Ex D.LGS. 231/2001: MODELLO E CASI CONCRETI Verona, 20 IX 2010 Dr. Alessandra Bogliacino Consulente di direzione &Co Srl www.and-co.net APPLICAZIONE DEL MODELLO ORGANIZZATIVO ex D.LGS. 231/2001 nelle PMI Verona, 20 IX 2010 PERCHÉ UN MODELLO? …PERCHÉ PREVENIRE È MEGLIO CHE CURARE! Il D.Lgs. n. 231 del 8/6/2001 ha disciplinato la RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DELLE PERSONE GIURIDICHE, DELLE SOCIETÀ ed in particolare: RESPONSABILITÀ DIRETTA Introduce una FORMA DI RESPONSABILITÀ OGGETTIVA A CARICO DEGLI ENTI che traggano vantaggio da alcune, precise tipologie di reato commesse da AMMINISTRATORI, DIRIGENTI, DIPENDENTI, etc., inserendosi in un contesto internazionale che ha superato il principio di “non imputabilità penale delle persone giuridiche”. RESPONSABILITÀ SOSTANZIALMENTE PENALE Coniuga i tratti essenziali del SISTEMA PENALE E DI QUELLO AMMINISTRATIVO, assoggettando l’azienda/persona giuridica ad un procedimento dalle caratteristiche sostanziali del procedimento penale (iscrizione nel registro degli indagati, rinvio a giudizio, etc.), nel corso del quale L’AZIENDA STESSA DOVRÀ PROVARE la sua estraneità al reato, con possibile applicazione di sanzioni amministrative (pecuniarie ed interdittive). RESPONSABILITÀ SOCIALE Ha di fatto imposto alle imprese, a valle delle prime applicazioni del Decreto da parte della Magistratura, di adeguare i propri sistemi di governance, organizzativi e di controllo orientandoli ad un più efficace presidio della “criminalità economica”, rispondendo così alle attese del legislatore e, più in generale, alle aspettative di una sempre più matura RESPONSABILITÀ SOCIALE D’IMPRESA. FAI DA TE CON LINEE GUIDA DI CONFINDUSTRIA? ok come base ma … ATTENZIONE ALLE CONSEGUENZE • Se viene commesso uno dei reati ricompresi nel suo ambito di applicazione • Se il reato è commesso da persone che dirigono/controllano l’azienda o che sono sottoposti alla vigilanza di questi (anche se “parasubordinati”) … • Se per effetto del reato si viene a configurare un vantaggio o interesse per l’azienda (quindi anche di natura “indiretta”) … ALLORA : Responsabilità Penale Personale del soggetto che compie il reato ED INOLTRE Responsabilità Amministrativa 4 “Personale” dell’ente che ne ha tratto vantaggio SEGUENDO UNO SCHEMA SEMPLICE … RESPONSABILITÀ DELL’ENTE NON IDENTIFICATO IDENTIFICATO AUTORE REATO Carenza o inesistenza di un modello organizzativo SUBORDINATO SOGGETTO Giudice/magistrato inquirente DEVE PROVARE l’inefficacia del modello APICALE L’ENTE non riesce a DIMOSTRARE l’efficacia del modello COME TUTELARSI ? … L’ESENZIONE DALLA RESPONSABILITÀ IN CAPO ALLA PMI! Il D.Lgs. 231/01 prevede esplicite scelte “organizzative” atte a dimostrare la concreta volontà aziendale di impedire/prevenire i reati. In particolare L’AZIENDA È ESENTATA dalla Responsabilità amministrativa se prova nel corso del procedimento che: “L’Organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, MODELLI DI ORGANIZZAZIONE E GESTIONE idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi” (per un maggiore dettaglio dei requisiti di un tale modello si veda la pagina seguente) “Il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli e di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un ORGANISMO DELL’ENTE DOTATO DI AUTONOMI POTERI di iniziativa e di controllo” “Le persone hanno commesso il reato ELUDENDO FRAUDOLENTEMENTE i modelli di organizzazione e gestione” “Non vi è stata omessa o INSUFFICIENTE VIGILANZA da parte dell’organismo di supervisione”. COME COSTRUIRE UN MODELLO? …SU MISURA PER LA SINGOLA REALTÀ I modelli