DIRITTO PROCESSUALE 2 Modestino Acone La «ragionevole durata» del regolamento di competenza DOTTRINE GENERALI 3 4 Modestino Acone L’interrogatorio libero delle persone incapaci di testimoniare 5 FRANCESCO CORDOPATRI L’INTERROGATORIO LIBERO DELLE PERSONE INCAPACI DI TESTIMONIARE SOMMARIO: 1. Generalità. – 2. Una manifestazione di dissenso, ... – 3. ... occasione per lo approfondimento di una ricerca ... – 4. (Segue): ... e ulteriore conferma della fecondità di un magistero. – 5. (Segue). – 6. (Segue): il «problema fondamentale» della testimonianza. – 7. L’art. 421, comma 4°, c.p.c. – 8. (Segue): i termini della questione. – 9. L’art. 421, comma 4°, e l’art. 246 c.p.c. – 10. (Segue): il testimone, la fattispecie e la parte. – 11. (Segue): la testimonianza, la valutazione e il giudice. – 12. L’efficacia della risposta all’interrogatorio libero ex art. 421, comma 4°, c.p.c. – 13. (Segue). – 14. Consonanze epistemologiche. – 15. Considerazioni conclusive … – 16. … e riepilogo. 1 1. – Come insegna autorevolmente Carmine Punzi ( ), l’utilità euristica dell’in2 dagine storica … non eget probatione ( ). Del resto, l’importanza dello studio storico può essere còlta in tutta la sua pregnanza e trovare puntuale conferma tosto che ci si convinca che esso non promuove soltanto il raggiungimento di rilevanti risultati nel campo della conoscenza delle elaborazioni pregresse, ma riesce altresì, in feconda simbiosi, di ausilio per il raggiungimento di notevoli traguardi anche e soprattutto 3 nell’area delle ricerche intorno ad istituti di diritto positivo ( ). Le considerazioni che seguono si propongono di recare un’ulteriore seppur modesta conferma della fondatezza della constatazione appena fatta. 4 2. – Qualche tempo addietro è stato sostenuto ( ) – in dichiarato dissenso dalle 1 ( ) PUNZI, Il processo civile. Sistema e problematiche, I, Torino, 2008, pp. 2-3. 2 ( ) Sul punto, anche MANTELLO, Nota di lettura, in ORESTANO, Scritti, a cura di A. MANTELLO, Napoli, I, 1998, p. XXXIV ss. Argomentazioni complete ed esaurienti in ORESTANO, Del problema del diritto romano e della sua storicità, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1985, p. 551 ss. Di questo A. v. anche Concetto di ordinamento giuridico e studio storico del diritto romano, in Jus, 1962, spec. p. 5; ID., Il problema delle persone giuridiche in diritto romano, I, Torino, 1968, p. 185 ss.; ID., Frammento su “Stato”, in ID., “Diritto”. Incontri e scontri, Bologna, 1981, p. 182, ma v. spec. pp. 18, 108, 455, 487 e 516; ID., Della “esperienza giuridica” vista da un giurista, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1980, p. 1173; ID., Ideologia, parola da non far paura. Per una “radiografia” della “scientia iuris”, in Foro it., 1982, V, c. 157. 3 ( ) In arg., specificatamente, ancora MANTELLO, op. ult. cit., p. XLVI. In generale, sull’utilità dello studio della storia giuridica per le ricerche di diritto positivo, CRIFÒ, Emilio Betti. Note per una ricerca, in Quaderni fiorentini, 1978, p. 267 ss. 4 ( ) Da TARUFFO, Prova testimoniale (dir. proc. civ.), in Enc. dir., XXXVII, Milano s.d., ma 1988, p. 730, nt. 11. Giova avvertire, ancorché di volo (e sul punto, ovviamente, si dovrà ritornare (infra, nel testo e nelle note), che il concetto di estraneità, che connota la figura del testimone, suole essere astratto ed estratto dalla problematica sottesa dall’art. 246 c.p.c. Ne segue che l’analisi del rapporto fra il detto art. 246 e l’art. 421, comma 4°, c.p.c. – che reca un’attenuazione