Università Commerciale
Luigi Bocconi
CAREFIN
Centre for Applied Research in Finance
Francesco Vallacqua
Trattamento di fine servizio (TFS)
e contrattazione collettiva:
prospettive di modifiche del
meccanismo di opzione ex art. 59,
c. 56 l. 449/97
Trattamento di fine servizio
(TFS) e contrattazione
collettiva: prospettive di
modifiche del meccanismo
di opzione ex art. 59, c. 56 l.
449/97
di Francesco Vallacqua*
Milano, marzo 2013
© Copyright Carefin, Università Bocconi
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INDICE*
1.
Premessa
1
2.
Segmentazione dei dipendenti pubblici in base alle regole TFS/TFR
2
3.
Ragioni di diffidenza del Meccanismo di opzione
3
4.
Meccanismo di opzione e proposte di modifiche legislative
13
5.
Conclusioni
17
Bibliografia
18
Legislazione
19
Appendice
20
* Francesco Vallacqua è Docente di Economia e gestione delle assicurazioni vita e dei fondi pensione presso il Dipartimento di
Finanza dell’Università L. Bocconi.
CAREFIN OCCASIONAL PAPER
I
1.
PREMESSA
Nonostante le continue riforme che hanno abbattuto i livelli delle prestazioni pensionistiche
del primo pilastro, la previdenza complementare nel pubblico impiego, così come nel settore
privato, stenta ad affermarsi. Nel settore pubblico questo accade sia per la scarsa conoscenza e
comprensione delle problematiche previdenziali che per l’esistenza di una serie di ostacoli di
ordine giuridico ed economico, quali la gestione virtuale del TFR.
A ciò devono aggiungersi le resistenze da parte dei dipendenti pubblici ad abbandonare la
vecchia disciplina del TFS (Trattamento di fine servizio) per quella del TFR (Trattamento di fine
rapporto) attraverso un meccanismo, quello della c.d. opzione, per di più collegato a strumenti - i
fondi pensione - spesso percepiti alla stregua di qualunque altro strumento finanziario. L’attuale
situazione di crisi finanziaria ha poi acuito la diffidenza verso qualunque forma di investimento
finanziario.
Il perché dell’estensione del TFR anche al pubblico impiego si può ricondurre, sia alla
necessità di trovare idonee risorse per il finanziamento della previdenza complementare,
rendendone il meno costoso possibile l’avvio, sia all’esigenza di completare il processo di
armonizzazione tra pubblico e privato, sia perché il TFS mal si prestava a finanziare la
previdenza complementare . Ciò nella misura in cui le prestazioni da esso rappresentate sono
calcolate prendendo a riferimento le ultime retribuzioni. Quindi, se si fosse usato il TFS sarebbe
stato possibile conoscere l’effettivo ammontare da destinare alla previdenza complementare solo
alla cessazione dal servizio.1 Tuttavia è venuto il momento per una riflessione sulla necessità di
modificare le attuali regole che nei fatti non hanno consentito i risultati che ci si aspettava. Nel
presente lavoro dopo una analisi delle diverse tipologie di dipendenti pubblici in relazione alla
disciplina TFR/TFS, verranno descritte alcune motivazioni che frenano l’adesione ai fondi
pensione ed infine verranno considerate delle ipotesi di modifiche legislative: sul regime di
opzione, sulle connesse problematiche costituzionali in relazione all’articolo 3 della Costituzione
nonchè sulla possibilità di adesione obbligatoria alla previdenza complementare attraverso la
valorizzazione della specialità di disciplina della contrattazione nel pubblico impiego.
1 CFR. Inpdap-CIV, Rapporto sulla previdenza complementare del pubblico impiego, 2003
CAREFIN OCCASIONAL PAPER
1
2.
SEGMENTAZIONE DEI DIPENDENTI PUBBLICI IN BASE ALLE
REGOLE TFS/TFR
Per i lavoratori in regime di TFS esiste una corrispondenza biunivoca tra previdenza
complementare e TFR: non è possibile passare al TFR senza aderire a un fondo pensione, non è
possibile aderire a un fondo pensione di comparto senza rinunciare al TFS per il TFR. Prima di
affrontare le tematiche circa possibili modifiche normative sulla disciplina in essere, si riporta di
seguito una breve sintesi della segmentazione dei dipendenti pubblici in base alle regole
TFS/TFR.
Premesso che per i lavoratori pubblici non vige il meccanismo del silenzio assenso di cui
all’articolo 8 del d.lgs. 252/05 e tutte le connesse regole, alla luce del quadro normativo e dei
chiarimenti da parte l’ex gestione INPDAP presso l’Inps (d’ora in poi definita solo INPDAP)2 è
possibile individuare le seguenti categorie di destinatari e le connesse modalità applicative:
Soggetti in regime di TFR
a) Lavoratori con contratto a tempo indeterminato assunti successivamente al 31 dicembre
2000, anche se non per la prima volta, purchè ci sia stata soluzione di continuità
(almeno un giorno di intervallo) rispetto a precedenti rapporti di lavoro (a tempo
indeterminato in regime di TFS) con pubbliche amministrazioni iscritte all’INPDAP,
con riferimento ai quali il lavoratore rientrava nel regime tfs. Questi soggetti sono
automaticamente assoggettati al regime di TFR di cui all’art. 2120 del Codice civile. In caso
di adesione a un fondo pensione, dovranno destinare a quest’ultimo la totalità degli
accantonamenti annuali di TFR (art. 2, comma 2, d.p.c.m. 20 dicembre 1999);
b) Insegnanti di religione, titolari di un contratto di lavoro rinnovato annualmente che risultano
assunti dopo il 31 dicembre 2000.
c) Lavoratori con contratto a tempo determinato in corso o successivo al 30 maggio 2000:
trova applicazione la disciplina sul TFR tenendo conto delle specifiche presenti nelle
circolari INPDAP. Come precisato dalla nota operativa 16/05, per i dipendenti assunti a
tempo determinato con contratto in corso o successivo al 30 maggio 2000 (data di entrata in
vigore del d.p.c.m.) ma anteriore al 1° gennaio 2001, il decreto non indica misure o
condizioni per gli accantonamenti di TFR da destinare a previdenza complementare. Tali
misure sono quindi indicate dai singoli contratti o accordi istitutivi. Si sottolinea che rientrano
in questa categoria i dipendenti il cui contratto di lavoro deve risultare non solo costituito
entro il 31 dicembre 2000, ma anche in corso al momento dell’iscrizione al fondo. In altri
termini, se quel contratto di lavoro e cessato per raggiungimento del termine e il lavoratore si
iscrive o riprende a contribuire in forza di un nuovo contratto di lavoro costituito
2 CFR. Circolare n. 30/02, note operative n. 11/05, n. 16/05, n. 42/09, n. 841/09)
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2
successivamente al 31 dicembre 2000, rientra pienamente nelle regole di contribuzione che
prevedono l’integrale destinazione del TFR alla previdenza complementare. Per quei
dipendenti pubblici ai quali si applica il d.p.c.m. e che si sono iscritti ai fondi pensione
negoziali prima del 30 maggio 2000 (es.: caso del Fondo pensione Laborfonds), le quote di
TFR che possono essere destinate a previdenza complementare sono solo quelle maturate a
partire dal 30 maggio 2000, data di entrata in vigore del d.p.c.m. istitutivo del TFR per i
dipendenti pubblici.
