Introduzione
Amazon è Babbo Natale,
o un lupo mannaro?
Amazon, alla luce di un ventennio in crescendo, sembra una macchina
destinata a non fermarsi mai. Le vicende giudiziarie, gli esposti, le urla
di protesta e di elogio hanno amplificato il fenomeno dell’everything
store.
Da una parte la vecchia guardia editoriale, sconcertata dalla novità rapida, efficace e più redditizia del modello classico. Con lei, gli autori indeboliti al punto da scendere in politica e rivendicare l’inviolabile diritto a
vivere della propria scrittura.
Dall’altra parte della barricata, quelli che guardano a bocca spalancata il
prodigio, la rivoluzione della democrazia letteraria.
E in mezzo?
In mezzo scorre l’oceano del lettore/fruitore/consumatore che, con giusta incoscienza, si lascia trasportare al largo dalla corrente.
Se Bezos sia il bene o il male per il futuro del libro è un dubbio che Alessandro Baricco, scrittore e preside della Scuola Holden, ha deciso di sollevare di fronte ai suoi studenti all’inizio dell’anno scolastico 2014/2015:
«Ma Amazon, in questa storia, è Babbo Natale o il Lupo Mannaro?».
Per provare a rispondere a questa domanda diverse personalità con
un’opinione forte sono state invitate a Torino, per parlare di fronte agli
aspiranti storyteller. Tra essi l’agente letterario Andrew Wylie, il Ministro Dario Franceschini e il giornalista Federico Rampini.
E poi siamo stati chiamati noi. Chi siamo? Gli studenti del secondo anno
del college Real World – da grandi vorremmo raccontare le cosidette
storie vere, quelle che in editoria vanno sotto l’etichetta non-fiction.
Il preside ci ha investiti di un compito importante: ci ha commissionato
un lavoro di ricerca di dati e informazioni precise su Amazon, la sua
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storia e sulle conseguenze della sua ascesa. Non una nostra opinione sul
fenomeno, ma una raccolta di numeri, nomi, fatti ed eventi. Raccontati
come una storia, si intende. Perché chiunque possa leggerla con piacere
e maturare una propria opinione.
Che cosa è importante conoscere, e che cosa è fondamentale capire
di questa azienda che si affianca e sommerge il panorama editoriale
nell’Occidente?
Cosa cambia con le nuove piattaforme di lettura digitale?
Quali sono i numeri? Qual è il valore delle autopubblicazioni?
Perché le grandi case editrici si oppongono alla marcia di Amazon?
E come le leggi cercano di tutelare la concorrenza dei mercati?
Lo scoprirete in “Where do the books go? Il ventennio di Amazon”, una
raccolta di informazioni, dati e interviste che fornisce ai più smarriti una
traccia da cui cominciare.
Pronti a partire?
3
Capitolo I
relentless.com
La creatura inarrestabile di un formidabile genio
Correva l’anno 1994 e nella Silicon Valley si gettavano le fondamenta
di alcuni futuri colossi della rete. David Filo e Jerry Yang creavano il
motore di ricerca Yahoo!, Jim Clark fondava Netscape, il primo browser di successo, e Jeff Bezos concepiva l’idea che lo avrebbe reso il re
dell’e-commerce1.
Oggi su amazon.com si può acquistare di tutto: abbigliamento, scarpe e
borse, dispositivi elettronici, utensili per il giardinaggio, dischi, giocattoli, attrezzatura sportiva e tanto altro. Prima dell’everything store, però
c’era (solo) il progetto della «più grande libreria della Terra».
Un piano ambizioso, ma anche un’intuizione formidabile visto che all’epoca quello della vendita online era un territorio poco esplorato. Bezos,
all’epoca trentenne, lavorava come vicepresidente della D.E. Shaw &
Co., società di investimento di Wall Street che sfruttava la neonata informatica per girare a proprio favore le anomalie di mercato. Credendo
nelle possibilità di espansione del World Wide Web, intuì che presto il
commercio attraverso la rete sarebbe diventato un business con grande
potenziale di guadagno, soprattutto a lungo termine.
Nonostante lo scetticismo dell’amico Shaw, che prima di approdare in
Borsa era professore di informatica alla Columbia University, Bezos decise di trasferirsi a Seattle con la moglie, la scrittrice MacKenzie Bezos.
Fissare la sede della sua impresa nella città dello Space Needle, fu una
decisione strategica per Bezos, e non solo per via degli affitti notevolmente più bassi rispetto a quelli della Silicon Valley. Una recente
1) Almeno sul mercato occidentale. In Cina la corona spetta a Jack Ma, fondatore di Alibaba Group, che si è aggiudicato le prime pagine dei giornali a
settembre 2014, quando la sua società è stata quotata a Wall Stree imponendosi
come la più redditizia al mondo nel settore della vendita online.
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sentenza della Corte Suprema, infatti, stabiliva che i rivenditori online
non fossero tenuti a riscuotere l’IVA negli stati in cui non avevano sedi
fisiche. Dunque, scegliere Seattle significava far pagare le tasse sui prodotti solo ai clienti residenti nello stato di Washington, uno dei meno
popolati negli USA2.
Forse Bezos non sarà il più simpatico degli amministratori delegati dei
cosidetti «padroni della rete», ma di certo gli si deve riconoscere il talento del commercialista.
Ma perché vendere proprio i libri?
In primis, in quanto oggetti non contraffabili, e soprattutto infrangibili,
si prestano alla vendita online e alla spedizione. È improbabile che al
cliente siano recapitati volumi diversi da quelli ordinati, o che il contenuto dei pacchi sia danneggiato irreparabilmente durante il trasporto.
In secondo luogo, fare concorrenza alle librerie fisiche, il cui sistema
distributivo è caratterizzato da un certo grado di inefficienza, è semplice
non essendo soggetti alle loro stesse regole. Infatti i librai restituiscono
le copie invedute ai distributori, e quindi agli editori: sono questi ultimi
che si sobbarcano il rischio imprenditoriale, rimborsando la quasi totalità delle spese sostenute dai commercianti3.
Un rivenditore online non risente di questo meccanismo, potendo richiedere agli editori i volumi non disponibili nell’immediato in base alla
domanda degli utenti. Infine, Bezos comprese che iniziare la sua impresa
2) A. Martinez, K. Heim, “Amazon a virtual no-show in hometown philanthropy” in The Seattle Times, 31/03/2012.
http://seattletimes.com/html/businesstechnology/2017883663_amazonmain25.
html
Le nostre fonti le troverete sempre in nota. Il più delle volte si tratta di articoli
disponibili online, spesso pubblicati da testate anglofone. I link sono aggiornati
al 31 gennaio 2015.
3) Il sistema delle rese, che ha contraddistinto il commercio dei libri dal momento in cui l’editoria è diventata un’industria, è stato pensato per far fronte
all’ingente produzione di libri: i titoli più richiesti sono le novità, e spesso rendere i volumi invenduti permette ai librai di avere a disposizione la liquidità
necessaria per acquistare le copie delle pubblicazioni più recenti.
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vendendo libri gli avrebbe permesso di arrivare a vendere qualsiasi altra
cosa: quale porta migliore per l’accesso ai gusti e alle inclinazioni dei
suoi clienti dei dati sulle loro preferenze in fatto di lettura? Per altro i
consumatori abituali di libri generalmente appartengono a una fascia
economica medio-alta, e per questo risultano ottimi candidati a diventare frequentatori abituali dell’everything store.
Negli anni ‘90 sarebbe stato impossibile prevedere che Amazon sarebbe
cresciuto fino a fatturare circa 74 miliardi di dollari l’anno4. Erano i giorni di gloria delle catene Barnes & Noble e Borders Group, che si spartivano il 25% del mercato5 – la parte restante era frammentata tra supermercati, cataloghi postali, e tante piccole librerie indipendenti, come
quella in cui lavora Meg Ryan in “C’è posta per te”. In questa commedia
romantica che ha fatto storia, si capisce benissimo la strategia dei grandi rivenditori: aumentando i punti vendita, riuscivano a far abbassare i
prezzi ai fornitori e così a proporre offerte imbattibili ai lettori.
Amazon avrebbe seguito più tardi le loro orme, causando, nel 2011, il
fallimento di Borders, proprio come l’espansione delle catene aveva portato alla chiusura di tanti piccoli negozi.
Un finale alternativo del film del 1998 potrebbe essere:
ESTERNO, GIORNO. CENTRAL PARK, NYC
Meg si commuove vedendo arrivare un furgoncino
Amazon guidato da un ragazzotto col berretto. Il
fattorino prende un pacco enorme dal vano portabagagli e lo appoggia davanti a Meg. Dalla scatola
esce Jeff, splendido vendicatore di tutte le piccole librerie indipendenti.
MEG: Volevo tanto che fossi tu, Jeff
JEFF: Non piangere, commessa. Non piangere...
MEG: Oh Jeff, volevo che fossi tu con tutta me
4) Dati relativi al 2013, vedasi
https://www.google.com/finance?q=NASDAQ:AMZN&fstype=ii .
5) R. L. Brandt, “One click. La visione di Jeff Bezos e il futuro di Amazon”, Rizzoli Etas, Milano, 2012.
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stessa
Jeff e Meg si baciano.
Il ragazzo porge a Meg la ricevuta da firmare.
Un altro segmento fondamentale per il commercio di libri è quello della
distribuzione: negli USA, Ingram Book e Baker Taylor erano i leader del
settore. Bezos puntava ad acquistare i libri da loro – come facevano le
piccole librerie – piuttosto che avere a che fare con gli editori. Si trattava
di un modo per ottenere i libri a prezzi scontati, il primo obiettivo da
raggiungere per potersi fare largo sul mercato.
Il secondo era portare a termine le consegne rapidamente.
Il 5 luglio 1994 l’attività di Bezos fu registrata come Cadabra, ma successivamente fu ribattezzata: non era bene che il nome ricordasse una
parola tetra come cadaver, termine inglese per cadavere. Una proposta
alternativa fu Relentless, che significa implacabile, inarrestabile: il dominio relentless.com fu acquistato, e ancora oggi, digitando tale indirizzo
sul browser, potrete entrare nel paese dei balocchi passando per una
porta di servizio: infatti sarete reindirizzati ad amazon.com.
Il nome che tutti conosciamo fu infine scelto anche in virtù della sua iniziale: Amazon non solo evoca il Rio delle Amazzoni, il fiume più grande
del mondo per portata d’acqua, ma riesce anche a piazzarsi piuttosto in
alto nell’ordine alfabetico dei siti.
Il software fu sviluppato nel garage della nuova casa di Bezos da due
programmatori: Shel Kaphan e Paul Barton Davis. In un’intervista6
Kaphan, ex ingegnere capo alla Kaleida Labs, joint venture tra Apple
e IBM, ha ricordato quanto le sue aspettative all’epoca fossero basse:
«Nessuno inizialmente aveva idea di quanto Amazon potesse crescere.
Nessuno. Sicuramente non Jeff. Ho i grafici delle sue previsioni di quando mi voleva assumere. Non ricordo i numeri precisi, ma erano molto
inferiori di quanto si siano rivelati».
6) John Cook, “Meet Amazon.com’s first employee: Shel Kaphan” in GeekWire,
14/06/2011.
http://www.geekwire.com/2011/meet-shel-kaphan-amazoncom-employee-1/
7
Il 16 luglio 1995 amazon.com approdò online. Per rendere la navigazione più agevole, nonostante la lentezza delle connessioni dell’epoca, in
homepage non c’erano immagini, fatta eccezione per il logo: una A di
colore azzurro, la cui grafica ricorda il corso di un fiume.
Come appariva la homepage di amazon.com nel 1995.
Nel giro di qualche anno quel simbolo fu sostituito dalla scritta nera che
ci è familiare. La freccia arancione, che disegnando un sorriso, unisce
la prima lettera dell’alfabeto all’ultima, è stata pensata per raccontare
la varietà di prodotti disponibili per i clienti di Amazon: puoi comprare
qualsiasi cosa nell’everything store, tutto ciò che cerchi, dalla A alla Z.
8
La grafica attuale del logo di Amazon.
Chi può spiegare al meglio il significato della freccia/sorriso è di certo
lo stesso Jeff Bezos: «Il nostro obiettivo è essere la migliore azienda in
fatto di attenzione verso il cliente, dove è possibile trovare tutto ciò che
si vuole comprare online»7.
Come diventare il colosso dell’e-commerce senza ottenere profitti. Un tutorial?
Bezos voleva fondere l’immagine tradizionale del piccolo negozio di
quartiere, con la capacità della grande distribuzione organizzata, dove il
cliente, munito di carrello, dispone di un’ampia scelta.
Il principio ispiratore di questa visione fu Walmart, il gigante americano
della vendita al dettaglio, fondato da Sam Walton nel 1962. Un modello importantissimo per Bezos, che arrivò ad assumere ex-dipendenti di
Walmart come addetti all’organizzazione e allo smistamento della merce
nei magazzini di Amazon, contando sulla loro esperienza nella gestione
logistica.
Tuttavia, come ogni grande innovatore, Bezos si stava allontanando
sempre più dal paradigma delle grandi catene di distribuzione. In un
negozio virtuale il cliente si orienta senza stress, sceglie il prodotto, lo
mette nel carrello come al supermercato, ma evita la fila alla cassa.
Questo modello è stato definito frictionless shopping8, cioè spesa senza
stress: entrare, trovare il prodotto e acquistarlo, tutto in pochi minuti.
Con un semplice click.
7) “Jeff Bezos. The King of E-Commerce” in Entrepreneur, 10/10/2008.
http://www.entrepreneur.com/article/197608
8) R. Spector, “Amazon.com: Get big fast”, Harper Business, New York, 2002. 9
Non è un caso se l’espressione just one click fa pensare ad Amazon.
Dopo i primi anni d’attività, Bezos comprese che, se voleva annientare
la concorrenza, doveva rendere amazon.com preferibile non solo ai siti
di e-commerce, ma anche alle catene di distribuzione.
Così si domandò: cosa cerca la clientela? La comodità. E che cosa detesta? Sbagliare acquisto. Le tre innovazioni, sorte da queste considerazioni, sono la risposta pratica ai due interrogativi sopra citati.
Bezos sviluppò i sistemi chiamati “one click” e “carrello”9. Quest’ultimo
è stato poi riproposto dalla maggioranza dei siti di e-commerce.
La tecnologia “one click”, ancora più che al desiderio di comodità, risponde a quello di rapidità: se prima il cliente doveva confermare più
volte di voler comprare un prodotto, con la concreta possibilità di spazientirsi, su Amazon si può attivare un’opzione per perfezionare un acquisto con un semplice click.
Il “carrello” è la seconda novità con cui Bezos ha sbaragliato la concorrenza. Per la prima volta i clienti hanno potuto accumulare i prodotti
prima di procedere al pagamento, proprio come si fa al supermercato.
La terza innovazione è “Look Inside”, un programma che permette al
cliente di visualizzare un’anteprima di alcune pagine del libro, in particolare quelle che contengono frasi o parole ricercate attraverso la funzione “Search Inside!”. Così, acquistare il prodotto sbagliato è quasi impossibile, anche per i clienti più distratti.
Nel 2006, Alessandro Ludovico, Paolo Cirio e gli artisti austriaci Ubermorgen hanno creato “Amazon Noir - The big book crime”10, un’opera
d’arte informatica pensata per portare all’estremo le possibilità offerte
da “Look Inside” – criticando di fatto il sistema del copyright. Grazie un
software progettato da Cirio, interi libri sono stati recuperati11 nel corso dell’operazione artistica, senza pagare il dovuto ad Amazon. Il programma utilizzato sceglie come termini di ricerca per “Search Inside!”
le ultime parole dell’ultima frase leggibile nell’anteprima di un’opera
9) «Un’invenzione geniale...» ha affermato Alessandro Baricco, in data 13 ottobre 2014, commissionandoci l’immersione in Amazonia.
10) amazon-noir.com . 11) O meglio, rubati.
10
visualizzata precedentemente; in questo modo, ricaricando la pagina, è
in grado di ottenere una nuova anteprima che mostri altre pagine.
Non è facilissimo spiegare a parole il funzionamento di questa applicazione, specie a chi non ha confidenza con gli algoritmi informatici, ma
in sintesi il risultato è questo: gli ideatori di “Amazon Noir” hanno sfruttato un servizio reso disponibile da Amazon stessa per impossessarsi di
tutte le pagine di alcuni libri, e aggregarle in un file PDF.
Successivamente hanno distribuito i libri così ottenuti, e chiunque può
ancora scaricarne sette su amazon-noir.com.
Ovviamente Amazon ha reagito a questo attacco: gli artisti hanno acconsentito ad abbandonare la loro impresa criminosa, vendendo il software
alla società di Seattle - non dichiarano per quanto.
Non tutti i clienti però sono uguali agli occhi del signor Bezos. Alcune
opportunità di acquisto sono offerte da Amazon solo a chi si è registrato
con un account Amazon Prime. Esso offre diversi vantaggi, le cui caratteristiche (al pari dei costi) cambiano a seconda del paese in cui ci si
trova.
Negli USA al costo di 99$ all’anno si ha diritto alla spedizione gratuita
di qualsiasi ordine entro due giorni, allo streaming di oltre 40000 film
e programmi tv (Prime Instant Video) e si possono ascoltare più di un
milione di canzoni12.
In Italia l’abbonamento a Prime costa addirittura dieci volte meno di
quello americano, solamente 9,99€ annuali. Ma il servizio di spedizione
è garantito solo in alcune zone, ed entro 2-3 giorni lavorativi.