di organizzazione e gestione “DEVONO RISPONDERE ALLE SEGUENTI ESIGENZE”: “INDIVIDUARE LE ATTIVITÀ nel cui ambito possono essere commessi reati” “Prevedere specifici protocolli diretti a programmare la FORMAZIONE L’ATTUAZIONE DELLE DECISIONI dell’ente in relazione ai reati da prevenire E “Individuare modalità di GESTIONE DELLE RISORSE FINANZIARIE idonee ad impedire la commissione dei reati” “Prevedere OBBLIGHI DI INFORMAZIONE nei confronti dell’organismo di supervisione…” “Introdurre un SISTEMA DISCIPLINARE idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicato nel modello” 7 DA DOVE PARTIRE ? …ANALISI DEL RISCHIO NON POSSIAMO ESCLUDERE “POSSIBILITÀ ASTRATTA” DI COMMISSIONE DEL REATO MA SI DEVE TENDERE ALLA RIDUZIONE MASSIMA RISCHIO RISCHIO ACCETTABILE RISCHIO NON ACCETTABILE PRIMO OBIETTIVO ACCETTABILITÀ DEL RISCHIO (GRAVITA’ E PROBABILITA’) Fase 1 Risk Assessment Fase 2 Informativa esito Risk Assessment a CdA Definizione Modello e adempimenti Validazione CdA e delibera 8 PRIMA FASE MAPPATURA PROCESSI A RISCHIO e … Modalità Il DETTAGLIO DELLE FASI è il seguente: 1.1 PRESENTAZIONE CONTENUTI dell'iniziativa al Referente di progetto della Società e ai responsabili di processo coinvolti 1.2 ANALISI DELLE ATTIVITÀ SENSIBILI per processo/U.O. e valutazione con i responsabili di processo di quelle a rischio presenti in Società 1.3 ANALISI SPECIFICA DEI RISCHI in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro e relativi ai reati informatici 1.4 COMPILAZIONE DELLE INFORMAZIONI previste dal database dei rischi per singola attività sensibile ed eventualmente incontri di approfondimento con gli specialisti interni di processo 1.5VALIDAZIONE FINALE DEL RISK ASSESSMENT e predisposizione del documento di sintesi da sottoporre al CdA 1.6 Analisi e VERIFICA DEI RISCHI per i vertici aziendali Output Matrice attività/rischi/ controlli e relative aree di intervento per le eventuali situazioni “critiche” Elapsed time Circa due mesi MAPPATURA DE PROCESSI A RISCHIO … FOCUS SULLE ATTIVITA’ SENSIBILI ! La rilevazione delle attività sensibili presuppone, L’ANALISI DELLE RESPONSABILITÀ PER SINGOLA UNITÀ ORGANIZZATIVA al fine di procedere alla identificazione delle attività “nel cui ambito possono essere commessi i reati”. Tale attività viene svolta “a tavolino” attraverso la lettura dei mansionari, delle procedure e dei funzionigrammi e la successiva associazione dei rischi 231 (consulenza e Funzione aziendale). L’operare per U.O. garantisce la COMPLETEZZA DELL’ANALISI ed una forte responsabilizzazione dei responsabili coinvolti. Le informazioni oggetto di rilevazione sono: ATTIVITÀ A RISCHIO; LIVELLO DI RISCHIO E DI CONTROLLO; PROCEDURE ATTUALI DI RIFERIMENTO; PROBABILITÀ DI ACCADIMENTO; NUMERO DI RISORSE COINVOLTE, UN ESEMPIO CONCRETO? …LA MATRICE Efficacia Controllo “interno” Probabilità di accadimento (asse delle ascisse) con l’Efficacia dei controlli (ordinate). Controlli di secondo livello 10 Attività 14 Attività 9 Attività 19 Attività Controllo svolto regolarmente 21 Attività 13 Attività 3 Attività 2 Attività 22 Attività 5 Attività 7 Attività 3 Attività 27 Attività 0 Attività 5 attività 0 attività 39 Attività Controllo non costante Controllo assente Nulla Bassa Media MedioBassa Probabilità accadimento Area sotto controllo Area trascurabile Area da adeguare Area critica Alta 11 SECONDA FASE COMPLIANCE Obiettivo di questa fase è quello di PREDISPORRE TUTTE LE ATTIVITÀ ED I DOCUMENTI CHE ANDRANNO A COSTITUIRE IL MODELLO Organizzativo e Gestionale ex D.Lgs. 231/01 Modalità L’attività verrà realizzata con interventi di natura diversa. Le