Elementi per la contabilizzazione del PPP
Prof. Veronica Vecchi, SDA Bocconi School of Management
La contabilizzazione delle concessioni di costruzione e gestione Prima di passare alla trattazione del tema di come contabilizzare una operazione
di concessione di costruzione e gestione va fatta una premessa.
Project financing non è né un contratto né una procedura giuridica, anche se nel
codice dei contratti l’art. 153 è chiamato finanza di progetto.
Project financing è uno strumento di finanziamento che generalmente trova
applicazione alle concessioni di costruzione e gestione. Si tratta di finanziare un
progetto, racchiuso in una società di progetto (che è quindi conditio sine qua non
per strutturare un finanziamento project financing), facendo riferimento al suo
merito di credito e quindi ai flussi di cassa che esso potrà generare e non al merito
di credito o alle garanzie fornite dai soci della società di progetto o sponsor. In
genere esso è caratterizzato da un’alta leva finanziaria, ovvero da una quantità
elevata di debito rispetto ai mezzi propri degli sponsor. Questo elemento consente
di abbassare il costo medio ponderato del capitale.
Pertanto qui si fa riferimento alla contabilizzazione di una concessione di
costruzione e gestione (ex art. 143/144 e 153) finanziata sia in project financing
sia in corporate financing. Quest’ultima è la condizione più frequente.
Nei casi di opere a tariffazione sull’utenza la contabilizzazione non presenta
particolari criticità. Se il progetto è financially free standing, ovvero se
l’amministrazione non supporta il progetto in nessun modo, il progetto non
transita dal bilancio pubblico.
Nei casi in cui il progetto non sia financially free standing, l’amministrazione
potrebbe erogare una integrazione di ricavi o un contributo in conto gestione (da
contabilizzare come spesa corrente) oppure un contributo a fondo perduto, da
contabilizzare come spesa capitale. Affinché l’operazione non configuri debito il
contributo deve essere inferiore al 50% come indicato da Eurostat.
La contabilizzazione può essere più problematica nei casi di operazione a
tariffazione sulla PA.
Se si prevede un canone di disponibilità esso va considerato spesa corrente e su di
essi si applicherà una aliquota IVA piena al 22%. Se si prevede un contributo in
conto capitale, esso sarà spesa capitale, con applicazione di una aliquota IVA al
10%. Anche in questo caso il contributo non dovrà essere superiore al 50%.
I problemi più critici si presentano quanto ex post, all’atto del pagamento, le
amministrazioni cercano di spezzare il canone di disponibilità in due parti, una a
rimborso dell’investimento e una dei costi di gestione, al fine di poter beneficiare
del diverso trattamento IVA, al 10% nel primo caso e al 22% nel secondo. E’
questo il caso di molte operazioni in sanità, in cui peraltro l’agenza delle entrate
ha dato parere favorevole all’applicazione dell’IVA ridotta in quanto è stato
valutato che il canone è residuale rispetto al contributo a fondo perduto e quindi
finalizzato a coprire l’investimento. Ma così facendo viene a svilirsi il concetto di
disponibilità e la parte di canone finalizzata a ripagare l’investimento è molto più
simile a un canone di leasing, con lo svantaggio che un finanziamento in project
financing o corporate financing è ben più oneroso.
In entrambi i casi, a tariffazione sulla PA e sull’utenza, nelle concessioni
generalmente si applica il concetto di ammortamento accelerato con devoluzione
gratuita del bene al termine del periodo concessorio.
