Regione Puglia Area Politiche per lo Sviluppo Rurale Servizio Agricoltura Le Agroenergie in Puglia potenzialità e prospettive REGIONE PUGLIA Area Politiche per lo Sviluppo Rurale Servizio Agricoltura Ufficio Innovazione e Conoscenza in Agricoltura Coordinamento: dott. Luigi Trotta dott.ssa Annamaria Cilardi Laboratorio di competenze: prof. Giuseppe dott. Biagio dott. Pierpaolo dott. Gianluca prof. Bernardo De Mastro Di Terlizzi Pallara Montel Fortunato Università degli Studi di Bari - Dip.to DSPV Istituto Agronomico Mediterraneo - CIHEAM INEA - Sede regionale per la Puglia Università degli Studi di Foggia - Dip.to PRIME Università degli Studi di Foggia - Dip.to DIMEG partecipazione di esperti del: CIHEAM - Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari Dip.to Scienze delle Produzioni Vegetali - Università degli Studi di Bari CRA-SCA - Unità di Ricerca per i Sistemi Colturali degli Ambienti caldo-aridi Dip.to Progettazione e Gestione dei Sistemi Agro-zootecnici e Forestali Università degli Studi di Bari Dip.to Scienze Agro-Ambientali, Chimica e Difesa Vegetale Università degli Studi di Foggia Dip.to Ingegneria dell'Innovazione Università degli Studi del Salento Ringraziamenti Si ringraziano i dott.ri Nicola Grassano, Claudia Ruta, Luigi Tedone e Leonardo Verdini del Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali dell’Università degli Studi di Bari per la preziosa collaborazione nella revisione dei testi, la cura redazionale, grafica e impaginazione. 2 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive PRESENTAZIONE Il sistema agricolo pugliese ha consolidato negli anni un ruolo di indiscusso protagonista nei mercati nazionale e internazionale, grazie alla quantità e alla qualità delle sue produzioni. Ma l’attuale momento storico induce a tener conto delle intense spinte competitive che interessano tutte quelle agricolture, quale quella pugliese, in grado di esprimere tipicità su volumi compatibili con i grandi mercati, ma a costi difficilmente comprimibili. La risposta a questa complessa ed ambiziosa sfida deve necessariamente ricorrere a strategie mirate e differenziate che da una parte mirino a qualificare ancora di più le produzioni agricole, a diffondere tecniche e tecnologie in grado di abbattere i costi, a diversificare le colture, ma che nel contempo puntino a migliorare la capacità di aggregazione delle nostre imprese, in modo da migliorarne i rapporti con il mercato. Sullo sfondo, l’emergenza energetica mondiale che coinvolge anche il nostro Paese, connessa alla domanda legata al rapido sviluppo di Paesi quali la Cina e l’India e al contestuale progressivo esaurimento delle fonti fossili, insieme alla necessità di orientare l’approvvigionamento delle fonti in senso rispettoso per l’ambiente, con l’inderogabile esigenza di contenere le emissioni di CO2 in atmosfera. L’esigenza di diversificazione di un settore economico fondamentale quale quello agricolo, dunque, e la produzione di energia a minor impatto ambientale, vengono ad incrociarsi nella molteplicità di funzioni oggi riconosciuta agli imprenditori agricoli, non più solo produttori di beni, ricchezza ed occupazione, ma anche di servizi di interesse comune, ed inoltre soggetti attivi nella tutela del territorio e delle sue risorse, quali patrimonio della collettività. Non c’è dubbio che, oggi più che mai, occorre avere verso le nuove opportunità offerte dalle agroenergie un approccio prudente, ragionato e documentato, nell’ottica di una loro reale sostenibilità. Nella consapevolezza dell’importanza strategica di tale tema per le aree agricole e rurali, è stata condotta un’attenta azione di accompagnamento a sostegno dello sviluppo delle fonti energetiche di origine agricola nel sistema agricolo della Puglia. In tal senso, si è reso necessario mappare la disponibilità di biomasse sul territorio pugliese, fondamentale nell’attuazione delle politiche, come supporto informativo agli imprenditori del settore agricolo e agro-industriale. A tale scopo, è stata realizzata la Banca dati regionale sul potenziale di biomasse agricole utili a fini energetici, che rende disponibili informazioni su ciascun Comune della Puglia, sulla potenzialità energetica che è possibile sviluppare da residui agricoli e forestali, da sanse esauste, da allevamenti, da colture dedicate. Nel 2007 è stato, inoltre, creato il Laboratorio per lo sviluppo delle agroenergie, che ha messo insieme competenze multidisciplinari di numerose Istituzioni pubbliche di Ricerca, oltre che delle rappresentanze del mondo agricolo. Il lavoro “Le agroenergie in Puglia. Potenzialità e prospettive” nelle sue due parti: “Analisi per la definizione di interventi per le filiere bioenergetiche regionali” ed “Esperienze pilota a sostegno dello sviluppo di filiere agroenergetiche in Puglia” condotta dal Laboratorio, approfondisce gli aspetti di carattere 3 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive agronomico, tecnologico e impiantistico delle principali filiere agroenergetiche, corredati da valutazioni di carattere socio-economico. Nell’ottica di un approccio coerente tra le Politiche agricole, energetiche ed ambientali, il Laboratorio ha sposato l’intento della Regione Puglia di voler contribuire ad individuare criteri con una valenza estensibile alle biomasse di qualsiasi origine prodotte a livello regionale, nazionale, comunitario o extra comunitario, tenendo ben saldo il concetto per cui l’utilizzo delle biomasse a scopo energetico deve essere sostenibile nella fase di coltivazione, trasformazione ed utilizzo. Percorso, questo, che ha trovato un riconoscimento della sua validità metodologica nella Direttiva 2009/28/CE, approvata negli ultimi mesi dal Parlamento Europeo, che ribadisce l’importanza di rispettare criteri di sostenibilità efficaci per le bioenergie e di promuovere la diffusione di biocarburanti di seconda generazione. Il lavoro finora svolto, grazie anche alla valorizzazione di competenze multidisciplinari che hanno collaborato in un’ottica di scenario regionale attraverso l’istituzione del Laboratorio, pone la Puglia tra le Regioni più pronte al recepimento della Direttiva. Tra l’altro, le specificità a livello dei singoli Stati membri riconosciuta dalla Direttiva impone un riesame delle emissioni tipiche di gas ad effetto serra derivanti dalle coltivazioni di materie prime agricole, con una classificazione comune per unità territoriali. Attività anche questa già avviata, con la produzione di dati riferiti ad alcune colture e comprensori agricoli regionali, così come richiesto nel quadro dei lavori di aggiornamento della Commissione europea. L’estensione di questo lavoro a livello regionale, e quindi su scala nazionale, rappresenta il percorso obbligato per rispondere ai criteri di sostenibilità per i biocarburanti ed i bioliquidi, che prevedono una riduzione minima delle emissioni di gas serra di almeno il 35% rispetto ai carburanti fossili, ma anche per attivare l’introduzione ed il funzionamento di regimi di sostegno e di altre misure, allo scopo di promuovere la produzione di energia da biomasse. L’obiettivo della Regione Puglia è quello di poter fornire un indirizzo per gli investimenti realizzabili dalle imprese agricole pugliesi, anche con il sostegno delle risorse del Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013. Tra le azioni più significative del PSR, quelle a sostegno della realizzazione di impianti per l’utilizzo di biomasse residuali per la produzione di energia ad esclusivo uso dell’azienda agricola o agroindustriale (Misure 121 e 123), quelle per supportare gli investimenti per la produzione di energia da destinare alla vendita a terzi, con un massimale di energia prodotta di 1 Megawatt (Misura 311) e quelle dedicate all’informazione e alla formazione per la creazione di nuove e adeguate competenze. Il conseguimento di tale obiettivo, a mio avviso, non può prescindere dalla realizzazione di programmi adeguati d’informazione, monitoraggio e messa in rete di tutte le attività imprenditoriali relative alle agroenergie, al fine di governare la promozione sostenibile dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili. Dario Stefàno Assessore alle Risorse Agroalimentari Regione Puglia 4 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Le Agroenergie in Puglia potenzialità e prospettive ppaarrttee pprriim maa Analisi per la definizione di interventi per le filiere bioenergetiche regionali 5 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive INDICE Pag. Introduzione 9 1. Filiera biodiesel 13 1.1. Il biodiesel nell’UE 13 1.2. La situazione in Italia ed in Puglia 17 1.3. Colture oleaginose 21 1.4. Aspetti agronomici – colture oleaginose per ambienti regionali 23 1.4.1. Colza - Brassica carinata 23 1.4.2. Girasole 28 1.4.3. Soia 29 1.4.4. Cartamo 30 1.5. Analisi energetica 30 1.6. Aspetti tecnologici 32 1.6.1. Estrazione olio vegetale 34 1.6.2. Processo di trans-esterificazione 38 1.6.3. Caratteristiche e utilizzi del biodiesel 39 1.6.4. Utilizzazione del biodiesel nei motori 42 1.6.5. L’impiantistica 43 2. Filiera oli vegetali 46 2.1. Aspetti generali 46 2.2. Caratteristiche e utilizzi degli oli vegetali 46 2.3. Studio di fattibilità economica di una centrale ad olio vegetale 49 3. Filiera bioetanolo 53 3.1. Il bioetanolo nell’UE 53 3.2. La situazione in Italia 56 3.3. Aspetti agronomici delle colture dedicate per la produzione di bioetanolo 57 3.4. Colture zuccherine 58 3.4.1. Barbabietola da zucchero 58 3.4.2. Sorgo zuccherino 59 3.4.3. Topinambur 60 3.5. Colture amidacee 60 3.5.1. Cereali 60 3.5.2. Cereali a paglia 61 3.5.3. Cereali primaverili estivi 61 3.6. Colture ligno-cellulosiche 62 3.6.1. Sorgo da fibra 62 3.6.2. Cardo 64 6 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive 3.6.3. Miscanto 64 3.6.4. Canna comune 65 3.7. Aspetti tecnologici 66 3.7.1. Estrazione da canna da zucchero 68 3.7.2. Estrazione da barbabietola da zucchero 69 3.7.3. Estrazione da mais 69 3.7.4. Etanolo da materiale lignocellulosico 71 3.7.5. Procedimento Steam Explosion 71 3.8. Caratteristiche e utilizzi del bioetanolo 4. Filiera biogas 72 74 4.1. Il biogas nell’UE 74 4.2. La situazione in Italia e in Puglia 78 4.3. Le materie prime 81 4.4. Aspetti tecnologici 84 4.4.1. Processo di digestione anaerobica 86 4.4.2. Caratteristiche e utilizzi del biogas 87 5. Aspetti socioeconomici 89 5.1. Premessa 89 5.2. Il quadro normativo 90 5.3. Il contesto pugliese 99 5.4. Potenzialità e limiti per lo sviluppo delle bionergie in Puglia 102 6. Metodologie per l’individuazione di indicatori per lo sviluppo sostenibile delle filiere agrienergetiche 7. Criteri per la produzione sostenibile della biomassa 106 117 7.1. Selezione di iniziative 118 7.2. Analisi e valutazione dei criteri proposti dalle iniziative selezionate 119 7.2.1. Emissione gas serra 119 7.2.2. Competizione con la produzione di alimenti 120 7.2.3. Biodiversità 120 7.2.4. Prosperità economica 121 7.2.5. Benessere sociale 121 7.2.6. Conclusioni 122 7.3. Identificazione ed elaborazione di un insieme di appropriati criteri di sostenibilità 122 7.3.1. Bilancio dell’emissione gas serra 122 7.3.2. Contenimento di impatti negativi a seguito del cambio d’uso del suolo 123 7.3.3. Condizione socio-economiche 123 7 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive 7.4. Linee di indirizzo regionale nell’applicazione dei criteri di sostenibilità per lo sviluppo delle filiere agroenergetiche 123 7.4.1. Tema: Contenimento delle emissioni di gas serra 124 7.4.2. Tema: Cambiamento dell’uso del suolo 124 7.4.3. Tema: Condizione socio-economiche 125 7.5. Evoluzione della normativa comunitaria e recepimento a livello regionale Bibliografia 126 129 8 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive INTRODUZIONE Attualmente una delle più promettenti prospettive per lo sviluppo rurale e per l’agricoltura è rappresentata dalla produzione di biomassa per scopi energetici (Hillring, 2002). Nei primi anni di crescita dell’interesse per le fonti energetiche rinnovabili, l’uso delle bioenergie era considerato tecnologicamente poco evoluto in confronto all’energia eolica e quella fotovoltaica. Gradatamente, nel tempo, le potenzialità d’impiego delle biomasse per usi energetici si sono allineate e per alcuni aspetti sono divenute anche superiori ad altre fonti di energia rinnovabile. Questo al punto da registrare nel mondo agricolo un livello di accettazione dell’introduzione di colture energetiche senza uguali nel tempo. Le ragioni di questo imprevedibile riscontro sono da ricercare in primo luogo nella profonda crisi che attanaglia l’agricoltura nell’Unione Europea ormai da decadi e nelle prospettive di taglio del supporto pubblico alle produzioni agricole che inducono forti pressioni verso un adattamento all’emergente futuro orientamento dei mercati. Una seconda ragione è individuabile negli strumenti oggi disponibili a sostegno dello uso delle bioenergie in agricoltura. In particolare, a livello europeo e nazionale, le politiche inerenti l’energia rinnovabile prevedono una serie di incentivazioni finanziarie, specialmente a supporto di specifici programmi, sgravi fiscali, garantendo buoni livelli remunerativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Terzo elemento a favore della diffusione delle bioenergie è rappresentato dalla perfetta integrazione con l’orientamento produttivo specifico dell’identità dell’imprenditore agricolo (Burton and Wilson, 2006), il quale chiede di essere pagato per “prodotti” e non per “ideali”. Molti agricoltori, infatti, attribuiscono alla politica del ritiro delle terre dalla coltivazione un valore ideale non tangibile in quanto non si esplicita in un processo produttivo (Bartlett et al., 1989). Mentre, le biomasse, per quanto rispondenti a valori ambientali, sociali, ecc., sono ottenibili da un processo produttivo ed hanno un loro mercato e questo sembra soddisfare a pieno quella che è la vera natura dell’imprenditore agricolo. In questo contesto le bioenergie offrono nuove prospettive per il futuro: ogni segnale di incremento di prezzo del petrolio sottolinea la necessità di delineare un percorso energetico sostenibile e duraturo ed in questo le agroenergie possono contribuire in maniera significativa ad incrementare la quota di energia rinnovabile a disposizione della nostra società. L’utilizzo di bioenergie porterà sicuramente beneficio alle aree rurali, specialmente come sviluppo economico e contributo alla creazione di nuovi sbocchi occupazionali ed investimenti (Domac, 2002; Sims, 2003). La stima del beneficio che ne può derivare dallo sviluppo delle filiere appare, in generale, influenzato dal livello di scala a cui sono riconducibili. 9 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Impianti per la produzione di biocarburanti liquidi sembrano trovare maggiore convenienza in tipologie centralizzate, situate in aree industriali, preferibilmente vicino a scali portuali per favorire un approvvigionamento di materia prima anche da altre aree di produzione. In queste circostanze le aree rurali locali divengono partecipi di questo sviluppo solo come parziali fornitori di materia prima e di conseguenza il beneficio che ne può derivare potrebbe anche risultare di modesta entità. La situazione appare del tutto differente quando entra nel merito della valutazione di impianti decentralizzati a livello di aziende singole o in forma aggregata. Tipologie di questo tipo sono principalmente riconducibili, sulla base di esperienze europee e nazionali, ad impianti per la produzione di biogas con una potenza di 1 megawatt (MW), spesso proponibili anche a livello di singola azienda. Impianti questi che possono essere alimentati con letame, residui colturali o biomasse ottenute da colture dedicate, in prevalenza cereali. Il beneficio che ne deriva in queste circostanze è che l’imprenditore agricolo acquisisce direttamente parte del valore aggiunto della biomassa prodotta e della conversione in energia. Quindi per quanto la produzione di biomassa per usi energetici costituisce una innovazione, che trova limitate riserve da parte del mondo agricolo, è opportuno precisare che le biomasse di per se non appaiono pienamente sostenibili. La complessità di implicazioni ecologiche, economiche e di impatto sociale richiedono valutazioni e definizioni più puntuali rispetto alle differenti produzioni di biomasse ed alle tecnologie di processo e conversione. Dal punto di vista delle biomasse, numerose sono le specie annuali o perenni che possono essere coltivate specificatamente per la produzione di energia sottoforma solida, liquida o gassosa, così come numerose sono le colture a destinazione alimentare che producono una quantità di residui colturali utilizzabili per la produzione di energia (residui di potatura, paglie, stocchi, ecc.). Nell’ambito delle principali colture presenti a livello europeo molte, a prevalente destinazione alimentare, trovano attualmente un uso a scopi energetici, mentre altre in base ai più recenti dati riportati in letteratura manifestano buone potenzialità. Una possibile classificazione delle colture energetiche ci riconduce a quattro categorie principali: colture oleaginose: quali colza, girasole, soia, lino, canapa, cartamo, ricino, senape, brassica carinata, brassica juncea, olivo, arachide. L’olio ottenuto da queste colture può essere utilizzato tal quale come combustibile o attraverso un processo di transesterificazione come biodiesel. All’interno di questa categoria è opportuna una ulteriore distinzione in colture degli ambienti temperati come colza, lino, senape e canapa ed altre più adatta a condizioni climatiche tipiche del bacino del mediterraneo, come girasole, cartamo, ricino, olivo, brassica carinata, brassica juncea, arachide; cereali: quali frumento, orzo, triticale, avena, segale, mais e sorgo da cui è possibile a partire dalla granella ricca in carboidrati produrre etanolo e dai residui colturali biocarburanti solidi. 10 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Inoltre, un utilizzo integrale di alcune colture cerealicole raccolte a maturazione cerosa ed insilate consentono la produzione, attraverso un processo di digestione anaerobica, di biocombustibile gassoso sotto forma di metano. Anche in questo caso è necessaria la distinzione di tipologia classica in cereali macrotermi e microtermi con diversi livelli di adattamento agli ambienti del nord e sud Europa. Attualmente, in Europa, la principale fonte energetica derivante dalle attività agricole è costituita dalla paglia di cereali; colture saccarifere: quali barbabietola da zucchero, topinambur, cicoria. A partire dallo zucchero estratto da queste colture è possibile attraverso un processo di fermentazione produrre direttamente etanolo. Il biotenalo tal quale è utilizzato per l’autotrazione in Brasile e negli Stati Uniti o in miscela con altri carburanti. In generale trattasi di colture primaverili ma che possono trovare nelle condizioni del sud Europa una collocazione in un ciclo colturale autunno-vernino beneficiando della maggiore concentrazione di precipitazioni in questo periodo ed evitando le elevate temperature e le condizioni di siccità del periodo primaverile estivo; colture da biomassa solida: quali cardo, sorgo, kenaf, miscanto, panico e specie arboree quali eucalipto e robinia. Queste colture possono essere utilizzate direttamente tramite combustione od indirettamente tramite conversione in carburante per la produzione di calore o elettricità. Nonostante il tentativo di classificazione delle colture da energia talvolta è possibile che la stessa specie possa essere utilizzata per diverse destinazioni energetiche, situazione che verrà ulteriormente esaltata dallo sviluppo di tecniche di produzione dei “biocarburanti di seconda generazione” dove attraverso processi enzimatici sarà possibile convertire le biomasse lignocellulosiche in etanolo. Le biomasse rappresentano una parziale risposta alle problematiche citate, visto che esse sono annoverate tra le energie rinnovabili. Infatti, come ben noto, biomassa è un termine che riunisce una grande quantità di materiali di natura estremamente eterogenea. Recentemente la legislazione italiana, attraverso il D.lgs 29 dicembre 2003, n. 387, definisce le biomasse come: “la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali ed animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali ed urbani”. In termini scientifici, la parola biomasse include ogni tipo di materiale di origine biologica, quindi legato alla chimica del carbonio, che deriva direttamente o indirettamente dalla fotosintesi clorofilliana. Durante i processi di valorizzazione energetica della biomassa si estrae l’energia (spesso chiamata “bioenergia” per evidenziare l’origine da biomassa) contenuta nei legami chimici dei carboidrati ed il carbonio ottenuto si lega all’ossigeno atmosferico per produrre biossido di carbonio CO2, che potrà nuovamente dar origine ad un processo di fotosintesi. 11 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive In quest’ottica possiamo comprendere perché le tecnologie legate alla produzione di energia dalle biomasse vengono considerate “esenti” da emissioni di CO2. Infatti, al momento dell'utilizzo della biomassa a fini energetici, la quantità di anidride carbonica rilasciata è quasi pari a quella assorbita dalla biomassa durante la crescita e quindi non vi è alcun contributo all'aumento della concentrazione di CO2 in atmosfera. Impiegare biomasse per produrre energia costituisce una realtà a livello mondiale; in particolare oggi grande interesse presentano le filiere energetiche, che partendo dal prodotto agricolo arrivano fino al prodotto finale che si in tende ottenere. 12 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive 1. FILIERA BIODIESEL Un esempio concreto di filiera è quella nota come “Filiera del Biodiesel”, che sta assumendo importanza mondiale, visto gli sviluppi futuri previsti da questo biocombustibile nei diversi piani energetici sviluppati dalle varie nazioni e dagli accordi presi per il contenimento dell’inquinamento ambientale e per la riduzione dell’uso dei combustibili di origine fossile. Per “Filiera del Biodiesel” è da intende tutta l’attività svolta dai diversi attori interessati riguardante la produzione di combustibile di origine vegetale (biodiesel), partendo da colture dedicate e finendo al prodotto finale attraverso una serie di interventi chimico-fisici che rendono il prodotto finale di caratteristiche molto simili a quelle del gasolio da idrocarburi normalmente in commercio. Da tale filiera, oltre ad ottenere come prodotto finale il biodiesel, si ricavano anche, come prodotti di lavorazioni intermedie, farina che è possibile utilizzare come mangime per animali o per nuove destinazioni d’uso e la glicerina, molto utile nel settore chimico-farmaceutico. Il biodiesel è un prodotto naturale, utilizzabile come carburante in autotrazione e come combustibile nel riscaldamento; esso garantisce un rendimento energetico pari a quello dei carburanti per autotrazione. Si ottiene grezzo dalla spremitura di semi oleaginosi di colza, soia, girasole o di altre piante simili e viene raffinato tramite un processo di transesterificazione per renderlo compatibile con gli attuali combustibili per autotrazione . E’ rinnovabile, in quanto ottenuto dalla coltivazione di piante oleaginose, ed è biodegradabile per il 98% in un periodo di 28 giorni, mentre i carburanti attualmente più diffusi permangono molto a lungo e presentano una biodegradabilità che non va oltre il 20-30%. Tale biocombustibile, che presenta il grande vantaggio di ridurre notevolmente l’inquinamento da particolato e da zolfo, si può praticamente ottenere da tutti gli oli vegetali ed è quindi una soluzione al problema dell’eccesso di offerta di prodotti alimentari delle colture massive, specie quelle cerealicole, che ancora oggi vengono vendute agli stessi prezzi di molti anni fa. La filiera pertanto comporta diversi aspetti, da quelli agronomici a quelli meccanici relativi ai processi di produzione dell’olio derivante da colture oleaginose, a quelli chimici, energetici ed economici, che sono analizzati di seguito. 1.1. Il biodiesel nell’UE L'Unione Europea è oggi il maggior produttore mondiale di biodiesel. Nel 2008, la produzione di biodiesel nell’U.E. si è attestata sui 7.755 milioni di tonnellate, circa il 75-80% della produzione mondiale (tab. 1). 13 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Tabella 1 - Produzione di biodiesel nell'UE-27. Paesi AT BE CY CZ DE DK/SE EE EL ES FI FR HU IE IT LT LU LV MT NL PL PT SI SK UK BG RO EU-27 Austria Belgio Cipro Repubblica Ceca Germania Danimarca/Svezia Estonia Grecia Spagna Finlandia Francia Ungheria Irlanda Italia Lituania Lussemburgo Lettonia Malta Olanda Polonia Portogallo Slovenia Slovacchia Regno Unito Bulgaria Romania Europa 27 Produzione [Mt/anno] 213 277 9 104 2.819 231 0 107 207 85 1.815 105 24 595 66 0 30 1 101 275 268 9 146 192 11 65 7.755 Fonte: European Biodiesel Board (EBB). Il 36% del biodiesel nell’U.E. è oggi prodotto in Germania che totalizza poco meno di 3 miliardi di litri nel 2008. La Germania è seguita dalla Francia e dall’Italia, i tre Paesi contribuiscono al 70% della produzione dell’UE. I produttori in Francia e in Italia (allo stesso modo che in Svezia e nella Repubblica Ceca) devono tuttavia fare i conti con dei contingenti di produzione annua di biodiesel esenti da accise. Al quarto posto, più o meno a pari merito, troviamo Belgio, Polonia e Portogallo con produzioni di circa 270 Mt. Seguono la Danimarca-Svezia, l’Austria, la Spagna, il Regno Unito, la Slovacchia, la Grecia, l’Ungheria, la Repubblica Ceca e l’Olanda con una produzione superiori alle Mt. La produzione di biodiesel in Europa (tab.2) è aumentata sensibilmente nel corso degli ultimi dieci anni per attestarsi su una produzione di oltre 7.700 Mt nel 2008, cioè un aumento medio del +37% all’anno tra il 1992 e il 2008. 14 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Tabella 2 - Evoluzione della produzione di biodiesel nell'UE-27. Anno Produzione Incremento [Mt/anno] [PJ/anno] [%/anno] 1992 62 2 - 1993 90 3 45% 1994 169 6 88% 1995 315 10 87% 1996 490 16 55% 1997 535 18 9% 1998 439 15 -18% 1999 529 17 21% 2000 766 25 45% 2001 1182 39 54% 2002 1359 45 15% 2003 1693 56 25% 2004 2134 70 26% 2005 3555 118 67% 2006 5507 182 55% 2007 5713 190 17% 2008 7755 259 36% 2009 - - - Fonte: European Biodiesel Board (EBB). Il costante aumento della produzione di biodiesel di quest’ultimi anni in Europa ha visto inevitabilmente una crescita delle superfici dedicate alla coltivazione di colture energetiche. Mentre abbastanza controtendenza è la situazione in Italia dove non si registrano adeguate superfici capaci di far fronte, anche in parte alla produzione domestica di biodiesel (tab. 3). Circa il 75% del biodiesel prodotto deriva dal colza (circa il 20% del colza coltivato nell’UE è utilizzato per la produzione di biodiesel) e il 20% dal girasole. Differente è invece la situazione negli Stati Uniti, dove il biodiesel è prodotto principalmente dalla soia. 15 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Tabella 3 – Europa: superfici interessate alle colture oleaginose (x 1000 ha). 2006 2007 Variazioni (%) Francia 2095,7 2148,0 2,5 Germania 1462,0 1568,3 7,3 Romania 1261,9 1164,6 -7,7 Ungheria 712,1 758,8 6,6 Regno Unito 575,0 681,0 18,4 Bulgaria 766,4 656,5 -14,3 Spagna 628,6 618,4 -1,6 Repubblica Ceca 349,0 369,5 5,9 Italia 326,0 267,1 -18,1 Slovacchia 243,4 226,4 -7,0 Danimarca 125,4 179,2 42,9 Lituania 150,8 174,4 15,6 Lettonia 83,2 99,2 19,2 Austria 102,2 95,1 -6,9 Finlandia 106,9 89,5 -16,3 Svezia 82,6 83,3 0,8 Estonia 62,5 74,0 18,4 Belgio 9,6 10,8 12,2 Portogallo 7,8 9,0 15,4 Irlanda 5,1 8,2 60,8 Slovenia 3,2 5,7 78,1 Lussemburgo 4,8 5,4 12,8 Olanda 3,4 4,0 17,6 Polonia 4,9 3,6 -27,1 PAESI Fonte: FAOSTAT E’ comunque da evidenziare la sostanziale insufficienza complessiva della UE in termini di capacità di autoapprovvigionamento di semi oleosi e - conseguentemente - di oli vegetali per la produzione di biodiesel. L’attuale maggior produttore europeo di biodiesel è la Società francese Diester, che ha iniziato la propria attività nel 1993 e possiede diversi stabilimenti, con una capacità produttiva complessiva pari a circa 2.000.000 t/anno nel 2008. Gli altri principali produttori sono il gruppo 16 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive ADM (Archer Daniels Midland Company) tedesco e altre società svizzere, italiane, spagnole e del Regno Unito (tab. 4 ). Tabella 4 - Capacità produttiva dei principali produttori di biodiesel in Europa. Paese Capacità produttiva (t/anno) Francia 2.000.000 ADM Biodiesel Germania 1.000.000 Biopetrol Industries Svizzera 750.000 Verbio Germania 450.000 Cargill Germania 370.000* Italia 365.000 Bioenergetica Extremena Spagna 320.000 Acciona Energía Spagna 270.000 Germania 260.000 Regno Unito 250.000 Italia 250.000 Germania 250.000 Produttore Diester Industrie Ital Greenoil Gate Biofuels Corporation Novaol Srl Natural Energy West *Comprende la capacità produttiva dell'impianto di Wittenberg (120.000 tonnellate), che è di proprietà congiunta di Cargill e Agravis. Fonte: EurObserv’ER - Biofuels Barometer, 2008 La situazione è comunque in rapida evoluzione perché tutti i principali operatori del settore stanno attualmente potenziando i propri impianti e realizzandone di nuovi per rispondere al prevedibile aumento della richiesta di biodiesel conseguente all’applicazione della Direttiva Europea n. 30/2003, mentre continuano ad affacciarsi sul mercato sempre nuovi produttori. Tra le case costruttrice di impianti biodiesel l’AGERATEC, di origine svedese, produce impianti di diversa taglia e negli ultimi anni ne ha commercializzati una sessantina circa. 1.2. La situazione in Italia e in Puglia Dopo il triennio 2004-2006 dove si intravedeva una crescita, se pur limitata, delle superfici destinate alla coltivazione di colture energetiche, si è registrata una certa tendenza alla diminuzione delle superfici destinate alle principali colture oleaginose (soia, girasole e colza), causa questa da attribuire all’aumento del prezzo del frumento (tab. 5). Nonostante la diminuzione in senso generale degli ettari dedicati alle colture energetiche, la superficie investita a colza è stata invece superiore di circa 5.500 nel 2008, in lieve crescita rispetto all’anno precedente, anche se la produzione rappresenta una frazione assai ridotta del totale della produzione di oleaginose. 17 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive La soia e il girasole invece hanno subito un incremento delle superfici fino al 2006 per poi far registrare una tendenza alla contrazione. Tabella 5 – Italia: superfici coltivate, produzioni e rese delle principali colture oleaginose (2004-2008). Produzione areica Produzione totale (t ha-1) (t) Superficie (ha) Anno Soia Girasole Colza 2004 150.368 124.005 2.872 2005 152.331 129.331 3.478 2006 172.021 143.580 3.531 2007 130.335 126.475 7.065 2008 107.795 114.482 12.553 2004 530.493 278.326 5.303 2005 555.664 294.665 6.195 2006 545.191 312.197 6.081 2007 408.701 282.001 15.245 2008 353.761 260.927 33.069 2004 3,53 2,24 1,85 2005 3,65 2,28 1,78 2006 3,17 2,17 1,72 2007 3,13 2,19 2,06 2008 3,21 2,28 2,60 Fonte: ISTAT Passando ad un lettura della Puglia, si evidenzia un diffuso decremento – se non annullamento – delle superfici dedicate alle colture oleaginose (tab. 6). Ad eccezione della soia, dalla storica modestissima diffusione nella sola provincia di Bari, le modificazioni intervenute per colza e girasole sono decisamente cospicue. Sono difatti scomparsi più di 6.000 ha di colza, concentranti prevalentemente nel leccese, e di 12.000 ha di girasole, fortemente diffusi in provincia di Foggia. Il fenomeno è da attribuirsi ragionevolmente alla eliminazione del sostegno diretto alle colture oleaginose in attuazione della riforma della PAC. 18 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Tabella 6 – Evoluzione delle superfici regionali destinate a colture oleaginose nel periodo 2000-2008. Coltura Provincia 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 Foggia 100 100 100 50 0 0 0 0 0 -100,0 1.078 753 544 24 0 0 0 0 0 -100,0 Taranto 380 320 220 175 165 140 130 120 100 -73,7 Brindisi 860 400 100 0 0 0 0 0 0 -100,0 25 0 0 0 0 0 0 -100,0 Bari Colza Lecce 4.050 4.000 Foggia 7.799 4.500 3.000 3.000 2.000 1.500 1.400 1.300 1.200 Bari Girasole Taranto Soia Variazione (%) -84,6 65 60 55 40 16 5 5 5 5 -92,3 120 80 50 42 35 25 25 30 40 -66,7 Brindisi 1.290 1.200 700 0 0 0 0 0 0 -100,0 Lecce 4.270 3.950 39 0 0 0 50 0 100 -97,7 Foggia 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0,0 Bari 30 25 25 28 0 0 5 5 5 -83,3 Taranto 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0,0 Brindisi 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0,0 Lecce 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0,0 Fonte: ISTAT In Italia, la legge n. 81 dell’11 marzo 2006 ha recepito la direttiva comunitaria n. 30/2003 relativa all’incentivazione dell’impiego di biocarburanti nei trasporti ed interventi nel settore agroenergetico. La sua attuazione mediante l’emissione di appositi decreti dovrebbe perseguire un percorso conforme agli obiettivi di sviluppo delle filiere agro-energetiche e in base alla disponibilità di materia prima fissata nelle intese di filiera. A tal proposito è opportuno ricordare la sottoscrizione del primo contratto quadro nazionale sui biocarburanti di origine agricola tra il mondo agricolo rappresentato dalle organizzazioni professionali e Unione Seminativi e sul versante industriale da Assitol, Assobiodiesel e Assocostieri. Tale accordo ha previsto, a fronte di un fabbisogno sempre crescente, la determinazione di obiettivi minimi di coltivazione per le diverse annate e superfici crescenti ma sempre al di sotto dell’investimento richiesto dalla legge 81. Alla luce delle esperienze precedenti, tali previsioni necessitano di cautela a meno di garantire opportune politiche di sviluppo delle filiere agroenergetiche tali da consentire un’adeguata remunerazione di mercato per i produttori ed un adeguato flusso di materia prima per l’industria, stabilizzato nella quantità e nei parametri qualitativi. Allo stato attuale, a parte il disorientamento derivante dall’inaspettato innalzamento del prezzo del frumento, nell’ambito dell’accordo quadro il prezzo di riferimento del seme delle oleaginose 19 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive (girasole e colza), prezzo minimo garantito franco partenza al centro di raccolta o azienda agricola equivalente, viene calcolato in base al 42% del prezzo dell’olio grezzo any origin, dapprima fissato con riferimento alla quotazione del mercato a termine di Rotterdam, successivamente rivisitato sulla base delle quotazione del mercato a termine di Parigi (Matif). Relativamente alla presenza di impianti industriali in Italia attualmente ne operano 18, con una capacità produttiva di che oscilla intorno ai 2.7 milioni i tonnellate annue. La capacità individuale dei singoli impianti varia fortemente: da 50 mila tonnellate ad oltre 350 mila (tab. 7). Tabella 7 – Impianti presente sul territorio nazionale. Impianti per la produzione di biodiesel Località impianti Capacità produttiva (t) Rovigo 50000 BIO-VE-OIL OLIMPO SRL Corato (BA) 100000 CAFFARO BIOFUEL SRL Torviscosa (UD) 60000 CAFFARO BIOFUEL SRL Torviscosa (UD) 100000 Vicenza (VI) 150000 Castenedolo (BS) 120000 DP LUBRIFICANTI SRL Aprilia (LT) 155520 ECOIL SRL Priolo (SR) 200000 Nola Marigliano (NA) 70000 Vasto (CH) 131370 Monopoli (BA) 120000 ITAL GREEN OIL San Pietro di Marubio (VR) 360000 GDR BIOCARBURANTI Cernusco sul Naviglio (MI) 50000 MYTHEN SPA Ferrandina (MT) 200000 NOVAOL SRL Livorno (LI) 250000 NOVAOL SRL Ravenna (RA) 200000 OIL.B SRL Solbiate Olona (VA) 200000 OXEM Mezzana Bigli (PV) 200000 ALCHEMIA ITALIA SRL CEREAL DOCKS SRL COMLUBE SRL FOREDBIO SPA FOX PETROLI SPA ITAL BIOIL SRL Totale 2716890 In Puglia, già da svariati anni, la produzione di biodiesel rappresenta una realtà. La società “Ital Bi Oil Srl”, con sede in Monopoli (Ba), su una superficie di 100.000 mq, è impegnata nella produzione di olio di oliva, oli di semi, di energia elettrica da biomasse e biodiesel poggiando su impianti tecnologicamente all’avanguardia. È da ricordare che l’impianto per la produzione di biodiesel di Monopoli è stato il primo in assoluto in Italia. L’impianto di Monopoli è attivo sin dalla metà degli anni 90 ed opera con materie prime sia nazionali sia importate; il biodiesel 20 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive prodotto non viene destinato al mercato italiano, ancora alquanto ingessato, ma esportato, soprattutto in Germania. L’impianto di Corato (Ba), della società “Bio-Ve-Oil Olimpo Srl”, con una capacità produttiva di 100 mila tonnellate è stato appena ultimato e a breve dovrebbe andare in produzione. In entrambi i casi non vi sono testimonianze di accordi di filiera rispetto ad un approvvigionamento di semi oleosi prodotti in loco. 1.3. Colture oleaginose Sicuramente il biodiesel è il più rappresentativo dei biocombustibili a base di oli vegetali. E’ il biocarburante che possiede proprietà di combustione più simili a quelle del gasolio per autotrazione, ottenuto per distillazione frazionata del petrolio grezzo e può sostituirlo nella maggior parte dei suoi impieghi. I combustibili a base di oli vegetali derivano principalmente da colza, ma anche da girasole e soia, mentre molte altre specie oleaginose presentano requisiti idonei ad un loro utilizzo nel settore energetico. Numerosi sono infatti gli studi condotti per valutare l’applicazione energetica di colture di consolidata tradizione in quanto a destinazione alimentare ed altre di nuova introduzione. In Europa girasole, colza e soia hanno raggiunto livelli produttivi tali da trovare una concreta possibilità di coltivazione per usi energetici (fig. 1). Anche se gli stessi mostrano, come normale che sia, una elevata variabilità temporale e spaziale, dovuta all’alternasi di annate più o meno favorevoli, dalla diffusione delle colture in ambienti produttivi dotati di diversa vocazionalità e dalla disparità di approccio tecnico gestionale delle coltivazioni. Figura 1 – Andamento delle produzioni delle principali colture oleaginose in Europa. 21 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Nonostante ciò sembrerebbe confermata, sulla base delle statistiche, una superiorità elettiva del colza come coltura da biodiesel in ambiente europeo. Infatti, circa il 73% della produzione di olio vegetale è ottenuta da colza mentre appena il 18% da girasole. Potrebbe quindi apparire abbastanza scontato individuare in queste due colture le più promettenti per uno sviluppo delle colture da biodiesel in Europa. In realtà, trattandosi di specie già tradizionalmente praticate come colture alimentari, il loro inserimento in ambiente europeo risponde prevalentemente a consistenti incrementi delle superfici ad esse dedicate, in ambienti di per loro più vocati, e a timidi tentativi di riprese delle colture in realtà agricole, ai limiti degli areali più idonei per la loro coltivazione. Non peraltro, i maggiori produttori di olio di colza sono Germania, Francia, Gran Bretagna e Polonia, mentre per il girasole abbiamo Francia ed Ungheria, seguite a distanza da Spagna ed Italia (tab. 8). Tabella 8 – EU27: produzione semi oleosi 2007. Colture Austria Belgio Bulgaria Cipro Danimarca Estonia Finlandia Francia Germania Grecia Irlanda Italia 102 4554 1376 0 1 0 6033 1 5321 51 75 0 0 5448 4 6 19 0 27 0 56 0 32 0 0 0 0 32 442 15 271 6 21 0 755 Lettonia Lituania (x 1000 t) Soia Colza Girasole Lino Cotone Altri Totale 51 145 60 0 0 0 255 Colture Lussemburgo Soia Colza Girasole Lino Cotone Altri Totale 0 18 0 1 0 0 19 0 38 0 132 0 0 170 0 93 564 0 0 0 658 0 0 0 0 0 0 0 0 596 0 3 0 0 600 Malta Olanda Polonia Portogallo 0 0 0 0 0 0 0 0 13 0 0 0 1 14 1 2130 6 3 0 0 2139 0 0 17 0 3 0 19 0 134 0 0 0 0 134 0 114 0 0 0 0 114 Regno Unito Rep. Ceca Romania Slovacchia Slovenia Spagna 0 2108 0 4 0 0 2112 (x 1000 t) 13 1032 52 1 0 0 1098 136 362 547 0 0 0 1045 11 321 133 0 0 0 465 0 15 0 0 0 0 15 1 33 703 1 21 0 759 0 197 0 0 0 0 197 Svezia Ungheria 0 216 0 1 0 0 217 47 498 1032 0 0 0 1578 0 312 0 0 0 0 312 EU-27 810 18301 4831 229 72 1 24243 Fonte: FAOSTAT Questa scenario mette in evidenza, soprattutto per gli ambienti più a sud della Unione Europea, la necessità di un approccio cauto e meditato nella individuazione di colture dedicate per lo sviluppo della filiera biodiesel. 22 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive 1.4. Aspetti agronomici – colture oleaginose per ambienti regionali 1.4.1. Colza – Brassica carinata Pur confermando la superiorità del colza come coltura più rappresentativa per la produzione europea di biodiesel, sono opportune alcuni approfondimenti sulle potenzialità della stessa nei comprensori a clima caldo arido come quelli del sud Europa in cui ricadono i comprensori agricoli regionali. La sua coltivazione, conosciuta e diffusasi in Europa sin dal XII secolo, era finalizzata alla produzione di olio per illuminazione ed uso alimentare, soprattutto nelle regioni nordiche dove non erano conosciuti l’olivo ed il papavero. Una forte espansione delle superfici coltivate si è avuta a partire dagli anni ’80, concentrandosi prevalentemente nella fascia più continentale. L’adattabilità di questa specie alle diverse condizioni pedoclimatiche, la modesta richiesta di cure colturali e di investimento di capitali, pongono sicuramente il colza in una favorevole posizione per l’inserimento negli ordinamenti colturali di diverse aree agricole italiane (Toniolo, et al., 1992). E’ una coltura miglioratrice del terreno ed in Italia trova la sua collocazione migliore in ciclo autunno primaverile. Le condizioni climatiche ideali per il buon esito di questa coltura sono i climi di tipo temperato umido, caratterizzati da inverni non molto rigidi e da primavere moderatamente umide. La pianta teme ristagni di acqua nel periodo invernale e la siccità durante il periodo di maturazione. Quest’ultimo fattore induce un anticipo della maturazione con conseguente riduzione della produzione a causa della diminuzione del peso unitario del seme e della percentuale di olio. In Italia ha trovato nel tempo situazioni più favorevoli di coltivazione soprattutto negli ambienti del Nord e Centro Italia, mentre al Sud il suo potenziale produttivo è fortemente condizionato dalla disponibilità di varietà precoci in modo da sfuggire con una maturazione anticipata ad un decorso stagionale primaverile estivo caratterizzato da scarsa piovosità ed elevate temperature (De Mastro et al., 1998). Un cospicuo lavoro di miglioramento genetico ha consentito oggi di poter disporre di ibridi con maggiore potenziale produttivo, anche se ancora non del tutto risolti sono i problemi legati alla deiscenza delle silique con conseguente riduzione di perdite alla raccolta, all’incremento del tenore in olio della granella, alla tolleranza a nematodi ed alla sclerotinia che consentirebbe una maggiore facilità di inserimento in rotazioni con altre oleaginose e barbabietola qualora dovesse esserci una ripresa di questa coltura. Proprio quest’ultimo aspetto né ha limitato nel passato la sua diffusione in ambienti bieticoli settentrionali del nostro Paese. In realtà in Italia la coltura del colza ha vissuto sempre momenti alterni e spesso determinati da politiche comunitarie indirizzate al sostenere le oleaginose. E’ a metà degli anni ’90 che ha 23 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive vissuto nuovi interessi facendo registrare anche in Puglia un notevole incremento delle superfici coltivate (6.500 ha circa nel 2000) a cui purtroppo non sono corrisposte produzioni adeguate a seguito di scelte tecniche non sempre razionali dovute probabilmente anche ad una interpretazione assistenzialistica dell’aiuto comunitario. Situazione che ha portato negli anni successivo ad un progressivo declino della coltura fino alla quasi scomparsa. L’interesse per questa coltura sia come coltura alimentare che come coltura energetico o per la produzione di oli tecnici è sempre stata sostenuta da reti nazionali di ricerca. Sono da citare il Progetto di Ricerca sulle Oleaginose ad uso alimentare, finanziato dal MiPAF negli anni ’80 i cui risultati a livello regionale sono stai oggetto di convegni e pubblicazioni, a cui hanno fatto seguito i Progetto Prisca (Progetto di Ricerca sulle Colture Alternative) MiPAF (1992 – 1997), TISEN (Tecniche innovative sostenibili di produzione e trasformazione delle colture energetiche e non-food) – MiPAF (2001-2003) e più recentemente il Progetto Bioenergie, sempre finanziato dal MiPAF, in cui il colza è da annoverare tra quelle colture in continua osservazione. Pertanto, dalla sua introduzione negli ordinamenti colturali più diffusi a livello nazionale, ad oggi, la coltura del colza ha trovato un valido supporto nei risultati della ricerca agronomica. I risultati produttivi relativi alle tre zone geografiche del nostro Paese evidenziano una notevole variabilità tra le diverse annate con valori che al Nord si attestano appena al disopra delle 2.0 t ha-1, intorno alle 2.5 t ha-1 al Centro, mentre al Sud si hanno produzioni molto simili a quelle del Nord ma con rese aleatorie inferiori a 1.0 t ha-1, dove la resa in olio risulta fortemente condizionata dal minore peso unitario del seme (Cosentino, 2006). Indagini condotte negli ultimi anni in ambienti di pianura e collina della Basilicata hanno messo in evidenza una variabilità tra gli anni e le varietà che ha fatto oscillare le produzioni da un -1 -1 minimo di 1.4 t ha ad un massimo appena superiore alle 4.0 t ha (De Mastro, 1992). Altre esperienze condotte in ambienti pugliesi confermano l’aleatorietà degli ambienti meridionali per la coltura del colza per la quale è possibile registrare produzioni soddisfacenti solo in annate con decorsi stagionali primaverili freschi e piovosi e con varietà precoci. Particolare attenzione è stata rivolta alle problematiche della concimazione, dove per altro è stata evidenziata una certa sensibilità della coltura all’apporto di azoto (Del Gatto, et al., 2009), che non è coinciso con un miglioramento qualitativo delle produzioni inibendo la sintesi lipidica a favore di quella proteica (De Mastro et al., 1999). Oggi pur disponendo di varietà migliorate ed ibridi si riscontra sempre una prevalenza di materiale più adatto agli ambienti nordici dove la coltura ha una maggiore diffusione. Una buona alternativa alla limitata disponibilità di materiale genetico adatto ad ambienti a clima caldo arido è stata quella di adattare genotipi ad habitus primaverile in semina autunnale. Interessante, a tal proposito, è risultato la selezione di materiale di ambienti nord americani a prevalente ciclo primaverile-estivo, oltre ad introdurre ibridi nani o semi nani (semi-dwarf o dwarf). 24 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive In contemporanea, negli ultimi anni, si è assistito ad un crescente interesse per gli oli biodegradabili ad uso industriale (lubrificanti, surfattanti, emulsionanti, plastiche, resine, ecc…) di origine vegetale. Per il quale, numerose specie da olio appartenenti alla famiglia delle Brassicacee, ricche in acidi grassi a catena lunga, sono state oggetto di studio. Un’ampia gamma di cultivar appartenenti a specie quali Brassica rapa L., Brassica juncea Czern. et Coss, Brassica carinata Braum, Raphanus sativus L. var. oleifera, Sinapis alba L., Crambe abyssinica Hoecst ex Freus. sono state studiate, nell’ambito di una rete nazionale di ricerca, per valutare la possibilità di introduzione negli ordinamenti colturali nazionali attraverso la determinazione dei potenziali produttivi quanti-qualitativi (AA.VV., 1998, Mazzoncini et al., 1993, De Mastro et al., 1999, De Mastro et al., 2003). Tra queste specie la brassica carinata ha fatto registrare, in diversi anni di sperimentazione ed in diverse località, produzioni in granella sempre superiori a quelle del colza. In Val Padana, la brassica carinata, ha manifestato livelli produttivi più elevati di quelli del colza di circa un 12% (Rosso et al., 1999), del 28% in Sicilia (Copani et al., 1999) e di oltre il 50% nel metapontino (De Mastro et al., 1999). La coltivazione della brassica carinata ha suscitato un certo interesse anche in Spagna e California dove le condizioni climatiche non sono particolarmente favorevoli alla coltivazione del colza invernale. Interesse dovuto alla maggiore vigoria e potenzialità produttiva espressa in ambienti a clima caldo arido (Fernandez Martinez e Dominguez, 1982; Fereres et al. 1983; Knowles et al., 1981), in considerazione della precocità di fioritura, della resistenza alla deiscenza delle silique, all’allettamento, resistenza alla maggiori avversità biotiche, allo stress idrico (Prakash et al., 1984). Le produzioni medie ottenute in sperimentazioni condotte in ambienti di pianura e di collina della Basilicata hanno evidenziato una certa facilità nel raggiungere produzioni medie di circa -1 -1 3.5 t ha , che scendono a livelli non inferiori alle 2.2 t ha nelle annate meno favorevoli. Anche nell’ambito della attuale disponibilità varietale si riscontra una discreta stabilità di comportamento produttivo dove numerose sono le cultivar con buoni livelli produttivi (fig. 2). 25 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive 4.50 4.00 3.50 3.41 a t ha -1 3.00 2.50 2.12 b 2.00 2.08 b 1.50 1.60 c 1.39 cd 1.00 2001-02 1999-00 1997-98 1.19 d 0.50 1996-97 1995-96 0.00 Mean us at iv R .s B .j un c ea lb a S. a si ni c a us by s C .a B .n ap B .c ar in at a 1994-95 Figura 2 – Espressione produttiva di diverse accessioni di brassicacee. A livello regionale preliminari attività dimostrative su questa coltura hanno fatto registrare un cauto ottimismo da parte degli imprenditori agricoli per le specifiche caratteristiche della coltura (resistenza a stress idrici, assenza di deiscenza delle silique, ecc..). L’affinamento della tecnica colturale (varietà più adattate, concimazioni, gestione delle infestanti) ed una maggiore famigliarizzazione a livello aziendale con una coltura nuova rappresentano i presupposti per una eventuale affermazione. Leggermente inferiore, di contro, è la resa in olio della brassica carinata rispetto al colza (33.0 vs 38.9 %). In ogni caso trattasi di un olio dotato di un buon livello qualitativo per produzione di biodiesel, anche se dotato di un più elevato contenuto di acido linolenico possibile causa di una più accentuata tendenza all’ossidazione e alla perdita di stabilità del biodiesel, aspetto questo trascurabile se si considera che il biodiesel commerciale è costituito in genere da una miscela di oli vegetali tale da rispettare gli standard italiani di composizione e proprietà del biodiesel (UNI 10946) (tab. 9). 26 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Tabella 9 – Composizione del biodiesel ottenuto da Brassica carinata. Biodiesel UNI 10946 Diesel-BiR da B. carinata standards Proprietà Contenuto in esteri (wt%) ≥96,5 Metodologia 98,27 98,24 3 879 883 860-900 UNI EN ISO 3675-12185 2 4,5 4,5 3,5-5,0 Punto di infiammabilità (°C) >120 >120 ≥120 ISO/CD 3679 Zolfo (mg/kg) <10 <10 ≤10 EN 24260 Residuo carbonioso Conradson (wt%) 0,09 0,15 ≤0,3 UNI EN ISO 10370 52 53 ≥51 EN ISO 5165 <0,01 0,01 ≤0,02 ISO 3987 Acqua (mg/kg) 465 312 ≤500 prEN 12937:99 Acidità (mg KOH/g) 0,08 0,49 ≤0,5 prEN 10104 Numero di Iodio (g I2/100g) 128 115 <120 prEN 14111 Estere metilico dell'acido linolenico (wt%) 13,0 9,2 <12,0 prEN 14103 50 1100 ≤2000 prEN 14110 Monogliceridi (wt%) 0,53 0,49 ≤0,8 prEN 14105 Digliceridi (wt%) 0,13 0,17 ≤0,2 Trigliceridi (wt%) 0,07 0,09 ≤0,2 38 100 ≤200 Densità (kg/m ) a 15 °C Viscosità (mm /s) a 40 °C Numero di cetani Contenuto di solfati nelle ceneri (wt%) Metanolo (mg/kg) prEN 14103 UNI EN ISO 3104 Frazione glicerica Glicerolo libero (mg/kg) prEN 14105 Fonte: Cardone et al., 2003 Anche da un punto di vista energetico è stata osservata una maggiore efficienza della brassica carinata in sistemi colturali a basso input, mentre per il colza è necessario ricorrere ad un maggior impiego di mezzi tecnici (Cardone et al., 2003; De Mastro et al., 2006). Dati sperimentali acquisiti in ambiente meridionale (De Mastro, et al., 2006) individuano nella brassica carinata e nel colza, coltivate in condizioni di forte riduzione di input, colture capaci di fornire una produzione energetica ben superiore ai 25 GJ ha-1 (fig. 3), posto da altri autori come limite minimo da superare (Venturi et al., 1999). 