi. In basso: sezione
di epifisi. Confronta l'orientamento delle trabecole con le linee
dello stress indicate nella parte
(a) di questa foto.
Peso corporeo
(forza applicata)
La fotografia a raggi X evidenzia
l’orientamento delle trabecole nell’epifisi.
Epifisi
(testa)
(E’ possibile confrontare l’orientamento
delle trabecole con le linee dello stress
indicate nelle figure successive).
(b)
In basso è evidenziata una sezione di
epifisi.
Diafisi
Compressione
della diafisi
Trabecole di osso
osso spugnoso
spugnoso
Cavità midollare
corticale
Corticale
Cavità
midollare
cavità midollare
Corticale
Peso distribuito
alla gamba
attraverso
Figura 7.3 - Organizzazione
lamellare di un osso lungo.
(a) Il femore, o osso della coscia,
presenta una diafisi, le cui pareti
sono costituite da osso compatto, e due epifisi (estremità di
osso spugnoso). Il peso corporeo viene trasferito al femore a
livello dell'articolazione dell'anca.
Dal momento che questa articolazione è decentrata rispetto
all'asse della diafisi femorale, il
peso corporeo si distribuisce
lungo l'osso in modo tale che la
porzione mediale della diafisi
viene compressa, mentre quella
laterale viene allungata. (b) In
alto: fotografia a raggi X che evidenzia l'orientamento delle trabecole nell'epifisi. In basso: sezione
di epifisi. Confronta l'orientamento delle trabecole con le linee
dello stress indicate nella parte
(a) di questa foto.
(Kummer, 1966)
Rappresentazione schematica
dell’organizzazione
tridimensionale dei traiettori nel
terzo superiore dei femore (sulla
scorta di esperimenti classici
tensio-ottici);
la superficie anteriore dell’osso è
stata asportata fino alla diafìsi
per meglio mettere in evidenza
l’architettura interna del femore.
Pesocorporeo
corporeo
peso
(forza applicata)
Figura 7.3 - Organizzazione
lamellare di un osso lungo.
(a) Il femore, o osso della coscia,
presenta una diafisi, le cui pareti
sono costituite da osso compatto, e due epifisi (estremità di
osso spugnoso). Il peso corporeo viene trasferito al femore a
livello dell'articolazione dell'anca.
Dal momento che questa articolazione è decentrata rispetto
all'asse della diafisi femorale, il
peso corporeo si distribuisce
lungo l'osso in modo tale che la
porzione mediale della diafisi
viene compressa, mentre quella
laterale viene allungata. (b) In
alto: fotografia a raggi X che evidenzia l'orientamento delle trabecole nell'epifisi. In basso: sezione
di epifisi. Confronta l'orientamento delle trabecole con le linee
dello stress indicate nella parte
(a) di questa foto.
Organizzazione lamellare
di un osso lungo.
Il femore, o osso della coscia,
presenta una diafisi, le cui pareti
sono costituite da osso compatto, e
due epifisi (estremità
di osso
(b)
spugnoso). Il peso corporeo viene
trasferito al femore a livello
dell’articolazione dell’anca.
compressione della
Dal momento che questa
CompressioneDiafisi
della diafisi
Trabecole di osso articolazione è decentrata rispetto
spugnoso
all’asse della diafisi femorale, il peso
Cavità midollare
corporeo si distribuisce
Corticale
lungo l’osso in modo tale che la
Cavità
midollare
porzione mediale della diafisi viene
compressa, mentre quella laterale
viene allungata.
Peso distribuito
Epifisi
(testa)
Diafisi
Corticale
(a)
alla gamba
attraverso
l'articolazione del
ginocchio
Se si osserva attentamente
l’organizzazione della sostanza
spongiosa, ad esempio nel terzo
superiore del femore, si nota come
essa non sia costruita a caso: le sottili
trabecole ossee, seguono infatti linee
ben precise corrispondenti,
rispettivamente, alle forze di
pressione, trazione, torsione e spinta
dell’osso (traiettoria).
