Scenari di riorganizzazione delle società proprietarie dei beni del servizio idrico integrato in Lombardia Milano, giugno 2013 1 Scenari di riorganizzazione delle società proprietarie dei beni del servizio idrico integrato in Lombardia Milano, giugno 2013 REGIONE LOMBARDIA DIREZIONE GENERALE AMBIENTE, ENERGIA E SVILUPPO SOSTENIBILE Viviane Iacone – Struttura Pianificazione, tutela e riqualificazione delle risorse idriche FINLOMBARDA SPA Massimiliano Ambrosecchia – Direzione Consulenza Luca Romé – Direzione Consulenza CONTRIBUTI SPECIALISTICI STUDIO LEGALE MM&A Valerio Menaldi Tommaso D’Onza David Benedetti STUDIO LEGALE CAPECCHI-Q UINTAVALLI- T IERI Luca Capecchi FINANZA PER LE INFRASTRUTTURE SRL Eros Organni 2 3 Avvertenze Lo scopo del presente documento è di fornire un’informativa sui possibili scenari di riorganizzazione del Servizio Idrico Integrato in Lombardia e sulle operazioni societarie ipotizzabili alla luce della Sentenza della Corte Costituzionale n. 320/2011. Le indicazioni contenute nel presente documento sono di carattere generale e non costituiscono un parere, un suggerimento o un giudizio su fatti, persone o società. Finlombarda S.p.A. non si assume responsabilità per un uso improprio delle informazioni fornite e del contenuto del presente documento. Il presente documento è stata predisposto da Finlombarda S.p.A. per uso esclusivo di Regione Lombardia. È vietata la riproduzione, totale o parziale, in qualsiasi forma o mezzo e di qualsiasi parte del presente rapporto senza l’autorizzazione scritta da parte di Regione Lombardia. Milano, giugno 2013 4 5 Indice 1. Executive Summary ............................................................................................................................. 8 2. Premesse............................................................................................................................................10 3. La classificazione delle società proprietarie dei beni del servizio idrico ................................................12 4. I possibili scenari: scioglimento delle società proprietarie vs riordino delle stesse in funzione della razionalizzazione dei costi, nonché del raggiungimento di generali obiettivi di efficienza ..............................16 4.1 Le società patrimoniali e possibili scenari .....................................................................................16 4.2 Le società di gestione del servizio e i possibili scenari..................................................................19 4.3 Descrizione delle opzioni tecniche e delle operazioni societarie disponibili per perseguire l’obiettivo di scioglimento delle società patrimoniali e/o riordino delle stesse ...........................................................21 5. Confronto tra le possibili operazioni societarie e individuazione delle possibili implicazioni di carattere fiscale e tariffario.........................................................................................................................................32 5.1 5.1.1 Liquidazione e successiva assegnazione della proprietà dei beni ai soci ..............................32 5.1.2 Cessione d’azienda ai soci ...................................................................................................39 5.1.3 Riduzione del capitale sociale, mediante assegnazione dei beni ai soci ................................41 5.2 Riordino delle attuali società patrimoniali .....................................................................................42 5.2.1 Integrazione tra società patrimoniali e/o soggetto gestore.....................................................42 5.2.2 Riarticolazione delle funzioni tra società patrimoniali e/o tra patrimoniali e soggetto gestore .46 5.3 6. L’assegnazione dei beni del servizio idrico ai soci delle società patrimoniali o di gestione ............32 Impatto della riorganizzazione sul sistema tariffario (cenni) ..........................................................51 Ranking degli scenari descritti .............................................................................................................58 Allegato A: Classificazione degli scenari di riorganizzazione del servizio idrico in Lombardia Allegato B: Classificazione dei beni del servizio idrico 6 7 1. Executive Summary Scopo del presente executive summary è l’elencazione dei principali dati di analisi che sono emersi ad esito del complesso lavoro concernente gli effetti della Sentenza della Corte. In tale contesto una prima fase di analisi, conclusasi con autonomo e separato parere, ha sviluppato - oltre ad autonome e più approfondite valutazioni che sono servite per una considerazione omnicomprensiva dell’intera problematica) - talune delle considerazioni che vengono oggi riproposte e sviluppate nel presente lavoro. In particolare, il parere già reso in ordine agli effetti della Sentenza della Corte ha consentito di evidenziare: l’interpretazione delle norme rilevanti in materia di beni idrici e di servizi pubblici locali, così come offerta dalla Consulta, pur autorevole, non rende univoche le azioni per gi Enti Locali al fine di dare esecuzione alla stessa; non sussiste un obbligo per gli Enti Locali di agire in autotutela con riferimento alle società Patrimoniali, tenuto conto dei diritti quesiti e della cristallizzazione degli effetti dei provvedimenti amministrativi, ma soltanto un arresto del processo di costituzione delle Patrimoniali; il regime demaniali dei beni afferenti il SII non determina necessariamente che la relativa titolarità sia in capo agli Enti Locali; la portata della sentenza rende in ogni caso opportuno agire per una razionalizzazione degli affidamenti ai Gestori (già erogatori) e alle Patrimoniali. Conseguentemente, scopo del presente elaborato è stato quello di rappresentare le opzioni percorribili per consentire una razionalizzazione del panorama esistente, alla luce dell’inquadramento degli effetti della sentenza della Corte Costituzionale; in tal senso muovendo dall’individuazione delle: distinte tipologie societarie che potrebbero rinvenirsi sul territorio, siano queste: I. società patrimoniali; II. società gestori del SII; III. società al contempo proprietarie dei beni e gestori del SII; differenti categorie di beni afferenti il SII sotto un profilo soggettivo e sotto un distinto profilo oggettivo. Muovendo da tali principali tipologie societarie, nonché dalle ulteriori specificazioni di queste, è stato possibile tratteggiare i possibili processi di riorganizzazione. Le ipotesi di riorganizzazione proposte hanno avuto quale obiettivo quello di pervenire, in primo luogo, ad una duplice razionalizzazione: del profilo proprietario/di titolarità delle infrastrutture del SII; del profilo gestionale del SII. In detto contesto, l’esigenza di razionalizzazione ha condotto ad una analisi funzionale ad operare rilevanti semplificazioni dello scenario esistente, in tal senso proponendosi: 8 Polarizzazione del profilo proprietario/di titolarità delle infrastrutture del SII nei confronti di società patrimoniali o di società gestori del SII; Riassegnazione del profilo proprietario/di titolarità delle infrastrutture del SII agli Enti locali. Allo scopo di operare suddette ricostruzioni sono stati considerati, quali necessari presupposti di analisi: i risultati dello studio già condotto in merito alla Sentenza della Corte e, in particolare, (a) i profili di demanialità dei beni del SII; (b) le criticità riconnesse al modello “patrimoniale”; (c) la certezza dei diritti quesiti; (d) l’esclusione dell’obbligo di agire in via di autotutela; i risultati di ulteriori approfondimenti di natura societaria, fiscale e tributaria; l’aderenza a sopravvenute indicazioni normative concernenti, nello specifico, le società pubbliche. Ciò posto è possibile qui anticipare che gli scenari di seguito proposti, sono i seguenti: con riferimento al lato delle Patrimoniali: 1. Riassegnazione dei beni delle patrimoniali agli Enti Locali/Scioglimento delle Patrimoniali; 2. Mantenimento delle Patrimoniali ed eventuale integrazioni tra queste con creazione di una Patrimoniale di Ambito; 3. Integrazione dei Gestori del SII con la Patrimoniale; con riferimento al lato dei Gestori del SII: 4. Assegnazione dei beni dei Gestori del SII agli Enti Locali o alle Patrimoniali; 5. Mantenimento dei beni in capo ai Gestori del SII; 6. Integrazione della Patrimoniale con il Gestore del SII; In conclusione: a) in considerazione degli esiti dell’analisi della Sentenza della Corte e della corretta valutazione circa gli effetti della portata di questa; b) in funzione degli obiettivi di razionalizzazione/semplificazione sopra indicati, sono stati delineati i singoli scenari sopra indicati, che sono stati valutati con riferimento alle possibili operazioni societarie. Infine, alla luce della complessiva analisi condotta nel presente elaborato gli scenari descritti sono stati conseguentemente graduati, in apposito ranking, secondo criteri di: conformità alla Sentenza della Corte aderenza/coerenza normativa costi/benefici fiscali. 9 2. Premesse A conclusione del lavoro di analisi svolto sulla sentenza della Corte Costituzionale n. 320/2011 (la “Sentenza della Corte”), un principio che può essere affermato con ragionevole confidenza è che non sussista alcun obbligo di scioglimento delle società a vario titolo proprietarie dei beni del servizio idrico, né tantomeno un obbligo di retrocessione di detti beni agli enti locali. Come evidenziato nel parere sugli effetti della Sentenza della Corte (il “Parere”), tale principio vale sia per le società patrimoniali propriamente dette, che per quelle società che pur non essendo tecnicamente patrimoniali, si trovano comunque ad avere la proprietà di beni del servizio idrico, come ad esempio le società di erogazione o gestione del servizio. E’ per questo motivo che nel prosieguo di questo lavoro preferiamo riferirci più ampiamente alle operazioni ipotizzabili sulle società “proprietarie” di tali beni, distinguendo poi nello specifico il trattamento delle une e delle altre. Una simile conclusione si giustifica non solo sulla base dell’analisi e sulla valutazione concreta degli effetti della Sentenza della Corte, ma come ampiamente esposto nel Parere, anche sulla base della “cristallizzazione” degli atti amministrativi, e degli atti negoziali ad essi relativi, posti in essere dagli enti pubblici territoriali e sulla configurabilità di rapporti ormai da considerarsi “esauriti” e non più ragionevolmente censurabili. Naturalmente, l’assenza di un obbligo di procedere ad interventi sulle società proprietarie esistenti non significa, né può significare un divieto di intervento. Al contrario, riteniamo doveroso che le pubbliche amministrazioni coinvolte svolgano una valutazione piena ed approfondita sulla permanenza dell’interesse pubblico al mantenimento di detti modelli in un quadro giuridico comunque profondamente mutato. Nella scelta sui comportamenti da tenere, oltre ai vincoli formali, dovrebbero essere privilegiate le ragioni sostanziali e strategiche che hanno portato alla costituzione di tali moduli societari (efficienza gestionale, miglior censimento e manutenzione, ottimizzazione risorse, attrazione e garanzia di investimenti). Lo scopo del presente lavoro è proprio da individuare in questa necessità. Si intende in particolare fornire uno strumento operativo agli enti coinvolti per orientarsi in relazione alle possibili scelte da operare. Nel capitolo terzo sono evidenziati i possibili scenari operativi che possono essere sintetizzati nel confronto tra una scelta liquidatoria delle società proprietarie ed invece il loro mantenimento, pur attraverso un riordino delle stesse per perseguire generali interessi di razionalizzazione di costi. Prima di disegnare i possibili scenari, abbiamo ritenuto opportuno nel capitolo secondo, sintetizzare la varie tipologie di società proprietarie esistenti, in modo da fotografare dettagliatamente la tipologia dei modelli che abbiamo preso in considerazione. Dopo aver disegnato gli scenari possibili, il capitolo quarto è dedicato all’individuazione delle operazioni societarie disponibili per raggiungere gli obiettivi, alternativamente, dello scioglimento o del riordino delle società proprietarie. Successivamente, il sesto capitolo si concentra invece sul tema rilevante dei costi fiscali associati alle varie opzioni, in modo che sia sempre possibile confrontare le varie opzioni ed effettuare le necessarie valutazioni, con una piena consapevolezza dei relativi costi di transazione a carico della collettività. Sempre il capito sesto, si chiude con dei cenni alle implicazioni delle riorganizzazioni sul sistema tariffario. 10 Prima dell’analisi degli aspetti fiscali e tariffari, abbiamo tuttavia ritenuto opportuno procedere, nel capitolo sesto, ad una classificazione schematica delle tipologie di beni del servizio idrico per la rilevanza che le diverse tipologie possono avere sul piano del trattamento fiscale. Infine, il lavoro si chiude con una descrizione di alcuni casi concreti esaminati su territorio della Regione Lombardia di interventi sulle società proprietarie seguenti la Sentenza della Corte. 11 3. La classificazione delle società proprietarie dei beni del servizio idrico Le società proprietarie di beni del servizio idrico sono caratterizzate dal fatto di essere proprietarie di beni da includersi necessariamente fra le dotazioni strumentali del servizio idrico. Un primo criterio sulla base del quale distinguere tali società è quello relativo alla funzione e/o alle attività attribuite o svolte dalle società medesime: Sulla base di tale criterio, le Società proprietarie di beni del servizio idrico, possono distinguersi nelle seguenti categorie: A. Società Patrimoniali; B. Società di Gestione; C. Ulteriori Distinzioni: all’interno delle sopra citate macro categoria possono essere fatte ulteriori distinzioni ad esempio relative alla legge di istituzione, alla natura proprietaria, alla loro natura di società mono-servizi o multi-servizi, etc.. Di seguito si riporta l’elencazione delle casistiche identificate sulla base dei criteri sopra esposti: A. Società Patrimoniali: 1. Società patrimoniali pure: società caratterizzate dall’attribuzione della sola funzione di essere proprietarie bei beni; 2. Società patrimoniali spurie o multifunzione: società che svolgono, oltre alla funzione di essere proprietarie bei beni, anche altre funzioni. All’interno delle società patrimoniali spurie o multifunzione è possibile distinguere i diversi soggetti anche in relazione al contenuto delle altre funzioni ad esse attribuite: 3. Società patrimoniali e gestori dei beni: società proprietarie dei beni, nonché titolari della gestione dei beni stessi; 4. Società patrimoniali e titolari di altre funzioni (diverse dalla gestione dei beni e dall’erogazione del servizio all’utenza): società proprietarie dei beni, titolari di altre funzioni “diverse” dalla gestione dei beni e dalla erogazione del servizio all’utenza; 5. Società patrimoniali, gestori dei beni e titolari del servizio di erogazione all’utenza: società proprietarie dei beni, titolari della gestione dei beni e titolari altresì del servizio di erogazione all’utenza. B. Società di Gestione: 6. Società di gestione del servizio (non patrimoniali), cioè gestori dei beni e/o gestori del servizio di erogazione all’utenza, e altresì proprietarie di (alcuni) beni del servizio idrico: società di gestione e, quindi, non patrimoniali (in quanto non gli è stata attribuita la funzione specifica di soggetto proprietario delle infrastrutture del servizio idrico), che sono affidatarie della gestione dei beni e/o della gestione del servizio di erogazione all’utenza, ma che, tuttavia, sono altresì proprietarie di beni (di alcuni beni). Elemento caratterizzante è il fatto che le società in questione siano anche proprietarie di beni (almeno di alcuni beni); sono quindi escluse da tale fattispecie le Società di 12 gestione che non sono proprietarie di beni del servizio idrico. A sua volta il titolo di provenienza della proprietà dei beni in capo a tali società può essere relativo a: a) beni trasferiti (mediante conferimento o cessione) da parte degli enti locali o da parte di altri soggetti proprietari di tali beni (ad esempio: i precedenti gestori dei beni e/o gestori del servizio di erogazione all’utenza), al momento della costituzione della società o anche in epoca successiva alla sua costituzione; b) beni realizzati dalla Società e iscritti nel proprio bilancio come beni di proprietà della Società medesima (salvo l’obbligo di trasferimento degli stessi, al termine dell’affidamento, a favore dell’ente locale o al gestore subentrante). C. Ulteriori distinzioni All’interno delle Società patrimoniali, sia nel caso che si tratti di Società patrimoniali “pure”, che svolgono esclusivamente la funzione di essere mere proprietarie dei beni e che rientrano quindi nella tipologia di cui sopra sub [1], sia nel caso che si tratti di Società patrimoniali “spurie” o “multifunzione” (cioè che svolgono anche altre attività e che rientrano quindi nelle tipologie di cui sopra sub [2], [3] e [4]), è possibile effettuare un’ulteriore distinzione in relazione alla legge di costituzione. In particolare, deve essere valutato se tali società siano state costituite in attuazione della L.R. Lombardia n. 26/2003 di disciplina dei servizi pubblici locali sia nella sua prima formulazione – che, ai sensi dell’art. 49, comma 1, della citata L.R. Lombardia n. 26/2003, nel testo novellato dall’art. 4, comma 1, lettera p), della L.R. n. 18/2006, prevedeva la separazione fra gestione dei beni e erogazione del servizio in capo a due soggetti diversi e con costituzione di una società patrimoniale di ambito - sia, nella sua seconda formulazione - che, ai sensi del già richiamato art. 49, come sostituito dall'art. 1 della L.R. n. 21/2010, prevedeva l’unità di gestione dei beni e erogazione del servizio in capo ad un unico soggetto sempre con costituzione di una società patrimoniale di ambito. Sulla base di tale criterio le Società patrimoniali possono, quindi, distinguersi nelle seguenti categorie: 7. Società patrimoniali di ambito ex lege Regione Lombardia: società costituite dagli enti locali, o da alcuni di essi, in attuazione della legge regionale lombarda, con l’obiettivo di costituire una società patrimoniale per tutto l’ambito territoriale ottimale del servizio idrico integrato; 8. Società patrimoniali di enti locali non ex lege Regione Lombardia: società costituite da enti locali, anche associati fra di loro, non in attuazione della legge regionale lombarda, al fine di attribuire alla società la proprietà dei beni costituenti dotazioni del servizio idrico integrato. Una ulteriore distinzione può essere effettuata, invece, sulla base della data di costituzione della società stessa: 9. Società patrimoniali costituite “prima” dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 152/2006: si ipotizza la legittimità di tali società patrimoniali, in quanto costituite in presenza di una normativa che, all’epoca della loro costituzione, riconosceva le società patrimoniali (art. 113, comma 13, del D.Lgs. n. 267/2000); 10. Società patrimoniali costituite dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 152/2006, ma “prima” dell’entrata in vigore dell’articolo 23-bis D.L. n. 112/2008 convertito in Legge n. 133/2008 e sue successive modifiche e integrazioni: si ipotizza la legittimità di tali società patrimoniali, in quanto costituite in 13 presenza di una normativa che, all’epoca della loro costituzione, riconosceva le società patrimoniali (art. 113, comma 13, del D.Lgs. n. 267/2000). Vi è la criticità relativa alla tesi della Corte costituzionale secondo la quale l’art. 113, comma 13, del D.Lgs. n. 267/2000 era incompatibile anche con l’art. 143 del D.Lgs. n. 152/2006, con la conseguente abrogazione per incompatibilità; 11. Società patrimoniali costituite “dopo” l’entrata in vigore dell’articolo 23-bis D.L. n. 112/2008 convertito in Legge n. 133/2008 e sue successive modifiche e integrazioni: si ipotizza l’illegittimità di tali società patrimoniali, in quanto costituite in presenza di una normativa che, all’epoca della loro costituzione, non riconosceva le società patrimoniali (art. 23-bis, comma 5 (questa categoria di società viene indicata per completezza di inquadramento teorico, non risultando in Regione Lombardia società annoverabili nella categoria in questione). All’interno delle Società proprietarie di beni del servizio idrico, siano esse Società patrimoniali rientranti nelle tipologie di cui sopra sub [1], [2], [3] e [4] oppure società di gestione proprietarie di beni del servizio idrico e quindi rientranti nella tipologia di cui sopra sub [5], è possibile distinguere anche sulla base del fatto che esse siano state costituite da parte di un solo Ente locale o da parte di più Enti locali: 12. Società proprietarie di beni del servizio idrico costituite da un unico Ente locale: società patrimoniali costituite da un unico Ente locale, di regola un Comune; 13. Società proprietarie di beni del servizio idrico costituite da più Enti locali: società patrimoniali costituite (o successivamente partecipate) da più Enti locali. E’ possibile, inoltre, distinguere le società proprietarie di beni afferenti il servizio idrico in relazione alla loro natura di: 1. Società mono-servizi: società (in qualunque tipologia esse ricadano) che sono state costituite con riferimento ad uno specifico servizio pubblico; 2. Società pluri-servizi: società (in qualunque tipologia esse ricadano) che sono state costituite con riferimento ad una pluralità di servizi pubblici; 3. Società con valorizzazione dei beni nel proprio bilancio: Società che nel proprio patrimonio e nel proprio bilancio annoverano beni la cui stima è stata oggetto di valorizzazione rispetto al valore che i beni avevano nel bilancio dell’ente locale o del soggetto che in precedenza ne deteneva la proprietà o rispetto alla prima iscrizione nel bilancio della società; 4. Società senza valorizzazione dei beni nel proprio bilancio: Società che nel proprio patrimonio e nel proprio bilancio annoverano beni la cui stima “non” è stata oggetto di valorizzazione rispetto al valore che i beni avevano nel bilancio dell’ente locale o del soggetto che in precedenza ne deteneva la proprietà. Vi è poi da analizzare l’assetto proprietario e, in particolare, relativamente alla presenza di soci privati nella composizione del capitale sociale: 5. Società a partecipazione interamente pubblica; 6. Società miste a partecipazione pubblica e privata; 7. Società a partecipazione interamente privata. 