Per i lavoratori in regime TFR, l’INPDAP provvede ad accantonare figurativamente e a
liquidare, alla cessazione del servizio, il trattamento di fine rapporto ex art. 2120 del Codice
civile. Le quote di accantonamento annuale sono determinate applicando l’aliquota del 6,91 per
cento sulla retribuzione utile composta da:
-
l’intero stipendio tabellare;
-
l’intera indennità integrativa speciale;
-
la retribuzione individuale di anzianità;
-
la tredicesima mensilità;
-
gli altri emolumenti considerati utili ai fini del calcolo del tfs.
Ulteriori voci retributive possono essere considerate utili dalla contrattazione collettiva di
comparto.
L’INPDAP, dopo il d.p.c.m. 2 marzo 2001, ha evidenziato che il differimento dal 31 maggio
2000 al 1° gennaio 2001 della data a decorrere dalla quale il personale con contratto a tempo
indeterminato è assoggettato obbligatoriamente alla nuova disciplina del TFR creava problemi di
coordinamento. Per rimediare l’Ente, con l’informativa 414/2001 del 31 maggio 2001, ha
previsto che:
-
i lavoratori con contratto a tempo indeterminato assunti nel periodo tra il 30 maggio e il 31
dicembre 2000 mantengono il diritto al TFS (salvo l’esercizio del diritto di opzione al TFR);
-
per i lavoratori assunti a tempo indeterminato dopo il 30 maggio 2000 e che hanno risolto il
rapporto entro il 31 dicembre 2000 rimane ferma l’efficacia dell’originario termine (31
maggio 2000) previsto dal d.p.c.m. 20 dicembre 1999; pertanto essi hanno conseguito il
diritto alla liquidazione del TFR.
Il diritto al pagamento del TFR sorge alla risoluzione del contratto di lavoro, purché il
dipendente non ne abbia sottoscritto un altro (sia a tempo determinato sia a tempo indeterminato),
decorrente dal giorno immediatamente successivo alla scadenza del primo con un ente obbligato
a iscrivere i propri dipendenti all’INPDAP ai fini TFS o TFR. In tal caso, l’iscritto avrà diritto al
pagamento al verificarsi della prima interruzione di almeno un giorno tra un contratto e l’altro
ovvero all’atto della definitiva cessazione dal servizio (cfr. Circ. INPDAP 30/02). Infatti, l’art. 5
dell’Accordo quadro nazionale del 1999 stabilisce che la liquidazione del TFR sarà effettuata
dall’INPDAP al momento della cessazione dal servizio e questo è ribadito anche nel d.p.c.m. 20
dicembre 1999 (art. 1, comma 6). Pertanto, in caso di risoluzione del rapporto di lavoro e
riassunzione presso lo stesso o altro ente iscritto all’INPDAP potrà procedersi alla liquidazione
del TFR solo se tra primo e secondo servizio ci sia soluzione di continuità (cfr. INPDAP Circ.
11/01).
CAREFIN OCCASIONAL PAPER
3
Soggetti in regime di TFS
a) Lavoratori con contratto a tempo indeterminato assunti al 31 dicembre 2000.
Per questi soggetti nell’ipotesi di adesione a un fondo pensione di comparto, viene a
configurarsi l’esercizio della opzione di cui all’art. 59, comma 56, della legge 449/1997, con
conseguente passaggio dal regime di TFS a quello di TFR. Gli accordi quadro del 8 maggio
2002, 2 marzo 2006, 1° dicembre 2010 hanno differito il termine originario del 2001
rispettivamente al 31 dicembre 2005, al 31 dicembre 2010 e 31 dicembre 2015. Ai fini di tale
opzione, l’art. 1 del d.p.c.m. del 20 dicembre 1999 ha stabilito che essa si realizza attraverso
la sottoscrizione del modulo di adesione a un fondo pensione, creandosi cosi una stretta
correlazione tra regime del TFR e disciplina dei fondi pensione. La nota INPDAP 841/2009
chiarisce che la data di adesione coincide con l’ultimo giorno di servizio in TFS e pertanto
solo dal giorno successivo il dipendente è obbligatoriamente in TFR. Come chiarito nell’art.
1, comma 1 del d.p.c.m. 20 dicembre 1999 in tal caso l’INPDAP effettua il computo del TFS
maturato fino alla data di sottoscrizione dell’opzione e lo rivaluta, ai sensi dell’art. 2120 del
Codice civile, unitamente alle quote di TFR maturate successivamente alla data di opzione e
che non sono destinate a previdenza complementare. All’indennità di fine servizio maturata
fino alla data dell’opzione e alla sua rivalutazione si devono applicare gli stessi abbattimenti
d’imponibile previsti dalla relativa normativa fiscale in materia di indennità di fine servizio.
La nota operativa INPDAP 11/2005 chiarisce che per i dipendenti pubblici ai quali si applica
il d.p.c.m. del 20.12.1999 e che si sono iscritti ai fondi pensione negoziali prima del 30
maggio 2000 (potrebbe essere il caso, per esempio, del fondo pensione Laborfonds),
l’opzione decorre comunque dal 30 maggio 2000, data di entrata in vigore del suddetto
d.p.c.m. . I soggetti in TFS usufruiranno, in caso di opzione, di una quota aggiuntiva pari
all’1,5 per cento dell’aliquota contributiva di riferimento ai fini del tfs ; detta quota e da
considerarsi neutra rispetto ai conferimenti dei lavoratori e dei datori di lavoro (art. 2, comma
4 del d.p.c.m.; e art.11 comma 6, accordo 29 luglio 1999) e inoltre non satura i plafond di
deducibilità fiscale. Ciò e stato esplicitato dalla Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate del
5/7/2005. La quota di TFR che potrà essere destinata a fondi pensione non potrà essere
superiore del 2 per cento della retribuzione utile per il TFR (art. 2, c. 1, d.p.c.m.). Si ricorda
che in base alla disciplina del TFR non è previsto alcun contributo a carico del lavoratore, per
cui l’art. 1, comma 2, del d.p.c.m. del 20 dicembre 1999, prevede che per coloro che
eserciteranno l’opzione ex art. 59, comma 56, della L. 449/1997 da tale momento verrà
soppresso il contributo del 2,50 per cento volto al finanziamento del TFS. Tuttavia al fine
dell’attuazione di quanto stabilito all’art. 26, comma 19 della legge 448/19983 e di quanto
3 Tale articolo prevede che gli adeguamenti della struttura retributiva e contributiva conseguenti all’applicazione del TFR devono
avvenire ≪ferma restando l’invarianza della retribuzione complessiva netta e di quella a fini pensionistici≫, in modo tale che i
soggetti in sostanza ottengano la medesima prestazione netta a cui avevano diritto prima dell’opzione. Infatti, uno dei problemi
sollevati dalla normativa in oggetto era legato al fatto che con la soppressione del contributo si sarebbe avuto un aumento della
retribuzione netta e quindi dei costi per la finanza pubblica. Per evitarlo, le parti hanno ideato un meccanismo che potesse sia
accontentare i lavoratori, sia evitare incrementi di costo eccessivi. Cfr. G. Cazzola, ≪Al via i fondi pensione nel pubblico impiego≫,
in Valore Previdenza, Ipsoa, n. 4, 2001, p. 15. Sugli aspetti inerenti il recupero dell’1,5 per cento si veda anche M. Sarti, ≪Dalla
buonuscita la TFR fino ai fondi pensione (prima lettura e alcune considerazioni sull’accordo Aran - OO.SS.)≫, in INPDAP, n. 4,
1999.
