Mal di schiena
Dr.A Prestifilippo
Dr.T Raciti
Mal di schiena
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Non la lastra dottore, ma la TC
La moglie di Marco P., un mio paziente di 44 anni, mi chiama per una visita
a domicilio: il marito ha un mal di schiena violento che gli impedisce di
muoversi. Il dolore è insorto bruscamente mentre si stava lavando. Era
curvo sul lavandino e non è più riuscito a rimettersi dritto: il classico colpo
della strega. Lo trovo in piedi in camera da letto, mezzo piegato in avanti
con le mani appoggiate sul comodino, il minimo movimento gli è
impossibile. Dopo aver localizzato la sede del dolore al passaggio
lombosacrale, sono costretto a fargli un analgesico intramuscolo in quella
posizione. Per visitarlo si dovrebbe distendere, ma… «E' una parola,
dottore!». Ripasso perciò a trovarlo al termine del giro di visite. Il dolore è
leggermente diminuito: parte dalla zona lombare e arriva al lato esterno del
ginocchio. La gamba si riesce a sollevare di non oltre 45° dal piano del letto,
poi insorge un blocco doloroso. I riflessi e la sensibilità sono normali.
Raccomando a Marco di non rimanere a letto, ma anzi di muoversi nei limiti
del possibile; gli prescrivo un analgesico, e rimaniamo d'accordo per
effettuare eventualmente una radiografia in seguito. Due settimane dopo sta
molto meglio, ma il dolore non è passato del tutto, e ci sono ancora
limitazioni nei movimenti. Teme l'ernia del disco, e ha preso l'appuntamento
per una visita ortopedica. Gli è stato detto di presentarsi con una TC, e ha
quindi bisogno dell'impegnativa. Avrei diverse obiezioni, ma l'esperienza mi
ha insegnato a lasciar perdere. Marco vuole assolutamente sapere se ha
un'ernia del disco, e come ormai tutti i pazienti sanno, l'ernia non si vede
con una lastra. Come trovare il modo di affrontare il bisogno dei malati di
una diagnosi che non serve per essere curati?
Mal di schiena
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Una storia come questa non è certo originale: il 90 per cento delle persone
ha infatti nell'arco della vita almeno un episodio di lombalgia acuta , con
un'incidenza annua attorno al 5 per cento, che può riconoscere diverse
cause.Vale la pena però di sottolineare il modo di presentarsi della
questione in medicina generale: una sovrapposizione di interlocutori con
diversi obiettivi, che rende difficile definire un metodo di approccio
condiviso. Non a caso, il curante di Marco non si chiede come affrontare la
patologia, bensì i desideri del suo assistito e la richiesta dello specialista.
La disponibilità verso il paziente e l'attenzione alla razionalità del processo
diagnostico e terapeutico risultano in questo caso poco compatibili tra loro.
Lo scopo primario di qualsiasi intervento nella lombalgia acuta dovrebbe
essere quello di far passare il dolore e di far riacquistare libertà di
movimento, ma a questo si sovrappongono il desiderio del paziente di
sapere se ha un'ernia del disco o meno, e la richiesta dello specialista che
ritiene di dover partire dalla diagnostica per immagini per farsi carico della
situazione in modo confacente al suo ruolo. Seguire un approccio clinico,
almeno in teoria razionale, nella lombalgia acuta non è perciò una
questione di conoscenze che si hanno o non si hanno; è un percorso a
ostacoli.
 ISOLARE I CASI GRAVI
Un dolore lombare può essere l'irradiazione causata da numerose patologie
viscerali (per esempio un aneurisma aortico) e quindi bisogna fare
attenzione a evitare pericolosi errori; ma a parte questo, definire con
precisione la struttura anatomica da cui origina il dolore nei comuni casi di
lombalgia acuta è spesso impossibile e sarebbe in genere puramente
accademico, perché non ha un significato prognostico né terapeutico,
almeno nella fase acuta iniziale
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La grande maggioranza delle lombalgie non richiede così esami di alcun
genere (nemmeno se c'è un interessamento radicolare) perché dal loro
esito non consegue una strategia terapeutica diversa. Nel caso presentato
mancano i segni che evocano il sospetto di una lombalgia secondaria o da
causa potenzialmente grave, per cui eseguendo esami radiologici non ci
sarebbe un reale vantaggio per Marco, anche se la sua lombalgia può
durare qualche settimana. Ma le strategie astensioniste, anche se razionali,
risultano spesso difficilissime da seguire per il medico di famiglia, specie
nella lombalgia, che di solito dura diverso tempo, è dolorosa, e può, sia pur
temporaneamente, risultare invalidante.