In Francia il servizio si chiama Amazon Premium: con 49€ ci si può garantire la spedizione entro un solo giorno lavorativo, e se non si è a casa
l’ordine può essere recapitato ad altre due persone (precedentemente
segnalate) che abitino nello stesso stabile13.
L’abbonamento più simile all’originale è quello tedesco, ma la tariffa
annua è sempre 49€. La consegna è assicurata entro un giorno in Germania, entro 1-2 giorni in Austria. Inoltre, come in America, esiste un’a12) http://amzn.to/1s5oTbF
13) http://amzn.to/1BU7f2d
11
gevolazione economica per studenti.
Ultima novità per i clienti Prime è “Amazon Prime Now”, diventato effettivo dall’inizio del 2015 a Manhattan. Si tratta di un servizio che consente di ricevere a casa, entro un’ora o due dall’ordine, beni considerati
di prima necessità, da scegliere tra 25000 prodotti. Una sorta di pronto
soccorso o il desiderio di viziare clienti disposti a pagare 7,99$ per essere
accontentati con effetto immediato? Per chi è disposto ad aspettare fino
a due ore la consegna è invece gratuita.
Per ottimizzare i tempi, le consegne vengono effettuate da fattorini che
utilizzano biciclette super leggere14 e si aspettano di ricevere una mancia
– per i droni anche i newyorkesi dovranno aspettare un po’.
Tuttavia la vera innovazione di Bezos, più che nel sito, è da cercare nella
strategia economica.
Per abbassare i prezzi è necessario accorciare la catena di vendita, anche
per questo motivo Amazon ha acquistato magazzini, dai quali la merce
viene inviata direttamente al cliente. Per potersi permettere tali investimenti immobiliari, durante i primi otto anni, l’azienda ha adottato una
strategia d’indebitamento, e non di guadagno. Questo è stato necessario
affinché Amazon diventasse distributore dei propri prodotti; anche grazie a ciò il sito è più economico dei rivali.
Dato che i clienti sono in costante crescita, Bezos può garantire ragionevoli certezze di smercio ai fornitori, dai quali tenta di ottenere prezzi
sempre più vantaggiosi.
L’evoluzione di questo sistema è che Amazon diventi anche produttore.
In fin dei conti è quel che già sta succedendo, e succederà ancora di più
in futuro, non solo con i servizi di autopubblicazione, ma anche con
altri prodotti, grazie all’offerta di programmi di grafica, impaginazione
e montaggio video.
Inoltre, Bezos sta investendo nella produzione di serie tv, attività che
sembra destinata al successo: a gennaio, infatti, “Transparent”, il primo
serial targato Amazon, ha vinto ben due Golden Globe surclassando i
14) M. Nasi, “Amazon prova le consegne in un’ora con Prime Now” in ilsoftware.it, 18/12/2014. http://bit.ly/1zOXmLW
12
prodotti di Netflix e HBO15.
Sembra anche che Woody Allen scriverà e dirigerà presto “Untitled Woody Allen Project”, un’intera stagione di episodi della durata di trenta
minuti ciascuno, disponibile per i clienti di Prime Instant Video, un servizio che per 99$ permette di ricevere a casa i prodotti in soli due giorni,
oltre ad alcuni bonus, come le serie prodotte da Amazon. Il primo lavoro
di Woody Allen per il piccolo schermo, quindi, sarà fruibile solo negli
stati in cui è disponibile Prime Instant Video, ossia Usa, Gran Bretagna,
Germania e Giappone16.
15) Brian Stelter, “Amazon wins Golden Globes for Transparent” in cnn.com,
12/01/2015.
http://money.cnn.com/2015/01/11/media/amazon-netflix-golden-globes/
16) Emily Steel, “Amazon signs Woody Allen to write and direct tv series”, in
The New York Times, 13/01/2015. http://nyti.ms/1z5TkEl
13
Timeline dell’evoluzione di Amazon dal 1995 al 2012.
14
L’espansione di Amazon nel mondo.
15
Jeff Bezos. Il vulcaniano
«Nel mio piccolo angolo di mondo, quello della narrativa americana,
Jeff Bezos di Amazon non sarà forse l’Anticristo, ma sicuramente ricorda uno dei quattro cavalieri dell’Apocalisse.»
Jonathan Franzen
Per poter capire meglio Amazon, sarà bene conoscere la mente che l’ha
creato. Se stia sbranando l’editoria come un lupo mannaro, o portando
regali come Babbo Natale, è ancora da decidere.
La prima cosa che si arriva a sapere dai suoi dipendenti e dagli avversari, è che non è facile avere a che fare con lui, per non dire che tende a
esasperare i collaboratori17. Anche senza chiedere, è facile immaginare
che sia ricco, infatti coi suoi 27.9 miliardi di dollari compare al quindicesimo posto nella classifica dei più facoltosi d’America stilata da Forbes18.
Appurato che il denaro non gli manca, capiamo se Bezos sia davvero un
uomo così problematico.
Senza nulla togliere alla genetica, tutte le nonne dicono che un bambino
lo fai o lo disfi nei primi tre anni di vita, quindi sarà il caso di scoprire
com’è cresciuto Jeff Bezos per diventare quel che è ora. Sembra essere
vissuto con due genitori amorevoli, Jacklyn e Mike, e due fratelli minori a cui era molto legato. Grattata la superficie di quest’immagine di
famigliola felice, si scopre che i traumi più gravi nell’esistenza di Bezos
sono legati ai suoi primi tre anni di vita. Possibile che le nonne abbiano
proprio sempre ragione?
Jeff Bezos nacque il 12 gennaio 1964. La madre all’epoca aveva solo sedici anni, il padre biologico, Ted Jorgensen, era un giocoliere, più tagliato
per i viaggi e il bere che per la vita di coppia e la paternità. Bezos aveva
pochi mesi quando i suoi genitori si lasciarono. Fino al 2012 Ted non
sapeva che suo figlio era il fondatore di Amazon.
Jeff vide il padre biologico per l’ultima volta quando aveva tre anni; i
loro incontri erano saltuari, così come i contributi economici che per
17) B. Stone, “Vendere tutto. Jeff Bezos e l’era di Amazon”, Hoepli, Milano, 2013.
18) Aggiornata a settembre 2014.
16
legge Ted avrebbe dovuto versare al figlio. Jackie si risposò nel 1967 con
un immigrato messicano, Miguel Bezos, che in seguito assunse il nome
inglese Mike e adottò il bambino, crescendolo come fosse figlio suo.
Jeff Bezos aveva dieci anni quando scoprì l’identita del suo vero padre,
ma ancora oggi ricorda Ted solo pensando a possibili malattie genetiche.
Bezos è partito dalla base della piramide sociale, ma l’ha scalata. Anche se gli insegnanti erano dubbiosi, quando aveva otto anni la madre
lo iscrisse a un progetto scolastico sperimentale per bambini particolarmente dotati, con programmi che spronavano a pensare fuori dagli
schemi. Secondo i documenti di valutazione, il piccolo Jeff interagiva
con gli adulti e sapeva parlare fluentemente di diversi argomenti, ma
non era portato per la leadership.
A dodici anni era competitivo e la sua inventiva spaziava in diversi campi, dalla scienza ai concorsi di lettura, tuttavia aveva difficoltà ad ammettere di non essere sempre il migliore. Nutriva interesse per ciò che
richiede il ragionamento indipendente, l’innovare il proprio pensiero e
l’analisi delle situazioni per compiere la scelta migliore.
Jackie cominciò a temere che il figlio diventasse un topo di biblioteca,
così lo iscrisse a un corso di baseball. Ma più che a colpire la palla, lui si
divertiva a studiare i punti deboli degli avversari e a sviluppare nuove
tattiche di gioco. Lo sport non gli piaceva granchè; la sua più grande
passione era, ed è ancora, la fantascienza, e in particolare Star Trek, di
cui guardava ogni replica col padre.
Nel 1991 gli insegnanti che avevano giudicato Bezos inadatto alla leadership si sarebbero dovuti ricredere. A ventinove anni era uno dei vicepresidenti della D.E. Shaw & Co., un’azienda che sfruttava la neonata
informatica per girare a proprio favore le anomalie di mercato.
Lavorava a Wall Street già da sette anni e aveva impressionato tutti con
la determinazione e l’instancabilità. Venerava il lavoro non-stop, tanto
da tenere in ufficio un sacco a pelo, nel caso si dovesse fermare per la
notte. Portava sempre con sé un quaderno su cui appuntava ciò che non
voleva dimenticare. Agire senza pensare non faceva per lui, qualunque
fosse il problema da affrontare.
17
In questo periodo iniziò a frequentare un corso di ballo perché secondo
i suoi calcoli gli avrebbe permesso più di ogni altra attività di conoscere
donne.
Nel 1992 l’azienda assunse una neolaureata in letteratura inglese,
MacKenzie Tuttle. Fin dal primo incontro Bezos capì che sarebbe diventata la compagna della sua vita; le lezioni di ballo non erano servite a
niente. I due si sposano nel 1993, dopo essersi frequentati solo sei mesi.
Jeff Bezos nel 2005 (forografia sotto licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic, http://bit.ly/18lApcJ).
Quando decise di fondare il suo everything store, Bezos lasciò New York
insieme alla moglie alla volta del Texas, dove vivevano i genitori di
MacKenzie. Si stabilirono in uno squallido motel perché non potevano
permettersi altro.
Poco prima di partire, Bezos discusse le sue idee con un collega. Si chiamava Holden, era un ex hacker. Bezos avrebbe voluto lavorare con lui,
ma per il momento non poteva garantirgli uno stipendio e non sarebbe
stato saggio per Holden lasciare il suo impiego a Wall Street. Gli promise che si sarebbe fatto vivo entro dieci anni. Il telefono di Holden squillò
18
dopo dodici mesi. Bezos gli disse solo: «Funzionerà».
Una volta migliorate le proprie condizioni economiche, la coppia si trasferì in un sobborgo di Bellevue, a est di Seattle. Tre locali abitabili e
una cantina, in cui vennero sistemate delle scrivanie ricavate da vecchie
porte di legno.
Quella cantina diventò la prima base di Amazon. Ci lavoravano Bezos,
la moglie e un amico, che diventò loro socio in affari. Non erano ancora
gli stakanovisti che immaginiamo oggi: lavoravano quando ne avevano
voglia, e se c’era bel tempo andavano in montagna. Di lì a poco però Bezos e i suoi collaboratori adottarono un ritmo di lavoro da far invidia al
noto operaio russo, si trasferirono vicino al centro di Seattle e assunsero
nuovi dipendenti.
Da quel momento iniziò l’ascesa di Amazon e del suo fondatore, culminata con la proclamazione di Jeff uomo dell’anno 1999 dal settimanale
Time19.
Ma non sono tutte rose e fiori nel favoloso mondo di Bezos. Infatti a soli
tre mesi dal lancio dello smartphone targato Amazon, il Fire Phone, l’azienda è stata costretta a ridurre il costo da 199,99 $ a soli 99 centesimi20.
Questo repentino cambiamento di prezzo è stato così giustificato dal
manager tedesco Ian Freed, al momento della presentazione nel mercato
europeo: «Vogliamo guadagnare quando i nostri clienti utilizzano il device e non quando lo comprano»21.
Lo scopo principale del Fire Phone, infatti, è quello di facilitare l’acquisto di qualsiasi tipo di oggetto tramite la capacità dello smartphone di
riconoscere i prodotti e reindirizzare l’utente direttamente allo store di
Amazon. Un click e ti arriva a casa in due giorni22.
19) “Time: è Jeff Bezos l’uomo dell’anno 1999” in La Repubblica, 19/12/1999.
http://www.repubblica.it/online/tecnologie_internet/bezos/bezos/bezos.html
20) “È già fallito Fire Phone?” in Il Post, 10/09/2014.
http://www.ilpost.it/2014/09/10/riduzione-prezzo-fire-phone-amazon/
21) “Amazon verschleudert Fire Phone” in Der Spiegel, 09/09/2014.
http://bit.ly/1zCuaIV
22) “Amazon unveils 3D “Fire” Phone” in The New York Times, 18/06/2014.
http://nyti.ms/1ELXQa0
19
Tuttavia, nonstante il fallimento già dichiarato su tutte le testate giornalistiche, l’Amministratore Delegato di Amazon non si dà per vinto: «Ho
perso miliardi di dollari in passato proprio in questo modo […] ma non
importa. Le compagnie che non continuano a sperimentare, che non
sono disposte ad accettare fallimenti, sono condannate»23.
Di quel che era da ragazzo, Bezos ha conservato la passione per la fantascienza: nel suo ufficio sono esposti dei modellini originali di Star Trek,
e una segretaria che li ha protetti durante un terremoto è stata premiata
con un soprammobile a forma di porta-scrivania, in ricordo delle postazioni di lavoro ricavate da vecchie porte dismesse, utilizzate ai tempi
della cantina. Non si può dire che i regali siano il suo forte.
Negli ultimi anni, anche grazie al taglio di capelli, ricorda il capitano
Picard, ma non si sa se sia una mossa voluta.
Ai tempi del liceo Bezos sognava di fondare basi stabilmente abitabili
nello spazio. Nel 2000, in un periodo di crisi per Amazon, in cui il bilancio passò da 6,3 miliardi all’anno a soli 2, fondò una nuova azienda
di esplorazione dello spazio, con sede nella sua tenuta. Tutto top secret,
ovviamente. Determinato a vendere tutto, ma con Star Trek sempre nel
cuore. Il primo passo verso lo spazio è stato consentire agli astronauti di
ordinare su Amazon anche dalle stazioni spaziali. Perché se c’è un’altra
cosa che Bezos non sopporta è il ritardo, e anche un astronauta al lavoro
ha il diritto di far recapitare i regali in tempo per Natale.
23) L.Longhitano, “Fire Phone, non è finita: arriverà un nuovo modello”, in
Wired, 03/12/2014.
http://bit.ly/1JGy0L9
20
Capitolo II
O brave Kindle world!
A qualcuno piace elettronico. Nascita e ascesa (?) dell’ebook
I nativi digitali hanno meno di trent’anni. Di alcuni si dice che non saprebbero vivere senza tecnologia, qualsiasi sia l’ambito della vita a cui
si fa riferimento.
In realtà buona parte dei giovani utilizza con naturalezza smartphone,
tablet e computer, ma spesso, quando si tratta di libri, continua a preferire il cartaceo all’ebook. Non è questione di avere un’opinione positiva
o negativa di Amazon, e dell’impatto che questa grande azienda e il suo
e-reader Kindle potrebbero avere sul futuro dell’editoria. Il libro, quello
di carta, piace ancora per via del culto dell’oggetto: fisico, e di conseguenza dotato di consistenza, di un odore, e di un’estensione spaziale,
utile a fare arredo e mostrare quanto si è colti. Negli ultimi anni Ikea, in
vista della futura supremazia dell’ebook, ha messo sul mercato nuove
versioni della celebre libreria Billy, dotate di ante di vetro perché pensate non più per ospitare libri, bensì soprammobili, ed eventualmente
edizioni di lusso; tuttavia non è detto che i vecchi modelli andranno in
pensione tanto presto.
La stampa su carta non è ancora morta, ma è innegabile che il libro digitale stia cambiando i processi editoriali – e non solo per merito di Jeff
Bezos. Il Kindle non è stato il primo e-reader, e del resto i prototipi del
libro elettronico risalgono agli ‘70.
L’invenzione dell’ebook si deve a Michael Hart, fondatore del Progetto
Gutenberg, il primo provider di libri elettronici gratuiti. Il suo obiettivo
era rendere disponibile ogni opera sulla quale non gravasse il copyright,
o per la quale fosse espressamente concesso il diritto alla distribuzione
via internet.
Hart voleva che la distribuzione fosse più ampia possibile, per questo i
prototipi di ebook dovevano essere compatibili con la maggior parte dei
21
computer. Tale filosofia è del tutto in linea con l’intuizione di usare internet come mezzo di diffusione, per poter raggiungere chiunque possa
collegarsi.
Era il 1971 e Bezos non poteva di certo avere idea di chi fosse Hart, ma
negli anni a venire avrebbe condiviso con lui l’intuizione che la rete
sarebbe diventata parte fondamentale delle nostre vite.
Tutto cominciò per caso, o per meglio dire, a causa di un esperimento.
Hart, studente all’Università dell’Illinois, aveva trascritto la “Dichiarazione di Indipendenza” degli Stati Uniti con una macchina telescrivente
a partire da una copia che gli era stata data in un negozio di alimentari.
Voleva provare a inviarla via email per sperimentare la diffusione di un
testo lungo.
Tuttavia, inviando un file così pesante, l’unico risultato che ottenne fu
bloccare l’intero sistema. Decise allora di caricare il testo su internet e
renderlo scaricabile direttamente dagli interessati. Il primo libro elettronico era stato messo online, ed era fruibile gratuitamente.
Nel giro di poco tempo, Hart rese disponibili, con lo stesso sistema, i
grandi classici: la Bibbia, le opere di Omero, Shakespeare e Mark Twain.
Nel 1987 era riuscito a distribuire 313 testi. Fu l’anno della svolta: fino
a quel momento Hart aveva operato da solo, ma la sua iniziativa era
stata notata dall’università, e in particolare da Mark Zinzow, un programmatore dell’istituto, che si adoperò per trovare dei volontari che
collaborassero con lui. Il progetto si dotò di un’infrastruttura, di una
mailing list per coordinarsi, di siti mirror per annunciare le novità ai
possibili fruitori.