La contabilizzazione del leasing Per comprendere come contabilizzare una operazione di PPP è necessario far riferimento al manuale ESA di Eurostat, di cui è stata recentemente pubblicata una edizione aggiornata al 2013. Il principio cardine di Eurostat è quello del risk & reward: la possibilità di contabilizzare operazioni di PPP e quindi anche il leasing off balance sheet e quindi non a debito dipende dal trasferimento dei rischi all’operatore privato, in particolare per le operazioni a tariffazione sulla PA (a cui il manuale ESA si riferisce con il termine PPP) dei rischi di costruzione e di disponibilità. Questa impostazione è stata ripresa anche dal parere della Corte dei Conti a sezioni riunite n. 49/2011, che enuncia a pag. 4, che: “Il leasing immobiliare pubblico in costruendo può quindi costituire, qualora si verifichino determinate condizioni, un valido strumento di finanziamento per la realizzazione di opere direttamente utilizzate dalla pubblica amministrazione e un’alternativa all’appalto, concretizzando modalità di realizzazione di infrastrutture pubbliche secondo schemi di Partenariato Pubblico‐Privato (“PPP”)”. Inoltre, a pag. 16 si legge: “Il leasing finanziario nel quale non ricorrano gli aspetti tipici del partenariato costituisce una forma di indebitamento. Poiché il leasing immobiliare in costruendo è una modalità di realizzazione di infrastrutture pubbliche secondo schemi di partenariato pubblico‐privato l’amministrazione è tenuta a verificare la sussistenza, oltre che delle condizioni formali e sostanziali per l’accesso al leasing, anche di tali criteri”. Diversamente da Eurostat, i criteri contabili internazionali e in particolare lo IAS
17 propongono un approccio più restrittivo alla contabilizzazione del leasing. La
tabella seguente elenca, nella colonna di sinistra, i criteri in base ai quali lo IAS
17 considera il contratto di leasing uno strumento di finanziamento (e
conseguentemente da contabilizzazione come il rimborso di un debito), mente
nella colonna di destra le peculiarità di un contratto di PPP finanziato in leasing.
La verifica sia del trasferimento dei rischi di costruzione e disponibilità, come da
indicazioni Eurostat, sia della non manifestazione delle circostanze indicate dallo
IAS 17 è un passaggio fondamentale per individuare la corretta contabilizzazione
del contratto. Va comunque detto che a livello di aziende pubbliche ed enti locali,
sono i principi contabili che devono essere seguiti, mentre le indicazioni di
Eurostat sono rilevanti ai fini del consolidamento del debito pubblico a livello
nazionale.
Tabella 1 - Analisi di un contratto di PPP finanziato in leasing alla luce delle indicazioni dello
IAS17
IAS 17 – caratteristiche del leasing
Applicazione al contratto di PPP finanziato in
finanziario
leasing
Il leasing trasferisce la proprietà del bene al
L’Amministrazione ha solo una opzione di acquisto,
locatario al termine del contratto di leasing
si veda le numerose pronunce della Corte dei Conti in
materia di leasing immobiliare in construendo
Il locatario ha l'opzione di acquisto del bene a
Il valore dell’opzione di riscatto dovrebbe essere
un prezzo che ci si attende sia sufficientemente
adeguatamente alta (probabilmente superiori al 30%)
inferiore al fair value alla data alla quale si può
esercitare l'opzione cosicché all'inizio del
leasing, è ragionevolmente certo, che, essa sarà
esercitata
La durata del leasing copre la maggior parte
La vita economica di un investimento pubblico è ben
della vita economica del bene anche se la
superiore alla durata di un contratto di leasing,
proprietà non è trasferita
generalmente tra i 10 e i 20 anni. Ed è proprio per
questo motivo che al termine del contratto può essere
previsto un valore residuale (riscatto) del bene pari ad
almeno il 30% del costo di realizzazione
All'inizio del leasing il valore attuale dei
Il valore attuale netto dei canoni sul periodo
pagamenti minimi dovuti per il leasing equivale
contrattuale è superiore al valore di realizzazione, in
almeno al fair value (valore equo) del bene
quanto essi considerano anche i costi di manutenzioni
locato
e di assicurazione
I beni locati sono di natura così particolare che
Generalmente il leasing è applicato a edifici pubblici
solo il locatario può utilizzarli senza importanti
o tecnologie che possono avere un valore di mercato
modifiche
indipendente dal Committente pubblico, ad eccezione
di alcuni casi (es: costruzione di una scuola o
strutture sanitarie in aree in cui riconversioni ad altri
usi potrebbero essere quasi impensabili)
I beni locati non possono essere facilmente
Vedere punto precedente
sostituiti con altri beni
E’ ben evidente che l’elemento che consente di non far ricadere il contratto di
leasing nei criteri indicati dallo IAS 17 è il valore di riscatto, che spesso è fissato
in valori molto contenuti (ora il mercato accetta anche il 10% rispetto a qualche
anno fa). Valori di riscatto più vicini a ipotetici valori (futuri) di mercato rischiano
di rendere il progetto non finanziabile da parte delle società di leasing.