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4
previsto all’art. 1, comma 2 ultimo periodo del d.p.c.m. 20 dicembre 19994, è stato introdotto
un meccanismo di sterilizzazione (art. 1, comma 3 d.p.c.m. 20 dicembre 1999) che opera nel
seguente modo:
-
a fronte della soppressione del contributo del 2,5 per cento la retribuzione lorda viene
ridotta in misura corrispondente, quindi resta invariata la retribuzione netta;
-
ai fini pensionistici, contrattuali e della applicazione delle norme sul TFR, si ha una
sterilizzazione della riduzione di cui sopra, attraverso un contemporaneo incremento
figurativo (d’importo pari alla riduzione di cui sopra) della retribuzione lorda. La
disciplina, come previsto dall’art. 1, comma 4, del d.p.c.m. 20 dicembre 1999, si applica
anche ai dipendenti assunti dopo l’entrata in vigore dello stesso e ciò, come precisato
nelle circolari INPDAP, per garantire quella parità di trattamento contrattuale dei
rapporti di lavoro, di cui al d.lgs. 165/2001). La normativa in oggetto non trova invece
applicazione per il personale per cui non e prevista l’iscrizione alle gestioni INPDAP,
poichè per essi non e previsto il versamento di alcun contributo a loro carico (art. 1,
comma 5, d.p.c.m. 20 dicembre 1999).
Il personale in regime TFS, transita nel regime del TFR mediante la sottoscrizione della
domanda di adesione al fondo pensione. Come precisato nella informativa INPDAP n. 12 del
5 agosto 2003, si ricorda che il riscatto di periodi valutabili ai fini del TFS può essere
esercitato solo prima dell’adesione a un fondo pensione complementare, perchè tale facoltà e
preclusa una volta che il TFS si e trasformato in TFR . La nota operativa 20/2005 ha poi
chiarito che l’adesione a un fondo di pensione complementare da parte del personale che, pur
dipendendo da un ente privatizzato abbia mantenuto per legge il TFS a carico dell’INPDAP
(per esempio, il personale della Cassa depositi e prestiti) non comporta la trasformazione di
tale prestazione in TFR. Con nota operativa n. 1/11 l’INPDAP ha chiarito che le istanze di
opzione per la trasformazione del trattamento di fine servizio in trattamento di fine rapporto
conseguenti all’adesione a forme individuali di previdenza complementare (fondi aperti o
piani individuali di previdenza mediante contratti di assicurazione sulla vita) da parte di
dipendenti pubblici con le quali e manifestata la volontà di esercitare l’opzione per il
passaggio dal TFS al TFR non sono produttive di effetti. Ciò perchè in base alla normativa
vigente5 tale opzione non può essere esercitata verso un fondo diverso da quello di comparto
e il TFR in base alla vigente normativa prevista per il pubblico impiego non può essere
devoluto a una forma pensionistica individuale. In coerenza con tale quadro di regole,
l’adesione a una forma pensionistica individuale è possibile versando solo il contributo a
carico del lavoratore . Per quel che riguarda le modalità di opzione (anche se l’art. 1 del
4 Questo (dando attuazione al comma 1 dell’ art. 6 dell’ accordo quadro del 29 luglio 1999), ha previsto che la soppressione del
contributo non deve avere effetti sulla retribuzione imponibile a fini fiscali. Cioè la retribuzione imponibile deve rimanere la stessa,
come se l’ abbattimento dell’ imponibile corrispondente al contributo a carico del lavoratore sia stato effettuato preventivamente
alla imposizione fiscale. Per un’ analisi dettagliata sulle problematiche inerenti la sterilizzazione, si veda A. Nastrucci-S. Vicarelli,
≪Note sull’ atto di indirizzo all’ Aran sull’ introduzione del TFR e della previdenza complementare nel pubblico impiego≫,
INPDAP, n. 1,1999, pp. 97 e ss.
5 Infatti, ai sensi dell’art. 23, comma 6, del decreto legislativo n. 252/2005, per i dipendenti pubblici non si applica la disciplina
contenuta in detto decreto ma quella prevista dal d.lgs. 124/1993 e in alcune disposizioni a carattere speciale, tra le quali l’art. 59,
comma 56 della L. 449/1997 e il d.p.c.m. 20 dicembre 1999, come successivamente modificato, che disciplinano anche l’opzione.
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5
d.p.c.m., cosi come formulato, non sembrerebbe richiedere una dichiarazione specifica per
l’esercizio dell’opzione) per una maggiore trasparenza l’INPDAP ha suggerito l’opportunità
di prevedere una formale presa d’atto da parte del lavoratore. A questo proposito, essa ha
predisposto il testo di un apposito quadro allegato alla nota n. 11/05 che è stato messo a
disposizione dei fondi pensione affinchè possa essere inserito nel modulo di adesione. In
questo quadro sono richiamate le conseguenze dell’adesione circa la trasformazione del TFS
in TFR ed è richiesto al lavoratore di apporre la propria firma anche su questa parte. In merito
il Fondo pensione complementare Espero, accogliendo la proposta dell’INPDAP, ha inserito
il quadro in questione nel modulo di adesione, rispetto al quale la Covip non ha sollevato
rilievi avendo verificato la rispondenza alla vigente disciplina. L’Istituto ha, inoltre, precisato
che nei casi in cui e rilevabile che il lavoratore, aderendo al fondo pensione, abbia optato per
il TFR, pur avendo omesso di compilare e sottoscrivere il quadro del modulo di adesione
relativo all’opzione, la sottoscrizione della sezione può essere chiesta al lavoratore e,
successivamente acquisita, utilizzando il modulo che riporta la sola sezione relativa
all’opzione, riprodotta secondo il facsimile contenuto nell’allegato alla nota in questione.
L’opzione determina la trasformazione del TFS in TFR con effetto dalla data di sottoscrizione
della domanda di adesione. Per ovviare a inconvenienti l’attuale modulo di adesione di
Espero prevede che in un unico riquadro e attraverso un’unica firma si dichiari di aderire, si
deleghi il datore a prelevare dalla retribuzione il contributo obbligatorio e ci si renda edotti
dell’opzione dal TFS al TFR. In linea di massima, compatibilmente con le disposizioni
stabilite dagli statuti dei fondi, la data di sottoscrizione coinciderà con:
-
la data di apposizione della firma da parte del rappresentante dell’amministrazione; la
domanda e produttiva di effetti, infatti, solo se sottoscritta dal datore di lavoro;
-
la data di sottoscrizione da parte del lavoratore, nel caso in cui manchi la data di
sottoscrizione da parte dell’amministrazione ovvero se questa stessa data fosse anteriore
alla data della firma del lavoratore;
-
la data di ricevimento del modulo indicata dal fondo, in caso di mancanza di tutte le date
di riferimento per le sottoscrizioni (datore di lavoro e lavoratore).
È bene ribadire che gli statuti dei fondi pensione possono prevedere regole diverse di cui si
deve tenere conto. Il Fondo pensione complementare Espero, per esempio, ha assunto come
unico criterio il primo (data di sottoscrizione da parte dell’amministrazione), come precisato
nella nota operativa del 25 marzo 2005, n. 5. La data di sottoscrizione non può comunque
essere antecedente alla data di inizio dell’operatività del fondo.