27 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Convenzionale Basso input Biologico 69.2 70.0 60.0 63.7 60.8 56.3 54.9 57.6 GJ ha -1 50.0 40.0 35.8 36.6 33.7 30.0 20.0 25 GJ h 10.0 0.0 frumento colza cece Figura 3 – Energia fornita dalla produzione di granella (outputs). 1.4.2. Girasole Il girasole viene coltivato in aree con limitate disponibilità idriche, dove può facilmente competere con specie aventi un maggior consumo idrico. È coltivato in 23 Stati Europei; 15 tra questi destinano più di 20.000 ha. A livello nazionale il girasole rappresenta la coltura di maggior interesse fra le oleaginose da energia con una superficie coltivata di oltre 115.000 ha nel 2008. Macroterma a ciclo primaverile estivo, può essere seminato anche piuttosto precocemente, verso fine inverno; ciò, insieme alla morfologia dell'apparato radicale, conferisce alla pianta la notevole resistenza alla siccità estiva, in quanto le fasi di maggior sensibilità allo stress idrico (formazione della calatide e fioritura) anticipano le alte temperature estive e consentono a questa specie di produrre notevoli quantità di sostanza secca anche in condizioni di carenze idriche. In Italia viene coltivato prevalentemente negli ambienti della cosiddetta “fascia del girasole” che copre dalla Toscana al versante adriatico e nelle aree con limitate disponibilità idriche del Nord. La gamma varietale attualmente disponibile è costituita da ibridi principalmente differenziati per ciclo di maturazione e per composizione in acidi grassi del seme. Nell’ambito delle diverse classi di precocità i tipi medio-precoci e medio tardivi sono i più diffusi soprattutto per le semine precoci negli areali del centro-sud, fondamentali per sfruttare al meglio le piogge di fine invernoinizio primavera e consentire una migliore risposta produttiva. Rispetto alla composizione acidica oltre alle varietà convenzionali ricche in acido linoleico, oggi sono disponibili sul mercato ibridi ad elevato tenore in acido oleico. L’attenzione rivolta ai tipi “alto oleico” risale alla fine degli anni ottanta con l’immissione di ibridi con tale caratteristica. La ripresa del girasole in Italia è da ricondurre alla diffusione su terreni 28 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive ritirati obbligatoriamente dalla coltivazione come coltura non alimentare ed al recupero delle superfici nelle aree tradizionali di coltivazione dell’Italia centrale e centro-meridionale. La più recente attenzione al girasole come coltura da biodiesel rinnova l’interesse per gli ibridi ad alto oleico con un contenuto acidico compreso tra il 42 e 52%. La produzione media in acheni oscilla tra le 2.7 e 3.0 t ha-1 nelle aree più vocate del nord e centro Italia, mentre negli areali del sud le condizioni climatiche condizionano fortemente le risposte produttive al punto da dover richiedere, per il conseguimento di produzioni soddisfacenti, nella migliore delle condizioni interventi irrigui di soccorso. La superficie coltivata a girasole in Puglia ha subito una drastica contrazione passando dai circa 13.500 ha del 2000 a meno di 1.400 ha del 2008. Sono le province di Foggia e Lecce a detenere il primato delle maggiori superfici coltivate a girasole, pur esprimendo livelli produttivi distanti tra di loro. La provincia di Foggia esprime a livello regionale le più elevate produzioni per ettaro con valori -1 medi dell’ultimo sessennio di 1.8 t ha , mentre la provincia di Lecce i più bassi con produzioni di circa 1.1 t ha-1. Livelli produttivi, questi, fortemente condizionati dalla limitata piovosità del periodo primaverileestivo di questi ambienti così come evidenziato da diversi autori. Una eventuale possibilità di diffusione del girasole da biodiesel potrebbe trovare nelle aree interne collinari della regione Puglia, gli areali più idonei per la coltivazione individuando le cultivar più adatte, con le migliori caratteristiche di resa in acheni ed in olio. Esperienze condotte dal CRA-SCA - Unità di Ricerca per i Sistemi Colturali degli Ambienti caldo-aridi in due ambienti pugliesi con varietà di girasole di diversa provenienza hanno fatto -1 -1 registrare rese in olio oscillanti da 0.59 t ha (Murgia barese) a 1.14 t ha (Tavoliere pugliese), valori quest’ultimo prossimo a quello soglia di 1.0 t ha-1 per rendere praticabile la produzione di biodiesel. 1.4.3. Soia La soia è una specie proteoleaginosa coltivata in 20 Stati Europei, ma più del 90% del totale è controllato solo da 7 Stati con più di 20.000 ha ciascuno. Quasi la metà della superficie totale è nella Federazione Russa ma il secondo produttore è l’Italia con produzioni medie triple. La soia è una delle più importanti piante alimentari per la ricchezza dei suoi semi in olio (1821%) e, soprattutto, in proteine (38-41%). L'olio di soia è utilizzato a scopo alimentare e per usi energetici. La farina di estrazione viene impiegata principalmente (90%) come concentrato zootecnico, in quanto molto ricca in proteine. Le esigenze climatiche sono molto simili a quelle del mais per cui è una coltura del tutto improponibile in ambienti meridionali senza l’ausilio dell’irrigazione. Studi condotti in Basilicata hanno definito le classi di precocità più adatte agli ambienti meridionali oltre che metodi e volumi irrigui (Sarli et al., 1992 ). 29 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Pertanto, la soia per quanto idonea ad un uso energetico non può trovare in ambienti a limitata disponibilità di risorse idriche le condizioni ambientali ed economiche per una sua affermazione. 1.4.4. Cartamo Il cartamo pur essendo una macroterma, tollera bene le basse temperature, ciò permette semine autunnali al Sud; per il notevole sviluppo del suo apparato radicale può soddisfare le proprie esigenze idriche meglio di altre oleaginose. Il cartamo è stato coltivato come coltura oleaginosa solo a partire dagli anni ’30 e’40. In Europa era coltivato tradizionalmente in Spagna come succedaneo dello zafferano. Solo a partire dagli anni ’70 ha trovato seguito come coltura da olio in quegli ambienti particolarmente siccitosi dove non era possibile coltivare il girasole. Ha notevoli esigenze di azoto ma meno di fosforo; il diserbo si attua con mezzi meccanici. E’ una specie con un ciclo colturale abbastanza lungo 120-180 gg in semina primaverile fino ai 240 gg con semina autunnale. Un vero flagello per la coltura è rappresentato dalla presenza di un parassita animale, la mosca grigia del cartamo (Acanthiophilus helianthi). -1 La resa del cartamo si aggira intorno a 2,0-2,5 t ha di acheni. E’ una coltura per niente diffusa sul territorio nazionale, ma che in virtù della sua rusticità potrebbe trovare in alcuni areali marginali del sud Italia condizioni favorevoli ad una sua diffusione come coltura energetica. Alcune esperienze sperimentali condotte in Basilica e Puglia evidenziano una buona adattabilità a condizioni di fertilità ambientale limitate (Corleto et al., 2005). 1.5. Analisi energetica Il Potere Calorifico Inferiore (PCI) risulta più alto per il girasole che per colza e soia. Gli output energetici della granella sono estremamente variabili con valori di circa 15 GJ ha -1 nelle condizioni meno favorevoli e con piccole differenze tra le specie, mentre nelle condizioni più favorevoli ci sono rilevanti differenze tra le specie, con valori intorno ai 70 GJ ha-1 per la soia e il girasole e intorno agli 80 GJ ha-1 per il colza (Venturi et al., 2003) (tab. 10). Tabella 10 - Output energetici delle principali colture oleaginose. Produzione Coltura Olio Energia specifica in granella contenuto produzione -1 -1 granella -1 olio Energia output granella -1 olio panelli (GJ kg ) (GJ kg-1) 37,4 16,8-81,6 11,2-52,3 5,6-29,3 27,2 38,4 13,6-68,0 7,7-46,1 5,9-21,9 20,5 36,4 14,4-73,8 3,6-25,5 10,8-48,3 (t ha ) (%) (t ha ) (MJ kg ) (MJ kg ) Colza 0,7-3,4 35-40 0,3-1,4 24 Girasole 0,5-2,5 40-48 0,2-1,2 Soia 0,7-3,6 18-20 0,1-1,7 -1 (GJ kg ) -1 Fonte: Venturi et al., 2003 30 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Se si considera come output l’energia dell’olio senza includere i sottoprodotti, la soia mostra i più bassi valori avendo un elevato contenuto proteico e minor contenuto d’olio; infatti il contenuto di olio nei semi è il 35-40% nel colza, intorno al 40-48% nel girasole e solo il 18-20% nella soia. In uno studio su 400 aziende nel nord-est dell’Italia, l’intervallo di variazione è stato da 13 a 122 GJ ha-1 per il colza e da 14 a 124 GJ ha-1 per il girasole. In un confronto fra le tecniche colturali in Emilia-Romagna gli output sono variati da 25 a 70 GJ ha-1 per il colza, da 25 a 110 GJ ha-1 per il girasole e da 20 a 90 GJ ha-1 per la soia, mentre dati riferiti ad ambienti lucani mostrano una variabilità per il colza compresa tra i 34 e 56 GJ ha-1 (De Mastro, 2006). Gli input agricoli sono generalmente più alti per il girasole che per colza e soia. In tutte le condizioni le voci più rilevanti sono il carburante e la concimazione azotata, ma con differenze in relazione al sistema colturale. Gli input post-raccolta (4,21; 4,46; 2,13 GJ ha-1 per colza, girasole e soia rispettivamente). In generale è possibile affermare che il rapporto output/input e il guadagno energetico sono entrambi favorevoli solo per il colza; ciò risulta possibile per le altre specie solo con un maggiore uso di fattori tecnici e maggiori produzioni (tab. 11). Tabella 11 - Input e bilanci energetici delle principali colture oleaginose. Input fase produttiva Bilancio energetico Coltura Granella output-input (GJ kg-1) (%) Colza 13-37 82-72 18,6-10,9 1,38-2,21 3,6-44,6 Girasole 29-38 90-77 40,0-15,2 0,68-1,79 23,6 Soia 15-35 91-82 21,4-9,7 0,96-2,11 38,2 -1 (MJ kg ) output/input (GJ kg-1) Fonte: Venturi et al., 2003 D’altra parte, se si considera il metilestere anziché la granella, il bilancio diventa meno favorevole, anche se i sottoprodotti hanno un interesse economico. Nel girasole, il massimo guadagno è ottenuto con un input tra 10 e 20 GJ ha-1, anche se è rischioso ridurre l’apporto tecnico sotto i 15 GJ ha-1 dato che a frequenza di rese basse aumenta. Gli input possono essere ridotti anche attraverso la razionalizzazione dei mezzi tecnici, come l’uso di macchine ad alta capacità (tab. 12). 31 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Tabella 12 – Intervalli di efficienza e guadagno energetico delle oleaginose. Senza sottoprodotti Coltura efficienza Con sottoprodotti bilancio energetico output/input output-input -1 (GJ ha ) efficienza output/input bilancio energetico output-input (GJ ha-1) Colza 0,7-1,0 -5,7 1,0-1,5 0,4-24,0 Girasole 0,3-0,9 -11,5 0,4-1,2 -19,2 Soia 0,2-0,6 4,3 0,7-1,6 -29,4 Fonte: Venturi et al., 2003 Con tecniche razionali nella maggior parte delle situazioni il guadagno energetico è positivo e in alcuni casi in modo significativo. Tuttavia il bilancio economico non è sempre positivo e quindi le colture da biodiesel incontrano difficoltà nel diffondersi nella maggior parte degli Stati Europei nonostante la elevata richiesta. Nella fase di produzione si possono considerare due possibili scenari: gestione estensiva con bassi livelli di input che però molto spesso causa insufficienti livelli di output; gestione intensiva con lo scopo di avere alte produzioni con rilevanti input e costi. Nel primo scenario i fattori limitanti sono le basse produzioni e la necessità di disporre di grandi superfici; il guadagno energetico proviene da bassi input ed è spesso molto basso. Nel secondo scenario sono richieste limitate superfici, ma questa soluzione difficilmente si allinea con un modello di agricoltura sostenibile. In ogni caso è necessario pervenire ad un bilancio tra l’aspetto energetico ed economico, -1 operando in modo che gli output siano significativamente più alti di 15-20 GJ ha per colza e soia e di 20-25 GJ ha-1 per il girasole, e quindi cercare i mezzi tecnici che consentano di ridurre gli input senza abbassare troppo i livelli produttivi. 1.6. Aspetti tecnologici Il biodiesel si ottiene dalla spremitura di semi oleosi prevalentemente di colza, soia e girasole il cui olio è sottoposto ad una reazione di transesterificazione, che determina la sostituzione dei componenti alcolici con alcool metilico (metanolo), per fornire al termine del processo un prodotto con proprietà e prestazioni simili a quelle del gasolio di origine fossile. Le fasi salienti della produzione del biodiesel sono tre: - approvvigionamento materia prima, formata dai semi oleosi; - estrazione olio vegetale, che già di per se rappresenta un combustibile; - produzione bio-diesel tramite processo di transesterificazione. 32 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive estrazione SEMI OLEOSI panelli OLI VEGETALI ESAUSTI DA RACCOLTA DIFFERENZIATA olio vegetale metanolo (o etanolo) esterificazione MISCELE 20% O 100% IN GASOLIO USI TERMICI biodiesel lubrificanti o oli tecnici trattamento MISCELE 20% O 30% IN GASOLIO AUTOTRAZIONE (FLOTTE) MISCELE <5% IN GASOLIO AUTOTRAZIONE glicerina BIOMASSE PROCESSI SOTTOPRODOTTI PRODOTTO DESTINAZIONE REAGENTE COMBUSTIONE DIRETTA Figura 4 – Fasi della produzione del biodiesel tramite transesterificazione. Ovviamente, come già detto precedentemente, non necessariamente tali fasi devono essere presenti nel processo di produzione del biodiesel, visto che ci si può approvvigionare anche direttamente dell’olio vegetale, eliminando in tal modo le prime fasi della filiera. Per quanto riguarda l’approvvigionamento della biomassa costituita da semi oleosi è possibile una produzione a livello locale o l’acquisizione su market nazionali o internazionali. Pertanto è ovvio che il beneficio che ne può derivare dallo sviluppo delle filiere dipende soprattutto dal livello di scala a cui sono riconducibili. Risulta pertanto evidente che il problema logistico del trasporto, dello stoccaggio e della fornitura delle materie prime, o del prodotto finito, rappresentano notevole importanza nella valutazione della convenienza economica della filiera, condizionando pertanto pesantemente le scelte progettuali. Infatti, come già accennato, impianti per la produzione di biocarburanti liquidi sembrano trovare maggiore convenienza in tipologie centralizzate, situate in aree strategiche che siano localizzate vicino a scali portuali, ferroviari o nodi stradali ove sia facile l’approvvigionamento di materia prima anche da altre aree di produzione. In queste circostanze le aree rurali locali divengono partecipi di questo sviluppo solo come parziali fornitori di materia prima e di conseguenza il beneficio che ne può derivare risulta di modesta entità. La situazione appare del tutto differente quando si considerano impianti decentralizzati a livello di aziende singole o in forma aggregata. Un accenno anche all’utilizzatore del prodotto finito, che può essere formato dalla o dalle aziende stesse partecipanti alla filiera, che potranno usare il combustibile per soddisfare i propri fabbisogni energetici, che vanno dal riscaldamento di ambienti, alla produzione di energia 33 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive elettrica tramite motori a combustione interna o microturbine a gas, alla propulsione terrestre o navale, alimentando con il bio-diesel prodotto i motori diesel dei mezzi di trasporto. Si può anche vendere il combustibile o l’energia prodotta a terzi. La produzione di energia elettrica con sistemi ad olio combustibile o con bio-diesel può essere particolarmente remunerativa grazie alla diverse forme incentivanti da parte dello stato o delle altre istituzioni pubbliche, quali ad esempio i certificati verdi. Ciò premesso, si analizzano di seguito gli aspetti più meramente tecnologici della filiera di produzione del bio-diesel. 1.6.1. Estrazione olio vegetale Molti vegetali producono semi che hanno dei grassi come sostanze di riserva. I semi del nocciòlo e del noce hanno tenori elevatissimi in grassi, intorno al 60%. Altri, come soia, colza, girasole, hanno tenori un po’ più bassi – intorno al 40-50% - ma possono essere ottenuti da coltivazioni di tipo industriale, con grandi rese per superficie coltivata. L'olio è contenuto nelle cellule oleifere, all'interno dei vacuoli, organuli che si trovano all’interno del citoplasma. Per ottenerlo occorre sottoporre i semi ad una serie di processi tecnologici. Le sostanze grasse sono presenti nelle cellule vegetali o animali, e sono sempre accompagnate da una matrice proteica che le supporta; i semi contengono sostanze grasse, come riserva di energia disponibile per la riproduzione, ma solo alcuni le contengono in quantità così elevata da essere utilizzabili per l'estrazione. Scopo della tecnologia di estrazione è di conseguire la separazione di questi componenti (grassi e proteine), fra loro immiscibili, pervenendo all'isolamento di ciascuna con il massimo di purezza e di rendimento, al costo minore, evitando inoltre l'insorgere di reazioni collaterali. I processi tecnologici di estrazione sono raramente semplici, più spesso rappresentano una successione di operazioni la cui complessità dipende dalla morfologia della materia prima. L'invenzione della pressa idraulica (Braham, 1795), della pressa meccanica a vite (Anderson, 1900) e l'impiego di solventi volatili (Deiss, 1855) hanno permesso di sviluppare l'industria olearia. Oggi le tecniche di estrazione sono di tipo: • meccanico (normalmente a pressione); • chimico (a solvente, di solito esano). Nella pratica, i due sistemi sono quasi sempre combinati. In linea indicativa, l'estrazione meccanica viene operata su semi contenenti materia grassa (MG) in quantità superiore al 20% (ad esempio per colza e girasole, che sono caratterizzati da contenuti iniziali di MG di circa il 40%) e consente di arrivare fino al 10-15 % residuo, mentre per valori inferiori si procede con quella chimica. Gli oli estratti con i solventi, prima di essere commerciati per scopi alimentari, richiedono una raffinazione che, quasi sempre, comprende trattamenti di demucillaginazione, deacidificazione, 34 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive decolorazione, deodorazione e demargarinazione. Il principale prodotto del processo è l'olio grezzo; con l'estrazione meccanica si ottiene inoltre il panello proteico o expeller mentre con l'estrazione chimica la farina. Quest'ultima, utilizzata nell'alimentazione animale, incide in modo critico sull'economia della produzione e della lavorazione dei semi oleosi. La produzione di olio di soia è, oggi, strettamente collegata alla domanda di farina proteica e ciò vale, in misura minore, anche per gli altri semi. L'olio grezzo può essere successivamente rettificato con una serie di trattamenti fisico-chimici che hanno lo scopo di: • correggere il pH; • eliminare le impurezze (es.: lipidi glicerici idratabili) e pigmenti (decolorazione). L'analisi quantitativa (bilancio di massa) dell'intero processo calcolata per una tonnellata di semi di girasole è la seguente (valori medi in base ad un contenuto di olio del 42%): Prodotto principale Sottoprodotto 1 tonnellata di semi di girasole + 2,63 tonnellate di residui colturali 420 kg di olio grezzo + 580 kg di panello + 30 kg residui di processo 390 kg di olio raffinato Considerando che la resa media in semi del girasole si aggira attorno alle 2.6 t ha-1 (+/- 15%) si può calcolare che la resa per ettaro di olio raffinato è pari a circa 1 tonnellata. Tale relazione, seppure grossolana, è valida anche per il colza. 35 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Le principali fasi dell'estrazione possono sono di seguito descritte. Pulizia I semi, prima della lavorazione, devono essere separati dalle eventuali impurità (es.: ferro, pietrisco, terra ecc.) provenienti dalle operazioni di raccolta in campo e trasporto nei sili. L'operazione si rende necessaria per ottenere una buona qualità del prodotto e preservare l'integrità dell'impianto. I materiali metallici vengono facilmente eliminati con elettromagneti; per quelli non metallici, invece, si ricorre a vibrovagli. Decorticazione Elimina lo strato protettivo ligno-cellulosico (pericarpo) che caratterizza alcuni semi (es.: girasole). Questo non contiene olio e il relativo contenuto proteico è generalmente modesto. Conseguentemente, la decorticazione consente di diminuire la dimensione delle presse, la relativa abrasione e il quantitativo di solvente necessario. I decorticatori sono essenzialmente di due tipi, a cilindro e a dischi. Il principio su cui operano è, tuttavia, analogo: leggera pressione sul seme per l'apertura del pericarpo e relativa separazione dalla mandorla mediante corrente d'aria. La decorticazione non è mai totale; tende, infatti, a raggiungere un compromesso fra eliminazione del pericarpo e perdita di sostanza grassa durante il processo. E' da sottolineare che, mentre l'eliminazione del tegumento ligno-cellulosico dei semi di soia e di colza sia una pratica ricorrente (in considerazione dell'importanza che la farina disoleata assume come integratore proteico per i mangimi destinati agli animali monogastrici), la sgusciatura del seme di girasole è ancora largamente disattesa, in quanto rallenta il processo di lavorazione e pone il grave problema dello stoccaggio e della utilizzazione dei gusci, un materiale povero e a basso peso specifico. Macinazione L'olio è contenuto nelle cellule oleifere, all'interno di organuli citoplasmatici, detti vacuoli. La rottura di queste strutture, mediante schiacciamento (per lacerazione o laminazione), determina un incremento della velocità di estrazione. Quest'ultima, in sintesi, è funzione dello spessore delle lamine di seme. Di conseguenza, è conveniente sminuzzarlo il più finemente possibile. Lamelle troppo sottili, tuttavia, portano alla formazione di polveri che ostacolano il drenaggio del solvente nella relativa fase di estrazione. Riscaldamento e condizionamento Il primo aumenta la velocità di estrazione dell'olio e rende più efficiente il drenaggio della matrice proteica. Con il secondo si forma un film d'acqua sulla superficie del seme, in modo da favorire la diffusione dell'olio dall'interno verso l'esterno e determinare la rottura dei vacuoli residui. Riscaldamento e condizionamento sono ottenuti con specifici dispositivi (cookers) che vengono sovrapposti alle presse. 36 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Spremitura Interessa solo i semi ad elevato contenuto in olio. Può essere totale o parziale: nel primo caso, la maggior parte dell'olio presente viene estratto in un solo passaggio; nel secondo, ne viene estratta una quantità minore e il residuo trattato chimicamente (estrazione con solvente) ottenendo una farina. La spremitura totale, ottenuta impiegando presse continue, comporta un assorbimento di circa 45 kWh/t di seme e fornisce un panello (expeller) con residuo oleoso minimo del 5-12%. Nel secondo caso, invece, la spremitura lascia un contenuto in olio del 2024%. Prima depurazione Le impurità più grossolane (frammenti di seme, farinette ecc.) sono rimosse con decantatori, vibrovagli o centrifughe. Le particelle più minute vengono invece eliminate con filtropresse. Estrazione con solventi L’'olio proveniente dalla rottura delle cellule oleifere viene recuperato per diluizione diretta con il solvente; quello delle cellule integre, invece, per diffusione. In una prima fase, quindi, la quantità di olio estratta è direttamente proporzionale al tempo, mentre, successivamente, segue andamenti di tipo asintotico. I solventi utilizzati sono: • esano; • benzina solvente; • trielina (tricloroetilene); • solfuro di carbonio. In linea generale, un aumento del potere solvente è accompagnato da un peggioramento delle caratteristiche dell'olio. Esempio: la trielina (tricloroetilene) consente, da un lato, di migliorare il potere estrattivo e dall'altro di lasciare maggiori residui di composti insolubili in etere. È evidente che queste problematiche interessano la produzione di olio alimentare, per la quale oggi è preferito l'esano, in quanto non è corrosivo e la tossicità risulta limitata. Il tricloroetilene, invece, viene impiegato nel caso in cui sia necessario l'impiego di prodotti non infiammabili e la qualità del prodotto sia trascurabile. Resa La resa in olio del processo di estrazione è variabile, dal colza e dal girasole si estrae circa il 3638% in peso di olio. E' ovviamente una resa media influenzata dalle modalità di estrazione e dalla specie vegetale. Nella tabella seguente si riporta la resa percentuale di alcune colture oleaginose (tab. 13). 37 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Tabella 13 – Specie oleaginose maggiormente utilizzate. Famiglia Genere e specie Heliantus annuus L. Brassica napus var. oleifera Brassicaceae Metz. Asteraceae Leguminosae Quantità di olio estraibile Nomi comuni Regione Girasole Europa Europa, Canada, Asia Estremo oriente, America, Brasile Colza Glicine max L. Soia Elaeis guineensis Jacq. Palma da olio - Elaeis melanococca J. Gaertn Palma africana Sud America Solv.: 40% Solv.: 38% Solv.: 18% Solv: 45-50%; Press: 40-46% Arecaceae Parte carnosa solv: 29%; Mandorla solv: 40-45% Solv.: estrazione con solvente - Press: estrazione per pressione 1.6.2. Processo di trans-esterificazione Gli oli così prodotti non sono adatti ad essere utilizzati tal quali per la trazione, soprattutto nei motori diesel veloci, a causa della loro elevata viscosità (70-80 cSt al 20°C contro i 4-7 cSt del gasolio). Un netto miglioramento di questa caratteristica può essere ottenuto con il processo di transesterificazione (o esterificazione), che ha come risultato più evidente la rottura della molecola del trigliceride in tre molecole più piccole e quindi meno viscose. Per ottenere un estere, quindi, occorre trattare l'olio raffinato con un alcol (metilico, nella quasi totalità dei casi, anche se varie prove sono state fatte con l'alcol etilico) e opportuni catalizzatori (normalmente alcalini - idrossido di potassio, idrossido di sodio o metilato di sodio) che aumentano la velocità e l'efficienza della reazione. Il prodotto finale ha una viscosità inferiore (circa 6-7 cSt a 20°C dello stesso ordine di grandezza di quella del gasolio) rispetto all'olio grezzo; le caratteristiche a freddo sono tali da renderlo idoneo per quasi tutti i climi; il numero di cetano aumenta di 12-15 unità; è inoltre possibile aggiungere combustibile minerale in qualsiasi proporzione. Si ottiene anche un sottoprodotto: una fase acquosa a base di glicerolo (glicerina), la cui raffinazione richiede impianti piuttosto complessi. La glicerina, comunque, ha numerose applicazioni industriali (prodotti farmaceutici, alimentari, cosmetici, tessili, lubrificanti, esplosivi, vernici, detersivi). Il bilancio di massa semplificato dell'intero processo è il seguente: 1.000 kg di olio raffinato + 100 kg metanolo = 1.000kg biodiesel + 100 kg glicerolo Un importante studio correlato a tale processo sarà teso alla individuazione di meccanismi e procedimenti in grado di massimizzare la resa di olio per quintale di seme e di minimizzare il 38 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive residuo oleoso nel sottoprodotto in considerazione dell’elevata quota di olio che con le tecniche attuali non si riesce ad estrarre. Inoltre si dovrà perfezionare una tecnica in grado di ottenere dal residuo della molitura e mediante processo di combustione energia elettrica a costi competitivi. Sfori di ricerca dovranno esser indirizzati alla valutazione di miglioramenti della qualità del biodiesel prodotto rispetto alle tecniche oggi in uso al fine di renderlo perfettamente compatibile con i motori e i bruciatori oggi in commercio, riducendone il contenuto in materiali inerti, massimizzarne la resa in energia, ridurre i costi di esterificazione. 1.6.3. Caratteristiche e utilizzi del biodiesel Caratteristiche distintive del biodiesel sono l’assenza di zolfo, di composti aromatici, la riduzione del particolato fine (PM10) e, infine, la riduzione dei gas a effetto serra, quantificabile nel risparmio di 2,5 tonnellate di anidride carbonica per ogni tonnellata di gasolio sostituita. Il biodiesel presenta inoltre elevata biodegradabilità (tab. 14). Il biodiesel è un prodotto naturale utilizzabile come carburante nei trasporti e come combustibile nel riscaldamento. Vi sono però delle importanti differenze in funzione delle diverse realtà geografiche. Mentre il biodiesel (puro o in miscela) come combustibile alternativo al gasolio da utilizzarsi nei motori diesel è una realtà "affermata" in molti stati (in Francia è utilizzato normalmente in miscela al 5% con gasolio; in Germania è utilizzato puro, negli USA trova impiego nelle "flotte"), non si può dire lo stesso per l’utilizzazione del biocombustibile tal quale in caldaie di piccola, media o grande taglia. In Italia però, contrariamente alla tendenza generale, la quasi totalità del biodiesel prodotto (circa il 95%) è utilizzata proprio per il funzionamento di centrali termiche (fig. 5). 39 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Tabella 14 - Caratteristiche fisiche e termodinamiche del biodiesel. Caratteristiche Biodiesel Min 3,5 cSt Viscosità a 40°C Max 5,0 cSt 860 kg / m 3 Massa volumica a 15°C 900 Kg / m 3 Punto di infiammabilità 120°C Punto di scorrimento -13 °C Residuo carbonioso Conradson (%) m/m 0,4 Acidità totale mg KOH/g 0,5 Acqua mg/kg 500 Ceneri (%) 0,02 Zolfo mg/kg 10 Fosforo mg/Kg 10 Glicerina libera (%) 0,025 Metanolo (%) 0,2 Metilistere (%) 98 Monoglideridi (%) 0,80 Digliceridi (%) 0,20 Trigliceridi (%) 0,20 Contenuto di Estere (%) 96 Numero di saponificazione mg KOH/g 170 Numero di cetano 51 Potere calorifico inferiore (riscaldamento) MJ/kg 35 Migliaia di t 350 300 250 Additivo fino al 5% Additivo fino al 30% 100% per riscaldamento Totale 200 150 100 50 0 1999 2000 2001 2002 2003 2004 Figura 5 – Utilizzazione del biodiesel in Italia. 40 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Probabilmente la differente destinazione del metilestere in Italia, rispetto a quanto si osserva negli altri Paesi, è nata a seguito dei problemi tecnici riscontrati nel corso dei primi esperimenti sui motori, difficoltà che hanno spinto il mercato verso un utilizzo alternativo. In confronto con il gasolio, il biodiesel determina numerosi effetti positivi per l’ambiente: non contribuisce all’effetto serra poiché restituisce all’aria solo la quantità di anidride carbonica utilizzata da colza, soia e girasole durante la loro crescita; riduce le emissioni di monossido di carbonio (- 35%) e di idrocarburi incombusti (- 20%) emessi nell’atmosfera; non contenendo zolfo, il biodiesel non produce una sostanza altamente inquinante come il biossido di zolfo e consente maggiore efficienza alle marmitte catalitiche; diminuisce, rispetto al gasolio, la fumosità dei gas di scarico emessi dai motori diesel e dagli impianti di riscaldamento (- 70%); non contiene sostanze pericolosissime per la salute quali gli idrocarburi aromatici (benzene, toluene ed omologhi) o policiclici aromatici; giova al motore grazie ad un superiore potere detergente che previene le incrostazioni; non presenta pericoli, come l’autocombustione, durante la fase di trasporto e di stoccaggio. Per valutare se il dispendio energetico per produrre un litro di biodiesel abbia senso (cioè se venga consumato meno di un litro di carburante per produrre un litro di biodiesel), occorre rifarsi a concetti come l’EROEI. EROEI è un acronimo inglese che sta per Energy Returned On Energy Invested (o Energy Return On Energy Investment), ovvero "energia ricavata su energia consumata"; tale parametro indica precisamente la resa energetica, un rapporto tra l’energia ottenibile da un prodotto e l’energia spesa per la sua lavorazione. Un processo è energeticamente conveniente se presenta un valore di EROEI maggiore di 1; se il suo valore è minore di 1 vuol dire che si spende più energia di quanta se ne possa ricavare. In alcuni casi l’energia restituita, anche se minore di quella impiegata, può offrire particolari utilità. Con questo ausilio teorico è possibile comparare efficacemente processi diversissimi fra loro: dalla semplice legna da ardere alle componenti di un pannello solare, che richiedono un considerevole investimento in energia “congelata” per la loro produzione, e si rivela fondamentale nell’operare una scelta fra le diverse fonti energetiche. Si noti anche che l’EROEI si ottiene dal rapporto di quantità di energia messe in gioco anche in tempi diversi. Spesso per l’EROEI non viene indicato un solo valore ma una forbice fra due estremi, questo perché ogni processo è soggetto ad imprevisti, costi collaterali o esternalizzati ed evoluzioni tecnologiche. Bisogna infine ricordare che si tratta di una stima, la cui verifica sarà possibile solo alla fine del ciclo. Comunemente viene considerata come resa energetica (EROEI) del biodiesel un valore pari a circa 3, questo significa che dal puro punto di vista energetico con l’energia di un litro di biodiesel si ricavano dopo un anno di coltivazione tre litri di biodiesel. Esattamente non passa 41 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive un anno per ottenere i tre litri di biodiesel, partendo da un litro, ma passa un numero di anni pari all’Energy Pay Back ratio del biodiesel. Nell’EROEI non sono conteggiate le spese economiche ma sono solo computate le energie, quindi gli stipendi dei contadini non sono considerati. Un valore di resa energetica pari a 3 è un valore molto più basso dell’EROEI di un impianto eolico (20-30) o quello del petrolio (10-100) ma è un valore accettabile per le coltivazioni agricole. Secondo uno studio elaborato dai dott. Van Dyne e Raymer per la Tenesse Valley Authority, la media degli agricoltori statunitensi consuma carburante in misura di 82 litri per ettaro (8.75 galloni US per acro) di terreno per la produzione di un raccolto. Ma il petrolio necessario per le coltivazioni non è limitabile a quello usato dai trattori, per cui si usa il concetto di EROEI in modo da comprendere l’energia per fabbricare il concime chimico, gli antiparassitari, i diserbanti, per fabbricare i trattori, ecc. Secondo lo stesso studio un raccolto standard americano di semi di colza produce olio per una media di 1.029 L ha -1 (110 US gal/acro), mentre una coltivazione degli stessi semi a resa elevata produce circa 1.356 L ha-1 (145,0 US gal/acro). Dalla coltivazione di piante oleaginose si ricavano molti prodotti utili e importanti (proteine, biomassa per riscaldarsi, ecc) che rendono utile la produzione di biodiesel oltre il valore del suo EROEI. Altri studi hanno esaminato il bioetanolo arrivando a definire che il valore del suo EROEI potrebbe essere pari a 7-8 nel caso migliore della canna da zucchero brasiliana. Per quanto riguarda il bioetanolo, da barbabietola o da cereali, non regge il confronto con quello da canna da zucchero, indicativamente il suo valore è pari a 1. Il biodiesel da olio di palma potrebbe avere EROEI migliori mentre quello delle micro alghe non è determinabile in quanto non esistono impianti che consentano il calcolo dell’EROEI. Si ricorda che l’EROEI viene calcolato sugli impianti esistenti. Il ritorno energetico rispetto all’investimento è stato determinato pari a 3 in altri impianti nel caso del biodiesel. 1.6.4. Utilizzazione del biodiesel nei motori Gli esteri degli oli vegetali (o biodiesel) possono essere utilizzati in tutti i motori diesel oggi sul mercato senza alcuna modifica, se miscelati con il gasolio fino al 20-30%, o solamente con piccoli accorgimenti nel caso si utilizzasse biodiesel puro. Ad oggi la sperimentazione migliore nel settore dell’autotrazione con biodiesel si è osservata nel pubblico trasporto (autobus urbani); le cosiddette "flotte" percorrono un elevato numero di chilometri ogni anno e quindi consentono di ricavare dati statisticamente attendibili. Di seguito sono descritti i problemi motoristici emersi nel corso di alcune prove (fonti bibliografiche diverse): 42 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive • compatibilità dei materiali e di durata: Utilizzando biodiesel miscelato con gasolio fino al 20% in volume, non si riscontrano problemi di compatibilità con i materiali; ma un carburante con un elevato contenuto di esteri (più del 30 %) causa inconvenienti quando entra in contatto con determinati composti plastici (Gomma Sirene-Butadiene o SBR, Gomma naturale, Gomma Etilene-Acetato, Gomma Etilene-Propilene, isoprene, hyphalone, silicone e polisulphyde) che normalmente costituiscono le guarnizioni degli iniettori, delle pompe, ecc.. Rame, acciaio al carbonio, ottone sono tutti esempi di materiali che non subiscono danni particolari in seguito al contatto con i metilesteri di oli vegetali (Fonte: Novaol); • influenze sull’olio lubrificante: in tutti i test eseguiti si osserva una minore capacità lubrificante dell’olio dovuta all’effetto diluente del metilestere; in pratica il biodiesel trafila dal cilindro, passa attraverso le fasce elastiche e diluisce l’olio. Miscelato all’olio lubrificante il biodiesel può creare una serie di problemi in quanto aumenta il numero di iodio della miscela. Se il numero di iodio dell’olio supera il valore di 115, inizia un processo di polimerizzazione (si formano incrostazioni gommose nei condotti dell’impianto di lubrificazione che determinano la riduzione del flusso di lubrificante) che obbliga alla sostituzione anticipata dell’olio del motore; • problemi agli iniettori: il comportamento degli iniettori alimentati a biodiesel è paragonabile a quello che si osserva utilizzando gasolio. Prove dell’Università dell’Idaho hanno dimostrato che gli iniettori si incrostano leggermente di più (2-3 volte) con il biodiesel che con il gasolio e che comunque tale problema è di minima portata. Dopo alcune ore di funzionamento si forma una incrostazione carboniosa attorno agli iniettori che tende nel tempo a diminuire di spessore. Esiste cioè un livello critico di deposito raggiunto il quale non si osserva più accumulo di materiale. Altre incrostazioni di questo tipo si osservano, come per il gasolio, in prossimità delle valvole (poche) e delle fasce elastiche; • performance: numerosi test hanno dimostrato che la durata di un motore alimentato a biodiesel non si discosta molto da quella di un motore a gasolio. Come specificato poco sopra, alcuni piccoli accorgimenti rendono il motore perfettamente compatibile anche con il biodiesel puro. A differenza del biodiesel, il gasolio causa un maggiore accumulo di ferro, alluminio, cromo e piombo nella coppa dell’olio. Tutti i risultati delle prove indicano, inoltre, che il biodiesel non conduce a sostanziali differenze nel comportamento (potenza e coppia diminuiscono del 5%) dei motori se si utilizzano alcuni accorgimenti tecnici, mentre aumentano i consumi specifici di circa il 10%, a causa del minore potere calorifico del metilestere. 1.6.5. L’impiantistica Le taglie degli impianti di transesterificazione vanno da sistemi, quasi domestici, in grado di fornire un migliaio di litri al giorno di biodiesel, e che sono di dimensioni modeste, e quindi 43 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive anche localizzabili in piccoli depositi, a sistemi industriali della potenzialità di quasi centomila litri al giorno di biodiesel e che richiedono spazi molto più consistenti (fig. 6-7). Figura 6 - Impianto di produzione di olio combustibile. Figura 7 - Impianto di produzione del biodiesel. 44 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Proprio nell’ottica di contenere i costi di produzione del biodiesel si fa presente che l’olio grezzo di partenza può essere uno qualsiasi di quelli derivati dalle colture energetiche di cui si è parlato nella prima parte di questa relazione, o anche loro miscele, oppure olio già usato per frittura o grasso di origine animale, derivante ad esempio da scarti di allevamento animali. Vi sono, infatti, già in commercio impianti di transesterificazione che provvedono automaticamente a dosare opportunamente gli additivi chimici in modo che il prodotto formato, biodiesel, abbia le caratteristiche chimiche e fisiche cercate, senza che debba intervenire l’operatore. Ovviamente questa grande varietà di materiale primo da poter usare nel processo di esterificazione aumenta molto il potenziale di produzione del biodiesel e può far limitare i costi di produzione, grazie alla possibilità che si sviluppino opportune campagne di approvvigionamento, non legate solamente al produttore agricolo degli oli vegetali, ma anche agli allevatori di bestiami, alle friggitorie, ai ristoranti. E’ ipotizzabile, infatti, che in una città sarebbe molto apprezzato dai ristoratori un sistema di recupero degli oli esausti, fritti, che toglierebbe loro l’incombenza di doversi disfare di questi residui non più utilizzabili per la ristorazione. Vi sono già iniziative concrete in molte nazioni per ottenere il carburante per autotrazione partendo dai residui di olio fritto. La più importante è quella legata a McDonald, importante catena mondiale di hamburgers e patatine fritte, che ha in programma un progetto di riconversione dell'olio esausto in biodiesel con il quale alimentare gli automezzi che consegnano i cibi da friggere negli oltre 1200 ristoranti britannici. Altro brillante esempio di possibilità di sfruttamento dei residui organici è dato dall’impianto di recente inaugurato in Brasile per la produzione di biodiesel dalla trasformazione di grasso di manzo. Lo stabilimento è situato a Lins nello stato di San Paolo ed è gestito dalla società Bertin, uno dei maggiori produttori ed esportatori di carne di manzo del Brasile. Un investimento importante visto che l’impianto può soddisfare con la sua produzione il 18% della domanda nazionale di biodiesel. E tutto questo grazie all’impiego giornaliero di 300 tonnellate di grasso bovino al giorno. Inizialmente il carburante prodotto sarà utilizzato per i camion della società stessa e la parte rimanente verrà collocata sul mercato nazionale. 45 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive 2. FILIERA OLI VEGETALI 2.1. Aspetti generali La filiera degli oli vegetali grezzi è un’importante alternativa alla filiera del biodiesel e si sviluppa a partire dalle stesse materie prime di partenza, includendo le colture oleaginose che sono state già menzionate. Nella maggioranza delle applicazioni sperimentali, sono stati utilizzati: oli a diversi gradi di raffinazione (dal prodotto semplicemente estratto dal seme agli oli demucillaginati, degommati e decolorati); relativi metilesteri (o biodiesel); miscele olio-gasolio o metilesteri-gasolio. In linea generale, gli oli, rispetto ai metilesteri, risultano interessanti per i minori costi di produzione e il migliore bilancio energetico, sono inoltre facili da produrre e quindi tutto sommato si dimostrano interessanti per quelle realtà (paesi in via di sviluppo) dove i principali obiettivi sono l’auto-produzione di energia a bassi costi e il massimo vantaggio energetico (l’energia per estrarre l’olio è una minima parte rispetto all’energia contenuta nell’olio). Ma anche nei paesi industrializzati l’olio grezzo può essere utilizzato in impianti di media taglia (515 MWe) con motori diesel navali o turbine a gas per la produzione di calore e elettricità. Il loro impiego motoristico nei paesi industrializzati, in effetti, non risulta proponibile per problemi strettamente commerciali (difficoltà di distribuzione; necessità di motori appositamente costruiti o modificati) anche se, a livello europeo, si dispone di tecnologie idonee. L’olio, quindi, rimane un combustibile motoristico di emergenza o potenzialmente adatto per taluni paesi in via di sviluppo. Questo ultimo caso è di straordinario interesse sociale ma oggi, non è sufficiente per polarizzare l’interesse economico e politico di potenziali produttori e/o utilizzatori. Limitando l’analisi al contesto europeo, l’olio vegetale (e anche le sue miscele con il gasolio), comunque, potrebbe costituire una alternativa di un certo interesse per utenze energetiche medio/grandi (esempio: impianti per la produzione di elettricità) o per macchine termiche particolarmente semplici (esempio: bruciatori per oli densi). 2.2. Caratteristiche e utilizzi degli oli vegetali L’utilizzo di oli vegetali nei motori diesel non è un’idea nuova. Proprio Rudolf Diesel iniziò lo sviluppo del motore diesel utilizzando olio di arachidi e addirittura durante l’Esibizione Universale di Parigi del 1900 la Otto Company presentò un piccolo motore capace di funzionare sia con gasolio che con olio vegetale o animale. Nel 1925 l'ingegnere francese Gautier fece dei test approfonditi su motori diesel marini da 250/550 kW a basso numero di giri (390/420), utilizzando olio di arachidi, di palma e di ricino e studiò il diverso comportamento del motore conseguente a varie modifiche. I risultati che ottenne non furono molto diversi da quelli attuali: prestazioni termodinamiche leggermente migliori di quelle del gasolio, aumento dei consumi (5%). 46 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Il risultato di questi studi ebbe alcune conseguenze durante la II Guerra Mondiale: 100 t/mese di olio di palma furono consumate nel porto di Abidjan (Costa d’Avorio) in motori da 40 a 700 kW; mentre olio di arachidi fu utilizzato come carburante per le colonne di camion adibite ai trasporti tra Dakar e Algeri (3500 km). Dalla guerra ad oggi lo sviluppo tecnologico ha portato ad un uso quasi esclusivo dei combustibili fossili, inoltre i motori diesel sono stati migliorati enormemente, soprattutto per quanto riguarda gli iniettori e i sistemi di controllo, a tal punto da diventare poco flessibili per l’utilizzo con carburanti diversi dal gasolio. Contemporaneamente i combustibili vegetali furono progressivamente messi da parte principalmente per due ragioni: l’alto costo produttivo e la non costanza qualitativa del prodotto. Il tutto fu fortemente influenzato dalla politica di sviluppo dei paesi industrializzati in quel periodo, basata su bassi costi del combustibile fossile e sulla massimizzazione della produzione agricola alimentare. Solo la crisi energetica degli anni settanta (legata alla guerra del Kippur) risvegliò l’interesse sull’argomento e fece partire nuove campagne di studi in Australia e Nuova Zelanda. Nel 1982 comparve il primo motore Elsbett. A partire dal 1990 furono realizzati vari impianti di esterificazione degli oli vegetali, soprattutto a livello comunitario, grazie anche al surplus alimentare e alle produzioni no-food ottenute sui terreni a set-aside. C’è da dire che al giorno d’oggi è maggiormente sviluppato l’utilizzo degli esteri dell’olio vegetale piuttosto che l’utilizzo dell’olio tal quale e ciò sostanzialmente per due ragioni: minori problemi di utilizzo (maggiore flessibilità) e elevato valore aggiunto del combustibile. L’elevata viscosità dell’olio vegetale è sicuramente un problema importante poiché causa una combustione incompleta dovuta all’incapacità degli iniettori ad atomizzare l’olio grezzo. Le caratteristiche del motore non sono quindi costanti. Si formano normalmente depositi di carbone nella camera di combustione e l’olio lubrificante si contamina facilmente. In conclusione l’olio vegetale grezzo può essere utilizzato nei motori sia puro che in miscela con gasolio, ma obbliga ad eseguire alcune modifiche meccaniche e tecniche a causa della sua elevata viscosità. Esistono alcuni motori concepiti per funzionare ad olio, ma sono di difficile reperimento sul mercato, quindi allo stato attuale è conveniente: - utilizzare l’iniezione indiretta e iniettori auto-pulenti; - prevedere un sistema di preriscaldamento del combustibile per non ostruire i filtri (attorno ai 60 °C); - favorire l’accensione del motore con gasolio in ambienti freddi; - aumentare il flusso di carburante per mantenere potenza e coppia simili a quelle dell’alimentazione a gasolio; - utilizzare olio lubrificante con alto potere detergente; - evitare frequenti accensioni e spegnimenti che potrebbero causare problemi dovuti alla particolare curva di distillazione dell’olio. 47 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Per quanto concerne l’utilizzo di olio combustibile nei motori diesel per autotrazione c’è da fare una distinzione tra motori di nuova generazione ad alte prestazioni e quelli di vecchia generazione. Infatti nei primi, a lungo andare, specialmente se è presente la tecnologia common rail o iniettore pompa vi è la quasi matematica certezza di danneggiare l’impianto di iniezione (pompa e iniettori) nonché il motore. Una delle ragioni dei grippaggi, è che gli oli vegetali contengono cere e se non vengono polverizzati a sufficienza dagli iniettori e quindi bruciati correttamente possono trafilare tra pistoni e cilindri e arrivare ad inquinare l’olio motore. I trafilamenti causano l’incrostazione delle sedi delle fasce elastiche dei pistoni, che le fa bloccare limitandone la tenuta, questo contribuisce ad aumentare ancor di più il flusso di olio vegetale nella coppa olio motore. L’olio vegetale non è adatto a sopportare le temperature dell’olio motore e quindi polimerizza e causa incrostazioni. Nella tabella 15 viene fornito un raffronto tra le proprietà dell’olio combustibile e il diesel tal quale, chiamato comunemente diesel. Tabella 15 – Confronto tra le proprietà del diesel e l’olio. PROPRIETA’ Potere calorifico volumico Potere calorifico massico Densità [kJ / m3] Numero di Cetano Punto di accensione Viscosità a 20° [cSt.] Acidità Velocità di fiamma [m/s] Polimerizzazione OLIO VEGETALE DIESEL 34300 37400 916 32-36 300 60 <7 < 0.2 Alta 36000 42500 830 48-52 90 5 >7 >0.4 Nessuna [kJ/dm3] [kJ /kg] [kJ / m3] [n] [°C] [cSt.] [pH] [m/s] Queste caratteristiche sono la base principale della progettazione e sperimentazione delle modifiche da effettuare ai motori: • potere calorico volumico, massico e densità: per queste prime caratteristiche, che determinano la potenza nei motori, non sono necessarie modifiche, pertanto i motori svilupperanno circa il 10% di potenza in meno; • numero di cetano: per questa caratteristica, che determina la facilità di accensione a freddo, bisogna dotare i motori di dispositivi atti a compensare questo limite; • punto di accensione: per questa caratteristica che indica la temperatura minima di accensione del combustibile nella camera di scoppio, considerando che in alcune zone della stessa la temperatura media è inferiore ai 300 °C, sono necessari dispositivi di correzione; • viscosità: per questa caratteristica, che indica la fluidità necessaria per una corretta polverizzazione da parte degli iniettori ed una corretta scorrevolezza all’interno della 48 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive pompa ad iniezione, bisogna dotare i motori di dispositivi atti a ridurne la viscosità a valori di 5-10 cSt; • acidità: durante il funzionamento dei motori una piccola parte del carburante trafila tra la camera di scoppio ed il basamento, contaminando l’olio motore, questo, di carattere basico, reagisce con il carburante acido formando sali che in breve tempo modificano le caratteristiche dell’olio motore. Tale inconveniente viene affrontato con additivi di origine vegetale per la correzione ed il controllo del pH dell’olio motore e/o dell’olio vegetale; • velocità di fiamma: con la velocità di fiamma si misura il tempo che impiega la combustione a completarsi in un determinato spazio. Se la velocità è molto bassa, pur essendo molto piccolo lo spazio nella camera di scoppio, la combustione non è completa e il rendimento del motore crolla. Pertanto sono necessari accorgimenti atti ad incrementare questa caratteristica; • polimerizzazione: la parte insatura dell’olio, in presenza di aria, alta temperatura ed alcuni metalli, innesca ed alimenta un processo irreversibile di polimerizzazione. L’olio polimerizzato è solido e quindi è un pericolo per il motore. Pertanto è necessario impedire questo processo con accorgimenti chimici e fisici. 