PRINCIPALI sono le seguenti: 2.1 Istituzione dell'ORGANISMO DI VIGILANZA, definizione delle responsabilità e redazione del relativo Regolamento 2.2 Adozione del CODICE ETICO 2.3 Redazione del MODELLO ORGANIZZATIVO 2.4 Presentazione al CdA del Modello 231, dell’istituzione dell’OdV e del relativo REGOLAMENTO, del Codice Etico e relativa delibera 2.5 FORMAZIONE ai dipendenti Output Modello 231 compliant alle indicazioni del Decreto e idoneo ad esentare la società da eventuali responsabilità amministrative Elapsed time Circa un mese 12 RIASSUMENDO Impostazione metodologica Realizzazione Risk Assessment analisi attività a rischio per U.O. Incontri con U.O. per rilevazione rischi controlli e approfondimenti Compilazione del database rischi 231 Condivisione doc.di Risk Ass. e presentazione ai CdA Costituzione dell’OdV Redazione Mod. Org.vo 231 e delibera Formazione ex D.Lgs.231 13 DECRETO LEGISLATIVO N. 321 DEL 2001 REATI E CASI CONCRETI Verona, 20 IX 2010 I REATI PREVISTI DAL DECRETO Reati contro la PA nella gestione dei finanziamenti pubblici (art. 24): Reati Informatici (art. 24-bis): Delitti informatici e trattamento illecito dei dati Malversazione a danno dello Stato, Indebita percezione di erogazioni, Truffa in danno della PA, Frode informatica in danno della PA Reati nella gestione di monete ed altri valori “pubblici”(art. 25-bis): Delitti contro l’industria e il commercio (art. 25 bis 1) Frode nell’esercizio del commercio, contraffazione ecc.. Delitti di criminalità organizzata (art 24 ter) Associazione per delinquere, associazione di stampo mafioso ecc.. Induzione non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria (art. 25 decies) Falsificazione di monete, spedita e introduzione nello Stato di monete false e Alterazione di monete ecc. REATI PREVISTI IN SEDE DI EMANAZIONE D. Lgs. 231/2001 REATI INSERITI IN MOMENTI SUCCESSIVI 2006 Delitti in materia di violazione del diritto D’autore (art. 25 novies) Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 25-octies) Reati nei rapporti con la PA (art. 25): Concussione, Corruzione , Istigazione alla corruzione, ecc. Reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro (art. 25-septies): Omicidio colposo, lesioni personali colpose Reati Transnazionali (L. 146/2006): Riciclaggio, Associazione a delinquere, ecc... 15 Reati societari (art. 25-ter) False Comunicazioni sociali, Falso in prospetto; Impedito controllo, Operazioni in pregiudizio dei creditori; Illecita influenza sull’assemblea, Aggiotaggio; Ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza, ecc... Reati aventi finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico e di finanziamento del terrorismo (art. 25quater) Reati contro la personalità individuale (art. 25-quinquies): Riduzione o mantenimento in schiavitù, tratta di persone, acquisto o alienazione di schiavi Reati di Abusi di mercato (art. 25-sexies): Abuso di informazioni privilegiate, Manipolazione del mercato FOCUS SULLA P.A. REATI COMMESSI NEI RAPPORTI CON LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE INDEBITA PERCEZIONE, TRUFFA E FRODE INFORMATICA IN DANNO DELLO STATO O DI UN ENTE PUBBLICO (ART. 24 D.LGS. 231/01) REATI COMMESSI NEI RAPPORTI CON LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (ART. 24, D.LGS. 231/01) • Malversazione a danno dello Stato o di altro ente pubblico (art. 316-bis c.p.); • Indebita percezione di contributi, finanziamenti o altre erogazioni da parte dello Stato o di altro ente pubblico o delle Comunità europee (art.316-ter c.p.); • Truffa in danno dello Stato o di altro ente pubblico o delle