È opportuno precisare che, ai fini della corretta individuazione del regime di appartenenza
(TFS o TFR), il criterio guida e costituito dal tipo di contratto e dalla data di assunzione
relativi al rapporto di lavoro in corso, se costituito con soluzione di continuità o meno rispetto
a precedenti rapporti sempre presso pubbliche amministrazioni iscritte all’INPDAP. A questo
criterio guida gli enti insieme con il lavoratore interessato dovranno fare riferimento per
verificare l’appartenenza al regime TFS o TFR e, conseguentemente, se vada sottoscritta o
meno la parte del modulo di adesione relativa all’opzione.
b) Insegnanti di religione, titolari di un contratto di lavoro rinnovato annualmente, al
31.12.2000 già iscritti ai fini TFS;
c) Dipendenti assunti a tempo indeterminato al 31 dicembre 2000, anche se solo ai fini
giuridici e con decorrenza economica successiva al 31 dicembre 2000;
CAREFIN OCCASIONAL PAPER
6
d) dipendenti assunti a tempo indeterminato dopo il 31 dicembre 2000 ma senza soluzione
di continuità rispetto a precedenti servizi per i quali vigeva il TFS.
Al riguardo sulla base di quanto precisato nella circolare INPDAP n. 11 del 12/03/01, si
osserva, che rimane assoggettato al regime del TFS anche il personale, assunto a tempo
indeterminato al 31/12/00, che dopo tale data passi ad altro ente pubblico a seguito di comando,
distacco, mobilità (volontaria o obbligatoria) , nonché quello che risolva il rapporto di lavoro e
venga riassunto, senza soluzione di continuità, sempre con contratto a tempo indeterminato
presso altra pubblica amministrazione.
e) soggetti non contrattualizzati, quale che sia la data della loro assunzione nella pubblica
amministrazione, rimangono in TFS. La disciplina relativa all’opzione di cui al d.p.c.m. 20
dicembre 1999 e successive modifiche trova applicazione solo per il personale cosiddetto
≪contrattualizzato≫, vale a dire per quel personale il cui rapporto di lavoro e disciplinato, ai
sensi dell’art. 2, comma 2, d.lgs. 165/2001, dalle disposizioni del capo I , titolo II, del libro V
del Codice civile e, conseguentemente, dai contratti collettivi di lavoro, mentre non si applica
al personale in regime di diritto pubblico di cui all’art. 3 del d.lgs. 165/2001 che mantiene il
trattamento di fine servizio6. Con specifici interventi legislativi o regolamentari per tali
categorie si procederà, cosi come avvenuto per il personale contrattualizzato, all’attuazione
delle disposizioni relative al TFR dei pubblici dipendenti ≪con riferimento ai conseguenti
adeguamenti della struttura retributiva e contributiva del personale interessato≫. A tal
proposito per quanto concerne, in particolare, il personale delle forze di polizia e delle forze
armate l’art. 26, comma 20 della L. 448/1998 stabilisce che, ai fini dell’armonizzazione al
regime generale del trattamento di fine rapporto e dell’istituzione di forme di previdenza
complementare dei dipendenti pubblici, le procedure di negoziazione e di concertazione di
cui al decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195 possono definire, per il personale delle forze
armate e delle forze di polizia, la disciplina del trattamento di fine rapporto, compresa la
possibilità di optare per la trasformazione del TFS in TFR, nonchè l’istituzione di forme
pensionistiche complementari. A oggi, tuttavia, non sono stati nè sottoscritti accordi nè
emanate disposizioni sulla materia che abbiano prodotto l’estensione del TFR anche al
personale da ultimo richiamato.
In termini di obblighi contributivi, è previsto che (art. 1, comma 7 d.p.c.m.20 dicembre 1999)
le amministrazioni pubbliche continuino a versare in misura invariata, anche per il personale in
6 A tali soggetti non si applica il capo I titolo II libro V del cc., e quindi l’art. 2120 ivi contenuto (cfr. INPDAP, Rapporto annuale
sullo stato sociale, 2002). L’informativa INPDAP n. 11/02 a tal fine ha precisato che l’art. 2 – comma 6 – della legge 335/95 ha
demandato alla contrattazione collettiva nazionale, nell’ambito dei singoli comparti, la definizione delle modalità d’attuazione delle
disposizioni relative al TFR dei pubblici dipendenti “con riferimento ai conseguenti adeguamenti della struttura retributiva e
contributiva del personale interessato”. Laddove, pertanto, lo stato giuridico e il trattamento economico di particolari categorie di
personale rimangano per legge disciplinati dai rispettivi ordinamenti e non già dalla contrattazione collettiva nazionale, le
disposizioni di cui al DPCM 20/12/99 e successive modifiche non troveranno possibilità di applicazione fino a quando tali
ordinamenti non ne prevedranno l’estensione anche a dette categorie di dipendenti. Inoltre, la Circ. 30/02 precisa che rimangono al
momento in regime di TFS, quale che sia la data della loro assunzione nella Pubblica Amministrazione, i magistrati ordinari,
amministrativi e contabili; gli avvocati ed i procuratori dello Stato; il personale militare e delle forze armate di polizia; il personale
della carriera diplomatica e prefettizia; i professori ed i ricercatori universitari, nonché i dipendenti degli Enti che svolgono la loro
attività nelle materie contemplate dall'art. 1 del D.Lgs. del Capo provvisorio dello Stato 17/07/1947, n. 691, e dalle leggi n. 281/85 e
n. 287/90 (personale della Borsa, Consob ecc.). L’inf. INPDAP n. 1 del 30.1.03 ha precisato che non si applica il DPCM del
20.12.99 ai dipendenti di Camera, Senato e Segretariato Generale della repubblica.
CAREFIN OCCASIONAL PAPER
7
TFS che abbia optato per il TFR o al quale si applica automaticamente la disciplina del TFR, la
contribuzione stabilita per il finanziamento delle indennità di fine servizio.
In particolare, il contributo previdenziale a favore dell’INPDAP da parte delle
amministrazioni pubbliche resta fissato per il personale dello Stato nella misura del 9,60 per
cento dell’attuale base contributiva per l’indennità di buonuscita di cui al D.P.R. 1032/1973 e
nella misura del 6,10 per cento dell’attuale base contributiva di riferimento prevista dall’art. 11
della L. 8 marzo 1968, n. 152, per il personale degli enti locali.
Nella tabella n. 1 si indica una breve sintesi di quanto sopra esposto.
Nella tabella n. 2 si sintetizza invece il rapporto tra TFR/TFS e previdenza complementare
Per un elenco delle principali disposizioni emanate dall’INPDAP contenenti i riferimenti al
TFR, al TFS e all’estensione della previdenza complementare per i dipendenti pubblici si rinvia
all’appendice.
CAREFIN OCCASIONAL PAPER
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Tabella n. 1
TFS/TFR ed opzione
Fonte: Vallacqua F., La previdenza complementare per i lavoratori pubblici e privati, Egea 2012
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9
Tabella n. 2
TFR/TFS e previdenza complementare (lavoratori concontratto a tempo indeterminato)
CAREFIN OCCASIONAL PAPER
10
3.
