Scenari di riorganizzazione delle
società proprietarie dei beni del
servizio idrico integrato in
Lombardia
Milano, giugno 2013
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Scenari di riorganizzazione delle società
proprietarie dei beni del servizio idrico
integrato in Lombardia
Milano, giugno 2013
REGIONE LOMBARDIA
DIREZIONE GENERALE AMBIENTE, ENERGIA E SVILUPPO SOSTENIBILE
Viviane Iacone – Struttura Pianificazione, tutela e riqualificazione delle risorse idriche
FINLOMBARDA SPA
Massimiliano Ambrosecchia – Direzione Consulenza
Luca Romé – Direzione Consulenza
CONTRIBUTI SPECIALISTICI
STUDIO LEGALE MM&A
Valerio Menaldi
Tommaso D’Onza
David Benedetti
STUDIO LEGALE CAPECCHI-Q UINTAVALLI- T IERI
Luca Capecchi
FINANZA PER LE INFRASTRUTTURE SRL
Eros Organni
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Avvertenze
Lo scopo del presente documento è di fornire un’informativa sui possibili scenari di
riorganizzazione del Servizio Idrico Integrato in Lombardia e sulle operazioni
societarie ipotizzabili alla luce della Sentenza della Corte Costituzionale n.
320/2011.
Le indicazioni contenute nel presente documento sono di carattere generale e non
costituiscono un parere, un suggerimento o un giudizio su fatti, persone o società.
Finlombarda S.p.A. non si assume responsabilità per un uso improprio delle
informazioni fornite e del contenuto del presente documento.
Il presente documento è stata predisposto da Finlombarda S.p.A. per uso esclusivo
di Regione Lombardia. È vietata la riproduzione, totale o parziale, in qualsiasi forma
o mezzo e di qualsiasi parte del presente rapporto senza l’autorizzazione scritta da
parte di Regione Lombardia.
Milano, giugno 2013
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Indice
1.
Executive Summary ............................................................................................................................. 8
2.
Premesse............................................................................................................................................10
3.
La classificazione delle società proprietarie dei beni del servizio idrico ................................................12
4. I possibili scenari: scioglimento delle società proprietarie vs riordino delle stesse in funzione della
razionalizzazione dei costi, nonché del raggiungimento di generali obiettivi di efficienza ..............................16
4.1
Le società patrimoniali e possibili scenari .....................................................................................16
4.2
Le società di gestione del servizio e i possibili scenari..................................................................19
4.3
Descrizione delle opzioni tecniche e delle operazioni societarie disponibili per perseguire l’obiettivo
di scioglimento delle società patrimoniali e/o riordino delle stesse ...........................................................21
5. Confronto tra le possibili operazioni societarie e individuazione delle possibili implicazioni di carattere
fiscale e tariffario.........................................................................................................................................32
5.1
5.1.1
Liquidazione e successiva assegnazione della proprietà dei beni ai soci ..............................32
5.1.2
Cessione d’azienda ai soci ...................................................................................................39
5.1.3
Riduzione del capitale sociale, mediante assegnazione dei beni ai soci ................................41
5.2
Riordino delle attuali società patrimoniali .....................................................................................42
5.2.1
Integrazione tra società patrimoniali e/o soggetto gestore.....................................................42
5.2.2
Riarticolazione delle funzioni tra società patrimoniali e/o tra patrimoniali e soggetto gestore .46
5.3
6.
L’assegnazione dei beni del servizio idrico ai soci delle società patrimoniali o di gestione ............32
Impatto della riorganizzazione sul sistema tariffario (cenni) ..........................................................51
Ranking degli scenari descritti .............................................................................................................58
Allegato A: Classificazione degli scenari di riorganizzazione del servizio idrico in Lombardia
Allegato B: Classificazione dei beni del servizio idrico
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1.
Executive Summary
Scopo del presente executive summary è l’elencazione dei principali dati di analisi che sono emersi ad esito
del complesso lavoro concernente gli effetti della Sentenza della Corte.
In tale contesto una prima fase di analisi, conclusasi con autonomo e separato parere, ha sviluppato - oltre
ad autonome e più approfondite valutazioni che sono servite per una considerazione omnicomprensiva
dell’intera problematica) - talune delle considerazioni che vengono oggi riproposte e sviluppate nel presente
lavoro. In particolare, il parere già reso in ordine agli effetti della Sentenza della Corte ha consentito di
evidenziare:

l’interpretazione delle norme rilevanti in materia di beni idrici e di servizi pubblici locali, così come
offerta dalla Consulta, pur autorevole, non rende univoche le azioni per gi Enti Locali al fine di dare
esecuzione alla stessa;

non sussiste un obbligo per gli Enti Locali di agire in autotutela con riferimento alle società
Patrimoniali, tenuto conto dei diritti quesiti e della cristallizzazione degli effetti dei provvedimenti
amministrativi, ma soltanto un arresto del processo di costituzione delle Patrimoniali;

il regime demaniali dei beni afferenti il SII non determina necessariamente che la relativa titolarità sia
in capo agli Enti Locali;

la portata della sentenza rende in ogni caso opportuno agire per una razionalizzazione degli
affidamenti ai Gestori (già erogatori) e alle Patrimoniali.
Conseguentemente, scopo del presente elaborato è stato quello di rappresentare le opzioni percorribili per
consentire una razionalizzazione del panorama esistente, alla luce dell’inquadramento degli effetti della
sentenza della Corte Costituzionale; in tal senso muovendo dall’individuazione delle:


distinte tipologie societarie che potrebbero rinvenirsi sul territorio, siano queste:
I.
società patrimoniali;
II.
società gestori del SII;
III.
società al contempo proprietarie dei beni e gestori del SII;
differenti categorie di beni afferenti il SII sotto un profilo soggettivo e sotto un distinto profilo
oggettivo.
Muovendo da tali principali tipologie societarie, nonché dalle ulteriori specificazioni di queste, è stato
possibile tratteggiare i possibili processi di riorganizzazione.
Le ipotesi di riorganizzazione proposte hanno avuto quale obiettivo quello di pervenire, in primo luogo, ad
una duplice razionalizzazione:

del profilo proprietario/di titolarità delle infrastrutture del SII;

del profilo gestionale del SII.
In detto contesto, l’esigenza di razionalizzazione ha condotto ad una analisi funzionale ad operare rilevanti
semplificazioni dello scenario esistente, in tal senso proponendosi:
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
Polarizzazione del profilo proprietario/di titolarità delle infrastrutture del SII nei confronti di società
patrimoniali o di società gestori del SII;

Riassegnazione del profilo proprietario/di titolarità delle infrastrutture del SII agli Enti locali.
Allo scopo di operare suddette ricostruzioni sono stati considerati, quali necessari presupposti di analisi:

i risultati dello studio già condotto in merito alla Sentenza della Corte e, in particolare, (a) i profili di
demanialità dei beni del SII; (b) le criticità riconnesse al modello “patrimoniale”; (c) la certezza dei
diritti quesiti; (d) l’esclusione dell’obbligo di agire in via di autotutela;

i risultati di ulteriori approfondimenti di natura societaria, fiscale e tributaria;

l’aderenza a sopravvenute indicazioni normative concernenti, nello specifico, le società pubbliche.
Ciò posto è possibile qui anticipare che gli scenari di seguito proposti, sono i seguenti:

con riferimento al lato delle Patrimoniali:
1. Riassegnazione dei beni delle patrimoniali agli Enti Locali/Scioglimento delle Patrimoniali;
2. Mantenimento delle Patrimoniali ed eventuale integrazioni tra queste con creazione di una
Patrimoniale di Ambito;
3. Integrazione dei Gestori del SII con la Patrimoniale;

con riferimento al lato dei Gestori del SII:
4. Assegnazione dei beni dei Gestori del SII agli Enti Locali o alle Patrimoniali;
5. Mantenimento dei beni in capo ai Gestori del SII;
6. Integrazione della Patrimoniale con il Gestore del SII;
In conclusione:
a) in considerazione degli esiti dell’analisi della Sentenza della Corte e della corretta valutazione circa
gli effetti della portata di questa;
b) in funzione degli obiettivi di razionalizzazione/semplificazione sopra indicati,
sono stati delineati i singoli scenari sopra indicati, che sono stati valutati con riferimento alle possibili
operazioni societarie.
Infine, alla luce della complessiva analisi condotta nel presente elaborato gli scenari descritti sono stati
conseguentemente graduati, in apposito ranking, secondo criteri di:

conformità alla Sentenza della Corte

aderenza/coerenza normativa

costi/benefici fiscali.
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2.
Premesse
A conclusione del lavoro di analisi svolto sulla sentenza della Corte Costituzionale n. 320/2011 (la “Sentenza
della Corte”), un principio che può essere affermato con ragionevole confidenza è che non sussista alcun
obbligo di scioglimento delle società a vario titolo proprietarie dei beni del servizio idrico, né tantomeno un
obbligo di retrocessione di detti beni agli enti locali.
Come evidenziato nel parere sugli effetti della Sentenza della Corte (il “Parere”), tale principio vale sia per le
società patrimoniali propriamente dette, che per quelle società che pur non essendo tecnicamente
patrimoniali, si trovano comunque ad avere la proprietà di beni del servizio idrico, come ad esempio le
società di erogazione o gestione del servizio. E’ per questo motivo che nel prosieguo di questo lavoro
preferiamo riferirci più ampiamente alle operazioni ipotizzabili sulle società “proprietarie” di tali beni,
distinguendo poi nello specifico il trattamento delle une e delle altre.
Una simile conclusione si giustifica non solo sulla base dell’analisi e sulla valutazione concreta degli effetti
della Sentenza della Corte, ma come ampiamente esposto nel Parere, anche sulla base della
“cristallizzazione” degli atti amministrativi, e degli atti negoziali ad essi relativi, posti in essere dagli enti
pubblici territoriali e sulla configurabilità di rapporti ormai da considerarsi “esauriti” e non più
ragionevolmente censurabili.
Naturalmente, l’assenza di un obbligo di procedere ad interventi sulle società proprietarie esistenti non
significa, né può significare un divieto di intervento. Al contrario, riteniamo doveroso che le pubbliche
amministrazioni coinvolte svolgano una valutazione piena ed approfondita sulla permanenza dell’interesse
pubblico al mantenimento di detti modelli in un quadro giuridico comunque profondamente mutato. Nella
scelta sui comportamenti da tenere, oltre ai vincoli formali, dovrebbero essere privilegiate le ragioni
sostanziali e strategiche che hanno portato alla costituzione di tali moduli societari (efficienza gestionale,
miglior censimento e manutenzione, ottimizzazione risorse, attrazione e garanzia di investimenti).
Lo scopo del presente lavoro è proprio da individuare in questa necessità. Si intende in particolare fornire
uno strumento operativo agli enti coinvolti per orientarsi in relazione alle possibili scelte da operare. Nel
capitolo terzo sono evidenziati i possibili scenari operativi che possono essere sintetizzati nel confronto tra
una scelta liquidatoria delle società proprietarie ed invece il loro mantenimento, pur attraverso un riordino
delle stesse per perseguire generali interessi di razionalizzazione di costi.
Prima di disegnare i possibili scenari, abbiamo ritenuto opportuno nel capitolo secondo, sintetizzare la varie
tipologie di società proprietarie esistenti, in modo da fotografare dettagliatamente la tipologia dei modelli che
abbiamo preso in considerazione.
Dopo aver disegnato gli scenari possibili, il capitolo quarto è dedicato all’individuazione delle operazioni
societarie disponibili per raggiungere gli obiettivi, alternativamente, dello scioglimento o del riordino delle
società proprietarie.
Successivamente, il sesto capitolo si concentra invece sul tema rilevante dei costi fiscali associati alle varie
opzioni, in modo che sia sempre possibile confrontare le varie opzioni ed effettuare le necessarie valutazioni,
con una piena consapevolezza dei relativi costi di transazione a carico della collettività. Sempre il capito
sesto, si chiude con dei cenni alle implicazioni delle riorganizzazioni sul sistema tariffario.
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Prima dell’analisi degli aspetti fiscali e tariffari, abbiamo tuttavia ritenuto opportuno procedere, nel capitolo
sesto, ad una classificazione schematica delle tipologie di beni del servizio idrico per la rilevanza che le
diverse tipologie possono avere sul piano del trattamento fiscale.
Infine, il lavoro si chiude con una descrizione di alcuni casi concreti esaminati su territorio della Regione
Lombardia di interventi sulle società proprietarie seguenti la Sentenza della Corte.
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3.
La classificazione delle società proprietarie dei beni del servizio idrico
Le società proprietarie di beni del servizio idrico sono caratterizzate dal fatto di essere proprietarie di beni da
includersi necessariamente fra le dotazioni strumentali del servizio idrico. Un primo criterio sulla base del
quale distinguere tali società è quello relativo alla funzione e/o alle attività attribuite o svolte dalle società
medesime:
Sulla base di tale criterio, le Società proprietarie di beni del servizio idrico, possono distinguersi nelle
seguenti categorie:
A. Società Patrimoniali;
B. Società di Gestione;
C. Ulteriori Distinzioni: all’interno delle sopra citate macro categoria possono essere fatte ulteriori
distinzioni ad esempio relative alla legge di istituzione, alla natura proprietaria, alla loro natura di
società mono-servizi o multi-servizi, etc..
Di seguito si riporta l’elencazione delle casistiche identificate sulla base dei criteri sopra esposti:
A. Società Patrimoniali:
1. Società patrimoniali pure: società caratterizzate dall’attribuzione della sola funzione di essere
proprietarie bei beni;
2. Società patrimoniali spurie o multifunzione: società che svolgono, oltre alla funzione di essere
proprietarie bei beni, anche altre funzioni.
All’interno delle società patrimoniali spurie o multifunzione è possibile distinguere i diversi soggetti anche in
relazione al contenuto delle altre funzioni ad esse attribuite:
3. Società patrimoniali e gestori dei beni: società proprietarie dei beni, nonché titolari della gestione dei
beni stessi;
4. Società patrimoniali e titolari di altre funzioni (diverse dalla gestione dei beni e dall’erogazione del
servizio all’utenza): società proprietarie dei beni, titolari di altre funzioni “diverse” dalla gestione dei
beni e dalla erogazione del servizio all’utenza;
5. Società patrimoniali, gestori dei beni e titolari del servizio di erogazione all’utenza: società
proprietarie dei beni, titolari della gestione dei beni e titolari altresì del servizio di erogazione
all’utenza.
B. Società di Gestione:
6. Società di gestione del servizio (non patrimoniali), cioè gestori dei beni e/o gestori del servizio di
erogazione all’utenza, e altresì proprietarie di (alcuni) beni del servizio idrico: società di gestione e,
quindi, non patrimoniali (in quanto non gli è stata attribuita la funzione specifica di soggetto
proprietario delle infrastrutture del servizio idrico), che sono affidatarie della gestione dei beni e/o
della gestione del servizio di erogazione all’utenza, ma che, tuttavia, sono altresì proprietarie di beni
(di alcuni beni). Elemento caratterizzante è il fatto che le società in questione siano anche
proprietarie di beni (almeno di alcuni beni); sono quindi escluse da tale fattispecie le Società di
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gestione che non sono proprietarie di beni del servizio idrico. A sua volta il titolo di provenienza della
proprietà dei beni in capo a tali società può essere relativo a:
a) beni trasferiti (mediante conferimento o cessione) da parte degli enti locali o da parte di altri
soggetti proprietari di tali beni (ad esempio: i precedenti gestori dei beni e/o gestori del
servizio di erogazione all’utenza), al momento della costituzione della società o anche in
epoca successiva alla sua costituzione;
b) beni realizzati dalla Società e iscritti nel proprio bilancio come beni di proprietà della Società
medesima (salvo l’obbligo di trasferimento degli stessi, al termine dell’affidamento, a favore
dell’ente locale o al gestore subentrante).
C. Ulteriori distinzioni
All’interno delle Società patrimoniali, sia nel caso che si tratti di Società patrimoniali “pure”, che svolgono
esclusivamente la funzione di essere mere proprietarie dei beni e che rientrano quindi nella tipologia di cui
sopra sub [1], sia nel caso che si tratti di Società patrimoniali “spurie” o “multifunzione” (cioè che svolgono
anche altre attività e che rientrano quindi nelle tipologie di cui sopra sub [2], [3] e [4]), è possibile effettuare
un’ulteriore distinzione in relazione alla legge di costituzione. In particolare, deve essere valutato se tali
società siano state costituite in attuazione della L.R. Lombardia n. 26/2003 di disciplina dei servizi pubblici
locali sia nella sua prima formulazione – che, ai sensi dell’art. 49, comma 1, della citata L.R. Lombardia n.
26/2003, nel testo novellato dall’art. 4, comma 1, lettera p), della L.R. n. 18/2006, prevedeva la separazione
fra gestione dei beni e erogazione del servizio in capo a due soggetti diversi e con costituzione di una
società patrimoniale di ambito - sia, nella sua seconda formulazione - che, ai sensi del già richiamato art. 49,
come sostituito dall'art. 1 della L.R. n. 21/2010, prevedeva l’unità di gestione dei beni e erogazione del
servizio in capo ad un unico soggetto sempre con costituzione di una società patrimoniale di ambito.
Sulla base di tale criterio le Società patrimoniali possono, quindi, distinguersi nelle seguenti categorie:
7. Società patrimoniali di ambito ex lege Regione Lombardia: società costituite dagli enti locali, o da
alcuni di essi, in attuazione della legge regionale lombarda, con l’obiettivo di costituire una società
patrimoniale per tutto l’ambito territoriale ottimale del servizio idrico integrato;
8. Società patrimoniali di enti locali non ex lege Regione Lombardia: società costituite da enti locali,
anche associati fra di loro, non in attuazione della legge regionale lombarda, al fine di attribuire alla
società la proprietà dei beni costituenti dotazioni del servizio idrico integrato.
Una ulteriore distinzione può essere effettuata, invece, sulla base della data di costituzione della società
stessa:
9. Società patrimoniali costituite “prima” dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 152/2006: si ipotizza la
legittimità di tali società patrimoniali, in quanto costituite in presenza di una normativa che, all’epoca
della loro costituzione, riconosceva le società patrimoniali (art. 113, comma 13, del D.Lgs. n.
267/2000);
10. Società patrimoniali costituite dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 152/2006, ma “prima” dell’entrata
in vigore dell’articolo 23-bis D.L. n. 112/2008 convertito in Legge n. 133/2008 e sue successive
modifiche e integrazioni: si ipotizza la legittimità di tali società patrimoniali, in quanto costituite in
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presenza di una normativa che, all’epoca della loro costituzione, riconosceva le società patrimoniali
(art. 113, comma 13, del D.Lgs. n. 267/2000). Vi è la criticità relativa alla tesi della Corte
costituzionale secondo la quale l’art. 113, comma 13, del D.Lgs. n. 267/2000 era incompatibile
anche con l’art. 143 del D.Lgs. n. 152/2006, con la conseguente abrogazione per incompatibilità;
11. Società patrimoniali costituite “dopo” l’entrata in vigore dell’articolo 23-bis D.L. n. 112/2008 convertito
in Legge n. 133/2008 e sue successive modifiche e integrazioni: si ipotizza l’illegittimità di tali società
patrimoniali, in quanto costituite in presenza di una normativa che, all’epoca della loro costituzione,
non riconosceva le società patrimoniali (art. 23-bis, comma 5 (questa categoria di società viene
indicata per completezza di inquadramento teorico, non risultando in Regione Lombardia società
annoverabili nella categoria in questione).
All’interno delle Società proprietarie di beni del servizio idrico, siano esse Società patrimoniali rientranti nelle
tipologie di cui sopra sub [1], [2], [3] e [4] oppure società di gestione proprietarie di beni del servizio idrico e
quindi rientranti nella tipologia di cui sopra sub [5], è possibile distinguere anche sulla base del fatto che
esse siano state costituite da parte di un solo Ente locale o da parte di più Enti locali:
12. Società proprietarie di beni del servizio idrico costituite da un unico Ente locale: società patrimoniali
costituite da un unico Ente locale, di regola un Comune;
13. Società proprietarie di beni del servizio idrico costituite da più Enti locali: società patrimoniali
costituite (o successivamente partecipate) da più Enti locali.
E’ possibile, inoltre, distinguere le società proprietarie di beni afferenti il servizio idrico in relazione alla loro
natura di:
1. Società mono-servizi: società (in qualunque tipologia esse ricadano) che sono state costituite con
riferimento ad uno specifico servizio pubblico;
2. Società pluri-servizi: società (in qualunque tipologia esse ricadano) che sono state costituite con
riferimento ad una pluralità di servizi pubblici;
3. Società con valorizzazione dei beni nel proprio bilancio: Società che nel proprio patrimonio e nel
proprio bilancio annoverano beni la cui stima è stata oggetto di valorizzazione rispetto al valore che i
beni avevano nel bilancio dell’ente locale o del soggetto che in precedenza ne deteneva la proprietà
o rispetto alla prima iscrizione nel bilancio della società;
4. Società senza valorizzazione dei beni nel proprio bilancio: Società che nel proprio patrimonio e nel
proprio bilancio annoverano beni la cui stima “non” è stata oggetto di valorizzazione rispetto al valore
che i beni avevano nel bilancio dell’ente locale o del soggetto che in precedenza ne deteneva la
proprietà.
Vi è poi da analizzare l’assetto proprietario e, in particolare, relativamente alla presenza di soci privati nella
composizione del capitale sociale:
5. Società a partecipazione interamente pubblica;
6. Società miste a partecipazione pubblica e privata;
7. Società a partecipazione interamente privata.
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Anche la modalità di partecipazione degli enti locali al capitale delle Società può essere considerato un
ulteriore elemento di classificazione:
8. Società a partecipazione diretta degli enti locali;
9. Società a partecipazione “indiretta” degli enti locali, mediante società pubbliche;
10. Società a partecipazione “mista” , diretta da parte di alcuni enti locali e “indiretta” da parte di altri enti
locali.
Infine, la classificazione delle società proprietarie può essere effettuate con riferimento non ai beni
strumentali del servizio, ma a utilità economiche comunque afferenti la gestione del servizio che le società
possono iscrivere fra le voci attive del proprio bilancio. A tale riguardo le società proprietarie possono essere
distinte sulla base che abbiano, o meno, provveduto ad una valorizzazione (non dei beni del servizio in
quanto tali, ma) della concessione del servizio (o di altre “utilità” ritenute meritevoli di apprezzamento e
valorizzazione economica), con possibile iscrizione in bilancio di poste attive fra le “Immobilizzazioni
immateriali”. Sulla base di tale criterio le società possono distinguersi nelle seguenti categorie:
11. Società che hanno provveduto alla valorizzazione della concessione del servizio o di altre utilità e
alla loro iscrizione fra le “Immobilizzazioni immateriali”;
12. Società che “non” hanno provveduto alla valorizzazione della concessione del servizio o di altre
utilità e alla loro iscrizione fra le “Immobilizzazioni immateriali”.
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4.
I possibili scenari: scioglimento delle società proprietarie vs riordino delle
stesse
in
funzione
della
razionalizzazione
dei
costi,
nonché
del
raggiungimento di generali obiettivi di efficienza
Sulla base della classificazione esposta nel paragrafo precedente possono ipotizzarsi diverse operazioni
giuridiche sulle Società proprietarie di beni del servizio idrico, siano esse Società patrimoniali o Società di
gestione.
In linea generale, gli scenari analizzati possono essere ricondotti a due tipologie distinte di obiettivi. Da un
lato, quello di pervenire al trasferimento dei beni agli enti locali, anche attraverso lo scioglimento o
l’abbattimento del capitale sociale di queste società. Dall’altro lato, quello di “recuperare” le attuali società,
pur in un mutato quadro giuridico, ridefinendone i compiti ed ipotizzando specifiche operazione per pervenire
ad una razionalizzazione dei costi, attraverso possibili integrazioni tra le stesse e/o tra queste ed il gestore di
ambito.
L’analisi è stata, anche per comodità espositiva, distinta in relazione alle Società patrimoniali e alle Società
di gestione.
4.1 Le società patrimoniali e possibili scenari
Analizziamo, in primo luogo, i possibili scenari che concernono le Società patrimoniali, per poi passare,
successivamente, ai possibili scenari relativi ai Gestori dei beni e/o gestori del servizio di erogazione
all’utenza. Come illustrato nel paragrafo 3, le Patrimoniali sono le società che rientrano – secondo la nostra
proposta di classificazione – nelle ipotesi di cui sopra sub [1], [2], [3], [4] e [5] e, cioè:

Società patrimoniali “pure”, che svolgono esclusivamente la funzione di mere proprietarie dei beni e
che rientrano quindi nella tipologia di cui sopra sub [1],

Società patrimoniali “spurie” o “multifunzione” che svolgono anche altre e diverse funzioni e che
rientrano quindi nella tipologia di cui sopra sub [2], nelle sue sottospecie di cui sub [3], [4] e [5].
Per poter individuare le operazioni giuridiche che possono essere poste in essere con riferimento alle
Patrimoniali esistenti, è necessario definire in via preliminare le finalità che le Pubbliche amministrazioni
intendono perseguire con le Società patrimoniali.
Escludendo qualsiasi connessione societaria o gestionale fra le Società patrimoniali e la gestione dei beni o
la gestione del servizio all’utenza (salva la concessione in uso gratuita dei beni al Gestore di ambito, nel
caso in cui si ritenesse di mantenere in vita le Patrimoniali, cioè nello “Scenario 2” che verrà subito qui di
seguito illustrato), possono presentarsi due diversi “scenari” a seconda che la finalità delle Pubbliche
amministrazioni consista nel far acquisire la proprietà dei beni agli Enti locali (segnatamente, ai Comuni) con
conseguente scioglimento e messa in liquidazione delle Società patrimoniali, oppure se la finalità consista
nel mantenimento in vita delle Società patrimoniali, con eventuale loro aggregazione in un’unica
Patrimoniale per ambito.
Si presentano quindi, alla luce di quanto detto, due primi scenari possibili:
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 Scenario 1: lo scioglimento delle Patrimoniali e l’acquisizione da parte dei Comuni della
proprietà dei beni del servizio idrico
Nel primo scenario le finalità che si intendono realizzare sono, da un lato, l’acquisizione da parte dell’Ente o
degli Enti locali (dei Comuni) della proprietà dei beni del servizio idrico attualmente in proprietà della o delle
Società patrimoniali (ove il termine “acquisizione della proprietà” è volutamente generico, nel senso che non
indica un’operazione o un negozio giuridico specifici, ma semplicemente il risultato dell’operazione che
consiste nel far acquisire all’ente locale la proprietà del bene del servizio idrico), dall’altro, lo scioglimento e
la messa in liquidazione della o delle Società patrimoniali.
 Scenario 2: il mantenimento in vita delle Patrimoniali con la proprietà dei beni del servizio
idrico di cui risultino attualmente proprietari
Nel secondo scenario le finalità che si intendono realizzare sono le seguenti:
1.
il mantenimento in vita della o delle Società patrimoniali, con la proprietà dei beni del servizio
idrico di cui risultino attualmente proprietari;
2.
nel caso di esistenza all’interno dell’ambito di una pluralità di Patrimoniali, la loro possibile
aggregazione in un’unica patrimoniale di ambito;
3.
nel caso di Patrimoniali esistenti che rientrano nelle ipotesi di cui sopra sub [2], [3], [4] e [5],
l’attribuzione al Gestore di ambito (o a diverso Soggetto competente) delle funzioni ulteriori e
diverse rispetto a quella di mero proprietario dei beni del servizio idrico.
Il mantenimento in vita delle Patrimoniali e loro aggregazione in un’unica Patrimoniale di ambito “suona”
come una ripetizione della Patrimoniale di ambito prevista dalla legislazione della Regione Lombardia e
dichiarata incostituzionale dalla Consulta; tuttavia, per le ragioni ampiamente esposte nel parere relativo alla
sentenze della Corte costituzionale n. 320 del 2011, se è da ritenersi non percorribile la strada della
costituzione di “nuove” Società patrimoniali di ambito, pare che possa invece ammettersi la possibilità di
mantenere in vita le patrimoniali esistenti, con conseguente possibilità anche di una loro aggregazione (se
non altro, per ragioni di economicità).
In questo secondo scenario, pertanto, pur prevedendosi una Patrimoniale di ambito, deve ribadirsi che non
viene costituita una “nuova” Società, ma vengono semplicemente aggregate le Patrimoniali attualmente
esistenti; ciò al fine di non porsi in conflitto con la sentenza della Corte costituzionale n. 320 del 2011, che
senz’altro fa divieto di costituzione di “nuove” società patrimoniali di ambito.
In questo secondo scenario, ove risultassero Patrimoniali comprese nelle ipotesi di cui sopra sub [2], [3], [4]
e [5], si porrebbe la questione della legittimità della continuazione da parte della Patrimoniale di tali ulteriori e
diverse funzioni rispetto a quella di “mero proprietario”.
In questo secondo scenario, pertanto, pur prevedendosi il mantenimento in vita delle Patrimoniali, pare
opportuno – anche per ragioni di cautela – circoscrivere il loro oggetto sociale alla “mera proprietà” dei beni
del servizio idrico, non conferendo alle stesse nessuna delle ulteriori e diverse funzioni che invece erano
previste nella legislazione della Regione Lombardia.
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Inoltre, nel caso di Patrimoniali esistenti che rientrano nelle ipotesi di cui sopra sub [2], [3], [4] e [5], potrebbe
risultare opportuno procedere all’attribuzione al Gestore di ambito (o a diverso Soggetto competente) delle
funzioni ulteriori e diverse rispetto a quella di mero proprietario dei beni del servizio idrico, di cui risultassero
attualmente titolari in forza di previsioni contenute negli atti amministrativi con i quali è stata deliberata la
costituzione della Società patrimoniale, oppure, in forza di previsioni contenute nello statuto sociale.
 Scenario 3: l’integrazione delle Patrimoniali con il gestore di ambito del servizio idrico
integrato
I primi due scenari escludono qualsiasi connessione societaria o gestionale fra le Società patrimoniali e le
Società di gestione del servizio (non patrimoniali), cioè con i Gestori dei beni e/o gestori del servizio di
erogazione all’utenza, e altresì proprietarie di (alcuni) beni, Società da noi classificate nell’ipotesi di cui sopra
sub [6] (fatta salva, naturalmente, la concessione in uso dei beni al gestore di ambito, nel caso in cui si
ritenesse di mantenere in vita le Patrimoniali, cioè nello Scenario 2).
Esiste anche un terzo scenario che, invece, prevede che non ci si limiti a mantenere in vita la o le Società
patrimoniali, con la relativa proprietà dei beni del servizio idrico di cui risultino attualmente proprietari, ma
che si ipotizzi una qualche forma di “sinergia” o di “integrazione” con l’attività di gestione dei beni e con
l’attività di gestione del servizio all’utenza, e, di conseguenza, con il Gestore di ambito del servizio idrico
integrato.
In questo terzo scenario la finalità che s’intende perseguire è dunque costituita dall’integrazione della o delle
Patrimoniali con il Gestore del servizio idrico integrato di ambito, avente la finalità – dal punto di vista
patrimoniale – di far acquisire alla Patrimoniale che risulterà dal percorso di aggregazione della proprietà dei
beni del servizio idrico attualmente di proprietà del Gestore del servizio idrico integrato o dei gestori
attualmente in essere di fasi del predetto servizio (c.d. “unificazione patrimoniale”).
Anche in questo caso, l’utilizzo del termine “acquisizione della proprietà” è volutamente generico, nel senso
che non indica un’operazione o un negozio giuridico specifici, ma semplicemente il risultato dell’operazione
come sopra descritto.
Si sottolinea che la finalità del presente scenario è tuttavia più ampia rispetto ad una mera aggregazione dei
beni del servizio, in quanto si perviene, con la Patrimoniale che risulterà dal processo di aggregazione, ad
una vera e propria “unificazione” organizzativa e gestionale del servizio idrico integrato all’interno dell’ambito
territoriale ottimale di riferimento, con definitivo superamento
di qualsiasi distinzione soggettiva e/o
funzionale all’interno dello stesso (c.d. “unificazione patrimoniale e gestionale”).
Le operazioni giuridiche da porre in essere per realizzare l’integrazione fra la o le Patrimoniali ed il gestore o
i gestori del servizio, varieranno a seconda della situazione dei vari ambiti territoriali ottimali di riferimento, e,
in particolare, a seconda dell’esistenza, o meno, nell’ambito territoriale ottimale di riferimento, di un gestore
di ambito a cui sia stata affidata la gestione del servizio idrico integrato ai sensi della legge n. 36 del 1994 o
del D.Lgs. n. 152 del 2006, oppure, dell’esistenza ancora di una pluralità di gestioni secondo la disciplina
vigente prima della riforma.
18
4.2 Le società di gestione del servizio e i possibili scenari
Come illustrato in precedenza, le Società di gestione del servizio (non patrimoniali), sono i gestori dei beni
e/o gestori del servizio di erogazione all’utenza, che risultano altresì proprietari di (alcuni) beni del servizio
idrico, da noi classificati nell’ipotesi di cui sopra sub [6].
Anche per queste Società potranno essere ipotizzati diversi scenari, analogamente a quanto abbiamo
esposto per le Patrimoniali.
 Scenario 3: le Società di gestione del servizio e i possibili scenari
Come illustrato in precedenza, le Società di gestione del servizio (non patrimoniali), sono i gestori dei beni
e/o gestori del servizio di erogazione all’utenza, che risultano altresì proprietari di (alcuni) beni del servizio
idrico, da noi classificati nell’ipotesi di cui sopra sub [6].
Anche per queste Società potranno essere ipotizzati diversi scenari, analogamente a quanto abbiamo
esposto per le Patrimoniali.
 Scenario 4: l’acquisizione da parte dei Comuni o delle Società patrimoniali della proprietà dei
beni del servizio idrico di proprietà delle Società di gestione del servizio
Secondo uno scenario, che – per differenziarlo dai precedenti – potremo definire “quarto scenario”, le finalità
che si intendono realizzare sono, in via alternativa, le seguenti:
1. l’acquisizione “da parte dell’Ente o degli Enti locali (dei Comuni)” della proprietà dei beni del servizio
idrico attualmente in proprietà della o delle Società di gestione;
2. l’acquisizione “da parte della o delle Società patrimoniali attualmente esistenti” della proprietà dei
beni del servizio idrico attualmente in proprietà della o delle Società di gestione.
Anche in questo caso, il termine “acquisizione della proprietà” è volutamente generico, nel senso che non
indica un’operazione o un negozio giuridico specifici, ma semplicemente il risultato dell’operazione che
consiste nel far acquisire all’Ente locale o alla Società patrimoniale la proprietà dei beni del servizio idrico.
In questo scenario si mantengono pertanto distinte le Società patrimoniali dalle Società di gestione, e ci si
limita a porre in essere quelle operazioni finalizzate al trasferimento (in senso “atecnico”) da parte delle
Società di gestione della proprietà dei beni del servizio idrico ai Comuni o alle Patrimoniali, nonché –
eventualmente – a prevedere una disciplina giuridica che impedisca alle Società di gestione di diventare
proprietarie dei beni del servizio idrico dalle stesse realizzate.
Si realizza, cioè, quella che abbiamo sopra definito come “unificazione patrimoniale” dei beni in capo ai
Comuni o in capo alle o alla Patrimoniale, impedendo al Gestore del servizio idrico integrato di mantenere
e/o di acquisire, nel corso del periodo di affidamento, la proprietà di beni strumentali al servizio medesimo.
Rimane tuttavia ferma la distinzione – soggettiva e funzionale – della o delle Patrimoniali con il Gestore del
servizio idrico integrato.
19
 Scenario 5: l’acquisizione da parte dei Comuni o delle Società patrimoniali della proprietà dei
beni del servizio idrico di proprietà delle Società di gestione del servizio
Un quinto scenario prevede, invece, il mantenimento da parte dei Gestori del servizio della proprietà dei beni
del servizio idrico di cui risultino attualmente proprietari.
In questo scenario, niente cambia rispetto alla situazione attuale, in base alla quale le società di gestione del
servizio acquisiscono la proprietà dei beni che realizzano, salvo
l’obbligo di trasferirli ai Comuni o alle
Società patrimoniali al termine dell’affidamento (e fatta salva la disciplina relativa ai rapporti economici
connessi a tale trasferimento).
Non si realizza, pertanto, alcuna unificazione nemmeno sotto il profilo meramente patrimoniale, nel senso
che permarranno in essere, da una parte, la o le Patrimoniali, e, dall’altra parte, la Società di gestione del
servizio, con la possibilità, da parte di quest’ultima, di mantenere e/o di acquisire nel corso del periodo di
affidamento, la proprietà di beni strumentali al servizio medesimo (e fatta salva la disciplina relativa ai
rapporti economici connessi a tale trasferimento).
 Scenario 6: l’integrazione delle Patrimoniali con il gestore di ambito del servizio idrico
integrato
Infine, il sesto scenario, che, analogamente al “terzo scenario” persegue la finalità sia della c.d. “unificazione
patrimoniale”, sia della c.d. “unificazione patrimoniale e gestionale” attraverso l’aggregazione fra il Gestore
del servizio e la o le Società patrimoniali.
Il presente scenario si differenzia dal precedente scenario n. 3, in quanto, in questo caso, si prevede che
l’aggregazione avvenga non sulla patrimoniale esistente, bensì sul Soggetto gestore del servizio idrico
integrato, il quale, non solo non trasferisce alcun bene né ai Comuni né alle Patrimoniali (che vengono
meno), mantenendo la titolarità dei beni del servizio idrico attualmente di sua proprietà e acquisendo la
proprietà di quelli che realizzerà nel corso del periodo di affidamento (salvo l’obbligo di trasferimento ai
Comuni o alle patrimoniali al termine dell’affidamento), ma acquisisce anche la proprietà dei beni del servizio
idrico attualmente di proprietà della o delle Patrimoniali.
In sostanza, mentre lo “scenario 3” incentra il processo di aggregazione societaria e funzionale sulla
Patrimoniale, il presente scenario incentra il medesimo processo sul Gestore del servizio idrico integrato.
20
4.3 Descrizione delle opzioni tecniche e delle operazioni societarie disponibili per
perseguire l’obiettivo di scioglimento delle società patrimoniali e/o riordino
delle stesse
Nel presente paragrafo, per ciascuno degli scenari di riordino del servizio idrico delineati nel paragrafo
precedente, sono descritte le opzioni tecniche e le operazioni societarie disponibili. Nel paragrafo 5, per ogni
scenario e per ogni tipologia di strumento tecnico, saranno evidenziate i benefici attesi e le principali
implicazioni di natura societaria, fiscale e tributaria.
 Scenario 1: scioglimento delle Patrimoniali ed acquisizione da parte dei Comuni della
proprietà dei beni del servizio idrico
Può essere realizzato attraverso le seguenti operazioni:
1. nel caso in cui si tratti di Società patrimoniali “pure”, che svolgono esclusivamente la funzione di
mere proprietarie dei beni, che rientrano quindi nella tipologia di cui sopra sub [1], si potrà procedere
allo scioglimento ed alla messa in liquidazione della società, con successiva attribuzione dei beni del
servizio idrico e degli altri elementi dell’attivo patrimoniale risultanti al termine della procedura di
liquidazione all’Ente locale o agli Enti locali soci della stessa;
2. nel caso in cui si tratti di Società patrimoniali “spurie” o “multifunzione”, cioè che svolgono anche
altre attività e che rientrano quindi nelle tipologie di cui sopra sub [2], [3], [4] e [5], si potrà procedere
alternativamente:
a. scorporo del ramo di azienda relativo alle attività diverse dalla mera proprietà dei beni,
comprensivo del relativo personale e trasferimento al Gestore di ambito del servizio idrico
integrato mediante un’operazione di conferimento/cessione del ramo di azienda, ovvero
scissione societaria, e, successivamente, scioglimento e messa in liquidazione della
Patrimoniale con attribuzione dei beni del servizio idrico e dell’attivo patrimoniale risultanti al
termine della procedura di liquidazione all’Ente locale o agli Enti locali soci della Società
patrimoniale; nel caso di conferimento del ramo d’azienda, le partecipazioni ricevute in
cambio dalla Società patrimoniale, per effetto della liquidazione, potranno essere cedute a
terzi durante tale procedura o essere attribuite anch’esse all’Ente locale o agli Enti locali al
termine della liquidazione;
b. scorporo del ramo di azienda relativo alle attività diverse dalla mera proprietà dei beni,
comprensivo del relativo personale, e trasferimento dello stesso in una “newco” interamente
partecipata dalla Società patrimoniale mediante un’operazione di conferimento/cessione del
ramo di azienda, ovvero scissione societaria, le cui quote di partecipazione potranno essere
successivamente
alienate
al
Gestore
di
ambito
del
servizio
idrico
integrato;
successivamente, la Società patrimoniale verrà sciolta e messa in liquidazione ed, al
termine della procedura, i beni del servizio idrico e l’attivo patrimoniale risultante dalla
liquidazione verrà attribuito all’Ente locale o agli Enti locali soci. In alternativa, le quote della
“newco” potranno essere conservate dalla Società patrimoniale e, per effetto della
liquidazione, essere attribuite all’Ente locale o agli Enti locali che, al termine dell’operazione,
21
si troverebbero ad essere soci della “newco” titolare del ramo di azienda relativo alle attività
diverse dalla mera proprietà dei beni, comprensivo del relativo personale;
c.
Mantenimento nella società del ramo di azienda relativo alle attività diverse dalla mera
proprietà dei beni, comprensivo del relativo personale e, in modo inverso, riduzione del
capitale sociale ex art. 2445 codice civile, mediante assegnazione dei beni del servizio idrico
all’Ente locale o agli Enti locali soci. Analogamente all’ipotesi sub b), le quote della società
potranno essere successivamente alienate al Gestore di ambito del servizio idrico integrato.
L’ipotesi sub 1 (Società patrimoniali “pure”) di scioglimento delle Società patrimoniali comporta comunque
effetti ed implicazioni civilistiche sicuramente non trascurabili, legate soprattutto alla tutela degli interessi dei
terzi che sono nel frattempo entrati in contatto con la società.
Al riguardo vale la pena spendere alcune parole circa la disciplina del procedimento di liquidazione prevista
dagli artt. 2484 e seguenti del Codice Civile, quale percorso obbligatorio per addivenire all’estinzione di una
società a responsabilità limitata.
Dalla data dell’iscrizione nel Registro delle Imprese della deliberazione dell’Assemblea relativa allo
scioglimento della società gli amministratori conservano il potere di amministrare limitatamente agli affari
urgenti, fino a quando non vengono nominati i liquidatori1. Questi ultimi hanno gli stessi obblighi e
responsabilità degli amministratori ed il loro mandato consiste nel compimento di tutti gli atti necessari per la
vendita degli assets patrimoniali e per l’incasso di tutti i crediti, con lo scopo di reperire le risorse finanziarie
necessarie ed estinguere tutti i debiti sociali; le eventuali risorse che residuano dopo aver soddisfatto tutti i
creditori sociali possono essere distribuite ai soci secondo uno specifico piano di riparto.
Durante la liquidazione i liquidatori non possono intraprendere nuove operazioni, ma possono compiere gli
atti necessari alla conservazione del valore dell’impresa, ivi compreso il suo esercizio provvisorio, secondo
quanto previsto nella deliberazione relativa alla loro nomina.
Nel caso delle società proprietarie, un procedimento di liquidazione tradizionalmente inteso, che preveda la
vendita degli assets patrimoniali e la successiva estinzione dei debiti sociali, con la successiva ripartizione
fra i soci delle eventuali risorse residue, appare difficilmente praticabile in quanto i beni afferenti il servizio
idrico integrato risultano di difficile commercializzazione. E’ quindi facilmente prevedibile che, se la
liquidazione non verrà adeguatamente gestita, i liquidatori si troveranno a fronteggiare una situazione di
insolvenza della Società, caratterizzata dalla mancanza delle risorse necessarie per estinguere i debiti
sociali (rappresentati principalmente da finanziamenti bancari e debiti verso fornitori) prima di procedere
all’assegnazione degli assets patrimoniali ai soci, con il rischio di dover chiedere il fallimento della Società.
Per non rischiare di trovarsi nella situazione sopra descritta potrebbe essere opportuno, prima della
deliberazione di scioglimento della Società, dotare la stessa delle risorse necessarie all’estinzione di tutti i
debiti sociali mediante un aumento di capitale a pagamento d’importo pari all’ammontare complessivo dello
stock di debito da estinguere. Tale soluzione, tuttavia, se da un lato risolve il problema sopra evidenziato,
1
Per la nomina dei liquidatori di s.r.l. è competente l’Assemblea ed è previsto un quorum deliberativo pari almeno alla metà del capitale
sociale. Se l’Assemblea convocata per la nomina dei liquidatori non si costituisce o non delibera, la nomina dei liquidatori può essere
chiesta al Tribunale competente dai soci, dagli amministratori o dal Collegio sindacale.
22
dall’altro costringerebbe i soci di dette società ad effettuare importanti versamenti di liquidità nelle casse
sociali.
In alcuni casi, inoltre, lo scioglimento delle Società patrimoniali non sarebbe di per sé sufficiente a
raggiungere l’obiettivo di abbandonare il modello di gestione fondato sulla presenza di tali società. Il loro
scioglimento e la riassegnazione dei beni ai soci non sarebbe, infatti, neanche funzionale allo scopo voluto di
far ritornare la proprietà di tali beni ai Comuni, in quanto in alcuni casi (per esempio, nel caso dell’ATO di
Pavia), i soci delle patrimoniali sono a loro volta delle società per azioni.
Con lo scioglimento della patrimoniale e l’assegnazione dei beni ai soci, questi, una volta affidato il servizio
idrico integrato al Gestore unico, si trasformerebbero nuovamente in tante patrimoniali di minore dimensione
rispetto alle attuali con la conseguente necessità di procedere anche alla loro liquidazione.
In tali casi, dunque, laddove i soci della Società patrimoniale non siano i Comuni, ma altre società pubbliche,
dovrebbe essere congegnata un’operazione che consenta il trasferimento dei beni dalla società proprietaria
ai Comuni dell’ATO, che dovrà passare dalla liquidazione, ovvero dalla riduzione del capitale delle stesse
società socie, pur con le cautele sopra evidenziate.
Anche nell’ipotesi sub 2 (Società patrimoniali “spurie” o “multifunzione”), si segnalano le difficoltà legate
all’esigenza di tutela dei terzi che hanno intrapreso rapporti con le società proprietarie dei beni. Ciò è
particolarmente stringente per l’ipotesi di riduzione del capitale sociale ex art. 2445 c.c..
Se è pur vero che, a seguito della riforma del diritto societario è venuta meno l’esigenza di dimostrare il
requisito dell’esuberanza del capitale sociale per il raggiungimento dell’oggetto sociale, non sono tuttavia
ammissibili procedimenti di riduzione del capitale sociale totalmente discrezionali. Il secondo comma
dell’articolo 2445, come scritto oggi, richiede ancora, come richiedeva anche antecedentemente la riforma
l’esigenza di indicare le ragioni e le modalità della riduzione.
La delibera di riduzione del capitale è sempre di competenza dell’assemblea straordinaria e la delibera non
può comunque essere eseguita in presenza di opposizione dei creditori sociali che individuassero un
pregiudizio ai loro diritti a seguito della riduzione stessa. Pur considerando la difficile commercialità dei beni
del servizio idrico, considerando i valori di iscrizione di questi nei bilanci sociali, spesso tutt’altro che
trascurabili, è molto probabile che una simile operazione sia potenzialmente lesiva dei diritti dei creditori.
Stessi diritti di intervento dei creditori sono peraltro riconosciuti anche nelle operazioni di scissione
societaria.
Alle criticità sopra evidenziate, si aggiunge il divieto per i Comuni con popolazione fino a 30.000 abitanti di
detenere partecipazioni societarie ai sensi dell’art. 14 comma 32 del D.L. 78/2010, a meno che, a regime, la
partecipazione di tali Comuni al capitale del Gestore unico o della “newco” venga determinata in modo
paritario o proporzionalmente al numero dei degli abitanti, a condizione che la popolazione complessiva di
tali enti superi le 30.000 unità2. Problematiche analoghe sussistono anche nei confronti dei Comuni con
2
Sono comunque consentite le partecipazioni in società già costituite al 31/05/2010 che contemporaneamente:
-
abbiano, al 30/09/2013, il bilancio in utile negli ultimi 3 esercizi;
-
non abbiano subìto, nei precedenti esercizi, riduzioni di capitale conseguenti a perdite di bilancio;
-
non abbiano subìto, nei precedenti esercizi, perdite di bilancio in conseguenza delle quali il Comune sia stato gravato
dell’obbligo di procedere al ripiano delle perdite medesime.
23
popolazione compresa fra 30.000 e 50.000 abitanti, i quali, ai sensi della norma sopra richiamata, possono
detenere partecipazioni solo in una società.
Si evidenzia infine un’altra criticità, che potrebbe riguardare sia il caso sub 1 che sub 2, relativa al personale
della Società patrimoniale e alla legittimità del suo eventuale “passaggio” alle dipendenze dell’Ente locale; di
regola, il personale della patrimoniale non passa all’ente locale, ma passa al gestore del servizio idrico
integrato: in particolare, ciò avverrebbe per le patrimoniali di ambito che, ai sensi della legge regionale,
svolgono attività ulteriori rispetto alla mera proprietà dei beni, attività che rientrano nel servizio idrico
integrato e quindi, come tali, competono al gestore di ambito.
Nell’ipotesi che questo non avvenga, tuttavia, potrebbero sorgere alcuni problemi. Secondo le Sezioni
Riunite della Corte dei Conti (deliberazione n. 4/2012) il riassorbimento del personale assunto dalla società
pubblica posta in liquidazione può avvenire solo a condizione che l’assunzione sia stata effettuata nel
rispetto del principio sancito dall’art. 97 comma 3 della Costituzione, secondo il quale “Agli impieghi nelle
pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge”. Quindi, in
sostanza, è necessario che il personale della società posta in liquidazione sia stato assunto previo
espletamento di procedura di selezione ad evidenza pubblica, che abbia garantito almeno il rispetto dei
princìpi di trasparenza, pubblicità ed imparzialità di cui all’art. 18 comma 2 del D.L. 112/2008, convertito in