Comunità europee (art.640, comma 2, n.1, c.p.); • Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.); • Frode informatica in danno dello Stato o di altro ente pubblico (art. 640-ter c.p.). CASE STUDY Nessun modello organizzativo CORRUZIONE CASSAZIONE PENALE SEZIONE VI, n. 36083 del 9 luglio 2009 REATO CONTESTATO La causa concerne la contestazione del reato di CORRUZIONE in capo vari dirigenti del compartimento ANAS DI MILANO, tra cui il dirigente dell’area manutenzione Dario De Cesare e un certo numero d’imprese private comprendente l’impresa Cavalleri Ottavio S.p.a. L’attività di corruzione era volta a mantenere le scelte dell’Anas nell’ambito di un ristretto gruppo di imprenditori tra i quali emerge il nome di Gregorio Cavalleri, legale rappresentante dell’Impresa Cavalleri Ottavio. S.p.a. IL PROCESSO Per quanto concerne il procedimento, finalizzato ad accertare la responsabilità personale del signor Gregorio Cavalleri, giova ricordare che quest’ultimo è stato condannato alla pena di tre anni di reclusione per aver commesso il reato di corruzione, promettendo e consegnando al pubblico ufficiale Dario De Cesare, dirigente dell’Anas per il comparto manutenzione, la somma di € 40.000,00. Nell’ambito del giudizio anche l’IMPRESA Cavalleri Ottavio S.p.a. è stata CONDANNATA alla sanzione pecuniaria di € 50.000,00, con confisca di pari ammontare ai sensi del D.lgs. n. 213 dell’8 giugno 2001, art. 5 in relazione al delitto di corruzione del quale è stato ritenuto colpevole il signor Gregorio Cavalleri, legale rappresentante dell’impresa condannata. APPLICAZIONE DEL DECRETO LEGISLATIVO 231/01 I giudici di merito accertato il reato commesso dal signor Gregorio Cavalieri, nell'interesse della società rappresentata, hanno ravvisato la "rimproverabilità" della condotta dell'impresa nella mancata adozione del modello organizzativo idoneo a sventare eventuali coinvolgimenti dell'impresa in azioni corruttive del suoi rappresentanti. La Corte di Cassazione ha ritenuto che l’ente, al fine di essere manlevato da ogni responsabilità, per i fatti commessi dal suo rappresentante, DEVE PROVARE DI AVERE ADOTTATO LE MISURE NECESSARIE AD IMPEDIRE LA COMMISSIONE DI REATI DEL TIPO DI QUELLO REALIZZATO La mancata adozione di tali modelli, in presenza dei presupposti oggettivi e soggettivi, quali: a) reato commesso nell'interesse o vantaggio della società, b) posizione apicale dell'autore del reato, è sufficiente a costituire quella "RIMPROVERABILITÀ" richiamata nel decreto legislativo e atta ad integrare la fattispecie sanzionatoria, costituita dall'omissione delle previste doverose cautele organizzative e gestionali idonee a prevenire talune tipologie criminose. In tale concetto di "rimproverabilità" è implicata una forma normativa, di colpevolezza per omissione organizzativa e gestionale, avendo il legislatore ragionevolmente tratto dalle concrete vicende occorse in questi decenni, in ambito economico e imprenditoriale, la legittima e fondata convinzione della necessità che qualsiasi complesso organizzativo costituente un ente ai sensi del D.Lgs. 231/01, art. 1, comma 2, adotti MODELLI ORGANIZZATIVI E GESTIONALI IDONEI A PREVENIRE LA COMMISSIONE DI DETERMINATI REATI, CHE L'ESPERIENZA HA DIMOSTRATO FUNZIONALI AD INTERESSI STRUTTURATI E CONSISTENTI, giacché le "principali e più pericolose manifestazioni di reato sono poste in essere da soggetti a struttura organizzativa complessa" (Rel. ministeriale cit.). ESITO ESSENDO MANCATA, da parte dell'impresa Cavalieri Ottavio S.p.a., la PROVA DI AVERE ADOTTATO E ATTUATO UN MODELLO ORGANIZZATIVO E GESTIONALE