MOTIVI DI DIFFIDENZA SUL MECCANISMO DI OPZIONE
Rispetto al meccanismo di opzione sopra descritto ad oggi si registrano forti resistenze da
parte dei dipendenti pubblici legate:

a valutazioni di convenienza del TFS rispetto al TFR. In particolare il dipendente pubblico si
interroga del perché per aderire ad un fondo pensione si debba abbandonare una indennità
collegata alla ultime retribuzioni per un TFR da destinare in parte ad investimento sui mercati
finanziari;

-al sospetto sulle forme di previdenza complementare spesso percepite alla stregua di
qualunque altro strumento finanziario;

alla situazione di crisi economico-finanziaria che ha acuito la diffidenza verso qualunque
forma di investimento finanziario

-alla complessità di disciplina sulla previdenza complementare che rende difficile la
comunicazione previdenziale. Ciò anche alla luce del diverso percorso previdenziale previsto
dopo l’attuazione del d.lgs. 252/05. Il d.lgs. 252/2005 prevede un percorso differenziato per i
dipendenti pubblici. Infatti, il comma 6 dell’art. 23 stabilisce che: ≪Fino all’emanazione del
decreto legislativo di attuazione dell’art. 1, comma 2, lettera p, della legge 23 agosto 2004, n.
243, ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. 30
marzo 2001, n. 165, si applica esclusivamente e integralmente la previgente normativa≫. Ne
deriva che, come osservato dalla nota divulgativa INPDAP del 1° febbraio 20067, fino alla
emanazione della suddetta normativa restano fermi, quantomeno per i dipendenti pubblici che
aderiscono a un fondo negoziale, il d.lgs. 124/1993 e la relativa disciplina fiscale contenuta
nel d.lgs. 47/2000 e nel Testo unico delle imposte sui redditi, nonché tutte le norme
particolari valevoli per i dipendenti pubblici. In realtà tale situazione rischia di perpetuarsi in
assenza di interventi in quanto, essendo scaduti i termini per l’esercizio della legge delega
243/04, occorrerà un intervento normativo che affronti nuovamente il problema e che
modifichi o confermi i principi e i criteri direttivi. Se si guarda poi al sistema normativo così
come delineatosi dopo il d.lgs. 252/2005 (anche per effetto degli interventi da parte della
Covip) ci si accorge che il d.lgs. 124/1993 trova applicazione solo nel caso in cui il
dipendente pubblico aderisca a una forma di previdenza collettiva di comparto. Nell’ipotesi in
cui, invece, aderisca ad una forma di previdenza individuale di fatto ad esso si applica il d.lgs.
252/2005 con l’eccezione del silenzio-assenso e di tutte le norme che riguardano il TFR e il
contributo del datore, che non è comunque dovuto. Come osservato anche dalla Covip8 il
permanere di tali differenze nella disciplina tra dipendenti del settore privato e dipendenti del
settore pubblico, conseguente al non realizzato esercizio della delega contenuta nella Legge
7 Cfr. INPDAP nota divulgativa dell’01/02/2006, ≪Il decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252 “Disciplina delle forme
pensionistiche complementari”; prime informazioni sulle novità introdotte dal decreto e sui riflessi sulla previdenza complementare
per i dipendenti pubblici≫); si veda anche INPDAP-CIV, La previdenza complementare del pubblico impiego. Secondo rapporto,
Franco Angeli 2007 .
8 Cfr. Covip, Relazione annuale per l’anno 2011
CAREFIN OCCASIONAL PAPER
11
243/2004, fa sì che permangano, anche all’interno delle previsione statutarie, diversi regimi
applicabili ai dipendenti pubblici e a quelli privati con riguardo in particolare ai trasferimenti,
alle anticipazioni e ai riscatti. Di tali differenze devono necessariamente tener conto gli statuti
dei fondi interessati, i quali presentano una struttura più complessa. Diverso è anche il
trattamento fiscale delle contribuzioni che, nel caso dei dipendenti pubblici, prevede
l’applicazione di un doppio limite (oltre al limite massimo di deducibilità dal reddito
complessivo dei contributi versati a previdenza complementare, fissato a 5.164,67 euro, si
applica il limite del doppio della quota di TFR destinata a previdenza complementare). Infine,
le prestazioni erogate ricevono, nel caso dei dipendenti pubblici, un diverso e meno
favorevole trattamento fiscale (in linea generale, a esse si applica il regime della tassazione
separata anche per la parte maturata dal 1° gennaio 2007, in luogo dell’imposta sostitutiva
pari al 15 per cento, con possibilità di ulteriori riduzioni fino a un massimo di 6 punti
percentuali prevista per le prestazioni erogate ai lavoratori privati9). La presenza di un doppio
regime delle prestazioni e di un doppio regime fiscale, produce, inoltre, complessità nel
funzionamento sia sotto il profilo dell’operatività che in termini di onerosità. Tale differenza
fiscale appare poi incomprensibile se si guarda a quanto previsto per i c.d. piani individuali di
previdenza non adeguati. Da parte dell’Agenzia delle entrate si ritiene, infatti10, che il
disposto dell’ultimo periodo del comma 1 dell’art. 23 del d.lgs. 252/2005 in base al quale ≪i
contratti di assicurazione di carattere previdenziale stipulati fino alla data del 31 dicembre
2006 continuano ad essere disciplinati dalle disposizioni vigenti alla data di pubblicazione del
presente decreto≫ non abbia valenza fiscale. Tale norma, infatti, secondo l’interpretazione di
cui sopra fa salva l’applicabilità non di tutte le disposizioni relative a tali forme previdenziali
preesistenti, bensì soltanto di quelle che disciplinano i contratti di assicurazione attraverso cui
le stesse forme sono attuate, tra le quali non si è ritenuto di ricomprendere anche le
disposizioni fiscali in materia di contributi e prestazioni, riguardanti invece gli iscritti e non il
contratto di assicurazione in quanto tale. Anche il disposto del comma 4 dell’art. 23 del
decreto, nel disciplinare le forme pensionistiche complementari che hanno provveduto agli
adeguamenti disposti dal comma 3 e che ≪possono ricevere nuove adesioni anche con
riferimento al finanziamento tramite conferimento del TFR≫, non reca, secondo l’Agenzia,
alcuna disciplina fiscale, nel presupposto evidente che tale trattamento è stabilito dal comma
5 dello stesso art. 23. Per tali soggetti, pertanto, conclude l’Agenzia, si applicano le nuove
disposizioni fiscali concernenti la deducibilità dei premi (contributi) versati e il regime di
tassazione delle prestazioni maturate a decorrere dal 1° gennaio 2007. Appare assai singolare
a chi scrive che se da un lato si è consentito a dei prodotti assicurativi che non si sono
adeguati alla nuova disciplina del d.lgs. 252/05, di mantenere la vecchia disciplina sostanziale
del 124/93 ma la nuova disciplina fiscale del d.lgs. 252/05, lo stesso principio non sia stato
applicato anche al pubblico impiego.
9 Per una sintesi del trattamento fiscale sia consentito rinviare a F.Vallacqua, la previdenza complementare per i lavoratori pubblici
e privati, Egea 2012 pp.290-291
10 CFR. Circolare del 18 dicembre 2007 n. 70
CAREFIN OCCASIONAL PAPER
12
4.