Quel che spingeva Hart a continuare il suo lavoro non era il desiderio di
guadagno, o la sfida insita nello sfruttare la tecnologia in modo nuovo.
La sua missione fu sempre guidata da un forte idealismo: non voleva
solo incoraggiare la creazione e la diffusione di ebook, ma soprattutto
raggiungere un numero sempre maggiore di persone, così da poter diffondere l’alfabetizzazione.
A partire da quegli anni, gli ebook si sono evoluti molto e oggi esistono
in diversi formati. I principali sono il PDF, l’EPUB, e il Mobipocket – i
primi due sono standard aperti, compatibili o esportabili in altri formati,
22
diversamente al Mobipocket, e alla sua variante .azw, che è il formato di
cui Amazon è proprietario.
Ciascuno di essi può essere combinato con il DRM (Digital Rights Management), un sistema di protezione contro la copia, utilizzato dalle case
editrici – e da Amazon stessa – per evitare la pirateria, o per impedire
che i propri ebook siano compatibili con gli e-reader della concorrenza.
Il DMR è inoltre una della poche garanzie che rimangono agli autori in
questi tempi: si assicurano di percepire le royalty per ogni copia venduta grazie alla loro tracciabilità. È la prima arma di difesa del copyright.
Il libro elettronico è nato accompagnato dalla volontà di diffondere la
cultura, ma il mercato è mercato, e con lo sviluppo di e-reader comodi
ed economici, l’ebook si è trasformato in merce: logico che sia diventato
oggetto di strategie per battere i concorrenti ed evitare la copia illegale.
Purtroppo il risultato è che esiste un gran numero di standard, e per
leggere un ebook è necessario che sia compatibile con il dispositivo di
lettura digitale che si possiede. Una seccatura per chi preferisce i libri
elettronici, e forse una strategia discutibile dal punto di vista del marketing, tenendo conto del fatto che gli editori (e gli autori) che dicono no
al DRM in genere vedono aumentare le loro vendite1.
Tralasciando le difficoltà che incontrerebbe un lettore digitale per farsi
autografare un ebook, la complessa questione del prestito agli amici2,
e la sparizione dell’odore dato da carta, inchiostro e umidità3, con un
ebook si può fare tutto ciò che si può fare con un libro tradizionale. Soprattutto con gli ultimi e-reader, è diventato semplice inserire segnalibri,
note e sottolineature nel testo.
1) A. Ludovico, “Post-digital print. La mutazione dell’editoria dal 1894”, CaratteriMobili, Bari, 2014. 2) Risolta, in casa Amazon, anche se con regole molto rigide, come si vedrà.
Bezos ha pensato a tutti gli aspetti della vita dei libri di carta per mettere in
piedi il suo impero del libro digitale. Da ultimo ha registrato un sistema per la
vendita di contenuti digitali usati.
Questo il link del brevetto http://1.usa.gov/1BMD8ZS .
3) In percentuali variabili.
23
Inoltre per chi non vedesse l’ora di far sapere al mondo cosa sta leggendo, c’è anche la possibilità di sincronizzare il proprio dispositivo con Facebook, così da poter condividere una frase ritenuta importante. Kindle
poi consente un’aggiunta alla classica sottolineatura, cioè la possibilità
di vedere tutti i passaggi evidenziati da altri lettori, in modo da poter
capire se i propri gusti sono condivisi.
Ma tutto questo non è stato inventato solo per dare un senso all’espressione social reading. I dati infatti vengono trasmessi ad Amazon, che così
raccoglie informazioni su quali siano i libri più letti, quali emozionano
di più, cosa cerchi il lettore medio in un dato periodo: l’idea sarebbe
quella di indirizzare le case editrici a investire o meno in un dato genere,
o autore.
Nell’aprile 2014, Amazon Italia è stato in grado di fornire una Top 10 dei
libri più letti grazie alla rilevazione dei passaggi più sottolineati, portando alla luce il fatto che si scaricano alla pari grandi classici della letteratura, come “La coscienza di Zeno”, e libri attuali, ad esempio la biografia
autorizzata di Steve Jobs4.
Jordan Ellenberg, matematico statunitense, ha ideato un metodo scientifico, anche se per sua stessa ammissione non sempre efficiente, che
sfrutta le sottolineature per capire se un libro viene letto, o è stato scaricato solo per circondarsi di un’aurea da intellettuali. I classici sono
gratis, e questo rende molto semplice darsi un certo tono sfogliando sul
proprio Kindle una copia di “Ulysses” di Joyce.
Se in media un ebook presenta passaggi evidenziati fino alla fine, c’è
qualche ragionevole possibilità che sia stato letto per intero; se le sottolineature sono solo nelle pagine iniziali, probabilmente il lettore ha
desistito dopo i primi capitoli.
Questo sistema è stato chiamato Hawking Index, in omaggio a “Dal Big
Bang ai buchi neri. Breve storia del tempo” di Stephen Hawking, libro
che tutti vorrebbero aver letto, ma in pochi hanno effettivamente finito.
Pare si sia meritato il primato di libro più non-letto del mondo per questo5.
4) Comunicato stampa del 09/04/2014. http://bit.ly/1B8EKvC
5) “Can the Hawking Index tell us when people give up on books?” in un blog
24
Il grande fratello, che in questo caso è Amazon, vi guarda non solo mentre accendete la televisione, ma anche quando scaricate ebook. Peggio
di una mamma che non solo controlla i compiti sul diario del figlio, ma
telefona anche alla maestra per sapere se li ha svolti con giudizio.
E Bezos creò il Kindle
È stata la scomodità di dover ricercare il giusto formato che ha contribuito al successo del Kindle. Perché la mamma non può limitarsi a procurare ansia spulciando le vostre scadenze su agende e quaderni, deve
anche equipaggiarvi con uno zainetto alla moda.
L’invenzione dell’e-reader è stata ispirata dalla constatazione di un dato
di fatto, evidente in particolar modo agli studenti fuori sede: i libri pesano. Chiunque si sia spaccato la schiena con chili di manuali, dizionari, e
troppi romanzi scelti per le vacanze, sa cosa significa.
I primi che provarono a risolvere questo problema furono Martin
Eberhard e Marc Tarpenning, imprenditori con la sensibilità di lettori:
nel 1997 trovarono il modo per portarsi in tasca un’intera libreria.
Si chiamavano Rocket e-Book e Softbook, e per riempire i loro scaffali di
byte libreschi era necessario collegarli al computer – la tecnologia senza
fili all’epoca costava troppo. Non ebbero successo per due ragioni: il
costo elevato dei dispositivi e la difficoltà di reperire ebook su internet.
Nel 1999, aprirono alcuni portali per la distribuzione di libri digitali, sia
gratuiti che a pagamento.
Gli e-reader arrivarono però al vero sviluppo solo nel 2006, quando se
ne interessò Sony. A partire da quelli esistenti creò un nuovo dispositivo, chiamato Sony Reader. Aveva uno schermo diverso dai suoi predecessori: sfruttava infatti la tecnologia eInk, studiata già nel 1997 da
Joseph M. Jacobson, oggi docente al MIT Media Lab.
Grazie a micro-sfere opache caricate elettricamente, per metà bianche
e per metà nere, che ruotano assumendo il rispettivo colore a seconda
della polarità della carica, è possibile leggere senza retroilluminazione.
Si parla anche di pixel senza luce.
Tuttavia, col passare del tempo, questo tipo di display risultò sconvedi The Guardian, 07/07/2014. http://bit.ly/1maywnu
25
niente a livello economico, oltre ad apparire troppo vicino al libro tradizionale, e si tornò a schermi più simili a quelli dei computer.
Spiazzati dalla concorrenza di Sony, Eberhard e Tarpenning contattarono Bezos per una collaborazione; lui era in dubbio circa la necessità di
connessione via cavo, ma la sua immaginazione era già focalizzata sulle
possibilità legate agli e-reader. Papà Jeff era convinto che sarebbero potuti migliorare molto rispetto ai modelli esistenti: vedeva già un comodissimo zainetto per tutti i diari del mondo.
Nel 2004, Bezos aprì un laboratorio segreto nella Silicon Valley per studiare un dispositivo migliore. Lo chiamò Lab1266, e non assunse informatici con esperienza nel campo degli e-reader, ritenendo che la loro
mente fosse ormai fissata su un’idea troppo inquadrata.
I suoi dipendenti erano altri, forse la loro fedina penale non era neanche
troppo pulita, ma questo non ci è dato saperlo e soprattutto a Jeff non
importava: erano hacker.
Li tirò fuori dalle loro stanzette buie e li convinse che la luce del sole
non li avrebbe uccisi – peraltro l’avrebbero dovuta sopportare solo per
il tempo di arrivare al Lab126.
Affidò loro un solo compito: rendere i dispositivi esistenti davvero efficienti, così da poter rivoluzionare l’intera industria editoriale. Per essere
sicuro che il risultato fosse il prodotto che desiderava, fornì loro due
binari da seguire: l’e-reader doveva essere comodo da usare oltre che
munito di connettività cellulare, così che il computer non fosse indispensabile.
Stabilito che l’unica funzione di un e-reader è consentire la lettura, e
non la visione di video o foto, i maghi del computer ripescarono una
vecchia forma di tecnologia, scartata in precedenza perché troppo cara:
si trattava dell’eInk (e della relativa e-paper).
Niente colori, ma si legge anche alla luce diretta del sole, la batteria ha
una durata molto più lunga, e gli occhi non si affaticano.
Seguirono tre anni di esperimenti ed errori di cui non si sa molto, non
6) Le cifre contenute nel nome non sono casuali, e non derivano nemmeno dal
numero civico di un indirizzo: ricordate che, nell’alfabeto anglosassone, la A è
la prima lettera dell’alfabeto, la Z invece è la ventiseiesima.
26
per niente il laboratorio era segreto. Nemmeno gli editori conoscevano
i progetti di Bezos; almeno fino a quando i suoi collaboratori non lo
convinsero che non si trattava di un’idea geniale, soprattutto volendo
lanciare il prodotto sul mercato per Natale 2006.
Controvoglia Bezos cedette, ma rimandò la presentazione di un anno
per poter riempire un po’ di più gli scaffali della sua libreria digitale.
Alle case editrici fu messa fretta affinché rendessero disponibili il maggior numero di libri in formato elettronico, il traguardo da raggiungere
era (solo) centomila titoli. Per iniziare, si intende. Chi rifiutava di rendere disponibile la versione ebook era pesantemente criticato, come spesso
succede ancora a chi tenta di opporsi alle idee di Bezos.
Gli editori ancora non se ne preoccupavano, ma avrebbero dovuto fare
attenzione ai prezzi: agli occhi del fondatore di Amazon era ovvio che se
al lettore non è fornito un libro cartaceo, allora non deve pagare la carta.
Ma i guadagni migliori degli editori sono sui libri con copertina rigida,
i più cari. Consapevole di tutto ciò, Bezos mantenne il silenzio circa i
prezzi degli ebook il più a lungo possibile.
La sua intenzione, infatti, non era semplicemente abbassare i prezzi dei
libri, ma ispirarsi alla formula 0,99$ che Apple aveva applicato ai brani
musicali, e vendere i grandi classici della letteratura e le nuove uscite a
soli 9,99$.
La bomba scoppiò nel 2007, col lancio del primo modello di Kindle – che
essendo avvenuto in cima a un grattacielo avrebbe anche potuto essere
un lancio fisico.
Il nome definitivo del dispositivo7 fu ispirato da un libro di fantascienza
che si trovava (in forma cartacea) negli uffici di Lab126: la parola kindle ha due possibili significati, da un lato quello di appiccare il fuoco8,
dall’altro suscitare un’emozione. L’idea di base è che il lettore sia in grado di dimenticarsi dell’oggetto che tiene in mano, e possa immergersi
totalmente nel testo, l’unica cosa davvero importante.
Il primo Kindle è munito di browser, lettore mp3, connessione a una rete
cellulare 3G chiamata Whispernet, e può contenere fino a 200 libri; il
7) Inizialmente lo si voleva chiamare Fiona.
8) Eppure il tablet Kindle Fire ancora non ce l’ha la funzione di accendino.
27
tutto per 399$9.
Tutta un’altra storia rispetto ai precedenti e-reader: per caricare gli ebook non è necessario connetterlo a un computer, ma basta accedere al
catalogo Amazon tramite la rete. Con due click si scarica qualunque
titolo della lista.
Il vero successo del Kindle arriva però nel 2009, con la seconda versione,
che costa 50$ in meno.
Lo stesso anno viene introdotto il supporto per PDF, e Stephen King
rende disponibile il suo racconto “Ur” in esclusiva per Kindle Store.
Le evoluzioni sono continue, cambia lo spessore e il peso dell’apparecchio, il contrasto viene migliorato per leggere più chiaramente, si aggiunge il wifi e la tecnologia touchscreen, per un totale di undici diversi
modelli dal 2006 a oggi. Varia anche il prezzo: il più economico venduto
finora, per soli 69$, è Kindle 5.
9) A. Buaiscia, “La breve storia degli ebook e dei suoi lettori” in ebook-reader.it,
04/04/2011. http://bit.ly/1Fo2on3 28
La storia del Kindle, modelli e prezzi, dal 2006 al 2014.
29
Kindle Unlimited. All-you-can-read?
Il successo di Kindle è destinato a crescere ancora grazie a Kindle Unlimited, lo streaming dedicato ai libri sul modello di Netflix e Spotify.
Il servizio è stato inaugurato a luglio 2014 negli Stati Uniti – a settembre
nel Regno Unito, ottobre in Germania, il 4 novembre in Italia.
Al costo di 9,99$ al mese (9,99€ qui da noi), permette di leggere contemporaneamente fino a dieci libri, scelti tra 700.000 titoli. Tra questi
rientrano anche gli ebook pubblicati da Amazon indipendentemente
dalle case editrici che detengono i diritti per i formati cartacei, e quelli
realizzati attraverso Kindle Direct Publishing (KDP), il programma di
autopubblicazione digitale aperto a tutti nel 2009. Il mese di prova è
gratis, e si può accedere anche a una lista di audiolibri.
Su amazon.it per ora ci sono solo 15.000 titoli in italiano: infatti i grandi
gruppi editoriali nostrani – Feltrinelli, Gruppo editoriale Mauri Spagnol
(GeMS), Mondadori e RCS – sono molto scettici a riguardo e infatti non
hanno aderito all’iniziativa10. Si presume che volendo attivare servizi
simili in proprio nel prossimo futuro, non abbiano intenzione di aiutare
la concorrenza. E probabilmente il fatto che il mercato del libro digitale
non sia ancora esteso come negli USA e in Germania, ha pesato nel
prendere questa decisione – che la colpa sia dell’analfabetismo digitale
dell’italiano medio o meno.
Tra le accuse mosse dal punto di vista dei lettori, la principale è quella
di inaccessibilità alle novità, come anche il numero limitato di opere
disponibili al momento11.
La critica vale anche per il servizio per come è negli Stati Uniti; infatti i
titoli di case editrici che hanno avuto contenziosi con Amazon (Penguin
Random House, Harper Collins, Simon & Schuster e Hachette) non sono
inclusi.
10) S. Parmeggiani, “I libri in streaming arrivano in Italia ma i big disertano” in
La Repubblica, 05/11/2014. http://bit.ly/1LBWAu4 11) Dal totale andrebbero sottratti gli ebook di opere appartenenti al pubblico
dominio, che possono essere scaricate gratuitamente da siti come la biblioteca
digitale liberliber.it. 30
Kindle Unlimited non è l’unico servizio di streaming letterario: in Francia esiste Youboox, in Germania Skoobe, in Spagna 24symbols, mentre
dagli USA arrivano Scribd e Oyster.
In Italia c’è Bookolico, o meglio, ci sarà: la startup torinese infatti è ancora in una fase di sviluppo del suo servizio.
L’idea alla base di questa versione italiana dello streaming è un approccio più simile al pay per view: la casa editrice infatti riceve una quota sugli abbonamenti, calcolata a partire dalle letture dei suoi libri. Un modo
di innovarsi restando più vicini all’editoria classica.
Amazon è un editore?
Il selfpublishing è la pubblicazione autonoma, di solito sul web, dei propri scritti. Andrew Wylie, noto agente letterario, durante un’intervista
lo ha paragonato al fenomeno dei cantanti sotto la doccia: spesso si credono artisti incompresi, ma in realtà non sono un granché12.
La definizione può sembrare un po’ estrema, soprattutto se si considera
che pubblicare sul web dà una possibilità anche a chi non ha i mezzi,
e le conoscenze per rivolgersi a un editore tradizionale. Può essere un
trampolino di lancio per farsi notare, e successivamente pubblicare con
una casa editrice.
A partire dal 2011, Amazon Italia offre la possibilità di autopubblicare
le proprie opere in formato ebook e audio attraverso KDP, o in formato
cartaceo tramite la piattaforma CreateSpace13. Nel giro di un giorno la
12) F. Rampini, “Wylie: «Amazon alla fine ti fermeremo»” in La Repubblica,
09/10/2014.
L’agente americano oggi si dichiara contrario alle strategie commerciali di
Amazon, ma nel 2010 sembrava dovesse dare vita a una collana di ebook, la
Odyssey Editions, in esclusiva su Kindle Store. L’iniziativa avrebbe previsto di
digitalizzare diversi classici contemporanei i cui diritti sono curati dalla Wylie
Agency, ma l’immediata reazione di Random House, che pubblicava su carta
gran parte di questi titoli, interruppe i lavori in corso. La collana ha poi preso
forma in modo diverso, e gli ebook che la compongono possono essere acquistati presso tutti i maggiori rivenditori online.