14 Anche la modalità di partecipazione degli enti locali al capitale delle Società può essere considerato un ulteriore elemento di classificazione: 8. Società a partecipazione diretta degli enti locali; 9. Società a partecipazione “indiretta” degli enti locali, mediante società pubbliche; 10. Società a partecipazione “mista” , diretta da parte di alcuni enti locali e “indiretta” da parte di altri enti locali. Infine, la classificazione delle società proprietarie può essere effettuate con riferimento non ai beni strumentali del servizio, ma a utilità economiche comunque afferenti la gestione del servizio che le società possono iscrivere fra le voci attive del proprio bilancio. A tale riguardo le società proprietarie possono essere distinte sulla base che abbiano, o meno, provveduto ad una valorizzazione (non dei beni del servizio in quanto tali, ma) della concessione del servizio (o di altre “utilità” ritenute meritevoli di apprezzamento e valorizzazione economica), con possibile iscrizione in bilancio di poste attive fra le “Immobilizzazioni immateriali”. Sulla base di tale criterio le società possono distinguersi nelle seguenti categorie: 11. Società che hanno provveduto alla valorizzazione della concessione del servizio o di altre utilità e alla loro iscrizione fra le “Immobilizzazioni immateriali”; 12. Società che “non” hanno provveduto alla valorizzazione della concessione del servizio o di altre utilità e alla loro iscrizione fra le “Immobilizzazioni immateriali”. 15 4. I possibili scenari: scioglimento delle società proprietarie vs riordino delle stesse in funzione della razionalizzazione dei costi, nonché del raggiungimento di generali obiettivi di efficienza Sulla base della classificazione esposta nel paragrafo precedente possono ipotizzarsi diverse operazioni giuridiche sulle Società proprietarie di beni del servizio idrico, siano esse Società patrimoniali o Società di gestione. In linea generale, gli scenari analizzati possono essere ricondotti a due tipologie distinte di obiettivi. Da un lato, quello di pervenire al trasferimento dei beni agli enti locali, anche attraverso lo scioglimento o l’abbattimento del capitale sociale di queste società. Dall’altro lato, quello di “recuperare” le attuali società, pur in un mutato quadro giuridico, ridefinendone i compiti ed ipotizzando specifiche operazione per pervenire ad una razionalizzazione dei costi, attraverso possibili integrazioni tra le stesse e/o tra queste ed il gestore di ambito. L’analisi è stata, anche per comodità espositiva, distinta in relazione alle Società patrimoniali e alle Società di gestione. 4.1 Le società patrimoniali e possibili scenari Analizziamo, in primo luogo, i possibili scenari che concernono le Società patrimoniali, per poi passare, successivamente, ai possibili scenari relativi ai Gestori dei beni e/o gestori del servizio di erogazione all’utenza. Come illustrato nel paragrafo 3, le Patrimoniali sono le società che rientrano – secondo la nostra proposta di classificazione – nelle ipotesi di cui sopra sub [1], [2], [3], [4] e [5] e, cioè: Società patrimoniali “pure”, che svolgono esclusivamente la funzione di mere proprietarie dei beni e che rientrano quindi nella tipologia di cui sopra sub [1], Società patrimoniali “spurie” o “multifunzione” che svolgono anche altre e diverse funzioni e che rientrano quindi nella tipologia di cui sopra sub [2], nelle sue sottospecie di cui sub [3], [4] e [5]. Per poter individuare le operazioni giuridiche che possono essere poste in essere con riferimento alle Patrimoniali esistenti, è necessario definire in via preliminare le finalità che le Pubbliche amministrazioni intendono perseguire con le Società patrimoniali. Escludendo qualsiasi connessione societaria o gestionale fra le Società patrimoniali e la gestione dei beni o la gestione del servizio all’utenza (salva la concessione in uso gratuita dei beni al Gestore di ambito, nel caso in cui si ritenesse di mantenere in vita le Patrimoniali, cioè nello “Scenario 2” che verrà subito qui di seguito illustrato), possono presentarsi due diversi “scenari” a seconda che la finalità delle Pubbliche amministrazioni consista nel far acquisire la proprietà dei beni agli Enti locali (segnatamente, ai Comuni) con conseguente scioglimento e messa in liquidazione delle Società patrimoniali, oppure se la finalità consista nel mantenimento in vita delle Società patrimoniali, con eventuale loro aggregazione in un’unica Patrimoniale per ambito. Si presentano quindi, alla luce di quanto detto, due primi scenari possibili: 16 Scenario 1: lo scioglimento delle Patrimoniali e l’acquisizione da parte dei Comuni della proprietà dei beni del servizio idrico Nel primo scenario le finalità che si intendono realizzare sono, da un lato, l’acquisizione da parte dell’Ente o degli Enti locali (dei Comuni) della proprietà dei beni del servizio idrico attualmente in proprietà della o delle Società patrimoniali (ove il termine “acquisizione della proprietà” è volutamente generico, nel senso che non indica un’operazione o un negozio giuridico specifici, ma semplicemente il risultato dell’operazione che consiste nel far acquisire all’ente locale la proprietà del bene del servizio idrico), dall’altro, lo scioglimento e la messa in liquidazione della o delle Società patrimoniali. Scenario 2: il mantenimento in vita delle Patrimoniali con la proprietà dei beni del servizio idrico di cui risultino attualmente proprietari Nel secondo scenario le finalità che si intendono realizzare sono le seguenti: 1. il mantenimento in vita della o delle Società patrimoniali, con la proprietà dei beni del servizio idrico di cui risultino attualmente proprietari; 2. nel caso di esistenza all’interno dell’ambito di una pluralità di Patrimoniali, la loro possibile aggregazione in un’unica patrimoniale di ambito; 3. nel caso di Patrimoniali esistenti che rientrano nelle ipotesi di cui sopra sub [2], [3], [4] e [5], l’attribuzione al Gestore di ambito (o a diverso Soggetto competente) delle funzioni ulteriori e diverse rispetto a quella di mero proprietario dei beni del servizio idrico. Il mantenimento in vita delle Patrimoniali e loro aggregazione in un’unica Patrimoniale di ambito “suona” come una ripetizione della Patrimoniale di ambito prevista dalla legislazione della Regione Lombardia e dichiarata incostituzionale dalla Consulta; tuttavia, per le ragioni ampiamente esposte nel parere relativo alla sentenze della Corte costituzionale n. 320 del 2011, se è da ritenersi non percorribile la strada della costituzione di “nuove” Società patrimoniali di ambito, pare che possa invece ammettersi la possibilità di mantenere in vita le patrimoniali esistenti, con conseguente possibilità anche di una loro aggregazione (se non altro, per ragioni di economicità). In questo secondo scenario, pertanto, pur prevedendosi una Patrimoniale di ambito, deve ribadirsi che non viene costituita una “nuova” Società, ma vengono semplicemente aggregate le Patrimoniali attualmente esistenti; ciò al fine di non porsi in conflitto con la sentenza della Corte costituzionale n. 320 del 2011, che senz’altro fa divieto di costituzione di “nuove” società patrimoniali di ambito. In questo secondo scenario, ove risultassero Patrimoniali comprese nelle ipotesi di cui sopra sub [2], [3], [4] e [5], si porrebbe la questione della legittimità della continuazione da parte della Patrimoniale di tali ulteriori e diverse funzioni rispetto a quella di “mero proprietario”. In questo secondo scenario, pertanto, pur prevedendosi il mantenimento in vita delle Patrimoniali, pare opportuno – anche per ragioni di cautela – circoscrivere il loro oggetto sociale alla “mera proprietà” dei beni del servizio idrico, non conferendo alle stesse nessuna delle ulteriori e diverse funzioni che invece erano previste nella legislazione della Regione Lombardia. 17 Inoltre, nel caso di Patrimoniali esistenti che rientrano nelle ipotesi di cui sopra sub [2], [3], [4] e [5], potrebbe risultare opportuno procedere all’attribuzione al Gestore di ambito (o a diverso Soggetto competente) delle funzioni ulteriori e diverse rispetto a quella di mero proprietario dei beni del servizio idrico, di cui risultassero attualmente titolari in forza di previsioni contenute negli atti amministrativi con i quali è stata deliberata la costituzione della Società patrimoniale, oppure, in forza di previsioni contenute nello statuto sociale. Scenario 3: l’integrazione delle Patrimoniali con il gestore di ambito del servizio idrico integrato I primi due scenari escludono qualsiasi connessione societaria o gestionale fra le Società patrimoniali e le Società di gestione del servizio (non patrimoniali), cioè con i Gestori dei beni e/o gestori del servizio di erogazione all’utenza, e altresì proprietarie di (alcuni) beni, Società da noi classificate nell’ipotesi di cui sopra sub [6] (fatta salva, naturalmente, la concessione in uso dei beni al gestore di ambito, nel caso in cui si ritenesse di mantenere in vita le Patrimoniali, cioè nello Scenario 2). Esiste anche un terzo scenario che, invece, prevede che non ci si limiti a mantenere in vita la o le Società patrimoniali, con la relativa proprietà dei beni del servizio idrico di cui risultino attualmente proprietari, ma che si ipotizzi una qualche forma di “sinergia” o di “integrazione” con l’attività di gestione dei beni e con l’attività di gestione del servizio all’utenza, e, di conseguenza, con il Gestore di ambito del servizio idrico integrato. In questo terzo scenario la finalità che s’intende perseguire è dunque costituita dall’integrazione della o delle Patrimoniali con il Gestore del servizio idrico integrato di ambito, avente la finalità – dal punto di vista patrimoniale – di far acquisire alla Patrimoniale che risulterà dal percorso di aggregazione della proprietà dei beni del servizio idrico attualmente di proprietà del Gestore del servizio idrico integrato o dei gestori attualmente in essere di fasi del predetto servizio (c.d. “unificazione patrimoniale”). Anche in questo caso, l’utilizzo del termine “acquisizione della proprietà” è volutamente generico, nel senso che non indica un’operazione o un negozio giuridico specifici, ma semplicemente il risultato dell’operazione come sopra descritto. Si sottolinea che la finalità del presente scenario è tuttavia più ampia rispetto ad una mera aggregazione dei beni del servizio, in quanto si perviene, con la Patrimoniale che risulterà dal processo di aggregazione, ad una vera e propria “unificazione” organizzativa e gestionale del servizio idrico integrato all’interno dell’ambito territoriale ottimale di riferimento, con definitivo superamento di qualsiasi distinzione soggettiva e/o funzionale all’interno dello stesso (c.d. “unificazione patrimoniale e gestionale”). Le operazioni giuridiche da porre in essere per realizzare l’integrazione fra la o le Patrimoniali ed il gestore o i gestori del servizio, varieranno a seconda della situazione dei vari ambiti territoriali ottimali di riferimento, e, in particolare, a seconda dell’esistenza, o meno, nell’ambito territoriale ottimale di riferimento, di un gestore di ambito a cui sia stata affidata la gestione del servizio idrico integrato ai sensi della legge n. 36 del 1994 o del D.Lgs. n. 152 del 2006, oppure, dell’esistenza ancora di una pluralità di gestioni secondo la disciplina vigente prima della riforma. 18 4.2 Le società di gestione del servizio e i possibili scenari Come illustrato in precedenza, le Società di gestione del servizio (non patrimoniali), sono i gestori dei beni e/o gestori del servizio di erogazione all’utenza, che risultano altresì proprietari di (alcuni) beni del servizio idrico, da noi classificati nell’ipotesi di cui sopra sub [6]. Anche per queste Società potranno essere ipotizzati diversi scenari, analogamente a quanto abbiamo esposto per le Patrimoniali. Scenario 3: le Società di gestione del servizio e i possibili scenari Come illustrato in precedenza, le Società di gestione del servizio (non patrimoniali), sono i gestori dei beni e/o gestori del servizio di erogazione all’utenza, che risultano altresì proprietari di (alcuni) beni del servizio idrico, da noi classificati nell’ipotesi di cui sopra sub [6]. Anche per queste Società potranno essere ipotizzati diversi scenari, analogamente a quanto abbiamo esposto per le Patrimoniali. Scenario 4: l’acquisizione da parte dei Comuni o delle Società patrimoniali della proprietà dei beni del servizio idrico di proprietà delle Società di gestione del servizio Secondo uno scenario, che – per differenziarlo dai precedenti – potremo definire “quarto scenario”, le finalità che si intendono realizzare sono, in via alternativa, le seguenti: 1. l’acquisizione “da parte dell’Ente o degli Enti locali (dei Comuni)” della proprietà dei beni del servizio idrico attualmente in proprietà della o delle Società di gestione; 2. l’acquisizione “da parte della o delle Società patrimoniali attualmente esistenti” della proprietà dei beni del servizio idrico attualmente in proprietà della o delle Società di gestione. Anche in questo caso, il termine “acquisizione della proprietà” è volutamente generico, nel senso che non indica un’operazione o un negozio giuridico specifici, ma semplicemente il risultato dell’operazione che consiste nel far acquisire all’Ente locale o alla Società patrimoniale la proprietà dei beni del servizio idrico. In questo scenario si mantengono pertanto distinte le Società patrimoniali dalle Società di gestione, e ci si limita a porre in essere quelle operazioni finalizzate al trasferimento (in senso “atecnico”) da parte delle Società di gestione della proprietà dei beni del servizio idrico ai Comuni o alle Patrimoniali, nonché – eventualmente – a prevedere una disciplina giuridica che impedisca alle Società di gestione di diventare proprietarie dei beni del servizio idrico dalle stesse realizzate. Si realizza, cioè, quella che abbiamo sopra definito come “unificazione patrimoniale” dei beni in capo ai Comuni o in capo alle o alla Patrimoniale, impedendo al Gestore del servizio idrico integrato di mantenere e/o di acquisire, nel corso del periodo di affidamento, la proprietà di beni strumentali al servizio medesimo. Rimane tuttavia ferma la distinzione – soggettiva e funzionale – della o delle Patrimoniali con il Gestore del servizio idrico integrato. 19 Scenario 5: l’acquisizione da parte dei Comuni o delle Società patrimoniali della proprietà dei beni del servizio idrico di proprietà delle Società di gestione del servizio Un quinto scenario prevede, invece, il mantenimento da parte dei Gestori del servizio della proprietà dei beni del servizio idrico di cui risultino attualmente proprietari. In questo scenario, niente cambia rispetto alla situazione attuale, in base alla quale le società di gestione del servizio acquisiscono la proprietà dei beni che realizzano, salvo l’obbligo di trasferirli ai Comuni o alle Società patrimoniali al termine dell’affidamento (e fatta salva la disciplina relativa ai rapporti economici connessi a tale trasferimento). Non si realizza, pertanto, alcuna unificazione nemmeno sotto il profilo meramente patrimoniale, nel senso che permarranno in essere, da una parte, la o le Patrimoniali, e, dall’altra parte, la Società di gestione del servizio, con la possibilità, da parte di quest’ultima, di mantenere e/o di acquisire nel corso del periodo di affidamento, la proprietà di beni strumentali al servizio medesimo (e fatta salva la disciplina relativa ai rapporti economici connessi a tale trasferimento). Scenario 6: l’integrazione delle Patrimoniali con il gestore di ambito del servizio idrico integrato Infine, il sesto scenario, che, analogamente al “terzo scenario” persegue la finalità sia della c.d. “unificazione patrimoniale”, sia della c.d. “unificazione patrimoniale e gestionale” attraverso l’aggregazione fra il Gestore del servizio e la o le Società patrimoniali. Il presente scenario si differenzia dal precedente scenario n. 3, in quanto, in questo caso, si prevede che l’aggregazione avvenga non sulla patrimoniale esistente, bensì sul Soggetto gestore del servizio idrico integrato, il quale, non solo non trasferisce alcun bene né ai Comuni né alle Patrimoniali (che vengono meno), mantenendo la titolarità dei beni del servizio idrico attualmente di sua proprietà e acquisendo la proprietà di quelli che realizzerà nel corso del periodo di affidamento (salvo l’obbligo di trasferimento ai Comuni o alle patrimoniali al termine dell’affidamento), ma acquisisce anche la proprietà dei beni del servizio idrico attualmente di proprietà della o delle Patrimoniali. In sostanza, mentre lo “scenario 3” incentra il processo di aggregazione societaria e funzionale sulla Patrimoniale, il presente scenario incentra il medesimo processo sul Gestore del servizio idrico integrato. 20 4.3 Descrizione delle opzioni tecniche e delle operazioni societarie disponibili per perseguire l’obiettivo di scioglimento delle società patrimoniali e/o riordino delle stesse Nel presente paragrafo, per ciascuno degli scenari di riordino del servizio idrico delineati nel paragrafo precedente, sono descritte le opzioni tecniche e le operazioni societarie disponibili. Nel paragrafo 5, per ogni scenario e per ogni tipologia di strumento tecnico, saranno evidenziate i benefici attesi e le principali implicazioni di natura societaria, fiscale e tributaria. Scenario 1: scioglimento delle Patrimoniali ed acquisizione da parte dei Comuni della proprietà dei beni del servizio idrico Può essere realizzato attraverso le seguenti operazioni: 1. nel caso in cui si tratti di Società patrimoniali “pure”, che svolgono esclusivamente la funzione di mere proprietarie dei beni, che rientrano quindi nella tipologia di cui sopra sub [1], si potrà procedere allo scioglimento ed alla messa in liquidazione della società, con successiva attribuzione dei beni del servizio idrico e degli altri elementi dell’attivo patrimoniale risultanti al termine della procedura di liquidazione all’Ente locale o agli Enti locali soci della stessa; 2. nel caso in cui si tratti di Società patrimoniali “spurie” o “multifunzione”, cioè che svolgono anche altre attività e che rientrano quindi nelle tipologie di cui sopra sub [2], [3], [4] e [5], si potrà procedere alternativamente: a. scorporo del ramo di azienda relativo alle attività diverse dalla mera proprietà dei beni, comprensivo del relativo personale e trasferimento al Gestore di ambito del servizio idrico integrato mediante un’operazione di conferimento/cessione del ramo di azienda, ovvero scissione societaria, e, successivamente, scioglimento e messa in liquidazione della Patrimoniale con attribuzione dei beni del servizio idrico e dell’attivo patrimoniale risultanti al termine della procedura di liquidazione all’Ente locale o agli Enti locali soci della Società patrimoniale; nel caso di conferimento del ramo d’azienda, le partecipazioni ricevute in cambio dalla Società patrimoniale, per effetto della liquidazione, potranno essere cedute a terzi durante tale procedura o essere attribuite anch’esse all’Ente locale o agli Enti locali al termine della liquidazione; b. scorporo del ramo di azienda relativo alle attività diverse dalla mera proprietà dei beni, comprensivo del relativo personale, e trasferimento dello stesso in una “newco” interamente partecipata dalla Società patrimoniale mediante un’operazione di conferimento/cessione del ramo di azienda, ovvero scissione societaria, le cui quote di partecipazione potranno essere successivamente alienate al Gestore di ambito del servizio idrico integrato; successivamente, la Società patrimoniale verrà sciolta e messa in liquidazione ed, al termine della procedura, i beni del servizio idrico e l’attivo patrimoniale risultante dalla liquidazione verrà attribuito all’Ente locale o agli Enti locali soci. In alternativa, le quote della “newco” potranno essere conservate dalla Società patrimoniale e, per effetto della liquidazione, essere attribuite all’Ente locale o agli Enti locali che, al termine dell’operazione, 21 si troverebbero ad essere soci della “newco” titolare del ramo di azienda relativo alle attività diverse dalla mera proprietà dei beni, comprensivo del relativo personale; c. Mantenimento nella società del ramo di azienda relativo alle attività diverse dalla mera proprietà dei beni, comprensivo del relativo personale e, in modo inverso, riduzione del capitale sociale ex art. 2445 codice civile, mediante assegnazione dei beni del servizio idrico all’Ente locale o agli Enti locali soci. Analogamente all’ipotesi sub b), le quote della società potranno essere successivamente alienate al Gestore di ambito del servizio idrico integrato. L’ipotesi sub 1 (Società patrimoniali “pure”) di scioglimento delle Società patrimoniali comporta comunque effetti ed implicazioni civilistiche sicuramente non trascurabili, legate soprattutto alla tutela degli interessi dei terzi che sono nel frattempo entrati in contatto con la società. Al riguardo vale la pena spendere alcune parole circa la disciplina del procedimento di liquidazione prevista dagli artt. 2484 e seguenti del Codice Civile, quale percorso obbligatorio per addivenire all’estinzione di una società a responsabilità limitata. Dalla data dell’iscrizione nel Registro delle Imprese della deliberazione dell’Assemblea relativa allo scioglimento della società gli amministratori conservano il potere di amministrare limitatamente agli affari urgenti, fino a quando non vengono nominati i liquidatori1. Questi ultimi hanno gli stessi obblighi e responsabilità degli amministratori ed il loro mandato consiste nel compimento di tutti gli atti necessari per la vendita degli assets patrimoniali e per l’incasso di tutti i crediti, con lo scopo di reperire le risorse finanziarie necessarie ed estinguere tutti i debiti sociali; le eventuali risorse che residuano dopo aver soddisfatto tutti i creditori sociali possono essere distribuite ai soci secondo uno specifico piano di riparto. Durante la liquidazione i liquidatori non possono intraprendere nuove operazioni, ma possono compiere gli atti necessari alla conservazione del valore dell’impresa, ivi compreso il suo esercizio provvisorio, secondo quanto previsto nella deliberazione relativa alla loro nomina. Nel caso delle società proprietarie, un procedimento di liquidazione tradizionalmente inteso, che preveda la vendita degli assets patrimoniali e la successiva estinzione dei debiti sociali, con la successiva ripartizione fra i soci delle eventuali risorse residue, appare difficilmente praticabile in quanto i beni afferenti il servizio idrico integrato risultano di difficile commercializzazione. E’ quindi facilmente prevedibile che, se la liquidazione non verrà adeguatamente gestita, i liquidatori si troveranno a fronteggiare una situazione di insolvenza della Società, caratterizzata dalla mancanza delle risorse necessarie per estinguere i debiti sociali (rappresentati principalmente da finanziamenti bancari e debiti verso fornitori) prima di procedere all’assegnazione degli assets patrimoniali ai soci, con il rischio di dover chiedere il fallimento della Società. Per non rischiare di trovarsi nella situazione sopra descritta potrebbe essere opportuno, prima della deliberazione di scioglimento della Società, dotare la stessa delle risorse necessarie all’estinzione di tutti i debiti sociali mediante un aumento di capitale a pagamento d’importo pari all’ammontare complessivo dello stock di debito da estinguere. Tale soluzione, tuttavia, se da un lato risolve il problema sopra evidenziato, 1 Per la nomina dei liquidatori di s.r.l. è competente l’Assemblea ed è previsto un quorum deliberativo pari almeno alla metà del capitale sociale. Se l’Assemblea convocata per la nomina dei liquidatori non si costituisce o non delibera, la nomina dei liquidatori può essere chiesta al Tribunale competente dai soci, dagli amministratori o dal Collegio sindacale. 