FUSIONE NUCLEARE Un’azienda statunitense segnala un progresso Sarà questa la soluzione sognata per lungo tempo? La società statunitense Lockheed-Martin, nota per la sua produzione di armi, ha comunicato di aver sviluppato segretamente un reattore a fusione nucleare. Gli esperti si dichiarano però scettici. REUTERS / Lockheed Martin (06-11-2014) Certi fisici amano dire che la fusione nucleare sarà l’energia del futuro – e lo sarà per sempre. Tuttavia, molto spesso, nel mondo della ricerca sono risuonati degli “Eureka” che poi si sono spenti nella delusione! E’ stato presentato, in questi giorni, un progetto che alimenta nuove speranze di poter disporre, a breve termine, di una fonte inesauribile d’energia ecologica: la società statunitense Lockheed Martin ha comunicato di aver segretamente sviluppato, nel corso degli ultimi quattro anni, un reattore rivoluzionario a fusione nucleare. Con una potenza di 100 megawatt, il reattore occupa uno spazio di soli sette per tredici metri. E già entro un anno dovrebbe entrare in funzione una versione sperimentale del "Compact Fusion Reactor" (CFR) mentre, entro i prossimi dieci anni, un’intera e completa centrale. Il reattore è stato sviluppato dalla Skunk Works, l’Advanced Development Programs (ADP), la divisione di ricerca della Lockheed, conosciuta per la progettazione di aerei militari, tra cui gli aerei di spionaggio U-2 e SR-71 "Blackbird", il primo caccia bombardiere strealth F-117 e il caccia strealth F-22 “Raptor”, tutti apparecchi all’avanguardia. Per le ricerche nel campo della fisica nucleare, finora, la Lockheed Martin, non si era ancora profilata. Se dovesse essere vero quanto i ricercatori di Skunk Works hanno comunicato, si tratterebbe di una vera e propria rivoluzione nel campo dell’energia con conseguenze per tutta l’economia mondiale. Navi, aerei e anche stazioni spaziali potrebbero in futuro essere attrezzati con piccole centrali a fusione nucleare. La dimensione ridotta degli impianti consentirebbe inoltre di fare ulteriori progressi più rapidamente, sostiene Thomas McGuire, direttore della Skunk -Works. I reattori a fusione nucleare producono energia usando lo stesso processo che avviene nel sole e nelle stelle. In condizioni di un’immensa pressione e un’altissima temperatura, gli atomi di idrogeno si fondono formando atomi di elio. La differenza di massa tra i due tipi di atomi viene liberata sotto forma d’energia (radiazione). Nei reattori si usano isotopi di idrogeno quali deuterio e trizio che vengono fusi in una camera a vuoto. Un raggio laser riscalda gli isotopi che formano un plasma che, a sua volta, viene tenuto sospeso al centro della camera da un campo magnetico prodotto da bobine ultraconducenti. Il campo magnetico e il laser concentrano il plasma fino al punto in cui inizia la fusione. Iniziata che sia la fusione, questa dovrà continuare fino a che viene fornito il combustibile. L’energia necessaria per alimentare il processo è prodotta dalla fusione stessa. Il calore prodotto in eccedenza va utilizzato per far girare turbine e generatori elettrici. Il combustibile, l’idrogeno, è disponibile in grandi quantità. Il deuterio si ottiene dall’acqua marina, il trizio dal litio. La fusione nucleare ha anche il vantaggio che non si producono scorie radioattive. Secondo la Lockheed, una centrale a fusione nucleare con una potenza di 100 megawatt potrebbe produrre energia elettrica per un anno consumando solo 25 chilogrammi di combustibile. I migliori scienziati in tutto il mondo lavorano da decenni alla progettazione di un reattore a fusione nucleare. Finora il successo era stato solo sfiorato. Il maggiore ostacolo da superare è il riscaldamento del plasma a più di 100 milioni di gradi e la sua sospensione in un campo magnetico richiedono un’enorme quantità di energia. Finora, questa quantità e maggiore di quella ottenuta dalla fusione. Una centrale funzionante secondo il principio della fusione nucleare è pertanto ancora molto lontana. Nel reattore sperimentale ITER, in costruzione a Cadarache, nella Francia meridionale, i primi test inizieranno nel 2020 e gli esperimenti con deuterio e trizio nel 2027. La prima produzione di elettricità è prevista solo per il 2040. Ora i ricercatori di Skunk Works, sotto la guida dell’ingegnere McGuire dicono di aver trovato la soluzione al problema e che questa soluzione è anche più economica di quelle a cui mirano gli altri gruppi. La rivista “Aviation Week” , basandosi su informazioni privilegiate, parla di un sistema totalmente nuovo del controllo del plasma. Nei reattori sperimentali, sviluppati finora, la fusione dovrà avvenire in un “toro”, cioè in un tubo distorto racchiuso da bobine magnetiche. Gli ingeneri della SkunkWorks invece vogliono disporre le bobine in serie all’interno del tubo per creare un campo magnetico di differente geometria. Questo sistema dovrebbe essere dieci volte più efficace di tutti gli altri tubi a forma di anello, ossia in una dimensione dieci volte minore rispetto a un reattore della stessa potenza. L’articolo sull‘“Aviation Week“ contiene la descrizione finora più dettagliata del progetto della Lockheed. Le informazioni rilasciate dall’azienda stessa