Alessandro Gualco
Marco Varsalona
Lo Zibaldone di Giacomo Leopardi
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Giacomo Leopardi
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Il maggior poeta dell’Ottocento italiano, e uno dei principali
esponenti del romanticismo letterario.
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La profondità della sua riflessione sull'esistenza e sulla condizione
umana – di ispirazione sensista e materialista– ne fa anche un
filosofo di notevole spessore.
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La straordinaria qualità lirica della sua poesia lo ha reso un
protagonista centrale nel panorama letterario e culturale europeo
e internazionale, con ricadute che vanno molto oltre la sua epoca.
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Educazione gesuita, autodidatta, precocissimo (sonetto ‘La morte
di Ettore composto nel 1809
◦ Recanati, 29 giugno 1798
◦ Napoli, 14 giugno 1837
Giacomo Leopardi - Generalità
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Formazione Personale, ‘lo studio matto e disperatissimo’ per sette anni dal 1812, presso biblioteca
paterna; attività filologica, traduzioni dal latino e dal greco, corredati di introduzioni.
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Conversione letteraria, dall’Erudizione al Bello 1815-1816. Abbandona l’Erudizione e abbraccia la
Poesia
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Nel 1815-1816 è colpito da seri problemi fisici e disagi psicologici, attribuiti all'eccessivo studio. In
realtà pare fosse affetto da tubercolosi ossea della colonna vertebrale, il che gli causò la deviazione
della spina dorsale con dolori e problemi cardiaci e respiratori, una crescita stentata (pare fosse alto
1 metro e 41 circa) problemi neurologici alle gambe ed alla vista, ma anche mancanza di sensibilità
nervosa, oltre a febbri ricorrenti e stanchezza continua.
Soffrì crisi depressive, forse dovute alla malattia fisica, forse dovuti a disturbo bipolare, il che spiega
i frequenti cambi di umore, dall'euforia alla disperazione inconsolabile che gli fanno percepire
l’esistenza come dolore
Tutto questo rese più acuto il suo disagio sociale, anche a causa della sua timidezza, facendolo
sentire in condizione di inferiorità nei confronti del mondo e spingendolo ad indagare profondamente
il dolore e la condizione umana.
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1819 Conversione filosofica: dal bello al vero. Il bello non in senso arcaico ma neoclassico. Passaggio
dalla poesia di immaginazione alla poesia sentimentale: ricca di riflessioni e convincimenti filosofici
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La teoria del Piacere : concezione filosofica in maggior parte teorizzata nello Zibaldone, in cui il
poeta cerca di esporre in modo organico la sua visione delle passioni umane. Il lavoro di sviluppo del
pensiero leopardiano in questi termini avviene dal 12 al 25 luglio 1820.
Giacomo Leopardi - Generalità
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1817 anno di svolta. Il peso dei mali che lo affliggono lo spinge a desiderare di uscire dalle angustie
di Recanati; avvia la corrispondenza con il Classicista Pietro Giordani.
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Nell'estate 1817 fissa le prime osservazioni all'interno di un diario di pensiero che prenderà poi il
nome di Zibaldone, in dicembre si innamorerà per la prima volta della cugina. Pietro Giordani
riconosce l'abilità di scrittura di Leopardi e lo incita a dedicarsi alla scrittura. Leopardi difende la
cultura classica e ringrazia Dio di aver incontrato Giordani che reputa l'unica persona che riesce a
comprenderlo.
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Fra il 1822 e il 1830 alternando ritorni a Recanati, soggiornò a Roma, Milano, Bologna, Firenze e Pisa
e poi ancora a Firenze dal 1830 al 1833, Membro dell’Accademia della Crusca
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Nel 1833 si reca a Napoli, ospite di Antonio Ranieri.
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August von Platen che lo visita nel 1834 lo descrive così: ‘Leopardi è piccolo e gobbo, il viso ha
pallido e sofferente fa del giorno notte e viceversa, conduce una delle più miserevoli vite che si
possano immaginare. Tuttavia, conoscendolo più da vicino la finezza della sua educazione classica e
la cordialità del suo fare dispongon l'animo in suo favore.’