Essenziale per il significato funzionale del
tessuto osseo spugnoso è il fatto che
la presenza di una ben precisa organizzazione
della struttura trabecolare o lamellare non
riguarda unicamente il singolo pezzo
scheletrico, ma coinvolge l’insieme di
più ossa contigue.
o sforzo meccanico all’interfaccia osso corticale-stelo protesico nella protesi d’anca mediante il metodo degli elementi finiti
llo stelo femorale rispetto all’osso che lo ospiesi così sopporta i carichi, mentre l’osso risule tende ad atrofizzarsi provocando la mobilizella protesi 7.
o il codice di calcolo FEMLAB 3.1 8, la proteata nella diafisi femorale è stata modellizzata
due cilindri concentrici (Fig. 1a). Lo studio
onale si è concentrato sulla simulazione delia osso corticale-stelo protesico, ipotizzando il
mento della perfetta osteointegrazione. In un
mento l’indagine ha riguardato l’analisi di sformazioni 9 in una semilamina, alta 1 cm, larga 1,3
sa 1 µm (Fig. 1b, c); successivamente la sezioecchiato le dimensioni reali dello stelo protesitato nella diafisi femorale (Fig. 1a). La simulatata condotta sia nello stato di deformazione
n condizioni di assial simmetria, adoperando la
ometria del modello ma variando opportunaimensioni.
Tab. I. Proprietà meccaniche, modalità e direzioni di carico per osso compatto
di femore umano 6.
Modalità di carico
Resistenza ultima
Longitudinale
Trazione
Compressione
Taglio
133 MPa
193 MPa
68 MPa
Trasversale
Trazione
Compressione
51 MPa
133 MPa
Modulo elastico
longitudinale
trasversale
17,0 GPa
11,5 GPa
Modulo di Taglio
3,3 GPa
I E METODI
I e II riportano le principali caratteristiche mecspettivamente dell’osso corticale, del titanio e
eghe 10. Nelle analisi numeriche sono stati assunti valori del modulo di Young E e del rapporto
ν: Eosso = 17 GPa, Estelo = 110 GPa, νosso = 0,4,
6.
lo periferico del segmento scheletrico grazie a tecniche di
scansione a laser). La fase successiva prevede invece la
discretizzazione del modello agli elementi finiti e la successiva analisi degli stati tensionali.
Inizialmente l’interfaccia osso corticale-stelo protesico è
stata modellizzata attraverso una semilamina sottile
estratta dalla sezione trasversale della diafisi femorale, di
Dipartimento di Anatomia Istologia e Medicina Legale - Sezione di Istologia
Ricostruzione tridimensionale di una
porzione di osso compatto della diafisi di
un osso lungo, in cui sono evidenti
osteoni, breccia ossea e sistemi
circonferenziali interno ed esterno. Il
versante che guarda il canale diafisario
p r e s e n t a u n s o t t i l e s t r a to d i o s s o
trabecolare. Gli osteoni presentano al
c e n t r o i c a n a l i d i Ha v e r s , i q u a l i
comunicano tra loro e con i vasi del
periostio tramite i canali di Volkmann,
disposti
perpendicolarmente
o
obliquamente ai canali di Havers.
Figura 16
Ricostruzione tridimensionale di una porzione di osso compatto della diafi
sono evidenti osteoni, breccia ossea e sistemi circonferenziali interno ed es
il canale diafisario presenta un sottile strato di osso trabecolare. Gli osteoni
Ricostruzione tridimensionale di una porzione di osso compatto della diafisi di un osso lungo, in cui
sono evidenti osteoni, breccia ossea e sistemi circonferenziali interno ed esterno. Il versante che guarda
il canale diafisario presenta un sottile strato di osso trabecolare. Gli osteoni presentano al centro i
canali di Havers, i quali comunicano tra loro e con i vasi del periostio tramite i canali di Volkmann,
disposti perpendicolarmente o obliquamente ai canali di Havers.