22 dall’altro costringerebbe i soci di dette società ad effettuare importanti versamenti di liquidità nelle casse sociali. In alcuni casi, inoltre, lo scioglimento delle Società patrimoniali non sarebbe di per sé sufficiente a raggiungere l’obiettivo di abbandonare il modello di gestione fondato sulla presenza di tali società. Il loro scioglimento e la riassegnazione dei beni ai soci non sarebbe, infatti, neanche funzionale allo scopo voluto di far ritornare la proprietà di tali beni ai Comuni, in quanto in alcuni casi (per esempio, nel caso dell’ATO di Pavia), i soci delle patrimoniali sono a loro volta delle società per azioni. Con lo scioglimento della patrimoniale e l’assegnazione dei beni ai soci, questi, una volta affidato il servizio idrico integrato al Gestore unico, si trasformerebbero nuovamente in tante patrimoniali di minore dimensione rispetto alle attuali con la conseguente necessità di procedere anche alla loro liquidazione. In tali casi, dunque, laddove i soci della Società patrimoniale non siano i Comuni, ma altre società pubbliche, dovrebbe essere congegnata un’operazione che consenta il trasferimento dei beni dalla società proprietaria ai Comuni dell’ATO, che dovrà passare dalla liquidazione, ovvero dalla riduzione del capitale delle stesse società socie, pur con le cautele sopra evidenziate. Anche nell’ipotesi sub 2 (Società patrimoniali “spurie” o “multifunzione”), si segnalano le difficoltà legate all’esigenza di tutela dei terzi che hanno intrapreso rapporti con le società proprietarie dei beni. Ciò è particolarmente stringente per l’ipotesi di riduzione del capitale sociale ex art. 2445 c.c.. Se è pur vero che, a seguito della riforma del diritto societario è venuta meno l’esigenza di dimostrare il requisito dell’esuberanza del capitale sociale per il raggiungimento dell’oggetto sociale, non sono tuttavia ammissibili procedimenti di riduzione del capitale sociale totalmente discrezionali. Il secondo comma dell’articolo 2445, come scritto oggi, richiede ancora, come richiedeva anche antecedentemente la riforma l’esigenza di indicare le ragioni e le modalità della riduzione. La delibera di riduzione del capitale è sempre di competenza dell’assemblea straordinaria e la delibera non può comunque essere eseguita in presenza di opposizione dei creditori sociali che individuassero un pregiudizio ai loro diritti a seguito della riduzione stessa. Pur considerando la difficile commercialità dei beni del servizio idrico, considerando i valori di iscrizione di questi nei bilanci sociali, spesso tutt’altro che trascurabili, è molto probabile che una simile operazione sia potenzialmente lesiva dei diritti dei creditori. Stessi diritti di intervento dei creditori sono peraltro riconosciuti anche nelle operazioni di scissione societaria. Alle criticità sopra evidenziate, si aggiunge il divieto per i Comuni con popolazione fino a 30.000 abitanti di detenere partecipazioni societarie ai sensi dell’art. 14 comma 32 del D.L. 78/2010, a meno che, a regime, la partecipazione di tali Comuni al capitale del Gestore unico o della “newco” venga determinata in modo paritario o proporzionalmente al numero dei degli abitanti, a condizione che la popolazione complessiva di tali enti superi le 30.000 unità2. Problematiche analoghe sussistono anche nei confronti dei Comuni con 2 Sono comunque consentite le partecipazioni in società già costituite al 31/05/2010 che contemporaneamente: - abbiano, al 30/09/2013, il bilancio in utile negli ultimi 3 esercizi; - non abbiano subìto, nei precedenti esercizi, riduzioni di capitale conseguenti a perdite di bilancio; - non abbiano subìto, nei precedenti esercizi, perdite di bilancio in conseguenza delle quali il Comune sia stato gravato dell’obbligo di procedere al ripiano delle perdite medesime. 23 popolazione compresa fra 30.000 e 50.000 abitanti, i quali, ai sensi della norma sopra richiamata, possono detenere partecipazioni solo in una società. Si evidenzia infine un’altra criticità, che potrebbe riguardare sia il caso sub 1 che sub 2, relativa al personale della Società patrimoniale e alla legittimità del suo eventuale “passaggio” alle dipendenze dell’Ente locale; di regola, il personale della patrimoniale non passa all’ente locale, ma passa al gestore del servizio idrico integrato: in particolare, ciò avverrebbe per le patrimoniali di ambito che, ai sensi della legge regionale, svolgono attività ulteriori rispetto alla mera proprietà dei beni, attività che rientrano nel servizio idrico integrato e quindi, come tali, competono al gestore di ambito. Nell’ipotesi che questo non avvenga, tuttavia, potrebbero sorgere alcuni problemi. Secondo le Sezioni Riunite della Corte dei Conti (deliberazione n. 4/2012) il riassorbimento del personale assunto dalla società pubblica posta in liquidazione può avvenire solo a condizione che l’assunzione sia stata effettuata nel rispetto del principio sancito dall’art. 97 comma 3 della Costituzione, secondo il quale “Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge”. Quindi, in sostanza, è necessario che il personale della società posta in liquidazione sia stato assunto previo espletamento di procedura di selezione ad evidenza pubblica, che abbia garantito almeno il rispetto dei princìpi di trasparenza, pubblicità ed imparzialità di cui all’art. 18 comma 2 del D.L. 112/2008, convertito in Legge 133/2008. Inoltre, è necessario tenere conto anche del conseguimento o meno da parte dell’Ente locale degli obiettivi del Patto di Stabilità (in caso negativo, infatti, il riassorbimento non può avvenire, in quanto all’Ente è preclusa l’assunzione di personale), nonché del più generale obbligo di riduzione della spesa per il personale. Per quanto riguarda, invece, la possibilità di applicare la previsione di cui all’art. 2112 del Codice Civile, in materia di mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento del ramo d’azienda, le Sezioni Riunite della Corte dei Conti (deliberazione n. 4/2012) hanno sostenuto che la disciplina non trova applicazione al caso di specie, in quanto non ci troviamo tecnicamente in un “trasferimento di ramo d’azienda”, bensì nel caso di estinzione di un soggetto, in quanto non vi è mutamento della titolarità dell’attività economica organizzata. Al fine di prevenire il sorgere di tali problematiche, si tratta di concepire lo scioglimento delle patrimoniali con come fattispecie a sé stante, ma inserita nel quadro complessivo dell’affidamento del servizio idrico integrato oppure, ove tale affidamento sia già stato effettuato, di revisione del Piano di ambito e, precisamente, del modello gestionale e organizzativo. Scenario 2: mantenimento in vita delle Patrimoniali con la proprietà dei beni del servizio idrico di cui risultino attualmente proprietari Come già illustrato nel paragrafo precedente, questo scenario prevede il mantenimento in vita della o delle Società patrimoniali, con la proprietà dei beni del servizio idrico di cui risultino attualmente proprietari, con scorporo delle eventuali funzioni ulteriori e diverse rispetto a quella di mera proprietà dei beni del servizio idrico; inoltre, nel caso di esistenza all’interno dell’ambito di una pluralità di Società patrimoniali, lo scenario prevede la loro aggregazione in un’unica entità. La suddetta previsione potrebbe verificarsi nell’ipotesi in cui il ramo di azienda relativo alle attività diverse dalla mera proprietà dei beni sia conferito al Gestore unico. 24 In questo caso, il principale problema per la Società patrimoniale che rimane in vita senza avere la possibilità di svolgere ulteriori funzioni rispetto a quelle di mera proprietà dei beni, è rappresentato dalla necessità di mantenere un proprio equilibrio economico e finanziario; tale circostanza, infatti, non è affatto scontata in una situazione in cui i costi relativi alle quote di ammortamento dei beni afferenti il servizio idrico che la stessa detiene a titolo di proprietà nel proprio patrimonio rischiano di non essere coperti da introiti tariffari di ammontare analogo. L’unica possibilità concreta è quella di prevedere in tali casi un rapporto contrattuale con il gestore che preveda il trasferimento a detti veicoli societari della quota di ammortamento dei beni. A questo riguardo, si segnalano due distinte problematiche. Da un lato, la possibilità di prevedere una messa a disposizione di tali beni a favore del gestore a titolo oneroso, in apparenza almeno, sembra contrastare con la previsione di cui all’articolo 153 del D.lgs 152/2006, secondo il quale: “Le infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali ai sensi dell'articolo 143 sono affidate in concessione d'uso gratuita, per tutta la durata della gestione, al gestore del servizio idrico integrato, il quale ne assume i relativi oneri nei termini previsti dalla convenzione e dal relativo disciplinare”. Ora, laddove le società in oggetto avessero in effetti sostenuto dei costi per l’acquisizione di tali beni, sarebbe irrazionale un sistema che non consentisse di recuperare nel sistema tariffario, almeno le quote di ammortamento relative ai beni acquisiti. Ed in effetti a ben vedere l’articolo 153 fa riferimento esclusivamente ai beni di proprietà degli enti locali, lasciando aperta la sostenibilità di una sua non applicazione al caso dei beni realizzati o acquisiti dalle società. Del resto, come vedremo più avanti, il nuovo metodo tariffario elaborato dall’AEEG prevede espressamente il riconoscimento di tali oneri, seppur con regole particolari. Alternativamente potrebbero essere prese in esame ipotesi di trasferimento dei beni al gestore unico e riconoscimento del costo sostenuto da quest’ultimo nell’ambito del sistema tariffario. La possibilità di recuperare in tariffa tali costi conduce tuttavia all’altra problematica consistente nell’entità del riconoscimento tariffario, anche a seguito dell’introduzione del nuovo metodo tariffario elaborato dall’AEEG. In particolare, particolari problematiche si avrebbero in quelle situazioni in cui i beni siano stati oggetto di rivalutazioni rispetto al valore contabile originario, anche a seguito di eventuali operazioni societarie di conferimento. In tali casi, infatti, dovrebbe essere valutata la possibilità che a seguito dell’introduzione del nuovo metodo tariffario, vi siano consistenti svalutazioni economiche del valore delle immobilizzazioni iscritte in bilancio. Il riferimento al nuovo metodo tariffario introduce poi un ulteriore elemento che potrebbe effettivamente spingere gli enti locali a prevedere interventi sulla struttura delle attuali società. Laddove si immaginassero ipotesi di mancato riconoscimento degli ammortamenti, magari in misura importante, è evidente che gli effetti non sarebbero solo di tipo economico, ma inciderebbero altresì sui flussi di cassa delle società. In tali casi l’equilibrio complessivo delle stesse potrebbe essere a rischio. Qualora la Società patrimoniale sia unica a livello di ambito, lo scenario può essere realizzato attraverso le operazioni già descritte nello scenario 1 punto 2a) e 2b), cioè mediante: a) scorporo del ramo di azienda relativo alle attività diverse dalla mera proprietà dei beni, comprensivo del relativo personale e trasferimento al Gestore di ambito del servizio idrico integrato mediante un’operazione di conferimento/cessione del ramo di azienda, ovvero scissione societaria; 25 b) scorporo del ramo di azienda relativo alle attività diverse dalla mera proprietà dei beni, comprensivo del relativo personale, e trasferimento dello stesso in una “newco” interamente partecipata dalla Società patrimoniale mediante un’operazione di conferimento/cessione del ramo di azienda, ovvero scissione societaria, le cui quote di partecipazione potranno essere successivamente alienate al Gestore di ambito del servizio idrico integrato. Nel caso di esistenza di una pluralità di Società patrimoniali a livello di ambito, invece, si potrà procedere alla loro aggregazione in un solo soggetto, attraverso: a) un’operazione di fusione per incorporazione, mediante la quale una delle società esistenti incorporerà le altre, le quali, in conseguenza dell’operazione, si estingueranno; questo tipo di fusione è da preferire alla fusione propriamente detta (che porta all’estinzione delle società partecipanti alla fusione ed alla nascita di un nuovo soggetto risultante dalla fusione), in quanto non porta alla costituzione di alcuna “nuova” Società; pertanto, la fusione per incorporazione non si pone in conflitto né con la sentenza della Corte costituzionale n. 320 del 2011, che senz’altro fa divieto di costituzione di “nuove” società patrimoniali di ambito, né con le previsioni di cui l’art. 9 del D.L. 95/2012 (c.d. spending review 2), che sancisce il divieto per gli Enti locali di istituire enti, agenzie e organismi comunque denominati e di qualsiasi natura giuridica, che esercitino una o più funzioni fondamentali e funzioni amministrative loro conferite3. Questa modalità di aggregazione presenta tempi di realizzazione e costi piuttosto contenuti, essendo, fra l’altro, un’operazione fiscalmente neutra; in particolare, la fusione non produce plusvalenze o minusvalenze in relazione al passaggio dei beni dalle società incorporate alla incorporante, tale passaggio non è soggetto da IVA, l’imposta di registro sulla deliberazione e sull’atto di fusione si applica in misura fissa, così come l’imposta ipotecaria e catastale in presenza di immobili; b) il conferimento di rami d’azienda: in alternativa alla fusione per incorporazione, l’operazione di aggregazione delle Società patrimoniali esistenti in uno stesso Ambito può essere realizzata anche mediante il conferimento nel patrimonio di una delle società dei rami d’azienda delle altre esistenti. Per effetto del conferimento, le società conferenti riceveranno una partecipazione nella società conferitaria. Successivamente al conferimento, le società conferenti verranno sciolte e poste in liquidazione, prevedendone l’estinzione in tempi ragionevolmente rapidi, non essendoci sostanzialmente alcun attivo da liquidare, ad eccezione delle partecipazioni nella società conferitaria che, al termine della liquidazione, verranno retrocesse agli Enti locali soci delle società conferenti. Dal punto di vista dei tempi di realizzazione, il conferimento di rami d’azienda si presenta sicuramente come un’operazione più rapida e meno articolata della fusione. A livello di costi, invece, le due operazioni tendono ad equivalersi, in quanto, si tratta anche in questo caso di un’operazione di riorganizzazione societaria attuata tramite conferimento di rami d’azienda, circostanza questa che la esclude dal campo di applicazione dell’Iva e la rende soggetta all’imposta di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa. Quest’ultima circostanza vale anche nel caso in cui siano presenti beni immobili, purché gli stessi facciano effettivamente parte di un ramo d’azienda, cioè di un insieme di 3 Secondo la Corte dei Conti – Sez. Reg. Controllo della Lombardia (deliberazione n. 403/2012) tale disposizione ha un perimetro di applicazione amplissimo, dal quale resterebbero escluse solo le società di cui all’art. 14 c. 32 del D.L. 78/2010, cioè quelle partecipate da Comuni con meno di 30.000 abitanti e da quelli con popolazione compresa fra 30.000 e 50.000 abitanti. 26 elementi attivi e passivi, rapporti commerciali e di lavoro che costituiscono unitamente un complesso organizzato, coordinato e funzionante di fattori produttivi, idoneo allo svolgimento dell’attività d’impresa. Per quanto attiene alla retrocessione delle quote della società risultate dall’aggregazione dalle società poste in liquidazione agli Enti locali soci delle stesse, l’operazione è esclusa dal campo di applicazione dell’IVA e soggetta ad imposta di registro in misura fissa. Scenario 3: integrazione delle Patrimoniali con il gestore di ambito del servizio idrico integrato Questo terzo scenario prevede che non ci si limiti a mantenere in vita la o le Società patrimoniali, con la relativa proprietà dei beni del servizio idrico di cui risultino attualmente proprietari, ma che si ipotizzi un percorso di aggregazione con il Gestore del servizio idrico integrato. Quindi, rispetto allo scenario 1, dove la proprietà dei beni veniva di fatto retrocessa agli Enti locali, in questo caso è prevista l’acquisizione da parte della Patrimoniale che risulterà dal percorso di aggregazione della proprietà dei beni del servizio idrico attualmente di proprietà del Gestore del servizio idrico integrato o dei gestori attualmente in essere di fasi del predetto servizio (c.d. “unificazione patrimoniale”). Come detto, la finalità del presente scenario è tuttavia più ampia rispetto ad una mera aggregazione dei beni del servizio, in quanto si perviene, con la Patrimoniale che risulterà dal processo di aggregazione, ad una vera e propria “unificazione” organizzativa e gestionale del servizio idrico integrato all’interno dell’ambito territoriale ottimale di riferimento, con definitivo superamento di qualsiasi distinzione soggettiva e/o funzionale all’interno dello stesso (c.d. “unificazione patrimoniale e gestionale”). Le operazioni giuridiche da porre in essere per realizzare l’integrazione fra la o le Patrimoniali ed il gestore del servizio idrico integrato di ambito possono variare a seconda della situazione dei vari ambiti territoriali e con particolare riguardo all’esistenza o meno, nell’ambito territoriale ottimale di riferimento, di un gestore di ambito a cui sia stata affidata la gestione del servizio idrico integrato ai sensi della Legge n. 36/1994 o del D.Lgs. 152/2006, oppure, dell’esistenza ancora di una pluralità di gestioni secondo la disciplina vigente prima della riforma. Nel caso dell’esistenza di un solo gestore di ambito, l’aggregazione fra Società patrimoniale e soggetto gestore potrà essere attuata mediante: 1. fusione propria: l’operazione, che comporta la costituzione di una nuova società e l’estinzione delle società partecipanti alla fusione, è indicata soprattutto al caso in cui ci si trovi di fronte ad un soggetto gestore che ha come oggetto della propria attività solo la gestione del servizio idrico; 2. scissione per incorporazione: questa operazione, invece, può essere implementata laddove ci si trovi in presenza di un soggetto gestore multiutility che svolge contemporaneamente più attività d’impresa; in tal caso, infatti, al fine di dare vita ad un soggetto che si occupi esclusivamente della gestione del servizio idrico, il soggetto gestore scinderà il ramo d’azienda relativo al servizio idrico a beneficio della Società patrimoniale che, per effetto della gestione, modificherà il proprio oggetto sociale, passando da una situazione in cui svolge funzioni di mera proprietaria dei beni del servizio idrico ad una situazione in cui tali funzioni vengono affiancate da quelle di gestione del servizio 27 idrico. Per effetto della scissione ai soci del soggetto gestore verranno assegnate azioni o quote di partecipazione al capitale della Società patrimoniale beneficiaria del ramo d’azienda idrico. Nel caso, invece, dell’esistenza di una pluralità di gestori nello stesso ambito territoriale ottimale, secondo la disciplina vigente prima della riforma, l’integrazione fra la Società patrimoniale ed i molteplici soggetti gestori potrà essere realizzata attraverso: 1. la fusione propria, di tutte le società esistenti, in modo da dare vita ad una sola società che, una volta conclusa l’operazione, racchiuda in sé sia la proprietà dei beni che la gestione del servizio; 2. scissione per incorporazione: questa operazione, invece, può essere implementata laddove ci si trovi in presenza di una pluralità di gestori multiutility che svolgono contemporaneamente più attività d’impresa; in tal caso, infatti, al fine di dare vita ad un soggetto che si occupi esclusivamente della gestione del servizio idrico, i soggetti gestori scinderanno il ramo d’azienda relativo al servizio idrico a beneficio della Società patrimoniale che, per effetto della gestione, modificherà il proprio oggetto sociale, passando da una situazione in cui svolge funzioni di mera proprietaria dei beni del servizio idrico ad una situazione in cui tali funzioni vengono affiancate da quelle di gestione del servizio idrico. Per effetto della scissione ai soci dei soggetti gestori verranno assegnate azioni o quote di partecipazione al capitale della Società patrimoniale beneficiaria del ramo d’azienda idrico. Infine, da segnalare che, qualora il soggetto gestore sia partecipato anche da soggetti privati, si ritiene opportuno procedere ad una scissione per incorporazione di tipo “asimmetrico”, in modo da evitare che tali soci privati ricevano, per effetto della scissione, azioni o quote di partecipazione della Società patrimoniale beneficiaria del ramo d’azienda idrico. Deve infatti ribadirsi il principio secondo il quale la Patrimoniale deve essere partecipata esclusivamente da enti pubblici territoriali. Scenario 4: acquisizione da parte dei Comuni o delle Società patrimoniali della proprietà dei beni del servizio idrico di proprietà delle Società di gestione Le finalità che s’intendono realizzare in questo quarto scenario sono, in via alternativa, le seguenti: 1. acquisizione “da parte dell’Ente o degli Enti locali (dei Comuni)” della proprietà dei beni del servizio idrico attualmente in proprietà della o delle Società di gestione; 2. acquisizione da parte della o delle Società patrimoniali attualmente esistenti della proprietà dei beni del servizio idrico attualmente in proprietà della o delle Società di gestione. Si ribadisce nuovamente che la Patrimoniale deve essere partecipata esclusivamente da enti pubblici territoriali. Conseguentemente, in caso di presenza di soggetti privati, dovranno essere poste in essere le procedure societarie per la loro estromissione dal capitale sociale della Patrimoniale medesima. Pertanto, in questo scenario l’obiettivo è quello di mantenere distinte le Società patrimoniali dalle Società di gestione e di limitarsi a porre in essere delle operazioni finalizzate al trasferimento da parte delle Società di gestione della proprietà dei beni del servizio idrico ai Comuni o alle Patrimoniali, nonché – eventualmente – a prevedere una disciplina giuridica che impedisca alle Società di gestione di diventare proprietarie dei beni del servizio idrico dalle stesse realizzate. 