2.3. Studio di fattibilità economica di una centrale ad olio vegetale Diversi sono i tentativi di definire la convenienza economica relativa ad investimenti in una centrale elettrica alimentata ad olio combustibile. A tal fine sono state realizzate analisi economiche riferite ad ipotesi d’impiego degli oli vegetali per la produzione di energia elettrica in diverse condizioni di mercato. Vengono di seguito ipotizzati tre scenari diversi, ottenuti variando i dati di partenza richiesti per l’analisi quali il costo del combustibile, il prezzo dei certificati verdi, il costo di manutenzione. Si forniscono dapprima pertanto i dati di partenza dello Scenario 1 riportati in tabella 16. Tabella 16 – Dati iniziali Scenario 1. SCENARIO 1 Potenza centrale 0,45 MW Prezzo energia elettrica 0,07 € / kWh Prezzo certificati verdi 125,28 € / MWh Costo olio vegetale combustibile 0,5 € / kg Consumo specifico del combustibile 270 g / kWh Partendo da tali dati è possibile ricavarne degli altri: • ore di funzionamento totali della centrale calcolate in un anno sono pari a 8.666,6 h/anno. 49 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Moltiplicando tale valore per la potenza sviluppata dalla centrale si otterranno i megawattora prodotti dalla centrale in un anno, ovvero la sua resa energetica: • resa energetica annua = 0,45 * 8666,6 = 3899,9 [MWh / anno]. Per calcolare il consumo di combustibile annuale si moltiplica il consumo specifico di combustibile per la resa energetica annua e aggiustando le unità di misura: • Consumo di combustibile = 3899,9 * 1000 * 0,27 = 1052987 [kg /anno]. Calcolo di ricavi e costi annuali per lo Scenario 1 Il primo ricavo è quello derivato dalla vendita dell’energia elettrica, ottenuto moltiplicando il prezzo dell’energia elettrica per la resa energetica annua: R1 = 3899,9 * 1000 * 0,07 = 272996 [€ / anno]. Il secondo ricavo è determinato dai Certificati Verdi che sono venduti come multipli di 50 MWh: R2 = 3899,9 * 125,28 = 488586 [€ / anno]. Per quanto riguarda i costi, il primo è l’investimento iniziale che è stato ipotizzato pari a: C1 = 200000 [€] , il secondo costo è quello dovuto alla manutenzione che è stato fissato per ipotesi al 10 % dell’investimento iniziale: C2 = 20000 [€]. Il terzo costo è quello principale ovvero quello dovuto al combustibile, che si ottiene moltiplicando il consumo annuale di combustibile per il costo al kg: C3 = 0,5 * 1052987 = 526493 [€ / anno]. Lo Scenario 2 è invece ottenuto utilizzando il prezzo dei certificati verdi al 2002 ovvero 84,18 €/MWh e mantenendo inalterati tutti gli altri dati relativi ai costi e ai ricavi (tab. 17). Tabella 17 – Dati iniziali Scenario 2. SCENARIO 2 Potenza centrale 0,45 MW Prezzo energia elettrica 0,07 € / kWh Prezzo certificati verdi 84,18 € / MWh Costo olio vegetale combustibile 0,5 € / kg Consumo specifico del combustibile 270 g / kWh Nello Scenario 3 viene studiata la variazione di altri parametri quali il costo combustibile e il costo di manutenzione (C2). Viene utilizzato l’attuale prezzo dei certificati verdi (125,28 €/MWh), il costo di combustibile è portato a 0,60 €/kg, il costo di manutenzione è incrementato 50 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive a 30000 €/anno e tutti gli altri dati rimangono inalterati;in tal caso il costo C3 relativo al combustibile è pari a C3 = 0,60 * 1052987 = 631792 [€ / anno] e gli altri dati sono riportati in tabella 18. Tabella 18 – Dati iniziali Scenario 3. SCENARIO 3 Potenza centrale 0,45 MW Prezzo energia elettrica 0,07 € / kWh Prezzo certificati verdi 125,28 € / MWh Costo olio vegetale combustibile 0,6 € / kg Consumo specifico del combustibile 270 g / kWh Tenendo presenti tali valori relativi ai costi e ai ricavi, può essere svolta un’analisi dell’investimento per i primi 8 anni (periodo per il quale si ha diritto ad avere i certificati verdi, infatti dopo 8 anni l’investimento non è più conveniente). Tale analisi, nello Scenario 1, mette in evidenza che l’investimento risulta essere conveniente sin da subito, cioè a partire dal I anno grazie però al forte apporto economico dato dai certificati verdi. In realtà bisogna considerare che i parametri ipotizzati costanti per lo Scenario 1 influenzano fortemente la fattibilità dell’investimento. Uno di parametri ipotizzati è proprio il prezzo dei certificati verdi, il cui valore è variato notevolmente rispetto agli anni passati. Infatti se il prezzo dei certificati verdi fosse stato quello del 2002 ovvero 84,18 €/MWh, risulta meno conveniente effettuare tale investimento. In questo caso (Scenario 2), si evidenzia come l’investimento risulti praticamente poco conveniente perché il periodo necessario a rendere positivi i flussi di cassa (differenza tra entrate ed uscite) passa da circa uno a circa quattro anni. Si può quindi affermare che il prezzo dei certificati verdi sia un parametro molto influente sull’andamento dell’investimento ed è quindi il principale elemento che necessita di uno studio più approfondito. Nello Scenario 3, avendo fatto una variazione sostanziale di due parametri si nota come non sia variata moltissimo la positività dell’investimento o comunque come la variazione di questi fattori (aumento del costo del combustibile e costo di manutenzione) sia sicuramente meno influente sull’investimento rispetto al variare dei certificati verdi. Si nota anche come in quest’ultimo caso il periodo necessario a rendere positivi i flussi di cassa (differenza tra entrate ed uscite) sia maggiore di due anni. Quanto detto è riassunto in figura 8, in cui è riportato l’NPV (Net Present Value), che è la somma di tutti i flussi di cassa (differenza tra entrate ed uscite) attualizzati e misura dunque la 51 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive convenienza dell’investimento. Tale parametro all’ottavo anno, ha nello Scenario 1 un valore di 1.278.513 euro, nello Scenario 2 di 176.700 euro ed infine nello Scenario 3 di 485.955 euro. SCENARIO 1 SCENARIO 2 SCENARIO 3 1400 1200 NPV [Migliaia di €] 1000 800 600 400 200 0 -200 0 2 4 6 8 10 -400 Anni Figura 8 – Flussi di cassa nei tre differenti scenari. In conclusione si è mostrato come sia completamente variabile lo scenario dell’investimento per l’impianto oggetto dello studio. Tuttavia con le attuali condizioni e soprattutto con le agevolazioni fornite dai certificati verdi (SCENARIO 1), l’investimento si presenta molto vantaggioso dal punto di vista economico. Sicuramente tutte le variabili, essendo numerose, potrebbero rendere un investimento che allo stato attuale si presenta conveniente non positivo; bisogna comunque considerare che l’andamento di alcune variabili come il costo combustibile, il prezzo dei certificati verdi e il prezzo di vendita dell’energia elettrica è variabile con una certa moderatezza nel tempo. Quindi non ci si aspetta notevoli cambiamenti per un investimento ipotizzato ad un termine relativamente breve quale può essere quello di otto anni. Inoltre bisogna ricordare che il prezzo dei certificati verdi, che è sicuramente uno dei parametri più influenti di tale investimento, sembra essere in continua crescita e quindi a favore dell’investimento. In conclusione si può affermare che l’investimento sembra essere davvero conveniente. 52 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive 3. FILIERA BIOETANOLO 3.1. Il bioetanolo nel mondo e nell’U.E. Attualmente, la principale forma di biocarburante è rappresentato dal bioetanolo, con una incidenza pari all’85%. Infatti nel 2007 sono stati prodotti 52 miliardi di litri di etanolo (fonte FAO) (tab.19), pari a tre volte di più della produzione registrata agli inizi del 2000 e tendenza ad ulteriore crescita. La produzione è concentrata per la quasi totalità negli Stati Uniti e Brasile. Con l'avvio della nuova politica voluta da Bush gli Stati Uniti si confermano il primo paese produttore al mondo di etanolo con una produzione di 27 miliardi di litri nel 2007, utilizzando come materia prima principalmente mais. Segue il Brasile, paese pioniere nel campo dei biocarburanti, con 19 miliardi di litri prodotti a partire da canna da zucchero (di cui più di 2.500 Ml destinati all’esportazione). Più recentemente l’Asia (in particolare la Cina, l’India e la Thailandia) ha riposto interesse nella produzione di bioetanolo a grande scala. Tabella 19 – Produzione mondiale di bioetanolo. Paese Miliardi di litri Mtoe Brasile 19.000 10.44 Canada 1.000 0.55 Cina 1.840 1.01 India 400 0.22 Stati uniti d’America 26.500 14.55 UE 27 2.253 1.24 Altri 2.017 0.56 Mondo 52.009 28.57 L’UE, con una produzione di bioetanolo nel 2007 di 2.253 Ml, risulta il quarto produttore mondiale di bioetanolo, con produzione comunque in costante crescita, avendo fatto registrare nel 2007 un incremento della produzione del 13% rispetto al 2006 (tab. 20). I principali produttori sono rappresentati da Francia, Germania e Spagna, mentre l’Italia rappresenta il quinto paese produttore europeo con 60 ml/anno. 53 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Tabella 20 - Produzione di bioetanolo nell’UE 27 (ML/anno). Paese Ml/anno Repubblica Ceca 33 Germania 394 Spagna 348 Francia 578 Ungheria 30 Italia 60 Lituania 20 Lettonia 18 Olanda 14 Polonia 155 Svezia 70 Slovacchia 30 Regno Unito 20 UE 27 1.770 Diverse sono le colture destinate alla produzione di tale tipo di bicarburante (tab. 21), con differenti rese ed efficienze colturali. Da considerare, inoltre, la possibilità di utilizzo di diversi sottoprodotti da destinare alla produzione di etanolo. Tabella 21 – Produttività in bioetanolo delle principali colture. Coltura Resa media Efficienza di Resa in (t/ha) conversione bioetanolo (litri/tonn) (Litri/ha) Barbabietola da zucchero 46 110 5060 Canna da zucchero 65 70 4550 Manioca 12 180 2070 Mais 4.9 400 1960 Riso 4.2 430 1806 Frumento 2.8 340 952 Sorgo da granella 1.3 380 494 Notevole è, sia a livello mondiale che europeo, l’attenzione rivolta alla crescita di tali produzioni, favorite peraltro da incentivi di tipo fiscale (tab.22). Infatti, in Europa, nella maggior parte dei Paesi è prevista una detassazione totale del carburante, con vantaggi notevoli per i produttori. Questo ha fatto si che la produzione di bioetanolo sia pressoché quadruplicata rispetto al 2003, 54 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive con tendenza alla crescita. Da rilevare una leggera flessione nelle produzione del 2007 in alcuni paesi, rispetto all’anno precedente, legato essenzialmente all’andamento anomalo dei mercati mondiali dei cereali, che durate tale annata ha visto delle crescite notevoli nei prezzi per la destinazione alimentare. Tabella 22 - Andamento della produzione e livelli di detassazione nella produzione di bioetanolo nell'UE (situazione 2006-2007). Accise Paese [€/1'000 l] 607 Detassazione Contingente bioetanolo [€/1'000 l] 330 Produzione annua [Ml/anno] [t/an] 2003 2004 2005 2006 2007 54% 561'000 103 128 126 250 578 FR Francia DE Germania 670 670 100% Illimitato 0 25 151 431 394 ES Spagna 396 396 100% Illimitato 201 244 302 402 348 PL Polonia 416 416 100% Illimitato 76 45 86 120 155 SE Svezia 371 371 100% 220'000 65 65 164 140 70 IT Italia 564 289 imp. pilota - - - 128 60 HU Ungheria 376 376 100% Illimitato - - 15 34 30 - 88 129 32 60 135 - 534 618 907 1'565 1'770 Altri - - EU-27 Europa 27 - - 51% - Va rilevato, in ogni caso, l’avvio della produzione del bioetanolo in diversi paesi, quali l’Italia, Ungheria e, più recentemente, Slovacchia e del Regno Unito tra i Paesi produttori di bioetanolo, con rispettivamente 30 e 20 Ml. Da rilevare la presenza di un certo flusso importativo di tale carburante nell’UE, pari a circa 1.000 Ml nel 2007 per lo più dal Brasile da parte della Svezia, Regno Unito e Olanda. Il settore è in ogni caso in crescita, con costante incremento produttivo nell’ultimo decennio (tab.23). 55 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Tabella 23 - Evoluzione della produzione di bioetanolo nell’Europa-27. Produzione Anno 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 Incremento [Ml/anno] [PJ/anno] [%/anno] 44 60 101 136 202 241 248 222 292 424 488 534 617 907 1'565 1'770 1 1 2 3 4 5 5 5 6 9 10 11 13 19 33 38 36% 68% 35% 49% 19% 3% -10% 31% 46% 15% 9% 16% 47% 73% 13% 3.2. La situazione in Italia La produzione di bioetanolo al livello nazionale è ancora molto limitata, anche perché la sua produzione è stata avviata abbastanza di recente. Nel 2005 in Italia il bioetanolo è stato prodotto principalmente dalla distillazione dei sottoprodotti delle filiere per la produzione del vino (40.000 t) (distillazioni obbligatorie ai sensi dell’art. 27 e ai sensi dell’art. 30 del Regolamento (CE) n. 1493/1999), dello zucchero (melasso) ed in parte dai cereali (56.000 t) (fig. 9). Figura 9 - Materie prime impiegate per la produzione italiana di bioetanolo nel 2003. 56 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive La maggior parte è stata commercializzata fuori dal mercato italiano, 8.000 t sono state immesse nel mercato nazionale con l’agevolazione sull’accisa. Lo sgravio fiscale riconosciuto con la legge finanziaria 2005 (219 milioni € - 1 milione di hl) non e’ stato ancora autorizzato dalla Direzione Generale della Concorrenza (DGC) della Commissione europea sebbene: 1. la precedente autorizzazione (dicembre 2003, ora scaduta) della commissione al governo italiano relativamente al progetto di defiscalizzazione di cui alla finanziaria 2001 sia stata concessa all’identico sgravio fiscale ora riproposto (42% dell’accisa piena per l’ETBE). 2. altri stati membri con sgravi superiori al nostro e addirittura con esenzione totale dall’accisa siano stati regolarmente e rapidamente autorizzati o addirittura non abbiano neanche chiesto il nulla osta alla DGC. In Italia nel 2005 è stata raggiunta una quota complessiva di biocarburanti (biodiesel e bioetanolo) miscelati con carburanti fossili pari allo 0,50%, espresso sul tenore energetico, della benzina e del gasolio immessi sul mercato, mentre l’obiettivo della Direttiva 2003/30/CE per il 2005 era del 2%, espresso sul tenore energetico. Secondo la tendenza attuale dei consumi, nel 2010 sarà necessario raggiungere un contributo dei biocarburanti di 2.230.000 Tep, pari a 1.800.000 tonnellate di biodiesel e 1.020.000 tonnellate di bioetanolo. La necessità di dover aumentare la propria quota di biocarburanti, ha determinato la realizzazione di impianti, in fase di completamento, per la produzione di bioetanolo di seconda generazione. 3.3. Aspetti agronomici delle colture dedicate per la produzione di bioetanolo L'etanolo ottenuto da materie prime di origine vegetale è una fonte energetica rinnovabile che può essere utilizzata come carburante o più propriamente come materia prima per additivi per la benzina come l’ETBE (Etil-terz-butil-etere, analogo al Metil-terz-butil-etere attualmente in uso nel carburante senza piombo). Il bioetanolo può essere prodotto da materie prime di origine agricola ottenuta da colture: - saccarifere: colture dedicate (barbabietola da zucchero, sorgo zuccherino, canna da zucchero) e residui agro-industriali (melasso, vinacce). - amidacee: colture dedicate (mais, frumento tenero, frumento duro) e residui agro-industriali (lavorazione della patata). - ligno-cellulosiche: colture dedicate (canna comune, panico, miscanto, sorgo da saggina) e residui agro-forestali e frazione organica dei residui solidi urbani (FORSU). A livello mondiale le colture più utilizzate per la produzione di bioetanolo sono barbabietola e canna da zucchero. Nei contesti europei invece le colture più utilizzate per la produzione di bioetanolo sono i cereali vernini (frumento 50% ed orzo 20%) e la barbabietola da zucchero 57 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive (30%), quest’ultima più concentrata nei paesi nord europei, ove la coltura trova le condizioni ottimali di crescita. 3.4. Colture saccarifere 3.4.1. Barbabietola da zucchero La coltivazione della barbabietola da zucchero in Europa ha origine verso la fine del XVIII secolo, quando veniva coltivata come specie selezionata per il suo alto contenuto di zucchero nella radice fittonante. Riconosciuta a livello mondiale come una delle materie prime più importanti per l’estrazione di zucchero, viene prevalentemente coltivata nelle zone a clima temperato. Coltivata diffusamente in Europa, ma anche negli Stati Uniti, Canada ed Asia, è una coltura a ciclo primaverile-estivo negli ambienti nordici mentre nel bacino mediterraneo è possibile praticare un ciclo vernino-primaverile, con possibilità di beneficiare delle precipitazioni invernali e sfuggendo alle alte temperature del periodo primaverile estivo. La coltivazione in Italia, a seguito della riforma dell’OCM bieticola-saccarifera, ha visto una notevole contrazione delle superfici con la conseguente necessità di convertire buona parte degli impianti presenti in Italia, tra cui uno in Puglia. Nello specifico, appare alquanto interessante la prospettiva di destinare parte della produzione di barbabietole da zucchero alla produzione di bioetanolo, per il forte impatto negativo della riforma sul settore bieticolo saccarifero-nazionale. Il recupero dei bacini bieticoli pugliesi (16.000 ha circa), come aree rurali dedicate alla produzione di biomasse per uso energetico, costituirebbe una possibilità di valorizzazione di una storica competenza tecnica presente sul territorio nel settore delle colture industriali. Il mondo della ricerca, da parte sua, sta contribuendo a rendere più sostenibile queste ipotesi di conversione di destinazione della produzione bieticola selezionando materiale genetico ad elevata resa in zuccheri fermentescibili, trascurando quelle qualità di purezza dei sughi necessarie per la produzione di solo zucchero, e valorizzando i sottoprodotti della lavorazione industriale sempre a fini energetici. L’attenzione rivolta alla bietola da zucchero come coltura energetica risale in Italia ad oltre un ventennio fa con numerosi studi sul bilancio energetico con risultati estremamente variabili in funzione delle tecniche di coltivazione e degli ambienti (Cavazza et al. 1983). Dati acquisiti a livello europeo evidenziano, in un confronto tra colture alcoligene, un guadagno energetico della barbabietola secondo solo a quello del sorgo zuccherino (Venturi et al. 1988). A parte gli aspetti energetici, molto importanti appaiono le componenti tecniche e logistiche connesse allo sviluppo della filiera bioetanolo. Da questo punto di vista la barbabietola da zucchero si colloca in una posizione di privilegio in quanto già coltura industriale inserita in una efficiente organizzazione di filiera saccarifera, di consolidata esperienza su tutto il territorio nazionale. 58 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Le più recenti attività di ricerca e sperimentazione realizzate sul territorio regionale sono state orientate, senza trascurare l’obiettivo produzione, verso la riduzione dell’impiego dei mezzi tecnici mirando a ridurre i costi di produzione e l’impatto ambientale. La produzione areica media regionale si attesta sulle 42 t ha-1 di radici il cui utilizzo diretto del sugo greggio permetterebbe di alimentare una distilleria da 10.000 tonnellate anno di bioetanolo con circa 2.700 ha coltivati a barbabietola. Appare evidente che la scelta degli areali più vocati e di varietà selezionate per la produzione di alcool, l’adozione di tecniche colturali funzionali alla produzione di materie prime ad uso energetico costituiscano fattori condizionanti la riconversione dei bacini bieticoli regionali in comprensori destinati alla produzione di energia da biomassa. L’ipotesi, inoltre, di sviluppo di sistemi integrati che prevedono la fermentazione di zuccheri ricavati da bietole e cereali, troverebbe nella tipica rotazione regionale “barbabietola - frumento” un altro elemento a favore dello sviluppo della filiera, anche nell’ottica della ricerca di una alternativa agricola credibile alla monocoltura granaria. 3.4.2. Sorgo zuccherino Il sorgo zuccherino appartiene alla specie Sorghum bicolor (L.) Moench, di origine tropicale, ma adattabile alle zone temperate. La parte aerea della pianta consiste di un culmo principale, che può superare i 4 m di altezza, e di un numero variabile di accestimenti. Al suo interno, il culmo è midolloso, succoso e ricco in zuccheri solubili la cui percentuale sul fresco può variare dall'8 al 14%. L'infiorescenza è costituita da un panicolo di dimensioni molto più ridotte rispetto ai tipi da granella per evitare un eccessivo accumulo di carboidrati nel seme. La capacità di entrare in dormienza nei periodi più caldi associata ad alcuni caratteri anatomici quali un apparato radicale che può estendersi nel terreno ad una profondità di oltre 1,5 m, uno strato siliceo presente nell'endoderma radicale e una cuticola cerosa sulla parte aerea, conferiscono a questa pianta un'elevata resistenza agli stress idrici. Infine il sorgo possiede un sistema di fotosintesi C4 che garantisce un'efficienza di fissazione della CO2 tra le più elevate. Tutte queste caratteristiche contribuiscono a fare del sorgo zuccherino una coltura interessante per la produzione di biomassa vegetale ad alto tenore zuccherino. Inoltre, tra le caratteristiche agronomiche, ha la capacità di consumo idrico ridotta (200 l/kg s.s., circa la metà rispetto a quelli del mais) ed un fabbisogno idrico di 300-350 mm, tra precipitazioni, riserva idrica del terreno ed eventuale irrigazione. Il sorgo si colloca tra le piante tesaurizzatrici delle disponibilità d'acqua, poiché la sua capacità radicale di suzione dell'acqua è superiore a quella di altre specie, il che consente il migliore sfruttamento delle riserve idriche del terreno. Negli ambienti dell'Italia meridionale con aridità molto spinta, il sorgo va comunque irrigato, anche se con volumi stagionali inferiori a quelli erogati ad altre specie quali il mais. Generalmente, buoni risultati si ottengono con interventi irrigui di soccorso. La coltura è in grado di assicurare una produzione agronomica elevata nelle stazioni mediamente fertili ma 59 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive soprattutto la possibilità di produzione in regimi irrigui abbastanza ridotti, quanto meno in alcuni areali (ad esempio bassa collina o fascia pedemontana). Si inserisce facilmente negli ordinari avvicendamenti, avendo un ciclo annuale. La produttività di biomassa fresca in aree di buona fertilità varia tra 70-90 t ha-1 (25 -30 t ha-1 di biomassa secca), mentre in aree di scarsa fertilità è di 40–50 t ha-1 di biomassa fresca (12–15 t ha-1 di biomassa secca). 3.4.3. Topinambur La coltura del topinambur, in ambienti meridionali, mostra una elevata potenzialità produttiva sia in termini di biomassa totale che per il rendimento in tuberi. Le condizioni termiche e fotosintetiche più favorevoli consentono tassi di crescita più elevati (Barloy et al., 1989). Tuttavia, la specie è particolarmente esigente dal punto di vista idrico, in special modo dalla fase di fioritura in poi (Conde et al., 1989) tanto da richiedere, nelle condizioni del sud Italia, il ricorso all’irrigazione. Le prospettive di diffusione come coltura energetica erano connesse ad uno sfruttamento integrale della pianta (fusti + tuberi) con risultati produttivi sempre superiori rispetto alla raccolta tradizionale di soli tuberi e con il vantaggio agronomico di liberare il terreno in modo anticipato (Paolini et al., 1996; Baldini et al., 2006). Non poche problematiche sono emerse, per contro, per quanto concerne la messa a punto di nuove macchine per la raccolta (fusti), il controllo dei ricacci nella coltura che segue e le nuove modalità di condizionamento del prodotto raccolto. La pianta accumula, nei fusti e poi nei tuberi, polimeri lineari del fruttosio (fruttani conosciuti anche con il nome di inulina) che possono essere fermentati per produrre bioetanolo. Esperienze condotte in Basilicata hanno evidenziato rese in zuccheri, ottenibili con volumi 3 -1 -1 stagionali compresi tra i 3000 – 3500 m ha , che oscillano tra le 10 e 15 t ha nel caso la coltura venga raccolta a fine ciclo (tuberi) o a fioritura (fusti + tuberi). Oggi la sua coltivazione, a livello nazionale, è relegata a limitate superfici principalmente per la produzione di tuberi per consumo umano od animale. 3.5. Colture amidacee 3.5.1. Cereali I cereali sono le più importanti specie di interesse agrario coltivate nel mondo con impieghi diversificati nel settore delle produzioni alimentari e che oggi suscitano notevole interesse come colture energetiche. La matrice amidacea delle cariossidi costituisce il substrato ideale di processi fermentativi per la produzione di bioetanolo. Tra i diversi cereali a paglia il grano, in particolare quello tenero, ed il triticale possono essere particolarmente interessanti per la produzione di etanolo grazie al loro alto contenuto di amido. Altrettanto interessante sono risultati la segale per la sua maggior adattabilità ad ambienti meno fertili e più freddi del nord Europa e l’orzo per quelli del sud. 60 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Requisito fondamentale per esaltare la resa in etanolo è quello di produrre cariossidi con il più alto contenuto di amido a discapito della frazione proteica. Per tale ragione nella gestione tecnica della coltivazione di cereali da bioetanolo particolare attenzione è rivolta alla scelta di varietale ed alla concimazione azotata con l’obiettivo di avere una produzione di cariossidi non particolarmente ricca in proteine. In Italia l’utilizzo di colture cerealicole dedicate alla produzione bioetanolo è ancora limitato; rappresenta appena il 14% circa del totale delle materie prime utilizzate. 3.5.2. Cereali a paglia Nel contesto nazionale il frumento rappresenta la principale coltura cerealicola con una netta ripartizione geografica tra la tipologie duro e tenero. E’ ben nota la superiorità produttiva del frumento tenero soprattutto negli ambienti del nord Italia dove questa coltura è maggiormente diffusa. Meno produttivo è il frumento duro soprattutto negli areali tipici di coltivazione del sud Italia. Appare evidente come questo elemento orienti la scelta, considerato che il bilancio energetico per ettaro è principalmente influenzato dal comportamento produttivo del cereale. La coltivazione di frumenti teneri a basso tenore proteico scegliendo fra i biscottieri, più stabili e produttivi potrebbe rappresentare la scelta colturale più coerente con l’esigenza di produrre elevati quantitativi di amido. La possibilità di utilizzo energetico dei cereali a paglia presenta delle problematiche legate sia al mercato della coltura, che in Italia alimenta una fiorente industria agroalimentare. Le notevoli fluttuazione del prezzo avutesi negli ultimi anni, sia per quanto riguarda il petrolio che il frumento, non danno possibilità di orientare in modo sistematico la destinazione d’uso dei cereali, aspetto negativo per una programmazione delle colture destinate agli impianti per la produzione di bioetanolo. Inoltre, per quanto quindi si possa ritenere che l’introduzione di colture granarie per la produzione di etanolo trovi implicazioni favorevoli dal punto di vista tecnico e sociale trattandosi di specie di solida ed antica tradizione, non altrettanto è possibile affermare relativamente alla convenienza economica ed energetica. Infatti nel confronto con altre colture alcoligene cereali a paglia come frumento ed orzo fanno -1 registrare i più bassi valori di resa energetica (55 e 32 GJ ha ). La situazione non è molto differente quando si considerano i cereali minori quali orzo, triticale e segale tenuto conto che le superfici da dedicare a queste colture andrebbero sottratte al frumento duro. 3.5.3. Cereali primaverili estivi Tra i cereali primaverili il mais, appartenendo al gruppo delle piante C-4, consente di ottenere un alto ricavo di sostanza secca rispetto a quello delle altre piante energetiche (piante C-3). 61 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Questa condizione la pone in netto vantaggio dal punto di vista energetico rispetto alle altre colture da bioetanolo. La resa energetica massima è molto prossima a quella della barbabietola da zucchero (110 GJ ha-1). Attualmente negli areali maidicoli nazionali non vi è particolare interesse all’utilizzo della granella per la produzione di bioetanolo. La ricerca in ogni caso pone molta attenzione a questa specie come coltura da bioetanolo. Attraverso il miglioramento genetico oggi si dispone di ibridi di mais ad alto etanolo (High Total Fermentables, HTF), con rese per ettaro più elevate e con un migliore valore nutrizionale dei co-prodotti della produzione di etanolo. L’attenzione riposta in questa coltura è relativa alle prospettive di sviluppo del bioetanolo di seconda generazione a partire da cellulosa. Per quanto interessanti, le future prospettive di utilizzo del mais nel settore energetico di certo la sua diffusione non potrà essere prevedibile in ambienti meridionali. Il mais, infatti, come coltura primaverile, trova in ambienti meridionali delle difficoltà legate alla disponibilità di acqua per uso irriguo un fattore limitante anche in termini di bilancio energetico. Il sorgo da granella di contro manifesta per una migliore adattabilità ad ambienti a clima caldo arido ma per quanto resistente a condizioni di stress idrico la sua produttività è sempre piuttosto limitata li dove non è possibile prevedere interventi irrigui di soccorso. Diversi studi condotti in alcune località della Puglia e Basilicata hanno evidenziato la necessità di dover intervenire con un numero variabile da 1 a 4 apporti irrigui per poter conseguire produzioni soddisfacenti. In considerazione della più limitata produttività rispetto al mais il guadagno energetico del sorgo risulta essere non molto distante da quello ottenibile dai cereali a paglia al punto da non ritenere sostenibile la coltura nei contesti regionali. 3.6. Colture lignocellulosiche Le colture lignocellulosiche hanno acquisito una certa importanza nella produzione di biocarburanti di seconda generazione, che hanno rese notevolmente superiori a quelle della prima generazione. 3.6.1. Sorgo da fibra Il sorgo è una delle prime piante coltivate dall’uomo. Originario dell’Africa si è diffuso anticamente in Asia e in Europa e più recentemente nelle Americhe e in Oceania; nella regione africana e asiatica, questo cereale era utilizzato soprattutto per la produzione granellare, costituendo una delle principali fonti di sussistenza, assieme al miglio e al panico, per le popolazioni locali. Attualmente la coltivazione del sorgo si è diffusa anche in alcuni paesi occidentali (USA ed Europa) dove viene utilizzato soprattutto per l’alimentazione del bestiame. Dal punto di vista tassonomico Sorghum bicolor è una graminacea appartenente alla famiglia delle Poaceae, tribù delle Andropogoneae (cui appartiene anche la canna da zucchero), 62 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive caratterizzata da un ciclo fotosintetico C4. È una pianta erbacea annuale che può raggiungere altezze notevoli ed una elevata capacità di assorbimento idrico, maggiore del mais, conferendo a questa specie, insieme alle altre caratteristiche evidenziate, una buona adattabilità a scarsi regimi idrici. Data la notevole opera di selezione e miglioramento genetico, è stato possibile selezionare varietà a diversa attitudine; tra queste troviamo sorghi da saggina, sorghi zuccherini, sorghi da foraggio, sorghi da granella e sorghi da fibra. Questi ultimi, considerati come ibridi tra un “sorgo da granella” e un “sorgo da saggina” o “da scope”, sono utilizzati anche per la produzione di biomasse a fini energetici e sono caratterizzati da internodi pieni di midollo secco e molto ricco in fibre. In linea generale il sorgo è caratterizzato da una fase iniziale di sviluppo piuttosto lento e solo dopo l’emissione di numerose foglie, e comunque non prima di un mese dall’emergenza, ha inizio una fase caratterizzata dal rapido accrescimento in altezza (levata) fino ad arrivare alla fase di spigatura. Negli areali dell’Italia meridionale, al fine di migliorare le performance produttive della coltura e per aumentare l’efficienza irrigua, è possibile sfruttare le miti condizioni climatiche anticipando la semina primaverile, con possibilità di effettuare un primo raccolto ad agosto ed un secondo in autunno. Sommando le quantità prodotte nel 1° e nel 2° raccolto è stato riscontrato un incremento, rispetto alla stessa coltura seminata in estate, dell’ 84% (Cra - Unità di Ricerca per i Sistemi Colturali degli Ambienti caldo-aridi). Le rese di biomassa riportate in bibliografia risultano piuttosto variabili, essendo ampiamente influenzate dalle condizioni agropedoclimatiche delle zone di coltivazione e dall’irrigazione. In Emilia Romagna sono state raggiunte produzioni medie, in coltura asciutta, dell’ordine di 24 t ha -1 per anno; in irriguo nel medesimo ambiente pedoclimatico, e con restituzione del 100% della ETR della coltura, le stesse varietà delle precedenti esperienze (Abetone e H 173) hanno raggiunto una resa media pari a 35,5 t ha-1 per anno. Anche negli areali più meridionali si sono registrate rese piuttosto elevate (circa 24 t ha-1 per anno), pur con limitati apporti di azoto e un solo intervento irriguo. L’apporto irriguo e di nutrienti, in ogni caso, rappresentano fattori indispensabili per l’ottenimento di rese produttive di un certo rilievo. Aspetto questo confermato da numerose altre esperienze condotte in Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Lazio, Campania, Sicilia, e quindi rappresentative di buona parte degli ambienti italiani, che portano a considerare questa coltura competitiva rispetto ad altre specie dedicate alla produzione di biomassa da energia, solo in presenza di elevate quantità di acqua e di nutrienti. Dal punto di vista qualitativo, il potere calorifico della biomassa secca prodotta, in funzione della -1 varietà utilizzata, oscilla tra 16 e 17 MJ kg ; il contenuto in ceneri di questa varia molto in rapporto a molteplici fattori della produzione (dal 4 a oltre il 9% della sostanza secca) con un contenuto di silice anch’esso oscillante dal 32 al 35%. 63 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive 3.6.2. Cardo Questa specie, tradizionalmente diffusa nel nostro paese come coltura orticola, ha subito negli ultimi anni una notevole rivalutazione anche come coltura finalizzata alla produzione di biomassa ad uso energetico. Trattasi di una specie erbacea perenne appartenente alla famiglia delle Asteraceae, tipica dell’orizzonte termomediterraneo (Lauretum caldo nella classificazione del Pavari) e come tale è diffusa in Europa meridionale, Nord Africa, America del Sud e Australia. In bibliografia sono riportati risultati discordanti sia rispetto alla produttività totale e annua della coltura sia alla durata dell’impianto: secondo alcune esperienze condotte nel Nord del Paese questa sembra decrescere dal primo anno in avanti, mentre in altri casi, nelle esperienze condotte nel Centro e nel Sud d’Italia, la produttività della coltura è risultata elevata nei primi anni dopo quello di impianto e si deprime sensibilmente soltanto a partire dal sesto anno. Sul piano della resa media annua, diverse esperienze spagnole riportano un potenziale -1 produttivo in biomassa secca di circa 20 t ha per anno; da alcune dirette sperimentazioni condotte nella pianura pisana sembrano risultare più probabili valori un poco inferiori (dalle 16 alle 14,1 t ha-1 per anno registrate in terreni franco-limosi), mentre in Sicilia sono state ottenute rese medie annuali variabili tra 11 e 15 t ha-1 per anno. Solo in terreni particolarmente fertili, al secondo e/o al terzo anno di età delle colture, sono state raggiunte anche da noi produzioni di punta di 21 t ha-1 per anno. La biomassa di cardo può essere utilizzata sia per la produzione di energia per termoconversione (con un potere calorifico inferiore di 16-17 MJ kg-1 compresi i semi) sia per usi cartari data la buona qualità della fibra; il contenuto in ceneri della biomassa è comunque piuttosto alto, 13-15% della sostanza secca, con un contenuto in silice che, invece, risulta piuttosto basso (12-18%). 3.6.3. Miscanto Il genere Miscanthus comprende almeno una ventina di specie della famiglia delle Graminaceae, della tribù delle Andropogoneae, aventi tutte capacità rizomatose, quindi perenni. Introdotto in Europa circa 65 anni fa a scopo ornamentale, solo recentemente è stato proposto come specie da biomassa ad uso energetico e/o per la produzione di carta. L’areale di origine del genere abbraccia tutto il sud-est asiatico dalle isole del Pacifico fino al Giappone settentrionale e alla Cina continentale, ma si adatta bene anche alle zone a clima temperato; in questi ambienti, il miscanto è uno dei pochi generi con ciclo fotosintetico C4 ed è noto come tale caratteristica conferisca alla pianta una maggiore efficienza nell’utilizzazione della luce, dell’acqua e dell’azoto. Nell’ambito del genere Miscanthus la specie più conosciuta in occidente è il M. sinensis Anderss., importato dal Giappone già negli anni trenta, che oggi risulta diffusa in molti paesi in 64 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive forme diverse migliorate attraverso un intenso lavoro di selezione e miglioramento genetico. Il tipo più studiato a fini produttivi è, senz’altro, l’ibrido triploide Miscanthus x giganteus, (frutto dell’incrocio di M. sinensis e M. sacchariflorus) che per le sue caratteristiche di accrescimento e di rusticità risulta il più idoneo per la produzione sia di cellulosa che di biomassa a fini energetici; unico suo inconveniente di carattere bioagronomico è quello di essere sterile. La produzione annua di biomassa aumenta nel corso dei primi 3-5 anni dopo l’impianto, fino a raggiungere un valore che si mantiene stabile per un numero variabile di anni (alcuni autori ipotizzano 15-20 anni di vita utile per una coltura di miscanto, ma non mancano indicazioni per cui la produttività della pianta diminuisce già dopo 8 anni). Nelle esperienze condotte nella pianura pisana l’impianto di miscanto giunto al dodicesimo anno di età ha evidenziato buoni livelli produttivi, tranne il primo anno dell’impianto. In particolare la produttività media annua è risultata massima nel corso del secondo anno, per poi decrescere gradualmente e stabilizzarsi intorno a valori di circa 25-30 t ha -1 per anno di sostanza secca. Nelle diverse regioni dell’Europa centrale in cui è stata sperimentata la coltivazione di questa specie, le produzioni medie annue (espresse in sostanza secca) sono risultate molto variabili, dato che si sono dimostrate principalmente funzione delle caratteristiche pedoclimatiche del sito; si è così registrato un range piuttosto ampio nelle rese, che variano da minimi di 16 t ha-1 per anno di sostanza secca a massimi di circa 32 t ha-1 per anno di sostanza secca. Negli ambienti mediterranei, in assenza di irrigazione le rese si sono per lo più attestate intorno a valori di circa 20-25 t ha-1 per anno di s.s., sempre nello stesso ambiente ma in irriguo, con il reintegro dell’evapotraspirato della coltura, sono state infine registrate (ad alto livello di concimazione azotata) “punte” di produzione annuale di oltre 44 t ha-1 di sostanza secca. Il potere calorifico varia dai 16-18 MJ kg-1 e la biomassa del miscanto presenta un contenuto in ceneri che, seppur variabile nello spazio e nel tempo, risulta inferiore, 1,6 – 4,0% alle paglie dei cereali, ma maggiore rispetto al salice e al pioppo. Le stesse, costituite prevalentemente da SiO2 e K2O, presentano una bassa temperatura di fusione delle ceneri, aspetto che sembra costituire in taluni casi il principale problema per l’uso della biomassa come combustibile. Per migliorare la qualità ai fini della combustione sarebbe utile ritardare la raccolta fino alla fine dell’inverno allorché una parte consistente delle foglie è caduta; ciò in quanto mentre gli steli traslocano i loro nutrienti ai rizomi in autunno, le foglie mantengono comunque un elevato contenuto di minerali. 3.6.4. Canna comune La canna comune è una componente tipica del paesaggio italiano: è presente lungo i bordi stradali e ferroviari, lungo fossi e greti, in appezzamenti abbandonati e, quasi come una costante, a formare piccoli canneti nella vicinanza di orti e rurali. La sua diffusione è legata, oltre che alla naturale capacità di moltiplicarsi e di colonizzare nuovi spazi, anche agli usi tradizionali nel nostro mondo agricolo. I fusti, infatti, venivano impiegati come tutori e sostegni in 65 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive viticoltura e orticoltura, come materiale leggero per piccole costruzioni e ripari e, laddove scarseggiavano le specie arboree, come combustibile per il suo elevato potere calorifico. La specie più diffusa è Arundo donax, che appartiene alla famiglia delle Graminaceae, oggi dette Poaceae, della tribù Arundinee; al genere Arundo afferiscono 6 specie tipiche degli ambienti caldi e, di queste, in Italia troviamo, oltre A. donax, anche la più piccola A. plinii Turra. È una geofita rizomatosa perenne tipica dell’orizzonte mediterraneo, e nella classificazione del Pavari rientra nelle aree del Lauretum caldo e freddo; in Italia è comune trovare questa specie in zone di bassopiano e, più raramente, in ambienti submontani in cui la sua sensibilità alle basse temperature può divenire un fattore limitante. L’areale di origine della specie è molto ampio estendendosi dal Pakistan fino a tutto il bacino del Mediterraneo, da cui è stata poi introdotta in molte aree dell’Asia e delle Americhe (è oggi naturalmente diffusa anche in ampi territori della Cina, in Messico e in molti stati meridionali degli USA); per l’Italia l’indigenato della specie è dubbio e molto più accreditata è l’ipotesi di un’origine mediorientale e della successiva graduale introduzione da parte dell’uomo. La produttività della coltura della canna comune è indubbiamente molto elevata; apparentemente è forse la maggiore tra le specie erbacee da biomassa considerate nell’ambiente italiano e probabilmente anche in tutto il bacino del Mediterraneo. Piantagioni di canna realizzate in Italia Settentrionale hanno mantenuto nel tempo una -1 produzione media di sostanza secca di 25-27 t ha per anno. Ai fini della combustione, Arundo donax presenta un potere calorifico inferiore, compreso tra 16,7 e 18,3 MJ kg-1 e un contenuto in ceneri piuttosto elevato (tra il 4,8 e il 7,4%), anche se la temperatura di fusione di queste è piuttosto alta. 3.7. Aspetti tecnologici Le materie prime agricole utilizzabili per la produzione di bioetanolo possono essere sia quelle ricche in sostanze zuccherine che in amido (fig.10). Contrariamente ai composti zuccherini, quali il succo di barbabietola o di canna, che possono essere sottoposti direttamente alla fermentazione alcolica, i prodotti contenenti amido devono subire un preventivo processo di idrolisi. Tale processo è infatti necessario a depolimerizzare l’amido, di per sé non fermentabile, riducendolo al suo monomero, il glucosio, suscettibile di fermentazione. Prendendo ad esempio la granella del frumento come materia prima amidacea, il processo di idrolisi prevede un pretrattamento, effettuato secondo due vie alternative: processo a secco consistente nella macinazione integrale della granella e nella successiva mescola con acqua, processo per via umida consistente nella preventiva separazione delle componenti non amidacee, quali le frazioni proteiche e le fibre, con un trattamento con soluzione di anidride solforosa, e successiva separazione per macinazione in fase umida. Nel primo caso residua un composto ad alto contenuto proteico, ricavabile a seguito della fermentazione degli amidi 66 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive (borlande), mentre nel secondo caso lo stesso materiale viene ottenuto in forma più purificata, all’inizio del processo. Generalmente tra le due procedure viene preferita quella a secco in quanto più economica per quanto riguarda i costi di investimento, sebbene la procedura ad umido permette l’ottenimento di una migliore qualità dei sottoprodotti proteici che si ottengono. La fase di idrolisi, che segue al pretrattamento descritto, avviene preferenzialmente attraverso enzimi ricavati da specifiche colture di microrganismi. Il processo è attuato in condizioni termiche blande portando, come detto in precedenza, ad una soluzione di glucosio. La fermentazione alcolica, che costituisce la fase successiva sia che si parta da prodotti amidacei che zuccherini, è a carico quasi universalmente del lievito ”Saccaromyces cerevisiae” ed avviene a condizioni di temperatura ambiente, in presenza di minime quantità di aria (microaerofile), arrestandosi quando il tenore di alcol nella miscela raggiunge il 7-10%, in genere raggiunto dopo tempi oscillanti intorno alle 72 ore. L’arresto è dovuto alla tossicità dell’alcol, che a tali concentrazioni diventa tossico per lo stesso lievito che lo ha prodotto, ragion per cui si è costretti ad operare con soluzioni diluite, con una spesa energetica consistente per il recupero dell’alcol. In alternativa a tale configurazione del processo fermentativo, tipicamente di tipo ”discontinuo”, esiste la possibilità di adottare un sistema in “continuo” in cui zucchero e nutrienti vengono addizionati in modo controllato all’entrata del reattore, sottraendo l’alcool e le cellule di lievito in uscita dal reattore. In tal modo si evitano gli effetti negativi che le alte concentrazioni provocano sulla crescita cellulare e sulla produzione di etanolo. Una variante al processo fermentativo in continuo è attuata con la rimozione dell’etanolo prodotto in un reattore sottovuoto, riducendo cosi l’effetto negativo che l’alcool ha sulle cellule di lievito. L’applicazione di questa metodologia trova però la sua limitazione nella necessità di mantenere il reattore sotto vuoto a costi contenuti in presenza dell’anidride carbonica gassosa derivante dalla fermentazione. Malgrado questa gamma di alternative tecnologiche, fino a pochi anni fa gran parte della produzione mondiale dell’alcol etilico prodotto dalla fermentazione era attuata con il processo discontinuo, soluzione pressoché identica a quella adottata prima della seconda guerra mondiale. Il recupero dell’alcol dalla soluzione acquosa è la fase del processo che maggiormente incide sull’economia e sulla spesa energetica complessiva. Ciò è dovuto alla diluizione delle soluzioni ed alla formazione di una miscela azeotropica che si raggiunge quando la percentuale di etanolo è pari a circa il 95% in peso. In presenza dell’azeotropo, per ottenere alcol anidro è necessario operare la distillazione in depressione oppure intervenendo con una distillazione ternaria, con un ulteriore consumo di energia. Il metodo delle distillazioni successive rimane attualmente quello più usato a livello industriale; ciò malgrado, proprio a causa degli alti costi che il processo comporta, attività di ricerca sono state indirizzate in questo settore con la finalità di trovare metodi innovativi in grado di ridurre la spesa energetica sia per raggiungere la miscela azeotropica che per ottenere l’alcol anidro. 67 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Dall’alcol etilico al 99,7% e dall’iso-butilene, fatti reagire in presenza di opportuni catalizzatori, si ottiene l’etere Etil-terbutilico (ETBE). La reazione avviene con l’impiego di componenti nel rapporto quantitativo di quasi 1:1; esattamente, per ottenere 1,0 t di ETBE occorrono 0,47 t di alcol etilico e 0,53 t di iso-butilene (C4H8). Figura 10 - Possibili processi e prodotti energetici della produzione di etanolo (Fonte: Itabia, 2005). 3.7.1. Estrazione da canna da zucchero La canna da zucchero contiene dal 12 al 17% di zucchero che viene estratto, dopo macinazione, a temperature di 110°C (fig.11). Il processo di trasformazione in etanolo è poi assicurato dall’utilizzo di lieviti del genere Saccharomyces cerevisiae. Le temperature di fermentazione ideali per l’attività del lievito sono di 33-35°C. Al di fuori di questo range e con concentrazioni di etanolo maggiori del 10% il lievito si disattiva. Alla fine del processo di fermentazione e dopo distillazione si ottiene etanolo al 95,5% v/v. L’evaporazione della frazione acquosa porta al prodotto finale puro. Figura 11 - Fasi della produzione di bioetanolo da canna da zucchero. 68 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive 3.7.2. Estrazione da barbabietola da zucchero Come per la canna da zucchero per la barbabietola la produzione di etanolo procede per via fermentativa e per distillazione (fig.12). L’estrazione necessita di temperature di 70-80°C e la successiva fermentazione può essere effettuata tramite lieviti o, ancora in fase sperimentale, con batteri del genere Zymomonas mobilis. L’utilizzo di batteri selezionati sembra garantire una trasformazione più efficiente del glucosio in etanolo. Figura 12 - Fasi di produzione di bioetanolo da barbabietola da zucchero. 3.7.3. Estrazione da mais In molti vegetali l’amido si trova in forma di granuli costituiti da Amilosio (20% circa) e amilopectina (80% circa) che sono due polimeri del glucosio. Il mais viene inizialmente macinato in corrente d'acqua e quindi parzialmente disidratato con un filtro a pressa. La pasta così ottenuta viene sottoposta a cottura (175°C) con un tempo di permanenza di circa 5 minuti. Gli amidi si rigonfiano con formazione di un gel. Al gel viene aggiunto l'enzima amilasi con lo scopo di catalizzare l'idrolisi dell'amido per ottenere prima maltosio ed infine glucosio. L’attività che segue è la normale fermentazione per l’ottenimento dell’alcol. NAche nel caso della granella di mais è possibile pensare ad un processo di estrazione a secco oppure in umido (fig. 13 e 14). 69 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Figura 13 – Processo di produzione di etanolo da granella di mais tramite processo di estrazione a secco. Figura 14 – Processo di produzione di etanolo da granella di mais tramite processo di estrazione in umido 70 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive 3.7.4. Etanolo da materiale lignocellulosico Un’ulteriore materia prima di importanza strategica per la produzione di alcol etilico è rappresentata dai materiali lignocellulosici di scarto provenienti dal comparto agricolo, agroindustriale e forestale, da sottoporre alla depolimerizzazione idrolitica acida od enzimatica ed alla fermentazione. La biomassa lignocellulosica è composta in genere da cellulosa, emicellulosa e lignina. Questi composti sono polimeri di zuccheri semplici come glucosio, xilosio e arabinosio. Il procedimento di trasformazione in etanolo prevede una fase di pretrattamento per trasformare i polimeri in zuccheri semplici (acidificazione). Tale fase è effettuabile in due fasi: - per via enzimatica (molto costosa); - per via chimica, attraverso un trattamento a base di NaOH (risposte differenti a seconda del materiale utilizzato, forte incidenza del costo di recupero della soda caustica). Poi segue “normale” idrolisi e fermentazione. 