del principio ancorché limitatamente al rito speciale del lavoro – riesce, contrariamente ai rilievi correntemente fatti (da ultimo, v., ad esempio, PATTI, Francesco Cordopatri 6 5 conclusioni cui era pervenuta un’indagine storica ( ) sulla testimonianza civile – che, nelle fasi arcaiche o arcaicizzanti delle diverse esperienze giuridiche, nessun rapporto si poneva (si sarebbe potuto porre) fra la parte processuale e il testimone (che non fosse il testimone strumentale), e che, semmai, il giudice poteva (avrebbe potuto) fondare il proprio convincimento in punto di fatto anche sulla deposizione in fatto del medesimo testimone. E si è precisato che nessuna connessione legava (avrebbe potuto legare) la posizione del giudice a quella del teste, specie se chiamato 6 ex officio a riportare dei fatti di causa. Si è poi rilevato ( ), seppure per incidens, che, ai nostri giorni, il teste non depone solo e necessariamente su fatti giuridici o principali, né, tanto meno, qualifica (può qualificare) giuridicamente tali fatti, del tutto irrilevante riuscendogli il rapporto fatto-norma; poco o nulla egli potendo conoscere della quaestio iuris; e la prova vertendo (dovendo vertere) in generale solo su fat7 ti, appunto principali e secondari. E si è concluso ( ) che quella ricerca, oggetto di dissenso, avrebbe erroneamente ritenuto essere propri di una «storia dei dogmi» risultati che più correttamente sarebbero dovuti essere considerati, invece, esclusivo appannaggio di una «storia dei fenomeni». Con la conseguenza che i risultati da essa attinti non avrebbero rilievo alcuno per la corretta individuazione, ai giorni nostri, della funzione e della posizione processuale svolta e tenuta dal testimone né, tanto meno, sarebbero da considerare euristicamente utili. 3. – È affatto agevole rilevare che, come sarà dimostrato, la manifestazione di dissenso, almeno nei limiti e nei termini in cui è stata fatta, va, per un verso, assolutamente fuori bersaglio, e non si sottrae, per l’altro verso, ad un’evidente taccia di apodissi e di infondatezza nel merito. Essa, intanto, riguarda conclusioni attinte in seguito ad un’indagine storica, cioè relative ad epoche per definizione più o meno risalenti. Com’è a tutti noto, è metodologicamente poco corretto, per non dire gratuito, fare uso, onde criticare considerazioni relative a istituti giuridici remoti, di un’attrezzeria concettuale propria di periodi più recenti o addirittura attuali. Del pari, risulta … per tabulas che l’indagine in discorso si era proposta espressamente di accertare «soltanto» quale fosse stata l’effettiva configurazione della prova testimoniale civile nella fase arcaica dell’evoluzione del diritto romano o nelle fasi arcaicizzanti dell’evoluzione delle esperienze altomedioevali e che essa inoltre si 8 limitava a porre, solo in via meramente ipotetica, la quaestio ( ) se e in quali termini i Della prova testimoniale. Delle presunzioni, in Commentario del codice civile, diretto da SCIALOJA e BRANCA, a cura di F. GALGANO, artt. 2721-2729, Bologna-Roma, 2001, p. 2), di innegabile importanza nell’economia del presente lavoro. 5 ( ) CORDOPATRI, Contributi allo studio della testimonianza nel processo civile. I. Indagini storiche, in Riv. it. scienze giur., 1972, p. 103 ss. 6 ( ) TARUFFO, op. ult. cit., p. 731, nt. 12. 