Osteone
Canale di Havers
Figura 17
TessutoTessuto
osseoosseo
lamellare
osteonico preparato per usura: osteone in
lamellare osteonico preparato per usura: osteone in sezione trasversale in cui sono
sezioneevidenti
trasversale
cui sono
evidenti
canaleossei.
di Havers,
il canale in
di Havers,
le lacune
ossee ed iilcanalicoli
I canalicoli le
delle lacune più periferiche
lacune siossee
ed a ilivello
canalicoli
ossei.
I canalicoli
lacune
più
arrestano
della linea
cementante
che delimitadelle
i margini
dell’osteone.
periferiche si arrestano a livello della linea cementante che
delimita i margini dell’osteone.
http://www3.unifi.it/anatistol/istologia/figure_osseo.htm
Pagina 9 di 14
Osso compatto
Osteone
Canali
centrali
(a)
Lacune
Testo
Lamelle
osteone
(b)
(c)
Figura 7.2 - Osso compatto. (a) La microfotografia evidenzia la struttura dell'osso compatto, trattato con decalcificanti per permettere il taglio
Microfotografia
al microscopio
elettronico
a scansione
dell'ossolevigato
compatto.
di una sezione istologica (MO, x 200). (b) Per
preparare questo campione
un frammento
di osso compatto
è stato progressivamente
fino a renderlo tanto sottile da permettere il passaggio della luce. Le linee scure
sono
spazi
ripieni
di
polvere
d'osso
prodotta
durante
la
levigaSono evidenti numerosi osteoni
tura (MO, x 200). (c) Microfotografia al microscopio elettronico a scansione dell'osso compatto. Sono evidenti numerosi osteoni (SEM, x 270).
Osso lamellare
Dipartimento di Anatomia Istologia e Medicina Legale - Sezione di Istologia
02/11/2006 12:30 PM
Figura 18
Micrografia elettronica a scansione di tessuto osseo lamellare
Micrografia
elettronica
scansione l’alternanza
di tessuto osseodi
lamellare
in cui è ben evidente
osteonico,
in cui
è ben aevidente
lamelleosteonico,
più spesse
l’alternanza di lamelle più spesse e lamelle più sottili. Le lacune ossee sono scavate nelle lamelle più
e lamelle
più sottili. Le lacune ossee sono scavate nelle lamelle
spesse (Da: G. Marotti, Ital J Anat Embryol 101: 25, 1996; per gentile concessione dell’Autore).
più spesse
(Da: G. Marotti, Ital J Anat Embryol 101: 25, 1996;).
Figura 18
Micrografia elettronica a scansione di tessuto osseo lamellare osteonico, in cui è ben evidente
l’alternanza di lamelle più spesse e lamelle più sottili. Le lacune ossee sono scavate nelle lamelle più
spesse (Da: G. Marotti, Ital J Anat Embryol 101: 25, 1996; per gentile concessione dell’Autore).
Figura 19
Micrografie elettroniche a trasmissione (sinistra) e a scansione
Micrografie
elettroniche
e a scansione
(destra) di tessuto osseo lamellare. E’
(destra)
di tessuto
osseoa trasmissione
lamellare.(sinistra)
E’ evidente
l’orientamento
evidente
l’orientamento
variabilesia
delle
fibrelamelle
collagenesottili
sia nelle(frecce),
lamelle sottili
variabile
delle
fibre collagene
nelle
più (frecce), più ricche di
fibre, che nelle lamelle spesse, più ricche di componente minerale (Da: G. Marotti, Ital J Anat Embryol
ricche
di fibre, che nelle lamelle spesse, più ricche di
101: 25, 1996; per gentile concessione dell’Autore).
componente minerale.
(Da: G. Marotti, Ital J Anat Embryol 101: 25, 1996;)
Dipartimento di Anatomia Istologia e Medicina Legale - Sezione di Istologia
02/11/2006 12:30 PM
Ossificazione indiretta o
condrale: centro di ossificazione
nella zona di transizione tra
diafisi ed epifisi. Si nota la
presenza della cartilagine di
coniugazione in cui, procedendo
dal versante epifisario verso
quello diafisario, si riconoscono
gli strati della cartila gine a
riposo, della cartilagine
proliferante, della cartilagine
ipertrofica, della cartila gine
calcificata,
e
dell’osso
neoformato.
