John Locke
La dottrina del liberalismo
Il pensiero politico
• Il pensiero politico di Locke viene esposto
nei suoi fondamenti all’interno dei “Due
trattati sul governo” composti durante
l’esilio olandese del 1682-1689, alla vigilia
di quella gloriosa rivoluzione con cui la
monarchia inglese progressivamente si
costituzionalizza.
L’antiassolutismo di Locke
• Il primo dei due trattati è dedicato alla
confutazione dell’assolutista Robert Filmer
(Il patriarca o la potenza naturale dei re –
1680), che aveva sostenuto il diritto divino
dei re e la loro prerogativa di governo
assoluto. Il secondo contiene invece
un’esposizione organica e propositiva del
pensiero politico dell’autore.
Lo stato di natura
• Nel secondo trattato Locke esordisce
descrivendo l’ipotetico stato di natura che
serve
per
delineare
una
genesi
contrattualistica dello Stato, che appunto
sarebbe, come in Hobbes, sorto da un
patto degli uomini nello stato di natura per
guadagnare la condizione dello stato
civile.
Le caratteristiche dello stato di
natura
• A differenza del suo predecessore inglese, per
Locke lo stato di natura, non è un luogo di
necessario conflitto tra gli uomini aventi diritto su
tutto. Se è vero che esso comporta l’uguaglianza
delle persone tale uguaglianza è mediata e
moderata dalla ragione. Essa ci dice che gli
uomini, che hanno dei naturali diritti (la vita, la
libertà e la proprietà), per legge razionale non
sono autorizzati a ledere tali diritti e a sottrarli
agli altri.
Hobbes e Locke sullo stato di
natura
• Dunque nello stato di natura esistono dei diritti ed esiste
una loro limitazione. Ciascun individuo può godere in libertà
dei propri beni, ma non può sottrarre quei medesimi beni
agli altri. La legge di natura ispira precisi doveri nei
confronti degli altri: “essendo tutti uguali e indipendenti,
nessuno deve recar danno agli altri nella vita, nella salute,
nella libertà o negli averi” (Secondo trattato sul governo, 6).
Tale condizione è favorita dalla naturale tendenza degli
uomini a socializzare e quindi a riconoscere agli altri ciò
che vuole che sia riconosciuto per sé. Ciò è fondamento
dei diritti che Locke attribuisce all’uomo in tale condizione,
e che perciò possono essere definiti diritti prepolitici.Tuttavia la condizione naturale di pace e
uguaglianza è messa a rischio dalla possibilità sempre
presente di un comportamento irrazionale e lesivo delle
prerogative altrui.
Ottimismo di Locke
• A differenza di Hobbes, Locke è sostanzialmente
ottimista sulle qualità della natura umana e ritiene
preminenti dal punto di vista antropologico alcun qualità
positive come ragionevolezza, socialità, altruismo.
• Tuttavia alcuni individui possono essere sordi alla voce
della ragione. In Hobbes un’osservazione simile farebbe
crollare il sistema, innescando una reazione a catena
che determinerebbe la necessità di una totale
alienazione dei propri diritti ad altri. In Locke invece vi
sono comunque dei limiti all’irragionevolezza di alcuni:
precisamente la ragionevolezza di tutti gli altri. Di qui la
possibilità che nella condizione civile alcuni diritti siano
mantenuti.
Il rischio della guerra
• Nello stato di natura ciascun individuo è
anche giudice degli eventuali torti che può
subire dagli altri. Ma tale giudizio deve
fondarsi sul principio della reazione
proporzionata all’offesa e al danno
ricevuto. Anche in tale frangente però il
rispetto della legge naturale è messo a
rischio da coloro che, in modo irrazionale,
vogliono prevaricare.
Necessità del patto
• Di fronte al rischio che qualcuno ricorra
alla forza per violare le leggi naturali, si
rende necessario un patto con cui i
cittadini si riuniscono in società e
stabiliscono la nascita di un potere politico
che garantisca il rispetto delle leggi
naturali.
Diritti e potere civile
• La costituzione di un potere politico non
cancello però i diritti naturali, anzi nasce
propriamente per difenderli. Non si tratta di
rinunciare ad una ragione e ad una facoltà
di giudizio che, sottomessa agli istinti più
egoistici, condurrebbe necessariamente
allo stato di guerra, ma di limitare i
possibili
errori
della
ragione,
conservandone le prerogative positive.