Va comunque detto che è molto difficile poter stabilire un valore (futuro) di
mercato per un’opera pubblica. Il criterio più plausibile potrebbe essere quello del
valore storico (valore di investimento) al netto dell’usura tecnica. Considerando
che la durata media di un leasing in genere non supera i vent’anni (oltre ai
vent’anni le banche/società di leasing non erogano finanziamenti e questa durata
probabilmente si accorcerà a seguito dei criteri di Basilea 3) e che la vita utile di
un’opera pubblica potrebbe essere 40/50 anni, ne deriva che il valore di riscatto
dovrebbe essere stabilito attorno al 30% - 50%. Ma quasi certamente a queste
condizioni la società di leasing non sarebbe disposta a finanziare.
Altra criticità, collegata invece alla necessità di trasferire il rischio di disponibilità
nel rispetto delle indicazioni di Eurostat, è il modo in cui viene determinato il
canone o corrispettivo di leasing. Attualmente risulta “sdoganata” la necessità di
inserire anche le manutenzioni all’interno dei contratti di leasing. Ma le società di
leasing sembrano non accettare il pagamento di un canone unico sul quale
applicare le penali di non disponibilità. Esse preferiscono che l’amministrazione
preveda due pagamenti: il canone di leasing puro senza applicazione di penali e il
canone
di
manutenzione,
quest’ultimo
da
pagare
direttamente
al
manutentore/costruttore. E’ ben evidente che questo non consente di rispettare
quel concetto di trasferimento del rischio di disponibilità a cui fa riferimento
Eurostat. A ben vedere, se venisse pagato un canone unico e si prevedesse
l’applicazione di penali, comunque di importo coerente con il valore delle
manutenzione, esse non potrebbero superare il valore del 10% del valore delle
manutenzioni stesse, altrimenti l’amministrazione potrebbe richiedere la
risoluzione del contratto di manutenzione oppure la sostituzione del manutentore.
Tra l’altro per superare questo problema le società di leasing potrebbero chiedere
una cauzione al manutentore su cui rivalersi in caso di eventuale applicazione di
penali.
E’ evidente che lo strumento del leasing, che presenta potenzialmente molti
vantaggi, tra cui la certezza del finanziamento al momento dell’aggiudicazione
della gara, la relativa semplicità dell’operazione e il costo più contenuto rispetto a
un finanziamento in project financing o corporate financing nell’ambito di una
concessione di costruzione e gestione, è frenato dalla rigidità delle società di
leasing che vorrebbero mutuare i criteri applicati per il finanziamento di beni
privati all’opera pubblica.
E’ necessario su questo stimolare Banca d’Italia affinchè si individuino soluzioni
che consentano il finanziamento di operazioni di PPP attraverso lo strumento del
leasing.
A differenza del leasing, prima di passare a trattare gli aspetti contabili, è
importante una premessa su questo nuovo contratto.
Il contratto di disponibilità L’introduzione del contratto di disponibilità è stata accolta da molti con grande
entusiasmo. Si tratta del primo contratto che incarna appieno i concetti alla base
delle partnership pubblico privato e, infatti, definisce in modo chiaro l’esigenza di
trasferire il rischio di costruzione e di disponibilità sull’aggiudicatario. I due rischi
che consentono di classificare la realizzazione di opere a tariffazione sulla PA
come Partnership Pubblico Privato (PPP). Proprio per consentire un adeguato
trasferimento del rischio di costruzione il contratto di disponibilità prevede che la
gara sia aggiudicata sulla base di un capitolato prestazionale e che sia compito
dell’operatore privato sviluppare i progetti definitivo ed esecutivo. In relazione al
rischio di disponibilità, il contratto deve essere strutturato in modo tale da rendere
effettivo questo principio. Non basta ricorrere a questo contratto per realizzare una
operazione di PPP per opere a tariffazione sulla PA. E dall’altro lato questo
contratto non è l’unico che consente di realizzare un PPP per questa categoria di
opere.