28 Entrambi i casi sopra delineati presentano il problema di non facile soluzione, che è rappresentato dalla necessità di pagare alla o alle società di Gestione il corrispettivo dei beni afferenti il servizio idrico che i Comuni o le società Patrimoniali vanno ad acquistare. Peraltro identico problema si pone nel caso opposto di acquisto di tali beni da parte della società di Gestione. La questione del valore di tali beni merita di essere affrontata con attenzione ed è sviluppata nel successivo capitolo 7.C. Sul piano invece del pagamento dei valori emersi, l’attuale crisi economico-finanziaria che sta interessando il nostro Paese ed i vincoli imposti a livello comunitario alla spesa pubblica, che il legislatore nazionale ha tradotto in vincoli stringenti soprattutto per gli Enti locali attraverso la definizione di specifici obiettivi di saldi finanziari che vengono imposti attraverso il c.d. Patto di Stabilità, rendono di fatto molto difficile poter ipotizzare che gli Enti locali riescano a reperire le risorse necessarie per acquistare dal o dai gestori del 4 servizio i beni afferenti il servizio idrico integrato, anche attraverso l’indebitamento . Stesse considerazioni possono essere fatte anche per le società Patrimoniali, le quali sono partecipate direttamente o indirettamente da Enti locali. A tale riguardo è da segnalare anche che, ai sensi dell’art. 18 comma 2-bis del D.L. 112/2008, anche tali società sono soggette al Patto di Stabilità e che tale vincolo diventerà operativo con l’emanazione del decreto attuativo previsto dalla vigente normativa5. Infine, la presenza di beni immobili fra gli asset da acquistare potrebbe portare gli Enti locali o le società patrimoniale a spese/costi fiscali di importo non trascurabile a titolo di imposte, realizzando di fatto un trasferimento di risorse dalle comunità locali allo Stato centrale. Scenario 5: mantenimento della proprietà dei beni del servizio idrico da parte delle Società di gestione del servizio Il presente scenario prevede il mantenimento da parte dei Gestori del servizio della proprietà dei beni del servizio idrico di cui risultino attualmente proprietari. Quindi, come già detto, niente cambia rispetto alla situazione attuale, in base alla quale le società di gestione del servizio acquisiscono la proprietà dei beni che realizzano, salvo l’obbligo di trasferirli ai Comuni o alle Società patrimoniali al termine dell’affidamento. Scenario 6: integrazione delle Patrimoniali con il gestore di ambito del servizio idrico Quest’ultimo scenario prevede che il Gestore del servizio idrico integrato di ambito non trasferisca alcun bene né ai Comuni, né alle Società patrimoniali, ma mantenga la titolarità dei beni del servizio idrico attualmente di sua proprietà, acquisisca la proprietà di quelli che realizzerà nel corso del periodo di affidamento (salvo l’obbligo di trasferimento ai Comuni o alle patrimoniali al termine dell’affidamento), e, 4 Le recenti manovre finanziarie hanno infatti previsto una drastica riduzione dei limiti all’indice di indebitamento previsto dall’art. 204 del D.Lgs. 267/2000, che consente agli Enti locali di poter contrarre mutui da destinare alla spesa per investimenti, la quale incontra poi le limitazioni previste dal Patto di Stabilità. 5 Al riguardo, si segnala che la norma citata prevede l’emanazione di un decreto attuativo che, ad oggi, non è stato ancora emanato, circostanza che ha consentito alle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo di non concorrere al conseguimento degli obiettivi del Patto di Stabilità. Tuttavia, nel corso delle ultime settimane, è stato predisposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze uno schema di decreto attuativo che prevede un meccanismo di contenimento della spesa basato principalmente sul contenimento dei costi e dell’indebitamento. 29 inoltre, acquisisca anche la proprietà dei beni del servizio idrico attualmente di proprietà della o delle Patrimoniali. Come detto, questo scenario, analogamente al “terzo scenario”, persegue la finalità sia della c.d. “unificazione patrimoniale”, sia della c.d. “unificazione patrimoniale e gestionale” attraverso l’aggregazione fra il Gestore del servizio e la o le Società patrimoniali. Il presente scenario si differenzia, tuttavia, dal precedente scenario n. 3, in quanto, in questo caso, si prevede che l’aggregazione avvenga non sulla patrimoniale esistente, bensì sul Soggetto gestore del servizio idrico integrato, il quale, non solo non trasferisce alcun bene né ai Comuni né alle Patrimoniali (che vengono meno), In sostanza, mentre lo “scenario 3” incentra il processo di aggregazione societaria e funzionale sulla Patrimoniale, il presente scenario incentra il medesimo processo sul Gestore del servizio idrico integrato. La condizione necessaria perché il presente scenario possa trovare applicazione è che si tratti di un Gestore avente natura giuridica di diritto pubblico o, almeno, pur con veste di società di capitali di diritto privato, che questa sia caratterizzata e disciplinata secondo il modello “in house”. Pur avvenendo infatti il trasferimento della proprietà del bene a favore del Soggetto gestore, non da parte di un ente locale territoriale (il Comune) ma da parte di un soggetto di diritto privato (la Patrimoniale), e pur non potendosi quindi qualificare propriamente i predetti beni come “demaniali”, è da escludersi che il predetto trasferimento possa realizzarsi a favore di Gestori costituiti da concessionari privati o anche solo società miste a partecipazione pubblica e privata. Inoltre, anche alla luce delle considerazioni svolte dalla Corte costituzionale, può risultare dubbia la legittimità del trasferimento di beni della Patrimoniale a favore di un gestore “pubblico” (in quanto avente natura giuridica di diritto pubblico o di società “in house”). E’ da ritenersi pertanto consigliabile, in conclusione, attuare il processo di aggregazione – con unificazione patrimoniale e gestionale del servizio – incentrandolo sulla Patrimoniale (secondo lo “scenario 3”) piuttosto che sul Gestore (secondo il presente scenario”. L’attuazione pratica di questo scenario può essere realizzata attraverso le operazioni societarie illustrate al precedente scenario 3. Tra le varie ipotesi considerate, quella che presenta maggiori difficoltà operative è forse quella della cessione che presuppone che il gestore disponga della liquidità necessaria per corrispondere il valore degli assets da acquistare (al riguardo valgono le stesse considerazioni espresse sopra relativamente alle difficoltà che si possono incontrare nella determinazione di tale valore), assets che, in molti casi, sono stati iscritti nella contabilità delle Società patrimoniali a valori contabili elevati, per effetto delle molteplici rivalutazioni che sono state realizzate nei vari passaggi da società municipalizzate, ad aziende speciali, a società di capitali. Ancorché una buona parte di tali assets sia presumibilmente già stata ammortizzata e quindi presenti un valore contabile tutto sommato contenuto, tali beni non possono certo essere ceduti a valori al di sotto del loro valore contabile. Al riguardo potrebbe essere ipotizzata una cessione con pagamento dilazionato in un arco temporale coincidente con il periodo di residuo ammortamento medio dei beni ceduti, in modo che l’impegno finanziario del gestore tenda a coincidere con gli introiti tariffari che lo 30 stesso riesce a realizzare in seguito al riconoscimento tariffario delle quote di ammortamento dei beni acquistati, a condizione che la nuova tariffa in corso di definizione da parte dell’A.E.E.G. prevede a regime tale riconoscimento. Sarebbe dunque preferibile prevedere operazioni che non si fondano su necessari trasferimenti di denaro, quali ad esempio i conferimenti e/o la scissione per incorporazione. In tali casi, dette operazioni potrebbero essere congegnate anche con la previsione del trasferimento al gestore unico dei debiti eventualmente contratti per la realizzazione dei beni stessi. Naturalmente, anche in questi casi deve essere attentamente valutata la possibilità che i valori iscritti in bilancio trovino un’adeguata copertura nell’attuale sistema tariffario. A questo proposito, si rinvia alle considerazioni svolte sul punto nei paragrafi precedenti. 31 5. Confronto tra le possibili operazioni societarie e individuazione delle possibili implicazioni di carattere fiscale e tariffario Nel presente paragrafo sono descritte le possibili implicazioni di carattere fiscale per ogni operazione societaria attuabile al fine di perseguire gli scenari di riorganizzazione del servizio definiti nei precedenti paragrafi. Sotto tali ipotesi, sono evidenziate anche le possibili implicazioni di carattere tariffario alla luce delle recenti novità introdotte dall’AEEG. Nel paragrafo 6, infine, per ogni operazione societaria è stata assegnata una valutazione di preferibilità in base all’efficacia ed efficienza delle operazioni e l’aderenza alla normativa di settore. 5.1 L’assegnazione dei beni del servizio idrico ai soci delle società patrimoniali o di gestione L’ipotesi dell’assegnazione dei beni ai soci, pubblici o privati, ricorre più volte nell’ambito dei diversi scenari sopra descritti. In particolare, le fattispecie in cui è previsto il ricorso alla suddetta operazione sono le seguenti: Scenario 1: scioglimento delle Società patrimoniali, sia “pure” che “spurie” o “multifunzione”, con successiva attribuzione della proprietà dei beni del servizio idrico ai soci, pubblici o privati; Scenario 2: scioglimento delle varie società patrimoniali esistenti a livello di Ambito, una volta eseguito il conferimento del loro patrimonio in una sola delle predette società; Scenario 4: scioglimento della/e Società di gestione, con successiva attribuzione della proprietà dei beni del servizio idrico ai relativi soci, pubblici o privati, oppure alla/e Società patrimoniale/i. Le modalità tecniche attraverso le quali è possibile addivenire alla predetta assegnazione dei beni del servizio idrico ai soci, pubblici o privati, delle Società patrimoniali o digestione sono sostanzialmente le seguenti: a) Liquidazione e successiva assegnazione della proprietà dei beni ai soci; b) Cessione d’azienda o di ramo d’azienda; c) Riduzione del capitale sociale, mediante assegnazione dei beni ai soci. Al riguardo, vale la pena descrivere brevemente le singole operazioni sopra elencate, analizzando la relativa disciplina fiscale, sia dal lato della imposizione diretta che della imposizione indiretta. 5.1.1 Liquidazione e successiva assegnazione della proprietà dei beni ai soci La disciplina del procedimento di liquidazione è prevista dagli artt. 2484 e seguenti del Codice Civile, quale percorso obbligatorio per addivenire all’estinzione di una società di capitali. Dalla data dell’iscrizione nel Registro delle Imprese della deliberazione dell’Assemblea relativa allo scioglimento della società gli amministratori conservano il potere di amministrare limitatamente agli affari urgenti, fino a quando non vengono nominati i liquidatori. Questi ultimi hanno gli stessi obblighi e responsabilità degli amministratori ed il loro mandato consiste nel compimento di tutti gli atti necessari per la vendita degli assets patrimoniali e per l’incasso di tutti i crediti, con lo scopo di reperire le risorse finanziarie 32 necessarie ed estinguere tutti i debiti sociali; le eventuali risorse che residuano dopo aver soddisfatto tutti i creditori sociali possono essere distribuite ai soci secondo uno specifico piano di riparto. Durante la liquidazione i liquidatori non possono intraprendere nuove operazioni, ma possono compiere gli atti necessari alla conservazione del valore dell’impresa, ivi compreso il suo esercizio provvisorio, secondo quanto previsto nella deliberazione relativa alla loro nomina. Gli aspetti fiscali della liquidazione sono disciplinati, ai fini delle imposte dirette, dall’articolo 182 del TUIR, il quale stabilisce le regole di determinazione del reddito d’impresa durante la fase di liquidazione. Il suddetto articolo prevede l’interruzione del normale periodo d’imposta alla data di inizio della liquidazione e considera l’intero successivo periodo di liquidazione, sino alla data di estinzione del soggetto, anche se di durata pluriennale, un unico autonomo periodo d’imposta. Più nel dettaglio, il reddito d’impresa relativo al periodo compreso tra l’inizio e la chiusura della liquidazione si determina in base al bilancio finale. Nell’ipotesi in cui la liquidazione si protragga oltre l’esercizio in cui ha avuto inizio, ma si concluda entro cinque anni per ogni periodo intermedio è prevista una tassazione provvisoria, salvo conguaglio in base al bilancio finale. I redditi determinati e tassati in via provvisoria (anche nei confronti dei soci) si intendono, invece, definitivi tanto nell’ipotesi in cui la liquidazione si protragga per più di cinque esercizi, compreso quello in cui ha avuto inizio, quanto in quella in cui venga omessa la presentazione del bilancio finale. Occorre segnalare che la determinazione provvisoria dei redditi sopra indicata vale solo ai fini IRES, ma non ai fini IRAP, in quanto non richiamata dalla relativa disciplina. Le regole di determinazione del reddito durante i periodi intermedi di liquidazione rimangono gli stessi di quelli previsti per i periodi normali di attività. Ciò crea dei problemi di coordinamento fra il reddito civilistico, emergente dai bilanci intermedi di liquidazione, e il reddito imponibile che deve essere determinato secondo le regole previste per i normali periodi di funzionamento. Così, ad esempio, relativamente alle immobilizzazioni, le eventuali plusvalenze o minusvalenze da valutazione non saranno riconosciute fiscalmente. In merito alla rilevanza reddituale delle somme o dei beni ricevuti dai soci al termine della procedura di liquidazione, se la partecipazione è detenuta in regime d’impresa da parte di società di natura privatistica, la disciplina è diversa a seconda della sussistenza, o meno, dei requisiti per la partecipation exemption (Pex), previsti dall’art. 87 del TUIR e che saranno oggetto di analisi nel prosieguo. Nel comma 7 dell’art. 87 del TUIR è, infatti, stabilito che nei caso di cui all’art. 47, comma 7, l’esenzione si applica – in presenza dei requisiti stabiliti – “alla differenza tra le somme o il valore normale dei beni ricevuti a titolo di ripartizione del capitale e delle riserve di cui all’art. 47, comma 5, e il valore fiscalmente riconosciuto della partecipazione”. Ai sensi dell’art. 47, comma 7, costituiscono utile le somme o il valore normale dei beni ricevuti dai soci in caso di recesso, di esclusione, di riscatto, di riduzione del capitale esuberante o di liquidazione anche concorsuale delle società ed enti per la parte che eccede il prezzo pagato per l’acquisto o la sottoscrizione delle azioni o quote annullate. 33 Tale disposizione, collocata nell’ambito delle norme applicabili ai soggetti IRPEF non esercenti attività d’impresa, si applica anche ai soggetti IRES per effetto del rinvio recato dall’art. 89, comma 2. Ne deriva, pertanto, che: per le partecipazione che beneficiano della Pex occorre distinguere l’importo corrisposto a titolo di utili da quello corrisposto a titolo di capitale. La quota parte corrispondente alle riserve di utili, infatti, è tassata secondo le modalità ordinarie previste per i dividendi (i.e. tassazione sul 5% del relativo ammontare), mentre la quota parte della somma riferibile alla ripartizione di riserve di capitale è parzialmente esente (nella misura del 95%) per la parte che eccede il costo fiscalmente riconosciuto6; per le partecipazioni che non beneficiano della Pex, se quanto corrisposto a titolo di riserve di capitale è superiore al costo fiscalmente riconosciuto, l’intera differenza concorre a formare il reddito imponibile del socio, mentre la quota parte relativa alle riserve di utili è (come nell’ipotesi precedente) assoggettata a imposizione con le regole proprie dei dividendi. L’assegnazione dei beni del comparto idrico ai soci in sede di liquidazione potrebbe, tuttavia, comportare alcuni problemi legati ai costi di transazione. Vediamo quindi di analizzare più nel dettaglio la relativa disciplina, dal punto di vista fiscale. Per quanto concerne l’imposizione diretta, le società partecipate costituite in forma di società di capitali sono riconducibili nella previsione di cui all’articolo 73, comma 1, lettera a), del Tuir; pertanto, il reddito complessivo, da qualsiasi fonte provenga, è considerato reddito d’impresa (articolo 81 del Tuir) e deve essere determinato apportando all’utile o alla perdita risultante dal conto economico le variazioni in aumento e in diminuzione previste dalla normativa fiscale. Per effetto della retrocessione dei beni del servizio idrico ai soci potrebbero, dunque, emergere delle plusvalenze tassabili in capo alle Società patrimoniali o di gestione, ciò anche nell’ipotesi in cui l’assegnazione dei beni ai soci venga effettuata a “valori contabili”. L’articolo 86, comma 1, lett. c) del TUIR, infatti, dispone che le plusvalenze dei beni relativi all’impresa concorrono a formare il reddito anche nell’ipotesi in cui i beni medesimi “... vengono assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa”. In tal caso, ai sensi del successivo comma 3, la plusvalenza va determinata quale differenza fra l’ultimo costo fiscalmente riconosciuto dei beni assegnati al socio ed il c.d. “valore normale” dei beni stessi (cioè, il loro corrente valore di mercato, quale si determina in base all’articolo 9 del TUIR), il quale prescinde, com’è ovvio, dal valore iscritto in bilancio. In base a quest’ultima disposizione, il “valore normale” dei corrispettivi, proventi, spese ed oneri in natura presi in considerazione dal contribuente si identifica nel “prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni o servizi della stessa specie o similari in condizioni di libera concorrenza ed al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i servizi sono stati acquistati o prestati ...” dovendo farsi “riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi”. 6 Per contro, se la predetta eccedenza è negativa, la stessa risulterà interamente indeducibile per le società di capitali (art. 101, comma 1, del TUIR). 34 Dal punto di vista dei soci delle Società patrimoniali o di gestione, invece, sebbene al termine del procedimento di liquidazione vengano assegnati loro dei rami d’azienda di valore contabile più elevato di quelli originariamente conferiti (sia per effetto degli investimenti effettuati dalle Società patrimoniali o di gestione che per effetto dell’estinzione anticipata dei debiti compresi negli originari rami d’azienda), tale plusvalore andrebbe praticamente ad annullarsi con il maggior valore della partecipazione che ciascun socio ha iscritto nel proprio bilancio (valore che, rispetto al conferimento originario, andrebbe ad incrementarsi per effetto della sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale finalizzato a dotare le Società patrimoniali o di gestione delle risorse necessarie all’estinzione dei debiti esistenti). Dal punto di vista delle imposte indirette, si rammenta che, ai sensi dell’articolo 2, secondo comma, n. 6) del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, costituiscono cessioni di beni, e devono quindi essere assoggettate ad imposta, “le assegnazioni ai soci fatte a qualsiasi titolo da società di ogni tipo e oggetto ....”