Figura 26
Ossificazione indiretta o condrale: centro di ossificazione nella zona di transizione tra diafisi ed epifisi.
Si nota la presenza della cartilagine di coniugazione in cui, procedendo dal versante epifisario verso
quello diafisario, si riconoscono gli strati della cartilagine a riposo, della cartilagine proliferante, della
cartilagine ipertrofica, della cartilagine calcificata, e dell’osso neoformato.
Confronto qualitativo
con materiali tradizionali
Confronto con materiali tradizionali
La risposta meccanica dei materiali biologici è chiaramente
influenzata dal numero di cicli di carico
La risposta meccanica dei materiali biologici `e chiaramente
influenzata dal numero di cicli di carico
Effetto presente anche in molti materiali tradizionali
⇒ configurazione funzionale
⇒ reattivi
ai cambi
di condizioni
carico lombare
Differente
resistenza
dell’osso di
vertebrale
di scimmia attiva e immobilizzata
I materiali biologici sono materiali vivi quindi:
configurazione funzionale
reattivi ai cambi di condizioni di carico
Differente comportamento alla tensione
Comportamento costitutivo
dell’osso tibiale di un giovane rispetto ad un anziano
L’osso giovane ha una maggior capacità di deformarsi
Corpo rigido e corpo deformabile
Corpo rigido rappresenta una “notevole” idealizzazione
◦ Trascura la deformabilit`a del materiale
◦ Non fa entrare in gioco le proprietà caratteristiche del particolare materiale di cui fatto il corpo
soggetto a forze
E’ chiaro che la risposta di un corpo dipende fortemente dal materiale costituente
◦ Osso (tessuto duro)
◦ Arteria (tessuto molle)
Si rende spesso necessario un modello più complesso del modello di corpo rigido
Prima di presentare la “trattazione” per il modello di corpo deformabile, vediamo come sia
possibile caratterizzare la risposta di un materiale deformabile
(caso più semplice di corpo deformabile)
prova a trazione
Prova di trazione
Prova di trazione
provino a osso di cane
◦ Obiettivo: avere una zona sollecitata in modo “omogeneo”.
• Forma del
provino
a osso di acane
◦ Non
sono interessato
cosa succede in prossimità degli afferraggi, ma solo
nella zona
centrale
Zona sollecitata
centrale soggetta
a “pura
trazione”
◦ Obiettivo:
avere
una .zona
in modo
“omogeneo”
◦ Non sono interessato a cosa succede in prossimità
degli afferraggi, ma solo nella zona centrale
per determinare le caratteristiche di
• E` il test più comuneTest
di tensione
resisstenza e deformazione di un materiale
E` ilL.test
più comune
determinare
le1-caratteristiche
Lutterotti
- Tecnologieper
e sistemi
di lavorazione
anno 2005-2006 di
resistenza e deformazione di un materiale
Test di tensione
Test di tensione
L. Lutterotti - Tecnologie e sistemi di lavorazione 1- anno 2005-2006
Approfondimento
23/02/08 23:25
LEdiDEFORMAZIONI
Modulo
Young e Legge di Hooke
È stato detto che forze agenti su un corpo in equilibrio statico possono
È stato detto
che forze agenti
su un corpo
equilibrio per
statico
possono semplicemente
oa
semplicemente
deformarlo
o a indeformarlo
scorrimento
a seconda del deformarlo
tipo di
a cui il corpo
stesso del
è sottoposto.