L’entusiasmo con cui questo contratto è stato accolto dalle amministrazioni è
probabilmente dovuto alla possibilità di realizzare un investimento trasferendo al
privato i rischi sopra menzionati e conseguentemente all’opportunità di non
consolidare l’intervento tra le spese di investimento. Dall’altro lato, è indubbio
che la procedura sembri più snella delle altre, prevedendo solo la predisposizione
di un capitolato prestazionale da porre a base di gara. Infine, molte hanno
sicuramente ravvisato nel contratto di disponibilità la possibilità di superare le
criticità evidenziate dal mercato in relazione a uno strumento analogo, il leasing.
Proprio quest’ultimo elemento ha fatto apprezzare lo strumento anche agli
operatori privati industriali, specie ai costruttori, in quanto non vincolati alla
partnership con un soggetto finanziatore, come invece richiesto nel caso del
leasing.
Tuttavia, il contratto di disponibilità non deve essere “preso sotto gamba” e
soprattutto non deve essere considerato la ricetta ai problemi che si sono
manifestati con le altre forme di partnership. Ciò significa che vi deve essere un’
importante attività di valutazione di appropriatezza e convenienza da parte delle
amministrazioni. E soprattutto non bisogna trascurare il problema della
bancabilità, nodo cruciale soprattutto in questi tempi.
E’ comunque indubbio che il contratto di disponibilità rappresenti un’importante
innovazione nel panorama italiano delle PPP, anche perché afferma la centralità
del principio della disponibilità. Questo principio ha fatto fatica ad affermarsi per
le operazioni di leasing, fino a quando non si è avuta la necessità di configurarle
come PPP. Inoltre, questo principio ha fatto fatica ad affermarsi anche nelle
concessioni di costruzione e gestione (ex art. 144 e 153), finanziate anche con
modelli di project financing. Infatti, come già scritto sopra, la necessità di
prevedere lo sfruttamento economico dell’opera ha portato all’inserimento di
molti servizi non core, specie in sanità, che hanno reso spesso eccessivamente
complessi, rigidi e onerosi questi contratti. In verità, si sarebbe potuto prevedere
anche in questi casi un contratto cosiddetto light, con un canone di disponibilità,
associato ad attività di manutenzione finalizzate a garantire la piena fruibilità
dell’opera. Eventualmente altri servizi accessori, legati anch’essi al concetto della
disponibilità dell’opera e del servizio pubblico core, come per esempio il calore e
le pulizie, potrebbero essere inseriti, ma con un meccanismo di tariffazione
separato.
Tra l’altro, vale la pena sottolineare che nel contratto di disponibilità il focus è la
disponibilità dell’opera e non i servizi accessori, che spesso sono difficili da
individuare e di scarso valore economico al di fuori del settore sanitario. Essi,
invece, sono sempre stati, seppure erroneamente, inclusi nei contratti di PPP, al
fine di “mascherare” il costo dell’operazione tra i costi dei servizi storicamente
affidati all’esterno, che in sanità hanno spesso riguardato mensa, pulizie,
sanificazione, gestione dei rifiuti. Su questo punto si rimanda l’attenzione a
quanto scritto sopra.
L’introduzione del contratto di disponibilità consente di ampliare la gamma di
contratti di PPP che possono essere utilizzati per individuare soluzioni sempre più
“tailor made”. Esso, infatti, potrebbe essere utilizzato anche nell’ambito di una
operazione a tariffazione sull’utenza. In questo caso il canone di disponibilità
potrebbe coprire i costi di realizzazione della struttura e quelli di
manutenzione/mantenimento, mentre i ricavi di gestione del servizio puro
(esempio attività natatorie nel caso di una piscina) i costi di gestione.
