Paolucci, Signorini La storia in tasca. Dal Mille alla metà del Seicento © Zanichelli editore 2013
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Paolucci, Signorini
La storia in tasca
Dal Mille alla metà del Seicento
Volume 3
1. La rinascita dopo il Mille
2. L’età comunale
3. Difficili rapporti fra Chiesa, Impero, Comuni
Paolucci, Signorini La storia in tasca. Dal Mille alla metà del Seicento © Zanichelli editore 2013
Capitolo 1
La rinascita
dopo il Mille
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Aumenta la popolazione
A partire dall’VII secolo la
popolazione dell’Europa comincia
ad aumentare con la conseguente
espansione delle terre coltivate.
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Si sviluppano commerci e città
Nel corso dei secoli XI e XII i mercati urbani assunsero
un’importanza sempre maggiore e, in alcuni casi, si
trasformarono gradualmente in fiere locali o regionali.
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Le città marinare
Amalfi, Venezia, Genova, Pisa (collegata al Tirreno tramite il fiume Arno) si
dedicano al commercio marittimo, allestendo flotte e stabilendo scambi
commerciali regolari con l’Impero bizantino e con i lontani paesi d’oriente.
Furono così definite repubbliche marinare perché si resero indipendenti da
imperatori o feudatari e furono governate dai mercanti stessi.
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L’Europa si espande: le crociate
La Palestina, che comprendeva i
luoghi in cui Cristo nacque, visse e
morì, era per i cristiani la Terra
Santa, meta di pellegrinaggi devoti.
Verso la fine dell’XI secolo
Gerusalemme cadde nelle mani dei
turchi selgiuchidi, un popolo di
recente convertito all’Islam che,
dopo aver sconfitto l’esercito
bizantino,aveva conquistato la Siria
e la Palestina e minacciava
Costantinopoli.
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L’intervento del papa
Il papa Urbano II, allarmato dalle notizie che
giungevano da Bisanzio e dalla Palestina,
durante un concilio tenuto nel 1095 a
Clermont (Francia), invitò i principi europei a
prendere le armi per portare aiuto ai cristiani
d’oriente in difficoltà.
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I crociati conquistano Gerusalemme e fondano
dei regni in oriente
La prima crociata vera e propria partì nel 1069 sotto la
guida del duca Goffredo di Buglione. I crociati
impiegarono tre anni prima di giungere a Gerusalemme
conquistandola nel 1099, dopo un mese di assedio.
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Capitolo 2
L’età comunale
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La città medievale: centro di scambi, di
produzione, di cultura
Fra il 1050 e il 1100 quasi tutte le città d’Italia dovettero allargare la loro cerchia
di mura perché la popolazione urbana continuava ad aumentare. Le città erano
diventate il centro della vita economica. Con l’aumento degli scambi
commerciali anche il denaro divenne una merce che, come qualsiasi altra, si
poteva vendere e acquistare.
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Un governo autonomo per i Comuni medievali
Fra l’XI e il XII secolo il Sacro Romano Impero germanico si era molto
indebolito e anche i vescovi, privi dell’appoggio imperiale, faticavano a
governare le città. Perciò, a partire dalla fine del secolo XI, vari centri urbani
europei cominciarono a governarsi da sé, in modo del tutto autonomo, dandosi
leggi proprie e propri magistrati. Le nuove forme di governo presero il nome di
Comune.
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Differenze fra Comuni italiani e città europee
Rispetto a tutte le altre città europee, i Comuni dell’Italia centro-settentrionale
ebbero caratteristiche diverse. Nacquero per primi e, fin dall’inizio, esercitarono
grandi poteri: amministravano la giustizia, battevano moneta, riscuotevano
tasse, chiamavano i cittadini alle armi. Le città europee, invece, non furono mai
pienamente autonome e godettero solo dei diritti loro concessi
dal re o da un signore.