13) A. Rastelli, “Amazon, la campagna d’Italia” in Il Corriere della Sera,
31
pubblicazione è disponibile in tutto il mondo, senza passare tra le mani
degli editor, quelli che nell’editoria tradizionale bloccano i cantanti stonati, e selezionano i testi garantendo una certa qualità.
Nel selfpublishing, lo scrittore stesso è editore, tanto da essere definito
«publisher» nel contratto14 che firma chi utilizza KDP.
Ci sono delle regole, riguardanti i contenuti, che ci si impegna a rispettare: è vietata la pornografia e tutto ciò che possa risultare offensivo o
«disappointing».
Il divieto più curioso è quello di pubblicare testi che diano al cliente
un’esperienza non soddisfacente; cercando nel dettaglio cosa intenda
Amazon con questa espressione si scopre che fa riferimento a standard
basilari: assenza di refusi, linguaggio curato, immagini di qualità, formati compatibili e adatti ai dispositivi Kindle15. Quindi niente libri da
colorare per bambini, che peccato.
A differenza degli altri ebook, quelli pubblicati con KDP sono vicini ai
lettori che amano sostituirsi ai critici letterari per consigliare gli amici:
è infatti possibile per i clienti prestare i libri acquistati grazie a Kindle
Owners’ Landing Library (KOLL) - a meno che l’autore/editore non l’abbia espressamente vietato nel contratto16.
KOLL è un servizio offerto solo ai clienti Amazon Prime, e aderirvi, per
gli autori autopubblicati, rientra in una strategia di autopromozione
suggerita da Amazon, che comprende anche opzioni di vendita a prezzi
scontati per periodi limitati.
Con KOLL si prende in prestito un ebook (uno solo alla volta) per un
tempo indeterminato. La scelta è sempre tra 700.000 titoli17.
Esiste un’altra modalità, predisposta da Amazon, per prestare i libri, e in
07/07/2013.
14) https://kdp.amazon.com/help?topicId=A37Z49E2DDQPP3
15) https://kdp.amazon.com/help?topicId=A2TOZW0SV7IR1U
16) In questo caso però, l’autore/editore dovrà evitare di concedere tale diritto
ad altri distributori - altrimenti Amazon inserirà il libro nel circuito dei prestiti
senza chiedere ulteriori autorizzazioni.
17) http://www.amazon.com/gp/feature.html?docId=1000739811
32
questo caso si parla di Kindle Book Lending – un’espressione brandizzata per passare un libro a un amico. Le condizioni però sono rigide: il
prestito si limita a un massimo di 14 giorni, durante i quali il cliente che
presta non può visualizzare il libro digitale.
Negli USA il 25% dei titoli venduti per Kindle arriva da KDP, il che porta a pensare che forse qualche cantante potrebbe uscire dalla doccia e
mostrare il proprio talento al mondo. Allo scrittore senza editore, quello
ancora sulla porta del bagno, sorge una domanda legittima: «Io scrivo,
ma poi ci guadagnerò qualcosa?».
In realtà, vendendo il proprio libro attraverso il Kindle Store, si può guadagnare di più che pubblicando tradizionalmente. I prezzi degli ebook
vengono stabiliti dagli autori stessi, entro i limiti consentiti da Amazon,
che si riserva di aggiungere l’IVA18.
Per quanto riguarda i tassi di royalty, ci sono due opzioni: il 35% e il 70%.
Per avere diritto alla percentuale più alta bisogna soddisfare certi requisiti e condizioni aggiuntive. Il contenuto principale non deve essere
nel pubblico dominio, e ad Amazon deve essere garantito il diritto di
distribuirlo in ogni territorio possibile19. Soprattutto Europa, America, e
un terzo continente a scelta (passate i dadi rossi a Jeff).
Se ancora l’aspirante scrittore non è abbastanza sedotto da guadagni
che possono rivelarsi davvero alti, Amazon sfodera qualche altra carta
a suo favore.
Si tratta di programmi di marketing e promozione come Kindle Match-
18) https://kdp.amazon.com/help?topicId=A301WJ6XCJ8KW0
19) Nel caso l’opzione del 70% non sia disponibile nel territorio in cui viene
venduto il libro, la royalty viene calcolata moltiplicando il tasso relativo per il
prezzo di listino, cui vengono sottratti i costi di consegna (megabyte del file del
libro moltiplicati per la tariffa specifica di ciascun paese). Da ultimo, in caso si
sia scelta la royalty del 70%, Amazon si riserva di diminuirla nell’evenienza di
doversi adeguare ai prezzi della concorrenza.
33
Book20, Kindle CountDown Deals e Author Central21.
Gli iscritti al programma KDP possono anche dare un feedback ad Amazon, che però si riserva di utilizzare i suggerimenti senza limitazioni e
senza compenso per chi li ha forniti.
Un altro servizio offerto agli scrittori/editori KDP poi è l’applicazione
delle tecnologie DRM e geofiltering – quest’ultima permette di stabilire
quali clienti hanno diritto di acquistare i libri digitali in base al territorio
in cui effettuano l’ordine.
Infine, Amazon offre anche l’opzione KDP Select, che comporta prima
di tutto l’inclusione della propria opera in Kindle Unlimited e Kindle
Owners’ Lending Library. Aderendo al programma si concede il libro in
esclusiva ad Amazon, ottenendo in cambio la promozione dell’opera e
delle royalty aumentate al 70% per certi territori. Il programma ha validità di 90 giorni, ma si rinnova automaticamente salvo disdetta dell’utente.
L’unica clausola negativa del contratto è che in caso di controversia gli
autori non possono condurre una class action contro Amazon. Possono
portare la multinazionale dell’e-commerce in tribunale sì, ma senza associarsi tra loro.
Per contro, nulla vieta di vendere il proprio libro anche su altre piattaforme, in quanto se ne conservano i diritti d’autore.
A partire dal 2011, Amazon ha cominciato anche a distribuire i Kindle Singles. Si tratta di ebook pensati inizialmente per ospitare articoli
di long-form journalism, o comunque testi di non-fiction, di lunghezza
compresa tra le 5.000 e le 30.000 parole, grossomodo la lunghezza di un
romanzo breve. Il nome trae chiaramente ispirazione dai singoli musi20) Kindle Matchbook permette di avere a costo ridotto, o addirittura gratuitamente, un qualunque ebook di cui si possa dimostrare di aver acquistato la
versione cartacea.
21) Kindle CountDown Deals permette di applicare sconti per periodi limitati
ai propri ebook. Author Central invece consente la creazione di una pagina
dove l’autore può scrivere la propria biografia e presentarsi ai lettori.
https://kdp.amazon.com/help?topicId=A29FL26OKE7R7B .
34
cali.
Questi testi, però, a differenza degli ebook di KDP, subiscono un processo editoriale: infatti vengono curati dall’equipe di David Blum, già editor
e redattore di alcune celebri riviste, tra cui il New York Times Magazine,
Vanity Fair e The New Yorker.
I Kindle Singles pubblicati finora sono circa 700, e sono molto eterogenei: da opere di giornalisti affermati, a quelle di esordienti, il tutto senza
alcuna restrizione di genere. Gli unici testi che non vengono considerati
sono manuali, testi di pubblico dominio, opere enciclopediche, libri per
l’infanzia, guide turistiche e raccolte di racconti.
Lo scopo di Kindle Single sarebbe dare spazio a testi incompatibili con
i formati delle riviste tradizionali, lasciando alla storia il giusto respiro,
stando alla dichiarazione di intenti che si può leggere sulla pagina di
presentazione della collana22.
Per pubblicare un Kindle Single è necessario inviare ad Amazon il proprio manoscritto, o anche solo la presentazione dell’idea di base, ma è
anche possibile convertire in Kindle Single un testo già edito con KDP.
La redazione valuta la proposta e risponde entro sei settimane dall’invio.
Se l’opera viene accettata, è poi pubblicata e venduta a un prezzo compreso tra 0,99$ e 4,99$23.
Anche nel campo dell’autopubblicazione, l’Italia sembra volersi distinguere offrendo un’alternativa fatta in casa. Si tratta di narcissus.me,
piattaforma che consente di pubblicare le proprie opere in formato ebook e metterle in vendita nelle maggiori librerie online italiane e internazionali, incluse quelle di Amazon.
Non è possibile invece pubblicare con Narcissus se si è già clienti KDP
Select. In questo caso Amazon vuole l’esclusiva sulla tua anima, le tue
opere e i tuoi vecchi diari di scuola.
22) http://www.amazon.com/gp/feature.html?&docId=1000700491
23) Gli autori guadagnano in base al numero di copie vendute e al tasso di
royalty, per cui sono valide le solite opzioni del 35% e del 70%.
In ogni caso, la pubblicazione di un Kindle Single passa per KDP, dunque l’autore deve accettare le condizioni del medesimo contratto.
35
Infografica che mostra le differenze tra i tassi di royalty in funzione
della piattaforma di selfpublishing scelta dall’autore.
36
Ai confini della realtà Kindle
Il mondo del selfpublishing in casa Amazon24 è aperto a qualunque
scritto, anche a quelli che non avrebbero mai modo di raggiungere un
pubblico più vasto dei parenti e degli amici dello scrittore, o di oscure
community online: è il caso delle fanfiction, che non potranno mai essere pubblicate da case editrici per via della dichiarata violazione dei
diritti d’autore.
Per chi avesse passato la preadolescenza lontano dal computer, e non
sapesse nulla a proposito delle fanfiction: sono testi in cui i personaggi
non sono inventati dall’autore, ma provengono da altri universi narrativi, che siano libri, film, serie televisive, canzoni e chi più ne ha più ne
metta.
Ne esistono di vario genere e categoria: entrambi sono indicati subito
dopo il titolo, così che il lettore sappia chi sono i personaggi, se ci sono
incroci con altre storie, e così via.
Gli autori sono fan appassionati, che hanno letto tra le righe delle loro
opere preferite qualcosa che l’autore originale non ha scritto, o che vogliono dare una propria visione della storia, continuandola o raccontandone un possibile pregresso. Per non parlare di storie nella storia (quella principale), ed eventi modificati per aprire le strade del cosa sarebbe
successo se.
Insomma, chiunque ami alla follia un personaggio creato da qualcun altro e si inventi una vicenda che lo veda protagonista, crea una fanfiction.
E qui la faccenda si complica: non si può guadagnare da un libro che trae
così profonda ispirazione da un’altra opera (si chiama plagio, in quel
caso) a meno che questa non sia ormai nel pubblico dominio25.
Alcuni autori famosi sono contenti se i loro personaggi diventano protagonisti di altre storie, perché, se è vero che sono state scritte da fan, è
anche vero che vengono lette pure da chi della storia originale non sa
nulla, ma finisce per affezionarsi al personaggio e voler scoprire dov’è
nato. Gli altri lettori, quelli che già conoscevano la storia, finiscono per
essere ancora più coinvolti, ed è più probabile che comprino un eventua24) Almeno per quanto riguarda gli USA.
25) Si consideri a titolo di esempio il personaggio di Sherlock Holmes.
37
le secondo libro, o vadano a vedere un secondo film e così via.
Ci sono anche autori che, viceversa, sono contrari alla scrittura di fanfiction ispirate dai loro personaggi, anche per paura che la storia prenda
strade che blocchino eventuali sviluppi futuri.
Si identificano come fanfiction dei racconti più o meno lunghi, generalmente a puntate. Più che i libri per come li intendiamo oggi, assomigliano ai romanzi d’appendice tanto di moda nell’800. Che sia o meno un
ritorno al passato, Amazon è interessata a questo fenomeno, e non per
niente. Si stima che circa il 33% del materiale web riguardante libri sia
fanfiction.
I siti dedicati al genere sono moltissimi: il più grande è fanfiction.net, e
conta circa 8 milioni di pagine, oltre a un bacino che si aggira intorno ai
2 milioni di utenti26.
Dati questi numeri, è chiaro che Amazon abbia annusato possibilità di
guadagno: per questo nel 2013 ha creato Kindle Worlds.
Fino ad allora sussisteva un accordo informale tra autori e fan che permetteva a questi ultimi di pubblicare storie su universi narrativi già esistenti, a condizione che non fosse a scopo di lucro. Questo è uno dei
motivi per cui la maggior parte dei siti di fanfiction sono gratuiti, sia per
fan/autori che per fan/lettori.
Per Kindle Worlds, Amazon ha acquisito i diritti su alcune serie tv e
libri, di modo da poter offrire la possibilità di pubblicare fanfiction inerenti a essi, e venderle per un prezzo che varia tra 0,99$ e 3,99$.
Ma per pubblicare la propria fanfiction con Amazon è necessario firmare un contratto col quale si cede ogni diritto a Kindle Worlds, sia su
quanto tratto da altre storie, sia su quanto creato dal fan/autore stesso. E si cede insieme a questo diritto ogni copyright, la possibilità di
rinnovare, stampare, tradurre, riprodurre parzialmente o totalmente il
proprio lavoro. E ancora il diritto di produrre nuovi lavori che derivino
dal primo, quelli su nuovi mondi o personaggi creati e perfino quello di
26) P. Kowalczyk, “15 most popular fanfiction websites” in ebookfriendly.com,
08/11/2014.
http://ebookfriendly.com/fan-fiction-websites/
38
pubblicare la storia su qualunque altra piattaforma, anche gratuita.
Manca giusto l’anima per avere il pacchetto completo.
Il guadagno in questo caso varia a seconda delle parole scritte e al netto
delle entrate27.
Alla fine lo scrittore di fanfiction potrebbe pensare che forse i personaggi stavano meglio nel suo cassetto, dove non guadagnavano un soldo,
ma erano ancora di sua proprietà.
Non sempre clienti soddisfatti
Nonostante la continua evoluzione, anche con i Kindle c’è stato qualche
problema. Il caso forse più famoso è quello riguardante Orwell e i suoi
capolavori, “Animal farm” e “1984”.
Il 16 luglio del 2009 le copie elettroniche di queste opere sono state
rimosse dai Kindle di coloro che le avevano acquistate, senza nessun
preavviso28. Solo una mail di notifica di avvenuto rimborso, permise a
coloro che non stavano leggendo i testi in quel momento di scoprire il
fattaccio.
Alle domande dei lettori, Drew Herdener, portavoce di Amazon, rispose
dicendo che quegli ebook erano stati messi in vendita da un editore digitale, la MobileReference, che non possedeva i diritti necessari.
Herdener si scusò per il disagio, affermando che in effetti non era gentile
frugare tra le librerie altrui senza preavviso, ma si giustificò dicendo che
l’irregolarità era stata segnalata, e non si poteva fare altrimenti. Infine,
assicurò ai clienti che avrebbero intensificato i controlli per evitare casi
analoghi.
Al di là del singolo avvenimento, questa è stata la dimostrazione che il
network wireless col quale si sincronizzano i Kindle ha anche il potere
di cancellare la memoria dei singoli dispositivi.
Sembra quasi lo scherzo di un hacker, se si considera che a essere coinvolti sono un colosso economico e opere distopiche come “1984” e “Ani27) https://kindleworlds.amazon.com/how .
28) B. Stone, “Amazon Erases Orwell Books From Kindle” in The New York
Times, 17/07/2009, http://www.nytimes.com/2009/07/18/technology/companies/18amazon.html?_r=1& .
39
mal Farm”. Anche perché se negli USA i libri di Orwell resteranno fuori
dal dominio pubblico fino al 2044, in paesi come l’Australia sono gratuitamente fruibili da tutti su diversi siti: parrebbe proprio una dimostrazione di protesta contro le leggi sul copyright.
Sembra inoltre che questo non sia stato il primo caso di ebook eliminati:
nell’area discussione che Amazon mette a dispozione dei clienti, alcuni
utenti hanno segnalato la sparizione dei romanzi di Ayn Rand, e alcuni
capitoli della saga di Harry Potter. Anche in questi casi però si trattava
di copie illegali, sostiene Amazon29.
Qualcosa di simile è quanto avvenuto a Linn, cliente norvegese di Amazon, alla quale nell’ottobre 2012 venne cancellata sia la memoria del
Kindle, che l’account sul sito30. Chieste spiegazioni, si sentì rispondere
che il suo account era stato eliminato per via di attività illecite di un
altro utente che risultava legato ad esso.
Le ulteriori richieste di chiarimenti non ricevettero alcuna risposta utile
a comprendere quanto fosse effettivamente successo. Tutto ciò che Linn
ha ottenuto è stato un invito a “rivolgersi a un rivenditore più adatto a
soddisfare le sue necessità”.
Questo caso richiama l’attenzione su una domanda che forse non tutti i
possessori di e-reader si sono posti: quando si compra un ebook, si compra un libro o una licenza di utilizzo di un libro?
Pronti a kindolizzarci? Forse ci sono delle alternative
In generale, in Italia, il mondo Kindle è molto poco noto. Non tutti conoscono i Kindle Singles, Kindle Worlds e tutta la libreria di audiolibri. Da
noi non sono diffusi i Kindle Textbook, libri scolastici che potrebbero in
futuro sostituire le costose versioni cartacee.
Se le innovazioni nate dalla creatività di Bezos non sono ancora arrivate,
è probabilmente per via delle differenze tra il mercato europeo e quello
americano.
In particolare in Italia, la maggior parte dei lettori è all’antica, e si parla
29) http://amzn.to/1A3mVso
30) Questa storia è raccontata in tutti i dettagli in questo post:
http://www.bekkelund.net/2012/10/22/outlawed-by-amazon-drm/ .
40
molto della salvaguardia delle librerie tradizionali, dove si possono toccare i libri con mano e vagare tra gli scaffali, per poi magari farsi dare
dei consigli a voce.