. Al riguardo, tuttavia , l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che la disposizione sopra richiamata non si applica se l’assegnazione al socio ha ad oggetto beni per i quali non è stata detratta l’IVA all’atto dell’acquisto e ciò anche se sugli stessi sono stati eseguiti interventi di manutenzione, riparazione, recupero, per i quali, invece, si è provveduto a detrarre la relativa imposta (cfr. C.M. n. 40 del 13 maggio 2002; R.M. n. 194 del 17 giugno 2002; R.M. n. 191/E del 23 luglio 2009). Pertanto, qualora i beni del comparto oggetto di assegnazione ai soci costituiscano beni per i quali l’imposta non è stata detratta all’atto del relativo acquisto, l’operazione si configura come esclusa dal campo di applicazione dell’IVA, con conseguente assoggettamento ad imposta di registro. Discorso diverso, invece, dovrà essere fatto per i beni acquisiti dalle Società patrimoniali o di gestione nel corso della loro attività che sono andati ad incrementare i rami d’azienda originari, acquisizioni per le quali le Società in oggetto hanno detratto l’IVA addebitata in via di rivalsa da parte dei relativi fornitori: in tal caso, l’assegnazione ai soci di tali beni rappresenta un’operazione rientrante nel campo di applicazione dell’IVA ai sensi del citato art. 2 comma 2 let. 6) del D.P.R. n. 633/72. In tal caso, pertanto, facendo applicazione della disciplina IVA, le assegnazioni di beni ai soci potranno risultare: imponibili ad IVA, oppure esenti da IVA (ed assoggettate ad imposta di registro). Per quanto concerne le assegnazioni “soggette ad IVA”, sono tali quelle aventi ad oggetto beni mobili per i quali è stata operata la detrazione dell’IVA a monte ovvero quelle aventi per oggetto beni immobili che, ai sensi dell’art. 10, comma 1 n. 8-bis e 8-ter del D.P.R. n. 633/72 non risultano esenti. Più nel dettaglio, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 83/2012, risultano imponibili (per obbligo) le assegnazioni di immobili abitativi e strumentali operate dall’impresa di costruzione/ristrutturazione entro 5 anni dall’ultimazione dei lavori, mentre sono imponibili per opzione le assegnazioni di immobili abitativi e strumentali operate (dal 26 giugno 2012) oltre 5 anni dopo l’ultimazione della costruzione o dell’intervento di ristrutturazione, dall’impresa di costruzione o ristrutturazione. Inoltre, sono imponibili per opzione anche le 35 assegnazioni di immobili strumentali operate da soggetti diversi dall’impresa di costruzione o ristrutturazione7. L’aliquota IVA applicabile a tali assegnazioni dipende ovviamente dalla tipologia di bene assegnato. Per quanto concerne, invece, le assegnazioni “esenti da IVA”, si tratta di quelle operazioni che risultano esenti ai sensi dell’art. 10 co. 1 n. 8-bis, 8-ter e 27-quinquies del D.P.R. 633/72. In particolare, risultano esenti da IVA le assegnazioni (operate dal 26 giugno 2012): di immobili abitativi, operate da soggetti diversi dall’impresa di costruzione e ristrutturazione, ovvero operate da tali imprese oltre 5 anni senza opzione per l’imponibilità; di immobili strumentali, operate da soggetti IVA senza esprimere l’opzione per l’imponibilità (ad eccezione delle assegnazioni operate dall’impresa di costruzione entro 5 anni dall’ultimazione dei lavori); di beni acquistati dalla società senza il diritto alla detrazione totale della relativa imposta ai sensi degli artt. 19, 19-bis1 e 19-bis2. Passando, invece, a trattare il regime di tassazione ai fini delle imposte d’atto, si ritiene che, per mancanza dei requisiti oggettivi previsti dalla legge, non sussistano i presupposti per l’applicazione al caso di specie delle esenzioni previste dall’art. 118 del D.Lgs. 267/2000 (TUEL) in caso di retrocessioni di rami d’azienda8. In particolare, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 4, comma 1, lettere d) e a) della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 131/1986, l’imposta di registro troverà applicazione nella seguente misura: 7 Al riguardo, si ricorda che la distinzione tra immobili “abitativi” e immobili “strumentali” deve seguire il criterio oggettivo legato alla classificazione catastale dell’unità immobiliare (cfr. C.M. n.27/E del 4 agosto 2006), a prescindere dall’effettivo utilizzo della stessa, per cui: 8 - per “abitazioni” devono intendersi gli immobili classificati nel Gruppo A, ad eccezione della categoria A/10; - per “fabbricati strumentali” quelli censiti nella categoria A/10 e nei Gruppi B, C, D ed E. L’art. 118 del D.Lgs. 267/2000 (TUEL) prevede infatti: “1. I trasferimenti di beni mobili ed immobili effettuati dai comuni, dalle province e dai consorzi fra tali enti a favore di aziende speciali o di società di capitali di cui al comma 13 dell’articolo 113, sono esenti, senza limiti di valore, dalle imposte di bollo, di registro, di incremento di valore, ipotecarie, catastali e da ogni altra imposta, spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie o natura. Gli onorari previsti per i periti designati dal tribunale per la redazione della stima di cui all’articolo 2343 del codice civile, nonché gli onorari previsti per i notai incaricati della redazione degli atti conseguenti ai trasferimenti, sono ridotti alla metà. 2. Le disposizioni previste nel comma 1 si applicano anche ai trasferimenti ed alle retrocessioni di aziende, di complessi aziendali o di rami di essi posti in essere nell'ambito di procedure di liquidazione di aziende municipali e provinciali o di aziende speciali, adottate a norma delle disposizioni vigenti in materia di revoca del servizio e di liquidazione di aziende speciali, qualora dette procedure siano connesse o funzionali alla contestuale o successiva costituzione di società per azioni, aventi per oggetto lo svolgimento del medesimo servizio pubblico in precedenza svolto dalle aziende soppresse, purché i beni, i diritti, le aziende o rami di aziende trasferiti o retrocessi vengano effettivamente conferiti nella costituenda società per azioni. Le stesse disposizioni si applicano altresì ai conferimenti di aziende, di complessi aziendali o di rami di essi da parte delle province e dei comuni in sede di costituzione o trasformazione dei consorzi in aziende speciali e consortili ai sensi degli articoli 31 e 274 comma 4, per la costituzione di società per azioni ai sensi dell'articolo 116, ovvero per la costituzione, anche mediante atto unilaterale, da parte di enti locali, di società per azioni al fine di dismetterne le partecipazioni ai sensi del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, e successive modificazioni”. 36 Con conferimento di proprietà o diritto reale di godimento su beni immobili le stesse aliquote di cui all’art. 1 della Tariffa Con conferimento di proprietà o diritto reale di godimento su beni immobili strumentali 4% Con conferimento di proprietà o diritto reale di godimento su aziende o su complessi aziendali relativi a singoli rami dell’impresa € 168 Con conferimento di denaro, di beni mobili, esclusi i veicoli iscritti al Pra, e di diritti € 168 Con specifico riferimento ai beni immobili, ai fini delle imposta di registro, ipotecarie e catastali, occorre operare una distinzione a seconda che l’assegnazione dei beni ai soci risulti o meno soggetta ad IVA, nonché a seconda della natura pubblica o privata del soggetto che risulta assegnatario dei beni. 5.1.1.1 Assegnazione a favore di soggetti pubblici Qualora l’assegnazione dei beni immobili non risulti soggetta ad IVA e sia effettuata a favore del Comune, troverà applicazione l’articolo 1, comma 1, della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 131/1986, il quale dispone che “Se il trasferimento avviene a favore dello Stato, ovvero a favore di enti pubblici territoriali o consorzi costituiti esclusivamente fra gli stessi ovvero a favore di comunità montane” è dovuta l’imposta di registro nella misura fissa di € 168. All’atto del trasferimento dei suddetti beni immobili al Comune risulteranno, inoltre, dovute le imposte ipotecarie e catastali; ciò in quanto, secondo quanto disposto dagli artt. 1, comma 2 e 10, comma 3, del T.U.I.C., l’esenzione dal pagamento di tali imposte è accordata esclusivamente alle formalità e alle operazioni eseguite “nell’interesse dello Stato”. Più nel dettaglio, l’imposta ipotecaria è dovuta nella misura fissa di € 168, ai sensi dell’art. 2 della Tariffa allegata al D.Lgs. 347/1990 (c.d. Testo Unico delle imposte ipotecarie e catastali, T.U.I.C.); a sua volta, l’imposta catastale, ai sensi dell’art. 10 del T.U.I.C, si applica nella misura dell’1% su una base imponibile costituita dal valore dei medesimi beni determinato utilizzando i criteri dettati dalla normativa sull’imposta di registro (artt. 43 ss., D.P.R. 131/1986) e dalla normativa concernente l’imposta sulle successioni e donazioni (artt. 14 ss., D.Lgs. 346/1990), i quali, sostanzialmente, fanno riferimento al valore venale in comune commercio dei beni oggetto di trasferimento. Viceversa, nel caso in cui l’assegnazione dei beni immobili a favore dei Comuni sia soggetta ad IVA, per il principio di alternatività IVA-registro, previsto dall’art. 40, comma 1 del D.P.R. n. 131/1986 (Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro), l’operazione sconta le imposte di registro, ipotecarie e catastali nella misura fissa di € 168, per ciascuna imposta. Così è, ad esempio, per le assegnazioni di immobili abitativi imponibili IVA. Fanno unicamente eccezione le assegnazioni di immobili strumentali imponibili IVA, le quali scontano: l’imposta di registro nella misura fissa di € 168, in ossequio al principio di alternatività IVA-registro; l’imposta ipotecaria nella misura fissa di € 168, ai sensi dell’art. 2 della Tariffa allegata al D.Lgs. 347/1990 (c.d. Testo Unico delle imposte ipotecarie e catastali, T.U.I.C.); l’imposta catastale nella misura proporzionale dell’1%.Nel caso in cui l’attribuzione del complesso dei beni ai Comuni sia qualificabile quale trasferimento di “azienda o ramo di azienda”, l’imposta di 37 registro trova applicazione sempre nella misura fissa di € 168, ai sensi del combinato disposto dell'articolo 4, comma 1, lettere d) e a) della Tariffa, parte prima. Al riguardo, si rammenta che l’art. 2555 c.c. definisce l’azienda come “il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”. La nozione codicistica di azienda si pone, quindi, in stretto rapporto strumentale con l’esercizio dell’impresa, nel senso che l’azienda costituisce lo strumento attraverso il quale l’imprenditore esercita l’attività di impresa9. 5.1.1.2 Assegnazione a favore di soggetti privati Qualora l’assegnazione dei beni immobili non risulti soggetta ad IVA e sia effettuata a favore di società aventi natura privatistica, ai fini dell’imposta di registro troveranno applicazione le aliquote ordinariamente previste nel caso di trasferimento dei singoli beni per atto tra privati (i.e. 7% per i fabbricati, 8% per i terreni edificabili, 15% per i terreni agricoli Con riferimento alle imposte ipotecaria e catastale le stesse risulteranno dovute, rispettivamente, nella misura: del 2% e dell’1%, nel caso di immobili abitativi; del 3% e dell’1%, nel caso di immobili strumentali. Nel caso, invece, di assegnazione di beni immobili soggetta ad IVA, per il principio di alternatività IVAregistro, disposto dall’art. 40, comma 1 del D.P.R. n. 131/1986, l’operazione sconta le imposte di registro, ipotecarie e catastali nella misura: fissa di € 168, per ciascuna imposta, nel caso di immobili abitativi; fissa di € 168, per l’imposta di registro e proporzionale nella misura del 4% totale per le imposte ipotecaria e catastale, nel caso di immobili strumentali. Infine, qualora l’attribuzione del complesso dei beni ai soci venga qualificata quale trasferimento di “azienda o ramo di azienda”, l’imposta di registro tornerebbe ad applicarsi nella misura fissa di € 168, ai sensi del combinato disposto dell'articolo 4, comma 1, lettere d) e a) della Tariffa, parte prima. Riguardo al regime di tassazione ai fini delle imposte indirette, degli atti di assegnazione del complesso dei beni appartenenti alle società partecipate, occorre tuttavia dare atto di alcune importanti novità legislative che, in assenza di nuovi interventi da parte del Legislatore nazionale, sono destinate ad entrare in vigore a partire dal 1° gennaio 2014. Il riferimento è all’art. 10 del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23 (c.d. “Federalismo Fiscale Municipale”), il quale muta parte della disciplina dell’imposta di registro. La suddetta disposizione prevede che, in modifica de comma 1 dell’art. 1 della Tariffa, parte I, allegata al D.P.R. n. 131/1986, le aliquote dell’imposta di registro, applicabili ai trasferimenti immobiliari, sono così individuate: 9% per gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere e per gli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, compresi la rinuncia pura e semplice agli stessi, i provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità e i trasferimenti coattivi; 9 La caratteristica che distingue l’azienda da un mero insieme di beni è l’organizzazione, per cui si è in presenza di un’azienda soltanto nel caso in cui i beni che la compongono siano tra loro funzionalmente collegati e coordinati al fine di realizzare una determinata attività imprenditoriale. L’altra caratteristica fondamentale dell’azienda è la destinazione ad un fine produttivo, in quanto l’azienda può definirsi tale solo se i beni che la compongono sono organizzati e coordinati per l’esercizio di un’attività economica. 38 2% per i trasferimenti che usufruiscono delle c.d. agevolazioni “prima casa”. Il citato art. 10 del Decreto prevede che i trasferimenti immobiliari assoggettati all’imposta di registro e tutti gli atti e le formalità poste in essere per effettuare gli adempimenti presso il Catasto e i Registri immobiliari siano esenti dall’imposta di bolle, dalle imposte ipotecarie e catastali, dai tributi speciali catastali e dalle tasse ipotecarie. Inoltre, sono soppresse tutte le esenzioni e agevolazioni tributarie, anche se previste in leggi speciali, in relazione agli atti rientranti nelle summenzionate modifiche. La completa sostituzione e riformulazione dell’art. 1 della Tariffa, parte I, comporta, dunque, a partire dal 1° gennaio 2014, l’eliminazione: a. della differente aliquota ordinaria tra fabbricati (7%), terreni edificabili (8%) e terreni agricoli (15%); b. dell’imposta fissa di € 168 per i trasferimenti a titolo oneroso a favore dello Stato, degli enti pubblici territoriali e loro consorzi. Ai Comuni sarà comunque devoluta una quota pari al 30% del gettito delle imposte d’atto erariali, mediante la partecipazione ad un Fondo perequativo per il finanziamento delle spese dei Comuni e delle Province. 5.1.2 Cessione d’azienda ai soci Per quanto riguarda la cessione d’azienda ai soci, si rileva che, dal punto di vista civilistico, ai sensi dell’art. 2556 c.c., per le imprese soggette a registrazione, i contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà o il godimento dell'azienda devono essere provati per iscritto, ferma restando l’osservanza delle forme stabilite dalla legge per il trasferimento dei singoli beni che compongono l’azienda o per la particolare natura del contratto. La forma scritta è quindi richiesta non ad substantiam, bensì ad probationem, in quanto il contratto di trasferimento dell’azienda deve essere provato per iscritto ai fini dell’opponibilità verso i terzi, pur essendo valido ed efficace tra le parti, anche se non è stato redatto per iscritto. Tuttavia, se il complesso aziendale comprende beni il cui trasferimento richiede una particolare forma (ad esempio, beni immobili o beni mobili registrati), la forma scritta è richiesta ad substantiam, con la conseguenza che in assenza di forma scritta il contratto risulterebbe nullo per i beni per i quali è imposta tale forma (art. 1350 c.c.). In ogni caso, per rispettare gli obblighi di pubblicazione nel Registro delle imprese, l’atto di cessione d’azienda deve essere necessariamente redatto secondo le seguenti forme, per le quali è richiesto l’intervento del notaio (rispettivamente rogante ed autenticante): atto pubblico; scrittura privata autentica. Dal punto di vista fiscale, si rileva come la cessione d’azienda o di ramo d’azienda dia luogo alla formazione di una plusvalenza tassabile, pari alla differenza tra il prezzo di cessione ed il costo fiscalmente riconosciuto del ramo d’azienda medesimo. 39 In particolare, essendo il cedente una società di capitali, la plusvalenza derivante dalla cessione d’azienda o di ramo d’azienda confluisce nel reddito di impresa a norma dell’art. 86 del TUIR, in base al quale “concorrono alla formazione del reddito anche le plusvalenze delle aziende, compreso il valore di avviamento, realizzate unitariamente mediante cessione a titolo oneroso...”. In via ordinaria, la plusvalenza derivante dalla cessione a titolo oneroso dell’azienda rappresenta pertanto un componente positivo che concorre interamente a formare il reddito d’impresa del cedente nell’esercizio in cui la cessione è realizzata, in base al principio della competenza economica. L’art. 109, comma 2, del TUIR dispone infatti che, ai fini della determinazione dell’esercizio di competenza, i corrispettivi per la cessione d’azienda si considerano conseguiti alla data di stipulazione dell’atto ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà. Si precisa al riguardo che, anche qualora nell’ambito del contratto di cessione d’azienda fosse previsto il pagamento del corrispettivo con modalità rateali, ciò non influirebbe, comunque, sulla determinazione della plusvalenza, in quanto si deve, in ogni caso, tener conto della totalità del corrispettivo, così come stabilito dal contratto. In base a quanto previsto dall’art. 86, comma 4, del TUIR, se l’azienda è posseduta per un periodo non inferiore a tre anni, la plusvalenza può essere rateizzata in quote costanti in un massimo di cinque esercizi. La singola società patrimoniale cedente il ramo d’azienda sarebbe dunque libera di scegliere il numero di esercizi su cui distribuire la tassazione della plusvalenza (minimo uno e massimo cinque), purché l’entità della quota imputabile a ciascun periodo d’imposta risulti costante. Con riferimento al requisito del possesso per un periodo di tempo non inferiore a tre anni, il Ministero delle Finanze ha avuto modo di chiarire, con la C.M. n. 320/E del 19 dicembre 1997, che tale termine va computato, ai sensi dell'art. 2963 c.c., avendo riguardo al giorno in cui l'azienda è stata acquisita o l'impresa si è costituita, indipendentemente dall’acquisto dei singoli beni che compongono il ramo aziendale. Per quanto riguarda l’IRAP, come chiarito dalla C.M. n. 263/E del 12 novembre 1998 e ribadito dalla C.M. n. 27/E del 26 maggio 2009 (par. 1.2.), con riferimento alle modifiche apportate alla disciplina dell’IRAP dalla legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Legge Finanziaria per il 2008), le plusvalenze (e le minusvalenze) derivanti dalla cessione d’azienda non rilevano ai fini del predetto tributo. La cessione d’azienda, infatti, è un’operazione che genera sempre componenti straordinarie che non concorrono alla formazione della base imponibile IRAP. Dal lato delle imposte indirette, invece, la cessione d’azienda non è un’operazione soggetta ad IVA, stante la previsione di cui all’art. 2, comma 3, lett. b) del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. Per il principio di alternatività, previsto dall’art. 40, comma 1 del D.P.R. n. 131/1986 (Testo unico sull’imposta di registro), l’atto di cessione d’azienda è soggetto a registrazione in termine fisso e sconta l’imposta di registro in misura proporzionale. In particolare, le aliquote proporzionali dell’imposta di registro sono differenziate in funzione dei beni che compongono l’azienda: 3% per i beni e diritti diversi da quelli immobiliari (compreso l’avviamento); 40 7% per i fabbricati e relative pertinenze; 8% per i terreni edificabili; 15% per i terreni agricoli. Ai sensi dell’art. 51, commi 2 e 4, DPR n. 131/1986, la base imponibile dell’imposta di registro è data dal valore “venale di comune commercio” dell’azienda oggetto di cessione, che è dato dal valore complessivo dei beni che la compongono, al netto delle passività trasferite, incrementato del valore dell’avviamento. La circostanza che la base imponibile dell’imposta di registro non sia rappresentata dal corrispettivo che le parti hanno indicato nell’atto di compravendita, bensì dal valore di mercato dell’azienda, espone l’operazione in esame ad una valutazione di congruità da parte dell’Ufficio. Altro rischio fiscale che si riconnette a tale operazione riguarda il potere dell’Amministrazione finanziaria di rettificare la plusvalenza dichiarata ai fini delle imposte sui redditi, a seguito della vendita dell’azienda, qualora si rilevi una differenza tra il prezzo indicato in atto ed il suo valore “venale”, così come definitivamente accertato ai fini dell’imposta di registro. Al riguardo, tuttavia, si rileva che, secondo la tesi dominante, il valore di mercato determinato ai fini dell’imposta di registro costituisce, ai fini delle imposte sui redditi, una mera presunzione semplice, non dotata dei necessari requisiti di gravità, precisione e concordanza, e quindi in sé inidonea a fondare un eventuale avviso di accertamento. 5.1.3 Riduzione del capitale sociale, mediante assegnazione dei beni ai soci L’operazione di riduzione del capitale sociale consiste nel portare il capitale ad una cifra inferiore rispetto a quella precedente. A partire dal 1° gennaio 2004, la riduzione del capitale mediante liberazione dei soci dall’obbligo dei versamenti ancora dovuti o mediante rimborso del capitale ai soci, non è più subordinata alla “eccedenza” del capitale sociale rispetto all’oggetto sociale. Il D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 ha infatti modificato il precedente art. 2445 il quale, nella nuova formulazione, si limita a prevedere che la riduzione del capitale sociale può aver luogo sia mediante liberazione dei soci dall’obbligo dei versamenti ancora dovuti, sia mediante rimborso del capitale ai soci nei limiti ammessi dagli artt. 2327 (capitale minimo delle S.p.A. non inferiore a € 120.000) e 2413 (divieto di riduzione del capitale se, rispetto alle obbligazioni ancora in circolazione, è superato il limite del doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato). Ciò comporta che per l’adozione di questa particolare modalità di riduzione non è più necessario che sussista l’eccesso dei mezzi di cui la società dispone rispetto alla attività economica esercitata. Il che si traduce in un consistente ampliamento delle possibilità applicative di tale riduzione. La competenza a deliberare la riduzione del capitale appartiene all’assemblea straordinaria. L’avviso di convocazione deve, comunque, indicare le ragioni e le modalità per procedere alla riduzione. La riduzione volontaria è idonea a pregiudicare i creditori sociali: l’esecuzione della delibera è, pertanto, eseguibile solo dopo 90 giorni dall’iscrizione sul Registro delle imprese, qualora nessun creditore sociale anteriore alla riduzione abbia proposto opposizione. Il tribunale può comunque disporre che l’operazione 41 abbia luogo nonostante l’opposizione qualora ritenga che la riduzione non provochi alcun fondato pregiudizio a carico dei creditori o qualora la società presti idonea garanzia. Per quanto riguarda gli aspetti fiscali che si riconnettono, sia dal lato delle imposte dirette che dal lato delle imposte indirette, alla assegnazione di beni ai soci mediante riduzione del capitale sociale valgono le stesse considerazioni che abbiamo già sviluppato in riferimento alla procedura di liquidazione delle società di capitali, a cui pertanto interamente si rinvia. 5.2 Riordino delle attuali società patrimoniali Il riordino delle Società patrimoniali passa sia attraverso una loro integrazione reciproca e/o con gli attuali soggetti gestori del servizio idrico, al fine di ottenere una riduzione complessiva dei costi di struttura e di poter così beneficiare di rilevanti economie di scala, sia attraverso una riarticolazione delle funzioni attualmente svolte dalle Società patrimoniali c.d. “spurie” o “multifunzione”. 5.2.1 Integrazione tra società patrimoniali e/o soggetto gestore Le ipotesi in cui è previsto il ricorso ad operazioni di integrazione che possono interessare a vario titolo le Società patrimoniali attualmente esistenti sono le seguenti: Scenario 2: aggregazione in un solo soggetto delle varie Società patrimoniali attualmente esistenti a livello di Ambito; Scenario 3 e 6: aggregazione fra Società patrimoniali e soggetto/i gestore/i, nel caso di esistenza di un solo gestore di Ambito oppure di una pluralità di gestori nello stesso ambito territoriale ottimale. Le modalità tecniche attraverso le quali è possibile addivenire alla predetta integrazione fra Società patrimoniali e/o soggetti gestori del servizio idrico integrato possono essere così riepilogate: a) fusione propria; b) fusione per incorporazione. 