La definizione del canone di disponibilità La remunerazione dell’operatore privato nell’ambito del contratto di disponibilità
avviene mediante (citazione dell’art. 160 ter del Codice dei Contratti):
a) un canone di disponibilità, da versare soltanto in corrispondenza alla effettiva disponibilità dell’opera; il canone è proporzionalmente ridotto o annullato nei periodi di ridotta o nulla disponibilità della stessa per manutenzione, vizi o qualsiasi motivo non rientrante tra i rischi a carico dell’amministrazione aggiudicatrice; b) l’eventuale riconoscimento di un contributo in corso d’opera, comunque non superiore al cinquanta per cento del costo di costruzione dell’opera, in caso di trasferimento della proprietà dell’opera all’amministrazione aggiudicatrice; c) un eventuale prezzo di trasferimento, parametrato, in relazione ai canoni già versati e all’eventuale contributo in corso d’opera di cui alla precedente lettera b), al valore di mercato residuo dell’opera, da corrispondere, al termine del contratto, in caso di trasferimento della proprietà dell’opera all’amministrazione aggiudicatrice. La definizione del canone di disponibilità da porre a base di gara deve avvenire
sulla base della predisposizione di un piano economico e finanziario finalizzato a
simulare le principali voci di costo necessarie per sviluppare l’investimento e per
garantire la disponibilità dell’immobile o tecnologia (manutenzione e calore).
Sulla base di questi costi è possibile definire quella quota di canone di
disponibilità annuo che consenta di raggiungere l’equilibrio economico e
finanziario, misurato sia attraverso indicatori di convenienza economica (quali il
VAN – valore attuale netto e il TIR – tasso interno di rendimento) sia attraverso
indicatori di bancabilità (quale il DSCR – debt service cover ratio). Così facendo
si definisce una soglia massima di ricavi per l’operatore privato, necessari per
remunerare i fattori produttivi, il guadagno d’impresa e il costo del capitale
(debito ed equity). Nel caso in cui i livelli di performance non siano adeguati,
scattano le penali che andranno a ridurre la remunerazione dei fattori produttivi e
a incidere sull’utile d’impresa.
Il contratto, o meglio un suo allegato, dovrà poi contenere una chiara definizione
del risultato di performance a cui l’ente vuole tendere e le modalità necessarie per
monitorarla.
In particolare, dovrà essere chiaramente specificato:
1) Che cosa si intende per disponibilità; 2) Livelli qualitativi attesi e intervallo di tolleranza prima dell’applicazione delle penali; 3) Meccanismi di rilevazione e misurazione della performance (oltre ai Key Performance Indicators, possono essere utilizzati anche altri metodi, più qualitativi, quali rapporti o questionari di customer satisfaction, a seconda della tipologia di prestazione); 4) Struttura e meccanismi di applicazione delle penali; 5) Meccanismi di aggiornamento del canone di disponibilità (non sempre infatti la semplice rivalutazione all’inflazione può essere sufficiente). Includere queste informazioni in modo chiaro e dettagliato nella documentazione
di gara consente, da un lato, agli operatori privati di formulare delle offerte che
tengano conto delle aspettative e degli obiettivi dell’amministrazione; e, a
quest’ultima, di migliorare il processo di selezione e di massimizzare il suo
vantaggio. La fase della gara è, infatti, il momento in cui il suo potere negoziale è
ai massimi livelli.
Ai fini delle determinazione del canone di disponibilità da porre a base di gara
nell’ambito di un contratto di disponibilità è necessario prevedere quale struttura
finanziaria sottostante può essere utilizzata dal mercato. Si tratta di un elemento
non trascurabile, che ha effetti differenti sul costo e quindi sulla sostenibilità di
questo contratto. Tra l’altro vi è da evidenziare sin da subito la diseconomia
fiscale dovuta al fatto che la disponibilità è un servizio e come tale implica
l’applicazione di un’aliquota IVA del 22%, rendendo la soluzione PPP più
onerosa se confrontata con una modalità tradizionale o anche a una operazione di
leasing. Su punto va comunque detto che nel momento in cui il canone di leasing
diventa un corrispettivo si disponibilità, proprio per configurare una operazione di
PPP, allora sarà molto difficile poter applicare un regime IVA ridotto ai canoni,
come oggi avviene.
