Corriere del Ticino PRIMO PIANO LUNEDÌ 20 SETTEMBRE 2010 3 L’INTERVISTA zxy JOHANN SCHNEIDER-AMMANN «Freno sui bonus, la gente perde fiducia» Incontro col consigliere nazionale bernese candidato dal PLR al Consiglio federale se, come la Posta, Swisscom o le FFS. Non sono un sostenitore dogmatico delle liberalizzazioni a tutti i costi. Credo che bisogna ricercare delle soluzioni pragmatiche valutando caso per caso. Per quanto riguarda la Posta, io voglio un servizio universale in grado di servire con la stessa qualità tutto il territorio, dall’Oberland bernese fino a Bosco Gurin. E questo è possibile solo se alla Posta si danno i mezzi per farlo». E la banca postale? Un’opportunità o un rischio? «Io sono favorevole, ma a condizione che si confronti con le regole del libero mercato senza posizioni di privilegio». Bisogna continuare ad attenersi ad una formula magica basata su rapporti di forza puramente numerici? «Oggi la concordanza numerica è la più semplice da rispettare. Un giorno toccherà forse all’Assemblea federale riscrivere le regole. Ma penso che se in futuro le differenze di forza tra i diversi partiti dovessero livellarsi e tutti pretendere un proprio consigliere federale, il nostro sistema rischierebbe di perdere la sua tradizionale stabilità e vi sarebbe un costante turn over di ministri che renderebbe meno governabile il Paese». PAGINA DI DAVIDE VIGNATI zxy Lo scorso anno Fulvio Pelli affermò di non volersi candidare anche perché, a 58 anni, si riteneva troppo vecchio. Largo ai giovani, si disse. Oggi Lei, a 58 anni, è uno dei due candidati ufficiali del PLR allasuccessione di Merz. Le priorità sono cambiate? «È lo stesso Pelli ad avermi chiesto se ero interessato a correre per la successione di Merz, dicendomi di ritenermi un ottimo candidato. Personalmente mi sento fisicamente e psicologicamente pronto ad assumere questa carica. Credo che nella vita bisogna fare ciò che ci si sente di fare e io non vedo la mia età come un ostacolo». I suoi detrattori le rinfacciano di non aver fatto granché come parlamentare in dieci anni al Nazionale. Lei risulta inoltre in cima alla lista dei deputati più assenteisti dell’Assemblea... «Èvero,nonmisonoparticolarmentemesso in evidenza presentando postulati, mozioni e quant’altro. Anche perché ritengo chespessononsiottenganorisultatiimportantisenonquellodiaccrescerelaburocraziadell’Amministrazione.Mahoinvecepartecipato attivamente ai lavori della Commissionedell’economiaedeitributi,dicui faccioparte.Perquantoriguardalemieassenze, le rispondo che ero comunque presente in Parlamento quando era necessario esservi. Quando non ero presente, ero invece occupato a dirigere il mio gruppo, sonounimprenditorechedevebadareadiverse imprese e migliaia di impiegati, ho cercatodicombinarealmegliol’attivitàparlamentare con quella professionale». Sulla strategia dei soldi puliti, il PLR si è lacerato tra l’ala imprenditoriale e quella finanziaria. Quale la sua posizione? «Ho partecipato attivamente alla discussione e fin dal principio ho sostenuto le posizioni che sono state poi adottate nel documento finale. Dobbiamo difendere il segreto bancario in Svizzera per gli svizzeri, mantenendo la distinzione tra frode ed evasione per i clienti che hanno un conto da noi. Sono anche a favore all’idea di un’imposta liberatoria, che consenta di regolare la situazione col fisco del Paese di provenienza. Dobbiamo ristabilire la credibilità della nostra piazza finanziaria e dei suoi istituti, solo in questo modo potremo nuovamente tornare ad attirare grandi patrimoni. I clienti stranieri devono essere certi che in Svizzera le regole sono chiare e rispettate da tutti gli istituti finanziari». Le pressioni sul segreto bancario e la piazza elvetica sono comunque destinate a proseguire. Come regolarsi? «Credo che l’imposta liberatoria su cui puntano il Consiglio federale ed anche il mio partito sia la strada da seguire. Secondo quanto mi è dato sapere, Wolfgang Schäuble ha mostrato un reale interesse per questa soluzione e se un peso massimo come la Germania decide di adottarla, vi sono forti probabilità che anche gli altri Paesi dell’Unione si muovano in questa direzione. Credo che questa soluzione possa alleggerire la pressione sul segreto bancario». Bonus milionari? Ho sempre ribadito che si tratta di eccessi difficilmente giustificabili