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Il governo consolare
In Italia, alla base della vita comunale era
l’assemblea cittadina, chiamata in vario modo
– arengo, parlamento, concione – e formata
dalla popolazione maschile in grado di
prestare servizio militare. Ne erano esclusi i
servi, le persone senza fissa dimora, i non
cristiani e tutte le donne. L’assemblea
eleggeva i consoli, ovvero coloro che
governavano effettivamente la città. Il console
apparteneva alle famiglie ricche che spesso
entravano in conflitto per affermare il loro
predominio.
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Il Comune popolare
Le più alte cariche di governo nei Comuni
erano ancora privilegio di una minoranza di
famiglie nobili o comunque ricche. Ma nuovi
gruppi di cittadini, definiti a quel tempo
«popolari», premevano per essere ammessi
al governo delle città. I gruppi popolari erano
costituiti in particolare da mercanti, banchieri,
artigiani, che si erano affermati
economicamente e socialmente e avevano
raggiunto ricchezza e prestigio.
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Il potere passa ai nuovi ricchi
Il potere politico delle città finì nelle mani di
alcune grandi famiglie di nuovi ricchi che
appartenevano alle arti più importanti (le arti
maggiori) ed erano, per lo più, banchieri
internazionali, grandi mercanti, padroni di
manifatture tessili, proprietari di case e di
terreni. Questi nuovi ricchi venivano chiamati
a Firenze il «popolo grasso».
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Nascono le signorie
Fra il XIII e il XIV secolo i Comuni non furono
più in grado di controllare i conflitti interni ed
esterni. Alle lotte fra le famiglie rivali si erano
aggiunti i contrasti fra popolari e aristocratici
e, più tardi, anche gli scontri fra sostenitori
dell’imperatore (ghibellini) e i loro avversari
politici (guelfi).
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Capitolo 3
Difficili rapporti fra
Chiesa, Impero,
Comuni
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Eresie e nuovi ordini religiosi all’interno della
Chiesa
Fra il XII ed il XIII secolo si diffusero in Europa nuovi movimenti
religiosi che criticavano il lusso e i comportamenti scandalosi da
parte del clero e sostenevano dottrine che la Chiesa riteneva in
contrasto con i dogmi. Esse contraddicevano cioè le verità della fede
a cui tutti i cristiani sono tenuti a credere. I seguaci di questi
movimenti furono accusati di eresia e subirono persecuzioni.
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I fondatori degli ordini mendicanti: San
Domenico e San Francesco
L’ordine domenicano fu fondato da un
sacerdote spagnolo, San Domenico di
Guzmán (1170 – 1221) ed ebbe come
suo obiettivo principale la predicazione
(in volgare) del Vangelo. L’ordine
francescano fu fondato da San
Francesco d’Assisi (1182 – 1226), il figlio
di un agiato mercante. Entrambi gli ordini
contribuirono alla lotta contro le eresie e
al rinnovamento spirituale della Chiesa.
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Il potere imperiale è debole
L’Italia settentrionale e centrale in cui si erano affermati i
Comuni, faceva parte, almeno di nome, del Sacro Romano
Impero germanico, fondato nel X secolo da Ottone di
Sassonia. I Comuni non negavano la legittimità dell’Impero
ma si comportavano come se esso non esistesse,
governandosi da sé in piena autonomia.
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Federico Barbarossa tenta di riaffermare
l’autorità
Federico Barbarossa cercò di ristabilire
la sua autorità su tutto il territorio
dell’Impero, Italia compresa. Prima però
volle dimostrare che egli agiva in piena
legittimità e secondo giustizia. Perciò
chiese l’intervento di quattro autorevoli
dottori dell’università di Bologna, che
erano allora i massimi conoscitori della
legge: essi riconobbero che soltanto
all’imperatore – e non i Comuni –
spettava il diritto di imporre tasse, di
battere moneta, di amministrare la
giustizia.
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Milano resiste all’imperatore e viene distrutta
Per Federico l’avversario più importante
e più temibile era il Comune di Milano.