3.7.5. Procedimento Steam Explosion Lo Steam Explosion (SE) è un trattamento idrotermico che rende più facile e meno impattiva la separazione delle tre differenti frazioni costituenti i comuni substrati vegetali (emicellulosa, cellulosa e lignina). Il materiale viene tenuto alla temperatura desiderata (180-230°C) per un breve periodo (1-10 minuti) nel corso del quale l’emicellulosa viene idrolizzata e resa solubile. Alla fine di questo intervallo di tempo, la pressione viene rapidamente riportata al valore atmosferico ottenendo una decompressione esplosiva che sfibra ulteriormente la biomassa. L’efficacia del processo dipende da numerosi fattori alcuni legati al substrato (composizione della pianta, pezzatura, contenuto di umidità, etc.) altri corrispondenti ai parametri operativi, in particolare temperatura del vapore e tempo di residenza. Questo procedimento permette la solubilizzazione dei componenti principali della biomassa (glucosio, xilosio, lignina) in acqua e soluzione alcalina. L’azione dell’acido solforico amplifica gli effetti idrolitici del trattamento di SE frammentando ulteriormente i polimeri della biomassa in oligomeri e monomeri idrosolubili. Il suo impiego risulta utile a basse temperature dato che incrementa la solubilizzazione della biomassa, particolarmente nel caso dello xilosio. Le sostanze ligno-cellulosiche contengono una percentuale di zuccheri che non sono fermentati dai lieviti convenzionali. In molti casi, lo zucchero principale disponibile è lo xilosio. Un certo numero di metodi differenti sono stati adottati per risolvere i problemi (inibizione, formazione del sottoprodotto, concentrazioni basse del prodotto) connessi con la fermentazione dello xilosio. Questi includono l’ingegneria genetica per modificare il metabolismo dei batteri o dei lievito e selezione degli organismi capaci di fermentare i cinque atomi carboni costituenti lo zucchero. 71 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Un tale organismo è Bacillus stearotermofilus che fermenta una vasta gamma di zuccheri alle temperature fino a 75°C. 3.8. Caratteristiche e utilizzi del bioetanolo Il bioetanolo è adatto come combustibile per i veicoli a motore, a temperatura ambiente è allo stato liquido e può essere manipolato in maniera simile ai combustibili tradizionali. In più l’alcool ha un alto numero di ottano e quindi consente rapporti di compressione elevati migliorando l’efficienza e la performance del motore. Se paragonato alla benzina, l’etanolo ha una bassa densità energetica (in volume) che si riflette in un maggiore consumo di combustibile per km. Sono tre le possibilità di utilizzo del bioetanolo: • in forma pura o “idrata” (4% di acqua sul volume) in veicoli dedicati; • come miscela “anidra” composta da bioetanolo e benzina; • per la sintesi dell’ETBE (Etil Terz Butil Etere). Poiché i combustibili a base di alcool possono erodere alcuni elastomeri ed accelerare la corrosione di alcuni metalli, determinati componenti potrebbero dover essere sostituiti. Utilizzato in forma pura il bioetanolo evapora con difficoltà alle basse temperature e quindi i veicoli funzionanti con etanolo puro (E100) hanno difficoltà di avviamento nella stagione fredda. Per tale ragione il bioetanolo di solito è miscelato con una piccola percentuale di benzina in modo da migliorarne l’accensione per questo la miscela ad alta percentuale di bioetanolo più comune è quello E85. Le miscele a bassa percentuale di bioetanolo (fino alla E10) possono essere utilizzate dai motori a benzina più convenzionali, le cui performance potrebbero leggermente migliorare. L’utilizzo delle miscele E5–E10 permette inoltre di evitare la necessità di strutture dedicate e di una rete di distribuzione specifica, vere barriere all’utilizzo diffuso di miscele ad elevata percentuale di bioetanolo. Uno dei progressi più significativi raggiunti di recente è lo sviluppo di veicoli “flex-fuel” (FFVs) che sono in grado di operare con una gamma di miscele di bioetanolo fino alla E85. Un avanzato sistema di controllo individua automaticamente le caratteristiche del combustibile utilizzato e regola il motore di conseguenza. Meno comune ed ancora in fase di sperimentazione è l’utilizzo del bioetanolo in miscela con il gasolio. Con la trasformazione chimica si può ottenere dall’etanolo l’ETBE (Etil Terz Butil Etere) che può essere utilizzato tal quale per produrre calore o in miscela nelle benzine senza piombo per sostituire il MTBE (Metil Terz Butil Etere) di origine petrolifera. E’ un additivo (ossigenato) molto interessante che presenta numerosi vantaggi ambientali: • bassa volatilità (riduzione di emissioni di composti organici volatili - COV); • basso contenuto in aromatici (riduzione emissioni); 72 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive • elevato numero di ottano (adatto per motori ad elevato rapporto di compressione ed elevata efficienza); • è compatibile con le attuali tecnologie automobilistiche; • è compatibile con le attuali infrastrutture; • elevato contenuto energetico; • limitate emissioni di CO2. 73 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive 4. FILIERA BIOGAS 4.1. Il biogas nell’UE I Paesi dell'Unione Europea manifestano un interesse crescente verso questa fonte energetica rinnovabile e i vantaggi ambientali dati dal recupero di tale risorsa e dalla conseguente riduzione delle emissioni. Ciascuno, in base al potenziale e alla vocazione del proprio territorio, ha sviluppato specifici canali di valorizzazione delle fonti di biogas a disposizione: allevamento di bestiame, effluenti agroindustriali, trattamento fanghi fognari, stazioni di depurazione urbane e industriali, recupero da discariche. In Germania, l’attuale sviluppo di energia primaria da biogas è ottenuta principalmente grazie alla produzione di elettricità da piccole aziende che attuano un processo cogenerazione (CHP). La Germania è il Paese europeo nel quale la digestione anaerobica ha avuto il maggior impulso. Nel 2007 si valuta la presenza di oltre 2.400 impianti per una potenza elettrica installata di oltre 400 MW. Il 94% degli impianti di biogas opera in codigestione (liquami zootecnici+colture energetiche+scarti organici) (tab. 23). È il risultato di una forte politica di incentivazione da parte del Governo di Berlino che ha fissato un prezzo per l’energia elettrica da biogas fino a 21,5 centesimi di euro/kWh per un periodo di 20 anni, con significativi contributi pubblici agli investimenti. In Austria sono operativi 290 impianti di codigestione che producono da 90 a 137 milioni di metri cubi di biogas all’anno. L’energia prodotta viene pagata fino a 16,50 centesimi di euro/kWh (fig. 15). Esempi di successo si sono registrati in Gran Bretagna, Germania, Danimarca, Lussemburgo e Svezia, che a loro volta hanno ispirato pratiche virtuose da parte della Francia. Ciononostante, rispetto agli obiettivi indicati nel 1997 nel "Libro Bianco per una strategia e un piano d’azione della comunità" che prospettavano una produzione di 15 Mtep per il 2010, il traguardo è ancora lontano: sulla base degli attuali 5,3 Mtep si prevede che nel 2010 si potranno raggiungere 8,6 Mtep. Anche nel nostro Paese gli incentivi alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (certificati verdi) e l’evoluzione nella politica ambientale (Conferenza di Kyoto) sulla riduzione dei gas serra possono dare un nuovo impulso alla digestione anaerobica. Nel 2003 la produzione di biogas in Italia era di 201.000 tep (circa 2,3 TWh, vale a dire 1 miliardo di kWh – stime EurObserv’ER). Ben poco rispetto al fabbisogno complessivo di energia elettrica dell’Italia che nel 2003 è stato di 320,7 TWh (l’offerta di energia rinnovabile era nel 2004 inferiore al 15% della richiesta). 74 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Tabella 23 - Produzione di biogas da rifiuti organici, da fanghi di depurazione urbani e industriali e altri biogas ottenuti da biomasse agricole (colture dedicate e/o scarti delle lavorazioni agroindustriali) nel 2006 e 2007. Paese Biogas da rifiuti Biogas da depuratori Altri biogas Totale Biogas da Biogas da rifiuti depuratori 2006 Altri biogas Totale 2007 Germania 383,2 270,2 1011,7 1665,3 416,4 270,2 1696,5 2383,1 Regno Unito 1318,5 180 - 1498,5 1433,1 191,1 - 1624,2 Italia 337,4 1 44,8 383,2 357,7 1 47,5 406,2 Spagna 251,3 48,6 19,8 319,7 259,6 49,1 21,3 329,9 Francia 150,5 144 3,6 298,1 161,3 144,2 3,7 309,2 Olanda 46 48 47,1 141,1 43,2 48 82,8 174 Austria 11,2 3,5 103,4 118,1 10,7 2 126,4 139,1 Danimarca 14,3 21 57,6 92,9 14,3 21 62,3 97,9 51 17,6 9,1 77,6 48,1 18 12,5 78,6 Rep. Ceca 24,5 31,1 7,8 63,4 29,4 32,1 17 78,5 Polonia 18,9 43,1 0,5 62,4 19,1 43 0,5 62,6 Grecia 21,2 8,6 - 29,8 38 9,8 - 47,8 Finlandia 26,1 10,4 - 36,4 26,4 10,3 - 36,7 Irlanda 25,4 5,1 1,8 32,3 23,9 7,9 1,7 33,5 Svezia 9,2 17,1 0,8 27,2 9,2 17,1 0,8 27,2 Ungheria 1,1 8 3,1 12,2 2,1 12,4 5,7 20,2 Portogallo - - 9,2 9,2 - - 15,4 15,4 6,9 1,1 0,4 8,4 7,6 0,6 3,8 11,9 - - 9,2 9,2 - - 10 10 Slovacchia 0,4 6,9 0,4 7,6 0,5 7,6 0,5 8,6 Estonia 3,1 1,1 4,2 3,1 1,1 - 4,2 Lituania - 1,5 0,5 2 1,6 0,8 - 2,5 Cipro - - - - - - 0,2 0,2 2700,2 867,9 1330,8 4898,8 2905,3 887,3 2108,6 5901,5 Belgio Slovenia Lussemburgo UE 75 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Figura 15 - Produzione di energia primaria da biogas in Europa nel 2007. In Germania, l’attuale sviluppo dell’energia primaria da biogas è ottenuto grazie principalmente alla produzione di elettricità di piccole aziende agricole che operano in cogenerazione (CHP) (tab. 24-25). Questo successo si spiega con l’applicazione di particolari tariffe incentivanti la produzione di elettricità dalla digestione di biomasse agricole. 76 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Tabella 24 – Produzione grezza di elettricità a partire da biogas nell’UE nel 2006 e 2007 (EN GHW). Paese Centrali elettriche Centrali Elettricità Centrali funzionanti a totale elettriche cogenerazione 2006 Germania Centrali funzionanti a cogenerazione Elettricità totale 2007 - 7446 7446 - 9520 9520 4424 463 4887 4795,6 503,4 5299 Italia 1061,9 241,8 1303,7 1125,6 256,3 1381,9 Spagna 610,3 56 666,3 631,1 56 687,1 Francia 487,3 35,4 522,7 505,3 35,7 541 Olanda 146,1 215 361,3 274,2 223,2 497,4 Austria 424,1 23 447,1 469,8 22,8 492,6 1,6 278,4 280,1 1,6 293,3 295 Belgio 158,3 120,6 278,9 152 127,4 279,4 Rep. Ceca 63,1 112,8 175,8 80,3 142,6 222,9 Polonia 69,3 38,5 107,9 91,3 84 175,3 Grecia - 160,1 160,1 - 160,1 160,1 Finlandia 108,4 13,6 122 101,9 16,9 118,8 Irlanda 25,2 7,4 32,6 58 7,3 65,4 Svezia 8,6 26,1 34,7 8,9 39,2 48,2 Ungheria - 46,3 46,3 - 46,3 46,3 Portogallo - 32,6 32,6 - 36,6 36,6 0,9 21,4 22,3 0,9 21,4 22,3 - 22,1 22,1 - 22,1 22,1 1,1 13 14,1 1,1 13 14,1 Estonia - 5,4 5,4 - 6,3 6,3 Lituania - 4 4 - 4 4 0,2 0,2 0,2 - 1,4 1,4 7590,4 9382,7 16973,2 8297,6 11639,3 19937,2 Regno Unito Danimarca Slovenia Lussemburgo Slovacchia Cipro UE 77 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Tabella 25 – Produzione di calore grezzo a partire da biogas nell’UE nel 2006 e 2007 (EN GHW). Paese Unità di calore Unità di calore funzionanti a cogenerazione Calore totale Unità di calore 2006 Unità di calore funzionanti a Calore totale cogenerazione 2007 Regno Unito 61,9 - 61,9 61,9 - 61,9 francia 44,4 5,8 50,2 47,4 5,8 53,2 Italia - 38,6 38,6 - 40,9 40,9 Polonia 6 28,1 34,2 6 28,1 34,1 Rep.Ceca 10 13,9 23,9 9,6 14,3 23,9 Danimarca 3,7 17,1 20,9 4,7 18,8 23,5 Germania 8,7 14,5 23,2 8,7 14,5 23,2 Finlandia 2,5 19,7 22,1 2,5 19,7 22,2 Svezia 4,7 11,7 16,4 4,7 11,7 16,4 Spagna 14,7 - 14,7 14,7 - 14,7 Belgio 1 12,9 13,9 1,6 12,6 14,2 Austria 4,7 4,2 8,9 4,3 4,2 8,5 Lussemburgo - 4,4 4,4 - 5 5 Grecia - 2,9 2,9 - 3,5 3,5 Irlanda 1,5 2,6 4 1,5 1,9 3,4 Slovacchia 2,3 0,9 3,2 2,3 0,9 3,2 Uncgheria - 2,6 2,6 - 2,6 2,6 Estonia 0,1 0,9 1 0,1 0,9 1 Olanda - 1 1 - 1 1 Lituania - 0,3 0,3 - 0,3 0,3 Cipro - 0,02 - - - - 166,2 182,12 348,3 170 186,7 356,7 UE 4.2. La situazione in Italia e in Puglia Secondo l’EurObserv’ER, l’Osservatorio europeo delle energie rinnovabili, la produzione italiana biogas del 2007 è stata di 406,2 KTEP (migliaia di tonnellate equivalenti al petrolio) costituite quasi essenzialmente da biogas prodotto da discarica (357,7). Scarso invece l’apporto delle stazioni di depurazione urbane e industriali con 1,0 KTEP, mentre la sezione “altri biogas”, che include unità decentralizzate di biogas agricolo, impianti di metanizzazione di rifiuti municipali solidi e unità centralizzate di codigestione, ha prodotto 47,5 KTEP. Un discreto progresso rispetto al precedente anno: +6.0% (da 383,2 a 406,2 KTEP), mentre nell’Ue, 78 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive mediamente, la produzione di energia primaria da biogas è salita del 20,4% (la sola Germania ha raggiunto quasi i 2400 KTEP). Nel 2007 sono stati censiti circa 150 impianti, di cui circa 40 sono impianti semplificati e a basso costo, realizzati sovrapponendo una copertura di materiale plastico ad una vasca di stoccaggio dei liquami zootecnici, e circa 30 sono in costruzione. La quasi totalità degli impianti è localizzata nelle regioni del nord Italia. Nel corso degli ultimi tre anni anche in Italia si è mostrato interesse alla codigestione dei liquami zootecnici con le colture energetiche e gli scarti agroindustriali e attualmente diversi impianti (circa il 40% del totale) sono già operativi e/o in costruzione e/o in fase di progettazione. Figura 16 – Impianti a biogas in Italia. In Puglia la valorizzazione dei reflui zootecnici per la produzione di biogas mediante processi biologici, presenta diverse valenze, oltre agli aspetti energetici, in termini di diversificazione produttiva per le aziende agricole, di creazione di nuove professionalità e di protezione dell’ambiente. 79 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Sulla base della consistenza degli allevamenti presenti secondo i dati del censimento ISTAT 2000, si è stimato un potenziale energetico teorico pari a 34.658 tep. Circa il 75% deriva dal contributo degli allevamenti bovini, il 23% da quelli di ovini e solo il 2% da suini. Una volta stimato il potenziale teoricamente disponibile, si tratta di valutare dove sia possibile e conveniente lo sfruttamento del biogas sulla base delle tecnologie disponibili e soprattutto, della struttura e delle peculiarità del comparto zootecnico regionale. In particolare si devono tenere presenti i seguenti fattori: - tipologia degli allevamenti: l’allevamento in stalle, riveste sicuramente un maggiore interesse rispetto all’allevamento a pascolo; - numero e dimensioni (capi/allevamento) degli allevamenti: la possibilità di mantenere un livello di produzione costante può diventare un fattore fortemente limitante per lo sviluppo di tali impianti, soprattutto da un punto di vista economico. In generale si ritiene, quindi che vi possa essere reale convenienza solo nella realizzazione di impianti medio/grandi e che possano quindi risultare idonei allevamenti la cui consistenza minima è di 100 capi bovini o 500 capi suini e quindi allevamenti di dimensioni considerevoli (cosiddetta produzione concentrata o intensiva); - densità territoriale degli allevamenti: una elevata densità territoriale, soprattutto quando la consistenza del patrimonio zootecnico non è rilevante, permettendo lo sviluppo di efficienti reti di raccolta, può facilitare il collegamento fra più allevamenti e l’integrazione di produzioni anche non rilevanti che potrebbero confluire in un unico impianto centralizzato con ritorni economici non trascurabili. Filiere integrate per la produzione di biogas Nell’analisi relative le possibilità della filiera biogas in Puglia, diventa interessante la possibilità dell’apporto di co-substrati di altra origine sta trovando recentemente larga applicazione in quanto consente di sopperire in parte ai cali di produzione stagionali ed in generale di ottenere maggiori rendimenti di biogas ed un introito aggiuntivo per il gestore dell’impianto. In tale ottica, è pensabile l’utilizzo, insieme alle deiezioni di origine zootecnica, di sottoprodotti di origine cerealicola (paglie) oppure colture dedicate alla produzione di biomassa (es. mais, frumento, triticale, ecc.). In tale ottica, le province presentano un significativo numero di allevamenti di dimensioni rilevanti (in particolare la provincia di Foggia e di Taranto) per cui le maggiori prospettive, almeno nel breve periodo, risiedono nella realizzazione di impianti di cogenerazione di mediagrossa taglia (con rendimenti dell’ordine del 25% per la produzione di energia elettrica e del 60% per l’energia termica) dimensionati in modo tale da sopperire in toto ai consumi aziendali ed eventualmente anche di cedere parte dell’energia elettrica prodotta alla rete per l’ottenimento di certificati verdi (fig. 17). 80 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Analoghe prospettive si presentano per il comparto suinicolo nelle province di Foggia e Lecce, dove il 64% ed il 74% rispettivamente del patrimonio zootecnico, nel complesso non particolarmente rilevante, risulta concentrato in allevamenti con più di 1.000 capi. Si dovrà inoltre valutare la possibilità di avviare forme consortili tra più allevamenti e l’integrazione delle produzioni di reflui per la realizzazione di impianti centralizzati. Le deiezioni animali sono a livello regionale la materia prima più importante per la digestione anaerobica, con presenza di diverse tipologie di reflui, vanno distinte i liquami suini, i letami bovini e le deiezioni avicole. Per gli ovi-caprini, infatti, lo stato brado e semibrado con cui vengono allevati non è adatto alla massimizzazione della raccolta delle deiezioni animali. L’allevamento di specie avicole non è particolarmente sviluppato. Figura 17 – Potenzialità nella produzione di biogas in Puglia. (fonte: La banca dati biomasse in Puglia – Regione Puglia) 4.3. Le materie prime Le matrici da avviare alla digestione anaerobica per l’ottenimento di biogas sono diverse (tab. 26): - di origine agricola: reflui zootecnici, residui colturali e colture dedicate - di origine industriale: scarti dell’agroindustria e sottoprodotti di origine animale 81 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive - di origine urbana: fanghi di depurazione, Forsu (frazione organica raccolta in modo differenziato dai rifiuti urbani). Liquame suino. Questo tipo di effluente zootecnico è caratterizzato da un contenuto estremamente variabile di sostanza secca o solidi totali (1-6%) e di sostanza organica o solidi volatili, a causa delle differenti tipologie di allevamento comunemente presenti sul territorio. Liquame bovino. Le deiezioni bovine sono spesso rimosse dalle stalle utilizzando raschiatori. L’aggiunta di paglia, spesso effettuata nelle stalle, conduce a variazioni nel contenuto di solidi totali (8- 15%). L’effetto di diluizione è minimo rispetto a quello che si ha con le deiezioni suine anche a causa del fatto che normalmente le zone calpestate dal bestiame vengono pulite e risciacquate con basse quantità di acqua. Come nel caso dei suini, anche nelle deiezioni bovine il contenuto di solidi totali dipende fortemente dal sistema di allevamento degli animali. Deiezioni avicole (pollina). La pollina che più si presta alla digestione anaerobica, grazie all’assenza di lettiera, è quella delle galline ovaiole che sono solitamente allevate in gabbia in allevamenti che arrivano a contenere fino a diverse centinaia di migliaia di capi. Le deiezioni asportate fresche con i nastri sono caratterizzate da un alto contenuto in solidi totali (minimo 1820%) e da alte concentrazioni di azoto ammoniacale. L’alto contenuto di ammoniaca può condurre a effetti inibitori durante la digestione e causare alte emissioni ammoniacali durante il successivo stoccaggio del digestato. Le deiezione avicole presentano spesso anche un forte contenuto di inerti che sedimentando sul fondo, vanno a formare uno strato che causa frequenti problemi operativi e riduce il volume utile dei reattori. Residui colturali. Anche i residui provenienti dai raccolti agricoli possono essere utilizzati come matrici nella digestione anaerobica. In Germania, ad esempio, questi residui vengono addizionati come co-substrati alle deiezioni animali utilizzate come matrici primarie. Possibili matrici per la digestione anaerobica possono comprendere foraggi, frutta e vegetali di scarsa qualità, percolati da silos e paglia. Colture non alimentari ad uso energetico. Diversi studi sono stati effettuati per trovare sistemi di coltivazione di piante specifiche per la successiva digestione anaerobica e per la produzione di biogas. Tutto ciò potrebbe essere di interesse per quei paesi in via di sviluppo, in cui i costi dell’energia sono alti e dove sono presenti ampie aree agricole favorite da climi temperati. Anche in Europa, dove si ha sovrapproduzione agricola, la digestione anaerobica di colture energetiche può essere un’alternativa in particolare per l’utilizzo di aree incolte e a riposo (set aside) o di aree irrigate con acque recuperate dai depuratori urbani. La coltivazione di colture energetiche è incentivata dalla nuova politica agricola comunitaria, che prevede uno specifico incentivo di 45 €/ha. Scarti organici e acque reflue dell’agro-industria. Ingenti quantità di prodotti agricoli sono lavorati nell’industria alimentare. Durante tali lavorazioni si producono reflui che spesso possono essere avviati alla digestione anaerobica. Il fango anaerobico risultante può essere utilizzato come ammendante su terreni agricoli. Tipici sottoprodotti e scarti agro-industriali sono, 82 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive ad esempio, il siero di latte, contenente proteine e zuccheri dall’industria casearia, e i reflui liquidi dall’industria che tratta succhi di frutta o che distilla alcool. Di interesse per la digestione anaerobica sono anche diversi scarti organici liquidi o semisolidi dell’industria della carne (macellazione e lavorazione della carne), quali grassi, sangue, contenuto stomacale, budella (si veda Regolamento (Ce) n. 1774/2002 “Norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano”). Tali residui, ad esempio, possono essere addizionati come co-substrati nella digestione di liquami zootecnici o fanghi di depurazione. Fanghi di depurazione. Sono il residuo del processo di depurazione delle acque reflue urbane e industriali. Sono costituiti da biomassa batterica e da sostanza inerte, organica e inorganica. In generale gli obiettivi della digestione anaerobica dei fanghi di depurazione sono: la stabilizzazione della sostanza organica, la distruzione degli eventuali microoganismi patogeni e la facilitazione dello smaltimento finale. Tale substrato non è consigliabile per gli impianti di biogas aziendali che trattano liquami zootecnici a causa delle problematiche connesse alle attuali normative italiane di riferimento. Frazioni organiche di rifiuti urbani. Nei rifiuti urbani domestici la percentuale di frazione organica umida è compresa in genere tra il 25 e il 35% in peso. La composizione media di questa frazione derivante da raccolta differenziata secco-umido non differisce in modo sostanziale dall’organico raccoglibile da utenze selezionate, quali mercati all’ingrosso dell’ortofrutta e dei fiori, mercati ittici e rionali, esercizi commerciali di generi alimentari, punti di ristoro (pizzerie, ristoranti, ristorazione collettiva); la presenza di piccole quantità di plastica e vetro è in genere inferiore al 5% sul totale. Queste frazioni organiche presentano un elevato grado di putrescibilità e umidità (> 65%), che le rendono adatte alla digestione anaerobica. Anche questo substrato, così come i fanghi di depurazione, non è consigliabile negli impianti per liquami zootecnici per ragioni normative. Tabella 26 - Biomasse e scarti organici avviabili alla digestione anaerobica e loro resa in biogas. Materiali utilizzati Biogas (m3/ t sv) (*) Deiezioni animali (suini, bovini, avicunicoli) 200-500 Residui colturali (paglia, colletti barbabietole, etc. 350-400 Scarti organici agroindustria (siero, scarti vegetali, lieviti, 400-800 fanghi e reflui di distillerie, birrerie e cantine, etc) Scarti organici macellazione (grassi, contenuto stomacale 550-1.000 e intestinale, sangue, fanghi di flottazione, etc.) Fanghi di depurazione 250-350 Frazione organica rifiuti urbani 400-600 Colture energetiche (mais, sorgo zuccherino, etc.) 550-750 (*) sv=solidi volatili 83 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Le biomasse disponibili in Italia sono: - deiezioni animali: 180.000.000 t/anno; - scarti agroindustriali: 12.000.000 t/anno; - scarti di macellazione: 2.000.000 t/anno; - fanghi di depurazione: 2-3.000.000 t/anno; - FORSU (frazione organica raccolta in modo differenziato dai rifiuti urbani): circa 9.000.000 t/anno; - residui colturali: 10.000.000 t di sostanza secca all’anno; - colture energetiche. Il settore zootecnico dimostra di essere il motore per lo sviluppo su larga scala della digestione anaerobica. Reflui zootecnici e scarti dell’industria agroalimentare, grazie alla loro elevata disponibilità e alta resa energetica, possono contribuire infatti ad aumentare l’efficienza dei digestori urbani. Anche gli impianti aziendali vengono alimentati prevalentemente con liquame bovino o suino, eventualmente addizionato con scarti organici selezionati. Fino al 1999 questa era la situazione esclusiva poi, nel corso degli ultimi anni, è aumentato anche nel nostro Paese l’interesse per la codigestione dei liquami zootecnici con le colture energetiche (principalmente mais e sorgo zuccherino). Alcuni impianti sono già operativi e/o in costruzione e/o in fase di progettazione. L’operatività di questi impianti è legata alla resa energetica delle biomasse utilizzate. Il rendimento in biogas e quindi energetico del processo è infatti molto variabile e dipende dalla biodegradabilità del substrato trattato, che a sua volta è condizionata da elementi come la specie e la cultivar utilizzata, la densità di semina, l’andamento climatico dell’annata, ecc. Le colture dedicate sono soprattutto i cereali, sia a ciclo autunno – vernino quali frumento, triticale, orzo e segale, sia a ciclo primaverili-estivo quali mais, sorgo zuccherino e sorgo da fibra. 4.4. Aspetti tecnologici Il Biogas è una miscela di metano, anidride carbonica e quantità minori di altri gas (H2, H2S, N2, ecc.) che si originano dai processi di fermentazione anaerobica della sostanza organica (S.O.) (fig. 18). La percentuale di metano nel biogas varia tra il 50% e l’80% (fig. 19). 84 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Figura 18 - la filiera del biogas. Figura 19 - Composizione media del biogas. 85 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive 4.4.1. Processo di digestione anaerobica Le tecniche di digestione anaerobica possono essere suddivise in due gruppi principali: • digestione a umido (wet digestion), quando il substrato ha un contenuto di sostanza secca è < 10%. • digestione a secco (dry digestion), quando il substrato avviato a digestione ha un contenuto di sostanza secca >20% Processi con valori di secco intermedi vengono in genere definiti processi a semisecco. La maggior parte degli impianti utilizza la tecnica della digestione a umido (wet digestion), fermentando un substrato che ha un contenuto di sostanza secca inferiore al 10% (fig. 20). In questo caso i reflui creano le condizioni adatte allo svolgimento del processo di digestione anaerobica. I microrganismi coinvolti sono numerosi. I primi a intervenire sono i batteri idrolitici e fermentativi, che producono acidi grassi e alcoli che vengono a loro volta aggrediti da batteri acetogenici e omoacetogenici. L’acetato e l’idrogeno sono a loro volta metabolizzati dai batteri metanigeni. L’ambiente di reazione deve presentare caratteristiche compatibili con le esigenze di tutti i batteri coinvolti. Il pH ottimale è attorno a 7- 7,5, la temperatura ottimale di processo è di circa 55 °C se si utilizzano i batteri termofili e intorno ai 35 °C se si opera con i batteri mesofili (più lenti ma più utilizzati). È possibile rinunciare o limitare l’apporto dei reflui zootecnici utilizzando la tecnica della digestione a secco (dry digestion) quando il substrato ha un contenuto in sostanza secca superiore al 20%. Si sta valutando l’efficacia di specifici inoculi batterici per avviare il processo di fermentazione di biomasse vegetali. La digestione anaerobica può essere condotta in condizione mesofile (circa 35°C) o termofile (circa 55°C). Con impianti semplificati è possibile operare anche in psicrofilia (10-25 °C). La trasformazione del biogas in energia può avvenire per: - combustione diretta in caldaia, con produzione di sola energia termica ; - combustione in motori azionanti gruppi elettrogeni per la produzione di energia elettrica; - combustione in cogeneratori per la produzione combinata di energia elettrica e di energia termica; - uso per autotrazione come metano al 95%. 86 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Figura 20 - Schema del processo biologico di digestione anaerobica. 4.4.2. Caratteristiche e utilizzi del biogas Il biogas recuperato ha un potere calorifico inferiore normalmente compreso tra 4.000 e 6.000 kcal/Nm3 e può avere vari impieghi: - possibilità di produzione di energia elettrica e termica (cogenerazione) in microturbine a gas; tramite la cogenerazione, si genera calore che può essere usato per riscaldare gli stessi digestori o effettuare il teleriscaldamento; - possibilità di produzione di energia elettrica e termica (cogenerazione) in motori a combustione interna a ciclo Otto, previa purificazione (upgrading); 87 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive - utilizzato quale carburante per l’alimentazione di motori endotermici (motori a scoppio opportunamente modificati), previa purificazione (upgrading); - un’ulteriore possibilità di impiego del biogas, già molto diffusa in Svezia e che si sta sviluppando recentemente anche in altri paesi europei, è la sua immissione nella rete del metano o il suo impiego previa purificazione (upgrading); - produzione di gas di sintesi e/o di idrogeno, attraverso processi catalizzati analoghi a quelli utilizzati per il metano (ossidazione parziale catalitica). Di questi usi, essenzialmente solo la prima tipologia trova applicazioni su larga scala, mentre le altre sono a livello di sperimentazione o di dimostrazione. Il biogas in Puglia Diverse sono le iniziative in corso a livello regionale per la realizzazione di impianti di digestione anaerobica prevalentemente concentrati nella provincia di Foggia che pur approvati manifestano ritardi nella realizzazione a seguito di difficoltà nella connessione con la rete elettrica. 88 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive 5. ASPETTI SOCIOECONOMICI 5.1. Premessa La tematica dell’uso delle energie rinnovabili e, all’interno di queste, delle energie di fonte agricola è stata oggetto di una crescente attenzione da parte del mondo politico, del mondo della ricerca e del sistema delle imprese. Le principali motivazioni sono individuabili nelle emergenze ambientali derivanti da un uso sempre più massiccio delle fonti fossili, nel crescente fabbisogno energetico mondiale e nella esigenza di incrementare i livelli di autosufficienza dei Paesi importatori netti di energia. Queste motivazioni che, di fatto, permeano diffusamente le analisi e gli studi realizzati sull’argomento, oltre a rappresentare gli aspetti principali del “sentire” della pubblica opinione, hanno trovato visibilità in numerose azioni di indirizzo e, soprattutto di regolamentazione diretta della Unione Europea. Tra queste ultime è opportuno evidenziare prima di tutto l’erogazione di un aiuto diretto (artt. 8892 del Reg. CE 1782/2003) di 45 €/ha per la realizzazione di colture bioenergetiche, ivi compresa, a partire dal 2005, la barbabietola da zucchero, per una superficie garantita a livello comunitario di 1,5 milioni di ha. A tale modalità di sostegno è da aggiungere quanto indicato nella regolamentazione di riferimento per la programmazione FEASR 2007-2013 (Regg. CE 1698/05, 1974/06) relativamente alla esigenza di promuovere la produzione di energie rinnovabili di origine agricola, anche con l’obbiettivo di aprire nuovi sbocchi di mercato. Mentre in Italia è stato estremamente modesto il riscontro all’aiuto diretto (circa 4.800 ha nel 2007), sicuramente di maggior rilievo è quanto si è sviluppato nella programmazione FEASR, ove di assoluta rilevanza è quanto suggerito per la creazione di filiere bionergetiche sia negli Orientamenti Strategici Comunitari che nel Piano Strategico Nazionale. A ciò sono conseguite, in un quadro nazionale ancora incompleto ma sufficientemente indicativo, scelte e risorse dedicate nei Programmi di Sviluppo Rurale delle regioni italiane, anche in virtù di una volontà condivisa nei contesti partenariali, da un lato discendente dall’altro determinante aspettative del sistema delle imprese agricole. In definitiva si è ormai prossimi al momento della individuazione di strumenti concreti di intervento e della definizione di scelte strategiche di medio-lungo periodo, rispetto alle quali appare fondamentale una attenta lettura – fatti salvi ovviamente limiti e potenzialità di natura agronomica e tecnologica – della situazione di contesto e una individuazione delle principali variabili di natura socioeconomica, dominanti e conseguenti le opzioni selezionate in materia di energie da fonte agricola. Di seguito, pertanto, dopo un aggiornamento sul quadro normativo comunitario, nazionale e regionale, si tenta di operare sia una descrizione del contesto pugliese che dei fattori, come detto socioeconomici, da tenere in conto ai fini della definizione delle strategie di intervento. 89 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive 5.2. Il quadro normativo A livello comunitario, sulla scia del Protocollo di Kyoto, il “Libro Bianco” del 1997 sulle fonti rinnovabili ed il “Libro Verde” del 2000 della Commissione sulla Sicurezza dell’approvvigionamento energetico, ribadiscono l’esigenza di favorire la promozione delle fonti rinnovabili e impegnano gli Stati membri a ridurre le proprie emissioni di gas serra. Entrambi i provvedimenti invitano inoltre gli Stati a realizzare l’obiettivo del 7% nell’impiego di carburanti di origine agricola sull’insieme dei carburanti entro il 2010 e del 20% entro il 2020 e a coprire, mediante misure di ordine fiscale, il differenziale di prezzo tra biocarburanti e prodotti concorrenti di origine fossile. La Direttiva 2001/77 CE ha introdotto un obiettivo strategico per gli Stati membri col tentativo di portare il contributo delle fonti rinnovabili al 12% del consumo interno di energia entro il 2010 ed in particolare, al 22% quello relativo all’energia elettrica prodotta da FER (Fonti Energetiche Rinnovabili). Il progetto europeo in materia di biocarburanti ha completato il proprio iter normativo nel corso del 2003 con l’emanazione rispettivamente della Direttiva 2003/30 sulla promozione dell’uso di biocarburanti – che esorta gli Stati membri a provvedere affinché una percentuale minima di biocarburanti sia immessa sui loro mercati e a definire degli obiettivi indicativi nazionali – e della Direttiva 2003/96 che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e sancisce, all’art. 16, la possibilità per gli Stati dell’Unione di applicare esenzioni o riduzioni di aliquote di imposta su una serie di prodotti tra cui l’alcole etilico denaturato. L’Italia ha ratificato il Protocollo di Kyoto attraverso la legge n. 120 del 1° giugno 2002, in cui viene illustrato il relativo Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra. Il Programma Nazionale per l’energia Rinnovabile da Biomasse (PNERB), messo a punto dal Ministero delle Politiche Agricole, indica quali dovrebbero essere le linee guida per lo sviluppo del settore, in sintonia con quanto evidenziato dal “Libro Bianco” della Commissione europea e dal “Libro Verde” nazionale sulle fonti rinnovabili. In attuazione delle citate disposizioni e del regime fiscale previsto nella Legge Finanziaria, è stato emanato il Decreto del Ministero delle Finanze 96/2004 recante agevolazioni fiscali all’etanolo di origine agricola che stabilisce le modalità di attuazione della defiscalizzazione, rendendo finalmente operativo il progetto italiano sul bioetanolo. In particolare, all’art. 1 comma 1, si approva il progetto sperimentale, della durata di un triennio, “al fine di incrementare l’impiego di fonti energetiche che determinino un ridotto impatto ambientale” attraverso l’utilizzo come carburanti, da soli o in miscela con oli minerali, dei prodotti di seguito riportati: bioetanolo derivato da prodotti di origine agricola; etere etilbutilico (Etbe) derivato da alcole di origine agricola; additivi e riformulati, prodotti da biomasse, utilizzati come additivi per benzine e per gasolio, escluso il biodiesel. 90 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Il D.LGS 387/2003 che recepisce la Direttiva 2001/77/CE stabilisce un incremento annuale dello 0,35% dal 2004 al 2006, passato poi a 0,75% con la finanziaria 2008, della quota obbligatoria di energia prodotta attraverso fonti rinnovabili da immettere sul mercato fissata nel 1999 pari al 2% (dal c.d. Decreto Bersani - Dlgs 79/1999). Esso inoltre introduce nella definizione di biomasse “la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura, dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani”. La Legge 30 dicembre 2004 n. 311 (Finanziaria 2005) ha modificato quanto previsto nella Finanziaria 2001 traslando il progetto bioetanolo al triennio 2005-2007 e, soprattutto, allocando 219 milioni di euro per le agevolazioni fiscali. Questo stanziamento avrebbe dovuto consentire di produrre in 3 anni circa 3 milioni di ettolitri di etanolo agricolo (vinico, da barbabietole e da cereali) da destinare principalmente alla trasformazione in Etbe. Tuttavia, a causa di intralci burocratici e in ragione del fatto che il progetto di defiscalizzazione italiano non è stato ancora autorizzato dal DG Concorrenza della Commissione europea, non è stato prodotto un solo litro di bioetanolo a valere sugli stanziamenti della Finanziaria 2005. Nel frattempo, l'11 marzo del 2006, è stata emanata la legge 81 che prevede l'integrazione obbligatoria del bioetanolo nelle benzine in percentuali crescenti. In particolare, in applicazione di tale legge, dovrebbero essere impegnati 3,1 milioni di ettolitri di bioetanolo nel 2006 e 15,6 milioni nel 2010. Con la Finanziaria 2007 è stata ampliata la portata della Legge 81-2006, rendendo più razionale e realistico (1% nel 2007 e 2% dal 2008) l’obbligo di integrazione del bioetanolo nelle benzine (o meglio dei biocarburanti nei carburanti fossili) e rinnovando per un triennio la defiscalizzazione per il bioetanolo (per 73 milioni di euro l’anno). E’ stato altresì confermata la vigenza dell’ultimo anno di defiscalizzazione (il 2007) sancito dalla Finanziaria 2005. Nel 2007 i produttori italiani di energia elettrica da fonte convenzionale sono obbligati ad immettere in rete il 3,05% di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili o ad acquistare i Certificati Verdi (CV). I CV sono titoli annuali attribuiti all’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili; il loro valore è determinato sul mercato dal gioco della domanda e dell’offerta (125 Euro /MWh, valore GSE 2006). Oggi il valore dell’energia elettrica dotata di CV ceduta alla rete elettrica è circa circa 170-200 Euro/MWh e la durata del CV è di 12 anni, elevabile di 4 anni per le biomasse. Con la finanziaria 2008 la durata dei certificati verdi è passata a 15 anni. Ci troviamo quindi di fronte ad un sistema misto tra defiscalizzazione e obblighi di integrazione. Questi gli eventi politico-legislativi. Sul fronte attuativo, mancano ancora i regolamenti previsti dalla Finanziaria 2007 che avrebbero dovuto dettare le procedure di applicazione dell’obbligo e le sanzioni per chi non dovesse adempiervi. 91 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Quanto alla defiscalizzazione, è ancora in corso la querelle tra Amministrazione nazionale e DG Concorrenza della Commissione per ottenere il nulla osta al progetto italiano. Nella Finanziaria 2007 l’Italia si è impegnata a rispettare la sentenza Deggendorf sugli aiuti di Stato illegittimi, ma Bruxelles non ha fin qui ritenuto sufficiente questo impegno, dopo aver giudicato impeccabile sotto il profilo fiscale ed ambientale il progetto italiano di detassazione del bioetanolo (Comunicazione del settembre 2006). Da rilevare inoltre che, in termini di defiscalizzazione, l’Italia è quella che interviene in modo meno incisivo rispetto ad altri Paesi, con una percentuale di defiscalizzazione pari al 50%, rispetto ad altri Paesi che intervengono con tagli del 100%. Vengono elencati di seguito i principali provvedimenti adottati a livello europeo, i conseguenti recepimenti nazionali, nonché le azioni promosse nella Regione Puglia NORMATIVA COMUNITARIA - Agenda XXI. - Protocollo d’intesa della III Conferenza delle parti della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici (Protocollo di Kyoto: 1-12 dicembre 1997). - Direttiva 2000/76/CE sull’incenerimento dei rifiuti. - Direttiva 2001/77/CE (Norme sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità). - Direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico degli edifici. - Decisione 2002/265/CE, con cui si autorizza ad applicare aliquote di accisa differenziate ad alcuni carburanti contenenti biodiesel. - Decisione 2002/358/CE, di ratifica del Protocollo di Kyoto da parte della Comunita Europea. - Direttiva 2003/30/CE per la promozione dell’uso dei biocarburanti o di altricarburanti rinnovabili nei trasporti. - Direttiva 2003/54/CE (Norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica). - Direttiva 2003/55/CE (Norme comuni per il mercato interno del gas). - Direttiva 2003/87/CE (Norme che istituiscono un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio). - Direttiva 2003/96/CE (Norme per la riorganizzazione del quadro comunitario della tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità). - Decisione n.1230/2003/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (Programma pluriennale di azioni nel settore dell’energia: ”Energia intelligente – Europa” (2003-2006). - Regolamento 2003/1782/CE, che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell’ambito della Politica Agricola Comunitaria e istituisce aiuti agli agricoltori per la produzione di colture energetiche. Tale regolamento esclude dall’obbligo di ritiro (set aside) i terreni utilizzati per le coltivazioni agroenergetiche e prevede, nel caso di colture 92 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive destinate alla produzione di energia, un aiuto comunitario accoppiato pari a 45 euro/ettaro. - Direttiva 2004/8/CE (Norme per la promozione della cogenerazione basata su una domanda di calore ad alto rendimento nel mercato interno dell’energia). - Regolamento 2004/1973/CE, aiuto per le colture energetiche. - Direttiva 2005/32/CE, che istituisce un quadro per l'elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti che consumano energia. - Direttiva 2006/32/CE (Norme comuni per l’efficienza degli usi finali dell’energia e i servizi energetici). - Piano d’azione Commissione UE per l’efficienza energetica (19 ottobre 2006). - DIRETTIVA 2009/28/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 23 aprile 2009 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE. RIFERIMENTI NAZIONALI - Legge n. 9 del 1991 (Norme per l'attuazione del nuovo Piano energetico nazionale: aspetti istituzionali, centrali idroelettriche ed elettrodotti, idrocarburi e geotermia, autoproduzione e disposizioni fiscali). - Legge n. 10 del 1991 (Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia). - Legge n. 317 del 1991 relativa (Interventi per l'innovazione e sviluppo delle piccole imprese). - Decreto legislativo n. 79 del 1999 (Attuazione della Direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica). - Decreto legislativo n. 164 del 2000 (Attuazione della Direttiva 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas). - Legge costituzionale n. 3 del 2001 (Riforma del titolo V della Costituzione). - Decreti ministeriali 24 aprile 2001 per la promozione dell’efficienza energetica negli usi finali. - Legge n. 55 del 2002 (Misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale, cd. legge “sblocca centrali”). - Art. 43, legge n. 39 del 2002, legge comunitaria 2001 (Legge delega su fonti rinnovabili); - Legge n. 120 del 2002 (Ratifica del protocollo di Kyoto). - Legge n. 273 del 2002 (Misure per favorire l’iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza). 