Per costruire un ponte tra questo piccolo mondo antico e la realtà digitale, in Germania è nato tolino31, e-reader e piattaforma per l’acquisto
di ebook. La peculiarità di questa iniziativa, voluta dalla Deutsche Telekom, è data dall’alleanza coinvolta nel progetto: catene librarie e grandi distributori, insieme a un network di librerie indipendenti.
L’esperimento è stato già esportato in Svizzera, Belgio, Austria32, e dal
18 novembre 2014 l’Italia, grazie alla complicità di IBS e Messaggerie
Italiane, la holding editoriale di cui fa parte GeMS.
Infatti, a metà novembre 2014, l’e-reader tolino è stato lanciato sulla libreria online ibs.it. Le librerie italiane che vorranno entrare nel network,
possono ora vendere non solo e-reader, ma anche ebook nelle loro sedi
fisiche, grazie alla piattaforma realizzata da Deutsche Telekom.
A ogni libraio sarà riconosciuta una percentuale per ogni libro digitale
venduto.
Stando alle parole di Alberto Ottieri, AD delle Messaggerie Italiane, questo sistema consentirà una maggiore privacy perché «i dati del cliente
saranno conosciuti solo dal libraio»33.
La speranza è che la vendita di ebook via libraio incentivi anche il commercio dei libri cartacei. Inoltre, la concorrenza risulterà naturalmente
stimolata dall’entrata in gioco di questo nuovo attore, di fianco a Kindle
– venduto peraltro nelle librerie Giunti – e a Kobo, l’e-reader adottato
nei punti vendita di Feltrinelli e Mondadori.
Un esperimento simile è già stato fatto in Gran Bretagna34: si tratta di
31) Il nome inizia davvero per t.
32) L. Ferro, “Tolino sfida Amazon in Italia grazie a Ibs. In arrivo i modelli Shine e Vision2” in Il Fatto Quotidiano, 22/10/2014.
http://bit.ly/1oxGlqN
33) G. Lonardi, “Non più solo libri tradizionali le librerie venderanno gli e-book” in La Repubblica, 03/11/2014.
http://bit.ly/1ApnDFs
34) C. Buquicchio, “Librerie di quartiere, così Parigi e Londra sfidano Amazon”
41
My Independent Bookshop35, una piattaforma creata da Penguin Random House in collaborazione con una rete di librerie.
Sul sito si possono ordinare sia ebook che libri cartacei presso il proprio
negozio di fiducia, dove vengono recapitati, generando profitto anche
per il libraio. Al momento hanno aderito 400 librerie, mentre un network
simile nato a Parigi36 ha coinvolto circa 500 esercizi su iniziativa degli
stessi commercianti della città.
Quel che è sicuro, nativi digitali o meno, è che in Italia gli ebook si stanno diffondendo, almeno un po’.
I dati ISTAT sul biennio 2012-201337, infatti, rivelano che oltre il 21% delle opere pubblicate sono state rese disponibili anche in formato digitale,
e nel caso dei testi scolastici la percentuale sale fino al 65,2%. Si tratta di
più di 12.000 titoli, altrimenti traducibili in una discreta somma di alberi
non abbattutti.
Nonostante questo sforzo delle case editrici però, solo il 9,1% della popolazione con più di sei anni ha dichiarato di aver scaricato o letto almeno un ebook. In questo numero bisogna considerare una buona fetta
di lettori troppo anziani per abituarsi agli e-reader, perché hanno poca
dimestichezza con computer e device elettronici.
Per cercare di incentivare le giovani generazioni a leggere in digitale, già
nel 2012 un quinto degli ebook pubblicati è stato integrato con contenuti
extra rispetto all’opera stampata.
Secondo gli editori italiani, i lettori che preferiscono il formato digitale
lo fanno per diverse ragioni: in primo luogo il prezzo, a seguire la comodità di trasporto, mentre i contenuti multimediali aggiuntivi hanno un
peso minore. Pare dunque che i presunti nativi digitali siano diffidenti a
in La Repubblica, 05/11/2014.
http://bit.ly/1ErC1OZ
35) myindependentbookshop.co.uk . 36) parislibrairies.fr . 37) Rapporto ISTAT “La produzione e la lettura dei libri in Italia 2012-2013”,
http://www.istat.it/it/archivio/108662 .
42
troppe novità tutte insieme.
A loro volta, coloro che dichiarano di non apprezzare gli ebook motivano questa antipatia con le seguenti argomentazioni: lamentano la scarsa
alfabetizzazione informatica e l’immaterialità del libro digitale, oltre al
costo del dispositivo di lettura.
Era scontato che la maggior parte dei lettori di libri elettronici fossero
giovani, tra i 20 e i 24 anni, mentre la percentuale cala drasticamente tra
gli over 35. Ma se è comprovato che le donne leggono più degli uomini,
con gli ebook il cromosoma Y si prende la sua rivincita, superando le
signore di ben due punti percentuali.
Altro dato piuttosto prevedibile è che vengono acquistati più ebook da
chi possiede già molti libri cartacei, ma il 5,2% di coloro che hanno scaricato ebook ammette di non avere neppure un libro in casa. Un numero
ancora piccolo, ma che fa ben sperare nella diffusione della cultura e
forse renderebbe contento Michael Hart.
43
Infografica che riassume i dati più importanti per descrivere il rapporto
tra editoria italiana e ebook.
44
Di cosa parliamo quando parliamo di ebook, Amazon e tasse
Un’altra questione spinosa è quella dell’IVA imponibile sugli ebook, fino
a poco tempo fa fissata al 22% in Italia38.
Nel 2013 è stato rilevato che i libri digitali venduti dalle grandi compagnie internazionali godono di una fiscalità ridotta, quindi sembrava
logico adottare una misura conseguente per quelli prodotti in Italia. Nel
maggio 2014 si è valutata la possibilità di ridurre l’IVA sugli ebook al
10%, ma si è preferito temporeggiare per non infrangere una normativa
dell’UE, come è successo a Francia e Lussemburgo39. È infatti una direttiva europea a controllare queste percentuali.
Gli editori hanno chiesto di rendere equivalente l’IVA di ebook e libri
cartacei così da poter competere con i distributori stranieri come Amazon, che ricorrendo a sistemi di ottimizzazione fiscale si sottraggono almeno in parte al pagamento delle imposte. Da gennaio 2012 Amazon ha
imposto, in tutto il territorio dell’UE, l’IVA lussemburghese, sui propri
ebook.
Secondo gli editori, anche a causa di questa differenza rispetto all’IVA,
su 100 libri venduti in Italia solo 2 sono in formato elettronico – contro
i 25 degli USA40.
Il motivo per cui nel nostro paese l’IVA applicata agli ebook era del 22%,
è che i libri digitali erano equiparati a videogiochi, nonostante anche il
più analogico degli italiani potrebbe far fatica a trovare il nesso.
A inizio gennaio 2015 però la situazione si è ribaltata: il Ministro della
Cultura Dario Franceschini ha annunciato il cambiamento di rotta con
un tweet.
38) Per i libri cartacei è molto più bassa, al 4%.
39) “Ebook, Franceschini rilancia: abbassare Iva al 4%, ma serve posizione comune Ue” in Il Sole 24 Ore, 17/08/2014. http://bit.ly/1DOli9z In Francia la tassazione è al 5%, in Lussemburgo al 3%.
40) Interessante notare come negli Stati Uniti l’IVA sugli ebook sia nulla, come
stabilito dal governo federale. Al contrario, la tassazione sui libri cartacei è materia di decisione dei singoli stati.
45
Tweet del Ministro Franceschini che annuncia la riduzione della tassazione sugli ebook l’ultimo giorno del 2014.
Già dalla fine di ottobre, Franceschini e gli editori italiani rappresentati
dall’AIE, avevano cercato l’appoggio del grande pubblico attraverso i
social network con la campagna #unlibroèunlibro41. Lo scopo era creare
consenso intorno all’emendamento alla legge di stabilità che avrebbe
consentito di cambiare l’IVA sugli ebook.
La speranza del Ministro è che la nostra disobbedienza possa far cambiare idea a chi, da poco, ha confermato la differenza fiscale tra libri e
ebook: infatti la direttiva relativa non è stata messa in discussione dal
Consiglio dei ministri europei della Cultura, che si è riunito il 25 novembre 2014. Se però nessuno cambierà opinione dovremo aspettarci di
incappare a breve in una procedura di infrazione della Corte di Giustizia
Europea, come i nostri compagni di marachelle, Francia e Lussemburgo,
che ancora aspettano la sentenza.
41) http://www.unlibroeunlibro.org/
46
Secondo Alessandro Gazoia42, esperto di giornalismo, informatica e media rendersi conto che un ebook non è un videogioco, ma può essere il
medium digitale con cui diffondere opere letterarie è solo il primo step
della riflessione sulla tassazione dei libri e dei cosidetti prodotti culturali.
In primis, il libro tradizionale ha goduto finora di una tassazione privilegiata in quanto merce diversa dalle altre, non solo in quanto dotata di
valore culturale, ma soprattutto per via della particolarità dell’industria
libraria: l’editore a differenza del comune imprenditore non ha modo di
sapere se il suo ultimo prodotto avrà un mercato, rischia molto di più,
perché non ha una maniera scientifica per determinare se il suo gusto
sarà approvato dal pubblico. Il sistema delle rese inoltre complica maggiormente la situazione.
Il libro tradizionale novecentesco ha dietro di sé appunto un’industria,
e dunque spese necessarie per realizzarlo: anche se un ebook è un libro,
non ha certo costi di produzione comparabili a quelli di un libro cartaceo.
Se però si assegna un significato di promozione culturale al valore più
basso dell’IVA, non possiamo distinguere tra libro cartaceo e digitale,
su questo punto siamo tutti ragionevolmente d’accordo. Eppure si può
dire che #unlibroèunlibro quando si considerano contemporaneamente
la raccolta delle barzellette di Totti e “La casa in collina” di Pavese? Le
versioni cartacee di queste due opere non sono trattate in modo diverso
l’una dall’altra dal punto di vista fiscale.
Infine è necessario tenere conto del fatto che in Italia si vendono ancora
pochi ebook – e spesso tramite Amazon, che l’IVA la paga in Lussemburgo. La maggioranza dei lettori forti italiani continua a preferire il
cartaceo, e verosimilmente non sarà certo l’abbassamento dell’IVA sugli
ebook a convincere gli altri 56 milioni di cittadini, che abitualmente non
leggono. Per loro l’AIE dovrà elaborare ben più di una serie di campagne
su Twitter.
42) A. Gazoia, “A parte l’iva, perché in Italia gli ebook non vendono?” in
internazionale.it, 26/11/2014. http://bit.ly/1DYMSP4
47
Altro tweet di Franceschini, datato 4/12/2014, giorno in cui il Ministro
ha tenuto una lectio magistralis di fronte agli studenti tutti della Scuola
Holden, a Torino.
48
Capitolo III
Amazon vs il resto del mondo
Le case editrici – quelle brutte cattivone (?)
Venerdì 23 maggio 20141 la stampa anglosassone ne ha dette delle belle
sul caso: pare che Amazon abbia reso difficoltose le consegne e le prevendite dei libri dell’editore Hachette. Così come i grandi centri commerciali spostano i prodotti dagli scaffali a seconda dei rapporti con i
produttori – tanto che dove ieri trovavamo le Gocciole™ originali oggi
abbiamo i Gocciolotti e domani i Goccioloidi – tra le modalità che il
colosso dell’e-commerce avrebbe utilizzato per i suoi scopi abbiamo sul
gradino più alto del podio un aumento dei prezzi, medaglia d’argento ai
ritardi nelle consegne, e last but not least la scomparsa della possibilità
di acquisto delle edizioni tascabili da parte dei clienti.
– E le Gocciole™?
– Le Gocciole™ niente, se hai fame riempi il carrello di Goccioloidi.
– Mmm, boooni quelli.
La casa editrice Hachette – quanto mai scaltra – ha percepito un certo
senso di disagio, non fosse altro per il tentativo di Amazon di alzare l’asticella degli sconti sui prodotti dal 30% al 50%. E così Michael Pietsch,
amministratore delegato di Hachette Book Group, ha avanzato qualche
dubbio su un’eventuale smania di denaro del gruppo Amazon: i libri
costano il giusto, è il colosso delle vendite online che pensa soltanto a
riempire il carrello dei clienti all’inverosimile.
Jeff Bezos ha concesso all’ex compagno di merende nº 96 ore di tregua
dall’uscita degli articoli sui giornali, prima di annunciare in una letteri1) “Lo scontro fra Amazon e Hachette” in ilpost.it, 24/05/2014.
http://bit.ly/1DYMos4
49
na2 sul proprio sito che da quel momento i prodotti di Hachette non sarebbero stati reperibili come prima presso amazon.com, e nello specifico
l’acquisto di titoli sarebbe diminuito, con un’interruzione dei preordini
sui lavori pubblicati in futuro. Nel caso di mancanza del prodotto richiesto, avrebbero inoltrato l’ordine ad Hachette, ma la lunghezza dei tempi
sarebbe dipesa dalla casa editrice.
Dato che la maggior parte del lavoro di rivenditori consiste nel negoziare con i fornitori per ottenere condizioni accettabili, Amazon non
ha voluto sottostare ad alcune richieste, anche perché è compito di un
rivenditore far fruttare gli articoli dei fornitori – piuttosto che nasconderli, o non possederli proprio.
Il messaggio si chiudeva con la dichiarazione che la proporzione degli
ordini compromessa dall’inconveniente sarebbe stata di undici prodotti
su un migliaio, e che se il cliente avesse avuto necessità di uno di questi
titoli molto in fretta, avrebbe potuto rivolgersi alla concorrenza.
– Ma insomma le Gocciole™?!
– Le Gocciole™ arriveranno, forse.
– Ma io le voglio adesso...
– Sei libero di servirti altrove.
Lo stesso Pietsch ha risposto dopo le successive dichiarazioni ufficiali di
Amazon, che consigliavano di scrivere direttamente al CEO di Hachette
invitandolo ad abbassare il prezzo degli ebook. Dall’editore è giunta una
nota di risposta, con la quale si è ricordato al distributore che Hachette
opera in buona fede, e contenstualmente ha suggerito alla controparte
di ritirare le sanzioni nei confronti dei suoi autori.
Le dichiarazioni hanno sensibilizzato l’opinione pubblica3 sul ruolo delle
case editrici che, stando al fervore di Pietsch, credono in ogni singolo
libro che producono al punto da anticipare molto denaro, al contrario di
chi è solo interessato a lucrare il più possibile.
2) http://amzn.to/1rfVTA3
3) O meglio, chi ne fa le veci.
50
Diversi paesi sono corsi ai ripari. Il mercato librario francese godeva già
di una discreta protezione garantita dalla legge Lang4, in vigore da più
di trent’anni. L’avvento di Amazon ha costretto il paese a ritoccare il
decreto, che per l’appunto è stato definito ‘Legge Anti-Amazon’5.
Il provvedimento originale impediva ai rivenditori di accordare più del
5% di sconto sui libri nuovi (quelli per cui non sono trascorsi i primi
nove mesi dalla pubblicazione), rispetto al prezzo di copertina fissato
dall’editore. A questo si aggiungeva il fatto che la consegna non poteva
essere gratuita, e gli eventuali sconti sulla stessa dovevano rientrare nel
tetto massimo sopracitato.
La Legge Anti-Amazon, promulgata l’8 luglio 2014, vieta la concomitanza dello sconto sulla vendita del titolo con la spedizione gratuita (ma
gli abbonati ad Amazon Prime pagano proprio per avere un servizio di
consegna rapido ed economico) e rientra nel nuovo piano del Ministero
della Cultura e delle Comunicazioni, volto a garantire uno stanziamento
di fondi (11 milioni di euro) a salvaguardia della piccola editoria, affinché si unisca in consorzi.
Anche in questo caso Amazon è stata solerte nell’adeguarsi6 alle disposizioni, e ha fissato il prezzo delle sue spedizioni: un centesimo di euro
per ordine7.
Se a questo si aggiunge che in Francia il 70% dei prodotti in vendita su
Amazon è sul mercato da più di un anno – e non è quindi protetto dalla
legge Lang – possiamo avere un’idea meno sommaria del danno che
questi decreti avrebbero inflitto al distributore. E si parla del paese che
ha sempre vantato il principio d’eccezione culturale come raison d’être:
i prodotti culturali non sono assoggettabili alle leggi di mercato vigenti
per altri tipi di merci. I libri sono altro. Finissima sapienza. Ecumenica
4) http://bit.ly/1wXTFn3
5) S. Cosimi, “La Francia approva la legge anti-Amazon: «Un’idea di Paese»” in
Wired, 27/06/2014. http://bit.ly/1G1pjF6
6) M. Shedlock, “Amazon fa pagare un centesimo per il trasporto adeguandosi
alla normativa sulle spedizioni della Francia[...]” in thenextwave.it, 22/07/2014.
http://bit.ly/1M8OsQ6
7) Jeff pesca un cartoncino «Esci gratis di prigione».
51
dottrina.
Parbleu.
Il gigante dell’e-commerce e il baluardo degli scrittori (cioè Hachette)
si sono riappacificati il 13 novembre 2014, in tempo per organizzare un
pranzo di Natale tutti insieme. E soprattutto per impacchettare tanti libri
da mettere sotto l’albero.
David Naggar, vicepresidente di Kindle Content, ha parlato a nome di
Amazon definendo l’accordo «una vittoria per lettori e autori»8, mentre
Pietsch ha annunciato «ottime notizie per gli scrittori».