5.2.1.1 Fusione Secondo quanto previsto dall’art. 2501 c.c., la fusione può essere attuata mediante costituzione di una nuova società (fusione propria) o mediante l’incorporazione di una o più società in un’altra preesistente (fusione per incorporazione). Nella fusione propria, le società partecipanti perdono la loro individualità dando vita ad una nuova società. Nelle fusione per incorporazione, una società (società incorporante) incorpora le altre società partecipanti all’operazione (società incorporate). Le due forme di fusione conducono al medesimo risultato: la società risultante dalla fusione disporrà di un patrimonio derivante dalla confluenza dei singoli patrimoni delle società partecipanti e di una compagine sociale costituita dagli stessi soci delle medesime. La differenza fondamentale tra le due forme di fusione sta nel fatto che nella fusione propria le singole società scompaiono per creare un nuovo soggetto, mentre nella fusione per incorporazione, la società incorporante mantiene la propria soggettività. 42 In ogni caso, le società fuse o incorporate perdono la loro individualità giuridica per dare vita ad una nuova entità giuridica coincidente con la società risultante dalla fusione. Per arrivare a tale risultato, i soci delle società fuse o incorporate ricevono, in cambio delle quote o azioni detenute prima della fusione, le quali vengono annullate, azioni o quote della società risultante dall’operazione. Momento fondamentale della procedura di fusione è rappresentato dalla redazione del progetto di fusione, disciplinato dall’art. 2501-ter c.c., sulla cui approvazione sono chiamate a deliberare le assemblee delle rispettive società partecipanti all’operazione. Tale documento è redatto dagli organi amministrativi delle società interessate, i quali provvedono congiuntamente a formalizzare un unico documento che dovrà essere poi sottoposto alla decisione dei soci. L’art. 2501-quater c.c. stabilisce che l’organo amministrativo delle società partecipanti alla fusione deve redigere la situazione patrimoniale delle società stesse, riferita ad una data non anteriore di oltre quattro mesi dal giorno in cui il progetto di fusione è depositato nella sede della società. Il progetto di fusione, assieme alla situazione patrimoniale ex art. 2501-quater c.c., deve essere depositato presso il Registro delle imprese almeno 30 giorni prima della data fissata per la decisione in ordine alla fusione, salvo che i soci rinuncino al predetto termine con consenso unanime. L’art. 2501-quinquies c.c. pone a carico dell’organo amministrativo delle società partecipanti alla fusione l’onere di predisporre una relazione che illustri le ragioni dell’operazione e i metodi seguiti per giungere alla determinazione del rapporto di cambio, evidenziando le eventuali difficoltà di valutazione riscontrate. L’art. 2501-sexies c.c. prevede, inoltre, che il progetto di fusione sia accompagnato anche da una relazione redatta da uno o più esperti, la cui finalità è quella di esprimere un giudizio sulla congruità del rapporto di cambio delle azioni o quote indicato nel progetto stesso. Posto che la relazione dell’organo amministrativo, così come quella da parte dell’esperto o degli esperti, sono dettate nell’interesse esclusivo dei soci, gli artt. 2501-quinquies e 2501-sexies prevedono che le predette relazioni non siano richieste “se vi rinunciano all'unanimità i soci e i possessori di altri strumenti finanziari che attribuiscono il diritto di voto di ciascuna delle società partecipanti alla fusione”. L’art. 2502 c.c. stabilisce che la “fusione è decisa da ciascuna delle società che vi partecipano mediante l’approvazione del relativo progetto”. Dopo aver espletato le formalità pubblicitarie della delibera di fusione tramite deposito per l’iscrizione al Registro delle Imprese, per rendere efficace la fusione è necessario redigere un’ulteriore atto, quale l’atto di fusione. Tuttavia, al fine di tutelare gli interessi dei creditori sociali e degli obbligazionisti delle società partecipanti alla fusione, la disciplina in esame prevede un periodo di sospensione obbligatorio tra la data della delibera e la data si stipula dell’atto di fusione. In particolare, i creditori sociali sono presi in considerazione dall’art. 2503 c.c., il quale prevede, al primo comma, che “la fusione può essere attuata solo dopo sessanta giorni dall’ultima delle iscrizioni previste dall’articolo 2502-bis”, ossia dall’ultima delle iscrizioni della delibera di fusione nel Registro delle Imprese di ciascuna delle società partecipanti. 43 Per quanto concerne l’efficacia “reale” della fusione, consistente nell’unificazione delle società con le relative conseguenze nei confronti dei soci e dei terzi, i relativi effetti si producono a partire dall’ultima delle iscrizione dell’atto di fusione presso il Registro delle Imprese. La retrodatazione degli effetti della fusione, quindi, è possibile solo per alcuni effetti di carattere tecnico e contabile, detti “interni o obbligatori”, i quali non incidono sui diritti dei soci e dei terzi. Semplificazioni procedurali sono, comunque, previste per alcune tipologie di fusione, e in particolare per: l’incorporazione di società interamente possedute; la fusione di società posseduta al novanta per cento; la fusione alla quale non partecipano società azionarie. Dal lato dell’imposizione diretta, l’operazione di fusione si caratterizza per il relativo carattere di neutralità fiscale, sancito dal primo comma dell’art. 172 del Tuir, per il quale “la fusione tra più società non costituisce realizzo né distribuzione di plusvalenze e minusvalenze dei beni delle società fuse, comprese quelle relative alle rimanenze ed il valore di avviamento”. Per effetto del suddetto principio di neutralità, il patrimonio della società fusa o incorporata confluisce all'interno di quello della società incorporante o risultante dalla fusione senza che tale circostanza determini un “realizzo fiscale” delle relative componenti. La diretta conseguenza della neutralità fiscale della fusione è quello della continuità dei valori fiscalmente riconosciuti dei beni coinvolti nell'operazione. Il Legislatore ha, infatti, previsto che i beni della società fusa o incorporata conservino in capo alla società incorporante o risultante dalla fusione lo stesso valore fiscale originario, mirando così ad evitare sia salti d'imposta, sia doppie imposizioni sullo stesso valore. In tal senso, la neutralità e la continuità dei valori fiscalmente riconosciuti si correlano al principio di simmetria, in base al quale il mancato realizzo di plusvalori tassati sui beni della società incorporata o fusa, trasferiti per effetto della fusione, non può determinare un innalzamento dei relativi valori fiscali in capo alla società risultante. Da notare, al riguardo, che non assume alcuna rilevanza il comportamento contabile assunto dal contribuente, il quale ben può iscrivere i beni ricevuti dalla società estinta a valori diversi da quelli fiscali senza tuttavia determinare alcun effetto sul reddito imponibile della società risultante dalla fusione. Ai sensi del comma 4 dell’art. 172 del TUIR, la società risultante dalla fusione (nella fusione propria), ovvero quella incorporante (nella fusione per incorporazione), subentra negli obblighi e nei diritti delle società fuse o incorporate relativi alle imposte sui redditi, compreso, quindi, il diritto a riportare in diminuzione del proprio reddito le perdite fiscali ante fusione delle società fuse o incorporate. Tuttavia, allo scopo di contrastare il fenomeno elusivo delle cosiddette “bare fiscali” cioè fusioni con società prive di un’effettiva attività economica poste in essere al solo fine di utilizzare le perdite delle società interessate, il legislatore tributario ha condizionato la riportabilità delle perdite ante fusione (fermo restando il rispetto dei limiti temporali di cui all’articolo 84 del TUIR) al rispetto di determinati parametri qualitativi e quantitativi in capo alle società cui le perdite stesse si riferiscono. 44 In primo luogo, è necessario verificare per ciascuna società con perdite fiscali riportabili se risultano soddisfatti determinati requisiti di “vitalità economica”. In particolare, l’art. 172, comma 7, del TUIR prevede che la società a cui si riferiscono le perdite fiscali abbia conseguito, nell’esercizio precedente a quello in cui la fusione è stata deliberata, ricavi e proventi caratteristici, nonché spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, per un ammontare superiore al 40% di quello che risulta dalla media degli ultimi due esercizi anteriori. Dopo aver verificato il superamento del test di vitalità economica, è necessario accertare il limite del quantum di perdite pregresse riportabili sulla base del patrimonio netto della società che ha maturato le perdite. Infatti, secondo quanto previsto dal comma 7 dell’art. 172 del TUIR, le perdite di ciascuna società partecipante alla fusione, comprese quelle della società incorporante, possono essere riportate in diminuzione del reddito della società risultante dalla fusione o incorporante per la parte del loro ammontare che non eccede il rispettivo patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio d’esercizio, ovvero dalla situazione patrimoniale redatta ai sensi dell’art. 2501-quater c.c., se il patrimonio netto da essa risultante è inferiore a quello dell’ultimo bilancio. Inoltre, per evitare un facile aggiramento della norma mediante l’effettuazione di operazioni di ricapitalizzazione, in vista dell’operazione di fusione, è disposto che, ai fini del computo delle perdite riportabili, il patrimonio netto deve essere considerato al netto dei conferimenti (sia in denaro che in natura) e dei versamenti effettuati dai soci nei ventiquattro mesi che precedono la data di riferimento della situazione patrimoniale ex art. 2501-quater c.c. I passaggi di beni che si determinano a seguito del perfezionamento di operazioni di fusione sono espressamente esclusi dalla sfera di imponibilità dell’IVA. Infatti, come testualmente affermato dall’art. 2, comma 3, lett. f) del DPR n. 633/1972, non sono considerate cessioni di beni “i passaggi di beni in dipendenza di fusioni, scissioni o trasformazioni di società e di analoghe operazioni poste in essere da altri enti”. Ai sensi della lett. b) del n. 6 dell’art. 4 della Parte I della Tariffa allegata al D.P.R. 131/1986, l’operazione di fusione sconta l’imposta di registro, dovuta in misura fissa di € 168,00, da corrispondere sia al momento della registrazione della delibera di fusione, sia al momento della registrazione dell’atto di fusione. L’imposta si applica in misura fissa anche nel caso in cui, nei patrimoni delle società fuse o incorporate, risultino compresi uno o più beni o diritti reali immobiliari. Per le imposte ipotecarie e catastali si applica l’imposta in misura fissa di € 168,00 ciascuna, anche nel caso in cui nel patrimonio delle società fuse o incorporate vi siano immobili. 5.2.1.2 Fusione per incorporazione Nella fusione per incorporazione, come già riferito, la società incorporante provvede ad incorporare le altre società partecipanti all’operazione. L’incorporazione comporta l’aumento del capitale sociale al fine di attribuire quote o azioni dell’incorporante ai soci delle società incorporate sulla base di un determinato rapporto di cambio tra vecchie e nuove azioni o quote, con contestuale annullamento delle azioni o quote delle società incorporate. 45 Per quanto concerne gli aspetti procedurali, nonché i relativi riflessi dal lato fiscale, si rimanda integralmente a quanto esposto in precedenza con riguardo alla fusione propria. 5.2.2 Riarticolazione delle funzioni tra società patrimoniali e/o tra patrimoniali e soggetto gestore La riarticolazione delle funzioni tra Società patrimoniali e/o tra queste ed i soggetto gestori del servizio idrico potrebbe rivelarsi opportuna in ipotesi di Società patrimoniali c.d. “spurie” o “multifunzione”, le quali svolgono attività diverse ed ulteriori rispetto alla mera detenzione della proprietà dei beni afferenti il servizio idrico, così come in ipotesi di soggetti gestori c.d. “multiutility”, i quali svolgono contemporaneamente più attività d’impresa. Le ipotesi in cui potrebbe rendersi opportuno procedere ad una diversa assegnazione delle funzioni tra i vari soggetti a vario titolo coinvolti nella gestione del servizio idrico e nella gestione dei relativi beni ad esso afferenti sono così riassumibili: Scenario 1: scorporo delle funzioni diverse dalla detenzione della proprietà dei beni del servizio idrico da parte delle Società patrimoniali “spurie” o “multifunzione” con conseguente loro attribuzione al soggetto gestore oppure ad una “New.co”; Scenario 2: scorporo delle funzioni diverse dalla detenzione della proprietà dei beni del servizio idrico attualmente svolte dalla Società patrimoniale “spuria” o “multifunzione”, sia in ipotesi di esistenza di una sola Società patrimoniale a livello di Ambito, sia in ipotesi di esistenza di una pluralità di Società patrimoniali al fine di procedere alla loro aggregazione in un unico soggetto; Scenario 3: scorporo delle attività afferenti la gestione del servizio idrico da parte del soggetto gestore “multiutility” e loro conferimento alla Società patrimoniale, e ciò sia nel caso di esistenza di un solo soggetto gestore di Ambito, sia nel caso di contemporanea presenza di una pluralità di soggetti gestori nello stesso ambito territoriale ottimale; Scenario 6: scorporo dei beni del servizio idrico integrato attualmente di proprietà della o delle Società patrimoniali attualmente esistenti sul territorio di Ambito e contestuale attribuzione della loro proprietà ad uno o più soggetti gestori del servizio. Le modalità tecniche attraverso le quali è possibile addivenire alla predetta riorganizzazione delle funzioni fra Società patrimoniali e/o soggetti gestori del servizio idrico integrato di Ambito possono essere così elencate: a. Cessione d'azienda; b. Conferimento d’azienda; c. 5.2.2.1 Scissione. Cessione d’azienda Per l’analisi dei riflessi civilistici e fiscali dell’operazione di cessione d’azienda o di ramo d’azienda si rinvia a quanto già esposto con riguardo all’assegnazione dei beni ai soci. 46 5.2.2.2 Conferimento d’azienda Con il conferimento d’azienda, il soggetto conferente sottoscrive il capitale sociale della società conferitaria, apportando un’azienda o un ramo d’azienda e ricevendo in cambio quote o azioni della conferitaria stessa. Il conferimento d’azienda si differenzia dunque dalla cessione d’azienda, in quanto il corrispettivo ricevuto non è fungibile; infatti, a fronte della cessione, il cedente riceve una certa quantità di denaro, mentre, a seguito del conferimento, il conferente riceve una partecipazione nella società conferitaria. Di conseguenza, il conferimento si differenzia dalla cessione anche per la permanenza di un vincolo partecipativo tra i soggetti coinvolti nell’operazione, almeno fino al momento in cui il conferente non cede le partecipazioni ricevute nella società conferitaria. Il conferimento d’azienda non è un’operazione specificamente disciplinata dal legislatore civilistico, in quanto le norme del Codice Civile si riferiscono unicamente al conferimento di singoli beni. Pertanto, al conferimento d’azienda si rendono applicabili, in quanto compatibili, sia le norme relative al conferimento di beni in natura (artt. 2342 e segg. c.c. per le società per azioni e artt. 2464 e 2465 c.c. per le società a responsabilità limitata), sia la disciplina del trasferimento d’azienda di cui agli artt. 2557 e seguenti del Codice Civile. Per quanto concerne il conferimento d’azienda si rileva come, a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007, l’unico regime fiscale applicabile a tale operazione sia quello previsto dall’art. 176 del TUIR, il quale dispone che “i conferimenti di aziende effettuati tra soggetti residenti nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese commerciali non costituiscono realizzo di plusvalenze o minusvalenze”. Il conferimento d’azienda è quindi un’operazione neutra ai fini della determinazione delle imposte sul reddito, in quanto, indipendentemente dai valori di iscrizione dell’azienda nella contabilità della società conferitaria e del valore di iscrizione della partecipazione ricevuta nella contabilità del conferente, non si generano componenti positivi di reddito imponibili (né componenti negativi deducibili). In conseguenza dell’applicazione del predetto regime di neutralità, il soggetto conferente assume quale valore della partecipazione ricevuta l’ultimo valore fiscalmente riconosciuto dell’azienda conferita e il soggetto conferitario subentra, ai fini fiscali, nella posizione del conferente in ordine ai valori fiscali degli elementi dell’attivo e del passivo dell’azienda stessa. Ne consegue che il conferente, quando cederà la partecipazione ricevuta a seguito del conferimento, ai fini della determinazione della relativa plusvalenza non dovrà fare riferimento al valore di iscrizione in bilancio, quanto al valore fiscalmente riconosciuto della stessa (pari al valore fiscale dell’azienda conferita). Dal lato della imposizione indiretta, l’atto di conferimento d’azienda sconta l’imposta di registro in misura fissa (€ 168), indipendentemente dai beni che compongono l’azienda conferita. Ne consegue che, ai fini dell’imposta di registro, l’azienda oggetto di trasferimento può comprendere anche beni immobili senza che tale circostanza possa precludere l’applicazione dell’imposta in misura fissa, sempre che, ovviamente, i beni siano funzionalmente collegati tra di loro dall’imprenditore per la realizzazione dello scopo produttivo. Se l’azienda oggetto di conferimento comprende anche beni immobili o diritti reali immobiliari, si applicano altresì le imposte ipotecarie e catastali in misura fissa (€ 168 ciascuna). 47 Con riferimento all’operazione di conferimento si rileva come la stessa possa assumere, di fatto, natura “realizzativa”, qualora sia seguita dalla successiva cessione della partecipazione detenuta nella società conferitaria, la quale se del caso potrà beneficiare del regime di parziale esenzione previsto dalla disciplina sulla “Pex”. Come è noto, l’art. 87 del TUIR prevede che le partecipazioni possano qualificarsi per l’esenzione parziale delle relative plusvalenze (in misura pari al 95%), nel caso in cui ricorrano i seguenti requisiti: d. ininterrotto possesso dal primo giorno del dodicesimo mese precedente a quello dell’avvenuta cessione; e. classificazione nella categoria delle immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso; f. residenza fiscale della società partecipata in uno Stato o territorio diverso da quelli a regime fiscale privilegiato; g. esercizio, da parte della società partecipata, di un’impresa commerciale secondo la definizione di cui all’articolo 55 del TUIR. A tal proposito, la C.M. n. 36/E del 2004 esplicita che, mentre i primi due requisiti (soggettivi), vanno verificati sulla partecipante, i secondi due (oggettivi) attengono alla partecipata. Inoltre, i requisiti di cui alle lettere c) e d) devono sussistere ininterrottamente, al momento del realizzo, almeno dall’inizio del terzo periodo d’imposta anteriore al realizzo stesso. Al riguardo, l’art. 176, comma 4, del TUIR stabilisce che le partecipazioni ricevute dal conferente si considerano iscritte come immobilizzazioni finanziarie nei bilanci in cui risultavano iscritti i beni dell’azienda conferita. Pertanto, in conseguenza di conferimenti neutrali, le partecipazioni ricevute dal soggetto conferente “ereditano” il requisito della classificazione nell’attivo immobilizzato per tutto il periodo in cui i beni facenti parte dell’azienda conferita sono stati iscritti nel bilancio del conferente stesso. L’Agenzia delle Entrate, con C.M. n. 36/E del 2004, muovendo dalla considerazione che il conferente “eredita” il requisito dell’iscrizione nelle immobilizzazioni finanziarie ha dedotto che, anche ai fini della verifica del requisito del periodo minimo di possesso della partecipazione in capo al conferente, è possibile tenere conto del periodo di possesso dell’azienda conferita da parte del medesimo, prima del conferimento. In altre parole, la partecipazione ricevuta assume la stessa “anzianità” dell’azienda conferita e quindi, se l’azienda è stata posseduta per più di 12 mesi, la partecipazione ricevuta a seguito del conferimento può essere ceduta immediatamente dopo il conferimento stesso, potendo beneficiare dell’esenzione senza attendere il decorso dei 12 mesi. Con riguardo al quarto requisito per l’applicazione della Pex, la C.M. n. 36/E del 2004 ha chiarito che la società conferitaria eredita il requisito della “commercialità” solo se riceve, a seguito del conferimento, un’azienda commerciale da parte di una società conferente anch’essa prevalentemente commerciale. Non è quindi sufficiente che il requisito della commercialità sia soddisfatto con riguardo al ramo d’azienda conferito, nelle cui posizioni fiscali subentra la conferitaria ex art. 176 del TUIR, ma è altresì necessario che tale requisito sussista in capo alla società conferente nel suo complesso. 48 Per la definizione di “Impresa Commerciale”, l’art. 87 del TUIR rinvia all’art. 55 del TUIR che contiene una nozione ampia, intendendo per tali non solo quelle attività indicate nell’art. 2195 c.c., ma anche quelle prestazioni non previste dallo stesso articolo 2195 ma organizzate sotto forma di impresa. Il citato art. 87, comma 1, del TUIR introduce, tuttavia, delle restrizioni, prevedendo una presunzione assoluta di non commercialità – che non ammette, quindi, la prova contraria – in capo a quelle partecipate il cui patrimonio è prevalentemente investito in immobili diversi: dagli immobili merce, cioè alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa; e dagli impianti e fabbricati utilizzati direttamente nell’attività dell’impresa (immobili strumentali). L’operazione di conferimento e successiva cessione della partecipazione nella conferitaria si caratterizza, sotto l’aspetto fiscale, per una possibile connotazione elusiva, essendo la stessa suscettibile di generare in capo al cedente un indubbio risparmio fiscale rispetto alla cessione diretta dell’azienda; ciò in quanto: ai fini delle imposte sul reddito, mentre la cessione d’azienda genera plusvalenze imponibili, l’apporto dell’azienda alla società conferitaria non genera plusvalenze tassabili (art. 176 del TUIR) e la successiva cessione della partecipazione fa emergere una plusvalenza che può beneficiare della parziale esenzione – in misura pari al 95% – in presenza dei requisiti di applicazione della “Pex” (art. 87 del TUIR); ai fini delle imposte d’atto, in luogo della tassazione in misura proporzionale che caratterizza l’atto di cessione d’azienda, il conferimento sconta l’imposta di registro e le imposte ipocatastali in misura fissa e la successiva cessione delle partecipazioni è un’operazione sostanzialmente irrilevante ai fini dei tributi d’atto. Dal lato delle imposte dirette, l’art. 176, comma 3, del TUIR espressamente sancisce la non elusività, agli effetti dell'art. 37-bis del DPR 29 settembre 1973, n. 600, del conferimento d’azienda seguito, da parte della conferente, dalla cessione della partecipazione nella conferitaria in regime di esenzione ex art. 87 del TUIR. Indubbiamente più delicata si prospetta, invece, la valutazione dei profili di elusività dell’operazione in esame dal lato delle imposte indirette. In particolare, l’Amministrazione finanziaria, suffragata anche da alcune pronunce giurisprudenziali della Corte di Cassazione (cfr. Cass., 23 novembre 2001, n. 14900; Cass., 25 febbraio 2002, n. 2713; Cass., 7 luglio 2003, n. 10660), ha sostenuto che la consecutio dei due atti (il conferimento e la cessione della partecipazione a breve distanza) evidenzia, in realtà, un’unica fattispecie contrattuale, ancorché a formazione progressiva, produttiva di un unico effetto giuridico finale, da identificarsi nella cessione dell’azienda previamente conferita. Da qui la possibilità di riqualificare l’atto di conferimento d’azienda in atto di cessione d’azienda, con la conseguente applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale, anziché fissa. L’Associazione Italiana Dottori Commercialisti (AIDC), con norma di comportamento n. 186, ha tuttavia ritenuto di non poter condividere una tale interpretazione, rilevando come: nell’ambito delle imposte indirette, non esiste una norma assimilabile all’art. 37-bis del DPR 600/73, né tale norma può trovare diretta applicazione; 49 l’art. 20 del DPR 26 aprile 1986, n. 131, secondo il quale l’imposta di registro va applicata tenendo conto “della intrinseca natura e degli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione”, non può essere usato per legittimare la riqualificazione in atto di cessione d’azienda dell’atto di conferimento e cessione delle quote, in quanto tali atti hanno autonoma causa giuridica ed inoltre perché si tratta di atti separati ed intervenuti tra soggetti diversi. 