STORIA E MEMORIA Storia e ricerca L’importanza della memoria per un individuo e per una comunità Una persona non potrebbe essere privata della propria memoria senza essere privata della propria identità. Senza memoria una persona non si riconosce più e si disperde, cessando di esistere. [Es. il caso Bruneri-Canella o il caso di Martin Guerre ricostruito da N. Zemon Davies.] Analogo discorso vale per una comunità: senza memoria storica una comunità perde la sua identità [Es. gli immigrati sradicati]. La trasmissione della memoria è dunque per le società umane qualcosa di essenziale e necessario e può diventare un rito collettivo condiviso [dall’ascolto dei racconto degli anziani del villaggio alle celebrazioni del 25 aprile]. La storiografia si fonda sulla memoria, ma non si identifica mai con essa Anche la pratica storiografica si fonda sulla memoria, ma non deve mai identificarsi con essa. Lo storico non è e non deve essere necessariamente un testimone dei fatti, ma un loro interprete critico. Mentre nel mondo antico e nel medioevo lo storico è innanzitutto il testimone, o chi ha avuto accesso alle testimonianze di chi è stato più vicino ai fatti (tanto più la testimonianza è antica tanto più è ritenuta veritiera), tra il XVI e il XVII secolo si fa strada sempre più chiaramente la consapevolezza che il sapere storico è fondato su altro che sulla semplice testimonianza o memoria dei fatti. La presenza dello storico-testimone non è più considerata una garanzia di veridicità (anzi, spesso è il contrario). Fede e ragione «Questo cambiamento – lo stesso che permette di passare dalla fede alla ricerca, cambiamento fondamentale nella storia della storiografia – farà sì che la ricerca, progressivamente, si affermi sotto gli auspici della ragione, che in una continua ricerca della verità metterà in questione persino la stessa tradizione (…) di conseguenza lo studio critico di documenti e monumenti non genera un racconto di avvenimenti, ma valutazione critica di tali documenti e monumenti, che è cosa completamente diversa» [J. Lozano]. Memoria selettiva ed egocentrica La memoria umana è sempre selettiva; l’oblio di ciò che è stato selezionato alimenta e rafforza la memoria di ciò che è stato registrato. Ogni memoria umana è necessariamente egocentrica: ossia è organizzata intorno all’io. Ciò vale sia per la memoria individuale che per la memoria di gruppo. Pertanto ogni memoria ingloba (e seleziona) anche una parte della memoria delle generazioni precedenti attraverso il racconto (o la storia), modellando la propria memoria sulla base di quei dati. La memoria cerca sempre di addurre prove, ma queste valgono solo per quanti abbiano già riconosciuto la verità della testimonianza e siano chiamati a convalidarla. La storiografia inizia dove finisce la testimonianza Inizialmente la storia non è che la memoria messa per iscritto. Lo storico è il testimone o colui che può risalire alla memoria dei testimoni. Oggi sappiamo che lo storico non è il testimone e che la storiografia inizia laddove finisce la testimonianza. La memoria è la materia prima della storia, ma contrapporre la memoria/testimonianza alla storia/analisi è un’operazione nefasta. Memoria e storia MEMORIA 1. La memoria vuole ricordare 2. La memoria è calda 3. La memoria è immediata 4. La memoria è fragile 5. La memoria è autoreferenziale 6. La memoria è oggetto della storia STORIA 1. La storia vuole ricostruire 2. La storia è fredda 3. La storia è mediata 4. La storia è solida 5. La storia è verificata sulle fonti 6. La storia può essere parte della memoria Nessun testimone è pienamente consapevole degli eventi che vive La molteplicità delle memorie tramandate e soggettive sono l’oggetto del lavoro dello storico. Nessun testimone, nemmeno il più attento e smaliziato, è consapevole della portata storica degli eventi che sta vivendo: il soldato napoleonico Fabrizio del Dongo, ne La Certosa di Parma di Stendhal, non ha, giustamente, la minima idea di trovarsi in ciò che in seguito si sarebbe chiamata la battaglia di Waterloo; nessuno avrebbe potuto scrivere, nel luglio 1789: «è iniziata la Rivoluzione francese!»; nessun diplomatico avrebbe mai potuto affermare, tra il 1618 e il 1648, che era in atto la “guerra dei trent’anni”. Il distacco è dunque necessario per poter formulare un giudizio storico. Il caso della storia contemporanea La questione si fa assai delicata quando si tratta di storia contemporanea: qui storia e memoria tendono a sovrapporsi e gli storici professionisti hanno il dovere di distinguere i due piani. Ad esempio Primo Levi, uno dei pochi sopravvissuti al campo di sterminio di Auschwtz e autore di libri come Se questo è un uomo e La tregua, testi fondamentali per comprendere la realtà dei campi di sterminio nazisti, non ha mai voluto essere qualificato come storico, ma come semplice testimone della Shoah. Alcuni noti storici italiani contemporaneisti, come Giorgio Vaccarino o come Claudio Pavone, hanno partecipato personalmente alla Resistenza tra il 1943 e il 1945 ed hanno in più occasioni parlato - da testimoni - della loro esperienza. Come storici si sono invece posti da di un piano diverso, esaminando una pluralità di fonti e di testimonianze cercando di essere condizionati il meno possibile dalla loro esperienza personale, seppure non rinunciando ad un punto di vista dichiaratamente antifascista. Se da partigiani parlavano di “guerra di liberazione”, da storici hanno parlato – con qualche scandalo fra gli ex partigiani combattenti - di “guerra civile”, impiegando una categoria interpretativa cara alla destra fascista e utilizzata fra i primi dall’ex repubblichino e fascista “non pentito” Giorgio Pisanò. Memorie conflittuali Memorie conflittuali in assenza di un elemento di verifica: chi ha ragione? Chi ha la legittimazione (=il potere). La storia mondiale è costellata di «memorie conflittuali» Guerra fra memorie = guerra fra storie: es. la Riforma protestante es. la rivoluzione inglese es. la Rivoluzione francese es. la guerra di secessione americana es. la guerra civile spagnola es. Fascismo e Resistenza es. comunismo e anticomunismo es. la fondazione di un nuovo Stato (l’Italia / la Germania / la Russia / la Serbia, ecc.) Memoria/oblio Pieni e vuoti di memoria Maurice Halbwachs (1877-1945) Maurice Halbwachs, allievo di Emile Durkheim, è stato professore di sociologia dal 1919, prima all’università di Strasburgo, dove ha conosciuto Bloch e Febvre, paretcipando alla findazione delle «Annales», poi dal 1935 alla Sorbona. Nel 1944 passa al Collège de France, come titolate della cattedra di Psicologia collettiva. Nel luglio dello stesso anno viene arrestato dalla Gestapo, in quanto ebreo e antinazista, e deportato a Buchenwald, dove muore nel 1945. Due sono i concetti fondamentali da lui elaborati: quadro sociale e memoria sociale. quadro sociale Per quadro sociale Halbwachs intende il ricordo in sé, come insieme di nozioni che in qualsiasi momento l’individuo può richiamare, ma anche i punti di riferimenti collettivi esterni. Ad esempio il ricordo di una persona è sempre legato a un evento e il nostro giudizio sulla persona e sull’evento è condizionato, se non determinato, da quello che è il giudizio sociale diffuso, da noi interiorizzato nel tempo, sull’evento e dunque sulla persona. Il giudizio, che è dietro il ricordo individuale, cambia perciò nel tempo, seguendo il flusso dei giudizi sociali diffusi. In questo senso un matrimonio o una chiamata alle armi possono essere vissuti diversamente a seconda del diverso giudizio sociale diffuso. Quel che era giusto ieri, oggi può essere ingiusto, e così via. memoria collettiva Per memoria collettiva Halbwachs intende l’insieme dei quadri sociali, così come si sviluppano nel tempo. La memoria collettiva è collegata agli effetti sociali di un avvenimento. E fino quando questi perdurano difficilmente un gruppo sociale dimentica un certo avvenimento. Ad esempio, una guerra, può segnare la memoria collettiva di generazioni successive, anche dopo che si è spenta, per ragioni anagrafiche, la memoria individuale della perdita in guerra di un proprio caro. Si tratta quindi di un " prolungamento " della memoria sociale, che dipende anche dall’importanza sociale che viene data al ricordo collettivo del conflitto. In questo senso la memoria collettiva individuale "guarda" mentre quella sociale " vede". E si potrebbe anche dire "provvede : nel senso che la società perpetua, trasformandoli in collettivi, i nostri ricordi individuali. Bibliografia M. Halbwachs, La classe ouvriére et le nives de vie, Alcan, Paris 1913 Le cadres sociaux de la mémoire, Alcan, Paris 1925 Les causes du suicide, Alcan Paris 1930, L’évolution des besoins dans le classes ouvrières, Alcan, Paris 1933 Esquisse d’un psychologie des classes sociales, Rivière, Paris 1938 La mémoire collective (edizione postuma) PUF, Paris 1950