La deformazione
puòè subire
un corpo
deformarlo sforzo
per scorrimento
a seconda
tipo di sforzo
a cui il corpoche
stesso
sottoposto.
quale ad esempio una barra solida, quando sottoposta a sforzo di trazione, ha un
andamento
come
quello
sotto:ad esempio una barra solida, quando sottoposta a sforzo
La deformazione
che può
subire
unillustrato
corpo quale
di trazione, ha un andamento come quello illustrato sotto:
Il grafico è lineare fino al punto 1 : tale comportamento è noto come legge di Hooke. La barra, sottoposta
ad uno sforzo maggiore, arriva ad un livello di deformazione oltre il quale non ritorna alla propria
lunghezza iniziale (anche se eliminato lo sforzo applicato): rimarrà permanentemente deformata (punto
2). Applicando uno sforzo ancora maggiore, arrivando al punto 3 il corpo si rompe.
stato detto che forze agenti su un corpo in equilibrio statico possono semplicemente deformarlo o a
formarlo per scorrimento a seconda del tipo di sforzo a cui il corpo stesso è sottoposto.
deformazione che può subire un corpo quale ad esempio una barra solida, quando sottoposta a sforz
Modulo
Youngsotto:
e Legge di Hooke
trazione, ha un andamento come
quellodi
illustrato
grafico è lineare fino
al punto 1 : tale comportamento è noto come legge di Hooke. La barra, sottopo
Il grafico è lineare fino al punto 1 : tale comportamento prevede che vi sia una
uno sforzo maggiore,
arriva del
adcorpo,
un livello
deformazione
il quale
non ritorna
deformazione
il qualedi
però
riesce a tornareoltre
alla sua
forma originale.
Tale alla propria
fenomeno
è noto
come leggerimarrà
di Hooke.permanentemente deformata (punto
nghezza iniziale (anche se eliminato
lo sforzo
applicato):
Applicando uno sforzo ancora maggiore, arrivando al punto 3 il corpo si rompe.
apporto tra sforzo e deformazione nella zona lineare del grafico è una costante chiamata modulo di
ung E
Legge di Hooke
Questa legge fu formulata per la prima volta da Robert Hooke nel 1675 in
applicazione allo studio del comportamento delle molle. Hooke esplicò la
formula della sua legge in un modo piuttosto curioso, ovvero in forma di
anagramma latino "ceiiinosssttuv", la cui soluzione fu da Hooke pubblicata
nel 1678 come "Ut tensio, sic vis" che significa "come l'estensione, così la
forza", cioè l'allungamento prodotto (nella molla) δ è direttamente
proporzionale alla forza F impressa.
Legge di Hooke
In meccanica, e fisica, la legge di Hooke è la più
semplice relazione di comportamento dei materiali
elastici. Essa è formulata dicendo che l' allungamento
subìto da una molla è direttamente proporzionale alla
forza applicata e alla costante di proporzionalità, detta
costante elastica, che dipende dalla molla .
I materiali per i quali la legge di Hooke è un'utile
approssimazione del reale comportamento sono detti
materiali elastico-lineari. Il modello classico di
elasticità lineare è la molla perfetta o ideale, cioè la
molla priva di peso, di massa e in assenza di attrito e
di altri fenomeni dissipativi.
Legge di Hooke
F=kδ
k - kappa rappresenta la costante del coefficiente elastico della molla. δ - delta)
rappresenta l’allungamento prodotto nella molla o in un altro corpo. La moderna della
legge di Hooke fa riferimento ai concetti di tensione (σ - sigma) e deformazione (ϵ
- epsilon) ed è fornita dalla relazione:
σ=Eϵ
dove E
- epsilon è il modulo di elasticità longitudinale di Young
stato detto che forze agenti su un corpo in equilibrio statico possono semplicemente deformarlo o a
formarlo per scorrimento a seconda del tipo di sforzo a cui il corpo stesso è sottoposto.
deformazione che può subire un corpo quale ad esempio una barra solida, quando sottoposta a sforz
Modulo
Youngsotto:
e Legge di Hooke
trazione, ha un andamento come
quellodi
illustrato
grafico è lineare fino al punto 1 : tale comportamento è noto come legge di Hooke. La barra, sottopo
La barra,
sottoposta
uno sforzo
maggiore, arriva ad
un livello
di deformazione
uno sforzo maggiore,
arriva
ad unadlivello
di deformazione
oltre
il quale
non ritorna alla propria
oltre il quale non ritorna alla propria lunghezza iniziale (anche se eliminato lo
nghezza iniziale (anche
se eliminato
sforzo applicato):
rimarrà
permanentemente
deformata (punto
sforzo applicato):
rimarràlopermanentemente
deformata
(punto
2).