Nessuno dei due ha fatto riferimento a compromessi; eppure, come in
ogni accordo, è di questo che si è trattato. Hachette sarà libera di stabilire i prezzi dei propri libri, ma stando a Naggar, l’editore sarà incentivato
da particolari condizioni garantite da Amazon a tenere i prezzi bassi. La
natura di queste particolari condizioni non è dato conoscerla, ma pare
che, tra i due contendenti, sia stato Bezos a cedere9.
La decisione potrebbe essere stata causata dalla crescita deludente delle
vendite di libri, film e musica da fine ottobre. Amazon continua a controllare circa la metà del mercato editoriale in America, ma non rallentava così da oltre cinque anni.
Per contro, le vendite di Hachette in America sono calate del 18,5% nel
terzo trimestre rispetto all’anno precedente. E se questo non fosse bastato a spingere l’editore a riappacificarsi con Bezos, Pietsch ha rassicurato
che la loro percentuale di royalty non si sarebbe abbassata con il nuovo
accordo10.
L’opinione dell’Economist è che la pace potrebbe essere solo temporanea, e il conflitto potrebbe riaccendersi ai primi disaccordi, o quando
altre case editrici chiederanno le stesse condizioni ottenute da Hachette.
8) “Frozen conflict. The deal between two firms is unlikely to end the dispute
over e-books” in The Economist. 14/11/2014. http://econ.st/1A0olFm
9) Jeff pesca un imprevisto: fate tre passi indietro (con tanti auguri). Vauhini
Vara, “Why the Amazon-Hachette deal is likely good for writers and publishers” in The New Yorker, 14/11/2014. http://nyr.kr/1x39fk8
10) Anche perché più inutile di quella rimane solo la Società Acqua Potabile.
52
Negli USA, durante il periodo in cui si è svolta la disputa, il gruppo di
scrittori denominatosi Authors United11, in seguito a un lungo dibattito, intendeva chiedere al Dipartimento di Giustizia di investigare se la
condotta di Amazon si scontrasse con la legge antitrust. Sui giornali,
in seguito, si è discusso a lungo se Amazon detenesse il monopolio del
mercato del libro.
Secondo Mike Shatzkin, analista del settore editoriale, i prezzi degli
ebook non devono scendere troppo per evitare di danneggiare ulteriormente le vendite dei cartacei, e in particolare degli hardcover, le prime
edizioni, quelle con copertina rigida, che arrivano a superare il doppio
del costo del formato digitale12. La vendita di queste edizioni, nonostante
siano più costose da produrre, giustifica la frazione di guadagno delle
case editrici. Shatzkin ritiene inoltre che gli autori siano favoriti quando
lo sono gli editori: gran parte del guadagno di chi scrive deriva, infatti,
dagli anticipi13, non dalle vendite.
Inoltre, le royalty percepite sono più alte per gli hardcover che per gli
ebook. Gli autori, specie se non da bestseller, sono quindi molto favoriti
dal modello di editoria tradizionale, che potrebbe sparire con le case
editrici14.
Il Pomo della discordia. USA vs Apple
Vale la pena aprire un capitolo a parte per il confronto legale fra Amazon e l’azienda informatica Apple, conclusosi il 10 luglio 2013, che ha
visto la società di e-commerce avere la meglio non solo sulla Mela, ma
anche e soprattutto sui più grandi gruppi editoriali statunitensi invischiati nella faccenda15.
11) authorsunited.net .
12) David Streitfeld, “Amazon and Hachette resolve dispute” in The New York
Times, 14/11/2014. http://nyti.ms/1yCILUJ
13) Succosi come una notte in albergo a Parco della Vittoria.
14) Un po’ come la sorte del Monopoli a Cuba, sottoposto a bando fin dagli
inizi del governo di Castro, perché troppo vicino al modello capitalistico.
15) A. Robertson, “Apple guilty of ebook price fixing, rules federal court” in
53
Con l’immissione nel mercato dell’iPad, sull’onda dell’entusiasmo per il
nuovo dispositivo, l’allora amministratore delegato della società Steve
Jobs suggerì al responsabile dei software di contattare i grandi magnati dell’editoria (Hachette, HarperCollins, Macmillan, Simon & Schuster,
Penguin, Random House – ovvero i Big Five, quando ancora erano sei16),
con l’intento di offrire uno spazio di vendita ai loro prodotti all’interno
dell’iBook Store di Apple.
Fino a qui tutto normale; il mercato degli ebook avrebbe visto fronteggiarsi da una parte il modello Wholesale (cioè all’ingrosso) di Amazon,
in cui gli editori pagano la metà del prezzo di copertina per un libro e
poi consentono ai rivenditori di stabilire quello di vendita, e il nuovo
modello Agency di Apple, in cui è l’editore a fissare il prezzo17.
Ma allora perché, a distanza di qualche anno, Apple e soci sono stati
costretti a pagare fior di milioni per aver violato le leggi antitrust18? Abbiamo sei grandi editori che lamentano il modello imposto da Amazon,
un’offerta da parte di Steve Jobs che garantisce introiti sostanziosi, e un
dispositivo di prossima commercializzazione che si sarebbe diffuso in
tutto il pianeta alla velocità della luce. Unirsi in consorzi non è proibito
dall’antitrust, ma dal momento che questo accordo marciava verso la
creazione di una massa critica concorrenziale sufficientemente ampia
da obbligare Amazon ad aumentare i prezzi che aveva fissato a 9,99$
da tempo, possiamo parlare di conversione coatta del proprio business.
L’obiettivo a lungo termine sarebbe stato quello di creare un mercato
mainstream di ebook dal prezzo oscillante tra i 12,99$ e i 14,99$.
Tutti i gruppi editoriali sono stati costretti a patteggiare, visto che gli
The Verge, 10/07/2013. http://bit.ly/1EiK5D3
16) Nel 2013 è nata Penguin Random House dalla fusione delle ultime due
dell’elenco.
17) Fu lo stesso Jobs a dichiarare: «Si imposta il prezzo, otteniamo il nostro 30%
per ogni commissione, e sì, il cliente paga un po’ di più, ma questo è ciò che si
desidera in ogni caso».
18) B. Van Voris, A. Satariano, D. McLaughlin, “Apple Faces Damages Trial
Over E-Book Antitrust Violation” in Bloomberg, 10/07/2013.
http://bloom.bg/1DPxv8W
54
eventuali danni inflitti dalla corte avrebbero superato di gran lunga i patrimoni netti delle società (Macmillan avrebbe dovuto pagare 20 milioni
di dollari, Penguin 75). Il giudice ha disposto che gli editori avrebbero
dovuto riaffacciarsi al modello Wholesale19 seguito dal rivenditore Amazon, in un’ottica di mercato aperto.
Solo Apple non si è arresa, e non lo ha fatto nemmeno dopo la sentenza,
preparandosi a replicare con un ricorso: «Apple non ha complottato per
determinare i prezzi degli ebook, e continuerà a lottare contro queste
false accuse» ha spiegato in una nota Tom Neumayr, il portavoce della
società di Cupertino, «quando nel 2010 abbiamo introdotto l’iBook Store, abbiamo dato ai consumatori più scelta, portando nel mercato una
tanto necessaria innovazione e competizione, rompendo il monopolio di
Amazon nel settore editoriale».
Sarà, ma nel frattempo cominciano ad arrivare le richieste di risarcimento da parte dei consumatori di 33 stati americani: 840 milioni di dollari
da spartirsi fra gli aderenti alla class action contro la Mela.
Allora protestiamo! Sì, ma pro o contro?
Scrivere per Amazon sembra un’esperienza meravigliosa, almeno finché
si ha uno zoccolo piuttosto nutrito di lettori dalla propria parte. È il caso
di Vincent Zandri, autore per Thomas & Mercer (una delle case editrici
di Amazon), il quale, forte dei 30.000 dollari che gli vengono versati alla
firma del contratto per il prossimo libro, sostiene che Amazon sa come
trattare gli scrittori20. Il fatto che i suoi lavori non si trovino nelle librerie
19) «Nel caso del modello Agency l’autore stabilisce il prezzo dell’ebook che
sarà esattamente quello che vedranno gli utenti nelle vetrine degli store dove
è in vendita. [...] Accanto al modello Agency c’è il modello Wholesale [...] che
funziona secondo una logica differente. L’autore stabilisce un prezzo di listino,
rispetto al quale lo store gli corrisponderà una percentuale differente. [...] Inoltre, lo store sarà libero di rivendere l’ebook ai propri clienti al prezzo che riterrà
più opportuno (ad esempio anche a un prezzo più basso).» dal sito di Narcissus,
service di selfpublishing. http://bit.ly/17UXhQn.
20) D. Streitfeld, “Amazon, a Friendly Giant as Long as It’s Fed” in The New
York Times, 13/07/2014. http://nyti.ms/W7jDZu
55
New York. Prima che arrivasse Apple era l’unica Grande Mela
per gli editori americani.
56
in cui si entra da una porta e non da un browser non lo disturba più di
tanto.
Noi gli crediamo. E vale lo stesso per Hugh Howey, scrittore di fantascienza che ha raggiunto la fama grazie a KDP. A luglio 2014, Howey
ha lanciato una petizione21 a nome Writers&Readers, firmata da più di
8000 persone.
Fra le ragioni della protesta, al di là del monopolio esasperante delle Big
Five che pare finalmente incrinato, figura l’etica e l’umiltà di Amazon
nel non arrogarsi il diritto di valutare la qualità di un libro, lasciando
liberi i lettori di leggere ciò che preferiscono, e i clienti di acquistare
quello che vogliono.
Secondo Howey, Hachette voleva garantire lo status-quo, fissando il
prezzo dell’ebook più in alto della stessa copia cartacea. La frase più
eclatante fra le sue dichiarazioni22 riguarda l’eventualità che gli sconti di
Amazon non avrebbero alcun effetto su autori ed editori, che verrebbero
comunque pagati a prezzo pieno.
Quello che preme ai Big Five sarebbe in buona sostanza non far sedere
un sesto commensale, per giunta dalle idee così liberali, al tavolo dei
grandi:
• libri introvabili accessibili per tutti;
• servizio mirato ai rural readers che non hanno accesso alle librerie;
• attacco diretto al vecchio monopolio editoriale, chiuso ed elitario;
• autori pagati fino a sei volte il corrispettivo canonico.
Anche l’associazione Authors Guild23, che ha sempre avuto come scopo
quello di difendere gli interessi degli scrittori per tutelare il copyright,
ottenere dei contratti onesti e assicurare la libera espressione, si è interessata all’argomento.
21) http://chn.ge/1lw8o8s
22) «Potreste non esservene resi conto, ma quando Amazon sconta dei libri,
gli autori (e Hachette) vengono ancora pagati per il prezzo pieno. I libri in
sconto di Amazon non danneggiano affatto autori o editori. Al contrario, i libri
in sconto di Amazon aiutano autori e editori a vendere un maggior numero di
copie, che allo stesso tempo guadagnano lo stesso prezzo percentuale».
23) authorsguild.org .
57
Nel monitorare l’andamento della disputa con Hachette, ad esempio, ha
preso le distanze dall’editore: Roxana Robinson, presidente dell’associazione, ha sostenuto di ritenere un obiettivo fondante il raggiungimento
di una royalty superiore al 25% per gli autori dalla vendita di ebook.
In un post24 del 13 agosto 2014 sul blog dell’associazione, la sua voce ha
assunto però un tono meno parziale: argomentava che finché nessuno
avesse saputo cosa stesse accadendo veramente, non sarebbe stato possibile esprimere un giudizio, ma Amazon avrebbe dovuto prendersi cura
degli autori.
Inoltre, avanzava un dubbio sull’eventualità che il distributore non stesse più cercando di difendere il proprio diritto a vendere i titoli al prezzo
preferito, ma piuttosto di obbligare gli editori a vendere loro i libri a
cifre insostenibili.
Tornando al frangente leso, che cosa può fare uno scrittore che ha invece il proprio testo in vendita su Amazon, e la cui casa editrice si trovi in
cattivi rapporti con il distributore?
Lo scrittore di gialli e thriller Jeffery Deaver ha dovuto affrontare il problema, e in un post sul suo account Facebook25 ha avvisato i lettori che
chiunque avesse intenzione di acquistare i suoi libri su amazon.com li
avrebbe trovati più cari del previsto. E non solo, sarebbero stati aggiunti
anche dei banner pubblicitari che sponsorizzavano altri titoli dello stesso genere a prezzo scontatissimo.
Randy Miller, che ha lavorato per Amazon dal 1999 al 2006, racconta
delle cene con alcuni scrittori i cui libri erano in vendita su Amazon,
ma pubblicati da terzi, e di come questi aggiornassero costantemente la
pagina web del proprio libro, per paura che sparisse a causa degli screzi
tra le corporation.
«Si avvisa la gentile Clientela che le Gocciole™
non sono mai esistite.
Grazie.»
24) http://bit.ly/1ALKPcv
25) http://on.fb.me/1ALKPt0
58
E questo è ancora niente, se paragonato agli episodi occorsi in Germania. Le richieste che Amazon aveva proposto ad Hachette vengono inoltrate all’editore Bonnier con la formula combinata Ctrl+C → Ctrl+V.
In questo caso il prezzo che il distributore americano vorrebbe scontare
è quello sugli ebook, ma il risultato non cambia: Bonnier Group non
concede questo tipo di mediazione, forte del fatto di comprendere altre
175 compagnie che operano in sedici paesi26. Ora a unirsi al coro ci sono
gli stessi americani, già interessati alla faccenda, per non parlare degli
svizzeri e degli austriaci che leggono in tedesco.
Ma facciamo un passo indietro.
Già nel 2013 Amazon aveva avuto qualche questione da risolvere27 in
Germania con l’Antitrust tedesco (Bundeskartellamt), il quale aveva
dato il via a un sondaggio tra i commercianti, un campione di 2400 soggetti, per valutare gli effetti della vendita online causati dalla clausola
sulla parità dei prezzi.
Questa clausola vincolava i commercianti tedeschi a vendere i loro prodotti online a un prezzo maggiore o uguale rispetto a quanto proposto
da Amazon, e per quanto questa restrizione non creasse troppi problemi
alle piattaforme di vendita più grandi, è più che evidente che non si può
dire lo stesso per un piccolo commerciante. Questa diatriba si conclude
con un comunicato stampa dell’Antitrust28, il quale riferisce che da quel
momento Amazon non ha più intenzione di imporre la parità dei prezzi
sul marketplace.
Dopo un anno di tregua torna a far parlare di sé, nel modo che abbiamo
illustrato. Ma l’organizzazione teutonica è ben strutturata, l’Antitrust
vigile, e Bonnier ha presentato un reclamo ufficiale in data 18 luglio
2014 e consegnato dalla German Publishers & Booksellers Association,
che allora contava 3.800 associati, per un totale di 80,7 milioni di lavo26) Solo in Germania sotto questo gruppo si annoverano la Ullstein Buchverlage, la Piper Verlag e la Carlsen Verlag.
27) Comunicato stampa del Bundeskartellamt, datato al 20/02/2013.
http://bit.ly/18TEl5F
28) Comunicato stampa del Bundeskartellamt, datato al 27/08/2013.
http://bit.ly/1EiKGoe
59
ratori.
L’esposto ufficiale è solo la prima conseguenza, che potrebbe mettere
in difficoltà Amazon nel suo mercato più florido (dopo quello USA) e in
crescita del 4% tra il 2012 e il 2013; qui il colosso di Jeff Bezos controlla
1,9 miliardi di euro (su 2,7 totali) del business del book-order, vendite
incluse29.
Oltre all’esposto ufficiale, la comunità tedesca ha adottato la tecnica della protesta aperta, sotto forma di lettera ai vertici di Amazon, per rendere questo episodio il più conosciuto e discusso possibile.
Gli scrittori hanno approfittato anche della Fiera del Libro di Francoforte 2014 per far valere le proprie ragioni30. Tra gli oltre duemila scrittori
che hanno aderito, firmando la lettera, ci sono anche i due premi Nobel
Elfriede Jelinek ed Herta Müller:
«Gentili lettori e lettrici, Egregio Signor Bezos, Egregio Signor Kleber
(Direttore di Amazon in Germania),
Amazon si trova in una lotta per il potere con il gruppo editoriale Bonnier e Hachette. Queste prese di posizione avvengono continuamente
tra le aziende, e normalmente hanno luogo negli uffici delle relative
aziende tra i due partecipanti ai negoziati.
Ma questa volta Amazon ha fatto qualcosa di insolito. Ha attaccato direttamente gli autori e le autrici del gruppo Bonnier (Aladin, arsEdition,
Berlin Verlag, Carlsen, Hörbuch Hamburg, Piper, Thienemann-Esslinger, Ullstein), al fine di costringere il gruppo editoriale ad accettare le
nuove condizioni generali di contratto.
Negli ultimi mesi sono stati boicottati gli autori e le autrici di Bonnier
e i loro libri non si trovavano in deposito, anche se erano delle opere
richieste. Sono state rallentate le consegne dei libri, ci sono delle false
29) Insomma, conquistare la totalità dell’Europa e del Nord America è un obiettivo complesso per Amazon. Pare tenterà con 18 nuovi territori, presidiandoli
con almeno due armate ciascuno. M. Eddy, ”Amazon strategy reises hackles in
Germany” in The New York Times, 26/05/2014. http://nyti.ms/18lwexD
30) A. Platthaus, “Mal sehen, was die naechste Schweinerei ist” in Frankfurter
Allgemein ,11/10/2014. http://bit.ly/1B6WCGW
60
dichiarazioni riguardo alla disponibilità degli stessi e gli autori e le autrici non appaiono più nella lista dei libri consigliati. Nella lista i clienti
hanno anche comprato/visionato mancano gli autori e le autrici di Bonnier. Al momento questa lista serve come spintarella per alcuni autori
non conosciuti e ad altri che invece, grazie a questo espediente, sono
diventati conosciuti. Come se non bastasse, i clienti Amazon non hanno
l’impressione che questa lista sia stata manipolata e che quindi si potessero fidare di Amazon. Questo evidentemente è erroneo.
Amazon manipola le liste dei libri consigliati, Amazon usa gli autori,
le autrici e i loro libri come mezzi coercitivi per ottenere con la forza
ancora più sconti.
Noi, autori e autrici, siamo del parere che nessun rivenditore di libri
intralci la vendita dei libri o che nessun cliente dovrebbe essere dissuaso
dal comprare dei libri. Amazon sbaglia a mettere in gabbia un gruppo di
autori che nemmeno partecipa al conflitto. Per di più nessun rivenditore
di libri dovrebbe informare erroneamente i suoi clienti o intralciare i
loro acquisti con artificiose prolunghe dei tempi di consegna. Con questo Amazon contraddice la sua stessa promessa, ovvero di essere l’unica
piattaforma e-commerce del mondo orientata al cliente.
Molti autori e autrici hanno sostenuto Amazon, come se fosse una piccola start up con nuove idee. Comunque anche i nostri libri hanno aiutato Amazon a diventare la più grande azienda del pianeta. Abbiamo
consegnato milioni nelle casse di Amazon, molti hanno collaborato con
Amazon e lo fanno tutt’ora. Molti di noi hanno la loro backlist, hanno
scritto recensioni e dato il loro contributo.
Per questi autori e autrici, cioè noi, tenuti in gabbia, non c’è alcuno
modo per aggirare questi partner d’affari e non diminuire la fiducia degli autori e delle autrici nei confronti di uno dei più importanti partner
d’affari.
Noi vogliamo prendere posizione nella disputa tra Amazon e Bonnier:
bensì esortiamo fortemente Amazon a non tenere come ostaggi i libri
e i loro scrittori, ad assicurare alla cultura del libro una vita lunga e a
fermare i già citati provvedimenti.
Invitiamo in nostri lettori e le nostre lettrici a scrivere al fondatore di
Amazon Jeff Bezos ([email protected]) e al direttore di Amazon Deut61
schland Ralf Kleber ([email protected]) e ad esprimere la loro opinione riguardo ai loro metodi di estorsione.
Jeff Bezos e Ralf Kleber dicono che apprezzano essere resi partecipi delle
opinioni dei loro clienti e che leggerano tutte le e-mail. Speriamo, noi
autori e lettori, di riuscire a convincere Jeff Bezos e Ralf Kleber che solo
un mercato del libro onesto è un mercato con un futuro.
Cordiali saluti
gli scrittori e le scrittrici».
Un messaggio simile è stato scritto anche da Authors United. Questa seconda lettera è stata concepita in seguito allo scoppio del caso Hachette.
Tra i firmatari vi è anche lo scrittore e giornalista Philip Gourevitch, al
quale abbiamo posto alcune domande (D).
Lo scrittore e giornalista Philip Gourevitch nell’aula 3 della Scuola
Holden.
D: Entrambi i suoi libri, “Un caso freddo” e “Desideriamo informarla
che domani verremo uccisi con le nostre famiglie. Storie dal Ruanda”, in
America sono stati pubblicati da Picador, che fa parte del gruppo Macmillan. All’epoca della diatriba tra Amazon e la casa editrice, nel 2010,
si ricorda se ci siano stati problemi su amazon.com in relazione ai suoi
libri?
62
PG: Sì, ricordo che a un certo momento il pulsante che serve per acquistare i libri scomparve.
D: E quale fu la sua reazione?
PG: Qualcuno mi disse: «Lo sai che non si possono più comprare i tuoi
libri?». Allora io chiamai il mio agente, che si occupa delle relazioni con
gli editori, e loro verificarono e gli spiegarono ciò che stava succedendo.
Penso che la situazione non durò a lungo. Era incredibile che una libreria online gestisse un negoziato così aggressivo: una volta diventati il
più grande rivenditore di libri, li tolsero a chi li voleva comprare, anche
perché ovviamente né gli autori, né i lettori avevano alcun controllo sulle trattative. Noi autori veniamo solo usati nel corso di questi negoziati.
In quel periodo i miei libri erano già in stampa da molti anni, quindi
non si trattò di un’enorme perdita economica per me. Per un nuovo
libro invece sarebbe stato molto dannoso, non solo dal punto di vista
dei guadagni, ma anche per la vita dell’opera stessa: se nessuno può acquistarla quando è nuova, ovvero nel momento in cui viene pubblicata
e presentata al mondo, quando ha la possibilità di farsi conoscere, è una
disgrazia. Amazon sa di distruggere la carriera degli scrittori che si trovano in quella fase, ma è più interessato alla propria crescita.
D: È questa la ragione per cui ha firmato la lettera di Authors United?
PG: Avevo già seguito il dibattito su come Amazon stesse colpendo
gli autori di Hachette, e quando vidi la lettera pensai che fosse seria e
soppesata. Alcuni personaggi rilasciavano dichiarazioni altisonanti su
quanto stava succedendo, e pensai che fosse un affare sporco. Questa
storia ha infranto la fiducia tra il più grande rivenditore di libri d’America - probabilmente del mondo- e gli scrittori che avevano aiutato a
costruire quel negozio.
Non sono un idiota, e non penso che Amazon sia così tanto interessato
ai libri. Amazon li ha usati in modo astuto per sviluppare un business
che ora vende qualsiasi cosa al mondo. È difficile vivere senza di esso,
molte persone si sono abituate a utilizzarlo spesso, me compreso. Lo ero
63
almeno, ora di meno, sono un poco più consapevole; non compro libri
su Amazon da un bel po’, ma acquisto altra merce che mi serve perché
non ho voglia di aspettare tre giorni, e non credo che non farlo danneggi Amazon in alcun modo. Penso che sia maggiore la perdita che loro
causano agli scrittori.
Quello di Amazon è un business sporco, e anche un monopolio. Me ne
sono reso conto quando qualche anno fa c’è stata una causa che ha visto
il governo contro i grandi editori americani, in difesa di Amazon. Di
fatto si misero a fare i procuratori per conto di Amazon. L’idea era che
questi editori e Apple avessero creato un monopolio, ma la realtà era
l’esatto contrario.
Quando il governo diventa uno strumento, volontariamente o meno –
non voglio suggerire che fosse tutto pianificato – nei fatti rafforza il
monopolio. C’è una ragione se esistono leggi antitrust nel nostro paese:
se qualcosa raggiunge una certa dimensione, poi può ottenere tutto ciò
che desidera, e questo è molto dannoso.
E penso anche che bisogna discutere se i libri siano diversi dagli altri
prodotti. Io non credo che abbiano oltrepassato la soglia oltre la quale
non possano essere considerati merce. Il mercato è il mercato, e funzionerà sempre come tale, ma gli editori fanno business in modo diverso.
Authors United ha parlato di questo alla fine in un’altra lettera, ed è il
fatto che gli editori investono capitali sugli scrittori molto prima che il
libro sia prodotto. Versano un anticipo all’autore, rendendo possibile la
scrittura di un libro. E questo non vale solo per le opere prime, perché
gli anticipi che danno agli esordienti di solito non sono un granché. Per
l’editore è sempre un rischio.
Quando dicono a uno storico famoso: «Sì, compreremo il tuo prossimo
libro», lo stanno aiutando a pagare i successivi due anni di lavoro. Nessun altro lo fa. Solo gli editori si prendono questi rischi. È un problema
pensare di distruggere questa struttura, in modo che Amazon – che non
ha mai prodotto ricavi dall’inizio della sua esistenza – riesca a ottenere
delle entrate. Dobbiamo combattere questa dinamica, in fondo loro sono
solo uomini di business.
Vi dirò la verità, voi mi avete chiesto della disputa con Macmillan, voglio
che sia chiaro che non è stato per via di quell’episodio che ho firmato
64
la lettera. L’ho fatto per solidarietà con gli altri scrittori. Anche se non
sono nella lista di coloro i cui libri sono stati fatti arrivare in ritardo, o
messi da parte, ho ritenuto che non fosse la maniera giusta per gestire
questi problemi.
Non è un tentativo degli scrittori di distruggere questo business. Amazon è stata un bene per noi, e noi siamo stati un bene per loro. Se funziona, ma quando diventa un gioco sporco e inizi a vedere quella forza
utilizzata male, allora sorge un sentimento di ribellione: «No, non possiamo lasciare che un solo gigantesco organismo prenda il sopravvento
senza protestare». Credo che Authors United sappia di non avere un
grande potere, più che altro dispone di un’arma di persuasione morale.
D: L’ultima cosa che vorremmo chiederle riguarda Amazon come editore. In particolare dato che negli ultimi anni ha iniziato a pubblicare i
Kindle Singles, pensati specialmente per il longform journalism. Pubblicherebbe mai qualcosa in un Kindle Single? E se no, perché?
PG: Non ho opinioni in merito. Penso non mi sia mai capitata l’occasione di pensarci. È un bene che questi strumenti esistano, non vedo
alcuna minaccia in essi. Amazon non ha riscosso particolare successo
dal pubblicare libri stampati; hanno provato a produrre qualcosa con i
metodi dell’editoria tradizionale, e hanno sfornato alcuni buoni libri, ma
non credo sia stata un’avventura degna di nota.
Il Kindle e il mondo dei libri digitali sono il loro punto forte, sia per i
Kindle Singles, ma anche per la fiction e tante altre forme. È un sistema
completamente diverso, per quanto riguarda il modo in cui i testi vengono prodotti, editati, pagati. E sembra un buon sistema, conosco persone
che hanno pubblicato Kindle Singles, e la loro esperienza è stata molto
positiva.
Più modi ci sono per pubblicare, meglio è. Specialmente ora, che siamo
in un periodo di transizione, tra un canale istituzionale e familare per
produrre, stampare, distribuire, vendere e leggere testi, e queste molteplici piattaforme e tecnologie, tutte diverse le une dalle altre, stiamo
ancora cercando di capire quali siano le migliori. Tutto ciò è grandioso,
lasciamo che abbiano una voce e possano competere con gli altri, ma
65
se un giorno dovessi capire che potrebbero decidere di non ristampare
più i miei libri a causa di una discussione su un accordo economico con
qualcun altro, senza nulla a che vedere con la domanda o con le copie
disponibili in magazzino, per me sarebbe una relazione inaccettabile
con un editore. Non vedo ragioni per cui dovrebbero farlo con i loro
prodotti, ma ricordo che una volta hanno rimosso dei libri dai Kindle dei
loro clienti. Hanno cancellato “La fattoria degli animali”, che mi sembra
perfetto come esempio, e poi hanno citato Orwell nel modo sbagliato.
Hanno un qualche problema con il fantasma di Orwell, questo dovrebbe
già suggerirci qualcosa.
Questo riguarda gli scontri fra grandi multinazionali, o fra una multinazionale e gruppi di scrittori famosi, ma c’è un paradosso: Amazon
influenza anche e soprattutto i frangenti più in difficoltà, come l’editoria
scolastica.
Karen Christensen di Berkshire Publishing, una piccola casa editrice del
settore, ha dovuto alzare il livello di sconto sui propri prodotti al 45%,
perché i suoi articoli hanno un mercato talmente di nicchia che può
esistere solo tramite l’e-commerce, e Amazon stava già avanzando la
richiesta di poter stampare da sé i testi non immediatamente reperibili31.
Ma allora Amazon specula? Oppure è il salvagente che tiene a galla il
commercio editoriale, e se questo vuole approdare in sicurezza dobbiamo rinunciare a qualcosa come fruitori di prodotti librari?
È francamente impossibile ignorare che il mondo editoriale sia cambiato, e la crisi che ha colpito le case che non hanno saputo evolversi in
tempo al digitale ne costituisce la prova. Borders è fallita nel luglio del
2011, nonostante il resposabile della sede di Nashville avesse dichiarato
poco tempo prima che dal 2005 al 2008 i guadagni fossero aumentati da
5 a 7 milioni (quando dichiara fallimento più di 200 punti vendita su 400
sono ancora ampiamente redditizi).
Le responsabilità di tutto questo non possono quindi essere davvero
ricondotte ad Amazon, ma all’incapacità gestionale di Borders, che risponde alla concorrenza con un servizio di vendita online solo nel 1999,
31) http://bit.ly/1Nkybev
66
cinque anni dopo l’arrivo sul mercato della creatura di Bezos, acquista
una ditta di carta da lettere quando imperversano le email, investe in
cd e dvd non appena la popolazione mondiale scopre la strategia del
download. È lo stesso Russ Grandinetti, vice presidente Kindle, a riconoscere che i libri non lottano più solamente fra di loro, ma anche con i
videogiochi e i film in streaming.
Strade arancioni. Le vie di Amazon attraverso gli USA
Amazon, a partire dal 2005, ha iniziato a sciogliere i propri contratti con
gli Associates32. Questa manovra si è estesa mentre vari stati americani
tentavano di regolamentare le vendite online, e in particolare dal momento in cui è stato decretato che Amazon – così come tutti i grandi
distributori del web – avrebbe dovuto pagare le imposte di vendita per
ciascun paese in cui disponeva di Associates.
Il Missouri non è rientrato da subito nella casistica, almeno fino all’agosto del 2013, quando anche per questo stato è stata approvata una legge
molto simile. La risposta non si è fatta attendere, e a distanza di un anno
non esistono più affiliati dell’azienda di Bezos in Missouri.
Oren Teicher, CEO di American Booksellers Association33, ha dichiarato
in seguito agli eventi: «Il trattamento di Amazon nei confronti dei suoi
affiliati online offre ancora una volta una chiara prova della sua determinazione a non rispettare le leggi statali di vendita, e il suo ruolo, auto-definito, di creatore di posti di lavoro. Gli studi da parte dell’Istituto
per le autonomie locali hanno dimostrato che le pratiche di business di
Amazon sono costati all’economia degli Stati Uniti più di 42.000 posti di
lavoro a livello nazionale nel 2012, e questa mossa nel Missouri farà solo
del male ai proprietari di piccole imprese»34.
Lo stesso Teicher ha quindi pubblicato una lettera diretta a Bezos, nella
32) I rivenditori affiliati locali, privati, che affidano la gestione delle proprie
vendite al distributore.
33) bookweb.org
34) http://bit.ly/1GnpH4c
67
quale si dichiara molto confuso riguardo al suo operato, che se da una
parte si pone in difesa dell’equità delle imposte sulle vendite, dall’altra
fa di tutto per sottrarsi alle disposizioni.
Il capo di Amazon ha risposto che la sua azienda non può far fronte
a tutte queste nuove richieste, e che per quanto lui preferisca evitare
di pagare, la posizione dei librai indipendenti americani si muove su
due binari ben precisi: la rinascita, o una regolamentazione più severa
dell’e-commerce.
In effetti l’American Booksellers Association si è impegnata a fornire
una piattaforma online dove esporre i prodotti, e dove vengono gestite
tutte le vendite online delle librerie iscritte all’associazione, oltre a una
partnership con Kobo per l’e-reading.
In Italia sorridiamo tutti dalla A alla Z?
La versione italiana di amazon.com è arrivata in ritardo rispetto agli
altri paesi europei: Regno Unito e Germania hanno ottenuto le loro nel
1998, la Francia nel 2000. Il lancio di amazon.it risale, invece, al novembre 2010.
«Il 3 agosto 1995 abbiamo consegnato il primo ordine italiano - il libro
“Ranks of Bronze” – a un cliente di Genova, inviato da uno dei nostri
magazzini negli Stati Uniti. Da quel giorno, attraverso i nostri siti internazionali, abbiamo spedito milioni di articoli a clienti in Italia. Siamo ora
entusiasti di aprire le nostre porte virtuali ai clienti italiani con un’offerta italiana»35.
A ottobre 2011 ha aperto il primo centro di distribuzione sul suolo italiano, a Castel San Giovanni, in provincia di Piacenza. L’estensione del
magazzino – una superficie di circa 25.000 metri quadrati – è raddoppiata l’anno successivo, raggiungendo la somma di nove campi da calcio36.
Ai vertici compare Stefano Perego, General Manager Amazon Logistica
Italia e Diego Piacentini, conosciuto per essere il braccio destro di Bezos
nel ruolo di Senior Vice President International di amazon.com.
35) Le parole di Jeff Bezos nel comunicato stampa del 22 Novembre 2010. 36) Invece a Cagliari già da qualche anno opera il centro di assistenza clienti.
68
I servizi e i prodotti offerti in Italia equivalgono per la maggior parte a
quelli reperibili sui siti delle altre nazioni. Ci sono le Liste dei Desideri
dove riporre i futuri acquisti, il marketplace, la App, il servizio di consegna celere, il catalogo ebook, gli e-reader Kindle e KDP.
Nonostante il nostro paese sia sempre stato piuttosto lento in termini
di digitalizzazione, dal rapporto dell’Associazione Italiana Editori (AIE)
del 201337 si evince un interessante incremento del digitale editoriale: gli
ebook pubblicati sono stati 40.800 rispetto ai 28.500 del 2012.
Per quanto riguarda i canali di vendita, le librerie delle grandi catene
restano il tempio dei consumatori, a cui seguono le piccole librerie indipendenti e gli store online.
I numeri sulla vendita di libri digitali in Italia. Non sono conteggiati quelli
venduti su amazon.it in quanto né l’AIE, né la Nielsen o l’ISTAT hanno
accesso ai dati nazionali dell’azienda americana.
37) http://bit.ly/1w6Nr9m
69
Secondo un’analisi condotta da amazon.it «che ha preso in esame le 48
città italiane aventi almeno centomila abitanti, e il rapporto pro capite
dei libri acquistati dall’1 giugno 2012 al 15 aprile 2013»38, Milano è la
capitale delle vendite italiane di cartacei ed ebook. Seguono Trento e
Firenze; Cagliari invece al secondo posto per lettura digitale.
Ma esiste un decreto che tuteli il mercato del libro in Italia?
La legge Levi, promulgata nel settembre 2011, dopo una lunghissima battaglia per contribuire allo sviluppo del settore librario e al sostegno della
creatività letteraria, si ispira ai decreti vigenti negli altri paesi europei.
Questi aboliscono o riducono drasticamente gli sconti sulle pubblicazioni, anche se permette uno sconto librario del 15% e un tetto massimo alle
promozioni editoriali del 25% – durante tutto l’anno – dicembre escluso.
In realtà il problema tutto italiano è che i quattro grandi nomi dell’editoria (i soliti Mondadori, GeMS, Rizzoli e Feltrinelli, Grandi Quattro potremmo chiamarli39) pubblicano, promuovono, distribuiscono e vendono
i loro libri attraverso società e punti vendita di loro proprietà, mentre
gli editori indipendenti devono rivolgersi a loro per ogni passaggio, fino
ad arrivare in libreria con un margine di guadagno così ristretto da non
potersi permettere sconti ulteriori o promozioni.
Per questa ragione, il 2 ottobre 2012, è stata avanzata una richiesta dal
presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella ai presidenti di Senato e
Camera, al fine di eliminare il tetto agli sconti sui libri, che limita la
libertà di concorrenza dei rivenditori finali, senza produrre sostanziali
benefici per i consumatori. Inutile specificare che in questo caso sono
stati i librai indipendenti a risentirsi.
38) Comunicato stampa del 30 Maggio 2013.
39) Sempre che non arrivi a concludersi la fusione tra Mondadori e RCS Libri.
70
I numeri sulla vendita di libri, libri punto e basta, in Italia. Anche in questo caso non sono conteggiate le vendite su amazon.it.
71
L’editoria tradizionale italiana.
Anche in questo caso non sono conteggiate le vendite su amazon.it.
72
Capitolo IV
A Holden piace il Kindle?
Chi più di 200 storyteller in erba potrebbe essere il cliente perfetto per
una libreria fornita, veloce ed economica come Amazon? Non è tutto
così semplice.
Il sondaggio che abbiamo realizzato all’interno della Scuola Holden, ha
evidenziato dati in parte lontani da quello che potevamo immaginare:
gli studenti sono dei romantici, amano il cartaceo e preferiscono passeggiare sotto i portici di via Po cercando l’occasione o il colpo di fulmine
tra le bancarelle di vecchi libri, piuttosto che affidarsi al portale.
La maggioranza compra online solo se necessario, e sono in pochi a
essersi convertiti all’ebook.
Forse però è solo questione di tempo: i giovani Holden non hanno remore nei confronti delle nuove frontiere dell’autopubblicazione, e la metà
di loro aspetta solo l’occasione giusta per usufruire del servizio.
Di seguito i dettagli del sondaggio.
73
Prima parte del sondaggio effettuato tra gli studenti della Scuola Holden.
74
Seconda parte del sondaggio effettuato tra gli studenti della Scuola Holden.
75
Conclusione
Consigli redazionali
Cosa aggiungere, se non che quasi tutti i maschi italiani vengono al
mondo con un’ambizione precisa: fare il calciatore.
Prima ancora che un bambino maturi una coscienza sugli stipendi milionari, prima ancora che la malizia di un fisico perfetto costringa tutti a tre
ore di palestra la settimana, e prima ancora che si sviluppi un’ostentata
sindrome da palcoscenico, quasi tutti hanno pronunciato le seguenti parole: «Mamma, io da grande voglio fare il calciatore». C’è qualcosa di
magnetico in questa attività, che costringe chi la guarda a voler prendere parte al gioco. E allora la mamma ci porta alla società più vicina, paga
una retta annuale ai limiti del legale per farci accedere al campionato
base della gavetta calcistica: i pulcini.
Questo sport gode di un equilibrio fuori dal normale, è un sistema autoregolamentato. Esistono società, allenatori e preparatori, ma è il contesto stesso a farti capire quando sei fuori luogo, e può succedere molto
presto.
Se a undici anni non hai il fisico adatto, sei fuori. Se a quattordici non
sei fra i primi tre della tua squadra, sei fuori. Se a diciassette non c’è
qualcuno pronto a scommettere su di te, sei fuori. Ma già a otto anni un
aspirante calciatore comprende la differenza fra gli elementi in campo, e
lo capisce al punto che se non si ritiene all’altezza, si sente intimamente
obbligato a smettere. Il freddo, le spinte, la pioggia, il fango, i crampi,
gli insulti (anche da parte dei genitori culturalmente più elevati): dopo i
primi giorni di scuola calcio si rientra a casa con le ginocchia sbucciate,
la bronchite e le lacrime agli occhi.
Insomma, essere l’anello debole durante una partita – e stiamo già parlando di chi è riuscito a farsi convocare per il match – può essere un’esperienza terribilmente umiliante.
Così avvilente che la figura del talent scout può permettersi di soprag76
giungere molto più tardi, nel mondo del calcio. Le società sanno bene
che la prima scrematura è un fatto sociale, non occorre che ci si investa
del tempo, o ancora peggio, dei soldi: i più delicati fanno la valigia da
soli.
Ma poniamo che tutte le persone scartate dai campi da calcio siano improvvisamente investite da velleità letterarie. Perché se non sei buono nell’esercizio fisico, sarai al di fuori da ogni dubbio un campione
nell’esercizio mentale. Il contesto letterario – unitamente a quello più
generico delle arti e al contrario del precedente – è sempre stato tecnocratico. Un’equipe di specialisti si prepone di scegliere quei testi su
cui scommettere (del denaro, ma anche la propria faccia), perché dove
l’umiliazione personale non è immediatamente percepibile, è necessario
apporre un filtro che regolamenti l’accesso alla circostanza.
Se riconosciamo che questi guardiani della soglia possano sbagliarsi nel
giudicare qualcuno, dobbiamo pur ammettere che la giustezza delle loro
considerazioni è prossima al 100%, non fosse altro perché non abbiamo
gli strumenti per disporre di opere rivoluzionarie che siano rimaste inedite.
Un mondo sprovvisto di figure quali editor, redattori traduttori vedrebbe
un sensibile calo nella qualità del materiale letterario, perché priverebbe il processo editoriale di alcuni passaggi fondamentali, restituendo
all’autore la responsabilità totale di ciò che è stato scritto; gli editor sono
come le levatrici di un’opera, se l’autore è colui che la partorisce.
Opporsi ai cambiamenti però è miope, e se da qualche tempo è possibile autopubblicarsi con KDP senza aver nemmeno corretto i refusi non
saranno i nostri lamenti a modificare lo stato delle cose. Non vorremmo
mai equipararci a chi osteggiò la stampa a caratteri mobili difendendo
le antichissime tecniche amanuensi – sarebbe misero farlo, oltre che del
tutto inutile.
Tuttavia Bezos non è Gutenberg, e Amazon è un’azienda, non un’invenzione: è fuori da qualsiasi logica idolatrare un’impresa perché questa
migliora la qualità della nostra vita. Sulla linea di quest’ultima affermazione potremmo aggiungere che – a differenza dei ritrovati dell’ingegno
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umano, che nei secoli hanno costellato il progresso della civiltà, e che
appaiono in contesti di necessità migliorando le condizioni della nostra
razza – le aziende si insinuano in contesti di necessità aumentando i
profitti degli investitori.
Le invenzioni sono al servizio dell’umanità, le aziende offrono prodotti
e servizi a clienti – un conto è benedire l’avvento della luce elettrica,
un conto è idolatrare l’operato dell’ENEL. La differenza è alla portata di
tutti, anche degli aspiranti calciatori disillusi1.
Lungi dal voler difendere a spada tratta l’operato delle grandi case
editrici, occorre infatti riconoscere che queste imprese hanno avuto e
avrebbero tuttora gli strumenti economici (e lobbistici) per rigenerarsi,
alla luce di quanto sta accadendo. E non servono anaerobici sforzi di immaginazione, basta poco per iniziare. Ad esempio un nuovo sito, magari
responsivo, cioè in grado di adattarsi agli schermi dei dispositivi mobili,
potrebbe essere un buon punto di partenza; ci sono grandi case editrici
italiane che ancora non hanno intrapreso questo passo.
Le piccole imprese hanno fatto di necessità virtù, e per non crollare sotto il peso dei mutamenti si adeguano come possono, mentre i giganti
editoriali restano arroccati nelle posizioni di partenza, credendosi più
forti di quella che è a tutti gli effetti una rivoluzione tanto in materia
fruitiva quanto in ambito applicativo.
Questi complessi rugginosi dovrebbero invece svecchiarsi dalle proprie
dinamiche assurde e costose, da quella paralisi imprenditoriale che li costringe a fare scandalo di una metamorfosi letteraria lunga cinquant’anni, perché ormai rappresenta per loro una minaccia fin troppo seria. Ci
si aspetta di guarire dai sintomi di un’infezione circoscritta, non da uno
stato necrotico avanzato.
E lo diciamo in qualità di nostalgici preventivi: l’eventualità che fra
qualche decennio non ci sarà traccia di luoghi dove poter entrare per
1) Ma forse non di questi altri, per i quali non esistono commenti:
http://www.reddit.com/r/Random_Acts_Of_Amazon/wiki/rules – si tratta di
utenti di Reddit che si riuniscono in una comunità digitale per scambiarsi regali
casuali (ma graditi) utilizzando le rispettive wish list su Amazon.
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sfogliare un volume2 – con o senza l’intenzione di acquistarlo – è avvilente e scoraggiante. La libreria è un luogo sacro per qualsiasi lettore
abbia il coraggio (e il vanto) di definirsi tale.
Il rischio del monopolio, non solo limitatamente ad Amazon, ma anche
agli altri giganti del digitale, è evidente, e per questa ragione Federico
Rampini sostiene sia necessaria un’azione politica a livello internazionale.
L’Unione Europea è già all’avanguardia per proteggersi, complice il fatto che nessuna di queste grandi società sia europea. Un esempio lampante è costituito dalle indagini condotte riguardo gli eventuali aiuti
illeciti forniti dal Lussemburgo ad Amazon3, oppure dal tentativo di impedire che anche i prodotti culturali italiani siano assoggettati al copyright made in USA4, fatto che potrebbe conseguire dalla firma di accordi
analoghi ai TTP tra gli Stati Uniti e l’Unione Europea5.
È evidente che l’unica soluzione possibile sia crearsi una consapevolezza, in qualità di consumatori, cittadini, lettori – e anche calciatori. Perché l’argomento è ostico, e riguarda chiunque abbia a che vedere anche
solo parzialmente con uno degli ambiti citati in questa trattazione.
Per dirla alla Franceschini: «È importante che la rete diventi il luogo in
cui la politica accetta la sfida, che diventi il luogo delle regole globali
– stabilite dai popoli – che sono vincolanti per i forti prima che per i
deboli».
2) Volumi composti da fogli di carta che per esistere hanno comportato l’abbattimento di alberi.
3) “I documenti UE su Amazon e il Lussemburgo” in ilpost.it, 16/01/2015.
http://bit.ly/1Fe5Xwp
4) Dove i diritti d’autore – a causa del cosiddetto “Mickey Mouse Protection
Act” – hanno una validità di 95 anni dopo la morte dell’autore, venticinque
in più rispetto alla legge italiana per le opere letterarie. Se le leggi americane
fossero applicate in Europa, le opere di Pirandello sarebbero coperte dai diritti
da autore fino al 2031 (sono nel pubblico dominio dal 2006).
5) A. Guzman Bastida, “Gli accordi commerciali segreti”, in The Post Internazionale, 18/11/2014. http://bit.ly/1qKCh1P
Se volete sapere qualcosa di più sui TTP e sulle conseguenze su brevetti e
copyright: http://ourfairdeal.org/learn-more .
79
Ed è altrettanto giusto che un personaggio visionario come Jeff Bezos
ispiri a diversi autori qualche poesia, come nel caso della rivista Berfrois6, perché di tutti i cambiamenti bisogna essere il più possibile consapevoli osservatori, ma anche sarcastici narratori.
Dunque, un pregevole commiato per chiudere la nostra trattazione.
Post scriptum
Nel momento in cui viene completata la revisione finale di questo testo, prima della sua diffusione online, qualcosa è cambiato.
Dal 1 maggio 2015 Amazon ha iniziato a pagare le tasse in Germania, Regno Unito, Spagna e Italia.
L’inchiesta della Commissione europea per verificare che le
grandi imprese tecnologhiche americane non eludessero i sistemi fiscali del Vecchio Continente pare aver sortito i suoi frutti.
Il lettore – ormai in odore di santità – che fosse riuscito a giungere
fino a questo punto senza avvertire i sintomi di una psicosi delirante,
avrà certamente acquisito (troppi) alcuni strumenti per districarsi nel
complesso ecosistema di Amazon. In caso contrario, la redazione sarà
lieta di fornire informazioni più esaustive, ma solo alla luce di esatte
prescrizioni mediche. Avendo trattato la questione sotto diversi punti di
vista, spesso intransigenti e faziosi, ci sembrava necessario chiudere con
un appello moderato, a testimonianza di una scrittura giornalistica il più
possibile utile e obiettiva.
Uniamoci dunque in preghiera.
Glorioso (Goffredo Baci) Jeff Bezos,
estendi anche a noi la tua protezione paterna.
Cioè, non ci dimenticare.
Tu che sei capace di rendere possibili
6) Sono raccolte in un ebook gratuito! Alcuni versi:
«Beginning with ‘A’ it is a conveniently Google-able river,
(though not, as Google informs me, in fact the world’s longest river).
The great rivers of e-commerce flow back to me from the future».
http://www.berfrois.com/relentless-jeff-bezos/
80
le più impossibili delle cose.
Guarda alle nostre presenti necessità,
(come le royalty al 70%)
rivolgi i tuoi occhi di padre
su ciò che preme ai tuoi figli, (i soldini).
Aiutaci!
Cioè, non ci dimenticare.
Prendi sotto la tua amorevole protezione
le questioni così importanti
che ti affidiamo,
in modo che il loro esito favorevole
sia per la Gloria (nostra e solo nostra) di Te Medesimo
e per il bene di noi
che affettuosamente ti seguiamo,
ti capiamo,
ti pensiamo,
ti ringraziamo,
(a meno che Amazon non perda questa guerra).
Cioè, non ci dimenticare.
Siamo pur sempre futuri autori, no?
Amen.
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Titoli di coda
Questo testo è stato realizzato, in poco più di un mese, dagli studenti del
college Real World della Scuola Holden di Torino, biennio 2013/2015.
Il progetto è stato curato da Ludovica Lugli. La versione finale è stata
scritta da Luisa Chiaese, Cristina Danini, Matteo Goggia.
Si sono occupate della fase di editing e fact-checking Paola Di Giovanni,
Noemi Milani, Fabia Timaco. Giulia Cuter e Marina Usai hanno realizzato le infografiche.
Valeria Manera e Giulia Perona hanno diretto e montato le video-interviste che hanno integrato il progetto nella sua redazione online sulla
piattaforma Medium.
Hanno collaborato alla fase di ricerca: Sofia Beltramo, Chiara Borsini,
Alessandro Frau, Alessandro Giosi, Marialuisa Greco, Andrea Mularoni,
Laura Pioli, Desiderio Puleo.
Si ringrazia Lucia Moschella, studentessa nel college Scrivere, per la grafica di copertina.
Sentiti ringraziamenti vanno anche a Riccardo Luna, per l’appoggio e
la fiducia, e a Flavio Stroppini, per i consigli, l’incoraggiamento e tutto
il resto.
Torino, 28 febbraio 2015
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Indice
Introduzione - Amazon è Babbo Natale, o un lupo mannaro?
2
Capitolo I - relentless.com
La creatura inarrestabile di un formidabile genio
Come diventare il colosso dell’e-commerce senza ottenere
profitti. Un tutorial?
Jeff Bezos. Il vulcaniano
4
4
9
16
Capitolo II - O brave Kindle world!
21
A qualcuno piace elettronico. Nascita e ascesa (?) dell’ebook 21
E Bezos creò il Kindle
25
Kindle Unlimited. All-you-can-read?
30
Amazon è un editore?
31
Ai confini della realtà Kindle
37
Non sempre clienti soddisfatti
39
Pronti a kindolizzarci? Forse ci sono delle alternative
40
Di cosa parliamo quando parliamo di ebook, Amazon e tasse 45
Capitolo III - Amazon vs il resto del mondo
Le case editrici – quelle brutte cattivone (?)
Il Pomo della discordia. USA vs Apple
Allora protestiamo! Sì, ma pro o contro?
Strade arancioni. Le vie di Amazon attraverso gli USA
In Italia sorridiamo tutti dalla A alla Z?
49
49
53
55
67
68
Capitolo IV - A Holden piace il Kindle?
73
Conclusione - Consigli redazionali
Titoli di coda
83
76
82
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