MECCANISMO DI OPZIONE E PROPOSTE DI MODIFICHE
NORMATIVE
In questo paragrafo ci si interroga circa la possibilità di modifica della disciplina di opzione al
fine di incentivare le adesioni alle forme di previdenza complementare di quanti sono diffidenti
rispetto all’abbandono del TFS per il TFR . Una proposta potrebbe essere una norma di fonte
primaria che consenta una possibilità di scelta circa la trasformazione del TFS in TFR non al
momento della adesione ma all’atto della cessazione dal servizio o un certo numero di anni prima
dell’età pensionabile. In altri termini, si potrebbe riconoscere al lavoratore la possibilità di
adesione alla forma di previdenza complementare di comparto attraverso il solo contributo del
lavoratore e del datore di lavoro, lasciando in essere il TFS ed introducendo una sorta di diritto di
ripensamento. Tale diritto ( attraverso gli opportuni strumenti conoscitivi messi a disposizione
dai fondi o dalla autorità di Vigilanza) si estrinsecherebbe nella possibilità alla scadenza prevista
di valutare la convenienza alla opzione (con conferimento al fondo della relativa quota di TFR) o
richiedere l’intera liquidazione del TFS. Tale norma, rinviando l’opzione creerebbe oneri
aggiuntivi di tipo amministrativo dato che occorrerebbe mantenere due distinte posizioni (quella
inerente la non opzione e quella equivalente alla adesione a fondo con opzione)11. Sono inoltre
da valutare le eventuali ricadute sulla finanza pubblica.
Da un punto di vista sistematico, a prescindere dalla accettazione o meno di proposte come
quella di cui sopra, tutto ciò richiede una riflessione circa:
1. la parità di trattamento tra soggetti che hanno optato e soggetti che possono usufruire delle
nuove norme
2. la modifica delle fonti istitutive e degli accordi quadro sul tema
3. la possibilità da parte del legislatore di apportare direttamente modifiche normative rispetto
ad istituti predisposti dalla contrattazione collettiva ed in particolare rispetto a quanto previsto
dall’accordo quadro del 29.7.1999 e del relativo d.p.c.m. del 20.12.99 di recepimento dello
stesso.
Circa il primo aspetto (quello della parità di trattamento) la questione va affrontata alla luce
del principio di eguaglianza di cui all’articolo 3 della Costituzione. Occorre cioè verificare se
risulti in contrasto con i principi costituzionali la distinzione tra lavoratori, a parità di situazione
giuridica, in difetto di ragioni adeguate che ne giustifichino la differenziazione. In tale ottica,
rileva il c.d. controllo di ragionevolezza, in base al quale sono da considerare illegittime solo le
norme che siano determinate da criteri illogici arbitrari e contradditori Occorre cioè verificare
che <<la decisione assunta dal legislatore di differenziare ... determinate fattispecie… non sia
espressione di mero arbitrio ma abbia dietro di sé una ragione giustificatrice coerente con
11 Da un punto di vista fiscale si potrebbe ipotizzare una imputazione convenzionale come quella prevista all’articolo 23, c. 7-bis del
d.lgs. 252/05 inerente il versamento del TFR maturato. Si vedano al riguardo le circolari n.1 /E del 9.01.08 e n. 70/E del 18.12.2007
dell’Agenzia delle Entrate nonché le istruzioni di compilazione del modello 770 semplificato 2008.
CAREFIN OCCASIONAL PAPER
13
l’intrinseca causa–legis>>12 Detto in altri termini, la deroga non solo deve essere coerente con la
funzione che l’ordinamento da oggettivamente assegna ad un istituto, ma anche diretta a tutelare
interessi di non minore rilevanza13 come potrebbe essere quello di un maggiore sviluppo della
previdenza complementare.
Circa il secondo aspetto (necessità di modifica o meno delle fonti istitutive e/o dell’accordo
collettivo quadro del 29/7/99) occorre distinguere la fattispecie di adesione senza TFR da quella
di adesione senza opzione. Sulla questione si può rinvenire il supporto normativo di un adesione
senza TFR dal combinato disposto tra l’articolo 11, c. 1 dell’accordo quadro del 29/7/9914 e
l’articolo 2, c. 1 del d.p.cm. del 20.12.9915 i quali indicano a disposizione delle fonti istitutive
una soglia, massima, di TFR nella percentuale del 2%. Ciò implica che, ove si volesse superare
tale vincolo (limitatamente ai soggetti in regime di TFS) basterebbe una modifica a livello di
fonte istitutiva16 .
Con riferimento invece alla adesione senza opzione, la questione è più complessa. Questa
infatti è prevista come automatismo dal combinato disposto tra l’articolo 59, c.56 del della legge
449/97 e l’articolo 2 dell’accordo quadro del 29/07/99 sia dall’articolo 1 del d.p.c.m. del
29.12.99. Ne deriva che un meccanismo facoltativo di opzione implicherebbe una modifica delle
determinazioni contrattuali e quindi dell’accordo quadro. Ed è qui che si collega il terzo aspetto
cioè la possibilità da parte del legislatore di apportare direttamente modifiche normative rispetto
ad istituti predisposti dalla contrattazione collettiva ed in particolare rispetto a quanto previsto
dall’accordo quadro del 29.7.1999 e del relativo d.p.c.m. del 20.12.99 di recepimento dello
stesso.
Come è stato messo in evidenza dalla dottrina17, dalla legge 335/95 in poi, per i fondi del
pubblico impiego, deriva una indicazione di politica del diritto per la quale la regolamentazione
del settore risulta trasferita alla contrattazione collettiva nazionale. Questa è chiamata ad operare
quale legislatore della materia previdenziale. In particolare, l’articolo 2 della riforma Dini ha
rinviato alla contrattazione collettiva e ad un d.p.c.m. di recepimento le norme di attuazione su
fondi pensione e TFR. In merito è stato osservato che per il pubblico impiego è da ravvisare un
maggior potere di iniziativa della contrattazione collettiva di quanto non sia per il settore privato,
dove l’istituzione dei fondi può avvenire anche senza coinvolgere l’organizzazione sindacale del
datore di lavoro18. Tale ragionamento è complicato ulteriormente dal fatto che nel settore
12 Così Onida V., Relazione in occasione della conferenza stampa del Presidente - 2004, reperibile su www.cortecostituzionale.it
13 Si veda la sentenza della Corte Cost. n. 393/2006
14 L‘articolo 11, c. 1 dispone : Si conviene tra le parti che la quota di TFR destinabile ai fondi pensione da parte dei dipendenti già in
servizio alla data del 31 dicembre 1995 e di quelli assunti dal 1° gennaio 1996 fino al giorno precedente alla data di entrata in vigore
del DPCM di cui all'art. 2, comma 1, non sia superiore al 2% della retribuzione base di riferimento per il calcolo del TFR medesimo.
15 L’articolo 2, c. 1 dispone: In fase di prima attuazione, la quota di trattamento di fine rapporto che i dipendenti già occupati alla
data del 31 dicembre 1995 e quelli assunti nel periodo dal 1° gennaio 1996 al 31 dicembre 2000 che hanno esercitato l’opzione di cui
all’articolo 59, comma 56, della legge 27 dicembre 1997 n.449, possono destinare ai fondi pensione, non può superare il due per cento
della retribuzione base di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto. Successivamente la predetta quota è definita dalle
parti istitutive con apposito accordo. La quota del trattamento di fine rapporto destinata in fase di prima attuazione e quella
successivamente definita sono trattate come quote figurative e rivalutate secondo il meccanismo di rendimento di cui al comma 5.
16 Per i soggetti in regime di TFR, invece, il quadro normativo (combinato disposto tra l’art. 8, c. 3 del d.lgs. 124/93, con l’art. 2
della legge 335/95, ed il d.p.c.m. del 20.12.99 non sembrerebbe rendere possibile una adesione senza TFR
17 Bessone M., Previdenza Complementare, G. Giappichelli Editore, Torino, 2000 pag. 133.
18 Cfr. Alaimo A., La previdenza complementare dei dipendenti pubblici, in RDSS, n. 1 2002.
CAREFIN OCCASIONAL PAPER
14
pubblico esiste una c.d. efficacia erga omnes indiretta della contrattazione collettiva e l’obbligo
per le amministrazioni pubbliche di dare attuazione a quanto previsto da tale contrattazione.19. La
questione che si pone è dunque se nel settore della previdenza complementare dei dipendenti
pubblici quanto previsto dalla contrattazione possa essere rimosso o modificato direttamente per
via legislativa o esista una riserva di contrattazione per la contrattazione collettiva di comparto.