Applicando uno sforzo ancora maggiore, arrivando al punto 3 il corpo si rompe.
apporto tra sforzo e deformazione nella zona lineare del grafico è una costante chiamata modulo di
ung E
stato detto che forze agenti su un corpo in equilibrio statico possono semplicemente deformarlo o a
formarlo per scorrimento a seconda del tipo di sforzo a cui il corpo stesso è sottoposto.
deformazione che può subire un corpo quale ad esempio una barra solida, quando sottoposta a sforz
Modulo
Youngsotto:
e Legge di Hooke
trazione, ha un andamento come
quellodi
illustrato
grafico è lineare fino al punto 1 : tale comportamento è noto come legge di Hooke. La barra, sottopo
Applicando uno sforzo ancora maggiore, arrivando al punto 3 il corpo si rompe.
uno sforzo maggiore,
arriva
un livello dinella
deformazione
oltre
il quale
non ritorna
alla propria
Il rapporto tra
sforzoad
e deformazione
zona lineare del
grafico
è una costante
chiamata
nghezza iniziale (anche se eliminato MODULO
lo sforzoDIapplicato):
YOUNG (E - rimarrà
epsilon) permanentemente deformata (punto
Applicando uno sforzo ancora maggiore, arrivando al punto 3 il corpo si rompe.
apporto tra sforzo e deformazione nella zona lineare del grafico è una costante chiamata modulo di
ung E
Modulo di elasticità longitudinale di Young
Il modulo di elasticità è una grandezza caratteristica di un materiale
esprimente il rapporto tra tensione σ ed allungamento ϵ (o
deformazione). Dato che esistono tre tipi principali di tensione (di
trazione, di compressione e di taglio), si hanno tre distinti moduli di
elasticità:
Genericamente il modulo di Young è espresso dalla formula:
E = σ/ϵ
Gli sforzi
Un corpo solido può trovarsi in equilibrio statico pur essendo sottoposto a forze : in tal caso queste ultime
tendono a deformarlo. Il rapporto tra l'intensità F della forza applicata e l'area A del corpo sulla quale detta forza
agisce uniformemente è chiamato sforzo:
Supponendo che il corpo sia vincolato in modo che l'applicazione di una forza non ne modifichi lo
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stato di quiete, a seconda della direzione della forza26/02/08
rispetto
alla superficie di applicazione abbiamo
vari tipi di sforzi:
GLI SFORZI
•Sforzo di trazione : si ha quando la forza viene applicata perpendicolarmente ed uniformemente ad
una superficie del corpo, in modo da tendere ad allungarlo.
o può trovarsi in equilibrio statico pur essendo sottoposto a forze : in tal caso queste
a deformarlo.
intensità F della forza applicata e l'area A del corpo sulla quale detta forza agisce
è chiamato sforzo:
e il corpo sia vincolato in modo che l'applicazione di una forza non ne modifichi lo stato
onda della direzione della forza rispetto alla superficie di applicazione abbiamo vari tipi
trazione : si ha quando la forza viene applicata perpendicolarmente ed uniformemente
perficie del corpo, in modo da tendere ad allungarlo.
Gli sforzi
Sforzo di compressione : si ha nelle stesse condizioni del punto precedente, solo che la direzione
della forza è tale da tendere ad accorciare il corpo.
Gli sforzi di trazione e compressione, deformando il corpo nella direzione in cui vengono applicati,
producono variazioni relative della lunghezza, che si definiscono deformazioni:
ϵ=
ΔL
L
= deformazione
principale
26/02/08 07:29
Gli sforzi
uesto caso la deformazione è definita deformazione di scorrimento e, relativamente alla figura è
nita come:
Sforzo di taglio : si ha quando una forza è applicata tangenzialmente ad una superficie del corpo. L'effetto di
questo tipo di sforzo è chiamato deformazione di scorrimento.