Lei è alla testa di un gruppo che dà lavoro a più di tremila persone e fattura oltre un miliardo di franchi. In un’ottica imprenditoriale,ritienecheibonusmilionaridistribuiti ai manager d’UBS, CS, Novartis etc. siano giustificati e giustificabili? «Io ho sempre ribadito che si tratta di eccessi difficilmente giustificabili. L’ho detto anche attorno al tavolo di Economiesuisse. Di fronte a questa evoluzione dei bonus, la popolazione alla fine della giornata di lavoro perde la fiducia nei confronti dei capitani d’industria e dei manager della finanza di questo Paese. Ci vuole moderazione. Inoltre la reazione a tale sfiducia può portare ad una richiesta d’intervento da parte dello Stato, con misure di controllo No alle quote, i consiglieri federali devono rappresentare tutti, anche la Svizzera italiana IMPRENDITORE L’Ammann Group ha 23 filiali nel mondo, dá lavoro a 3 mila collaboratori e fattura un miliardo. (Foto Keystone) che possono nuocere all’economia. Ogni qualvolta s’introduce una nuova legge in campo economico, si riduce il margine imprenditoriale, con conseguente perdita di competitività per il Paese. Ed è quello che sta accadendo oggi. Anche per queste ragioni io predico la moderazione nelle strategie salariali dei quadri». Teme che il controprogetto indiretto all’iniziativa Minder non abbia possibilità di spuntarla di fronte al popolo? «Io spero ancora di sì. Decisamente una revisione di legge è preferibile ad una modifica costituzionale. Personalmente sono d’accordo a che si aumenti il potere degli azionisti sul Consiglio d’amministrazione in materia di salari, ma ci muoviamo in un ambito delicato che potrebbe compromettere la competitività elvetica sul piano internazionale. Spero dunque che il dibattito in corso alle Camere consenta di trovare una soluzione per limitare gli eccessi dei bonus senza compromettere l’attrattività della piazza elvetica. Più chiara e semplice sarà la soluzione, più alte sono le possibilità che il controprogetto indiretto la spunti sull’iniziativa». Introdurre una limitazione della deduzione fiscale per i bonus milionari potrebbe essere un incentivo per limitare tali eccessi? «Non viviamo su di un’isola. La Svizzera è in perenne competizione coi Paesi vicini e direi con tutto il globo. Non vedo dunque di buon occhio l’imposizione di limiti sulla deducibilità fiscale della parte variabile dei salari. Prima di tutto questo genere di misure sono facilmente aggirabili, in secondo luogo possono nuocere all’attrattività della nostra piazza economica». Il rapporto tra il suo salario e quello del suo impiegato meno retribuito è maggiore o inferiore a 12? «Le posso assicurare che il mio salario fisso è di molto inferiore al rapporto di 1:12 con lo stipendio più basso versato ai miei collaboratori». Le proposte di «Basilea 3» vanno troppo lontano? «Non credo. Nessuno ha interesse a penalizzare la finanza mondiale, non per nulla sono stati proposti tempi lunghi per l’adozione dei nuovi criteri in materia di fondi propri. Credo sia un passo nella giusta di- IL PERSONAGGIO Johann Schneider-Ammann nasce nel 1952 a Sumiswal, nel Canton Berna. Si diploma in ingegneria elettronica al Politecnico federale di Zurigo nel 1977. Tra il 1982 e il 1983 consegue un MBA presso l’Istituto europeo dell’amministrazione degli affari di Fontainebleau, Parigi. Inizia la sua carriera professionale nel 1978 presso la Oerlikon-Bührle. Tre anni più tardi entra nella società di famiglia della moglie Katharina Ammann, prima come segretario generale e dal 1990 come direttore generale dell’Ammann Group e membro del Consiglio di amministrazione. Dopo la partecipazione del gruppo al risanamento della Mikron Technology Group nel 2003, viene nominato presidente del CdA. Dal 1998 siede anche nel CdA di Schwatch Group. L’Ammann Group oggi conta più di 3 mila collaboratori con un fatturato di oltre un miliardo di franchi. Viene eletto per la prima volta in Consiglio nazionale nel 1999. Lo stesso anno è anche nominato presidente di Swissmen, l’associazione mantello dell’industria metalmeccanica ed elettrica. L’anno seguente diviene vicepresidente dell’associazione Economiesuisse. Viene rieletto al Nazionale nel 2003 e nel 2007. Nel 2009 la rivista Bilanz ha valutato la sua fortuna personale in oltre 600 milioni di franchi. rezione affinché non si debba più