UN'ATTESA RAGIONATA
Stando alla linee guida, nella fase acuta il medico di medicina generale
dovrebbe:
valutare la presenza di condizioni di rischio per malattie gravi, riservando la
diagnostica strumentale immediata ai soli casi sospetti o a rischio ;
se si tratta di una lombalgia cosiddetta meccanica, suggerire al paziente di
evitare un prolungato riposo a letto (oltre 48 ore), che rallenta il recupero ;
trattare con una terapia sintomatica, meglio a intervalli regolari che al
bisogno;
effettuare una radiografia se vi è un decorso ingravescente associato a
segni radicolari, altrimenti solo se il dolore persiste a distanza di 4-6
settimane dall'insorgenza.
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Caso Clinico
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La lombalgia nella realtà del MMG
Il rapporto tra il medico di famiglia e il paziente deve tenere
conto non solo della malattia ma anche della soddisfazione e
delle aspettative del malato; in patologie come la lombalgia è
spesso difficile rifiutare esami strumentali, pur nella
consapevolezza che contribuiranno poco o nulla alla
guarigione
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Isolare i casi gravi
Un'attesa ragionata
Farmaci in aiuto
Primo e secondo livello a confronto
Radiografia terapeutica
Bibliografia
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Perché fa male - dolore meccanico (97%):
lombalgia idiopatica (70%)
spondilodiscoartrosi (degenerazione discale o patologia
delle faccette articolari) (10%)
ernia del disco (4%)
stenosi del canale midollare (3%)
fratture osteoporotiche (4%)
spondilolistesi (2%)
fratture traumatiche (<1%) >
patologie congenite (cifosi, scoliosi, dismorfismi) (<1%) >
altre patologie dal ruolo incerto nel causare dolore
(spondilolisi, dolore discogenico, instabilità vertebrale)(?)
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dolore non meccanico (1%)
neoplasie (mieloma, metastasi, linfomi, tumori spinali, tumori
retroperitoneali) (0,7%)
artriti (spondilite anchilosante, psoariasica, sindrome di Reiter,
malattie infiammatorie intestinali) (0,3%)
infezioni (osteomielite, discite settica, ascesso) (0,01%)
osteocondrosi di Scheuermann
morbo di Paget vertebrale
dolore viscerale irradiato (2%)
malattie pelviche (prostatite, endometriosi, malattia infiammatoria
pelvica cronica)
malattie renali (pielonefrite, ascesso perirenale, nefrolitiasi)
aneurisma aortico
malattie gastrointestinali (pancreatite, ulcera peptica penetrante,
colecistite)
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I segnali di allarme
febbre
perdita di peso, scadimento generale
storia di:
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trauma
neoplasia
tossicodipendenza
HIV
tubercolosi
terapia steroidea
osteoporosi
presenza di patologie correlabili
obiettività neurologica non monoradicolare
sindrome della cauda equina (emergenza clinica)
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Quando operare un’ernia del disco
sindrome della cauda equina (emergenza chirurgica): disfunzione sfinterica
con ritenzione urinaria, parestesie perineali a sella, sciatalgia bilaterale con
paresi e parestesie
deficit neurologico progressivo
deficit neurologico motorio persistente oltre le 4-6 settimane
sciatalgia persistente (non solo dolore lombare) oltre le 4-6 settimane
stenosi del canale spinale
deficit neurologico progressivo
sciatalgia persistente e invalidante che migliora con la flessione della
colonna
spondilolistesi
deficit neurologico progressivo
compresenza di stenosi del canale con le indicazioni sopra descritte
lombalgia persistente grave (anche non irradiata) da oltre un anno
da: Deyo RA, 2001
Mal di schiena
Le lombalgie acute comuni che si osservano in medicina generale si risolvono
spontaneamente entro breve tempo, probabilmente meno di quanto non si trovi
indicato in letteratura, perché i casi più semplici non confluiscono nelle casistiche
selezionate e pubblicate. In un terzo dei pazienti la durata è di pochi giorni e
comunque nel 90 per cento dei casi la guarigione arriva entro due mesi, benché
fino al 40 per cento dei malati sia destinato a recidivare.Anche in presenza di
un'ernia del disco l'evoluzione è favorevole in percentuali analoghe, e solo in
circa il 10 per cento dei casi la persistenza del dolore farà prendere in
considerazione l'intervento chirurgico (vedi la .