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Le sue Operette morali subiscono una nuova censura da parte delle autorità borboniche, a cui
seguirà la messa all’Indice dei libri proibiti dopo la censura pontificia, a causa delle idee materialiste
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Nel febbraio del 1837 le sue condizioni si aggravano verso maggio. Il 14 giugno di quell'anno,
Leopardi morì improvvisamente, dopo essersi sentito male al termine di un pasto
Giacomo Leopardi - Generalità
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Lo Zibaldone, o col titolo completo Zibaldone di pensieri, è un diario personale che raccoglie una
grande quantità di appunti scritti tra luglio/agosto 1817 e dicembre 1832 da Giacomo Leopardi, per
un totale di 4526 pagine.
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Il titolo deriva dalla caratteristica della composizione letteraria, una mistura di pensieri, come
l'omonima vivanda emiliana che è costituita da un amalgama vario di molti ingredienti diversi.
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Dopo la morte del poeta nel 1837 il fascio di carte era rimasto presso l'amico Antonio Ranieri il quale
lo tenne per oltre cinquant'anni con altri manoscritti, lasciandolo in un baule a sua volta finito in
eredità a due donne di servizio. Dopo la morte di Ranieri e un processo per stabilirne la proprietà, gli
studiosi poterono finalmente avere accesso all'autografo che è oggi conservato presso la Biblioteca
Nazionale di Napoli.
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L'opera è stata pubblicata per la prima volta in sette volumi, durante il triennio 1898-1900 da una
commissione di studiosi presieduta da Giosuè Carducci con il titolo Pensieri di varia filosofia e di bella
letteratura (ed. Le Monnier).
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Si tratta di annotazioni di varia misura e ispirazione, spesso scritte in uno stile per lo più asciutto; a
volte brevissime, a volte ampie e articolate. Contengono un notevole insieme di temi e spunti che
spesso costituirono ispirazione prima per l’Opera di Leopardi. In qualche caso queste pagine
riportano commenti su libri letti, osservazioni su incontri o esperienze ecc. Sono di particolare
interesse le numerosissime pagine che elaborano gli elementi essenziali della poetica e del pensiero
di Leopardi, di cui il lettore può cogliere l'intimo e problematico dinamismo.
Lo Zibaldone
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La prima pagina è datata ‘luglio o agosto 1817’, l'ultima ‘Firenze, 4 dicembre 1832’. Il
maggior numero delle 4.525 pagine venne scritto tuttavia fra il 1817 e il 1823 per un
totale di più di 4.000 pensieri elaborati. I contenuti sono influenzati dai vari viaggi e
dalla sedentarietà del poeta la cui scrittura dello Zibaldone appare legata
essenzialmente ad un'immagine dell'esistenza come reclusione.
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I temi trattati sono: la religione cristiana, la natura delle cose, il piacere, il dolore,
l'orgoglio, l'immaginazione, la disperazione e il suicidio, le illusioni della ragione, lo
stato di natura del creato, la nascita e il funzionamento del linguaggio, la lingua
adamica e primitiva, la caduta dal paradiso, il bene e il male, il mito, la società, la
civiltà, la memoria, il caso, la poesia ingenua e sentimentale, il rapporto tra antico e
moderno, il talento: tutta la filosofia che sostiene e nutre la propria poesia.
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Il dolore è la legge della realtà ed è universale. Esso riguarda "non gli individui, ma le
specie, i generi, i regni, i globi, i sistemi, i mondi".
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Il ricordo ha un'importanza fondamentale in quanto fa emergere una folla di
sensazioni e riflessioni, che le immerge in un'atmosfera di vago e di indefinito.
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La poesia è identificata da Leopardi con il senso dell'indeterminato e con le emozioni
interiori cui corrispondono alcune particolari parole evocatrici: lontano, antico, notte,
notturno, oscurità, profondo, ecc.
Lo Zibaldone – Contenuti
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Il cuore dell’opera del Leopardi è la cosiddetta ‘teoria del piacere’, frutto di un
ragionamento filosofico che parte dalla critica delle passioni che spingono l’uomo alla
continua ricerca della felicità.
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L’uomo, secondo il poeta, è costretto a sedare l’istinto primordiale che lo spinge a
cercare un piacere illimitato ed affronta la propria vita con l’illusione di riuscire a
placare questa mancanza.