IDONEO A PREVENIRE REATI DI CORRUZIONE e risultando escluso, da tutta la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito che, Gregorio Cavalieri abbia agito nell'esclusivo interesse proprio o di terzi, il motivo deve essere rigettato. Pertanto, all’esito del giudizio, la Cassazione ha rigettato i ricorsi dell’impresa Cavalleri Ottavio S.p.a. condannandola al pagamento delle spese processuali. DELITTI DI CRIMINALITÀ ORGANIZZATA (art. 24 ter) • Associazione per delinquere (art. 416 c.p., ad eccezione del sesto comma); • Associazione a delinquere finalizzata alla riduzione o al mantenimento in schiavitù, alla tratta di persone, all'acquisto e alienazione di schiavi ed ai reati concernenti le violazioni delle disposizioni sull'immigrazione clandestina di cui all'art. 12 d. lgs 286/1998 (art. 416, sesto comma, c.p.); • Associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.); • Scambio elettorale politico-mafioso (art. 416-ter c.p.); • Sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630 c.p.); • Associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 74 DPR 9 ottobre 1990, n. 309); • Illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonché di più armi comuni da sparo(*) (art. 407, co. 2, lett. a), numero 5), c.p.p.). CASE STUDY: Modello ex-post CRIMINALITÀ ORGANIZZATA CASSAZIONE PENALE SEZIONE V, n. 63047 del 9 maggio 2008 REATO CONTESTATO Il caso in esame riguarda l’impugnazione per cassazione proposta nell’interesse di A. M. - amministratore della società “Edilprimavera S. r. l.” - avverso l’ordinanza con cui il Tribunale della Libertà di Reggio Calabria disponeva il sequestro preventivo di quote sociali della suddetta società. Giova precisare che la misura cautelare era stata adottata nell’ambito di un procedimento penale volto all’accertamento del delitto di ASSOCIAZIONE MAFIOSA e nel quale A.M. era stato poi rinviato a giudizio. Il suddetto amministratore era accusato di sfruttare le proprie quote sociali al fine di assicurare, per il tramite di Edilprimavera, risorse finanziarie ad associazioni di stampo mafioso, le quali a loro volta avevano consentito alla società stessa di affermarsi nel settore degli appalti pubblici in materia di gestione dei rifiuti. IL PROCESSO La Corte di Cassazione rigetta il ricorso ritenendo infondati i motivi su cui si basa. Assume particolare interesse il ragionamento con cui la Suprema Corte attribuisce decisiva rilevanza alla c.d. gestione di fatto dell’impresa. Benché risulti provato che al momento della commissione delle condotte contestate la formale proprietà delle quote sociali non appartenga più ad A. M., il quale le aveva trasferite ad altri due soggetti, la Suprema Corte ritiene di poter comunque ricondurre all’amministratore l’effettiva gestione delle stesse. Infatti – sostengono i giudici - la cessione delle predette partecipazioni da parte dell’amministratore a persone formalmente esterne all’impresa non ha impedito allo stesso di continuare, in via di fatto, l’attività mafioso-imprenditoriale, alla luce del particolare assetto societario di Edilprimavera, impresa a conduzione familiare, gestita da soggetti legati tra loro da rapporti di parentela e/o amicizia. Quindi il sequestro di quote pur non più appartenenti all’amministratore è considerato legittimo, in quanto l’interposizione di meri “prestanome” non vale di per sé a dissolvere il collegamento tra l’amministratore, le quote sociali cedute e l’insieme di prerogative e facoltà ad esse riconducibili. APPLICAZIONE DEL D.LGS. N. 231/01 Quanto alla violazione del d.lgs. n. 231/01, la Corte di