93 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive - Legge n. 83 del 2003 (Disposizioni urgenti in materia di oneri generali del sistema elettrico e di realizzazione, potenziamento, utilizzazione e ambientalizzazione di impianti termoelettrici). - Decreto Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio del 31 luglio 2003. - Decreto legislativo n. 387 del 29 dicembre 2003 (Attuazione della Direttiva 2001/77/CE: Norme sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità). - Decreti del Ministro delle Attività produttive del 20 luglio 2004, che rivedono, precisano ed attuano i contenuti dei sopraccitati Decreti Ministeriali 24 aprile 2001 per la promozione dell’efficienza energetica negli usi finali. - Legge 23 agosto 2004, n. 239 “Riordino del settore energetico, nonché delega al governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia”, pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 215 del 13 settembre 2004. - Decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, attuazione della direttiva 2000/76/CE, in materia di incenerimento dei rifiuti. Il decreto esclude dal proprio campo di applicazione e, quindi, non considera “rifiuti” una serie di materiali (rifiuti vegetali derivanti da attività agricole e forestali, rifiuti vegetali derivanti dalle industrie agro-alimentari di trasformazione, rifiuti vegetali fibrosi derivanti dalla produzione della pasta di carta grezza e dalla relativa produzione di carta, rifiuti di legno che non contengano composti organici alogenati o metalli pesanti o pericolosi ai sensi del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e successive modificazioni, rifiuti di sughero, corpi interi o parti di animali non destinati al consumo umano) che sono considerati “biomasse”. - Decreto legislativo 30 maggio 2005, n.128 recante “Attuazione 2003/30/CE relativa alla promozione dell’uso de biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti: il testo recepisce i contenuti della Direttiva ma dimezza gli obiettivi quantitativi indicati dal Consiglio europeo. Fissa gli obiettivi indicativi nazionali, calcolati sulla base del tenore energetico, di immissione in consumo di biocarburanti e altri carburanti rinnovabili, espressi come percentuale del totale del carburante diesel e di benzina nei trasporti immessi al consumo nel mercato nazionale: a) entro il 31 dicembre 2005: 1,0 per cento; b) entro il 31 dicembre 2010: 2,5 per cento. - Decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell'edilizia. - Decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell'edilizia. - DM Attività Produttive 24 ottobre 2005, direttive per l'emissione dei certificati verdi in favore di impianti di teleriscaldamento, cofiring, idrogeno. - Legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Finanziaria del 2006), introduce alcuni elementi a sostegno della bioenergia tra i quali: 94 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Comma 115/d - Proroga per il 2006 dell’esenzione da accisa per reti di teleriscaldamento alimentate da biomassa. Comma 117 - Proroga al 31/12/2006 del termine relativo alla fruizione della detrazione Irpef per gli interventi di manutenzione e salvaguardia dei boschi, fino all’importo complessivo di 100 mila euro di spesa. La misura riguarda la detrazione Irpef del 41% per gli interventi di manutenzione e salvaguardia dei boschi, per le esigenze di tutela ambientale e di difesa del territorio e del suolo dai rischi da dissesto idrogeologico. Comma 421 - Programma della durata di sei anni, a decorrere dal 10 gennaio 2005 fino al 30 giugno 2010 per il biodiesel, puro miscelato con oli minerali, esentato dall’accisa nei limiti di un contingente annuo di 200.000 tonnellate. Previsti appositi contratti di coltivazione per una parte del biodiesel da produrre (20.000 tonnellate) al fine di obbligare ad una parziale fornitura nazionale della biomassa. Comma 422 - Le risorse non spese al 31/12/2005 del programma bioetanolo saranno destinate, per l’anno 2006, nella misura massima di 10 milioni di euro per l’aumento fino a 20.000 tonnellate delle 200.000 tonnellate di biodiesel di cui sopra, nonché fino a 5 milioni di euro per programmi di ricerca e sperimentazione del MIPAF per la bioenergia, il resto al Fondo sviluppo filiere agroenergetiche. Comma 423: La produzione e la cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili agroforestali effettuate dagli imprenditori agricoli costituiscono attività connesse ai sensi dell’articolo 2135, terzo comma, del Codice civile e si considerano produttive di reddito agrario. Legge 27 dicembre 2006, n. 296 "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e - pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)" pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 27 dicembre 2006 Supplemento ordinario n. 244. Le principali novità per il settore biomasse sono: obiettivi nazionali di immissione di biocarburanti: 2,5% entro il 31/12/2008 e 5,75% entro il 31/12/2010; immissione in consumo per il 2007 di una quota minima di biocarburanti per autotrazione dell’1% del consumo dell’anno precedente. A partire dall'anno 2008, tale quota minima e' del 2 %; accisa del 20% per 250.000 tonnellate di biodiesel dal 2007; obbligo per gli operatori della filiera di produzione e distribuzione dei biocarburanti di origine agricola a garantire la tracciabilità e la rintracciabilità della filiera, realizzando un sistema di identificazioni e registrazioni di tutte le informazioni necessarie a ricostruire il percorso del biocarburante attraverso tutte le fasi della produzione, trasformazione e distribuzione, con particolare riferimento alle informazioni relative alla biomassa ed alla materia prima agricola, specificando i fornitori e l’ubicazione dei siti di produzione; riduzioni di accisa per il bioetanolo dal 2008 per 73 milioni di spesa annui; 95 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive esenzione accisa, entro un importo massimo di 1 milione di euro per ogni anno a decorrere dall'anno 2007, per l’olio vegetale puro per autoconsumo nell’ambito dell’impresa agricola singola o associata; revisione entro 6 mesi della disciplina dei certificati verdi al fine di incentivare l'impiego a fini energetici delle materie prime provenienti dai contratti di coltivazione di cui all'art. 90 del regolamento (CE) n. 1782/2003 (29 settembre 2003), incentivare l'impiego a fini energetici di prodotti e materiali residui provenienti dall'agricoltura, dalla zootecnia, dalle attività forestali e di trasformazione alimentare, nell'ambito di progetti rivolti a favorire la formazione di distretti locali agro-energetici, incentivare l'impiego a fini energetici di materie prime provenienti da pratiche di coltivazione a basso consumo energetico e in grado di conservare o integrare il contenuto di carbonio nel suolo; eliminazione della soglia minima di 50 MWh per l’attribuzione dei CV da biomasse; IVA agevolata del 10% per servizi, apparecchiature e materiali per la fornitura di energi termica per uso domestico attraverso reti pubbliche di teleriscaldamento o nell’ambito del contratto servizio energia; esclusione di rifiuti e fonti assimilate dal regime dei CV Decreto legislativo 2 febbraio 2007, n. 26, attuazione della direttiva 2003/96/Ce che - ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità. Decreto legislativo 8 febbraio 2007, n. 20, attuazione della direttiva 2004/8/CE sulla - promozione della cogenerazione basata su una domanda di calore utile nel mercato interno dell'energia. Modifica l’art. 1 della legge 23 agosto 2004, n. 239 distinguendo tra microgenerazione (< 50 kWe) e piccola generazione (≤ 1 MWe). Stabilisce che l'installazione di un impianto di microgenerazione o di piccola generazione, purche certificati, e soggetta a norme autorizzative semplificate. Introduce la garanzia di origine dell'elettricità da cogenerazione ad alto rendimento e la possibilità di net-metering per impianti di taglia fino a 250 kWe. Legge 29 novembre 2007, n. 222 "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto- - legge 1° ottobre 2007, n. 159, recante interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale". Legge 24 dicembre 2007 n. 244 "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e - pluriennale dello Stato" (legge Finanziaria 2008) Le principali novità per il settore biomasse sono: comuni possono introdurre un'aliquota ICI ridotta, inferiore al 4 per mille, per coloro che installano impianti energetici da fonte rinnovabile; sono previste agevolazioni fiscali per il gasolio e il gpl utilizzati in zone montane e per le reti di riscaldamento alimentate a biomassa o energia geotermica; 96 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive la detrazione fiscale del 55% si applica anche alla sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con pompe di calore ad alta efficienza e con impianti geotermici a bassa entalpia; il rilascio del permesso di costruire dal 2009 è subordinato all'installazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, alla certificazione energetica dell'edificio e a caratteristiche strutturali dell'edificio finalizzate al risparmio idrico. - Dal 2010 è vietata la commercializzazione di elettrodomestici appartenenti alle classi energetiche inferiori alla A e di motori elettrici appartenenti alla classe 3. Dal 2011 è vietata la commercializzazione delle lampadine a incandescenza e degli elettrodomestici privi di interruttore dell'alimentazione dalla rete elettrica. - E' istituito un fondo di 1 milione di euro presso il Ministero dell'Economia e Finanze per finanziare campagne informative sulle misure che consentono la riduzione dei consumi energetici. E' istituito un fondo di 40 milioni di euro presso il Ministero dell'Ambiente per la promozione delle energie rinnovabili. - Riforma dei Certificati Verdi con norme per l’incentivazione dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. Con possibilità di richiedere un incentivo fisso invece del certificato verde se produce energia con impianti non superiori a 1 Mw. - Decreto del 18 dicembre 2008, incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, ai sensi dell'articolo 2, comma 150, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. RIFERIMENTI LEGISLATIVI REGIONE PUGLIA - Legge Regionale n. 19 del 2000 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi in materia di energia e risparmio energetico, miniere e risorse geotermiche). - Delibera della Giunta n. 2074/04 (Azioni pilota per la riduzione delle emissioni dei gas serra imputabili al settore agricolo regionale. Valorizzazione delle biomasse), ha approfondito le tematiche riguardanti le potenzialità delle filiere “digestione anaerobica di reflui zootecnici e scarti agroindustriali” e “ valorizzazione biomasse residuali agricole (potature di olivo). - Legge Regionale n. 23 del 3.08.2007 che disciplina la creazione e l’organizzazione dei distretti produttivi. - Legge Regionale n. 36 del 14.12.2007 che modifica l’art. 4 della legge regionale del 3 agosto 2007, n. 23. - Rapporto Preliminare di ARTI Puglia (Agenzia Regionale per la Tecnologia e l’Innovazione) in materia di “Energie Rinnovabili in Puglia – Strategie, competenze, progetti” del Gennaio 2008. - Programma Operativo Interregionale (POI) “Energie Rinnovabili e Risparmio energetico 2007-2013”, frutto di una lunga ed intensa attività di analisi e di programmazione avvenuta nell’ambito di un gruppo in cui hanno lavorato le Amministrazione centrali (Mise 97 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive e MATTM), le 4 Regioni Convergenza e le Regioni Competitività del Mezzogiorno; e dove è emersa forte la necessità di intervenire in campo energetico con uno strumento interregionale che coinvolgesse tutte le Regioni del Mezzogiorno, e che si articola su tre Assi prioritari: • Asse I: Produzione di energia da fonti rinnovabili. • Asse II: Efficienza energetica e ottimizzazione del sistema energetico. • Asse III: Assistenza Tecnica e azioni di accompagnamento con l’obiettivo specifico di: a. Promuovere e sperimentare forme avanzate di interventi integrati e di filiera finalizzati all’aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili; b. Favorire lo sviluppo e la diffusione dell’efficienza energetica e l’ottimizzazione del sistema nel suo complesso; c. Migliorare l’efficienza e la qualità dell’attuazione e la conoscenza del Programma. - Piano Energetico Regionale Pugliese che si pone come obiettivo generale di individuare il mix ottimale di azioni e strumenti in grado di garantire: 1) lo sviluppo di un sistema energetico locale efficiente e sostenibile che dia priorità al risparmio energetico ed alle fonti rinnovabili come mezzi per la riduzione dei consumi di fonti fossili e delle emissioni di CO2 e come mezzi per una maggiore tutela ambientale; 2) lo sviluppo di un sistema energetico locale efficiente e sostenibile che risulti coerente con le principali variabili socio-economiche e territoriali locali. ALTRO - Linee guida e obiettivi del Piano Strategico Europeo per le tecnologie energetiche (PIANO SET) – COM (2007)/723/UE. - Delibera AEEG 34/05: Modalita e condizioni economiche per il ritiro dell'energia elettrica di cui all'articolo 13, commi 3 e 4, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e al comma 41 della legge 23 agosto 2004, n. 239, che stabilisce prezzi minimi garantiti di cessione dell’energia elettrica per impianti a fonti rinnovabili di particolare interesse. - Delibera AEEG 281/05: Condizioni per l’erogazione del servizio di connessione alle reti elettriche con tensione nominale superiore ad 1 kV i cui gestori hanno obbligo di connessione di terzi, che stabilisce procedure e costi privilegiati per gli impianti a fonte rinnovabile. - Delibera AEEG 28/06: Condizioni tecnico-economiche del servizio di scambio sul posto dell’energia elettrica prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza nominale non superiore a 20 kW, ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo 29 98 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive dicembre 2003, n. 387, che stabilisce la possibilità di net metering con la rete elettrica per tale tipologia di impianti, favorendone cosi la diffusione e la convenienza economica. - Delibera AEEG 89/07: Condizioni tecnico-economiche per la connessione di impianti di produzione di energia elettrica alle reti elettriche con obbligo di connessione di terzi a tensione nominale minore o uguale ad 1 kV, che stabilisce misure specifiche per la connessione di piccoli impianti di generazione elettrica. - Circolare 32/E dell'Agenzia delle Entrare del 6 luglio 2009, riguardo il trattamento fiscale dell'esercizio in conto energia per l'imprenditore agricolo. 5.3. Il contesto pugliese Come ben noto, la Puglia è regione dalla spiccata storia e vocazionalità agricola, sia in funzione di un saper fare dell’imprenditoria di settore che della sussistenza di condizioni pedoclimatiche favorevoli alla diffusione dell’attività primaria, coniugate all’assenza di significativi ostacoli orografici. A ciò si aggiunge una marcata varietà di situazioni produttive, direttamente collegate a differenziazioni territoriali, che consentono al sistema agricolo regionale anche una importante diversificazione delle produzioni e delle specializzazioni. In termini quantitativi, i dati statistici indicano l’esistenza di circa 350.000 aziende (il 24% delle aziende del Mezzogiorno), insistenti su una SAU che, pur con le opportune attenzioni necessarie al trattamento delle informazioni censuarie, si attesta su circa 1,400 milioni di ha, pari al 91% della Superficie Agricola Totale, ad evidenziare la modestia delle superfici non coltivate. L’elemento primario derivante dalla lettura congiunta delle due informazioni è la modesta superficie media aziendale, indicante l’esistenza di un sistema di piccolissime imprese, confermato dalla prevalenza di aziende con meno di 5 ettari di SAU (87% del totale regionale) e da un coerente indice di concentrazione (102,5). Ulteriore conferma, considerata la prioritaria importanza del dato economico rispetto a quello fisico, è data dalla prevalenza di aziende con dimensione economica modestissima. Infatti, le aziende con meno di 2 UDE (Unità di Dimensione Economica) costituiscono ben il ben il 52,8% dell’intero universo regionale, pur estendendosi su di una SAU pari al 9% della superficie regionale e realizzando un RLS pari al 9,2% del valore totale regionale. Comunque, la presenza così diffusa di piccole imprese non impedisce all’agricoltura regionale di conseguire performance produttive di assoluto rilievo. La PLV agricola pugliese, infatti, è pari all’8% della produzione agricola dell’intero Paese, ossia, in valore assoluto, a circa 3 miliardi di euro. Si tratta di un valore di assoluto rispetto che, inoltre, consente al settore primario di essere significativamente protagonista della formazione della ricchezza regionale, cui contribuisce per oltre il 6%, ovvero in misura decisamente maggiore di quanto avvenga nel Mezzogiorno e nel Paese. 99 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive E’ anche da sottolineare come tale performance sia conseguita da una agricoltura sostanzialmente virtuosa in termini ambientali, considerato quanto sia contenuto l’uso di mezzi tecnici (es. sementi, concimi, ecc.), con una incidenza dei consumi intermedi regionali su quelli italiani pari a circa il 6,6%. I risultati economici conseguiti si riflettono anche sugli scambi commerciali che - pur considerando le oscillazioni tra anni – mostrano un saldo generalmente positivo, significativamente sostenuto dalle esportazioni dei prodotti del settore primario e generalmente depresso dai risultati dell’industria alimentare. Quali sono le caratteristiche del capitale umano che concorre nelle strutture descritte a realizzare i risultati economici evidenziati? In primo luogo è importante sottolineare la numerosità dei soggetti impegnati, a vario titolo e durata, in agricoltura. In base ai dati dell’ultimo censimento dell’agricoltura, infatti, in Puglia trovano occupazione nelle aziende agricole circa 960.000 lavoratori (il 17% del totale dei lavoratori presenti a livello nazionale), dei quali il 35% sono donne. Questi trovano occupazione in azienda prevalentemente a conduzione diretta del coltivatore, pari al 95% del totale delle aziende regionali. Conduttori, questi, contraddistinti da un elevato tasso di senilizzazione, considerato che il 60% ha più di 55 anni a fronte di appena il 5% con età inferiore ai 35 anni. E’ di piena evidenza il modesto ricambio generazionale che interessa gli imprenditori agricoli pugliesi, fattore di notevole importanza sia per la prosecuzione dell’attività agricola che per l’introduzione di innovazioni. Relativamente a quest’ultimo aspetto, si segnala che il sistema produttivo regionale si caratterizza ancora per una bassa domanda di ricerca e di innovazione e, in generale, per una bassa propensione all’innovazione, per una incapacità di manifestare i fabbisogni e, ancora, per una scarsa consapevolezza delle potenzialità in termini di competitività delle innovazioni. Ciò è da mettere in relazione con le piccole dimensioni delle imprese agricole, che pur potrebbero avvalersi di ben 28 istituzioni operanti in Puglia e impegnate direttamente in attività di ricerca e di sviluppo tecnologico nel settore delle produzioni agroalimentari. Un ulteriore elemento da evidenziare è la notevole rigidità strutturale del sistema produttivo agricolo regionale, dovuta principalmente all’ampia diffusione delle colture arboree in misura decisamente superiore rispetto a quanto avviene nelle altre regioni italiane. 100 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Tabella 27 - Strutture della produzione dell'agricoltura pugliese per orientamento tecnicoeconomico (OTE). OTE AZIENDE SPECIALIZZATE in: Seminativi Cereali Orticoltura in pieno campo Altre aziende con seminativi Ortofloricoltura Floricoltura e piante ornamentali Viticoltura Viticoltura per vini di qualità Viticoltura per vini non di qualità Viticoltura per vini di qualità ed altri combinati Viticoltura mista e/o per produzioni diverse Coltivazioni permanenti Frutticoltura (esclusa agrumicoltura) Agrumicoltura Olivicoltura Diverse coltivazioni permanenti combinate Zootecnia Bovini Ovini Caprini Altre aziende zootecniche Totale aziende specializzate Aziende SAU N. % ettari % 46.834 30.906 6.735 9.193 691 563 34.399 2.356 13,52 8,92 1,94 2,65 0,20 0,16 9,93 0,68 459.809,04 331.366,17 35.929,53 92.513,34 1.657,05 1.200,47 78.172,56 4.140,30 36,99 26,65 2,89 7,44 0,13 0,10 6,29 0,33 22.066 6,37 41.510,84 3,34 327 0,09 2.040,64 0,16 9.650 2,78 30.480,78 2,45 239.779 11.623 2.443 188.657 69,20 3,35 0,71 54,45 450.153,08 16.346,26 6.243,09 319.332,64 36,21 1,31 0,50 25,69 37.056 10,69 108.231,09 8,71 4.154 1.889 236 68 1.961 325.857 1,20 0,55 0,07 0,02 0,57 94,04 78.950,69 42853,99 5.057,13 983,61 30.056 1.068.742,42 6,35 3,45 0,41 0,08 2,42 85,97 Fonte: elaborazioni INEA su dati ISTAT, Censimento Agricoltura, 2000. Di rilievo è anche l’incidenza delle aziende cerealicole, in riferimento sia al numero che alla SAU occupata, e delle aziende vitivinicole, soprattutto per la produzione di vini non di qualità. Le aziende zootecniche interessano appena il 6% della SAU. Sinteticamente descritto il contesto agricolo pugliese, è necessario dar conto degli effetti delle politiche sullo stesso agenti. Tra queste spiccano sicuramente quelle di mercato di fonte Comunitaria (il cosiddetto primo pilastro della PAC) che, dopo aver per anni significativamente orientato le scelte di impresa in funzione anche della possibilità di poter godere di forme di sostegno dei redditi, hanno avuto una importantissima inversione di tendenza con il disaccoppiamento derivante dall’applicazione della riforma Fischler. Questa, infatti, scollegando il sostegno comunitario dalla produzione 101 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive realizzata, ha restituito centralità alle scelte imprenditoriali più coerenti con le effettive potenzialità di mercato. Relativamente alla Puglia si deve evidenziare che a tutt’oggi il quadro disponibile degli effetti sui singoli comparti regionali, derivanti dalla riforma, risulta essere estremamente parziale e temporaneo Tali effetti, in un contesto di estrema variabilità dei mercati nazionali e internazionali, potrebbero, nel giro di pochissimi anni, subire importanti cambiamenti in conseguenza delle differenti strategie aziendali messe in atto dai singoli imprenditori per rispondere in modo adeguato alle sollecitazioni dei mercati stessi. Detto questo, appare comunque innegabile che in Puglia gli effetti dell’introduzione del pagamento unico abbiano prodotto una contrazione, in particolare nel comparto del frumento duro e su quello dell’allevamento ovi-caprino e bovino da carne, nonché, seppure proiettati nel futuro, sul comparto del tabacco. Ne deriverebbe una interessante disponibilità di terra, potenzialmente funzionale all’incremento di superfici da destinare alla realizzazione di colture energetiche. 5.4. Potenzialità e limiti per lo sviluppo delle bioenergie in Puglia Considerando consolidate le conoscenze sulla esigenze di incrementare la produzione di energia da fonti rinnovabili e di abbattere l’emissione di in atmosfera di gas serra e sui conseguenti obbiettivi quantitativi, si cercherà ora di evidenziare quali possono essere i principali elementi – tanto positivi che negativi – in grado di incidere e/o determinare la crescita di filiere – o parti di esse – bioenergetiche in Puglia. E’ fondamentale evidenziare, come tra l’altro ampiamente riportato nell’analisi del contesto regionale, la spiccatissima vocazionalità agricola della Puglia, con una ampissima superficie dedicata, numerosa forza lavoro direttamente, e anche nell’indotto, impiegata, notevole partecipazione alla formazione della ricchezza della regione. Non di meno, bisogna ricordare la maglia aziendale di ridotte dimensioni, le difficoltà di piena valorizzazione commerciale delle produzioni ottenute e la presenza di una imprenditoria “anziana”. E’ su questi elementi che si innescano le attuali politiche di sviluppo rurale ed agricolo della Regione Puglia, consapevoli che gli scenari futuri per molte delle produzioni regionali appaiono complessi per la presenza di forti competitori esteri e che non è credibile una azione che miri al raggiungimento di una qualità diffusa soprattutto per l’impossibilità di una qualificazione (e, soprattutto, successiva commercializzazione) massiva delle produzioni agricole regionali, dalla estremamente improbabile piena allocazione sui mercati. Ne discende, pertanto, l’esigenza di una qualificazione mirata delle produzioni agricole e della creazione e rafforzamento del sistema di commercializzazione dei prodotti agricoli, attraverso strumenti che agevolino la coazione dei soggetti operanti lungo le filiere. Un principio di azione sinergico, e obbligato, rispetto al precedente è quello della diversificazione delle produzioni agricole, che si concretizza attraverso la creazione delle 102 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive condizioni per la diffusione di coltivazioni, sempre attraverso il principio della concentrazione, che consenta una reale diversificazione colturale sia a livello di areale che di singola impresa, con particolare attenzione verso le no food e le colture energetiche con limitato apporto di mezzi tecnici e di acqua. Gli impatti generabili da questo tipo di approccio sono principalmente ascrivibili alla: - limitazione del rischio di impresa, e conseguentemente dell’intero sistema, in caso di problematiche congiunturali, - ad un più razionale ed equilibrato utilizzo delle risorse, terra in primo luogo ù - all’acquisizione di spazi di mercato in comparti a bassa competizione, - al contributo al miglioramento del saldo energetico del paese. La lettura combinata della impostazione strategica appena evidenziata, lascerebbe prefigurare una sorta di azione sostitutiva delle colture energetiche rispetto alle tradizionali. Al riguardo, però, è utile sottolineare come questo processo debba necessariamente avvenire in contesti e condizioni ben specifiche. Di improbabile realizzazione per le colture arboree, alla luce della vincolistica gravante sull’olivicoltura, dello stato di maturità se non di ulteriore sviluppo della frutticoltura, dell’avviato processo di qualificazione della già fortemente depauperata viticoltura da vino e, soprattutto, dell’anaelesticità della scelta di sostituzione, si ritiene che il processo possa avere opportunità nell’ambito delle coltivazioni erbacee. Tra queste sono di sicuro interesse i cereali, specificatamente nelle aree del foggiano e della Murgia, rispetto ai quali, tra l’altro, vi è l’ampia flessibilità della scelta di impresa operata e la praticabilità a parità di esigenze idriche. Risulterebbero non lesi gli aspetti occupazionali, stante il modestissimo fabbisogno delle colture sostituite, mentre dovrebbero essere attentamente valutati gli effetti sull’indotto (sistema molitorio e industrie di pastificazione) anche se questo ha sempre dimostrato capacità di adattamento approvvigionandosi su mercati esteri. Inoltre, la diffusione di alternative possibili dovrebbe migliorare la posizione negoziale dei cerealicoltori, storicamente debole rispetto alle altre fasi della filiera. Di particolare interesse potrebbe essere l’azione sostitutiva, sempre ovviamente flessibile, rispetto alla coltivazione del pomodoro da industria nel foggiano, i cui risultati commerciali vengono da tempo considerati insoddisfacenti da parte degli imprenditori e che è concausa di problematiche di natura sociale legale all’impiego di lavoro extracomunitario, spesso non regolare se non clandestino. Poco percorribile appare la sostituzione dell’orticoltura da reddito praticata in regione, mentre ulteriori spazi di diffusione potrebbero esservi sia nelle aree salentine ex tabacchicole ed ora in riconversione e nelle aree costiere ove l’emungimento indiscriminato ha provocato importanti fenomeni di sodicizzazione dei suoli. 103 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Nelle aree del tabacco, ferma restando, come dimostrato da studi recenti, l’impossibilità per qualsiasi altra coltura di garantire reddito e occupazione comparibili a quelli derivanti dalla coltivazione del tabacco, potrebbe rappresentare una interessante alternativa, soprattutto laddove si determinassero sbocchi occupazionali nell’indotto conseguente. Nei territori vittima della salinizzazione la messa a coltura di energetiche avrebbe una prevalente valenza ambientale, per la quale potrebbe essere ipotizzabile, a titolo di compensazione, un ulteriore pagamento agroambientale dedicato. In maniera trasversale a tutto il territorio regionale potrebbero essere interessati i terreni marginali, ivi compresi eventuali incolti. Sommariamente indicate le opportunità principali in termini di allocazione fisica delle eventuali colture energetiche, si ritiene necessario ipotizzarne anche una possibile collocazione nell’ambito dei mercati. In tal senso l’approccio di diversificazione flessibile evidenziato, coniugato alla sostanzialmente limitata superfice destinabile e alle produzioni conseguibili soprattutto se paragonate a consolidati produttori di materie prime quali i paesi del Sud America, spinge a ritenere che si dovrebbe concepire una dimensione di nicchia per le colture eneregetiche praticate in regione. Tale dimensione si dovrebbe riflettere in una organizzazione di filiera sostanzialmente di prossimità, senza pertanto prefigurare possibilità di flussi commerciali della materia prima destinati ad aree fuori regione, ma - soprattutto – un utilizzo locale dei prodotti derivanti dalla trasformazione industriale. Questa opzione, oltre a moderare i rischi competitivi, tra l’altro difficilmente affrontabili stante la difficoltà di abbattere i costi di produzione agricoli in Italia, consentirebbe di agire direttamente su una delle voci di spesa più significative del settore, quale l’energia. Ancora, sarebbe in tal modo possibile la indispensabile modularità delle filiere, funzionale alla creazione di catene produttive di scala diversa (aziendale, comprensoriale, distrettuale, regionale) strettamente connesse alla scala di utilizzo dei prodotti trasformati e alle opportunità di fornitura di materia prima. In tal modo, inoltre, si uscirebbe dalla dicotomia, spesso abusata, tra filiera lunga e filiera corta, riconoscendo di fatto gli interessi di tutti i soggetti coagenti lungo la filiera utile anche ad agevolare l’ottimizzazione dei cicli produttivi e l’utilizzo di eventuali sottoprodotti 1. In qualsivoglia azione di indirizzo e di sostegno alla creazione delle filiere bioenergetiche, è da tener anche in assoluta considerazione che queste non hanno finalità meramente competitive, ma perseguono obiettivi spiccatamente ambientali. Ciò avviene, inoltre, in modalità diretta e non in maniera indotta come avviene per la condizionalità. 1 Si pensi ai pannelli, ricchi di azoto e di sostanze biologicamente attive in grado di esercitare numerose funzioni in contesto agricolo. 104 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Da questo discende l’assoluta esigenza di sostenibilità ambientale dell’intero processo, cioè della necessità che il bilancio energetico complessivo sia positivo o al più nullo 2 e che sia contenuto – ovvero pari o inferiore alla coltura precedente – l’utilizzo di mezzi tecnici con impatto ambientale o tendenti all’insufficienza (acqua, prodotti di sintesi, ecc.). A questo si aggiungono da un lato il rispetto di tutte le prescrizioni ambientali cogenti, dall’altro la verifica della salvaguardia delle molteplici biodiversità locali sia di natura vegetale che animale. La citata prevalenza degli obiettivi ambientali delle filiere bioenergetiche non deve comunque spingere a tralasciare la loro caratteristica di attività di impresa, per la quale diviene ineludibile la motivazione reddituale e competitiva. A tal proposito, pur essendo d’obbligo il perseguimento di una sostenibilità economica delle iniziative ad intraprendersi, deve essere fatto riferimento – nella valutazione di convenienza economica - a possibilità alternative concrete, ordinarie e stabili. E’ ragionevolmente sul fronte della stabilità – ovvero della costanza del riconoscimento economico delle produzioni agricole – che si può determinare la sostenibilità economica delle filiere bioenergetiche, ancor più se le produzioni conseguite hanno utilizzo su scala locale. L’interesse collettivo, cui le stesse filiere concorrono generando importanti esternalità positive, potrebbe comunque ampiamente motivare un sostegno pubblico diretto, sia con funzione di sostenere redditi insufficienti che di incentivare le scelte di impresa. Non si ritiene opportuno, comunque, l’utilizzo di erogazione di premi – più volte dimostratisi inefficaci e non stimolanti nel lungo periodo, e quindi non in grado di innescare modificazioni durature – che, tra l’altro, impongono la individuazione di canali finanziari precisi e quantificati. Di contro, forme agevolative indirette sulla fiscalità potrebbero risultare più efficaci, più virtuose ed anche più controllabili. Facendo riferimento alle biomasse utilizzabili ai fini della produzione di energia elettrica e di calore, la maggior parte delle indicazioni su esposte, ove pertinenti, sono da ritenersi valide. Rimane da evidenziare l’esigenza di prossimità tra la fonte della materia prima e il punto di traformazione di questa, individuabile o a livello aziendale o a livello comprensoriale, in funzione della relativa “povertà” della stessa materia prima e della incidenza dei costi di raccolta e di trasporto. Medesima prossimità vi deve essere con l’utilizzatore/i dell’energia prodotta, soprattutto relativamente a quella termica, di fatto intrasportabile. Tale condizione, soddisfacibile a scala aziendale, diviene vincolante su scala comprensoriale e determina, comunque, la tipologia di contesto in cui intervenire. Sono infatti da escludersi gli areali privi di insediamenti agricoli produttivi e/o di strutture – quali le serre – che possono far uso della energia prodotta. 2 Considerata la finalità di sostituire i carburanti fossili, anche un bilancio energetico nullo è da considerarsi accettabile in quanto vengono comunque garantiti il decremento d’uso di una fonte non rinnovabile ed un abbattimento delle emissioni di gas serra in atomosfera, 105 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive 6. METODOLOGIE PER L’INDIVIDUAZIONE DI INDICATORI PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELLE FILIERE AGRIENERGETICHE Le bioenergie possono offrire nuove prospettive per il futuro: ogni segnale di incremento di prezzo del petrolio sottolinea la necessità di delineare un percorso energetico sostenibile e duraturo. L’utilizzo di agro-energie potrà portare beneficio alle aree rurali, specialmente come sviluppo economico e contributo alla creazione di nuovi sbocchi occupazionali ed investimenti (Domac, 2002; Sims, 2003). D’altra parte, pero, sono abbastanza attuali le problematiche connesse allo sviluppo di filiere agro-energetiche dovute ad aspetti di natura ambientale ed etica che vedono in grande imbarazzo gli amministratori locali ed i decisori pubblici, chiamati ad orientare lo sviluppo sociale ed economico del territorio secondo principi di sostenibilità. Numerosi studi, condotti su scala territoriale con il fine di fornire un supporto decisionale per lo sviluppo sostenibile di filiere agrienergetiche, si sono basati sull’utilizzo di indicatori adottando differenti modalità e finalità di scelta ed evidenziando, spesso, approcci settoriali dovuti ad una inevitabile influenza della formazione tecnico-culturale dei proponenti. L’indicatore è uno strumento in grado di quantificare e di fornire, in forma sintetica, informazioni su un problema complesso e di significato ampio e sulle variazioni che avvengono in un determinato sistema, rendendo visibile un andamento non immediatamente percepibile. Il ricorso ad indicatori consente il raggiungimento di decisioni e azioni più efficaci facilitando, chiarendo e mettendo a disposizione dei responsabili delle decisioni politiche informazioni aggregate; contribuisce ad integrare le conoscenze scientifiche con i processi decisionali e a misurare e calibrare il progresso verso gli obiettivi sostenibili di sviluppo; consente una più immediata percezione di allarme per prevenire eventuali ostacoli economici, sociali ed ambientali. A tal riguardo, già nel 1992, la Conferenza Mondiale su Ambiente e Sviluppo di Rio de Janeiro riconobbe l’importante ruolo che gli indicatori possono svolgere come supporto a quei paesi in procinto di attuare programmi di sviluppo sostenibile. Riconoscimento per di più articolato nel Capitolo 40 di Agenda 21 dove vengono definite le linee guida per sviluppare ed individuare indicatori a supporto delle fasi decisionali dei governi locali. E’ con questo intento che la Commissione sullo Sviluppo Sostenibile ha dato avvio ad un programma di lavoro coinvolgendo un gruppo di esperti per la definizione di un approccio metodologico con cui selezionare una serie di indicatori di riferimento. Ad oggi i risultati di tale lavoro danno conferma della validità del modello concettuale adottato che ha permesso, nell’ultima revisione riferita al 2006, l’individuazione di una serie di 50 indicatori aggregati riferiti ad aspetti sociali, economici, ambientali ed istituzionali come elementi fondamentali della sostenibilità e ripartiti in diversi temi e sottotemi. 106 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive A livello europeo la partecipazione a questo programma di lavoro, attraverso una fase di valutazione, ha portato una revisione della struttura puntando a priorità politiche, pur rimando flessibile a possibili cambiamenti di obiettivi, conseguenti, anche, a processi di revisione delle strategie. La complessità delle tematiche legate allo sviluppo sostenibile impone un approccio metodologicamente condiviso per il conseguimento di obiettivi specifici riconducibili alle disparità di condizioni presenti localmente. Percorso metodologico facilmente mutuabile in programmi di sviluppo sostenibile di singoli processi produttivi inseriti nei contesti sociali, economici, ambientali ed istituzionali di un determinato territorio. E’ proprio con questa logica che l’Area Politiche per lo Sviluppo Rurale ha voluto istituire un laboratorio di competenze a cui affidare il compito di individuare strumenti a supporto di programmi di sviluppo delle filiere agroenergetiche, con una valenza anche extraregionale, tali da poter candidare la Puglia a regione di riferimento per l’attuazione di percorsi sostenibili nell’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili di origine agricola. In questa preliminare fase il laboratorio di competenze ha lavorato sulla definizione di un modello concettuale che potesse integrare la specifica attività umana, filiere agroenergetiche, e lo stato attuale dei diversi fattori connessi allo sviluppo della stessa, allo scopo di sostenere i processi decisionali. L’individuazione di una struttura concettuale per indicatori aiuta a focalizzare e chiarire cosa misurare, cosa ci si aspetta dalla misurazione e quale tipo di indicatore utilizzare. Lo studio teorico degli indicatori ha portato allo sviluppo ed applicazione di diversi schemi strutturali. Alcuni più orientati verso la scelta di una serie di indicatori di carattere strettamente ambientali così come nel caso della Driving force-State-Response Framework (DSR) messa a punto dalla European Environment Agency (EEA). Questa struttura prevede che gli indicatori del driving force descrivano i processi o le attività ad impatto positivo o negativo sullo sviluppo sostenibile, quelli di stato la situazione all’attualità rispetto ai settori potenzialmente coinvolti con la specifica attività di sviluppo sostenibile, e quelli di risposta riflettono le azioni/decisioni istituzionali finalizzate a promuoverlo. Il ricorso al DSPR in alcune situazioni può generare ambiguità rispetto alla classificazione degli indicatori e risulta essere poco flessibili. Più diffuso è il ricorso ad una struttura tematica con indicatori raggruppati in differenti tematismi determinati sulla base della rilevanza politica e delle strategie regionali. La stessa Unione Europea ha optato per questa struttura nell’impostare il suo programma di determinazione degli indicatori per lo sviluppo sostenibile (Sustainable Development Indicators for the European Union). Le ragioni del maggiore utilizzo di questa struttura risiedono nella più efficace capacità di collegare gli indicatori ai processi decisionale ed agli obiettivi fissati. Fornisce un più chiaro e diretto messaggio ai decisori e consente un agevole monitoraggio del raggiungimento gli 107 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive obiettivi definiti nelle strategie sostenibili locali di sviluppo. Inoltre, è abbastanza flessibile da adeguarsi rapidamente a nuove priorità. Lo studio preliminare condotto dal laboratorio di competenze, pertanto, ha individuato in questo percorso metodologico quello più adatto ad analizzare l’impatto sociale, economico, ambientale ed istituzionale della molteplicità dei fattori, e delle loro interazioni, coinvolti nello sviluppo delle filiere agrienergetiche. La prima fase di lavoro è servita chiarire gli scopi a cui il gruppo di indicatori deve essere funzionale, richiamando le esperienze e conoscenze disponibili nell’ambito del laboratorio di competenze e che si evolverà, in una fase più avanzata del progetto, in un processo partecipato, coinvolgendo tutti i portatori di interesse presenti sul territorio. In relazione, anche, al mandato conferito dall’Area Politiche per lo Sviluppo Rurale, il laboratorio di competenze ha focalizzato l’attenzione sull’obiettivo prioritario di rimozione degli elementi di criticità per la valorizzazione agroenergetica delle biomasse prodotte a scala regionale, attraverso una regolamentazione delle iniziative in corso o in fase di proposizione basata su criteri di sostenibilità. In questa direzione il lavoro del gruppo di esperti ha mirato ad individuare i possibili scopi a cui l’utilizzo di indicatori deve rispondere: vocazionalità naturale alla fornitura di materie prime per la produzione di agroenergia, attraverso residui e/o colture dedicate, validata anche da esperienze pregresse (rispetto agroecosistemi preesistenti, condizioni pedoclimatiche, ecc.); inseribilità nei cicli colturali e/o di allevamento di colture energetiche o della raccolta di residui a fini energetici (disponibilità di superfici, sostituibilità di colture a basso reddito, utilizzo di terreni a riposo, tecniche e dotazioni strutturali aziendali compatibili, competenze imprenditoriali, ecc.); trasferibilità delle materie prime o dell’energia da queste prodotta (dotazione infrastrutturale, tempi e costi di trasporto, ecc.); utilizzabilità in contesto aziendale/distrettuale dell’energia prodotta (ricorso ad altre fonti energetiche, loro sostituibilità tecnica, ecc.); realizzabilità e dimensionamento impianti di trasformazione (disponibilità spazi fisici, contesto istituzionale, strumenti di pianificazione/regole amministrative, ecc.); idoneità ad utilizzo efficiente degli input energetici dei processi produttivi strutturati per la produzione e valorizzazione di biomasse di origine agricola ai fini della produzione di energia (massima energia fissata per unità di superficie, elevata efficienza degli impianti di trasformazione delle biomasse in energia, ecc.); compatibilità ambientale e sicurezza alimentare; validità reddituale delle filiere agrienergetiche e giudizio di convenienza sugli investimenti (utilizzo diretto dell’energia, vendita, conferimento della materia prima ad impianti centralizzati, eventuale esigenza sostegno pubblico, ecc.). 108 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive L’approfondimento della tematica ha richiesto una rassegna di modelli, indicatori e dati già implementati in altre esperienze. Tra questi l’attenzione è stata rivolta ad una esperienza condotta in Toscana (Analisi territoriale delle colture da energia in Toscana, Sabbatici et al., 2004) e a due pugliesi (Studio per la valorizzazione energetica di biomasse agro-forestali nella Regione Puglia” (Pellerano et al., 2007, Studio per la valorizzazione energetica di biomasse e la diffusione di colture energetiche nelle aree agricole e boscate della provincia di Foggia” Monteleone et al., 2007). L’analisi del procedimento metodologico delle esperienze condotte in Puglia ed in Toscana sottolineano l’importanza di un percorso concettuale comune e condiviso di definizione e scelta di indicatori per lo sviluppo sostenibile delle agrienergie da utilizzare in programmi di pianificazione territoriale da parte dei decisori pubblici. La disomogeneità numerica e qualitativa degli indicatori scelti nelle tre esperienze ne influenza i relativi risultati e potrebbe generare un possibile effetto distorcente sulla formulazione di una eventuale classifica di merito fra diversi scenari alternativi esaminati. Tabella 28 – Confronto tra gli indicatori utilizzati in diversi studi sullo sviluppo delle agrienegie. Sabbatini et Pellerano et Monteleone, al., al., Variabili climatiche pedologiche socioeconomiche ambientali Criteri 2004 GDD * Deficit Idrico Climatico * Frequenza dei giorni con T<0°C * 2007 precipitazioni medie mensili * profondità suolo * drenaggio * Ph * Carbonati * Tessitura * sup media aziendale/superficie comunale * sup con boschi produttivi/superficie comunale * n. aziende agrituristiche /superficie comunale * sup a coltivazioni legnose / SAU comunale * SAU/superficie comunale * km della rete stradale/superficie comunale * sup a set aside/totale seminativi * n. trattrici < 60kw / superficie comunale * sup a seminativi in pianura / superficie comunale * 2007 propensione a fenomeni di dissesto idro-geologico; * pericolosità idraulica; * salvaguardia di aree ad elevato valore naturalistico * tutela delle superfici investite a prati permanenti * vulnerabilità alla lisciviazione dei nitrati * disponibilità irrigua. * 109 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Da un punto di vista operativo, nel nostro caso, si è ritenuto prioritario dover individuare le seguenti categorie di indicatori: indicatori di tipo bio-agronomico: analisi dei principali fattori di crescita e di coltivazione delle specie da energia 1. gradi giorno (Growing Degree Days) 2. deficit idrico potenziale 3. temperature inferiori allo zero termico nei mesi di marzo e aprile 4. precipitazioni medie mensili 5. presenza falde e tipo di acque 6. superfici comunali e classificazioni in zone climatiche e gradi giorno 7. profondità suolo 8. drenaggio 9. pH 10. carbonati 11. tessitura 12. acqua disponibile nello strato arabile del suolo 13. sostanza organica contenuta nello strato arabile del suolo 14. caratteristiche granulometriche dei principali suoli 15. pendenza del suolo 16. suddivisione georeferenziata di coltivazioni erbacee energetiche (Dati MiPAF - 2004) 17. suddivisione georeferenziata di coltivazioni erbacee energetiche (Dati MiPAF - 2005) 18. suddivisione georeferenziata di coltivazioni erbacee energetiche (Dati MiPAF - 2006) 19. mappe tematiche regionali di potenzialità produttive di alcune colture invernali 20. mappe tematiche regionali di potenzialità produttive di alcune colture estive indicatori di tipo socio-economico: 1. superficie media aziendale (ha) 2. superficie con boschi produttivi/superficie comunale 3. aziende agrituristiche (n.)/SAU 4. sup. a coltivazioni legnose/SAU 5. SAU/superficie territoriale 6. SAU/SAT 7. km della rete stradale/superficie comunale 8. coltivazioni erbacee: variazioni SAU 1999 – 2007 9. coltivazioni foraggere: variazioni SAU 1999 – 2007 10. coltivazioni legnose: variazioni SAU 1999 – 2007 11. produzioni areiche di alcune coltivazioni erbacee (Anni 1999 - 2007) 110 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive 12. produzioni areiche di alcune coltivazioni foraggere (Anni 1999 - 2007) 13. produzioni areiche di alcune coltivazioni legnose (Anni 1999 - 2007) 14. superficie a seminativi in pianura/SAU 15. addetti agricoltura/addetti totali 16. superficie apprestamenti protetti/SAU 17. aziende con allevamenti/aziende 18. capi per azienda (n.) 19. superfici abbandonate per disaccoppiamento/superficie a seminativi 20. redditività per ULA 21. consumi di energia per abitante o per impresa o sua Unità Locale 22. accesso al sostegno Reg. CE 1782/03 e s.m.i. 23. redditività per unità di superficie 24. case sparse e popolazione residente 25. aziende agricole e zootecniche residenza dell’imprenditore (n.)/aziende totali (n.) 26. appoderamento aziendale superficie agricola non utilizzata/superfice territoriale 27. grado di copertura dei servizi (acqua, elettricità) 28. aziende per classe di SAU 29. superficie a seminativi non irrigui/SAU 30. presenza/assenza di sostegno al reddito per scelta colturale 31. vigneti/SAU 32. oliveti/SAU 33. frutteti/SAU 34. seminativi/SAU 35. numero frantoi 36. capacità produttiva media frantoi (olive/a) 37. numero sansifici 38. capacità produttiva media sansifici (q sansa/a) 39. numero cantine 40. capacità media produttiva cantine (hl vino/a) 41. numero caseifici 42. capacità media produttiva caseifici 43. numero aziende molitorie 44. capacità produttiva media aziende molitorie 45. numero aziende settore legno 46. quantitativo medio di scarti di legno vergine per azienda 47. quantitativo medio di scarti di legno trattato per azienda 48. autoconsumo di scarti di legno medio 49. numero aziende settore ortofrutta 111 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive 50. capacità produttiva media aziende ortofrutta 51. numero macelli 52. produzione media scarti organici macelli indicatori di tipo ambientale: 1. propensione a fenomeni di dissesto idro-geologico 2. salvaguardia di aree ad elevato valore naturalistico 3. tutela delle superfici investite a prati permanenti 4. vulnerabilità alla lisciviazione dei nitrati 5. incidenza idrografica su territorio (provinciale o distrettuale a seconda della scala) 6. incidenza infrastrutture viarie su territorio (provinciale o distrettuale a seconda della scala) 7. incidenza aree ASI su territorio (provinciale o distrettuale a seconda della scala) indicatori di tipo tecnologico-impiantistico: 1. presenza / assenza di contributo economico per scelta impiantistica 2. prezzo di mercato/costo di produzione per ogni tipologia di biomassa 3. efficienza d’uso dell’energia per la produzione delle biomasse (output/input) 4. consumo medio annuo di energia elettrica/azienda agricola, agro zootecnica, agroindustriale rapportato al territorio (provincia, distretto) 5. consumo medio annuo di calore/azienda agricola, agro zootecnica, agroindustriale rapportato al territorio (provincia, distretto) 6. consumo medio annuo di carburanti/combustibili/azienda agricola, agro zootecnica, agroindustriale rapportato al territorio (provincia, distretto) La selezione degli indicatori è una fase particolarmente critica ed in larga misura dipende dagli obiettivi a cui devono rispondere l'insieme degli indicatori. L’analisi degli indicatori scelti impone la definizione di valori di riferimenti e di metodiche per la sua misura. Così come importante è poter stabilire possibili integrazioni tra i singoli indicatori al fine di semplificare il quadro informativo a disposizione e di facilitarne l’interpretazione. L’adozione di un elevato numero di indicatori risulta più funzionale a scopi di ricerca scientifica, mentre potrebbe ritenersi più efficace una semplificazione della complessità del sistema indagato a favore di una maggiore comprensibilità ed applicabilità pianificatoria da parte di pubblici decisori. A tal fine sono stati individuati una serie di importanti criteri per la scelta degli indicatori e riguardano: numero limitato e sufficientemente comprensibilità per consentire una adeguata informazione della complessità del sistema - troppi indicatori risultano di difficile interpretazione e gestione; 112 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive chiarezza ed inequivocabilità - obiettivi chiari agevoleranno l’individuazione di indicatori chiari; concettualmente armonici - indicatori con una descrizione generica impongono un maggiore sforzo per definirne la base concettuale; adeguati alle condizioni locali – scelti attraverso un approccio collaborativo con la partecipazione di esperti e portatori di interesse; capacità istituzionale di interpretare e sintetizzare in informazioni utili per i decisori; disponibilità di dati di qualità – alcuni indicatori richiedono una disponibilità di data raccolti routinariamente da servizi di statistica nazionali. Sulla base di questi criteri è possibile definire gli indicatori più idonei ricorrendo per agevolare il percorso metodologico all’adozione di una matrice a due dimensioni ovvero la disponibilità e la rilevanza dei dati (tab. 29). Nell’adattamento degli indicatori all’insieme richiesti per gli obiettivi fissati potrebbe essere utile classificare ciascun indicatori a quattro categorie di disponibilità: piena disponibilità, potenzialmente disponibili, dati non direttamente disponibili e non disponibili. Gli indicatori riconducibili alla prima categoria sono da preferire; la seconda è da riportare a quei casi in cui i dati sono recuperabili in un tempo limitato e ad un basso costo; la terza si riferisce a situazioni in cui alcuni dati sono andati persi, ma potrebbero essere recuperati da dati ad essi correlati. Nella seconda dimensione della matrice la rilevanza dei dati può essere, anche essa, categorizzata in quattro livelli: rilevante, rilevante non direttamente, rilevante ma non disponibili, non rilevante. Tabella 29 - Matrice per l’adattamento di indicatori di sostenibilità Rilevanti Non direttamente rilevanti Rilevanti ma non disponibili Irrilevanti Disponibili Potenzialmente disponibili Non direttamente disponibili Non disponibili Legenda Da utilizzare Da definire Da modificare Da rimuovere 113 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive La maggior parte degli indicatori sono riconducibili alla prima categoria, la seconda è riferita a tipologie non direttamente ma strettamente connesse ad indicatori attinenti, la terza ingloba indicatori attinenti e disponibili solo in pochi contesti o perché vi è una stretta esigenza di mantenere il numero di indicatori molto basso, l'ultimo categoria conterrebbe indicatori non espressivi nel contesto. L’identificazione degli indicatori è in ogni caso un processo iterattivo che permette l’adattamento a nuove situazioni. L’insieme di indicatori proposti collegialmente richiede una analisi che dovrà passare inevitabilmente da una fase di strutturazione secondo tematismi ritenuti fondamentali per lo sviluppo delle filiere agrienergetiche in cui gli stessi dovranno essere ripartiti. I capisaldi delle tematiche di riferimento per lo sviluppo sostenibile sono riconducibili ad aspetti sociali, economici, ambientali ed istituzionali. Nel caso specifico di sviluppo sostenibile di filiere agrienergetiche, in considerazione anche di quanto già definito in altri lavori, si è ritenuto ragionevole utilizzare i seguenti temi: ambiente agronomico, economia ed aspetti sociali, tecnologia ed impiantistica, risorse naturali, il cui dettaglio è oggetto di una fase più avanzata del lavoro. 114 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Tabella 30 – Struttura tematica degli indicatori per una sviluppo sostenibile delle filiere agrienergetiche. Tema Ambiente agronomico Sottotema clima Nucleo di indicatori parametri climatici (temperatura, precipitazione radiazione solare, ecc.) pedologia parametri fisico chimici del suolo (tessitura, pH, pendenza ecc.) potenzialità produttive fertilità ambientale, produttività colture, mezzi tecnici, ecc. Socio-economia struttura delle unità produttive dimensione media aziendale, indirizzi produttivi, ecc. capacità produttiva efficienza d'uso disponibilità di della terra, infrastrutture, redditività, ecc. Tecnologia ed impiantistica tecnologie grado di soddisfacimento del livello tecnologico attualmente a disposizione, livello di conoscenza di nuove tecnologie, predisposizione all'innovazione, ecc. impiantistica censimento del numero e tipologia di impianti, livelli di efficienza alla conversione energetica, costi di gestione e di ammortamento, presenza di contributi per la realizzazione di impianti, ecc. Risorse naturali vulnerabilità livelli di rischio dovuti ad attività antropiche, censimento di aree particolarmente vulnerabili, ecc. salvaguardia azioni locali per la salvaguardia delle risorse naturali, valutazione delle attività agricole sulla base del livello di intensificazione dei processi produttivi, ecc. 115 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive La numerosità degli indicatori proposti richiede una revisione tecnica in cui, per ciascun indicatore, verrà compilata una scheda con i seguenti riferimenti: nome breve descrizione unità di misura tematismo di appartenenza rilevanza politica descrizione metodologica - definizione e concetti espressi dall’indicatore - metodi di misurazione - limiti dell’indicatore - livello di sviluppo della metodologia adottata per lo specifico indicatore - definizioni alternative dell’indicatore valutazione dei dati - dati necessari per la definizione dell’indicatore - fonte e disponibilità dei dati - altre iniziative coinvolte nella determinazione dell’indicatore. Il percorso metodologico delineato in questa prima fase del progetto porterà alla revisione tecnica della lista di indicatori e alla raccolta dei dati necessari per la loro determinazione. La formulazione di una scheda di riferimento per ciascun indicatore agevolerà le fasi di selezione in quanto costituisce una verifica diretta dei criteri di accettabilità degli stessi. Al fine di migliorare la qualità, la significatività e la coerenza interna ed esterna degli indicatori, le fasi successive saranno incentrate sull’attuazione di un processo partecipato - con il coinvolgimento di tutti i portatori di interesse presenti sul territorio – utile a rendere massima la cognizione e la condivisione dell’approccio scientifico proposto ed estremamente funzionale ad una ancor più spinta conoscenza delle caratteristiche, potenzialità e aspettative delle diverse realtà locali della regione. Su tale modello di approccio - partecipato dal sistema delle conoscenze e dalla rete delle competenze e delle rappresentanze sin dal momento di individuazione delle variabili da utilizzare base e per tale ragione di sicura solidità e validità – potrà essere possibile attuare un modello realmente avanzato di pianificazione dello sviluppo sostenibile a livello locale assolutamente indispensabile per la promozione prima e la realizzazione poi di filiere agrienergetiche effettivamente compatibili con il tessuto socio-economici dei diversificati areali pugliesi. 