Sul punto è stato osservato che non esiste una tale riserva alla luce della consolidata
giurisprudenza della corte Costituzionale (sentenze nn. 419/00, 697/1988, 34/1985, 141/80) e
che la legge dello Stato può legittimamente disciplinare gli istituti di previdenza complementare
senza alcun limite da parte di previsioni dei contratti collettivi presenti e futuri. Tali contratti non
possono nemmeno condizionare l’interpretazione della legge che sostituisca la precedente
disciplina contrattuale20. Altra via per incrementare le adesioni alle forme di previdenza
complementare sarebbe quella di renderne obbligatorie le adesioni. Tale questione va affrontata
da un lato collegando il principio della volontarietà di adesione con la tesi della c.d.
funzionalizzazione delle previdenza complementare a quella pubblica ex articolo 38, c. 2 della
Costituzione21 e dall’altro facendo riferimento alla specialità della disciplina della contrattazione
nel sistema pubblico. Come noto il d.lgs. 252/2005 prevede un percorso differenziato per i
dipendenti pubblici. Infatti, il comma 6 dell’art. 23 stabilisce che: ≪Fino all’emanazione del
decreto legislativo di attuazione dell’art. 1, comma 2, lettera p, della legge 23 agosto 2004, n.
243, ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. 30 marzo
2001, n. 165, si applica esclusivamente e integralmente la previgente normativa≫. Ne deriva che,
fino alla emanazione della suddetta normativa restano fermi, quantomeno per i dipendenti
pubblici che aderiscono a un fondo negoziale, il d.lgs. 124/1993 e la relativa disciplina fiscale .
Come osservato da parte della dottrina22 nel sistema del d.lgs. 124/93 potrebbe essere possibile
una lettura del principio della volontarietà di adesione che vincoli solo i contratti del settore
privato. Ciò in virtù del fatto che nel d.lgs. 124/93 il principio della volontarietà è presente
19 Al riguardo la Corte Costituzionale con sentenza n. 309 del 16/10/97 ha sancito che per la pubblica amministrazione il rispetto di
quanto previsto dalla contrattazione costituisce premessa per realizzare la parità di trattamento contrattuale. Per i lavoratori
l’obbligo di conformarsi al contratto collettivo deriva dal rinvio alla contrattazione collettiva, contenuto nel contratto individuale che
il lavoratore stipula, e non già da una efficacia erga omnes del contratto collettivo, la quale sarebbe in contrasto con i principi
costituzionali di cui all’art. 39 della Costituzione. In altre parole non è il contratto collettivo ad avere direttamente una efficacia
erga omnes ma tale efficacia deriva indirettamente dal comportamento cui è tenuto il datore di lavoro . Per un approfondimento
della questione si veda Carinci F, DeLuca tamajo, Tosi P. Treu T., Diritto sindacale, Utet Giuridica, 2006 p. 224-226
20 Baldassarre A., Parere per Ania del 15/09/2005
21 Pur senza entrare nel complesso dibattito circa l’inquadramento costituzionale della previdenza complementare nel comma 2 o
comma 5 dell’art. 38, qui si vuole solo ricordare che la Corte costituzionale con sentenza n. 393 del 28 luglio 2000, ha sposato la tesi
della ≪funzionalizzazione≫ della previdenza complementare a quella pubblica, nel senso che essa venendosi a sostituire in parte ai
compiti di quest’ultima sarebbe da inquadrare nell’art. 38, comma 2 della Costituzione nel quale e collocata anche la previdenza
pubblica. Secondo altri invece la previdenza complementare avrebbe una funzione aggiuntiva e non sostitutiva della previdenza
pubblica e quindi si inquadrerebbe nel comma 5. Al riguardo si osserva come la Corte, inquadrando la previdenza complementare
nell’ambito dell’art. 38, comma 2, abbia individuato nel collegamento funzionale tra la prima e la previdenza obbligatoria un
momento essenziale della complessiva riforma della materia, al fine di assicurare funzionalità ed equilibrio all’intero sistema
pensionistico. Circa il problema dell’inquadramento costituzionale della previdenza complementare si vedano tra gli altri: Persiani
M., Diritto della Previdenza Sociale, CEDAM, Padova 1997, pp. 33-35; Bozzao P., ≪La previdenza complementare nella
giurisprudenza della Corte Costituzionale ≫, in Previdenza Agricola nn. 3-4, 2002, pp. 14-16; Alaimo A., La previdenza
complementare dei dipendenti pubblici, in RDSS, n. 1 2002, pp. 152-153; Cester C., La disciplina della previdenza complementare
fra incentivo e controllo, in Cester C., (a cura di), La riforma del sistema pensionistico, G. Giappichelli Editore, Torino, 1996 27-30;
Bessone M., Previdenza Complementare, G. Giappichelli Editore, Torino, 2000 pag. 29-35; Tursi A. La previdenza complementare
nel sistema italiano di sicurezza sociale, in Teoria e pratica del diritto, sezione I: diritto e procedura civile, Giuffrè Editore , Milano
2001, pp. 11-24, Caringella F., Silvestro C., Vallacqua F., Codice del Pubblico impiego, Dike Giuridica editrice, 2011 pp. 45 e ss.
22 Alaimo A., La previdenza complementare dei dipendenti pubblici, in RDSS, n. 1 2002, p.156
CAREFIN OCCASIONAL PAPER
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all’articolo 3, c. 4 il quale richiama le sole fonti di cui al comma 1, cioè solo quelle del settore
privato.23 L’adesione obbligatoria potrebbe ipotizzarsi anche in virtù della specialità della
contrattazione collettiva ed in particolare in virtù della efficacia generalizzata dei contratti
collettivi pubblici ed in particolare per l’obbligo dei lavoratori di conformarsi al contratto
collettivo derivante dal rinvio alla contrattazione collettiva stessa, contenuto nel contratto
individuale che il lavoratore stipula (cfr. sentenza Corte Cost. 309/97). Per cui in definitiva
mentre per i dipendenti privati il superamento della libertà di adesione potrebbe avvenire solo
attraverso una modifica legislativa dell’art. 3 comma 4, del 252/05 invece per i dipendenti
pubblici il superamento potrebbe avvenire per via interpretativa alla luce dei precedenti punti
citati . La questione può poi essere considerata anche in un ottica comunitaria, infatti la sentenza
della Corte di giustizia sul caso Albany (Corte di giustizia europea 21/09/99 causa C-67/96)
indica come , nonostante la riconducibilità alla nozione d’impresa, i fondi pensione di matrice
contrattuale possono condividere con i regimi pubblici la funzione socialmente rilevante della
garanzia pensionistica, e quindi in ragione di tale funzione possono essere resi obbligatori. Si
badi infine che il problema del principio della volontarietà della adesione si pone anche con
riferimento all’adozione di meccanismi di adesioni automatica con il solo contributo del datore e
connesso diritto di ripensamento.