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La natura è la sola responsabile di ciò che accade: è lei che ha donato all’uomo
l’immaginazione, al fine di regalargli una felicità fittizia, uno stato di godimento che è
un momento quasi inafferrabile, che dura un attimo, come, tra l’altro, affermava
Schopenhauer, quando scriveva che «La vita umana è come un pendolo che oscilla
incessantemente tra dolore e noia, passando attraverso l’intervallo fugace, e per di
più illusorio, del piacere e della gioia»
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L'uomo cerca di raggiungere la felicità (illusoria), lavorando e distraendosi con varie
attività, ma queste non sono altro che appagamenti momentanei. Di conseguenza, la
vita è solo dolore e sofferenza.
La Teoria del Piacere
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Nello Zibaldone, Leopardi confessa se stesso con estrema
sincerità. Pochi hanno centrato come lui il male di vivere. Pochi
sono riusciti a rappresentare con tanto effetto la nostalgia per la
vita che se ne va, per il mondo che scompare.
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Il poeta, incapace di adattarsi alla realtà, si rinchiude in un
atteggiamento di noia, intesa come assenza di sensibilità, inerzia
assoluta dello spirito. La noia è un problema di tutta la società e il
Leopardi la definisci il male del secolo.
Il Male di Vivere
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Il ricordo ha un'importanza fondamentale per il Leopardi, in quanto fa
emergere una folla di sensazioni, sentimenti, riflessioni, arricchendoli del
fascino della lontananza.
"La rimembranza è essenziale e principale nel sentimento poetico, non per altro se non
perché il presente, qual ch'egli sia, non può essere poetico; e il poetico, in uno o in altro
modo si trova sempre consistere nel lontano, nell'indefinito, nel vago" (Zibaldone, 6).
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La rimembranza ci permette di recuperare la dimensione fantastica e
commossa che nella prima adolescenza l'uomo ha assunto di fronte alla
vita.
"La sensazione presente non deriva immediatamente dalle cose, non è un'immagine
degli oggetti, ma della immaginazione fanciullesca; una ricordanza, una ripetizione, una
ripercussione o riflesso della immagine antica. [....] In maniera che, se non fossimo stati
fanciulli, tali quali siamo ora, saremmo privi della massima parte di quelle poche
sensazioni indefinite che ci restano, giacché non le proviamo se non rispetto e in virtù
della fanciullezza" (Zibaldone, 7)".
La Rimembranza
Palazzo bello. Cane di notte dal casolare, al passar del viandante.
Era la luna nel cortile, un lato
Tutto ne illuminava, e discendea
Sopra il contiguo lato obliquo un raggio...
Nella (dalla) maestra via s'udiva il carro
Del passegger, che stritolando i sassi,
Mandava un suon, cui precedea da lungi
Il tintinnìo de' mobili sonagli.
Onde Aviano raccontando una favoletta dice che una donna di contado piangendo un suo
bambolo, minacciogli se non taceva che l'avrebbe dato mangiare a un lupo. E che un lupo
che a caso di là passava, udendo dir questo alla donna credettele che dicesse vero, e
messosi innanzi all'uscio di casa così stette quivi tutto quel giorno ad aspettare che la
donna gli portasse quella vivanda. Come poi vi stesse tutto quel tempo e la donna non se
n'accorgesse e non n'avesse paura e non gli facesse motto con sasso o altro, Aviano lo
saprà che lo dice. E aggiugne che il lupo non ebbe niente perchè il fanciullo s'addormentò, e quando bene non l'avesse fatto non ci sarìa stato pericolo. E fatto tardi, tornato alla
moglie senza preda perchè s'era baloccato ad aspettare fino a sera, disse quello che
nell'autore puoi vedere.
(Luglio o Agosto 1817).
Lo Zibaldone – Inizio
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Due critiche che gli uomini generalmente non crederanno mai: l’una di non saper
nulla, l’altra di non esser nulla. Aggiungi la terza, che ha molta dipendenza dalla
seconda: di non aver nulla a sperare dopo la morte
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Grande ambizione degli uomini mentre sono immaturi è di parere uomini fatti, e
quando sono uomini fatti, di apparire immaturi.
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La cosa più inaspettata che accada a chi entra nella vita sociale, e spessissimo a chi
v’è invecchiato, è di trovare il mondo quale gli è stato descritto, e quale egli lo
conosce già e lo crede in teoria. L’uomo resta attonito di vedere verificata nel caso
proprio la regola generale.
(Firenze, 4 Dicembre 1832).
Lo Zibaldone – Ultime riflessioni
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