La città aveva ingrandito il suo territorio a
spese dei Comuni vicini (Lodi, Cremona,
Pavia), destando con la sua crescente
potenza, invidie e timori. Federico seppe
abilmente approfittare delle rivalità
esistenti tra i Comuni, si alleò con i
nemici di Milano e strinse d’assedio la
città riducendola alla fame. Nel 1162
Milano, ormai esausta, fu costretta ad
arrendersi.
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I Comuni uniti nella lega lombarda sconfiggono
Barbarossa
Nel 1167 molti Comuni del Piemonte, della Lombardia, del Veneto, dell’Emilia
Romagna, si unirono in una alleanza militare chiamata lega lombarda. A fianco
della lega si schierò anche il papa, Alessandro III, contro il quale Federico
Barbarossa aveva fatto eleggere un papa rivale. Quando Barbarossa scese di
nuovo in Italia per punire i ribelli, l’esercito della lega gli inflisse a Legnano una
dura sconfitta. La pace venne conclusa nel 1183 a Costanza.
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Nuove lotte fra Impero, Chiesa e Comuni
Federico II, figlio di Enrico di Svevia e
Costanza d’Altavilla, rimase orfano a soli
4 anni e fu affidato al papa, Innocenzo
III, che era un forte sostenitore del potere
papale su quello imperiale. Morto
Innocenzo III, Federico II divenne
imperatore (1220) impegnandosi, in
cambio, a condurre una crociata in Terra
Santa. Ma la crociata fu risolta con
trattati e accordi diplomatici e il papa
Gregorio IX scomunicò Federico II che fu
accusato di eresia.
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Federico rafforza il Regno di Sicilia
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Federico II volle fare della
Sicilia una forte monarchia
sveva, perciò tolse ai signori (i
baroni) i privilegi e le terre che
avevano usurpato e concentrò
nelle sue mani tutti i poteri,
regnando per mezzo di
funzionari alle sue
dipendenze.
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Costituzioni melfitane
Federico II diede ai suoi sudditi, nel 1231, leggi valide per tutti,
dette costituzioni melfitane perché furono promulgate a Melfi, in
Basilicata. Inoltre, l’imperatore, favorì lo sviluppo della cultura
istituendo, tra l’altro, una università a Napoli (1224) e rinnovando a
Salerno un’antica scuola di medicina.
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Parte dei Comuni si schiera con l’imperatore,
parte col papa
Le pretese di Federico II
irritarono anche molti Comuni
dell’Italia settentrionale che, forti
dell’appoggio del papa, si
unirono in una nuova lega
imperiale. Altri Comuni, invece,
pur di danneggiare i loro rivali, si
allearono con l’imperatore. Si
ebbero così due schieramenti:
uno di Comuni fedeli al papa,
chiamati
guelfi;
l’altro
di
sostenitori dell’imperatore, detti
ghibellini.
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Gli Angioini succedono agli Svevi: l’Impero
sconfitto
Quando Federico II morì, nel
1250, il papa offrì il Regno di
Sicilia a Carlo d’Angiò, fratello
del potente re di Francia. Carlo
scese nella penisola sostenuto
dai guelfi italiani e sconfisse
l’esercito ghibellino nella
battaglia di Benevento (1266). In
questa battaglia morì anche
Manfredi, figlio e successore
dell’imperatore svevo.
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L’Italia meridionale è divisa fra Angioini e
Aragonesi
A differenza degli Svevi, dei
Normanni e degli Arabi che li
avevano preceduti, gli Angioini
governarono con durezza. Il
malgoverno angioino suscitò il
malcontento dei sudditi, soprattutto a
Palermo che Carlo d’Angiò aveva
privato del titolo di capitale
insediandosi a Napoli. Nel 1282,
scoppiò una rivolta antifrancese,
nata col nome di Vespri siciliani,
perché il popolo insorse al tramonto.
In aiuto degli insorti giunsero dalla
Spagna gli Aragonesi, una famiglia
imparentata con gli Svevi.
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