conoscere una crisi del credito come quella che ci siamo appena lasciati alle spalle. Anche se forse un po’ tardive, mi compiaccio di queste proposte che spero siano adottate al più presto». Sì alla via bilaterale con l’UE, ma a quale prezzo? E fino a quando? «La via bilaterale è la migliore di cui disponiamo. Le alternative sono assai limitate: l’adesione da una parte e un pericoloso isolamento dall’altra. Non credo poi che l’SEE sia una reale alternativa, è ormai un’entità completamente svuotata che ci imporrebbe un’adesione de facto senza darci diritto di parola o possibilità di partecipare alle decisioni. Per quanto riguarda il futuro dei bilaterali, nelle mie relazioni con Bruxelles non ho mai avuto l’impressione che dall’oggi al domani l’UE intenda abbandonare questa via, che conviene ad entrambe le parti. Ritengo che anche l’UE sia soddisfatta dei benefici ottenuti ed intenda proseguire ancora a lungo su questa strada». Difendo il servizio pubblico, non sono un sostenitore dogmatico delle liberalizzazioni Dopo l’UDC, anche il PPD ha chiesto la sospensione dei negoziati per l’accordo di libero scambio in agricoltura. Qual è la sua posizione? «Io credo che l’accordo agricolo debba restare in cima all’agenda delle nostre priorità nelle relazioni con Bruxelles. Naturalmente dobbiamo negoziare delle misure d’accompagnamento efficaci ed ottenere un periodo di transizione molto generoso, per consentire ai nostri agricoltori d’adattarsi e di minimizzare i rischi. Ma l’accordo è necessario, l’accesso dei prodotti elvetici al mercato europeo è un’opportunità alla quale non possiamo rinunciare». Contro la posizione della stessa società mantello che presiede, Lei si oppone alla liberalizzazione completa del mercato postale. Perché? «Difendo i servizi pubblici di questo Pae- Pelli ha dichiarato che se nel 2011 il PLR dovesse essere relegato a quarta forza del Paese, sarebbe pronto a cedere uno dei due seggi in Governo. Lei sarebbe disposto a dimettersi già tra un anno? «Se sono d’accordo col principio della concordanza devo essere pronto ad agire di conseguenza. Non parto comunque dall’idea che il PLR l’anno prossimo perderà le elezioni e si ritroverà relegato al quarto posto. Non lo ritengo una scenario realistico. Se però anche ipoteticamente ciò dovesse accadere, sono pronto a fare un passo indietro». Rafforzare il Governo e lapresidenza. Tutti d’accordo, ma le ricette divergono. Qual è la sua? «Bisogna innanzitutto prolungare il mandato presidenziale. Oggi i rapporti interpersonali hanno assunto una rilevanza fondamentale anche nelle relazioni tra gli Stati. Se Doris Leuthard potesse anche il prossimo anno continuare di persona in veste di presidente il dialogo con il suo omologo cinese e i suoi ministri, ritengo che i dossier che stiamo negoziando avanzerebbero più velocemente. Con un nuovo presidente si perderebbero mesi unicamente per le presentazioni e le discussioni avanzerebbero solo a un livello più basso. Indicativamente io sarei in favore di un mandato presidenziale di due anni, ma non oltre, il nostro sistema di concordanza non lo permetterebbe, si favorirebbe eccessivamente il partito che ricopre la carica.» La Svizzera italiana vive la prolungata esclusione dal Consiglio federale come una sorta di discriminazione. Come evitare che la terza Svizzera s’allontani ancor più dal resto del Paese? «La rivendicazione della Svizzera italiana ha tutta la mia comprensione. Ma un’elezione in Governo dipende da molti fattori, non solo dalla qualità dei candidati. E per questa ragione il rischio che la terza cultura del Paese resti fuori dall’esecutivo federale ancora a lungo è concreto. Io sono comunque contro il principio delle quote e ritengo che l’attuale esclusione della Svizzera italiana non debba essere vissuta come una penalizzazione. Personalmente penso che una volta eletti in Governo, i consiglieri federali debbano rappresentare tutto questo piccolo Paese. È un dovere d’ogni ministro interessarsi ai problemi di tutti i Cantoni, essere presente in ogni regione e approfondirne la conoscenza. Naturalmente ognuno ha il suo percorso umano e professionale ed è più legato a o conosce meglio questa o quella regione. Ma è un dovere d’ogni consigliere federale farsi interprete delle rivendicazioni di tutti, anche e soprattutto di quelle della Svizzera italiana».