sono invece più vaghe. Ma la Lockheed spera ovviamente di poter guadagnare molto in futuro grazie alla sua invenzione. L’azienda ha già fatto registrare diverse brevetti, uno dei quali riguarda la trappola magnetica, un altro il riscaldamento del plasma e un terzo il raffreddamento della struttura. Ma questi documenti non sono sufficienti per convincere altri scienziati. Anche perché l’idea della Skunks-Works non è così nuova come sostiene la Lockheed Martin. Essa combina solamente diversi concetti di trappole magnetiche in serie conosciuti da tempo. Ma lo sviluppo di questi concetti, detti “magnetic cusp” e “specchio magnetico, fu abbandonato già negli anni Ottanta, afferma Minh Quang Tran, professore del Politecnico Federale di Losanna. Il motivo dell’abbandono è che le particelle cariche possono sfuggire dalla trappola magnetica e ciò comporta una perdita di energia non tollerabile, spiega Sibylle Günter dell’Istituto Max-Planck di fisica del plasma di Greifswald in Germania. Anche il fatto che le bobine magnetiche si trovano all’interno della camera e non all’esterno della stessa come nel reattore ITER, dovrebbe creare seri problemi. Pertanto queste dovrebbero essere montate sulle pareti della camera e questo provocherebbe che le particelle siano attratte dalle pareti che, a sua volta, comporterebbe un raffreddamento del plasma. Le bobine dovrebbero inoltre proteggere dal calore del plasma e dai neutroni generati nella fusione. Una tale protezione dovrebbe avere uno spessore di almeno 80 centimetri, ritiene Günter. Il fisico statunitense Tom Jarboe della University of Washington è ancora più scettico. Se la protezione delle bobine dovesse avere uno spessore di un metro, “la macchina avrebbe la dimensione di mezzo campo da calcio”, perché tutti i componenti dovrebbero essere notevolmente più grandi, egli scrive in un commento all’articolo della rivista “Aviation Week”. Secondo Günter, tutti questi problemi sono già stati risolti dai reattori Tokamak e Stellarator oggi in uso. Il fatto che non si possono costruire impianti più piccoli ha due motivi: se una centrale a fusione nucleare deve produrre più elettricità di quella che consuma, il materiale di isolamento termico deve esser cinquanta volte più efficace del polistirolo. Le temperature al centro del plasma sono comprese tra 100 e 200 milioni di gradi, ma la temperatura delle pareti della camera di fusione non deve superare i 1000 gradi centigradi. E questa condizione impone una dimensione minima dell’impianto. Nonostante tutti questi ostacoli, la ricerca nel campo della fusione nucleare ha fatto ultimamente dei progressi. Nell’ottobre 2013 alcuni ricercatori statunitensi hanno comunicato di aver ottenuto dalla fusione per la prima volta più energia di quella usata per il riscaldamento del plasma con i raggi laser. Il fisico statunitense Tom Jarboe Jarboe, professore di aeronautica e astronautica, professore aggiunto di fisica e coinvolto nella ricerca della fusione nucleare presso la University of Washington, presenterà, nell’ambito della prossima conferenza sul tema che si svolgerà a San Pietroburgo, un proprio concetto: un cosiddetto reattore “Spheromak”, di cui già ne esiste un prototipo chiamato “Dynomak”. Questi tre piccoli reattori a “toro” dovranno stabilizzare il plasma introducendo delle correnti nel gas conduttore. Questo sistema dovrà rendere non necessarie le gigantesche bobine magnetiche utilizzate nei progetti “ITER” e “Wendelstein 7-X”, e quindi ridurre i costi di costruzione a un decimo. Una centrale “Dynomak” con una potenza di un giga watt dovrebbe costare, secondo Jarboe, 2,7 miliardi di dollari quasi lo stesso costo di una centrale della stessa potenza alimentata con carbone. REUTERS / Lockheed Martin 01 - Bobine magnetiche all’interno del "Compact Fusion Reactor" della Lockheed Martin REUTERS / Lockheed Martin 02 - Fusione del plasma nel reattore della Lockheed Martin. Lockheed Martin Corporation 03 - Funzionamento del "Compact Fusion Reactor": bobine superconducenti (blu), protette da una schermatura (arancione), dovranno controllare il plasma (rosa). REUTERS 04 - Thomas McGuire, direttore del gruppo di ricerca della "Skunk Works"- LLNL/ LLC 05 - Fusione nucleare ottenute con raggi laser (disegno). I ricercatori del Lawrence Livermore National Laboratory in California hanno concentrato una piccola quantità di deuterio e trizio, racchiusa in un involucro plastico. Questo pacco si trova in una capsula d’oro, ed è stato bombardato con 192 laser. La capsula d’oro ha trasformata li raggi laser in radiazione X e quella, a suo posto, ha riscaldato il combustibile provocandone la fusione. Lawrence Livermore National Laboratory 06 - L’esperimento Laser presso la National Ignition Facility (NIF) in California. Nell’ottobre 2013 i ricercatori statunitensi hanno comunicato di aver ottenuta dalla fusione più energia di quella usata per iniziare il processo di fusione DPA/ ITER 07 - L‘"Iter", il reattore sperimentale internazionale del tipo Tokamak, in costruzione a Cadarache nella Francia meridionale DPA 08 - Il reattore sperimentale tedesco "Wendelstein 7-X", del tipo Stellarator, in costruzione a Greifswald in Germania.