116 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive 7. CRITERI PER LA PRODUZIONE SOSTENIBILE DELLA BIOMASSA La domanda mondiale di biomassa come fonte rinnovabile per usi energetici crescerà significativamente nei prossimi anni. Gli obiettivi della politica comunitaria orientati al conseguimento di sostenibilità, sicurezza di rifornimento e competitività del sistema energetico mirano, entro il 2020, alla riduzione del 20% dell’emissione dei gas serra (GHG), all’incremento del 20% dell’efficienza energetica, alla promozione dell’uso di energie rinnovabili con l’obiettivo vincolante del 20% sul totale dei consumi e all’incremento dell’uso dei biocarburanti nei trasporti per una quota minima del 10% dei consumi totali. A garanzia di una disponibilità di biomassa, come fonte di energia rinnovabile e sostenibile, ottenuta e trasformata in modo responsabile, il Parlamento europeo nella definizione della “Road Map for Renewable Energy in Europe - 2007” ha sottolineato l’importanza dei criteri di sostenibilità ed ha intrapreso iniziative per la definizione di un sistema per la certificazione per la produzione di biocarburanti. La ricerca di criteri di sostenibilità per la produzione di biomassa ad uso energetico ha suscitato a livello mondiale non poca attenzione politica. Numerose iniziative a livello comunitario, di singole nazioni, gruppi di lavoro internazionali e di diverse ONG (Organizzazioni non Governative) sono state orientate alla formulazione di certificazioni che garantissero il contenimento di emissioni di gas serra e la produzione di biomassa, secondo un approccio sociale ed ambientale sostenibile, attraverso la definizione di principi, criteri ed indicatori. La più recente direttiva comunitaria (Directive of the European Parliament and of the Council on the promotion of use of renewable energy sources - 23.1.2008) introduce la necessità di definire dei criteri minimi di sostenibilità per le biomasse e di creare le condizioni necessarie per lo sviluppo di un sistema di certificazione basato sull’impiego dei criteri minimi eventualmente integrati da criteri di sostenibilità addizionali e volontari. L’acquisizione di questi criteri minimi da parte del Comitato Europeo per la Standardizzazione (CEN) rappresenterebbe un percorso obbligato per promuoverne l’adozione a livello comunitario. Abbastanza diffusa a livello governativo è l’opinione per la quale l’implementazione di criteri obbligatori di sostenibilità così come di un sistema di certificazione sia possibile, anche se alcuni aspetti pratici potrebbero limitarne l’applicazione. Su scala europea paesi come Olanda, Regno Unito e Germania si sono attivati nella formulazione e promozione di criteri di sostenibilità per la produzione di biomassa a scopi energetici e non solo, producendo una serie di criteri ed indicatori come primo passo per una fase di implementazione di un sistema di certificazione per le biomasse ad uso energetico. In questo contesto di particolare rilievo è l’iniziativa intrapresa dall’Area Politiche per lo Sviluppo Rurale della Regione Puglia attraverso l’istituzione del Laboratorio di Competenze che, in contemporanea con il percorso comunitario, ha focalizzato l’attenzione del gruppo di lavoro 117 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive sulla formulazione di criteri ed indicatori per sviluppo di processi integrati di trattamento e trasformazione della biomassa in energia elettrica e carburanti per autotrazione con un uso concomitante di prodotti e sottoprodotti d’interesse chimico-industriale attraverso sistemi di “raffinazione” arricchendo di valore aggiunto il sistema biomasse. Il gruppo di lavoro ha fatto propri gli intenti regionali di voler contribuire ad individuare criteri che avessero una valenza estensibile a biomasse di qualsiasi origine, prodotta a livello regionale, nazionale, comunitario o extra comunitario, tenendo ben saldo il concetto per cui l’utilizzo delle biomasse a scopo energetico deve essere sostenibile nella fase di coltivazione, trasformazione ed utilizzo. Con una impostazione, condivisa in altre iniziative internazionali similari, sono stati selezionati alcuni temi di rilievo a supporto della sostenibilità dello sviluppo dell’impiego delle biomasse ad uso energetico con particolare riferimento alle peculiarità del contesto regionale pugliese. Le attività del laboratorio di ricerca si sono articolate nelle seguenti fasi: - selezione di iniziative concluse o in fase di definizione aventi gli stessi obiettivi del progetto; - sintesi di principi e criteri adottati nelle iniziative selezionate; - analisi e valutazione dei criteri proposti dalle iniziative selezionate; - identificazione ed elaborazione di un insieme di appropriati criteri di sostenibilità; - proposta di criteri adottabili nel contesto regionale; - attuazione di un progetto pilota per la validazione del sistema di certificazione della produzione sostenibile di biomasse per uso energetico. 7.1. Selezione di iniziative Il gruppo di lavoro ha ritenuto opportuno realizzare, in fase iniziale, una raccolta di iniziative con obiettivi analoghi, già in fase avanzata di esecuzione, al fine di valutarne le metodologie ed i risultati acquisiti, seppure in alcuni casi parziali. In tal modo è stato possibile censire diversi progetti sul tema promossi da governi europei, organizzazioni non governative e dalla Commissione europea. Tra questi si riportano di seguito quelli ritenuti di maggiore interesse: Sustainable production of biomass - promosso dal Ministero dell’Ambiente olandese (Cramer et al., 2007); Carbon and sustainability reporting within the renewable transport fuel obligation requirements and guidance - Dipartimento Trasporti: Regno Unito (Departement for Transport, 2008); Sustinability standards for Bioenergy - WWF Germany (Lübbeke, Fritsche et al. 2006); Roundtable on Sustainable Biofuels - coordinata dall’École Polytechnique Fédérale de Lausanne (RSB 2007); German Biomass Sustainability Ordinance – Union for the Promotion of Oilseeds and Protein Plants (Berlin);Institut for Energy and Environmental (Leipzig), 2007; 118 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Directive of the European Parliament and of the Council on the promotion of the use of energy from renewable sources. Lo studio dei documenti prodotti in questi progetti ha consentito di avviare una fase di analisi delle metodologie adottate e dei risultati ottenuti al fine di individuare orientamenti condivisi e condivisibili dal laboratorio di competenze. La sintesi delle proposte di criteri di sostenibilità adottati nei singoli progetti selezionati ha consente di delineare un generale consenso su alcuni temi di rilievo anche se in alcuni casi presentati in forma aggregata: emissione gas serra; competizione con la produzione di alimenti; biodiversità; ambiente; prosperità economica; benessere sociale. 7.2. Analisi e valutazione dei criteri proposti dalle iniziative selezionate 7.2.1. Emissione gas serra Comune a tutte le iniziative è il riconoscimento che il bilancio dei gas serra è di primaria importanza nell’attivazione di politiche atte a stimolare la produzione di energia sostenibile a partire dalle biomasse. Uno dei principali obiettivi che ci si pone per l’autorizzazione all’uso di biocarburanti per autotrazione così come per la produzione di energia elettrica è la riduzione nell’emissione di CO2 prendendo in considerazione l’intera catena produttiva. Così con la proposta tedesca i biocarburanti dovranno consentire un risparmio di emissione di gas serre del 30% con un impegno a crescere fino ad un 40% nel 2011. La Commissione Europea, dal suo canto, individua in un 35% il risparmio in emissioni di CO2 da realizzare con l’uso di biocarburanti, confrontato con quello di riferimento dei combustibili fossili. I riferimenti delle proposte olandesi appaiono di maggior dettaglio ponendo in evidenza come la possibilità di contrarre l’emissione di gas serra nell’uso di biocarburanti per autotrazione sia più bassa rispetto a quanto realizzabile nella produzione di energia elettrica. Pertanto, prevede un risparmio minimo del 50-70 % per la produzione di elettricità e del 30% per i biocarburanti. L’approccio dell’iniziativa del governo britannico per quanto molto similare a quello olandese differisce in quanto stabilisce livelli di risparmio in emissioni di CO2 cresenti nel tempo, presupponendo un miglioramento nelle tecnologie applicate alla conversione delle biomasse in bioenergia. Per cui fissa un limite minimo del 40% per il biennio 2008-2009, del 45% nel 20092010 fino a stabilizzarsi ad un 50% nel biennio successivo. L’approccio proposto dal WWF si caratterizza per la distinzione proposta tra il risparmio limitato alla produzione di materie prime per uso energetico da quello riferito all’intero ciclo di vita del 119 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive processo. Nel primo caso è stato proposto un limite in emissione di 30 kg CO2 eq. per GJ di bioenergia prodotta, mentre nel secondo l’emissione in gas serra dovrà essere ridotta ad un 67% del bilancio massimo del ciclo di vita riferita a quella derivante dalla combustione di olio grezzo. Il Roundtable on Sustainable Biofuels non da riferimenti puntuali sulle percentuali di riduzione delle emissioni di gas serra pur confermando la necessità di una loro contrazione rispetto a quanto si verifica con l’impiego di combustibili fossili. In aggiunta al criterio di contenimento dell’emissione di gas serra in più documenti si sottolinea l’importanza di tutelare importanti riserve di carbonio quali aree umide, terreni erbosi, torbiere, mangrovie, escludendole da una possibile autorizzazione ad essere utilizzate per scopi energetici (raccolta o di coltivazione di biomasse ad uso energetico). 7.2.2. Competizione con la produzione di alimenti Questo tema è strettamente connesso con la problematica della destinazione d’uso dei suoli considerato la competizione per la disponibilità di terre a seguito del crescere della domanda di biomasse per la produzione di energia che potrebbe risultare in un innalzamento dei prezzi delle stesse così come delle produzioni alimentari. A tal riguardo il documento prodotto dal gruppo di lavoro olandese puntualizza quest’aspetto asserendo che “la produzione di biomassa da energia non deve costituire una minaccia per il soddisfacimento del fabbisogno alimentare e per gli utilizzi locali di biomassa (fabbisogno energetico, farmaci e materiale per l’edilizia) pur riconoscendo che allo stato attuale non è possibile definire chiaramente indicatori idonei alla misura del cambiamenti della destinazione d’uso dei suoli. Più o meno alle stesse conclusione giunge il lavoro condotto dal WWF in Germania per il quale si riconosce la necessità di approfondire i criteri essenziali relativi alle possibili competizioni per l’uso del suolo. Interessante è la posizione del RSB che oltre a confermare l’importanza dell’assenza di competizione con le produzioni alimentari evidenzia il ruolo del bilancio delle emissioni di CO2 anche su questo tema tenuto conto che il calcolo dovrà includere la quaota di emissioni dovute ai cambiamenti della destinazione d’uso dei suoli. 7.2.3. Biodiversità La biodiversità, intesa come il livello di variabilità degli organismi viventi in un ecosistema, rappresenta un componente fondamentale per lo sviluppo sostenibile per il quale le stesse Nazioni Unite si sono attivate a definire una serie di obiettivi a garanzia della sua salvaguardia. Da più parti viene messo in evidenza come la produzione delle biomasse ad uso energetico possa sortire effetti diretti ed indiretti sulla salvaguardia della biodiversità pur riconoscendo che non sempre gli stessi possano risultare del tutto negativi. 120 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive A tal proposito la Biomass Sustainability Regulation fa riferimento a pratiche di coltivazioni sostenibili da adottare nei comprensori agricoli, necessarie a prevenire qualsiasi impatto negativo su tutte le risorse naturali. L’applicazione di queste regole viene ricondotta alle norme vigenti in agricoltura, nella gestione delle foreste e nella pesca o eventualmente integrate con specifiche norme definite dal gruppo di lavoro e riconducibili ad una visione più ampia di salvaguardia dell’ambiente. La Direttiva Comunitaria sull’Energia rinnovabile non definisce specifici criteri per la salvaguardia della biodiversità e dell’ambiente ma richiede agli stati membri una valutazione dell’impatto della produzione di biocarburanti sulla biodiversità, risorse idriche naturali e sulla qualità dell’acqua e del suolo. Le proposte olandese e britannica si riconducono per molti versi a criteri presenti in sistemi di certificazione già pre-esistenti. Unica eccezione è rappresentata dalla introduzione di un nuovo criterio finalizzato alla salvaguardia della risorsa suolo improntato sull’uso dei co-prodotti agricoli a condizione che gli stessi non vengano utilizzati in importanti impieghi tradizionali. A tal fine sono stati individuati come indicatori il bilancio in nutrienti presenti nel suolo ed il contenuto in sostanza organica. Altri parametri comunemente presi in considerazione sono il monitoraggio annuale del pH del suolo, le perdite per erosione e l’utilizzo di acque salmastre. Una ulteriore estensione sul tema della salvaguardia della risorsa idrica è esplicitata nel documento olandese dove è prevista l’esclusione di attività in cui non siano utilizzate risorse idriche rinnovabili. Il WWF più semplicemente riconduce gli aspetti della salvaguardia della biodiversità e dell’ambiente a tre standard di riferimento quali: - minimizzare fenomeni di erosione e degradazione del suolo; - minimizzare l’uso dell’acqua e fenomeni dei contaminazione; - evitare impatti sulla salute pubblica. Altrettanto schematica è la proposta dell’RSB dove per la produzione di biomassa per uso energetico viene richiesta l’assenza di impatti negativi sul suolo, acqua ed aria anche se indotti indirettamente. 7.2.4. Prosperità economica Il criterio guida di questo tema è orientato a riconoscere alla produzione delle biomasse per scopi energetici un concreto e reale contributo all’economia locale. Aspetto ampiamente dibattuto in termini di sostenibilità delle produzioni di biomassa alle quali dovrà essere riconosciuta un equa quota del valore dell’energia da esse ricavata. 7.2.5. Benessere sociale La produzione di biomassa ad uso energetico oltre a contribuire alla crescita dell’economia locale dovrà garantire il miglioramento del benessere delle popolazioni locali e dei lavoratori. 121 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Punti fondamentali per il raggiungimento di questi obiettivi sono le condizioni di lavoro, il rispetto dei diritti umani, il diritto di proprietà ed uso, integrità e condizioni sociali delle popolazioni locali. 7.2.6. Conclusioni L’aspetto più interessante delle diverse iniziative analizzate è il riconoscimento di una volontà espressa di promuovere un dibattito allargato a livello globale sulla sostenibilità delle biomasse come fonte rinnovabile di energia. Molte delle azioni legislative avviate in alcuni Stati sono frutto dei risultati di queste attività. Questo approccio condiviso mira al raggiungimento di un sistema internazionale armonizzato di certificazione della sostenibilità delle biomasse nel rispetto delle peculiarità locali e per il quale sarà necessario una fase di validazione su scala territoriale. 7.3. Identificazione ed elaborazione di un insieme di appropriati criteri di sostenibilità L’analisi delle proposte selezionate porta a constatare inequivocabilmente come il contenimento delle emissione di gas serra a seguito dell’impiego di biomasse per usi energetici, dell’ impatto ecologico delle modifiche dell’uso del suolo indotte dalla produzione di biomassa e del peggioramento delle condizione socio-economiche rappresentino le aree tematiche di maggior peso nella definizione della sostenibilità della produzione di biomassa. 7.3.1. Bilancio dell’emissione di gas serra La riduzione delle emissioni di gas serra è uno dei principali fattori di promozione per la produzione di biocarburanti e conseguentemente i benefici che ne derivano non possono non essere considerati tra i criteri da adottare nella definizione della sostenibilità delle biomasse per usi energetici. La quantificazione della percentuale di riduzione dell’emissione di gas serra è un aspetto normativo che può tener conto del più efficiente uso energetico delle biomasse, del obiettivo raggiungibile in funzione del diverso impiego dell’energia ottenibile (elettricità, calore, autotrazione) o degli sviluppi di nuove tecnologie nel tempo tali da puntare a risultati più ambiziosi. Vi sono alcuni esempi di applicazione di specifiche normative a livello nazionale come nel caso della Germania con Biofuel Quota Law, alcuni tentativi sono in atto anche a livello di amministrazioni locali. Di certo sarebbe auspicabile un approccio coordinato almeno su scala comunitaria per consentire un approccio metodologico unico per la definizione di percentuali minime di riduzione dell’emissione di gas serra. A tal riguardo alcuni sforzi sono stati compiuti. Le diverse proposte metodologiche di calcolo dell’emissione di CO2 sono state oggetto di confronto nell’ambito delle iniziative in atto sull’argomento ed hanno portato allo sviluppo di approcci alquanto simili tra di loro e riconducibili allo schema di verifica proposto dall’Unione Europea. 122 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive 7.3.2. Contenimento di impatti negativi a seguito del cambio d’uso del suolo Questo tema è ritenuto uno degli aspetti più sensibili per l’espansione della produzione di biomassa per l’energia. Rischi di vedere intaccate aree ad elevato valore naturalistico con conseguente perdita della biodiversità, di assistere a fenomeni di erosione dei suoli e di contrazione della disponibilità di acqua o di contaminazione potrebbero essere facilmente prevedibili a seguito di una irrazionale espansione di coltivazioni per la produzione di biomassa per l’energia. Pur tuttavia questi aspetti non risultano di facile determinazione in quanto gli ecosistemi sono estremamente complessi così come i loro valori. Fortunatamente diverse sono le iniziative a livello nazionale ed internazionale che definiscono e regolamentano le attività ammesse nelle aree dotate di elevato valore naturalistico come foreste indisturbate, aree protette, aree umide e pascoli tali da essere facilmente individuate ed escluse dalla raccolta e produzione di biomassa ad uso energetico. Le problematiche connesse alla salvaguardia della risorsa suolo ed acqua e gli aspetti di inquinamento connessi ad un intensivo uso di agrochimici trovano nella applicazione di leggi nazionali o locali specifiche dei validi indicatori per applicare i criteri di sostenibilità connessi ai cambiamenti di destinazione d’uso dei suoli a seguito della coltivazione di colture da biomassa. 7.3.3. Condizione socio-economiche Il principale obiettivo di questo tema è quello di stabilire l’influenza della produzione di biomassa sulle condizioni socio-economiche delle popolazioni coinvolte. Il contributo di attività produttive sull’economia locale può trovare una sua possibilità di quantificazione nella determinazione del valore economico diretto che è stato generato, nella quota di risorse spese presso imprese locali facenti parti dell’indotto, nelle politiche di assunzione del personale a partire dalle risorse umani disponibili sul territorio. Mentre per quanto riguarda lo stato di benessere delle popolazioni locali ed in particolar modo dei lavoratori coinvolti nelle filiere bioenergetiche, invece è possibile far riferimento alle norme proposte dall’International Labour Organization nel Tripartite Declaration of Principles concerning Multinational Enterprises and Social Policy. 7.4. Linee di indirizzo regionale nell’applicazione dei criteri di sostenibilità per lo sviluppo delle filiere agroenergetiche Alla luce dell’analisi condotta sulle diverse proposte selezionate, dove, peraltro, i criteri adottati sono riconducili a rielaborazioni di sistemi di certificazione già esistenti (FSC, IFOAM, FLO) o includono norme presenti in legislazioni nazionali ed internazionali, il Laboratorio di Competenza non ha ritenuto opportuno dare origine a nuovi criteri bensì individuare quelli 123 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive ritenuti più appropriati, anche nei termini di una più reale applicabilità, ed allignati con la Direttive 98/70/EC e la più recente Direttiva 2008/30/EC. I criteri selezionati nell’ambito del progetto dell’Assessorato delle Risorse Agroalimentari rappresentano, al pari delle diverse proposte esaminate, strumenti di indirizzo che necessitano di una intensa attività di consultazione con portatori di interesse locali e referenti di iniziative analoghe nazionali ed internazionali per giungere all’auspicata armonizzazione delle procedure di certificazione della sostenibilità della produzione di biomasse e di biocarburanti. Con riferimento alle aree tematiche di maggior peso nella definizione della sostenibilità della produzione di biomassa si riportano di seguito i criteri ed indicatori oggetto della proposta. 7.4.1. Tema: Contenimento delle emissioni di gas serra Largamente condivisa è l’idea per la quale la riduzione dell’emissione di gas serra costituisca un problema inevitabile quando si affrontano gli aspetti della sostenibilità delle bioenergie. In accordo con numerose altre iniziative ed in linea con quanto definito nella Direttiva 2008/30/EC vengono riportati i principi, criteri e gli indicatori di riferimento di questo tema. Principio 1: l’utilizzo delle biomasse ad uso energetico deve comportare una significativa riduzione dell’emissione di gas serra. Criterio 1: la quota minima dell’emissione di gas serra risparmiata deve essere calcolata per l’intero processo produttivo a partire dal momento in cui i combustibili di origine fossile vengono sostituiti Indicatore 1: il risparmio in emissioni di CO2 da realizzare con l’uso di biocarburanti dovrà essere al minimo del 35%, confrontato con quello di riferimento dei combustibili fossili. Per il calcolo dell’emissione di gas serra nei diversi processi di produzione ed utilizzazione delle biomasse per l’energia, alla luce della similarità delle diverse metodologie e dell’intento di uniformare le stesse su scala europea sembra opportuno riferirsi a quanto proposto nelle schema previsto nella Direttiva 2008/30/EC all’art.17 e relativo allegato VII, parte A, B, C, D ed E. 7.4.2. Tema: Cambiamenti dell’uso del suolo I cambiamenti nell’uso del suolo indotti dall’incremento della produzione di biomassa ad usi energetici non dovranno determinare significativi impatti ambientali. I principi riconducibili a questa tematica sono: 1. minimizzare i cambiamenti di destinazione d’uso dei suoli; 2. prevenire la perdita di habitat naturali; 3. prevenire la perdita di biodiversità: 124 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive 4. prevenire impatti negativi sulle risorse naturali (suolo, acqua, aria). Criterio 1.1: valutazione dell’andamento nel cambio d’uso dei suoli nei comprensori coinvolti nella produzione di biomasse Criterio 1.2: valutazione dell’andamento dei prezzi delle terre e delle produzioni alimentari A tale proposito, come precedentemente riportato, non esistono all’attualità indicatori puntuali per testare questo criterio e pertanto si ritiene opportuno avviare su scala regionale un sistema di monitoraggio che consenta di acquisire informazioni relative ai due criteri proposti. Criterio 2: salvaguardia delle aree ad elevato valore naturalistico Indicatore 2: riferimenti locali o nazionali per l’individuazione di aree ad elevato valore naturalistico come foreste indisturbate, aree protette, aree umide e pascoli tali da essere facilmente individuate ed escluse dalla raccolta e produzione di biomassa ad uso energetico. Criterio 3: prevenzione ed implementazione della biodiversità “on farm” Indicatore 3: adozione di buone pratiche agricole nelle aree coinvolte nella produzione di biomassa ed in quelle limitrofe con particolare riferimento alla realizzazione di corridoi ecologici Criterio 4: nella produzione trasformazione di biomassa per energia dovranno essere applicate buone pratiche per mantenere o migliorare la qualità delle risorse naturali (suolo, acqua ed aria) Indicatore 4: norme nazionali e regionali relative ad aspetti di gestione e tutela del suolo, dell’acqua e dell’aria. 7.4.3. Tema: Condizione socio-economiche Di estrema importanza ai fini della sostenibilità della produzione e conversione in energia delle biomasse è stabile quanto questo processo di produzione di bioenergie può influire sulle condizioni socio-economiche delle popolazioni coinvolte. A tal proposito vengono individuati due principi fondamentali uno riferito al contributo sulla prosperità economica a livello locale, l’altro sul livello di benessere indotto. Principio 1: la produzione di biomassa deve contribuire alla sviluppo economica locale Criterio 1: contributo positivo delle attività produttive realizzate da privati a favore dell’economia e dell’iniziative imprenditoriali locali Anche in questo caso non si registrano indicatori specifici idonei alla verifica della sostenibilità del criterio in questione per cui si prevede la realizzazione di una struttura regionale che possa 125 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive monitorare il valore economico diretto che è stato generato dalla produzione di biomassa, la quota di risorse spese presso imprese locali facenti parti dell’indotto, la politica di assunzione del personale a partire dalle risorse umani disponibili sul territorio. Principio 2: la produzione di biomassa deve contribuire al benessere delle popolazioni locali e dei lavoratori Criterio 2: contributo positivo sul benessere delle popolazioni locali e rispetto dei diritti La verifica della sostenibilità di questo criterio è demandata al monitoraggio degli effetti delle attività produttive connesse alla produzione e trasformazione delle biomasse in energia sulla popolazione locale e alle norme proposte dall’International Labour Organization nel documento “Tripartite Declaration of Principles concerning Multinational Enterprises and Social Policy”. 7.5. Evoluzione della normativa comunitaria e recepimento a livello regionale Negli ultimi mesi l’Unione Europea, attraverso i suoi organi istituzionali (Parlamento, Consiglio, Commissione), ha ribadito l’importanza di rispettare criteri di sostenibilità efficaci per le bioenergie e di promuovere la diffusione di biocarburanti di seconda generazione. Pur con non poche difficoltà, il Parlamento Europeo, il 23 aprile 2009, ha approvato la Direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea il 5 Giugno 2009. La direttiva rappresenta il risultato di un lungo lavoro avviato a livello comunitario nell’ambito delle diverse Commissioni (ambiente, energia, ecc..) finalizzato alla costituzione di un quadro comune per lo sviluppo dell’energia da fonti rinnovabili. L’intento è quello di definire obiettivi nazionali obbligatori per raggiungere la quota complessiva europea del 20% di energie da fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia entro il 2020 ed una obbligatoria minima del 10% di biocarburanti sul consumo di benzine e diesel per autotrazione. Le specificità a livello dei singoli Stati membri, dovute alle situazioni di partenza e alle possibilità di sviluppo dell’energia da fonti rinnovabili, vengono riconosciute dalla direttiva che propone una ripartizione dell’aumento totale dell’uso di energia da fonti rinnovabili in base al prodotto interno lordo (PIL) pro capite e agli sforzi già compiuti per accrescere l’uso dell’energia da fonti rinnovabili. Per l’Italia l’obiettivo nazionale specifico per la quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale di energia al 2020 è stato fissato pari al 17%. La direttiva risulta alquanto complessa, affronta molti aspetti e detta una serie di norme relative alla diffusione di dati statistici all’interno dell’Unione Europea, alla proposizione di progetti comuni tra gli Stati membri e con paesi terzi, al controllo e rilascio di garanzie di origine dell’energia, del calore e del freddo prodotti da fonti energetiche rinnovabili, alla semplificazione 126 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive e velocizzazione delle procedure amministrative, all’informazione sulle misure di sostegno e sui benefici dell’impiego di energia da fonti rinnovabili e alla connessione alla reti elettrica e del gas da parte di produttori di elettricità e di gas da fonti energetiche rinnovabili. Oltre a ciò, la direttiva introduce una serie di criteri di sostenibilità per i biocarburanti e i bioliquidi giustamente restrittivi rispetto agli ambienti in cui possono essere prodotte materie prime di origine vegetale, con l’intento di salvaguardare la biodiversità ed il mantenimento di ambienti naturali ad alto assorbimento di CO2. Pertanto viene preclusa la coltivazione su terreni ad “ad alto valore di biodiversità” come foreste primarie e altri terreni boschivi senza presenza di attività umana, ecosistemi minacciati ed inclusi in elenchi nazionali o internazionali, terreni erbosi non degradati e ricchi di specie, zone umide e zone boschive continue o alberato di superficie superiore all’ettaro. In caso di mancato rispetto di tali criteri, la produzione di biocarburanti non potrà essere contabilizzata nel calcolo per il raggiungimento degli obiettivi nazionali. Le misure nazionali adottate per garantire il rispetto di tali criteri saranno oggetto di monitoraggio biennale da parte della Commissione. Notevole rilievo viene dato, nell’ambito della direttiva, alla sostenibilità sociale con particolare attenzione al contenimento dei prezzi e disponibilità dei prodotti alimentari, oltre alle questioni più generali di sviluppo. Altro articolo fondamentale della direttiva riguarda la verifica del rispetto dei criteri di sostenibilità, in cui è previsto l’obbligo da parte degli operatori economici di dimostrare il rispetto degli stessi, pur sottolineando l’importanza di non gravare sulle imprese con oneri eccessivi. Nonostante la notevole criticità di questo articolo, dovuta alla sussistenza di interessi diversi, ad esempio fra il mondo agricolo e quello industriale, pregevole dal punto di vista di un suo recepimento condiviso è la proposizione, in ciascun articolo della direttiva, di una verifica in itinere della praticabilità e opportunità delle norme proposte, con la possibilità di introdurre misure correttive. Questo dovrebbe suggerire ad ogni Stato membro l’istituzione di un coordinamento nazionale per la valutazione di eventuali criticità dovute a specifiche situazioni locali, interpretando ed applicando le indicazioni riportate nella direttiva per stabilirne l’adattabilità ai contesti territoriali nazionali e suggerire eventualmente proposte migliorative. Con questa logica e anticipando i tempi, il laboratorio ha condotto uno studio sull’adozione di criteri di sostenibilità per la promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, i cui risultati rappresentano un’anteprima del lavoro di aggiornamento richiesto dalla Commissione sulle emissioni tipiche di gas a effetto serra derivanti dalle coltivazioni di materie prime agricole. Così come richiesto dall’art. 19 “Calcolo dell’impatto dei gas a effetto serra dei biocarburanti e dei bioliquidi”, in un territorio circoscritto della Regione Puglia è stata effettuata una verifica delle emissioni tipiche di gas a effetto serra derivanti dalla coltivazione di alcune colture da 127 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive biomassa ad uso energetico, per stabilire se fossero inferiori o uguali alle emissioni indicate alla rubrica «Valori standard disaggregati per la coltivazione» dell’allegato V, parte D, della direttiva. La validazione della metodologia indicata dalla direttiva e l’estensione di tali verifiche sul territorio regionale e per le colture ritenute più idonee, confortate da un riscontro coordinato su scala nazionale, rappresenta il percorso obbligato a cui bisognerà orientarsi per il più rapido recepimento condiviso della direttiva. Il laboratorio ritiene fondamentale realizzare un programma di accompagnamento al recepimento della direttiva, con un progetto pilota atto a validare a livello locale i criteri di sostenibilità proposti e tradurli in eventuali proposte migliorative per una più efficace introduzione e funzionamento di regimi di sostegno o di altre misure finalizzate alla promozione della produzione di energia da biomasse nei differenti comprensori agricoli pugliesi, soprattutto in quelle aree meno vocate ad esprimere un’agricoltura competitiva e su quei suoli compromessi dal punto di vista ambientale e quindi inutilizzabili per la produzione destinata all’agroalimentare. 128 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive BIBLIOGRAFIA AA.VV., 1998. Oleaginose ad uso non alimentare. Atti Convegno, Roma, 12 marzo 1998. Ed. AISO, Roma , 1-75. Baldini M., Danuso F., Monti A., Amaducci M.T., Stevanato P., De Mastro G., (2006). 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Premessa 136 1. Il progetto PROBIO 140 2. Filiera oli vegetali 141 2.1. - Fase di campo: coltivazione brassicacee 2.1.1. - Analisi del contesto territoriale 2.2. - Attività dimostrative (2006-2007) 2.2.1. - Risultati produttivi (2006-2007) 2.3. - Attività dimostrative (2007-2008) 142 146 151 152 157 2.3.1. - Risultati produttivi (2007-2008) 159 2.3.2. - Risultati dell’analisi energetico-ambientale (2007-2008) 170 2.4. - Attività divulgative (2007-2008) 173 2.4.1. Gestione tecnica delle attività divulgative 174 2.4.2. - Analisi della potenzialità produttiva in granella e in olio grezzo 179 2.4.3. - Analisi economica 181 2.4.4 - Analisi energetica 184 2.4.5. – Analisi ambientale 186 3. Filiera biogas 3.1. - Attività dimostrativa (2007-2008) 3.1.1. - Risultati produttivi (2007-2008) 188 189 190 4. Considerazioni conclusive 195 Bibliografia 196 135 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Premessa La diffusione delle attività agricole mirate alla produzione di energia potrebbe rappresentare, nell’ottica di una crescente multifunzionalità dell’agricoltura, una reale opportunità per lo sviluppo rurale se realizzata secondo modelli sostenibili. Nei primi anni di crescita dell’interesse per le fonti energetiche rinnovabili, l’uso delle agrienergie era considerato tecnologicamente poco evoluto in confronto all’energia eolica e quella fotovoltaica. Gradatamente, nel tempo, le potenzialità d’impiego delle biomasse per usi energetici si sono allineate e per alcuni aspetti sono divenute anche superiori ad altre fonti di energia rinnovabile. Questo al punto da registrare nel mondo agricolo un livello di accettazione dell’introduzione di colture energetiche senza uguali nel tempo. Tale situazione ha generato non poche incertezze sia sul piano operativo che normativo complicate più recentemente da preoccupazioni dovute ad una possibile competizione con le produzioni alimentari. In questo contesto l’Area Politiche per lo Sviluppo Rurale della Regione Puglia ha ritenuto importante dotarsi di un laboratorio di competenze per garantirsi un supporto tecnico scientifico a sostegno della pianificazione di filiere agrienergetiche, nell’ambito della diversificazione produttiva delle aziende agricole. Per rimuovere gli elementi di criticità per la valorizzazione agrienergetica delle biomasse prodotte a scala regionale è opportuno ricordare come le agrienergie offrano una vasta ed articolata gamma di opportunità ineguagliabili nel più ampio settore di energia da fonti rinnovabili. Nella tipologia, infatti, distinguiamo biocombustibili solidi (biomasse da colture dedicate o residuali), biocombustibili liquidi (bioetanolo, biodiesel, olio vegetale puro) e biocombustibili gassosi (biogas); distinzione di grande rilievo soprattutto per quanto riguarda i diversi soggetti coinvolti e le diverse implicazioni in termini sia di superficie agricola coinvolta sia di implicazioni ambientali correlate. L’utilizzo delle agrienergie, inoltre, è esteso a tutti i livelli di scala di applicazione da quella domestica a quelle delle piccole, medie e grandi reti con tipologie energetiche che spaziano dal termico, all’elettrico al meccanico. Per quanto la produzione di biomassa di origine agricola per usi energetici costituisce una innovazione che trova limitate riserve da parte del mondo agricolo è opportuno precisare che le biomasse di per se non appaiono pienamente sostenibili. La complessità di implicazioni ecologiche, economiche e di impatto sociale richiedono valutazioni e definizioni più puntuali rispetto alle differenti produzioni di biomasse ed alle tecnologie di processo e conversione. Uno dei limiti più dibattuto oggi è quale e quanta superficie può essere dedicata allo sviluppo delle agrienergie. 136 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Di qui l’esigenza di definire delle priorità, su base analitica, che possano essere da guida nell’orientare le scelte decisionali verso modelli organizzativi stabili nel tempo e garanti di una sostenibilità economica, ambientale e sociale. L’affermazione delle filiere agrienergetiche non è riconducibile esclusivamente alla quantità di energia prodotta ma quanto alla qualità del modello produttivo adottato. A parte i vantaggi ambientali dovuti alla riduzione dell’impiego di combustibili fossile, ricadute economiche ed ambientali delle agrienergie sono più facilmente ascrivibili a filiere locali di piccole dimensioni in grado di produrre energia per l’autoconsumo o per la vendita diretta. Dal punto di vista della sostenibilità agro-ambientale, infatti, lo sviluppo di filiere agrienergetiche a supporto di impianti di piccole dimensioni, in grado di valorizzare prevalentemente biomasse lignocellulosiche, amidacee ed oli vegetali puri, rappresentano obiettivi strategici irrinunciabili. Il mantenimento delle dimensioni degli impianti entro certi limiti, infatti, risulta funzionale ad un percorso autorizzativi più semplificato non solo, ma anche al contenimento delle superfici agricole da destinare a colture dedicate alla produzione di energia evitando forti impatti sul preesistente indirizzo produttivo locale. Inoltre, strategica è pure la possibilità di disporre di impianti capaci di trasformare in energia tipologie diverse di materie prime in modo da consentire la valorizzazione integrale delle produzioni ottenute da diverse colture energetiche esaltando l’efficienza d’uso del suolo intesa come massimizzazione dell’energia prodotta per unità di superficie. Così come un’oculata scelta colturale costituisce uno dei presupposti fondamentali per lo sviluppo di filiere agri-energetiche sostenibili in quanto rende più agevole l’inserimento dei principali ordinamenti colturali dei diversi comprensori agricoli senza richiedere forzature che potrebbe mettere a rischi la fertilità dei terreni, la stabilità dei sistemi agricoli ed la gradevolezza del paesaggio. La possibilità di diversificare le materie prime di origine agricola a scopi energetici induce vantaggi non solo da un punto di vista agro-ambientale ma anche logistico consentendo di svincolare l’attività degli impianti alla stagionalità delle produzioni. Per quanto riguarda la gestione tecnico-agronomica delle colture fondamentale è poter contare su itinerari in grado non solo di migliorare l’efficienza d’uso dei principali fattori produttivi e di ridurre contemporaneamente l’impatto ambientale, ma anche di garantire il miglior bilancio energetico tra inputs ed outputs. Tanto premesso il supporto del laboratorio di competenze alla amministrazione regionale si estende alla individuazione di indicatori sostenibili da utilizzare come strumento per la pianificazione dello sviluppo di delle filiere agrienergetiche a livello territoriale ponendo attenzione a non vincolare eccessivamente il territorio. Lo studio preliminare condotto dal laboratorio di competenze, pertanto, ha individuato un percorso metodologico adatto ad analizzare l’impatto sociale, economico, ambientale ed 137 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive istituzionale della molteplicità dei fattori, e delle loro interazioni, coinvolti nello sviluppo delle filiere agrienergetiche. La prima fase di lavoro è servita chiarire gli scopi a cui il gruppo di indicatori deve essere funzionale, richiamando le esperienze e conoscenze disponibili nell’ambito del laboratorio di competenze e che si evolverà, in una fase più avanzata del progetto, in un processo partecipato, coinvolgendo tutti i portatori di interesse presenti sul territorio. In relazione, anche, al mandato conferito dall’Area Politiche per lo Sviluppo Rurale, il Laboratorio di Competenze ha focalizzato l’attenzione sull’obiettivo prioritario di rimozione degli elementi di criticità per la valorizzazione agroenergetica delle biomasse prodotte a scala regionale, attraverso una regolamentazione delle iniziative in corso o in fase di proposizione basata su criteri di sostenibilità. In questa direzione il lavoro del gruppo di esperti ha mirato ad individuare i possibili scopi a cui l’utilizzo di indicatori deve rispondere: vocazionalità naturale alla fornitura di materie prime per la produzione di agroenergia, attraverso residui e/o colture dedicate, validata anche da esperienze pregresse (rispetto agroecosistemi preesistenti, condizioni pedoclimatiche, ecc.); inseribilità nei cicli colturali e/o di allevamento di colture energetiche o della raccolta di residui a fini energetici (disponibilità di superfici, sostituibilità di colture a basso reddito, utilizzo di terreni a riposo, tecniche e dotazioni strutturali aziendali compatibili, competenze imprenditoriali, ecc.); trasferibilità delle materie prime o dell’energia da queste prodotta (dotazione infrastrutturale, tempi e costi di trasporto, ecc.); utilizzabilità in contesto aziendale/distrettuale dell’energia prodotta (ricorso ad altre fonti energetiche, loro sostituibilità tecnica, ecc.); realizzabilità e dimensionamento impianti di trasformazione (disponibilità spazi fisici, contesto istituzionale, strumenti di pianificazione/regole amministrative, ecc.); idoneità ad utilizzo efficiente degli input energetici dei processi produttivi strutturati per la produzione e valorizzazione di biomasse di origine agricola ai fini della produzione di energia (massima energia fissata per unità di superficie, elevata efficienza degli impianti di trasformazione delle biomasse in energia, ecc..); compatibilità ambientale e sicurezza alimentare; 138 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive validità reddituale delle filiere agrienergetiche e giudizio di convenienza sugli investimenti (utilizzo diretto dell’energia, vendita, conferimento della materia prima ad impianti centralizzati, eventuale esigenza sostegno pubblico, ecc…). L’approfondimento della tematica ha richiesto una rassegna di modelli, indicatori e dati già implementati in altre esperienze che ha portato a definire una prima proposta di indicatori strutturati secondo i seguenti tematismi ritenuti fondamentali per lo sviluppo delle filiere agrienergetiche: ambiente agronomico, economia ed aspetti sociali, tecnologia ed impiantistica, risorse naturali, il cui dettaglio è oggetto di una fase più avanzata del lavoro. Nell’ambito del primo tema sono stati proposti 20 indicatori, 52 nel secondo, 7 nel terzo e 6 nel quarto. Al fine di migliorare la qualità, la significatività e la coerenza interna ed esterna degli indicatori, le fasi successive saranno incentrate sull’attuazione di un processo partecipato - con il coinvolgimento di tutti i portatori di interesse presenti sul territorio – utile a rendere massima la cognizione e la condivisione dell’approccio scientifico proposto ed estremamente funzionale ad una ancor più spinta conoscenza delle caratteristiche, potenzialità e aspettative delle diverse realtà locali della regione. Su tale modello di approccio - partecipato dal sistema delle conoscenze e dalla rete delle competenze e delle rappresentanze sin dal momento di individuazione delle variabili da utilizzare base e per tale ragione di sicura solidità e validità - potrà essere possibile attuare un modello realmente avanzato di pianificazione dello sviluppo sostenibile a livello locale assolutamente indispensabile per la promozione prima e la realizzazione poi di filiere agrienergetiche effettivamente compatibili con il tessuto socio-economici dei diversificati areali pugliesi. 139 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive 1. Il progetto PROBIO Obiettivi specifici Obiettivo del progetto è di acquisire, nel contesto regionale, conoscenze sul funzionamento di sistemi produttivi, a differenti livelli di intensità, dotati di nuovi orientamenti tecnico-colturali dedicati alla produzione di biomasse ad uso energetico, al fine di ottimizzarne la gestione tecnico-economica per fornire: (1) agli agricoltori, informazioni utili per migliorare il processo produttivo delle colture energetiche nel contesto globale delle scelte aziendali; (2) agli industriali, specifiche, puntuali e stabili, sulla qualità tecnologica della materia prima ottenibile negli areali meridionali di coltivazione; (3) ai decisori politici locali e nazionali, elementi utili a formulare un giudizio sulla validità tecnico-agronomica, economica ed ambientale di sistemi colturali ad indirizzo energetico alla luce delle recenti normative (Dir 2009/28/EC). L’attività dimostrativa e di sviluppo, basata su scala aziendale, ha permesso una integrazione dei risultati acquisiti con quelli che sono i parametri strettamente legati al processo produttivo nelle aree interessate al progetto (ordinamenti colturali, fattori agronomici, risorse aziendali disponibili, dotazioni infrastrutturali). Piano di attività Il piano di attività ha previsto la realizzazione di una serie di azioni dimostrative finalizzate all’analisi di sistemi colturali, a diverso livello di intensificazione, da proporre per colture a destinazione energetica in avvicendamento negli ordinamenti colturali tradizionali dei comprensori agricoli regionali. Con particolare riferimento al settore, consolidato, dei biocombustibili prodotti da oli vegetali le scelte colturali hanno riguardato specie quali il colza (Brassica napus L. var. oleifera) e la brassica carinata (Brassica carinata A. Braun) che ben si prestano da un punto di vista agronomico a valorizzare molti aree cerealicole pugliesi. Per le filiere biogas e bioetanolo l’attenzione è stata rivolta a cereali vernini scegliendo fra quelli ad elevato potenziale produttivo in biomassa totale, per processi di digestione anaerobica (biometano) e ad basso tenore proteico per una maggiore rese in bioetanolo nei processi fermentativi. Frumento tenero, triticale ed orzo sono state le colture selezionate con queste finalità. Nell’intento del programma le azioni dimostrative e divulgative sono state orientate verso un processo di informazione e formazione dei diversi attori delle filiere a livello per la lo sviluppo sostenibile delle agroenergie. 140 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive 2. Filiera oli vegetali In ambito regionale la filiera oli vegetali appare tra le più promettenti, non solo in virtù delle normative sui biocarburanti che ne incentivano lo sviluppo, ma anche per la buone prospettive di inserimento di alcune oleaginose negli ordinamenti colturali territoriali. Nelle condizioni pedo-climatiche dell’Italia meridionale la produzione di oli vegetali da specie erbacee ha da sempre riposto particolare attenzione a colture come il girasole, il colza e più recentemente alla brassica carinata per specifiche doti di buona adattabilità ad ambienti a clima caldo arido. Nello specifico, la filiera si basa sulla produzione di semi oleosi da cui è possibile ottenere olio vegetale grezzo, previa estrazione meccanica, oltre a panello proteico e paglia residua. L’olio grezzo può essere utilizzato per alimentare motori diesel opportunamente adattati ed in assetto cogenerativo ottenendo energia elettrica e termica, oltre a poter essere destinato ad un processo di transesterificazione per la produzione di biodiesel (fig. 1). I sottoprodotti di questa fase della filiera, rappresentati da panelli ricchi in proteine e in alcuni casi in sostanze bioattive, trovano collocazione soprattutto nell’alimentazione animale e nella possibilità di applicazione nel settore dei prodotti biocidi. OLEAGINOSE COLZA / BRASSICA CARINATA RACCOLTA / TRASPORTO / STOCCAGGIO ESTRAZIONE DI OLIO GREZZO FILIERA LUNGA FILIERA CORTA UTILIZZO OLIO IN UTILIZZO FARINE O PRODUZIONE DI MOTORI ENDOTERMICI PANELLI DISOLEATI BIODIESEL ENERGIA ENERGIA ELETTRICA TERMICA USO ZOOTECNICO AZIONE BIOCIDA (ZERO GLS) (ALTI GLS) AUTOTRAZIONE Figura1 – La filiera oli vegetali Nel convincimento ormai diffuso che lo sviluppo di impianti per la produzione di biodiesel trova maggiore convenienza in tipologie centralizzate, situate in aree industriali, preferibilmente vicino a scali portuali per favorire un approvvigionamento di materia prima anche da altre aree di 141 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive produzione, e con l’intento di stimolare la diffusione di impianti decentralizzati a livello di aziende singole o in forma aggregata in modo da conferire maggiore opportunità al mondo imprenditoriale agricolo di acquisire direttamente parte del valore aggiunto della biomassa prodotta e della conversione in energia è stata verificata la validità agroenergetica della filiera oli grezzi da brassicacee, come possibile soluzione al mantenimento del valore aggiunto delle produzioni, parzialmente od integralmente trasformate, in ambito agricolo. L’olio vegetale può essere destinato direttamente alla trasformazione in azienda con la produzione di energia elettrica mediante generatori collegati a motori diesel di piccola-media potenza in modo da usufruire degli incentivi alla produzione di energia elettrica a partire da fonti rinnovabili (certificati verdi), o conferito all’industria del biodiesel sulla base di specifici contratti di filiera. L’aspetto innovativo della filiera energetica oli grezzi è rappresentata proprio dall’introduzione nelle aziende agricole di tecnologie semplificate nella fase di estrazione dell’olio con il solo ricorso a semplici presse meccaniche. All’estrazione dell’olio si associa la produzione di panelli di estrazione che potranno trovare collocazione nel settore dei mangimi di qualità utilizzando colza o nella produzione di sostanze ad attività biocida da impiegare in alternativa ai pesticidi di sintesi e nell’industria dei fertilizzanti organici anche per l’agricoltura biologica nel caso della brassica carinata il cui seme è ricco in glucosinolati. Lo sviluppo e diffusione di attività agricole mirate alla produzione di energia, oltre a rappresentare una reale opportunità in risposta alla difficile congiuntura economica derivata dalla globalizzazione dei mercati, contribuisce ad ampliare il valore multifunzionale dell’impresa agricola con produzioni che acquisiscono i connotati di un bene necessario ed irrinunciabile e come tale dotato di un bacino di utenza vastissimo. La struttura dell’intera filiera oli vegetali-energia elettrica interessa ambiti diversi: dagli aspetti puramente agronomici, energetici ed ambientali a quelli meccanici per la gestione dell’impianto di estrazione dell’olio (pressa) e quello di generazione dell’energia elettrica (gruppo elettrogeno). Nell’ambito delle attività previste sono stati analizzati gli aspetti principali che interessano le diverse fasi della filiera e di seguito si riportano i risultati conseguiti. 