Legge 133/2008. Inoltre, è necessario tenere conto anche del conseguimento o meno da parte dell’Ente
locale degli obiettivi del Patto di Stabilità (in caso negativo, infatti, il riassorbimento non può avvenire, in
quanto all’Ente è preclusa l’assunzione di personale), nonché del più generale obbligo di riduzione della
spesa per il personale. Per quanto riguarda, invece, la possibilità di applicare la previsione di cui all’art. 2112
del Codice Civile, in materia di mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento del ramo
d’azienda, le Sezioni Riunite della Corte dei Conti (deliberazione n. 4/2012) hanno sostenuto che la
disciplina non trova applicazione al caso di specie, in quanto non ci troviamo tecnicamente in un
“trasferimento di ramo d’azienda”, bensì nel caso di estinzione di un soggetto, in quanto non vi è mutamento
della titolarità dell’attività economica organizzata.
Al fine di prevenire il sorgere di tali problematiche, si tratta di concepire lo scioglimento delle patrimoniali con
come fattispecie a sé stante, ma inserita nel quadro complessivo dell’affidamento del servizio idrico integrato
oppure, ove tale affidamento sia già stato effettuato, di revisione del Piano di ambito e, precisamente, del
modello gestionale e organizzativo.
 Scenario 2: mantenimento in vita delle Patrimoniali con la proprietà dei beni del servizio
idrico di cui risultino attualmente proprietari
Come già illustrato nel paragrafo precedente, questo scenario prevede il mantenimento in vita della o delle
Società patrimoniali, con la proprietà dei beni del servizio idrico di cui risultino attualmente proprietari, con
scorporo delle eventuali funzioni ulteriori e diverse rispetto a quella di mera proprietà dei beni del servizio
idrico; inoltre, nel caso di esistenza all’interno dell’ambito di una pluralità di Società patrimoniali, lo scenario
prevede la loro aggregazione in un’unica entità.
La suddetta previsione potrebbe verificarsi nell’ipotesi in cui il ramo di azienda relativo alle attività diverse dalla mera proprietà dei beni
sia conferito al Gestore unico.
24
In questo caso, il principale problema per la Società patrimoniale che rimane in vita senza avere la
possibilità di svolgere ulteriori funzioni rispetto a quelle di mera proprietà dei beni, è rappresentato dalla
necessità di mantenere un proprio equilibrio economico e finanziario; tale circostanza, infatti, non è affatto
scontata in una situazione in cui i costi relativi alle quote di ammortamento dei beni afferenti il servizio idrico
che la stessa detiene a titolo di proprietà nel proprio patrimonio rischiano di non essere coperti da introiti
tariffari di ammontare analogo. L’unica possibilità concreta è quella di prevedere in tali casi un rapporto
contrattuale con il gestore che preveda il trasferimento a detti veicoli societari della quota di ammortamento
dei beni. A questo riguardo, si segnalano due distinte problematiche.
Da un lato, la possibilità di prevedere una messa a disposizione di tali beni a favore del gestore a titolo
oneroso, in apparenza almeno, sembra contrastare con la previsione di cui all’articolo 153 del D.lgs
152/2006, secondo il quale: “Le infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali ai sensi dell'articolo 143
sono affidate in concessione d'uso gratuita, per tutta la durata della gestione, al gestore del servizio idrico
integrato, il quale ne assume i relativi oneri nei termini previsti dalla convenzione e dal relativo disciplinare”.
Ora, laddove le società in oggetto avessero in effetti sostenuto dei costi per l’acquisizione di tali beni,
sarebbe irrazionale un sistema che non consentisse di recuperare nel sistema tariffario, almeno le quote di
ammortamento relative ai beni acquisiti. Ed in effetti a ben vedere l’articolo 153 fa riferimento
esclusivamente ai beni di proprietà degli enti locali, lasciando aperta la sostenibilità di una sua non
applicazione al caso dei beni realizzati o acquisiti dalle società. Del resto, come vedremo più avanti, il nuovo
metodo tariffario elaborato dall’AEEG prevede espressamente il riconoscimento di tali oneri, seppur con
regole particolari. Alternativamente potrebbero essere prese in esame ipotesi di trasferimento dei beni al
gestore unico e riconoscimento del costo sostenuto da quest’ultimo nell’ambito del sistema tariffario.
La possibilità di recuperare in tariffa tali costi conduce tuttavia all’altra problematica consistente nell’entità del
riconoscimento tariffario, anche a seguito dell’introduzione del nuovo metodo tariffario elaborato dall’AEEG.
In particolare, particolari problematiche si avrebbero in quelle situazioni in cui i beni siano stati oggetto di
rivalutazioni rispetto al valore contabile originario, anche a seguito di eventuali operazioni societarie di
conferimento.
In tali casi, infatti, dovrebbe essere valutata la possibilità che a seguito dell’introduzione del nuovo metodo
tariffario, vi siano consistenti svalutazioni economiche del valore delle immobilizzazioni iscritte in bilancio.
Il riferimento al nuovo metodo tariffario introduce poi un ulteriore elemento che potrebbe effettivamente
spingere gli enti locali a prevedere interventi sulla struttura delle attuali società. Laddove si immaginassero
ipotesi di mancato riconoscimento degli ammortamenti, magari in misura importante, è evidente che gli effetti
non sarebbero solo di tipo economico, ma inciderebbero altresì sui flussi di cassa delle società. In tali casi
l’equilibrio complessivo delle stesse potrebbe essere a rischio.
Qualora la Società patrimoniale sia unica a livello di ambito, lo scenario può essere realizzato attraverso le
operazioni già descritte nello scenario 1 punto 2a) e 2b), cioè mediante:
a) scorporo del ramo di azienda relativo alle attività diverse dalla mera proprietà dei beni, comprensivo
del relativo personale e trasferimento al Gestore di ambito del servizio idrico integrato mediante
un’operazione di conferimento/cessione del ramo di azienda, ovvero scissione societaria;
25
b) scorporo del ramo di azienda relativo alle attività diverse dalla mera proprietà dei beni, comprensivo
del relativo personale, e trasferimento dello stesso in una “newco” interamente partecipata dalla
Società patrimoniale mediante un’operazione di conferimento/cessione del ramo di azienda, ovvero
scissione societaria, le cui quote di partecipazione potranno essere successivamente alienate al
Gestore di ambito del servizio idrico integrato.
Nel caso di esistenza di una pluralità di Società patrimoniali a livello di ambito, invece, si potrà procedere alla
loro aggregazione in un solo soggetto, attraverso:
a) un’operazione di fusione per incorporazione, mediante la quale una delle società esistenti
incorporerà le altre, le quali, in conseguenza dell’operazione, si estingueranno; questo tipo di fusione
è da preferire alla fusione propriamente detta (che porta all’estinzione delle società partecipanti alla
fusione ed alla nascita di un nuovo soggetto risultante dalla fusione), in quanto non porta alla
costituzione di alcuna “nuova” Società; pertanto, la fusione per incorporazione non si pone in
conflitto né con la sentenza della Corte costituzionale n. 320 del 2011, che senz’altro fa divieto di
costituzione di “nuove” società patrimoniali di ambito, né con le previsioni di cui l’art. 9 del D.L.
95/2012 (c.d. spending review 2), che sancisce il divieto per gli Enti locali di istituire enti, agenzie e
organismi comunque denominati e di qualsiasi natura giuridica, che esercitino una o più funzioni
fondamentali e funzioni amministrative loro conferite3. Questa modalità di aggregazione presenta
tempi di realizzazione e costi piuttosto contenuti, essendo, fra l’altro, un’operazione fiscalmente
neutra; in particolare, la fusione non produce plusvalenze o minusvalenze in relazione al passaggio
dei beni dalle società incorporate alla incorporante, tale passaggio non è soggetto da IVA, l’imposta
di registro sulla deliberazione e sull’atto di fusione si applica in misura fissa, così come l’imposta
ipotecaria e catastale in presenza di immobili;
b) il conferimento di rami d’azienda: in alternativa alla fusione per incorporazione, l’operazione di
aggregazione delle Società patrimoniali esistenti in uno stesso Ambito può essere realizzata anche
mediante il conferimento nel patrimonio di una delle società dei rami d’azienda delle altre esistenti.
Per effetto del conferimento, le società conferenti riceveranno una partecipazione nella società
conferitaria. Successivamente al conferimento, le società conferenti verranno sciolte e poste in
liquidazione,
prevedendone
l’estinzione in tempi
ragionevolmente
rapidi,
non
essendoci
sostanzialmente alcun attivo da liquidare, ad eccezione delle partecipazioni nella società conferitaria
che, al termine della liquidazione, verranno retrocesse agli Enti locali soci delle società conferenti.
Dal punto di vista dei tempi di realizzazione, il conferimento di rami d’azienda si presenta
sicuramente come un’operazione più rapida e meno articolata della fusione. A livello di costi, invece,
le due operazioni tendono ad equivalersi, in quanto, si tratta anche in questo caso di un’operazione
di riorganizzazione societaria attuata tramite conferimento di rami d’azienda, circostanza questa che
la esclude dal campo di applicazione dell’Iva e la rende soggetta all’imposta di registro, ipotecaria e
catastale in misura fissa. Quest’ultima circostanza vale anche nel caso in cui siano presenti beni
immobili, purché gli stessi facciano effettivamente parte di un ramo d’azienda, cioè di un insieme di
3
Secondo la Corte dei Conti – Sez. Reg. Controllo della Lombardia (deliberazione n. 403/2012) tale disposizione ha un perimetro di
applicazione amplissimo, dal quale resterebbero escluse solo le società di cui all’art. 14 c. 32 del D.L. 78/2010, cioè quelle partecipate
da Comuni con meno di 30.000 abitanti e da quelli con popolazione compresa fra 30.000 e 50.000 abitanti.
26
elementi attivi e passivi, rapporti commerciali e di lavoro che costituiscono unitamente un complesso
organizzato, coordinato e funzionante di fattori produttivi, idoneo allo svolgimento dell’attività
d’impresa. Per quanto attiene alla retrocessione delle quote della società risultate dall’aggregazione
dalle società poste in liquidazione agli Enti locali soci delle stesse, l’operazione è esclusa dal campo
di applicazione dell’IVA e soggetta ad imposta di registro in misura fissa.
 Scenario 3: integrazione delle Patrimoniali con il gestore di ambito del servizio idrico
integrato
Questo terzo scenario prevede che non ci si limiti a mantenere in vita la o le Società patrimoniali, con la
relativa proprietà dei beni del servizio idrico di cui risultino attualmente proprietari, ma che si ipotizzi un
percorso di aggregazione con il Gestore del servizio idrico integrato.
Quindi, rispetto allo scenario 1, dove la proprietà dei beni veniva di fatto retrocessa agli Enti locali, in questo
caso è prevista l’acquisizione da parte della Patrimoniale che risulterà dal percorso di aggregazione della
proprietà dei beni del servizio idrico attualmente di proprietà del Gestore del servizio idrico integrato o dei
gestori attualmente in essere di fasi del predetto servizio (c.d. “unificazione patrimoniale”).
Come detto, la finalità del presente scenario è tuttavia più ampia rispetto ad una mera aggregazione dei beni
del servizio, in quanto si perviene, con la Patrimoniale che risulterà dal processo di aggregazione, ad una
vera e propria “unificazione” organizzativa e gestionale del servizio idrico integrato all’interno dell’ambito
territoriale ottimale di riferimento, con definitivo superamento
di qualsiasi distinzione soggettiva e/o
funzionale all’interno dello stesso (c.d. “unificazione patrimoniale e gestionale”).
Le operazioni giuridiche da porre in essere per realizzare l’integrazione fra la o le Patrimoniali ed il gestore
del servizio idrico integrato di ambito possono variare a seconda della situazione dei vari ambiti territoriali e
con particolare riguardo all’esistenza o meno, nell’ambito territoriale ottimale di riferimento, di un gestore di
ambito a cui sia stata affidata la gestione del servizio idrico integrato ai sensi della Legge n. 36/1994 o del
D.Lgs. 152/2006, oppure, dell’esistenza ancora di una pluralità di gestioni secondo la disciplina vigente
prima della riforma.
Nel caso dell’esistenza di un solo gestore di ambito, l’aggregazione fra Società patrimoniale e soggetto
gestore potrà essere attuata mediante:
1. fusione propria: l’operazione, che comporta la costituzione di una nuova società e l’estinzione delle
società partecipanti alla fusione, è indicata soprattutto al caso in cui ci si trovi di fronte ad un
soggetto gestore che ha come oggetto della propria attività solo la gestione del servizio idrico;
2. scissione per incorporazione: questa operazione, invece, può essere implementata laddove ci si
trovi in presenza di un soggetto gestore multiutility che svolge contemporaneamente più attività
d’impresa; in tal caso, infatti, al fine di dare vita ad un soggetto che si occupi esclusivamente della
gestione del servizio idrico, il soggetto gestore scinderà il ramo d’azienda relativo al servizio idrico a
beneficio della Società patrimoniale che, per effetto della gestione, modificherà il proprio oggetto
sociale, passando da una situazione in cui svolge funzioni di mera proprietaria dei beni del servizio
idrico ad una situazione in cui tali funzioni vengono affiancate da quelle di gestione del servizio
27
idrico. Per effetto della scissione ai soci del soggetto gestore verranno assegnate azioni o quote di
partecipazione al capitale della Società patrimoniale beneficiaria del ramo d’azienda idrico.
Nel caso, invece, dell’esistenza di una pluralità di gestori nello stesso ambito territoriale ottimale, secondo la
disciplina vigente prima della riforma, l’integrazione fra la Società patrimoniale ed i molteplici soggetti gestori
potrà essere realizzata attraverso:
1. la fusione propria, di tutte le società esistenti, in modo da dare vita ad una sola società che, una
volta conclusa l’operazione, racchiuda in sé sia la proprietà dei beni che la gestione del servizio;
2. scissione per incorporazione: questa operazione, invece, può essere implementata laddove ci si
trovi in presenza di una pluralità di gestori multiutility che svolgono contemporaneamente più attività
d’impresa; in tal caso, infatti, al fine di dare vita ad un soggetto che si occupi esclusivamente della
gestione del servizio idrico, i soggetti gestori scinderanno il ramo d’azienda relativo al servizio idrico
a beneficio della Società patrimoniale che, per effetto della gestione, modificherà il proprio oggetto
sociale, passando da una situazione in cui svolge funzioni di mera proprietaria dei beni del servizio
idrico ad una situazione in cui tali funzioni vengono affiancate da quelle di gestione del servizio
idrico. Per effetto della scissione ai soci dei soggetti gestori verranno assegnate azioni o quote di
partecipazione al capitale della Società patrimoniale beneficiaria del ramo d’azienda idrico.
Infine, da segnalare che, qualora il soggetto gestore sia partecipato anche da soggetti privati, si ritiene
opportuno procedere ad una scissione per incorporazione di tipo “asimmetrico”, in modo da evitare che tali
soci privati ricevano, per effetto della scissione, azioni o quote di partecipazione della Società patrimoniale
beneficiaria del ramo d’azienda idrico.
Deve infatti ribadirsi il principio secondo il quale la Patrimoniale deve essere partecipata esclusivamente da
enti pubblici territoriali.
 Scenario 4: acquisizione da parte dei Comuni o delle Società patrimoniali della proprietà dei
beni del servizio idrico di proprietà delle Società di gestione
Le finalità che s’intendono realizzare in questo quarto scenario sono, in via alternativa, le seguenti:
1. acquisizione “da parte dell’Ente o degli Enti locali (dei Comuni)” della proprietà dei beni del servizio
idrico attualmente in proprietà della o delle Società di gestione;
2. acquisizione da parte della o delle Società patrimoniali attualmente esistenti della proprietà dei beni
del servizio idrico attualmente in proprietà della o delle Società di gestione.
Si ribadisce nuovamente che la Patrimoniale deve essere partecipata esclusivamente da enti pubblici
territoriali. Conseguentemente, in caso di presenza di soggetti privati, dovranno essere poste in essere le
procedure societarie per la loro estromissione dal capitale sociale della Patrimoniale medesima.
Pertanto, in questo scenario l’obiettivo è quello di mantenere distinte le Società patrimoniali dalle Società di
gestione e di limitarsi a porre in essere delle operazioni finalizzate al trasferimento da parte delle Società di
gestione della proprietà dei beni del servizio idrico ai Comuni o alle Patrimoniali, nonché – eventualmente –
a prevedere una disciplina giuridica che impedisca alle Società di gestione di diventare proprietarie dei beni
del servizio idrico dalle stesse realizzate.
28
Entrambi i casi sopra delineati presentano il problema di non facile soluzione, che è rappresentato dalla
necessità di pagare alla o alle società di Gestione il corrispettivo dei beni afferenti il servizio idrico che i
Comuni o le società Patrimoniali vanno ad acquistare. Peraltro identico problema si pone nel caso opposto
di acquisto di tali beni da parte della società di Gestione.
La questione del valore di tali beni merita di essere affrontata con attenzione ed è sviluppata nel successivo
capitolo 7.C.
Sul piano invece del pagamento dei valori emersi, l’attuale crisi economico-finanziaria che sta interessando il
nostro Paese ed i vincoli imposti a livello comunitario alla spesa pubblica, che il legislatore nazionale ha
tradotto in vincoli stringenti soprattutto per gli Enti locali attraverso la definizione di specifici obiettivi di saldi
finanziari che vengono imposti attraverso il c.d. Patto di Stabilità, rendono di fatto molto difficile poter
ipotizzare che gli Enti locali riescano a reperire le risorse necessarie per acquistare dal o dai gestori del
4
servizio i beni afferenti il servizio idrico integrato, anche attraverso l’indebitamento . Stesse considerazioni
possono essere fatte anche per le società Patrimoniali, le quali sono partecipate direttamente o
indirettamente da Enti locali. A tale riguardo è da segnalare anche che, ai sensi dell’art. 18 comma 2-bis del
D.L. 112/2008, anche tali società sono soggette al Patto di Stabilità e che tale vincolo diventerà operativo
con l’emanazione del decreto attuativo previsto dalla vigente normativa5.
Infine, la presenza di beni immobili fra gli asset da acquistare potrebbe portare gli Enti locali o le società
patrimoniale a spese/costi fiscali di importo non trascurabile a titolo di imposte, realizzando di fatto un
trasferimento di risorse dalle comunità locali allo Stato centrale.
 Scenario 5: mantenimento della proprietà dei beni del servizio idrico da parte delle Società di
gestione del servizio
Il presente scenario prevede il mantenimento da parte dei Gestori del servizio della proprietà dei beni del
servizio idrico di cui risultino attualmente proprietari. Quindi, come già detto, niente cambia rispetto alla
situazione attuale, in base alla quale le società di gestione del servizio acquisiscono la proprietà dei beni che
realizzano, salvo l’obbligo di trasferirli ai Comuni o alle Società patrimoniali al termine dell’affidamento.
 Scenario 6: integrazione delle Patrimoniali con il gestore di ambito del servizio idrico
Quest’ultimo scenario prevede che il Gestore del servizio idrico integrato di ambito non trasferisca alcun
bene né ai Comuni, né alle Società patrimoniali, ma mantenga la titolarità dei beni del servizio idrico
attualmente di sua proprietà, acquisisca la proprietà di quelli che realizzerà nel corso del periodo di
affidamento (salvo l’obbligo di trasferimento ai Comuni o alle patrimoniali al termine dell’affidamento), e,
4
Le recenti manovre finanziarie hanno infatti previsto una drastica riduzione dei limiti all’indice di indebitamento previsto dall’art. 204 del
D.Lgs. 267/2000, che consente agli Enti locali di poter contrarre mutui da destinare alla spesa per investimenti, la quale incontra poi le
limitazioni previste dal Patto di Stabilità.
5
Al riguardo, si segnala che la norma citata prevede l’emanazione di un decreto attuativo che, ad oggi, non è stato ancora emanato,
circostanza che ha consentito alle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo di non concorrere al conseguimento degli
obiettivi del Patto di Stabilità. Tuttavia, nel corso delle ultime settimane, è stato predisposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze
uno schema di decreto attuativo che prevede un meccanismo di contenimento della spesa basato principalmente sul contenimento dei
costi e dell’indebitamento.
29
inoltre, acquisisca anche la proprietà dei beni del servizio idrico attualmente di proprietà della o delle
Patrimoniali.
Come detto, questo scenario, analogamente al “terzo scenario”, persegue la finalità sia della c.d.
“unificazione patrimoniale”, sia della c.d. “unificazione patrimoniale e gestionale” attraverso l’aggregazione
fra il Gestore del servizio e la o le Società patrimoniali.
Il presente scenario si differenzia, tuttavia, dal precedente scenario n. 3, in quanto, in questo caso, si
prevede che l’aggregazione avvenga non sulla patrimoniale esistente, bensì sul Soggetto gestore del
servizio idrico integrato, il quale, non solo non trasferisce alcun bene né ai Comuni né alle Patrimoniali (che
vengono meno), In sostanza, mentre lo “scenario 3” incentra il processo di aggregazione societaria e
funzionale sulla Patrimoniale, il presente scenario incentra il medesimo processo sul Gestore del servizio
idrico integrato.
La condizione necessaria perché il presente scenario possa trovare applicazione è che si tratti di un Gestore
avente natura giuridica di diritto pubblico o, almeno, pur con veste di società di capitali di diritto privato, che
questa sia caratterizzata e disciplinata secondo il modello “in house”.
Pur avvenendo infatti il trasferimento della proprietà del bene a favore del Soggetto gestore, non da parte di
un ente locale territoriale (il Comune) ma da parte di un soggetto di diritto privato (la Patrimoniale), e pur non
potendosi quindi qualificare propriamente i predetti beni come “demaniali”, è da escludersi che il predetto
trasferimento possa realizzarsi a favore di Gestori costituiti da concessionari privati o anche solo società
miste a partecipazione pubblica e privata.
Inoltre, anche alla luce delle considerazioni svolte dalla Corte costituzionale, può risultare dubbia la
legittimità del trasferimento di beni della Patrimoniale a favore di un gestore “pubblico” (in quanto avente
natura giuridica di diritto pubblico o di società “in house”).
E’ da ritenersi pertanto consigliabile, in conclusione, attuare il processo di aggregazione – con unificazione
patrimoniale e gestionale del servizio – incentrandolo sulla Patrimoniale (secondo lo “scenario 3”) piuttosto
che sul Gestore (secondo il presente scenario”.
L’attuazione pratica di questo scenario può essere realizzata attraverso le operazioni societarie illustrate al
precedente scenario 3.
Tra le varie ipotesi considerate, quella che presenta maggiori difficoltà operative è forse quella della
cessione che presuppone che il gestore disponga della liquidità necessaria per corrispondere il valore degli
assets da acquistare (al riguardo valgono le stesse considerazioni espresse sopra relativamente alle
difficoltà che si possono incontrare nella determinazione di tale valore), assets che, in molti casi, sono stati
iscritti nella contabilità delle Società patrimoniali a valori contabili elevati, per effetto delle molteplici
rivalutazioni che sono state realizzate nei vari passaggi da società municipalizzate, ad aziende speciali, a
società di capitali. Ancorché una buona parte di tali assets sia presumibilmente già stata ammortizzata e
quindi presenti un valore contabile tutto sommato contenuto, tali beni non possono certo essere ceduti a
valori al di sotto del loro valore contabile. Al riguardo potrebbe essere ipotizzata una cessione con
pagamento dilazionato in un arco temporale coincidente con il periodo di residuo ammortamento medio dei
beni ceduti, in modo che l’impegno finanziario del gestore tenda a coincidere con gli introiti tariffari che lo
30
stesso riesce a realizzare in seguito al riconoscimento tariffario delle quote di ammortamento dei beni
acquistati, a condizione che la nuova tariffa in corso di definizione da parte dell’A.E.E.G. prevede a regime
tale riconoscimento.
Sarebbe dunque preferibile prevedere operazioni che non si fondano su necessari trasferimenti di denaro,
quali ad esempio i conferimenti e/o la scissione per incorporazione. In tali casi, dette operazioni potrebbero
essere congegnate anche con la previsione del trasferimento al gestore unico dei debiti eventualmente
contratti per la realizzazione dei beni stessi. Naturalmente, anche in questi casi deve essere attentamente
valutata la possibilità che i valori iscritti in bilancio trovino un’adeguata copertura nell’attuale sistema
tariffario. A questo proposito, si rinvia alle considerazioni svolte sul punto nei paragrafi precedenti.
31
5.
Confronto tra le possibili operazioni societarie e individuazione delle
possibili implicazioni di carattere fiscale e tariffario
Nel presente paragrafo sono descritte le possibili implicazioni di carattere fiscale per ogni operazione
societaria attuabile al fine di perseguire gli scenari di riorganizzazione del servizio definiti nei precedenti
paragrafi. Sotto tali ipotesi, sono evidenziate anche le possibili implicazioni di carattere tariffario alla luce
delle recenti novità introdotte dall’AEEG.
Nel paragrafo 6, infine, per ogni operazione societaria è stata assegnata una valutazione di preferibilità in
base all’efficacia ed efficienza delle operazioni e l’aderenza alla normativa di settore.
5.1 L’assegnazione dei beni del servizio idrico ai soci delle società patrimoniali o
di gestione
L’ipotesi dell’assegnazione dei beni ai soci, pubblici o privati, ricorre più volte nell’ambito dei diversi scenari
sopra descritti. In particolare, le fattispecie in cui è previsto il ricorso alla suddetta operazione sono le
seguenti:

Scenario 1: scioglimento delle Società patrimoniali, sia “pure” che “spurie” o “multifunzione”, con
successiva attribuzione della proprietà dei beni del servizio idrico ai soci, pubblici o privati;

Scenario 2: scioglimento delle varie società patrimoniali esistenti a livello di Ambito, una volta
eseguito il conferimento del loro patrimonio in una sola delle predette società;

Scenario 4: scioglimento della/e Società di gestione, con successiva attribuzione della proprietà dei
beni del servizio idrico ai relativi soci, pubblici o privati, oppure alla/e Società patrimoniale/i.
Le modalità tecniche attraverso le quali è possibile addivenire alla predetta assegnazione dei beni del
servizio idrico ai soci, pubblici o privati, delle Società patrimoniali o digestione sono sostanzialmente le
seguenti:
a) Liquidazione e successiva assegnazione della proprietà dei beni ai soci;
b) Cessione d’azienda o di ramo d’azienda;
c) Riduzione del capitale sociale, mediante assegnazione dei beni ai soci.
Al riguardo, vale la pena descrivere brevemente le singole operazioni sopra elencate, analizzando la relativa
disciplina fiscale, sia dal lato della imposizione diretta che della imposizione indiretta.
5.1.1
Liquidazione e successiva assegnazione della proprietà dei beni ai soci
La disciplina del procedimento di liquidazione è prevista dagli artt. 2484 e seguenti del Codice Civile, quale
percorso obbligatorio per addivenire all’estinzione di una società di capitali.
Dalla data dell’iscrizione nel Registro delle Imprese della deliberazione dell’Assemblea relativa allo
scioglimento della società gli amministratori conservano il potere di amministrare limitatamente agli affari
urgenti, fino a quando non vengono nominati i liquidatori. Questi ultimi hanno gli stessi obblighi e
responsabilità degli amministratori ed il loro mandato consiste nel compimento di tutti gli atti necessari per la
vendita degli assets patrimoniali e per l’incasso di tutti i crediti, con lo scopo di reperire le risorse finanziarie
32
necessarie ed estinguere tutti i debiti sociali; le eventuali risorse che residuano dopo aver soddisfatto tutti i
creditori sociali possono essere distribuite ai soci secondo uno specifico piano di riparto. Durante la
liquidazione i liquidatori non possono intraprendere nuove operazioni, ma possono compiere gli atti
necessari alla conservazione del valore dell’impresa, ivi compreso il suo esercizio provvisorio, secondo
quanto previsto nella deliberazione relativa alla loro nomina.
Gli aspetti fiscali della liquidazione sono disciplinati, ai fini delle imposte dirette, dall’articolo 182 del TUIR, il
quale stabilisce le regole di determinazione del reddito d’impresa durante la fase di liquidazione.
Il suddetto articolo prevede l’interruzione del normale periodo d’imposta alla data di inizio della liquidazione e
considera l’intero successivo periodo di liquidazione, sino alla data di estinzione del soggetto, anche se di
durata pluriennale, un unico autonomo periodo d’imposta.
Più nel dettaglio, il reddito d’impresa relativo al periodo compreso tra l’inizio e la chiusura della liquidazione
si determina in base al bilancio finale. Nell’ipotesi in cui la liquidazione si protragga oltre l’esercizio in cui ha
avuto inizio, ma si concluda entro cinque anni per ogni periodo intermedio è prevista una tassazione
provvisoria, salvo conguaglio in base al bilancio finale.
I redditi determinati e tassati in via provvisoria (anche nei confronti dei soci) si intendono, invece, definitivi
tanto nell’ipotesi in cui la liquidazione si protragga per più di cinque esercizi, compreso quello in cui ha avuto
inizio, quanto in quella in cui venga omessa la presentazione del bilancio finale.
Occorre segnalare che la determinazione provvisoria dei redditi sopra indicata vale solo ai fini IRES, ma non
ai fini IRAP, in quanto non richiamata dalla relativa disciplina.
Le regole di determinazione del reddito durante i periodi intermedi di liquidazione rimangono gli stessi di
quelli previsti per i periodi normali di attività. Ciò crea dei problemi di coordinamento fra il reddito civilistico,
emergente dai bilanci intermedi di liquidazione, e il reddito imponibile che deve essere determinato secondo
le regole previste per i normali periodi di funzionamento. Così, ad esempio, relativamente alle
immobilizzazioni, le eventuali plusvalenze o minusvalenze da valutazione non saranno riconosciute
fiscalmente.
In merito alla rilevanza reddituale delle somme o dei beni ricevuti dai soci al termine della procedura di
liquidazione, se la partecipazione è detenuta in regime d’impresa da parte di società di natura privatistica, la
disciplina è diversa a seconda della sussistenza, o meno, dei requisiti per la partecipation exemption (Pex),
previsti dall’art. 87 del TUIR e che saranno oggetto di analisi nel prosieguo.
Nel comma 7 dell’art. 87 del TUIR è, infatti, stabilito che nei caso di cui all’art. 47, comma 7, l’esenzione si
applica – in presenza dei requisiti stabiliti – “alla differenza tra le somme o il valore normale dei beni ricevuti
a titolo di ripartizione del capitale e delle riserve di cui all’art. 47, comma 5, e il valore fiscalmente
riconosciuto della partecipazione”.
Ai sensi dell’art. 47, comma 7, costituiscono utile le somme o il valore normale dei beni ricevuti dai soci in
caso di recesso, di esclusione, di riscatto, di riduzione del capitale esuberante o di liquidazione anche
concorsuale delle società ed enti per la parte che eccede il prezzo pagato per l’acquisto o la sottoscrizione
delle azioni o quote annullate.
33
Tale disposizione, collocata nell’ambito delle norme applicabili ai soggetti IRPEF non esercenti attività
d’impresa, si applica anche ai soggetti IRES per effetto del rinvio recato dall’art. 89, comma 2.
Ne deriva, pertanto, che:

per le partecipazione che beneficiano della Pex occorre distinguere l’importo corrisposto a titolo di
utili da quello corrisposto a titolo di capitale. La quota parte corrispondente alle riserve di utili, infatti,
è tassata secondo le modalità ordinarie previste per i dividendi (i.e. tassazione sul 5% del relativo
ammontare), mentre la quota parte della somma riferibile alla ripartizione di riserve di capitale è
parzialmente esente (nella misura del 95%) per la parte che eccede il costo fiscalmente
riconosciuto6;

per le partecipazioni che non beneficiano della Pex, se quanto corrisposto a titolo di riserve di
capitale è superiore al costo fiscalmente riconosciuto, l’intera differenza concorre a formare il reddito
imponibile del socio, mentre la quota parte relativa alle riserve di utili è (come nell’ipotesi
precedente) assoggettata a imposizione con le regole proprie dei dividendi.
L’assegnazione dei beni del comparto idrico ai soci in sede di liquidazione potrebbe, tuttavia, comportare
alcuni problemi legati ai costi di transazione. Vediamo quindi di analizzare più nel dettaglio la relativa
disciplina, dal punto di vista fiscale.
Per quanto concerne l’imposizione diretta, le società partecipate costituite in forma di società di capitali sono
riconducibili nella previsione di cui all’articolo 73, comma 1, lettera a), del Tuir; pertanto, il reddito
complessivo, da qualsiasi fonte provenga, è considerato reddito d’impresa (articolo 81 del Tuir) e deve
essere determinato apportando all’utile o alla perdita risultante dal conto economico le variazioni in aumento
e in diminuzione previste dalla normativa fiscale.
Per effetto della retrocessione dei beni del servizio idrico ai soci potrebbero, dunque, emergere delle
plusvalenze tassabili in capo alle Società patrimoniali o di gestione, ciò anche nell’ipotesi in cui
l’assegnazione dei beni ai soci venga effettuata a “valori contabili”. L’articolo 86, comma 1, lett. c) del TUIR,
infatti, dispone che le plusvalenze dei beni relativi all’impresa concorrono a formare il reddito anche
nell’ipotesi in cui i beni medesimi “... vengono assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all’esercizio
dell’impresa”. In tal caso, ai sensi del successivo comma 3, la plusvalenza va determinata quale differenza
fra l’ultimo costo fiscalmente riconosciuto dei beni assegnati al socio ed il c.d. “valore normale” dei beni
stessi (cioè, il loro corrente valore di mercato, quale si determina in base all’articolo 9 del TUIR), il quale
prescinde, com’è ovvio, dal valore iscritto in bilancio.
In base a quest’ultima disposizione, il “valore normale” dei corrispettivi, proventi, spese ed oneri in natura
presi in considerazione dal contribuente si identifica nel “prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i
beni o servizi della stessa specie o similari in condizioni di libera concorrenza ed al medesimo stadio di
commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i servizi sono stati acquistati o prestati ...” dovendo farsi
“riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi”.
6
Per contro, se la predetta eccedenza è negativa, la stessa risulterà interamente indeducibile per le società di capitali (art. 101, comma
1, del TUIR).
34
Dal punto di vista dei soci delle Società patrimoniali o di gestione, invece, sebbene al termine del
procedimento di liquidazione vengano assegnati loro dei rami d’azienda di valore contabile più elevato di
quelli originariamente conferiti (sia per effetto degli investimenti effettuati dalle Società patrimoniali o di
gestione che per effetto dell’estinzione anticipata dei debiti compresi negli originari rami d’azienda), tale
plusvalore andrebbe praticamente ad annullarsi con il maggior valore della partecipazione che ciascun socio
ha iscritto nel proprio bilancio (valore che, rispetto al conferimento originario, andrebbe ad incrementarsi per
effetto della sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale finalizzato a dotare le Società patrimoniali o di
gestione delle risorse necessarie all’estinzione dei debiti esistenti).
Dal punto di vista delle imposte indirette, si rammenta che, ai sensi dell’articolo 2, secondo comma, n. 6) del
DPR 26 ottobre 1972, n. 633, costituiscono cessioni di beni, e devono quindi essere assoggettate ad
imposta, “le assegnazioni ai soci fatte a qualsiasi titolo da società di ogni tipo e oggetto ....”.
Al riguardo, tuttavia , l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che la disposizione sopra richiamata non si
applica se l’assegnazione al socio ha ad oggetto beni per i quali non è stata detratta l’IVA all’atto
dell’acquisto e ciò anche se sugli stessi sono stati eseguiti interventi di manutenzione, riparazione, recupero,
per i quali, invece, si è provveduto a detrarre la relativa imposta (cfr. C.M. n. 40 del 13 maggio 2002; R.M. n.
194 del 17 giugno 2002; R.M. n. 191/E del 23 luglio 2009).
Pertanto, qualora i beni del comparto oggetto di assegnazione ai soci costituiscano beni per i quali l’imposta
non è stata detratta all’atto del relativo acquisto, l’operazione si configura come esclusa dal campo di
applicazione dell’IVA, con conseguente assoggettamento ad imposta di registro.
Discorso diverso, invece, dovrà essere fatto per i beni acquisiti dalle Società patrimoniali o di gestione nel
corso della loro attività che sono andati ad incrementare i rami d’azienda originari, acquisizioni per le quali le
Società in oggetto hanno detratto l’IVA addebitata in via di rivalsa da parte dei relativi fornitori: in tal caso,
l’assegnazione ai soci di tali beni rappresenta un’operazione rientrante nel campo di applicazione dell’IVA ai
sensi del citato art. 2 comma 2 let. 6) del D.P.R. n. 633/72. In tal caso, pertanto, facendo applicazione della
disciplina IVA, le assegnazioni di beni ai soci potranno risultare:

imponibili ad IVA, oppure

esenti da IVA (ed assoggettate ad imposta di registro).
Per quanto concerne le assegnazioni “soggette ad IVA”, sono tali quelle aventi ad oggetto beni mobili per i
quali è stata operata la detrazione dell’IVA a monte ovvero quelle aventi per oggetto beni immobili che, ai
sensi dell’art. 10, comma 1 n. 8-bis e 8-ter del D.P.R. n. 633/72 non risultano esenti.
Più nel dettaglio, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 83/2012, risultano imponibili (per obbligo) le
assegnazioni di immobili abitativi e strumentali operate dall’impresa di costruzione/ristrutturazione entro 5
anni dall’ultimazione dei lavori, mentre sono imponibili per opzione le assegnazioni di immobili abitativi e
strumentali operate (dal 26 giugno 2012) oltre 5 anni dopo l’ultimazione della costruzione o dell’intervento di
ristrutturazione, dall’impresa di costruzione o ristrutturazione. Inoltre, sono imponibili per opzione anche le
35
assegnazioni di immobili strumentali operate da soggetti diversi dall’impresa di costruzione o
ristrutturazione7.
L’aliquota IVA applicabile a tali assegnazioni dipende ovviamente dalla tipologia di bene assegnato.
Per quanto concerne, invece, le assegnazioni “esenti da IVA”, si tratta di quelle operazioni che risultano
esenti ai sensi dell’art. 10 co. 1 n. 8-bis, 8-ter e 27-quinquies del D.P.R. 633/72. In particolare, risultano
esenti da IVA le assegnazioni (operate dal 26 giugno 2012):

di immobili abitativi, operate da soggetti diversi dall’impresa di costruzione e ristrutturazione, ovvero
operate da tali imprese oltre 5 anni senza opzione per l’imponibilità;

di immobili strumentali, operate da soggetti IVA senza esprimere l’opzione per l’imponibilità (ad
eccezione delle assegnazioni operate dall’impresa di costruzione entro 5 anni dall’ultimazione dei
lavori);

