Rassegna
LIBRI
Isola di Procida
Interno
di Toniet Grassi
Testi (in quattro lingue: italiano, francese, inglese e tedesco)
e foto. 160 pagine in formato 30/21, con prefazione di Francesco Noviello, 2008
Toniet Grassi di origine italiana, nata in Belgio, è
autrice ed editrice di questo libro che fa vivere intensamente l’isola di Procida attraverso una ampia serie
di fotografie che ne riproducono tutti i suoi angoli
paesaggistici ed umani. Lei ricorda, quasi vagamente, l’amore che la madre provava per Napoli e la sua
baia; ed oggi quelle impressioni appena percepite sono
riapparse forti e vive, quando ha scoperto l’isola di
Procida: «imbarcandomi da Napoli» - lei dice – «ero
lontana da immaginare che meravigliosa avventura mi
sarebbe capitata». Ed ora è lei a portare al suo fianco
la madre e condividerne le emozioni e la passione per
l’isola: «Prendendoti la mano, ti porto con me / e passo
a passo ti farò scoprire Procida... ».
Leggiamo la prefazione di Francesco Noviello:
- Per farsi raccontare, Procida ha sempre trovato vie
misteriose e tortuose. La sua indole scontrosa l’ha portata ad aprirsi a scrittori ed artisti scomodi ed irriguardosi, come ad esempio la Morante. Ed in questo solco
si colloca Interno, cahier de voyage, che raccoglie foto,
ricordi e poesie di Toniet Grassi, personaggio eclettico
ed inafferrabile della scena artistica belga che approda
sull’isola per caso. Un naufragio inconscio, sulle orme
dell’amatissima madre scomparsa che frequentava la
baia di Napoli.
a cura di Raffaele Castagna
Come l’Arturo morantiano, Toniet si spinge in solitudine nelle sue strade spinta da ricordi personali che
spesso velano lo sguardo fino ad arrivare ad un’indicibile nostalgia che traspare dalla sua poesia. Reporter d’eccezione, dispiega al meglio la sua vocazione
di grande osservatrice e da accanita fotografa si sintonizza sul paesaggio sino ad afferrare il segreto del suo
equilibrio precario tra il mare ed il cielo. Nei suoi scatti,
infatti, non esiste una collocazione temporale. La terra
è quella che videro ammirati per la prima volta i greci
dalle loro navi, solo graffiata dai guasti architettonici
degli ultimi anni. Un paesaggio a tratti metafisico, che
rifugge da qualsiasi interpretazione storico-culturale.
La viaggiatrice è solo interessata all’attrazione della
luminiscenza che riluce al tramonto sul porto o alle
onde di pietra porosa di tufo che disegnano leggere la
costa.
Sopraffacendo la diffidenza, raccoglie voci dai suoi
abitanti, entra nelle loro botteghe e si fa raccontare
procedimenti antichi, cogliendo i significati magici di
gesti che si tramandano da secoli.
La forza di questo libro è proprio nella semplicità
con cui l’autrice si accosta ad un territorio che ha visto nascere dall’ “interno” una sua tensione morale e
la custodisce gelosamente. Un diario per celebrare la
madre, ma anche un atto d’amore verso quest’isola
“paradossale” e per certi versi ancora inesplorata. -
Racconto sul come
scrivere i racconti
***
di Borís Pil’nják
Imagaenaria Edizioni Ischia. In copertina illustrazione tratta da Art Journal, London 1877. Postfazione di
Gianfranco Marelli, marzo 2008.
Tre racconti di Borís Pil’nják, pseudonimo di Borís
Andréevič Vogau (1894-1938). Nel primo, che dà il titolo al volume, l’autore descrive la vita di una giovane
compatriota russa, il cui marito (un ufficiale giapponese conosciuto ai tempi in cui l’estremità orientale
dell’immenso territorio sovietico era stato occupato
dall’esercito nipponico) divenne in seguito un famoso ed affermato scrittore per avere narrato in un libro
- a sua insaputa - il loro intimo e passionale ménage.
La giovane donna, venuta casualmente a conoscenza
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di come - con astuzia e tradimento
- l’amato si era preso gioco del suo
amore, decide pertanto di lasciarlo e
di far rientro in patria. Nel presentar
la richiesta, scriverà la propria biografia, oggetto di ricerca e studio da
parte dell’autore del racconto.
Scrive Gianfranco Marelli nella
posfazione: «L’intreccio narrativo
muove da un lui e da una lei che
agiscono dentro e fuori il racconto,
consentendo all’autore di cogliere
l’insorgere di una patogenesi letteraria attraverso la sovrapposizione del
piano della finzione sul piano della
realtà, al fine di osservare quanto
l’amore dello scrivere per sé cancella, distrugge l’amore per l’altro; una
sorta di cannibalismo estetico in cui
- come efficacemente l’autore rimarca - il marito non esita a preferire la
fama, la notorietà, per aver scritto di
lei, al vivere con lei. Nel suo minimalismo essenziale, dunque, il Racconto sul come scrivere i racconti
esplora in profondità la tecnica dello
scrivere, osservando quanto il racconto distrugga la realtà, poiché la
realtà - una volta divenuta racconto non può più sopravvivere a se stessa:
vive riflessa nell’opera dell’autore,
traendone nuova linfa. Ma allora il
racconto, se si dovesse paragonarlo ad uno specchio, della realtà cosa
riflette? La forma del contenuto, o
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il pensiero contenuto nella forma?
L’autore non si esprime a proposito,
si limita a riproporre al lettore una
vicenda a lui capitatagli, quando
nello studiare gli incartamenti per
la domanda d’espatrio della moglie
di un famoso scrittore giapponese
s’imbatté nell’autobiografia scritta
dalla giovane donna russa. “Ecco
tutto - scrive nel finale del racconto
Pil’njàk -. Lei visse la sua autobiografia sino in fondo; io scrissi la sua
biografia, scrivendo che passare attraverso la morte è più difficile che
uccidere un uomo. Lui scrisse un romanzo bellissimo”».
Negli altri due racconti si assiste
all’accentuazione degli aspetti emotivi, psicologici della trama narrati-
va, consentendo all’autore di esprimere il proprio stile silente, privo di
dialoghi, poetico più che prosastico.
In Tutta la vita due grandi uccelli – un maschio e una femmina – in
un oscillare di emozioni, incarnano
l’animale uomo nella sua energia
primordiale legata alla sopravvivenza della specie: il cibo e il sesso. In
Greco-tramontana l’oscuro turbamento di una donna è all’origine di
una calunnia che acquista tale potere
sulle coscienze da rendere inessenziale la verità, «come se i fatti potessero essere inverosimili come la
menzogna, e la menzogna potesse
essere un fatto».
***
Un irresistibile soffio di luce
Artisti a Ischia da Böcklin agli anni del Bar Internazionale
di Massimo Ielasi
Imagaenaria Edizioni Ischia. Grafica e impaginazione di Enzo Migliaccio.
In copertina: Herbert List (?), Margery e Carlyle Brown nella casa di Via
Cesotta a Forio d’Ischia (collezione
Józek Cardas). Fotografie dall’archivio di Józek Cardas. Con scritti
di Tonino Della Vecchia e di Pietro
Paolo Zivelli.
Massimo Ielasi narra la vicenda
dell’arte a Ischia tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento.
Una vicenda che ci si augura «possa
riprenderla un giorno un critico o uno
storico e finalmente trovarle nella storia dell’arte un posto, forse piccolo,
ma che sicuramente le compete».
Essa si incentra nella lunga serie di
artisti e di personaggi del mondo letterario e cinematografico, italiano ed
estero, che crearono nell’isola quasi
un secondo cenacolo, dopo quello
che si formò nel Cinquecento sul Castello Aragonese intorno a Costanza
d’Avalos e a Vittoria Colonna: si va
da Böcklin agli anni del Bar Internazionale di Forio. Narrazione non
astratta e indiretta, ma concreta e diretta, di eventi almeno in parte vissuti
vivamente e comunque non troppo
lontani; vicende e presenze inoltre
non avulse dalla realtà quotidiana e
locale, ma con essa intrecciate in un
coinvolgimento costante. Si scopre
così che l’isola era già essa stessa
una terra di artisti pronti ad uscire dai
ristretti confini insulari e ad essere
valorizzati opportunamente. Si legga
ad esempio l’incontro tra Luigi De
Angelis e il pittore Hans Purrmann.
Massimo Ielasi, gallerista in Ischia
Ponte, aveva già scritto nel 1982 un
libro dedicato ai pittori dell’isola
d’Ischia, in cui ciascuno trova la sua
collocazione artistica. Il nuovo testo
dà quasi l’impressione di un racconto nostalgico rispetto ad un’epoca
passata, della quale il ricordo (e
non soltanto questo) non dovrebbe
mai smarrirsi nell’oblio. Ma in tale
prospettiva occorrerebbe che fosse
l’isola a smarrire la sua nuova identità
mirata a tutto distruggere nella ricerca
di valori consumistici ed edonistici.
Inizialmente fu Porto d’Ischia ad
essere scoperta ed attratta da questi
nuovi ospiti; non era certo il filone
dei personaggi del
Grand Tour che già
avevano frequentato e percorso in
lungo e in largo
i luoghi dell’isola. Altri i motivi
del richiamo verso
i nostri lidi, non
esclusi fatti politici del tempo. A
mano a mano che
i primi segni di
sviluppo cominciano a palesarsi a
Ischia e intorno al
suo porto, diventano Sant’Angelo
e Forio i centri di
richiamo e di raccolta, soprattutto
Forio con il Bar
Internazionale e il
suo caratteristico
personaggio, Maria. Scrive Tonino
Della Vecchia: «Infine Maria. Era
lei, più che il suo locale come luogo
di ritrovo, ad essere il vero centro di
Forio. Era lei quella che comandava,
che dirigeva, confermando la dedica
che uno scenografo (americano o
francese che fosse), le lasciò su di una
foto: “Maria, sans toi Forio n’aurait
pas été ce qu’il est”. E lo poté essere perché priva di atteggiamenti o
presunzioni verso i suoi ospiti, ma
come una cosa naturale. È lei stessa
a parlarne: “Mi trovavano simpatica,
cordiale, in certi momenti, di sera
tardi dovevo chiudere e andare via
con loro a cena fuori”».
Elsa Morante scrisse: «... E alla cara
Maria, la caffettiera fra tutte bella e
amata, ospitale e galante».
***
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Il mio primo
amore
di Vincenzo Padula
Imagaenaria Edizioni Ischia. Postfazione di Patrizia Di Meglio, marzo
2008
Come in un gioco di specchi, al
vagheggiamento romantico e sensuale di un giovanissimo seminarista si oppone il delirio di una madre.
Vincenzo Padula (Acri 1819-1893)
ha ispirato questo racconto, apparso
la prima volta nel 1841, ai luoghi e
La Scuola Media Santa Caterina da Siena
di Forio - Storia di un archivio
Questo lavoro ripercorre la storia della Scuola Media
Statale di Forio attraverso più di un cinquantennio ed ha
coinvolto un gruppo di alunni e gli insegnanti del Laboratorio di ricerca di storia locale in un impegno irto di
difficoltà1.
Come scrive il dirigente prof. Mario Sironi, «la Scuola
Media Statale Santa Caterina da Siena ha una storia lunga
e antica che si intreccia con quella della comunità di Forio
ed in parte dell’intera isola». Una storia lunga e antica ma,
potremmo dire, anche travagliata, se si pensa soprattutto
all’odissea delle varie sedi e dei vari plessi, spesso angusti e
impropri, in cui è stata di volta in volta allogata con alcune
classi, e che per qualche aspetto continua ancora oggi, considerando questioni di recente impatto e la persistente mancanza di una palestra. A meno che non si voglia assimilare
letteralmente quella riflessione di Leo Watters, riportata
nelle prime pagine del libro: «La scuola è un edificio che ha
quattro pareti con dentro il domani». Proprio i frequenti traslochi hanno impoverito la conservazione di testimonianze
e di documentazione. Se «la scuola è la carta d’identità di
un paese» - come scrive Ortensia Castaldi nella postfazione – e che deve essere «curata, tenuta in considerazione,
sostenuta nelle sue necessità da autorità e cittadini», non
1 Alunni: Angelica Buonanno, Marilena Buonanno, Giuseppina Calise, Roberta Calise, Francesco Castaldi, Gennaro Cirillo,
Carmen Colella, Giusy Cucinotta, Federica Cuomo, Giuseppe
D’Ambra, Simona D’Antonio, Giulia D’Ascia, Annalisa Impagliazzo, Valentina Impagliazzo, Giulio Lala, Fabio Maresca, Ivan
Maresca, Vincenzo Marotta, Fabio Minichini, Domenico Onorato, Sara Patalano, Giuseppe Petrone, Claudio Proietti, Federica
Restituto, Teresa Savignoni. Insegnanti coordinatori: Ortensia
Castaldi, Maria Rosaria Di Costanzo. Ha collaborato Felicia Lamonaca, specializzata in ricerca storica.
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all’ambiente della sua adolescenza.
Avviato al sacerdozio, studia prima
in seminario e riceve gli ordini minori. Già in questi anni si dedica alla
poesia. Poi sopraggiunge la crisi:
innamoratosi di una ragazza di buona famiglia, egli vorrebbe sposarla,
ma i genitori si oppongono e glielo
impediscono, sicché è costretto a riprendere la carriera sacerdotale.
Tra le sue opere, la novella in versi
Il monastero di Sambucina, il poema Il Valentino, il dramma Antonello capobrigante calabresee, il poemetto incompiuto L’Orco. In Prose
giornalistiche (1878) sono raccolti i
suoi studi meridionalistici.
***
si può dire che il
problema scuola sia stato vivamente presente
nelle attenzioni
e nell’attività
delle varie amministrazioni
comunali.
«Il materiale
conservato ha
permesso di ricostruire la storia della Scuola
di Avviamento
“Casa Giuseppina”, poi denominata “S.
Luisa di Marillac”, in seguito “S. Caterina da Siena”, dal 1936 al 1954,
quella della Scuola Media Parificata “Casa Giuseppina”
dal 1951 al 1962 ed infine la nascita della Scuola Media
Unificata nel 1963 e il percorso compiuto fino ad oggi. La
parte più consistente della storia “ricucita” riguarda proprio
la Scuola di Avviamento per la quantità cospicua delle fonti
reperite, per il notevole interesse che quel periodo storico,
quello del regime fascista, ha suscitato negli alunni oltre
che nei docenti».
Di valido supporto è stato, nei tre anni in cui è articolato
il lavoro, anche il contributo di insegnanti e personale
scolastico, come Elena Schiano (dirigente amministrativa
che è stata testimone del passaggio dalla Scuola Media
Parificata a quella Unificata), Rosa Mattera, Viola Battaglia, Suor Anna, Rosa Genovino, Anna Maria Capodanno,
Francesco Trofa, Nino d’Ambra.
***
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