5.2.2.3 Scissione Altra operazione che si è ipotizzata per addivenire alla riarticolazione delle funzioni tra Società patrimoniali e/o fra Società patrimoniali e Gestore di ambito del servizio idrico integrato è quella della scissione per incorporazione. Trattasi di una operazione di scissione parziale con società beneficiaria preesistente, la quale comporta l’assegnazione ai soci della scissa delle partecipazioni emesse dalla beneficiaria a fronte del conferimento del ramo d’azienda scisso. I soci della scissa conserveranno le proprie partecipazioni originariamente detenute nella scissa, ma vedranno diminuire il loro valore per effetto della diminuzione patrimoniale in esame; viceversa, i soci della società beneficiaria ante scissione, assisteranno alla riorganizzazione aziendale senza incrementare i personali assetti proprietari. Ai fini delle imposte sui redditi, la scissione si configura quale operazione neutrale, e pertanto inidonea a generare componenti positivi o negativi di reddito in capo ad alcuno dei soggetti coinvolti. L’art. 173, comma 1, del TUIR dispone infatti che “La scissione totale o parziale di una società in altre preesistenti o di nuova costituzione non dà luogo a realizzo né a distribuzione di plusvalenze e minusvalenze dei beni della società scissa, comprese quelle relative alle rimanenze e al valore di avviamento”. La neutralità dell’operazione si riflette, d’altra parte, anche sul versante dei soci, in quanto l’art. 173, comma 3, del TUIR dispone che “Il cambio delle partecipazioni originarie non costituisce né realizzo né distribuzione di plusvalenze o di minusvalenze né conseguimento di ricavi per i soci della società scissa, fatta salva l’applicazione, in caso di conguaglio, dell’art. 47, comma 7, del Tuir e, ricorrendone le condizioni, degli artt. 58 e 87”. Eventuali limiti si pongono, però, in tal caso alla riportabilità delle perdite fiscali. Attualmente, infatti, il nuovo art. 173, comma 10, del TUIR, dispone che “alle perdite fiscali delle società che partecipano alla scissione si applicano le disposizioni del comma 7 dell’articolo 172 …”, rendendo così, di fatto, applicabili alle perdite fiscali dei soggetti partecipanti alla scissione le stesse limitazioni previste in tema di fusioni. Pertanto, deriva che: le c.d. “condizioni di vitalità” delle società le cui perdite sono riportabili devono essere verificate sia in capo alla scissa che alla beneficiaria; anche il limite quantitativo al riporto delle perdite, rappresentato dal patrimonio netto deve essere verificato sia in capo alla scissa che alla beneficiaria. In particolare: 50 le perdite fiscali della società scissa attribuite alla società beneficiaria devono essere confrontate con la quota del patrimonio netto della scissa trasferita alla beneficiaria medesima; l’ammontare delle perdite fiscali della società beneficiaria preesistenti all’operazioni devono essere confrontate con l’intero patrimonio netto della stessa ante scissione. Al riguardo, si deve peraltro ritenere che, in virtù di quanto disposto dall’art. 173, comma 4, del TUIR, l’assegnazione delle perdite della scissa debba essere effettuata in proporzione alla distribuzione del patrimonio netto contabile tra i diversi soggetti partecipanti alla scissione. Ai fini della determinazione del limite, si deve tener conto dell’ammontare del patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio o, se inferiore, di quello risultante dal progetto di scissione (art. 2506-bis c.c.), ovvero dalla situazione patrimoniale della società scissa (2506-ter c.c.). Il patrimonio netto cui fare riferimento (c.d. “limite patrimoniale”) deve, però, essere ridotto dell’importo di eventuali ricapitalizzazioni (conferimenti e versamenti) poste in essere nei 24 mesi precedenti, neutralizzando così i tentativi volti a consentire un pieno recupero delle perdite fiscali. Dal punto di vista IVA, ai sensi dell’art. 2, comma 3, lett. f), del DPR n. 633/1972, i passaggi di beni in dipendenza di operazioni di scissione non sono da considerarsi “cessioni”. Dalla disposizione in esame si evince, pertanto, che sono esclusi da IVA tutti i trasferimenti dalla società scissa alla società beneficiaria, anche se aventi ad oggetto singoli beni. Per quanto riguarda, infine, le imposte d’atto, la scissione sconta il pagamento delle imposte di registro, ipotecarie e catastali nella misura fissa di € 168 per ciascuna imposta, ciò anche se nel complesso di beni oggetto di assegnazione sono inclusi immobili. 5.3 Impatto della riorganizzazione sul sistema tariffario (cenni) Un ulteriore driver di cui tener necessariamente conto nelle decisioni circa la sorte delle società proprietarie sono infine gli impatti delle eventuali riorganizzazioni ipotizzate sul sistema tariffario. Ciò deve essere fatto alla luce della profonda innovazione che ha caratterizzato tale tematica a partire dal 2011 con il trasferimento all’Autorità dell’Energia Elettrica e del Gas (“AEEG”) di tutte le funzioni di regolazione e controllo dei servizi idrici (articolo 21, commi 13 e 19, del decreto legge 201/11) e la contestuale soppressione dell’Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua. Funzioni di regolazione e controllo dei servizi idrici che debbono perseguire la finalità di “garantire l'osservanza dei principi contenuti nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 in tema di gestione delle risorse idriche e di organizzazione del servizio idrico, con particolare riferimento alla tutela dell'interesse degli utenti, alla regolare determinazione e adeguamento delle tariffe, nonché alla promozione dell'efficienza, dell'economicità e della trasparenza nella gestione dei servizi idrici”. E’ noto come l’AEEG, dopo aver avviato un procedimento di consultazione pubblica per l’adozione di provvedimenti tariffari (204/2012/R/ IDR del 22 maggio 2012) che ha visto il coinvolgimento di tutti gli stakeholders, lo scorso 28 dicembre 2012 ha approvato il nuovo metodo transitorio per la determinazione delle tariffe idriche (585/2012 – “MTT”) che sostituisce interamente il c.d “metodo normalizzato”). Con deliberazione dello scorso 28 febbraio 2013, l’AEEG ha poi esteso l’applicabilità della metodologia tariffaria 51 di cui all’allegato A alla deliberazione 585/2012 anche ai soggetti che hanno fino ad oggi applicato ai propri utenti tariffe conformi al metodo CIPE ma i cui ricavi regolati sono stati calcolati in base a criteri tariffari differenti. Il nuovo metodo Tariffario è destinato ad incidere sulle modalità organizzative del servizio sotto diversi aspetti. In primo luogo devono essere attentamente analizzate tutte quelle situazioni in cui la proprietà delle infrastrutture ricade su soggetti diversi dal gestore del servizio idrico integrato. E’ questo ad esempio il caso dei sopra indicati scenari 1, 2, e 4. Vale a dire tutti quei casi in cui la proprietà dei beni è appannaggio delle società patrimoniali (scenario 2), ovvero venga trasferita agli enti locali di riferimento (scenari 1 e 4), con un livello di criticità naturalmente superiore nel caso in cui i soggetti proprietari siano delle società di capitali. Nei casi di separazione tra soggetto gestore e soggetto proprietario del bene, infatti, si pone la problematica delle condizioni economiche alle quali i beni vengono messi a disposizione del soggetto gestore e del conseguente equilibrio economico e finanziario del soggetto proprietario. Il MTT regola dettagliatamente i costi che possono essere riconosciuti in tariffa a fronte della messa a disposizione di Infrastrutture di proprietà di terzi. Il relativo trattamento è disciplinato dagli articoli 13 e 27 dell’allegato A alla delibera 585 (“Allegato A”), così come successivamene modificata e integrata dalle Delibere 73/2013, 88/2013 e 109/2013, che individuano distinte categorie, in funzione della natura delle modalità di messa a disposizione e dei soggetti proprietari. In particolare, secondo l’articolo 13 le immobilizzazioni di proprietà di terzi che possono essere riconosciute sono così distinte. a. Le immobilizzazioni afferenti al SII ed alle altre attività idriche, o strumentali allo svolgimento dei medesimi servizi e attività, di proprietà di soggetti diversi dal gestore del SII, per le quali il fondo di ammortamento non abbia già coperto alla medesima data il valore lordo delle stesse, concesse in uso al gestore del SII a fronte del pagamento periodico di un corrispettivo, sotto forma di rimborso della rata dei mutui, di canone di concessione, di ristoro o di altro. Incluse quelle concesse in uso a quest’ultimo a fronte del pagamento di un corrispettivo in un’unica soluzione, sia esso dovuto all’inizio dell’affidamento, anche iscritto a patrimonio del gestore del SII come immobilizzazione immateriale, o al termine dello stesso, anche accantonato dal gestore del SII a titolo di fondo per ripristino beni di terzi (13.1 e 13.2); b. Le immobilizzazioni di cui il gestore del SII usufruisce in virtù di contratti di locazione e contratti di leasing operativo e leasing finanziario; c. Le immobilizzazioni in corso di proprietà di soggetti diversi dal gestore del SII, risultanti al 31 dicembre 2011, al netto dei saldi che risultino invariati da più di 5 anni. Per quanto riguarda la disciplina del costo riconosciuto, secondo l’articolo 27 dell’Allegato A è necessario distinguere: i. le immobilizzazioni di cui alla precedente lettera a) di proprietà degli Enti locali e delle loro aziende speciali e società di capitali a totale partecipazione pubblica, per le quali il diritto ad un corrispettivo d’uso è stato deliberato dall’Ente competente in data anteriore al 28 aprile 2006; ii. le immobilizzazioni di cui alla precedente lettera a) di proprietà degli Enti locali e delle loro aziende speciali e società di capitali a totale partecipazione pubblica, per le quali il diritto ad un 52 corrispettivo d’uso è stato deliberato dall’Ente competente in data 28 aprile 2006 o successivamente; iii. le immobilizzazioni di cui alla precedente lettera b); iv. tutte le restanti categorie di immobilizzazioni diverse da quelle precedenti. Ora, ai nostri fini e senza voler in questa sede scendere nel dettaglio della regolamentazione delle varie fattispecie, è sufficiente evidenziare che i beni degli enti locali e delle società patrimoniali rientrano nelle categorie a e b sopra indicate che si differenziano solo per il fatto che il corrispettivo d’uso sia stato deliberato prima o dopo il 28 aprile 2006. In relazione a queste categorie, il costo riconosciuto per l’utilizzo delle Infrastrutture di Terzi CUITEELL è pari a: CUITEELL = max (MT + AC; OF + OFisc + AMM) dove: - MT è il valore del rimborso dei mutui di ciascun proprietario; - AC è il valore degli altri corrispettivi di ciascun proprietario, anche intesi come quota annuale accantonata per il ripristino dei beni di terzi; - OF , OFisc e AMM sono, rispettivamente, gli oneri finanziari, gli oneri fiscali e l’ammortamento sulle immobilizzazioni di proprietà di ciascun Ente locale, azienda speciale e società di capitali a totale partecipazione pubblica. Nel caso in cui il corrispettivo d’uso sia stato deliberato dopo il 28 aprile 2006, la componente AC è posta pari a zero. E’ immediato notare che solo nel caso in cui il corrispettivo d’uso sia stato deliberato prima del 28 aprile 2006, le società possono avere una qualche garanzia di mantenimento del corrispettivo attraverso il parametro AC. Negli altri casi il corrispettivo (salvo che non coincida esclusivamente con la componente di rimborso dei mutui MT) sarà necessariamente esposto ad una rideterminazione attraverso il nuovo calcolo degli oneri finanziari, degli oneri fiscali e dell’ammortamento, che potrebbe pregiudicare l’equilibrio economico e finanziario del soggetto proprietario. In effetti, se è naturale che la somma delle componenti finanziarie (OG), fiscali (OFisc) e di ammortamento (AMM) sia stabilita proprio in funzione del raggiungimento dell’equilibrio economico del soggetto proprietario, non è detto che tale obiettivo sia garantito. Basti pensare al possibile disconoscimento dei valori complessivi degli investimenti che potrebbero portare ad una riduzione degli ammortamenti riconosciuti, ovvero più semplicemente ai rischi che una rideterminazione dei corrispettivi potrebbe comportare in società che hanno contratto finanziamenti bancari con strutture ed indici di equilibrio fondate proprio su quel livello di ricavi. Da questo punto di vista, al fine di prevenire tali problematiche, potrebbero pertanto essere privilegiati quegli scenari che puntano ad una riorganizzazione complessiva del servizio nella quale il soggetto proprietario tende a coincidere con il gestore (in particolare gli scenari 3, 5 e 6). Da notare che in tali casi si avrebbe anche l’effetto di concentrare in un unico soggetto tutti i flussi di cassa derivanti dall’applicazione del metodo, incrementando altresì la sua capacità di realizzare i nuovi investimenti. 53 Altro aspetto da considerare riguarda l’eventuale coincidenza tra soggetto proprietario e soggetto gestore che permette di superare il problema della determinazione del costo per la messa a disposizione delle infrastrutture. Anche in questo caso il problema che non può essere eluso è quello del valore degli investimenti da considerare per la determinazione della corretta quota di Ammortamento. Abbiamo in precedenza accennato a questa tematica che è disciplinata nel dettaglio dall’articolo 8 dell’Allegato A della citata delibera AEEG n. 585/2012, così come successivamene modificata e integrata dalle Delibere 73/2013, 88/2013 e 109/2013. Il MTT in linea peraltro con la disciplina previgente al referendum abrogativo, fonda il riconoscimento del valore sul concetto di costo storico. In particolare, secondo il citato articolo 8, per la determinazione del valore lordo delle immobilizzazioni del gestore del SII si fa riferimento “al corrispondente costo storico di acquisizione al momento della sua prima utilizzazione, ovvero al costo di realizzazione delle stesse, come risultante dalle fonti contabili obbligatorie”. Si precisa poi che sono escluse da tale valore: “le rivalutazioni economiche e monetarie, le altre poste incrementative non costituenti costo storico originario degli impianti, gli oneri promozionali, le concessioni, ivi inclusi gli oneri per il rinnovo e la stipula delle medesime, gli avviamenti e le immobilizzazioni assimilabili”; nonché: “gli eventuali incrementi patrimoniali corrispondenti agli oneri ed alle commissioni di strutturazione dei progetti di finanziamento”. Le situazioni a maggiore rischio riguardano quelle società, anche patrimoniali, che si sono costituite a seguito di operazioni di trasformazioni di vecchie aziende speciali e/o di operazioni di conferimento di aziende e/o rami di azienda. In tali casi infatti non è inusuale che i beni oggetto di conferimento nelle nuove realtà siano stati valutati a valori ben più elevati di quello del costo storico originario. In tali casi, l’applicazione del nuovo metodo porterebbe a significative svalutazione del valore di tali beni con importanti implicazioni sia di natura economica che finanziaria. E’ forse per tale motivo che l’articolo 8 contiene una previsione derogatoria del principio del costo storico, la cui utilizzazione è tuttavia rimessa alla responsabilità degli amministratori del gestore del SII. Secondo tale previsione infatti: “In deroga a quanto stabilito al comma 8.1, per le immobilizzazioni acquisite a titolo oneroso fino al luglio 2012, e realizzate da precedenti proprietari diversi da Enti locali, da loro aziende speciali o da società di capitali a totale partecipazione pubblica, previa dichiarazione del legale rappresentante del gestore del SII attestante l’impossibilità di ricostruire il relativo valore storico di realizzazione, ai fini della valorizzazione si fa riferimento al più vecchio libro contabile disponibile in cui le immobilizzazioni sono riportate”. Un’ultima questione cui far cenno è infine come il metodo tariffario possa incidere sul valore da attribuire ai beni del servizio idrico al momento delle relative transazioni. E’ vero, infatti, che si tratta di beni che non hanno un valore di mercato specifico, in quanto non esiste, per esempio, un mercato delle reti idriche o degli impianti di sollevamento, ma certamente non può essere elusa la problematica di definizione di un valore a fronte delle varie transazioni ipotizzate. Nella prassi, in passato si è spesso ricorso a metodi di valutazione fondati sul principio del costo di sostituzione o di ricostruzione. In altre parole, veniva stimato un costo per riprodurre i beni oggetto di valutazione e, successivamente, si abbatteva tale costo per tener conto dell’usura 54 che il tempo poteva aver prodotto e/o delle manutenzioni necessarie per conservare un adeguato stato di funzionamento. Il problema più evidente di questo metodo è che esso non tiene in alcun modo conto delle dinamiche economiche e finanziarie del particolare settore in cui questi beni vengono utilizzati. Trattandosi di un settore strettamente regolamentato dal punto di vista tariffario, quello che si vuole evidenziare è che non è affatto scontato che la valutazione effettuata con questo metodo porti ad un costo che sarà effettivamente riconosciuto nella tariffa del servizio idrico. In sostanza, se si scollega la valutazione di detti beni dai relativi sistemi tariffari, il rischio è di pervenire, alternativamente, o a valori non coperti dal sistema tariffario e dunque a valori sovrastimati rispetto all’imprescindibile principio contabile di recuperabilità del costo iscritto a bilancio, ovvero a valori ampiamente ripagati dal sistema tariffario e pertanto ad una sottostima dei valori di bilancio stessi. Stesse perplessità possono essere estese all’utilizzo del criterio del costo originariamente sostenuto, criterio teso ad escludere il riconoscimento di eventuali rivalutazioni di valore effettuate e recepito anche dal legislatore nell’ambito prima del Regolamento di attuazione dell’articolo 23 bis e poi nel successivo articolo 4 della l. 148/2011, provvedimenti entrambi estromessi dall’ordinamento a seguito, rispettivamente, del referendum abrogativo del 23 bis e della sentenza della Corte che ha dichiarato incostituzionale l’articolo 4 citato. Anche l’utilizzo di questo criterio è infatti indipendente dalle dinamiche tariffarie e può portare a problemi analoghi a quelli individuati. Per tali motivi, di fronte all’esigenza di valutare queste categorie di beni, è forse preferibile adottare metodi strettamente collegati al riconoscimento tariffario a cui il loro proprietario ha diritto, come ad esempio una metodologia di valutazione di natura finanziaria basata sull’attualizzazione dei flussi di cassa che saranno generati dagli assets oggetto di conferimento, secondo la nota metodologia D.C.F. (Discounted Cash Flow). Naturalmente, nella ricostruzione del flusso di cassa che sarà generato dal bene e/o ramo di azienda oggetto di valutazione, è necessario fondarsi sulle previsioni del metodo tariffario relativo. E’ infatti il metodo che determina i ricavi complessivi legati alla presenza dell’asset oggetto di valutazione. Ciò sposta necessariamente l’attenzione sulle regole e le previsioni del metodo, valutazione non certo agevole, in questo difficile momento di definizione e messa a punto della nuova tariffa idrica da parte della A.E.E.G. Quello che può tuttavia essere fin d’ora sottolineato è che il nuovo metodo, ai fini del riconoscimento in tariffa delle quote di ammortamento dei beni, come abbiamo più sopra evidenziato, tende ad escludere il riconoscimento di rivalutazioni contabili dei beni e si fonda invece sul costo storico originario (cioè non rivalutato). Con riferimento alla tesi secondo la quale il criterio di valutazione più corretto sia allora quello del costo storico originario possono essere mossi rilievi critici, sulla base, in particolare della considerazione secondo la quale, essendo la quota di ammortamento una componente riconosciuta durante tutta la vita utile del bene, il valore attuale dello stesso potrebbe non coincidere con la mera somma delle quote di ammortamento riconosciute in un arco di tempo che può essere anche lungo, commettendo l’errore di non attribuire alcun valore al decorso del tempo. 