7 ( ) TARUFFO, op. ult. loc. cit. 8 ( ) Tant’è che a quello che indicava a suo tempo come il «problema fondamentale» della testimonianza la ricerca in parola si riproponeva di dedicare in prosieguo una riflessione specifica. Le cui argomentazioni ed i cui risultati ora vengono peraltro ripresi e condensati nella presente indagine. Infra, nel testo e nelle note. L’interrogatorio libero delle persone incapaci di testimoniare 7 risultati di una ricerca così condotta avrebbero potuto arrecare, o meno, qualche 9 ausilio per la migliore comprensione ( ) della problematica posta ai nostri giorni dalla disciplina normativa della testimonianza. La verità è che il dissenso in discorso avrebbe dovuto semmai e più correttamente ricercare il proprio fondamento soltanto nell’apprezzamento in punto di fedeltà o infedeltà verso le fonti, in una, nella critica del «merito» della ricerca. Al contrario, quel dissenso, lungi dal fondare su consistenti «pezze di appoggio», val dire sulla ricerca e sull’analisi puntuale dei documenti, ha invece finito per posi10 zionarsi più semplicemente … su postulati meramente gratuiti ( ). Così, quando ha assunto, in via del tutto arbitraria, essere patrimonio esclusivo della testimonianza strumentale ciò che invece e ab immemorabili è sempre stato peculiarità anche e soprattutto del testimone giudiziale, ed è incorso in quell’errore 11 dal quale altri ( ) a suo tempo non aveva mancato di mettere correttamente in guardia. È stato, infatti, definitivamente dimostrato da certo più documentate analisi 12 specialistiche delle fonti ( ) nonché dalla puntuale rassegna della più autorevole letteratura che unica e comune è stata la originaria connotazione concettuale del testimone strumentale e del teste giudiziale. 13 Al riguardo, si è anzi correttamente rilevata ( ), in tesi generale, la complessità 9 ( ) Per ORESTANO, Del problema del diritto romano, cit., pp. 592-593, per il quale «ciò che ha importanza è il prendere coscienza della piena e continua storicità dei fenomeni giuridici …», perché l’analisi delle esperienze pregresse in tanto è utile, in quanto sia fatta «da un giurista con intenti e con procedimenti giuridici, per la comprensione della propria esperienza» (corsivi miei). 10 ( ) Ed, infatti, richiama le considerazioni di ANDRIOLI, Prova testimoniale (dir. proc. civ.), in Nuovo Dig. it., XIV, Torino s.d., ma 1967, p. 329, nt. 2, che, a sua volta, riprendono uno spunto di H. LÉVY BRUHL, La preuve judiciaire, Paris, 1964, pp. 47 e 121. Senonché, il Levy Bruhl fa (si badi) esclusivo riferimento al teste strumentale e mostra in altra occasione (H. LÉVY BRUHL, Le témoignage instrumentaire en droit romain, Paris, 1910, passim) di avere ben presente la corretta impostazione del rapporto fra teste strumentale e testimone giudiziale. 11 ( ) SATTA, recensione a ANDRIOLI, Prova testimoniale civile, voce del Nuovo Dig. it., XIV, p. 329, in SATTA, Quaderni del diritto e del processo civile, I, Padova, 1969, p. 151 ss. Per la concezione nutrita da Satta attorno alla testimonianza v., in generale, SATTA, Testimonianza di Benco, presentazione a BENCO, Trieste e il suo diritto all’Italia, Milano, 1952, ora in SATTA, Soliloqui e colloqui di un giurista, Padova, 1968, p. 166 ss. Piace notare, con l’occasione, che le intuizioni di Satta (SATTA, Commentario al codice di procedura civile, II, 1, Milano, 1960, p. 252: «uno studio storico sulla testimonianza, se fosse possibile farlo al di là delle semplici vicende esteriori, mostrerebbe certamente come l’idea del testimone si trovi all’origine stessa del diritto ...»), ancorché spesso carenti del conforto puntuale e testuale delle fonti, possono tuttavia riuscire, e di fatto quasi sempre riescono, assai illuminanti. 