Vol. 100, N. 12, Dicembre 2009 Pagg. 541-546 Case Records dell’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR Fondazione G. Monasterio - Regione Toscana “Comunicare meglio per curare meglio” Cardiomiopatia e ipereosinofilia: un caso post-partum Giuseppe Vergaro1,2, Eleonora Catarsi3, Anna d’Ascanio3, Marianna Fontana1, Giovanni Donato Aquaro1, Luigi Emilio Pastormerlo1, Alessandro Valleggi1,2, Claudio Passino1,4, Michele Emdin1, Antonio Gaetano Tavoni3 Riassunto. Viene riportato un caso post-partum di cardiomiopatia ed eosinofilia. Nell’ambito delle sindromi ipereosinofile rientra un ampio spettro di entità nosologiche spesso difficilmente distinguibili, caratterizzate da ipereosinofilia periferica con infiltrazione tissutale e danno d’organo eosinofilo-mediato. L’interessamento cardiaco è frequente in queste sindromi e ne condiziona negativamente l’evoluzione clinica. Una identificazione precoce e la pronta instaurazione di una terapia razionale della malattia di base e delle sue manifestazioni periferiche può migliorare, come nel caso presentato, la prognosi dei pazienti affetti da sindrome ipereosinofila. Parole chiave. Cardiomiopatia post-partum, sindrome ipereosinofila. Summary. Cardiomiopathy and hypereosinophilia: a post-partum case. A case of cardiomyopathy and hyperoesinophilia observed soon after delivery is reported. A wide spectrum of different clinical entities characterized by peripheral hyperoesinophilia, tissue infiltration and eosinophil-mediated organ damage is referred to as hypereosinophilic syndrome and their distinction is often challenging. Cardiac involvement is frequent in such these syndromes and worsens prognosis. A prompt recognition and therapy of the underlying disease and of its peripheral expression, as in the following case, may improve patients’ outcome. Key words. Hypereosiniphilic syndrome, post-partum, cardiomyopathy. Introduzione Il caso di cardiomiopatia associata ad ipereosinofilia presentato di seguito, particolare anche per la presentazione post-partum, è un esempio dell’importanza clinica e prognostica della diagnosi e del trattamento precoce dell’interessamento cardiaco nella sindrome ipereosinofila. Sotto la definizione di sindrome ipereosinofila rientrano condizioni patologiche eterogenee da punto di vista clinico, fisiopatologico ed eziologico, accomunate tuttavia da un persistente, marcato aumento degli eosinofili circolanti (superiore a 1,5 x109/L), infiltrazione tissutale e dalla presenza di danno d’organo eosinofilo-mediato1. Dal punto di vista eziologico, le sindromi ipereosinofile possono essere distinte in reattive, clonali ed idiopatiche. Le forme reattive, osservate con la maggiore frequenza, sono dovute a malattie allergiche, ad infezioni parassitarie e, infine, a patologie neoplastiche. La forma clonale, nota anche come leucemia eosinofila cronica, è caratterizzata, invece, dalla presenza di un elevato numero di blasti nel sangue periferico o nel midollo osseo oppure di anomalie citogenetiche clonali. 1 U.O.C. Medicina Cardiovascolare, Fondazione Gabriele Monasterio, Pisa; 2Scuola di Specializzazione in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare, Università di Firenze; 3Immunoallergologia Clinica Universitaria, Pisa; 4Scuola Superiore Sant’Anna, Pisa. Pervenuto il 20 novembre 2009. 