Cassazione reputa il MODELLO ORGANIZZATIVO adottato da Edilprimavera NON IDONEO a prevenire il rischio della commissione di ulteriori reati: infatti tale modello – secondo i giudici – appare carente sia sotto il profilo interno e strutturale (“…non aveva dedicato specifica considerazione all'area operativa dell'azienda, dato che non erano state individuate le aree di rischio esterne, il tipo di mercato o il tipo di pubblica amministrazione con cui si sarebbe entrato in rapporto, o interne, in quanto queste (aree di rischio interne) potevano essere costituite anche da figure di consulenti o collaboratori occasionali, scelti dalla società, di volta in volta, in vista di una determinata operazione …”) sia dal punto di vista dei controlli dall’esterno che il consiglio di amministrazione avrebbe dovuto esercitare sulla corretta attuazione del modello stesso (“…non era garantita l'effettiva autonomia e indipendenza dell'organo di controllo …”). ESITO La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e in conclusione rileva che il modello organizzativo – pur inadeguato agli scopi previsti dalla legge – era stato in concreto adottato, anche se TARDIVAMENTE (ossia quando il reato era già stato commesso). Tale circostanza – secondo i giudici – avrebbe potuto comunque condurre al riconoscimento di una ATTENUANTE, in conformità all. art. 12, comma 2, lett. b del d.lgs. 231/2001, norma che prevede che la sanzione pecuniaria a carico della società sia ridotta da un terzo alla metà “se prima della dichiarazione di apertura del dibattimento è stato adottato o reso operativo un modello organizzativo idoneo a prevenire reati della stessa specie di quella verificatasi”. CASE STUDY: Modello 231 TRUFFA REATO CONTESTATO Il Gip di Napoli ha emesso un’ordinanza con cui veniva disposta, nei confronti della Società Impregilo e di 5 altre società del gruppo aggiudicatarie di una gara d’appalto per lo smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, l’interdizione dal contrattare per 1 anno con la Pubblica Amministrazione, nonché il sequestro di 750 milioni di Euro di crediti vantati nei confronti di comuni campani. I reati contestati alla società sono: TRUFFA AGGRAVATA e continuata in danno dello stato e FRODE IN TRUFFA AGGRAVATA e continuata in danno dello stato e FRODE IN PUBBLICHE FORNITURE SVOLGIMENTO DEI FATTI L'ordinanza emessa dal Gip di Napoli rappresenta l'epilogo di un'inchiesta sulla gestione dei rifiuti nella regione Campania, iniziata nel 2003 a seguito delle molte denunce presentate sul funzionamento del trattamento dei rifiuti, che porta Impregilo ad essere accusata per un illecito amministrativo che trova il suo presupposto nei reati su descritti. Dalle indagini effettuate è emerso che probabilmente la Società Impregilo aveva posto in essere condotte artificiose volte a mascherare, a parere del Gip, l’assoluta inadeguatezza degli impianti di gestione dei rifiuti e l’incapacità degli stessi di eseguire trattamenti conformi alle specifiche contrattuali Il Gip di Napoli ha evidenziato che il MODELLO ADOTTATO DA IMPREGILO PRESENTAVA LE SEGUENTI LACUNE: Intempestivo, in quanto adottato molto tempo dopo l’inizio della condotta criminosa da parte dell’ente Mancanza di un’indicazione di professionalità specifica dei componenti dell’OdV Le cause di ineleggibilità o revoca erano tali che un soggetto condannato per uno dei reati previsti dal Decreto 231 sarebbe potuto restare in carica sino al passaggio in giudicato della sentenza Mancanza di elementi che dessero conto dei requisiti di indipendenza dell’OdV Un componente dell’OdV della