Il patto tra i cittadini e lo Stato
• Se il potere deve preservare alcuni diritti
esso sarà limitato a questo compito e la
limitazione comporta un patto tra cittadini
e potere politico: i cittadini gli conferiscono
consensualmente la forza per fare
rispettare i diritti di vita proprietà e libertà a
patto che egli li rispetti per primo e dunque
sia sottoposto alle leggi da lui stesso
emanate a questo scopo.
Lo scopo del potere civile
• Se dunque lo scopo del potere civile è sopperire alle
mancanze dello stato di natura, le sue caratteristiche
dipenderanno dalle attività che esso deve svolgere per
portare a termine il suo compito. Quindi in particolare lo
Stato:
- Deve emanare leggi stabilite per comune consenso che
regolino nei particolari l’attuazione dei tre grandi diritti
- Deve poter giudicare in modo imparziale delle eventuali
violazioni e le controversie, verificando che le deliberazioni
siano effettivamente rispettate ed eseguite.
- Deve promuovere i giusti interessi dei cittadini all’esterno
dei confini dello Stato in relazione con gli altri Stati.
- Così si determinano i poteri legislativo, giudiziarioesecutivo ed esecutivo-federativo.
I poteri dello Stato: il potere
legislativo
• Il poter legislativo è il supremo in quanto
riceve un mandato diretto dal popolo che
consensualmente
decide
di
autogovernarsi. Tale potere- singolo o
assemblea - risponde direttamente alla
volontà popolare.
Il potere giudiziario-esecutivo
• Per Locke il potere giudiziario comporta la
prerogativa di dirimere le controversie e di
far rispettare le sentenze, dunque ha un
carattere giudiziario, appunto, e al tempo
stesso esecutivo. Esso culmina infatti nella
figura del sovrano che si avvale di
magistrature inferiori e dell’uso legittimo e
legale della forza per far rispettare le leggi.
Il potere federativo-esecutivo
• Se il compito del potere esecutivo è quello di far
rispettare la volontà popolare espressa
attraverso leggi all’interno dello Stato, quello del
potere federativo è di promuovere il rispetto
della giusta volontà popolare nel contesto dei
rapporti internazionali. Si tratta di un ambito in
cui non vi possono essere leggi riconosciute da
tutti e in cui, pertanto, l’agire deve essere
affidato alla “prudenza” e alla capacità di
mediazione, che deve gestire il difficile crinale
tra pace e guerra nei rapporti esterni.
Diritto di ribellione
• Le leggi sono stabilite a maggioranza.
L’opinione della maggioranza in ultima
istanza dirime le controversie e decide se
il governo sta effettivamente compiendo il
suo dovere e rispettando i patti. In caso
negativo, il popolo ha il diritto di ribellarsi
ai poteri costituiti e di sostituirli con altri
rappresentanti che meglio rispondono alle
sue esigenze di preservare libertà e
proprietà.
Le possibili obiezioni a partire da
Hobbes
• La sottomissione del potere sovrano al giudizio della maggioranza
comporta un’ulteriore sua limitazione: tale potere è infatti limitato di
diritto all’esecuzione dei compiti per il quale è stato istituito e di fatto
al consenso della maggioranza dei cittadini.
• Hobbes obietterebbe che, con queste limitazioni si impedisce al
potere di preservare la pace. Infatti se qualcuno può decidere di
opporsi al potere, non si sa più chi decide e ciò genera conflitto.
Anche il criterio di maggioranza lascia aperto un pericoloso spiraglio
alla sedizione da parte delle minoranze scontente, le quali devono
obbedire alla maggioranza, ma mantengono libertà di azione e diritti
che, in linea teorica, possono ostacolare l’azione dello Stato. Così
allora la sovranità si dissolve e la pace non può essere preservata.
• Inoltre Hobbes farebbe notare che o lo stato di natura è una
condizione di felicità razionale o no. Se sì, non ci sarebbe bisogno di
alcun patto civile, se no, ciò significherebbe che l’uomo è un essere
pericoloso, e allora vi è bisogno di un sovrano.
Hobbes e Locke
• In tal senso, dal punto di vista della
coerenza, Hobbes mantiene un primato su
Locke, primato che dal punto di vista
pratico cede alla funzionalità in tempi
normali dei regimi liberali che hanno
accolto le prospettive lockiane, ma che in
tempi eccezionali torna prepotentemente
alla ribalta, quando anche il più liberale dei
regimi, messo alle strette si comporta
sovranamente.
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