55 Ne consegue che un elemento fondamentale per valutare la conservazione del valore di cui al costo storico sarà la quota di remunerazione finanziaria dell’investimento (comunque denominata), riconosciuta in tariffa ed in grado almeno di recuperare il costo storico originariamente sostenuto. Ed a questo proposito le incertezze sono molto elevate. Basti citare la recentissima sentenza del TAR Toscana (marzo 2013) con la quale viene bocciata la remunerazione introdotta dal Piano d’ambito per contrasto con l’esito referendario. Il MTT cerca tuttavia di introdurre degli elementi di certezza a tale proposito e lo fa in applicazione di una serie di principi di derivazione comunitaria e nazionale. In particolare, tra gli altri, la direttiva 2000/60/CE che prevede all’art. 9 che “Gli Stati membri tengono conto del principio del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi i costi ambientali e relativi alle risorse; la Comunicazione COM(2000) 477 che sancisce, esplicitando il significato dell’articolo 9 della Direttiva 2000/60/CE, che tra i costi che la tariffa per il servizio idrico deve integralmente coprire, secondo il principio del full cost recovery, vi sono: “a) i costi finanziari dei servizi idrici, che comprendono gli oneri legati alla fornitura ed alla gestione dei servizi in questione. Essi comprendono tutti i costi operativi e di manutenzione e i costi di capitale (quota capitale e quota interessi, nonché l'eventuale rendimento del capitale netto); il d.P.R. 116/11, proclamativo dell’esito del referendum popolare svoltosi in data 12 e 13 giugno 2011 (secondo quesito), è stato parzialmente abrogato l’art. 154, comma 1, del d.lgs. 152/06 nella parte in cui includeva, tra i criteri per la determinazione della tariffa del servizio idrico integrato, l’“adeguatezza della remunerazione del capitale investito”; l’art. 154, comma 1, del d.lgs. 152/2006, come modificato dal richiamato d.P.R.116/11, prevede che: “La tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell'entità dei costi di gestione delle opere, e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento dell'Autorità d'ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio "chi inquina paga"; la Corte costituzionale, nel motivare circa l’ammissibilità del menzionato referendum (sentenza n. 26 del 26 gennaio 2011), si è espressa affermando che [a seguito dell’eventuale abrogazione, poi avvenuta, dell’art. 154, comma 1, cit.] “la normativa residua, immediatamente applicabile, data proprio dall’art. 154 del d.lgs. n. 152 del 2006, non presenta elementi di contraddittorietà, persistendo la nozione di tariffa come corrispettivo, determinata in modo tale da assicurare la “copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio chi inquina paga”; l’articolo 3, comma 1, del d.P.C.M. 20 luglio 2012 specifica che l'Autorità: “c) definisce le componenti di costo - inclusi i costi finanziari degli investimenti e della gestione - per la determinazione della tariffa del servizio idrico integrato, ovvero di ciascuno dei singoli servizi che lo compongono. E’ sulla base di tali principi che l’articolo 18 dell’Allegato A contiene in effetti una disciplina specifica di remunerazione finanziaria dell’investimento che è correttamente determinata dalla somma di due 56 componenti. Una componente Km (tasso di interesse di riferimento) che dovrebbe esprimere la misura di investimenti senza rischio) ed una componente α, destinata invece ad esprimere il premio per la rischiosità del mercato di riferimento. La prima componente è ancorata al valore medio di rendimento del BTP decennale seppur corretto per tener conto dell’impatto fiscale e di inflazione; la seconda componente utilizza invece i parametri utilizzati nella prassi finanziaria per misurare il rischio di mercato ed in particolare il coefficiente β per misurare la rischiosità relativa del SII, rispetto a quella media di mercato, che è fissato per la determinazione tariffaria 2012 e 2013 in misura pari a 0,8; il coefficiente ERP per definire il premio per il rischio di mercato, che per la determinazione tariffaria 2012 e 2013 è posto in misura pari a 4%. 57 6. Ranking degli scenari descritti Sulla scorta dell’analisi svolte è possibile offrire una graduazione di percorribilità delle azioni previste negli scenari ipotizzati, valutati secondo i seguenti aspetti qualitativi e quantitativi: Neutralità/costi fiscali; Efficacia ed efficienza gestionale delle operazioni anche alla luce della normativa sul patto di stabilità interno; Indicazioni rivenienti dalla sentenza n. 320/2011 della Corte Costituzionale; Applicazione del nuovo Metodo Tariffario Transitorio dell’AEEG. Gli indicatori di preferibilità costruiti valutando per ciascuno scenario gli aspetti sopra esposti, sono stati articolati secondo tre classi: Valutazione di preferibilità alta; Valutazione di preferibilità media; Valutazione di preferibilità bassa. Tali valutazioni sono puramente indicative e rispondono all’obiettivo di dare indicazioni di carattere generale sugli aspetti di particolare rilievo nell’ambito di scenari di riorganizzazione del servizio. Le eventuali applicazioni dei criteri di valutazione dovranno essere valutati con riferimento alla specifica operazione di riorganizzazione da attuare ed alle caratteristiche dei soggetti coinvolti. Sulla base di quanto sopra esposto si propone di seguito le valutazioni di preferibilità: A. Società Patrimoniali: 1. Scenario 3 (integrazione nella Patrimoniale del Gestore); da attuarsi mediante le operazioni di fusione o, in alternativa, di scissione per incorporazione è soggetto ad una valutazione di preferibilità alta, in quanto: è neutrale sotto il profilo dei costi fiscali previsti per le imposte dirette e soggetto a costi in misura fissa per le imposte indirette; è direzionato ad integrare (i) l’unitarietà di gestione del SII; (ii) maggiori livelli di efficacia ed economicità; (iii) la riduzione della pluralità di compagini societarie nell'Ambito; (iv) la riduzione dei costi funzionamento; (v) una specifica patrimonializzazione della società ed efficientamento della gestione del servizio e dei beni (e reti); consente di superare le eventuali criticità rispetto ai principi desumibili dalla Sentenza della Corte sulla scorta del principio di conservazione degli effetti degli atti amministrativi e dei relativi diritti quesiti. Consente di prevenire problemi circa la determinazione del costo per la messa a disposizione delle Infrastrutture di terzi, nell’ambito del nuovo sistema tariffario. 2. Scenario 2 (mantenimento delle Patrimoniali o loro integrazione per Ambito); in disparte al mero mantenimento delle Patrimoniali, lo scenario si realizza mediante fusione per incorporazione tra Patrimoniali o conferimento/cessione di ramo d’azienda in favore di una Patrimoniale di ambito, e 58 comporta una valutazione di preferibilità intermedia in relazione all’ipotese in cui venga attuato mediante fusione per incorporazione o mediante conferimento/cessione di ramo di azienda. Nel primo caso, infatti, l’attuazione dello scenario comporta: l’irrilevanza dell’operazione sotto il profilo delle imposte dirette (nessuna rilevazione di plus o minusvalenze), mentre ai fini della imposizione indiretta, l'operazione è soggetta al pagamento delle imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa; possibili profili di criticità con il nuovo metodo tariffario elaborato dall'AEEG; l’aderenza alla sentenza della Corte, poiché non si creerebbero nuove società patrimoniali; raggiungimento di maggiori livelli di efficacia ed economicità; riduzione pluralità compagini societarie nell'Ambito; riduzione costi funzionamento; possibile contrarietà a sentenza della Corte sotto il profilo del mantenimento in capo alla società patrimoniale di beni che devono rimanere demaniali. Indipendentemente dalla tipologia di scenario (2a o 2b) il rischio è rappresentato dalla necessità di mantenere un equilibrio economico finanziario della società. Possibilità di canone oneroso pe rutilizzo beni da parte dei gestori da valutarsi solo nell'ipotesi in cui la/le società abbia/no sosternuto costi per acquisizione beni; rischio svalutazione economico delle immobilizzazioni iscritte in bilancio; rischio mancanza flussi di cassa. Nel secondo caso, invece, l’attuazione dello scenario comporta: l’operazione di conferimento risulta neutrale dal lato della imposte dirette (nessuna rilevazione di plus o minusvalenze), e sconta l’imposta di registro in misura fissa, indipendentemente dai beni che compongono l’azienda conferita. l’operazione di cessione rami di azienda dà luogo alla formazione di plusvalenze tassabili (compreso il valore di avviamento), con facoltà di rateizzazione in 5 periodi d'imposta della plusvalenza, se l'azienda è stata posseduta per più di 3 anni; la cessione d'azienda è inoltre soggetta ad imposta di registro con aliquote proporzionali, in base alla tipologia di bene trasferito; possibili profili di criticità con il nuovo metodo tariffario elaborato dall'AEEG; l’aderenza alla sentenza della Corte, poiché non si creerebbero nuove società patrimoniali; raggiungimento di maggiori livelli di efficacia ed economicità; riduzione pluralità compagini societarie nell'Ambito; riduzione costi funzionamento; possibile contrarietà a sentenza della Corte sotto il profilo del mantenimento in capo alla società patrimoniale di beni che devono rimanere demaniali. Indipendentemente dalla tipologia di scenario (2a o 2b) il rischio è rappresentato dalla necessità di mantenere un equilibrio economico finanziario della società. Possibilità di canone oneroso pe rutilizzo beni da parte dei gestori da valutarsi solo nell'ipotesi in cui la/le società abbia/no sostenuto costi per acquisizione beni; rischio svalutazione economico delle immobilizzazioni iscritte in bilancio; rischio mancanza flussi di cassa. 59 3. Scenario 1 (scioglimento Patrimoniali e assegnazione beni agli Enti Locali); a prescindere dall’attuazione mediante operazioni di scioglimento, riduzione di capitale o scorporo del ramo di azienda (in caso di Patrimoniali “spurie”) comporta una valutazione di preferibilità bassa, in relazione ai seguenti profili: costi fiscali per l’eventuale trasferimento di beni mobili/immobili, sia dal lato della imposizione diretta che della imposizione indiretta; aderenza formale al disposto di cui all'art. 822 e ss. Cod. Civ. e all'art. 143 del D.Lgs. 152/2006 e all’interpretazione offerta dalla sentenza della Corte in quanto i beni idrici demaniali sarebbero retrocessi ai soggetti che ne possono/devono essere titolari; criticità nell'individuazione criteri di valutazione in assenza di criteri di mercato; necessità di reperimento risorse per estinguere debiti sociali prima dell'assegnazione degli assets ai soci (rischio fallimento); eventuale preclusione acquisto beni per mancato rispetto Patto di stabilità interno; rischio di liquidazione in favore di una pluralità di piccole società patrimoniali; divieto riassorbimento da parte degli EELL del personale eventualmente non assunto dalla patrimoniale con modalità rispettose dei principi di evidenza pubblica; eventuale preclusione riassorbimento personale per mancato rispetto Patto di stabilità. B. Società di Gestione del servizio: 1. Scenario 6 (integrazione della Patrimoniale con il Gestore); da attuarsi mediante le operazioni di fusione o, in alternativa, di scissione per incorporazione è soggetto ad una valutazione di preferibilità alta, in quanto: è neutrale sotto il profilo dei costi fiscali previsti per le imposte dirette e soggetto a costi in misura fissa per le imposte indirette; è direzionato ad integrare (i) l’unitarietà di gestione del SII; (ii) maggiori livelli di efficacia ed economicità; (iii) la riduzione della pluralità di compagini societarie nell'Ambito; (iv) la riduzione dei costi funzionamento; (v) una specifica patrimonializzazione della società ed efficientamento della gestione del servizio e dei beni (e reti); consente di superare le eventuali criticità rispetto ai principi desumibili dalla Sentenza della Corte sulla scorta del principio di conservazione degli effetti degli atti amministrativi e dei relativi diritti quesiti; necessita della condizione che il Gestore sia interamente pubblico o meglio organizzato nella forma di società in house. 2. Scenario 4 (assegnazione dei beni agli Enti Locali o alle Patrimoniali): si realizza mediante conferimento/cessione di ramo d’azienda o dei singoli beni, in alternativa alle Patrimoniali o agli Enti Locali e determina una valutazione di preferibilità intermedia in quanto comporta: costi fiscali per eventuale trasferimento di beni mobili/immobili, sia dal lato della imposizione diretta che della imposizione indiretta; possibili profili di criticità con il nuovo metodo tariffario elaborato dall'AEEG; 60 aderenza formale al disposto di cui all'art. 822 e ss. Cod. Civ. e all'art. 143 del D.Lgs. 152/2006 e all’interpretazione offerta dalla sentenza della Corte in quanto i beni idrici demaniali sarebbero retrocessi ai soggetti che ne possono/devono essere titolari; criticità nell'individuazione criteri di valutazione in assenza di criteri di mercato; necessità di reperimento risorse per estinguere debiti sociali prima dell'assegnazione degli assets ai soci (rischio fallimento); eventuale preclusione acquisto beni per mancato rispetto Patto di stabilità interno. 3. Scenario 5 (mantenimento dei beni in capo al Gestore del servizio); non prevede operazioni societarie in quanto si realizza mediante il mantenimento dei beni in titolarità al Gestore, fatto salvo l’obbligo di trasferirli agli Enti Locali o alle Patrimoniali al termine dell’affidamento. e determina una valutazione di preferibilità bassa poiché non determina alcuno specifico profilo di apprezzabilità. 61 Allegato A: Classificazione degli scenari di riorganizzazione del servizio idrico in Lombardia 62 63 Allegato B: Classificazione dei beni del servizio idrico Al fine di cercare di chiarire le principali differenze che sussistono nell’ampia e complessa categoria dei beni del servizio idrico, viene proposta con il presente Allegato una sintetica classificazione di tali beni e ciò anche alla luce delle considerazioni e delle problematiche emerse con la sentenza n. 320 del 2011 della Corte costituzionale nonché del Parere. La principale distinzione fra i beni del servizio idrico può essere tracciata sulla base di due criteri i. proprietà del bene: se la proprietà pubblica del bene è una caratteristica “necessaria” o “eventuale” del bene medesimo; ii. inclusione nelle dotazioni strumentali del servizio idrico: se il bene deve essere incluso in via necessaria o solo eventuale fra le dotazioni strumentali del servizio idrico, cioè se deve rientrare necessariamente o eventualmente fra i beni nella disponibilità del gestore del servizio. Sulla base di tale criterio i “Beni del servizio idrico” possono distinguersi nelle seguenti categorie: A. Beni da includersi necessariamente fra le dotazioni strumentali al servizio idrico B. Beni che possono eventualmente essere inclusi fra le dotazioni strumentali al servizio idrico C. Beni del servizio idrico realizzati dalle società. Di seguito si riporta l’elencazione delle casistiche identificate sulla base dei criteri sopra esposti: A. Beni da includersi necessariamente fra le dotazioni strumentali al servizio idrico 1. Infrastrutture pubbliche da includersi necessariamente fra le dotazioni strumentali del servizio idrico. Le caratteristiche di tali beni sono: i. proprietà pubblica del bene (in quanto appartenente al demanio necessario o eventuale); ii. inclusione necessaria nelle dotazioni strumentali del servizio idrico. In riferimento a tali beni si rileva: che la norma principale di riferimento è costituita dall’art. 143 D.Lgs. n. 152/2006: “acquedotti, fognature, impianti di depurazione e altre infrastrutture idriche di proprietà pubblica fino al punto di consegna e/o misurazione”; che per tali beni la legge prevede la loro natura demaniale (precisamente al demanio eventuale, in quanto il citato articolo specifica “se di proprietà degli enti locali”; ma, sulla base di una certa ricostruzione della sentenza della Corte costituzionale n. 320 del 2011, potrebbe avanzarsi una diversa tesi che fa derivare da questo articolo il carattere della necessaria proprietà pubblica dei beni in questione, come per quelli di cui infra sub 2)); che per tali beni la legge prevedela loro concessione in uso gratuito al gestore da parte degli enti locali (cfr. art. 153 D.Lgs. n. 152/2006). 2. Reti necessariamente pubbliche, da includersi necessariamente fra le dotazioni strumentali del servizio idrico. Le caratteristiche di tali beni sono: i. “reti” e non tutte le infrastrutture; ii. proprietà del bene necessariamente pubblica; 64 iii. inclusione necessaria nelle dotazioni strumentali del servizio idrico. In riferimento a tali beni si rileva: che la norma principale di riferimento è costituita dal previgente art. 4, comma 28, DL n. 138/2011 convertito in L n. 148/2011: “Ferma restando la proprietà pubblica delle reti, la loro gestione può essere affidata a soggetti privati” (riproduce il comma 5, dell’Articolo 23-bis D.L. n. 112/2008 convertito in Legge n. 133/2008 e sue successive modifiche e integrazioni); che per tali beni la legge prevedevala loro necessaria e obbligatoria “proprietà pubblica”; che sussiste la questione circa i dubbi sulla identità o parziale diversità dei beni sub 1) e di questi sub 2): la questione si pone in termini differenti a seconda dei vari servizi pubblici locali: ad esempio, mentre per il servizio idrico integrato potrebbe sostenersi l’identità fra i beni sub 1) e questi sub 2), conclusioni diverse potrebbero essere prospettate con riferimento ad altre tipologie di servizi pubblici locali. 3. Altri Beni (pubblici o privati) da includersi necessariamente fra le dotazioni strumentali del servizio idrico. Le caratteristiche di tali beni sono: i. proprietà pubblica o privata ii. inclusione necessaria nelle dotazioni strumentali del servizio idrico In riferimento a tali beni si rileva: che la norma principale di riferimento è costituita dal previgente art. 4, comma 29, DL n. 138/2011 convertito in L n. 148/2011: “beni strumentali e loro pertinenze necessari, in quanto non duplicabili a costi socialmente sostenibili, per la prosecuzione del servizio”; che per tali beni la legge prevedevala loro cessione dal gestore uscente al gestore subentrante dietro pagamento di un indennizzo in caso di loro non completo ammortamento (cfr. art. 4, commi 29, 30 e 31 DL n. 138/2011 convertito in L n. 148/2011); che, pertanto, consegue, secondo la previgente normativa, la possibilità che tali beni siano in proprietà del gestore del servizio (quindi non necessariamente di proprietà pubblica); anche per questi beni sussiste la questione circa i dubbi sulla identità o possibile diversità dei beni sub 1) e di questi sub 3). B. Beni che possono eventualmente essere inclusi fra le dotazioni strumentali al servizio idrico 4. Altri Beni (pubblici o privati) da includersi “non” necessariamente e quindi solo eventualmente fra le dotazioni strumentali del servizio idrico. Le caratteristiche di tali beni sono: i. proprietà pubblica o privata ii. inclusione “non” necessaria e quindi solo eventuale nelle dotazioni strumentali del servizio idrico In riferimento a tali beni si rileva quanto segue: che la norma principale di riferimento è costituita, “a contrario”, dal previgente art. 4, commi 29 DL n. 138/2011 convertito in L n. 148/2011: beni strumentali e loro pertinenze che non possono 65 considerarsi come “necessari, in quanto non duplicabili a costi socialmente sostenibili, per la prosecuzione del servizio”; che la legge non prevedeva in modo espresso la loro cessione dal gestore uscente al gestore subentrante, con conseguente necessità di una libera trattativa di mercato. C. I beni del servizio idrico realizzati dalle società. Ulteriori distinzioni Con riferimento ai beni che sono stati concretamente inclusi fra le dotazioni strumentali del servizio idrico, realizzati dalle Società, patrimoniali o meno, che sono affidatarie della gestione dei beni e/o del servizio di erogazione all’utenza (e che rientrano nelle tipologie di Società proprietarie dei beni inserite nelle categorie di cui al precedente paragrafo 3, lett. A, sub [2], [3], [4] e [5]), le principali distinzione possono essere tracciate sulla base dei seguenti criteri: modalità di reperimento dei mezzi finanziari necessari per la realizzazione di tali beni; coerenza fra i beni realizzati nel corso della gestione e le previsioni dello strumento di programmazione; modalità di iscrizione in bilancio. Per quanto riguarda le modalità di reperimento dei mezzi finanziari necessari per la realizzazione dei beni possono distinguersi nelle seguenti categorie: 5. Beni finanziati dalla tariffa, cioè realizzati con i proventi derivanti della tariffa del servizio; 6. Beni finanziati con contributi pubblici, cioè realizzati, in parte o totalmente, con contributi pubblici comunitari, statali o regionali; 7. Beni finanziati con fonti diverse (dalla tariffa o dai contributi pubblici) Per quanto riguarda la distinzione sulla base della coerenza fra i beni realizzati nel corso della gestione e le previsioni dello strumento di programmazione approvato dall’Autorità di ambito territoriale ottimale o dell’ente locale si possono distinguersi le seguenti categorie: 8. Beni previsti nel Programma degli interventi; 9. Beni non previsti nel Programma degli interventi; I beni di cui sopra sub [8] e sub [9] si possono ovviamente poi distinguersi a seconda che rientrino anche nelle categorie sopra delineate sub [5], [6] e [7]. Potranno quindi aversi (almeno in teoria): 10. Beni previsti nel Programma degli interventi realizzati con i proventi derivanti finanziamenti provenienti dalla tariffa del servizio; 11. Beni non previsti nel Programma degli interventi realizzati con i proventi derivanti dalla tariffa del servizio; 12. Beni previsti nel Programma degli interventi realizzati con contributi pubblici; 13. Beni non previsti nel Programma degli interventi realizzati con contributi pubblici; 14. Beni previsti nel Programma degli interventi realizzati con “autofinanziamento” (fonti proprie della Società); 15. Beni non previsti nel Programma degli interventi realizzati con “autofinanziamento” (fonti proprie della Società). 66 Per quanto attiene invece alla distinzione sulla base della iscrizione in bilancio dei beni, in quanto la titolarità, o meno, della proprietà dei beni in capo alla Società, comporta una diversa modalità di iscrizione in bilancio dei beni medesimi si propongono le seguenti categorie: 16. Beni iscritti fra le “immobilizzazioni materiali”: soltanto i beni di proprietà della Società devono essere iscritti tra le “Immobilizzazioni materiali”, in quanto beni di proprietà della Società “destinati ad essere utilizzati durevolmente” (art. 2424-bis, comma 1, del codice civile). 17. Beni iscritti fra i “Conti d’ordine dello Stato patrimoniale”: I beni di proprietà dell’ente locale (o di altro soggetto compresa la società patrimoniale ex art. 113, comma 13, TUEL) concessi in uso al gestore devono essere iscritti fra i “Conti d’ordine dello Stato patrimoniale”, in quanto beni – appunto – non di proprietà della Società ma di proprietà di soggetti terzi. 67