Quesito
Approfondimento: le deformazioni
I fluidi
Indice
In questo caso la deformazione è definita deformazione di scorrimento e, relativamente alla figura è
definita come:
yright © I.S.H.T.A.R. - March, 1999
ΔL
L
=
tan θ = deformazione scorrimento
Resilienza
E’ la capacità di un materiale di assorbire energia
mentre viene deformato elasticamente ovvero è la
capacità di un materiale di resistere a forze di rottura.
Quindi i materiali fragili assorbono poca energia,
quelli duttili ne assorbono molta. La resilienza è una
proprietà molto importante che deve essere elevata
in nei materiali sottoposti ad urti. Il contrario della
resilienza è la fragilità. Un materiale con bassa
resilienza è fragile.
Il pendolo di Charpy è un pendolo utilizzato per
prove di resilienza ad urto (tipicamente per materiali
plastici e metalli), per definire la resistenza alla
rottura ed alla flessione. Il suo nome deriva da quello
dell'ideatore Augustin Georges Albert Charpy. Il test
effettuato con questo pendolo prevede un impatto del
materiale contro il “martello” del pendolo e fornisce
una indicazione sulla capacità di un materiale di
assorbire un impatto improvviso senza rompersi.
Rapporto di Poisson
E’ il rapporto tra la deformazione trasversale e longitudinale di un materiale
soggetto ad una sollecitazione unidirezionale longitudinale, ed è dipendente
anche dalla temperatura dell’ambiente
Rapporto di Poisson
•
•
Rapporto
tra ladel
deformazione
e longitudinale
E’ controllato dalla
tendenza
materiale atrasversale
mantenere
lo stesso volume.
E’ controllato dalla tendenza del materiale ha mantenere
Il valore è in lo
genere
stesso positivo,
volume anche se esiste qualche polimero (come ad
esempio il Goretex) con modulo di Poisson inferiore allo zero (< 0 )
E’ in genere positivo, esiste qualche polimero con modulo
di Poisson < 0
•
F
F
y
z
V = εx trasv.
εlong.
!y
!
z
v"è il=modulo
# di=Poisson,
#
!x
!x
εtrasv. è la deformazione trasversale,
εlong. è la deformazione longitudinale.
L. Lutterotti - Tecnologie e sistemi di lavorazione 1- anno 2005-2006
Sollecitazione di colonne da parte di forze
di compressione assiali ed eccentriche
(secondo Pauwels, 1966)
D = sollecitazioni di compressione
Z = sollecitazioni di trazione
Sollecitazione di colonne da parte di forze
di compressione assiali ed eccentriche
(secondo Pauwels, 1966)
D = sollecitazioni di compressione
Z = sollecitazioni di trazione
Deformazione dell’Osteone
A
Situazione di partenza
B
deformazione da
compressione
C
deformazione da
flessione
D
deformazione da
torsione
Quando si parla delle sollecitazioni meccaniche cui l’osso
viene sottoposto ci si riferisce spesso alla forza di gravità o
comunque a forze che agiscono dall’esterno del corpo.
Bisogna però tenere anche presenti le forze « interne »
rappresentate dai muscoli che, inseriti alle leve ossee,
esercitano sulle stesse notevoliforze traenti. Molto spesso le
forze muscolari vengono usate per equilibrare gli stress
distensivi e compressivi causati sull’osso dalla gravità.
Per esempio, durante l’appoggio monolaterale (situazione
frequente nella deambulazione) la struttura ossea del femore
subisce sollecitazioni gravitarie di tipo compressivo sulla faccia
mediale e di tipo distensivo sulla faccia laterale.
L’intervento muscolare (tensore della fascia lata che mette in tensione il
tratto ileo-tibiale) tende ad equilibrare in parte gli effetti della gravità in
quanto determina una compressione sulla faccia laterale del femore e quindi
una tensione sulla sua faccia mediale. Anche a causa della mancanza di tale
fenomeno protettivo che i soggetti aventi paralisi muscolari vanno più
facilmente incontro a lesioni ossee provocate da sollecitazioni meccaniche
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