Neanche l'intervento risolve sempre definitivamente la questione, e un'alta
percentuale dei soggetti operati avrà ugualmente a distanza di anni recidive.
Pertanto, indipendentemente dal rilievo di segni radicolari suggestivi di ernia
discale), la strategia di attesa è quella inizialmente da preferire.
Anche se la diagnostica strumentale non ha un ruolo nelle fasi iniziali, per il
medico di famiglia italiano dire: «Aspettiamo 4-6 settimane e poi vedremo se fare
una lastra» è già difficile se il dolore dura da più di qualche giorno, ma se lo
specialista vuole la TC (o la RM) prima della visita, l'impresa è quasi disperata e
si può capire la rinuncia del collega che ha narrato il caso.
FARMACI IN AIUTO
Le lombalgie acute meccaniche sono moderatamente influenzate dalla terapia
sintomatica, che prescinde dall'accertamento diagnostico strumentale. I farmaci
antalgici (paracetamolo, FANS, associazioni di codeina o analoghi), sono
abbastanza efficaci se sono prescritti a intervalli regolari anziché al bisogno,
come spesso si fa nella speranza di ridurne il consumo, con la conseguenza che
il dolore può divenire talmente intenso che si è costretti a ricorrere alla ripetuta
somministrazione intramuscolare di FANS per ottenere un effetto più rapido. Si
possono associare miorilassanti, tra cui il diazepam anche a basse dosi, poco
usato in Italia per questa indicazione.
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Principali segni di radicolopatia lombare
dolore esteso dal passaggio lombosacrale fino all'arto inferiore (più il dolore è
irradiato in basso e più è sospetto per una compromissione radicolare)
manovra di Lasègue positiva: dolore lombare irradiato sotto al ginocchio che si
manifesta sollevando meno di 60° la gamba tesa. Poco riproducibile, va quindi
ripetuta). Il segno di Lasègue è molto sensibile (si presenta nel 90 per cento dei
casi di ernia del disco, e l'assenza tende perciò a escluderla) ma poco specifico
(la presenza non è di per sé sufficiente per sostenerla)
dolore lombare controlaterale all'arto sollevato nella manovra di Lasègue: bassa
sensibilità, ma alta specificità (l'assenza del dolore controlaterale non permette
di escludere l'ernia del disco, ma la sua presenza è invece suggestiva)
riduzione della sensibilità nel territorio del nervo sciatico (lato esterno della
gamba e del piede)
riduzione dei riflessi patellare (L4), achilleo (L5) o medio plantare (S1): ciascuno
dipende da una radice, quindi la riduzione di più di uno di questi riflessi indica un
coinvolgimento pluriradicolare ed è indicazione alla radiografia ed eventuali altri
esami
riduzione della forza nella flessione dorsale del primo dito del piede (L5)
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RADIOGRAFIA TERAPEUTICA
Resta però da chiarire se l'indicazione fornita dalle linee guida di
effettuare nei casi ordinari una radiografia solo dopo 4-6
settimane vada considerata proprio tassativa. Infatti, nemmeno
dopo questa attesa la lastra aggiunge granché al percorso
terapeutico, ed è stato persino proposto di modificare le linee
guida per restringere ulteriormente le indicazioni). Però conta
anche come la vedono i pazienti.
E' stato recentemente pubblicato un trial clinico sulla radiografia
nella lombalgia, fatto in Gran Bretagna su 421 pazienti di
medicina generale .Quelli che avevano un dolore lombare
meccanico da oltre sei settimane sono stati randomizzati alle cure
usuali senza radiografia, oppure con la radiografia. A distanza di
tre mesi i pazienti (in tutto comparabili nei due gruppi) mostrano
alle scale di valutazione un peggioramento del dolore e un
maggior numero di visite dal medico se hanno effettuato l'esame,
mentre a nove mesi di distanza non si osservano più differenze.
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E se è certo opportuno darsi come obiettivo
quello di evitare dispendiose esagerazioni
(come la TC preliminare alla visita ortopedica nel
caso di Marco), decidere invece di effettuare una
semplice radiografia può avere senso se si
ritiene che debba essere privilegiata la
soddisfazione, anche se sarà ininfluente sulla
patologia e anche se implicherà un maggior
numero di visite e avrà i rischi connaturati con gli
esami diagnostici. L'importante è che sia una
scelta consapevole e non solo un modo per
fingere di fare qualcosa.
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Bibliografia
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