12 ( ) V. ARANGIO RUIZ, Nuovi aspetti del processo romano in un ‘fascicolo’ ercolanese, in Atti congr. intern. proc. civ., Padova, 1953, p. 196 ss.; ID., Il processo di Giusta, in La parola del passato, 1948, p. 134 ss.; ID., Testi e documenti. 4. Tavolette ercolanesi (il processo di Giusta), in Bull. Ist. dir. rom., 1959, p. 223 ss.; ID., Una esercitazione romanistica sul processo di Giusta, in SSE, 1959, p. 286 ss. In arg., v. anche COSTABILE, Nuove luci sul ‘processo di Giusta’, in Studi in onore di C. Sanfilippo, Milano, 1987, VII, p. 202 ss.; e spunti in METRO, Testis unus testis nullus, in Labeo, 1998, p. 61 ss. 13 ( ) Dalla letteratura puntualmente riportata, in una con le fonti, in CORDOPATRI, Il problema della prova civile nei diritti antichi – relazione letta al XXXVIII congr. intern., organizzato dal 12 al 15 settembre 1973, in Atene, dalla Société internationale «F. de Visscher» pour l’histoire des droits de l’anti- 8 Francesco Cordopatri della figura del teste arcaico, che, da un lato, evolve verso la figura del giudice, e, 14 dall’altro lato, fa mostra di originare da quella del più risalente conjurator ( ). D’altra parte, per operare fra i tanti possibili solo qualche riscontro, le ricerche 15 sulla fase arcaicizzante dell’evoluzione dell’esperienza giuridica sassone ( ) in parti16 colare, e di altre esperienze ( ) in generale, hanno per l’appunto accertato l’esistenza quité, sul tema: La procédure civile dans les droits antiques-, ora anche in Arch. giur., 1975, p. 131 ss., in nota. Hic et nunc, mette conto rilevare soltanto che, nella dottrina più recente, il VINCENTI, ‘Duo genera sunt testium’. Contributo allo studio della prova testimoniale nel processo romano, Padova, 1989, p. 3, pare omologare in toto i risultati attinti da CORDOPATRI, Il problema della prova civile nei diritti antichi, cit., p. 165. (Sullo studio di Vincenti v. TALAMANCA, in Bull. Ist. dir. rom., 1991-1992, p. 829, le cui assai autorevoli considerazioni non sembrano tuttavia toccare – ma, anzi, sembrano confortare – le conclusioni ribadite nel testo). 14 ( ) Limitatamente ai rilievi fatti per (e riferite al-) le fasi arcaiche e/o arcaicizzanti pare concordare, di recente, anche BOTTA, Appunti in tema di capacità testimoniale femminile: dal diritto della compilazione giustinianea alla Novella 48 di Leone VI Il Saggio, la cui consultazione, in seconde bozze, è stata resa possibile dalla cortesia dell’Autore. 15 ( ) Per tutti, JOÜON des LONGRAIS, La preuve en Angleterre depuis 1066, in La preuve. II. Le moyen age et temps modernes, in Recueils de la societé Jean Bodin pour l’histoire comparative des institutions, XVII, Bruxelles, 1965, p. 207 ss. Più in generale, ma sostanzialmente sulle stesse posizioni di Joüon des Longrais, già HOLDSWORTH, A history of English Law, 9, London, 1926, p. 177; THAYER, A preliminary Treatise on Evidence at the Common Law, Boston, 1898, pp. 122-138; e, ancor prima e più approfonditamente, BRUNNER, Die Entstehung der Schwurgerichte, Berlin, 1872 – rist. 1967 – p. 217 ss. 16 ( ) La diretta promanazione del testis dal compurgator è fatta palese, anche in altre esperienze, dall’identità dell’oggetto della deposizione del primo e della dichiarazione asseverata con giuramento del secondo. In un placito del 1° luglio 861, in Compiegne (in TESSIER, Actes de Charles II le Chauve, II, Paris, 1952 – chartes et diplomes pour servir à la histoire de France-, n. 228, p. 7), alla lagnanza degli attori («... reclamaverunt se dicerent eo quod ipsi ex nascendi liberi coloni esse debent sicut alii coloni sancti Dionisii, et predictus Deodadus monachus eis per vim in inferiorem servicium inclinare vel adfligere vellit injuste») segue la prova per testes («... per quem eis probare potebant quem in tempore avi et genitori nostri bone memorie Hludovici ipsi et illorum antecessores suprascripti servi ad inferiorem servicium de jam dicta villa semper fuissent, et plus per drictum et per legem quem coloni, sicut manifestum est, fecissent» (corsivi miei). All’evidenza, l’attestazione non cade su di una semplice realtà fattuale, sibbene su di una realtà dagli stessi testimoni già qualificata giuridicamente. Altro placito degli ultimi anni del secolo ottavo, coevo del primo (in Formulae Salicae Lindenbrogianae, n. 21, in ZEUMER, Formulae Merovingici et karolini Aevi, MG. 4, p. 282) recita: «... ut supra noctes 40 cum 12 francos, sex de parte paterna et sex de materna, in ecclesia illa iurare debuisset, ut de parte paterna aut de materna secundum Legem Salicam ingenuus esse videretur …» (corsivo mio). Va, pertanto, ribadita l’identità di oggetto fra la deposizione testimoniale e il giuramento dei conjuratores, di cui ai due placiti, e fra il detto giuramento dei compurgatores e la deposizione dei testimoni già nella ricordata (supra, nt. 12) causa liberalis di Giusta: sia il testimone sia il congiuratore affermavano non una realtà di fatto, ma una realtà giuridicamente qualificata. Ne segue che alla domanda se «le témoin de credulitate, le cojureur, le garant a-t-il été l’ancetre du témoin de facto, du témoin à la moderne» si deve dare senz’altro, con M. BOULET SAUTEL, Aperçus sur le système des preuves dans la France coutumière du Moyen Age, in Le preuve, cit., XVII, p. 305, risposta affermativa. In questo stesso senso, v., in genere, gli autorevoli cenni di CHIOVENDA, Sul rapporto tra le forme del procedimento e la funzione della prova. L’oralità e la prova, ora in CHIOVENDA, Saggi di diritto processuale civile, a cura di A. PROTO PISANI, Milano, 1993, II, p. 214 (su cui, da ultimo, CHIZZINI, Note in tema di romanesimo e germanesimo nel processo civile, spec. pp. 2-3, del dattiloscritto); ID., Relazione L’interrogatorio libero delle persone incapaci di testimoniare 9 di due precise e distinte linee evolutive – l’una che si svolge da quella di teste verso la nozione di giudice e l’altra che si diparte da quella di congiuratore verso la nozio17 ne di testimone – sostanzialmente parallele ( ). Ciò che, per vero, la ricerca fatta oggetto di quel dissenso non aveva mancato di rilevare, segnatamente con riguardo al18 l’esperienza sassone, nella parabola evolutiva seguita dall’istituto del jury ( ). Neppure l’avviso addotto a conforto del dissenso in discorso, secondo cui anche il giudice arcaico fondava il proprio convincimento in punto di fatto, al pari del suo sul progetto di riforma del procedimento elaborato dalla Commissione per il dopo guerra, ivi, p. 25, il quale propugna l’avviso che il testimone deriva certamente dal più risalente conjurator. Così come risposta altrettanto affermativa deve essere data alla domanda se dal testimone origini il giudice, meglio se la figura del testimone evolva verso quella del giudice (nell’esperienza sassone, il componente dell’arcaico jury), secondo gli esatti rilievi di LÉVY BRUHL, La preuve judiciaire, cit., p. 141. Al riguardo, BROGGINI, La preuve dans l’ancien droit romain, in La preuve, cit., p. 264 – senza peraltro