di beni acquistati dalla società senza il diritto alla detrazione totale della relativa imposta ai sensi
degli artt. 19, 19-bis1 e 19-bis2.
Passando, invece, a trattare il regime di tassazione ai fini delle imposte d’atto, si ritiene che, per mancanza
dei requisiti oggettivi previsti dalla legge, non sussistano i presupposti per l’applicazione al caso di specie
delle esenzioni previste dall’art. 118 del D.Lgs. 267/2000 (TUEL) in caso di retrocessioni di rami d’azienda8.
In particolare, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 4, comma 1, lettere d) e a) della Tariffa, parte
prima, allegata al D.P.R. 131/1986, l’imposta di registro troverà applicazione nella seguente misura:
7
Al riguardo, si ricorda che la distinzione tra immobili “abitativi” e immobili “strumentali” deve seguire il criterio oggettivo legato alla
classificazione catastale dell’unità immobiliare (cfr. C.M. n.27/E del 4 agosto 2006), a prescindere dall’effettivo utilizzo della stessa, per
cui:
8
-
per “abitazioni” devono intendersi gli immobili classificati nel Gruppo A, ad eccezione della categoria A/10;
-
per “fabbricati strumentali” quelli censiti nella categoria A/10 e nei Gruppi B, C, D ed E.
L’art. 118 del D.Lgs. 267/2000 (TUEL) prevede infatti:
“1. I trasferimenti di beni mobili ed immobili effettuati dai comuni, dalle province e dai consorzi fra tali enti a favore di aziende speciali o
di società di capitali di cui al comma 13 dell’articolo 113, sono esenti, senza limiti di valore, dalle imposte di bollo, di registro, di
incremento di valore, ipotecarie, catastali e da ogni altra imposta, spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie o natura. Gli onorari previsti
per i periti designati dal tribunale per la redazione della stima di cui all’articolo 2343 del codice civile, nonché gli onorari previsti per i
notai incaricati della redazione degli atti conseguenti ai trasferimenti, sono ridotti alla metà.
2. Le disposizioni previste nel comma 1 si applicano anche ai trasferimenti ed alle retrocessioni di aziende, di complessi aziendali o di
rami di essi posti in essere nell'ambito di procedure di liquidazione di aziende municipali e provinciali o di aziende speciali, adottate a
norma delle disposizioni vigenti in materia di revoca del servizio e di liquidazione di aziende speciali, qualora dette procedure siano
connesse o funzionali alla contestuale o successiva costituzione di società per azioni, aventi per oggetto lo svolgimento del medesimo
servizio pubblico in precedenza svolto dalle aziende soppresse, purché i beni, i diritti, le aziende o rami di aziende trasferiti o retrocessi
vengano effettivamente conferiti nella costituenda società per azioni. Le stesse disposizioni si applicano altresì ai conferimenti di
aziende, di complessi aziendali o di rami di essi da parte delle province e dei comuni in sede di costituzione o trasformazione dei
consorzi in aziende speciali e consortili ai sensi degli articoli 31 e 274 comma 4, per la costituzione di società per azioni ai sensi
dell'articolo 116, ovvero per la costituzione, anche mediante atto unilaterale, da parte di enti locali, di società per azioni al fine di
dismetterne le partecipazioni ai sensi del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio
1994, n. 474, e successive modificazioni”.
36
Con conferimento di proprietà o diritto reale di
godimento su beni immobili
le stesse aliquote di cui all’art. 1 della Tariffa
Con conferimento di proprietà o diritto reale di
godimento su beni immobili strumentali
4%
Con conferimento di proprietà o diritto reale di
godimento su aziende o su complessi aziendali
relativi a singoli rami dell’impresa
€ 168
Con conferimento di denaro, di beni mobili,
esclusi i veicoli iscritti al Pra, e di diritti
€ 168
Con specifico riferimento ai beni immobili, ai fini delle imposta di registro, ipotecarie e catastali, occorre
operare una distinzione a seconda che l’assegnazione dei beni ai soci risulti o meno soggetta ad IVA,
nonché a seconda della natura pubblica o privata del soggetto che risulta assegnatario dei beni.
5.1.1.1
Assegnazione a favore di soggetti pubblici
Qualora l’assegnazione dei beni immobili non risulti soggetta ad IVA e sia effettuata a favore del Comune,
troverà applicazione l’articolo 1, comma 1, della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 131/1986, il quale
dispone che “Se il trasferimento avviene a favore dello Stato, ovvero a favore di enti pubblici territoriali o
consorzi costituiti esclusivamente fra gli stessi ovvero a favore di comunità montane” è dovuta l’imposta di
registro nella misura fissa di € 168. All’atto del trasferimento dei suddetti beni immobili al Comune
risulteranno, inoltre, dovute le imposte ipotecarie e catastali; ciò in quanto, secondo quanto disposto dagli
artt. 1, comma 2 e 10, comma 3, del T.U.I.C., l’esenzione dal pagamento di tali imposte è accordata
esclusivamente alle formalità e alle operazioni eseguite “nell’interesse dello Stato”. Più nel dettaglio,
l’imposta ipotecaria è dovuta nella misura fissa di € 168, ai sensi dell’art. 2 della Tariffa allegata al D.Lgs.
347/1990 (c.d. Testo Unico delle imposte ipotecarie e catastali, T.U.I.C.); a sua volta, l’imposta catastale, ai
sensi dell’art. 10 del T.U.I.C, si applica nella misura dell’1% su una base imponibile costituita dal valore dei
medesimi beni determinato utilizzando i criteri dettati dalla normativa sull’imposta di registro (artt. 43 ss.,
D.P.R. 131/1986) e dalla normativa concernente l’imposta sulle successioni e donazioni (artt. 14 ss., D.Lgs.
346/1990), i quali, sostanzialmente, fanno riferimento al valore venale in comune commercio dei beni
oggetto di trasferimento.
Viceversa, nel caso in cui l’assegnazione dei beni immobili a favore dei Comuni sia soggetta ad IVA, per il
principio di alternatività IVA-registro, previsto dall’art. 40, comma 1 del D.P.R. n. 131/1986 (Testo unico delle
disposizioni concernenti l’imposta di registro), l’operazione sconta le imposte di registro, ipotecarie e
catastali nella misura fissa di € 168, per ciascuna imposta. Così è, ad esempio, per le assegnazioni di
immobili abitativi imponibili IVA. Fanno unicamente eccezione le assegnazioni di immobili strumentali
imponibili IVA, le quali scontano:

l’imposta di registro nella misura fissa di € 168, in ossequio al principio di alternatività IVA-registro;

l’imposta ipotecaria nella misura fissa di € 168, ai sensi dell’art. 2 della Tariffa allegata al D.Lgs.
347/1990 (c.d. Testo Unico delle imposte ipotecarie e catastali, T.U.I.C.);

l’imposta catastale nella misura proporzionale dell’1%.Nel caso in cui l’attribuzione del complesso
dei beni ai Comuni sia qualificabile quale trasferimento di “azienda o ramo di azienda”, l’imposta di
37
registro trova applicazione sempre nella misura fissa di € 168, ai sensi del combinato disposto
dell'articolo 4, comma 1, lettere d) e a) della Tariffa, parte prima. Al riguardo, si rammenta che l’art.
2555 c.c. definisce l’azienda come “il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio
dell’impresa”. La nozione codicistica di azienda si pone, quindi, in stretto rapporto strumentale con
l’esercizio dell’impresa, nel senso che l’azienda costituisce lo strumento attraverso il quale
l’imprenditore esercita l’attività di impresa9.
5.1.1.2
Assegnazione a favore di soggetti privati
Qualora l’assegnazione dei beni immobili non risulti soggetta ad IVA e sia effettuata a favore di società
aventi natura privatistica, ai fini dell’imposta di registro troveranno applicazione le aliquote ordinariamente
previste nel caso di trasferimento dei singoli beni per atto tra privati (i.e. 7% per i fabbricati, 8% per i terreni
edificabili, 15% per i terreni agricoli Con riferimento alle imposte ipotecaria e catastale le stesse risulteranno
dovute, rispettivamente, nella misura:

del 2% e dell’1%, nel caso di immobili abitativi;

del 3% e dell’1%, nel caso di immobili strumentali.
Nel caso, invece, di assegnazione di beni immobili soggetta ad IVA, per il principio di alternatività IVAregistro, disposto dall’art. 40, comma 1 del D.P.R. n. 131/1986, l’operazione sconta le imposte di registro,
ipotecarie e catastali nella misura:

fissa di € 168, per ciascuna imposta, nel caso di immobili abitativi;

fissa di € 168, per l’imposta di registro e proporzionale nella misura del 4% totale per le imposte
ipotecaria e catastale, nel caso di immobili strumentali.
Infine, qualora l’attribuzione del complesso dei beni ai soci venga qualificata quale trasferimento di “azienda
o ramo di azienda”, l’imposta di registro tornerebbe ad applicarsi nella misura fissa di € 168, ai sensi del
combinato disposto dell'articolo 4, comma 1, lettere d) e a) della Tariffa, parte prima.
Riguardo al regime di tassazione ai fini delle imposte indirette, degli atti di assegnazione del complesso dei
beni appartenenti alle società partecipate, occorre tuttavia dare atto di alcune importanti novità legislative
che, in assenza di nuovi interventi da parte del Legislatore nazionale, sono destinate ad entrare in vigore a
partire dal 1° gennaio 2014. Il riferimento è all’art. 10 del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23 (c.d. “Federalismo
Fiscale Municipale”), il quale muta parte della disciplina dell’imposta di registro. La suddetta disposizione
prevede che, in modifica de comma 1 dell’art. 1 della Tariffa, parte I, allegata al D.P.R. n. 131/1986, le
aliquote dell’imposta di registro, applicabili ai trasferimenti immobiliari, sono così individuate:

9% per gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere e per gli atti
traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, compresi la rinuncia pura e semplice agli
stessi, i provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità e i trasferimenti coattivi;
9
La caratteristica che distingue l’azienda da un mero insieme di beni è l’organizzazione, per cui si è in presenza di un’azienda soltanto
nel caso in cui i beni che la compongono siano tra loro funzionalmente collegati e coordinati al fine di realizzare una determinata attività
imprenditoriale. L’altra caratteristica fondamentale dell’azienda è la destinazione ad un fine produttivo, in quanto l’azienda può definirsi
tale solo se i beni che la compongono sono organizzati e coordinati per l’esercizio di un’attività economica.
38

2% per i trasferimenti che usufruiscono delle c.d. agevolazioni “prima casa”.
Il citato art. 10 del Decreto prevede che i trasferimenti immobiliari assoggettati all’imposta di registro e tutti gli
atti e le formalità poste in essere per effettuare gli adempimenti presso il Catasto e i Registri immobiliari
siano esenti dall’imposta di bolle, dalle imposte ipotecarie e catastali, dai tributi speciali catastali e dalle
tasse ipotecarie.
Inoltre, sono soppresse tutte le esenzioni e agevolazioni tributarie, anche se previste in leggi speciali, in
relazione agli atti rientranti nelle summenzionate modifiche.
La completa sostituzione e riformulazione dell’art. 1 della Tariffa, parte I, comporta, dunque, a partire dal 1°
gennaio 2014, l’eliminazione:
a. della differente aliquota ordinaria tra fabbricati (7%), terreni edificabili (8%) e terreni agricoli (15%);
b. dell’imposta fissa di € 168 per i trasferimenti a titolo oneroso a favore dello Stato, degli enti pubblici
territoriali e loro consorzi.
Ai Comuni sarà comunque devoluta una quota pari al 30% del gettito delle imposte d’atto erariali, mediante
la partecipazione ad un Fondo perequativo per il finanziamento delle spese dei Comuni e delle Province.
5.1.2
Cessione d’azienda ai soci
Per quanto riguarda la cessione d’azienda ai soci, si rileva che, dal punto di vista civilistico, ai sensi dell’art.
2556 c.c., per le imprese soggette a registrazione, i contratti che hanno per oggetto il trasferimento della
proprietà o il godimento dell'azienda devono essere provati per iscritto, ferma restando l’osservanza delle
forme stabilite dalla legge per il trasferimento dei singoli beni che compongono l’azienda o per la particolare
natura del contratto.
La forma scritta è quindi richiesta non ad substantiam, bensì ad probationem, in quanto il contratto di
trasferimento dell’azienda deve essere provato per iscritto ai fini dell’opponibilità verso i terzi, pur essendo
valido ed efficace tra le parti, anche se non è stato redatto per iscritto.
Tuttavia, se il complesso aziendale comprende beni il cui trasferimento richiede una particolare forma (ad
esempio, beni immobili o beni mobili registrati), la forma scritta è richiesta ad substantiam, con la
conseguenza che in assenza di forma scritta il contratto risulterebbe nullo per i beni per i quali è imposta tale
forma (art. 1350 c.c.).
In ogni caso, per rispettare gli obblighi di pubblicazione nel Registro delle imprese, l’atto di cessione
d’azienda deve essere necessariamente redatto secondo le seguenti forme, per le quali è richiesto
l’intervento del notaio (rispettivamente rogante ed autenticante):

atto pubblico;

scrittura privata autentica.
Dal punto di vista fiscale, si rileva come la cessione d’azienda o di ramo d’azienda dia luogo alla formazione
di una plusvalenza tassabile, pari alla differenza tra il prezzo di cessione ed il costo fiscalmente riconosciuto
del ramo d’azienda medesimo.
39
In particolare, essendo il cedente una società di capitali, la plusvalenza derivante dalla cessione d’azienda o
di ramo d’azienda confluisce nel reddito di impresa a norma dell’art. 86 del TUIR, in base al quale
“concorrono alla formazione del reddito anche le plusvalenze delle aziende, compreso il valore di
avviamento, realizzate unitariamente mediante cessione a titolo oneroso...”.
In via ordinaria, la plusvalenza derivante dalla cessione a titolo oneroso dell’azienda rappresenta pertanto un
componente positivo che concorre interamente a formare il reddito d’impresa del cedente nell’esercizio in cui
la cessione è realizzata, in base al principio della competenza economica. L’art. 109, comma 2, del TUIR
dispone infatti che, ai fini della determinazione dell’esercizio di competenza, i corrispettivi per la cessione
d’azienda si considerano conseguiti alla data di stipulazione dell’atto ovvero, se diversa e successiva, alla
data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà.
Si precisa al riguardo che, anche qualora nell’ambito del contratto di cessione d’azienda fosse previsto il
pagamento del corrispettivo con modalità rateali, ciò non influirebbe, comunque, sulla determinazione della
plusvalenza, in quanto si deve, in ogni caso, tener conto della totalità del corrispettivo, così come stabilito dal
contratto.
In base a quanto previsto dall’art. 86, comma 4, del TUIR, se l’azienda è posseduta per un periodo non
inferiore a tre anni, la plusvalenza può essere rateizzata in quote costanti in un massimo di cinque esercizi.
La singola società patrimoniale cedente il ramo d’azienda sarebbe dunque libera di scegliere il numero di
esercizi su cui distribuire la tassazione della plusvalenza (minimo uno e massimo cinque), purché l’entità
della quota imputabile a ciascun periodo d’imposta risulti costante.
Con riferimento al requisito del possesso per un periodo di tempo non inferiore a tre anni, il Ministero delle
Finanze ha avuto modo di chiarire, con la C.M. n. 320/E del 19 dicembre 1997, che tale termine va
computato, ai sensi dell'art. 2963 c.c., avendo riguardo al giorno in cui l'azienda è stata acquisita o l'impresa
si è costituita, indipendentemente dall’acquisto dei singoli beni che compongono il ramo aziendale.
Per quanto riguarda l’IRAP, come chiarito dalla C.M. n. 263/E del 12 novembre 1998 e ribadito dalla C.M. n.
27/E del 26 maggio 2009 (par. 1.2.), con riferimento alle modifiche apportate alla disciplina dell’IRAP dalla
legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Legge Finanziaria per il 2008), le plusvalenze (e le minusvalenze) derivanti
dalla cessione d’azienda non rilevano ai fini del predetto tributo. La cessione d’azienda, infatti, è
un’operazione che genera sempre componenti straordinarie che non concorrono alla formazione della base
imponibile IRAP.
Dal lato delle imposte indirette, invece, la cessione d’azienda non è un’operazione soggetta ad IVA, stante la
previsione di cui all’art. 2, comma 3, lett. b) del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
Per il principio di alternatività, previsto dall’art. 40, comma 1 del D.P.R. n. 131/1986 (Testo unico sull’imposta
di registro), l’atto di cessione d’azienda è soggetto a registrazione in termine fisso e sconta l’imposta di
registro in misura proporzionale.
In particolare, le aliquote proporzionali dell’imposta di registro sono differenziate in funzione dei beni che
compongono l’azienda:

3% per i beni e diritti diversi da quelli immobiliari (compreso l’avviamento);
40

7% per i fabbricati e relative pertinenze;

8% per i terreni edificabili;

15% per i terreni agricoli.
Ai sensi dell’art. 51, commi 2 e 4, DPR n. 131/1986, la base imponibile dell’imposta di registro è data dal
valore “venale di comune commercio” dell’azienda oggetto di cessione, che è dato dal valore complessivo
dei beni che la compongono, al netto delle passività trasferite, incrementato del valore dell’avviamento.
La circostanza che la base imponibile dell’imposta di registro non sia rappresentata dal corrispettivo che le
parti hanno indicato nell’atto di compravendita, bensì dal valore di mercato dell’azienda, espone l’operazione
in esame ad una valutazione di congruità da parte dell’Ufficio.
Altro rischio fiscale che si riconnette a tale operazione riguarda il potere dell’Amministrazione finanziaria di
rettificare la plusvalenza dichiarata ai fini delle imposte sui redditi, a seguito della vendita dell’azienda,
qualora si rilevi una differenza tra il prezzo indicato in atto ed il suo valore “venale”, così come
definitivamente accertato ai fini dell’imposta di registro.
Al riguardo, tuttavia, si rileva che, secondo la tesi dominante, il valore di mercato determinato ai fini
dell’imposta di registro costituisce, ai fini delle imposte sui redditi, una mera presunzione semplice, non
dotata dei necessari requisiti di gravità, precisione e concordanza, e quindi in sé inidonea a fondare un
eventuale avviso di accertamento.
5.1.3
Riduzione del capitale sociale, mediante assegnazione dei beni ai soci
L’operazione di riduzione del capitale sociale consiste nel portare il capitale ad una cifra inferiore rispetto a
quella precedente.
A partire dal 1° gennaio 2004, la riduzione del capitale mediante liberazione dei soci dall’obbligo dei
versamenti ancora dovuti o mediante rimborso del capitale ai soci, non è più subordinata alla “eccedenza”
del capitale sociale rispetto all’oggetto sociale.
Il D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 ha infatti modificato il precedente art. 2445 il quale, nella nuova formulazione,
si limita a prevedere che la riduzione del capitale sociale può aver luogo sia mediante liberazione dei soci
dall’obbligo dei versamenti ancora dovuti, sia mediante rimborso del capitale ai soci nei limiti ammessi dagli
artt. 2327 (capitale minimo delle S.p.A. non inferiore a € 120.000) e 2413 (divieto di riduzione del capitale se,
rispetto alle obbligazioni ancora in circolazione, è superato il limite del doppio del capitale sociale, della
riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato).
Ciò comporta che per l’adozione di questa particolare modalità di riduzione non è più necessario che
sussista l’eccesso dei mezzi di cui la società dispone rispetto alla attività economica esercitata. Il che si
traduce in un consistente ampliamento delle possibilità applicative di tale riduzione.
La competenza a deliberare la riduzione del capitale appartiene all’assemblea straordinaria. L’avviso di
convocazione deve, comunque, indicare le ragioni e le modalità per procedere alla riduzione.
La riduzione volontaria è idonea a pregiudicare i creditori sociali: l’esecuzione della delibera è, pertanto,
eseguibile solo dopo 90 giorni dall’iscrizione sul Registro delle imprese, qualora nessun creditore sociale
anteriore alla riduzione abbia proposto opposizione. Il tribunale può comunque disporre che l’operazione
41
abbia luogo nonostante l’opposizione qualora ritenga che la riduzione non provochi alcun fondato pregiudizio
a carico dei creditori o qualora la società presti idonea garanzia.
Per quanto riguarda gli aspetti fiscali che si riconnettono, sia dal lato delle imposte dirette che dal lato delle
imposte indirette, alla assegnazione di beni ai soci mediante riduzione del capitale sociale valgono le stesse
considerazioni che abbiamo già sviluppato in riferimento alla procedura di liquidazione delle società di
capitali, a cui pertanto interamente si rinvia.
5.2 Riordino delle attuali società patrimoniali
Il riordino delle Società patrimoniali passa sia attraverso una loro integrazione reciproca e/o con gli attuali
soggetti gestori del servizio idrico, al fine di ottenere una riduzione complessiva dei costi di struttura e di
poter così beneficiare di rilevanti economie di scala, sia attraverso una riarticolazione delle funzioni
attualmente svolte dalle Società patrimoniali c.d. “spurie” o “multifunzione”.
5.2.1
Integrazione tra società patrimoniali e/o soggetto gestore
Le ipotesi in cui è previsto il ricorso ad operazioni di integrazione che possono interessare a vario titolo le
Società patrimoniali attualmente esistenti sono le seguenti:

Scenario 2: aggregazione in un solo soggetto delle varie Società patrimoniali attualmente esistenti a
livello di Ambito;