2.1. - Fase di campo: coltivazione di brassicacee Pur confermando la superiorità del colza come coltura più rappresentativa per la produzione europea di biodiesel, sono opportune alcuni approfondimenti sulle potenzialità della stessa nei comprensori a clima caldo arido come quelli dell’Europa del sud in cui ricadono i comprensori agricoli regionali. 142 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive La sua coltivazione, conosciuta e diffusasi in Europa sin dal XII secolo, era finalizzata alla produzione di olio per illuminazione ed uso alimentare, soprattutto nelle regioni nordiche dove non erano conosciuti l’olivo ed il papavero. Una forte espansione delle superfici coltivate si è avuta a partire dagli anni ’80, concentrandosi prevalentemente nella fascia più continentale. L’adattabilità di questa specie alle diverse condizioni pedoclimatiche, la modesta richiesta di cure colturali e di investimento di capitali, pongono sicuramente il colza in una favorevole posizione per l’inserimento negli ordinamenti colturali di diverse aree agricole italiane (Toniolo, et al., 1992). E’ una coltura miglioratrice del terreno ed in Italia trova la sua collocazione migliore in ciclo autunno primaverile. Le condizioni climatiche ideali per il buon esito di questa coltura sono i climi di tipo temperato umido, caratterizzati da inverni non molto rigidi e da primavere moderatamente umide. La pianta teme ristagni di acqua nel periodo invernale e la siccità durante il periodo di maturazione. Quest’ultimo fattore induce un anticipo della maturazione con conseguente riduzione della produzione a causa della diminuzione del peso unitario del seme e della percentuale di olio. In Italia ha trovato nel tempo situazioni più favorevoli di coltivazione soprattutto negli ambienti del Nord e Centro Italia, mentre al Sud il suo potenziale produttivo è fortemente condizionato dalla disponibilità di varietà precoci in modo da sfuggire con una maturazione anticipata ad un decorso stagionale primaverile estivo caratterizzato da scarsa piovosità ed elevate temperature (De Mastro et al, 1992) . Un cospicuo lavoro di miglioramento genetico ha consentito oggi di poter disporre di ibridi con maggiore potenziale produttivo, anche se ancora non del tutto risolti sono i problemi legati alla indeiscenza delle silique con conseguente riduzione di perdite alla raccolta, all’incremento del tenore in olio della granella, alla tolleranza a nematodi ed alla sclerotinia che consentirebbe una maggiore facilità di inserimento in rotazioni con altre oleaginose e barbabietola qualora dovesse esserci una ripresa di questa coltura. Proprio quest’ultimo aspetto né ha limitato nel passato la sua diffusione in ambienti bieticoli settentrionali del nostro Paese. In realtà in Italia la coltura del colza ha vissuto sempre momenti alterni e spesso determinati da politiche comunitarie indirizzate al sostenere le oleaginose. E’ a metà degli anni ’90 che ha vissuto nuovi interessi facendo registrare anche in Puglia un notevole incremento delle superfici coltivate (6.500 ha circa nel 2000) a cui purtroppo non sono corrisposte produzioni adeguate a seguito di scelte tecniche non sempre razionali dovute probabilmente anche ad una interpretazione assistenzialistica dell’aiuto comunitario. Situazione che ha portato negli anni successivo ad un progressivo declino della coltura fino alla quasi scomparsa. L’interesse per questa coltura sia come coltura alimentare che come coltura energetico o per la produzione di oli tecnici è sempre stata sostenuta da reti nazionali di ricerca. 143 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Sono da citare il Progetto di Ricerca sulle Oleaginose ad uso alimentare, finanziato dal Mipaaf negli anni ’80 i cui risultati a livello regionale sono stai oggetto di convegni e pubblicazioni, a cui hanno fatto seguito i Progetto Prisca (Progetto di Ricerca sulle Colture Alternative) MiPAF (1992 – 1997), TISEN (Tecniche innovative sostenibili di produzione e trasformazione delle colture energetiche e non-food) – MiPAF (2001-2003) e più recentemente il Progetto Bioenergie, sempre finanziato dal Mipaf, in cui il colza è da annoverare tra quelle colture in continua osservazione. Pertanto, dalla sua introduzione negli ordinamenti colturali più diffusi a livello nazionale, ad oggi, la coltura del colza ha trovato un valido supporto nei risultati della ricerca agronomica. I risultati produttivi relativi alle tre zone geografiche del nostro Paese evidenziano una notevole variabilità tra le diverse annate con valori che al Nord si attestano appena al disopra delle 2.0 t -1 -1 ha , intorno alle 2.5 t ha al Centro, mentre al Sud a produzioni molto simili a quelle del Nord si alternano rese aleatorie inferiori a 1.0 t ha-1, dove la resa in olio risulta fortemente condizionata dal minore peso unitario del seme (Cosentino et al., 2006). Indagini condotte negli ultimi anni in ambienti di pianura e collina della Basilicata hanno messo in evidenza una variabilità tra gli anni e le varietà con produzioni da un minimo di 1.4 t ha-1 ad un massimo appena superiore alle 4.0 t ha-1 (De Mastro,1998). Altre esperienze condotte in ambienti pugliesi confermano l’aleatorietà degli ambienti meridionali per la coltura del colza per la quale è possibile registrare produzioni soddisfacenti solo in annate con decorsi stagionali primaverili freschi e piovosi e con varietà precoci. Particolare attenzione è stata rivolta alle problematiche della concimazione, dove per altro è stata evidenziata una certa sensibilità della coltura all’apporto di azoto, che non è coinciso con un miglioramento qualitativo delle produzioni inibendo la sintesi lipidica a favore di quella proteica (Marzi et al,,1992) Oggi pur disponendo di varietà migliorate ed ibridi si riscontra sempre una prevalenza di materiale più adatto agli ambienti nordici dove la coltura ha una maggiore diffusione. Una buona alternativa alla limitata disponibilità di materiale genetico adatto ad ambienti a clima caldo arido è stata quella di adattare genotipi ad habitus primaverile in semina autunnale. Interessanti a tal proposito è risultato materiale selezionato in ambienti nord americani selezionati per un ciclo primaverile-estivo. In contemporanea negli ultimi anni si è assistito ad un crescente interesse per gli oli biodegradabili ad uso industriale (lubrificanti, surfattanti, emulsionanti, plastiche, resine, ecc…) di origine vegetale per il quale numerose specie da olio appartenenti alla famiglia delle Brassicacee, ricche in acidi grassi a catena lunga, sono state oggetto di studio. Un’ampia gamma di cultivar appartenenti a specie quali Brassica rapa L., Brassica juncea Czern. et Coss, Brassica carinata A. Braun, Raphanus sativus L. var. oleifera, Sinapis alba L., Crambe abyssinica Hoecst ex Freus. sono state studiate, nell’ambito di una rete nazionale di ricerca, per valutare la possibilità di introduzione negli ordinamenti colturali nazionali attraverso 144 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive la determinazione dei potenziali produttivi quanti-qualitativi (AA.VV., 1998, Mazzoncini et al., 1999, De Mastro et al., 1999, De Mastro et al., 2003). Tra queste specie la brassica carinata ha fatto registrare, in diversi anni di sperimentazione ed in diverse località, produzioni in granella sempre superiori a quelle del colza. In Val Padana la Brassica carinata ha manifestato livelli produttivi più elevati di quelli del colza di circa un 12% (Rosso et al., 1999), del 28% in Sicilia (Copani et al., 1999) e di oltre il 50% nel metapontino (De Mastro et al., 1999). La coltivazione della brassica carinata ha suscitato un certo interesse anche in Spagna e California dove le condizioni climatiche non sono particolarmente favorevoli alla coltivazione del colza invernale. Interesse dovuto alla maggiore vigoria e potenzialità produttiva espressa in ambienti a clima caldo arido (Fernandez Martinez e Dominguez, 1982; Fereres et al. 1983; Knowles et al., 1981) in considerazione della precocità di fioritura, della resistenza alla deiscenza delle silique, all’allettamento, resistenza alla maggiori avversità biotiche, allo stress idrico (Prakash et al., 1984). Le produzioni medie ottenute in sperimentazioni condotte in ambienti di pianura e di collina della Basilicata hanno evidenziato una certa facilità nel raggiungere produzioni medie di circa -1 -1 3.5 t ha , che scendono a livelli non inferiori alle 2.2 tha nelle annate meno favorevoli. Tra le colture da biomassa, la Brassica carinata A. Braun presenta requisiti ideali all’applicazione del concetto di bioraffineria dove a partire da una unica fonte di materia prima è possibile ottenere diversi prodotti finali. Per questo ad oggi la B. carinata rappresenta un’interessante novità, specialmente per le aree geografiche del sud Europa dove si inserisce nelle rotazioni cerealicole come coltura oleaginosa da rinnovo. Per avere un quadro di maggior dettaglio su alcune specifiche situazioni regionali, si sono seguite due campagne agricole con l’intento di verificare l’agrotecnica utilizzata ed i risultati produttivi ottenuti. Le schede aziendali, riportate di seguito, riassumono tali informazioni e dal loro confronto, tra gli aspetti più interessanti rilevati agli effetti di una semplificazione degli itinerari colturali, sono gli esiti produttivi ottenuti con lavorazioni del terreno alternative all’aratura e alla ripuntatura: con la lavorazione ridotta del terreno si sono verificate rese di produzione simili a quanto realizzato con le operazioni di aratura. Nello specifico le attività di campo hanno riguardato una fase di dimostrazione avviata anticipatamente rispetto ad una fase di divulgazione che ha visto coinvolte direttamente un numero cospicuo di aziende agricole. L’attività dimostrativa è stata realizzata in due ambienti distinti della Regione Puglia anche se entrambi caratterizzati da ordinamenti produttivi specializzati verso la cerealicoltura ed esattamente il Tavoliere delle Puglie e la Murgia Barese coinvolgendo un numero limitato di aziende che potessero essere di riferimento per i rispettivi comprensori. 145 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive La fase di divulgazione invece si è concentrata in un areale che si estende lungo il confine regionale tra la Puglia e la Basilicata, interessando il territorio dei Comuni di Altamura, Gravina in Puglia, Poggiorsini e Spinazzola, Matera, Irsina e Genzano di Lucania, presso aziende di imprenditori agricoli pugliesi. La diffusione delle monosuccessione granaria negli ultimi decenni è stata favorita, oltre che da una buona adattabilità pedoclimatica al territorio, soprattutto da una forte politica europea di sostegno alla produzione, che si è concretizzata in una integrazione al reddito per i produttori di grano duro ed ha consentito una espansione delle superfici investite interessando vaste aree del Sud Italia. Il contributo comunitario ha assicurato una redditività per il cerealicoltore consentendo di tamponare la crescita dei costi dei mezzi tecnici e la crisi di mercato delle produzioni, che nell’ultimo decennio hanno registrato un costante calo dei prezzi di vendita. Con la Riforma della PAC del 2003 la situazione è radicalmente mutata, poiché il passaggio a un sistema di sostegno al produttore, il cosiddetto Regime di Pagamento Unico, con il “disaccoppiamento” dei premi dalle specifiche produzioni, e il persistere della crisi di mercato del prodotto, ha visto venir meno la convenienza economica alla coltivazione del frumento determinando una netta diminuzione delle superfici investite, tanto che nella sola provincia di Bari sono stati disinvestiti circa 30.000 ha (dati ISTAT 2000-2006). L’annata 2007 aveva dato segnali di ripresa del mercato, con l’impennata del prezzo del frumento duro, ma all’attualità la situazione non è tale da garantire la stabilità dei prezzi e della redditività. Con questi presupposti gli obiettivi di questa indagine, inerente la valorizzazione energetica di colture oleaginse, sono stati i seguenti: • valutare l’idoneità agronomica, energetica ed economica di colture oleaginose dedicate alla produzione di energia; • definire per le colture in esame le pratiche ottimali di coltivazione; • individuare gli areali caratterizzati da maggiori potenzialità per l’attivazione della filiera oli grezzi; • verificare le reali emissioni di gas a effetto serra derivanti dalla coltivazione di materie prime agricole. 2.1.1. - Analisi del contesto territoriale Al fine di individuare unità territoriali in cui la produzione di biomasse ad uso energetico risponda ai requisiti di sostenibilità previsti dalla recente Direttiva UE sì è proceduto preliminarmente ad indagare un comprensorio tipico regionale con prevalente presenza di seminativi. Pertanto, l’attenzione è stata rivolta ai comuni della Murgia barese ed a quelli confinanti della collina materana. 146 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Il comprensorio è caratterizzato da una spiccata vocazionalità produttiva orientata nella direzione della granicoltura con indirizzi tecnici spesso di carattere intensivo a sostenere una scelta forzata dalla mancanza di alternative colturali e reddituali. Esso si estende lungo il confine regionale tra la Puglia e la Basilicata, interessando il territorio dei Comuni di Altamura, Gravina in Puglia, Poggiorsini e Spinazzola (Puglia), e di Matera, Irsina e Genzano di Lucania (Basilicata), dove si registra una percentuale di seminativi pari a circa l’86% della SAU con una netta prevalenza di cereali (> 80%), per lo più costituiti da grano duro e in minima parte da cereali minori. 2 L’area in oggetto si estende su una superficie complessiva di circa 1.900 km , la cui ripartizione tra i diversi Comuni è riportata in tab. 1, mentre la popolazione totale residente nell’area è di 189.000 abitanti. Il sistema economico del comprensorio si identifica con tre importanti filiere produttive: • agro-alimentare • tessile-abbigliamento • salotto. Tabella 1 - Popolazione residente e densità di popolazione COMUNI Superficie territoriale (km2) Popolazione (n. abitanti) Densità (ab. km-2) Altamura 427,75 67.312 157,36 Gravina in Puglia 381,3 43.671 114,53 Poggiorsini 43,12 1.469 34,07 Spinazzola 182,64 7.165 39,23 Genzano di Lucania 207,04 6.115 29,54 Irsina 262,21 5.732 21,86 Matera 388,14 57.785 148,88 (Fonte: dati ISTAT 2001) Complessivamente, le attività di trasformazione e lavorazione dei prodotti agricoli, grazie anche ad una agricoltura ed una zootecnia con buoni livelli di produttività, presentano una notevole consistenza e si stanno consolidando intorno alla seguenti filiere produttive: • filiera del grano duro (semola di grano duro, pane di Altamura DOP e prodotti da forno); • filiera del latte (mozzarelle e prodotti caseari tipici); • filiera del vino, con le produzioni di qualità (Gravina DOC). 147 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive La gran parte della superficie comunale è destinata per usi agricoli (tab. 2). Tabella 2 – Superficie comunale destinata ad usi agricoli COMUNI Aziende (n.) Superficie totale (ha) Superficie agricola utilizzata (ha) SAU / sup. comunale (%) Altamura 3.094 33.178 30.457 71,2 Gravina in Puglia 3.669 36.181 31.745 83,3 Poggiorsini 258 2.752 2.707 62,8 Spinazzola 965 16.902 15.265 83,6 Genzano di Lucania 852 14.784 14.031 67,8 Irsina 1.175 24.932 23.451 89,4 Matera 2.779 25.671 23.983 61,8 totale 12.792 154.399 141.639 74,9 (Fonte: dati ISTAT 2001) Gran parte delle superfici coltivate sono a conduzione diretta del coltivatore, segno della presenza di una radicata tradizione familiare contadina nell’area, come rilevato del resto dal massiccio utilizzo di manodopera familiare nella conduzione del fondo. Il restante vede soprattutto una conduzione con l’uso di salariati, in particolare con la forma del contoterzismo specie per quanto riguarda le aziende cerealicole. Per quanto riguarda la dimensione media aziendale, numerose aziende con superfici ridotte, addirittura le aziende con superficie compresa tra 0 e 5 ettari sono il 56% del totale delle aziende agricole (tab. 3) Tabella 3 - Aziende per classe di superficie totale e comune CLASSI DI SUPERFICIE TOTALE (ha) COMUNI Totale Senza superficie <1 Altamura - 1.168 511 581 Gravina in Puglia - 1.513 490 Poggiorsini - 23 Spinazzola 2 Genzano di L. 1 - 2 2 - 5 5- 10 10 - 20 20 - 50 50 - 100 > 100 305 194 172 89 74 3.094 626 432 284 199 67 58 3.669 31 79 65 29 21 7 3 258 312 109 114 100 90 142 72 24 965 - 137 50 105 166 182 161 33 18 852 Irsina - 207 72 141 242 189 195 94 35 1.175 Matera 1 1.074 422 446 278 231 217 73 37 2.779 (Fonte: dati ISTAT 2001) 148 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Andando ad esaminare però le percentuali di superficie per le diverse classi di SAU si può osservare come, se è vero che gran parte delle aziende sono di modeste dimensioni, ragionando in termini di superficie, queste (0-5 ha) occupino solo l’8% della SAU totale (fig.2), e che il 70% della superficie si trova in aziende di oltre 20 ettari, parametro interessante ai fini della introduzione di specie di pieno campo quali le colture energetiche. Classi di SAU (ha) 0 -- 5 5 --10 10 -- 20 20 -- 50 50 -- 100 8% 25% >100 9% 13% 20% 25% Figura 2 - Percentuali di superficie agricola per classi di SAU (elab..dati ISTAT 2001) Per quanto riguarda gli ordinamenti produttivi, emerge chiaramente come la gran parte della SAU sia occupata dai seminativi, mentre prati permanenti, pascoli e coltivazioni legnose invece occupano nel complesso quote meno rilevanti (fig. 3 ). Seminativi Coltivazioni legnose agrarie Prati permanenti e pascoli 35.000 superfici (ha) 30.000 25.000 20.000 15.000 10.000 5.000 0 Altamura Gravina in Puglia Poggiorsini Spinazzola Genzano di Lucania Irsina Matera Figura 3 - Ripartizione SAU per Comune (elab..dati ISTAT 2001) 149 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Entrando nel dettaglio, l’80% delle superfici dei seminativi è rappresentata da cereali, nettamente più modesta e la presenza di colture foraggere mentre quasi del tutto assenti sono le colture ortive (fig. 4). Ortive Cereali Foraggere avvicendate 100% 80% 60% 40% 20% 0% Altamura Gravina in Poggiorsini Spinazzola Genzano di Puglia Lucania Irsina Matera Figura 4 - Ripartizione percentuale seminativi per Comune (elab..dati ISTAT 2001) Nell’ambito dei cereali coltivati domina il frumento duro con valori superiori al 95% delle superfici investite, confermando la ormai radicata opzione tecnico-economica verso la monosuccessione granaria (tab. 4). Tabella 4 - Aziende cerealicole e rapporto Frumento/cereali Totale aziende Aziende (n.) e Superfici(ha) COMUNI (n.) Cereali Frumento Frumento/Cereali (%) Altamura 2.346 1.904 19.857,05 1.819 17.996,72 90,63 95,54 Gravina in Puglia 2.311 2.139 22.726,63 2.117 21.876,64 96,26 98,97 Poggiorsini 252 244 2.241,90 242 2.210,49 98,6 99,18 Spinazzola 719 654 11.538,41 644 11.117,40 96,35 98,47 Genzano di L. 740 581 9.906,14 571 9.604,08 96,95 98,28 Irsina 964 865 17.032,71 844 16.036,85 94,15 97,57 1.710 15.858,78 1.643 14.760,60 93,08 96,08 Matera 2.002 (Fonte: dati ISTAT 2001) 150 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive 2.2. Attività dimostrative (2006-2007) Le attività dimostrative di pieno campo sono state avviate, a partire dall’annata 2006-07, con la finalità di individuare i percorsi tecnici più sostenibili per l’ottenimento di semi oleosi in una azienda tipo e come tale facilmente riproponibile su larga scala. L’attenzione è stata rivolta a brassicacee (colza e brassica carinata) a ciclo autunno vernino tenuto conto che nella maggior parte degli ambienti pugliesi colture a ciclo primaverile-estivo (girasole e soia) trovano limitazioni nella ben nota scarsità di risorse idriche e per di più destinate a colture a maggior reddito. Con queste premesse sono stati realizzati campi dimostrativi in provincia di Foggia e di Bari (tab. 5). Nello specifico a Lesina è stato impiantato un campo dimostrativo con 3 varietà di brassica carinata commerciali disponibili sul mercato. La varietà CT 207 ritenuta per lunghezza del ciclo colturale la più idonea per i nostri ambienti regionali, è stata utilizzata anche per l’allestimento di altri campi dimostrativi dislocati a Foggia (loc. Incoronata) e due in agro di Gravina in Puglia. La scelta degli itinerari tecnici utilizzati ha tenuto conto delle pratiche agronomiche in uso nelle diverse aree di prova e della normale dotazione di mezzi tecnici (tab. 5). Tabella 5 - Notizie sulla gestione tecnica dei campi dimostrativi. Semina Località Varietà Lavorazioni Concimazione Controllo Trattamenti chimico antiparassitari N P2O5 K2O infestanti -1 (kg ha di seme) -1 (kg ha ) (l ha p.a.) -1 (l ha p.a.) -1 Gravina in Puglia (BA) CT 207 2 erpicature (az. 1) 8 75 10 30 1.0 * Gravina in Puglia (BA) CT 207 2 erpicature (az.2) 8 75 10 30 1.0 * Borgo Incoronata (FG) CT 207 discissura erpicatura fresatura rullatura 9 40 0 0 1.3 * ISCI 7 CT 207 CT 204 discissura fresatura 8 40 0 0 0.7 0.4 Lesina (FG) L’impianto delle attività dimostrative è avvenuto entro la prima metà di novembre utilizzando seminatrici da frumento opportunamente tarate per la distribuzione del seme di carinata. 151 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive L’investimento è risultato nella maggior parte dei casi prossimo a quello teorico con qualche eccezione a Lesina dove si è avuta una emergenza disforme compensata da una maggiore accrescimento medio delle piante in campo. All’epoca della raccolta compresa tra la fine di giugno ed i primi di luglio è stata determinata la produzione areica di pieno campo e per confronto quella relativa ad aree di saggio da cui sono stati prelevati campioni di seme e di residui colturali su cui sono state effettuate analisi quantitative e qualitative. E’ stata determinata la resa olio della granella per stabilirne la produzione potenziale di un ettaro di brassica carinata ed il contenuto in azoto dei residui colturali e della granella al fine di valutare il possibile vantaggio agronomico dell’interramento delle paglie ed il valore proteico dei panelli di estrazione. Per stabilire il potenziale biocida dei panelli di estrazione da utilizzare come ammendanti agricoli è stato determinato anche il contenuto medio in glucosinolati (GLS). 2.2.1. Risultati produttivi (2006-2007) Campo di Lesina (FG) – confronto varietale Analizzando i risultati ottenuti nell’areale foggiano (tab. 6), si notano differenze produttive significative fra le varietà in prova ed in particolare ISCI 7 risulta essere la varietà maggiormente produttiva con quantità di seme ad ettaro quasi doppia rispetto alle altre due varietà che, invece, si sono equivalse. Il confronto fra i dati parcellari e quelli di campo, possibile solo per la produzione di seme, dimostrano come il dato parcellare risulti molto simile a quello di campo per CT 204 e CT 207 mentre, per ISCI 7, la differenza sembra essere più elevata. Nonostante ciò, anche i dati di pieno campo riconfermano la maggiore produttività di ISCI 7. Tabella 6 - Comportamento produttivo delle varietà utilizzate per l’attività dimostrativa a Lesina. Produzione granella Peso 1000 semi (t ha-1) (g s.s.) (% s.s.) (kg ha-1) CT 204 1,4 3,7 40,8 CT 207 1,2 3 ISCI 7 2,4 Significatività ** LSD (P=0,05) 0,609 Varietà Resa in Produzione Contenuto olio in olio in proteine Azoto nel seme GLS (% di s.s.) (kg ha-1) (moli ha-1) 530,6 21,5 44,1 89,5 37,5 436,1 27,2 49,5 119 3,4 42,2 970,2 22,4 80,6 189 ns - ** - ** ** 20,852 46,989 234,366 152 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Il contenuto di olio, così come quello di proteine non si è differenziato fra le varietà; ne consegue che, per effetto della diversa produzione di seme, la quantità di olio ed azoto ad ettaro risultano ancora una volta molto maggiori per ISCI 7 (circa 1 t ha-1 di olio e 80 Kg ha-1 di N) rispetto alle altre varietà che, anche in questo caso, si equivalgono. Il contenuto di GLS è risultato differente fra le varietà ed in particolare CT 207 mostra una capacità di accumulo maggiore rispetto alle altre due. La produzione di GLS ad ettaro, invece, essendo ancora una volta influenzata dalla diversa produzione di seme, risulta più elevata per ISCI 7. Legenda: = dati parcellari = dati di pieno campo Produzione Seme (t ha-1 s.s.) FG 2,5 GLS (μmol g-1 t.q.) FG a 100 b GLS (μmolg-1 t.q.) Seme (t ha-1) 2,0 1,5 120 b 1,0 0,5 80 60 40 20 0,0 0 CT 204 CT 207 ISCI 7 CT 204 CT 207 Produzione Olio (Kg ha-1) FG Contenuto di olio (% s.s.) parcellare FG 1200 50 a 45 1000 Olio ( Kg ha-1) 40 Olio (% s.s.) ISCI 7 35 30 25 20 800 600 b b 400 15 10 200 5 0 0 CT 204 CT 207 CT 204 ISCI 7 CT 207 ISCI 7 Azoto Seme (Kg ha-1) FG Proteine (%) parcellare FG 90 30 a 80 70 Azoto (Kg ha-1) Proteine (%) 25 20 15 10 60 50 b b 40 30 20 5 10 0 0 CT 204 CT 207 ISCI 7 CT 204 CT 207 ISCI 7 153 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Analogamente a quanto notato per la produzione di seme, ISCI 7 risulta essere la varietà che lascia sul terreno la maggiore quantità di residui, 12 t ha-1 di s.s., circa il doppio rispetto alle altre due varietà che non si sono differenziate (tab. 7). Tabella 7 – Produzione quanti-qualitativa dei residui colturali Produzione Umidità residui colturali Varietà Azoto dei residui Azoto dei residui (t ha-1) (%) (% di s.s.) (kg ha-1) CT 204 6,5 9,0 0,2 11,8 CT 207 6,5 9,6 0,4 23,5 ISCI 7 11,8 8,9 0,2 21,6 Significatività * - - ** LSD (P=0,05) 2,601 6,719 Azoto paglie FG Residui colturali FG 12 a 20 kg ha-1 s.s. t ha-1 s.s. 10 8 6 a 25 a b b 4 15 b 10 5 2 0 0 CT 204 CT 207 ISCI 7 CT 204 CT 207 ISCI 7 Analogamente a quanto notato per la produzione di seme, ISCI 7 risulta essere la varietà che lascia sul terreno la maggiore quantità di residui, 12 t ha-1 di s.s., circa il doppio rispetto alle altre due varietà che non si sono differenziate. Questi risultati mettono in evidenza una probabile correlazione fra produzione di seme e produzione di residui che spiegherebbe la maggiore produttività di ISCI 7 con una maggiore capacità di accrescimento di quest’ultima rispetto alle altre due varietà. Nonostante le differenze di produzione di residui, ISCI 7 e CT 207 non risultano statisticamente differenti come quantità di N organico contenuto negli stessi (in media circa 22 kg ha-1 di N) mentre l’azoto che potrebbe ritornare con CT 204 risulta minore rispetto alle altre di circa 5 kg ha-1. Risulta comunque sorprendente il contenuto in azoto (0,2-0,3%). 154 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Campi di Lesina, Incoronata, Gravina in Puglia Dall’analisi della potenzialità produttiva della varietà CT 207 in diversi ambienti pugliesi, si nota come i più elevati standard quanti-qualitativi siano stati raggiunti in località Incoronata a Foggia (tabb. 8 e 9). La produttività ottenuta nelle altre località, invece, è risultata minore ma pressoché analoga per quasi tutti gli indici studiati. Questo sta probabilmente a significare un adattamento della varietà alle condizioni pedoclimatiche delle tre località simile, ma non ottimale, rispetto alle condizioni di coltivazione di Incoronata (FG). Riguardo alle rese in olio, i valori registrati sono pressoché costanti (circa il 37% s.s.) tranne in un unico caso (Gravina Az. 2) in cui il valore è risultato notevolmente più elevato (46,1% s.s.), e ad esso è associato un più basso contenuto in proteine (22,7 % s.s.) rispetto alla media (28%s.s.) delle altre tre località. Aspetto di rilevante importanza da rilevare è l’elevato apporto di azoto dalle paglie (da 23,5 a -1 35,1 kg ha ), che va a vantaggio della coltura in successione. Tabella. 8 - Comportamento produttivo della brassica carinata nelle diverse località di studio. Produzione Umidità granella Località Peso 1000 semi Res a in olio Produzione in olio Contenut Azoto o in nel proteine seme GLS (t ha-1) (%) (g di s.s.) (% s.s.) (kg ha-1) (% di s.s.) (kg ha-1) (moli ha-1) BA Gravina 1 1,5 5,6 3,6 37,7 524,3 29,3 63,8 136,7 BA Gravina 2 1,4 5,6 3,2 46,1 607,8 22,7 46,9 118,4 FG Incoronata 2,4 5,4 3,3 36,2 819,6 27,5 88,5 231,4 FG Lesina 1,2 5,7 3,0 37,5 436,1 27,2 44,9 119,0 Legenda: = dati parcellari = dati produttivi di pieno campo Produzione seme BA - FG GLS BA - FG 2,5 seme (t ha -1 s.s. (micromoli g -1) 2 1,5 1 0,5 0 100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 BA Az.1 BA Az.1 BA Az.2 FG Incoronata FG Lesina BA Az.2 FG Incoronata FG Lesina 155 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Produzione olio (kg ha -1) BA - FG 50 900 45 800 40 35 700 (kg ha -1 ) (% s.s. ) Contenuto olio BA - FG 30 25 20 600 500 400 300 15 10 200 100 5 0 0 BA Az.1 BA Az.2 FG Incoronata FG Lesina BA Az.1 BA Az.2 FG Incoronata FG Lesina -1 Proteine (%) BA - FG Azoto seme (kg ha ) BA - FG 35 100 30 90 80 70 (kg ha -1) (%) 25 20 15 60 50 40 30 10 20 5 10 0 0 BA Az.1 BA Az.2 FG Incoronata FG Lesina BA Az.1 BA Az.2 FG Incoronata FG Lesina Tabella 9 - Produzione quanti-qualitativa dei residui colturali Produzione residui colturali Umidità Azoto dei residui Azoto dei residui Località (t ha-1) (%) (% di s.s.) (kg ha-1) BA Gravina 1 9,7 9,3 0,4 35,1 BA Gravina 2 9,2 10,3 0,3 24,7 FG Incoronata 14,0 - - - FG Lesina 6,5 9,6 0,4 23,5 Residui colturali Azoto paglie 10 30 (t ha-1 s.s.) (kg ha-1) 40 20 10 8 6 4 2 0 0 BA Az.1 BA Az.2 FG Lesina BA Az.1 BA Az.2 FG Lesina 156 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive 2.3. - Attività dimostrativa (2007-2008) Le attività del primo anno hanno consentito, su scala aziendale, una maggiore familiarizzazione degli aspetti di agrotecnica specificatamente connessi alla coltivazione di brassicacee industriali ed in particolare della brassica carinata di nuova introduzione nei comprensori agricoli regionali. Una coltura energetica ideale dovrebbe essere dotata di una elevata efficienza nel catturare e convertire l’energia solare in biomassa, consentendo il minimo impiego di input e un basso impatto ambientale. Con questo fine è stata avviata una revisione degli itinerari tecnico-colturali puntando al contenimento di quegli input più impattanti e dispendiosi dal punto di vista energetico. L’attività dimostrativa è stata svolta nel comprensorio cerealicolo della provincia di Bari (Murgia Barese) presso due aziende dislocate nell’agro di Gravina in Puglia e di Poggiorsini e un’azienda della provincia di Foggia (Tavoliere) in agro di Incoronata (FG), ponendo a confronto itinerari tecnici diversificati e le produttività registrate con brassica carinata e colza. Per entrambe le specie in studio sono stati adottati itinerari colturali ad alto (AI) e a basso input (BI) distinguendo nelle tre località due tecniche di lavorazioni del terreno distinte: convenzionali a Gravina in Puglia (BA) e Incoronata (FG) e conservative a Poggiorsini (BA), potendo adottare la tecnica di semina su sodo. La modalità AI ha previsto l’utilizzo di input energetici colturali in dosi ottimali, in particolare per quanto riguarda l’apporto di nutrienti con la concimazione minerale e il diserbo chimico per il controllo delle infestanti. Nella modalità BI invece le dosi di fertilizzanti sono stati dimezzate e il controllo delle infestanti è stato attuato al superamento di una soglia d’intervento. Inoltre è stata sperimentata una modalità a BI differenziando la distanza dell’interfila ed attuando una semina a file larghe (BIL) per consentire il controllo delle infestanti mediante interventi di sarchiatura a confronto con la modalità a file strette (BIS). Per la semina, effettuata tra il 15 e il 28 novembre 2007 nelle diverse località sono state utilizzate normali seminatrici meccaniche utilizzate per il frumento opportunamente regolate per le piccole dimensioni del seme, mentre per la semina su terreno sodo è stata utilizzata una seminatrice da sodo. Sono state impiegate la varietà ISCI 7 di brassica carinata e la varietà PR46W31 di colza. Le principali notizie di gestione tecnica delle prove sono riportate nelle tabelle riassuntive 10,11 e 12. 157 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Tabella 10 - Itinerari colturali adottati nel sito di Incoronata Itinerario modalità lavorazione distanza Seme interfila carinata Seme colza BIS discissura erpicatura fresatura rullatura BIL P2O5 SO3 -1 (cm) AI N Controllo chimico infestanti -1 (kg ha ) (l ha p.a.) 16,5 8 5 97 40 40 1,5 16,5 8 5 49 20 20 * 50,0 7 4 49 20 20 sarchiatura Tabella 11 - Itinerari colturali adottati nel sito di Gravina in Puglia Itinerario modalità lavorazione distanza Seme interfila carinata Seme colza BIS discissura 2 erpicature BIL P2O5 SO3 -1 (cm) AI N Controllo chimico infestanti -1 (kg ha ) (l ha p.a.) 15 8 5 97 40 40 1,5 15 8 5 49 20 20 * 45 7 4 49 20 20 sarchiatura SO3 Controllo chimico infestanti Tabella 12 - Itinerari colturali adottati nel sito di Poggiorsini Itinerario modalità distanza Seme lavorazione interfila carinata Seme colza BIS BIL non lavorazione P2O5 -1 (cm) AI N -1 (kg ha ) (l ha p.a.) 18 9 6 97 40 40 0,8 + 1,5 18 9 6 49 20 20 0,8 36 8 5 49 20 20 0,8 + sarchiatura 158 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive In fase di maturazione sono stati effettuati prelievi di campioni parcellari da ogni trattamento per entrambi i siti, su cui sono stati determinati i principali parametri produttivi. Inoltre sui campioni di granella e biomassa sono stati effettuate analisi di laboratorio volte a determinare il contenuto in olio, proteine e azoto della granella e il contenuto in azoto nei residui colturali. Per ogni trattamento si è provveduto a rilevare, per le diverse operazioni colturali, le epoche di esecuzione delle stesse, le macchine impiegate (trattrici e operatrici) e le relative profondità di lavoro, nonché i mezzi tecnici utilizzati (tipo e dose), i tempi impiegati ad ettaro per ciascuna operazione e i consumi di carburanti. Per il bilancio energetico sono stati utilizzati dati raccolti direttamente e convertiti direttamente in energia attraverso l’utilizzo di coefficienti energetici desunti da Audsley (1997). 2.3.1. Risultati produttivi (2007-2008) I dati acquisiti dalle attività sperimentali hanno consentito di confrontare le due specie nei tre ambienti di prova, ma anche di mostrare le differenze tra i diversi parametri rilevati in relazione ai tre itinerari colturali adottati (tabb. 13,14 e 15). Tabella 13 - Rilievi produttivi e determinazioni sulla granella – Incoronata (FG) Coltura Produzione in granella pieno parcellare campo Itinerari colturali -1 (t ha di s.s.) 1,4 Peso 1000 semi Resa Produzione Contenuto in di olio in olio proteine -1 Azoto nel seme GLS -1 -1 (g di s.s.) (%) (kg ha ) (% di s.s.) (kg ha ) (moli ha ) 2,4 3,6 36,5 900,8 26,5 102,9 251,6 0,2 0,1 6,7 192,9 1,2 8,3 20,3 1,7 3,7 39,8 649,5 26,2 72,0 169,9 0,3 0,1 0,7 61,3 0,3 10,5 23,6 1,8 3,6 39,5 768,1 26,5 78,5 192,8 0,3 0,1 2,7 80,1 2,7 18,0 41,5 2,1 3,3 39,8 828,3 22,7 76,0 40,2 0,2 0,2 3,2 72 2,3 14,4 4,4 1,9 3,5 46,5 849,5 18,9 57,2 - 0,4 0,2 0,9 154,6 0,6 12,5 - 1,2 3,5 41,5 399,6 20,6 38,4 - 0,5 0,2 7,4 20,9 1,2 15,2 - AI Dev std Br. carinata (ISCI 7) 1,2 BIS Dev std 1,2 BIL Dev std 1,2 AI Dev std Colza (PR46W31) 1,1 BIS Dev std 1,1 BIL Dev std 159 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Tabella 14 - Rilievi produttivi e determinazioni sulla granella - Gravina in Puglia (BA) Coltura Produzione in granella pieno parcellare campo Itinerari colturali -1 (t ha di s.s.) AI Dev std Br. carinata (ISCI 7) BIS Dev std Peso 1000 semi Resa Produzione Contenuto in di olio in olio proteine -1 (g di s.s.) (%) (kg ha ) (% di s.s.) Azoto nel seme GLS -1 -1 (kg ha ) (moli ha ) 1,7 1,7 4,8 38,3 667,9 27,1 43,4 140,8 * 0,3 0,2 0,7 138,9 0,4 8,8 41,6 1,4 1,4 4,8 35,4 599,8 29,8 40,8 157,8 * 0,4 0,3 0,7 82 1 13,6 50,5 1,2 1,4 5 34,9 542,6 31 42,5 162,4 1 BIL Dev std * 0,3 0,4 1,6 49,8 9 29,2 1,5 2,3 3,4 44,6 1090,5 0 34,1 * 0,4 0 1,8 121,8 0 10,9 1,6 2,3 3,6 48,1 1269,8 18,5 43,1 0 AI Dev std Colza (PR46W31) BIS Dev std BIL Dev std * 0,5 0,3 0,4 95,7 1 11 0 1 1,9 3,8 47,1 904,6 19,6 58 26,3 * 0,2 0,2 0,3 73,2 0,3 4,8 4,9 Tabella 15 - Rilievi produttivi e determinazioni sulla granella - Poggiorsini (BA) Coltura Produzione in granella pieno parcellare campo Itinerari colturali -1 (t ha di s.s.) Peso 1000 semi Resa Produzione Contenuto in di olio in olio proteine -1 (g di s.s.) (%) (kg ha ) (% di s.s.) Azoto nel seme GLS -1 -1 (kg ha ) (moli ha ) 2,2 2,6 3,5 39,9 968,6 27,7 115,5 270,1 * 0,5 0,2 1,1 89,2 1,3 28,3 74,4 1,8 1,9 3,7 40,1 716,6 25,9 77,7 189,1 * 0,3 0,2 0,8 42,4 0,6 12 36,8 1,9 2,4 3,6 40,3 967,2 26,8 104 243,2 * 0,4 0,2 1,1 133,3 1,4 20,8 48,6 2,1 2,6 3,5 44 1204,7 20,7 85,3 0 * 0,4 0,2 3,7 145,9 1,9 7,8 0 2 2,4 3,5 47,8 821,9 19,5 73,2 0 * 0,4 0,2 0,2 716,8 1,3 7,9 0 1,7 2,1 3,4 48,6 1038,5 17,8 59,8 0 * 0,5 0,1 1,7 234,7 0,3 15,5 0 AI Dev std Br. carinata (ISCI 7) BIS Dev std BIL Dev std AI Dev std Colza (PR46W31) BIS Dev std BIL Dev std Il comportamento produttivo medio delle due specie (dati parcellari) mette in luce la superiorità produttiva del colza sulla brassica carinata, in due ambienti, superiorità ascrivibile a programmi di miglioramento genetico di cui il colza nel tempo ha beneficiato, a differenza della carinata, specie di recente introduzione. 160 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Il colza ha registrato produzioni variabili da 1,7 a 2,4 t ha-1, mentre la carinata si è attestata su valori da 1,5 t ha-1 (Gravina in Puglia) a 2,2 t ha-1 (Poggiorsini) (fig. 5). Nel sito di Incoronata le produzioni della brassica carinata (2,0 t ha-1) sono state superiori a quelle del colza (1,7 t ha-1); probabilmente le elevate temperature in fase di raccolta, unite all’aridità, hanno determinato maggiori problemi di deiscenza delle silique, favorendo la brassica carinata, specie più resistente, che di conseguenza ha fornito risultati produttivi migliori. Carinata Colza 2,4 2,5 2,2 2,2 Produzione in granella (t ha -1) 2,0 2,0 1,7 1,5 1,5 1,0 0,5 0,0 Gravina in Puglia Poggiorsini Incoronata Figura 5 – Comportamento produttivo delle specie in studio Interessante è stato rilevare il vantaggio produttivo nell’adozione della tecnica di semina su sodo in località Poggiorsini; la spiegazione potrebbe essere data dalla migliore uniformità di semina che questa tecnica ha consentito di ottenere; l’eccessiva sofficità del terreno riscontrata con la lavorazione convenzionale ha infatti portato ad eccessivo interramento del seme con conseguente emergenza disforme, fenomeno che favorisce nelle fasi successive del ciclo colturale la diffusione di infestanti difficili da controllare. Le produzioni in olio riflettono in modo più netto l‘andamento delle produzioni granellari in considerazione del maggior tenore in olio nel seme di colza rispetto alla brassica (in media 46,7% vs 38,2% s.s.). Di conseguenza le produzioni areiche di olio oscillano da 0,7 a 1,1 t ha -1 per il colza e da 0,5 a 0,9 t ha-1 per la carinata (fig. 6). 161 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Carinata Colza Produzione in olio grezzo (t ha -1) 1,5 1,1 1,0 0,9 1,0 0,8 0,7 0,5 0,5 0,0 Gravina in Puglia Poggiorsini Incoronata Figura 6 - Produzione in olio grezzo (t ha-1) Nel contesto generale di una valutazione integrale dei benefici delle colture da energia si è andato a valutare la quantità di azoto apportato dai residui colturali (tabb. 16,17-18). Tabella 16 - Analisi dei residui colturali - Incoronata (FG). Coltura Itinerari colturali AI Br. carinata (ISCI 7) BIS BIL AI Colza (PR46W31) BIS BIL Produzione in residui colturali Umidità Contenuto in azoto Azoto nei residui colturali (t ha-1) (%) (% di s.s.) (kg ha-1) 9,1 1,9 6,7 0,1 7 1,7 6,2 2,5 4,4 1,3 4,7 1,8 32,2 0,6 28,2 0,6 25,9 0,2 42 0,3 45,7 0,7 43,6 0,7 2,6 0,2 2,5 0,5 2,4 0,2 4,3 0,5 2,7 0,3 3,6 0,6 25,6 6,2 19,5 3,6 20,2 6,2 25 11,4 10,6 4,3 14,9 4,7 Dev std Dev std Dev std Dev std Dev std Dev std 162 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Tabella 17 - Analisi dei residui colturali - Gravina in Puglia. Coltura Itinerari colturali AI Br. carinata (ISCI 7) Umidità Contenuto in azoto Azoto nei residui colturali (t ha-1) (%) (% di s.s.) (kg ha-1) 6,1 1,4 5,6 2,1 4,4 0,4 7,9 2,3 8,3 1,7 5,9 0,4 20,1 0,2 22,7 0,2 22,3 0,3 44,1 0,2 48,2 0,5 57,1 0,3 3,0 0,3 3,9 0,6 3,7 0,3 3,6 0,6 3,1 0,1 3,7 0,3 23,9 7,9 27,8 15,0 20,2 1,6 26,3 11,4 21,3 4,0 14,8 1,1 Dev std BIS BIL Dev std Dev std AI Colza (PR46W31) Produzione in residui colturali Dev std BIS BIL Dev std Dev std Tabella 18 - Analisi dei residui colturali – Poggiorsini Coltura Itinerari colturali AI Br. carinata (ISCI 7) BIS BIL AI Colza (PR46W31) BIS BIL Umidità Contenuto in azoto Azoto nei residui colturali (t ha-1) (%) (% di s.s.) (kg ha-1) 8,3 0,8 6,5 0,4 7 1,1 5,5 1,4 5,9 1,8 4,3 1 43,1 1,1 43,5 0,8 45,9 1,1 46,5 1,6 44,5 1,4 48,4 0,6 2,7 0,5 2,5 0,2 2,3 0,2 3,6 0,9 3,6 0,9 2,7 0,3 20,4 4,6 14,5 1,9 14 2,9 16,2 3,8 18 2,4 9,4 1,6 Produzione in residui colturali Dev std Dev std Dev std Dev std Dev std Dev std Nel confronto tra le specie sempre maggiore è stato l’apporto di residui colturali della b. carinata rispetto al colza attribuibile al più basso indice di raccolta (fig. 7). 163 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Carinata Colza Residui colturali t ha-1 s.s. 6,0 5,4 5,0 4,2 4,1 3,7 4,0 2,8 2,9 3,0 2,0 1,0 0,0 Gravina in Puglia Poggiorsini Incoronata Figura 7 - Residui colturali delle due specie nei diversi ambienti di prova. Dall’analisi del contenuto percentuale in azoto dei residui colturali è stato possibile determinare la quantità di azoto rilasciata nel terreno che andrebbe poi a beneficio della coltura in successione. In questo caso si rileva come sia il sito di Gravina in Puglia a far registrare più elevati contenuti in azoto nei residui colturali in entrambe le specie, mentre tra le specie viene confermata la superiorità della brassica carinata (fig. 8). Carinata Colza 24,0 25,0 20,0 16,3 -1 N residui kg ha 21,8 20,8 16,8 14,5 15,0 10,0 5,0 0,0 Gravina in Puglia Poggiorsini Incoronata Figura 8 - Disponibilità in azoto acquisibile dai residui colturali. Altro aspetto centrale della attività dimostrativa è stato quello di valutare i principali parametri produttivi delle due specie a diversi livelli di intensificazione colturale. La produzione in granella del colza ha dato risultati privi di differenza significativa tra i diversi itinerari tecnico colturali a confronto con interfila stretta, mentre una riduzione si nota adottando una a interfila larga a BI, probabilmente per effetto di una minor densità di piante; la carinata 164 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive invece risente della riduzione degli input con valori differenti in modo significativo tra AI e BI (figg. 9-10-11). Incoronata Carinata Colza Produzione in granella (t ha-1 s.s.) 3,0 2,4 2,5 2,1 1,9 2,0 1,7 1,8 1,5 1,2 1,0 0,5 0,0 A. I. B.I.S. B.I.L. Figura 9 - Produzione di granella per i tre itinerari colturali adottati (Incoronata) Gravina in Puglia Carinata Colza Produzione in granella (t ha-1 3,0 2,3a 2,5 2,0 2,3a 1,9b 1,7a 1,4b 1,4b B.I.S. B.I.L. 1,5 1,0 0,5 0,0 A. I. Le medie contraddistinte da lettere uguali non sono significativamente diverse fra loro per P ≤ 0.05 (test Duncan). Figura 10 - Produzione di granella per i tre itinerari colturali adottati (Gravina ) 165 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Poggiorsini Carinata Produzione in granella (t ha-1 3,0 Colza 2,6a 2,6a 2,4a 2,5 2,0b 2,1b 1,9b 2,0 1,5 1,0 0,5 0,0 A. I. B.I.S. B.I.L. Le medie contraddistinte da lettere uguali non sono significativamente diverse fra loro per P ≤ 0.05 (test Duncan). Figura 11 - Produzione di granella per i tre itinerari colturali adottati (Poggiorsini ) Per quanto riguarda le produzioni in olio grezzo anche in questo caso il colza non presenta differenze tra i valori riscontrati per i tre itinerari (tranne nel sito Incoronata), mentre la carinata mostra diminuzione della produzione nelle due tesi a BI (figg. 12-13-14). Incoronata Carinata Colza Produzione olio grezzo (t ha-1) 1,5 1,0 0,9 0,9 0,8 0,7 0,7 0,5 0,5 0,0 A. I. B.I.S. B.I.L. Figura 12- Produzione di olio (t ha-1) per i tre itinerari colturali adottati (Incoronata) 166 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Gravina in Puglia Carinata Colza Produzione olio grezzo (t h 1,5 1,1 1,0 0,9 1,0 0,7 0,5 0,5 0,5 0,0 A. I. B.I.S. B.I.L. Figura 13 - Produzione di olio (t ha-1) per i tre itinerari colturali adottati (Gravina) Poggiorsini Carinata Colza Produzione olio grezzo (t h 1,5 1,1 1,1 1,0 1,0 1,0 0,8 0,8 B.I.S. B.I.L. 0,5 0,0 A. I. Figura 14 - Produzione di olio (t ha-1) per i tre itinerari colturali adottati (Poggiorsini ) Andando invece a valutare la produzione in residui colturali, si evidenziano per il colza valori più alti nel sistema colturale AI; nel sistema BIS in alcuni casi si hanno valori comparabili con l’AI, mentre nel sistema BIL si riscontrano sempre produzioni in biomassa inferiori rispetto agli altri due sistemi probabilmente per effetto della densità di piante più bassa. La carinata, al contrario, risente fortemente del livello di input, dando produzioni diverse e decrescenti passando dall’AI ai due sistemi BIS e BIL (figg. 15-16-17). 167 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Incoronata Carinata Residui colturali (t ha-1 s.s.) 7,0 Colza 6,1 5,2 6,0 4,8 5,0 3,6 4,0 3,0 2,7 2,4 2,0 1,0 0,0 A. I. B.I.S. B.I.L. Figura 15 - Produzione di residui colturali (t ha-1s.s.) per i tre itinerari colturali adottati Gravina in Puglia Carinata Colza 4,9a Residui colturali (t ha-1 5,0 4,4a 4,3b 4,3a 3,4c 4,0 2,5b 3,0 2,0 1,0 0,0 A. I. B.I.S. B.I.L. Le medie contraddistinte da lettere uguali non sono significativamente diverse fra loro per P ≤ 0.05 (test Duncan). Figura 16 - Produzione di residui colturali (t ha-1s.s.) per i tre itinerari colturali adottati 168 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Poggiorsini Carinata 4,7a 5,0 Residui colturali (t ha-1 Colza 3,8b 3,7b 4,0 3,3a 2,9a 3,0 2,2b 2,0 1,0 0,0 A. I. B.I.S. B.I.L. Le medie contraddistinte da lettere uguali non sono significativamente diverse fra loro per P ≤ 0.05 (test Duncan). Figura 17 - Produzione di residui colturali (t ha-1s.s.) per i tre itinerari colturali adottati (Poggiorsini) Anche il rilascio di azoto dai residui colturali al terreno mostra le stesse differenze significative tra i tre itinerari, con i valori più alti nell’AI e poi via via decrescenti nel BIS e BIL, per entrambe le specie; fa eccezione il sito di Incoronata, dove il sistema BIL fa registrare valori superiori al BIS. (figg. 18-19-20). Incoronata Carinata Azoto da residui colturali (kg ha-1) 30,0 Colza 25,6 25,0 25,0 20,2 19,5 20,0 14,9 15,0 10,6 10,0 5,0 0,0 A. I. B.I.S. B.I.L. Figura 18 - Azoto dai residui colturali (kg ha-1) per i tre itinerari colturali adottati (Incoronata) 169 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Gravina in Puglia Carinata 30,0 27,8a Colza 26,3a Azoto da residui colturali (kg 23,9b 25,0 21,3b 20,2b 20,0 14,8c 15,0 10,0 5,0 0,0 A. I. B.I.S. B.I.L. Le medie contraddistinte da lettere uguali non sono significativamente diverse fra loro per P ≤ 0.05 (test Duncan) Figura 19 - Azoto dai residui colturali (kg ha-1) per i tre itinerari colturali adottati (Gravina) Poggiorsini Carinata Residui colturali (t ha-1 5,0 Colza 4,7a 3,8b 3,7b 4,0 3,3a 2,9a 3,0 2,2b 2,0 1,0 0,0 A. I. B.I.S. B.I.L. Le medie contraddistinte da lettere uguali non sono significativamente diverse fra loro per P ≤ 0.05 (test Duncan) Figura 20 - Azoto dai residui colturali (kg ha-1) per i tre itinerari colturali adottati (Poggiorsini) 2.3.2. Risultati dell’analisi energetico-ambientale (2007-2008) L’analisi energetica ha lo scopo di approfondire la conoscenza del potenziale impatto che la coltivazione di tale colture possa avere sull’ambiente, in termini di bilancio energetico e di emissioni di CO2. 170 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive L’ettaro, l’unità di produzione (kg), e 1 MJ di biodiesel sono le unità funzionali a cui sono stati riferiti gli impatti. I coefficienti per il consumo di energia primaria e le emissioni per ogni input del processo produttivo sono quelli utilizzati da Audsley (1997). Ad ogni input è stato associato un corrispondente valore energetico ed ambientale, espresso come CO2-eq necessaria a produrlo. L’elaborazione dei dati è stata svolta per mezzo di un software apposito utilizzando la metodologia desunta dal rapporto finale del progetto europeo “Harmonisation of environmental Life Cycle Analysis assessment for agricolture”. L’approccio è stato essenzialmente quello dell’LCA (Consoli et al, 1993) ma, seguendo le indicazioni della recente Direttiva per le colture energetiche (Dir 2009/28/EC), l’analisi è stata focalizzata sulla valutazione del Global Warming Potential (GWP), che è una misura dell’’aumento della temperatura globale dovuta all’incremento dei gas serra (Greenhouse Gas GHG) nell’atmosfera. I GHG considerati sono stati la CO2, N2O, CH4. Come suggerito dall’IPCC (2001), il loro effetto è stato convertito in un GWP misurato come la massa di CO2 eq. considerato su un periodo di 100 anni, assumendo le seguenti equivalenze: CO2 = 1, CH4 = 23 and N2O = 296. Seguendo i criteri per il calcolo dell’impatto ambientale descritto nella Dir 2009/28 EC non si è tenuto conto delle emissioni dovute alla produzione di macchinari e apparecchiature. In via preliminare l’analisi è stata condotta su una delle prove sperimentali allestite a Gravina in Puglia ed ha riguardato la gestione tecnica della coltivazione di brassica carinata in condizioni di basso input (BI) così come riportata in precedenza. L’analisi ha consentito di determinare nelle condizioni specifiche dell’attività di campo i costi energetici del processo produttivo riferito all’unità di superficie (ettaro), alla quantità di produzione in semi oleosi e alla rispettiva trasformazione in biodiesel (tab. 19). Sulla base di questi dati è stato possiblie la valutazione dell’efficienza energetica (espressa come energia output / energia input) risultata superiore all’unità, attestandosi su valori di 1,92. La valutazione del bilancio ambientale espresso come equivalenti di CO2 per la coltivazione della brassica carinata è riportata in tab. 20. Tabella 19 – Risultati dell’analisi energetica della brassica carinata (Gravina in Puglia) Località Gravina in Puglia Produzione areica (s.s.) granella biodiesel kg ha-1 kg ha-1 1400 359 Ei/S Ei/P Eo/Ei granella biodiesel granella biodiesel MJ ha-1 MJ kg-1 MJ kg-1 MJ MJ-1 MJ MJ-1 6939,00 4.96 19.31 4.69 1.92 Ei input energetici; Eo output energetici; S superficie; P prodotto; 171 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Tabella 20 – Risultati delle emissioni di CO2eq della brassica carinata (Gravina in Puglia) Località Gravina in Puglia CO2eq kg granella CO2eq MJ-1 biodiesel CO2eq MJ-1 biodiesel + panelli Kg kg g g 398,00 0.28 30,00 7,99 CO2eq ha -1 -1 Il lavoro promosso a liveIlo regionale ha il merito di precorrere i tempi di recepimento della Dir UE 2009/28/EC in quanto oltre a fornire informazioni relativamente ad una coltura non riportata nell’elencazione delle emissioni standard di CO2 eq (Annex V part D), consente per similarità con il colza di avviare quel processo di verifica su scala territoriale dei valori sito specifici di emissione di CO2 eq. Tenendo conto dei valori standard riferiti al colza (29 gCO2eq/MJ) per la produzione di 1 MJ di biodiesel relativo alla fase di coltivazione appare evidente che la brassica carinata non si discosta molto da questo standard pur riconoscendo nella coltura margini di miglioramento a seguito di un ampliamento della gamma varietale con genotipi selezionati per una più elevata espressione produttiva. I valori acquisiscono maggiore interesse quando si conteggiano i co-prodotti (panelli di estrazione) raggiungendo valori di emissioni di CO2eq per ogni MJ di biodiesel largamente al di sotto del valore riportato dalla Dir. 2009/28/EC (7,99 vs 29 gCO2eq/MJ). 