23 Ciò appare plausibile anche alla luce del confronto tra il testo dell’articolo 3, c. 4 del d.lgs. 124/93 e quello del d.lgs. 252/05 dove
si è voluto inserire un principio più ampio che fa esplicito riferimento a tutte le fonti istitutive . Chi è dell’avviso opposto ritiene che
nelle previsioni di cui all’art. 3 comma 1 del d.lgs. 124 siano ricomprese anche le fonti istitutive dei dipendenti pubblici, in quanto le
generiche espressioni accordi e contratti collettivi possono ragionevolmente riferirsi anche ai contratti collettivi per il pubblico
impiego a nulla rilevando al specialità dell contrattazione nel pubblico impiego. In tal senso tra l’altro hanno ragionato le parti
stipulanti l’accordo quadro del 29/07/99, che all’art. 9 indica espressamente il principio della adesione volontaria . In tal senso
anche le fonti istitutive di Espero Sirio e Perseo. Sulla questione si veda Tursi A. La previdenza complementare nel sistema italiano di
sicurezza sociale, in Teoria e pratica del diritto, sezione I: diritto e procedura civile, Giuffrè Editore , Milano 2001, pp. 245-251.
CAREFIN OCCASIONAL PAPER
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5.
CONCLUSIONI
Possibili modifiche legislative inerenti il meccanismo di opzione richiedono valutazioni che
investono necessariamente il quadro sistematico della contrattazione collettiva del pubblico
impiego ed il ruolo ad essa attribuito dalla disciplina sulla previdenza complementare
distinguendo la fattispecie di adesione senza TFR da quella di adesione senza opzione. La
questione va affrontata anche alla luce del principio di eguaglianza di cui all’articolo 3 della
Costituzione ed in relazione al c.d. controllo di ragionevolezza, in base al quale sono da
considerare illegittime solo le norme che siano determinate da criteri illogici arbitrari e
contradditori .
Al di là della accettazione o meno di proposte di modifica del meccanismo di opzione forse è
il momento di ragionare su un più coraggioso processo che anche in Italia avvii l’adesione
obbligatoria a meccanismi di previdenza complementare. Come osservato da parte della dottrina,
nel sistema del d.lgs. 124/93 potrebbe essere possibile, infatti, una lettura del principio della
volontarietà di adesione che vincoli solo i contratti del settore privato. L’adesione obbligatoria
potrebbe ipotizzarsi anche in virtù della specialità della contrattazione collettiva ed in particolare
in virtù della efficacia generalizzata dei contratti collettivi pubblici per l’obbligo dei lavoratori di
conformarsi al contratto collettivo derivante dal rinvio alla contrattazione collettiva stessa,
contenuto nel contratto individuale stipulato dal lavoratore .
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CAREFIN OCCASIONAL PAPER
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Legislazione
Accordo quadro nazionale del 29 luglio 1999 -Trattamento di fine rapporto e di previdenza complementare
per i dipendenti pubblici.
Accordo quadro del 08/05/02.- Accordo quadro sul superamento del termine indicato nell’art. 3, comma 3,
dell’AQN 29/07/99 sul TFR e sui Fondi Pensione Complementare.
Accordo quadro del 2/03/06.- Accordo quadro sul superamento del termine indicato nell’art. 3, comma 3,
dell’AQN 29/07/99 sul TFR e sui Fondi Pensione Complementare.
Accordo quadro del 29/03/11.- Accordo quadro sul superamento del termine indicato nell’art. 3, comma 3,
dell’AQN 29/07/99 sul TFR e sui Fondi Pensione Complementare.
Accordo di interpretazione autentica degli articoli 2 e 7 dell’Accordo quadro nazionale in materia di
trattamento di fine rapporto e di previdenza complementare per i dipendenti pubblici del 27.09.02.
Decreto legislativo n. 124 del 21 aprile 1993. - Disciplina delle forme pensionistiche complementari a
norma dell’articolo 3, comma 1, lettera v), della legge 23 ottobre 1992, n. 421.
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 20 dicembre 1999.- Trattamento di fine rapporto e
istituzione dei fondi pensione dei dipendenti pubblici.
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 2 marzo 2001.- Trattamento di fine rapporto e
istituzione dei fondi dei dipendenti pubblici.
Decreto legislativo n. 165 del 30 marzo 2001- Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze
delle Amministrazioni pubbliche.
Decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, Disciplina delle forme pensionistiche complementari.
Decreto legislativo n. 165 del 30 marzo 2001.- Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche.
Deliberazione Covip del 28 giugno 2006 “Direttive generali alle forme pensionistiche complementari, ai
sensi dell’articolo 23, comma 3, del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252”.
Legge n. 335 dell’8 agosto 1995 (Art. 2, commi 5-8) - Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e
complementare.
Legge n. 449 del 27 dicembre 1997 (art. 59, comma 56). - Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione
e lo sviluppo.
Legge n. 448 del 23 dicembre 1998 (art. 26, commi 18-20) - Misure di finanza pubblica per la
stabilizzazione e lo sviluppo.
Legge n. 388 del 23 dicembre 2000 (art. 74, commi 1-4) - Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato.
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Appendice
Circolari INPDAP, Informative e Note Operative
Circolare dell'8 giugno 2000, n. 29 (per le parti non modificate dalla circolare n. 30 del 1° agosto del 2002)
Circolare del 26 ottobre 2000, n. 45 (per le parti non modificate dalla circolare n. 30 del 1° agosto del
2002)
Informativa dell'11 gennaio 2001, n. 1
Circolare del 12 marzo 2001, n. 11
Nota del 23 maggio 2001, n. 1573
Informativa del 31 maggio 2001, n. 414
Circolare del 21 giugno 2001, n. 1652
Informativa del 12 ottobre 2001, n. 562
Informativa del 19 marzo 2002, n. 7
Circolare del 1° agosto 2002, n. 30
Informativa del 18 marzo 2003, n. 5
Informativa del 10 aprile 2003, n. 7
Informativa del 10 aprile 2003, n. 16
Informativa del 7 luglio 2003, n. 9
Informativa del 5 agosto 2003, n. 12
Circolare del 27 ottobre 2004, n. 59
Nota del direttore generale del 3 novembre 2004, prot. n. 277
Nota operativa del 3 dicembre 2004, n. 15
Nota operativa del 25 marzo 2005, n. 5
Nota operativa del 29 aprile 2005, n. 9
Nota operativa del 25 maggio 2005, n. 11
Nota operativa del 22 giugno 2005, n. 15
Nota operativa del 25 luglio 2005, n. 16
Circolare del 26 agosto 2005, n. 36
Nota operativa del 26 settembre 2005, n. 20
Nota operativa del 30 settembre 2005, n. 22
Nota operativa del 4 novembre 2005, n. 25
Nota operativa del 06 dicembre 2005, n. 27
Nota divulgativa dell’1 febbraio 2006
Nota operativa del 22 marzo 2006, n. 4
Nota operativa del 4 marzo 2006, n. 8
Nota operativa del 10 settembre 2007, n. 9
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20
Nota operativa del 6 febbraio 2008, n. 5
Nota operativa del 20 marzo 2008, n. 9
Nota operativa del 28 luglio 2009, n. 42
Nota del 14 settembre 2009, n. 841
Nota divulgativa 7627 dell’11 giugno 2010
Nota divulgativa 10560 del 3 agosto 2010
Circolare n. 17 dell’8 agosto 2010
Nota operativa del 14 gennaio 2011, n. 1
Circolare n. 18 dell’8 agosto 2010
Circolare n. 14 del 15 settembre 2011
Circolare n. 16 del 9 novembre 2011
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