De Gasperi al bivio tra Vienna e Roma
di ANTONIO CARIOTI
veva difeso l'identità italiana del
Trentino contro il pangermanesimo, tanto da essere arrestato a Innsbruck nel 1904 in seguito a tafferugli studenteschi. Ma rivendicava la sua lealtà
verso gli Asburgo, dissentiva dagli irredentisti che, come Cesare Battisti, volevano congiungersi all'Italia. Per Alcide De Gasperi la
Prima guerra mondiale fu una
prova dolorosa e per la sua gente
L'evento
fu un trauma brutale, con costi
umani tra i più alti in Europa.
A sessantanni dalla scomparsa
dello statista e nel centenario della Grande guerra, la Fondazione
Trentina Alcide De Gasperi, diret• «Silenzio
ta da Beppe Tognon, ricorda indelle patrie e
sieme le due date. La conferenza
fedeltà trentina.
che si tiene regolarmente a Pieve
De Gasperi nella
Tesino, paese natale di De GaspePrima guerra
ri, nella ricorrenza della sua mormondiale» è il
te (19 agosto 1954) è stata affidata
titolo della
a due studiosi, Maurizio Cau e
conferenza che
Marco Mondini, che il prossimo
Maurizio Cau e
18 agosto rievocheranno il fatale
Marco Mondini
1914 e le vicende successive.
terranno il 18
«De Gasperi, eletto al Parlaagosto (ore 18)
mento di Vienna nel 1911, non
a Pieve Tesino
metteva in discussione l'apparte(Trento), a 60
nenza della sua terra all'Austriaanni dalla morte
Ungheria, ma si era battuto, senza
dello statista
successo, perché il Trentino avesse un ordinamento autonomo e
• L'incontro è
non dipendesse più dal Tiralo aupromosso dalla
strìaco: capì subito che la guerra
Fondazione
esponeva quella regione a rischi
Trentina Alcide
enormi», ricorda Cau, che è stato
De Gasperi,
tra i curatori degli scritti polìtici
dall'Istituto
degasperiani. Prima dell'interSturzo e dalla
vento italiano contro l'Impero
rete Trentino
asburgico, aggiunge, De Gasperi
Grande Guerra
fu molto attivo: «Si recò più volte
a Roma, incontrò l'ambasciatore
austriaco, il ministro degli Esteri Sidney
Sonriino, il Papa Benedetto XV. In quei mesi
si ipotizzava che Vienna cedesse il Trentino
ai Savoia in cambio della neutralità e De Gasperi cercò d'inserirsi nella trattativa per tutelare gli interessi della regione. Ma l'entrata
in guerra dell'Italia pose fine ai suoi sforzi».
Nel frattempo il conflitto aveva già investito la sua terra in modo pesantissimo, osserva
Mondini, autore del libro La guerra italiana
(Il Mulino): «Nel 1914 i trentini si presentarono in massa ai centri di reclutamento: renitenti e disertori furono poche centinaia su
55-60 mila uomini chiamati alle armi durante la guerra, una cifra enorme per una regione che contava 350 mila abitanti. Spaventose
le perdite in Galizia (oggi in Ucraina), dove
quei reparti furono mandati al macello per
tamponare la prima offensiva russa: al termine del conflitto i caduti trentini furono oltre
ri mila, il 20 per cento dei mobilitati, mentre
nel resto d'Europa furono tra il 10 e il 15 per
cento e nel Regno d'Italia meno del 13».
Il peggio però venne dopo il maggio 1915,
sottolinea Mondini, quando ogni trentino
diventò sospetto agli occhi delle autorità austriache. «Cominciarono vessazioni sistematiche, con la militarizzazione del territorio,
l'internamento in prigionia dell'intera classe
dirigente (circa 2.500 persone, compreso il
vescovo di Trento Celestino Endrici), lo sfollamento e la deportazione di oltre 75 mila civili verso località austriache e ceche. La fedeltà all'imperatore, solida all'inizio del conflitto, prese ben presto a sgretolarsi nel cuore
di molti, tra cui De Gasperi».
Il deputato cattolico, racconta Cau, subì la
chiusura del giornale «Il Trentino», di cui
era divenuto direttore a soli 23 anni nel 1904,
ma evitò l'internamento: «Si trasferi a Vienna nel 1915 per dimostrare la sua lealtà alla
corona. E ciò gli consentì di prestare assistenza ai deportati. False sono le accuse, che
gli vennero poi rivolte dai fascisti, di aver appoggiato lo sforzo bellico austriaco. Gli anni
di guerra furono per De Gasperi "l'ora di
Dio", un periodo tragico in cui preferì sospendere il giudizio e rimettersi alla divina
provvidenza, impiegando ogni energia per
alleviare le sofferenze dei suoi conterranei.
Uscì allo scoperto solo alla fine del conflitto:
con gli ultimi due discorsi al Parlamento di
Vienna, nell'ottobre 1918, non solo denunciò
con forza la repressione contro le popolazioni trentine, ma prese di fatto congedo da un
Impero in dissoluzione. Ormai si trattava di
difendere la stessa causa autonomista in un
altro contesto, sotto il tricolore italiano».
In Trentino, nota Mondini, il ritorno alla
normalità fu lungo e difficile: «Migliaia di
soldati arruolati nell'esercito asburgico erano caduti nelle mani dei russi e furono coinvolti nel caos della rivoluzione bolscevica.
Con l'aiuto di missioni militari italiane, alcuni trentini tornarono in Europa dalla Siberia
imbarcandosi in Cina; altri passarono attraverso gli Stati Uniti; altri ancora parteciparono ai conflitti interni russi e cinesi. Gli ultimi
rientri furono alla metà degli anni Venti».
E De Gasperi? «S'inserì presto nella vita
politica italiana, quale mediatore in una fase
di transizione che i governi liberali gestirono
in modo morbido e tollerante. In Trentino e
nello stesso Alto Adige di lingua tedesca non
vi fu un'epurazione dei dipendenti statali
che avevano lavorato per il regime asburgico,
al contrario di quanto avvenne in Francia
nelle regioni recuperate di Alsazia e Lorena.
Gli stessi sudtirolesi all'inìzio non erano così
scontenti di essere passati sotto l'Italia, poiché ciò li sottraeva all'obbligo di pagare le
pesanti riparazioni di guerra imposte all'Austria. 'Tutto mutò poi con il fascismo/che attuò una politica dì italianizzazione forzata.
Credo che quella esperienza dei guasti cui
possono portare i nazionalismi esasperati
nelle zone di confine abbia convinto De Gasperi che fosse necessario disinnescare i
contrasti etnici valorizzando le autonomie
regionali, come fece poi, da capo del governo. doDo il secondo conflitto mondiale».
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^ ^ Carioti
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