172 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive 2.4. - Attività divulgative (2007 – 2008) Le attività divulgative hanno previsto l’avvio di un progetto su scala aziendale per la verifica della sostenibilità di una filiera agroenergetica basata sull’utilizzo di oli vegetali da destinare ad impianti di cogenerazione ottenuti da brassicacee ed in particolare da brassica carinata. Tale attività è stata promossa dal Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali dell’Università di Bari in collaborazione con la Cooperativa Agricola Silvium Giovanni XXIII di 3 Gravina in Puglia ed è stata monitorata dall’Area Politiche per lo Sviluppo Rurale della Regione Puglia. L’impostazione data alle attività di divulgazione costituiscono un elemento innovativo e di pregio del lavoro svolto per la rapidità con cui è stato possibile un travaso di innovazione al mondo agricolo e nel contempo acquisire informazioni utili per il settore della ricerca e per le amministrazioni locali. Il progetto ha visto, dunque, l’adesione di 16 aziende di soci della Cooperativa Silvium (tab. 21) le cui aziende ricadono nei territori comunali di Gravina in Puglia, Altamura, Poggiorsini, Spinazzola, Genzano di Lucania e Irsina. La superficie totale destinata alla coltivazione di brassica carinata è stata pari a 112,4 ha. Tabella 21 - Elenco delle aziende e relative superfici a Brassica carinata Azienda Superficie Agro Contrada Azienda 1 Poggiorsini Capoposta 26.0 Azienda 2 Gravina Vado Carrara 13.0 Azienda 3 Genzano Piano Coperchio 3.1 Azienda 4 Gravina Caprarizza 5.4 Azienda 5 Genzano Fontana Vetere 2.5 Azienda 6 Altamura Masseria Santoro 2.5 Azienda 7 Spinazzola Santa Lucia 21.5 Azienda 8 Irsina Matinelle 4.4 (ha) Azienda 9 Gravina Santa Maria 1.7 Azienda 10 Gravina Lama Cantarella 3.0 Azienda 11 Genzano/ Gravina Capoposta/ Santissimo 12.5 Azienda 12 Gravina Pantano 2.0 Azienda 13 Gravina Zingariello 3.0 Azienda 14 Gravina Santissimo 2.5 Azienda 15 Genzano Piana Cardone 7.0 Azienda 16 Gravina Pantanella 2.3 Superficie totale 3 112.4 Cooperativa Agricola Silvium Giovanni XXIII di Gravina in Puglia, società che conta oltre 700 imprenditori agricoli tra i soci, le cui aziende sono dislocate su un comprensorio a cavallo del confine tra al Puglia e la Basilicata. 173 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive 2.4.1. Gestione tecnica delle attività divulgative La conduzione delle attività divulgative ha previsto l’adozione di tecniche colturali suggerite sulla base dell’esperienza di ricerca nel settore delle colture oleaginose ad uso energetico con particolare attenzione alla contrazione dei mezzi tecnici (basso input) messe a confronto con schemi colturali consolidati a livello locale ed aziendale. Preparazione del terreno Riguardo la preparazione del terreno le diverse aziende hanno adottato criteri diversi. In buona parte delle aziende è stata effettuata una lavorazione profonda (>20 cm) con diverse modalità (aratura o ripuntatura) seguita da successivi affinamenti del terreno con erpici a dischi ed erpici a denti elastici. In altre si è proceduto con una lavorazione minima che ha interessato uno strato di terreno inferiore a 20 cm, adottando erpici di diverso tipo ed effettuando più passate per l’affinamento del terreno, mentre in un’unica azienda è stata adottata la tecnica di non lavorazione. Semina e varietà impiegate Le semine sono state effettuate tra l’inizio e la fine di novembre utilizzando normali seminatrici da frumento (meccanica o pneumatica) opportunamente regolate per le piccole dimensioni del seme e ricorrendo ad una seminatrice da sodo nell’unico caso in cui non sono state eseguite le lavorazioni del terreno. Le varietà utilizzate sono state l’ISCI 7 e CT 204 commercializzate dalla Triumph Italia Spa, dotate di caratteristiche molto simili: ciclo medio – precoce, taglia da 1,50 a 1,80 m e capacità produttiva medio-alta. Le principali notizie relative alle modalità di semina sono riportate nella tab. 22. Tabella 22 – Modalità di semina protocollo di semina Seme (kg ha-1) Densità (piante m-2) Distanza tra le file (cm) Distanza sulla fila (cm) Profondità (cm) 8 - 10 50 - 60 14 - 20 a fila continua 2-3 Controllo delle infestanti Il controllo delle infestanti è stato gestito con il ricorso a mezzi chimici con prodotti selettivi e secondo le modalità riportate in tabella 23. 174 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Tabella 23 - Epoca e p.a. utilizzati per il controllo delle infestanti delle Brassicacee Periodo Principio attivo glifosate (1.5 l ha -1) pre-semina post-emergenza monocotiledoni : fluazifop-p-butil (1-2 l ha -1) propaquizafop (1.5 l ha -1) post-emergenza dicotiledoni: clopyralid (0.8-1.5 l ha -1) L’attività ha previsto per tutte le aziende l’adozione esclusivamente del diserbo post emergenza utilizzando i principi attivi sopra menzionati in dosi differenti a seconda dell’infestazione. Nella maggior parte dei casi è stato effettuato solo il diserbo dalle monocotiledoni, in alcuni casi si è ricorso anche al diserbo dalle dicotiledoni. In un solo caso (semina su sodo) è stato utilizzato un diserbante ad azione totale in pre-semina. Fertilizzazione Sulla base delle asportazioni di nutrienti della coltura (tab. 24) sono state suggerite le dosi indicative per ciascun macroelemento da apportare alla specie (tab. 25), tenendo conto che la diversità degli ambienti in cui si andava ad operare avrebbe condizionato la scelta delle modalità di concimazione. Tabella 24 - Asportazioni in macroelementi della brassica carinata Asportazioni Nutrienti (per t di granella) N 31 P2O5 13 K2O 10 175 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Tabella 25 - Apporti di nutrienti alla brassica carinata Pre-semina In copertura (Kg ha -1) (Kg ha -1) N 40 80 P2O5 50 0 K2O 0* 0 Nutrienti Il criterio seguito è stato perciò quello di consentire alle diverse aziende di modulare la concimazione in relazione alle diverse esigenze. In effetti sono numerosi i fattori che hanno condizionato la scelta, all’interno delle singole aziende, delle tipologie di concime da impiegare, delle dosi di nutrienti da somministrare e delle diverse epoche e modalità. Alcuni dipendono dalla modalità di conduzione dell’azienda, altri sono in relazione alla fertilità del terreno o semplicemente derivano dalla diversa impostazione aziendale nei confronti delle pratiche di concimazione. Per quanto riguarda la fertilizzazione l’intervento in presemina è stato attuato per lo più ricorrendo all’ apporto di fosforo e di una piccola quantità di azoto utilizzando concimi binari contenenti anche zolfo. L’intervento in copertura è stato eseguito con concimi azotati o complessi in dosi variabili per ogni azienda. Tabella 26 – Fertilizzanti utilizzati ed epoche di somministrazione Periodo Formulati Bioactyl 6-20-20 (SO3) Umostart NP 11-48 Alla semina Organphos 6-18-12(SO3) Tiobasic 6-50 (SO3) Basic 5% N Nitrato ammonico 26 In copertura Urea agricola 46 Sulphammo 23-5-32(SO3) 176 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Tabella 27 – Schede aziendali Aziende Varietà Data semina N P2O5 SO3 (kg ha-1) Controllo infestanti (l ha-1 p.a.) Modalità e profondità di lavorazione (cm) Az 1 ISCI 7 CT 204 10/11/07 104 40 40 1,5 1,5 Nessuna lavorazione Az 2 CT 204 10/11/2007 69 20 0 2 ripuntatura 45 frangizollatura 20 erpicatura 20 Az 3 ISCI 7 11/11/2007 55 0 50 1,5 ripuntatura 40 frangizollatura 15 erpicatura 10(2) Az4 ISCI 7 10/11/2007 47 44 72 1,5 ripuntatura 20 frangizollatura 15 erpicatura 10 Az 5 ISCI 7 24/11/2007 87 40 40 1,5 scarificatura 15 (2) frangizollatura 15 Az 6 ISCI 7 22/11/2007 74 40 40 1,5 0,12 frangizollatura 15 (2) erpicatura 10 Az 7 ISCI 7 25/11/2007 120 40 40 2 aratura 30 erpicatura 20 erpicatura 10 (2) Az 8 CT 204 06/11/2007 82 46 64 1,2 0,15 aratura 20 frangizollatura 10 erpicatura 8 Az 9 ISCI 7 12/11/2007 113 40 40 2 frangizollatura 15 (2) erpicatura 10 Az 10 ISCI 7 10/11/2007 87 40 40 0,8 scarificatura 20 frangizollatura 15 erpicatura 15 Az 11 ISCI 7 23/11/2007 16 0 50 0 scarificatura 35 (2) erpicatura 20 Az 12 ISCI 7 06/11/2007 107 40 40 1 0,1 aratura 40 frangizollatura 20 erpicatura 20 Az 13 CT 204 08/11/2007 61 40 40 1,5 frangizollatura 15 erpicatura 15 Az 14 ISCI 7 23/11/2007 87 40 40 1,2 0,12 scarificatura 35 (2) erpicatura 20 Az 15 ISCI 7 14/12/2007 120 40 40 2 scarificatura 30 frangizollatura 20 erpicatura 20 Az 16 ISCI 7 12/11/2007 35 40 40 1,5 aratura 35 frangizollatura 15 erpicatura 15 (2) Notizie sui mezzi tecnici utilizzati: 177 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive -1 -1 -1 -1 Az 1: fertilizzanti: Bioactyl 200 kg ha , Urea 200 kg ha . diserbanti: 1,5 l ha Fusilade (fluazifop), 1,5 l ha Roundup (gliphosate) -1 -1 -1 Az 2: fertilizzanti: Umostart NP11-48 40 kg ha , Urea 140 kg ha . diserbanti: 2,0 l ha Fusilade (fluazifop) -1 - -1 -1 Az 3: fertilizzanti: Tiobasic 100 kg ha , Basic 200 kg ha 1, Nitrato ammonico 150 kg ha . diserbanti: 1,5 l ha Fusilade (fluazifop) -1 -1 -1 Az 4: fertilizzanti: Organphos 200 kg ha , Sulphammo 150 kg ha , Nitrato ammonico 150 kg ha . diserbanti: 1,5 l ha -1 Agil (propaquizafop) -1 -1 - -1 -1 -1 - -1 Az 5: fertilizzanti: : Bioactyl 200 kg ha , Urea 50 kg ha , Nitrato ammonico 200 kg ha 1 diserbanti: 1,5 l ha Fusilade (fluazifop) Az 6: fertilizzanti: : Bioactyl 200 kg ha , Urea 50 kg ha , Nitrato ammonico 150 kg ha 1 diserbanti: 1,5 l ha Fusilade -1 (fluazifop), 0,12 l ha Lontrel (clopyralid) -1 -1 - -1 Az 7: fertilizzanti: : Bioactyl 200 kg ha , Urea 150 kg ha , Nitrato ammonico 150 kg ha 1 diserbanti: 2 l ha Fusilade (fluazifop). -1 -1 - Az 8: fertilizzanti: : NPK 12-12-12 300 kg ha , Sulphammo 200 kg ha , Nitrato ammonico 150 kg ha 1 diserbanti: 1,2 l -1 -1 ha Fusilade (fluazifop); insetticidi: 0,15 l ha Fastac (alfametrina). -1 -1 -1 -1 - -1 Az 9: fertilizzanti: : Bioactyl 200 kg ha , Urea 50 kg ha , Nitrato ammonico 300 kg ha 1 diserbanti: 2 l ha Fusilade (fluazifop). - -1 Az 10: fertilizzanti: : Bioactyl 200 kg ha , Urea 50 kg ha , Nitrato ammonico 200 kg ha 1 diserbanti: 0,8 l ha Fusilade (fluazifop). -1 - Az 11: fertilizzanti: Tiobasic 100 kg ha , Basic 200 kg ha 1. -1 -1 - -1 Az 12: fertilizzanti: : Bioactyl 200 kg ha , Urea 150 kg ha , Nitrato ammonico 100 kg ha 1 diserbanti: 1 l ha Fusilade (fluazifop), 0,10 l ha -1 Lontrel (clopyralid). -1 -1 - -1 -1 -1 - -1 Az 13: fertilizzanti: : Bioactyl 200 kg ha , Urea 50 kg ha , Nitrato ammonico 100 kg ha 1 diserbanti: 1,5 l ha Fusilade (fluazifop). Az 14: fertilizzanti: : Bioactyl 200 kg ha , Urea 50 kg ha , Nitrato ammonico 200 kg ha 1 diserbanti: 1,2 l ha Fusilade (fluazifop), 0,12 l ha -1 Lontrel (clopyralid). -1 -1 - -1 Az 15: fertilizzanti: : Bioactyl 200 kg ha , Urea 150 kg ha , Nitrato ammonico 150 kg ha 1 diserbanti: 2 l ha Fusilade (fluazifop). -1 -1 -1 Az 16: fertilizzanti: : Bioactyl 200 kg ha , Urea 50 kg ha ; diserbanti: 1,5 l ha Gallan Twin. Rilievi agronomici ed energetico-ambientali Per ogni azienda si è provveduto a rilevare, per le diverse operazioni colturali, le epoche di esecuzione delle stesse, le macchine impiegate (trattrici e operatrici) e le relative profondità di lavoro, nonché i mezzi tecnici utilizzati (tipo e dose), i tempi impiegati ad ettaro per ciascuna operazione e i consumi di carburanti. Alla raccolta sono stati rilevate le produzioni areiche, l’umidità della granella e la densità di piante, ed è stata determinata la resa in olio grezzo del seme. Rilievi economici Ai fini della redazione di un bilancio economico aziendale relativo alla coltivazione di un ettaro di brassica carinata, sono state rilevate tutte le voci dei costi variabili legati all’acquisto dei mezzi tecnici (sementi, concimi, diserbanti, antiparassitari, altri materiali) e dei ricavi legati alle produzioni, ai fini della determinazione del Reddito Lordo Aziendale. 178 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive 2.4.2. - Analisi della potenzialità produttiva in granella e in olio grezzo I dati acquisiti hanno evidenziato una notevole variabilità della produzione areica, con un valore minimo di 0.5 t ha-1 e massimo di 2,4 t ha-1. Risultati produttivi che, specie per quanto riguarda le aziende con produzioni areiche inferiori ad 1.0 t ha-1, sono imputabili a fattori di diversa natura, quali la tecnica colturale non adeguata o anche condizioni ambientali avverse (es. grandinate). Dall’analisi del ciclo di produzione di tali aziende emerge, per esempio, una densità di piante non ottimale, dovuta ad una cattiva preparazione del letto di semina o a problemi nella distribuzione o nell’eccessivo interramento del seme. Un’altra problematica riscontrata, specialmente in aziende che adottano un regime di conduzione biologico, è il limitato apporto di nutrienti, in particolare di azoto, per l’utilizzo di fertilizzanti organici a basso titolo in macroelementi. Un’altra fase delicata nella gestione di questa coltura è risultata essere il controllo delle infestanti dove fondamentale è l’intervento tempestivo soprattutto nelle prime fasi del ciclo per evitare fenomeni di eccessiva competizione. La variabilità delle condizioni pedoclimatiche e di gestione delle attività divulgative ha consentito l’acquisizione di un gran numero di informazioni relative al comportamento produttivo della brassica carinata estremamente diversificate con la possibilità di individuare percorsi tecnici virtuosi sia da un punto di vista agronomico che economico ed ambientale. Ai fini dell’analisi sono state escluse quelle aziende che per motivi atmosferici (grandinata) o per impossibilità di eseguire tempestivamente operazioni colturali (diserbo, ecc..) rappresentano situazioni anomale. Per cui i dati della conduzione delle attività divulgative sono riferiti alla aziende 1, 2, 5, 7, 8, 9, -1 -1 12, 15 e 16, dove si sono registrate produzioni in granella comprese tra 0,9 t ha e 2,4 t ha , mentre la media si è attestata intorno alle 1,4 t ha-1 (tab 28). Per quel che riguarda invece la resa in olio, le analisi effettuate hanno mostrato valori oscillanti da una percentuale del 32,0 % (della s.s. del seme) fino al 39,9 %, con un valore medio del 36,3 %. Dai valori registrati di produzione areica in granella e di resa in olio del seme è stato possibile ottenere le produzioni areiche di olio, che si sono attestate su valori che vanno da 781 a 295 kg ha-1, con un valore medio di 481 kg ha-1. Le notevoli variazioni delle produzioni di olio sono riconducibili soprattutto alla variazione delle produzioni in granella più che alle rese in olio del seme. 179 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Tabella 28 - Produzioni areiche in granella e in olio grezzo delle aziende Resa in olio Produzione olio (t ha ) (% s.s.) (kg ha-1) 1 2,0 39,8 745 2 1,3 38,9 462 5 0,9 35,1 295 7 1,2 32,0 359 8 2,4 34,8 781 9 1,2 37,6 404 12 1,2 34,9 405 15 1,5 33,8 474 16 1,1 39,9 410 media 1,4 36,3 481 Azienda Produzioni areiche -1 L’aspetto produttivo relativamente alla granella può essere messo in relazione alla tecnica colturale e ai mezzi tecnici adottati nel processo produttivo dalle diverse aziende, e quindi agli itinerari tecnici seguiti. Per quanto riguarda le situazioni più favorevoli, riscontrate nelle aziende che hanno avuto produzioni maggiori di 2.0 t ha-1, sono riconducibili sicuramente ad una migliore gestione colturale. Per una analisi più puntuale sulle scelte tecniche sono stati definiti 5 itinerari tecnici, accorpando le aziende in base alla modalità di preparazione del terreno (non lavorazione, lavorazione profonda e minima), alle dosi di concime azotato e alla tipologia di controllo delle infestanti (tab.29). Sono state considerate come lavorazioni profonde quelle che hanno interessato uno strato di suolo maggiore di 20 cm, al contrario le lavorazioni a profondità minore di 20 cm sono state ritenute minime. In base alla dose di azoto distribuita, è stato possibile individuare due modalità di intervento: -1 I) con apporti di azoto > 80 kg ha (concimazione alto input); II) con apporti di azoto < 80 kg ha-1 (concimazione basso input). 180 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Tabella 29 - Descrizione degli itinerari considerando solo le 9 aziende rappresentative Itinerario Lavorazioni Fertilizzazione Diserbo Resa (t ha-1) pre semina 1 sodo Alto input post emergenza 2,0 monocotiledoni 2 superficiali Alto input 3 profonde Alto input 4 profonde Alto input 5 profonde Basso input post emergenza monocotiledoni post emergenza monocotiledoni post emergenza monodicotiledoni post emergenza monocotiledoni 1,5 1,4 1,2 1,2 Relativamente alle modalità di preparazione del terreno l’aratura a media profondità, eseguita in epoca opportuna, costituisce un presupposto indispensabile per la buona riuscita delle successive operazioni di semina e per avere una emergenza ottimale della coltura. Tuttavia indipendentemente dalla profondità delle lavorazioni fondamentale è il buon livello di affinamento del letto di semina, che dovrà essere ben livellato e preferibilmente rullato per evitare un eccessivo interramento del seme e problemi di emergenza. Infatti, come si evince dalla tabella 29, l’itinerario 2, caratterizzato da lavorazioni superficiali, fa registrare rese produttive superiori a quelle avute con lavorazioni profonde. A conferma, risultati interessanti sono stati ottenuti anche adottando la tecnica della semina su terreno sodo (itinerario 1) dove si è registrata un perfetta emergenza della coltura e produzioni -1 in granella di circa 2.0 t ha (tab.29). L’altro aspetto che risulta evidente dai dati acquisiti è che la potenzialità produttiva risulta essere funzione dell’adeguato apporto di nutrienti e del tempestivo controllo delle infestanti, tanto che le maggiori produzioni si sono avute dove sono state verificate contemporaneamente queste due condizioni, mentre le produzioni minime si hanno nei casi di basso apporto di nutrienti (itinerario 5). 2.4.3. - Analisi economica Per quanto riguarda la valutazione delle prospettive di reddito che possono derivare dalla messa a coltura della specie brassica carinata sono state selezionate 5 aziende 181 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive rappresentative, con rilevanti e sostanziali differenze nella gestione tecnica della coltura; ciò in modo da poter confrontare i redditi ed individuare l’itinerario tecnico che ha consentito la migliore risposta in termini di Reddito Lordo. Le 5 aziende campione differiscono essenzialmente per l’apporto di nutrienti con la fertilizzazioni minerale e per le lavorazioni eseguite (tab.30). Tutti i dettagli della gestione aziendale sono stati già riportati nel par. relativo alle schede aziendali (vedi sopra). Tabella 30 – Aziende campione per l’analisi economica Aziende Fertilizzazione Lavorazioni ha località coordinate Poggiorsini (BA) 40°54'N 16°12'E Az. 1 alto input nessuna (sodo) 26 Az. 2 basso input profonde 13 Az. 7 alto input profonde 21,5 Spinazzola (BA) 40°58'N 16°05'E Az. 8 alto input superficiali 4,4 Irsina (MT) 40°45'N 16°18'E Az. 9 alto input superficiali 1,7 Gravina in puglia(BA) 40°53'N 16°18'E Gravina in puglia(BA) 40°53'N 16°18'E L’analisi effettuata è relativa ad un ettaro ed il calcolo è per l’intero esercizio produttivo, i costi variabili sono stati suddivisi sia per tipo di fattore produttivo impiegato che per ciascuna operazione colturale eseguita (tab.31). I dati sono stati ottenuti con l’ausilio di un software appositamente definito ed utilizzato anche per l’analisi energetica ed ambientale Si evidenzia in primo luogo che tra i fattori produttivi quello che incide in misura più rilevante è il costo della fertilizzazione, derivante dal cospicuo aumento dei costi dei concimi nell’ultimo anno. Per quanto riguarda i costi totali, il raffronto tra le aziende mostra i valori più alti nelle aziende che hanno adottato dosi più elevate di fertilizzanti (Az. 8-9), nonostante le stesse aziende risultino quelle con lavorazioni ridotte, a conferma di quanto sopra. Valori più bassi si registrano invece nell’azienda (Az.1) che ha adottato la tecnica della semina su sodo, che non sostiene i costi relativi alle lavorazioni del terreno. Viceversa le voci attive del bilancio derivano dai ricavi derivanti dalla vendita del prodotto principale, in questo caso la granella, e sono condizionati fortemente dalle rese produttive. I -1 -1 valori più elevati si riscontrano per l’Az. 1 (resa in granella 2,0 t ha ) e per l’Az. 8 (2,4 t ha ). Andando ad esaminare il risultato economico finale, rappresentato in questo caso dal Reddito Lordo delle aziende, questo risulta positivo solo in tre Aziende (Az. 1, 2 e 8) , e i valori più elevati sono quelli dell’Az. 1 (529,75 € ha-1) seguita dall’Az. 8 (362,02 € ha-1). 182 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Da tali risultati sembrerebbe che la profondità di lavorazione non incida in misura rilevante sulle produzioni areiche, anzi il ricorso alla non lavorazione (semina su sodo) fornisce risultati migliori, consentendo sia un contenimento dei costi relativi alla preparazione del terreno, sia il raggiungimento di un valore più alto della Produzione Lorda Vendibile, in virtù delle maggiori produzioni areiche. In ogni caso i risultati economici raggiunti dalle aziende 1 e 8 risultano essere comparabili con quelli ottenibili nell’ambiente in studio da altre colture, quali il frumento duro, vista anche la situazione attuale che vede tale coltura tradizionale fortemente influenzata da continui ribassi dei prezzi di mercato. Tuttavia i risultati economici per le Az. 7 e 9 hanno valori di Reddito Lordo negativi; la motivazione risiede, oltre che nel continuo aumento dei costi dei mezzi tecnici (ma ciò è un fattore comune con le colture tradizionali), nelle basse rese raggiunte nell’annata, che possono essere incrementate attraverso il miglioramento della tecnica di coltivazione, per cui tali risultati non vanno considerati in senso assoluto. Tabella 31 – Risultati dell’analisi economica Az.1 Az.2 Az.7 Az.8 Az.9 Costi monetari variabili (€) per tipo di fattore produttivo Macchine Fonti energia Sementi Fertilizzanti Fitofarmaci Manodopera Totale impieghi 43,20 64,00 138,00 57,75 18,23 321,18 90,24 64,00 121,00 53,00 25,72 353,96 111,36 64,00 162,50 53,00 38,58 429,44 149,76 64,00 194,00 36,30 63,09 507,15 62,40 64,00 169,50 53,00 52,18 401,08 per tipo operazione Lavorazioni terreno Fertilizzazioni Semine e trapianti Difesa, diserbo Cure alle piante Irrigazione Raccolta e succ. Trasformazione Totale impieghi 152,97 80,24 64,59 23,39 321,19 67,41 132,47 77,37 65,30 21,47 364,02 115,45 170,90 73,59 61,61 23,39 444,94 126,28 224,61 92,69 68,41 19,55 531,54 68,80 187,35 85,85 63,30 19,55 424,85 Ricavi (Euro) per tipo di prodotto Prodotti principali Residui Risparmi Totale produzioni 700,00 700,00 444,50 444,50 420,00 420,00 840,00 840,00 402,50 402,50 Reddito lordo (Euro) 378,81 80,48 24,94 308,46 - - 22,35 Questo tuttavia conferma che la sola vendita a terzi della granella da utilizzare a fini energetici è la soluzione che consente il raggiungimento di redditi al massimo comparabili con le altre colture, ma non la completa valorizzazione della materia prima energetica. Da ciò, l’interesse a 183 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive trovare strategie e soluzioni che conservino il valore aggiunto del prodotto finale in ambito agricolo aggiungendo alla produzione di materia prima anche la sua lavorazione, parziale o completa. 2.4.4. - Analisi energetica Ai fini della valutazione energetica sono stati considerati due parametri: la Produzione netta di energia e l’Efficienza energetica. -1 Il valore di Produzione Netta (MJ ha ), si ottiene sottraendo al valore dell’energia prodotta (output), che in questo caso equivale all’energia contenuta nella granella o al contenuto energetico della granella e dei residui colturali, la sommatoria degli input energetici impiegati nel processo produttivo. Nella tabella 32 vengono riportati in dettaglio le voci relative sia ai costi o input energetici che agli output ottenuti. Tra i costi energetici va considerato anzitutto l’utilizzo diretto di fonti di energia quali i carburanti, e dal confronto tra i diversi itinerari colturali emerge che tale costo aumenta in maniera considerevole in corrispondenza delle situazioni in cui si è intervenuti con lavorazioni profonde, rispetto alle situazioni di minima lavorazione o non lavorazione. Per quanto riguarda invece gli altri input, la voce di maggior costo risulta essere quella dei fertilizzanti, mentre valori più bassi si registrano per gli erbicidi e le sementi impiegate. Si evidenzia che i dispendi energetici maggiori del ciclo produttivo sono quelli rilevati nell’Az. 7 -1 (14,2 GJ ha ), dove si ha il maggior apporto di fertilizzanti e il maggior consumo per le lavorazioni, seguita dall’Az. 8 (12,3 GJ ha-1), mentre l’azienda caratterizzata dalla non lavorazione (Az. 1) ha costi energetici più bassi (11,5 GJ ha-1), infine le Az. 9 e l’Az. 2, in cui ai minori consumi di carburanti per le lavorazioni si somma un minor apporto di concimi minerali, riscontrano i valori minimi (rispettivamente 11,1 e 9,4 GJ ha-1). Per quanto riguarda gli output, invece, i valori derivano dall’energia fornita dalla granella e dai residui colturali, ed oscillano da 98,5 GJ ha-1 dell’Az.7 con risultati produttivi più bassi, ai 161,8 GJ ha-1 dell’Az.8, che registra i valori più elevati. Quando si passa alla determinazione della Produzione Energetica Netta, il confronto tra le aziende evidenzia valori che vanno dagli 84,3 GJ ha-1 dell’Az.7 ai 149,5GJ ha-1 dell’Az.8. Dunque i risultati seppure variabili, denotano sempre valori positivi di Produzione Netta. L’aspetto che viene fuori dai dati è che non c’è correlazione diretta tra l’aumento degli input energetici e i risultati produttivi in termini di energia dalla granella e dai residui colturali; mentre nel caso dell’Az. 8 il valore più elevato di Produzione Netta è anche in relazione ad un cospicuo dispendio in termini di Input utilizzati, nel caso dell’Az. 1, il valore di Produzione Netta è ottenuto con apporti di energia tra i più bassi fra quelli in studio. Una tale variabilità, legata chiaramente all’oscillazione delle rese, consente di affermare con le dovute riserve che, adottando una 184 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive corretta gestione tecnica, la coltura può anche essere condotta ricorrendo a pratiche di lavorazioni conservative e ricorso a bassi input, ottenendo ottimi risultati di produzione energetica. Tabella 32 – Risultati dell’analisi energetica Az.1 Az.2 Az.7 Az.8 Az.9 Input (MJ) per tipo di fattore produttivo Macchine Fonti energia Sementi Fertilizzanti Fitofarmaci Manodopera Totale impieghi 266 1.731 43 8.310 1.124 11.474 375 3.615 43 4.822 591 9.445 451 4.462 43 8.642 591 14.188 690 6.000 43 5.204 442 12.379 574 2.500 43 7.393 591 11.101 per tipo operazione Lavorazioni terreno Fertilizzazioni Semine e trapianti Difesa, diserbo Cure alle piante Irrigazione Raccolta e succ. Trasformazione Totale impieghi 8.747 633 1.332 762 11.474 2.204 5.096 459 988 698 9.445 3.471 8.834 280 841 762 14.188 3.606 6.055 831 1.278 608 12.379 1.361 7.770 522 843 605 11.101 Output (MJ) per tipo di prodotto Prodotti principali Residui Risparmi Totale produzioni 52.093 83.334 135.427 33.079 71.093 104.172 31.256 67.252 98.507 62.511 99.335 161.846 29.953 69.001 98.954 Produzione netta (MJ) 123.953 94.727 84.320 149.468 87.853 Net energetic balance ratio output/input output/input (inclusi residui) 4,5 11,8 3,5 11,0 2,2 6,9 5,0 13,1 2,7 8,9 Per quanto concerne invece il rapporto tra gli Output prodotti e gli Input impiegati nel processo produttivo primario (Net Energetic Balance Ratio), che viene anche definito Efficienza Energetica, questo parametro (adimensionale) è stato ottenuto considerando come output finale in un caso solo la granella, nel secondo caso anche i residui colturali. I valori ottenuti vanno da 2,2 dell’Az. 7 a 5,0 dell’Az. 8 nel caso si considerino solo i semi oleosi; oscillano invece da un valore minimo di 6,9 dell’Az. 7 a un massimo di 13,1 dell’Az. , includendo tra gli Output sia la granella che i residui colturali. 185 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Anche in questo caso, allo stesso modo di quanto riscontrato per l’analisi economica, i migliori risultati si sono ottenuti sia con una gestione che ha previsto un dispendio energetico elevato (Az. 8) sia con l’adozione di tecniche di risparmio energetico (Az.1). 2.4.5. – Analisi ambientale Per la valutazione della sostenibilità della fase di coltivazione, ad ogni input e ad ogni output è stato associato un corrispondente valore energetico ed ambientale, espresso in CO2-eq necessari a produrre una data quantità di biomassa. L’elaborazione dei dati è stata svolta per mezzo di un software apposito utilizzando la metodologia desunta dal rapporto finale del progetto europeo “Harmonisation of environmental Life Cycle Analysis assessment for agricolture”. La metodologia di analisi è stata già descritta nel par.3.3.2. L’approccio è stato quello dell’LCA seguendo le indicazioni della recente Direttiva per le colture energetiche 2009/28/EC, l’analisi è stata focalizzata sulla valutazione del Global Warming Potential (GWP), che è una misura dell’’aumento della temperatura globale dovuta all’incremento dei GHG (Greenhouse Gas) nell’atmosfera. I GHG considerati sono stati la CO2, N2O, CH4. Come suggerito dall’IPCC (2001), il loro effetto è stato convertito in un GWP misurato come la massa di CO2 eq. L’ettaro, l’unità di produzione (kg), e 1 MJ di biodiesel sono le unità funzionali a cui sono riferiti gli impatti,. I coefficienti per il consumo di energia primaria e le emissioni per ogni input del processo produttivo sono quelli utilizzati da Audsley (1997). Sono stati elaborati i dati relativi alle 5 aziende campione, andando a valutare le emissioni di CO2 (kg ha-1) dell’intero processo di produzione primaria, distinte per ciascun tipo di fattore produttivo impiegato e per tipo di operazione colturale (tab. 33). L’analisi mette in evidenza che tra i mezzi di produzione i fertilizzanti sono la categoria a maggior impatto ambientale, poiché provocano emissioni di CO2 che vanno dai 414,4 kg ha-1 dell’Az. 2 (azienda col minor apporto) ai 762,2 kg ha-1 dell’Az. 7; elevati risultano anche i valori dell’ Az. 1 (tecnica della semina su sodo) con 724,7 kg ha-1. Di conseguenza il totale degli impieghi e quindi delle emissioni totali segue lo stesso andamento, per cui l’Az. 7 che ha il maggior valore relativamente all’uso di fertilizzanti ha anche il valore più elevato di emissioni totali (845,5 kg ha-1), mentre l’azienda col più basso impiego di fertilizzanti (Az. 2) risulta avere il più basso livello di emissioni (490,15 kg ha-1). Le emissioni generate lungo il processo produttivo vanno però messe in relazione alla produzione di energia, che a sua volta dipende dalla resa in granella e/o in farine proteiche. Quindi, considerando una resa di olio del seme del 35% (valori frequenti per la specie brassica carinata), si ottengono i grammi di CO2 emessi per ogni unità energetica prodotta (in MJ); il raffronto tra le aziende mette in evidenza che tali valori seguono l’andamento delle rese areiche, per cui nei casi di produzioni elevate, come nell’Az. 8, si hanno i minimi valori (17,94 g CO2 MJ- 186 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive 1 ), mentre nei casi di basse produzioni si registrano i valori massimi (49,99 g di CO2 MJ-1 per l’Az. 9; 53,96 g di CO2 MJ-1 per l’Az. 7). Considerando il riferimento standard del colza (29 gCO2eq/MJ) per la produzione di 1 MJ di biodiesel relativo alla fase di coltivazione appare evidente che la brassica carinata in un caso scende molto al di sotto di tale valore (Az. 8), in due aziende è equivalente (Az. 1 e 2), mentre nei casi delle Az. 7 e 9 si mantiene risulta più elevato. Se si considera il valore energetico delle farine disoleate, tali valori subiscono un notevole decremento, con valori oscillanti da 9,56 g CO2 MJ-1 per l’Az. 8 a 28,74 g CO2 MJ-1 per l’Az. 7, valori molto inferiori allo standard. Tabella 33 – Analisi di impatto ambientale Az.1 Az.2 Az.7 Az.8 Az.9 Emissione (Kg di Co2 eq.) per tipo di fattore produttivo Macchine Fonti energia Sementi Fertilizzanti Fitofarmaci Manodopera Totale impieghi 18,25 5,17 5,18 724,67 51,60 804,87 25,34 10,80 5,18 414,43 34,40 490,15 30,41 13,33 5,18 762,19 34,40 845,51 46,38 17,92 5,18 466,69 26,11 562,28 38,77 7,47 5,18 664,91 34,40 750,73 per tipo operazione Lavorazioni terreno Fertilizzazioni Semine e trapianti Difesa, diserbo Cure alle piante Irrigazione Raccolta e succ. Trasformazione Totale impieghi 729,28 15,33 53,25 7,00 804,86 19,52 418,04 8,43 36,40 7,75 490,14 28,17 765,19 8,74 36,41 7,00 845,51 34,70 474,45 13,71 32,88 6,54 562,28 24,72 670,47 12,67 36,51 6,35 750,72 granella s.s. con resa di olio 35% g CO2/MJ considerando le farine g CO2/MJ escludendo le macchine 2000 30,82 16,41 30,12 1270 29,55 15,74 28,03 1200 53,96 28,74 52,02 2400 17,94 9,56 16,46 1150 49,99 26,63 47,41 187 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive 3. Filiera biogas Il biogas rappresenta sicuramente una delle fonti di energia rinnovabili che si sta sviluppando notevolmente in Europa, e grazie agli incentivi legati alla produzione di energia elettrica è oggetto di interesse e di espansione anche in Italia. Il settore zootecnico dimostra di essere il motore per lo sviluppo su larga scala della digestione anaerobica. Reflui zootecnici e scarti dell’industria agroalimentare, grazie alla loro elevata disponibilità e alta resa energetica, possono contribuire infatti ad aumentare l’efficienza dei digestori urbani. Anche gli impianti aziendali vengono alimentati prevalentemente con liquame bovino o suino, eventualmente addizionato con scarti organici selezionati. Fino al 1999 questa era la situazione esclusiva poi, nel corso degli ultimi anni, è aumentato anche nel nostro Paese l’interesse per la codigestione dei liquami zootecnici con le colture energetiche (principalmente mais e sorgo zuccherino). Alcuni impianti sono già operativi e/o in costruzione e/o in fase di progettazione. L’operatività di questi impianti è legata alla resa energetica delle biomasse utilizzate. Il rendimento in biogas e quindi energetico del processo è infatti molto variabile e dipende dalla biodegradabilità del substrato trattato, che a sua volta è condizionata da elementi come la specie e la cultivar utilizzata, la densità di semina, l’andamento climatico dell’annata, ecc. Le colture dedicate che sono state oggetto di studio sono soprattutto i cereali, sia a ciclo autunno – vernino quali frumento, triticale, orzo e segale, sia a ciclo primaverile-estivo quali mais, sorgo zuccherino e sorgo da fibra. In numerosi studi condotti anche in Europa assume infatti notevole importanza la possibilità di immettere nel digestore anaerobico una miscela di biomasse rappresentate da deiezioni animali con residui colturali e colture energetiche appositamente coltivate (co-digestione) (Lehtomäki et al., 2007). Nondimeno esiste anche la possibilità di alimentare un impianto per il biogas esclusivamente con residui colturali o colture dedicate, e in questo caso la ricerca si è focalizzata verso l’individuazione delle colture più adatte, nella individuazione dello stadio fenologico ottimale per la raccolta, e la valutazione della resa in biogas. Tra le specie testate il mais, specie ad elevata produzione di biomassa, rappresenta senza dubbio la coltura più utilizzata per tale scopo negli ambienti dell’Europa Centrale ma anche nel Nord Italia, tanto che sono in fase di realizzazione numerosi impianti alimentati esclusivamente con colture dedicate. La valutazione della resa in biogas del mais ha messo in evidenza (Amon et al., 2007) che la raccolta della biomassa in diverse epoche di maturazione (lattea, cerosa e piena) influenza la resa in biogas ; anche la procedura dell’insilaggio, per effetto dalla produzione di alcuni precursori della formazione del metano (acido lattico, acido acetico, metanolo, ecc..), può incrementare del 25% la resa specifica in metano (Amon et al., 2007). 188 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Altri lavori, condotti sui cereali vernini (frumento, segale e triticale) hanno valutato l’influenza della epoca di raccolta sulla resa in biogas, dopo insilamento della biomassa raccolta (Amon et al., 2007). 3.1. Attività dimostrativa (2007-2008) Si è dunque ritenuto di andare a valutare in ambienti del Sud Italia la fattibilità della filiera biogas da colture energetiche, prevedendo la coltivazione di specie a ciclo autunno – primaverile, che meglio si adattano alle condizioni di clima arido della regione Puglia. L’attività dimostrativa è stata condotta in località Gravina in Puglia (BA), impiegando le seguenti specie: frumento tenero (varietà Agadir e Anapo), orzo (var. Mattina), triticale (var. Rigel). La prova ha inteso indagare il comportamento agronomico di specie che per capacità di adattamento all’ambiente pedoclimatico potessero facilmente trovare spazio nell’ambito degli ordinamenti colturali del comprensorio in studio. Lo studio ha inteso non solo confrontare le potenzialità produttive delle diverse specie, ma anche intervenire su uno dei fattori che maggiormente incide sul bilancio energetico, che è appunto la fertilizzazione; si è voluto studiare il comportamento agronomico delle specie in relazione alla variazione della dose di azoto. L’impianto ha previsto l’adozione di modalità differenti di concimazione azotata: • 80 unità di azoto (come Urea 46) • 120 unità di azoto (come Urea 46) • 120 unità di azoto (di cui 80 come Urea 46 e 40 come Nitrato ammonico 26) La concimazione di fondo è stata indifferenziata per ogni tesi e specie, ed è stata effettuata impiegando un concime binario (6-20 (20)) contenente il anche il 20% di SO3. La semina è stata effettuata per tutte le specie in data 14/11/2007 costituendo dei parcelloni, successivamente sui parcelloni sono state delimitate le parcelle della prova in cui si è provveduto a differenziare la concimazione azotata in copertura, come da protocollo, mentre per il diserbo sono stati impiegati i principi attivi inseriti in tab. 34. Tabella 34. Fertilizzazione e diserbo adottati nella prova Fertilizzazione Concime di fondo (pre semina) Bio actyl (6-20-20) dose (kg ha-1 N) 12 Concimi in copertura (fine accestimento) dosi (kg ha-1 N) Urea 80 Urea 120 Urea + Nitrato Ammonico 120 Controllo chimico infestanti (levata) Logran (triasulfuron) Flavos (bromoxinil) 189 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Sulla scorta di quanto riportato nella bibliografia menzionata, le epoche di raccolta della biomassa fresca sono state effettuate in due stadi fenologici di maturazione della granella : • maturazione lattea della granella • maturazione cerosa della granella Sui campioni di piante raccolti da ogni parcella sono stati effettuati i rilievi agronomici relativi a: - altezza delle piante - peso della biomassa fresca - determinazione dell’umidità - rapporto spighe/pianta Tali campioni sono stati posti sottovuoto e conservati in congelatore a temperature di -20° C per successive analisi volte alla determinazione della resa in biogas. Nel contempo a partire dai dati rilevati sono state calcolate le potenziali rese in biogas ricorrendo a indici di conversione (fonte Schmack Biogas). Alla maturazione piena sono stati determinati per ciascuna specie le produzioni areiche in biomassa e in granella da destinare alla trasformazione in bioetanolo. A partire dai dati produttivi raccolti, e sulla base di coefficienti di conversione in bioetanolo rilevati da altri autori per le colture del frumento e triticale (Rosenberger A. et al., 2002), sono state stimate le potenzialità delle diverse specie per la produzione di bioetanolo negli ambienti in studio. Il coefficiente di conversione utilizzato è stato è di 440 l t -1 di granella allo 0% di -1 umidità, ottenendo le resa potenziale di bioetanolo in l ha . 3.1.1. Risultati produttivi (2007-2008) I dati acquisiti alle due epoche di maturazione della granella mostrano le variazioni dei diversi parametri osservati in relazione alle diverse dosi di azoto applicate (tab 35-36). Riguardo all’altezza della pianta, rilevata solo nella prima epoca di raccolta, si evidenziano differenze tra la tesi U80 e le tesi U120 e UN120 (tra queste ultime non vi è differenza). La densità d’impianto non sembra essere influenzata in maniera netta dai diversi trattamenti. Il parametro più importante in considerazione, cioè la biomassa, sia in termini di biomassa fresca (tab. 35 -36) sia in termini di biomassa secca (fig. 21-22) sembra essere influenzata dalla concimazione adottata solo alla raccolta in fase di maturazione lattea della granella, fase in cui si notano valori crescenti passando dalla tesi U80 alla tesi U120, con i valori massimi per la tesi UN120. Si evidenzia in ogni caso che le specie con la maggior produzione areica in biomassa (fresca o secca) sono risultate il frumento tenero var. Anapo e il triticale. 190 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Tabella 35. - Rilievi agronomici alla maturazione lattea della granella coltura varietà Frumento tenero Agadir concimi azotati dosi di azoto (kg ha-1) altezza piante (cm) biomassa fresca (t ha-1) Pianta intera (% s.s.) U 80 90,4 30,0 45,1 rapporto spighe / pianta (%) 25,9 U 120 90,9 29,5 43,9 24,7 U+ N 120 95,2 33,7 44,1 24,0 92,2 31,1 44,4 24,9 Media Frumento tenero Anapo U 80 95,7 36,3 40,0 35,5 U 120 100,6 44,4 40,4 36,2 U+ N 120 100,8 46,4 39,5 34,8 99,0 42,3 39,9 35,5 Media Orzo (esastico) Mattina U 80 106,9 31,1 41,2 43,0 U 120 120,3 32,9 39,6 43,4 U+ N 120 125,6 34,1 42,0 42,3 117,6 32,7 40,9 42,9 Media Triticale Rigel U 80 137,6 40,3 39,3 24,9 U 120 141,6 45,3 40,0 25,3 U+ N 120 143,7 47,0 40,9 25,4 140,9 44,2 40,1 25,2 Media U = Urea N = Nitrato ammonico Tabella 36 - Rilievi agronomici alla maturazione cerosa della granella coltura varietà concimi azotati dosi di azoto (kg ha-1) altezza piante (cm) biomassa fresca (t ha-1) pianta intera (% s.s.) rapporto spighe / pianta (%) Frumento tenero Agadir U U U+ N 80 120 120 U U U+ N 80 120 120 U U U+ N 80 120 120 U U U+ N 80 120 120 90,4 90,9 95,2 92,2 95,7 100,6 100,8 99,0 106,9 120,3 125,6 117,6 137,6 141,6 143,7 140,9 23,6 28,8 27,2 26,5 31,0 33,5 34,0 32,8 31,0 31,0 30,4 30,8 36,2 35,6 36,8 36,2 52,1 50,6 51,7 51,5 48,5 50,0 48,6 49,1 52,3 51,5 53,7 52,5 47,1 49,5 48,7 48,4 43,9 43,6 42,6 43,3 48,7 47,7 46,0 47,5 52,4 52,6 50,7 51,9 43,0 43,7 42,9 43,2 Media Frumento tenero Anapo Media Orzo (esastico) Mattina Media Triticale Rigel Media U = Urea N = Nitrato ammonico 191 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Biomassa a maturazione lattea 20,0 t ha-1 s.s 15,0 10,0 Fr. tenero Agadir Fr. tenero Anapo Orzo Mattina U+N120 U120 U80 U+N120 U80 U120 U+N120 U80 U120 U+N120 U80 0,0 U120 5,0 Triticale Rigel Figura 21 - Confronto tra le produzioni in biomassa secca delle specie in studio (maturazione lattea) All’epoca della raccolta in fase di maturazione cerosa della granella, invece, si registra ancora una influenza dei trattamenti con i valori massimi per la tesi UN120, e i valori minimi per la tesi U80, tranne che per l’orzo, dove non si notano differenze significative tra le tesi a confronto. Biomassa maturazione cerosa 20,0 t ha-1 s.s 15,0 10,0 Fr. tenero Agadir Fr. tenero Anapo Orzo Mattina U+N120 U120 U80 U+N120 U80 U120 U+N120 U80 U120 U+N120 U80 0,0 U120 5,0 Triticale Rigel Figura 22 - Confronto tra le produzioni in biomassa secca delle specie in studio (maturazione cerosa) L’influenza della concimazione, specie nella fase di maturazione cerosa, non sembra dunque essere significativa, per cui non risulta conveniente spingersi oltre i quantitativi convenzionalmente adottati nel comprensorio. 192 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive Sulla base dei risultati ottenuti e in attesa di sottoporre i campioni di biomassa prelevati all’analisi per la determinazione della resa in biogas, sono state calcolate le potenziali rese in biogas ricorrendo a indici di conversione riportati in bibliografia e stabilendo sulla base di queste la potenziale produzione in biogas ad ettaro a partire dalle produzioni areiche in biomassa fresca (tab. 37). I dati ricavati mostrano che le produzioni più elevate si ottengono dalla specie triticale (3347 m3 CH4 ha-1), seguite dal frumento tenero var. Anapo (3229 m3 CH4 ha-1), e dall’orzo (3214 m3 CH4 ha-1), in virtù di un coefficiente di conversione più elevato (104,3 m3 CH4 t-1) per la prevalente frazione amidacea rispetto a quella proteica del seme. Valori più bassi, anche in virtù della taglia notevolmente più bassa, si riscontrano per il frumento tenero Agadir (2610m3 CH4 ha-1). I risultati ottenuti sono comunque da considerarsi positivi, per quanto riguarda le rese in biomassa e di conseguenza anche le potenziali rese in biogas, dato questo che dovrà essere ulteriormente confermato dalle successive analisi dei campioni in digestori da laboratorio. Alla maturazione piena sono stati determinati per ciascuna specie le produzioni areiche in granella da destinare alla trasformazione in bioetanolo (tab. 37). Tabella 37 - Indici di resa in biogas, superfici minime per l’alimentazione di impianti da 1 MW e produzione areica in biogas coltura Frumento tenero varietà Agadir dosi di azoto Superfici per impianti da 1 MW 25000 t a-1 Resa in biogas* Produzione in biogas (kg ha-1) (ha) (m3 CH4 t-1) (m3 CH4 ha-1) U U U+ N 80 120 120 U U U+ N 80 120 120 U U U+ N 80 120 120 U U U+ N 80 120 120 1059,0 867,7 919,3 942,1 806,1 747,3 734,4 761,4 805,6 807,0 821,6 811,3 691,0 702,4 679,6 690,9 concimi azotati Media Frumento tenero Anapo Media Orzo (esastico) Mattina Media Rigel Triticale Media 98,4 104,3 92,5 2322 2834 2674 2610 3050 3290 3348 3229 3237 3232 3174 3214 3347 3292 3403 3347 U = Urea N = Nitrato ammonico * fonte : Schmack Biogas 193 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive A partire dai dati produttivi raccolti, e sulla base di coefficienti di conversione in bioetanolo rilevati da altri autori per le colture del frumento e triticale (Rosenberger A. et al., 2002), sono state stimate le potenzialità delle diverse specie per la produzione di bioetanolo negli ambienti in studio. Il coefficiente di conversione utilizzato è stato è di 440 l t-1 di granella allo 0% di umidità, ottenendo le resa potenziale di bioetanolo in l ha-1 (tab. 38). Nell’ambiente in studio sono stati registrati buoni livelli produttivi in granella, in particolare 5,4 t ha-1 per il frumento tenero var. Agadir, che ha mostrato i valori di resa più bassi, 6,4 t ha-1 per il frumento tenero var. Anapo, 6,2 t ha-1 per l’orzo e 6,5 t ha-1 per il triticale, che hanno mostrato produzioni areiche superiori. Riguardo alle differenze tra le tesi in studio, va evidenziato che la tesi U80 (Urea in dose di 80 kg ha-1) ha fatto registrare produzioni minori rispetto alle tesi U120 (Urea 120 kg ha-1) U+N120 (Urea e nitrato 120 kg ha-1), che tra loro non denotano marcate differenze di resa. Conseguentemente anche la resa in etanolo segue lo stesso andamento delle rese in granella. Tabella 38 – Produzione di granella e residui colturali di frumento, orzo e triticale e potenziale resa in bioetanolo (Gravina in Puglia 2007/08). coltura Frumento tenero varietà dosi di azoto produzione di cariossidi resa in bioetanolo (kg ha-1) (t ha-1) (l ha-1) U U U+N 80 120 120 1952 2182 2105 2067 U U U+N 80 120 120 U U U+N 80 120 120 concimi azotati Agadir U 80 5,1 5,7 5,5 5,4 5,6 7,2 6,3 6,4 5,7 6 7 6,2 5,9 U 120 6,8 2603 U+N 120 6,9 2641 6,5 2488 media Frumento tenero Anapo media Orzo (esastico) Mattina media Triticale Rigel media 2144 2756 2412 2450 2182 2297 2680 2373 2259 I dati preliminari ottenuti sembrano prospettare buone potenzialità produttive per i cereali vernini rispetto alla produzione di bioetanolo, in virtù delle buone produzioni areiche riscontrate nell’annata 2007/08, ma necessitano di conferme in merito ai risultati acquisiti. 194 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive 4. Considerazioni conclusive Lo studio di fattibilità ha permesso di indagare sulle possibilità di introduzione di colture alternative da energia in alcuni areali della Regione Puglia e di avere un quadro dei molteplici aspetti legati alle colture energetiche. In primo luogo l’aspetto più propriamente agronomico, legato alla gestione tecnica della coltura, ha messo in evidenza le criticità e le problematiche di alcune specie da energia, sia attraverso la fase puramente scientifica di sperimentazione, sia attraverso la fase di approccio alle realtà aziendali (attività divulgativa), favorendo l’acquisizione di conoscenze sia da parte del mondo della ricerca scientifica, ma anche da parte degli imprenditori agricoli, principali soggetti e punto di partenza delle filiere agroenergetiche. Ancor di più, il presente lavoro, andando ad investigare gli aspetti di natura energeticoambientale, è perfettamente in linea con i recenti orientamenti comunitari in materia di colture energetiche (Dir. 2009/28/EC) che stabiliscono i criteri per la sostenibilità di tali produzioni. I risultati che vengono presentati sono certamente risultati preliminari e necessitano di ulteriori verifiche, tuttavia le analisi sull’efficienza energetica e sulle emissioni di gas serra effettuate su processi produttivi reali, possono contribuire a dare importanti informazioni ai decisori politici nell’ottica di privilegiare la sostenibilità delle produzioni energetiche. 195 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive BIBLIOGRAFIA A.A. V.V., 1998. Oleaginose non alimentari (a cura di G. Mosca). Edagricole. Achille A, Di Terlizzi B, De Mastro G. (2007). Mediterranean Agriculture towards a Sustainable Energy System. 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Studi di prefattibilità per individuazione dei distretti energetici regionali e per progetti di filiera” - PROBIO Coordinamento: Regione Puglia Ufficio Innovazione e Conoscenza in Agricoltura Area Politiche per lo Sviluppo Rurale Servizio Agricoltura dott. Luigi Trotta dott.ssa Annamaria Cilardi Azione: Azioni per la definizione di interventi nelle filiere bioenergetiche regionali Laboratorio di competenze: IAMB – CIHEAM dott. Biagio di Terlizzi Università degli Studi di Bari Dip.to Scienze delle Produzioni Vegetali prof. Giuseppe De Mastro in collaborazione con: INEA – sede regionale per la Puglia, dott. Pierpaolo Pallara Università degli studi di Foggia Dip.to PRIME, dott. Gianluca Montel Università degli studi di Foggia Dip.to DIMEG, prof. Bernardo Fortunato e la partecipazione di esperti del: CIHEAM - Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari Dip.to Scienze delle Produzioni Vegetali - Università degli Studi di Bari CRA-SCA - Unità di Ricerca per i Sistemi Colturali degli Ambienti caldo-aridi Dip.to Progettazione e Gestione dei Sistemi Agro-zootecnici e Forestali Università degli Studi di Bari Dip.to Scienze Agro-Ambientali, Chimica e Difesa Vegetale Università degli Studi di Foggia Dip.to Ingegneria dell'Innovazione Università degli Studi del Salento 200 Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive