Regione Puglia
Area Politiche per lo Sviluppo Rurale
Servizio Agricoltura
Le Agroenergie in Puglia
potenzialità e prospettive
REGIONE PUGLIA
Area Politiche per lo Sviluppo Rurale
Servizio Agricoltura
Ufficio Innovazione e
Conoscenza in Agricoltura
Coordinamento:
dott. Luigi Trotta
dott.ssa Annamaria Cilardi
Laboratorio di competenze:
prof. Giuseppe
dott. Biagio
dott. Pierpaolo
dott. Gianluca
prof. Bernardo
De Mastro
Di Terlizzi
Pallara
Montel
Fortunato
Università degli Studi di Bari - Dip.to DSPV
Istituto Agronomico Mediterraneo - CIHEAM
INEA - Sede regionale per la Puglia
Università degli Studi di Foggia - Dip.to PRIME
Università degli Studi di Foggia - Dip.to DIMEG
partecipazione di esperti del:
CIHEAM - Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari
Dip.to Scienze delle Produzioni Vegetali - Università degli Studi di Bari
CRA-SCA - Unità di Ricerca per i Sistemi Colturali degli Ambienti caldo-aridi
Dip.to Progettazione e Gestione dei Sistemi Agro-zootecnici e Forestali Università degli Studi di Bari
Dip.to Scienze Agro-Ambientali, Chimica e Difesa Vegetale Università degli Studi di Foggia
Dip.to Ingegneria dell'Innovazione Università degli Studi del Salento
Ringraziamenti
Si ringraziano i dott.ri Nicola Grassano, Claudia Ruta, Luigi Tedone e Leonardo Verdini del Dipartimento di
Scienze delle Produzioni Vegetali dell’Università degli Studi di Bari per la preziosa collaborazione nella
revisione dei testi, la cura redazionale, grafica e impaginazione.
2
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
PRESENTAZIONE
Il sistema agricolo pugliese ha consolidato negli anni un ruolo di indiscusso protagonista nei
mercati nazionale e internazionale, grazie alla quantità e alla qualità delle sue produzioni. Ma
l’attuale momento storico induce a tener conto delle intense spinte competitive che interessano
tutte quelle agricolture, quale quella pugliese, in grado di esprimere tipicità su volumi compatibili
con i grandi mercati, ma a costi difficilmente comprimibili. La risposta a questa complessa ed
ambiziosa sfida deve necessariamente ricorrere a strategie mirate e differenziate che da una
parte mirino a qualificare ancora di più le produzioni agricole, a diffondere tecniche e tecnologie
in grado di abbattere i costi, a diversificare le colture, ma che nel contempo puntino a migliorare
la capacità di aggregazione delle nostre imprese, in modo da migliorarne i rapporti con il
mercato.
Sullo sfondo, l’emergenza energetica mondiale che coinvolge anche il nostro Paese, connessa
alla domanda legata al rapido sviluppo di Paesi quali la Cina e l’India e al contestuale
progressivo
esaurimento
delle
fonti
fossili,
insieme
alla
necessità
di
orientare
l’approvvigionamento delle fonti in senso rispettoso per l’ambiente, con l’inderogabile esigenza
di contenere le emissioni di CO2 in atmosfera.
L’esigenza di diversificazione di un settore economico fondamentale quale quello agricolo,
dunque, e la produzione di energia a minor impatto ambientale, vengono ad incrociarsi nella
molteplicità di funzioni oggi riconosciuta agli imprenditori agricoli, non più solo produttori di beni,
ricchezza ed occupazione, ma anche di servizi di interesse comune, ed inoltre soggetti attivi
nella tutela del territorio e delle sue risorse, quali patrimonio della collettività.
Non c’è dubbio che, oggi più che mai, occorre avere verso le nuove opportunità offerte dalle
agroenergie un approccio prudente, ragionato e
documentato, nell’ottica di una loro reale
sostenibilità. Nella consapevolezza dell’importanza strategica di tale tema per le aree agricole e
rurali, è stata condotta un’attenta azione di accompagnamento a sostegno dello sviluppo delle
fonti energetiche di origine agricola nel sistema agricolo della Puglia. In tal senso, si è reso
necessario mappare la disponibilità di biomasse sul territorio pugliese, fondamentale
nell’attuazione delle politiche, come supporto informativo agli imprenditori del settore agricolo e
agro-industriale. A tale scopo, è stata realizzata la Banca dati regionale sul potenziale di
biomasse agricole utili a fini energetici, che rende disponibili informazioni su ciascun Comune
della Puglia, sulla potenzialità energetica che è possibile sviluppare da residui agricoli e
forestali, da sanse esauste, da allevamenti, da colture dedicate.
Nel 2007 è stato, inoltre, creato il Laboratorio per lo sviluppo delle agroenergie, che ha messo
insieme competenze multidisciplinari di numerose Istituzioni pubbliche di Ricerca, oltre che
delle rappresentanze del mondo agricolo. Il lavoro “Le agroenergie in Puglia. Potenzialità e
prospettive” nelle sue due parti: “Analisi per la definizione di interventi per le filiere
bioenergetiche regionali” ed “Esperienze pilota a sostegno dello sviluppo di filiere
agroenergetiche in Puglia” condotta dal Laboratorio, approfondisce gli aspetti di carattere
3
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
agronomico, tecnologico e impiantistico delle principali filiere agroenergetiche, corredati da
valutazioni di carattere socio-economico.
Nell’ottica di un approccio coerente tra le Politiche agricole, energetiche ed ambientali, il
Laboratorio ha sposato l’intento della Regione Puglia di voler contribuire ad individuare criteri
con una valenza estensibile alle biomasse di qualsiasi origine prodotte a livello regionale,
nazionale, comunitario o extra comunitario, tenendo ben saldo il concetto per cui l’utilizzo delle
biomasse a scopo energetico deve essere sostenibile nella fase di coltivazione, trasformazione
ed utilizzo. Percorso, questo, che ha trovato un riconoscimento della sua validità metodologica
nella Direttiva 2009/28/CE, approvata negli ultimi mesi dal Parlamento Europeo, che ribadisce
l’importanza di rispettare criteri di sostenibilità efficaci per le bioenergie e di promuovere la
diffusione di biocarburanti di seconda generazione.
Il lavoro finora svolto, grazie anche alla valorizzazione di competenze multidisciplinari che
hanno collaborato in un’ottica di scenario regionale attraverso l’istituzione del Laboratorio, pone
la Puglia tra le Regioni più pronte al recepimento della Direttiva.
Tra l’altro, le specificità a livello dei singoli Stati membri riconosciuta dalla Direttiva impone un
riesame delle emissioni tipiche di gas ad effetto serra derivanti dalle coltivazioni di materie
prime agricole, con una classificazione comune per unità territoriali. Attività anche questa già
avviata, con la produzione di dati riferiti ad alcune colture e comprensori agricoli regionali, così
come richiesto nel quadro dei lavori di aggiornamento della Commissione europea.
L’estensione di questo lavoro a livello regionale, e quindi su scala nazionale, rappresenta il
percorso obbligato per rispondere ai criteri di sostenibilità per i biocarburanti ed i bioliquidi, che
prevedono una riduzione minima delle emissioni di gas serra di almeno il 35% rispetto ai
carburanti fossili, ma anche per attivare l’introduzione ed il funzionamento di regimi di sostegno
e di altre misure, allo scopo di promuovere la produzione di energia da biomasse.
L’obiettivo della Regione Puglia è quello di poter fornire un indirizzo per gli investimenti
realizzabili dalle imprese agricole pugliesi, anche con il sostegno delle risorse del Programma di
Sviluppo Rurale 2007-2013. Tra le azioni più significative del PSR, quelle a sostegno della
realizzazione di impianti per l’utilizzo di biomasse residuali per la produzione di energia ad
esclusivo uso dell’azienda agricola o agroindustriale (Misure 121 e 123), quelle per supportare
gli investimenti per la produzione di energia da destinare alla vendita a terzi, con un massimale
di energia prodotta di 1 Megawatt (Misura 311) e quelle dedicate all’informazione e alla
formazione per la creazione di nuove e adeguate competenze.
Il conseguimento di tale obiettivo, a mio avviso, non può prescindere dalla realizzazione di
programmi adeguati d’informazione, monitoraggio e messa in rete di tutte le attività
imprenditoriali relative alle agroenergie, al fine di governare la promozione sostenibile dell’uso
dell’energia da fonti rinnovabili.
Dario Stefàno
Assessore alle Risorse Agroalimentari
Regione Puglia
4
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Le Agroenergie in Puglia
potenzialità e prospettive
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Analisi per la definizione di interventi per le filiere bioenergetiche
regionali
5
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
INDICE
Pag.
Introduzione
9
1. Filiera biodiesel
13
1.1. Il biodiesel nell’UE
13
1.2. La situazione in Italia ed in Puglia
17
1.3. Colture oleaginose
21
1.4. Aspetti agronomici – colture oleaginose per ambienti regionali
23
1.4.1.
Colza - Brassica carinata
23
1.4.2.
Girasole
28
1.4.3.
Soia
29
1.4.4.
Cartamo
30
1.5. Analisi energetica
30
1.6. Aspetti tecnologici
32
1.6.1.
Estrazione olio vegetale
34
1.6.2.
Processo di trans-esterificazione
38
1.6.3.
Caratteristiche e utilizzi del biodiesel
39
1.6.4.
Utilizzazione del biodiesel nei motori
42
1.6.5.
L’impiantistica
43
2. Filiera oli vegetali
46
2.1. Aspetti generali
46
2.2. Caratteristiche e utilizzi degli oli vegetali
46
2.3. Studio di fattibilità economica di una centrale ad olio vegetale
49
3. Filiera bioetanolo
53
3.1. Il bioetanolo nell’UE
53
3.2. La situazione in Italia
56
3.3. Aspetti agronomici delle colture dedicate per la produzione di bioetanolo
57
3.4. Colture zuccherine
58
3.4.1.
Barbabietola da zucchero
58
3.4.2.
Sorgo zuccherino
59
3.4.3.
Topinambur
60
3.5. Colture amidacee
60
3.5.1.
Cereali
60
3.5.2.
Cereali a paglia
61
3.5.3.
Cereali primaverili estivi
61
3.6. Colture ligno-cellulosiche
62
3.6.1.
Sorgo da fibra
62
3.6.2.
Cardo
64
6
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
3.6.3.
Miscanto
64
3.6.4.
Canna comune
65
3.7. Aspetti tecnologici
66
3.7.1.
Estrazione da canna da zucchero
68
3.7.2.
Estrazione da barbabietola da zucchero
69
3.7.3.
Estrazione da mais
69
3.7.4.
Etanolo da materiale lignocellulosico
71
3.7.5.
Procedimento Steam Explosion
71
3.8. Caratteristiche e utilizzi del bioetanolo
4. Filiera biogas
72
74
4.1. Il biogas nell’UE
74
4.2. La situazione in Italia e in Puglia
78
4.3. Le materie prime
81
4.4. Aspetti tecnologici
84
4.4.1.
Processo di digestione anaerobica
86
4.4.2.
Caratteristiche e utilizzi del biogas
87
5. Aspetti socioeconomici
89
5.1. Premessa
89
5.2. Il quadro normativo
90
5.3. Il contesto pugliese
99
5.4. Potenzialità e limiti per lo sviluppo delle bionergie in Puglia
102
6. Metodologie per l’individuazione di indicatori per lo sviluppo
sostenibile delle filiere agrienergetiche
7. Criteri per la produzione sostenibile della biomassa
106
117
7.1. Selezione di iniziative
118
7.2. Analisi e valutazione dei criteri proposti dalle iniziative selezionate
119
7.2.1.
Emissione gas serra
119
7.2.2.
Competizione con la produzione di alimenti
120
7.2.3.
Biodiversità
120
7.2.4.
Prosperità economica
121
7.2.5.
Benessere sociale
121
7.2.6.
Conclusioni
122
7.3. Identificazione ed elaborazione di un insieme di appropriati criteri di
sostenibilità
122
7.3.1.
Bilancio dell’emissione gas serra
122
7.3.2.
Contenimento di impatti negativi a seguito del cambio d’uso del suolo 123
7.3.3.
Condizione socio-economiche
123
7
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
7.4. Linee di indirizzo regionale nell’applicazione dei criteri di sostenibilità
per lo sviluppo delle filiere agroenergetiche
123
7.4.1.
Tema: Contenimento delle emissioni di gas serra
124
7.4.2.
Tema: Cambiamento dell’uso del suolo
124
7.4.3.
Tema: Condizione socio-economiche
125
7.5. Evoluzione della normativa comunitaria e recepimento a livello regionale
Bibliografia
126
129
8
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
INTRODUZIONE
Attualmente una delle più promettenti prospettive per lo sviluppo rurale e per l’agricoltura è
rappresentata dalla produzione di biomassa per scopi energetici (Hillring, 2002).
Nei primi anni di crescita dell’interesse per le fonti energetiche rinnovabili, l’uso delle bioenergie
era considerato tecnologicamente poco evoluto in confronto all’energia eolica e quella
fotovoltaica. Gradatamente, nel tempo, le potenzialità d’impiego delle biomasse per usi
energetici si sono allineate e per alcuni aspetti sono divenute anche superiori ad altre fonti di
energia rinnovabile.
Questo al punto da registrare nel mondo agricolo un livello di accettazione dell’introduzione di
colture energetiche senza uguali nel tempo.
Le ragioni di questo imprevedibile riscontro sono da ricercare in primo luogo nella profonda crisi
che attanaglia l’agricoltura nell’Unione Europea ormai da decadi e nelle prospettive di taglio del
supporto pubblico alle produzioni agricole che inducono forti pressioni verso un adattamento
all’emergente futuro orientamento dei mercati.
Una seconda ragione è individuabile negli strumenti oggi disponibili a sostegno dello uso delle
bioenergie in agricoltura. In particolare, a livello europeo e nazionale, le politiche inerenti
l’energia rinnovabile prevedono una serie di incentivazioni finanziarie, specialmente a supporto
di specifici programmi, sgravi fiscali, garantendo buoni livelli remunerativi per la produzione di
energia da fonti rinnovabili.
Terzo elemento a favore della diffusione delle bioenergie è rappresentato dalla perfetta
integrazione con l’orientamento produttivo specifico dell’identità dell’imprenditore agricolo
(Burton and Wilson, 2006), il quale chiede di essere pagato per “prodotti” e non per “ideali”.
Molti agricoltori, infatti, attribuiscono alla politica del ritiro delle terre dalla coltivazione un valore
ideale non tangibile in quanto non si esplicita in un processo produttivo (Bartlett et al., 1989).
Mentre, le biomasse, per quanto rispondenti a valori ambientali, sociali, ecc., sono ottenibili da
un processo produttivo ed hanno un loro mercato e questo sembra soddisfare a pieno quella
che è la vera natura dell’imprenditore agricolo.
In questo contesto le bioenergie offrono nuove prospettive per il futuro: ogni segnale di
incremento di prezzo del petrolio sottolinea la necessità di delineare un percorso energetico
sostenibile e duraturo ed in questo le agroenergie possono contribuire in maniera significativa
ad incrementare la quota di energia rinnovabile a disposizione della nostra società.
L’utilizzo di bioenergie porterà sicuramente beneficio alle aree rurali, specialmente come
sviluppo economico e contributo alla creazione di nuovi sbocchi occupazionali ed investimenti
(Domac, 2002; Sims, 2003).
La stima del beneficio che ne può derivare dallo sviluppo delle filiere appare, in generale,
influenzato dal livello di scala a cui sono riconducibili.
9
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Impianti per la produzione di biocarburanti liquidi sembrano trovare maggiore convenienza in
tipologie centralizzate, situate in aree industriali, preferibilmente vicino a scali portuali per
favorire un approvvigionamento di materia prima anche da altre aree di produzione. In queste
circostanze le aree rurali locali divengono partecipi di questo sviluppo solo come parziali
fornitori di materia prima e di conseguenza il beneficio che ne può derivare potrebbe anche
risultare di modesta entità.
La situazione appare del tutto differente quando entra nel merito della valutazione di impianti
decentralizzati a livello di aziende singole o in forma aggregata. Tipologie di questo tipo sono
principalmente riconducibili, sulla base di esperienze europee e nazionali, ad impianti per la
produzione di biogas con una potenza di 1 megawatt (MW), spesso proponibili anche a livello di
singola azienda. Impianti questi che possono essere alimentati con letame, residui colturali o
biomasse ottenute da colture dedicate, in prevalenza cereali. Il beneficio che ne deriva in
queste circostanze è che l’imprenditore agricolo acquisisce direttamente parte del valore
aggiunto della biomassa prodotta e della conversione in energia.
Quindi per quanto la produzione di biomassa per usi energetici costituisce una innovazione, che
trova limitate riserve da parte del mondo agricolo, è opportuno precisare che le biomasse di per
se non appaiono pienamente sostenibili. La complessità di implicazioni ecologiche, economiche
e di impatto sociale richiedono valutazioni e definizioni più puntuali rispetto alle differenti
produzioni di biomasse ed alle tecnologie di processo e conversione.
Dal punto di vista delle biomasse, numerose sono le specie annuali o perenni che possono
essere coltivate specificatamente per la produzione di energia sottoforma solida, liquida o
gassosa, così come numerose sono le colture a destinazione alimentare che producono una
quantità di residui colturali utilizzabili per la produzione di energia (residui di potatura, paglie,
stocchi, ecc.).
Nell’ambito delle principali colture presenti a livello europeo molte, a prevalente destinazione
alimentare, trovano attualmente un uso a scopi energetici, mentre altre in base ai più recenti
dati riportati in letteratura manifestano buone potenzialità.
Una possibile classificazione delle colture energetiche ci riconduce a quattro categorie
principali:
colture oleaginose: quali colza, girasole, soia, lino, canapa, cartamo, ricino, senape, brassica
carinata, brassica juncea, olivo, arachide. L’olio ottenuto da queste colture può essere utilizzato
tal quale come combustibile o attraverso un processo di transesterificazione come biodiesel.
All’interno di questa categoria è opportuna una ulteriore distinzione in colture degli ambienti
temperati come colza, lino, senape e canapa ed altre più adatta a condizioni climatiche tipiche
del bacino del mediterraneo, come girasole, cartamo, ricino, olivo, brassica carinata, brassica
juncea, arachide;
cereali: quali frumento, orzo, triticale, avena, segale, mais e sorgo da cui è possibile a partire
dalla granella ricca in carboidrati produrre etanolo e dai residui colturali biocarburanti solidi.
10
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Inoltre, un utilizzo integrale di alcune colture cerealicole raccolte a maturazione cerosa ed
insilate consentono la produzione, attraverso un processo di digestione anaerobica, di
biocombustibile gassoso sotto forma di metano. Anche in questo caso è necessaria la
distinzione di tipologia classica in cereali macrotermi e microtermi con diversi livelli di
adattamento agli ambienti del nord e sud Europa. Attualmente, in Europa, la principale fonte
energetica derivante dalle attività agricole è costituita dalla paglia di cereali;
colture saccarifere: quali barbabietola da zucchero, topinambur, cicoria. A partire dallo zucchero
estratto da queste colture è possibile attraverso un processo di fermentazione produrre
direttamente etanolo. Il biotenalo tal quale è utilizzato per l’autotrazione in Brasile e negli Stati
Uniti o in miscela con altri carburanti. In generale trattasi di colture primaverili ma che possono
trovare nelle condizioni del sud Europa una collocazione in un ciclo colturale autunno-vernino
beneficiando della maggiore concentrazione di precipitazioni in questo periodo ed evitando le
elevate temperature e le condizioni di siccità del periodo primaverile estivo;
colture da biomassa solida: quali cardo, sorgo, kenaf, miscanto, panico e specie arboree quali
eucalipto e robinia.
Queste colture possono essere utilizzate direttamente tramite combustione od indirettamente
tramite conversione in carburante per la produzione di calore o elettricità.
Nonostante il tentativo di classificazione delle colture da energia talvolta è possibile che la
stessa specie possa essere utilizzata per diverse destinazioni energetiche, situazione che verrà
ulteriormente esaltata dallo sviluppo di tecniche di produzione dei “biocarburanti di seconda
generazione” dove attraverso processi enzimatici sarà possibile convertire le biomasse lignocellulosiche in etanolo.
Le biomasse rappresentano una parziale risposta alle problematiche citate, visto che esse sono
annoverate tra le energie rinnovabili.
Infatti, come ben noto, biomassa è un termine che riunisce una grande quantità di materiali di
natura estremamente eterogenea. Recentemente la legislazione italiana, attraverso il D.lgs 29
dicembre 2003, n. 387, definisce le biomasse come: “la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti
e residui provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali ed animali) e dalla
silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali ed
urbani”.
In termini scientifici, la parola biomasse include ogni tipo di materiale di origine biologica, quindi
legato alla chimica del carbonio, che deriva direttamente o indirettamente dalla fotosintesi
clorofilliana.
Durante i processi di valorizzazione energetica della biomassa si estrae l’energia (spesso
chiamata “bioenergia” per evidenziare l’origine da biomassa) contenuta nei legami chimici dei
carboidrati ed il carbonio ottenuto si lega all’ossigeno atmosferico per produrre biossido di
carbonio CO2, che potrà nuovamente dar origine ad un processo di fotosintesi.
11
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
In quest’ottica possiamo comprendere perché le tecnologie legate alla produzione di energia
dalle biomasse vengono considerate “esenti” da emissioni di CO2. Infatti, al momento
dell'utilizzo della biomassa a fini energetici, la quantità di anidride carbonica rilasciata è quasi
pari a quella assorbita dalla biomassa durante la crescita e quindi non vi è alcun contributo
all'aumento della concentrazione di CO2 in atmosfera.
Impiegare biomasse per produrre energia costituisce una realtà a livello mondiale; in particolare
oggi grande interesse presentano le filiere energetiche, che partendo dal prodotto agricolo
arrivano fino al prodotto finale che si in tende ottenere.
12
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
1. FILIERA BIODIESEL
Un esempio concreto di filiera è quella nota come “Filiera del Biodiesel”, che sta assumendo
importanza mondiale, visto gli sviluppi futuri previsti da questo biocombustibile nei diversi piani
energetici sviluppati dalle varie nazioni e dagli accordi presi per il contenimento
dell’inquinamento ambientale e per la riduzione dell’uso dei combustibili di origine fossile.
Per “Filiera del Biodiesel” è da intende tutta l’attività svolta dai diversi attori interessati
riguardante la produzione di combustibile di origine vegetale (biodiesel), partendo da colture
dedicate e finendo al prodotto finale attraverso una serie di interventi chimico-fisici che rendono
il prodotto finale di caratteristiche molto simili a quelle del gasolio da idrocarburi normalmente in
commercio.
Da tale filiera, oltre ad ottenere come prodotto finale il biodiesel, si ricavano anche, come
prodotti di lavorazioni intermedie, farina che è possibile utilizzare come mangime per animali o
per nuove destinazioni d’uso e la glicerina, molto utile nel settore chimico-farmaceutico.
Il biodiesel è un prodotto naturale, utilizzabile come carburante in autotrazione e come
combustibile nel riscaldamento; esso garantisce un rendimento energetico pari a quello dei
carburanti per autotrazione.
Si ottiene grezzo dalla spremitura di semi oleaginosi di colza, soia, girasole o di altre piante
simili e viene raffinato tramite un processo di transesterificazione per renderlo compatibile con
gli attuali combustibili per autotrazione .
E’ rinnovabile, in quanto ottenuto dalla coltivazione di piante oleaginose, ed è biodegradabile
per il 98% in un periodo di 28 giorni, mentre i carburanti attualmente più diffusi permangono
molto a lungo e presentano una biodegradabilità che non va oltre il 20-30%.
Tale biocombustibile, che presenta il grande vantaggio di ridurre notevolmente l’inquinamento
da particolato e da zolfo, si può praticamente ottenere da tutti gli oli vegetali ed è quindi una
soluzione al problema dell’eccesso di offerta di prodotti alimentari delle colture massive, specie
quelle cerealicole, che ancora oggi vengono vendute agli stessi prezzi di molti anni fa.
La filiera pertanto comporta diversi aspetti, da quelli agronomici a quelli meccanici relativi ai
processi di produzione dell’olio derivante da colture oleaginose, a quelli chimici, energetici ed
economici, che sono analizzati di seguito.
1.1. Il biodiesel nell’UE
L'Unione Europea è oggi il maggior produttore mondiale di biodiesel. Nel 2008, la produzione di
biodiesel nell’U.E. si è attestata sui 7.755 milioni di tonnellate, circa il 75-80% della produzione
mondiale (tab. 1).
13
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Tabella 1 - Produzione di biodiesel nell'UE-27.
Paesi
AT
BE
CY
CZ
DE
DK/SE
EE
EL
ES
FI
FR
HU
IE
IT
LT
LU
LV
MT
NL
PL
PT
SI
SK
UK
BG
RO
EU-27
Austria
Belgio
Cipro
Repubblica Ceca
Germania
Danimarca/Svezia
Estonia
Grecia
Spagna
Finlandia
Francia
Ungheria
Irlanda
Italia
Lituania
Lussemburgo
Lettonia
Malta
Olanda
Polonia
Portogallo
Slovenia
Slovacchia
Regno Unito
Bulgaria
Romania
Europa 27
Produzione
[Mt/anno]
213
277
9
104
2.819
231
0
107
207
85
1.815
105
24
595
66
0
30
1
101
275
268
9
146
192
11
65
7.755
Fonte: European Biodiesel Board (EBB).
Il 36% del biodiesel nell’U.E. è oggi prodotto in Germania che totalizza poco meno di 3 miliardi
di litri nel 2008. La Germania è seguita dalla Francia e dall’Italia, i tre Paesi contribuiscono al
70% della produzione dell’UE. I produttori in Francia e in Italia (allo stesso modo che in Svezia
e nella Repubblica Ceca) devono tuttavia fare i conti con dei contingenti di produzione annua di
biodiesel esenti da accise. Al quarto posto, più o meno a pari merito, troviamo Belgio, Polonia e
Portogallo con produzioni di circa 270 Mt. Seguono la Danimarca-Svezia, l’Austria, la Spagna,
il Regno Unito, la Slovacchia, la Grecia, l’Ungheria, la Repubblica Ceca e l’Olanda con una
produzione superiori alle Mt.
La produzione di biodiesel in Europa (tab.2) è aumentata sensibilmente nel corso degli ultimi
dieci anni per attestarsi su una produzione di oltre 7.700 Mt nel 2008, cioè un aumento medio
del +37% all’anno tra il 1992 e il 2008.
14
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Tabella 2 - Evoluzione della produzione di biodiesel nell'UE-27.
Anno
Produzione
Incremento
[Mt/anno]
[PJ/anno]
[%/anno]
1992
62
2
-
1993
90
3
45%
1994
169
6
88%
1995
315
10
87%
1996
490
16
55%
1997
535
18
9%
1998
439
15
-18%
1999
529
17
21%
2000
766
25
45%
2001
1182
39
54%
2002
1359
45
15%
2003
1693
56
25%
2004
2134
70
26%
2005
3555
118
67%
2006
5507
182
55%
2007
5713
190
17%
2008
7755
259
36%
2009
-
-
-
Fonte: European Biodiesel Board (EBB).
Il costante aumento della produzione di biodiesel di quest’ultimi anni in Europa ha visto
inevitabilmente una crescita delle superfici dedicate alla coltivazione di colture energetiche.
Mentre abbastanza controtendenza è la situazione in Italia dove non si registrano adeguate
superfici capaci di far fronte, anche in parte alla produzione domestica di biodiesel (tab. 3).
Circa il 75% del biodiesel prodotto deriva dal colza (circa il 20% del colza coltivato nell’UE è
utilizzato per la produzione di biodiesel) e il 20% dal girasole. Differente è invece la situazione
negli Stati Uniti, dove il biodiesel è prodotto principalmente dalla soia.
15
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Tabella 3 – Europa: superfici interessate alle colture oleaginose (x 1000 ha).
2006
2007
Variazioni
(%)
Francia
2095,7
2148,0
2,5
Germania
1462,0
1568,3
7,3
Romania
1261,9
1164,6
-7,7
Ungheria
712,1
758,8
6,6
Regno Unito
575,0
681,0
18,4
Bulgaria
766,4
656,5
-14,3
Spagna
628,6
618,4
-1,6
Repubblica Ceca
349,0
369,5
5,9
Italia
326,0
267,1
-18,1
Slovacchia
243,4
226,4
-7,0
Danimarca
125,4
179,2
42,9
Lituania
150,8
174,4
15,6
Lettonia
83,2
99,2
19,2
Austria
102,2
95,1
-6,9
Finlandia
106,9
89,5
-16,3
Svezia
82,6
83,3
0,8
Estonia
62,5
74,0
18,4
Belgio
9,6
10,8
12,2
Portogallo
7,8
9,0
15,4
Irlanda
5,1
8,2
60,8
Slovenia
3,2
5,7
78,1
Lussemburgo
4,8
5,4
12,8
Olanda
3,4
4,0
17,6
Polonia
4,9
3,6
-27,1
PAESI
Fonte: FAOSTAT
E’ comunque da evidenziare la sostanziale insufficienza complessiva della UE in termini di
capacità di autoapprovvigionamento di semi oleosi e - conseguentemente - di oli vegetali per la
produzione di biodiesel.
L’attuale maggior produttore europeo di biodiesel è la Società francese Diester, che ha iniziato
la propria attività nel 1993 e possiede diversi stabilimenti, con una capacità produttiva
complessiva pari a circa 2.000.000 t/anno nel 2008. Gli altri principali produttori sono il gruppo
16
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
ADM (Archer Daniels Midland Company) tedesco e altre società svizzere, italiane, spagnole e
del Regno Unito (tab. 4 ).
Tabella 4 - Capacità produttiva dei principali produttori di biodiesel in Europa.
Paese
Capacità produttiva
(t/anno)
Francia
2.000.000
ADM Biodiesel
Germania
1.000.000
Biopetrol Industries
Svizzera
750.000
Verbio
Germania
450.000
Cargill
Germania
370.000*
Italia
365.000
Bioenergetica Extremena
Spagna
320.000
Acciona Energía
Spagna
270.000
Germania
260.000
Regno Unito
250.000
Italia
250.000
Germania
250.000
Produttore
Diester Industrie
Ital Greenoil
Gate
Biofuels Corporation
Novaol Srl
Natural Energy West
*Comprende la capacità produttiva dell'impianto di Wittenberg (120.000 tonnellate), che è di proprietà congiunta di
Cargill e Agravis. Fonte: EurObserv’ER - Biofuels Barometer, 2008
La situazione è comunque in rapida evoluzione perché tutti i principali operatori del settore
stanno attualmente potenziando i propri impianti e realizzandone di nuovi per rispondere al
prevedibile aumento della richiesta di biodiesel conseguente all’applicazione della Direttiva
Europea n. 30/2003, mentre continuano ad affacciarsi sul mercato sempre nuovi produttori.
Tra le case costruttrice di impianti biodiesel l’AGERATEC, di origine svedese, produce impianti
di diversa taglia e negli ultimi anni ne ha commercializzati una sessantina circa.
1.2. La situazione in Italia e in Puglia
Dopo il triennio 2004-2006 dove si intravedeva una crescita, se pur limitata, delle superfici
destinate alla coltivazione di colture energetiche, si è registrata una certa tendenza alla
diminuzione delle superfici destinate alle principali colture oleaginose (soia, girasole e colza),
causa questa da attribuire all’aumento del prezzo del frumento (tab. 5).
Nonostante la diminuzione in senso generale degli ettari dedicati alle colture energetiche, la
superficie investita a colza è stata invece superiore di circa 5.500 nel 2008, in lieve crescita
rispetto all’anno precedente, anche se la produzione rappresenta una frazione assai ridotta del
totale della produzione di oleaginose.
17
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
La soia e il girasole invece hanno subito un incremento delle superfici fino al 2006 per poi far
registrare una tendenza alla contrazione.
Tabella 5 – Italia: superfici coltivate, produzioni e rese delle principali colture oleaginose (2004-2008).
Produzione areica Produzione totale
(t ha-1)
(t)
Superficie
(ha)
Anno
Soia
Girasole
Colza
2004
150.368
124.005
2.872
2005
152.331
129.331
3.478
2006
172.021
143.580
3.531
2007
130.335
126.475
7.065
2008
107.795
114.482
12.553
2004
530.493
278.326
5.303
2005
555.664
294.665
6.195
2006
545.191
312.197
6.081
2007
408.701
282.001
15.245
2008
353.761
260.927
33.069
2004
3,53
2,24
1,85
2005
3,65
2,28
1,78
2006
3,17
2,17
1,72
2007
3,13
2,19
2,06
2008
3,21
2,28
2,60
Fonte: ISTAT
Passando ad un lettura della Puglia, si evidenzia un diffuso decremento – se non annullamento
– delle superfici dedicate alle colture oleaginose (tab. 6).
Ad eccezione della soia, dalla storica modestissima diffusione nella sola provincia di Bari, le
modificazioni intervenute per colza e girasole sono decisamente cospicue. Sono difatti
scomparsi più di 6.000 ha di colza, concentranti prevalentemente nel leccese, e di 12.000 ha di
girasole, fortemente diffusi in provincia di Foggia. Il fenomeno è da attribuirsi ragionevolmente
alla eliminazione del sostegno diretto alle colture oleaginose in attuazione della riforma della
PAC.
18
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Tabella 6 – Evoluzione delle superfici regionali destinate a colture oleaginose nel periodo 2000-2008.
Coltura Provincia 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008
Foggia
100
100
100
50
0
0
0
0
0
-100,0
1.078
753
544
24
0
0
0
0
0
-100,0
Taranto
380
320
220
175
165
140
130
120
100
-73,7
Brindisi
860
400
100
0
0
0
0
0
0
-100,0
25
0
0
0
0
0
0
-100,0
Bari
Colza
Lecce
4.050 4.000
Foggia
7.799 4.500 3.000 3.000 2.000 1.500 1.400 1.300 1.200
Bari
Girasole Taranto
Soia
Variazione
(%)
-84,6
65
60
55
40
16
5
5
5
5
-92,3
120
80
50
42
35
25
25
30
40
-66,7
Brindisi
1.290 1.200
700
0
0
0
0
0
0
-100,0
Lecce
4.270 3.950
39
0
0
0
50
0
100
-97,7
Foggia
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0,0
Bari
30
25
25
28
0
0
5
5
5
-83,3
Taranto
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0,0
Brindisi
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0,0
Lecce
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0,0
Fonte: ISTAT
In Italia, la legge n. 81 dell’11 marzo 2006 ha recepito la direttiva comunitaria n. 30/2003
relativa all’incentivazione dell’impiego di biocarburanti nei trasporti ed interventi nel settore
agroenergetico.
La sua attuazione mediante l’emissione di appositi decreti dovrebbe perseguire un percorso
conforme agli obiettivi di sviluppo delle filiere agro-energetiche e in base alla disponibilità di
materia prima fissata nelle intese di filiera. A tal proposito è opportuno ricordare la
sottoscrizione del primo contratto quadro nazionale sui biocarburanti di origine agricola tra il
mondo agricolo rappresentato dalle organizzazioni professionali e Unione Seminativi e sul
versante industriale da Assitol, Assobiodiesel e Assocostieri.
Tale accordo ha previsto, a fronte di un fabbisogno sempre crescente, la determinazione di
obiettivi minimi di coltivazione per le diverse annate e superfici crescenti ma sempre al di sotto
dell’investimento richiesto dalla legge 81.
Alla luce delle esperienze precedenti, tali previsioni necessitano di cautela a meno di garantire
opportune politiche di sviluppo delle filiere agroenergetiche tali da consentire un’adeguata
remunerazione di mercato per i produttori ed un adeguato flusso di materia prima per l’industria,
stabilizzato nella quantità e nei parametri qualitativi.
Allo stato attuale, a parte il disorientamento derivante dall’inaspettato innalzamento del prezzo
del frumento, nell’ambito dell’accordo quadro il prezzo di riferimento del seme delle oleaginose
19
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
(girasole e colza), prezzo minimo garantito franco partenza al centro di raccolta o azienda
agricola equivalente, viene calcolato in base al 42% del prezzo dell’olio grezzo any origin,
dapprima fissato con riferimento alla quotazione del mercato a termine di Rotterdam,
successivamente rivisitato sulla base delle quotazione del mercato a termine di Parigi (Matif).
Relativamente alla presenza di impianti industriali in Italia attualmente ne operano 18, con una
capacità produttiva di che oscilla intorno ai 2.7 milioni i tonnellate annue. La capacità individuale
dei singoli impianti varia fortemente: da 50 mila tonnellate ad oltre 350 mila (tab. 7).
Tabella 7 – Impianti presente sul territorio nazionale.
Impianti per la
produzione di biodiesel
Località impianti
Capacità produttiva
(t)
Rovigo
50000
BIO-VE-OIL OLIMPO SRL
Corato (BA)
100000
CAFFARO BIOFUEL SRL
Torviscosa (UD)
60000
CAFFARO BIOFUEL SRL
Torviscosa (UD)
100000
Vicenza (VI)
150000
Castenedolo (BS)
120000
DP LUBRIFICANTI SRL
Aprilia (LT)
155520
ECOIL SRL
Priolo (SR)
200000
Nola Marigliano (NA)
70000
Vasto (CH)
131370
Monopoli (BA)
120000
ITAL GREEN OIL
San Pietro di Marubio (VR)
360000
GDR BIOCARBURANTI
Cernusco sul Naviglio (MI)
50000
MYTHEN SPA
Ferrandina (MT)
200000
NOVAOL SRL
Livorno (LI)
250000
NOVAOL SRL
Ravenna (RA)
200000
OIL.B SRL
Solbiate Olona (VA)
200000
OXEM
Mezzana Bigli (PV)
200000
ALCHEMIA ITALIA SRL
CEREAL DOCKS SRL
COMLUBE SRL
FOREDBIO SPA
FOX PETROLI SPA
ITAL BIOIL SRL
Totale
2716890
In Puglia, già da svariati anni, la produzione di biodiesel rappresenta una realtà. La società “Ital
Bi Oil Srl”, con sede in Monopoli (Ba), su una superficie di 100.000 mq, è impegnata nella
produzione di olio di oliva, oli di semi, di energia elettrica da biomasse e biodiesel poggiando su
impianti tecnologicamente all’avanguardia. È da ricordare che l’impianto per la produzione di
biodiesel di Monopoli è stato il primo in assoluto in Italia. L’impianto di Monopoli è attivo sin
dalla metà degli anni 90 ed opera con materie prime sia nazionali sia importate; il biodiesel
20
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
prodotto non viene destinato al mercato italiano, ancora alquanto ingessato, ma esportato,
soprattutto in Germania. L’impianto di Corato (Ba), della società “Bio-Ve-Oil Olimpo Srl”, con
una capacità produttiva di 100 mila tonnellate è stato appena ultimato e a breve dovrebbe
andare in produzione.
In entrambi i casi non vi sono testimonianze di accordi di filiera rispetto ad un
approvvigionamento di semi oleosi prodotti in loco.
1.3. Colture oleaginose
Sicuramente il biodiesel è il più rappresentativo dei biocombustibili a base di oli vegetali. E’ il
biocarburante che possiede proprietà di combustione più simili a quelle del gasolio per
autotrazione, ottenuto per distillazione frazionata del petrolio grezzo e può sostituirlo nella
maggior parte dei suoi impieghi.
I combustibili a base di oli vegetali derivano principalmente da colza, ma anche da girasole e
soia, mentre molte altre specie oleaginose presentano requisiti idonei ad un loro utilizzo nel
settore energetico.
Numerosi sono infatti gli studi condotti per valutare l’applicazione energetica di colture di
consolidata tradizione in quanto a destinazione alimentare ed altre di nuova introduzione.
In Europa girasole, colza e soia hanno raggiunto livelli produttivi tali da trovare una concreta
possibilità di coltivazione per usi energetici (fig. 1). Anche se gli stessi mostrano, come normale
che sia, una elevata variabilità temporale e spaziale, dovuta all’alternasi di annate più o meno
favorevoli, dalla diffusione delle colture in ambienti produttivi dotati di diversa vocazionalità e
dalla disparità di approccio tecnico gestionale delle coltivazioni.
Figura 1 – Andamento delle produzioni delle principali colture oleaginose in Europa.
21
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Nonostante ciò sembrerebbe confermata, sulla base delle statistiche, una superiorità elettiva
del colza come coltura da biodiesel in ambiente europeo.
Infatti, circa il 73% della produzione di olio vegetale è ottenuta da colza mentre appena il 18%
da girasole.
Potrebbe quindi apparire abbastanza scontato individuare in queste due colture le più
promettenti per uno sviluppo delle colture da biodiesel in Europa.
In realtà, trattandosi di specie già tradizionalmente praticate come colture alimentari, il loro
inserimento in ambiente europeo risponde prevalentemente a consistenti incrementi delle
superfici ad esse dedicate, in ambienti di per loro più vocati, e a timidi tentativi di riprese delle
colture in realtà agricole, ai limiti degli areali più idonei per la loro coltivazione.
Non peraltro, i maggiori produttori di olio di colza sono Germania, Francia, Gran Bretagna e
Polonia, mentre per il girasole abbiamo Francia ed Ungheria, seguite a distanza da Spagna ed
Italia (tab. 8).
Tabella 8 – EU27: produzione semi oleosi 2007.
Colture
Austria
Belgio
Bulgaria
Cipro
Danimarca
Estonia
Finlandia
Francia
Germania
Grecia
Irlanda
Italia
102
4554
1376
0
1
0
6033
1
5321
51
75
0
0
5448
4
6
19
0
27
0
56
0
32
0
0
0
0
32
442
15
271
6
21
0
755
Lettonia Lituania
(x 1000 t)
Soia
Colza
Girasole
Lino
Cotone
Altri
Totale
51
145
60
0
0
0
255
Colture Lussemburgo
Soia
Colza
Girasole
Lino
Cotone
Altri
Totale
0
18
0
1
0
0
19
0
38
0
132
0
0
170
0
93
564
0
0
0
658
0
0
0
0
0
0
0
0
596
0
3
0
0
600
Malta
Olanda
Polonia
Portogallo
0
0
0
0
0
0
0
0
13
0
0
0
1
14
1
2130
6
3
0
0
2139
0
0
17
0
3
0
19
0
134
0
0
0
0
134
0
114
0
0
0
0
114
Regno Unito Rep. Ceca Romania Slovacchia Slovenia Spagna
0
2108
0
4
0
0
2112
(x 1000 t)
13
1032
52
1
0
0
1098
136
362
547
0
0
0
1045
11
321
133
0
0
0
465
0
15
0
0
0
0
15
1
33
703
1
21
0
759
0
197
0
0
0
0
197
Svezia Ungheria
0
216
0
1
0
0
217
47
498
1032
0
0
0
1578
0
312
0
0
0
0
312
EU-27
810
18301
4831
229
72
1
24243
Fonte: FAOSTAT
Questa scenario mette in evidenza, soprattutto per gli ambienti più a sud della Unione Europea,
la necessità di un approccio cauto e meditato nella individuazione di colture dedicate per lo
sviluppo della filiera biodiesel.
22
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
1.4. Aspetti agronomici – colture oleaginose per ambienti regionali
1.4.1. Colza – Brassica carinata
Pur confermando la superiorità del colza come coltura più rappresentativa per la produzione
europea di biodiesel, sono opportune alcuni approfondimenti sulle potenzialità della stessa nei
comprensori a clima caldo arido come quelli del sud Europa in cui ricadono i comprensori
agricoli regionali.
La sua coltivazione, conosciuta e diffusasi in Europa sin dal XII secolo, era finalizzata alla
produzione di olio per illuminazione ed uso alimentare, soprattutto nelle regioni nordiche dove
non erano conosciuti l’olivo ed il papavero.
Una forte espansione delle superfici coltivate si è avuta a partire dagli anni ’80, concentrandosi
prevalentemente nella fascia più continentale.
L’adattabilità di questa specie alle diverse condizioni pedoclimatiche, la modesta richiesta di
cure colturali e di investimento di capitali, pongono sicuramente il colza in una favorevole
posizione per l’inserimento negli ordinamenti colturali di diverse aree agricole italiane (Toniolo,
et al., 1992).
E’ una coltura miglioratrice del terreno ed in Italia trova la sua collocazione migliore in ciclo
autunno primaverile.
Le condizioni climatiche ideali per il buon esito di questa coltura sono i climi di tipo temperato
umido, caratterizzati da inverni non molto rigidi e da primavere moderatamente umide. La
pianta teme ristagni di acqua nel periodo invernale e la siccità durante il periodo di maturazione.
Quest’ultimo fattore induce un anticipo della maturazione con conseguente riduzione della
produzione a causa della diminuzione del peso unitario del seme e della percentuale di olio.
In Italia ha trovato nel tempo situazioni più favorevoli di coltivazione soprattutto negli ambienti
del Nord e Centro Italia, mentre al Sud il suo potenziale produttivo è fortemente condizionato
dalla disponibilità di varietà precoci in modo da sfuggire con una maturazione anticipata ad un
decorso stagionale primaverile estivo caratterizzato da scarsa piovosità ed elevate temperature
(De Mastro et al., 1998).
Un cospicuo lavoro di miglioramento genetico ha consentito oggi di poter disporre di ibridi con
maggiore potenziale produttivo, anche se ancora non del tutto risolti sono i problemi legati alla
deiscenza delle silique con conseguente riduzione di perdite alla raccolta, all’incremento del
tenore in olio della granella, alla tolleranza a nematodi ed alla sclerotinia che consentirebbe una
maggiore facilità di inserimento in rotazioni con altre oleaginose e barbabietola qualora dovesse
esserci una ripresa di questa coltura.
Proprio quest’ultimo aspetto né ha limitato nel passato la sua diffusione in ambienti bieticoli
settentrionali del nostro Paese.
In realtà in Italia la coltura del colza ha vissuto sempre momenti alterni e spesso determinati da
politiche comunitarie indirizzate al sostenere le oleaginose. E’ a metà degli anni ’90 che ha
23
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
vissuto nuovi interessi facendo registrare anche in Puglia un notevole incremento delle superfici
coltivate (6.500 ha circa nel 2000) a cui purtroppo non sono corrisposte produzioni adeguate a
seguito di scelte tecniche non sempre razionali dovute probabilmente anche ad una
interpretazione assistenzialistica dell’aiuto comunitario. Situazione che ha portato negli anni
successivo ad un progressivo declino della coltura fino alla quasi scomparsa.
L’interesse per questa coltura sia come coltura alimentare che come coltura energetico o per la
produzione di oli tecnici è sempre stata sostenuta da reti nazionali di ricerca.
Sono da citare il Progetto di Ricerca sulle Oleaginose ad uso alimentare, finanziato dal MiPAF
negli anni ’80 i cui risultati a livello regionale sono stai oggetto di convegni e pubblicazioni, a cui
hanno fatto seguito i Progetto Prisca (Progetto di Ricerca sulle Colture Alternative) MiPAF
(1992 – 1997), TISEN (Tecniche innovative sostenibili di produzione e trasformazione delle
colture energetiche e non-food) – MiPAF (2001-2003) e più recentemente il Progetto
Bioenergie, sempre finanziato dal MiPAF, in cui il colza è da annoverare tra quelle colture in
continua osservazione.
Pertanto, dalla sua introduzione negli ordinamenti colturali più diffusi a livello nazionale, ad oggi,
la coltura del colza ha trovato un valido supporto nei risultati della ricerca agronomica.
I risultati produttivi relativi alle tre zone geografiche del nostro Paese evidenziano una notevole
variabilità tra le diverse annate con valori che al Nord si attestano appena al disopra delle 2.0 t
ha-1, intorno alle 2.5 t ha-1 al Centro, mentre al Sud si hanno produzioni molto simili a quelle
del Nord ma con rese aleatorie inferiori a 1.0 t ha-1, dove la resa in olio risulta fortemente
condizionata dal minore peso unitario del seme (Cosentino, 2006).
Indagini condotte negli ultimi anni in ambienti di pianura e collina della Basilicata hanno messo
in evidenza una variabilità tra gli anni e le varietà che ha fatto oscillare le produzioni da un
-1
-1
minimo di 1.4 t ha ad un massimo appena superiore alle 4.0 t ha (De Mastro, 1992).
Altre esperienze condotte in ambienti pugliesi confermano l’aleatorietà degli ambienti
meridionali per la coltura del colza per la quale è possibile registrare produzioni soddisfacenti
solo in annate con decorsi stagionali primaverili freschi e piovosi e con varietà precoci.
Particolare attenzione è stata rivolta alle problematiche della concimazione, dove per altro è
stata evidenziata una certa sensibilità della coltura all’apporto di azoto (Del Gatto, et al., 2009),
che non è coinciso con un miglioramento qualitativo delle produzioni inibendo la sintesi lipidica
a favore di quella proteica (De Mastro et al., 1999).
Oggi pur disponendo di varietà migliorate ed ibridi si riscontra sempre una prevalenza di
materiale più adatto agli ambienti nordici dove la coltura ha una maggiore diffusione.
Una buona alternativa alla limitata disponibilità di materiale genetico adatto ad ambienti a clima
caldo arido è stata quella di adattare genotipi ad habitus primaverile in semina autunnale.
Interessante, a tal proposito, è risultato la selezione di materiale di ambienti nord americani a
prevalente ciclo primaverile-estivo, oltre ad introdurre ibridi nani o semi nani (semi-dwarf o
dwarf).
24
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
In contemporanea, negli ultimi anni, si è assistito ad un crescente interesse per gli oli
biodegradabili ad uso industriale (lubrificanti, surfattanti, emulsionanti, plastiche, resine, ecc…)
di origine vegetale. Per il quale, numerose specie da olio appartenenti alla famiglia delle
Brassicacee, ricche in acidi grassi a catena lunga, sono state oggetto di studio.
Un’ampia gamma di cultivar appartenenti a specie quali Brassica rapa L., Brassica juncea
Czern. et Coss, Brassica carinata Braum, Raphanus sativus L. var. oleifera, Sinapis alba L.,
Crambe abyssinica Hoecst ex Freus. sono state studiate, nell’ambito di una rete nazionale di
ricerca, per valutare la possibilità di introduzione negli ordinamenti colturali nazionali attraverso
la determinazione dei potenziali produttivi quanti-qualitativi (AA.VV., 1998, Mazzoncini et al.,
1993, De Mastro et al., 1999, De Mastro et al., 2003).
Tra queste specie la brassica carinata ha fatto registrare, in diversi anni di sperimentazione ed
in diverse località, produzioni in granella sempre superiori a quelle del colza. In Val Padana, la
brassica carinata, ha manifestato livelli produttivi più elevati di quelli del colza di circa un 12%
(Rosso et al., 1999), del 28% in Sicilia (Copani et al., 1999) e di oltre il 50% nel metapontino
(De Mastro et al., 1999).
La coltivazione della brassica carinata ha suscitato un certo interesse anche in Spagna e
California dove le condizioni climatiche non sono particolarmente favorevoli alla coltivazione del
colza invernale.
Interesse dovuto alla maggiore vigoria e potenzialità produttiva espressa in ambienti a clima
caldo arido (Fernandez Martinez e Dominguez, 1982; Fereres et al. 1983; Knowles et al., 1981),
in considerazione della precocità di fioritura, della resistenza alla deiscenza delle silique,
all’allettamento, resistenza alla maggiori avversità biotiche, allo stress idrico (Prakash et al.,
1984).
Le produzioni medie ottenute in sperimentazioni condotte in ambienti di pianura e di collina
della Basilicata hanno evidenziato una certa facilità nel raggiungere produzioni medie di circa
-1
-1
3.5 t ha , che scendono a livelli non inferiori alle 2.2 t ha nelle annate meno favorevoli. Anche
nell’ambito della attuale disponibilità varietale si riscontra una discreta stabilità di
comportamento produttivo dove numerose sono le cultivar con buoni livelli produttivi (fig. 2).
25
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
4.50
4.00
3.50
3.41 a
t ha -1
3.00
2.50
2.12 b
2.00
2.08 b
1.50
1.60 c
1.39 cd
1.00
2001-02
1999-00
1997-98
1.19 d
0.50
1996-97
1995-96
0.00
Mean
us
at
iv
R
.s
B
.j
un
c
ea
lb
a
S.
a
si
ni
c
a
us
by
s
C
.a
B
.n
ap
B
.c
ar
in
at
a
1994-95
Figura 2 – Espressione produttiva di diverse accessioni di brassicacee.
A livello regionale preliminari attività dimostrative su questa coltura hanno fatto registrare un
cauto ottimismo da parte degli imprenditori agricoli per le specifiche caratteristiche della coltura
(resistenza a stress idrici, assenza di deiscenza delle silique, ecc..). L’affinamento della tecnica
colturale (varietà più adattate, concimazioni, gestione delle infestanti) ed una maggiore
famigliarizzazione a livello aziendale con una coltura nuova rappresentano i presupposti per
una eventuale affermazione.
Leggermente inferiore, di contro, è la resa in olio della brassica carinata rispetto al colza (33.0
vs 38.9 %).
In ogni caso trattasi di un olio dotato di un buon livello qualitativo per produzione di biodiesel,
anche se dotato di un più elevato contenuto di acido linolenico possibile causa di una più
accentuata tendenza all’ossidazione e alla perdita di stabilità del biodiesel, aspetto questo
trascurabile se si considera che il biodiesel commerciale è costituito in genere da una miscela di
oli vegetali tale da rispettare gli standard italiani di composizione e proprietà del biodiesel (UNI
10946) (tab. 9).
26
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Tabella 9 – Composizione del biodiesel ottenuto da Brassica carinata.
Biodiesel
UNI 10946
Diesel-BiR
da B. carinata
standards
Proprietà
Contenuto in esteri (wt%)
≥96,5
Metodologia
98,27
98,24
3
879
883
860-900 UNI EN ISO 3675-12185
2
4,5
4,5
3,5-5,0
Punto di infiammabilità (°C)
>120
>120
≥120
ISO/CD 3679
Zolfo (mg/kg)
<10
<10
≤10
EN 24260
Residuo carbonioso Conradson (wt%)
0,09
0,15
≤0,3
UNI EN ISO 10370
52
53
≥51
EN ISO 5165
<0,01
0,01
≤0,02
ISO 3987
Acqua (mg/kg)
465
312
≤500
prEN 12937:99
Acidità (mg KOH/g)
0,08
0,49
≤0,5
prEN 10104
Numero di Iodio (g I2/100g)
128
115
<120
prEN 14111
Estere metilico dell'acido linolenico (wt%)
13,0
9,2
<12,0
prEN 14103
50
1100
≤2000
prEN 14110
Monogliceridi (wt%)
0,53
0,49
≤0,8
prEN 14105
Digliceridi (wt%)
0,13
0,17
≤0,2
Trigliceridi (wt%)
0,07
0,09
≤0,2
38
100
≤200
Densità (kg/m ) a 15 °C
Viscosità (mm /s) a 40 °C
Numero di cetani
Contenuto di solfati nelle ceneri (wt%)
Metanolo (mg/kg)
prEN 14103
UNI EN ISO 3104
Frazione glicerica
Glicerolo libero (mg/kg)
prEN 14105
Fonte: Cardone et al., 2003
Anche da un punto di vista energetico è stata osservata una maggiore efficienza della brassica
carinata in sistemi colturali a basso input, mentre per il colza è necessario ricorrere ad un
maggior impiego di mezzi tecnici (Cardone et al., 2003; De Mastro et al., 2006).
Dati sperimentali acquisiti in ambiente meridionale (De Mastro, et al., 2006) individuano nella
brassica carinata e nel colza, coltivate in condizioni di forte riduzione di input, colture capaci di
fornire una produzione energetica ben superiore ai 25 GJ ha-1 (fig. 3), posto da altri autori come
limite minimo da superare (Venturi et al., 1999).
27
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Convenzionale
Basso input
Biologico
69.2
70.0
60.0
63.7
60.8
56.3 54.9 57.6
GJ ha
-1
50.0
40.0
35.8
36.6
33.7
30.0
20.0
25 GJ
h
10.0
0.0
frumento
colza
cece
Figura 3 – Energia fornita dalla produzione di granella (outputs).
1.4.2. Girasole
Il girasole viene coltivato in aree con limitate disponibilità idriche, dove può facilmente
competere con specie aventi un maggior consumo idrico. È coltivato in 23 Stati Europei; 15 tra
questi destinano più di 20.000 ha. A livello nazionale il girasole rappresenta la coltura di
maggior interesse fra le oleaginose da energia con una superficie coltivata di oltre 115.000 ha
nel 2008.
Macroterma a ciclo primaverile estivo, può essere seminato anche piuttosto precocemente,
verso fine inverno; ciò, insieme alla morfologia dell'apparato radicale, conferisce alla pianta la
notevole resistenza alla siccità estiva, in quanto le fasi di maggior sensibilità allo stress idrico
(formazione della calatide e fioritura) anticipano le alte temperature estive e consentono a
questa specie di produrre notevoli quantità di sostanza secca anche in condizioni di carenze
idriche. In Italia viene coltivato prevalentemente negli ambienti della cosiddetta “fascia del
girasole” che copre dalla Toscana al versante adriatico e nelle aree con limitate disponibilità
idriche del Nord.
La gamma varietale attualmente disponibile è costituita da ibridi principalmente differenziati per
ciclo di maturazione e per composizione in acidi grassi del seme. Nell’ambito delle diverse
classi di precocità i tipi medio-precoci e medio tardivi sono i più diffusi soprattutto per le semine
precoci negli areali del centro-sud, fondamentali per sfruttare al meglio le piogge di fine invernoinizio primavera e consentire una migliore risposta produttiva.
Rispetto alla composizione acidica oltre alle varietà convenzionali ricche in acido linoleico, oggi
sono disponibili sul mercato ibridi ad elevato tenore in acido oleico.
L’attenzione rivolta ai tipi “alto oleico” risale alla fine degli anni ottanta con l’immissione di ibridi
con tale caratteristica. La ripresa del girasole in Italia è da ricondurre alla diffusione su terreni
28
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
ritirati obbligatoriamente dalla coltivazione come coltura non alimentare ed al recupero delle
superfici nelle aree tradizionali di coltivazione dell’Italia centrale e centro-meridionale.
La più recente attenzione al girasole come coltura da biodiesel rinnova l’interesse per gli ibridi
ad alto oleico con un contenuto acidico compreso tra il 42 e 52%.
La produzione media in acheni oscilla tra le 2.7 e 3.0 t ha-1 nelle aree più vocate del nord e
centro Italia, mentre negli areali del sud le condizioni climatiche condizionano fortemente le
risposte produttive al punto da dover richiedere, per il conseguimento di produzioni
soddisfacenti, nella migliore delle condizioni interventi irrigui di soccorso.
La superficie coltivata a girasole in Puglia ha subito una drastica contrazione passando dai circa
13.500 ha del 2000 a meno di 1.400 ha del 2008. Sono le province di Foggia e Lecce a
detenere il primato delle maggiori superfici coltivate a girasole, pur esprimendo livelli produttivi
distanti tra di loro.
La provincia di Foggia esprime a livello regionale le più elevate produzioni per ettaro con valori
-1
medi dell’ultimo sessennio di 1.8 t ha , mentre la provincia di Lecce i più bassi con produzioni
di circa 1.1 t ha-1.
Livelli produttivi, questi, fortemente condizionati dalla limitata piovosità del periodo primaverileestivo di questi ambienti così come evidenziato da diversi autori.
Una eventuale possibilità di diffusione del girasole da biodiesel potrebbe trovare nelle aree
interne collinari della regione Puglia, gli areali più idonei per la coltivazione individuando le
cultivar più adatte, con le migliori caratteristiche di resa in acheni ed in olio.
Esperienze condotte dal CRA-SCA - Unità di Ricerca per i Sistemi Colturali degli Ambienti
caldo-aridi in due ambienti pugliesi con varietà di girasole di diversa provenienza hanno fatto
-1
-1
registrare rese in olio oscillanti da 0.59 t ha (Murgia barese) a 1.14 t ha (Tavoliere pugliese),
valori quest’ultimo prossimo a quello soglia di 1.0 t ha-1 per rendere praticabile la produzione di
biodiesel.
1.4.3. Soia
La soia è una specie proteoleaginosa coltivata in 20 Stati Europei, ma più del 90% del totale è
controllato solo da 7 Stati con più di 20.000 ha ciascuno. Quasi la metà della superficie totale è
nella Federazione Russa ma il secondo produttore è l’Italia con produzioni medie triple.
La soia è una delle più importanti piante alimentari per la ricchezza dei suoi semi in olio (1821%) e, soprattutto, in proteine (38-41%). L'olio di soia è utilizzato a scopo alimentare e per usi
energetici. La farina di estrazione viene impiegata principalmente (90%) come concentrato
zootecnico, in quanto molto ricca in proteine.
Le esigenze climatiche sono molto simili a quelle del mais per cui è una coltura del tutto
improponibile in ambienti meridionali senza l’ausilio dell’irrigazione.
Studi condotti in Basilicata hanno definito le classi di precocità più adatte agli ambienti
meridionali oltre che metodi e volumi irrigui (Sarli et al., 1992 ).
29
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Pertanto, la soia per quanto idonea ad un uso energetico non può trovare in ambienti a limitata
disponibilità di risorse idriche le condizioni ambientali ed economiche per una sua affermazione.
1.4.4. Cartamo
Il cartamo pur essendo una macroterma, tollera bene le basse temperature, ciò permette
semine autunnali al Sud; per il notevole sviluppo del suo apparato radicale può soddisfare le
proprie esigenze idriche meglio di altre oleaginose.
Il cartamo è stato coltivato come coltura oleaginosa solo a partire dagli anni ’30 e’40. In Europa
era coltivato tradizionalmente in Spagna come succedaneo dello zafferano. Solo a partire dagli
anni ’70 ha trovato seguito come coltura da olio in quegli ambienti particolarmente siccitosi dove
non era possibile coltivare il girasole. Ha notevoli esigenze di azoto ma meno di fosforo; il
diserbo si attua con mezzi meccanici. E’ una specie con un ciclo colturale abbastanza lungo
120-180 gg in semina primaverile fino ai 240 gg con semina autunnale. Un vero flagello per la
coltura è rappresentato dalla presenza di un parassita animale, la mosca grigia del cartamo
(Acanthiophilus helianthi).
-1
La resa del cartamo si aggira intorno a 2,0-2,5 t ha di acheni. E’ una coltura per niente diffusa
sul territorio nazionale, ma che in virtù della sua rusticità potrebbe trovare in alcuni areali
marginali del sud Italia condizioni favorevoli ad una sua diffusione come coltura energetica.
Alcune esperienze sperimentali condotte in Basilica e Puglia evidenziano una buona adattabilità
a condizioni di fertilità ambientale limitate (Corleto et al., 2005).
1.5. Analisi energetica
Il Potere Calorifico Inferiore (PCI) risulta più alto per il girasole che per colza e soia. Gli output
energetici della granella sono estremamente variabili con valori di circa 15 GJ ha
-1
nelle
condizioni meno favorevoli e con piccole differenze tra le specie, mentre nelle condizioni più
favorevoli ci sono rilevanti differenze tra le specie, con valori intorno ai 70 GJ ha-1 per la soia e il
girasole e intorno agli 80 GJ ha-1 per il colza (Venturi et al., 2003) (tab. 10).
Tabella 10 - Output energetici delle principali colture oleaginose.
Produzione
Coltura
Olio
Energia specifica
in granella contenuto produzione
-1
-1
granella
-1
olio
Energia output
granella
-1
olio
panelli
(GJ kg )
(GJ kg-1)
37,4
16,8-81,6 11,2-52,3
5,6-29,3
27,2
38,4
13,6-68,0
7,7-46,1
5,9-21,9
20,5
36,4
14,4-73,8
3,6-25,5
10,8-48,3
(t ha )
(%)
(t ha )
(MJ kg )
(MJ kg )
Colza
0,7-3,4
35-40
0,3-1,4
24
Girasole
0,5-2,5
40-48
0,2-1,2
Soia
0,7-3,6
18-20
0,1-1,7
-1
(GJ kg )
-1
Fonte: Venturi et al., 2003
30
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Se si considera come output l’energia dell’olio senza includere i sottoprodotti, la soia mostra i
più bassi valori avendo un elevato contenuto proteico e minor contenuto d’olio; infatti il
contenuto di olio nei semi è il 35-40% nel colza, intorno al 40-48% nel girasole e solo il 18-20%
nella soia.
In uno studio su 400 aziende nel nord-est dell’Italia, l’intervallo di variazione è stato da 13 a 122
GJ ha-1 per il colza e da 14 a 124 GJ ha-1 per il girasole. In un confronto fra le tecniche colturali
in Emilia-Romagna gli output sono variati da 25 a 70 GJ ha-1 per il colza, da 25 a 110 GJ ha-1
per il girasole e da 20 a 90 GJ ha-1 per la soia, mentre dati riferiti ad ambienti lucani mostrano
una variabilità per il colza compresa tra i 34 e 56 GJ ha-1 (De Mastro, 2006).
Gli input agricoli sono generalmente più alti per il girasole che per colza e soia. In tutte le
condizioni le voci più rilevanti sono il carburante e la concimazione azotata, ma con differenze
in relazione al sistema colturale.
Gli input post-raccolta (4,21; 4,46; 2,13 GJ ha-1 per colza, girasole e soia rispettivamente). In
generale è possibile affermare che il rapporto output/input e il guadagno energetico sono
entrambi favorevoli solo per il colza; ciò risulta possibile per le altre specie solo con un
maggiore uso di fattori tecnici e maggiori produzioni (tab. 11).
Tabella 11 - Input e bilanci energetici delle principali colture oleaginose.
Input fase produttiva
Bilancio energetico
Coltura
Granella
output-input
(GJ kg-1)
(%)
Colza
13-37
82-72
18,6-10,9
1,38-2,21
3,6-44,6
Girasole
29-38
90-77
40,0-15,2
0,68-1,79
23,6
Soia
15-35
91-82
21,4-9,7
0,96-2,11
38,2
-1
(MJ kg )
output/input
(GJ kg-1)
Fonte: Venturi et al., 2003
D’altra parte, se si considera il metilestere anziché la granella, il bilancio diventa meno
favorevole, anche se i sottoprodotti hanno un interesse economico.
Nel girasole, il massimo guadagno è ottenuto con un input tra 10 e 20 GJ ha-1, anche se è
rischioso ridurre l’apporto tecnico sotto i 15 GJ ha-1 dato che a frequenza di rese basse
aumenta.
Gli input possono essere ridotti anche attraverso la razionalizzazione dei mezzi tecnici, come
l’uso di macchine ad alta capacità (tab. 12).
31
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Tabella 12 – Intervalli di efficienza e guadagno energetico delle oleaginose.
Senza sottoprodotti
Coltura
efficienza
Con sottoprodotti
bilancio energetico
output/input
output-input
-1
(GJ ha )
efficienza
output/input
bilancio energetico
output-input
(GJ ha-1)
Colza
0,7-1,0
-5,7
1,0-1,5
0,4-24,0
Girasole
0,3-0,9
-11,5
0,4-1,2
-19,2
Soia
0,2-0,6
4,3
0,7-1,6
-29,4
Fonte: Venturi et al., 2003
Con tecniche razionali nella maggior parte delle situazioni il guadagno energetico è positivo e in
alcuni casi in modo significativo.
Tuttavia il bilancio economico non è sempre positivo e quindi le colture da biodiesel incontrano
difficoltà nel diffondersi nella maggior parte degli Stati Europei nonostante la elevata richiesta.
Nella fase di produzione si possono considerare due possibili scenari:

gestione estensiva con bassi livelli di input che però molto spesso causa insufficienti
livelli di output;

gestione intensiva con lo scopo di avere alte produzioni con rilevanti input e costi.
Nel primo scenario i fattori limitanti sono le basse produzioni e la necessità di disporre di grandi
superfici; il guadagno energetico proviene da bassi input ed è spesso molto basso.
Nel secondo scenario sono richieste limitate superfici, ma questa soluzione difficilmente si
allinea con un modello di agricoltura sostenibile.
In ogni caso è necessario pervenire ad un bilancio tra l’aspetto energetico ed economico,
-1
operando in modo che gli output siano significativamente più alti di 15-20 GJ ha per colza e
soia e di 20-25 GJ ha-1 per il girasole, e quindi cercare i mezzi tecnici che consentano di ridurre
gli input senza abbassare troppo i livelli produttivi.
1.6. Aspetti tecnologici
Il biodiesel si ottiene dalla spremitura di semi oleosi prevalentemente di colza, soia e girasole il
cui olio è sottoposto ad una reazione di transesterificazione, che determina la sostituzione dei
componenti alcolici con alcool metilico (metanolo), per fornire al termine del processo un
prodotto con proprietà e prestazioni simili a quelle del gasolio di origine fossile.
Le fasi salienti della produzione del biodiesel sono tre:
-
approvvigionamento materia prima, formata dai semi oleosi;
-
estrazione olio vegetale, che già di per se rappresenta un combustibile;
-
produzione bio-diesel tramite processo di transesterificazione.
32
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
estrazione
SEMI OLEOSI
panelli
OLI VEGETALI
ESAUSTI DA
RACCOLTA
DIFFERENZIATA
olio vegetale
metanolo
(o etanolo)
esterificazione
MISCELE 20% O
100% IN GASOLIO
USI TERMICI
biodiesel
lubrificanti
o oli tecnici
trattamento
MISCELE 20% O
30% IN GASOLIO
AUTOTRAZIONE
(FLOTTE)
MISCELE <5% IN
GASOLIO
AUTOTRAZIONE
glicerina
 BIOMASSE
 PROCESSI
 SOTTOPRODOTTI
 PRODOTTO
 DESTINAZIONE
 REAGENTE
COMBUSTIONE
DIRETTA
Figura 4 – Fasi della produzione del biodiesel tramite transesterificazione.
Ovviamente, come già detto precedentemente, non necessariamente tali fasi devono essere
presenti nel processo di produzione del biodiesel, visto che ci si può approvvigionare anche
direttamente dell’olio vegetale, eliminando in tal modo le prime fasi della filiera.
Per quanto riguarda l’approvvigionamento della biomassa costituita da semi oleosi è possibile
una produzione a livello locale o l’acquisizione su market nazionali o internazionali.
Pertanto è ovvio che il beneficio che ne può derivare dallo sviluppo delle filiere dipende
soprattutto dal livello di scala a cui sono riconducibili.
Risulta pertanto evidente che il problema logistico del trasporto, dello stoccaggio e della
fornitura delle materie prime, o del prodotto finito, rappresentano notevole importanza nella
valutazione della convenienza economica della filiera, condizionando pertanto pesantemente le
scelte progettuali.
Infatti, come già accennato, impianti per la produzione di biocarburanti liquidi sembrano trovare
maggiore convenienza in tipologie centralizzate, situate in aree strategiche che siano
localizzate vicino a scali portuali, ferroviari o nodi stradali ove sia facile l’approvvigionamento
di materia prima anche da altre aree di produzione. In queste circostanze le aree rurali locali
divengono partecipi di questo sviluppo solo come parziali fornitori di materia prima e di
conseguenza il beneficio che ne può derivare risulta di modesta entità.
La situazione appare del tutto differente quando si considerano impianti decentralizzati a livello
di aziende singole o in forma aggregata.
Un accenno anche all’utilizzatore del prodotto finito, che può essere formato dalla o dalle
aziende stesse partecipanti alla filiera, che potranno usare il combustibile per soddisfare i propri
fabbisogni energetici, che vanno dal riscaldamento di ambienti, alla produzione di energia
33
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
elettrica tramite motori a combustione interna o microturbine a gas, alla propulsione terrestre o
navale, alimentando con il bio-diesel prodotto i motori diesel dei mezzi di trasporto. Si può
anche vendere il combustibile o l’energia prodotta a terzi.
La produzione di energia elettrica con sistemi ad olio combustibile o con bio-diesel può essere
particolarmente remunerativa grazie alla diverse forme incentivanti da parte dello stato o delle
altre istituzioni pubbliche, quali ad esempio i certificati verdi.
Ciò premesso, si analizzano di seguito gli aspetti più meramente tecnologici della filiera di
produzione del bio-diesel.
1.6.1. Estrazione olio vegetale
Molti vegetali producono semi che hanno dei grassi come sostanze di riserva. I semi del nocciòlo
e del noce hanno tenori elevatissimi in grassi, intorno al 60%. Altri, come soia, colza, girasole,
hanno tenori un po’ più bassi – intorno al 40-50% - ma possono essere ottenuti da coltivazioni di
tipo industriale, con grandi rese per superficie coltivata. L'olio è contenuto nelle cellule oleifere,
all'interno dei vacuoli, organuli che si trovano all’interno del citoplasma. Per ottenerlo occorre
sottoporre i semi ad una serie di processi tecnologici.
Le sostanze grasse sono presenti nelle cellule vegetali o animali, e sono sempre accompagnate
da una matrice proteica che le supporta; i semi contengono sostanze grasse, come riserva di
energia disponibile per la riproduzione, ma solo alcuni le contengono in quantità così elevata da
essere utilizzabili per l'estrazione. Scopo della tecnologia di estrazione è di conseguire la
separazione di questi componenti (grassi e proteine), fra loro immiscibili, pervenendo
all'isolamento di ciascuna con il massimo di purezza e di rendimento, al costo minore, evitando
inoltre l'insorgere di reazioni collaterali.
I processi tecnologici di estrazione sono raramente semplici, più spesso rappresentano una
successione di operazioni la cui complessità dipende dalla morfologia della materia prima.
L'invenzione della pressa idraulica (Braham, 1795), della pressa meccanica a vite (Anderson,
1900) e l'impiego di solventi volatili (Deiss, 1855) hanno permesso di sviluppare l'industria
olearia.
Oggi le tecniche di estrazione sono di tipo:
•
meccanico (normalmente a pressione);
•
chimico (a solvente, di solito esano).
Nella pratica, i due sistemi sono quasi sempre combinati. In linea indicativa, l'estrazione
meccanica viene operata su semi contenenti materia grassa (MG) in quantità superiore al 20%
(ad esempio per colza e girasole, che sono caratterizzati da contenuti iniziali di MG di circa il
40%) e consente di arrivare fino al 10-15 % residuo, mentre per valori inferiori si procede con
quella chimica.
Gli oli estratti con i solventi, prima di essere commerciati per scopi alimentari, richiedono una
raffinazione che, quasi sempre, comprende trattamenti di demucillaginazione, deacidificazione,
34
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
decolorazione, deodorazione e demargarinazione. Il principale prodotto del processo è l'olio
grezzo; con l'estrazione meccanica si ottiene inoltre il panello proteico o expeller mentre con
l'estrazione chimica la farina. Quest'ultima, utilizzata nell'alimentazione animale, incide in modo
critico sull'economia della produzione e della lavorazione dei semi oleosi. La produzione di olio di
soia è, oggi, strettamente collegata alla domanda di farina proteica e ciò vale, in misura minore,
anche per gli altri semi. L'olio grezzo può essere successivamente rettificato con una serie di
trattamenti fisico-chimici che hanno lo scopo di:
•
correggere il pH;
•
eliminare le impurezze (es.: lipidi glicerici idratabili) e pigmenti (decolorazione).
L'analisi quantitativa (bilancio di massa) dell'intero processo calcolata per una tonnellata di semi
di girasole è la seguente (valori medi in base ad un contenuto di olio del 42%):
Prodotto principale
Sottoprodotto
1 tonnellata di semi di girasole
+
2,63 tonnellate di residui colturali
420 kg di olio grezzo
+
580 kg di panello
+
30 kg residui di processo
390 kg di olio raffinato
Considerando che la resa media in semi del girasole si aggira attorno alle 2.6 t ha-1 (+/- 15%) si
può calcolare che la resa per ettaro di olio raffinato è pari a circa 1 tonnellata. Tale relazione,
seppure grossolana, è valida anche per il colza.
35
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Le principali fasi dell'estrazione possono sono di seguito descritte.
Pulizia
I semi, prima della lavorazione, devono essere separati dalle eventuali impurità (es.: ferro,
pietrisco, terra ecc.) provenienti dalle operazioni di raccolta in campo e trasporto nei sili.
L'operazione si rende necessaria per ottenere una buona qualità del prodotto e preservare
l'integrità dell'impianto. I materiali metallici vengono facilmente eliminati con elettromagneti; per
quelli non metallici, invece, si ricorre a vibrovagli.
Decorticazione
Elimina lo strato protettivo ligno-cellulosico (pericarpo) che caratterizza alcuni semi (es.:
girasole). Questo non contiene olio e il relativo contenuto proteico è generalmente modesto.
Conseguentemente, la decorticazione consente di diminuire la dimensione delle presse, la
relativa abrasione e il quantitativo di solvente necessario. I decorticatori sono essenzialmente di
due tipi, a cilindro e a dischi. Il principio su cui operano è, tuttavia, analogo: leggera pressione
sul seme per l'apertura del pericarpo e relativa separazione dalla mandorla mediante corrente
d'aria. La decorticazione non è mai totale; tende, infatti, a raggiungere un compromesso fra
eliminazione del pericarpo e perdita di sostanza grassa durante il processo.
E' da sottolineare che, mentre l'eliminazione del tegumento ligno-cellulosico dei semi di soia e di
colza sia una pratica ricorrente (in considerazione dell'importanza che la farina disoleata assume
come integratore proteico per i mangimi destinati agli animali monogastrici), la sgusciatura del
seme di girasole è ancora largamente disattesa, in quanto rallenta il processo di lavorazione e
pone il grave problema dello stoccaggio e della utilizzazione dei gusci, un materiale povero e a
basso peso specifico.
Macinazione
L'olio è contenuto nelle cellule oleifere, all'interno di organuli citoplasmatici, detti vacuoli. La
rottura di queste strutture, mediante schiacciamento (per lacerazione o laminazione), determina
un incremento della velocità di estrazione. Quest'ultima, in sintesi, è funzione dello spessore
delle lamine di seme. Di conseguenza, è conveniente sminuzzarlo il più finemente possibile.
Lamelle troppo sottili, tuttavia, portano alla formazione di polveri che ostacolano il drenaggio del
solvente nella relativa fase di estrazione.
Riscaldamento e condizionamento
Il primo aumenta la velocità di estrazione dell'olio e rende più efficiente il drenaggio della matrice
proteica. Con il secondo si forma un film d'acqua sulla superficie del seme, in modo da favorire
la diffusione dell'olio dall'interno verso l'esterno e determinare la rottura dei vacuoli residui.
Riscaldamento e condizionamento sono ottenuti con specifici dispositivi (cookers) che vengono
sovrapposti alle presse.
36
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Spremitura
Interessa solo i semi ad elevato contenuto in olio. Può essere totale o parziale: nel primo caso, la
maggior parte dell'olio presente viene estratto in un solo passaggio; nel secondo, ne viene
estratta una quantità minore e il residuo trattato chimicamente (estrazione con solvente)
ottenendo una farina. La spremitura totale, ottenuta impiegando presse continue, comporta un
assorbimento di circa 45 kWh/t di seme e fornisce un panello (expeller) con residuo oleoso
minimo del 5-12%. Nel secondo caso, invece, la spremitura lascia un contenuto in olio del 2024%.
Prima depurazione
Le impurità più grossolane (frammenti di seme, farinette ecc.) sono rimosse con decantatori,
vibrovagli o centrifughe. Le particelle più minute vengono invece eliminate con filtropresse.
Estrazione con solventi
L’'olio proveniente dalla rottura delle cellule oleifere viene recuperato per diluizione diretta con il
solvente; quello delle cellule integre, invece, per diffusione. In una prima fase, quindi, la quantità
di olio estratta è direttamente proporzionale al tempo, mentre, successivamente, segue
andamenti di tipo asintotico.
I solventi utilizzati sono:
•
esano;
•
benzina solvente;
•
trielina (tricloroetilene);
•
solfuro di carbonio.
In linea generale, un aumento del potere solvente è accompagnato da un peggioramento delle
caratteristiche dell'olio. Esempio: la trielina (tricloroetilene) consente, da un lato, di migliorare il
potere estrattivo e dall'altro di lasciare maggiori residui di composti insolubili in etere. È evidente
che queste problematiche interessano la produzione di olio alimentare, per la quale oggi è
preferito l'esano, in quanto non è corrosivo e la tossicità risulta limitata. Il tricloroetilene, invece,
viene impiegato nel caso in cui sia necessario l'impiego di prodotti non infiammabili e la qualità
del prodotto sia trascurabile.
Resa
La resa in olio del processo di estrazione è variabile, dal colza e dal girasole si estrae circa il 3638% in peso di olio. E' ovviamente una resa media influenzata dalle modalità di estrazione e
dalla specie vegetale.
Nella tabella seguente si riporta la resa percentuale di alcune colture oleaginose (tab. 13).
37
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Tabella 13 – Specie oleaginose maggiormente utilizzate.
Famiglia
Genere e specie
Heliantus annuus L.
Brassica napus var. oleifera
Brassicaceae
Metz.
Asteraceae
Leguminosae
Quantità di olio
estraibile
Nomi comuni
Regione
Girasole
Europa
Europa, Canada,
Asia
Estremo oriente,
America, Brasile
Colza
Glicine max L.
Soia
Elaeis guineensis Jacq.
Palma da olio
-
Elaeis melanococca J.
Gaertn
Palma africana
Sud America
Solv.: 40%
Solv.: 38%
Solv.: 18%
Solv: 45-50%;
Press: 40-46%
Arecaceae
Parte carnosa solv: 29%;
Mandorla solv: 40-45%
Solv.: estrazione con solvente - Press: estrazione per pressione
1.6.2. Processo di trans-esterificazione
Gli oli così prodotti non sono adatti ad essere utilizzati tal quali per la trazione, soprattutto nei
motori diesel veloci, a causa della loro elevata viscosità (70-80 cSt al 20°C contro i 4-7 cSt del
gasolio). Un netto miglioramento di questa caratteristica può essere ottenuto con il processo di
transesterificazione (o esterificazione), che ha come risultato più evidente la rottura della
molecola del trigliceride in tre molecole più piccole e quindi meno viscose.
Per ottenere un estere, quindi, occorre trattare l'olio raffinato con un alcol (metilico, nella quasi
totalità dei casi, anche se varie prove sono state fatte con l'alcol etilico) e opportuni catalizzatori
(normalmente alcalini - idrossido di potassio, idrossido di sodio o metilato di sodio) che
aumentano la velocità e l'efficienza della reazione.
Il prodotto finale ha una viscosità inferiore (circa 6-7 cSt a 20°C
dello stesso ordine di
grandezza di quella del gasolio) rispetto all'olio grezzo; le caratteristiche a freddo sono tali da
renderlo idoneo per quasi tutti i climi; il numero di cetano aumenta di 12-15 unità; è inoltre
possibile aggiungere combustibile minerale in qualsiasi proporzione.
Si ottiene anche un
sottoprodotto: una fase acquosa a base di glicerolo (glicerina), la cui raffinazione richiede
impianti piuttosto complessi. La glicerina, comunque, ha numerose applicazioni industriali
(prodotti farmaceutici, alimentari, cosmetici, tessili, lubrificanti, esplosivi, vernici, detersivi).
Il bilancio di massa semplificato dell'intero processo è il seguente:
1.000 kg di olio raffinato + 100 kg metanolo = 1.000kg biodiesel + 100 kg glicerolo
Un importante studio correlato a tale processo sarà teso alla individuazione di meccanismi e
procedimenti in grado di massimizzare la resa di olio per quintale di seme e di minimizzare il
38
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
residuo oleoso nel sottoprodotto in considerazione dell’elevata quota di olio che con le tecniche
attuali non si riesce ad estrarre.
Inoltre si dovrà perfezionare una tecnica in grado di ottenere dal residuo della molitura e
mediante processo di combustione energia elettrica a costi competitivi.
Sfori di
ricerca dovranno esser indirizzati alla valutazione di miglioramenti della qualità del
biodiesel prodotto rispetto alle tecniche oggi in uso al fine di renderlo perfettamente compatibile
con i motori e i bruciatori oggi in commercio, riducendone il contenuto in materiali inerti,
massimizzarne la resa in energia, ridurre i costi di esterificazione.
1.6.3. Caratteristiche e utilizzi del biodiesel
Caratteristiche distintive del biodiesel sono l’assenza di zolfo, di composti aromatici, la riduzione
del particolato fine (PM10) e, infine, la riduzione dei gas a effetto serra, quantificabile nel
risparmio di 2,5 tonnellate di anidride carbonica per ogni tonnellata di gasolio sostituita. Il
biodiesel presenta inoltre elevata biodegradabilità (tab. 14).
Il biodiesel è un prodotto naturale utilizzabile come carburante nei trasporti e come combustibile
nel riscaldamento.
Vi sono però delle importanti differenze in funzione delle diverse realtà geografiche.
Mentre il biodiesel (puro o in miscela) come combustibile alternativo al gasolio da utilizzarsi nei
motori diesel è una realtà "affermata" in molti stati (in Francia è utilizzato normalmente in
miscela al 5% con gasolio; in Germania è utilizzato puro, negli USA trova impiego nelle "flotte"),
non si può dire lo stesso per l’utilizzazione del biocombustibile tal quale in caldaie di piccola,
media o grande taglia.
In Italia però, contrariamente alla tendenza generale, la quasi totalità del biodiesel prodotto
(circa il 95%) è utilizzata proprio per il funzionamento di centrali termiche (fig. 5).
39
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Tabella 14 - Caratteristiche fisiche e termodinamiche del biodiesel.
Caratteristiche
Biodiesel
Min 3,5 cSt
Viscosità a 40°C
Max 5,0 cSt
860 kg / m 3
Massa volumica a 15°C
900 Kg / m 3
Punto di infiammabilità
120°C
Punto di scorrimento
-13 °C
Residuo carbonioso Conradson (%)
m/m 0,4
Acidità totale
mg KOH/g 0,5
Acqua
mg/kg 500
Ceneri (%)
0,02
Zolfo
mg/kg 10
Fosforo
mg/Kg 10
Glicerina libera (%)
0,025
Metanolo (%)
0,2
Metilistere (%)
98
Monoglideridi (%)
0,80
Digliceridi (%)
0,20
Trigliceridi (%)
0,20
Contenuto di Estere (%)
96
Numero di saponificazione
mg KOH/g 170
Numero di cetano
51
Potere calorifico inferiore (riscaldamento)
MJ/kg 35
Migliaia di t
350
300
250
Additivo fino al 5%
Additivo fino al 30%
100% per riscaldamento
Totale
200
150
100
50
0
1999
2000
2001
2002
2003
2004
Figura 5 – Utilizzazione del biodiesel in Italia.
40
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Probabilmente la differente destinazione del metilestere in Italia, rispetto a quanto si osserva
negli altri Paesi, è nata a seguito dei problemi tecnici riscontrati nel corso dei primi esperimenti
sui motori, difficoltà che hanno spinto il mercato verso un utilizzo alternativo.
In confronto con il gasolio, il biodiesel determina numerosi effetti positivi per l’ambiente:

non contribuisce all’effetto serra poiché restituisce all’aria solo la quantità di anidride
carbonica utilizzata da colza, soia e girasole durante la loro crescita;

riduce le emissioni di monossido di carbonio (- 35%) e di idrocarburi incombusti (- 20%)
emessi nell’atmosfera;

non contenendo zolfo, il biodiesel non produce una sostanza altamente inquinante come il
biossido di zolfo e consente maggiore efficienza alle marmitte catalitiche;

diminuisce, rispetto al gasolio, la fumosità dei gas di scarico emessi dai motori diesel e
dagli impianti di riscaldamento (- 70%);

non contiene sostanze pericolosissime per la salute quali gli idrocarburi aromatici
(benzene, toluene ed omologhi) o policiclici aromatici;

giova al motore grazie ad un superiore potere detergente che previene le incrostazioni;

non presenta pericoli, come l’autocombustione, durante la fase di trasporto e di stoccaggio.
Per valutare se il dispendio energetico per produrre un litro di biodiesel abbia senso (cioè se
venga consumato meno di un litro di carburante per produrre un litro di biodiesel), occorre rifarsi
a concetti come l’EROEI.
EROEI è un acronimo inglese che sta per Energy Returned On Energy Invested (o Energy
Return On Energy Investment), ovvero "energia ricavata su energia consumata"; tale parametro
indica precisamente la resa energetica, un rapporto tra l’energia ottenibile da un prodotto e
l’energia spesa per la sua lavorazione. Un processo è energeticamente conveniente se
presenta un valore di EROEI maggiore di 1; se il suo valore è minore di 1 vuol dire che si
spende più energia di quanta se ne possa ricavare. In alcuni casi l’energia restituita, anche se
minore di quella impiegata, può offrire particolari utilità. Con questo ausilio teorico è possibile
comparare efficacemente processi diversissimi fra loro: dalla semplice legna da ardere alle
componenti di un pannello solare, che richiedono un considerevole investimento in energia
“congelata” per la loro produzione, e si rivela fondamentale nell’operare una scelta fra le diverse
fonti energetiche. Si noti anche che l’EROEI si ottiene dal rapporto di quantità di energia messe
in gioco anche in tempi diversi.
Spesso per l’EROEI non viene indicato un solo valore ma una forbice fra due estremi, questo
perché ogni processo è soggetto ad imprevisti, costi collaterali o esternalizzati ed evoluzioni
tecnologiche. Bisogna infine ricordare che si tratta di una stima, la cui verifica sarà possibile
solo alla fine del ciclo.
Comunemente viene considerata come resa energetica (EROEI) del biodiesel un valore pari a
circa 3, questo significa che dal puro punto di vista energetico con l’energia di un litro di
biodiesel si ricavano dopo un anno di coltivazione tre litri di biodiesel. Esattamente non passa
41
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
un anno per ottenere i tre litri di biodiesel, partendo da un litro, ma passa un numero di anni pari
all’Energy Pay Back ratio del biodiesel.
Nell’EROEI non sono conteggiate le spese economiche ma sono solo computate le energie,
quindi gli stipendi dei contadini non sono considerati. Un valore di resa energetica pari a 3 è un
valore molto più basso dell’EROEI di un impianto eolico (20-30) o quello del petrolio (10-100)
ma è un valore accettabile per le coltivazioni agricole.
Secondo uno studio elaborato dai dott. Van Dyne e Raymer per la Tenesse Valley Authority, la
media degli agricoltori statunitensi consuma carburante in misura di 82 litri per ettaro (8.75
galloni US per acro) di terreno per la produzione di un raccolto. Ma il petrolio necessario per le
coltivazioni non è limitabile a quello usato dai trattori, per cui si usa il concetto di EROEI in
modo da comprendere l’energia per fabbricare il concime chimico, gli antiparassitari, i
diserbanti, per fabbricare i trattori, ecc.
Secondo lo stesso studio un raccolto standard americano di semi di colza produce olio per una
media di 1.029 L ha
-1
(110 US gal/acro), mentre una coltivazione degli stessi semi a resa
elevata produce circa 1.356 L ha-1 (145,0 US gal/acro).
Dalla coltivazione di piante oleaginose si ricavano molti prodotti utili e importanti (proteine,
biomassa per riscaldarsi, ecc) che rendono utile la produzione di biodiesel oltre il valore del suo
EROEI.
Altri studi hanno esaminato il bioetanolo arrivando a definire che il valore del suo EROEI
potrebbe essere pari a 7-8 nel caso migliore della canna da zucchero brasiliana. Per quanto
riguarda il bioetanolo, da barbabietola o da cereali, non regge il confronto con quello da canna
da zucchero, indicativamente il suo valore è pari a 1.
Il biodiesel da olio di palma potrebbe avere EROEI migliori mentre quello delle micro alghe non
è determinabile in quanto non esistono impianti che consentano il calcolo dell’EROEI. Si ricorda
che l’EROEI viene calcolato sugli impianti esistenti.
Il ritorno energetico rispetto all’investimento è stato determinato pari a 3 in altri impianti nel caso
del biodiesel.
1.6.4. Utilizzazione del biodiesel nei motori
Gli esteri degli oli vegetali (o biodiesel) possono essere utilizzati in tutti i motori diesel oggi sul
mercato senza alcuna modifica, se miscelati con il gasolio fino al 20-30%, o solamente con
piccoli accorgimenti nel caso si utilizzasse biodiesel puro.
Ad oggi la sperimentazione migliore nel settore dell’autotrazione con biodiesel si è osservata
nel pubblico trasporto (autobus urbani); le cosiddette "flotte" percorrono un elevato numero di
chilometri ogni anno e quindi consentono di ricavare dati statisticamente attendibili.
Di seguito sono descritti i problemi motoristici emersi nel corso di alcune prove (fonti
bibliografiche diverse):
42
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
•
compatibilità dei materiali e di durata: Utilizzando biodiesel miscelato con gasolio fino al
20% in volume, non si riscontrano problemi di compatibilità con i materiali; ma un
carburante con un elevato contenuto di esteri (più del 30 %) causa inconvenienti quando
entra in contatto con determinati composti plastici (Gomma Sirene-Butadiene o SBR,
Gomma
naturale,
Gomma
Etilene-Acetato,
Gomma
Etilene-Propilene,
isoprene,
hyphalone, silicone e polisulphyde) che normalmente costituiscono le guarnizioni degli
iniettori, delle pompe, ecc.. Rame, acciaio al carbonio, ottone sono tutti esempi di materiali
che non subiscono danni particolari in seguito al contatto con i metilesteri di oli vegetali
(Fonte: Novaol);
•
influenze sull’olio lubrificante: in tutti i test eseguiti si osserva una minore capacità
lubrificante dell’olio dovuta all’effetto diluente del metilestere; in pratica il biodiesel trafila
dal cilindro, passa attraverso le fasce elastiche e diluisce l’olio. Miscelato all’olio lubrificante
il biodiesel può creare una serie di problemi in quanto aumenta il numero di iodio della
miscela. Se il numero di iodio dell’olio supera il valore di 115, inizia un processo di
polimerizzazione (si formano incrostazioni gommose nei condotti dell’impianto di
lubrificazione che determinano la riduzione del flusso di lubrificante) che obbliga alla
sostituzione anticipata dell’olio del motore;
•
problemi agli iniettori: il comportamento degli iniettori alimentati a biodiesel è paragonabile
a quello che si osserva utilizzando gasolio. Prove dell’Università dell’Idaho hanno
dimostrato che gli iniettori si incrostano leggermente di più (2-3 volte) con il biodiesel che
con il gasolio e che comunque tale problema è di minima portata. Dopo alcune ore di
funzionamento si forma una incrostazione carboniosa attorno agli iniettori che tende nel
tempo a diminuire di spessore. Esiste cioè un livello critico di deposito raggiunto il quale
non si osserva più accumulo di materiale. Altre incrostazioni di questo tipo si osservano,
come per il gasolio, in prossimità delle valvole (poche) e delle fasce elastiche;
•
performance: numerosi test hanno dimostrato che la durata di un motore alimentato a
biodiesel non si discosta molto da quella di un motore a gasolio. Come specificato poco
sopra, alcuni piccoli accorgimenti rendono il motore perfettamente compatibile anche con il
biodiesel puro. A differenza del biodiesel, il gasolio causa un maggiore accumulo di ferro,
alluminio, cromo e piombo nella coppa dell’olio. Tutti i risultati delle prove indicano, inoltre,
che il biodiesel non conduce a sostanziali differenze nel comportamento (potenza e coppia
diminuiscono del 5%) dei motori se si utilizzano alcuni accorgimenti tecnici, mentre
aumentano i consumi specifici di circa il 10%, a causa del minore potere calorifico del
metilestere.
1.6.5. L’impiantistica
Le taglie degli impianti di transesterificazione vanno da sistemi, quasi domestici, in grado di
fornire un migliaio di litri al giorno di biodiesel, e che sono di dimensioni modeste, e quindi
43
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
anche localizzabili in piccoli depositi, a sistemi industriali della potenzialità di quasi centomila
litri al giorno di biodiesel e che richiedono spazi molto più consistenti (fig. 6-7).
Figura 6 - Impianto di produzione di olio combustibile.
Figura 7 - Impianto di produzione del biodiesel.
44
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Proprio nell’ottica di contenere i costi di produzione del biodiesel si fa presente che l’olio grezzo
di partenza può essere uno qualsiasi di quelli derivati dalle colture energetiche di cui si è parlato
nella prima parte di questa relazione, o anche loro miscele, oppure olio già usato per frittura o
grasso di origine animale, derivante ad esempio da scarti di allevamento animali. Vi sono,
infatti, già in commercio impianti di transesterificazione che provvedono automaticamente a
dosare opportunamente gli additivi chimici in modo che il prodotto formato, biodiesel, abbia le
caratteristiche chimiche e fisiche cercate, senza che debba intervenire l’operatore. Ovviamente
questa grande varietà di materiale primo da poter usare nel processo di esterificazione
aumenta molto il potenziale di produzione del biodiesel e può far limitare i costi di produzione,
grazie alla possibilità che si sviluppino opportune campagne di approvvigionamento, non legate
solamente al produttore agricolo degli oli vegetali, ma anche agli allevatori di bestiami, alle
friggitorie, ai ristoranti. E’ ipotizzabile, infatti, che in una città sarebbe molto apprezzato dai
ristoratori un sistema di recupero degli oli esausti, fritti, che toglierebbe loro l’incombenza di
doversi disfare di questi residui non più utilizzabili per la ristorazione.
Vi sono già iniziative concrete in molte nazioni per ottenere il carburante per autotrazione
partendo dai residui di olio fritto. La più importante è quella legata a McDonald, importante
catena mondiale di hamburgers e patatine fritte, che ha in programma un progetto di
riconversione dell'olio esausto in biodiesel con il quale alimentare gli automezzi che
consegnano i cibi da friggere negli oltre 1200 ristoranti britannici.
Altro brillante esempio di possibilità di sfruttamento dei residui organici è dato dall’impianto di
recente inaugurato in Brasile per la produzione di biodiesel dalla trasformazione di grasso di
manzo. Lo stabilimento è situato a Lins nello stato di San Paolo ed è gestito dalla società
Bertin, uno dei maggiori produttori ed esportatori di carne di manzo del Brasile. Un investimento
importante visto che l’impianto può soddisfare con la sua produzione il 18% della domanda
nazionale di biodiesel. E tutto questo grazie all’impiego giornaliero di 300 tonnellate di grasso
bovino al giorno. Inizialmente il carburante prodotto sarà utilizzato per i camion della società
stessa e la parte rimanente verrà collocata sul mercato nazionale.
45
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
2. FILIERA OLI VEGETALI
2.1. Aspetti generali
La filiera degli oli vegetali grezzi è un’importante alternativa alla filiera del biodiesel e si sviluppa
a partire dalle stesse materie prime di partenza, includendo le colture oleaginose che sono state
già menzionate.
Nella maggioranza delle applicazioni sperimentali, sono stati utilizzati: oli a diversi gradi di
raffinazione (dal prodotto semplicemente estratto dal seme agli oli demucillaginati, degommati e
decolorati); relativi metilesteri (o biodiesel); miscele olio-gasolio o metilesteri-gasolio.
In linea generale, gli oli, rispetto ai metilesteri, risultano interessanti per i minori costi di
produzione e il migliore bilancio energetico, sono inoltre facili da produrre e quindi tutto
sommato si dimostrano interessanti per quelle realtà (paesi in via di sviluppo) dove i principali
obiettivi sono l’auto-produzione di energia a bassi costi e il massimo vantaggio energetico
(l’energia per estrarre l’olio è una minima parte rispetto all’energia contenuta nell’olio). Ma
anche nei paesi industrializzati l’olio grezzo può essere utilizzato in impianti di media taglia (515 MWe) con motori diesel navali o turbine a gas per la produzione di calore e elettricità.
Il loro impiego motoristico nei paesi industrializzati, in effetti, non risulta proponibile per problemi
strettamente commerciali (difficoltà di distribuzione; necessità di motori appositamente costruiti
o modificati) anche se, a livello europeo, si dispone di tecnologie idonee.
L’olio, quindi, rimane un combustibile motoristico di emergenza o potenzialmente adatto per
taluni paesi in via di sviluppo. Questo ultimo caso è di straordinario interesse sociale ma oggi,
non è sufficiente per polarizzare l’interesse economico e politico di potenziali produttori e/o
utilizzatori.
Limitando l’analisi al contesto europeo, l’olio vegetale (e anche le sue miscele con il gasolio),
comunque, potrebbe costituire una alternativa di un certo interesse per utenze energetiche
medio/grandi (esempio: impianti per la produzione di elettricità) o per macchine termiche
particolarmente semplici (esempio: bruciatori per oli densi).
2.2. Caratteristiche e utilizzi degli oli vegetali
L’utilizzo di oli vegetali nei motori diesel non è un’idea nuova. Proprio Rudolf Diesel iniziò lo
sviluppo del motore diesel utilizzando olio di arachidi e addirittura durante l’Esibizione
Universale di Parigi del 1900 la Otto Company presentò un piccolo motore capace di funzionare
sia con gasolio che con olio vegetale o animale.
Nel 1925 l'ingegnere francese Gautier fece dei test approfonditi su motori diesel marini da
250/550 kW a basso numero di giri (390/420), utilizzando olio di arachidi, di palma e di ricino e
studiò il diverso comportamento del motore conseguente a varie modifiche. I risultati che
ottenne non furono molto diversi da quelli attuali: prestazioni termodinamiche leggermente
migliori di quelle del gasolio, aumento dei consumi (5%).
46
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Il risultato di questi studi ebbe alcune conseguenze durante la II Guerra Mondiale: 100 t/mese di
olio di palma furono consumate nel porto di Abidjan (Costa d’Avorio) in motori da 40 a 700 kW;
mentre olio di arachidi fu utilizzato come carburante per le colonne di camion adibite ai trasporti
tra Dakar e Algeri (3500 km).
Dalla guerra ad oggi lo sviluppo tecnologico ha portato ad un uso quasi esclusivo dei
combustibili fossili, inoltre i motori diesel sono stati migliorati enormemente, soprattutto per
quanto riguarda gli iniettori e i sistemi di controllo, a tal punto da diventare poco flessibili per
l’utilizzo con carburanti diversi dal gasolio.
Contemporaneamente i combustibili vegetali furono progressivamente messi da parte
principalmente per due ragioni: l’alto costo produttivo e la non costanza qualitativa del prodotto.
Il tutto fu fortemente influenzato dalla politica di sviluppo dei paesi industrializzati in quel
periodo, basata su bassi costi del combustibile fossile e sulla massimizzazione della produzione
agricola alimentare.
Solo la crisi energetica degli anni settanta (legata alla guerra del Kippur) risvegliò l’interesse
sull’argomento e fece partire nuove campagne di studi in Australia e Nuova Zelanda.
Nel 1982 comparve il primo motore Elsbett. A partire dal 1990 furono realizzati vari impianti di
esterificazione degli oli vegetali, soprattutto a livello comunitario, grazie anche al surplus
alimentare e alle produzioni no-food ottenute sui terreni a set-aside.
C’è da dire che al giorno d’oggi è maggiormente sviluppato l’utilizzo degli esteri dell’olio
vegetale piuttosto che l’utilizzo dell’olio tal quale e ciò sostanzialmente per due ragioni: minori
problemi di utilizzo (maggiore flessibilità) e elevato valore aggiunto del combustibile.
L’elevata viscosità dell’olio vegetale è sicuramente un problema importante poiché causa una
combustione incompleta dovuta all’incapacità degli iniettori ad atomizzare l’olio grezzo. Le
caratteristiche del motore non sono quindi costanti. Si formano normalmente depositi di carbone
nella camera di combustione e l’olio lubrificante si contamina facilmente.
In conclusione l’olio vegetale grezzo può essere utilizzato nei motori sia puro che in miscela con
gasolio, ma obbliga ad eseguire alcune modifiche meccaniche e tecniche a causa della sua
elevata viscosità. Esistono alcuni motori concepiti per funzionare ad olio, ma sono di difficile
reperimento sul mercato, quindi allo stato attuale è conveniente:
-
utilizzare l’iniezione indiretta e iniettori auto-pulenti;
-
prevedere un sistema di preriscaldamento del combustibile per non ostruire i filtri (attorno
ai 60 °C);
-
favorire l’accensione del motore con gasolio in ambienti freddi;
-
aumentare il flusso di carburante per mantenere potenza e coppia simili a quelle
dell’alimentazione a gasolio;
-
utilizzare olio lubrificante con alto potere detergente;
-
evitare frequenti accensioni e spegnimenti che potrebbero causare problemi dovuti alla
particolare curva di distillazione dell’olio.
47
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Per quanto concerne l’utilizzo di olio combustibile nei motori diesel per autotrazione c’è da fare
una distinzione tra motori di nuova generazione ad alte prestazioni e quelli di vecchia
generazione. Infatti nei primi, a lungo andare, specialmente se è presente la tecnologia
common rail o iniettore pompa vi è la quasi matematica certezza di danneggiare l’impianto di
iniezione (pompa e iniettori) nonché il motore. Una delle ragioni dei grippaggi, è che gli oli
vegetali contengono cere e se non vengono polverizzati a sufficienza dagli iniettori e quindi
bruciati correttamente possono trafilare tra pistoni e cilindri e arrivare ad inquinare l’olio motore.
I trafilamenti causano l’incrostazione delle sedi delle fasce elastiche dei pistoni, che le fa
bloccare limitandone la tenuta, questo contribuisce ad aumentare ancor di più il flusso di olio
vegetale nella coppa olio motore. L’olio vegetale non è adatto a sopportare le temperature
dell’olio motore e quindi polimerizza e causa incrostazioni.
Nella tabella 15 viene fornito un raffronto tra le proprietà dell’olio combustibile e il diesel tal
quale, chiamato comunemente diesel.
Tabella 15 – Confronto tra le proprietà del diesel e l’olio.
PROPRIETA’
Potere calorifico volumico
Potere calorifico massico
Densità [kJ / m3]
Numero di Cetano
Punto di accensione
Viscosità a 20° [cSt.]
Acidità
Velocità di fiamma [m/s]
Polimerizzazione
OLIO VEGETALE
DIESEL
34300
37400
916
32-36
300
60
<7
< 0.2
Alta
36000
42500
830
48-52
90
5
>7
>0.4
Nessuna
[kJ/dm3]
[kJ /kg]
[kJ / m3]
[n]
[°C]
[cSt.]
[pH]
[m/s]
Queste caratteristiche sono la base principale della progettazione e sperimentazione delle
modifiche da effettuare ai motori:
•
potere calorico volumico, massico e densità: per queste prime caratteristiche, che
determinano la potenza nei motori, non sono necessarie modifiche, pertanto i motori
svilupperanno circa il 10% di potenza in meno;
•
numero di cetano: per questa caratteristica, che determina la facilità di accensione a
freddo, bisogna dotare i motori di dispositivi atti a compensare questo limite;
•
punto di accensione: per questa caratteristica che indica la temperatura minima di
accensione del combustibile nella camera di scoppio, considerando che in alcune zone
della stessa la temperatura media è inferiore ai 300 °C, sono necessari dispositivi di
correzione;
•
viscosità: per questa caratteristica, che indica la fluidità necessaria per una corretta
polverizzazione da parte degli iniettori ed una corretta scorrevolezza all’interno della
48
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
pompa ad iniezione, bisogna dotare i motori di dispositivi atti a ridurne la viscosità a valori
di 5-10 cSt;
•
acidità: durante il funzionamento dei motori una piccola parte del carburante trafila tra la
camera di scoppio ed il basamento, contaminando l’olio motore, questo, di carattere
basico, reagisce con il carburante acido formando sali che in breve tempo modificano le
caratteristiche dell’olio motore. Tale inconveniente viene affrontato con additivi di origine
vegetale per la correzione ed il controllo del pH dell’olio motore e/o dell’olio vegetale;
•
velocità di fiamma: con la velocità di fiamma si misura il tempo che impiega la combustione
a completarsi in un determinato spazio. Se la velocità è molto bassa, pur essendo molto
piccolo lo spazio nella camera di scoppio, la combustione non è completa e il rendimento
del motore crolla. Pertanto sono necessari accorgimenti atti ad incrementare questa
caratteristica;
•
polimerizzazione: la parte insatura dell’olio, in presenza di aria, alta temperatura ed alcuni
metalli, innesca ed alimenta un processo irreversibile di polimerizzazione. L’olio
polimerizzato è solido e quindi è un pericolo per il motore. Pertanto è necessario impedire
questo processo con accorgimenti chimici e fisici.
2.3. Studio di fattibilità economica di una centrale ad olio vegetale
Diversi sono i tentativi di definire la convenienza economica relativa ad investimenti in una
centrale elettrica alimentata ad olio combustibile. A tal fine sono state realizzate analisi
economiche riferite ad ipotesi d’impiego degli oli vegetali per la produzione di energia elettrica in
diverse condizioni di mercato.
Vengono di seguito ipotizzati tre scenari diversi, ottenuti variando i dati di partenza richiesti per
l’analisi quali il costo del combustibile, il prezzo dei certificati verdi, il costo di manutenzione.
Si forniscono dapprima pertanto i dati di partenza dello Scenario 1 riportati in tabella 16.
Tabella 16 – Dati iniziali Scenario 1.
SCENARIO 1
Potenza centrale
0,45 MW
Prezzo energia elettrica
0,07 € / kWh
Prezzo certificati verdi
125,28 € / MWh
Costo olio vegetale combustibile
0,5 € / kg
Consumo specifico del combustibile
270 g / kWh
Partendo da tali dati è possibile ricavarne degli altri:
•
ore di funzionamento totali della centrale calcolate in un anno sono pari a 8.666,6 h/anno.
49
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Moltiplicando tale valore per la potenza sviluppata dalla centrale si otterranno i
megawattora prodotti dalla centrale in un anno, ovvero la sua resa energetica:
•
resa energetica annua = 0,45 * 8666,6 = 3899,9 [MWh / anno].
Per calcolare il consumo di combustibile annuale si moltiplica il consumo specifico di
combustibile per la resa energetica annua e aggiustando le unità di misura:
•
Consumo di combustibile = 3899,9 * 1000 * 0,27 = 1052987 [kg /anno].
Calcolo di ricavi e costi annuali per lo Scenario 1
Il primo ricavo è quello derivato dalla vendita dell’energia elettrica, ottenuto moltiplicando il
prezzo dell’energia elettrica per la resa energetica annua:
R1 = 3899,9 * 1000 * 0,07 = 272996 [€ / anno].
Il secondo ricavo è determinato dai Certificati Verdi che sono venduti come multipli di 50 MWh:
R2 = 3899,9 * 125,28 = 488586 [€ / anno].
Per quanto riguarda i costi, il primo è l’investimento iniziale che è stato ipotizzato pari a:
C1 = 200000 [€] ,
il secondo costo è quello dovuto alla manutenzione che è stato fissato per ipotesi al 10 %
dell’investimento iniziale:
C2 = 20000 [€].
Il terzo costo è quello principale ovvero quello dovuto al combustibile, che si ottiene
moltiplicando il consumo annuale di combustibile per il costo al kg:
C3 = 0,5 * 1052987 = 526493 [€ / anno].
Lo Scenario 2 è invece ottenuto utilizzando il prezzo dei certificati verdi al 2002 ovvero 84,18
€/MWh e mantenendo inalterati tutti gli altri dati relativi ai costi e ai ricavi (tab. 17).
Tabella 17 – Dati iniziali Scenario 2.
SCENARIO 2
Potenza centrale
0,45 MW
Prezzo energia elettrica
0,07 € / kWh
Prezzo certificati verdi
84,18 € / MWh
Costo olio vegetale combustibile
0,5 € / kg
Consumo specifico del combustibile
270 g / kWh
Nello Scenario 3 viene studiata la variazione di altri parametri quali il costo combustibile e il
costo di manutenzione (C2). Viene utilizzato l’attuale prezzo dei certificati verdi (125,28
€/MWh), il costo di combustibile è portato a 0,60 €/kg, il costo di manutenzione è incrementato
50
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
a 30000 €/anno e tutti gli altri dati rimangono inalterati;in tal caso il costo C3 relativo al
combustibile è pari a
C3 = 0,60 * 1052987 = 631792 [€ / anno] e gli altri dati sono riportati in tabella 18.
Tabella 18 – Dati iniziali Scenario 3.
SCENARIO 3
Potenza centrale
0,45 MW
Prezzo energia elettrica
0,07 € / kWh
Prezzo certificati verdi
125,28 € / MWh
Costo olio vegetale combustibile
0,6 € / kg
Consumo specifico del combustibile
270 g / kWh
Tenendo presenti tali valori relativi ai costi e ai ricavi, può essere svolta un’analisi
dell’investimento per i primi 8 anni (periodo per il quale si ha diritto ad avere i certificati verdi,
infatti dopo 8 anni l’investimento non è più conveniente). Tale analisi, nello Scenario 1, mette in
evidenza che l’investimento risulta essere conveniente sin da subito, cioè a partire dal I anno
grazie però al forte apporto economico dato dai certificati verdi.
In realtà bisogna considerare che i parametri ipotizzati costanti per lo Scenario 1 influenzano
fortemente la fattibilità dell’investimento. Uno di parametri ipotizzati è proprio il prezzo dei
certificati verdi, il cui valore è variato notevolmente rispetto agli anni passati.
Infatti se il prezzo dei certificati verdi fosse stato quello del 2002 ovvero 84,18 €/MWh, risulta
meno conveniente effettuare tale investimento.
In questo caso (Scenario 2), si evidenzia come l’investimento risulti praticamente poco
conveniente perché il periodo necessario a rendere positivi i flussi di cassa (differenza tra
entrate ed uscite) passa da circa uno a circa quattro anni.
Si può quindi affermare che il prezzo dei certificati verdi sia un parametro molto influente
sull’andamento dell’investimento ed è quindi il principale elemento che necessita di uno studio
più approfondito.
Nello Scenario 3, avendo fatto una variazione sostanziale di due parametri si nota come non sia
variata moltissimo la positività dell’investimento o comunque come la variazione di questi fattori
(aumento del costo del combustibile e costo di manutenzione) sia sicuramente meno influente
sull’investimento rispetto al variare dei certificati verdi.
Si nota anche come in quest’ultimo caso il periodo necessario a rendere positivi i flussi di cassa
(differenza tra entrate ed uscite) sia maggiore di due anni.
Quanto detto è riassunto in figura 8, in cui è riportato l’NPV (Net Present Value), che è la
somma di tutti i flussi di cassa (differenza tra entrate ed uscite) attualizzati e misura dunque la
51
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
convenienza dell’investimento. Tale parametro all’ottavo anno, ha nello Scenario 1 un valore di
1.278.513 euro, nello Scenario 2 di 176.700 euro ed infine nello Scenario 3 di 485.955 euro.
SCENARIO 1
SCENARIO 2
SCENARIO 3
1400
1200
NPV [Migliaia di €]
1000
800
600
400
200
0
-200
0
2
4
6
8
10
-400
Anni
Figura 8 – Flussi di cassa nei tre differenti scenari.
In conclusione si è mostrato come sia completamente variabile lo scenario dell’investimento per
l’impianto oggetto dello studio. Tuttavia con le attuali condizioni e soprattutto con le
agevolazioni fornite dai certificati verdi (SCENARIO 1), l’investimento si presenta molto
vantaggioso dal punto di vista economico. Sicuramente tutte le variabili, essendo numerose,
potrebbero rendere un investimento che allo stato attuale si presenta conveniente non positivo;
bisogna comunque considerare che l’andamento di alcune variabili come il costo combustibile, il
prezzo dei certificati verdi e il prezzo di vendita dell’energia elettrica è variabile con una certa
moderatezza nel tempo. Quindi non ci si aspetta notevoli cambiamenti per un investimento
ipotizzato ad un termine relativamente breve quale può essere quello di otto anni. Inoltre
bisogna ricordare che il prezzo dei certificati verdi, che è sicuramente uno dei parametri più
influenti di tale investimento, sembra essere in continua crescita e quindi a favore
dell’investimento. In conclusione si può affermare che l’investimento sembra essere davvero
conveniente.
52
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
3. FILIERA BIOETANOLO
3.1. Il bioetanolo nel mondo e nell’U.E.
Attualmente, la principale forma di biocarburante è rappresentato dal bioetanolo, con una
incidenza pari all’85%. Infatti nel 2007 sono stati prodotti 52 miliardi di litri di etanolo (fonte
FAO) (tab.19), pari a tre volte di più della produzione registrata agli inizi del 2000 e tendenza ad
ulteriore crescita. La produzione è concentrata per la quasi totalità negli Stati Uniti e Brasile.
Con l'avvio della nuova politica voluta da Bush gli Stati Uniti si confermano il primo paese
produttore al mondo di etanolo con una produzione di 27 miliardi di litri nel 2007, utilizzando
come materia prima principalmente mais. Segue il Brasile, paese pioniere nel campo dei
biocarburanti, con 19 miliardi di litri prodotti a partire da canna da zucchero (di cui più di 2.500
Ml destinati all’esportazione).
Più recentemente l’Asia (in particolare la Cina, l’India e la Thailandia) ha riposto interesse nella
produzione di bioetanolo a grande scala.
Tabella 19 – Produzione mondiale di bioetanolo.
Paese
Miliardi di litri
Mtoe
Brasile
19.000
10.44
Canada
1.000
0.55
Cina
1.840
1.01
India
400
0.22
Stati uniti d’America
26.500
14.55
UE 27
2.253
1.24
Altri
2.017
0.56
Mondo
52.009
28.57
L’UE, con una produzione di bioetanolo nel 2007 di 2.253 Ml, risulta il quarto produttore
mondiale di bioetanolo, con produzione comunque in costante crescita, avendo fatto registrare
nel 2007 un incremento della produzione del 13% rispetto al 2006 (tab. 20). I principali
produttori sono rappresentati da Francia, Germania e Spagna, mentre l’Italia rappresenta il
quinto paese produttore europeo con 60 ml/anno.
53
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Tabella 20 - Produzione di bioetanolo nell’UE 27 (ML/anno).
Paese
Ml/anno
Repubblica Ceca
33
Germania
394
Spagna
348
Francia
578
Ungheria
30
Italia
60
Lituania
20
Lettonia
18
Olanda
14
Polonia
155
Svezia
70
Slovacchia
30
Regno Unito
20
UE 27
1.770
Diverse sono le colture destinate alla produzione di tale tipo di bicarburante (tab. 21), con
differenti rese ed efficienze colturali. Da considerare, inoltre, la possibilità di utilizzo di diversi
sottoprodotti da destinare alla produzione di etanolo.
Tabella 21 – Produttività in bioetanolo delle principali colture.
Coltura
Resa media
Efficienza di
Resa in
(t/ha)
conversione
bioetanolo
(litri/tonn)
(Litri/ha)
Barbabietola da zucchero
46
110
5060
Canna da zucchero
65
70
4550
Manioca
12
180
2070
Mais
4.9
400
1960
Riso
4.2
430
1806
Frumento
2.8
340
952
Sorgo da granella
1.3
380
494
Notevole è, sia a livello mondiale che europeo, l’attenzione rivolta alla crescita di tali produzioni,
favorite peraltro da incentivi di tipo fiscale (tab.22). Infatti, in Europa, nella maggior parte dei
Paesi è prevista una detassazione totale del carburante, con vantaggi notevoli per i produttori.
Questo ha fatto si che la produzione di bioetanolo sia pressoché quadruplicata rispetto al 2003,
54
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
con tendenza alla crescita. Da rilevare una leggera flessione nelle produzione del 2007 in alcuni
paesi, rispetto all’anno precedente, legato essenzialmente all’andamento anomalo dei mercati
mondiali dei cereali, che durate tale annata ha visto delle crescite notevoli nei prezzi per la
destinazione alimentare.
Tabella 22 - Andamento della produzione e livelli di detassazione nella produzione di bioetanolo
nell'UE (situazione 2006-2007).
Accise
Paese
[€/1'000
l]
607
Detassazione
Contingente
bioetanolo
[€/1'000 l]
330
Produzione annua [Ml/anno]
[t/an]
2003
2004
2005
2006
2007
54%
561'000
103
128
126
250
578
FR
Francia
DE
Germania
670
670 100%
Illimitato
0
25
151
431
394
ES
Spagna
396
396 100%
Illimitato
201
244
302
402
348
PL
Polonia
416
416 100%
Illimitato
76
45
86
120
155
SE
Svezia
371
371 100%
220'000
65
65
164
140
70
IT
Italia
564
289
imp. pilota
-
-
-
128
60
HU
Ungheria
376
376 100%
Illimitato
-
-
15
34
30
-
88
129
32
60
135
-
534
618
907
1'565
1'770
Altri
-
-
EU-27 Europa 27
-
-
51%
-
Va rilevato, in ogni caso, l’avvio della produzione del bioetanolo in diversi paesi, quali l’Italia,
Ungheria e, più recentemente, Slovacchia e del Regno Unito tra i Paesi produttori di bioetanolo,
con rispettivamente 30 e 20 Ml.
Da rilevare la presenza di un certo flusso importativo di tale carburante nell’UE, pari a circa
1.000 Ml nel 2007 per lo più dal Brasile da parte della Svezia, Regno Unito e Olanda.
Il settore è in ogni caso in crescita, con costante incremento produttivo nell’ultimo decennio
(tab.23).
55
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Tabella 23 - Evoluzione della produzione di bioetanolo nell’Europa-27.
Produzione
Anno
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
Incremento
[Ml/anno]
[PJ/anno]
[%/anno]
44
60
101
136
202
241
248
222
292
424
488
534
617
907
1'565
1'770
1
1
2
3
4
5
5
5
6
9
10
11
13
19
33
38
36%
68%
35%
49%
19%
3%
-10%
31%
46%
15%
9%
16%
47%
73%
13%
3.2. La situazione in Italia
La produzione di bioetanolo al livello nazionale è ancora molto limitata, anche perché la sua
produzione è stata avviata abbastanza di recente. Nel 2005 in Italia il bioetanolo è stato
prodotto principalmente dalla distillazione dei sottoprodotti delle filiere per la produzione del vino
(40.000 t) (distillazioni obbligatorie ai sensi dell’art. 27 e ai sensi dell’art. 30 del Regolamento
(CE) n. 1493/1999), dello zucchero (melasso) ed in parte dai cereali (56.000 t) (fig. 9).
Figura 9 - Materie prime impiegate per la produzione italiana di bioetanolo nel 2003.
56
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
La maggior parte è stata commercializzata fuori dal mercato italiano, 8.000 t sono state
immesse nel mercato nazionale con l’agevolazione sull’accisa.
Lo sgravio fiscale riconosciuto con la legge finanziaria 2005 (219 milioni € - 1 milione di hl) non
e’ stato ancora autorizzato dalla Direzione Generale della Concorrenza (DGC) della
Commissione europea sebbene:
1. la precedente autorizzazione (dicembre 2003, ora scaduta) della commissione al governo
italiano relativamente al progetto di defiscalizzazione di cui alla finanziaria 2001 sia stata
concessa all’identico sgravio fiscale ora riproposto (42% dell’accisa piena per l’ETBE).
2. altri stati membri con sgravi superiori al nostro e addirittura con esenzione totale dall’accisa
siano stati regolarmente e rapidamente autorizzati o addirittura non abbiano neanche
chiesto il nulla osta alla DGC.
In Italia nel 2005 è stata raggiunta una quota complessiva di biocarburanti (biodiesel e
bioetanolo) miscelati con carburanti fossili pari allo 0,50%, espresso sul tenore energetico, della
benzina e del gasolio immessi sul mercato, mentre l’obiettivo della Direttiva 2003/30/CE per il
2005 era del 2%, espresso sul tenore energetico.
Secondo la tendenza attuale dei consumi, nel 2010 sarà necessario raggiungere un contributo
dei biocarburanti di 2.230.000 Tep, pari a 1.800.000 tonnellate di biodiesel e 1.020.000
tonnellate di bioetanolo.
La necessità di dover aumentare la propria quota di biocarburanti, ha determinato la
realizzazione di impianti, in fase di completamento, per la produzione di bioetanolo di seconda
generazione.
3.3. Aspetti agronomici delle colture dedicate per la produzione di bioetanolo
L'etanolo ottenuto da materie prime di origine vegetale è una fonte energetica rinnovabile che
può essere utilizzata come carburante o più propriamente come materia prima per additivi per
la benzina come l’ETBE (Etil-terz-butil-etere, analogo al Metil-terz-butil-etere attualmente in uso
nel carburante senza piombo).
Il bioetanolo può essere prodotto da materie prime di origine agricola ottenuta da colture:
-
saccarifere: colture dedicate (barbabietola da zucchero, sorgo zuccherino, canna da
zucchero) e residui agro-industriali (melasso, vinacce).
-
amidacee: colture dedicate (mais, frumento tenero, frumento duro) e residui agro-industriali
(lavorazione della patata).
-
ligno-cellulosiche: colture dedicate (canna comune, panico, miscanto, sorgo da saggina) e
residui agro-forestali e frazione organica dei residui solidi urbani (FORSU).
A livello mondiale le colture più utilizzate per la produzione di bioetanolo sono barbabietola e
canna da zucchero. Nei contesti europei invece le colture più utilizzate per la produzione di
bioetanolo sono i cereali vernini (frumento 50% ed orzo 20%) e la barbabietola da zucchero
57
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
(30%), quest’ultima più concentrata nei paesi nord europei, ove la coltura trova le condizioni
ottimali di crescita.
3.4. Colture saccarifere
3.4.1. Barbabietola da zucchero
La coltivazione della barbabietola da zucchero in Europa ha origine verso la fine del XVIII
secolo, quando veniva coltivata come specie selezionata per il suo alto contenuto di zucchero
nella radice fittonante. Riconosciuta a livello mondiale come una delle materie prime più
importanti per l’estrazione di zucchero, viene prevalentemente coltivata nelle zone a clima
temperato.
Coltivata diffusamente in Europa, ma anche negli Stati Uniti, Canada ed Asia, è una coltura a
ciclo primaverile-estivo negli ambienti nordici mentre nel bacino mediterraneo è possibile
praticare un ciclo vernino-primaverile, con possibilità di beneficiare delle precipitazioni invernali
e sfuggendo alle alte temperature del periodo primaverile estivo.
La coltivazione in Italia, a seguito della riforma dell’OCM bieticola-saccarifera, ha visto una
notevole contrazione delle superfici con la conseguente necessità di convertire buona parte
degli impianti presenti in Italia, tra cui uno in Puglia.
Nello specifico, appare alquanto interessante la prospettiva di destinare parte della produzione
di barbabietole da zucchero alla produzione di bioetanolo, per il forte impatto negativo della
riforma sul settore bieticolo saccarifero-nazionale.
Il recupero dei bacini bieticoli pugliesi (16.000 ha circa), come aree rurali dedicate alla
produzione di biomasse per uso energetico, costituirebbe una possibilità di valorizzazione di
una storica competenza tecnica presente sul territorio nel settore delle colture industriali.
Il mondo della ricerca, da parte sua, sta contribuendo a rendere più sostenibile queste ipotesi di
conversione di destinazione della produzione bieticola selezionando materiale genetico ad
elevata resa in zuccheri fermentescibili, trascurando quelle qualità di purezza dei sughi
necessarie per la produzione di solo zucchero, e valorizzando i sottoprodotti della lavorazione
industriale sempre a fini energetici.
L’attenzione rivolta alla bietola da zucchero come coltura energetica risale in Italia ad oltre un
ventennio fa con numerosi studi sul bilancio energetico con risultati estremamente variabili in
funzione delle tecniche di coltivazione e degli ambienti (Cavazza et al. 1983).
Dati acquisiti a livello europeo evidenziano, in un confronto tra colture alcoligene, un guadagno
energetico della barbabietola secondo solo a quello del sorgo zuccherino (Venturi et al. 1988).
A parte gli aspetti energetici, molto importanti appaiono le componenti tecniche e logistiche
connesse allo sviluppo della filiera bioetanolo. Da questo punto di vista la barbabietola da
zucchero si colloca in una posizione di privilegio in quanto già coltura industriale inserita in una
efficiente organizzazione di filiera saccarifera, di consolidata esperienza su tutto il territorio
nazionale.
58
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Le più recenti attività di ricerca e sperimentazione realizzate sul territorio regionale sono state
orientate, senza trascurare l’obiettivo produzione, verso la riduzione dell’impiego dei mezzi
tecnici mirando a ridurre i costi di produzione e l’impatto ambientale.
La produzione areica media regionale si attesta sulle 42 t ha-1 di radici il cui utilizzo diretto del
sugo greggio permetterebbe di alimentare una distilleria da 10.000 tonnellate anno di bioetanolo
con circa 2.700 ha coltivati a barbabietola.
Appare evidente che la scelta degli areali più vocati e di varietà selezionate per la produzione di
alcool, l’adozione di tecniche colturali funzionali alla produzione di materie prime ad uso
energetico costituiscano fattori condizionanti la riconversione dei bacini bieticoli regionali in
comprensori destinati alla produzione di energia da biomassa.
L’ipotesi, inoltre, di sviluppo di sistemi integrati che prevedono la fermentazione di zuccheri
ricavati da bietole e cereali, troverebbe nella tipica rotazione regionale “barbabietola - frumento”
un altro elemento a favore dello sviluppo della filiera, anche nell’ottica della ricerca di una
alternativa agricola credibile alla monocoltura granaria.
3.4.2. Sorgo zuccherino
Il sorgo zuccherino appartiene alla specie Sorghum bicolor (L.) Moench, di origine tropicale, ma
adattabile alle zone temperate. La parte aerea della pianta consiste di un culmo principale, che
può superare i 4 m di altezza, e di un numero variabile di accestimenti. Al suo interno, il culmo è
midolloso, succoso e ricco in zuccheri solubili la cui percentuale sul fresco può variare dall'8 al
14%. L'infiorescenza è costituita da un panicolo di dimensioni molto più ridotte rispetto ai tipi da
granella per evitare un eccessivo accumulo di carboidrati nel seme. La capacità di entrare in
dormienza nei periodi più caldi associata ad alcuni caratteri anatomici quali un apparato
radicale che può estendersi nel terreno ad una profondità di oltre 1,5 m, uno strato siliceo
presente nell'endoderma radicale e una cuticola cerosa sulla parte aerea, conferiscono a
questa pianta un'elevata resistenza agli stress idrici. Infine il sorgo possiede un sistema di
fotosintesi C4 che garantisce un'efficienza di fissazione della CO2 tra le più elevate. Tutte
queste caratteristiche contribuiscono a fare del sorgo zuccherino una coltura interessante per la
produzione di biomassa vegetale ad alto tenore zuccherino.
Inoltre, tra le caratteristiche agronomiche, ha la capacità di consumo idrico ridotta (200 l/kg s.s.,
circa la metà rispetto a quelli del mais) ed un fabbisogno idrico di 300-350 mm, tra
precipitazioni, riserva idrica del terreno ed eventuale irrigazione. Il sorgo si colloca tra le piante
tesaurizzatrici delle disponibilità d'acqua, poiché la sua capacità radicale di suzione dell'acqua è
superiore a quella di altre specie, il che consente il migliore sfruttamento delle riserve idriche del
terreno. Negli ambienti dell'Italia meridionale con aridità molto spinta, il sorgo va comunque
irrigato, anche se con volumi stagionali inferiori a quelli erogati ad altre specie quali il mais.
Generalmente, buoni risultati si ottengono con interventi irrigui di soccorso. La coltura è in grado
di assicurare una produzione agronomica elevata nelle stazioni mediamente fertili ma
59
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
soprattutto la possibilità di produzione in regimi irrigui abbastanza ridotti, quanto meno in alcuni
areali (ad esempio bassa collina o fascia pedemontana).
Si inserisce facilmente negli ordinari avvicendamenti, avendo un ciclo annuale. La produttività di
biomassa fresca in aree di buona fertilità varia tra 70-90 t ha-1 (25 -30 t ha-1 di biomassa secca),
mentre in aree di scarsa fertilità è di 40–50 t ha-1 di biomassa fresca (12–15 t ha-1 di biomassa
secca).
3.4.3. Topinambur
La coltura del topinambur, in ambienti meridionali, mostra una elevata potenzialità produttiva sia
in termini di biomassa totale che per il rendimento in tuberi. Le condizioni termiche e
fotosintetiche più favorevoli consentono tassi di crescita più elevati (Barloy et al., 1989).
Tuttavia, la specie è particolarmente esigente dal punto di vista idrico, in special modo dalla
fase di fioritura in poi (Conde et al., 1989) tanto da richiedere, nelle condizioni del sud Italia, il
ricorso all’irrigazione.
Le prospettive di diffusione come coltura energetica erano connesse ad uno sfruttamento
integrale della pianta (fusti + tuberi) con risultati produttivi sempre superiori rispetto alla raccolta
tradizionale di soli tuberi e con il vantaggio agronomico di liberare il terreno in modo anticipato
(Paolini et al., 1996; Baldini et al., 2006). Non poche problematiche sono emerse, per contro,
per quanto concerne la messa a punto di nuove macchine per la raccolta (fusti), il controllo dei
ricacci nella coltura che segue e le nuove modalità di condizionamento del prodotto raccolto.
La pianta accumula, nei fusti e poi nei tuberi, polimeri lineari del fruttosio (fruttani conosciuti
anche con il nome di inulina) che possono essere fermentati per produrre bioetanolo.
Esperienze condotte in Basilicata hanno evidenziato rese in zuccheri, ottenibili con volumi
3
-1
-1
stagionali compresi tra i 3000 – 3500 m ha , che oscillano tra le 10 e 15 t ha nel caso la
coltura venga raccolta a fine ciclo (tuberi) o a fioritura (fusti + tuberi).
Oggi la sua coltivazione, a livello nazionale, è relegata a limitate superfici principalmente per la
produzione di tuberi per consumo umano od animale.
3.5. Colture amidacee
3.5.1. Cereali
I cereali sono le più importanti specie di interesse agrario coltivate nel mondo con impieghi
diversificati nel settore delle produzioni alimentari e che oggi suscitano notevole interesse come
colture energetiche.
La matrice amidacea delle cariossidi costituisce il substrato ideale di processi fermentativi per la
produzione di bioetanolo. Tra i diversi cereali a paglia il grano, in particolare quello tenero, ed il
triticale possono essere particolarmente interessanti per la produzione di etanolo grazie al loro
alto contenuto di amido. Altrettanto interessante sono risultati la segale per la sua maggior
adattabilità ad ambienti meno fertili e più freddi del nord Europa e l’orzo per quelli del sud.
60
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Requisito fondamentale per esaltare la resa in etanolo è quello di produrre cariossidi con il più
alto contenuto di amido a discapito della frazione proteica. Per tale ragione nella gestione
tecnica della coltivazione di cereali da bioetanolo particolare attenzione è rivolta alla scelta di
varietale ed alla concimazione azotata con l’obiettivo di avere una produzione di cariossidi non
particolarmente ricca in proteine.
In Italia l’utilizzo di colture cerealicole dedicate alla produzione bioetanolo è ancora limitato;
rappresenta appena il 14% circa del totale delle materie prime utilizzate.
3.5.2. Cereali a paglia
Nel contesto nazionale il frumento rappresenta la principale coltura cerealicola con una netta
ripartizione geografica tra la tipologie duro e tenero.
E’ ben nota la superiorità produttiva del frumento tenero soprattutto negli ambienti del nord Italia
dove questa coltura è maggiormente diffusa. Meno produttivo è il frumento duro soprattutto
negli areali tipici di coltivazione del sud Italia. Appare evidente come questo elemento orienti la
scelta, considerato che il bilancio energetico per ettaro è principalmente influenzato dal
comportamento produttivo del cereale.
La coltivazione di frumenti teneri a basso tenore proteico scegliendo fra i biscottieri, più stabili e
produttivi potrebbe rappresentare la scelta colturale più coerente con l’esigenza di produrre
elevati quantitativi di amido.
La possibilità di utilizzo energetico dei cereali a paglia presenta delle problematiche legate sia al
mercato della coltura, che in Italia alimenta una fiorente industria agroalimentare. Le notevoli
fluttuazione del prezzo avutesi negli ultimi anni, sia per quanto riguarda il petrolio che il
frumento, non danno possibilità di orientare in modo sistematico la destinazione d’uso dei
cereali, aspetto negativo per una programmazione delle colture destinate agli impianti per la
produzione di bioetanolo.
Inoltre, per quanto quindi si possa ritenere che l’introduzione di colture granarie per la
produzione di etanolo trovi implicazioni favorevoli dal punto di vista tecnico e sociale trattandosi
di specie di solida ed antica tradizione, non altrettanto è possibile affermare relativamente alla
convenienza economica ed energetica.
Infatti nel confronto con altre colture alcoligene cereali a paglia come frumento ed orzo fanno
-1
registrare i più bassi valori di resa energetica (55 e 32 GJ ha ).
La situazione non è molto differente quando si considerano i cereali minori quali orzo, triticale e
segale tenuto conto che le superfici da dedicare a queste colture andrebbero sottratte al
frumento duro.
3.5.3. Cereali primaverili estivi
Tra i cereali primaverili il mais, appartenendo al gruppo delle piante C-4, consente di ottenere
un alto ricavo di sostanza secca rispetto a quello delle altre piante energetiche (piante C-3).
61
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Questa condizione la pone in netto vantaggio dal punto di vista energetico rispetto alle altre
colture da bioetanolo. La resa energetica massima è molto prossima a quella della barbabietola
da zucchero (110 GJ ha-1).
Attualmente negli areali maidicoli nazionali non vi è particolare interesse all’utilizzo della
granella per la produzione di bioetanolo. La ricerca in ogni caso pone molta attenzione a questa
specie come coltura da bioetanolo. Attraverso il miglioramento genetico oggi si dispone di ibridi
di mais ad alto etanolo (High Total Fermentables, HTF), con rese per ettaro più elevate e con
un migliore valore nutrizionale dei co-prodotti della produzione di etanolo.
L’attenzione riposta in questa coltura è relativa alle prospettive di sviluppo del bioetanolo di
seconda generazione a partire da cellulosa.
Per quanto interessanti, le future prospettive di utilizzo del mais nel settore energetico di certo
la sua diffusione non potrà essere prevedibile in ambienti meridionali.
Il mais, infatti, come coltura primaverile, trova in ambienti meridionali delle difficoltà legate alla
disponibilità di acqua per uso irriguo un fattore limitante anche in termini di bilancio energetico.
Il sorgo da granella di contro manifesta per una migliore adattabilità ad ambienti a clima caldo
arido ma per quanto resistente a condizioni di stress idrico la sua produttività è sempre piuttosto
limitata li dove non è possibile prevedere interventi irrigui di soccorso.
Diversi studi condotti in alcune località della Puglia e Basilicata hanno evidenziato la necessità
di dover intervenire con un numero variabile da 1 a 4 apporti irrigui per poter conseguire
produzioni soddisfacenti.
In considerazione della più limitata produttività rispetto al mais il guadagno energetico del sorgo
risulta essere non molto distante da quello ottenibile dai cereali a paglia al punto da non ritenere
sostenibile la coltura nei contesti regionali.
3.6. Colture lignocellulosiche
Le colture lignocellulosiche hanno acquisito una certa importanza nella produzione di
biocarburanti di seconda generazione, che hanno rese notevolmente superiori a quelle della
prima generazione.
3.6.1. Sorgo da fibra
Il sorgo è una delle prime piante coltivate dall’uomo. Originario dell’Africa si è diffuso
anticamente in Asia e in Europa e più recentemente nelle Americhe e in Oceania; nella regione
africana e asiatica, questo cereale era utilizzato soprattutto per la produzione granellare,
costituendo una delle principali fonti di sussistenza, assieme al miglio e al panico, per le
popolazioni locali. Attualmente la coltivazione del sorgo si è diffusa anche in alcuni paesi
occidentali (USA ed Europa) dove viene utilizzato soprattutto per l’alimentazione del bestiame.
Dal punto di vista tassonomico Sorghum bicolor è una graminacea appartenente alla famiglia
delle Poaceae, tribù delle Andropogoneae (cui appartiene anche la canna da zucchero),
62
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
caratterizzata da un ciclo fotosintetico C4. È una pianta erbacea annuale che può raggiungere
altezze notevoli ed una elevata capacità di assorbimento idrico, maggiore del mais, conferendo
a questa specie, insieme alle altre caratteristiche evidenziate, una buona adattabilità a scarsi
regimi idrici.
Data la notevole opera di selezione e miglioramento genetico, è stato possibile selezionare
varietà a diversa attitudine; tra queste troviamo sorghi da saggina, sorghi zuccherini, sorghi da
foraggio, sorghi da granella e sorghi da fibra. Questi ultimi, considerati come ibridi tra un “sorgo
da granella” e un “sorgo da saggina” o “da scope”, sono utilizzati anche per la produzione di
biomasse a fini energetici e sono caratterizzati da internodi pieni di midollo secco e molto ricco
in fibre.
In linea generale il sorgo è caratterizzato da una fase iniziale di sviluppo piuttosto lento e solo
dopo l’emissione di numerose foglie, e comunque non prima di un mese dall’emergenza, ha
inizio una fase caratterizzata dal rapido accrescimento in altezza (levata) fino ad arrivare alla
fase di spigatura.
Negli areali dell’Italia meridionale, al fine di migliorare le performance produttive della coltura e
per aumentare l’efficienza irrigua, è possibile sfruttare le miti condizioni climatiche anticipando
la semina primaverile, con possibilità di effettuare un primo raccolto ad agosto ed un secondo in
autunno. Sommando le quantità prodotte nel 1° e nel 2° raccolto è stato riscontrato un
incremento, rispetto alla stessa coltura seminata in estate, dell’ 84% (Cra - Unità di Ricerca per i
Sistemi Colturali degli Ambienti caldo-aridi).
Le rese di biomassa riportate in bibliografia risultano piuttosto variabili, essendo ampiamente
influenzate dalle condizioni agropedoclimatiche delle zone di coltivazione e dall’irrigazione.
In Emilia Romagna sono state raggiunte produzioni medie, in coltura asciutta, dell’ordine di 24 t
ha
-1
per anno; in irriguo nel medesimo ambiente pedoclimatico, e con restituzione del 100%
della ETR della coltura, le stesse varietà delle precedenti esperienze (Abetone e H 173) hanno
raggiunto una resa media pari a 35,5 t ha-1 per anno. Anche negli areali più meridionali si sono
registrate rese piuttosto elevate (circa 24 t ha-1 per anno), pur con limitati apporti di azoto e un
solo intervento irriguo.
L’apporto irriguo e di nutrienti, in ogni caso, rappresentano fattori indispensabili per
l’ottenimento di rese produttive di un certo rilievo. Aspetto questo confermato da numerose altre
esperienze condotte in Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Lazio, Campania, Sicilia, e
quindi rappresentative di buona parte degli ambienti italiani, che portano a considerare questa
coltura competitiva rispetto ad altre specie dedicate alla produzione di biomassa da energia,
solo in presenza di elevate quantità di acqua e di nutrienti.
Dal punto di vista qualitativo, il potere calorifico della biomassa secca prodotta, in funzione della
-1
varietà utilizzata, oscilla tra 16 e 17 MJ kg ; il contenuto in ceneri di questa varia molto in
rapporto a molteplici fattori della produzione (dal 4 a oltre il 9% della sostanza secca) con un
contenuto di silice anch’esso oscillante dal 32 al 35%.
63
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
3.6.2. Cardo
Questa specie, tradizionalmente diffusa nel nostro paese come coltura orticola, ha subito negli
ultimi anni una notevole rivalutazione anche come coltura finalizzata alla produzione di
biomassa ad uso energetico. Trattasi di una specie erbacea perenne appartenente alla famiglia
delle Asteraceae, tipica dell’orizzonte termomediterraneo (Lauretum caldo nella classificazione
del Pavari) e come tale è diffusa in Europa meridionale, Nord Africa, America del Sud e
Australia.
In bibliografia sono riportati risultati discordanti sia rispetto alla produttività totale e annua della
coltura sia alla durata dell’impianto: secondo alcune esperienze condotte nel Nord del Paese
questa sembra decrescere dal primo anno in avanti, mentre in altri casi, nelle esperienze
condotte nel Centro e nel Sud d’Italia, la produttività della coltura è risultata elevata nei primi
anni dopo quello di impianto e si deprime sensibilmente soltanto a partire dal sesto anno.
Sul piano della resa media annua, diverse esperienze spagnole riportano un potenziale
-1
produttivo in biomassa secca di circa 20 t ha per anno; da alcune dirette sperimentazioni
condotte nella pianura pisana sembrano risultare più probabili valori un poco inferiori (dalle 16
alle 14,1 t ha-1 per anno registrate in terreni franco-limosi), mentre in Sicilia sono state ottenute
rese medie annuali variabili tra 11 e 15 t ha-1 per anno. Solo in terreni particolarmente fertili, al
secondo e/o al terzo anno di età delle colture, sono state raggiunte anche da noi produzioni di
punta di 21 t ha-1 per anno.
La biomassa di cardo può essere utilizzata sia per la produzione di energia per
termoconversione (con un potere calorifico inferiore di 16-17 MJ kg-1 compresi i semi) sia per
usi cartari data la buona qualità della fibra; il contenuto in ceneri della biomassa è comunque
piuttosto alto, 13-15% della sostanza secca, con un contenuto in silice che, invece, risulta
piuttosto basso (12-18%).
3.6.3. Miscanto
Il genere Miscanthus comprende almeno una ventina di specie della famiglia delle
Graminaceae, della tribù delle Andropogoneae, aventi tutte capacità rizomatose, quindi perenni.
Introdotto in Europa circa 65 anni fa a scopo ornamentale, solo recentemente è stato proposto
come specie da biomassa ad uso energetico e/o per la produzione di carta.
L’areale di origine del genere abbraccia tutto il sud-est asiatico dalle isole del Pacifico fino al
Giappone settentrionale e alla Cina continentale, ma si adatta bene anche alle zone a clima
temperato; in questi ambienti, il miscanto è uno dei pochi generi con ciclo fotosintetico C4 ed è
noto come tale caratteristica conferisca alla pianta una maggiore efficienza nell’utilizzazione
della luce, dell’acqua e dell’azoto.
Nell’ambito del genere Miscanthus la specie più conosciuta in occidente è il M. sinensis
Anderss., importato dal Giappone già negli anni trenta, che oggi risulta diffusa in molti paesi in
64
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
forme diverse migliorate attraverso un intenso lavoro di selezione e miglioramento genetico. Il
tipo più studiato a fini produttivi è, senz’altro, l’ibrido triploide Miscanthus x giganteus, (frutto
dell’incrocio di M. sinensis e M. sacchariflorus) che per le sue caratteristiche di accrescimento e
di rusticità risulta il più idoneo per la produzione sia di cellulosa che di biomassa a fini
energetici; unico suo inconveniente di carattere bioagronomico è quello di essere sterile.
La produzione annua di biomassa aumenta nel corso dei primi 3-5 anni dopo l’impianto, fino a
raggiungere un valore che si mantiene stabile per un numero variabile di anni (alcuni autori
ipotizzano 15-20 anni di vita utile per una coltura di miscanto, ma non mancano indicazioni per
cui la produttività della pianta diminuisce già dopo 8 anni).
Nelle esperienze condotte nella pianura pisana l’impianto di miscanto giunto al dodicesimo
anno di età ha evidenziato buoni livelli produttivi, tranne il primo anno dell’impianto. In
particolare la produttività media annua è risultata massima nel corso del secondo anno, per poi
decrescere gradualmente e stabilizzarsi intorno a valori di circa 25-30 t ha
-1
per anno di
sostanza secca. Nelle diverse regioni dell’Europa centrale in cui è stata sperimentata la
coltivazione di questa specie, le produzioni medie annue (espresse in sostanza secca) sono
risultate molto variabili, dato che si sono dimostrate principalmente funzione delle caratteristiche
pedoclimatiche del sito; si è così registrato un range piuttosto ampio nelle rese, che variano da
minimi di 16 t ha-1 per anno di sostanza secca a massimi di circa 32 t ha-1 per anno di sostanza
secca. Negli ambienti mediterranei, in assenza di irrigazione le rese si sono per lo più attestate
intorno a valori di circa 20-25 t ha-1 per anno di s.s., sempre nello stesso ambiente ma in irriguo,
con il reintegro dell’evapotraspirato della coltura, sono state infine registrate (ad alto livello di
concimazione azotata) “punte” di produzione annuale di oltre 44 t ha-1 di sostanza secca.
Il potere calorifico varia dai 16-18 MJ kg-1 e la biomassa del miscanto presenta un contenuto in
ceneri che, seppur variabile nello spazio e nel tempo, risulta inferiore, 1,6 – 4,0% alle paglie dei
cereali, ma maggiore rispetto al salice e al pioppo. Le stesse, costituite prevalentemente da
SiO2 e K2O, presentano una bassa temperatura di fusione delle ceneri, aspetto che sembra
costituire in taluni casi il principale problema per l’uso della biomassa come combustibile. Per
migliorare la qualità ai fini della combustione sarebbe utile ritardare la raccolta fino alla fine
dell’inverno allorché una parte consistente delle foglie è caduta; ciò in quanto mentre gli steli
traslocano i loro nutrienti ai rizomi in autunno, le foglie mantengono comunque un elevato
contenuto di minerali.
3.6.4. Canna comune
La canna comune è una componente tipica del paesaggio italiano: è presente lungo i bordi
stradali e ferroviari, lungo fossi e greti, in appezzamenti abbandonati e, quasi come una
costante, a formare piccoli canneti nella vicinanza di orti e rurali. La sua diffusione è legata,
oltre che alla naturale capacità di moltiplicarsi e di colonizzare nuovi spazi, anche agli usi
tradizionali nel nostro mondo agricolo. I fusti, infatti, venivano impiegati come tutori e sostegni in
65
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
viticoltura e orticoltura, come materiale leggero per piccole costruzioni e ripari e, laddove
scarseggiavano le specie arboree, come combustibile per il suo elevato potere calorifico. La
specie più diffusa è Arundo donax, che appartiene alla famiglia delle Graminaceae, oggi dette
Poaceae, della tribù Arundinee; al genere Arundo afferiscono 6 specie tipiche degli ambienti
caldi e, di queste, in Italia troviamo, oltre A. donax, anche la più piccola A. plinii Turra.
È una geofita rizomatosa perenne tipica dell’orizzonte mediterraneo, e nella classificazione del
Pavari rientra nelle aree del Lauretum caldo e freddo; in Italia è comune trovare questa specie
in zone di bassopiano e, più raramente, in ambienti submontani in cui la sua sensibilità alle
basse temperature può divenire un fattore limitante.
L’areale di origine della specie è molto ampio estendendosi dal Pakistan fino a tutto il bacino del
Mediterraneo, da cui è stata poi introdotta in molte aree dell’Asia e delle Americhe (è oggi
naturalmente diffusa anche in ampi territori della Cina, in Messico e in molti stati meridionali
degli USA); per l’Italia l’indigenato della specie è dubbio e molto più accreditata è l’ipotesi di
un’origine mediorientale e della successiva graduale introduzione da parte dell’uomo.
La produttività della coltura della canna comune è indubbiamente molto elevata;
apparentemente è forse la maggiore tra le specie erbacee da biomassa considerate
nell’ambiente italiano e probabilmente anche in tutto il bacino del Mediterraneo.
Piantagioni di canna realizzate in Italia Settentrionale hanno mantenuto nel tempo una
-1
produzione media di sostanza secca di 25-27 t ha per anno.
Ai fini della combustione, Arundo donax presenta un potere calorifico inferiore, compreso tra
16,7 e 18,3 MJ kg-1 e un contenuto in ceneri piuttosto elevato (tra il 4,8 e il 7,4%), anche se la
temperatura di fusione di queste è piuttosto alta.
3.7. Aspetti tecnologici
Le materie prime agricole utilizzabili per la produzione di bioetanolo possono essere sia quelle
ricche in sostanze zuccherine che in amido (fig.10). Contrariamente ai composti zuccherini,
quali il succo di barbabietola o di canna, che possono essere sottoposti direttamente alla
fermentazione alcolica, i prodotti contenenti amido devono subire un preventivo processo di
idrolisi. Tale processo è infatti necessario a depolimerizzare l’amido, di per sé non fermentabile,
riducendolo al suo monomero, il glucosio, suscettibile di fermentazione.
Prendendo ad esempio la granella del frumento come materia prima amidacea, il processo di
idrolisi prevede un pretrattamento, effettuato secondo due vie alternative: processo a secco
consistente nella macinazione integrale della granella e nella successiva mescola con acqua,
processo per via umida consistente nella preventiva separazione delle componenti non
amidacee, quali le frazioni proteiche e le fibre, con un trattamento con soluzione di anidride
solforosa, e successiva separazione per macinazione in fase umida. Nel primo caso residua un
composto ad alto contenuto proteico, ricavabile a seguito della fermentazione degli amidi
66
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
(borlande), mentre nel secondo caso lo stesso materiale viene ottenuto in forma più purificata,
all’inizio del processo.
Generalmente tra le due procedure viene preferita quella a secco in quanto più economica per
quanto riguarda i costi di investimento, sebbene la procedura ad umido permette l’ottenimento
di una migliore qualità dei sottoprodotti proteici che si ottengono.
La fase di idrolisi, che segue al pretrattamento descritto, avviene preferenzialmente attraverso
enzimi ricavati da specifiche colture di microrganismi. Il processo è attuato in condizioni
termiche blande portando, come detto in precedenza, ad una soluzione di glucosio. La
fermentazione alcolica, che costituisce la fase successiva sia che si parta da prodotti amidacei
che zuccherini, è a carico quasi universalmente del lievito ”Saccaromyces cerevisiae” ed
avviene a condizioni di temperatura ambiente, in presenza di minime quantità di aria
(microaerofile), arrestandosi quando il tenore di alcol nella miscela raggiunge il 7-10%, in
genere raggiunto dopo tempi oscillanti intorno alle 72 ore. L’arresto è dovuto alla tossicità
dell’alcol, che a tali concentrazioni diventa tossico per lo stesso lievito che lo ha prodotto, ragion
per cui si è costretti ad operare con soluzioni diluite, con una spesa energetica consistente per
il recupero dell’alcol. In alternativa a tale configurazione del processo fermentativo, tipicamente
di tipo ”discontinuo”, esiste la possibilità di adottare un sistema in “continuo” in cui zucchero e
nutrienti vengono addizionati in modo controllato all’entrata del reattore, sottraendo l’alcool e le
cellule di lievito in uscita dal reattore. In tal modo si evitano gli effetti negativi che le alte
concentrazioni provocano sulla crescita cellulare e sulla produzione di etanolo. Una variante al
processo fermentativo in continuo è attuata con la rimozione dell’etanolo prodotto in un reattore
sottovuoto, riducendo cosi l’effetto negativo che l’alcool ha sulle cellule di lievito. L’applicazione
di questa metodologia trova però la sua limitazione nella necessità di mantenere il reattore sotto
vuoto a costi contenuti in presenza dell’anidride carbonica gassosa derivante dalla
fermentazione. Malgrado questa gamma di alternative tecnologiche, fino a pochi anni fa gran
parte della produzione mondiale dell’alcol etilico prodotto dalla fermentazione era attuata con il
processo discontinuo, soluzione pressoché identica a quella adottata prima della seconda
guerra mondiale. Il recupero dell’alcol dalla soluzione acquosa è la fase del processo che
maggiormente incide sull’economia e sulla spesa energetica complessiva. Ciò è dovuto alla
diluizione delle soluzioni ed alla formazione di una miscela azeotropica che si raggiunge
quando la percentuale di etanolo è pari a circa il 95% in peso.
In presenza dell’azeotropo, per ottenere alcol anidro è necessario operare la distillazione in
depressione oppure intervenendo con una distillazione ternaria, con un ulteriore consumo di
energia. Il metodo delle distillazioni successive rimane attualmente quello più usato a livello
industriale; ciò malgrado, proprio a causa degli alti costi che il processo comporta, attività di
ricerca sono state indirizzate in questo settore con la finalità di trovare metodi innovativi in
grado di ridurre la spesa energetica sia per raggiungere la miscela azeotropica che per ottenere
l’alcol anidro.
67
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Dall’alcol etilico al 99,7% e dall’iso-butilene, fatti reagire in presenza di opportuni catalizzatori, si
ottiene l’etere Etil-terbutilico (ETBE). La reazione avviene con l’impiego di componenti nel
rapporto quantitativo di quasi 1:1; esattamente, per ottenere 1,0 t di ETBE occorrono 0,47 t di
alcol etilico e 0,53 t di iso-butilene (C4H8).
Figura 10 - Possibili processi e prodotti energetici della produzione di etanolo (Fonte: Itabia, 2005).
3.7.1. Estrazione da canna da zucchero
La canna da zucchero contiene dal 12 al 17% di zucchero che viene estratto, dopo
macinazione, a temperature di 110°C (fig.11).
Il processo di trasformazione in etanolo è poi assicurato dall’utilizzo di lieviti del genere
Saccharomyces cerevisiae.
Le temperature di fermentazione ideali per l’attività del lievito sono di 33-35°C. Al di fuori di
questo range e con concentrazioni di etanolo maggiori del 10% il lievito si disattiva.
Alla fine del processo di fermentazione e dopo distillazione si ottiene etanolo al 95,5% v/v.
L’evaporazione della frazione acquosa porta al prodotto finale puro.
Figura 11 - Fasi della produzione di bioetanolo da canna da zucchero.
68
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
3.7.2. Estrazione da barbabietola da zucchero
Come per la canna da zucchero per la barbabietola la produzione di etanolo procede per via
fermentativa e per distillazione (fig.12).
L’estrazione necessita di temperature di 70-80°C e la successiva fermentazione può essere
effettuata tramite lieviti o, ancora in fase sperimentale, con batteri del genere Zymomonas
mobilis. L’utilizzo di batteri selezionati sembra garantire una trasformazione più efficiente del
glucosio in etanolo.
Figura 12 - Fasi di produzione di bioetanolo da barbabietola da zucchero.
3.7.3. Estrazione da mais
In molti vegetali l’amido si trova in forma di granuli costituiti da Amilosio (20% circa) e
amilopectina (80% circa) che sono due polimeri del glucosio.
Il mais viene inizialmente macinato in corrente d'acqua e quindi parzialmente disidratato con un
filtro a pressa. La pasta così ottenuta viene sottoposta a cottura (175°C) con un tempo di
permanenza di circa 5 minuti.
Gli amidi si rigonfiano con formazione di un gel. Al gel viene aggiunto l'enzima amilasi con lo
scopo di catalizzare l'idrolisi dell'amido per ottenere prima maltosio ed infine glucosio. L’attività
che segue è la normale fermentazione per l’ottenimento dell’alcol.
NAche nel caso della granella di mais è possibile pensare ad un processo di estrazione a secco
oppure in umido (fig. 13 e 14).
69
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Figura 13 – Processo di produzione di etanolo da granella di mais tramite processo di
estrazione a secco.
Figura 14 – Processo di produzione di etanolo
da granella di mais tramite processo di
estrazione in umido
70
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
3.7.4. Etanolo da materiale lignocellulosico
Un’ulteriore materia prima di importanza strategica per la produzione di alcol etilico è
rappresentata dai materiali lignocellulosici di scarto provenienti dal comparto agricolo,
agroindustriale e forestale, da sottoporre alla depolimerizzazione idrolitica acida od enzimatica
ed alla fermentazione.
La biomassa lignocellulosica è composta in genere da cellulosa, emicellulosa e lignina.
Questi composti sono polimeri di zuccheri semplici come glucosio, xilosio e arabinosio. Il
procedimento di trasformazione in etanolo prevede una fase di pretrattamento per trasformare i
polimeri in zuccheri semplici (acidificazione). Tale fase è effettuabile in due fasi:
-
per via enzimatica (molto costosa);
-
per via chimica, attraverso un trattamento a base di NaOH (risposte differenti a seconda
del materiale utilizzato, forte incidenza del costo di recupero della soda caustica).
Poi segue “normale” idrolisi e fermentazione.
3.7.5. Procedimento Steam Explosion
Lo Steam Explosion (SE) è un trattamento idrotermico che rende più facile e meno impattiva la
separazione delle tre differenti frazioni costituenti i comuni substrati vegetali (emicellulosa,
cellulosa e lignina).
Il materiale viene tenuto alla temperatura desiderata (180-230°C) per un breve periodo (1-10
minuti) nel corso del quale l’emicellulosa viene idrolizzata e resa solubile. Alla fine di questo
intervallo di tempo, la pressione viene rapidamente riportata al valore atmosferico ottenendo
una decompressione esplosiva che sfibra ulteriormente la biomassa.
L’efficacia del processo dipende da numerosi fattori alcuni legati al substrato (composizione
della pianta, pezzatura, contenuto di umidità, etc.) altri corrispondenti ai parametri operativi, in
particolare temperatura del vapore e tempo di residenza. Questo procedimento permette la
solubilizzazione dei componenti principali della biomassa (glucosio, xilosio, lignina) in acqua e
soluzione alcalina.
L’azione dell’acido solforico amplifica gli effetti idrolitici del trattamento di SE frammentando
ulteriormente i polimeri della biomassa in oligomeri e monomeri idrosolubili. Il suo impiego
risulta utile a basse temperature dato che incrementa la solubilizzazione della biomassa,
particolarmente nel caso dello xilosio.
Le sostanze ligno-cellulosiche contengono una percentuale di zuccheri che non sono fermentati
dai lieviti convenzionali. In molti casi, lo zucchero principale disponibile è lo xilosio.
Un certo numero di metodi differenti sono stati adottati per risolvere i problemi (inibizione,
formazione del sottoprodotto, concentrazioni basse del prodotto) connessi con la fermentazione
dello xilosio.
Questi includono l’ingegneria genetica per modificare il metabolismo dei batteri o dei lievito e
selezione degli organismi capaci di fermentare i cinque atomi carboni costituenti lo zucchero.
71
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Un tale organismo è Bacillus stearotermofilus che fermenta una vasta gamma di zuccheri alle
temperature fino a 75°C.
3.8. Caratteristiche e utilizzi del bioetanolo
Il bioetanolo è adatto come combustibile per i veicoli a motore, a temperatura ambiente è allo
stato liquido e può essere manipolato in maniera simile ai combustibili tradizionali.
In più l’alcool ha un alto numero di ottano e quindi consente rapporti di compressione elevati
migliorando l’efficienza e la performance del motore.
Se paragonato alla benzina, l’etanolo ha una bassa densità energetica (in volume) che si
riflette in un maggiore consumo di combustibile per km.
Sono tre le possibilità di utilizzo del bioetanolo:
•
in forma pura o “idrata” (4% di acqua sul volume) in veicoli dedicati;
•
come miscela “anidra” composta da bioetanolo e benzina;
•
per la sintesi dell’ETBE (Etil Terz Butil Etere).
Poiché i combustibili a base di alcool possono erodere alcuni elastomeri ed accelerare la
corrosione di alcuni metalli, determinati componenti potrebbero dover essere sostituiti. Utilizzato
in forma pura il bioetanolo evapora con difficoltà alle basse temperature e quindi i veicoli
funzionanti con etanolo puro (E100) hanno difficoltà di avviamento nella stagione fredda. Per
tale ragione il bioetanolo di solito è miscelato con una piccola percentuale di benzina in modo
da migliorarne l’accensione per questo la miscela ad alta percentuale di bioetanolo più comune
è quello E85.
Le miscele a bassa percentuale di bioetanolo (fino alla E10) possono essere utilizzate dai
motori a benzina più convenzionali, le cui performance potrebbero leggermente migliorare.
L’utilizzo delle miscele E5–E10 permette inoltre di evitare la necessità di strutture dedicate e di
una rete di distribuzione specifica, vere barriere all’utilizzo diffuso di miscele ad elevata
percentuale di bioetanolo.
Uno dei progressi più significativi raggiunti di recente è lo sviluppo di veicoli “flex-fuel” (FFVs)
che sono in grado di operare con una gamma di miscele di bioetanolo fino alla E85. Un
avanzato sistema di controllo individua automaticamente le caratteristiche del combustibile
utilizzato e regola il motore di conseguenza.
Meno comune ed ancora in fase di sperimentazione è l’utilizzo del bioetanolo in miscela con il
gasolio.
Con la trasformazione chimica si può ottenere dall’etanolo l’ETBE (Etil Terz Butil Etere) che può
essere utilizzato tal quale per produrre calore o in miscela nelle benzine senza piombo per
sostituire il MTBE (Metil Terz Butil Etere) di origine petrolifera.
E’ un additivo (ossigenato) molto interessante che presenta numerosi vantaggi ambientali:
•
bassa volatilità (riduzione di emissioni di composti organici volatili - COV);
•
basso contenuto in aromatici (riduzione emissioni);
72
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
•
elevato numero di ottano (adatto per motori ad elevato rapporto di compressione ed
elevata efficienza);
•
è compatibile con le attuali tecnologie automobilistiche;
•
è compatibile con le attuali infrastrutture;
•
elevato contenuto energetico;
•
limitate emissioni di CO2.
73
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
4. FILIERA BIOGAS
4.1. Il biogas nell’UE
I Paesi dell'Unione Europea manifestano un interesse crescente verso questa fonte energetica
rinnovabile e i vantaggi ambientali dati dal recupero di tale risorsa e dalla conseguente
riduzione delle emissioni. Ciascuno, in base al potenziale e alla vocazione del proprio territorio,
ha sviluppato specifici canali di valorizzazione delle fonti di biogas a disposizione: allevamento
di bestiame, effluenti agroindustriali, trattamento fanghi fognari, stazioni di depurazione urbane
e industriali, recupero da discariche.
In Germania, l’attuale sviluppo di energia primaria da biogas è ottenuta principalmente grazie
alla produzione di elettricità da piccole aziende che attuano un processo cogenerazione (CHP).
La Germania è il Paese europeo nel quale la digestione anaerobica ha avuto il maggior
impulso. Nel 2007 si valuta la presenza di oltre 2.400 impianti per una potenza elettrica
installata di oltre 400 MW. Il 94% degli impianti di biogas opera in codigestione (liquami
zootecnici+colture energetiche+scarti organici) (tab. 23).
È il risultato di una forte politica di incentivazione da parte del Governo di Berlino che ha fissato
un prezzo per l’energia elettrica da biogas fino a 21,5 centesimi di euro/kWh per un periodo di
20 anni, con significativi contributi pubblici agli investimenti. In Austria sono operativi 290
impianti di codigestione che producono da 90 a 137 milioni di metri cubi di biogas all’anno.
L’energia prodotta viene pagata fino a 16,50 centesimi di euro/kWh (fig. 15).
Esempi di successo si sono registrati in Gran Bretagna, Germania, Danimarca, Lussemburgo e
Svezia, che a loro volta hanno ispirato pratiche virtuose da parte della Francia. Ciononostante,
rispetto agli obiettivi indicati nel 1997 nel "Libro Bianco per una strategia e un piano
d’azione della comunità" che prospettavano una produzione di 15 Mtep per il 2010, il
traguardo è ancora lontano: sulla base degli attuali 5,3 Mtep si prevede che nel 2010 si
potranno raggiungere 8,6 Mtep.
Anche nel nostro Paese gli incentivi alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili
(certificati verdi) e l’evoluzione nella politica ambientale (Conferenza di Kyoto) sulla riduzione
dei gas serra possono dare un nuovo impulso alla digestione anaerobica. Nel 2003 la
produzione di biogas in Italia era di 201.000 tep (circa 2,3 TWh, vale a dire 1 miliardo di kWh –
stime EurObserv’ER).
Ben poco rispetto al fabbisogno complessivo di energia elettrica dell’Italia che nel 2003 è stato
di 320,7 TWh (l’offerta di energia rinnovabile era nel 2004 inferiore al 15% della richiesta).
74
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Tabella 23 - Produzione di biogas da rifiuti organici, da fanghi di depurazione urbani e
industriali e altri biogas ottenuti da biomasse agricole (colture dedicate e/o scarti delle
lavorazioni agroindustriali) nel 2006 e 2007.
Paese
Biogas da
rifiuti
Biogas da
depuratori
Altri
biogas
Totale
Biogas da Biogas da
rifiuti
depuratori
2006
Altri
biogas
Totale
2007
Germania
383,2
270,2
1011,7
1665,3
416,4
270,2
1696,5
2383,1
Regno Unito
1318,5
180
-
1498,5
1433,1
191,1
-
1624,2
Italia
337,4
1
44,8
383,2
357,7
1
47,5
406,2
Spagna
251,3
48,6
19,8
319,7
259,6
49,1
21,3
329,9
Francia
150,5
144
3,6
298,1
161,3
144,2
3,7
309,2
Olanda
46
48
47,1
141,1
43,2
48
82,8
174
Austria
11,2
3,5
103,4
118,1
10,7
2
126,4
139,1
Danimarca
14,3
21
57,6
92,9
14,3
21
62,3
97,9
51
17,6
9,1
77,6
48,1
18
12,5
78,6
Rep. Ceca
24,5
31,1
7,8
63,4
29,4
32,1
17
78,5
Polonia
18,9
43,1
0,5
62,4
19,1
43
0,5
62,6
Grecia
21,2
8,6
-
29,8
38
9,8
-
47,8
Finlandia
26,1
10,4
-
36,4
26,4
10,3
-
36,7
Irlanda
25,4
5,1
1,8
32,3
23,9
7,9
1,7
33,5
Svezia
9,2
17,1
0,8
27,2
9,2
17,1
0,8
27,2
Ungheria
1,1
8
3,1
12,2
2,1
12,4
5,7
20,2
Portogallo
-
-
9,2
9,2
-
-
15,4
15,4
6,9
1,1
0,4
8,4
7,6
0,6
3,8
11,9
-
-
9,2
9,2
-
-
10
10
Slovacchia
0,4
6,9
0,4
7,6
0,5
7,6
0,5
8,6
Estonia
3,1
1,1
4,2
3,1
1,1
-
4,2
Lituania
-
1,5
0,5
2
1,6
0,8
-
2,5
Cipro
-
-
-
-
-
-
0,2
0,2
2700,2
867,9
1330,8
4898,8
2905,3
887,3
2108,6
5901,5
Belgio
Slovenia
Lussemburgo
UE
75
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Figura 15 - Produzione di energia primaria da biogas in Europa nel 2007.
In Germania, l’attuale sviluppo dell’energia primaria da biogas è ottenuto grazie principalmente
alla produzione di elettricità di piccole aziende agricole che operano in cogenerazione (CHP)
(tab. 24-25). Questo successo si spiega con l’applicazione di particolari tariffe incentivanti la
produzione di elettricità dalla digestione di biomasse agricole.
76
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Tabella 24 – Produzione grezza di elettricità a partire da biogas nell’UE nel 2006 e 2007 (EN
GHW).
Paese
Centrali
elettriche
Centrali
Elettricità Centrali
funzionanti a
totale
elettriche
cogenerazione
2006
Germania
Centrali
funzionanti a
cogenerazione
Elettricità
totale
2007
-
7446
7446
-
9520
9520
4424
463
4887
4795,6
503,4
5299
Italia
1061,9
241,8
1303,7
1125,6
256,3
1381,9
Spagna
610,3
56
666,3
631,1
56
687,1
Francia
487,3
35,4
522,7
505,3
35,7
541
Olanda
146,1
215
361,3
274,2
223,2
497,4
Austria
424,1
23
447,1
469,8
22,8
492,6
1,6
278,4
280,1
1,6
293,3
295
Belgio
158,3
120,6
278,9
152
127,4
279,4
Rep. Ceca
63,1
112,8
175,8
80,3
142,6
222,9
Polonia
69,3
38,5
107,9
91,3
84
175,3
Grecia
-
160,1
160,1
-
160,1
160,1
Finlandia
108,4
13,6
122
101,9
16,9
118,8
Irlanda
25,2
7,4
32,6
58
7,3
65,4
Svezia
8,6
26,1
34,7
8,9
39,2
48,2
Ungheria
-
46,3
46,3
-
46,3
46,3
Portogallo
-
32,6
32,6
-
36,6
36,6
0,9
21,4
22,3
0,9
21,4
22,3
-
22,1
22,1
-
22,1
22,1
1,1
13
14,1
1,1
13
14,1
Estonia
-
5,4
5,4
-
6,3
6,3
Lituania
-
4
4
-
4
4
0,2
0,2
0,2
-
1,4
1,4
7590,4
9382,7
16973,2
8297,6
11639,3
19937,2
Regno Unito
Danimarca
Slovenia
Lussemburgo
Slovacchia
Cipro
UE
77
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Tabella 25 – Produzione di calore grezzo a partire da biogas nell’UE nel 2006 e 2007 (EN
GHW).
Paese
Unità di
calore
Unità di calore
funzionanti a
cogenerazione
Calore
totale
Unità di
calore
2006
Unità di calore
funzionanti a Calore totale
cogenerazione
2007
Regno Unito
61,9
-
61,9
61,9
-
61,9
francia
44,4
5,8
50,2
47,4
5,8
53,2
Italia
-
38,6
38,6
-
40,9
40,9
Polonia
6
28,1
34,2
6
28,1
34,1
Rep.Ceca
10
13,9
23,9
9,6
14,3
23,9
Danimarca
3,7
17,1
20,9
4,7
18,8
23,5
Germania
8,7
14,5
23,2
8,7
14,5
23,2
Finlandia
2,5
19,7
22,1
2,5
19,7
22,2
Svezia
4,7
11,7
16,4
4,7
11,7
16,4
Spagna
14,7
-
14,7
14,7
-
14,7
Belgio
1
12,9
13,9
1,6
12,6
14,2
Austria
4,7
4,2
8,9
4,3
4,2
8,5
Lussemburgo
-
4,4
4,4
-
5
5
Grecia
-
2,9
2,9
-
3,5
3,5
Irlanda
1,5
2,6
4
1,5
1,9
3,4
Slovacchia
2,3
0,9
3,2
2,3
0,9
3,2
Uncgheria
-
2,6
2,6
-
2,6
2,6
Estonia
0,1
0,9
1
0,1
0,9
1
Olanda
-
1
1
-
1
1
Lituania
-
0,3
0,3
-
0,3
0,3
Cipro
-
0,02
-
-
-
-
166,2
182,12
348,3
170
186,7
356,7
UE
4.2. La situazione in Italia e in Puglia
Secondo l’EurObserv’ER, l’Osservatorio europeo delle energie rinnovabili, la produzione
italiana biogas del 2007 è stata di 406,2 KTEP (migliaia di tonnellate equivalenti al petrolio)
costituite quasi essenzialmente da biogas prodotto da discarica (357,7). Scarso invece
l’apporto delle stazioni di depurazione urbane e industriali con 1,0 KTEP, mentre la sezione
“altri biogas”, che include unità decentralizzate di biogas agricolo, impianti di metanizzazione di
rifiuti municipali solidi e unità centralizzate di codigestione, ha prodotto 47,5 KTEP. Un discreto
progresso rispetto al precedente anno: +6.0% (da 383,2 a 406,2 KTEP), mentre nell’Ue,
78
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
mediamente, la produzione di energia primaria da biogas è salita del 20,4% (la sola Germania
ha raggiunto quasi i 2400 KTEP).
Nel 2007 sono stati censiti circa 150 impianti, di cui circa 40 sono impianti semplificati e a basso
costo, realizzati sovrapponendo una copertura di materiale plastico ad una vasca di stoccaggio
dei liquami zootecnici, e circa 30 sono in costruzione. La quasi totalità degli impianti è
localizzata nelle regioni del nord Italia. Nel corso degli ultimi tre anni anche in Italia si è mostrato
interesse alla codigestione dei liquami zootecnici con le colture energetiche e gli scarti
agroindustriali e attualmente diversi impianti (circa il 40% del totale) sono già operativi e/o in
costruzione e/o in fase di progettazione.
Figura 16 – Impianti a biogas in Italia.
In Puglia la valorizzazione dei reflui zootecnici per la produzione di biogas mediante processi
biologici, presenta diverse valenze, oltre agli aspetti energetici, in termini di diversificazione
produttiva per le aziende agricole, di creazione di nuove professionalità e di protezione
dell’ambiente.
79
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Sulla base della consistenza degli allevamenti presenti secondo i dati del censimento ISTAT
2000, si è stimato un potenziale energetico teorico pari a 34.658 tep. Circa il 75% deriva dal
contributo degli allevamenti bovini, il 23% da quelli di ovini e solo il 2% da suini.
Una volta stimato il potenziale teoricamente disponibile, si tratta di valutare dove sia possibile e
conveniente lo sfruttamento del biogas sulla base delle tecnologie disponibili e soprattutto, della
struttura e delle peculiarità del comparto zootecnico regionale.
In particolare si devono tenere presenti i seguenti fattori:
-
tipologia degli allevamenti: l’allevamento in stalle, riveste sicuramente un maggiore
interesse rispetto all’allevamento a pascolo;
-
numero e dimensioni (capi/allevamento) degli allevamenti: la possibilità di mantenere un
livello di produzione costante può diventare un fattore fortemente limitante per lo sviluppo
di tali impianti, soprattutto da un punto di vista economico. In generale si ritiene, quindi che
vi possa essere reale convenienza solo nella realizzazione di impianti medio/grandi e che
possano quindi risultare idonei allevamenti la cui consistenza minima è di 100 capi bovini o
500 capi suini e quindi allevamenti di dimensioni considerevoli (cosiddetta produzione
concentrata o intensiva);
-
densità territoriale degli allevamenti: una elevata densità territoriale, soprattutto quando la
consistenza del patrimonio zootecnico non è rilevante, permettendo lo sviluppo di efficienti
reti di raccolta, può facilitare il collegamento fra più allevamenti e l’integrazione di
produzioni anche non rilevanti che potrebbero confluire in un unico impianto centralizzato
con ritorni economici non trascurabili.
Filiere integrate per la produzione di biogas
Nell’analisi relative le possibilità della filiera biogas in Puglia, diventa interessante la possibilità
dell’apporto di co-substrati di altra origine sta trovando recentemente larga applicazione in
quanto consente di sopperire in parte ai cali di produzione stagionali ed in generale di ottenere
maggiori rendimenti di biogas ed un introito aggiuntivo per il gestore dell’impianto.
In tale ottica, è pensabile l’utilizzo, insieme alle deiezioni di origine zootecnica, di sottoprodotti di
origine cerealicola (paglie) oppure colture dedicate alla produzione di biomassa (es. mais,
frumento, triticale, ecc.).
In tale ottica, le province presentano un significativo numero di allevamenti di dimensioni
rilevanti (in particolare la provincia di Foggia e di Taranto) per cui le maggiori prospettive,
almeno nel breve periodo, risiedono nella realizzazione di impianti di cogenerazione di mediagrossa taglia (con rendimenti dell’ordine del 25% per la produzione di energia elettrica e del
60% per l’energia termica) dimensionati in modo tale da sopperire in toto ai consumi aziendali
ed eventualmente anche di cedere parte dell’energia elettrica prodotta alla rete per
l’ottenimento di certificati verdi (fig. 17).
80
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Analoghe prospettive si presentano per il comparto suinicolo nelle province di Foggia e Lecce,
dove il 64% ed il 74% rispettivamente del patrimonio zootecnico, nel complesso non
particolarmente rilevante, risulta concentrato in allevamenti con più di 1.000 capi.
Si dovrà inoltre valutare la possibilità di avviare forme consortili tra più allevamenti e
l’integrazione delle produzioni di reflui per la realizzazione di impianti centralizzati.
Le deiezioni animali sono a livello regionale la materia prima più importante per la digestione
anaerobica, con presenza di diverse tipologie di reflui, vanno distinte i liquami suini, i letami
bovini e le deiezioni avicole.
Per gli ovi-caprini, infatti, lo stato brado e semibrado con cui vengono allevati non è adatto alla
massimizzazione della raccolta delle deiezioni animali. L’allevamento di specie avicole non è
particolarmente sviluppato.
Figura 17 – Potenzialità nella produzione di biogas in Puglia.
(fonte: La banca dati biomasse in Puglia – Regione Puglia)
4.3. Le materie prime
Le matrici da avviare alla digestione anaerobica per l’ottenimento di biogas sono diverse (tab.
26):
-
di origine agricola: reflui zootecnici, residui colturali e colture dedicate
-
di origine industriale: scarti dell’agroindustria e sottoprodotti di origine animale
81
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
-
di origine urbana: fanghi di depurazione, Forsu (frazione organica raccolta in modo
differenziato dai rifiuti urbani).
Liquame suino. Questo tipo di effluente zootecnico è caratterizzato da un contenuto
estremamente variabile di sostanza secca o solidi totali (1-6%) e di sostanza organica o solidi
volatili, a causa delle differenti tipologie di allevamento comunemente presenti sul territorio.
Liquame bovino. Le deiezioni bovine sono spesso rimosse dalle stalle utilizzando raschiatori.
L’aggiunta di paglia, spesso effettuata nelle stalle, conduce a variazioni nel contenuto di solidi
totali (8- 15%). L’effetto di diluizione è minimo rispetto a quello che si ha con le deiezioni suine
anche a causa del fatto che normalmente le zone calpestate dal bestiame vengono pulite e
risciacquate con basse quantità di acqua. Come nel caso dei suini, anche nelle deiezioni bovine
il contenuto di solidi totali dipende fortemente dal sistema di allevamento degli animali.
Deiezioni avicole (pollina). La pollina che più si presta alla digestione anaerobica, grazie
all’assenza di lettiera, è quella delle galline ovaiole che sono solitamente allevate in gabbia in
allevamenti che arrivano a contenere fino a diverse centinaia di migliaia di capi. Le deiezioni
asportate fresche con i nastri sono caratterizzate da un alto contenuto in solidi totali (minimo 1820%) e da alte concentrazioni di azoto ammoniacale. L’alto contenuto di ammoniaca può
condurre a effetti inibitori durante la digestione e causare alte emissioni ammoniacali durante il
successivo stoccaggio del digestato. Le deiezione avicole presentano spesso anche un forte
contenuto di inerti che sedimentando sul fondo, vanno a formare uno strato che causa frequenti
problemi operativi e riduce il volume utile dei reattori.
Residui colturali. Anche i residui provenienti dai raccolti agricoli possono essere utilizzati come
matrici nella digestione anaerobica. In Germania, ad esempio, questi residui vengono
addizionati come co-substrati alle deiezioni animali utilizzate come matrici primarie. Possibili
matrici per la digestione anaerobica possono comprendere foraggi, frutta e vegetali di scarsa
qualità, percolati da silos e paglia.
Colture non alimentari ad uso energetico. Diversi studi sono stati effettuati per trovare
sistemi di coltivazione di piante specifiche per la successiva digestione anaerobica e per la
produzione di biogas. Tutto ciò potrebbe essere di interesse per quei paesi in via di sviluppo, in
cui i costi dell’energia sono alti e dove sono presenti ampie aree agricole favorite da climi
temperati. Anche in Europa, dove si ha sovrapproduzione agricola, la digestione anaerobica di
colture energetiche può essere un’alternativa in particolare per l’utilizzo di aree incolte e a
riposo (set aside) o di aree irrigate con acque recuperate dai depuratori urbani. La coltivazione
di colture energetiche è incentivata dalla nuova politica agricola comunitaria, che prevede uno
specifico incentivo di 45 €/ha.
Scarti organici e acque reflue dell’agro-industria. Ingenti quantità di prodotti agricoli sono
lavorati nell’industria alimentare. Durante tali lavorazioni si producono reflui che spesso
possono essere avviati alla digestione anaerobica. Il fango anaerobico risultante può essere
utilizzato come ammendante su terreni agricoli. Tipici sottoprodotti e scarti agro-industriali sono,
82
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
ad esempio, il siero di latte, contenente proteine e zuccheri dall’industria casearia, e i reflui
liquidi dall’industria che tratta succhi di frutta o che distilla alcool. Di interesse per la digestione
anaerobica sono anche diversi scarti organici liquidi o semisolidi dell’industria della carne
(macellazione e lavorazione della carne), quali grassi, sangue, contenuto stomacale, budella (si
veda Regolamento (Ce) n. 1774/2002 “Norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine
animale non destinati al consumo umano”). Tali residui, ad esempio, possono essere
addizionati come co-substrati nella digestione di liquami zootecnici o fanghi di depurazione.
Fanghi di depurazione. Sono il residuo del processo di depurazione delle acque reflue urbane
e industriali. Sono costituiti da biomassa batterica e da sostanza inerte, organica e inorganica.
In generale gli obiettivi della digestione anaerobica dei fanghi di depurazione sono: la
stabilizzazione della sostanza organica, la distruzione degli eventuali microoganismi patogeni e
la facilitazione dello smaltimento finale. Tale substrato non è consigliabile per gli impianti di
biogas aziendali che trattano liquami zootecnici a causa delle problematiche connesse alle
attuali normative italiane di riferimento.
Frazioni organiche di rifiuti urbani. Nei rifiuti urbani domestici la percentuale di frazione
organica umida è compresa in genere tra il 25 e il 35% in peso. La composizione media di
questa frazione derivante da raccolta differenziata secco-umido non differisce in modo
sostanziale dall’organico raccoglibile da utenze selezionate, quali mercati all’ingrosso dell’ortofrutta e dei fiori, mercati ittici e rionali, esercizi commerciali di generi alimentari, punti di ristoro
(pizzerie, ristoranti, ristorazione collettiva); la presenza di piccole quantità di plastica e vetro è in
genere inferiore al 5% sul totale. Queste frazioni organiche presentano un elevato grado di
putrescibilità e umidità (> 65%), che le rendono adatte alla digestione anaerobica. Anche questo
substrato, così come i fanghi di depurazione, non è consigliabile negli impianti per liquami
zootecnici per ragioni normative.
Tabella 26 - Biomasse e scarti organici avviabili alla digestione anaerobica e loro resa in biogas.
Materiali utilizzati
Biogas
(m3/ t sv) (*)
Deiezioni animali (suini, bovini, avicunicoli)
200-500
Residui colturali (paglia, colletti barbabietole, etc.
350-400
Scarti organici agroindustria (siero, scarti vegetali, lieviti,
400-800
fanghi e reflui di distillerie, birrerie e cantine, etc)
Scarti organici macellazione (grassi, contenuto stomacale
550-1.000
e intestinale, sangue, fanghi di flottazione, etc.)
Fanghi di depurazione
250-350
Frazione organica rifiuti urbani
400-600
Colture energetiche (mais, sorgo zuccherino, etc.)
550-750
(*) sv=solidi volatili
83
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Le biomasse disponibili in Italia sono:
-
deiezioni animali: 180.000.000 t/anno;
-
scarti agroindustriali: 12.000.000 t/anno;
-
scarti di macellazione: 2.000.000 t/anno;
-
fanghi di depurazione: 2-3.000.000 t/anno;
-
FORSU (frazione organica raccolta in modo differenziato dai rifiuti urbani): circa 9.000.000
t/anno;
-
residui colturali: 10.000.000 t di sostanza secca all’anno;
-
colture energetiche.
Il settore zootecnico dimostra di essere il motore per lo sviluppo su larga scala della digestione
anaerobica. Reflui zootecnici e scarti dell’industria agroalimentare, grazie alla loro elevata
disponibilità e alta resa energetica, possono contribuire infatti ad aumentare l’efficienza dei
digestori urbani. Anche gli impianti aziendali vengono alimentati prevalentemente con liquame
bovino o suino, eventualmente addizionato con scarti organici selezionati. Fino al 1999 questa
era la situazione esclusiva poi, nel corso degli ultimi anni, è aumentato anche nel nostro Paese
l’interesse per la codigestione dei liquami zootecnici con le colture energetiche (principalmente
mais e sorgo zuccherino). Alcuni impianti sono già operativi e/o in costruzione e/o in fase di
progettazione.
L’operatività di questi impianti è legata alla resa energetica delle biomasse utilizzate. Il
rendimento in biogas e quindi energetico del processo è infatti molto variabile e dipende dalla
biodegradabilità del substrato trattato, che a sua volta è condizionata da elementi come la
specie e la cultivar utilizzata, la densità di semina, l’andamento climatico dell’annata, ecc.
Le colture dedicate sono soprattutto i cereali, sia a ciclo autunno – vernino quali frumento,
triticale, orzo e segale, sia a ciclo primaverili-estivo quali mais, sorgo zuccherino e sorgo da
fibra.
4.4. Aspetti tecnologici
Il Biogas è una miscela di metano, anidride carbonica e quantità minori di altri gas (H2, H2S, N2,
ecc.) che si originano dai processi di fermentazione anaerobica della sostanza organica (S.O.)
(fig. 18).
La percentuale di metano nel biogas varia tra il 50% e l’80% (fig. 19).
84
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Figura 18 - la filiera del biogas.
Figura 19 - Composizione media del biogas.
85
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
4.4.1. Processo di digestione anaerobica
Le tecniche di digestione anaerobica possono essere suddivise in due gruppi principali:
•
digestione a umido (wet digestion), quando il substrato ha un contenuto di sostanza secca
è < 10%.
•
digestione a secco (dry digestion), quando il substrato avviato a digestione ha un
contenuto di sostanza secca >20%
Processi con valori di secco intermedi vengono in genere definiti processi a semisecco.
La maggior parte degli impianti utilizza la tecnica della digestione a umido (wet digestion),
fermentando un substrato che ha un contenuto di sostanza secca inferiore al 10% (fig. 20). In
questo caso i reflui creano le condizioni adatte allo svolgimento del processo di digestione
anaerobica. I microrganismi coinvolti sono numerosi. I primi a intervenire sono i batteri idrolitici e
fermentativi, che producono acidi grassi e alcoli che vengono a loro volta aggrediti da batteri
acetogenici e omoacetogenici. L’acetato e l’idrogeno sono a loro volta metabolizzati dai batteri
metanigeni. L’ambiente di reazione deve presentare caratteristiche compatibili con le esigenze
di tutti i batteri coinvolti. Il pH ottimale è attorno a 7- 7,5, la temperatura ottimale di processo è di
circa 55 °C se si utilizzano i batteri termofili e intorno ai 35 °C se si opera con i batteri mesofili
(più lenti ma più utilizzati).
È possibile rinunciare o limitare l’apporto dei reflui zootecnici utilizzando la tecnica della
digestione a secco (dry digestion) quando il substrato ha un contenuto in sostanza secca
superiore al 20%. Si sta valutando l’efficacia di specifici inoculi batterici per avviare il processo
di fermentazione di biomasse vegetali.
La digestione anaerobica può essere condotta in condizione mesofile (circa 35°C) o termofile
(circa 55°C). Con impianti semplificati è possibile operare anche in psicrofilia (10-25 °C).
La trasformazione del biogas in energia può avvenire per:
-
combustione diretta in caldaia, con produzione di sola energia termica ;
-
combustione in motori azionanti gruppi elettrogeni per la produzione di energia elettrica;
-
combustione in cogeneratori per la produzione combinata di energia elettrica e di energia
termica;
-
uso per autotrazione come metano al 95%.
86
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Figura 20 - Schema del processo biologico di digestione anaerobica.
4.4.2. Caratteristiche e utilizzi del biogas
Il biogas recuperato ha un potere calorifico inferiore normalmente compreso tra 4.000 e 6.000
kcal/Nm3 e può avere vari impieghi:
-
possibilità di produzione di energia elettrica e termica (cogenerazione) in microturbine a
gas; tramite la cogenerazione, si genera calore che può essere usato per riscaldare gli
stessi digestori o effettuare il teleriscaldamento;
-
possibilità di produzione di energia elettrica e termica (cogenerazione)
in motori a
combustione interna a ciclo Otto, previa purificazione (upgrading);
87
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
-
utilizzato quale carburante per l’alimentazione di motori endotermici (motori a scoppio
opportunamente modificati), previa purificazione (upgrading);
-
un’ulteriore possibilità di impiego del biogas, già molto diffusa in Svezia e che si sta
sviluppando recentemente anche in altri paesi europei, è la sua immissione nella rete del
metano o il suo impiego previa purificazione (upgrading);
-
produzione di gas di sintesi e/o di idrogeno, attraverso processi catalizzati analoghi a quelli
utilizzati per il metano (ossidazione parziale catalitica).
Di questi usi, essenzialmente solo la prima tipologia trova applicazioni su larga scala, mentre le
altre sono a livello di sperimentazione o di dimostrazione.
Il biogas in Puglia
Diverse sono le iniziative in corso a livello regionale per la realizzazione di impianti di digestione
anaerobica prevalentemente concentrati nella provincia di Foggia che pur approvati
manifestano ritardi nella realizzazione a seguito di difficoltà nella connessione con la rete
elettrica.
88
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
5. ASPETTI SOCIOECONOMICI
5.1. Premessa
La tematica dell’uso delle energie rinnovabili e, all’interno di queste, delle energie di fonte
agricola è stata oggetto di una crescente attenzione da parte del mondo politico, del mondo
della ricerca e del sistema delle imprese.
Le principali motivazioni sono individuabili nelle emergenze ambientali derivanti da un uso
sempre più massiccio delle fonti fossili, nel crescente fabbisogno energetico mondiale e nella
esigenza di incrementare i livelli di autosufficienza dei Paesi importatori netti di energia.
Queste motivazioni che, di fatto, permeano diffusamente le analisi e gli studi realizzati
sull’argomento, oltre a rappresentare gli aspetti principali del “sentire” della pubblica opinione,
hanno trovato visibilità in numerose azioni di indirizzo e, soprattutto di regolamentazione diretta
della Unione Europea.
Tra queste ultime è opportuno evidenziare prima di tutto l’erogazione di un aiuto diretto (artt. 8892 del Reg. CE 1782/2003) di 45 €/ha per la realizzazione di colture bioenergetiche, ivi
compresa, a partire dal 2005, la barbabietola da zucchero, per una superficie garantita a livello
comunitario di 1,5 milioni di ha.
A tale modalità di sostegno è da aggiungere quanto indicato nella regolamentazione di
riferimento per la programmazione FEASR 2007-2013 (Regg. CE 1698/05, 1974/06)
relativamente alla esigenza di promuovere la produzione di energie rinnovabili di origine
agricola, anche con l’obbiettivo di aprire nuovi sbocchi di mercato.
Mentre in Italia è stato estremamente modesto il riscontro all’aiuto diretto (circa 4.800 ha nel
2007), sicuramente di maggior rilievo è quanto si è sviluppato nella programmazione FEASR,
ove di assoluta rilevanza è quanto suggerito per la creazione di filiere bionergetiche sia negli
Orientamenti Strategici Comunitari che nel Piano Strategico Nazionale. A ciò sono conseguite,
in un quadro nazionale ancora incompleto ma sufficientemente indicativo, scelte e risorse
dedicate nei Programmi di Sviluppo Rurale delle regioni italiane, anche in virtù di una volontà
condivisa nei contesti partenariali, da un lato discendente dall’altro determinante aspettative del
sistema delle imprese agricole.
In definitiva si è ormai prossimi al momento della individuazione di strumenti concreti di
intervento e della definizione di scelte strategiche di medio-lungo periodo, rispetto alle quali
appare fondamentale una attenta lettura – fatti salvi ovviamente limiti e potenzialità di natura
agronomica e tecnologica – della situazione di contesto e una individuazione delle principali
variabili di natura socioeconomica, dominanti e conseguenti le opzioni selezionate in materia di
energie da fonte agricola.
Di seguito, pertanto, dopo un aggiornamento sul quadro normativo comunitario, nazionale e
regionale, si tenta di operare sia una descrizione del contesto pugliese che dei fattori, come
detto socioeconomici, da tenere in conto ai fini della definizione delle strategie di intervento.
89
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
5.2. Il quadro normativo
A livello comunitario, sulla scia del Protocollo di Kyoto, il “Libro Bianco” del 1997 sulle fonti
rinnovabili
ed
il
“Libro
Verde”
del
2000
della
Commissione
sulla
Sicurezza
dell’approvvigionamento energetico, ribadiscono l’esigenza di favorire la promozione delle fonti
rinnovabili e impegnano gli Stati membri a ridurre le proprie emissioni di gas serra. Entrambi i
provvedimenti invitano inoltre gli Stati a realizzare l’obiettivo del 7% nell’impiego di carburanti di
origine agricola sull’insieme dei carburanti entro il 2010 e del 20% entro il 2020 e a coprire,
mediante misure di ordine fiscale, il differenziale di prezzo tra biocarburanti e prodotti
concorrenti di origine fossile.
La Direttiva 2001/77 CE ha introdotto un obiettivo strategico per gli Stati membri col tentativo di
portare il contributo delle fonti rinnovabili al 12% del consumo interno di energia entro il 2010 ed
in particolare, al 22% quello relativo all’energia elettrica prodotta da FER (Fonti Energetiche
Rinnovabili).
Il progetto europeo in materia di biocarburanti ha completato il proprio iter normativo nel corso
del 2003 con l’emanazione rispettivamente della Direttiva 2003/30 sulla promozione dell’uso di
biocarburanti – che esorta gli Stati membri a provvedere affinché una percentuale minima di
biocarburanti sia immessa sui loro mercati e a definire degli obiettivi indicativi nazionali – e della
Direttiva 2003/96 che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e
sancisce, all’art. 16, la possibilità per gli Stati dell’Unione di applicare esenzioni o riduzioni di
aliquote di imposta su una serie di prodotti tra cui l’alcole etilico denaturato.
L’Italia ha ratificato il Protocollo di Kyoto attraverso la legge n. 120 del 1° giugno 2002, in cui
viene illustrato il relativo Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra.
Il Programma Nazionale per l’energia Rinnovabile da Biomasse (PNERB), messo a punto dal
Ministero delle Politiche Agricole, indica quali dovrebbero essere le linee guida per lo sviluppo
del settore, in sintonia con quanto evidenziato dal “Libro Bianco” della Commissione europea e
dal “Libro Verde” nazionale sulle fonti rinnovabili.
In attuazione delle citate disposizioni e del regime fiscale previsto nella Legge Finanziaria, è
stato emanato il Decreto del Ministero delle Finanze 96/2004 recante agevolazioni fiscali
all’etanolo di origine agricola che stabilisce le modalità di attuazione della defiscalizzazione,
rendendo finalmente operativo il progetto italiano sul bioetanolo. In particolare, all’art. 1 comma
1, si approva il progetto sperimentale, della durata di un triennio, “al fine di incrementare
l’impiego di fonti energetiche che determinino un ridotto impatto ambientale” attraverso l’utilizzo
come carburanti, da soli o in miscela con oli minerali, dei prodotti di seguito riportati:

bioetanolo derivato da prodotti di origine agricola;

etere etilbutilico (Etbe) derivato da alcole di origine agricola;

additivi
e riformulati, prodotti da biomasse, utilizzati come additivi per benzine e per
gasolio, escluso il biodiesel.
90
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Il D.LGS 387/2003 che recepisce la Direttiva 2001/77/CE stabilisce un incremento annuale dello
0,35% dal 2004 al 2006, passato poi a 0,75% con la finanziaria 2008, della quota obbligatoria di
energia prodotta attraverso fonti rinnovabili da immettere sul mercato fissata nel 1999 pari al
2% (dal c.d. Decreto Bersani - Dlgs 79/1999). Esso inoltre introduce nella definizione di
biomasse “la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura, dalla
silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e
urbani”.
La Legge 30 dicembre 2004 n. 311 (Finanziaria 2005) ha modificato quanto previsto nella
Finanziaria 2001 traslando il progetto bioetanolo al triennio 2005-2007 e, soprattutto, allocando
219 milioni di euro per le agevolazioni fiscali. Questo stanziamento avrebbe dovuto consentire
di produrre in 3 anni circa 3 milioni di ettolitri di etanolo agricolo (vinico, da barbabietole e da
cereali) da destinare principalmente alla trasformazione in Etbe.
Tuttavia, a causa di intralci burocratici e in ragione del fatto che il progetto di defiscalizzazione
italiano non è stato ancora autorizzato dal DG Concorrenza della Commissione europea, non è
stato prodotto un solo litro di bioetanolo a valere sugli stanziamenti della Finanziaria 2005.
Nel frattempo, l'11 marzo del 2006, è stata emanata la legge 81 che prevede l'integrazione
obbligatoria del bioetanolo nelle benzine in percentuali crescenti. In particolare, in applicazione
di tale legge, dovrebbero essere impegnati 3,1 milioni di ettolitri di bioetanolo nel 2006 e 15,6
milioni nel 2010.
Con la Finanziaria 2007 è stata ampliata la portata della Legge 81-2006, rendendo più razionale
e realistico (1% nel 2007 e 2% dal 2008) l’obbligo di integrazione del bioetanolo nelle benzine
(o meglio dei biocarburanti nei carburanti fossili) e rinnovando per un triennio la
defiscalizzazione per il bioetanolo (per 73 milioni di euro l’anno).
E’ stato altresì confermata la vigenza dell’ultimo anno di defiscalizzazione (il 2007) sancito dalla
Finanziaria 2005.
Nel 2007 i produttori italiani di energia elettrica da fonte convenzionale sono obbligati ad
immettere in rete il 3,05% di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili o ad acquistare i
Certificati Verdi (CV). I CV sono titoli annuali attribuiti all’energia elettrica prodotta da fonti
rinnovabili; il loro valore è determinato sul mercato dal gioco della domanda e dell’offerta (125
Euro /MWh, valore GSE 2006).
Oggi il valore dell’energia elettrica dotata di CV ceduta alla rete elettrica è circa circa 170-200
Euro/MWh e la durata del CV è di 12 anni, elevabile di 4 anni per le biomasse. Con la
finanziaria 2008 la durata dei certificati verdi è passata a 15 anni.
Ci troviamo quindi di fronte ad un sistema misto tra defiscalizzazione e obblighi di integrazione.
Questi gli eventi politico-legislativi. Sul fronte attuativo, mancano ancora i regolamenti previsti
dalla Finanziaria 2007 che avrebbero dovuto dettare le procedure di applicazione dell’obbligo e
le sanzioni per chi non dovesse adempiervi.
91
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Quanto alla defiscalizzazione, è ancora in corso la querelle tra Amministrazione nazionale e DG
Concorrenza della Commissione per ottenere il nulla osta al progetto italiano. Nella Finanziaria
2007 l’Italia si è impegnata a rispettare la sentenza Deggendorf sugli aiuti di Stato illegittimi, ma
Bruxelles non ha fin qui ritenuto sufficiente questo impegno, dopo aver giudicato impeccabile
sotto il profilo fiscale ed ambientale il progetto italiano di detassazione del bioetanolo
(Comunicazione del settembre 2006). Da rilevare inoltre che, in termini di defiscalizzazione,
l’Italia è quella che interviene in modo meno incisivo rispetto ad altri Paesi, con una percentuale
di defiscalizzazione pari al 50%, rispetto ad altri Paesi che intervengono con tagli del 100%.
Vengono elencati di seguito i principali provvedimenti adottati a livello europeo, i conseguenti
recepimenti nazionali, nonché le azioni promosse nella Regione Puglia
NORMATIVA COMUNITARIA
-
Agenda XXI.
-
Protocollo d’intesa della III Conferenza delle parti della Convenzione Quadro sui
Cambiamenti Climatici (Protocollo di Kyoto: 1-12 dicembre 1997).
-
Direttiva 2000/76/CE sull’incenerimento dei rifiuti.
-
Direttiva 2001/77/CE (Norme sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti
energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità).
-
Direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico degli edifici.
-
Decisione 2002/265/CE, con cui si autorizza ad applicare aliquote di accisa differenziate
ad alcuni carburanti contenenti biodiesel.
-
Decisione 2002/358/CE, di ratifica del Protocollo di Kyoto da parte della Comunita
Europea.
-
Direttiva 2003/30/CE per la promozione dell’uso dei biocarburanti o di altricarburanti
rinnovabili nei trasporti.
-
Direttiva 2003/54/CE (Norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica).
-
Direttiva 2003/55/CE (Norme comuni per il mercato interno del gas).
-
Direttiva 2003/87/CE (Norme che istituiscono un sistema per lo scambio di quote di
emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del
Consiglio).
-
Direttiva 2003/96/CE (Norme per la riorganizzazione del quadro comunitario della
tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità).
-
Decisione n.1230/2003/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (Programma
pluriennale di azioni nel settore dell’energia: ”Energia intelligente – Europa” (2003-2006).
-
Regolamento 2003/1782/CE, che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno
diretto nell’ambito della Politica Agricola Comunitaria e istituisce aiuti agli agricoltori per la
produzione di colture energetiche. Tale regolamento esclude dall’obbligo di ritiro (set
aside) i terreni utilizzati per le coltivazioni agroenergetiche e prevede, nel caso di colture
92
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
destinate alla produzione di energia, un aiuto comunitario accoppiato pari a 45
euro/ettaro.
-
Direttiva 2004/8/CE (Norme per la promozione della cogenerazione basata su una
domanda di calore ad alto rendimento nel mercato interno dell’energia).
-
Regolamento 2004/1973/CE, aiuto per le colture energetiche.
-
Direttiva 2005/32/CE, che istituisce un quadro per l'elaborazione di specifiche per la
progettazione ecocompatibile dei prodotti che consumano energia.
-
Direttiva 2006/32/CE (Norme comuni per l’efficienza degli usi finali dell’energia e i servizi
energetici).
-
Piano d’azione Commissione UE per l’efficienza energetica (19 ottobre 2006).
-
DIRETTIVA 2009/28/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 23
aprile 2009 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e
successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE.
RIFERIMENTI NAZIONALI
-
Legge n. 9 del 1991 (Norme per l'attuazione del nuovo Piano energetico nazionale:
aspetti istituzionali, centrali idroelettriche ed elettrodotti, idrocarburi e geotermia,
autoproduzione e disposizioni fiscali).
-
Legge n. 10 del 1991 (Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale in materia
di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di
energia).
-
Legge n. 317 del 1991 relativa (Interventi per l'innovazione e sviluppo delle piccole
imprese).
-
Decreto legislativo n. 79 del 1999 (Attuazione della Direttiva 96/92/CE recante norme
comuni per il mercato interno dell’energia elettrica).
-
Decreto legislativo n. 164 del 2000 (Attuazione della Direttiva 98/30/CE recante norme
comuni per il mercato interno del gas).
-
Legge costituzionale n. 3 del 2001 (Riforma del titolo V della Costituzione).
-
Decreti ministeriali 24 aprile 2001 per la promozione dell’efficienza energetica negli usi
finali.
-
Legge n. 55 del 2002 (Misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico
nazionale, cd. legge “sblocca centrali”).
-
Art. 43, legge n. 39 del 2002, legge comunitaria 2001 (Legge delega su fonti rinnovabili);
-
Legge n. 120 del 2002 (Ratifica del protocollo di Kyoto).
-
Legge n. 273 del 2002 (Misure per favorire l’iniziativa privata e lo sviluppo della
concorrenza).
93
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
-
Legge n. 83 del 2003 (Disposizioni urgenti in materia di oneri generali del sistema
elettrico e di realizzazione, potenziamento, utilizzazione e ambientalizzazione di impianti
termoelettrici).
-
Decreto Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio del 31 luglio 2003.
-
Decreto legislativo n. 387 del 29 dicembre 2003 (Attuazione della Direttiva 2001/77/CE:
Norme sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel
mercato interno dell’elettricità).
-
Decreti del Ministro delle Attività produttive del 20 luglio 2004, che rivedono, precisano ed
attuano i contenuti dei sopraccitati Decreti Ministeriali 24 aprile 2001 per la promozione
dell’efficienza energetica negli usi finali.
-
Legge 23 agosto 2004, n. 239 “Riordino del settore energetico, nonché delega al governo
per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia”, pubblicata nella Gazzetta
ufficiale n. 215 del 13 settembre 2004.
-
Decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, attuazione della direttiva 2000/76/CE, in
materia di incenerimento dei rifiuti. Il decreto esclude dal proprio campo di applicazione e,
quindi, non considera “rifiuti” una serie di materiali (rifiuti vegetali derivanti da attività
agricole
e
forestali,
rifiuti
vegetali
derivanti
dalle
industrie
agro-alimentari
di
trasformazione, rifiuti vegetali fibrosi derivanti dalla produzione della pasta di carta grezza
e dalla relativa produzione di carta, rifiuti di legno che non contengano composti organici
alogenati o metalli pesanti o pericolosi ai sensi del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e
successive modificazioni, rifiuti di sughero, corpi interi o parti di animali non destinati al
consumo umano) che sono considerati “biomasse”.
-
Decreto legislativo 30 maggio 2005, n.128 recante “Attuazione 2003/30/CE relativa alla
promozione dell’uso de biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti: il testo
recepisce i contenuti della Direttiva ma dimezza gli obiettivi quantitativi indicati dal
Consiglio europeo. Fissa gli obiettivi indicativi nazionali, calcolati sulla base del tenore
energetico, di immissione in consumo di biocarburanti e altri carburanti rinnovabili,
espressi come percentuale del totale del carburante diesel e di benzina nei trasporti
immessi al consumo nel mercato nazionale: a) entro il 31 dicembre 2005: 1,0 per cento;
b) entro il 31 dicembre 2010: 2,5 per cento.
-
Decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa
al rendimento energetico nell'edilizia.
-
Decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa
al rendimento energetico nell'edilizia.
-
DM Attività Produttive 24 ottobre 2005, direttive per l'emissione dei certificati verdi in
favore di impianti di teleriscaldamento, cofiring, idrogeno.
-
Legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Finanziaria del 2006), introduce alcuni elementi a
sostegno della bioenergia tra i quali:
94
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive

Comma 115/d - Proroga per il 2006 dell’esenzione da accisa per reti di
teleriscaldamento alimentate da biomassa.

Comma 117 - Proroga al 31/12/2006 del termine relativo alla fruizione della detrazione
Irpef per gli interventi di manutenzione e salvaguardia dei boschi, fino all’importo
complessivo di 100 mila euro di spesa. La misura riguarda la detrazione Irpef del 41%
per gli interventi di manutenzione e salvaguardia dei boschi, per le esigenze di tutela
ambientale e di difesa del territorio e del suolo dai rischi da dissesto idrogeologico.

Comma 421 - Programma della durata di sei anni, a decorrere dal 10 gennaio 2005 fino
al 30 giugno 2010 per il biodiesel, puro miscelato con oli minerali, esentato dall’accisa
nei limiti di un contingente annuo di 200.000 tonnellate. Previsti appositi contratti di
coltivazione per una parte del biodiesel da produrre (20.000 tonnellate) al fine di
obbligare ad una parziale fornitura nazionale della biomassa.

Comma 422 - Le risorse non spese al 31/12/2005 del programma bioetanolo saranno
destinate, per l’anno 2006, nella misura massima di 10 milioni di euro per l’aumento fino
a 20.000 tonnellate delle 200.000 tonnellate di biodiesel di cui sopra, nonché fino a 5
milioni di euro per programmi di ricerca e sperimentazione del MIPAF per la bioenergia,
il resto al Fondo sviluppo filiere agroenergetiche.

Comma 423: La produzione e la cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili
agroforestali effettuate dagli imprenditori agricoli costituiscono attività connesse ai sensi
dell’articolo 2135, terzo comma, del Codice civile e si considerano produttive di reddito
agrario.
Legge 27 dicembre 2006, n. 296 "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
-
pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)" pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299
del 27 dicembre 2006 Supplemento ordinario n. 244. Le principali novità per il settore
biomasse sono:

obiettivi nazionali di immissione di biocarburanti: 2,5% entro il 31/12/2008 e 5,75% entro
il 31/12/2010;

immissione in consumo per il 2007 di una quota minima di biocarburanti per
autotrazione dell’1% del consumo dell’anno precedente. A partire dall'anno 2008, tale
quota minima e' del 2 %;

accisa del 20% per 250.000 tonnellate di biodiesel dal 2007;

obbligo per gli operatori della filiera di produzione e distribuzione dei biocarburanti di
origine agricola a garantire la tracciabilità e la rintracciabilità della filiera, realizzando un
sistema di identificazioni e registrazioni di tutte le informazioni necessarie a ricostruire il
percorso del biocarburante attraverso tutte le fasi della produzione, trasformazione e
distribuzione, con particolare riferimento alle informazioni relative alla biomassa ed alla
materia prima agricola, specificando i fornitori e l’ubicazione dei siti di produzione;

riduzioni di accisa per il bioetanolo dal 2008 per 73 milioni di spesa annui;
95
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive

esenzione accisa, entro un importo massimo di 1 milione di euro per ogni anno a
decorrere dall'anno 2007, per l’olio vegetale puro per autoconsumo nell’ambito
dell’impresa agricola singola o associata;

revisione entro 6 mesi della disciplina dei certificati verdi al fine di incentivare l'impiego
a fini energetici delle materie prime provenienti dai contratti di coltivazione di cui all'art.
90 del regolamento (CE) n. 1782/2003 (29 settembre 2003), incentivare l'impiego a fini
energetici di prodotti e materiali residui provenienti dall'agricoltura, dalla zootecnia, dalle
attività forestali e di trasformazione alimentare, nell'ambito di progetti rivolti a favorire la
formazione di distretti locali agro-energetici, incentivare l'impiego a fini energetici di
materie prime provenienti da pratiche di coltivazione a basso consumo energetico e in
grado di conservare o integrare il contenuto di carbonio nel suolo;

eliminazione della soglia minima di 50 MWh per l’attribuzione dei CV da biomasse;

IVA agevolata del 10% per servizi, apparecchiature e materiali per la fornitura di energi
termica per uso domestico attraverso reti pubbliche di teleriscaldamento o nell’ambito
del contratto servizio energia;

esclusione di rifiuti e fonti assimilate dal regime dei CV
Decreto legislativo 2 febbraio 2007, n. 26, attuazione della direttiva 2003/96/Ce che
-
ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità.
Decreto legislativo 8 febbraio 2007, n. 20, attuazione della direttiva 2004/8/CE sulla
-
promozione della cogenerazione basata su una domanda di calore utile nel mercato
interno dell'energia. Modifica l’art. 1 della legge 23 agosto 2004, n. 239 distinguendo tra
microgenerazione (< 50 kWe) e piccola generazione (≤ 1 MWe). Stabilisce che
l'installazione di un impianto di microgenerazione o di piccola generazione, purche
certificati, e soggetta a norme autorizzative semplificate. Introduce la garanzia di origine
dell'elettricità da cogenerazione ad alto rendimento e la possibilità di net-metering per
impianti di taglia fino a 250 kWe.
Legge 29 novembre 2007, n. 222 "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-
-
legge 1° ottobre 2007, n. 159, recante interventi urgenti in materia economico-finanziaria,
per lo sviluppo e l'equità sociale".
Legge 24 dicembre 2007 n. 244 "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
-
pluriennale dello Stato" (legge Finanziaria 2008) Le principali novità per il settore
biomasse sono:

comuni possono introdurre un'aliquota ICI ridotta, inferiore al 4 per mille, per coloro che
installano impianti energetici da fonte rinnovabile;

sono previste agevolazioni fiscali per il gasolio e il gpl utilizzati in zone montane e per le
reti di riscaldamento alimentate a biomassa o energia geotermica;
96
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive

la detrazione fiscale del 55% si applica anche alla sostituzione di impianti di
climatizzazione invernale con pompe di calore ad alta efficienza e con impianti
geotermici a bassa entalpia;

il rilascio del permesso di costruire dal 2009 è subordinato all'installazione di impianti
per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, alla certificazione energetica
dell'edificio e a caratteristiche strutturali dell'edificio finalizzate al risparmio idrico.
-
Dal 2010 è vietata la commercializzazione di elettrodomestici appartenenti alle classi
energetiche inferiori alla A e di motori elettrici appartenenti alla classe 3. Dal 2011 è vietata
la commercializzazione delle lampadine a incandescenza e degli elettrodomestici privi di
interruttore dell'alimentazione dalla rete elettrica.
-
E' istituito un fondo di 1 milione di euro presso il Ministero dell'Economia e Finanze per
finanziare campagne informative sulle misure che consentono la riduzione dei consumi
energetici. E' istituito un fondo di 40 milioni di euro presso il Ministero dell'Ambiente per la
promozione delle energie rinnovabili.
-
Riforma dei Certificati Verdi con norme per l’incentivazione dell’energia elettrica prodotta
da fonti rinnovabili. Con possibilità di richiedere un incentivo fisso invece del certificato
verde se produce energia con impianti non superiori a 1 Mw.
-
Decreto del 18 dicembre 2008, incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti
rinnovabili, ai sensi dell'articolo 2, comma 150, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
RIFERIMENTI LEGISLATIVI REGIONE PUGLIA
-
Legge Regionale n. 19 del 2000 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi in
materia di energia e risparmio energetico, miniere e risorse geotermiche).
-
Delibera della Giunta n. 2074/04 (Azioni pilota per la riduzione delle emissioni dei gas
serra imputabili al settore agricolo regionale. Valorizzazione delle biomasse), ha
approfondito le tematiche riguardanti le potenzialità delle filiere “digestione anaerobica di
reflui zootecnici e scarti agroindustriali” e “ valorizzazione biomasse residuali agricole
(potature di olivo).
-
Legge Regionale n. 23 del 3.08.2007 che disciplina la creazione e l’organizzazione dei
distretti produttivi.
-
Legge Regionale n. 36 del 14.12.2007 che modifica l’art. 4 della legge regionale del 3
agosto 2007, n. 23.
-
Rapporto Preliminare di ARTI Puglia (Agenzia Regionale per la Tecnologia e
l’Innovazione) in materia di “Energie Rinnovabili in Puglia – Strategie, competenze,
progetti” del Gennaio 2008.
-
Programma Operativo Interregionale (POI) “Energie Rinnovabili e Risparmio energetico
2007-2013”, frutto di una lunga ed intensa attività di analisi e di programmazione
avvenuta nell’ambito di un gruppo in cui hanno lavorato le Amministrazione centrali (Mise
97
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
e MATTM), le 4 Regioni Convergenza e le Regioni Competitività del Mezzogiorno; e dove
è emersa forte la necessità di intervenire in campo energetico con uno strumento
interregionale che coinvolgesse tutte le Regioni del Mezzogiorno, e che si articola su tre
Assi prioritari:
•
Asse I: Produzione di energia da fonti rinnovabili.
•
Asse II: Efficienza energetica e ottimizzazione del sistema energetico.
•
Asse III: Assistenza Tecnica e azioni di accompagnamento con l’obiettivo specifico
di:
a. Promuovere e sperimentare forme avanzate di interventi integrati e di filiera
finalizzati all’aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili;
b. Favorire lo sviluppo e la diffusione dell’efficienza energetica e l’ottimizzazione
del sistema nel suo complesso;
c. Migliorare l’efficienza e la qualità dell’attuazione e la conoscenza del
Programma.
-
Piano Energetico Regionale Pugliese che si pone come obiettivo generale di individuare
il mix ottimale di azioni e strumenti in grado di garantire:
1) lo sviluppo di un sistema energetico locale efficiente e sostenibile che dia priorità al
risparmio energetico ed alle fonti rinnovabili come mezzi per la riduzione dei
consumi di fonti fossili e delle emissioni di CO2 e come mezzi per una maggiore
tutela ambientale;
2) lo sviluppo di un sistema energetico locale efficiente e sostenibile che risulti coerente
con le principali variabili socio-economiche e territoriali locali.
ALTRO
-
Linee guida e obiettivi del Piano Strategico Europeo per le tecnologie energetiche (PIANO
SET) – COM (2007)/723/UE.
-
Delibera AEEG 34/05: Modalita e condizioni economiche per il ritiro dell'energia elettrica di
cui all'articolo 13, commi 3 e 4, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e al
comma 41 della legge 23 agosto 2004, n. 239, che stabilisce prezzi minimi garantiti di
cessione dell’energia elettrica per impianti a fonti rinnovabili di particolare interesse.
-
Delibera AEEG 281/05: Condizioni per l’erogazione del servizio di connessione alle reti
elettriche con tensione nominale superiore ad 1 kV i cui gestori hanno obbligo di
connessione di terzi, che stabilisce procedure e costi privilegiati per gli impianti a fonte
rinnovabile.
-
Delibera AEEG 28/06: Condizioni tecnico-economiche del servizio di scambio sul posto
dell’energia elettrica prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza
nominale non superiore a 20 kW, ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo 29
98
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
dicembre 2003, n. 387, che stabilisce la possibilità di net metering con la rete elettrica per
tale tipologia di impianti, favorendone cosi la diffusione e la convenienza economica.
-
Delibera AEEG 89/07: Condizioni tecnico-economiche per la connessione di impianti di
produzione di energia elettrica alle reti elettriche con obbligo di connessione di terzi a
tensione nominale minore o uguale ad 1 kV, che stabilisce misure specifiche per la
connessione di piccoli impianti di generazione elettrica.
-
Circolare 32/E dell'Agenzia delle Entrare del 6 luglio 2009, riguardo il trattamento fiscale
dell'esercizio in conto energia per l'imprenditore agricolo.
5.3. Il contesto pugliese
Come ben noto, la Puglia è regione dalla spiccata storia e vocazionalità agricola, sia in funzione
di un saper fare dell’imprenditoria di settore che della sussistenza di condizioni pedoclimatiche
favorevoli alla diffusione dell’attività primaria, coniugate all’assenza di significativi ostacoli
orografici.
A ciò si aggiunge una marcata varietà di situazioni produttive, direttamente collegate a
differenziazioni territoriali, che consentono al sistema agricolo regionale anche una importante
diversificazione delle produzioni e delle specializzazioni.
In termini quantitativi, i dati statistici indicano l’esistenza di circa 350.000 aziende (il 24% delle
aziende del Mezzogiorno), insistenti su una SAU che, pur con le opportune attenzioni
necessarie al trattamento delle informazioni censuarie, si attesta su circa 1,400 milioni di ha,
pari al 91% della Superficie Agricola Totale, ad evidenziare la modestia delle superfici non
coltivate.
L’elemento primario derivante dalla lettura congiunta delle due informazioni è la modesta
superficie media aziendale, indicante l’esistenza di un sistema di piccolissime imprese,
confermato dalla prevalenza di aziende con meno di 5 ettari di SAU (87% del totale regionale) e
da un coerente indice di concentrazione (102,5).
Ulteriore conferma, considerata la prioritaria importanza del dato economico rispetto a quello fisico,
è data dalla prevalenza di aziende con dimensione economica modestissima. Infatti, le aziende con
meno di 2 UDE (Unità di Dimensione Economica) costituiscono ben il ben il 52,8% dell’intero
universo regionale, pur estendendosi su di una SAU pari al 9% della superficie regionale e
realizzando un RLS pari al 9,2% del valore totale regionale.
Comunque, la presenza così diffusa di piccole imprese non impedisce all’agricoltura regionale
di conseguire performance produttive di assoluto rilievo.
La PLV agricola pugliese, infatti, è pari all’8% della produzione agricola dell’intero Paese, ossia,
in valore assoluto, a circa 3 miliardi di euro. Si tratta di un valore di assoluto rispetto che, inoltre,
consente al settore primario di essere significativamente protagonista della formazione della
ricchezza regionale, cui contribuisce per oltre il 6%, ovvero in misura decisamente maggiore di
quanto avvenga nel Mezzogiorno e nel Paese.
99
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
E’ anche da sottolineare come tale performance sia conseguita da una agricoltura
sostanzialmente virtuosa in termini ambientali, considerato quanto sia contenuto l’uso di mezzi
tecnici (es. sementi, concimi, ecc.), con una incidenza dei consumi intermedi regionali su quelli
italiani pari a circa il 6,6%.
I risultati economici conseguiti si riflettono anche sugli scambi commerciali che - pur
considerando le oscillazioni tra anni – mostrano un saldo generalmente positivo,
significativamente sostenuto dalle esportazioni dei prodotti del settore primario e generalmente
depresso dai risultati dell’industria alimentare.
Quali sono le caratteristiche del capitale umano che concorre nelle strutture descritte a
realizzare i risultati economici evidenziati?
In primo luogo è importante sottolineare la numerosità dei soggetti impegnati, a vario titolo e
durata, in agricoltura. In base ai dati dell’ultimo censimento dell’agricoltura, infatti, in Puglia
trovano occupazione nelle aziende agricole circa 960.000 lavoratori (il 17% del totale dei
lavoratori presenti a livello nazionale), dei quali il 35% sono donne. Questi trovano occupazione
in azienda prevalentemente a conduzione diretta del coltivatore, pari al 95% del totale delle
aziende regionali.
Conduttori, questi, contraddistinti da un elevato tasso di senilizzazione, considerato che il 60%
ha più di 55 anni a fronte di appena il 5% con età inferiore ai 35 anni. E’ di piena evidenza il
modesto ricambio generazionale che interessa gli imprenditori agricoli pugliesi, fattore di
notevole importanza sia per la prosecuzione dell’attività agricola che per l’introduzione di
innovazioni. Relativamente a quest’ultimo aspetto, si segnala che il sistema produttivo regionale
si caratterizza ancora per una bassa domanda di ricerca e di innovazione e, in generale, per
una bassa propensione all’innovazione, per una incapacità di manifestare i fabbisogni e,
ancora, per una scarsa consapevolezza delle potenzialità in termini di competitività delle
innovazioni. Ciò è da mettere in relazione con le piccole dimensioni delle imprese agricole, che
pur potrebbero avvalersi di ben 28 istituzioni operanti in Puglia e impegnate direttamente in
attività di ricerca e di sviluppo tecnologico nel settore delle produzioni agroalimentari.
Un ulteriore elemento da evidenziare è la notevole rigidità strutturale del sistema produttivo
agricolo regionale, dovuta principalmente all’ampia diffusione delle colture arboree in misura
decisamente superiore rispetto a quanto avviene nelle altre regioni italiane.
100
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Tabella 27 - Strutture della produzione dell'agricoltura pugliese per orientamento tecnicoeconomico (OTE).
OTE
AZIENDE SPECIALIZZATE in:
Seminativi
Cereali
Orticoltura in pieno campo
Altre aziende con seminativi
Ortofloricoltura
Floricoltura e piante ornamentali
Viticoltura
Viticoltura per vini di qualità
Viticoltura per vini non di qualità
Viticoltura per vini di qualità ed altri
combinati
Viticoltura mista e/o per produzioni
diverse
Coltivazioni permanenti
Frutticoltura (esclusa agrumicoltura)
Agrumicoltura
Olivicoltura
Diverse
coltivazioni
permanenti
combinate
Zootecnia
Bovini
Ovini
Caprini
Altre aziende zootecniche
Totale aziende specializzate
Aziende
SAU
N.
%
ettari
%
46.834
30.906
6.735
9.193
691
563
34.399
2.356
13,52
8,92
1,94
2,65
0,20
0,16
9,93
0,68
459.809,04
331.366,17
35.929,53
92.513,34
1.657,05
1.200,47
78.172,56
4.140,30
36,99
26,65
2,89
7,44
0,13
0,10
6,29
0,33
22.066
6,37
41.510,84
3,34
327
0,09
2.040,64
0,16
9.650
2,78
30.480,78
2,45
239.779
11.623
2.443
188.657
69,20
3,35
0,71
54,45
450.153,08
16.346,26
6.243,09
319.332,64
36,21
1,31
0,50
25,69
37.056
10,69
108.231,09
8,71
4.154
1.889
236
68
1.961
325.857
1,20
0,55
0,07
0,02
0,57
94,04
78.950,69
42853,99
5.057,13
983,61
30.056
1.068.742,42
6,35
3,45
0,41
0,08
2,42
85,97
Fonte: elaborazioni INEA su dati ISTAT, Censimento Agricoltura, 2000.
Di rilievo è anche l’incidenza delle aziende cerealicole, in riferimento sia al numero che alla SAU
occupata, e delle aziende vitivinicole, soprattutto per la produzione di vini non di qualità. Le aziende
zootecniche interessano appena il 6% della SAU.
Sinteticamente descritto il contesto agricolo pugliese, è necessario dar conto degli effetti delle
politiche sullo stesso agenti.
Tra queste spiccano sicuramente quelle di mercato di fonte Comunitaria (il cosiddetto primo
pilastro della PAC) che, dopo aver per anni significativamente orientato le scelte di impresa in
funzione anche della possibilità di poter godere di forme di sostegno dei redditi, hanno avuto
una importantissima inversione di tendenza con il disaccoppiamento derivante dall’applicazione
della riforma Fischler. Questa, infatti, scollegando il sostegno comunitario dalla produzione
101
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
realizzata, ha restituito centralità alle scelte imprenditoriali più coerenti con le effettive
potenzialità di mercato.
Relativamente alla Puglia si deve evidenziare che a tutt’oggi il quadro disponibile degli effetti sui
singoli comparti regionali, derivanti dalla riforma, risulta essere estremamente parziale e
temporaneo
Tali effetti, in un contesto di estrema variabilità dei mercati nazionali e
internazionali, potrebbero, nel giro di pochissimi anni, subire importanti cambiamenti in
conseguenza delle differenti strategie aziendali messe in atto dai singoli imprenditori per
rispondere in modo adeguato alle sollecitazioni dei mercati stessi.
Detto questo, appare comunque innegabile che in Puglia gli effetti dell’introduzione del
pagamento unico abbiano prodotto una contrazione, in particolare nel comparto del frumento
duro e su quello dell’allevamento ovi-caprino e bovino da carne, nonché, seppure proiettati nel
futuro, sul comparto del tabacco. Ne deriverebbe una interessante disponibilità di terra,
potenzialmente funzionale all’incremento di superfici da destinare alla realizzazione di colture
energetiche.
5.4. Potenzialità e limiti per lo sviluppo delle bioenergie in Puglia
Considerando consolidate le conoscenze sulla esigenze di incrementare la produzione di
energia da fonti rinnovabili e di abbattere l’emissione di in atmosfera di gas serra e sui
conseguenti obbiettivi quantitativi, si cercherà ora di evidenziare quali possono essere i
principali elementi – tanto positivi che negativi – in grado di incidere e/o determinare la crescita
di filiere – o parti di esse – bioenergetiche in Puglia.
E’ fondamentale evidenziare, come tra l’altro ampiamente riportato nell’analisi del contesto
regionale, la spiccatissima vocazionalità agricola della Puglia, con una ampissima superficie
dedicata, numerosa forza lavoro direttamente, e anche nell’indotto, impiegata, notevole
partecipazione alla formazione della ricchezza della regione. Non di meno, bisogna ricordare la
maglia aziendale di ridotte dimensioni, le difficoltà di piena valorizzazione commerciale delle
produzioni ottenute e la presenza di una imprenditoria “anziana”.
E’ su questi elementi che si innescano le attuali politiche di sviluppo rurale ed agricolo della
Regione Puglia, consapevoli che gli scenari futuri per molte delle produzioni regionali appaiono
complessi per la presenza di forti competitori esteri e che non è credibile una azione che miri al
raggiungimento di una qualità diffusa soprattutto per l’impossibilità di una qualificazione (e,
soprattutto, successiva commercializzazione) massiva delle produzioni agricole regionali, dalla
estremamente improbabile piena allocazione sui mercati. Ne discende, pertanto, l’esigenza di
una qualificazione mirata delle produzioni agricole e della creazione e rafforzamento del
sistema di commercializzazione dei prodotti agricoli, attraverso strumenti che agevolino la
coazione dei soggetti operanti lungo le filiere.
Un principio di azione sinergico, e obbligato, rispetto al precedente è quello della
diversificazione delle produzioni agricole, che si concretizza attraverso la creazione delle
102
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
condizioni per la diffusione di coltivazioni, sempre attraverso il principio della concentrazione,
che consenta una reale diversificazione colturale sia a livello di areale che di singola impresa,
con particolare attenzione verso le no food e le colture energetiche con limitato apporto di mezzi
tecnici e di acqua.
Gli impatti generabili da questo tipo di approccio sono principalmente ascrivibili alla:
-
limitazione del rischio di impresa, e conseguentemente dell’intero sistema, in caso di
problematiche congiunturali,
-
ad un più razionale ed equilibrato utilizzo delle risorse, terra in primo luogo ù
-
all’acquisizione di spazi di mercato in comparti a bassa competizione,
-
al contributo al miglioramento del saldo energetico del paese.
La lettura combinata della impostazione strategica appena evidenziata, lascerebbe prefigurare
una sorta di azione sostitutiva delle colture energetiche rispetto alle tradizionali.
Al riguardo, però, è utile sottolineare come questo processo debba necessariamente avvenire in
contesti e condizioni ben specifiche.
Di improbabile realizzazione per le colture arboree, alla luce della vincolistica gravante
sull’olivicoltura, dello stato di maturità se non di ulteriore sviluppo della frutticoltura, dell’avviato
processo di qualificazione della già fortemente depauperata viticoltura da vino e, soprattutto,
dell’anaelesticità della scelta di sostituzione, si ritiene che il processo possa avere opportunità
nell’ambito delle coltivazioni erbacee.
Tra queste sono di sicuro interesse i cereali, specificatamente nelle aree del foggiano e della
Murgia, rispetto ai quali, tra l’altro, vi è l’ampia flessibilità della scelta di impresa operata e la
praticabilità a parità di esigenze idriche.
Risulterebbero non lesi gli aspetti occupazionali, stante il modestissimo fabbisogno delle colture
sostituite, mentre dovrebbero essere attentamente valutati gli effetti sull’indotto (sistema
molitorio e industrie di pastificazione) anche se questo ha sempre dimostrato capacità di
adattamento approvvigionandosi su mercati esteri. Inoltre, la diffusione di alternative possibili
dovrebbe migliorare la posizione negoziale dei cerealicoltori, storicamente debole rispetto alle
altre fasi della filiera.
Di particolare interesse potrebbe essere l’azione sostitutiva, sempre ovviamente flessibile,
rispetto alla coltivazione del pomodoro da industria nel foggiano, i cui risultati commerciali
vengono da tempo considerati insoddisfacenti da parte degli imprenditori e che è concausa di
problematiche di natura sociale legale all’impiego di lavoro extracomunitario, spesso non
regolare se non clandestino.
Poco percorribile appare la sostituzione dell’orticoltura da reddito praticata in regione, mentre
ulteriori spazi di diffusione potrebbero esservi sia nelle aree salentine ex tabacchicole ed ora in
riconversione e nelle aree costiere ove l’emungimento indiscriminato ha provocato importanti
fenomeni di sodicizzazione dei suoli.
103
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Nelle aree del tabacco, ferma restando, come dimostrato da studi recenti, l’impossibilità per
qualsiasi altra coltura di garantire reddito e occupazione comparibili a quelli derivanti dalla
coltivazione del tabacco, potrebbe rappresentare una interessante alternativa, soprattutto
laddove si determinassero sbocchi occupazionali nell’indotto conseguente.
Nei territori vittima della salinizzazione la messa a coltura di energetiche avrebbe una
prevalente valenza ambientale, per la quale potrebbe essere ipotizzabile, a titolo di
compensazione, un ulteriore pagamento agroambientale dedicato.
In maniera trasversale a tutto il territorio regionale potrebbero essere interessati i terreni
marginali, ivi compresi eventuali incolti.
Sommariamente indicate le opportunità principali in termini di allocazione fisica delle eventuali
colture energetiche, si ritiene necessario ipotizzarne anche una possibile collocazione
nell’ambito dei mercati.
In tal senso l’approccio di diversificazione flessibile evidenziato, coniugato alla sostanzialmente
limitata superfice destinabile e alle produzioni conseguibili soprattutto se paragonate a
consolidati produttori di materie prime quali i paesi del Sud America, spinge a ritenere che si
dovrebbe concepire una dimensione di nicchia per le colture eneregetiche praticate in
regione.
Tale dimensione si dovrebbe riflettere in una organizzazione di filiera sostanzialmente di
prossimità, senza pertanto prefigurare possibilità di flussi commerciali della materia prima
destinati ad aree fuori regione, ma - soprattutto – un utilizzo locale dei prodotti derivanti dalla
trasformazione industriale.
Questa opzione, oltre a moderare i rischi competitivi, tra l’altro difficilmente affrontabili stante la
difficoltà di abbattere i costi di produzione agricoli in Italia, consentirebbe di agire direttamente
su una delle voci di spesa più significative del settore, quale l’energia.
Ancora, sarebbe in tal modo possibile la indispensabile modularità delle filiere, funzionale alla
creazione di catene produttive di scala diversa (aziendale, comprensoriale, distrettuale,
regionale) strettamente connesse alla scala di utilizzo dei prodotti trasformati e alle opportunità
di fornitura di materia prima. In tal modo, inoltre, si uscirebbe dalla dicotomia, spesso abusata,
tra filiera lunga e filiera corta, riconoscendo di fatto gli interessi di tutti i soggetti coagenti lungo
la filiera utile anche ad agevolare l’ottimizzazione dei cicli produttivi e l’utilizzo di eventuali
sottoprodotti 1.
In qualsivoglia azione di indirizzo e di sostegno alla creazione delle filiere bioenergetiche, è da
tener anche in assoluta considerazione che queste non hanno finalità meramente competitive,
ma perseguono obiettivi spiccatamente ambientali. Ciò avviene, inoltre, in modalità diretta e non
in maniera indotta come avviene per la condizionalità.
1
Si pensi ai pannelli, ricchi di azoto e di sostanze biologicamente attive in grado di esercitare numerose funzioni in
contesto agricolo.
104
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Da questo discende l’assoluta esigenza di sostenibilità ambientale dell’intero processo, cioè
della necessità che il bilancio energetico complessivo sia positivo o al più nullo 2 e che sia
contenuto – ovvero pari o inferiore alla coltura precedente – l’utilizzo di mezzi tecnici con
impatto ambientale o tendenti all’insufficienza (acqua, prodotti di sintesi, ecc.). A questo si
aggiungono da un lato il rispetto di tutte le prescrizioni ambientali cogenti, dall’altro la verifica
della salvaguardia delle molteplici biodiversità locali sia di natura vegetale che animale.
La citata prevalenza degli obiettivi ambientali delle filiere bioenergetiche non deve comunque
spingere a tralasciare la loro caratteristica di attività di impresa, per la quale diviene ineludibile
la motivazione reddituale e competitiva. A tal proposito, pur essendo d’obbligo il perseguimento
di una sostenibilità economica delle iniziative ad intraprendersi, deve essere fatto riferimento
– nella valutazione di convenienza economica - a possibilità alternative concrete, ordinarie e
stabili. E’ ragionevolmente sul fronte della stabilità – ovvero della costanza del riconoscimento
economico delle produzioni agricole – che si può determinare la sostenibilità economica delle
filiere bioenergetiche, ancor più se le produzioni conseguite hanno utilizzo su scala locale.
L’interesse collettivo, cui le stesse filiere concorrono generando importanti esternalità positive,
potrebbe comunque ampiamente motivare un sostegno pubblico diretto, sia con funzione di
sostenere redditi insufficienti che di incentivare le scelte di impresa. Non si ritiene opportuno,
comunque, l’utilizzo di erogazione di premi – più volte dimostratisi inefficaci e non stimolanti nel
lungo periodo, e quindi non in grado di innescare modificazioni durature – che, tra l’altro,
impongono la individuazione di canali finanziari precisi e quantificati. Di contro, forme
agevolative indirette sulla fiscalità potrebbero risultare più efficaci, più virtuose ed anche più
controllabili.
Facendo riferimento alle biomasse utilizzabili ai fini della produzione di energia elettrica e di
calore, la maggior parte delle indicazioni su esposte, ove pertinenti, sono da ritenersi valide.
Rimane da evidenziare l’esigenza di prossimità tra la fonte della materia prima e il punto di
traformazione di questa, individuabile o a livello aziendale o a livello comprensoriale, in funzione
della relativa “povertà” della stessa materia prima e della incidenza dei costi di raccolta e di
trasporto.
Medesima prossimità vi deve essere con l’utilizzatore/i dell’energia prodotta, soprattutto
relativamente a quella termica, di fatto intrasportabile. Tale condizione, soddisfacibile a scala
aziendale, diviene vincolante su scala comprensoriale e determina, comunque, la tipologia di
contesto in cui intervenire. Sono infatti da escludersi gli areali privi di insediamenti agricoli
produttivi e/o di strutture – quali le serre – che possono far uso della energia prodotta.
2
Considerata la finalità di sostituire i carburanti fossili, anche un bilancio energetico nullo è da considerarsi
accettabile in quanto vengono comunque garantiti il decremento d’uso di una fonte non rinnovabile ed un
abbattimento delle emissioni di gas serra in atomosfera,
105
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
6. METODOLOGIE PER L’INDIVIDUAZIONE DI INDICATORI PER LO SVILUPPO
SOSTENIBILE DELLE FILIERE AGRIENERGETICHE
Le bioenergie possono offrire nuove prospettive per il futuro: ogni segnale di incremento di
prezzo del petrolio sottolinea la necessità di delineare un percorso energetico sostenibile e
duraturo.
L’utilizzo di agro-energie potrà portare beneficio alle aree rurali, specialmente come sviluppo
economico e contributo alla creazione di nuovi sbocchi occupazionali ed investimenti (Domac,
2002; Sims, 2003).
D’altra parte, pero, sono abbastanza attuali le problematiche connesse allo sviluppo di filiere
agro-energetiche dovute ad aspetti di natura ambientale ed etica che vedono in grande
imbarazzo gli amministratori locali ed i decisori pubblici, chiamati ad orientare lo sviluppo
sociale ed economico del territorio secondo principi di sostenibilità.
Numerosi studi, condotti su scala territoriale con il fine di fornire un supporto decisionale per lo
sviluppo sostenibile di filiere agrienergetiche, si sono basati sull’utilizzo di indicatori adottando
differenti modalità e finalità di scelta ed evidenziando, spesso, approcci settoriali dovuti ad una
inevitabile influenza della formazione tecnico-culturale dei proponenti.
L’indicatore è uno strumento in grado di quantificare e di fornire, in forma sintetica, informazioni
su un problema complesso e di significato ampio e sulle variazioni che avvengono in un
determinato sistema, rendendo visibile un andamento non immediatamente percepibile.
Il ricorso ad indicatori consente il raggiungimento di decisioni e azioni più efficaci facilitando,
chiarendo e mettendo a disposizione dei responsabili delle decisioni politiche informazioni
aggregate; contribuisce ad integrare le conoscenze scientifiche con i processi decisionali e a
misurare e calibrare il progresso verso gli obiettivi sostenibili di sviluppo; consente una più
immediata percezione di allarme per prevenire eventuali ostacoli economici, sociali ed
ambientali.
A tal riguardo, già nel 1992, la Conferenza Mondiale su Ambiente e Sviluppo di Rio de Janeiro
riconobbe l’importante ruolo che gli indicatori possono svolgere come supporto a quei paesi in
procinto di attuare programmi di sviluppo sostenibile.
Riconoscimento per di più articolato nel Capitolo 40 di Agenda 21 dove vengono definite le linee
guida per sviluppare ed individuare indicatori a supporto delle fasi decisionali dei governi locali.
E’ con questo intento che la Commissione sullo Sviluppo Sostenibile ha dato avvio ad un
programma di lavoro coinvolgendo un gruppo di esperti per la definizione di un approccio
metodologico con cui selezionare una serie di indicatori di riferimento.
Ad oggi i risultati di tale lavoro danno conferma della validità del modello concettuale adottato
che ha permesso, nell’ultima revisione riferita al 2006, l’individuazione di una serie di 50
indicatori aggregati riferiti ad aspetti sociali, economici, ambientali ed istituzionali come elementi
fondamentali della sostenibilità e ripartiti in diversi temi e sottotemi.
106
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
A livello europeo la partecipazione a questo programma di lavoro, attraverso una fase di
valutazione, ha portato una revisione della struttura puntando a priorità politiche, pur rimando
flessibile a possibili cambiamenti di obiettivi, conseguenti, anche, a processi di revisione delle
strategie.
La complessità delle tematiche legate allo sviluppo sostenibile impone un approccio
metodologicamente condiviso per il conseguimento di obiettivi specifici riconducibili alle
disparità di condizioni presenti localmente. Percorso metodologico facilmente mutuabile in
programmi di sviluppo sostenibile di singoli processi produttivi inseriti nei contesti sociali,
economici, ambientali ed istituzionali di un determinato territorio.
E’ proprio con questa logica che l’Area Politiche per lo Sviluppo Rurale ha voluto istituire un
laboratorio di competenze a cui affidare il compito di individuare strumenti a supporto di
programmi di sviluppo delle filiere agroenergetiche, con una valenza anche extraregionale, tali
da poter candidare la Puglia a regione di riferimento per l’attuazione di percorsi sostenibili
nell’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili di origine agricola.
In questa preliminare fase il laboratorio di competenze ha lavorato sulla definizione di un
modello concettuale che potesse integrare la specifica attività umana, filiere agroenergetiche, e
lo stato attuale dei diversi fattori connessi allo sviluppo della stessa, allo scopo di sostenere i
processi decisionali.
L’individuazione di una struttura concettuale per indicatori aiuta a focalizzare e chiarire cosa
misurare, cosa ci si aspetta dalla misurazione e quale tipo di indicatore utilizzare.
Lo studio teorico degli indicatori ha portato allo sviluppo ed applicazione di diversi schemi
strutturali. Alcuni più orientati verso la scelta di una serie di indicatori di carattere strettamente
ambientali così come nel caso della Driving force-State-Response Framework (DSR) messa a
punto dalla European Environment Agency (EEA). Questa struttura prevede che gli indicatori
del driving force descrivano i processi o le attività ad impatto positivo o negativo sullo sviluppo
sostenibile, quelli di stato la situazione all’attualità rispetto ai settori potenzialmente coinvolti con
la specifica attività di sviluppo sostenibile, e quelli di risposta riflettono le azioni/decisioni
istituzionali finalizzate a promuoverlo.
Il ricorso al DSPR in alcune situazioni può generare ambiguità rispetto alla classificazione degli
indicatori e risulta essere poco flessibili.
Più diffuso è il ricorso ad una struttura tematica con indicatori raggruppati in differenti tematismi
determinati sulla base della rilevanza politica e delle strategie regionali. La stessa Unione
Europea ha optato per questa struttura nell’impostare il suo programma di determinazione degli
indicatori per lo sviluppo sostenibile (Sustainable Development Indicators for the European
Union).
Le ragioni del maggiore utilizzo di questa struttura risiedono nella più efficace capacità di
collegare gli indicatori ai processi decisionale ed agli obiettivi fissati. Fornisce un più chiaro e
diretto messaggio ai decisori e consente un agevole monitoraggio del raggiungimento gli
107
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
obiettivi definiti nelle strategie sostenibili locali di sviluppo. Inoltre, è abbastanza flessibile da
adeguarsi rapidamente a nuove priorità.
Lo studio preliminare condotto dal laboratorio di competenze, pertanto, ha individuato in questo
percorso metodologico quello più adatto ad analizzare l’impatto sociale, economico, ambientale
ed istituzionale della molteplicità dei fattori, e delle loro interazioni, coinvolti nello sviluppo delle
filiere agrienergetiche.
La prima fase di lavoro è servita chiarire gli scopi a cui il gruppo di indicatori deve essere
funzionale, richiamando le esperienze e conoscenze disponibili nell’ambito del laboratorio di
competenze e che si evolverà, in una fase più avanzata del progetto, in un processo
partecipato, coinvolgendo tutti i portatori di interesse presenti sul territorio.
In relazione, anche, al mandato conferito dall’Area Politiche per lo Sviluppo Rurale, il laboratorio
di competenze ha focalizzato l’attenzione sull’obiettivo prioritario di rimozione degli elementi di
criticità per la valorizzazione agroenergetica delle biomasse prodotte a scala regionale,
attraverso una regolamentazione delle iniziative in corso o in fase di proposizione basata su
criteri di sostenibilità.
In questa direzione il lavoro del gruppo di esperti ha mirato ad individuare i possibili scopi a cui
l’utilizzo di indicatori deve rispondere:

vocazionalità naturale alla fornitura di materie prime per la produzione di agroenergia,
attraverso residui e/o colture dedicate, validata anche da esperienze pregresse (rispetto
agroecosistemi preesistenti, condizioni pedoclimatiche, ecc.);

inseribilità nei cicli colturali e/o di allevamento di colture energetiche o della raccolta di
residui a fini energetici (disponibilità di superfici, sostituibilità di colture a basso reddito,
utilizzo di terreni a riposo, tecniche e dotazioni strutturali aziendali compatibili, competenze
imprenditoriali, ecc.);

trasferibilità
delle
materie
prime
o
dell’energia
da
queste
prodotta
(dotazione
infrastrutturale, tempi e costi di trasporto, ecc.);

utilizzabilità in contesto aziendale/distrettuale dell’energia prodotta (ricorso ad altre fonti
energetiche, loro sostituibilità tecnica, ecc.);

realizzabilità e dimensionamento impianti di trasformazione (disponibilità spazi fisici,
contesto istituzionale, strumenti di pianificazione/regole amministrative, ecc.);

idoneità ad utilizzo efficiente degli input energetici dei processi produttivi strutturati per la
produzione e valorizzazione di biomasse di origine agricola ai fini della produzione di
energia (massima energia fissata per unità di superficie, elevata efficienza degli impianti di
trasformazione delle biomasse in energia, ecc.);

compatibilità ambientale e sicurezza alimentare;

validità reddituale delle filiere agrienergetiche e giudizio di convenienza sugli investimenti
(utilizzo diretto dell’energia, vendita, conferimento della materia prima ad impianti
centralizzati, eventuale esigenza sostegno pubblico, ecc.).
108
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
L’approfondimento della tematica ha richiesto una rassegna di modelli, indicatori e dati già
implementati in altre esperienze.
Tra questi l’attenzione è stata rivolta ad una esperienza condotta in Toscana (Analisi territoriale
delle colture da energia in Toscana, Sabbatici et al., 2004) e a due pugliesi (Studio per la
valorizzazione energetica di biomasse agro-forestali nella Regione Puglia” (Pellerano et al.,
2007, Studio per la valorizzazione energetica di biomasse e la diffusione di colture energetiche
nelle aree agricole e boscate della provincia di Foggia” Monteleone et al., 2007).
L’analisi del procedimento metodologico delle esperienze condotte in Puglia ed in Toscana
sottolineano l’importanza di un percorso concettuale comune e condiviso di definizione e scelta
di indicatori per lo sviluppo sostenibile delle agrienergie da utilizzare in programmi di
pianificazione territoriale da parte dei decisori pubblici.
La disomogeneità numerica e qualitativa degli indicatori scelti nelle tre esperienze ne influenza i
relativi risultati e potrebbe generare un possibile effetto distorcente sulla formulazione di una
eventuale classifica di merito fra diversi scenari alternativi esaminati.
Tabella 28 – Confronto tra gli indicatori utilizzati in diversi studi sullo sviluppo delle agrienegie.
Sabbatini et Pellerano et
Monteleone,
al.,
al.,
Variabili
climatiche
pedologiche
socioeconomiche
ambientali
Criteri
2004
GDD
*
Deficit Idrico Climatico
*
Frequenza dei giorni con T<0°C
*
2007
precipitazioni medie mensili
*
profondità suolo
*
drenaggio
*
Ph
*
Carbonati
*
Tessitura
*
sup media aziendale/superficie comunale
*
sup con boschi produttivi/superficie comunale
*
n. aziende agrituristiche /superficie comunale
*
sup a coltivazioni legnose / SAU comunale
*
SAU/superficie comunale
*
km della rete stradale/superficie comunale
*
sup a set aside/totale seminativi
*
n. trattrici < 60kw / superficie comunale
*
sup a seminativi in pianura / superficie comunale
*
2007
propensione a fenomeni di dissesto idro-geologico;
*
pericolosità idraulica;
*
salvaguardia di aree ad elevato valore naturalistico
*
tutela delle superfici investite a prati permanenti
*
vulnerabilità alla lisciviazione dei nitrati
*
disponibilità irrigua.
*
109
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Da un punto di vista operativo, nel nostro caso, si è ritenuto prioritario dover individuare le
seguenti categorie di indicatori:
indicatori di tipo bio-agronomico:
analisi dei principali fattori di crescita e di coltivazione delle specie da energia
1. gradi giorno (Growing Degree Days)
2. deficit idrico potenziale
3. temperature inferiori allo zero termico nei mesi di marzo e aprile
4. precipitazioni medie mensili
5. presenza falde e tipo di acque
6. superfici comunali e classificazioni in zone climatiche e gradi giorno
7. profondità suolo
8. drenaggio
9. pH
10. carbonati
11. tessitura
12. acqua disponibile nello strato arabile del suolo
13. sostanza organica contenuta nello strato arabile del suolo
14. caratteristiche granulometriche dei principali suoli
15. pendenza del suolo
16. suddivisione georeferenziata di coltivazioni erbacee energetiche (Dati MiPAF - 2004)
17. suddivisione georeferenziata di coltivazioni erbacee energetiche (Dati MiPAF - 2005)
18. suddivisione georeferenziata di coltivazioni erbacee energetiche (Dati MiPAF - 2006)
19. mappe tematiche regionali di potenzialità produttive di alcune colture invernali
20. mappe tematiche regionali di potenzialità produttive di alcune colture estive
indicatori di tipo socio-economico:
1. superficie media aziendale (ha)
2. superficie con boschi produttivi/superficie comunale
3. aziende agrituristiche (n.)/SAU
4. sup. a coltivazioni legnose/SAU
5. SAU/superficie territoriale
6. SAU/SAT
7. km della rete stradale/superficie comunale
8. coltivazioni erbacee: variazioni SAU 1999 – 2007
9. coltivazioni foraggere: variazioni SAU 1999 – 2007
10. coltivazioni legnose: variazioni SAU 1999 – 2007
11. produzioni areiche di alcune coltivazioni erbacee (Anni 1999 - 2007)
110
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
12. produzioni areiche di alcune coltivazioni foraggere (Anni 1999 - 2007)
13. produzioni areiche di alcune coltivazioni legnose (Anni 1999 - 2007)
14. superficie a seminativi in pianura/SAU
15. addetti agricoltura/addetti totali
16. superficie apprestamenti protetti/SAU
17. aziende con allevamenti/aziende
18. capi per azienda (n.)
19. superfici abbandonate per disaccoppiamento/superficie a seminativi
20. redditività per ULA
21. consumi di energia per abitante o per impresa o sua Unità Locale
22. accesso al sostegno Reg. CE 1782/03 e s.m.i.
23. redditività per unità di superficie
24. case sparse e popolazione residente
25. aziende agricole e zootecniche residenza dell’imprenditore (n.)/aziende totali (n.)
26. appoderamento aziendale superficie agricola non utilizzata/superfice territoriale
27. grado di copertura dei servizi (acqua, elettricità)
28. aziende per classe di SAU
29. superficie a seminativi non irrigui/SAU
30. presenza/assenza di sostegno al reddito per scelta colturale
31. vigneti/SAU
32. oliveti/SAU
33. frutteti/SAU
34. seminativi/SAU
35. numero frantoi
36. capacità produttiva media frantoi (olive/a)
37. numero sansifici
38. capacità produttiva media sansifici (q sansa/a)
39. numero cantine
40. capacità media produttiva cantine (hl vino/a)
41. numero caseifici
42. capacità media produttiva caseifici
43. numero aziende molitorie
44. capacità produttiva media aziende molitorie
45. numero aziende settore legno
46. quantitativo medio di scarti di legno vergine per azienda
47. quantitativo medio di scarti di legno trattato per azienda
48. autoconsumo di scarti di legno medio
49. numero aziende settore ortofrutta
111
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
50. capacità produttiva media aziende ortofrutta
51. numero macelli
52. produzione media scarti organici macelli
indicatori di tipo ambientale:
1. propensione a fenomeni di dissesto idro-geologico
2. salvaguardia di aree ad elevato valore naturalistico
3. tutela delle superfici investite a prati permanenti
4. vulnerabilità alla lisciviazione dei nitrati
5. incidenza idrografica su territorio (provinciale o distrettuale a seconda della scala)
6. incidenza infrastrutture viarie su territorio (provinciale o distrettuale a seconda della scala)
7. incidenza aree ASI su territorio (provinciale o distrettuale a seconda della scala)
indicatori di tipo tecnologico-impiantistico:
1. presenza / assenza di contributo economico per scelta impiantistica
2. prezzo di mercato/costo di produzione per ogni tipologia di biomassa
3. efficienza d’uso dell’energia per la produzione delle biomasse (output/input)
4. consumo
medio
annuo
di
energia
elettrica/azienda
agricola,
agro
zootecnica,
agroindustriale rapportato al territorio (provincia, distretto)
5. consumo medio annuo di calore/azienda agricola, agro zootecnica, agroindustriale
rapportato al territorio (provincia, distretto)
6. consumo medio annuo di carburanti/combustibili/azienda agricola, agro zootecnica,
agroindustriale rapportato al territorio (provincia, distretto)
La selezione degli indicatori è una fase particolarmente critica ed in larga misura dipende dagli
obiettivi a cui devono rispondere l'insieme degli indicatori.
L’analisi degli indicatori scelti impone la definizione di valori di riferimenti e di metodiche per la
sua misura. Così come importante è poter stabilire possibili integrazioni tra i singoli indicatori al
fine di semplificare il quadro informativo a disposizione e di facilitarne l’interpretazione.
L’adozione di un elevato numero di indicatori risulta più funzionale a scopi di ricerca scientifica,
mentre potrebbe ritenersi più efficace una semplificazione della complessità del sistema
indagato a favore di una maggiore comprensibilità ed applicabilità pianificatoria da parte di
pubblici decisori.
A tal fine sono stati individuati una serie di importanti criteri per la scelta degli indicatori e
riguardano:

numero limitato e sufficientemente comprensibilità per consentire una adeguata
informazione della complessità del sistema - troppi indicatori risultano di difficile
interpretazione e gestione;
112
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive

chiarezza ed inequivocabilità - obiettivi chiari agevoleranno l’individuazione di indicatori
chiari;

concettualmente armonici - indicatori con una descrizione generica impongono un
maggiore sforzo per definirne la base concettuale;

adeguati alle condizioni locali – scelti attraverso un approccio collaborativo con la
partecipazione di esperti e portatori di interesse;

capacità istituzionale di interpretare e sintetizzare in informazioni utili per i decisori;

disponibilità di dati di qualità – alcuni indicatori richiedono una disponibilità di data raccolti
routinariamente da servizi di statistica nazionali.
Sulla base di questi criteri è possibile definire gli indicatori più idonei ricorrendo per agevolare il
percorso metodologico all’adozione di una matrice a due dimensioni ovvero la disponibilità e la
rilevanza dei dati (tab. 29).
Nell’adattamento degli indicatori all’insieme richiesti per gli obiettivi fissati potrebbe essere utile
classificare ciascun indicatori a quattro categorie di disponibilità: piena disponibilità,
potenzialmente disponibili, dati non direttamente disponibili e non disponibili.
Gli indicatori riconducibili alla prima categoria sono da preferire; la seconda è da riportare a quei
casi in cui i dati sono recuperabili in un tempo limitato e ad un basso costo; la terza si riferisce a
situazioni in cui alcuni dati sono andati persi, ma potrebbero essere recuperati da dati ad essi
correlati.
Nella seconda dimensione della matrice la rilevanza dei dati può essere, anche essa,
categorizzata in quattro livelli: rilevante, rilevante non direttamente, rilevante ma non disponibili,
non rilevante.
Tabella 29 - Matrice per l’adattamento di indicatori di sostenibilità
Rilevanti
Non direttamente
rilevanti
Rilevanti ma non
disponibili
Irrilevanti
Disponibili
Potenzialmente
disponibili
Non direttamente
disponibili
Non disponibili
Legenda
Da utilizzare
Da definire
Da modificare
Da rimuovere
113
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
La maggior parte degli indicatori sono riconducibili alla prima categoria, la seconda è riferita a
tipologie non direttamente ma strettamente connesse ad indicatori attinenti, la terza ingloba
indicatori attinenti e disponibili solo in pochi contesti o perché vi è una stretta esigenza di
mantenere il numero di indicatori molto basso, l'ultimo categoria conterrebbe indicatori non
espressivi nel contesto.
L’identificazione degli indicatori è in ogni caso un processo iterattivo che permette l’adattamento
a nuove situazioni.
L’insieme di indicatori proposti collegialmente richiede una analisi che dovrà passare
inevitabilmente da una fase di strutturazione secondo tematismi ritenuti fondamentali per lo
sviluppo delle filiere agrienergetiche in cui gli stessi dovranno essere ripartiti. I capisaldi delle
tematiche di riferimento per lo sviluppo sostenibile sono riconducibili ad aspetti sociali,
economici, ambientali ed istituzionali. Nel caso specifico di sviluppo sostenibile di filiere
agrienergetiche, in considerazione anche di quanto già definito in altri lavori, si è ritenuto
ragionevole utilizzare i seguenti temi: ambiente agronomico, economia ed aspetti sociali,
tecnologia ed impiantistica, risorse naturali, il cui dettaglio è oggetto di una fase più avanzata
del lavoro.
114
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Tabella 30 – Struttura tematica degli indicatori per una sviluppo sostenibile delle filiere
agrienergetiche.
Tema
Ambiente agronomico
Sottotema
clima
Nucleo di indicatori
parametri climatici (temperatura,
precipitazione radiazione solare,
ecc.)
pedologia
parametri fisico chimici del suolo
(tessitura, pH, pendenza ecc.)
potenzialità produttive
fertilità ambientale, produttività
colture, mezzi tecnici, ecc.
Socio-economia
struttura delle unità produttive dimensione
media
aziendale,
indirizzi produttivi, ecc.
capacità produttiva
efficienza
d'uso
disponibilità
di
della
terra,
infrastrutture,
redditività, ecc.
Tecnologia ed impiantistica tecnologie
grado di soddisfacimento del
livello tecnologico attualmente a
disposizione,
livello
di
conoscenza di nuove tecnologie,
predisposizione
all'innovazione,
ecc.
impiantistica
censimento
del
numero
e
tipologia di impianti, livelli di
efficienza
alla
conversione
energetica, costi di gestione e di
ammortamento,
presenza
di
contributi per la realizzazione di
impianti, ecc.
Risorse naturali
vulnerabilità
livelli di rischio dovuti ad attività
antropiche, censimento di aree
particolarmente vulnerabili, ecc.
salvaguardia
azioni locali per la salvaguardia
delle risorse naturali, valutazione
delle attività agricole sulla base
del livello di intensificazione dei
processi produttivi, ecc.
115
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
La numerosità degli indicatori proposti richiede una revisione tecnica in cui, per ciascun
indicatore, verrà compilata una scheda con i seguenti riferimenti:

nome

breve descrizione

unità di misura

tematismo di appartenenza

rilevanza politica

descrizione metodologica
-
definizione e concetti espressi dall’indicatore
-
metodi di misurazione
-
limiti dell’indicatore
-
livello di sviluppo della metodologia adottata per lo specifico indicatore
-
definizioni alternative dell’indicatore
valutazione dei dati

-
dati necessari per la definizione dell’indicatore
-
fonte e disponibilità dei dati
-
altre iniziative coinvolte nella determinazione dell’indicatore.
Il percorso metodologico delineato in questa prima fase del progetto porterà alla revisione
tecnica della lista di indicatori e alla raccolta dei dati necessari per la loro determinazione.
La formulazione di una scheda di riferimento per ciascun indicatore agevolerà le fasi di
selezione in quanto costituisce una verifica diretta dei criteri di accettabilità degli stessi.
Al fine di migliorare la qualità, la significatività e la coerenza interna ed esterna degli indicatori,
le fasi successive saranno incentrate sull’attuazione di un processo partecipato - con il
coinvolgimento di tutti i portatori di interesse presenti sul territorio – utile a rendere massima la
cognizione e la condivisione dell’approccio scientifico proposto ed estremamente funzionale ad
una ancor più spinta conoscenza delle caratteristiche, potenzialità e aspettative delle diverse
realtà locali della regione.
Su tale modello di approccio - partecipato dal sistema delle conoscenze e dalla rete delle
competenze e delle rappresentanze sin dal momento di individuazione delle variabili da
utilizzare base e per tale ragione di sicura solidità e validità – potrà essere possibile attuare un
modello realmente avanzato di pianificazione dello sviluppo sostenibile a livello locale
assolutamente indispensabile per la promozione prima e la realizzazione poi di filiere
agrienergetiche effettivamente compatibili con il tessuto socio-economici dei diversificati areali
pugliesi.
116
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
7. CRITERI PER LA PRODUZIONE SOSTENIBILE DELLA BIOMASSA
La domanda mondiale di biomassa come fonte rinnovabile per usi energetici crescerà
significativamente nei prossimi anni. Gli obiettivi della politica comunitaria orientati al
conseguimento di sostenibilità, sicurezza di rifornimento e competitività del sistema energetico
mirano, entro il 2020, alla riduzione del 20% dell’emissione dei gas serra (GHG), all’incremento
del 20% dell’efficienza energetica, alla promozione dell’uso di energie rinnovabili con l’obiettivo
vincolante del 20% sul totale dei consumi e all’incremento dell’uso dei biocarburanti nei trasporti
per una quota minima del 10% dei consumi totali.
A garanzia di una disponibilità di biomassa, come fonte di energia rinnovabile e sostenibile,
ottenuta e trasformata in modo responsabile, il Parlamento europeo nella definizione della
“Road Map for Renewable Energy in Europe - 2007” ha sottolineato l’importanza dei criteri di
sostenibilità ed ha intrapreso iniziative per la definizione di un sistema per la certificazione per
la produzione di biocarburanti.
La ricerca di criteri di sostenibilità per la produzione di biomassa ad uso energetico ha suscitato
a livello mondiale non poca attenzione politica. Numerose iniziative a livello comunitario, di
singole nazioni, gruppi di lavoro internazionali e di diverse ONG (Organizzazioni non
Governative) sono state orientate alla formulazione di certificazioni che garantissero il
contenimento di emissioni di gas serra e la produzione di biomassa, secondo un approccio
sociale ed ambientale sostenibile, attraverso la definizione di principi, criteri ed indicatori.
La più recente direttiva comunitaria (Directive of the European Parliament and of the Council on
the promotion of use of renewable energy sources - 23.1.2008) introduce la necessità di definire
dei criteri minimi di sostenibilità per le biomasse e di creare le condizioni necessarie per lo
sviluppo di un sistema di certificazione basato sull’impiego dei criteri minimi eventualmente
integrati da criteri di sostenibilità addizionali e volontari.
L’acquisizione di questi criteri minimi da parte del Comitato Europeo per la Standardizzazione
(CEN) rappresenterebbe un percorso obbligato per promuoverne l’adozione a livello
comunitario.
Abbastanza diffusa a livello governativo è l’opinione per la quale l’implementazione di criteri
obbligatori di sostenibilità così come di un sistema di certificazione sia possibile, anche se
alcuni aspetti pratici potrebbero limitarne l’applicazione.
Su scala europea paesi come Olanda, Regno Unito e Germania si sono attivati nella
formulazione e promozione di criteri di sostenibilità per la produzione di biomassa a scopi
energetici e non solo, producendo una serie di criteri ed indicatori come primo passo per una
fase di implementazione di un sistema di certificazione per le biomasse ad uso energetico.
In questo contesto di particolare rilievo è l’iniziativa intrapresa dall’Area Politiche per lo Sviluppo
Rurale della Regione Puglia attraverso l’istituzione del Laboratorio di Competenze che, in
contemporanea con il percorso comunitario, ha focalizzato l’attenzione del gruppo di lavoro
117
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
sulla formulazione di criteri ed indicatori per sviluppo di processi integrati di trattamento e
trasformazione della biomassa in energia elettrica e carburanti per autotrazione con un uso
concomitante di prodotti e sottoprodotti d’interesse chimico-industriale attraverso sistemi di
“raffinazione” arricchendo di valore aggiunto il sistema biomasse.
Il gruppo di lavoro ha fatto propri gli intenti regionali di voler contribuire ad individuare criteri che
avessero una valenza estensibile a biomasse di qualsiasi origine, prodotta a livello regionale,
nazionale, comunitario o extra comunitario, tenendo ben saldo il concetto per cui l’utilizzo delle
biomasse a scopo energetico deve essere sostenibile nella fase di coltivazione, trasformazione
ed utilizzo.
Con una impostazione, condivisa in altre iniziative internazionali similari, sono stati selezionati
alcuni temi di rilievo a supporto della sostenibilità dello sviluppo dell’impiego delle biomasse ad
uso energetico con particolare riferimento alle peculiarità del contesto regionale pugliese.
Le attività del laboratorio di ricerca si sono articolate nelle seguenti fasi:
-
selezione di iniziative concluse o in fase di definizione aventi gli stessi obiettivi del progetto;
-
sintesi di principi e criteri adottati nelle iniziative selezionate;
-
analisi e valutazione dei criteri proposti dalle iniziative selezionate;
-
identificazione ed elaborazione di un insieme di appropriati criteri di sostenibilità;
-
proposta di criteri adottabili nel contesto regionale;
-
attuazione di un progetto pilota per la validazione del sistema di certificazione della
produzione sostenibile di biomasse per uso energetico.
7.1. Selezione di iniziative
Il gruppo di lavoro ha ritenuto opportuno realizzare, in fase iniziale, una raccolta di iniziative con
obiettivi analoghi, già in fase avanzata di esecuzione, al fine di valutarne le metodologie ed i
risultati acquisiti, seppure in alcuni casi parziali.
In tal modo è stato possibile censire diversi progetti sul tema promossi da governi europei,
organizzazioni non governative e dalla Commissione europea. Tra questi si riportano di seguito
quelli ritenuti di maggiore interesse:

Sustainable production of biomass - promosso dal Ministero dell’Ambiente olandese
(Cramer et al., 2007);

Carbon and sustainability reporting within the renewable transport fuel obligation
requirements and guidance - Dipartimento Trasporti: Regno Unito (Departement for
Transport, 2008);

Sustinability standards for Bioenergy - WWF Germany (Lübbeke, Fritsche et al. 2006);

Roundtable on Sustainable Biofuels - coordinata dall’École Polytechnique Fédérale de
Lausanne (RSB 2007);

German Biomass Sustainability Ordinance – Union for the Promotion of Oilseeds and
Protein Plants (Berlin);Institut for Energy and Environmental (Leipzig), 2007;
118
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive

Directive of the European Parliament and of the Council on the promotion of the use of
energy from renewable sources.
Lo studio dei documenti prodotti in questi progetti ha consentito di avviare una fase di analisi
delle metodologie adottate e dei risultati ottenuti al fine di individuare orientamenti condivisi e
condivisibili dal laboratorio di competenze.
La sintesi delle proposte di criteri di sostenibilità adottati nei singoli progetti selezionati ha
consente di delineare un generale consenso su alcuni temi di rilievo anche se in alcuni casi
presentati in forma aggregata:

emissione gas serra;

competizione con la produzione di alimenti;

biodiversità;

ambiente;

prosperità economica;

benessere sociale.
7.2. Analisi e valutazione dei criteri proposti dalle iniziative selezionate
7.2.1. Emissione gas serra
Comune a tutte le iniziative è il riconoscimento che il bilancio dei gas serra è di primaria
importanza nell’attivazione di politiche atte a stimolare la produzione di energia sostenibile a
partire dalle biomasse.
Uno dei principali obiettivi che ci si pone per l’autorizzazione all’uso di biocarburanti per
autotrazione così come per la produzione di energia elettrica è la riduzione nell’emissione di
CO2 prendendo in considerazione l’intera catena produttiva.
Così con la proposta tedesca i biocarburanti dovranno consentire un risparmio di emissione di
gas serre del 30% con un impegno a crescere fino ad un 40% nel 2011.
La Commissione Europea, dal suo canto, individua in un 35% il risparmio in emissioni di CO2 da
realizzare con l’uso di biocarburanti, confrontato con quello di riferimento dei combustibili fossili.
I riferimenti delle proposte olandesi appaiono di maggior dettaglio ponendo in evidenza come la
possibilità di contrarre l’emissione di gas serra nell’uso di biocarburanti per autotrazione sia più
bassa rispetto a quanto realizzabile nella produzione di energia elettrica. Pertanto, prevede un
risparmio minimo del 50-70 % per la produzione di elettricità e del 30% per i biocarburanti.
L’approccio dell’iniziativa del governo britannico per quanto molto similare a quello olandese
differisce in quanto stabilisce livelli di risparmio in emissioni di CO2 cresenti nel tempo,
presupponendo un miglioramento nelle tecnologie applicate alla conversione delle biomasse in
bioenergia. Per cui fissa un limite minimo del 40% per il biennio 2008-2009, del 45% nel 20092010 fino a stabilizzarsi ad un 50% nel biennio successivo.
L’approccio proposto dal WWF si caratterizza per la distinzione proposta tra il risparmio limitato
alla produzione di materie prime per uso energetico da quello riferito all’intero ciclo di vita del
119
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
processo. Nel primo caso è stato proposto un limite in emissione di 30 kg CO2 eq. per GJ di
bioenergia prodotta, mentre nel secondo l’emissione in gas serra dovrà essere ridotta ad un
67% del bilancio massimo del ciclo di vita riferita a quella derivante dalla combustione di olio
grezzo.
Il Roundtable on Sustainable Biofuels non da riferimenti puntuali sulle percentuali di riduzione
delle emissioni di gas serra pur confermando la necessità di una loro contrazione rispetto a
quanto si verifica con l’impiego di combustibili fossili.
In aggiunta al criterio di contenimento dell’emissione di gas serra in più documenti si sottolinea
l’importanza di tutelare importanti riserve di carbonio quali aree umide, terreni erbosi, torbiere,
mangrovie, escludendole da una possibile autorizzazione ad essere utilizzate per scopi
energetici (raccolta o di coltivazione di biomasse ad uso energetico).
7.2.2. Competizione con la produzione di alimenti
Questo tema è strettamente connesso con la problematica della destinazione d’uso dei suoli
considerato la competizione per la disponibilità di terre a seguito del crescere della domanda di
biomasse per la produzione di energia che potrebbe risultare in un innalzamento dei prezzi
delle stesse così come delle produzioni alimentari.
A tal riguardo il documento prodotto dal gruppo di lavoro olandese puntualizza quest’aspetto
asserendo che “la produzione di biomassa da energia non deve costituire una minaccia per il
soddisfacimento del fabbisogno alimentare e per gli utilizzi locali di biomassa (fabbisogno
energetico, farmaci e materiale per l’edilizia) pur riconoscendo che allo stato attuale non è
possibile definire chiaramente indicatori idonei alla misura del cambiamenti della destinazione
d’uso dei suoli.
Più o meno alle stesse conclusione giunge il lavoro condotto dal WWF in Germania per il quale
si riconosce la necessità di approfondire i criteri essenziali relativi alle possibili competizioni per
l’uso del suolo.
Interessante è la posizione del RSB che oltre a confermare l’importanza dell’assenza di
competizione con le produzioni alimentari evidenzia il ruolo del bilancio delle emissioni di CO2
anche su questo tema tenuto conto che il calcolo dovrà includere la quaota di emissioni dovute
ai cambiamenti della destinazione d’uso dei suoli.
7.2.3. Biodiversità
La biodiversità, intesa come il livello di variabilità degli organismi viventi in un ecosistema,
rappresenta un componente fondamentale per lo sviluppo sostenibile per il quale le stesse
Nazioni Unite si sono attivate a definire una serie di obiettivi a garanzia della sua salvaguardia.
Da più parti viene messo in evidenza come la produzione delle biomasse ad uso energetico
possa sortire effetti diretti ed indiretti sulla salvaguardia della biodiversità pur riconoscendo che
non sempre gli stessi possano risultare del tutto negativi.
120
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
A tal proposito la Biomass Sustainability Regulation fa riferimento a pratiche di coltivazioni
sostenibili da adottare nei comprensori agricoli, necessarie a prevenire qualsiasi impatto
negativo su tutte le risorse naturali. L’applicazione di queste regole viene ricondotta alle norme
vigenti in agricoltura, nella gestione delle foreste e nella pesca o eventualmente integrate con
specifiche norme definite dal gruppo di lavoro e riconducibili ad una visione più ampia di
salvaguardia dell’ambiente.
La Direttiva Comunitaria sull’Energia rinnovabile non definisce specifici criteri per la
salvaguardia della biodiversità e dell’ambiente ma richiede agli stati membri una valutazione
dell’impatto della produzione di biocarburanti sulla biodiversità, risorse idriche naturali e sulla
qualità dell’acqua e del suolo.
Le proposte olandese e britannica si riconducono per molti versi a criteri presenti in sistemi di
certificazione già pre-esistenti. Unica eccezione è rappresentata dalla introduzione di un nuovo
criterio finalizzato alla salvaguardia della risorsa suolo improntato sull’uso dei co-prodotti
agricoli a condizione che gli stessi non vengano utilizzati in importanti impieghi tradizionali. A tal
fine sono stati individuati come indicatori il bilancio in nutrienti presenti nel suolo ed il contenuto
in sostanza organica.
Altri parametri comunemente presi in considerazione sono il monitoraggio annuale del pH del
suolo, le perdite per erosione e l’utilizzo di acque salmastre. Una ulteriore estensione sul tema
della salvaguardia della risorsa idrica è esplicitata nel documento olandese dove è prevista
l’esclusione di attività in cui non siano utilizzate risorse idriche rinnovabili.
Il WWF più semplicemente riconduce gli aspetti della salvaguardia della biodiversità e
dell’ambiente a tre standard di riferimento quali:
-
minimizzare fenomeni di erosione e degradazione del suolo;
-
minimizzare l’uso dell’acqua e fenomeni dei contaminazione;
-
evitare impatti sulla salute pubblica.
Altrettanto schematica è la proposta dell’RSB dove per la produzione di biomassa per uso
energetico viene richiesta l’assenza di impatti negativi sul suolo, acqua ed aria anche se indotti
indirettamente.
7.2.4. Prosperità economica
Il criterio guida di questo tema è orientato a riconoscere alla produzione delle biomasse per
scopi energetici un concreto e reale contributo all’economia locale. Aspetto ampiamente
dibattuto in termini di sostenibilità delle produzioni di biomassa alle quali dovrà essere
riconosciuta un equa quota del valore dell’energia da esse ricavata.
7.2.5. Benessere sociale
La produzione di biomassa ad uso energetico oltre a contribuire alla crescita dell’economia
locale dovrà garantire il miglioramento del benessere delle popolazioni locali e dei lavoratori.
121
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Punti fondamentali per il raggiungimento di questi obiettivi sono le condizioni di lavoro, il rispetto
dei diritti umani, il diritto di proprietà ed uso, integrità e condizioni sociali delle popolazioni locali.
7.2.6. Conclusioni
L’aspetto più interessante delle diverse iniziative analizzate è il riconoscimento di una volontà
espressa di promuovere un dibattito allargato a livello globale sulla sostenibilità delle biomasse
come fonte rinnovabile di energia. Molte delle azioni legislative avviate in alcuni Stati sono frutto
dei risultati di queste attività.
Questo approccio condiviso mira al raggiungimento di un sistema internazionale armonizzato di
certificazione della sostenibilità delle biomasse nel rispetto delle peculiarità locali e per il quale
sarà necessario una fase di validazione su scala territoriale.
7.3. Identificazione ed elaborazione di un insieme di appropriati criteri di sostenibilità
L’analisi delle proposte selezionate porta a constatare inequivocabilmente come il contenimento
delle emissione di gas serra a seguito dell’impiego di biomasse per usi energetici, dell’ impatto
ecologico delle modifiche dell’uso del suolo indotte dalla produzione di biomassa e del
peggioramento delle condizione socio-economiche rappresentino le aree tematiche di
maggior peso nella definizione della sostenibilità della produzione di biomassa.
7.3.1. Bilancio dell’emissione di gas serra
La riduzione delle emissioni di gas serra è uno dei principali fattori di promozione per la
produzione di biocarburanti e conseguentemente i benefici che ne derivano non possono non
essere considerati tra i criteri da adottare nella definizione della sostenibilità delle biomasse per
usi energetici.
La quantificazione della percentuale di riduzione dell’emissione di gas serra è un aspetto
normativo che può tener conto del più efficiente uso energetico delle biomasse, del obiettivo
raggiungibile in funzione del diverso impiego dell’energia ottenibile (elettricità, calore,
autotrazione) o degli sviluppi di nuove tecnologie nel tempo tali da puntare a risultati più
ambiziosi.
Vi sono alcuni esempi di applicazione di specifiche normative a livello nazionale come nel caso
della Germania con Biofuel Quota Law, alcuni tentativi sono in atto anche a livello di
amministrazioni locali. Di certo sarebbe auspicabile un approccio coordinato almeno su scala
comunitaria per consentire un approccio metodologico unico per la definizione di percentuali
minime di riduzione dell’emissione di gas serra.
A tal riguardo alcuni sforzi sono stati compiuti. Le diverse proposte metodologiche di calcolo
dell’emissione di CO2 sono state oggetto di confronto nell’ambito delle iniziative in atto
sull’argomento ed hanno portato allo sviluppo di approcci alquanto simili tra di loro e
riconducibili allo schema di verifica proposto dall’Unione Europea.
122
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
7.3.2. Contenimento di impatti negativi a seguito del cambio d’uso del suolo
Questo tema è ritenuto uno degli aspetti più sensibili per l’espansione della produzione di
biomassa per l’energia. Rischi di vedere intaccate aree ad elevato valore naturalistico con
conseguente perdita della biodiversità, di assistere a fenomeni di erosione dei suoli e di
contrazione della disponibilità di acqua o di contaminazione potrebbero essere facilmente
prevedibili a seguito di una irrazionale espansione di coltivazioni per la produzione di biomassa
per l’energia.
Pur tuttavia questi aspetti non risultano di facile determinazione in quanto gli ecosistemi sono
estremamente complessi così come i loro valori. Fortunatamente diverse sono le iniziative a
livello nazionale ed internazionale che definiscono e regolamentano le attività ammesse nelle
aree dotate di elevato valore naturalistico come foreste indisturbate, aree protette, aree umide e
pascoli tali da essere facilmente individuate ed escluse dalla raccolta e produzione di biomassa
ad uso energetico.
Le problematiche connesse alla salvaguardia della risorsa suolo ed acqua e gli aspetti di
inquinamento connessi ad un intensivo uso di agrochimici trovano nella applicazione di leggi
nazionali o locali specifiche dei validi indicatori per applicare i criteri di sostenibilità connessi ai
cambiamenti di destinazione d’uso dei suoli a seguito della coltivazione di colture da biomassa.
7.3.3. Condizione socio-economiche
Il principale obiettivo di questo tema è quello di stabilire l’influenza della produzione di biomassa
sulle condizioni socio-economiche delle popolazioni coinvolte. Il contributo di attività produttive
sull’economia locale può trovare una sua possibilità di quantificazione nella determinazione del
valore economico diretto che è stato generato, nella quota di risorse spese presso imprese
locali facenti parti dell’indotto, nelle politiche di assunzione del personale a partire dalle risorse
umani disponibili sul territorio.
Mentre per quanto riguarda lo stato di benessere delle popolazioni locali ed in particolar modo
dei lavoratori coinvolti nelle filiere bioenergetiche, invece è possibile far riferimento alle norme
proposte dall’International Labour Organization nel Tripartite Declaration of Principles
concerning Multinational Enterprises and Social Policy.
7.4. Linee di indirizzo regionale nell’applicazione dei criteri di sostenibilità per lo sviluppo
delle filiere agroenergetiche
Alla luce dell’analisi condotta sulle diverse proposte selezionate, dove, peraltro, i criteri adottati
sono riconducili a rielaborazioni di sistemi di certificazione già esistenti (FSC, IFOAM, FLO) o
includono norme presenti in legislazioni nazionali ed internazionali, il Laboratorio di
Competenza non ha ritenuto opportuno dare origine a nuovi criteri bensì individuare quelli
123
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
ritenuti più appropriati, anche nei termini di una più reale applicabilità, ed allignati con la
Direttive 98/70/EC e la più recente Direttiva 2008/30/EC.
I criteri selezionati
nell’ambito del progetto dell’Assessorato delle Risorse Agroalimentari
rappresentano, al pari delle diverse proposte esaminate, strumenti di indirizzo che necessitano
di una intensa attività di consultazione con portatori di interesse locali e referenti di iniziative
analoghe nazionali ed internazionali per giungere all’auspicata armonizzazione delle procedure
di certificazione della sostenibilità della produzione di biomasse e di biocarburanti.
Con riferimento alle aree tematiche di maggior peso nella definizione della sostenibilità della
produzione di biomassa si riportano di seguito i criteri ed indicatori oggetto della proposta.
7.4.1. Tema: Contenimento delle emissioni di gas serra
Largamente condivisa è l’idea per la quale la riduzione dell’emissione di gas serra costituisca
un problema inevitabile quando si affrontano gli aspetti della sostenibilità delle bioenergie.
In accordo con numerose altre iniziative ed in linea con quanto definito nella Direttiva
2008/30/EC vengono riportati i principi, criteri e gli indicatori di riferimento di questo tema.
Principio 1:
l’utilizzo delle biomasse ad uso energetico deve comportare una significativa
riduzione dell’emissione di gas serra.
Criterio 1:
la quota minima dell’emissione di gas serra risparmiata deve essere calcolata
per l’intero processo produttivo a partire dal momento in cui i combustibili di
origine fossile vengono sostituiti
Indicatore 1: il risparmio in emissioni di CO2 da realizzare con l’uso di biocarburanti dovrà
essere al minimo del 35%, confrontato con quello di riferimento dei combustibili
fossili.
Per il calcolo dell’emissione di gas serra nei diversi processi di produzione ed utilizzazione delle
biomasse per l’energia, alla luce della similarità delle diverse metodologie e dell’intento di
uniformare le stesse su scala europea sembra opportuno riferirsi a quanto proposto nelle
schema previsto nella Direttiva 2008/30/EC all’art.17 e relativo allegato VII, parte A, B, C, D ed
E.
7.4.2. Tema: Cambiamenti dell’uso del suolo
I cambiamenti nell’uso del suolo indotti dall’incremento della produzione di biomassa ad usi
energetici non dovranno determinare significativi impatti ambientali.
I principi riconducibili a questa tematica sono:
1. minimizzare i cambiamenti di destinazione d’uso dei suoli;
2. prevenire la perdita di habitat naturali;
3. prevenire la perdita di biodiversità:
124
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
4. prevenire impatti negativi sulle risorse naturali (suolo, acqua, aria).
Criterio 1.1: valutazione dell’andamento nel cambio d’uso dei suoli nei comprensori coinvolti
nella produzione di biomasse
Criterio 1.2: valutazione dell’andamento dei prezzi delle terre e delle produzioni alimentari
A tale proposito, come precedentemente riportato, non esistono all’attualità indicatori puntuali
per testare questo criterio e pertanto si ritiene opportuno avviare su scala regionale un sistema
di monitoraggio che consenta di acquisire informazioni relative ai due criteri proposti.
Criterio 2: salvaguardia delle aree ad elevato valore naturalistico
Indicatore 2:
riferimenti locali o nazionali per l’individuazione di aree ad elevato valore
naturalistico come foreste indisturbate, aree protette, aree umide e pascoli tali
da essere facilmente individuate ed escluse dalla raccolta e produzione di
biomassa ad uso energetico.
Criterio 3: prevenzione ed implementazione della biodiversità “on farm”
Indicatore 3:
adozione di buone pratiche agricole nelle aree coinvolte nella produzione di
biomassa ed in quelle limitrofe con particolare riferimento alla realizzazione di
corridoi ecologici
Criterio 4: nella produzione trasformazione di biomassa per energia dovranno essere applicate
buone pratiche per mantenere o migliorare la qualità delle risorse naturali (suolo,
acqua ed aria)
Indicatore 4:
norme nazionali e regionali relative ad aspetti di gestione e tutela del suolo,
dell’acqua e dell’aria.
7.4.3. Tema: Condizione socio-economiche
Di estrema importanza ai fini della sostenibilità della produzione e conversione in energia delle
biomasse è stabile quanto questo processo di produzione di bioenergie può influire sulle
condizioni socio-economiche delle popolazioni coinvolte.
A tal proposito vengono individuati due principi fondamentali uno riferito al contributo sulla
prosperità economica a livello locale, l’altro sul livello di benessere indotto.
Principio 1: la produzione di biomassa deve contribuire alla sviluppo economica locale
Criterio 1: contributo positivo delle attività produttive realizzate da privati a favore
dell’economia e dell’iniziative imprenditoriali locali
Anche in questo caso non si registrano indicatori specifici idonei alla verifica della sostenibilità
del criterio in questione per cui si prevede la realizzazione di una struttura regionale che possa
125
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
monitorare il valore economico diretto che è stato generato dalla produzione di biomassa, la
quota di risorse spese presso imprese locali facenti parti dell’indotto, la politica di assunzione
del personale a partire dalle risorse umani disponibili sul territorio.
Principio 2: la produzione di biomassa deve contribuire al benessere delle popolazioni locali e
dei lavoratori
Criterio 2: contributo positivo sul benessere delle popolazioni locali e rispetto dei diritti
La verifica della sostenibilità di questo criterio è demandata al monitoraggio degli effetti delle
attività produttive connesse alla produzione e trasformazione delle biomasse in energia sulla
popolazione locale e alle norme proposte dall’International Labour Organization nel documento
“Tripartite Declaration of Principles concerning Multinational Enterprises and Social Policy”.
7.5. Evoluzione della normativa comunitaria e recepimento a livello regionale
Negli ultimi mesi l’Unione Europea, attraverso i suoi organi istituzionali (Parlamento, Consiglio,
Commissione), ha ribadito l’importanza di rispettare criteri di sostenibilità efficaci per le
bioenergie e di promuovere la diffusione di biocarburanti di seconda generazione.
Pur con non poche difficoltà, il Parlamento Europeo, il 23 aprile 2009, ha approvato la Direttiva
2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e
successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE, pubblicata sulla Gazzetta
Ufficiale dell’Unione europea il 5 Giugno 2009.
La direttiva rappresenta il risultato di un lungo lavoro avviato a livello comunitario nell’ambito
delle diverse Commissioni (ambiente, energia, ecc..) finalizzato alla costituzione di un quadro
comune per lo sviluppo dell’energia da fonti rinnovabili.
L’intento è quello di definire obiettivi nazionali obbligatori per raggiungere la quota
complessiva europea del 20% di energie da fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia
entro il 2020 ed una obbligatoria minima del 10% di biocarburanti sul consumo di benzine e
diesel per autotrazione.
Le specificità a livello dei singoli Stati membri, dovute alle situazioni di partenza e alle possibilità
di sviluppo dell’energia da fonti rinnovabili, vengono riconosciute dalla direttiva che propone una
ripartizione dell’aumento totale dell’uso di energia da fonti rinnovabili in base al prodotto interno
lordo (PIL) pro capite e agli sforzi già compiuti per accrescere l’uso dell’energia da fonti
rinnovabili. Per l’Italia l’obiettivo nazionale specifico per la quota di energia da fonti rinnovabili
sul consumo finale di energia al 2020 è stato fissato pari al 17%.
La direttiva risulta alquanto complessa, affronta molti aspetti e detta una serie di norme relative
alla diffusione di dati statistici all’interno dell’Unione Europea, alla proposizione di progetti
comuni tra gli Stati membri e con paesi terzi, al controllo e rilascio di garanzie di origine
dell’energia, del calore e del freddo prodotti da fonti energetiche rinnovabili, alla semplificazione
126
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
e velocizzazione delle procedure amministrative, all’informazione sulle misure di sostegno e sui
benefici dell’impiego di energia da fonti rinnovabili e alla connessione alla reti elettrica e del gas
da parte di produttori di elettricità e di gas da fonti energetiche rinnovabili.
Oltre a ciò, la direttiva introduce una serie di criteri di sostenibilità per i biocarburanti e i
bioliquidi giustamente restrittivi rispetto agli ambienti in cui possono essere prodotte materie
prime di origine vegetale, con l’intento di salvaguardare la biodiversità ed il mantenimento di
ambienti naturali ad alto assorbimento di CO2.
Pertanto viene preclusa la coltivazione su terreni ad “ad alto valore di biodiversità” come foreste
primarie e altri terreni boschivi senza presenza di attività umana, ecosistemi minacciati ed
inclusi in elenchi nazionali o internazionali, terreni erbosi non degradati e ricchi di specie, zone
umide e zone boschive continue o alberato di superficie superiore all’ettaro. In caso di mancato
rispetto di tali criteri, la produzione di biocarburanti non potrà essere contabilizzata nel calcolo
per il raggiungimento degli obiettivi nazionali.
Le misure nazionali adottate per garantire il rispetto di tali criteri saranno oggetto di
monitoraggio biennale da parte della Commissione.
Notevole rilievo viene dato, nell’ambito della direttiva, alla sostenibilità sociale con particolare
attenzione al contenimento dei prezzi e disponibilità dei prodotti alimentari, oltre alle questioni
più generali di sviluppo.
Altro articolo fondamentale della direttiva riguarda la verifica del rispetto dei criteri di
sostenibilità, in cui è previsto l’obbligo da parte degli operatori economici di dimostrare il
rispetto degli stessi, pur sottolineando l’importanza di non gravare sulle imprese con oneri
eccessivi.
Nonostante la notevole criticità di questo articolo, dovuta alla sussistenza di interessi diversi, ad
esempio fra il mondo agricolo e quello industriale, pregevole dal punto di vista di un suo
recepimento condiviso è la proposizione, in ciascun articolo della direttiva, di una verifica in
itinere della praticabilità e opportunità delle norme proposte, con la possibilità di introdurre
misure correttive.
Questo dovrebbe suggerire ad ogni Stato membro l’istituzione di un coordinamento nazionale
per la valutazione di eventuali criticità dovute a specifiche situazioni locali, interpretando ed
applicando le indicazioni riportate nella direttiva per stabilirne l’adattabilità ai contesti territoriali
nazionali e suggerire eventualmente proposte migliorative.
Con questa logica e anticipando i tempi, il laboratorio ha condotto uno studio sull’adozione di
criteri di sostenibilità per la promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, i cui risultati
rappresentano un’anteprima del lavoro di aggiornamento richiesto dalla Commissione sulle
emissioni tipiche di gas a effetto serra derivanti dalle coltivazioni di materie prime agricole.
Così come richiesto dall’art. 19 “Calcolo dell’impatto dei gas a effetto serra dei biocarburanti e
dei bioliquidi”, in un territorio circoscritto della Regione Puglia è stata effettuata una verifica
delle emissioni tipiche di gas a effetto serra derivanti dalla coltivazione di alcune colture da
127
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
biomassa ad uso energetico, per stabilire se fossero inferiori o uguali alle emissioni indicate alla
rubrica «Valori standard disaggregati per la coltivazione» dell’allegato V, parte D, della direttiva.
La validazione della metodologia indicata dalla direttiva e l’estensione di tali verifiche sul
territorio regionale e per le colture ritenute più idonee, confortate da un riscontro coordinato su
scala nazionale, rappresenta il percorso obbligato a cui bisognerà orientarsi per il più rapido
recepimento condiviso della direttiva.
Il laboratorio ritiene fondamentale realizzare un programma di accompagnamento al
recepimento della direttiva, con un progetto pilota atto a validare a livello locale i criteri di
sostenibilità proposti e tradurli in eventuali proposte migliorative per una più efficace
introduzione e funzionamento di regimi di sostegno o di altre misure finalizzate alla promozione
della produzione di energia da biomasse nei differenti comprensori agricoli pugliesi, soprattutto
in quelle aree meno vocate ad esprimere un’agricoltura competitiva e su quei suoli
compromessi dal punto di vista ambientale e quindi inutilizzabili per la produzione destinata
all’agroalimentare.
128
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
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Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Le Agroenergie in Puglia
potenzialità e prospettive
ppaarrttee sseeccoonnddaa
Esperienze pilota a sostegno dello sviluppo della filiere
agroenergetiche in Puglia
133
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Lo studio è stato condotto nell’ambito del Programma di attività di divulgazione della filiera
biocarburanti progetto “Bioenergie” finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali
Autori:
Giuseppe De Mastro, Nicola Grassano, Luigi Tedone, Leonardo Verdini
Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali – Università degli Studi di Bari
Luca Lazzeri, Lorenzo D’Avino
Centro di Ricerca per le Colture Industriali – CRA CIN Bologna
Si ringraziano per il generoso contributo e la preziosa collaborazione:
Salvatore Nardulli ed Enzo Tucci
Società COOPERATIVA SILVIUM GIOVANNI XXIII
Biagio Di Terlizzi
CIHEAM - Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari
Si ringraziano per il supporto istituzionale:
Luigi Trotta ed Annamaria Cilardi
Ufficio Innovazione e Conoscenza in Agricoltura - Regione Puglia
134
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
INDICE
Pag.
Premessa
136
1. Il progetto PROBIO
140
2. Filiera oli vegetali
141
2.1. - Fase di campo: coltivazione brassicacee
2.1.1. - Analisi del contesto territoriale
2.2. - Attività dimostrative (2006-2007)
2.2.1. - Risultati produttivi (2006-2007)
2.3. - Attività dimostrative (2007-2008)
142
146
151
152
157
2.3.1. - Risultati produttivi (2007-2008)
159
2.3.2. - Risultati dell’analisi energetico-ambientale (2007-2008)
170
2.4. - Attività divulgative (2007-2008)
173
2.4.1. Gestione tecnica delle attività divulgative
174
2.4.2. - Analisi della potenzialità produttiva in granella e in olio grezzo
179
2.4.3. - Analisi economica
181
2.4.4 - Analisi energetica
184
2.4.5. – Analisi ambientale
186
3. Filiera biogas
3.1. - Attività dimostrativa (2007-2008)
3.1.1. - Risultati produttivi (2007-2008)
188
189
190
4. Considerazioni conclusive
195
Bibliografia
196
135
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Premessa
La diffusione delle attività agricole mirate alla produzione di energia potrebbe rappresentare,
nell’ottica di una crescente multifunzionalità dell’agricoltura, una reale opportunità per lo
sviluppo rurale se realizzata secondo modelli sostenibili.
Nei primi anni di crescita dell’interesse per le fonti energetiche rinnovabili, l’uso delle
agrienergie era considerato tecnologicamente poco evoluto in confronto all’energia eolica e
quella fotovoltaica. Gradatamente, nel tempo, le potenzialità d’impiego delle biomasse per usi
energetici si sono allineate e per alcuni aspetti sono divenute anche superiori ad altre fonti di
energia rinnovabile.
Questo al punto da registrare nel mondo agricolo un livello di accettazione dell’introduzione di
colture energetiche senza uguali nel tempo.
Tale situazione ha generato non poche incertezze sia sul piano operativo che normativo
complicate più recentemente da preoccupazioni dovute ad una possibile competizione con le
produzioni alimentari.
In questo contesto l’Area Politiche per lo Sviluppo Rurale della Regione Puglia ha ritenuto
importante dotarsi di un laboratorio di competenze per garantirsi un supporto tecnico
scientifico a sostegno della pianificazione di filiere agrienergetiche, nell’ambito della
diversificazione produttiva delle aziende agricole.
Per rimuovere gli elementi di criticità per la valorizzazione agrienergetica delle biomasse
prodotte a scala regionale è opportuno ricordare come le agrienergie offrano una vasta ed
articolata gamma di opportunità ineguagliabili nel più ampio settore di energia da fonti
rinnovabili.
Nella tipologia, infatti, distinguiamo biocombustibili solidi (biomasse da colture dedicate o
residuali), biocombustibili liquidi (bioetanolo, biodiesel, olio vegetale puro) e biocombustibili
gassosi (biogas); distinzione di grande rilievo soprattutto per quanto riguarda i diversi soggetti
coinvolti e le diverse implicazioni in termini sia di superficie agricola coinvolta sia di implicazioni
ambientali correlate.
L’utilizzo delle agrienergie, inoltre, è esteso a tutti i livelli di scala di applicazione da quella
domestica a quelle delle piccole, medie e grandi reti con tipologie energetiche che spaziano dal
termico, all’elettrico al meccanico.
Per quanto la produzione di biomassa di origine agricola per usi energetici costituisce una
innovazione che trova limitate riserve da parte del mondo agricolo è opportuno precisare che le
biomasse di per se non appaiono pienamente sostenibili. La complessità di implicazioni
ecologiche, economiche e di impatto sociale richiedono valutazioni e definizioni più puntuali
rispetto alle differenti produzioni di biomasse ed alle tecnologie di processo e conversione.
Uno dei limiti più dibattuto oggi è quale e quanta superficie può essere dedicata allo sviluppo
delle agrienergie.
136
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Di qui l’esigenza di definire delle priorità, su base analitica, che possano essere da guida
nell’orientare le scelte decisionali verso modelli organizzativi stabili nel tempo e garanti di una
sostenibilità economica, ambientale e sociale.
L’affermazione delle filiere agrienergetiche non è riconducibile esclusivamente alla quantità di
energia prodotta ma quanto alla qualità del modello produttivo adottato.
A parte i vantaggi ambientali dovuti alla riduzione dell’impiego di combustibili fossile, ricadute
economiche ed ambientali delle agrienergie sono più facilmente ascrivibili a filiere locali di
piccole dimensioni in grado di produrre energia per l’autoconsumo o per la vendita diretta.
Dal punto di vista della sostenibilità agro-ambientale, infatti, lo sviluppo di filiere agrienergetiche
a supporto di impianti di piccole dimensioni, in grado di valorizzare prevalentemente biomasse
lignocellulosiche, amidacee ed oli vegetali puri, rappresentano obiettivi strategici irrinunciabili.
Il mantenimento delle dimensioni degli impianti entro certi limiti, infatti, risulta funzionale ad un
percorso autorizzativi più semplificato non solo, ma anche al contenimento delle superfici
agricole da destinare a colture dedicate alla produzione di energia evitando forti impatti sul
preesistente indirizzo produttivo locale.
Inoltre, strategica è pure la possibilità di disporre di impianti capaci di trasformare in energia
tipologie diverse di materie prime in modo da consentire la valorizzazione integrale delle
produzioni ottenute da diverse colture energetiche esaltando l’efficienza d’uso del suolo intesa
come massimizzazione dell’energia prodotta per unità di superficie.
Così come un’oculata scelta colturale costituisce uno dei presupposti fondamentali per lo
sviluppo di filiere agri-energetiche sostenibili in quanto rende più agevole l’inserimento dei
principali ordinamenti colturali dei diversi comprensori agricoli senza richiedere forzature che
potrebbe mettere a rischi la fertilità dei terreni, la stabilità dei sistemi agricoli ed la gradevolezza
del paesaggio.
La possibilità di diversificare le materie prime di origine agricola a scopi energetici induce
vantaggi non solo da un punto di vista agro-ambientale ma anche logistico consentendo di
svincolare l’attività degli impianti alla stagionalità delle produzioni.
Per quanto riguarda la gestione tecnico-agronomica delle colture fondamentale è poter contare
su itinerari in grado non solo di migliorare l’efficienza d’uso dei principali fattori produttivi e di
ridurre contemporaneamente l’impatto ambientale, ma anche di garantire il miglior bilancio
energetico tra inputs ed outputs.
Tanto premesso il supporto del laboratorio di competenze alla amministrazione regionale si
estende alla individuazione di indicatori sostenibili da utilizzare come strumento per la
pianificazione dello sviluppo di delle filiere agrienergetiche a livello territoriale ponendo
attenzione a non vincolare eccessivamente il territorio.
Lo studio preliminare condotto dal laboratorio di competenze, pertanto, ha individuato un
percorso metodologico adatto ad analizzare l’impatto sociale, economico, ambientale ed
137
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
istituzionale della molteplicità dei fattori, e delle loro interazioni, coinvolti nello sviluppo delle
filiere agrienergetiche.
La prima fase di lavoro è servita chiarire gli scopi a cui il gruppo di indicatori deve essere
funzionale, richiamando le esperienze e conoscenze disponibili nell’ambito del laboratorio di
competenze e che si evolverà, in una fase più avanzata del progetto, in un processo
partecipato, coinvolgendo tutti i portatori di interesse presenti sul territorio.
In relazione, anche, al mandato conferito dall’Area Politiche per lo Sviluppo Rurale, il
Laboratorio di Competenze ha focalizzato l’attenzione sull’obiettivo prioritario di rimozione degli
elementi di criticità per la valorizzazione agroenergetica delle biomasse prodotte a scala
regionale, attraverso una regolamentazione delle iniziative in corso o in fase di proposizione
basata su criteri di sostenibilità.
In questa direzione il lavoro del gruppo di esperti ha mirato ad individuare i possibili scopi a cui
l’utilizzo di indicatori deve rispondere:

vocazionalità naturale alla fornitura di materie prime per la produzione di agroenergia,
attraverso residui e/o colture dedicate, validata anche da esperienze pregresse (rispetto
agroecosistemi preesistenti, condizioni pedoclimatiche, ecc.);

inseribilità nei cicli colturali e/o di allevamento di colture energetiche o della raccolta di
residui a fini energetici (disponibilità di superfici, sostituibilità di colture a basso reddito,
utilizzo di terreni a riposo, tecniche e dotazioni strutturali aziendali compatibili,
competenze imprenditoriali, ecc.);

trasferibilità delle materie prime o dell’energia da queste prodotta (dotazione
infrastrutturale, tempi e costi di trasporto, ecc.);

utilizzabilità in contesto aziendale/distrettuale dell’energia prodotta (ricorso ad altre fonti
energetiche, loro sostituibilità tecnica, ecc.);

realizzabilità e dimensionamento impianti di trasformazione (disponibilità spazi fisici,
contesto istituzionale, strumenti di pianificazione/regole amministrative, ecc.);

idoneità ad utilizzo efficiente degli input energetici dei processi produttivi strutturati per
la produzione e valorizzazione di biomasse di origine agricola ai fini della produzione di
energia (massima energia fissata per unità di superficie, elevata efficienza degli impianti
di trasformazione delle biomasse in energia, ecc..);

compatibilità ambientale e sicurezza alimentare;
138
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive

validità reddituale delle filiere agrienergetiche e giudizio di convenienza sugli
investimenti (utilizzo diretto dell’energia, vendita, conferimento della materia prima ad
impianti centralizzati, eventuale esigenza sostegno pubblico, ecc…).
L’approfondimento della tematica ha richiesto una rassegna di modelli, indicatori e dati già
implementati in altre esperienze che ha portato a definire una prima proposta di indicatori
strutturati secondo i seguenti tematismi ritenuti fondamentali per lo sviluppo delle filiere
agrienergetiche: ambiente agronomico, economia ed aspetti sociali, tecnologia ed impiantistica,
risorse naturali, il cui dettaglio è oggetto di una fase più avanzata del lavoro.
Nell’ambito del primo tema sono stati proposti 20 indicatori, 52 nel secondo, 7 nel terzo e 6 nel
quarto.
Al fine di migliorare la qualità, la significatività e la coerenza interna ed esterna degli indicatori,
le fasi successive saranno incentrate sull’attuazione di un processo partecipato - con il
coinvolgimento di tutti i portatori di interesse presenti sul territorio – utile a rendere massima la
cognizione e la condivisione dell’approccio scientifico proposto ed estremamente funzionale ad
una ancor più spinta conoscenza delle caratteristiche, potenzialità e aspettative delle diverse
realtà locali della regione.
Su tale modello di approccio - partecipato dal sistema delle conoscenze e dalla rete delle
competenze e delle rappresentanze sin dal momento di individuazione delle variabili da
utilizzare base e per tale ragione di sicura solidità e validità - potrà essere possibile attuare un
modello realmente avanzato di pianificazione dello sviluppo sostenibile a livello locale
assolutamente indispensabile per la promozione prima e la realizzazione poi di filiere
agrienergetiche effettivamente compatibili con il tessuto socio-economici dei diversificati areali
pugliesi.
139
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
1. Il progetto PROBIO
Obiettivi specifici
Obiettivo del progetto è di acquisire, nel contesto regionale, conoscenze sul funzionamento di
sistemi produttivi, a differenti livelli di intensità, dotati di nuovi orientamenti tecnico-colturali
dedicati alla produzione di biomasse ad uso energetico, al fine di ottimizzarne la gestione
tecnico-economica per fornire: (1) agli agricoltori, informazioni utili per migliorare il processo
produttivo delle colture energetiche nel contesto globale delle scelte aziendali; (2) agli
industriali, specifiche, puntuali e stabili, sulla qualità tecnologica della materia prima ottenibile
negli areali meridionali di coltivazione; (3) ai decisori politici locali e nazionali, elementi utili a
formulare un giudizio sulla validità tecnico-agronomica, economica ed ambientale di sistemi
colturali ad indirizzo energetico alla luce delle recenti normative (Dir 2009/28/EC).
L’attività dimostrativa e di sviluppo, basata su scala aziendale, ha permesso una integrazione
dei risultati acquisiti con quelli che sono i parametri strettamente legati al processo produttivo
nelle aree interessate al progetto (ordinamenti colturali, fattori agronomici, risorse aziendali
disponibili, dotazioni infrastrutturali).
Piano di attività
Il piano di attività ha previsto la realizzazione di una serie di azioni dimostrative finalizzate
all’analisi di sistemi colturali, a diverso livello di intensificazione, da proporre per colture a
destinazione energetica in avvicendamento negli ordinamenti colturali tradizionali dei
comprensori agricoli regionali.
Con particolare riferimento al settore, consolidato, dei biocombustibili prodotti da oli vegetali le
scelte colturali hanno riguardato specie quali il colza (Brassica napus L. var. oleifera) e la
brassica carinata (Brassica carinata A. Braun) che ben si prestano da un punto di vista
agronomico a valorizzare molti aree cerealicole pugliesi.
Per le filiere biogas e bioetanolo l’attenzione è stata rivolta a cereali vernini scegliendo fra
quelli ad elevato potenziale produttivo in biomassa totale, per processi di digestione anaerobica
(biometano) e ad basso tenore proteico per una maggiore rese in bioetanolo nei processi
fermentativi. Frumento tenero, triticale ed orzo sono state le colture selezionate con queste
finalità.
Nell’intento del programma le azioni dimostrative e divulgative sono state orientate verso un
processo di informazione e formazione dei diversi attori delle filiere a livello per la lo sviluppo
sostenibile delle agroenergie.
140
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
2. Filiera oli vegetali
In ambito regionale la filiera oli vegetali appare tra le più promettenti, non solo in virtù delle
normative sui biocarburanti che ne incentivano lo sviluppo, ma anche per la buone prospettive
di inserimento di alcune oleaginose negli ordinamenti colturali territoriali.
Nelle condizioni pedo-climatiche dell’Italia meridionale la produzione di oli vegetali da specie
erbacee ha da sempre riposto particolare attenzione a colture come il girasole, il colza e più
recentemente alla brassica carinata per specifiche doti di buona adattabilità ad ambienti a clima
caldo arido.
Nello specifico, la filiera si basa sulla produzione di semi oleosi da cui è possibile ottenere olio
vegetale grezzo, previa estrazione meccanica, oltre a panello proteico e paglia residua. L’olio
grezzo può essere utilizzato per alimentare motori diesel opportunamente adattati ed in assetto
cogenerativo ottenendo energia elettrica e termica, oltre a poter essere destinato ad un
processo di transesterificazione per la produzione di biodiesel (fig. 1).
I sottoprodotti di questa fase della filiera, rappresentati da panelli ricchi in proteine e in alcuni
casi in sostanze bioattive, trovano collocazione soprattutto nell’alimentazione animale e nella
possibilità di applicazione nel settore dei prodotti biocidi.
OLEAGINOSE
COLZA / BRASSICA CARINATA
RACCOLTA / TRASPORTO /
STOCCAGGIO
ESTRAZIONE DI OLIO GREZZO
FILIERA LUNGA
FILIERA CORTA
UTILIZZO OLIO IN
UTILIZZO FARINE O
PRODUZIONE DI
MOTORI ENDOTERMICI
PANELLI DISOLEATI
BIODIESEL
ENERGIA
ENERGIA
ELETTRICA
TERMICA
USO
ZOOTECNICO
AZIONE
BIOCIDA
(ZERO GLS)
(ALTI GLS)
AUTOTRAZIONE
Figura1 – La filiera oli vegetali
Nel convincimento ormai diffuso che lo sviluppo di impianti per la produzione di biodiesel trova
maggiore convenienza in tipologie centralizzate, situate in aree industriali, preferibilmente vicino
a scali portuali per favorire un approvvigionamento di materia prima anche da altre aree di
141
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
produzione, e con l’intento di stimolare la diffusione di impianti decentralizzati a livello di
aziende singole o in forma aggregata in modo da conferire maggiore opportunità al mondo
imprenditoriale agricolo di acquisire direttamente parte del valore aggiunto della biomassa
prodotta e della conversione in energia è stata verificata la validità agroenergetica della filiera
oli grezzi da brassicacee, come possibile soluzione al mantenimento del valore aggiunto delle
produzioni, parzialmente od integralmente trasformate, in ambito agricolo.
L’olio vegetale può essere destinato direttamente alla trasformazione in azienda con la
produzione di energia elettrica mediante generatori collegati a motori diesel di piccola-media
potenza in modo da usufruire degli incentivi alla produzione di energia elettrica a partire da fonti
rinnovabili (certificati verdi), o conferito all’industria del biodiesel sulla base di specifici contratti
di filiera.
L’aspetto innovativo della filiera energetica oli grezzi è rappresentata proprio dall’introduzione
nelle aziende agricole di tecnologie semplificate nella fase di estrazione dell’olio con il solo
ricorso a semplici presse meccaniche.
All’estrazione dell’olio si associa la produzione di panelli di estrazione che potranno trovare
collocazione nel settore dei mangimi di qualità utilizzando colza o nella produzione di sostanze
ad attività biocida da impiegare in alternativa ai pesticidi di sintesi e nell’industria dei fertilizzanti
organici anche per l’agricoltura biologica nel caso della brassica carinata il cui seme è ricco in
glucosinolati.
Lo sviluppo e diffusione di attività agricole mirate alla produzione di energia, oltre a
rappresentare una reale opportunità in risposta alla difficile congiuntura economica derivata
dalla globalizzazione dei mercati, contribuisce ad ampliare il valore multifunzionale dell’impresa
agricola con produzioni che acquisiscono i connotati di un bene necessario ed irrinunciabile e
come tale dotato di un bacino di utenza vastissimo.
La struttura dell’intera filiera oli vegetali-energia elettrica interessa ambiti diversi: dagli aspetti
puramente agronomici, energetici ed ambientali a quelli meccanici per la gestione dell’impianto
di estrazione dell’olio (pressa) e quello di generazione dell’energia elettrica (gruppo
elettrogeno).
Nell’ambito delle attività previste sono stati analizzati gli aspetti principali che interessano le
diverse fasi della filiera e di seguito si riportano i risultati conseguiti.
2.1. - Fase di campo: coltivazione di brassicacee
Pur confermando la superiorità del colza come coltura più rappresentativa per la produzione
europea di biodiesel, sono opportune alcuni approfondimenti sulle potenzialità della stessa nei
comprensori a clima caldo arido come quelli dell’Europa del sud in cui ricadono i comprensori
agricoli regionali.
142
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
La sua coltivazione, conosciuta e diffusasi in Europa sin dal XII secolo, era finalizzata alla
produzione di olio per illuminazione ed uso alimentare, soprattutto nelle regioni nordiche dove
non erano conosciuti l’olivo ed il papavero.
Una forte espansione delle superfici coltivate si è avuta a partire dagli anni ’80, concentrandosi
prevalentemente nella fascia più continentale.
L’adattabilità di questa specie alle diverse condizioni pedoclimatiche, la modesta richiesta di
cure colturali e di investimento di capitali, pongono sicuramente il colza in una favorevole
posizione per l’inserimento negli ordinamenti colturali di diverse aree agricole italiane (Toniolo,
et al., 1992).
E’ una coltura miglioratrice del terreno ed in Italia trova la sua collocazione migliore in ciclo
autunno primaverile.
Le condizioni climatiche ideali per il buon esito di questa coltura sono i climi di tipo temperato
umido, caratterizzati da inverni non molto rigidi e da primavere moderatamente umide. La
pianta teme ristagni di acqua nel periodo invernale e la siccità durante il periodo di maturazione.
Quest’ultimo fattore induce un anticipo della maturazione con conseguente riduzione della
produzione a causa della diminuzione del peso unitario del seme e della percentuale di olio.
In Italia ha trovato nel tempo situazioni più favorevoli di coltivazione soprattutto negli ambienti
del Nord e Centro Italia, mentre al Sud il suo potenziale produttivo è fortemente condizionato
dalla disponibilità di varietà precoci in modo da sfuggire con una maturazione anticipata ad un
decorso stagionale primaverile estivo caratterizzato da scarsa piovosità ed elevate temperature
(De Mastro et al, 1992) .
Un cospicuo lavoro di miglioramento genetico ha consentito oggi di poter disporre di ibridi con
maggiore potenziale produttivo, anche se ancora non del tutto risolti sono i problemi legati alla
indeiscenza delle silique con conseguente riduzione di perdite alla raccolta, all’incremento del
tenore in olio della granella, alla tolleranza a nematodi ed alla sclerotinia che consentirebbe una
maggiore facilità di inserimento in rotazioni con altre oleaginose e barbabietola qualora dovesse
esserci una ripresa di questa coltura.
Proprio quest’ultimo aspetto né ha limitato nel passato la sua diffusione in ambienti bieticoli
settentrionali del nostro Paese.
In realtà in Italia la coltura del colza ha vissuto sempre momenti alterni e spesso determinati da
politiche comunitarie indirizzate al sostenere le oleaginose. E’ a metà degli anni ’90 che ha
vissuto nuovi interessi facendo registrare anche in Puglia un notevole incremento delle superfici
coltivate (6.500 ha circa nel 2000) a cui purtroppo non sono corrisposte produzioni adeguate a
seguito di scelte tecniche non sempre razionali dovute probabilmente anche ad una
interpretazione assistenzialistica dell’aiuto comunitario. Situazione che ha portato negli anni
successivo ad un progressivo declino della coltura fino alla quasi scomparsa.
L’interesse per questa coltura sia come coltura alimentare che come coltura energetico o per la
produzione di oli tecnici è sempre stata sostenuta da reti nazionali di ricerca.
143
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Sono da citare il Progetto di Ricerca sulle Oleaginose ad uso alimentare, finanziato dal Mipaaf
negli anni ’80 i cui risultati a livello regionale sono stai oggetto di convegni e pubblicazioni, a cui
hanno fatto seguito i Progetto Prisca (Progetto di Ricerca sulle Colture Alternative) MiPAF
(1992 – 1997), TISEN (Tecniche innovative sostenibili di produzione e trasformazione delle
colture energetiche e non-food) – MiPAF (2001-2003) e più recentemente il Progetto
Bioenergie, sempre finanziato dal Mipaf, in cui il colza è da annoverare tra quelle colture in
continua osservazione.
Pertanto, dalla sua introduzione negli ordinamenti colturali più diffusi a livello nazionale, ad oggi,
la coltura del colza ha trovato un valido supporto nei risultati della ricerca agronomica.
I risultati produttivi relativi alle tre zone geografiche del nostro Paese evidenziano una notevole
variabilità tra le diverse annate con valori che al Nord si attestano appena al disopra delle 2.0 t
-1
-1
ha , intorno alle 2.5 t ha al Centro, mentre al Sud a produzioni molto simili a quelle del Nord
si alternano rese aleatorie inferiori a 1.0 t
ha-1, dove la resa in olio risulta fortemente
condizionata dal minore peso unitario del seme (Cosentino et al., 2006).
Indagini condotte negli ultimi anni in ambienti di pianura e collina della Basilicata hanno messo
in evidenza una variabilità tra gli anni e le varietà con produzioni da un minimo di 1.4 t ha-1 ad
un massimo appena superiore alle 4.0 t ha-1 (De Mastro,1998).
Altre esperienze condotte in ambienti pugliesi confermano l’aleatorietà degli ambienti
meridionali per la coltura del colza per la quale è possibile registrare produzioni soddisfacenti
solo in annate con decorsi stagionali primaverili freschi e piovosi e con varietà precoci.
Particolare attenzione è stata rivolta alle problematiche della concimazione, dove per altro è
stata evidenziata una certa sensibilità della coltura all’apporto di azoto, che non è coinciso con
un miglioramento qualitativo delle produzioni inibendo la sintesi lipidica a favore di quella
proteica (Marzi et al,,1992)
Oggi pur disponendo di varietà migliorate ed ibridi si riscontra sempre una prevalenza di
materiale più adatto agli ambienti nordici dove la coltura ha una maggiore diffusione.
Una buona alternativa alla limitata disponibilità di materiale genetico adatto ad ambienti a clima
caldo arido è stata quella di adattare genotipi ad habitus primaverile in semina autunnale.
Interessanti a tal proposito è risultato materiale selezionato in ambienti nord americani
selezionati per un ciclo primaverile-estivo.
In contemporanea negli ultimi anni si è assistito ad un crescente interesse per gli oli
biodegradabili ad uso industriale (lubrificanti, surfattanti, emulsionanti, plastiche, resine, ecc…)
di origine vegetale per il quale numerose specie da olio appartenenti alla famiglia delle
Brassicacee, ricche in acidi grassi a catena lunga, sono state oggetto di studio.
Un’ampia gamma di cultivar appartenenti a specie quali Brassica rapa L., Brassica juncea
Czern. et Coss, Brassica carinata A. Braun, Raphanus sativus L. var. oleifera, Sinapis alba L.,
Crambe abyssinica Hoecst ex Freus. sono state studiate, nell’ambito di una rete nazionale di
ricerca, per valutare la possibilità di introduzione negli ordinamenti colturali nazionali attraverso
144
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
la determinazione dei potenziali produttivi quanti-qualitativi (AA.VV., 1998, Mazzoncini et al.,
1999, De Mastro et al., 1999, De Mastro et al., 2003).
Tra queste specie la brassica carinata ha fatto registrare, in diversi anni di sperimentazione ed
in diverse località, produzioni in granella sempre superiori a quelle del colza. In Val Padana la
Brassica carinata ha manifestato livelli produttivi più elevati di quelli del colza di circa un 12%
(Rosso et al., 1999), del 28% in Sicilia (Copani et al., 1999) e di oltre il 50% nel metapontino
(De Mastro et al., 1999).
La coltivazione della brassica carinata ha suscitato un certo interesse anche in Spagna e
California dove le condizioni climatiche non sono particolarmente favorevoli alla coltivazione del
colza invernale.
Interesse dovuto alla maggiore vigoria e potenzialità produttiva espressa in ambienti a clima
caldo arido (Fernandez Martinez e Dominguez, 1982; Fereres et al. 1983; Knowles et al., 1981)
in considerazione della precocità di fioritura, della resistenza alla deiscenza delle silique,
all’allettamento, resistenza alla maggiori avversità biotiche, allo stress idrico (Prakash et al.,
1984).
Le produzioni medie ottenute in sperimentazioni condotte in ambienti di pianura e di collina
della Basilicata hanno evidenziato una certa facilità nel raggiungere produzioni medie di circa
-1
-1
3.5 t ha , che scendono a livelli non inferiori alle 2.2 tha nelle annate meno favorevoli.
Tra le colture da biomassa, la Brassica carinata A. Braun presenta requisiti ideali
all’applicazione del concetto di bioraffineria dove a partire da una unica fonte di materia prima è
possibile ottenere diversi prodotti finali. Per questo ad oggi la B. carinata rappresenta
un’interessante novità, specialmente per le aree geografiche del sud Europa dove si inserisce
nelle rotazioni cerealicole come coltura oleaginosa da rinnovo.
Per avere un quadro di maggior dettaglio su alcune specifiche situazioni regionali, si sono
seguite due campagne agricole con l’intento di verificare l’agrotecnica utilizzata ed i risultati
produttivi ottenuti. Le schede aziendali, riportate di seguito, riassumono tali informazioni e dal
loro confronto, tra gli aspetti più interessanti rilevati agli effetti di una semplificazione degli
itinerari colturali, sono gli esiti produttivi ottenuti con lavorazioni del terreno alternative
all’aratura e alla ripuntatura: con la lavorazione ridotta del terreno si sono verificate rese di
produzione simili a quanto realizzato con le operazioni di aratura.
Nello specifico le attività di campo hanno riguardato una fase di dimostrazione avviata
anticipatamente rispetto ad una fase di divulgazione che ha visto coinvolte direttamente un
numero cospicuo di aziende agricole.
L’attività dimostrativa è stata realizzata in due ambienti distinti della Regione Puglia anche se
entrambi caratterizzati da ordinamenti produttivi specializzati verso la cerealicoltura ed
esattamente il Tavoliere delle Puglie e la Murgia Barese coinvolgendo un numero limitato di
aziende che potessero essere di riferimento per i rispettivi comprensori.
145
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
La fase di divulgazione invece si è concentrata in un areale che si estende lungo il confine
regionale tra la Puglia e la Basilicata, interessando il territorio dei Comuni di Altamura, Gravina
in Puglia, Poggiorsini e Spinazzola, Matera, Irsina e Genzano di Lucania, presso aziende di
imprenditori agricoli pugliesi.
La diffusione delle monosuccessione granaria negli ultimi decenni è stata favorita, oltre che da
una buona adattabilità pedoclimatica al territorio, soprattutto da una forte politica europea di
sostegno alla produzione, che si è concretizzata in una integrazione al reddito per i produttori di
grano duro ed ha consentito una espansione delle superfici investite interessando vaste aree
del Sud Italia. Il contributo comunitario ha assicurato una redditività per il cerealicoltore
consentendo di tamponare la crescita dei costi dei mezzi tecnici e la crisi di mercato delle
produzioni, che nell’ultimo decennio hanno registrato un costante calo dei prezzi di vendita.
Con la Riforma della PAC del 2003 la situazione è radicalmente mutata, poiché il passaggio a
un sistema di sostegno al produttore, il cosiddetto Regime di Pagamento Unico, con il
“disaccoppiamento” dei premi dalle specifiche produzioni, e il persistere della crisi di mercato
del prodotto, ha visto venir meno la convenienza economica alla coltivazione del frumento
determinando una netta diminuzione delle superfici investite, tanto che nella sola provincia di
Bari sono stati disinvestiti circa 30.000 ha (dati ISTAT 2000-2006). L’annata 2007 aveva dato
segnali di ripresa del mercato, con l’impennata del prezzo del frumento duro, ma all’attualità la
situazione non è tale da garantire la stabilità dei prezzi e della redditività.
Con questi presupposti gli obiettivi di questa indagine, inerente la valorizzazione energetica di
colture oleaginse, sono stati i seguenti:
•
valutare l’idoneità agronomica, energetica ed economica di colture oleaginose dedicate alla
produzione di energia;
•
definire per le colture in esame le pratiche ottimali di coltivazione;
•
individuare gli areali caratterizzati da maggiori potenzialità per l’attivazione della filiera oli
grezzi;
•
verificare le reali emissioni di gas a effetto serra derivanti dalla coltivazione di materie
prime agricole.
2.1.1. - Analisi del contesto territoriale
Al fine di individuare unità territoriali in cui la produzione di biomasse ad uso energetico
risponda ai requisiti di sostenibilità previsti dalla recente Direttiva UE sì è proceduto
preliminarmente ad indagare un comprensorio tipico regionale con prevalente presenza di
seminativi.
Pertanto, l’attenzione è stata rivolta ai comuni della Murgia barese ed a quelli confinanti della
collina materana.
146
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Il comprensorio è caratterizzato da una spiccata vocazionalità produttiva orientata nella
direzione della granicoltura con indirizzi tecnici spesso di carattere intensivo a sostenere una
scelta forzata dalla mancanza di alternative colturali e reddituali.
Esso si estende lungo il confine regionale tra la Puglia e la Basilicata, interessando il territorio
dei Comuni di Altamura, Gravina in Puglia, Poggiorsini e Spinazzola (Puglia), e di Matera, Irsina
e Genzano di Lucania (Basilicata), dove si registra una percentuale di seminativi pari a circa
l’86% della SAU con una netta prevalenza di cereali (> 80%), per lo più costituiti da grano duro
e in minima parte da cereali minori.
2
L’area in oggetto si estende su una superficie complessiva di circa 1.900 km , la cui ripartizione
tra i diversi Comuni è riportata in tab. 1, mentre la popolazione totale residente nell’area è di
189.000 abitanti.
Il sistema economico del comprensorio si identifica con tre importanti filiere produttive:
•
agro-alimentare
•
tessile-abbigliamento
•
salotto.
Tabella 1 - Popolazione residente e densità di popolazione
COMUNI
Superficie territoriale
(km2)
Popolazione (n.
abitanti)
Densità
(ab. km-2)
Altamura
427,75
67.312
157,36
Gravina in Puglia
381,3
43.671
114,53
Poggiorsini
43,12
1.469
34,07
Spinazzola
182,64
7.165
39,23
Genzano di Lucania
207,04
6.115
29,54
Irsina
262,21
5.732
21,86
Matera
388,14
57.785
148,88
(Fonte: dati ISTAT 2001)
Complessivamente, le attività di trasformazione e lavorazione dei prodotti agricoli, grazie anche ad
una agricoltura ed una zootecnia con buoni livelli di produttività, presentano una notevole
consistenza e si stanno consolidando intorno alla seguenti filiere produttive:
•
filiera del grano duro (semola di grano duro, pane di Altamura DOP e prodotti da forno);
•
filiera del latte (mozzarelle e prodotti caseari tipici);
•
filiera del vino, con le produzioni di qualità (Gravina DOC).
147
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
La gran parte della superficie comunale è destinata per usi agricoli (tab. 2).
Tabella 2 – Superficie comunale destinata ad usi agricoli
COMUNI
Aziende
(n.)
Superficie totale
(ha)
Superficie
agricola
utilizzata
(ha)
SAU / sup.
comunale
(%)
Altamura
3.094
33.178
30.457
71,2
Gravina in Puglia
3.669
36.181
31.745
83,3
Poggiorsini
258
2.752
2.707
62,8
Spinazzola
965
16.902
15.265
83,6
Genzano di Lucania
852
14.784
14.031
67,8
Irsina
1.175
24.932
23.451
89,4
Matera
2.779
25.671
23.983
61,8
totale
12.792
154.399
141.639
74,9
(Fonte: dati ISTAT 2001)
Gran parte delle superfici coltivate sono a conduzione diretta del coltivatore, segno della
presenza di una radicata tradizione familiare contadina nell’area, come rilevato del resto dal
massiccio utilizzo di manodopera familiare nella conduzione del fondo. Il restante vede
soprattutto una conduzione con l’uso di salariati, in particolare con la forma del contoterzismo
specie per quanto riguarda le aziende cerealicole.
Per quanto riguarda la dimensione media aziendale, numerose aziende con superfici ridotte,
addirittura le aziende con superficie compresa tra 0 e 5 ettari sono il 56% del totale delle
aziende agricole (tab. 3)
Tabella 3 - Aziende per classe di superficie totale e comune
CLASSI DI SUPERFICIE TOTALE (ha)
COMUNI
Totale
Senza
superficie
<1
Altamura
-
1.168
511
581
Gravina in Puglia
-
1.513
490
Poggiorsini
-
23
Spinazzola
2
Genzano di L.
1 - 2 2 - 5 5- 10
10 - 20
20 - 50
50 - 100
> 100
305
194
172
89
74
3.094
626
432
284
199
67
58
3.669
31
79
65
29
21
7
3
258
312
109
114
100
90
142
72
24
965
-
137
50
105
166
182
161
33
18
852
Irsina
-
207
72
141
242
189
195
94
35
1.175
Matera
1
1.074
422
446
278
231
217
73
37
2.779
(Fonte: dati ISTAT 2001)
148
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Andando ad esaminare però le percentuali di superficie per le diverse classi di SAU si può
osservare come, se è vero che gran parte delle aziende sono di modeste dimensioni,
ragionando in termini di superficie, queste (0-5 ha) occupino solo l’8% della SAU totale (fig.2), e
che il 70% della superficie si trova in aziende di oltre 20 ettari, parametro interessante ai fini
della introduzione di specie di pieno campo quali le colture energetiche.
Classi di SAU (ha)
0 -- 5
5 --10
10 -- 20
20 -- 50
50 -- 100
8%
25%
>100
9%
13%
20%
25%
Figura 2 - Percentuali di superficie agricola per classi di SAU (elab..dati ISTAT 2001)
Per quanto riguarda gli ordinamenti produttivi, emerge chiaramente come la gran parte della
SAU sia occupata dai seminativi, mentre prati permanenti, pascoli e coltivazioni legnose invece
occupano nel complesso quote meno rilevanti (fig. 3 ).
Seminativi
Coltivazioni legnose agrarie
Prati permanenti e pascoli
35.000
superfici (ha)
30.000
25.000
20.000
15.000
10.000
5.000
0
Altamura
Gravina in
Puglia
Poggiorsini
Spinazzola
Genzano di
Lucania
Irsina
Matera
Figura 3 - Ripartizione SAU per Comune (elab..dati ISTAT 2001)
149
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Entrando nel dettaglio, l’80% delle superfici dei seminativi è rappresentata da cereali,
nettamente più modesta e la presenza di colture foraggere mentre quasi del tutto assenti sono
le colture ortive (fig. 4).
Ortive
Cereali
Foraggere
avvicendate
100%
80%
60%
40%
20%
0%
Altamura
Gravina in Poggiorsini Spinazzola Genzano di
Puglia
Lucania
Irsina
Matera
Figura 4 - Ripartizione percentuale seminativi per Comune (elab..dati ISTAT 2001)
Nell’ambito dei cereali coltivati domina il frumento duro con valori superiori al 95% delle
superfici investite, confermando la ormai radicata opzione tecnico-economica verso la
monosuccessione granaria (tab. 4).
Tabella 4 - Aziende cerealicole e rapporto Frumento/cereali
Totale aziende
Aziende (n.) e Superfici(ha)
COMUNI
(n.)
Cereali
Frumento
Frumento/Cereali (%)
Altamura
2.346
1.904 19.857,05 1.819 17.996,72
90,63
95,54
Gravina in Puglia
2.311
2.139 22.726,63 2.117 21.876,64
96,26
98,97
Poggiorsini
252
244
2.241,90
242
2.210,49
98,6
99,18
Spinazzola
719
654
11.538,41
644
11.117,40
96,35
98,47
Genzano di L.
740
581
9.906,14
571
9.604,08
96,95
98,28
Irsina
964
865
17.032,71
844
16.036,85
94,15
97,57
1.710 15.858,78 1.643 14.760,60
93,08
96,08
Matera
2.002
(Fonte: dati ISTAT 2001)
150
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
2.2. Attività dimostrative (2006-2007)
Le attività dimostrative di pieno campo sono state avviate, a partire dall’annata 2006-07, con la
finalità di individuare i percorsi tecnici più sostenibili per l’ottenimento di semi oleosi in una
azienda tipo e come tale facilmente riproponibile su larga scala.
L’attenzione è stata rivolta a brassicacee (colza e brassica carinata) a ciclo autunno vernino
tenuto conto che nella maggior parte degli ambienti pugliesi colture a ciclo primaverile-estivo
(girasole e soia) trovano limitazioni nella ben nota scarsità di risorse idriche e per di più
destinate a colture a maggior reddito.
Con queste premesse sono stati realizzati campi dimostrativi in provincia di Foggia e di Bari
(tab. 5).
Nello specifico a Lesina è stato impiantato un campo dimostrativo con 3 varietà di brassica
carinata commerciali disponibili sul mercato.
La varietà CT 207 ritenuta per lunghezza del ciclo colturale la più idonea per i nostri ambienti
regionali, è stata utilizzata anche per l’allestimento di altri campi dimostrativi dislocati a Foggia
(loc. Incoronata) e due in agro di Gravina in Puglia.
La scelta degli itinerari tecnici utilizzati ha tenuto conto delle pratiche agronomiche in uso nelle
diverse aree di prova e della normale dotazione di mezzi tecnici (tab. 5).
Tabella 5 - Notizie sulla gestione tecnica dei campi dimostrativi.
Semina
Località
Varietà Lavorazioni
Concimazione Controllo
Trattamenti
chimico
antiparassitari
N P2O5 K2O infestanti
-1
(kg ha di
seme)
-1
(kg ha )
(l ha p.a.)
-1
(l ha p.a.)
-1
Gravina in Puglia (BA)
CT 207 2 erpicature
(az. 1)
8
75
10
30
1.0
*
Gravina in Puglia (BA)
CT 207 2 erpicature
(az.2)
8
75
10
30
1.0
*
Borgo Incoronata (FG) CT 207
discissura
erpicatura
fresatura
rullatura
9
40
0
0
1.3
*
ISCI 7
CT 207
CT 204
discissura
fresatura
8
40
0
0
0.7
0.4
Lesina (FG)
L’impianto delle attività dimostrative è avvenuto entro la prima metà di novembre utilizzando
seminatrici da frumento opportunamente tarate per la distribuzione del seme di carinata.
151
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
L’investimento è risultato nella maggior parte dei casi prossimo a quello teorico con qualche
eccezione a Lesina dove si è avuta una emergenza disforme compensata da una maggiore
accrescimento medio delle piante in campo.
All’epoca della raccolta compresa tra la fine di giugno ed i primi di luglio è stata determinata la
produzione areica di pieno campo e per confronto quella relativa ad aree di saggio da cui sono
stati prelevati campioni di seme e di residui colturali su cui sono state effettuate analisi
quantitative e qualitative.
E’ stata determinata la resa olio della granella per stabilirne la produzione potenziale di un
ettaro di brassica carinata ed il contenuto in azoto dei residui colturali e della granella al fine di
valutare il possibile vantaggio agronomico dell’interramento delle paglie ed il valore proteico dei
panelli di estrazione.
Per stabilire il potenziale biocida dei panelli di estrazione da utilizzare come ammendanti
agricoli è stato determinato anche il contenuto medio in glucosinolati (GLS).
2.2.1. Risultati produttivi (2006-2007)
Campo di Lesina (FG) – confronto varietale
Analizzando i risultati ottenuti nell’areale foggiano (tab. 6), si notano differenze produttive
significative fra le varietà in prova ed in particolare ISCI 7 risulta essere la varietà maggiormente
produttiva con quantità di seme ad ettaro quasi doppia rispetto alle altre due varietà che,
invece, si sono equivalse.
Il confronto fra i dati parcellari e quelli di campo, possibile solo per la produzione di seme,
dimostrano come il dato parcellare risulti molto simile a quello di campo per CT 204 e CT 207
mentre, per ISCI 7, la differenza sembra essere più elevata. Nonostante ciò, anche i dati di
pieno campo riconfermano la maggiore produttività di ISCI 7.
Tabella 6 - Comportamento produttivo delle varietà utilizzate per l’attività dimostrativa a Lesina.
Produzione
granella
Peso
1000
semi
(t ha-1)
(g s.s.)
(% s.s.)
(kg ha-1)
CT 204
1,4
3,7
40,8
CT 207
1,2
3
ISCI 7
2,4
Significatività
**
LSD (P=0,05)
0,609
Varietà
Resa in Produzione Contenuto
olio
in olio
in proteine
Azoto nel
seme
GLS
(% di s.s.)
(kg ha-1)
(moli ha-1)
530,6
21,5
44,1
89,5
37,5
436,1
27,2
49,5
119
3,4
42,2
970,2
22,4
80,6
189
ns
-
**
-
**
**
20,852
46,989
234,366
152
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Il contenuto di olio, così come quello di proteine non si è differenziato fra le varietà; ne
consegue che, per effetto della diversa produzione di seme, la quantità di olio ed azoto ad
ettaro risultano ancora una volta molto maggiori per ISCI 7 (circa 1 t ha-1 di olio e 80 Kg ha-1 di
N) rispetto alle altre varietà che, anche in questo caso, si equivalgono.
Il contenuto di GLS è risultato differente fra le varietà ed in particolare CT 207 mostra una
capacità di accumulo maggiore rispetto alle altre due. La produzione di GLS ad ettaro, invece,
essendo ancora una volta influenzata dalla diversa produzione di seme, risulta più elevata per
ISCI 7.
Legenda:
= dati parcellari
= dati di pieno campo
Produzione Seme (t ha-1 s.s.) FG
2,5
GLS (μmol g-1 t.q.) FG
a
100
b
GLS (μmolg-1 t.q.)
Seme (t ha-1)
2,0
1,5
120
b
1,0
0,5
80
60
40
20
0,0
0
CT 204
CT 207
ISCI 7
CT 204
CT 207
Produzione Olio (Kg ha-1) FG
Contenuto di olio (% s.s.) parcellare FG
1200
50
a
45
1000
Olio ( Kg ha-1)
40
Olio (% s.s.)
ISCI 7
35
30
25
20
800
600
b
b
400
15
10
200
5
0
0
CT 204
CT 207
CT 204
ISCI 7
CT 207
ISCI 7
Azoto Seme (Kg ha-1) FG
Proteine (%) parcellare FG
90
30
a
80
70
Azoto (Kg ha-1)
Proteine (%)
25
20
15
10
60
50
b
b
40
30
20
5
10
0
0
CT 204
CT 207
ISCI 7
CT 204
CT 207
ISCI 7
153
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Analogamente a quanto notato per la produzione di seme, ISCI 7 risulta essere la varietà che
lascia sul terreno la maggiore quantità di residui, 12 t ha-1 di s.s., circa il doppio rispetto alle
altre due varietà che non si sono differenziate (tab. 7).
Tabella 7 – Produzione quanti-qualitativa dei residui colturali
Produzione
Umidità
residui colturali
Varietà
Azoto dei residui Azoto dei residui
(t ha-1)
(%)
(% di s.s.)
(kg ha-1)
CT 204
6,5
9,0
0,2
11,8
CT 207
6,5
9,6
0,4
23,5
ISCI 7
11,8
8,9
0,2
21,6
Significatività
*
-
-
**
LSD (P=0,05)
2,601
6,719
Azoto paglie FG
Residui colturali FG
12
a
20
kg ha-1 s.s.
t ha-1 s.s.
10
8
6
a
25
a
b
b
4
15
b
10
5
2
0
0
CT 204
CT 207
ISCI 7
CT 204
CT 207
ISCI 7
Analogamente a quanto notato per la produzione di seme, ISCI 7 risulta essere la varietà che
lascia sul terreno la maggiore quantità di residui, 12 t ha-1 di s.s., circa il doppio rispetto alle
altre due varietà che non si sono differenziate.
Questi risultati mettono in evidenza una probabile correlazione fra produzione di seme e
produzione di residui che spiegherebbe la maggiore produttività di ISCI 7 con una maggiore
capacità di accrescimento di quest’ultima rispetto alle altre due varietà. Nonostante le differenze
di produzione di residui, ISCI 7 e CT 207 non risultano statisticamente differenti come quantità
di N organico contenuto negli stessi (in media circa 22 kg ha-1 di N) mentre l’azoto che potrebbe
ritornare con CT 204 risulta minore rispetto alle altre di circa 5 kg ha-1. Risulta comunque
sorprendente il contenuto in azoto (0,2-0,3%).
154
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Campi di Lesina, Incoronata, Gravina in Puglia
Dall’analisi della potenzialità produttiva della varietà CT 207 in diversi ambienti pugliesi, si nota
come i più elevati standard quanti-qualitativi siano stati raggiunti in località Incoronata a Foggia
(tabb. 8 e 9). La produttività ottenuta nelle altre località, invece, è risultata minore ma pressoché
analoga per quasi tutti gli indici studiati. Questo sta probabilmente a significare un adattamento
della varietà alle condizioni pedoclimatiche delle tre località simile, ma non ottimale, rispetto alle
condizioni di coltivazione di Incoronata (FG).
Riguardo alle rese in olio, i valori registrati sono pressoché costanti (circa il 37% s.s.) tranne in
un unico caso (Gravina Az. 2) in cui il valore è risultato notevolmente più elevato (46,1% s.s.), e
ad esso è associato un più basso contenuto in proteine (22,7 % s.s.) rispetto alla media
(28%s.s.) delle altre tre località.
Aspetto di rilevante importanza da rilevare è l’elevato apporto di azoto dalle paglie (da 23,5 a
-1
35,1 kg ha ), che va a vantaggio della coltura in successione.
Tabella. 8 - Comportamento produttivo della brassica carinata nelle diverse località di studio.
Produzione
Umidità
granella
Località
Peso
1000
semi
Res
a in
olio
Produzione
in olio
Contenut Azoto
o in
nel
proteine seme
GLS
(t ha-1)
(%)
(g di s.s.)
(%
s.s.)
(kg ha-1)
(% di s.s.)
(kg ha-1)
(moli ha-1)
BA Gravina 1
1,5
5,6
3,6
37,7
524,3
29,3
63,8
136,7
BA Gravina 2
1,4
5,6
3,2
46,1
607,8
22,7
46,9
118,4
FG Incoronata
2,4
5,4
3,3
36,2
819,6
27,5
88,5
231,4
FG Lesina
1,2
5,7
3,0
37,5
436,1
27,2
44,9
119,0
Legenda:
= dati parcellari
= dati produttivi di pieno campo
Produzione seme BA - FG
GLS BA - FG
2,5
seme (t ha
-1
s.s.
(micromoli g -1)
2
1,5
1
0,5
0
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
BA Az.1
BA Az.1
BA Az.2
FG Incoronata
FG Lesina
BA Az.2
FG
Incoronata
FG Lesina
155
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Produzione olio (kg ha -1) BA - FG
50
900
45
800
40
35
700
(kg ha -1 )
(% s.s. )
Contenuto olio BA - FG
30
25
20
600
500
400
300
15
10
200
100
5
0
0
BA Az.1
BA Az.2
FG Incoronata
FG Lesina
BA Az.1
BA Az.2
FG Incoronata
FG Lesina
-1
Proteine (%) BA - FG
Azoto seme (kg ha ) BA - FG
35
100
30
90
80
70
(kg ha -1)
(%)
25
20
15
60
50
40
30
10
20
5
10
0
0
BA Az.1
BA Az.2
FG Incoronata
FG Lesina
BA Az.1
BA Az.2
FG Incoronata
FG Lesina
Tabella 9 - Produzione quanti-qualitativa dei residui colturali
Produzione residui colturali Umidità Azoto dei residui Azoto dei residui
Località
(t ha-1)
(%)
(% di s.s.)
(kg ha-1)
BA Gravina 1
9,7
9,3
0,4
35,1
BA Gravina 2
9,2
10,3
0,3
24,7
FG Incoronata
14,0
-
-
-
FG Lesina
6,5
9,6
0,4
23,5
Residui colturali
Azoto paglie
10
30
(t ha-1 s.s.)
(kg ha-1)
40
20
10
8
6
4
2
0
0
BA Az.1
BA Az.2
FG Lesina
BA Az.1
BA Az.2
FG Lesina
156
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
2.3. - Attività dimostrativa (2007-2008)
Le attività del primo anno hanno consentito, su scala aziendale, una maggiore familiarizzazione
degli aspetti di agrotecnica specificatamente connessi alla coltivazione di brassicacee industriali
ed in particolare della brassica carinata di nuova introduzione nei comprensori agricoli regionali.
Una coltura energetica ideale dovrebbe essere dotata di una elevata efficienza nel catturare e
convertire l’energia solare in biomassa, consentendo il minimo impiego di input e un basso
impatto ambientale.
Con questo fine è stata avviata una revisione degli itinerari tecnico-colturali puntando al
contenimento di quegli input più impattanti e dispendiosi dal punto di vista energetico.
L’attività dimostrativa è stata svolta nel comprensorio cerealicolo della provincia di Bari (Murgia
Barese) presso due aziende dislocate nell’agro di Gravina in Puglia e di Poggiorsini e
un’azienda della provincia di Foggia (Tavoliere) in agro di Incoronata (FG), ponendo a confronto
itinerari tecnici diversificati e le produttività registrate con brassica carinata e colza.
Per entrambe le specie in studio sono stati adottati itinerari colturali ad alto (AI) e a basso input
(BI) distinguendo nelle tre località due tecniche di lavorazioni del terreno distinte: convenzionali
a Gravina in Puglia (BA) e Incoronata (FG) e conservative a Poggiorsini (BA), potendo adottare
la tecnica di semina su sodo.
La modalità AI ha previsto l’utilizzo di input energetici colturali in dosi ottimali, in particolare per
quanto riguarda l’apporto di nutrienti con la concimazione minerale e il diserbo chimico per il
controllo delle infestanti.
Nella modalità BI invece le dosi di fertilizzanti sono stati dimezzate e il controllo delle infestanti è
stato attuato al superamento di una soglia d’intervento. Inoltre è stata sperimentata una
modalità a BI differenziando la distanza dell’interfila ed attuando una semina a file larghe (BIL)
per consentire il controllo delle infestanti mediante interventi di sarchiatura a confronto con la
modalità a file strette (BIS).
Per la semina, effettuata tra il 15 e il 28 novembre 2007 nelle diverse località sono state
utilizzate normali seminatrici meccaniche utilizzate per il frumento opportunamente regolate per
le piccole dimensioni del seme, mentre per la semina su terreno sodo è stata utilizzata una
seminatrice da sodo.
Sono state impiegate la varietà ISCI 7 di brassica carinata e la varietà PR46W31 di colza.
Le principali notizie di gestione tecnica delle prove sono riportate nelle tabelle riassuntive 10,11
e 12.
157
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Tabella 10 - Itinerari colturali adottati nel sito di Incoronata
Itinerario
modalità
lavorazione
distanza Seme
interfila carinata
Seme
colza
BIS
discissura
erpicatura
fresatura
rullatura
BIL
P2O5
SO3
-1
(cm)
AI
N
Controllo
chimico
infestanti
-1
(kg ha )
(l ha p.a.)
16,5
8
5
97
40
40
1,5
16,5
8
5
49
20
20
*
50,0
7
4
49
20
20
sarchiatura
Tabella 11 - Itinerari colturali adottati nel sito di Gravina in Puglia
Itinerario
modalità
lavorazione
distanza Seme
interfila carinata
Seme
colza
BIS
discissura
2
erpicature
BIL
P2O5
SO3
-1
(cm)
AI
N
Controllo
chimico
infestanti
-1
(kg ha )
(l ha p.a.)
15
8
5
97
40
40
1,5
15
8
5
49
20
20
*
45
7
4
49
20
20
sarchiatura
SO3
Controllo
chimico
infestanti
Tabella 12 - Itinerari colturali adottati nel sito di Poggiorsini
Itinerario
modalità distanza Seme
lavorazione interfila carinata
Seme
colza
BIS
BIL
non
lavorazione
P2O5
-1
(cm)
AI
N
-1
(kg ha )
(l ha p.a.)
18
9
6
97
40
40
0,8 + 1,5
18
9
6
49
20
20
0,8
36
8
5
49
20
20
0,8 +
sarchiatura
158
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
In fase di maturazione sono stati effettuati prelievi di campioni parcellari da ogni trattamento per
entrambi i siti, su cui sono stati determinati i principali parametri produttivi. Inoltre sui campioni
di granella e biomassa sono stati effettuate analisi di laboratorio volte a determinare il contenuto
in olio, proteine e azoto della granella e il contenuto in azoto nei residui colturali.
Per ogni trattamento si è provveduto a rilevare, per le diverse operazioni colturali, le epoche di
esecuzione delle stesse, le macchine impiegate (trattrici e operatrici) e le relative profondità di
lavoro, nonché i mezzi tecnici utilizzati (tipo e dose), i tempi impiegati ad ettaro per ciascuna
operazione e i consumi di carburanti.
Per il bilancio energetico sono stati utilizzati dati raccolti direttamente e convertiti direttamente in
energia attraverso l’utilizzo di coefficienti energetici desunti da Audsley (1997).
2.3.1. Risultati produttivi (2007-2008)
I dati acquisiti dalle attività sperimentali hanno consentito di confrontare le due specie nei tre
ambienti di prova, ma anche di mostrare le differenze tra i diversi parametri rilevati in relazione
ai tre itinerari colturali adottati (tabb. 13,14 e 15).
Tabella 13 - Rilievi produttivi e determinazioni sulla granella – Incoronata (FG)
Coltura
Produzione in
granella
pieno
parcellare
campo
Itinerari
colturali
-1
(t ha di s.s.)
1,4
Peso
1000
semi
Resa Produzione Contenuto
in
di olio
in
olio
proteine
-1
Azoto
nel
seme
GLS
-1
-1
(g di s.s.)
(%)
(kg ha )
(% di s.s.)
(kg ha ) (moli ha )
2,4
3,6
36,5
900,8
26,5
102,9
251,6
0,2
0,1
6,7
192,9
1,2
8,3
20,3
1,7
3,7
39,8
649,5
26,2
72,0
169,9
0,3
0,1
0,7
61,3
0,3
10,5
23,6
1,8
3,6
39,5
768,1
26,5
78,5
192,8
0,3
0,1
2,7
80,1
2,7
18,0
41,5
2,1
3,3
39,8
828,3
22,7
76,0
40,2
0,2
0,2
3,2
72
2,3
14,4
4,4
1,9
3,5
46,5
849,5
18,9
57,2
-
0,4
0,2
0,9
154,6
0,6
12,5
-
1,2
3,5
41,5
399,6
20,6
38,4
-
0,5
0,2
7,4
20,9
1,2
15,2
-
AI
Dev std
Br. carinata
(ISCI 7)
1,2
BIS
Dev std
1,2
BIL
Dev std
1,2
AI
Dev std
Colza
(PR46W31)
1,1
BIS
Dev std
1,1
BIL
Dev std
159
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Tabella 14 - Rilievi produttivi e determinazioni sulla granella - Gravina in Puglia (BA)
Coltura
Produzione in
granella
pieno
parcellare
campo
Itinerari
colturali
-1
(t ha di s.s.)
AI
Dev std
Br. carinata
(ISCI 7)
BIS
Dev std
Peso
1000
semi
Resa Produzione Contenuto
in
di olio
in
olio
proteine
-1
(g di s.s.)
(%)
(kg ha )
(% di s.s.)
Azoto
nel
seme
GLS
-1
-1
(kg ha ) (moli ha )
1,7
1,7
4,8
38,3
667,9
27,1
43,4
140,8
*
0,3
0,2
0,7
138,9
0,4
8,8
41,6
1,4
1,4
4,8
35,4
599,8
29,8
40,8
157,8
*
0,4
0,3
0,7
82
1
13,6
50,5
1,2
1,4
5
34,9
542,6
31
42,5
162,4
1
BIL
Dev std
*
0,3
0,4
1,6
49,8
9
29,2
1,5
2,3
3,4
44,6
1090,5
0
34,1
*
0,4
0
1,8
121,8
0
10,9
1,6
2,3
3,6
48,1
1269,8
18,5
43,1
0
AI
Dev std
Colza
(PR46W31)
BIS
Dev std
BIL
Dev std
*
0,5
0,3
0,4
95,7
1
11
0
1
1,9
3,8
47,1
904,6
19,6
58
26,3
*
0,2
0,2
0,3
73,2
0,3
4,8
4,9
Tabella 15 - Rilievi produttivi e determinazioni sulla granella - Poggiorsini (BA)
Coltura
Produzione in
granella
pieno
parcellare
campo
Itinerari
colturali
-1
(t ha di s.s.)
Peso
1000
semi
Resa Produzione Contenuto
in
di olio
in
olio
proteine
-1
(g di s.s.)
(%)
(kg ha )
(% di s.s.)
Azoto
nel
seme
GLS
-1
-1
(kg ha ) (moli ha )
2,2
2,6
3,5
39,9
968,6
27,7
115,5
270,1
*
0,5
0,2
1,1
89,2
1,3
28,3
74,4
1,8
1,9
3,7
40,1
716,6
25,9
77,7
189,1
*
0,3
0,2
0,8
42,4
0,6
12
36,8
1,9
2,4
3,6
40,3
967,2
26,8
104
243,2
*
0,4
0,2
1,1
133,3
1,4
20,8
48,6
2,1
2,6
3,5
44
1204,7
20,7
85,3
0
*
0,4
0,2
3,7
145,9
1,9
7,8
0
2
2,4
3,5
47,8
821,9
19,5
73,2
0
*
0,4
0,2
0,2
716,8
1,3
7,9
0
1,7
2,1
3,4
48,6
1038,5
17,8
59,8
0
*
0,5
0,1
1,7
234,7
0,3
15,5
0
AI
Dev std
Br. carinata
(ISCI 7)
BIS
Dev std
BIL
Dev std
AI
Dev std
Colza
(PR46W31)
BIS
Dev std
BIL
Dev std
Il comportamento produttivo medio delle due specie (dati parcellari) mette in luce la superiorità
produttiva del colza sulla brassica carinata, in due ambienti, superiorità ascrivibile a programmi
di miglioramento genetico di cui il colza nel tempo ha beneficiato, a differenza della carinata,
specie di recente introduzione.
160
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Il colza ha registrato produzioni variabili da 1,7 a 2,4 t ha-1, mentre la carinata si è attestata su
valori da 1,5 t ha-1 (Gravina in Puglia) a 2,2 t ha-1 (Poggiorsini) (fig. 5).
Nel sito di Incoronata le produzioni della brassica carinata (2,0 t ha-1) sono state superiori a
quelle del colza (1,7 t ha-1); probabilmente le elevate temperature in fase di raccolta, unite
all’aridità, hanno determinato maggiori problemi di deiscenza delle silique, favorendo la brassica
carinata, specie più resistente, che di conseguenza ha fornito risultati produttivi migliori.
Carinata
Colza
2,4
2,5
2,2
2,2
Produzione in granella (t ha -1)
2,0
2,0
1,7
1,5
1,5
1,0
0,5
0,0
Gravina in Puglia
Poggiorsini
Incoronata
Figura 5 – Comportamento produttivo delle specie in studio
Interessante è stato rilevare il vantaggio produttivo nell’adozione della tecnica di semina su
sodo in località Poggiorsini; la spiegazione potrebbe essere data dalla migliore uniformità di
semina che questa tecnica ha consentito di ottenere; l’eccessiva sofficità del terreno riscontrata
con la lavorazione convenzionale ha infatti portato ad eccessivo interramento del seme con
conseguente emergenza disforme, fenomeno che favorisce nelle fasi successive del ciclo
colturale la diffusione di infestanti difficili da controllare.
Le produzioni in olio riflettono in modo più netto l‘andamento delle produzioni granellari in
considerazione del maggior tenore in olio nel seme di colza rispetto alla brassica (in media
46,7% vs 38,2% s.s.). Di conseguenza le produzioni areiche di olio oscillano da 0,7 a 1,1 t ha
-1
per il colza e da 0,5 a 0,9 t ha-1 per la carinata (fig. 6).
161
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Carinata
Colza
Produzione in olio grezzo (t ha -1)
1,5
1,1
1,0
0,9
1,0
0,8
0,7
0,5
0,5
0,0
Gravina in Puglia
Poggiorsini
Incoronata
Figura 6 - Produzione in olio grezzo (t ha-1)
Nel contesto generale di una valutazione integrale dei benefici delle colture da energia si è
andato a valutare la quantità di azoto apportato dai residui colturali (tabb. 16,17-18).
Tabella 16 - Analisi dei residui colturali - Incoronata (FG).
Coltura
Itinerari
colturali
AI
Br. carinata
(ISCI 7)
BIS
BIL
AI
Colza
(PR46W31)
BIS
BIL
Produzione in
residui colturali
Umidità
Contenuto in
azoto
Azoto nei
residui colturali
(t ha-1)
(%)
(% di s.s.)
(kg ha-1)
9,1
1,9
6,7
0,1
7
1,7
6,2
2,5
4,4
1,3
4,7
1,8
32,2
0,6
28,2
0,6
25,9
0,2
42
0,3
45,7
0,7
43,6
0,7
2,6
0,2
2,5
0,5
2,4
0,2
4,3
0,5
2,7
0,3
3,6
0,6
25,6
6,2
19,5
3,6
20,2
6,2
25
11,4
10,6
4,3
14,9
4,7
Dev std
Dev std
Dev std
Dev std
Dev std
Dev std
162
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Tabella 17 - Analisi dei residui colturali - Gravina in Puglia.
Coltura
Itinerari
colturali
AI
Br. carinata
(ISCI 7)
Umidità
Contenuto in
azoto
Azoto nei
residui colturali
(t ha-1)
(%)
(% di s.s.)
(kg ha-1)
6,1
1,4
5,6
2,1
4,4
0,4
7,9
2,3
8,3
1,7
5,9
0,4
20,1
0,2
22,7
0,2
22,3
0,3
44,1
0,2
48,2
0,5
57,1
0,3
3,0
0,3
3,9
0,6
3,7
0,3
3,6
0,6
3,1
0,1
3,7
0,3
23,9
7,9
27,8
15,0
20,2
1,6
26,3
11,4
21,3
4,0
14,8
1,1
Dev std
BIS
BIL
Dev std
Dev std
AI
Colza
(PR46W31)
Produzione in
residui colturali
Dev std
BIS
BIL
Dev std
Dev std
Tabella 18 - Analisi dei residui colturali – Poggiorsini
Coltura
Itinerari
colturali
AI
Br. carinata
(ISCI 7)
BIS
BIL
AI
Colza
(PR46W31)
BIS
BIL
Umidità
Contenuto in
azoto
Azoto nei
residui colturali
(t ha-1)
(%)
(% di s.s.)
(kg ha-1)
8,3
0,8
6,5
0,4
7
1,1
5,5
1,4
5,9
1,8
4,3
1
43,1
1,1
43,5
0,8
45,9
1,1
46,5
1,6
44,5
1,4
48,4
0,6
2,7
0,5
2,5
0,2
2,3
0,2
3,6
0,9
3,6
0,9
2,7
0,3
20,4
4,6
14,5
1,9
14
2,9
16,2
3,8
18
2,4
9,4
1,6
Produzione in
residui colturali
Dev std
Dev std
Dev std
Dev std
Dev std
Dev std
Nel confronto tra le specie sempre maggiore è stato l’apporto di residui colturali della b. carinata
rispetto al colza attribuibile al più basso indice di raccolta (fig. 7).
163
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Carinata
Colza
Residui colturali t ha-1 s.s.
6,0
5,4
5,0
4,2
4,1
3,7
4,0
2,8
2,9
3,0
2,0
1,0
0,0
Gravina in Puglia
Poggiorsini
Incoronata
Figura 7 - Residui colturali delle due specie nei diversi ambienti di prova.
Dall’analisi del contenuto percentuale in azoto dei residui colturali è stato possibile determinare
la quantità di azoto rilasciata nel terreno che andrebbe poi a beneficio della coltura in
successione.
In questo caso si rileva come sia il sito di Gravina in Puglia a far registrare più elevati contenuti
in azoto nei residui colturali in entrambe le specie, mentre tra le specie viene confermata la
superiorità della brassica carinata (fig. 8).
Carinata
Colza
24,0
25,0
20,0
16,3
-1
N residui kg ha
21,8
20,8
16,8
14,5
15,0
10,0
5,0
0,0
Gravina in Puglia
Poggiorsini
Incoronata
Figura 8 - Disponibilità in azoto acquisibile dai residui colturali.
Altro aspetto centrale della attività dimostrativa è stato quello di valutare i principali parametri
produttivi delle due specie a diversi livelli di intensificazione colturale.
La produzione in granella del colza ha dato risultati privi di differenza significativa tra i diversi
itinerari tecnico colturali a confronto con interfila stretta, mentre una riduzione si nota adottando
una a interfila larga a BI, probabilmente per effetto di una minor densità di piante; la carinata
164
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
invece risente della riduzione degli input con valori differenti in modo significativo tra AI e BI
(figg. 9-10-11).
Incoronata
Carinata
Colza
Produzione in granella (t ha-1 s.s.)
3,0
2,4
2,5
2,1
1,9
2,0
1,7
1,8
1,5
1,2
1,0
0,5
0,0
A. I.
B.I.S.
B.I.L.
Figura 9 - Produzione di granella per i tre itinerari colturali adottati (Incoronata)
Gravina in Puglia
Carinata
Colza
Produzione in granella (t ha-1
3,0
2,3a
2,5
2,0
2,3a
1,9b
1,7a
1,4b
1,4b
B.I.S.
B.I.L.
1,5
1,0
0,5
0,0
A. I.
Le medie contraddistinte da lettere uguali non sono significativamente diverse fra loro per P ≤ 0.05 (test Duncan).
Figura 10 - Produzione di granella per i tre itinerari colturali adottati (Gravina )
165
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Poggiorsini
Carinata
Produzione in granella (t ha-1
3,0
Colza
2,6a 2,6a
2,4a
2,5
2,0b 2,1b
1,9b
2,0
1,5
1,0
0,5
0,0
A. I.
B.I.S.
B.I.L.
Le medie contraddistinte da lettere uguali non sono significativamente diverse fra loro per P ≤ 0.05 (test Duncan).
Figura 11 - Produzione di granella per i tre itinerari colturali adottati (Poggiorsini )
Per quanto riguarda le produzioni in olio grezzo anche in questo caso il colza non presenta
differenze tra i valori riscontrati per i tre itinerari (tranne nel sito Incoronata), mentre la carinata
mostra diminuzione della produzione nelle due tesi a BI (figg. 12-13-14).
Incoronata
Carinata
Colza
Produzione olio grezzo (t ha-1)
1,5
1,0
0,9
0,9
0,8
0,7
0,7
0,5
0,5
0,0
A. I.
B.I.S.
B.I.L.
Figura 12- Produzione di olio (t ha-1) per i tre itinerari colturali adottati (Incoronata)
166
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Gravina in Puglia
Carinata
Colza
Produzione olio grezzo (t h
1,5
1,1
1,0
0,9
1,0
0,7
0,5
0,5
0,5
0,0
A. I.
B.I.S.
B.I.L.
Figura 13 - Produzione di olio (t ha-1) per i tre itinerari colturali adottati (Gravina)
Poggiorsini
Carinata
Colza
Produzione olio grezzo (t h
1,5
1,1
1,1
1,0
1,0
1,0
0,8
0,8
B.I.S.
B.I.L.
0,5
0,0
A. I.
Figura 14 - Produzione di olio (t ha-1) per i tre itinerari colturali adottati (Poggiorsini )
Andando invece a valutare la produzione in residui colturali, si evidenziano per il colza valori più
alti nel sistema colturale AI; nel sistema BIS in alcuni casi si hanno valori comparabili con l’AI,
mentre nel sistema BIL si riscontrano sempre produzioni in biomassa inferiori rispetto agli altri
due sistemi
probabilmente per effetto della densità di piante più bassa. La carinata, al
contrario, risente fortemente del livello di input, dando produzioni diverse e decrescenti
passando dall’AI ai due sistemi BIS e BIL (figg. 15-16-17).
167
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Incoronata
Carinata
Residui colturali (t ha-1 s.s.)
7,0
Colza
6,1
5,2
6,0
4,8
5,0
3,6
4,0
3,0
2,7
2,4
2,0
1,0
0,0
A. I.
B.I.S.
B.I.L.
Figura 15 - Produzione di residui colturali (t ha-1s.s.) per i tre itinerari colturali adottati
Gravina in Puglia
Carinata
Colza
4,9a
Residui colturali (t ha-1
5,0
4,4a
4,3b 4,3a
3,4c
4,0
2,5b
3,0
2,0
1,0
0,0
A. I.
B.I.S.
B.I.L.
Le medie contraddistinte da lettere uguali non sono significativamente diverse fra loro per P ≤ 0.05 (test Duncan).
Figura 16 - Produzione di residui colturali (t ha-1s.s.) per i tre itinerari colturali adottati
168
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Poggiorsini
Carinata
4,7a
5,0
Residui colturali (t ha-1
Colza
3,8b
3,7b
4,0
3,3a
2,9a
3,0
2,2b
2,0
1,0
0,0
A. I.
B.I.S.
B.I.L.
Le medie contraddistinte da lettere uguali non sono significativamente diverse fra loro per P ≤ 0.05 (test Duncan).
Figura 17 - Produzione di residui colturali (t ha-1s.s.) per i tre itinerari colturali adottati
(Poggiorsini)
Anche il rilascio di azoto dai residui colturali al terreno mostra le stesse differenze significative
tra i tre itinerari, con i valori più alti nell’AI e poi via via decrescenti nel BIS e BIL, per entrambe
le specie; fa eccezione il sito di Incoronata, dove il sistema BIL fa registrare valori superiori al
BIS. (figg. 18-19-20).
Incoronata
Carinata
Azoto da residui colturali (kg ha-1)
30,0
Colza
25,6 25,0
25,0
20,2
19,5
20,0
14,9
15,0
10,6
10,0
5,0
0,0
A. I.
B.I.S.
B.I.L.
Figura 18 - Azoto dai residui colturali (kg ha-1) per i tre itinerari colturali adottati (Incoronata)
169
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Gravina in Puglia
Carinata
30,0
27,8a
Colza
26,3a
Azoto da residui colturali (kg
23,9b
25,0
21,3b
20,2b
20,0
14,8c
15,0
10,0
5,0
0,0
A. I.
B.I.S.
B.I.L.