capogruppo ricopriva la carica di membro del Consiglio di Amministrazione nelle controllate La violazione degli obblighi di informazione nei confronti dell’Odv non era specificatamente sanzionata La violazione da parte dei soggetti apicali dell’obbligo di vigilanza sui sottoposti non era specificatamente sanzionata Non era prevista, nei confronti dei dipendenti l’obbligatorietà di partecipazione a corsi di formazione Per le aree di maggior rischio non risultavano previsioni specifiche, procedure esattamente determinate e determinabili, regole individuate anche nella loro rigida sequenza e funzionalmente dirette a garantire il conseguimento di precisi risultati EPILOGO DEL PROCESSO Tribunale di Milano, Ufficio del Giudice per le indagini preliminari, 17 novembre 2009 All’esito della vicenda processuale è utile richiamare alcuni passaggi della sentenza in esame particolarmente interessanti: Anzitutto, il GIP sottolinea che le vicende dell’ente devono essere distinte da quelle dei soggetti che hanno commesso il reato, superando quindi le molte obiezioni sollevate in questi anni sull’impossibilità di dimostrare l’effettività del Modello una volta che il reato sia stato commesso “… dato per assodato che la sussistenza dell’illecito amministrativo contestato non discende automaticamente dal riconoscimento della commissione del reato – in quanto tale conclusione equivarrebbe a ritenere operante una sorta di “responsabilità oggettiva” dell’ente per gli illeciti penali commessi dai suoi vertici – occorre valutare se sussista nel caso specifico una o più ipotesi della causa esimente dalla responsabilità amministrativa prevista dall’art. 6 legge 231/01 […] non avrebbe senso ritenere inefficace un modello organizzativo per il solo fatto che siano stati commessi degli illeciti da parte dei vertici della persona giuridica, in quanto ciò comporterebbe, ovviamente, la pratica inapplicabilità della norma contenuta nell’art. 6 legge 231/01. “ Inoltre, se l’ente non ha adottato il Modello, è tenuto a dimostrare che il soggetto ha agito nell’interesse proprio o di terzi, ma non nell’interesse o a vantaggio dell’ente stesso. L’analisi del GIP si è concentrata poi sulle effettive modalità di svolgimento dell’attività delittuosa. In effetti è stato dimostrato che all’interno della società il metodo di formazione delle informazioni era del tutto contrario ai principi stabiliti nel modello organizzativo in quanto il dato da comunicare non era quello elaborato dagli uffici preposti, ma quello, non veritiero, “imposto” dal vertice al funzionario. La procedura seguita costituiva pertanto una palese elusione del modello e appariva dettata proprio dalle finalità che si volevano evitare con il modello, e cioè, la creazione di notizie false. Se quello sopra riportato è il passaggio chiave per capire la “tenuta” del Modello di Impregilo, altri elementi giudicati con favore dal giudice sono stati: • • • • la tempestività dell’ente nel volersi adeguare alle disposizioni di legge la formalizzazione delle procedure l’istituzione di specifici flussi informativi verso l’Organo di Vigilanza la professionalità e l’autonomia della figura chiamata a svolgere l’attività di vigilanza. La TEMPESTIVITÀ NELL’ADOZIONE del modello previsto dal D. Lgs 231/01, nonché la FORMALIZZAZIONE DELLE PROCEDURE PER L’ADOZIONE di un organo di Vigilanza hanno permesso alla Impregilo S.p.a., per la prima volta dall’entrata in vigore del D. Lgs. 231, di essere MANLEVATA DA OGNI RESPONSABILITÀ. GRAZIE PER L’ATTENZIONE ! Dr. Alessandra Bogliacino Consulente di direzione &Co Srl www.and-co.net