Scenario 3 e 6: aggregazione fra Società patrimoniali e soggetto/i gestore/i, nel caso di esistenza di
un solo gestore di Ambito oppure di una pluralità di gestori nello stesso ambito territoriale ottimale.
Le modalità tecniche attraverso le quali è possibile addivenire alla predetta integrazione fra Società
patrimoniali e/o soggetti gestori del servizio idrico integrato possono essere così riepilogate:
a) fusione propria;
b) fusione per incorporazione.
5.2.1.1
Fusione
Secondo quanto previsto dall’art. 2501 c.c., la fusione può essere attuata mediante costituzione di una
nuova società (fusione propria) o mediante l’incorporazione di una o più società in un’altra preesistente
(fusione per incorporazione).
Nella fusione propria, le società partecipanti perdono la loro individualità dando vita ad una nuova società.
Nelle fusione per incorporazione, una società (società incorporante) incorpora le altre società partecipanti
all’operazione (società incorporate).
Le due forme di fusione conducono al medesimo risultato: la società risultante dalla fusione disporrà di un
patrimonio derivante dalla confluenza dei singoli patrimoni delle società partecipanti e di una compagine
sociale costituita dagli stessi soci delle medesime.
La differenza fondamentale tra le due forme di fusione sta nel fatto che nella fusione propria le singole
società scompaiono per creare un nuovo soggetto, mentre nella fusione per incorporazione, la società
incorporante mantiene la propria soggettività.
42
In ogni caso, le società fuse o incorporate perdono la loro individualità giuridica per dare vita ad una nuova
entità giuridica coincidente con la società risultante dalla fusione.
Per arrivare a tale risultato, i soci delle società fuse o incorporate ricevono, in cambio delle quote o azioni
detenute prima della fusione, le quali vengono annullate, azioni o quote della società risultante
dall’operazione.
Momento fondamentale della procedura di fusione è rappresentato dalla redazione del progetto di fusione,
disciplinato dall’art. 2501-ter c.c., sulla cui approvazione sono chiamate a deliberare le assemblee delle
rispettive società partecipanti all’operazione.
Tale documento è redatto dagli organi amministrativi delle società interessate, i quali provvedono
congiuntamente a formalizzare un unico documento che dovrà essere poi sottoposto alla decisione dei soci.
L’art. 2501-quater c.c. stabilisce che l’organo amministrativo delle società partecipanti alla fusione deve
redigere la situazione patrimoniale delle società stesse, riferita ad una data non anteriore di oltre quattro
mesi dal giorno in cui il progetto di fusione è depositato nella sede della società.
Il progetto di fusione, assieme alla situazione patrimoniale ex art. 2501-quater c.c., deve essere depositato
presso il Registro delle imprese almeno 30 giorni prima della data fissata per la decisione in ordine alla
fusione, salvo che i soci rinuncino al predetto termine con consenso unanime.
L’art. 2501-quinquies c.c. pone a carico dell’organo amministrativo delle società partecipanti alla fusione
l’onere di predisporre una relazione che illustri le ragioni dell’operazione e i metodi seguiti per giungere alla
determinazione del rapporto di cambio, evidenziando le eventuali difficoltà di valutazione riscontrate.
L’art. 2501-sexies c.c. prevede, inoltre, che il progetto di fusione sia accompagnato anche da una relazione
redatta da uno o più esperti, la cui finalità è quella di esprimere un giudizio sulla congruità del rapporto di
cambio delle azioni o quote indicato nel progetto stesso.
Posto che la relazione dell’organo amministrativo, così come quella da parte dell’esperto o degli esperti,
sono dettate nell’interesse esclusivo dei soci, gli artt. 2501-quinquies e 2501-sexies prevedono che le
predette relazioni non siano richieste “se vi rinunciano all'unanimità i soci e i possessori di altri strumenti
finanziari che attribuiscono il diritto di voto di ciascuna delle società partecipanti alla fusione”.
L’art. 2502 c.c. stabilisce che la “fusione è decisa da ciascuna delle società che vi partecipano mediante
l’approvazione del relativo progetto”.
Dopo aver espletato le formalità pubblicitarie della delibera di fusione tramite deposito per l’iscrizione al
Registro delle Imprese, per rendere efficace la fusione è necessario redigere un’ulteriore atto, quale l’atto di
fusione. Tuttavia, al fine di tutelare gli interessi dei creditori sociali e degli obbligazionisti delle società
partecipanti alla fusione, la disciplina in esame prevede un periodo di sospensione obbligatorio tra la data
della delibera e la data si stipula dell’atto di fusione.
In particolare, i creditori sociali sono presi in considerazione dall’art. 2503 c.c., il quale prevede, al primo
comma, che “la fusione può essere attuata solo dopo sessanta giorni dall’ultima delle iscrizioni previste
dall’articolo 2502-bis”, ossia dall’ultima delle iscrizioni della delibera di fusione nel Registro delle Imprese di
ciascuna delle società partecipanti.
43
Per quanto concerne l’efficacia “reale” della fusione, consistente nell’unificazione delle società con le relative
conseguenze nei confronti dei soci e dei terzi, i relativi effetti si producono a partire dall’ultima delle iscrizione
dell’atto di fusione presso il Registro delle Imprese.
La retrodatazione degli effetti della fusione, quindi, è possibile solo per alcuni effetti di carattere tecnico e
contabile, detti “interni o obbligatori”, i quali non incidono sui diritti dei soci e dei terzi.
Semplificazioni procedurali sono, comunque, previste per alcune tipologie di fusione, e in particolare per:

l’incorporazione di società interamente possedute;

la fusione di società posseduta al novanta per cento;

la fusione alla quale non partecipano società azionarie.
Dal lato dell’imposizione diretta, l’operazione di fusione si caratterizza per il relativo carattere di neutralità
fiscale, sancito dal primo comma dell’art. 172 del Tuir, per il quale “la fusione tra più società non costituisce
realizzo né distribuzione di plusvalenze e minusvalenze dei beni delle società fuse, comprese quelle relative
alle rimanenze ed il valore di avviamento”.
Per effetto del suddetto principio di neutralità, il patrimonio della società fusa o incorporata confluisce
all'interno di quello della società incorporante o risultante dalla fusione senza che tale circostanza determini
un “realizzo fiscale” delle relative componenti.
La diretta conseguenza della neutralità fiscale della fusione è quello della continuità dei valori fiscalmente
riconosciuti dei beni coinvolti nell'operazione.
Il Legislatore ha, infatti, previsto che i beni della società fusa o incorporata conservino in capo alla società
incorporante o risultante dalla fusione lo stesso valore fiscale originario, mirando così ad evitare sia salti
d'imposta, sia doppie imposizioni sullo stesso valore. In tal senso, la neutralità e la continuità dei valori
fiscalmente riconosciuti si correlano al principio di simmetria, in base al quale il mancato realizzo di plusvalori
tassati sui beni della società incorporata o fusa, trasferiti per effetto della fusione, non può determinare un
innalzamento dei relativi valori fiscali in capo alla società risultante. Da notare, al riguardo, che non assume
alcuna rilevanza il comportamento contabile assunto dal contribuente, il quale ben può iscrivere i beni
ricevuti dalla società estinta a valori diversi da quelli fiscali senza tuttavia determinare alcun effetto sul
reddito imponibile della società risultante dalla fusione.
Ai sensi del comma 4 dell’art. 172 del TUIR, la società risultante dalla fusione (nella fusione propria), ovvero
quella incorporante (nella fusione per incorporazione), subentra negli obblighi e nei diritti delle società fuse o
incorporate relativi alle imposte sui redditi, compreso, quindi, il diritto a riportare in diminuzione del proprio
reddito le perdite fiscali ante fusione delle società fuse o incorporate.
Tuttavia, allo scopo di contrastare il fenomeno elusivo delle cosiddette “bare fiscali” cioè fusioni con società
prive di un’effettiva attività economica poste in essere al solo fine di utilizzare le perdite delle società
interessate, il legislatore tributario ha condizionato la riportabilità delle perdite ante fusione (fermo restando il
rispetto dei limiti temporali di cui all’articolo 84 del TUIR) al rispetto di determinati parametri qualitativi e
quantitativi in capo alle società cui le perdite stesse si riferiscono.
44
In primo luogo, è necessario verificare per ciascuna società con perdite fiscali riportabili se risultano
soddisfatti determinati requisiti di “vitalità economica”. In particolare, l’art. 172, comma 7, del TUIR prevede
che la società a cui si riferiscono le perdite fiscali abbia conseguito, nell’esercizio precedente a quello in cui
la fusione è stata deliberata, ricavi e proventi caratteristici, nonché spese per prestazioni di lavoro
subordinato e relativi contributi, per un ammontare superiore al 40% di quello che risulta dalla media degli
ultimi due esercizi anteriori.
Dopo aver verificato il superamento del test di vitalità economica, è necessario accertare il limite del
quantum di perdite pregresse riportabili sulla base del patrimonio netto della società che ha maturato le
perdite.
Infatti, secondo quanto previsto dal comma 7 dell’art. 172 del TUIR, le perdite di ciascuna società
partecipante alla fusione, comprese quelle della società incorporante, possono essere riportate in
diminuzione del reddito della società risultante dalla fusione o incorporante per la parte del loro ammontare
che non eccede il rispettivo patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio d’esercizio, ovvero dalla situazione
patrimoniale redatta ai sensi dell’art. 2501-quater c.c., se il patrimonio netto da essa risultante è inferiore a
quello dell’ultimo bilancio.
Inoltre, per evitare un facile aggiramento della norma mediante l’effettuazione di operazioni di
ricapitalizzazione, in vista dell’operazione di fusione, è disposto che, ai fini del computo delle perdite
riportabili, il patrimonio netto deve essere considerato al netto dei conferimenti (sia in denaro che in natura) e
dei versamenti effettuati dai soci nei ventiquattro mesi che precedono la data di riferimento della situazione
patrimoniale ex art. 2501-quater c.c.
I passaggi di beni che si determinano a seguito del perfezionamento di operazioni di fusione sono
espressamente esclusi dalla sfera di imponibilità dell’IVA. Infatti, come testualmente affermato dall’art. 2,
comma 3, lett. f) del DPR n. 633/1972, non sono considerate cessioni di beni “i passaggi di beni in
dipendenza di fusioni, scissioni o trasformazioni di società e di analoghe operazioni poste in essere da altri
enti”.
Ai sensi della lett. b) del n. 6 dell’art. 4 della Parte I della Tariffa allegata al D.P.R. 131/1986, l’operazione di
fusione sconta l’imposta di registro, dovuta in misura fissa di € 168,00, da corrispondere sia al momento
della registrazione della delibera di fusione, sia al momento della registrazione dell’atto di fusione.
L’imposta si applica in misura fissa anche nel caso in cui, nei patrimoni delle società fuse o incorporate,
risultino compresi uno o più beni o diritti reali immobiliari.
Per le imposte ipotecarie e catastali si applica l’imposta in misura fissa di € 168,00 ciascuna, anche nel caso
in cui nel patrimonio delle società fuse o incorporate vi siano immobili.
5.2.1.2
Fusione per incorporazione
Nella fusione per incorporazione, come già riferito, la società incorporante provvede ad incorporare le altre
società partecipanti all’operazione. L’incorporazione comporta l’aumento del capitale sociale al fine di
attribuire quote o azioni dell’incorporante ai soci delle società incorporate sulla base di un determinato
rapporto di cambio tra vecchie e nuove azioni o quote, con contestuale annullamento delle azioni o quote
delle società incorporate.
45
Per quanto concerne gli aspetti procedurali, nonché i relativi riflessi dal lato fiscale, si rimanda integralmente
a quanto esposto in precedenza con riguardo alla fusione propria.
5.2.2
Riarticolazione delle funzioni tra società patrimoniali e/o tra patrimoniali e soggetto
gestore
La riarticolazione delle funzioni tra Società patrimoniali e/o tra queste ed i soggetto gestori del servizio idrico
potrebbe rivelarsi opportuna in ipotesi di Società patrimoniali c.d. “spurie” o “multifunzione”, le quali svolgono
attività diverse ed ulteriori rispetto alla mera detenzione della proprietà dei beni afferenti il servizio idrico,
così come in ipotesi di soggetti gestori c.d. “multiutility”, i quali svolgono contemporaneamente più attività
d’impresa.
Le ipotesi in cui potrebbe rendersi opportuno procedere ad una diversa assegnazione delle funzioni tra i vari
soggetti a vario titolo coinvolti nella gestione del servizio idrico e nella gestione dei relativi beni ad esso
afferenti sono così riassumibili:

Scenario 1: scorporo delle funzioni diverse dalla detenzione della proprietà dei beni del servizio
idrico da parte delle Società patrimoniali “spurie” o “multifunzione” con conseguente loro attribuzione
al soggetto gestore oppure ad una “New.co”;

Scenario 2: scorporo delle funzioni diverse dalla detenzione della proprietà dei beni del servizio
idrico attualmente svolte dalla Società patrimoniale “spuria” o “multifunzione”, sia in ipotesi di
esistenza di una sola Società patrimoniale a livello di Ambito, sia in ipotesi di esistenza di una
pluralità di Società patrimoniali al fine di procedere alla loro aggregazione in un unico soggetto;

Scenario 3: scorporo delle attività afferenti la gestione del servizio idrico da parte del soggetto
gestore “multiutility” e loro conferimento alla Società patrimoniale, e ciò sia nel caso di esistenza di
un solo soggetto gestore di Ambito, sia nel caso di contemporanea presenza di una pluralità di
soggetti gestori nello stesso ambito territoriale ottimale;

Scenario 6: scorporo dei beni del servizio idrico integrato attualmente di proprietà della o delle
Società patrimoniali attualmente esistenti sul territorio di Ambito e contestuale attribuzione della loro
proprietà ad uno o più soggetti gestori del servizio.
Le modalità tecniche attraverso le quali è possibile addivenire alla predetta riorganizzazione delle funzioni fra
Società patrimoniali e/o soggetti gestori del servizio idrico integrato di Ambito possono essere così elencate:
a. Cessione d'azienda;
b. Conferimento d’azienda;
c.
5.2.2.1
Scissione.
Cessione d’azienda
Per l’analisi dei riflessi civilistici e fiscali dell’operazione di cessione d’azienda o di ramo d’azienda si rinvia a
quanto già esposto con riguardo all’assegnazione dei beni ai soci.
46
5.2.2.2
Conferimento d’azienda
Con il conferimento d’azienda, il soggetto conferente sottoscrive il capitale sociale della società conferitaria,
apportando un’azienda o un ramo d’azienda e ricevendo in cambio quote o azioni della conferitaria stessa. Il
conferimento d’azienda si differenzia dunque dalla cessione d’azienda, in quanto il corrispettivo ricevuto non
è fungibile; infatti, a fronte della cessione, il cedente riceve una certa quantità di denaro, mentre, a seguito
del conferimento, il conferente riceve una partecipazione nella società conferitaria. Di conseguenza, il
conferimento si differenzia dalla cessione anche per la permanenza di un vincolo partecipativo tra i soggetti
coinvolti nell’operazione, almeno fino al momento in cui il conferente non cede le partecipazioni ricevute
nella società conferitaria.
Il conferimento d’azienda non è un’operazione specificamente disciplinata dal legislatore civilistico, in quanto
le norme del Codice Civile si riferiscono unicamente al conferimento di singoli beni. Pertanto, al conferimento
d’azienda si rendono applicabili, in quanto compatibili, sia le norme relative al conferimento di beni in natura
(artt. 2342 e segg. c.c. per le società per azioni e artt. 2464 e 2465 c.c. per le società a responsabilità
limitata), sia la disciplina del trasferimento d’azienda di cui agli artt. 2557 e seguenti del Codice Civile.
Per quanto concerne il conferimento d’azienda si rileva come, a partire dal periodo d’imposta successivo a
quello in corso al 31 dicembre 2007, l’unico regime fiscale applicabile a tale operazione sia quello previsto
dall’art. 176 del TUIR, il quale dispone che “i conferimenti di aziende effettuati tra soggetti residenti nel
territorio dello Stato nell’esercizio di imprese commerciali non costituiscono realizzo di plusvalenze o
minusvalenze”.
Il conferimento d’azienda è quindi un’operazione neutra ai fini della determinazione delle imposte sul reddito,
in quanto, indipendentemente dai valori di iscrizione dell’azienda nella contabilità della società conferitaria e
del valore di iscrizione della partecipazione ricevuta nella contabilità del conferente, non si generano
componenti positivi di reddito imponibili (né componenti negativi deducibili).
In conseguenza dell’applicazione del predetto regime di neutralità, il soggetto conferente assume quale
valore della partecipazione ricevuta l’ultimo valore fiscalmente riconosciuto dell’azienda conferita e il
soggetto conferitario subentra, ai fini fiscali, nella posizione del conferente in ordine ai valori fiscali degli
elementi dell’attivo e del passivo dell’azienda stessa.
Ne consegue che il conferente, quando cederà la partecipazione ricevuta a seguito del conferimento, ai fini
della determinazione della relativa plusvalenza non dovrà fare riferimento al valore di iscrizione in bilancio,
quanto al valore fiscalmente riconosciuto della stessa (pari al valore fiscale dell’azienda conferita).
Dal lato della imposizione indiretta, l’atto di conferimento d’azienda sconta l’imposta di registro in misura
fissa (€ 168), indipendentemente dai beni che compongono l’azienda conferita. Ne consegue che, ai fini
dell’imposta di registro, l’azienda oggetto di trasferimento può comprendere anche beni immobili senza che
tale circostanza possa precludere l’applicazione dell’imposta in misura fissa, sempre che, ovviamente, i beni
siano funzionalmente collegati tra di loro dall’imprenditore per la realizzazione dello scopo produttivo.
Se l’azienda oggetto di conferimento comprende anche beni immobili o diritti reali immobiliari, si applicano
altresì le imposte ipotecarie e catastali in misura fissa (€ 168 ciascuna).
47
Con riferimento all’operazione di conferimento si rileva come la stessa possa assumere, di fatto, natura
“realizzativa”, qualora sia seguita dalla successiva cessione della partecipazione detenuta nella società
conferitaria, la quale se del caso potrà beneficiare del regime di parziale esenzione previsto dalla disciplina
sulla “Pex”.
Come è noto, l’art. 87 del TUIR prevede che le partecipazioni possano qualificarsi per l’esenzione parziale
delle relative plusvalenze (in misura pari al 95%), nel caso in cui ricorrano i seguenti requisiti:
d. ininterrotto possesso dal primo giorno del dodicesimo mese precedente a quello dell’avvenuta
cessione;
e. classificazione nella categoria delle immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il
periodo di possesso;
f.
residenza fiscale della società partecipata in uno Stato o territorio diverso da quelli a regime fiscale
privilegiato;
g. esercizio, da parte della società partecipata, di un’impresa commerciale secondo la definizione di cui
all’articolo 55 del TUIR.
A tal proposito, la C.M. n. 36/E del 2004 esplicita che, mentre i primi due requisiti (soggettivi), vanno verificati
sulla partecipante, i secondi due (oggettivi) attengono alla partecipata.
Inoltre, i requisiti di cui alle lettere c) e d) devono sussistere ininterrottamente, al momento del realizzo,
almeno dall’inizio del terzo periodo d’imposta anteriore al realizzo stesso.
Al riguardo, l’art. 176, comma 4, del TUIR stabilisce che le partecipazioni ricevute dal conferente si
considerano iscritte come immobilizzazioni finanziarie nei bilanci in cui risultavano iscritti i beni dell’azienda
conferita. Pertanto, in conseguenza di conferimenti neutrali, le partecipazioni ricevute dal soggetto
conferente “ereditano” il requisito della classificazione nell’attivo immobilizzato per tutto il periodo in cui i beni
facenti parte dell’azienda conferita sono stati iscritti nel bilancio del conferente stesso.
L’Agenzia delle Entrate, con C.M. n. 36/E del 2004, muovendo dalla considerazione che il conferente
“eredita” il requisito dell’iscrizione nelle immobilizzazioni finanziarie ha dedotto che, anche ai fini della verifica
del requisito del periodo minimo di possesso della partecipazione in capo al conferente, è possibile tenere
conto del periodo di possesso dell’azienda conferita da parte del medesimo, prima del conferimento. In altre
parole, la partecipazione ricevuta assume la stessa “anzianità” dell’azienda conferita e quindi, se l’azienda è
stata posseduta per più di 12 mesi, la partecipazione ricevuta a seguito del conferimento può essere ceduta
immediatamente dopo il conferimento stesso, potendo beneficiare dell’esenzione senza attendere il decorso
dei 12 mesi.
Con riguardo al quarto requisito per l’applicazione della Pex, la C.M. n. 36/E del 2004 ha chiarito che la
società conferitaria eredita il requisito della “commercialità” solo se riceve, a seguito del conferimento,
un’azienda commerciale da parte di una società conferente anch’essa prevalentemente commerciale. Non è
quindi sufficiente che il requisito della commercialità sia soddisfatto con riguardo al ramo d’azienda conferito,
nelle cui posizioni fiscali subentra la conferitaria ex art. 176 del TUIR, ma è altresì necessario che tale
requisito sussista in capo alla società conferente nel suo complesso.
48
Per la definizione di “Impresa Commerciale”, l’art. 87 del TUIR rinvia all’art. 55 del TUIR che contiene una
nozione ampia, intendendo per tali non solo quelle attività indicate nell’art. 2195 c.c., ma anche quelle
prestazioni non previste dallo stesso articolo 2195 ma organizzate sotto forma di impresa.
Il citato art. 87, comma 1, del TUIR introduce, tuttavia, delle restrizioni, prevedendo una presunzione
assoluta di non commercialità – che non ammette, quindi, la prova contraria – in capo a quelle partecipate il
cui patrimonio è prevalentemente investito in immobili diversi:

dagli immobili merce, cioè alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa;

e dagli impianti e fabbricati utilizzati direttamente nell’attività dell’impresa (immobili strumentali).
L’operazione di conferimento e successiva cessione della partecipazione nella conferitaria si caratterizza,
sotto l’aspetto fiscale, per una possibile connotazione elusiva, essendo la stessa suscettibile di generare in
capo al cedente un indubbio risparmio fiscale rispetto alla cessione diretta dell’azienda; ciò in quanto:

ai fini delle imposte sul reddito, mentre la cessione d’azienda genera plusvalenze imponibili,
l’apporto dell’azienda alla società conferitaria non genera plusvalenze tassabili (art. 176 del TUIR) e
la successiva cessione della partecipazione fa emergere una plusvalenza che può beneficiare della
parziale esenzione – in misura pari al 95% – in presenza dei requisiti di applicazione della “Pex” (art.
87 del TUIR);

ai fini delle imposte d’atto, in luogo della tassazione in misura proporzionale che caratterizza l’atto di
cessione d’azienda, il conferimento sconta l’imposta di registro e le imposte ipocatastali in misura
fissa e la successiva cessione delle partecipazioni è un’operazione sostanzialmente irrilevante ai fini
dei tributi d’atto.
Dal lato delle imposte dirette, l’art. 176, comma 3, del TUIR espressamente sancisce la non elusività, agli
effetti dell'art. 37-bis del DPR 29 settembre 1973, n. 600, del conferimento d’azienda seguito, da parte della
conferente, dalla cessione della partecipazione nella conferitaria in regime di esenzione ex art. 87 del TUIR.
Indubbiamente più delicata si prospetta, invece, la valutazione dei profili di elusività dell’operazione in esame
dal lato delle imposte indirette.
In particolare, l’Amministrazione finanziaria, suffragata anche da alcune pronunce giurisprudenziali della
Corte di Cassazione (cfr. Cass., 23 novembre 2001, n. 14900; Cass., 25 febbraio 2002, n. 2713; Cass., 7
luglio 2003, n. 10660), ha sostenuto che la consecutio dei due atti (il conferimento e la cessione della
partecipazione a breve distanza) evidenzia, in realtà, un’unica fattispecie contrattuale, ancorché a
formazione progressiva, produttiva di un unico effetto giuridico finale, da identificarsi nella cessione
dell’azienda previamente conferita. Da qui la possibilità di riqualificare l’atto di conferimento d’azienda in atto
di cessione d’azienda, con la conseguente applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale,
anziché fissa.
L’Associazione Italiana Dottori Commercialisti (AIDC), con norma di comportamento n. 186, ha tuttavia
ritenuto di non poter condividere una tale interpretazione, rilevando come:

nell’ambito delle imposte indirette, non esiste una norma assimilabile all’art. 37-bis del DPR 600/73,
né tale norma può trovare diretta applicazione;
49

l’art. 20 del DPR 26 aprile 1986, n. 131, secondo il quale l’imposta di registro va applicata tenendo
conto “della intrinseca natura e degli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione”, non può
essere usato per legittimare la riqualificazione in atto di cessione d’azienda dell’atto di conferimento
e cessione delle quote, in quanto tali atti hanno autonoma causa giuridica ed inoltre perché si tratta
di atti separati ed intervenuti tra soggetti diversi.
5.2.2.3
Scissione
Altra operazione che si è ipotizzata per addivenire alla riarticolazione delle funzioni tra Società patrimoniali
e/o fra Società patrimoniali e Gestore di ambito del servizio idrico integrato è quella della scissione per
incorporazione.
Trattasi di una operazione di scissione parziale con società beneficiaria preesistente, la quale comporta
l’assegnazione ai soci della scissa delle partecipazioni emesse dalla beneficiaria a fronte del conferimento
del ramo d’azienda scisso.
I soci della scissa conserveranno le proprie partecipazioni originariamente detenute nella scissa, ma
vedranno diminuire il loro valore per effetto della diminuzione patrimoniale in esame; viceversa, i soci della
società beneficiaria ante scissione, assisteranno alla riorganizzazione aziendale senza incrementare i
personali assetti proprietari.
Ai fini delle imposte sui redditi, la scissione si configura quale operazione neutrale, e pertanto inidonea a
generare componenti positivi o negativi di reddito in capo ad alcuno dei soggetti coinvolti. L’art. 173, comma
1, del TUIR dispone infatti che “La scissione totale o parziale di una società in altre preesistenti o di nuova
costituzione non dà luogo a realizzo né a distribuzione di plusvalenze e minusvalenze dei beni della società
scissa, comprese quelle relative alle rimanenze e al valore di avviamento”.
La neutralità dell’operazione si riflette, d’altra parte, anche sul versante dei soci, in quanto l’art. 173, comma
3, del TUIR dispone che “Il cambio delle partecipazioni originarie non costituisce né realizzo né distribuzione
di plusvalenze o di minusvalenze né conseguimento di ricavi per i soci della società scissa, fatta salva
l’applicazione, in caso di conguaglio, dell’art. 47, comma 7, del Tuir e, ricorrendone le condizioni, degli artt.
58 e 87”.
Eventuali limiti si pongono, però, in tal caso alla riportabilità delle perdite fiscali. Attualmente, infatti, il nuovo
art. 173, comma 10, del TUIR, dispone che “alle perdite fiscali delle società che partecipano alla scissione si
applicano le disposizioni del comma 7 dell’articolo 172 …”, rendendo così, di fatto, applicabili alle perdite
fiscali dei soggetti partecipanti alla scissione le stesse limitazioni previste in tema di fusioni. Pertanto, deriva
che:

le c.d. “condizioni di vitalità” delle società le cui perdite sono riportabili devono essere verificate sia in
capo alla scissa che alla beneficiaria;

anche il limite quantitativo al riporto delle perdite, rappresentato dal patrimonio netto deve essere
verificato sia in capo alla scissa che alla beneficiaria.
In particolare:
50

le perdite fiscali della società scissa attribuite alla società beneficiaria devono essere confrontate con
la quota del patrimonio netto della scissa trasferita alla beneficiaria medesima;

l’ammontare delle perdite fiscali della società beneficiaria preesistenti all’operazioni devono essere
confrontate con l’intero patrimonio netto della stessa ante scissione.
Al riguardo, si deve peraltro ritenere che, in virtù di quanto disposto dall’art. 173, comma 4, del TUIR,
l’assegnazione delle perdite della scissa debba essere effettuata in proporzione alla distribuzione del
patrimonio netto contabile tra i diversi soggetti partecipanti alla scissione.
Ai fini della determinazione del limite, si deve tener conto dell’ammontare del patrimonio netto risultante
dall’ultimo bilancio o, se inferiore, di quello risultante dal progetto di scissione (art. 2506-bis c.c.), ovvero
dalla situazione patrimoniale della società scissa (2506-ter c.c.).
Il patrimonio netto cui fare riferimento (c.d. “limite patrimoniale”) deve, però, essere ridotto dell’importo di
eventuali ricapitalizzazioni (conferimenti e versamenti) poste in essere nei 24 mesi precedenti,
neutralizzando così i tentativi volti a consentire un pieno recupero delle perdite fiscali.
Dal punto di vista IVA, ai sensi dell’art. 2, comma 3, lett. f), del DPR n. 633/1972, i passaggi di beni in
dipendenza di operazioni di scissione non sono da considerarsi “cessioni”. Dalla disposizione in esame si
evince, pertanto, che sono esclusi da IVA tutti i trasferimenti dalla società scissa alla società beneficiaria,
anche se aventi ad oggetto singoli beni.
Per quanto riguarda, infine, le imposte d’atto, la scissione sconta il pagamento delle imposte di registro,
ipotecarie e catastali nella misura fissa di € 168 per ciascuna imposta, ciò anche se nel complesso di beni
oggetto di assegnazione sono inclusi immobili.
5.3 Impatto della riorganizzazione sul sistema tariffario (cenni)
Un ulteriore driver di cui tener necessariamente conto nelle decisioni circa la sorte delle società proprietarie
sono infine gli impatti delle eventuali riorganizzazioni ipotizzate sul sistema tariffario.
Ciò deve essere fatto alla luce della profonda innovazione che ha caratterizzato tale tematica a partire dal
2011 con il trasferimento all’Autorità dell’Energia Elettrica e del Gas (“AEEG”) di tutte le funzioni di
regolazione e controllo dei servizi idrici (articolo 21, commi 13 e 19, del decreto legge 201/11) e la
contestuale soppressione dell’Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua.
Funzioni di regolazione e controllo dei servizi idrici che debbono perseguire la finalità di “garantire
l'osservanza dei principi contenuti nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 in tema di gestione delle
risorse idriche e di organizzazione del servizio idrico, con particolare riferimento alla tutela dell'interesse
degli utenti, alla regolare determinazione e adeguamento delle tariffe, nonché alla promozione dell'efficienza,
dell'economicità e della trasparenza nella gestione dei servizi idrici”.
E’ noto come l’AEEG, dopo aver avviato un procedimento di consultazione pubblica per l’adozione di
provvedimenti tariffari (204/2012/R/ IDR del 22 maggio 2012) che ha visto il coinvolgimento di tutti gli
stakeholders, lo scorso 28 dicembre 2012 ha approvato il nuovo metodo transitorio per la determinazione
delle tariffe idriche (585/2012 – “MTT”) che sostituisce interamente il c.d “metodo normalizzato”). Con
deliberazione dello scorso 28 febbraio 2013, l’AEEG ha poi esteso l’applicabilità della metodologia tariffaria
51
di cui all’allegato A alla deliberazione 585/2012 anche ai soggetti che hanno fino ad oggi applicato ai propri
utenti tariffe conformi al metodo CIPE ma i cui ricavi regolati sono stati calcolati in base a criteri tariffari
differenti.
Il nuovo metodo Tariffario è destinato ad incidere sulle modalità organizzative del servizio sotto diversi
aspetti. In primo luogo devono essere attentamente analizzate tutte quelle situazioni in cui la proprietà delle
infrastrutture ricade su soggetti diversi dal gestore del servizio idrico integrato. E’ questo ad esempio il caso
dei sopra indicati scenari 1, 2, e 4. Vale a dire tutti quei casi in cui la proprietà dei beni è appannaggio delle
società patrimoniali (scenario 2), ovvero venga trasferita agli enti locali di riferimento (scenari 1 e 4), con un
livello di criticità naturalmente superiore nel caso in cui i soggetti proprietari siano delle società di capitali.
Nei casi di separazione tra soggetto gestore e soggetto proprietario del bene, infatti, si pone la problematica
delle condizioni economiche alle quali i beni vengono messi a disposizione del soggetto gestore e del
conseguente equilibrio economico e finanziario del soggetto proprietario. Il MTT regola dettagliatamente i
costi che possono essere riconosciuti in tariffa a fronte della messa a disposizione di Infrastrutture di
proprietà di terzi. Il relativo trattamento è disciplinato dagli articoli 13 e 27 dell’allegato A alla delibera 585
(“Allegato A”), così come successivamene modificata e integrata dalle Delibere 73/2013, 88/2013 e
109/2013, che individuano distinte categorie, in funzione della natura delle modalità di messa a disposizione
e dei soggetti proprietari. In particolare, secondo l’articolo 13 le immobilizzazioni di proprietà di terzi che
possono essere riconosciute sono così distinte.
a. Le immobilizzazioni afferenti al SII ed alle altre attività idriche, o strumentali allo svolgimento dei
medesimi servizi e attività, di proprietà di soggetti diversi dal gestore del SII, per le quali il fondo di
ammortamento non abbia già coperto alla medesima data il valore lordo delle stesse, concesse in
uso al gestore del SII a fronte del pagamento periodico di un corrispettivo, sotto forma di rimborso
della rata dei mutui, di canone di concessione, di ristoro o di altro. Incluse quelle concesse in uso a
quest’ultimo a fronte del pagamento di un corrispettivo in un’unica soluzione, sia esso dovuto
all’inizio dell’affidamento, anche iscritto a patrimonio del gestore del SII come immobilizzazione
immateriale, o al termine dello stesso, anche accantonato dal gestore del SII a titolo di fondo per
ripristino beni di terzi (13.1 e 13.2);
b. Le immobilizzazioni di cui il gestore del SII usufruisce in virtù di contratti di locazione e contratti di
leasing operativo e leasing finanziario;
c.
Le immobilizzazioni in corso di proprietà di soggetti diversi dal gestore del SII, risultanti al 31
dicembre 2011, al netto dei saldi che risultino invariati da più di 5 anni.
Per quanto riguarda la disciplina del costo riconosciuto, secondo l’articolo 27 dell’Allegato A è necessario
distinguere:
i.
le immobilizzazioni di cui alla precedente lettera a) di proprietà degli Enti locali e delle loro
aziende speciali e società di capitali a totale partecipazione pubblica, per le quali il diritto ad un
corrispettivo d’uso è stato deliberato dall’Ente competente in data anteriore al 28 aprile 2006;
ii.
le immobilizzazioni di cui alla precedente lettera a) di proprietà degli Enti locali e delle loro
aziende speciali e società di capitali a totale partecipazione pubblica, per le quali il diritto ad un
52
corrispettivo d’uso è stato deliberato dall’Ente competente in data 28 aprile 2006 o
successivamente;
iii.
le immobilizzazioni di cui alla precedente lettera b);
iv.
tutte le restanti categorie di immobilizzazioni diverse da quelle precedenti.
Ora, ai nostri fini e senza voler in questa sede scendere nel dettaglio della regolamentazione delle varie
fattispecie, è sufficiente evidenziare che i beni degli enti locali e delle società patrimoniali rientrano nelle
categorie a e b sopra indicate che si differenziano solo per il fatto che il corrispettivo d’uso sia stato
deliberato prima o dopo il 28 aprile 2006.
In relazione a queste categorie, il costo riconosciuto per l’utilizzo delle Infrastrutture di Terzi CUITEELL è
pari a:
CUITEELL = max (MT + AC; OF + OFisc + AMM)
dove:
-
MT è il valore del rimborso dei mutui di ciascun proprietario;
-
AC è il valore degli altri corrispettivi di ciascun proprietario, anche intesi come quota annuale
accantonata per il ripristino dei beni di terzi;
-
OF , OFisc e AMM sono, rispettivamente, gli oneri finanziari, gli oneri fiscali e l’ammortamento sulle
immobilizzazioni di proprietà di ciascun Ente locale, azienda speciale e società di capitali a totale
partecipazione pubblica.
Nel caso in cui il corrispettivo d’uso sia stato deliberato dopo il 28 aprile 2006, la componente AC è posta
pari a zero.
E’ immediato notare che solo nel caso in cui il corrispettivo d’uso sia stato deliberato prima del 28 aprile
2006, le società possono avere una qualche garanzia di mantenimento del corrispettivo attraverso il
parametro AC. Negli altri casi il corrispettivo (salvo che non coincida esclusivamente con la componente di
rimborso dei mutui MT) sarà necessariamente esposto ad una rideterminazione attraverso il nuovo calcolo
degli oneri finanziari, degli oneri fiscali e dell’ammortamento,
che potrebbe pregiudicare l’equilibrio
economico e finanziario del soggetto proprietario.
In effetti, se è naturale che la somma delle componenti finanziarie (OG), fiscali (OFisc) e di ammortamento
(AMM) sia stabilita proprio in funzione del raggiungimento dell’equilibrio economico del soggetto proprietario,
non è detto che tale obiettivo sia garantito. Basti pensare al possibile disconoscimento dei valori complessivi
degli investimenti che potrebbero portare ad una riduzione degli ammortamenti riconosciuti, ovvero più
semplicemente ai rischi che una rideterminazione dei corrispettivi potrebbe comportare in società che hanno
contratto finanziamenti bancari con strutture ed indici di equilibrio fondate proprio su quel livello di ricavi.
Da questo punto di vista, al fine di prevenire tali problematiche, potrebbero pertanto essere privilegiati quegli
scenari che puntano ad una riorganizzazione complessiva del servizio nella quale il soggetto proprietario
tende a coincidere con il gestore (in particolare gli scenari 3, 5 e 6). Da notare che in tali casi si avrebbe
anche l’effetto di concentrare in un unico soggetto tutti i flussi di cassa derivanti dall’applicazione del metodo,
incrementando altresì la sua capacità di realizzare i nuovi investimenti.
53
Altro aspetto da considerare riguarda l’eventuale coincidenza tra soggetto proprietario e soggetto gestore
che permette di superare il problema della determinazione del costo per la messa a disposizione delle
infrastrutture. Anche in questo caso il problema che non può essere eluso è quello del valore degli
investimenti da considerare per la determinazione della corretta quota di Ammortamento. Abbiamo in
precedenza accennato a questa tematica che è disciplinata nel dettaglio dall’articolo 8 dell’Allegato A della
citata delibera AEEG n. 585/2012, così come successivamene modificata e integrata dalle Delibere 73/2013,
88/2013 e 109/2013.
Il MTT in linea peraltro con la disciplina previgente al referendum abrogativo, fonda il riconoscimento del
valore sul concetto di costo storico. In particolare, secondo il citato articolo 8, per la determinazione del
valore lordo delle immobilizzazioni del gestore del SII si fa riferimento “al corrispondente costo storico di
acquisizione al momento della sua prima utilizzazione, ovvero al costo di realizzazione delle stesse, come
risultante dalle fonti contabili obbligatorie”.
Si precisa poi che sono escluse da tale valore: “le rivalutazioni economiche e monetarie, le altre poste
incrementative non costituenti costo storico originario degli impianti, gli oneri promozionali, le concessioni, ivi
inclusi gli oneri per il rinnovo e la stipula delle medesime, gli avviamenti e le immobilizzazioni assimilabili”;
nonché: “gli eventuali incrementi patrimoniali corrispondenti agli oneri ed alle commissioni di strutturazione
dei progetti di finanziamento”.
Le situazioni a maggiore rischio riguardano quelle società, anche patrimoniali, che si sono costituite a
seguito di operazioni di trasformazioni di vecchie aziende speciali e/o di operazioni di conferimento di
aziende e/o rami di azienda. In tali casi infatti non è inusuale che i beni oggetto di conferimento nelle nuove
realtà siano stati valutati a valori ben più elevati di quello del costo storico originario. In tali casi,
l’applicazione del nuovo metodo porterebbe a significative svalutazione del valore di tali beni con importanti
implicazioni sia di natura economica che finanziaria.
E’ forse per tale motivo che l’articolo 8 contiene una previsione derogatoria del principio del costo storico, la
cui utilizzazione è tuttavia rimessa alla responsabilità degli amministratori del gestore del SII. Secondo tale
previsione infatti: “In deroga a quanto stabilito al comma 8.1, per le immobilizzazioni acquisite a titolo
oneroso fino al luglio 2012, e realizzate da precedenti proprietari diversi da Enti locali, da loro aziende
speciali o da società di capitali a totale partecipazione pubblica, previa dichiarazione del legale
rappresentante del gestore del SII attestante l’impossibilità di ricostruire il relativo valore storico di
realizzazione, ai fini della valorizzazione si fa riferimento al più vecchio libro contabile disponibile in cui le
immobilizzazioni sono riportate”.
Un’ultima questione cui far cenno è infine come il metodo tariffario possa incidere sul valore da attribuire ai
beni del servizio idrico al momento delle relative transazioni. E’ vero, infatti, che si tratta di beni che non
hanno un valore di mercato specifico, in quanto non esiste, per esempio, un mercato delle reti idriche o degli
impianti di sollevamento, ma certamente non può essere elusa la problematica di definizione di un valore a
fronte delle varie transazioni ipotizzate. Nella prassi, in passato si è spesso ricorso a metodi di valutazione
fondati sul principio del costo di sostituzione o di ricostruzione. In altre parole, veniva stimato un costo per
riprodurre i beni oggetto di valutazione e, successivamente, si abbatteva tale costo per tener conto dell’usura
54
che il tempo poteva aver prodotto e/o delle manutenzioni necessarie per conservare un adeguato stato di
funzionamento.
Il problema più evidente di questo metodo è che esso non tiene in alcun modo conto delle dinamiche
economiche e finanziarie del particolare settore in cui questi beni vengono utilizzati. Trattandosi di un settore
strettamente regolamentato dal punto di vista tariffario, quello che si vuole evidenziare è che non è affatto
scontato che la valutazione effettuata con questo metodo porti ad un costo che sarà effettivamente
riconosciuto nella tariffa del servizio idrico.
In sostanza, se si scollega la valutazione di detti beni dai relativi sistemi tariffari, il rischio è di pervenire,
alternativamente, o a valori non coperti dal sistema tariffario e dunque a valori sovrastimati rispetto
all’imprescindibile principio contabile di recuperabilità del costo iscritto a bilancio, ovvero a valori
ampiamente ripagati dal sistema tariffario e pertanto ad una sottostima dei valori di bilancio stessi.
Stesse perplessità possono essere estese all’utilizzo del criterio del costo originariamente sostenuto, criterio
teso ad escludere il riconoscimento di eventuali rivalutazioni di valore effettuate e recepito anche dal
legislatore nell’ambito prima del Regolamento di attuazione dell’articolo 23 bis e poi nel successivo articolo 4
della l. 148/2011, provvedimenti entrambi estromessi dall’ordinamento a seguito, rispettivamente, del
referendum abrogativo del 23 bis e della sentenza della Corte che ha dichiarato incostituzionale l’articolo 4
citato.
Anche l’utilizzo di questo criterio è infatti indipendente dalle dinamiche tariffarie e può portare a problemi
analoghi a quelli individuati.
Per tali motivi, di fronte all’esigenza di valutare queste categorie di beni, è forse preferibile adottare metodi
strettamente collegati al riconoscimento tariffario a cui il loro proprietario ha diritto, come ad esempio una
metodologia di valutazione di natura finanziaria basata sull’attualizzazione dei flussi di cassa che saranno
generati dagli assets oggetto di conferimento, secondo la nota metodologia D.C.F. (Discounted Cash Flow).
Naturalmente, nella ricostruzione del flusso di cassa che sarà generato dal bene e/o ramo di azienda
oggetto di valutazione, è necessario fondarsi sulle previsioni del metodo tariffario relativo. E’ infatti il metodo
che determina i ricavi complessivi legati alla presenza dell’asset oggetto di valutazione.
Ciò sposta necessariamente l’attenzione sulle regole e le previsioni del metodo, valutazione non certo
agevole, in questo difficile momento di definizione e messa a punto della nuova tariffa idrica da parte della
A.E.E.G. Quello che può tuttavia essere fin d’ora sottolineato è che il nuovo metodo, ai fini del
riconoscimento in tariffa delle quote di ammortamento dei beni, come abbiamo più sopra evidenziato, tende
ad escludere il riconoscimento di rivalutazioni contabili dei beni e si fonda invece sul costo storico originario
(cioè non rivalutato).
Con riferimento alla tesi secondo la quale il criterio di valutazione più corretto sia allora quello del costo
storico originario possono essere mossi rilievi critici, sulla base, in particolare della considerazione secondo
la quale, essendo la quota di ammortamento una componente riconosciuta durante tutta la vita utile del
bene, il valore attuale dello stesso potrebbe non coincidere con la mera somma delle quote di
ammortamento riconosciute in un arco di tempo che può essere anche lungo, commettendo l’errore di non
attribuire alcun valore al decorso del tempo.
55
Ne consegue che un elemento fondamentale per valutare la conservazione del valore di cui al costo storico
sarà la quota di remunerazione finanziaria dell’investimento (comunque denominata), riconosciuta in tariffa
ed in grado almeno di recuperare il costo storico originariamente sostenuto. Ed a questo proposito le
incertezze sono molto elevate. Basti citare la recentissima sentenza del TAR Toscana (marzo 2013) con la
quale viene bocciata la remunerazione introdotta dal Piano d’ambito per contrasto con l’esito referendario.
Il MTT cerca tuttavia di introdurre degli elementi di certezza a tale proposito e lo fa in applicazione di una
serie di principi di derivazione comunitaria e nazionale. In particolare, tra gli altri,

la direttiva 2000/60/CE che prevede all’art. 9 che “Gli Stati membri tengono conto del principio del
recupero dei costi dei servizi idrici, compresi i costi ambientali e relativi alle risorse;

la Comunicazione COM(2000) 477 che sancisce, esplicitando il significato dell’articolo 9 della
Direttiva 2000/60/CE, che tra i costi che la tariffa per il servizio idrico deve integralmente coprire,
secondo il principio del full cost recovery, vi sono: “a) i costi finanziari dei servizi idrici, che
comprendono gli oneri legati alla fornitura ed alla gestione dei servizi in questione. Essi
comprendono tutti i costi operativi e di manutenzione e i costi di capitale (quota capitale e quota
interessi, nonché l'eventuale rendimento del capitale netto);

il d.P.R. 116/11, proclamativo dell’esito del referendum popolare svoltosi in data 12 e 13 giugno
2011 (secondo quesito), è stato parzialmente abrogato l’art. 154, comma 1, del d.lgs. 152/06 nella
parte in cui includeva, tra i criteri per la determinazione della tariffa del servizio idrico integrato,
l’“adeguatezza della remunerazione del capitale investito”;

l’art. 154, comma 1, del d.lgs. 152/2006, come modificato dal richiamato d.P.R.116/11, prevede che:
“La tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto della
qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell'entità
dei costi di gestione delle opere, e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una
quota parte dei costi di funzionamento dell'Autorità d'ambito, in modo che sia assicurata la copertura
integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo
il principio "chi inquina paga";

la Corte costituzionale, nel motivare circa l’ammissibilità del menzionato referendum (sentenza n. 26
del 26 gennaio 2011), si è espressa affermando che [a seguito dell’eventuale abrogazione, poi
avvenuta, dell’art. 154, comma 1, cit.] “la normativa residua, immediatamente applicabile, data
proprio dall’art. 154 del d.lgs. n. 152 del 2006, non presenta elementi di contraddittorietà,
persistendo la nozione di tariffa come corrispettivo, determinata in modo tale da assicurare la
“copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi
e secondo il principio chi inquina paga”;

l’articolo 3, comma 1, del d.P.C.M. 20 luglio 2012 specifica che l'Autorità: “c) definisce le componenti
di costo - inclusi i costi finanziari degli investimenti e della gestione - per la determinazione della
tariffa del servizio idrico integrato, ovvero di ciascuno dei singoli servizi che lo compongono.
E’ sulla base di tali principi che l’articolo 18 dell’Allegato A contiene in effetti una disciplina specifica di
remunerazione finanziaria dell’investimento che è correttamente determinata dalla somma di due
56
componenti. Una componente Km (tasso di interesse di riferimento) che dovrebbe esprimere la misura di
investimenti senza rischio) ed una componente α, destinata invece ad esprimere il premio per la rischiosità
del mercato di riferimento.
La prima componente è ancorata al valore medio di rendimento del BTP decennale seppur corretto per tener
conto dell’impatto fiscale e di inflazione; la seconda componente utilizza invece i parametri utilizzati nella
prassi finanziaria per misurare il rischio di mercato ed in particolare

il coefficiente β per misurare la rischiosità relativa del SII, rispetto a quella media di mercato, che è
fissato per la determinazione tariffaria 2012 e 2013 in misura pari a 0,8;

il coefficiente ERP per definire il premio per il rischio di mercato, che per la determinazione tariffaria
2012 e 2013 è posto in misura pari a 4%.
57
6.
Ranking degli scenari descritti
Sulla scorta dell’analisi svolte è possibile offrire una graduazione di percorribilità delle azioni previste negli
scenari ipotizzati, valutati secondo i seguenti aspetti qualitativi e quantitativi:

Neutralità/costi fiscali;

Efficacia ed efficienza gestionale delle operazioni anche alla luce della normativa sul patto di stabilità
interno;

Indicazioni rivenienti dalla sentenza n. 320/2011 della Corte Costituzionale;

Applicazione del nuovo Metodo Tariffario Transitorio dell’AEEG.
Gli indicatori di preferibilità costruiti valutando per ciascuno scenario gli aspetti sopra esposti, sono stati
articolati secondo tre classi:

Valutazione di preferibilità alta;

Valutazione di preferibilità media;

Valutazione di preferibilità bassa.
Tali valutazioni sono puramente indicative e rispondono all’obiettivo di dare indicazioni di carattere generale
sugli aspetti di particolare rilievo nell’ambito di scenari di riorganizzazione del servizio. Le eventuali
applicazioni dei criteri di valutazione dovranno essere valutati con riferimento alla specifica operazione di
riorganizzazione da attuare ed alle caratteristiche dei soggetti coinvolti.
Sulla base di quanto sopra esposto si propone di seguito le valutazioni di preferibilità:
A. Società Patrimoniali:
1. Scenario 3 (integrazione nella Patrimoniale del Gestore); da attuarsi mediante le operazioni di
fusione o, in alternativa, di scissione per incorporazione è soggetto ad una valutazione di preferibilità
alta, in quanto:

è neutrale sotto il profilo dei costi fiscali previsti per le imposte dirette e soggetto a costi in
misura fissa per le imposte indirette;

è direzionato ad integrare (i) l’unitarietà di gestione del SII; (ii) maggiori livelli di efficacia ed
economicità; (iii) la riduzione della pluralità di compagini societarie nell'Ambito; (iv) la
riduzione dei costi funzionamento; (v) una specifica patrimonializzazione della società ed
efficientamento della gestione del servizio e dei beni (e reti);

consente di superare le eventuali criticità rispetto ai principi desumibili dalla Sentenza della
Corte sulla scorta del principio di conservazione degli effetti degli atti amministrativi e dei
relativi diritti quesiti.

Consente di prevenire problemi circa la determinazione del costo per la messa a
disposizione delle Infrastrutture di terzi, nell’ambito del nuovo sistema tariffario.
2. Scenario 2 (mantenimento delle Patrimoniali o loro integrazione per Ambito); in disparte al mero
mantenimento delle Patrimoniali, lo scenario si realizza mediante fusione per incorporazione tra
Patrimoniali o conferimento/cessione di ramo d’azienda in favore di una Patrimoniale di ambito, e
58
comporta una valutazione di preferibilità intermedia in relazione all’ipotese in cui venga attuato
mediante fusione per incorporazione o mediante conferimento/cessione di ramo di azienda.
Nel primo caso, infatti, l’attuazione dello scenario comporta:

l’irrilevanza dell’operazione sotto il profilo delle imposte dirette (nessuna rilevazione di plus o
minusvalenze), mentre ai fini della imposizione indiretta, l'operazione è soggetta al
pagamento delle imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa;

possibili profili di criticità con il nuovo metodo tariffario elaborato dall'AEEG;

l’aderenza alla sentenza della Corte, poiché non si creerebbero nuove società patrimoniali;
raggiungimento di maggiori livelli di efficacia ed economicità; riduzione pluralità compagini
societarie nell'Ambito; riduzione costi funzionamento;

possibile contrarietà a sentenza della Corte sotto il profilo del mantenimento in capo alla
società patrimoniale di beni che devono rimanere demaniali. Indipendentemente dalla
tipologia di scenario (2a o 2b) il rischio è rappresentato dalla necessità di mantenere un
equilibrio economico finanziario della società. Possibilità di canone oneroso pe rutilizzo beni
da parte dei gestori da valutarsi solo nell'ipotesi in cui la/le società abbia/no sosternuto costi
per acquisizione beni; rischio svalutazione economico delle immobilizzazioni iscritte in
bilancio; rischio mancanza flussi di cassa.
Nel secondo caso, invece, l’attuazione dello scenario comporta:

l’operazione di conferimento risulta neutrale dal lato della imposte dirette (nessuna
rilevazione di plus o minusvalenze), e sconta l’imposta di registro in misura fissa,
indipendentemente dai beni che compongono l’azienda conferita.

l’operazione di cessione rami di azienda dà luogo alla formazione di plusvalenze tassabili
(compreso il valore di avviamento), con facoltà di rateizzazione in 5 periodi d'imposta della
plusvalenza, se l'azienda è stata posseduta per più di 3 anni; la cessione d'azienda è inoltre
soggetta ad imposta di registro con aliquote proporzionali, in base alla tipologia di bene
trasferito;

possibili profili di criticità con il nuovo metodo tariffario elaborato dall'AEEG;

l’aderenza alla sentenza della Corte, poiché non si creerebbero nuove società patrimoniali;
raggiungimento di maggiori livelli di efficacia ed economicità; riduzione pluralità compagini
societarie nell'Ambito; riduzione costi funzionamento;

possibile contrarietà a sentenza della Corte sotto il profilo del mantenimento in capo alla
società patrimoniale di beni che devono rimanere demaniali. Indipendentemente dalla
tipologia di scenario (2a o 2b) il rischio è rappresentato dalla necessità di mantenere un
equilibrio economico finanziario della società. Possibilità di canone oneroso pe rutilizzo beni
da parte dei gestori da valutarsi solo nell'ipotesi in cui la/le società abbia/no sostenuto costi
per acquisizione beni; rischio svalutazione economico delle immobilizzazioni iscritte in
bilancio; rischio mancanza flussi di cassa.
59
3. Scenario 1 (scioglimento Patrimoniali e assegnazione beni agli Enti Locali); a prescindere
dall’attuazione mediante operazioni di scioglimento, riduzione di capitale o scorporo del ramo di
azienda (in caso di Patrimoniali “spurie”) comporta una valutazione di preferibilità bassa, in relazione
ai seguenti profili:

costi fiscali per l’eventuale trasferimento di beni mobili/immobili, sia dal lato della
imposizione diretta che della imposizione indiretta;

aderenza formale al disposto di cui all'art. 822 e ss. Cod. Civ. e all'art. 143 del D.Lgs.
152/2006 e all’interpretazione offerta dalla sentenza della Corte in quanto i beni idrici
demaniali sarebbero retrocessi ai soggetti che ne possono/devono essere titolari;

criticità nell'individuazione criteri di valutazione in assenza di criteri di mercato; necessità di
reperimento risorse per estinguere debiti sociali prima dell'assegnazione degli assets ai soci
(rischio fallimento); eventuale preclusione acquisto beni per mancato rispetto Patto di
stabilità interno; rischio di liquidazione in favore di una pluralità di piccole società
patrimoniali; divieto riassorbimento da parte degli EELL del personale eventualmente non
assunto dalla patrimoniale con modalità rispettose dei principi di evidenza pubblica;
eventuale preclusione riassorbimento personale per mancato rispetto Patto di stabilità.
B. Società di Gestione del servizio:
1. Scenario 6 (integrazione della Patrimoniale con il Gestore); da attuarsi mediante le operazioni di
fusione o, in alternativa, di scissione per incorporazione è soggetto ad una valutazione di preferibilità
alta, in quanto:

è neutrale sotto il profilo dei costi fiscali previsti per le imposte dirette e soggetto a costi in
misura fissa per le imposte indirette;

è direzionato ad integrare (i) l’unitarietà di gestione del SII; (ii) maggiori livelli di efficacia ed
economicità; (iii) la riduzione della pluralità di compagini societarie nell'Ambito; (iv) la
riduzione dei costi funzionamento; (v) una specifica patrimonializzazione della società ed
efficientamento della gestione del servizio e dei beni (e reti);

consente di superare le eventuali criticità rispetto ai principi desumibili dalla Sentenza della
Corte sulla scorta del principio di conservazione degli effetti degli atti amministrativi e dei
relativi diritti quesiti;

necessita della condizione che il Gestore sia interamente pubblico o meglio organizzato
nella forma di società in house.
2. Scenario 4 (assegnazione dei beni agli Enti Locali o alle Patrimoniali): si realizza mediante
conferimento/cessione di ramo d’azienda o dei singoli beni, in alternativa alle Patrimoniali o agli Enti
Locali e determina una valutazione di preferibilità intermedia in quanto comporta:

costi fiscali per eventuale trasferimento di beni mobili/immobili, sia dal lato della imposizione
diretta che della imposizione indiretta;

possibili profili di criticità con il nuovo metodo tariffario elaborato dall'AEEG;
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
aderenza formale al disposto di cui all'art. 822 e ss. Cod. Civ. e all'art. 143 del D.Lgs.
152/2006 e all’interpretazione offerta dalla sentenza della Corte in quanto i beni idrici
demaniali sarebbero retrocessi ai soggetti che ne possono/devono essere titolari;

criticità nell'individuazione criteri di valutazione in assenza di criteri di mercato; necessità di
reperimento risorse per estinguere debiti sociali prima dell'assegnazione degli assets ai soci
(rischio fallimento); eventuale preclusione acquisto beni per mancato rispetto Patto di
stabilità interno.
3. Scenario 5 (mantenimento dei beni in capo al Gestore del servizio); non prevede operazioni
societarie in quanto si realizza mediante il mantenimento dei beni in titolarità al Gestore, fatto salvo
l’obbligo di trasferirli agli Enti Locali o alle Patrimoniali al termine dell’affidamento. e determina una
valutazione di preferibilità bassa poiché non determina alcuno specifico profilo di apprezzabilità.
61
Allegato A: Classificazione degli scenari di riorganizzazione del servizio idrico in Lombardia
62
63
Allegato B: Classificazione dei beni del servizio idrico
Al fine di cercare di chiarire le principali differenze che sussistono nell’ampia e complessa categoria dei beni
del servizio idrico, viene proposta con il presente Allegato una sintetica classificazione di tali beni e ciò
anche alla luce delle considerazioni e delle problematiche emerse con la sentenza n. 320 del 2011 della
Corte costituzionale nonché del Parere.
La principale distinzione fra i beni del servizio idrico può essere tracciata sulla base di due criteri
i.
proprietà del bene: se la proprietà pubblica del bene è una caratteristica “necessaria” o “eventuale”
del bene medesimo;
ii.
inclusione nelle dotazioni strumentali del servizio idrico: se il bene deve essere incluso in via
necessaria o solo eventuale fra le dotazioni strumentali del servizio idrico, cioè se deve rientrare
necessariamente o eventualmente fra i beni nella disponibilità del gestore del servizio.
Sulla base di tale criterio i “Beni del servizio idrico” possono distinguersi nelle seguenti categorie:
A. Beni da includersi necessariamente fra le dotazioni strumentali al servizio idrico
B. Beni che possono eventualmente essere inclusi fra le dotazioni strumentali al servizio idrico
C. Beni del servizio idrico realizzati dalle società.
Di seguito si riporta l’elencazione delle casistiche identificate sulla base dei criteri sopra esposti:
A. Beni da includersi necessariamente fra le dotazioni strumentali al servizio idrico
1. Infrastrutture pubbliche da includersi necessariamente fra le dotazioni strumentali del servizio idrico.
Le caratteristiche di tali beni sono:
i.
proprietà pubblica del bene (in quanto appartenente al demanio necessario o eventuale);
ii.
inclusione necessaria nelle dotazioni strumentali del servizio idrico.
In riferimento a tali beni si rileva:

che la norma principale di riferimento è costituita dall’art. 143 D.Lgs. n. 152/2006: “acquedotti,
fognature, impianti di depurazione e altre infrastrutture idriche di proprietà pubblica fino al punto
di consegna e/o misurazione”;

che per tali beni la legge prevede la loro natura demaniale (precisamente al demanio eventuale,
in quanto il citato articolo specifica “se di proprietà degli enti locali”; ma, sulla base di una certa
ricostruzione della sentenza della Corte costituzionale n. 320 del 2011, potrebbe avanzarsi una
diversa tesi che fa derivare da questo articolo il carattere della necessaria proprietà pubblica dei
beni in questione, come per quelli di cui infra sub 2));

che per tali beni la legge prevedela loro concessione in uso gratuito al gestore da parte degli enti
locali (cfr. art. 153 D.Lgs. n. 152/2006).
2. Reti necessariamente pubbliche, da includersi necessariamente fra le dotazioni strumentali del
servizio idrico. Le caratteristiche di tali beni sono:
i.
“reti” e non tutte le infrastrutture;
ii.
proprietà del bene necessariamente pubblica;
64
iii.
inclusione necessaria nelle dotazioni strumentali del servizio idrico.
In riferimento a tali beni si rileva:

che la norma principale di riferimento è costituita dal previgente art. 4, comma 28, DL n.
138/2011 convertito in L n. 148/2011: “Ferma restando la proprietà pubblica delle reti, la loro
gestione può essere affidata a soggetti privati” (riproduce il comma 5, dell’Articolo 23-bis D.L. n.
112/2008 convertito in Legge n. 133/2008 e sue successive modifiche e integrazioni);

che per tali beni la legge prevedevala loro necessaria e obbligatoria “proprietà pubblica”;

che sussiste la questione circa i dubbi sulla identità o parziale diversità dei beni sub 1) e di
questi sub 2): la questione si pone in termini differenti a seconda dei vari servizi pubblici locali:
ad esempio, mentre per il servizio idrico integrato potrebbe sostenersi l’identità fra i beni sub 1) e
questi sub 2), conclusioni diverse potrebbero essere prospettate con riferimento ad altre
tipologie di servizi pubblici locali.
3. Altri Beni (pubblici o privati) da includersi necessariamente fra le dotazioni strumentali del servizio
idrico. Le caratteristiche di tali beni sono:
i.
proprietà pubblica o privata
ii.
inclusione necessaria nelle dotazioni strumentali del servizio idrico
In riferimento a tali beni si rileva:

che la norma principale di riferimento è costituita dal previgente art. 4, comma 29, DL n.
138/2011 convertito in L n. 148/2011: “beni strumentali e loro pertinenze necessari, in quanto
non duplicabili a costi socialmente sostenibili, per la prosecuzione del servizio”;

che per tali beni la legge prevedevala loro cessione dal gestore uscente al gestore subentrante
dietro pagamento di un indennizzo in caso di loro non completo ammortamento (cfr. art. 4,
commi 29, 30 e 31 DL n. 138/2011 convertito in L n. 148/2011);

che, pertanto, consegue, secondo la previgente normativa, la possibilità che tali beni siano in
proprietà del gestore del servizio (quindi non necessariamente di proprietà pubblica);

anche per questi beni sussiste la questione circa i dubbi sulla identità o possibile diversità dei
beni sub 1) e di questi sub 3).
B. Beni che possono eventualmente essere inclusi fra le dotazioni strumentali al servizio idrico
4. Altri Beni (pubblici o privati) da includersi “non” necessariamente e quindi solo eventualmente fra le
dotazioni strumentali del servizio idrico. Le caratteristiche di tali beni sono:
i.
proprietà pubblica o privata
ii.
inclusione “non” necessaria e quindi solo eventuale nelle dotazioni strumentali del servizio
idrico
In riferimento a tali beni si rileva quanto segue:

che la norma principale di riferimento è costituita, “a contrario”, dal previgente art. 4, commi 29
DL n. 138/2011 convertito in L n. 148/2011: beni strumentali e loro pertinenze che non possono
65
considerarsi come “necessari, in quanto non duplicabili a costi socialmente sostenibili, per la
prosecuzione del servizio”;

che la legge non prevedeva in modo espresso la loro cessione dal gestore uscente al gestore
subentrante, con conseguente necessità di una libera trattativa di mercato.
C. I beni del servizio idrico realizzati dalle società. Ulteriori distinzioni
Con riferimento ai beni che sono stati concretamente inclusi fra le dotazioni strumentali del servizio idrico,
realizzati dalle Società, patrimoniali o meno, che sono affidatarie della gestione dei beni e/o del servizio di
erogazione all’utenza (e che rientrano nelle tipologie di Società proprietarie dei beni inserite nelle categorie
di cui al precedente paragrafo 3, lett. A, sub [2], [3], [4] e [5]), le principali distinzione possono essere
tracciate sulla base dei seguenti criteri:

modalità di reperimento dei mezzi finanziari necessari per la realizzazione di tali beni;

coerenza fra i beni realizzati nel corso della gestione e le previsioni dello strumento di
programmazione;

modalità di iscrizione in bilancio.
Per quanto riguarda le modalità di reperimento dei mezzi finanziari necessari per la realizzazione dei beni
possono distinguersi nelle seguenti categorie:
5. Beni finanziati dalla tariffa, cioè realizzati con i proventi derivanti della tariffa del servizio;
6. Beni finanziati con contributi pubblici, cioè realizzati, in parte o totalmente, con contributi pubblici
comunitari, statali o regionali;
7. Beni finanziati con fonti diverse (dalla tariffa o dai contributi pubblici)
Per quanto riguarda la distinzione sulla base della coerenza fra i beni realizzati nel corso della gestione e le
previsioni dello strumento di programmazione approvato dall’Autorità di ambito territoriale ottimale o dell’ente
locale si possono distinguersi le seguenti categorie:
8. Beni previsti nel Programma degli interventi;
9. Beni non previsti nel Programma degli interventi;
I beni di cui sopra sub [8] e sub [9] si possono ovviamente poi distinguersi a seconda che rientrino anche
nelle categorie sopra delineate sub [5], [6] e [7]. Potranno quindi aversi (almeno in teoria):
10. Beni previsti nel Programma degli interventi realizzati con i proventi derivanti finanziamenti
provenienti dalla tariffa del servizio;
11. Beni non previsti nel Programma degli interventi realizzati con i proventi derivanti dalla tariffa del
servizio;
12. Beni previsti nel Programma degli interventi realizzati con contributi pubblici;
13. Beni non previsti nel Programma degli interventi realizzati con contributi pubblici;
14. Beni previsti nel Programma degli interventi realizzati con “autofinanziamento” (fonti proprie della
Società);
15. Beni non previsti nel Programma degli interventi realizzati con “autofinanziamento” (fonti proprie
della Società).
66
Per quanto attiene invece alla distinzione sulla base della iscrizione in bilancio dei beni, in quanto la titolarità,
o meno, della proprietà dei beni in capo alla Società, comporta una diversa modalità di iscrizione in bilancio
dei beni medesimi si propongono le seguenti categorie:
16. Beni iscritti fra le “immobilizzazioni materiali”: soltanto i beni di proprietà della Società devono essere
iscritti tra le “Immobilizzazioni materiali”, in quanto beni di proprietà della Società “destinati ad essere
utilizzati durevolmente” (art. 2424-bis, comma 1, del codice civile).
17. Beni iscritti fra i “Conti d’ordine dello Stato patrimoniale”: I beni di proprietà dell’ente locale (o di altro
soggetto compresa la società patrimoniale ex art. 113, comma 13, TUEL) concessi in uso al gestore
devono essere iscritti fra i “Conti d’ordine dello Stato patrimoniale”, in quanto beni – appunto – non di
proprietà della Società ma di proprietà di soggetti terzi.
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Scenari di riorganizzazione SII Lombardia