Le medie contraddistinte da lettere uguali non sono significativamente diverse fra loro per P ≤ 0.05 (test Duncan)
Figura 19 - Azoto dai residui colturali (kg ha-1) per i tre itinerari colturali adottati (Gravina)
Poggiorsini
Carinata
Residui colturali (t ha-1
5,0
Colza
4,7a
3,8b
3,7b
4,0
3,3a
2,9a
3,0
2,2b
2,0
1,0
0,0
A. I.
B.I.S.
B.I.L.
Le medie contraddistinte da lettere uguali non sono significativamente diverse fra loro per P ≤ 0.05 (test Duncan)
Figura 20 - Azoto dai residui colturali (kg ha-1) per i tre itinerari colturali adottati (Poggiorsini)
2.3.2. Risultati dell’analisi energetico-ambientale (2007-2008)
L’analisi energetica ha lo scopo di approfondire la conoscenza del potenziale impatto che la
coltivazione di tale colture possa avere sull’ambiente, in termini di bilancio energetico e di
emissioni di CO2.
170
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
L’ettaro, l’unità di produzione (kg), e 1 MJ di biodiesel sono le unità funzionali a cui sono stati
riferiti gli impatti. I coefficienti per il consumo di energia primaria e le emissioni per ogni input del
processo produttivo sono quelli utilizzati da Audsley (1997).
Ad ogni input è stato associato un corrispondente valore energetico ed ambientale, espresso
come CO2-eq necessaria a produrlo. L’elaborazione dei dati è stata svolta per mezzo di un
software apposito utilizzando la metodologia desunta dal rapporto finale del progetto europeo
“Harmonisation of environmental Life Cycle Analysis assessment for agricolture”.
L’approccio è stato essenzialmente quello dell’LCA (Consoli et al, 1993) ma, seguendo le
indicazioni della recente Direttiva per le colture energetiche (Dir 2009/28/EC), l’analisi è stata
focalizzata sulla valutazione del Global Warming Potential (GWP), che è una misura
dell’’aumento della temperatura globale dovuta all’incremento dei gas serra (Greenhouse Gas GHG) nell’atmosfera. I GHG considerati sono stati la CO2, N2O, CH4. Come suggerito dall’IPCC
(2001), il loro effetto è stato convertito in un GWP misurato come la massa di CO2 eq.
considerato su un periodo di 100 anni, assumendo le seguenti equivalenze: CO2 = 1, CH4 = 23
and N2O = 296. Seguendo i criteri per il calcolo dell’impatto ambientale descritto nella Dir
2009/28 EC non si è tenuto conto delle emissioni dovute alla produzione di macchinari e
apparecchiature.
In via preliminare l’analisi è stata condotta su una delle prove sperimentali allestite a Gravina in
Puglia ed ha riguardato la gestione tecnica della coltivazione di brassica carinata in condizioni
di basso input (BI) così come riportata in precedenza.
L’analisi ha consentito di determinare nelle condizioni specifiche dell’attività di campo i costi
energetici del processo produttivo riferito all’unità di superficie (ettaro), alla quantità di
produzione in semi oleosi e alla rispettiva trasformazione in biodiesel (tab. 19). Sulla base di
questi dati è stato possiblie la valutazione dell’efficienza energetica (espressa come energia
output / energia input) risultata superiore all’unità, attestandosi su valori di 1,92.
La valutazione del bilancio ambientale espresso come equivalenti di CO2 per la coltivazione
della brassica carinata è riportata in tab. 20.
Tabella 19 – Risultati dell’analisi energetica della brassica carinata (Gravina in Puglia)
Località
Gravina in Puglia
Produzione areica
(s.s.)
granella
biodiesel
kg ha-1
kg ha-1
1400
359
Ei/S
Ei/P
Eo/Ei
granella
biodiesel
granella
biodiesel
MJ ha-1
MJ kg-1
MJ kg-1
MJ MJ-1
MJ MJ-1
6939,00
4.96
19.31
4.69
1.92
Ei input energetici; Eo output energetici; S superficie; P prodotto;
171
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Tabella 20 – Risultati delle emissioni di CO2eq della brassica carinata (Gravina in Puglia)
Località
Gravina in Puglia
CO2eq kg granella
CO2eq MJ-1
biodiesel
CO2eq MJ-1
biodiesel +
panelli
Kg
kg
g
g
398,00
0.28
30,00
7,99
CO2eq ha
-1
-1
Il lavoro promosso a liveIlo regionale ha il merito di precorrere i tempi di recepimento della Dir
UE 2009/28/EC in quanto oltre a fornire informazioni relativamente ad una coltura non riportata
nell’elencazione delle emissioni standard di CO2 eq (Annex V part D), consente per similarità
con il colza di avviare quel processo di verifica su scala territoriale dei valori sito specifici di
emissione di CO2 eq.
Tenendo conto dei valori standard riferiti al colza (29 gCO2eq/MJ) per la produzione di 1 MJ di
biodiesel relativo alla fase di coltivazione appare evidente che la brassica carinata non si
discosta molto da questo standard pur riconoscendo nella coltura margini di miglioramento a
seguito di un ampliamento della gamma varietale con genotipi selezionati per una più elevata
espressione produttiva.
I valori acquisiscono maggiore interesse quando si conteggiano i co-prodotti
(panelli di
estrazione) raggiungendo valori di emissioni di CO2eq per ogni MJ di biodiesel largamente al di
sotto del valore riportato dalla Dir. 2009/28/EC (7,99 vs 29 gCO2eq/MJ).
172
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
2.4. - Attività divulgative (2007 – 2008)
Le attività divulgative hanno previsto l’avvio di un progetto su scala aziendale per la verifica
della sostenibilità di una filiera agroenergetica basata sull’utilizzo di oli vegetali da destinare ad
impianti di cogenerazione ottenuti da brassicacee ed in particolare da brassica carinata.
Tale attività è stata promossa dal Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali
dell’Università di Bari in collaborazione con la Cooperativa Agricola Silvium Giovanni XXIII di
3
Gravina in Puglia ed è stata monitorata dall’Area Politiche per lo Sviluppo Rurale della Regione
Puglia.
L’impostazione data alle attività di divulgazione costituiscono un elemento innovativo e di pregio
del lavoro svolto per la rapidità con cui è stato possibile un travaso di innovazione al mondo
agricolo e nel contempo acquisire informazioni utili per il settore della ricerca e per le
amministrazioni locali. Il progetto ha visto, dunque, l’adesione di 16 aziende di soci della
Cooperativa Silvium (tab. 21) le cui aziende ricadono nei territori comunali di Gravina in Puglia,
Altamura, Poggiorsini, Spinazzola, Genzano di Lucania e Irsina.
La superficie totale destinata alla coltivazione di brassica carinata è stata pari a 112,4 ha.
Tabella 21 - Elenco delle aziende e relative superfici a Brassica carinata
Azienda
Superficie
Agro
Contrada
Azienda 1
Poggiorsini
Capoposta
26.0
Azienda 2
Gravina
Vado Carrara
13.0
Azienda 3
Genzano
Piano Coperchio
3.1
Azienda 4
Gravina
Caprarizza
5.4
Azienda 5
Genzano
Fontana Vetere
2.5
Azienda 6
Altamura
Masseria Santoro
2.5
Azienda 7
Spinazzola
Santa Lucia
21.5
Azienda 8
Irsina
Matinelle
4.4
(ha)
Azienda 9
Gravina
Santa Maria
1.7
Azienda 10
Gravina
Lama Cantarella
3.0
Azienda 11
Genzano/ Gravina
Capoposta/ Santissimo
12.5
Azienda 12
Gravina
Pantano
2.0
Azienda 13
Gravina
Zingariello
3.0
Azienda 14
Gravina
Santissimo
2.5
Azienda 15
Genzano
Piana Cardone
7.0
Azienda 16
Gravina
Pantanella
2.3
Superficie totale
3
112.4
Cooperativa Agricola Silvium Giovanni XXIII di Gravina in Puglia, società che conta oltre 700 imprenditori agricoli tra i soci, le cui
aziende sono dislocate su un comprensorio a cavallo del confine tra al Puglia e la Basilicata.
173
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
2.4.1. Gestione tecnica delle attività divulgative
La conduzione delle attività divulgative ha previsto l’adozione di tecniche colturali suggerite
sulla base dell’esperienza di ricerca nel settore delle colture oleaginose ad uso energetico con
particolare attenzione alla contrazione dei mezzi tecnici (basso input) messe a confronto con
schemi colturali consolidati a livello locale ed aziendale.
Preparazione del terreno
Riguardo la preparazione del terreno le diverse aziende hanno adottato criteri diversi. In buona
parte delle aziende è stata effettuata una lavorazione profonda (>20 cm) con diverse modalità
(aratura o ripuntatura) seguita da successivi affinamenti del terreno con erpici a dischi ed erpici
a denti elastici.
In altre si è proceduto con una lavorazione minima che ha interessato uno strato di terreno
inferiore a 20 cm, adottando erpici di diverso tipo ed effettuando più passate per l’affinamento
del terreno, mentre in un’unica azienda è stata adottata la tecnica di non lavorazione.
Semina e varietà impiegate
Le semine sono state effettuate tra l’inizio e la fine di novembre utilizzando normali seminatrici
da frumento (meccanica o pneumatica) opportunamente regolate per le piccole dimensioni del
seme e ricorrendo ad una seminatrice da sodo nell’unico caso in cui non sono state eseguite le
lavorazioni del terreno. Le varietà utilizzate sono state l’ISCI 7 e CT 204 commercializzate dalla
Triumph Italia Spa, dotate di caratteristiche molto simili: ciclo medio – precoce, taglia da 1,50 a
1,80 m e capacità produttiva medio-alta. Le principali notizie relative alle modalità di semina
sono riportate nella tab. 22.
Tabella 22 – Modalità di semina
protocollo di semina
Seme
(kg ha-1)
Densità
(piante m-2)
Distanza tra le file
(cm)
Distanza sulla fila
(cm)
Profondità (cm)
8 - 10
50 - 60
14 - 20
a fila continua
2-3
Controllo delle infestanti
Il controllo delle infestanti è stato gestito con il ricorso a mezzi chimici con prodotti selettivi e
secondo le modalità riportate in tabella 23.
174
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Tabella 23 - Epoca e p.a. utilizzati per il controllo delle infestanti delle Brassicacee
Periodo
Principio attivo
glifosate (1.5 l ha -1)
pre-semina
post-emergenza
monocotiledoni : fluazifop-p-butil (1-2 l ha -1)
propaquizafop (1.5 l ha -1)
post-emergenza
dicotiledoni: clopyralid (0.8-1.5 l ha -1)
L’attività ha previsto per tutte le aziende l’adozione esclusivamente del diserbo post emergenza
utilizzando i principi attivi sopra menzionati in dosi differenti a seconda dell’infestazione. Nella
maggior parte dei casi è stato effettuato solo il diserbo dalle monocotiledoni, in alcuni casi si è
ricorso anche al diserbo dalle dicotiledoni. In un solo caso (semina su sodo) è stato utilizzato un
diserbante ad azione totale in pre-semina.
Fertilizzazione
Sulla base delle asportazioni di nutrienti della coltura (tab. 24) sono state suggerite le dosi
indicative per ciascun macroelemento da apportare alla specie (tab. 25), tenendo conto che la
diversità degli ambienti in cui si andava ad operare avrebbe condizionato la scelta delle
modalità di concimazione.
Tabella 24 - Asportazioni in macroelementi della brassica carinata
Asportazioni
Nutrienti
(per t di granella)
N
31
P2O5
13
K2O
10
175
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Tabella 25 - Apporti di nutrienti alla brassica carinata
Pre-semina
In copertura
(Kg ha -1)
(Kg ha -1)
N
40
80
P2O5
50
0
K2O
0*
0
Nutrienti
Il criterio seguito è stato perciò quello di consentire alle diverse aziende di modulare la
concimazione in relazione alle diverse esigenze.
In effetti sono numerosi i fattori che hanno condizionato la scelta, all’interno delle singole
aziende, delle tipologie di concime da impiegare, delle dosi di nutrienti da somministrare e delle
diverse epoche e modalità. Alcuni dipendono dalla modalità di conduzione dell’azienda, altri
sono in relazione alla fertilità del terreno o semplicemente derivano dalla diversa impostazione
aziendale nei confronti delle pratiche di concimazione.
Per quanto riguarda la fertilizzazione l’intervento in presemina è stato attuato per lo più
ricorrendo all’ apporto di fosforo e di una piccola quantità di azoto utilizzando concimi binari
contenenti anche zolfo.
L’intervento in copertura è stato eseguito con concimi azotati o complessi in dosi variabili per
ogni azienda.
Tabella 26 – Fertilizzanti utilizzati ed epoche di somministrazione
Periodo
Formulati
Bioactyl 6-20-20 (SO3)
Umostart NP 11-48
Alla semina
Organphos 6-18-12(SO3)
Tiobasic 6-50 (SO3)
Basic 5% N
Nitrato ammonico 26
In copertura
Urea agricola 46
Sulphammo 23-5-32(SO3)
176
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Tabella 27 – Schede aziendali
Aziende
Varietà
Data
semina
N
P2O5
SO3
(kg ha-1)
Controllo
infestanti
(l ha-1 p.a.)
Modalità e
profondità di
lavorazione
(cm)
Az 1
ISCI 7 CT 204
10/11/07
104
40
40
1,5
1,5
Nessuna lavorazione
Az 2
CT 204
10/11/2007
69
20
0
2
ripuntatura 45
frangizollatura 20
erpicatura 20
Az 3
ISCI 7
11/11/2007
55
0
50
1,5
ripuntatura 40
frangizollatura 15
erpicatura 10(2)
Az4
ISCI 7
10/11/2007
47
44
72
1,5
ripuntatura 20
frangizollatura 15
erpicatura 10
Az 5
ISCI 7
24/11/2007
87
40
40
1,5
scarificatura 15 (2)
frangizollatura 15
Az 6
ISCI 7
22/11/2007
74
40
40
1,5
0,12
frangizollatura 15 (2)
erpicatura 10
Az 7
ISCI 7
25/11/2007
120
40
40
2
aratura 30
erpicatura 20
erpicatura 10 (2)
Az 8
CT 204
06/11/2007
82
46
64
1,2
0,15
aratura 20
frangizollatura 10
erpicatura 8
Az 9
ISCI 7
12/11/2007
113
40
40
2
frangizollatura 15 (2)
erpicatura 10
Az 10
ISCI 7
10/11/2007
87
40
40
0,8
scarificatura 20
frangizollatura 15
erpicatura 15
Az 11
ISCI 7
23/11/2007
16
0
50
0
scarificatura 35 (2)
erpicatura 20
Az 12
ISCI 7
06/11/2007
107
40
40
1
0,1
aratura 40
frangizollatura 20
erpicatura 20
Az 13
CT 204
08/11/2007
61
40
40
1,5
frangizollatura 15
erpicatura 15
Az 14
ISCI 7
23/11/2007
87
40
40
1,2
0,12
scarificatura 35 (2)
erpicatura 20
Az 15
ISCI 7
14/12/2007
120
40
40
2
scarificatura 30
frangizollatura 20
erpicatura 20
Az 16
ISCI 7
12/11/2007
35
40
40
1,5
aratura 35
frangizollatura 15
erpicatura 15 (2)
Notizie sui mezzi tecnici utilizzati:
177
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
-1
-1
-1
-1
Az 1: fertilizzanti: Bioactyl 200 kg ha , Urea 200 kg ha . diserbanti: 1,5 l ha Fusilade (fluazifop), 1,5 l ha Roundup
(gliphosate)
-1
-1
-1
Az 2: fertilizzanti: Umostart NP11-48 40 kg ha , Urea 140 kg ha . diserbanti: 2,0 l ha Fusilade (fluazifop)
-1
-
-1
-1
Az 3: fertilizzanti: Tiobasic 100 kg ha , Basic 200 kg ha 1, Nitrato ammonico 150 kg ha . diserbanti: 1,5 l ha Fusilade
(fluazifop)
-1
-1
-1
Az 4: fertilizzanti: Organphos 200 kg ha , Sulphammo 150 kg ha , Nitrato ammonico 150 kg ha . diserbanti: 1,5 l ha
-1
Agil (propaquizafop)
-1
-1
-
-1
-1
-1
-
-1
Az 5: fertilizzanti: : Bioactyl 200 kg ha , Urea 50 kg ha , Nitrato ammonico 200 kg ha 1 diserbanti: 1,5 l ha Fusilade
(fluazifop)
Az 6: fertilizzanti: : Bioactyl 200 kg ha , Urea 50 kg ha , Nitrato ammonico 150 kg ha 1 diserbanti: 1,5 l ha Fusilade
-1
(fluazifop), 0,12 l ha Lontrel (clopyralid)
-1
-1
-
-1
Az 7: fertilizzanti: : Bioactyl 200 kg ha , Urea 150 kg ha , Nitrato ammonico 150 kg ha 1 diserbanti: 2 l ha Fusilade
(fluazifop).
-1
-1
-
Az 8: fertilizzanti: : NPK 12-12-12 300 kg ha , Sulphammo 200 kg ha , Nitrato ammonico 150 kg ha 1 diserbanti: 1,2 l
-1
-1
ha Fusilade (fluazifop); insetticidi: 0,15 l ha Fastac (alfametrina).
-1
-1
-1
-1
-
-1
Az 9: fertilizzanti: : Bioactyl 200 kg ha , Urea 50 kg ha , Nitrato ammonico 300 kg ha 1 diserbanti: 2 l ha Fusilade
(fluazifop).
-
-1
Az 10: fertilizzanti: : Bioactyl 200 kg ha , Urea 50 kg ha , Nitrato ammonico 200 kg ha 1 diserbanti: 0,8 l ha Fusilade
(fluazifop).
-1
-
Az 11: fertilizzanti: Tiobasic 100 kg ha , Basic 200 kg ha 1.
-1
-1
-
-1
Az 12: fertilizzanti: : Bioactyl 200 kg ha , Urea 150 kg ha , Nitrato ammonico 100 kg ha 1 diserbanti: 1 l ha Fusilade
(fluazifop), 0,10 l ha
-1
Lontrel (clopyralid).
-1
-1
-
-1
-1
-1
-
-1
Az 13: fertilizzanti: : Bioactyl 200 kg ha , Urea 50 kg ha , Nitrato ammonico 100 kg ha 1 diserbanti: 1,5 l ha Fusilade
(fluazifop).
Az 14: fertilizzanti: : Bioactyl 200 kg ha , Urea 50 kg ha , Nitrato ammonico 200 kg ha 1 diserbanti: 1,2 l ha Fusilade
(fluazifop), 0,12 l ha
-1
Lontrel (clopyralid).
-1
-1
-
-1
Az 15: fertilizzanti: : Bioactyl 200 kg ha , Urea 150 kg ha , Nitrato ammonico 150 kg ha 1 diserbanti: 2 l ha Fusilade
(fluazifop).
-1
-1
-1
Az 16: fertilizzanti: : Bioactyl 200 kg ha , Urea 50 kg ha ; diserbanti: 1,5 l ha Gallan Twin.
Rilievi agronomici ed energetico-ambientali
Per ogni azienda si è provveduto a rilevare, per le diverse operazioni colturali, le epoche di
esecuzione delle stesse, le macchine impiegate (trattrici e operatrici) e le relative profondità di
lavoro, nonché i mezzi tecnici utilizzati (tipo e dose), i tempi impiegati ad ettaro per ciascuna
operazione e i consumi di carburanti. Alla raccolta sono stati rilevate le produzioni areiche,
l’umidità della granella e la densità di piante, ed è stata determinata la resa in olio grezzo del
seme.
Rilievi economici
Ai fini della redazione di un bilancio economico aziendale relativo alla coltivazione di un ettaro di
brassica carinata, sono state rilevate tutte le voci dei costi variabili legati all’acquisto dei mezzi
tecnici (sementi, concimi, diserbanti, antiparassitari, altri materiali) e dei ricavi legati alle
produzioni, ai fini della determinazione del Reddito Lordo Aziendale.
178
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
2.4.2. - Analisi della potenzialità produttiva in granella e in olio grezzo
I dati acquisiti hanno evidenziato una notevole variabilità della produzione areica, con un valore
minimo di 0.5 t ha-1 e massimo di 2,4 t ha-1.
Risultati produttivi che, specie per quanto riguarda le aziende con produzioni areiche inferiori ad
1.0 t ha-1, sono imputabili a fattori di diversa natura, quali la tecnica colturale non adeguata o
anche condizioni ambientali avverse (es. grandinate).
Dall’analisi del ciclo di produzione di tali aziende emerge, per esempio, una densità di piante
non ottimale, dovuta ad una cattiva preparazione del letto di semina o a problemi nella
distribuzione o nell’eccessivo interramento del seme.
Un’altra problematica riscontrata, specialmente in aziende che adottano un regime di
conduzione biologico, è il limitato apporto di nutrienti, in particolare di azoto, per l’utilizzo di
fertilizzanti organici a basso titolo in macroelementi.
Un’altra fase delicata nella gestione di questa coltura è risultata essere il controllo delle
infestanti dove fondamentale è l’intervento tempestivo soprattutto nelle prime fasi del ciclo per
evitare fenomeni di eccessiva competizione.
La variabilità delle condizioni pedoclimatiche e di gestione delle attività divulgative ha consentito
l’acquisizione di un gran numero di informazioni relative al comportamento produttivo della
brassica carinata estremamente diversificate con la possibilità di individuare percorsi tecnici
virtuosi sia da un punto di vista agronomico che economico ed ambientale.
Ai fini dell’analisi sono state escluse quelle aziende che per motivi atmosferici (grandinata) o per
impossibilità di eseguire tempestivamente operazioni colturali (diserbo, ecc..) rappresentano
situazioni anomale.
Per cui i dati della conduzione delle attività divulgative sono riferiti alla aziende 1, 2, 5, 7, 8, 9,
-1
-1
12, 15 e 16, dove si sono registrate produzioni in granella comprese tra 0,9 t ha e 2,4 t ha ,
mentre la media si è attestata intorno alle 1,4 t ha-1 (tab 28).
Per quel che riguarda invece la resa in olio, le analisi effettuate hanno mostrato valori oscillanti
da una percentuale del 32,0 % (della s.s. del seme) fino al 39,9 %, con un valore medio del
36,3 %.
Dai valori registrati di produzione areica in granella e di resa in olio del seme è stato possibile
ottenere le produzioni areiche di olio, che si sono attestate su valori che vanno da 781 a 295 kg
ha-1, con un valore medio di 481 kg ha-1.
Le notevoli variazioni delle produzioni di olio sono riconducibili soprattutto alla variazione delle
produzioni in granella più che alle rese in olio del seme.
179
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Tabella 28 - Produzioni areiche in granella e in olio grezzo delle aziende
Resa in olio
Produzione olio
(t ha )
(% s.s.)
(kg ha-1)
1
2,0
39,8
745
2
1,3
38,9
462
5
0,9
35,1
295
7
1,2
32,0
359
8
2,4
34,8
781
9
1,2
37,6
404
12
1,2
34,9
405
15
1,5
33,8
474
16
1,1
39,9
410
media
1,4
36,3
481
Azienda
Produzioni areiche
-1
L’aspetto produttivo relativamente alla granella può essere messo in relazione alla tecnica
colturale e ai mezzi tecnici adottati nel processo produttivo dalle diverse aziende, e quindi agli
itinerari tecnici seguiti.
Per quanto riguarda le situazioni più favorevoli, riscontrate nelle aziende che hanno avuto
produzioni maggiori di 2.0 t ha-1, sono riconducibili sicuramente ad una migliore gestione
colturale.
Per una analisi più puntuale sulle scelte tecniche sono stati definiti 5 itinerari tecnici,
accorpando le aziende in base alla modalità di preparazione del terreno (non lavorazione,
lavorazione profonda e minima), alle dosi di concime azotato e alla tipologia di controllo delle
infestanti (tab.29).
Sono state considerate come lavorazioni profonde quelle che hanno interessato uno strato di
suolo maggiore di 20 cm, al contrario le lavorazioni a profondità minore di 20 cm sono state
ritenute minime.
In base alla dose di azoto distribuita, è stato possibile individuare due modalità di intervento:
-1
I) con apporti di azoto > 80 kg ha (concimazione alto input);
II) con apporti di azoto < 80 kg ha-1 (concimazione basso input).
180
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Tabella 29 - Descrizione degli itinerari considerando solo le 9 aziende rappresentative
Itinerario
Lavorazioni
Fertilizzazione
Diserbo
Resa
(t ha-1)
pre semina
1
sodo
Alto input
post emergenza
2,0
monocotiledoni
2
superficiali
Alto input
3
profonde
Alto input
4
profonde
Alto input
5
profonde
Basso input
post emergenza
monocotiledoni
post emergenza
monocotiledoni
post emergenza monodicotiledoni
post emergenza
monocotiledoni
1,5
1,4
1,2
1,2
Relativamente alle modalità di preparazione del terreno l’aratura a media profondità, eseguita in
epoca opportuna, costituisce un presupposto indispensabile per la buona riuscita delle
successive operazioni di semina e per avere una emergenza ottimale della coltura. Tuttavia
indipendentemente dalla profondità delle lavorazioni fondamentale è il buon livello di
affinamento del letto di semina, che dovrà essere ben livellato e preferibilmente rullato per
evitare un eccessivo interramento del seme e problemi di emergenza. Infatti, come si evince
dalla tabella 29, l’itinerario 2, caratterizzato da lavorazioni superficiali, fa registrare rese
produttive superiori a quelle avute con lavorazioni profonde.
A conferma, risultati interessanti sono stati ottenuti anche adottando la tecnica della semina su
terreno sodo (itinerario 1) dove si è registrata un perfetta emergenza della coltura e produzioni
-1
in granella di circa 2.0 t ha (tab.29).
L’altro aspetto che risulta evidente dai dati acquisiti è che la potenzialità produttiva risulta
essere funzione dell’adeguato apporto di nutrienti e del tempestivo controllo delle infestanti,
tanto che le maggiori produzioni si sono avute dove sono state verificate contemporaneamente
queste due condizioni, mentre le produzioni minime si hanno nei casi di basso apporto di
nutrienti (itinerario 5).
2.4.3. - Analisi economica
Per quanto riguarda la valutazione delle prospettive di reddito che possono derivare dalla
messa a coltura della specie brassica carinata sono state selezionate 5 aziende
181
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
rappresentative, con rilevanti e sostanziali differenze nella gestione tecnica della coltura; ciò in
modo da poter confrontare i redditi ed individuare l’itinerario tecnico che ha consentito la
migliore risposta in termini di Reddito Lordo.
Le 5 aziende campione differiscono essenzialmente per l’apporto di nutrienti con la
fertilizzazioni minerale e per le lavorazioni eseguite (tab.30). Tutti i dettagli della gestione
aziendale sono stati già riportati nel par. relativo alle schede aziendali (vedi sopra).
Tabella 30 – Aziende campione per l’analisi economica
Aziende Fertilizzazione
Lavorazioni
ha
località
coordinate
Poggiorsini (BA)
40°54'N 16°12'E
Az. 1
alto input
nessuna (sodo)
26
Az. 2
basso input
profonde
13
Az. 7
alto input
profonde
21,5
Spinazzola (BA)
40°58'N 16°05'E
Az. 8
alto input
superficiali
4,4
Irsina (MT)
40°45'N 16°18'E
Az. 9
alto input
superficiali
1,7
Gravina in puglia(BA) 40°53'N 16°18'E
Gravina in puglia(BA) 40°53'N 16°18'E
L’analisi effettuata è relativa ad un ettaro ed il calcolo è per l’intero esercizio produttivo, i costi
variabili sono stati suddivisi sia per tipo di fattore produttivo impiegato che per ciascuna
operazione colturale eseguita (tab.31).
I dati sono stati ottenuti con l’ausilio di un software appositamente definito ed utilizzato anche
per l’analisi energetica ed ambientale
Si evidenzia in primo luogo che tra i fattori produttivi quello che incide in misura più rilevante è il
costo della fertilizzazione, derivante dal cospicuo aumento dei costi dei concimi nell’ultimo
anno.
Per quanto riguarda i costi totali, il raffronto tra le aziende mostra i valori più alti nelle aziende
che hanno adottato dosi più elevate di fertilizzanti (Az. 8-9), nonostante le stesse aziende
risultino quelle con lavorazioni ridotte, a conferma di quanto sopra. Valori più bassi si registrano
invece nell’azienda (Az.1) che ha adottato la tecnica della semina su sodo, che non sostiene i
costi relativi alle lavorazioni del terreno.
Viceversa le voci attive del bilancio derivano dai ricavi derivanti dalla vendita del prodotto
principale, in questo caso la granella, e sono condizionati fortemente dalle rese produttive. I
-1
-1
valori più elevati si riscontrano per l’Az. 1 (resa in granella 2,0 t ha ) e per l’Az. 8 (2,4 t ha ).
Andando ad esaminare il risultato economico finale, rappresentato in questo caso dal Reddito
Lordo delle aziende, questo risulta positivo solo in tre Aziende (Az. 1, 2 e 8) , e i valori più
elevati sono quelli dell’Az. 1 (529,75 € ha-1) seguita dall’Az. 8 (362,02 € ha-1).
182
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Da tali risultati sembrerebbe che la profondità di lavorazione non incida in misura rilevante sulle
produzioni areiche, anzi il ricorso alla non lavorazione (semina su sodo) fornisce risultati
migliori, consentendo sia un contenimento dei costi relativi alla preparazione del terreno, sia il
raggiungimento di un valore più alto della Produzione Lorda Vendibile, in virtù delle maggiori
produzioni areiche.
In ogni caso i risultati economici raggiunti dalle aziende 1 e 8 risultano essere comparabili con
quelli ottenibili nell’ambiente in studio da altre colture, quali il frumento duro, vista anche la
situazione attuale che vede tale coltura tradizionale fortemente influenzata da continui ribassi
dei prezzi di mercato. Tuttavia i risultati economici per le Az. 7 e 9 hanno valori di Reddito Lordo
negativi; la motivazione risiede, oltre che nel continuo aumento dei costi dei mezzi tecnici (ma
ciò è un fattore comune con le colture tradizionali), nelle basse rese raggiunte nell’annata, che
possono essere incrementate attraverso il miglioramento della tecnica di coltivazione, per cui
tali risultati non vanno considerati in senso assoluto.
Tabella 31 – Risultati dell’analisi economica
Az.1
Az.2
Az.7
Az.8
Az.9
Costi monetari variabili (€)
per tipo di fattore produttivo
Macchine
Fonti energia
Sementi
Fertilizzanti
Fitofarmaci
Manodopera
Totale impieghi
43,20
64,00
138,00
57,75
18,23
321,18
90,24
64,00
121,00
53,00
25,72
353,96
111,36
64,00
162,50
53,00
38,58
429,44
149,76
64,00
194,00
36,30
63,09
507,15
62,40
64,00
169,50
53,00
52,18
401,08
per tipo operazione
Lavorazioni terreno
Fertilizzazioni
Semine e trapianti
Difesa, diserbo
Cure alle piante
Irrigazione
Raccolta e succ.
Trasformazione
Totale impieghi
152,97
80,24
64,59
23,39
321,19
67,41
132,47
77,37
65,30
21,47
364,02
115,45
170,90
73,59
61,61
23,39
444,94
126,28
224,61
92,69
68,41
19,55
531,54
68,80
187,35
85,85
63,30
19,55
424,85
Ricavi (Euro)
per tipo di prodotto
Prodotti principali
Residui
Risparmi
Totale produzioni
700,00
700,00
444,50
444,50
420,00
420,00
840,00
840,00
402,50
402,50
Reddito lordo (Euro)
378,81
80,48
24,94
308,46
-
-
22,35
Questo tuttavia conferma che la sola vendita a terzi della granella da utilizzare a fini energetici è
la soluzione che consente il raggiungimento di redditi al massimo comparabili con le altre
colture, ma non la completa valorizzazione della materia prima energetica. Da ciò, l’interesse a
183
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
trovare strategie e soluzioni che conservino il valore aggiunto del prodotto finale in ambito
agricolo aggiungendo alla produzione di materia prima anche la sua lavorazione, parziale o
completa.
2.4.4. - Analisi energetica
Ai fini della valutazione energetica sono stati considerati due parametri: la Produzione netta di
energia e l’Efficienza energetica.
-1
Il valore di Produzione Netta (MJ ha ), si ottiene sottraendo al valore dell’energia prodotta
(output), che in questo caso equivale all’energia contenuta nella granella o al contenuto
energetico della granella e dei residui colturali, la sommatoria degli input energetici impiegati nel
processo produttivo.
Nella tabella 32 vengono riportati in dettaglio le voci relative sia ai costi o input energetici che
agli output ottenuti.
Tra i costi energetici va considerato anzitutto l’utilizzo diretto di fonti di energia quali i carburanti,
e dal confronto tra i diversi itinerari colturali emerge che tale costo aumenta in maniera
considerevole in corrispondenza delle situazioni in cui si è intervenuti con lavorazioni profonde,
rispetto alle situazioni di minima lavorazione o non lavorazione.
Per quanto riguarda invece gli altri input, la voce di maggior costo risulta essere quella dei
fertilizzanti, mentre valori più bassi si registrano per gli erbicidi e le sementi impiegate.
Si evidenzia che i dispendi energetici maggiori del ciclo produttivo sono quelli rilevati nell’Az. 7
-1
(14,2 GJ ha ), dove si ha il maggior apporto di fertilizzanti e il maggior consumo per le
lavorazioni, seguita dall’Az. 8 (12,3 GJ ha-1), mentre l’azienda caratterizzata dalla non
lavorazione (Az. 1) ha costi energetici più bassi (11,5 GJ ha-1), infine le Az. 9 e l’Az. 2, in cui ai
minori consumi di carburanti per le lavorazioni si somma un minor apporto di concimi minerali,
riscontrano i valori minimi (rispettivamente 11,1 e 9,4 GJ ha-1).
Per quanto riguarda gli output, invece, i valori derivano dall’energia fornita dalla granella e dai
residui colturali, ed oscillano da 98,5 GJ ha-1 dell’Az.7 con risultati produttivi più bassi, ai 161,8
GJ ha-1 dell’Az.8, che registra i valori più elevati.
Quando si passa alla determinazione della Produzione Energetica Netta, il confronto tra le
aziende evidenzia valori che vanno dagli 84,3 GJ ha-1 dell’Az.7 ai 149,5GJ ha-1 dell’Az.8.
Dunque i risultati seppure variabili, denotano sempre valori positivi di Produzione Netta.
L’aspetto che viene fuori dai dati è che non c’è correlazione diretta tra l’aumento degli input
energetici e i risultati produttivi in termini di energia dalla granella e dai residui colturali; mentre
nel caso dell’Az. 8 il valore più elevato di Produzione Netta è anche in relazione ad un cospicuo
dispendio in termini di Input utilizzati, nel caso dell’Az. 1, il valore di Produzione Netta è ottenuto
con apporti di energia tra i più bassi fra quelli in studio. Una tale variabilità, legata chiaramente
all’oscillazione delle rese, consente di affermare con le dovute riserve che, adottando una
184
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
corretta gestione tecnica, la coltura può anche essere condotta ricorrendo a pratiche di
lavorazioni conservative e ricorso a bassi input, ottenendo ottimi risultati di produzione
energetica.
Tabella 32 – Risultati dell’analisi energetica
Az.1
Az.2
Az.7
Az.8
Az.9
Input (MJ)
per tipo di fattore produttivo
Macchine
Fonti energia
Sementi
Fertilizzanti
Fitofarmaci
Manodopera
Totale impieghi
266
1.731
43
8.310
1.124
11.474
375
3.615
43
4.822
591
9.445
451
4.462
43
8.642
591
14.188
690
6.000
43
5.204
442
12.379
574
2.500
43
7.393
591
11.101
per tipo operazione
Lavorazioni terreno
Fertilizzazioni
Semine e trapianti
Difesa, diserbo
Cure alle piante
Irrigazione
Raccolta e succ.
Trasformazione
Totale impieghi
8.747
633
1.332
762
11.474
2.204
5.096
459
988
698
9.445
3.471
8.834
280
841
762
14.188
3.606
6.055
831
1.278
608
12.379
1.361
7.770
522
843
605
11.101
Output (MJ)
per tipo di prodotto
Prodotti principali
Residui
Risparmi
Totale produzioni
52.093
83.334
135.427
33.079
71.093
104.172
31.256
67.252
98.507
62.511
99.335
161.846
29.953
69.001
98.954
Produzione netta (MJ)
123.953
94.727
84.320
149.468
87.853
Net energetic balance ratio
output/input
output/input (inclusi residui)
4,5
11,8
3,5
11,0
2,2
6,9
5,0
13,1
2,7
8,9
Per quanto concerne invece il rapporto tra gli Output prodotti e gli Input impiegati nel processo
produttivo primario (Net Energetic Balance Ratio), che viene anche definito Efficienza
Energetica, questo parametro (adimensionale) è stato ottenuto considerando come output finale
in un caso solo la granella, nel secondo caso anche i residui colturali. I valori ottenuti vanno da
2,2 dell’Az. 7 a 5,0 dell’Az. 8 nel caso si considerino solo i semi oleosi; oscillano invece da un
valore minimo di 6,9 dell’Az. 7 a un massimo di 13,1 dell’Az. , includendo tra gli Output sia la
granella che i residui colturali.
185
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Anche in questo caso, allo stesso modo di quanto riscontrato per l’analisi economica, i migliori
risultati si sono ottenuti sia con una gestione che ha previsto un dispendio energetico elevato
(Az. 8) sia con l’adozione di tecniche di risparmio energetico (Az.1).
2.4.5. – Analisi ambientale
Per la valutazione della sostenibilità della fase di coltivazione, ad ogni input e ad ogni output è
stato associato un corrispondente valore energetico ed ambientale, espresso in CO2-eq
necessari a produrre una data quantità di biomassa. L’elaborazione dei dati è stata svolta per
mezzo di un software apposito utilizzando la metodologia desunta dal rapporto finale del
progetto europeo “Harmonisation of environmental Life Cycle Analysis assessment for
agricolture”.
La metodologia di analisi è stata già descritta nel par.3.3.2. L’approccio è stato quello dell’LCA
seguendo le indicazioni della recente Direttiva per le colture energetiche 2009/28/EC, l’analisi è
stata focalizzata sulla valutazione del Global Warming Potential (GWP), che è una misura
dell’’aumento della temperatura globale dovuta all’incremento dei GHG (Greenhouse Gas)
nell’atmosfera. I GHG considerati sono stati la CO2, N2O, CH4. Come suggerito dall’IPCC
(2001), il loro effetto è stato convertito in un GWP misurato come la massa di CO2 eq.
L’ettaro, l’unità di produzione (kg), e 1 MJ di biodiesel sono le unità funzionali a cui sono riferiti
gli impatti,. I coefficienti per il consumo di energia primaria e le emissioni per ogni input del
processo produttivo sono quelli utilizzati da Audsley (1997).
Sono stati elaborati i dati relativi alle 5 aziende campione, andando a valutare le emissioni di
CO2 (kg ha-1) dell’intero processo di produzione primaria, distinte per ciascun tipo di fattore
produttivo impiegato e per tipo di operazione colturale (tab. 33).
L’analisi mette in evidenza che tra i mezzi di produzione i fertilizzanti sono la categoria a
maggior impatto ambientale, poiché provocano emissioni di CO2 che vanno dai 414,4 kg ha-1
dell’Az. 2 (azienda col minor apporto) ai 762,2 kg ha-1 dell’Az. 7; elevati risultano anche i valori
dell’ Az. 1 (tecnica della semina su sodo) con 724,7 kg ha-1. Di conseguenza il totale degli
impieghi e quindi delle emissioni totali segue lo stesso andamento, per cui l’Az. 7 che ha il
maggior valore relativamente all’uso di fertilizzanti ha anche il valore più elevato di emissioni
totali (845,5 kg ha-1), mentre l’azienda col più basso impiego di fertilizzanti (Az. 2) risulta avere il
più basso livello di emissioni (490,15 kg ha-1).
Le emissioni generate lungo il processo produttivo vanno però messe in relazione alla
produzione di energia, che a sua volta dipende dalla resa in granella e/o in farine proteiche.
Quindi, considerando una resa di olio del seme del 35% (valori frequenti per la specie brassica
carinata), si ottengono i grammi di CO2 emessi per ogni unità energetica prodotta (in MJ); il
raffronto tra le aziende mette in evidenza che tali valori seguono l’andamento delle rese areiche,
per cui nei casi di produzioni elevate, come nell’Az. 8, si hanno i minimi valori (17,94 g CO2 MJ-
186
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
1
), mentre nei casi di basse produzioni si registrano i valori massimi (49,99 g di CO2 MJ-1 per
l’Az. 9; 53,96 g di CO2 MJ-1 per l’Az. 7). Considerando il riferimento standard del colza (29
gCO2eq/MJ) per la produzione di 1 MJ di biodiesel relativo alla fase di coltivazione appare
evidente che la brassica carinata in un caso scende molto al di sotto di tale valore (Az. 8), in due
aziende è equivalente (Az. 1 e 2), mentre nei casi delle Az. 7 e 9 si mantiene risulta più elevato.
Se si considera il valore energetico delle farine disoleate, tali valori subiscono un notevole
decremento, con valori oscillanti da 9,56 g CO2 MJ-1 per l’Az. 8 a 28,74 g CO2 MJ-1 per l’Az. 7,
valori molto inferiori allo standard.
Tabella 33 – Analisi di impatto ambientale
Az.1
Az.2
Az.7
Az.8
Az.9
Emissione (Kg di Co2 eq.)
per tipo di fattore produttivo
Macchine
Fonti energia
Sementi
Fertilizzanti
Fitofarmaci
Manodopera
Totale impieghi
18,25
5,17
5,18
724,67
51,60
804,87
25,34
10,80
5,18
414,43
34,40
490,15
30,41
13,33
5,18
762,19
34,40
845,51
46,38
17,92
5,18
466,69
26,11
562,28
38,77
7,47
5,18
664,91
34,40
750,73
per tipo operazione
Lavorazioni terreno
Fertilizzazioni
Semine e trapianti
Difesa, diserbo
Cure alle piante
Irrigazione
Raccolta e succ.
Trasformazione
Totale impieghi
729,28
15,33
53,25
7,00
804,86
19,52
418,04
8,43
36,40
7,75
490,14
28,17
765,19
8,74
36,41
7,00
845,51
34,70
474,45
13,71
32,88
6,54
562,28
24,72
670,47
12,67
36,51
6,35
750,72
granella s.s.
con resa di olio 35%
g CO2/MJ
considerando le farine
g CO2/MJ
escludendo le macchine
2000
30,82
16,41
30,12
1270
29,55
15,74
28,03
1200
53,96
28,74
52,02
2400
17,94
9,56
16,46
1150
49,99
26,63
47,41
187
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
3. Filiera biogas
Il biogas rappresenta sicuramente una delle fonti di energia rinnovabili che si sta sviluppando
notevolmente in Europa, e grazie agli incentivi legati alla produzione di energia elettrica è
oggetto di interesse e di espansione anche in Italia.
Il settore zootecnico dimostra di essere il motore per lo sviluppo su larga scala della digestione
anaerobica. Reflui zootecnici e scarti dell’industria agroalimentare, grazie alla loro elevata
disponibilità e alta resa energetica, possono contribuire infatti ad aumentare l’efficienza dei
digestori urbani. Anche gli impianti aziendali vengono alimentati prevalentemente con liquame
bovino o suino, eventualmente addizionato con scarti organici selezionati. Fino al 1999 questa
era la situazione esclusiva poi, nel corso degli ultimi anni, è aumentato anche nel nostro Paese
l’interesse per la codigestione dei liquami zootecnici con le colture energetiche (principalmente
mais e sorgo zuccherino). Alcuni impianti sono già operativi e/o in costruzione e/o in fase di
progettazione.
L’operatività di questi impianti è legata alla resa energetica delle biomasse utilizzate. Il
rendimento in biogas e quindi energetico del processo è infatti molto variabile e dipende dalla
biodegradabilità del substrato trattato, che a sua volta è condizionata da elementi come la
specie e la cultivar utilizzata, la densità di semina, l’andamento climatico dell’annata, ecc.
Le colture dedicate che sono state oggetto di studio sono soprattutto i cereali, sia a ciclo
autunno – vernino quali frumento, triticale, orzo e segale, sia a ciclo primaverile-estivo quali
mais, sorgo zuccherino e sorgo da fibra.
In numerosi studi condotti anche in Europa assume infatti notevole importanza la possibilità di
immettere nel digestore anaerobico una miscela di biomasse rappresentate da deiezioni animali
con residui colturali e colture energetiche appositamente coltivate (co-digestione) (Lehtomäki et
al., 2007).
Nondimeno esiste anche la possibilità di alimentare un impianto per il biogas esclusivamente
con residui colturali o colture dedicate, e in questo caso la ricerca si è focalizzata verso
l’individuazione delle colture più adatte, nella individuazione dello stadio fenologico ottimale per
la raccolta, e la valutazione della resa in biogas.
Tra le specie testate il mais, specie ad elevata produzione di biomassa, rappresenta senza
dubbio la coltura più utilizzata per tale scopo negli ambienti dell’Europa Centrale ma anche nel
Nord Italia, tanto che sono in fase di realizzazione numerosi impianti alimentati esclusivamente
con colture dedicate.
La valutazione della resa in biogas del mais ha messo in evidenza (Amon et al., 2007) che la
raccolta della biomassa in diverse epoche di maturazione (lattea, cerosa e piena) influenza la
resa in biogas ; anche la procedura dell’insilaggio, per effetto dalla produzione di alcuni
precursori della formazione del metano (acido lattico, acido acetico, metanolo, ecc..), può
incrementare del 25% la resa specifica in metano (Amon et al., 2007).
188
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Altri lavori, condotti sui cereali vernini (frumento, segale e triticale) hanno valutato l’influenza
della epoca di raccolta sulla resa in biogas, dopo insilamento della biomassa raccolta (Amon et
al., 2007).
3.1. Attività dimostrativa (2007-2008)
Si è dunque ritenuto di andare a valutare in ambienti del Sud Italia la fattibilità della filiera
biogas da colture energetiche, prevedendo la coltivazione di specie a ciclo autunno –
primaverile, che meglio si adattano alle condizioni di clima arido della regione Puglia.
L’attività dimostrativa è stata condotta in località Gravina in Puglia (BA), impiegando le seguenti
specie: frumento tenero (varietà Agadir e Anapo), orzo (var. Mattina), triticale (var. Rigel).
La prova ha inteso indagare il comportamento agronomico di specie che per capacità di
adattamento all’ambiente pedoclimatico potessero facilmente trovare spazio nell’ambito degli
ordinamenti colturali del comprensorio in studio.
Lo studio ha inteso non solo confrontare le potenzialità produttive delle diverse specie, ma
anche intervenire su uno dei fattori che maggiormente incide sul bilancio energetico, che è
appunto la fertilizzazione; si è voluto studiare il comportamento agronomico delle specie in
relazione alla variazione della dose di azoto.
L’impianto ha previsto l’adozione di modalità differenti di concimazione azotata:
•
80 unità di azoto (come Urea 46)
•
120 unità di azoto (come Urea 46)
•
120 unità di azoto (di cui 80 come Urea 46 e 40 come Nitrato ammonico 26)
La concimazione di fondo è stata indifferenziata per ogni tesi e specie, ed è stata effettuata
impiegando un concime binario (6-20 (20)) contenente il anche il 20% di SO3. La semina è stata
effettuata per tutte le specie in data 14/11/2007 costituendo dei parcelloni, successivamente sui
parcelloni sono state delimitate le parcelle della prova in cui si è provveduto a differenziare la
concimazione azotata in copertura, come da protocollo, mentre per il diserbo sono stati
impiegati i principi attivi inseriti in tab. 34.
Tabella 34. Fertilizzazione e diserbo adottati nella prova
Fertilizzazione
Concime di fondo
(pre semina)
Bio actyl (6-20-20)
dose
(kg ha-1 N)
12
Concimi in copertura
(fine accestimento)
dosi
(kg ha-1 N)
Urea
80
Urea
120
Urea + Nitrato Ammonico
120
Controllo
chimico
infestanti
(levata)
Logran
(triasulfuron)
Flavos
(bromoxinil)
189
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Sulla scorta di quanto riportato nella bibliografia menzionata, le epoche di raccolta della
biomassa fresca sono state effettuate in due stadi fenologici di maturazione della granella :
•
maturazione lattea della granella
•
maturazione cerosa della granella
Sui campioni di piante raccolti da ogni parcella sono stati effettuati i rilievi agronomici relativi a:
-
altezza delle piante
-
peso della biomassa fresca
-
determinazione dell’umidità
-
rapporto spighe/pianta
Tali campioni sono stati posti sottovuoto e conservati in congelatore a temperature di -20° C per
successive analisi volte alla determinazione della resa in biogas.
Nel contempo a partire dai dati rilevati sono state calcolate le potenziali rese in biogas
ricorrendo a indici di conversione (fonte Schmack Biogas).
Alla maturazione piena sono stati determinati per ciascuna specie le produzioni areiche in
biomassa e in granella da destinare alla trasformazione in bioetanolo.
A partire dai dati produttivi raccolti, e sulla base di coefficienti di conversione in bioetanolo
rilevati da altri autori per le colture del frumento e triticale (Rosenberger A. et al., 2002), sono
state stimate le potenzialità delle diverse specie per la produzione di bioetanolo negli ambienti
in studio. Il coefficiente di conversione utilizzato è stato è di 440 l t
-1
di granella allo 0% di
-1
umidità, ottenendo le resa potenziale di bioetanolo in l ha .
3.1.1. Risultati produttivi (2007-2008)
I dati acquisiti alle due epoche di maturazione della granella mostrano le variazioni dei diversi
parametri osservati in relazione alle diverse dosi di azoto applicate (tab 35-36).
Riguardo all’altezza della pianta, rilevata solo nella prima epoca di raccolta, si evidenziano
differenze tra la tesi U80 e le tesi U120 e UN120 (tra queste ultime non vi è differenza).
La densità d’impianto non sembra essere influenzata in maniera netta dai diversi trattamenti.
Il parametro più importante in considerazione, cioè la biomassa, sia in termini di biomassa
fresca (tab. 35 -36) sia in termini di biomassa secca (fig. 21-22) sembra essere influenzata
dalla concimazione adottata solo alla raccolta in fase di maturazione lattea della granella, fase
in cui si notano valori crescenti passando dalla tesi U80 alla tesi U120, con i valori massimi per
la tesi UN120.
Si evidenzia in ogni caso che le specie con la maggior produzione areica in biomassa (fresca o
secca) sono risultate il frumento tenero var. Anapo e il triticale.
190
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Tabella 35. - Rilievi agronomici alla maturazione lattea della granella
coltura
varietà
Frumento tenero
Agadir
concimi
azotati
dosi di
azoto
(kg ha-1)
altezza
piante
(cm)
biomassa
fresca
(t ha-1)
Pianta
intera
(% s.s.)
U
80
90,4
30,0
45,1
rapporto
spighe /
pianta
(%)
25,9
U
120
90,9
29,5
43,9
24,7
U+ N
120
95,2
33,7
44,1
24,0
92,2
31,1
44,4
24,9
Media
Frumento tenero
Anapo
U
80
95,7
36,3
40,0
35,5
U
120
100,6
44,4
40,4
36,2
U+ N
120
100,8
46,4
39,5
34,8
99,0
42,3
39,9
35,5
Media
Orzo (esastico)
Mattina
U
80
106,9
31,1
41,2
43,0
U
120
120,3
32,9
39,6
43,4
U+ N
120
125,6
34,1
42,0
42,3
117,6
32,7
40,9
42,9
Media
Triticale
Rigel
U
80
137,6
40,3
39,3
24,9
U
120
141,6
45,3
40,0
25,3
U+ N
120
143,7
47,0
40,9
25,4
140,9
44,2
40,1
25,2
Media
U = Urea
N = Nitrato ammonico
Tabella 36 - Rilievi agronomici alla maturazione cerosa della granella
coltura
varietà
concimi
azotati
dosi di
azoto
(kg ha-1)
altezza
piante
(cm)
biomassa
fresca
(t ha-1)
pianta
intera
(% s.s.)
rapporto
spighe / pianta
(%)
Frumento tenero
Agadir
U
U
U+ N
80
120
120
U
U
U+ N
80
120
120
U
U
U+ N
80
120
120
U
U
U+ N
80
120
120
90,4
90,9
95,2
92,2
95,7
100,6
100,8
99,0
106,9
120,3
125,6
117,6
137,6
141,6
143,7
140,9
23,6
28,8
27,2
26,5
31,0
33,5
34,0
32,8
31,0
31,0
30,4
30,8
36,2
35,6
36,8
36,2
52,1
50,6
51,7
51,5
48,5
50,0
48,6
49,1
52,3
51,5
53,7
52,5
47,1
49,5
48,7
48,4
43,9
43,6
42,6
43,3
48,7
47,7
46,0
47,5
52,4
52,6
50,7
51,9
43,0
43,7
42,9
43,2
Media
Frumento tenero
Anapo
Media
Orzo (esastico)
Mattina
Media
Triticale
Rigel
Media
U = Urea
N = Nitrato ammonico
191
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Biomassa a maturazione lattea
20,0
t ha-1 s.s
15,0
10,0
Fr. tenero
Agadir
Fr. tenero
Anapo
Orzo
Mattina
U+N120
U120
U80
U+N120
U80
U120
U+N120
U80
U120
U+N120
U80
0,0
U120
5,0
Triticale
Rigel
Figura 21 - Confronto tra le produzioni in biomassa secca delle specie in studio (maturazione
lattea)
All’epoca della raccolta in fase di maturazione cerosa della granella, invece, si registra ancora
una influenza dei trattamenti con i valori massimi per la tesi UN120, e i valori minimi per la tesi
U80, tranne che per l’orzo, dove non si notano differenze significative tra le tesi a confronto.
Biomassa maturazione cerosa
20,0
t ha-1 s.s
15,0
10,0
Fr. tenero
Agadir
Fr. tenero
Anapo
Orzo
Mattina
U+N120
U120
U80
U+N120
U80
U120
U+N120
U80
U120
U+N120
U80
0,0
U120
5,0
Triticale
Rigel
Figura 22 - Confronto tra le produzioni in biomassa secca delle specie in studio (maturazione
cerosa)
L’influenza della concimazione, specie nella fase di maturazione cerosa, non sembra dunque
essere
significativa,
per
cui
non
risulta
conveniente
spingersi
oltre
i
quantitativi
convenzionalmente adottati nel comprensorio.
192
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
Sulla base dei risultati ottenuti e in attesa di sottoporre i campioni di biomassa prelevati
all’analisi per la determinazione della resa in biogas, sono state calcolate le potenziali rese in
biogas ricorrendo a indici di conversione riportati in bibliografia e stabilendo sulla base di queste
la potenziale produzione in biogas ad ettaro a partire dalle produzioni areiche in biomassa
fresca (tab. 37).
I dati ricavati mostrano che le produzioni più elevate si ottengono dalla specie triticale (3347 m3
CH4 ha-1), seguite dal frumento tenero var. Anapo (3229 m3 CH4 ha-1), e dall’orzo (3214 m3 CH4
ha-1), in virtù di un coefficiente di conversione più elevato (104,3 m3 CH4 t-1) per la prevalente
frazione amidacea rispetto a quella proteica del seme.
Valori più bassi, anche in virtù della taglia notevolmente più bassa, si riscontrano per il frumento
tenero Agadir (2610m3 CH4 ha-1).
I risultati ottenuti sono comunque da considerarsi positivi, per quanto riguarda le rese in
biomassa e di conseguenza anche le potenziali rese in biogas, dato questo che dovrà essere
ulteriormente confermato dalle successive analisi dei campioni in digestori da laboratorio.
Alla maturazione piena sono stati determinati per ciascuna specie le produzioni areiche in
granella da destinare alla trasformazione in bioetanolo (tab. 37).
Tabella 37 - Indici di resa in biogas, superfici minime per l’alimentazione di impianti da 1 MW e
produzione areica in biogas
coltura
Frumento tenero
varietà
Agadir
dosi di azoto
Superfici per
impianti da 1
MW 25000 t a-1
Resa in biogas*
Produzione in
biogas
(kg ha-1)
(ha)
(m3 CH4 t-1)
(m3 CH4 ha-1)
U
U
U+ N
80
120
120
U
U
U+ N
80
120
120
U
U
U+ N
80
120
120
U
U
U+ N
80
120
120
1059,0
867,7
919,3
942,1
806,1
747,3
734,4
761,4
805,6
807,0
821,6
811,3
691,0
702,4
679,6
690,9
concimi
azotati
Media
Frumento tenero
Anapo
Media
Orzo (esastico)
Mattina
Media
Rigel
Triticale
Media
98,4
104,3
92,5
2322
2834
2674
2610
3050
3290
3348
3229
3237
3232
3174
3214
3347
3292
3403
3347
U = Urea
N = Nitrato ammonico
* fonte : Schmack Biogas
193
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
A partire dai dati produttivi raccolti, e sulla base di coefficienti di conversione in bioetanolo
rilevati da altri autori per le colture del frumento e triticale (Rosenberger A. et al., 2002), sono
state stimate le potenzialità delle diverse specie per la produzione di bioetanolo negli ambienti
in studio.
Il coefficiente di conversione utilizzato è stato è di 440 l t-1 di granella allo 0% di umidità,
ottenendo le resa potenziale di bioetanolo in l ha-1 (tab. 38).
Nell’ambiente in studio sono stati registrati buoni livelli produttivi in granella, in particolare 5,4 t
ha-1 per il frumento tenero var. Agadir, che ha mostrato i valori di resa più bassi, 6,4 t ha-1 per il
frumento tenero var. Anapo, 6,2 t ha-1 per l’orzo e 6,5 t ha-1 per il triticale, che hanno mostrato
produzioni areiche superiori. Riguardo alle differenze tra le tesi in studio, va evidenziato che la
tesi U80 (Urea in dose di 80 kg ha-1) ha fatto registrare produzioni minori rispetto alle tesi U120
(Urea 120 kg ha-1) U+N120 (Urea e nitrato 120 kg ha-1), che tra loro non denotano marcate
differenze di resa. Conseguentemente anche la resa in etanolo segue lo stesso andamento
delle rese in granella.
Tabella 38 – Produzione di granella e residui colturali di frumento, orzo e triticale e potenziale
resa in bioetanolo (Gravina in Puglia 2007/08).
coltura
Frumento tenero
varietà
dosi di azoto
produzione di
cariossidi
resa in
bioetanolo
(kg ha-1)
(t ha-1)
(l ha-1)
U
U
U+N
80
120
120
1952
2182
2105
2067
U
U
U+N
80
120
120
U
U
U+N
80
120
120
concimi azotati
Agadir
U
80
5,1
5,7
5,5
5,4
5,6
7,2
6,3
6,4
5,7
6
7
6,2
5,9
U
120
6,8
2603
U+N
120
6,9
2641
6,5
2488
media
Frumento tenero
Anapo
media
Orzo (esastico)
Mattina
media
Triticale
Rigel
media
2144
2756
2412
2450
2182
2297
2680
2373
2259
I dati preliminari ottenuti sembrano prospettare buone potenzialità produttive per i cereali vernini
rispetto alla produzione di bioetanolo, in virtù delle buone produzioni areiche riscontrate
nell’annata 2007/08, ma necessitano di conferme in merito ai risultati acquisiti.
194
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
4. Considerazioni conclusive
Lo studio di fattibilità ha permesso di indagare sulle possibilità di introduzione di colture
alternative da energia in alcuni areali della Regione Puglia e di avere un quadro dei molteplici
aspetti legati alle colture energetiche.
In primo luogo l’aspetto più propriamente agronomico, legato alla gestione tecnica della coltura,
ha messo in evidenza le criticità e le problematiche di alcune specie da energia, sia attraverso
la fase puramente scientifica di sperimentazione, sia attraverso la fase di approccio alle realtà
aziendali (attività divulgativa), favorendo l’acquisizione di conoscenze sia da parte del mondo
della ricerca scientifica, ma anche da parte degli imprenditori agricoli, principali soggetti e punto
di partenza delle filiere agroenergetiche.
Ancor di più, il presente lavoro, andando ad investigare gli aspetti di natura energeticoambientale, è perfettamente in linea con i recenti orientamenti comunitari in materia di colture
energetiche (Dir. 2009/28/EC) che stabiliscono i criteri per la sostenibilità di tali produzioni.
I risultati che vengono presentati sono certamente risultati preliminari e necessitano di ulteriori
verifiche, tuttavia le analisi sull’efficienza energetica e sulle emissioni di gas serra effettuate su
processi produttivi reali, possono contribuire a dare importanti informazioni ai decisori politici
nell’ottica di privilegiare la sostenibilità delle produzioni energetiche.
195
Le Agroenergie in Puglia: potenzialità e prospettive
BIBLIOGRAFIA
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Programma regionale
“Azioni per la valorizzazione delle biomasse agricole. Studi di
prefattibilità per individuazione dei distretti energetici regionali e per
progetti di filiera” - PROBIO
Coordinamento:
Regione Puglia
Ufficio Innovazione e Conoscenza in Agricoltura
Area Politiche per lo Sviluppo Rurale
Servizio Agricoltura
dott. Luigi Trotta
dott.ssa Annamaria Cilardi
Azione:
Azioni per la definizione di interventi nelle filiere bioenergetiche regionali
Laboratorio di competenze:
IAMB – CIHEAM
dott. Biagio di Terlizzi
Università degli Studi di Bari
Dip.to Scienze delle Produzioni Vegetali
prof. Giuseppe De Mastro
in collaborazione con:
INEA – sede regionale per la Puglia, dott. Pierpaolo Pallara
Università degli studi di Foggia Dip.to PRIME, dott. Gianluca Montel
Università degli studi di Foggia Dip.to DIMEG, prof. Bernardo Fortunato
e la partecipazione di esperti del:
CIHEAM - Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari
Dip.to Scienze delle Produzioni Vegetali - Università degli Studi di Bari
CRA-SCA - Unità di Ricerca per i Sistemi Colturali degli Ambienti caldo-aridi
Dip.to Progettazione e Gestione dei Sistemi Agro-zootecnici e Forestali Università degli Studi di Bari
Dip.to Scienze Agro-Ambientali, Chimica e Difesa Vegetale Università degli Studi di Foggia
Dip.to Ingegneria dell'Innovazione Università degli Studi del Salento
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