portarsi sulle posizioni più radicali di JHERING, Geist des römischen Rechts aufverschiedenen Stufen seiner Entwicklung, Leipzig, 1880, p.143, per il quale «die Wahrheit, die erbezeugen soll, ruht urspruenglich in den Fausten»; o di THORMANN, Der doppelte Ursprung der Mancipatio. Ein Beitrag zur Erforchung des fruhromischen Rechts unter Mitberucksichtigung des nexum, Muenchen, 1943, p. 42; o di PRINGSHEIM, Le témoignage dans la Grèce et Rome archäique, in Rev. int. des dr. de l’ant., 1951, p. 161 ss. – intravede chiaramente, per l’appunto, il rapporto fra testis e arbiter e fra testis e iudex in termini di identità, prima, e di evoluzione, dopo. Sulla derivazione del testimone dal conjurator e sull’evoluzione del teste verso il giudice, BRUNNERvon SCHWERIN, Deutsche Rechtsgeschichte, München u. Leipzig, 1928, II, p. 527 ss.; e cenni in HIMSTEDT, Die neuen Rechtsgedanken im Zeugenbeweis des oberitalienischen Stadtrechtsprozesses des 13 und 14 Jahrhundert, Berlin u. Leipzig, 1910, p. 97 ss.; nonché spunti in CASSANDRO, La tutela dei diritti nell’Alto Medioevo, Bari, 1951, p. 71; e in CAMPITELLI, Processo civile (dir.interm.), in Enc. dir., XXXXVI, Milano s.d., ma 1987, p. 91 e alla nt. 73, nella quale anche significativi e conferenti riferimenti alla Beweisurteil (infra, nt. 19). Ancora, più in generale, v. CORTESE, La giustizia nell’alto medioevo (sec. V-VIII), Spoleto, 1995, p. 641, secondo il quale l’impiego della testimonianza di diritto romano, in senso culto (si badi, in senso culto), porta, anche se poi li lascia a mezza strada, il processo longobardo e, dunque, la prova verso il giudizio nel merito: su tale ultimo punto, in particolare, SCOVAZZI, Processo e procedura nel diritto germanico, in SCOVAZZI, Scritti di storia del diritto germanico, II, Milano, 1975, p. 123 ss. (già in Rendiconti dell’Ist. lombardo, Accademia di scienze e lettere – cl. di lettere – 92, 1958, p. 105 ss.). 17 ( ) CORDOPATRI, Contributi allo studio della testimonianza nel processo civile. I. Indagini storiche, cit., p. 169 ss. V., supra, nt. 16. Da soggiungere che la confluenza dei due distinti ed autonomi percorsi: dal testimone verso il giudice, da un lato, e dal conjurator e, ancor prima, dal µάρτυς greco, verso il testimone, dall’altro lato, può, del resto, essere pianamente colta anche sul piano semantico ed etimologico [VAN OVERBEKE, La competence semantique et la connaissance pragmatique (les firmas linguistiques du témoignage), in AA.VV., La testimonianza, a cura di E. CASTELLI, Padova, 1972, p. 231; BENVENISTE, Le vocabulaire des institutions indo-européens, II, Paris, 1969, pp. 173 e 276; GEFFRE, Le témoignage comme experience et comme langage, in AA.VV., La testimonianza, cit., p. 293 ss.; HOFMANN, Etimologisches Worterbuch des Griechischen, München, 1966, passim; ONIONS, The Oxford Dictionary of English Etymology, Oxford, 1966, p. 36; e, soprattutto, ELLUL, Témoignage et société technicienne, in AA.VV., La testimonianza, cit., pp. 444-445, e spec. p. 447] e, com’è a tutti noto, anche nelle fonti letterarie e religiose [in particolare, in ESCHILO, Le Eumenidi, in ESCHILO, Tutte le tragedie, Roma, 1991, pp. 217-218; e in ARISTOTILE, Retorica, in ARISTOTILE, Opere, I, p. 1354 a; p. 1356 b; p. 1375 a e p. 1377 b e, II, p. 1393 a; p. 1402 b; nonché in Giovanni, I, 32-34 e in Matteo, XVIII, 15-17]. 18 ( ) Spunti molto interessanti possono essere tratti, a proposito del jury, in particolare dalla lettura del Periury Act, che è – giova ricordare – del 1495.