Dall’altro lato, nelle operazioni di concessione di costruzione e gestione, specie in
sanità, dove il canone di disponibilità è stato definito in modo residuale rispetto al
contributo a fondo perduto, l’Agenzia delle Entrate ha previsto l’applicazione
dell’IVA ridotta al 10%. Su questo punto si ritornerà dopo.
Il finanziamento del contratto di disponibilità Il contratto di disponibilità, come altre operazioni di PPP, può essere finanziato
attraverso tre possibili strutture finanziarie; il project financing, il corporate
financing (anche chiamato finanziamento strutturato d’impresa) e il leasing.
Il finanziamento mediante project financing puro appare alquanto problematico
per il fatto che le istituzioni finanziarie italiane sono più inclini a finanziamenti
ibridi project financing – corporate financing e comunque nel caso di medie e
piccole operazioni il finanziamento in corporate finance è il modello più
frequente. Esso consiste nell’utilizzo da parte del soggetto sviluppatore/costruttore
di un finanziamento tradizionale contratto sulla base del proprio merito di credito
e senza alcun riferimento al progetto sottostante.
Finanziamenti in corporate financing o in project financing del contratto di
disponibilità potrebbero rivelarsi molto onerosi: il finanziamento bancario è
rimborsato entro il termine del contratto e conseguentemente il rischio
imprenditoriale a capo del soggetto investitore/realizzatore potrebbe risultare
molto alto, in quanto l’amministrazione potrebbe non esercitare l’opzione di
riscatto. Per questo motivo dovrebbe essere considerato un costo dell’equity più
elevato, anche per tener conto delle eventuali garanzie richieste dal soggetto
finanziatore.
Inoltre, la necessità di prevedere un valore di riscatto ai livelli di mercato (ai sensi
dell’art. 160 ter), non consente l’applicazione degli ammortamenti accelerati, con
conseguente maggior onere fiscale sulla controparte privata e quindi scaricato sul
canone di disponibilità. Infatti, se tutto il bene fosse ammortizzato nel periodo
contrattuale e in più si stabilisse un riscatto finale adeguato a rappresentare un
possibile valore di mercato, l’amministrazione pagherebbe un valore ben
maggiore per il bene realizzato. Con la conseguenza di un danno erariale. A tal
proposito, la Corte dei Conti sezione Puglia (Deliberazione n. 66/2012),
parafrasando quanto previsto dal manuale Eurostat, rammenta che nel caso “sia
previsto
un
prezzo
più
basso
del
valore
economico
atteso
perché
l’amministrazione ha già pagato in precedenza per l’acquisizione dell’asset” la
contabilizzazione dovrà essere on balance. Per evitare che l’acquisto al termine
del contratto costituisca un fatto meramente eventuale, ma anche con la necessità
di stimare il valore di mercato eventualmente residuo, potrebbe essere calcolato
un valore di riscatto pari al bene non ammortizzato al termine del contratto.
Peraltro questa soluzione è ciò che si prevede anche nel caso di risoluzione
anticipata di una concessione.
In relazione alla possibilità di beneficiare della piena deducibilità fiscale degli
oneri finanziari (ai sensi dell’art. 96 del TUIR), è suggeribile che venga in ogni
caso costituita la società di progetto anche nel caso di un finanziamento in
corporate financing.
Una opzione molto interessante potrebbe essere finanziare il contratto di
disponibilità con un leasing. Vi potrebbero essere due elementi di vantaggio: da
un lato il minor costo finanziario derivante dall’ipotesi che il pagamento sia
effettuato direttamente dall’amministrazione alla società finanziaria; dall’altro
lato, il coinvolgimento della società finanziaria all’interno dell’operazione, che
consentirebbe anche di ridurre i rischi di non bancabilità dell’operazione.
Di seguito si illustra come il canone di disponibilità può essere erogato
nell’ambito delle due possibili strutture finanziarie applicate al contratto di
disponibilità, quella in corporate financing e quella in leasing.
Figura: Il canone di disponibilità e le possibili strutture finanziarie
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