542 Recenti Progressi in Medicina, 100, 12, 2009 Prima degli anni ’90, i casi di sindrome ipereosinofila non chiaramente riconducibili a cause reattive o ad un’espansione clonale venivano classificati come idiopatici (idiopatic hypereosinophilic syndrome, HES). Tuttavia, negli ultimi anni una serie di acquisizioni sulle basi bio-molecolari dei disturbi associati ad ipereosinofilia hanno consentito di riclassificare una porzione crescente di HES come dovuta a specifiche anomalie genetiche. La maggior parte di queste anomalie esitano nell’attivazione costitutiva di una tirosin-chinasi, come nel caso del gene di fusione FIPIL1-PDGFRA sul cromosoma 4q12 (FIPIL1-PDGFRA associated HES = F/P+ HES), presente in una percentuale variabile dal 17 al 56% dei pazienti con criteri diagnostici di HES2. Le caratteristiche clinico-strumentali sono in larga parte sovrapponibili a quelle della sindrome di Churg-Strauss (Churg-Strauss Syndrome = CSS), con cui si possono porre problemi di diagnosi differenziale. La CSS è una vasculite sistemica cui si associa, secondo i criteri diagnostici della Chapel-Hill Consensus Conference3, ipereosinofilia periferica e tissutale, storia di asma ad esordio tardivo e danno d’organo correlato alla vasculite o eosinofilo-mediato. HES e CSS possono entrambe, infatti, provocare interessamento cutaneo, cardiaco, polmonare, neurologico, gastro-intestinale e dare sintomi sistemici come febbre ed astenia. Questa sovrapposizione in termini di caratteristiche cliniche e bioumorali tra HES e CSS rende difficile la diagnosi differenziale tra queste due condizioni associate ad ipereosinofilia, in particolare nei casi di CSS non associati a positività degli autoanticorpi anti citoplasma dei neutrofili (anti-neutrophil cytoplasm antibodies, ANCA). Il danno d’organo indotto dagli eosinofili è dovuto alla liberazione di mediatori citotossici come la proteina cationica eosinofila, la proteina basica maggiore, radicali liberi dell’ossigeno ed enzimi come l’elastasi e la collagenasi. Il risultato è la creazione di un milieu pro-fibrotico che, nel cuore, porta alla necrosi cardiomiocitaria, alla stratificazione trombotica e, infine, alla fibrosi con possibile interessamento valvolare e disfunzione diastolica. Si possono osservare quindi casi di miocardite, endocardite, pericardite eosinofila, versamento pericardico, fino ad un quadro di scompenso cardiaco conclamato2,4. (salbutamolo). Tre settimane dopo l’espletamento di un parto naturale la paziente, fino ad allora asintomatica, si presentava al Pronto Soccorso per la persistenza di dolori addominali diffusi, presenti da circa una settimana, associati a vomito, diarrea e febbricola. Per il rilievo di versamento ascitico e pleurico bilaterale ad un esame di tomografia computerizzata (TC) veniva disposto il trasferimento presso la U.O. di Medicina Interna II dell’Ospedale di Pontedera. Nel corso del ricovero, la paziente cominciava a lamentare senso di oppressione localizzato al torace, anteriormente. Gli esami ematochimici mostravano un innalzamento degli indici di flogosi (velocità di eritrosedimentazione, VES, 26 mm/h; proteina-C reattiva, PCR, 14,63 mg/dl; fibrinogeno 437 mg/dl), dei marker di epatocitonecrosi e di cardiomiocitonecrosi (troponina I 25 ng/ml), associate a leucocitosi e spiccata eosinofilia (globuli bianchi 26070/microL; eosinofili 11992/microL). Ad un ecocardiogramma veniva segnalata la presenza di versamento pericardico diffuso e di lieve riduzione globale della funzione sistolica ventricolare sinistra (frazione di eiezione, FE 40-45%). Descrizione del caso ■ Nel sospetto di una patologia reumatologica, veniva quindi condotto uno studio dell’autoimmunità, cui emergeva positività per gli anticorpi anti-muscolo liscio (ASMA) ed anti-nucleo (ANA) e negatività per ANCA. Il quadro clinico, bioumorale e strumentale motivava il trasferimento presso la Immunoallergologia Universitaria di Pisa in terapia con ciprofloxacina, metoprololo e furosemide. All’ingresso nel Reparto, la paziente, in terapia con steroidi (6metilprednisolone, ciprofloxacina, metoprololo e furosemide), mostrava una remissione della sintomatologia algica addominale e toracica, lamentava tachicardia, astenia e dispnea per sforzi di entità lieve. Persisteva inoltre la leucocitosi eosinofila (globuli bianchi 19400/microL, eosinofili 11252/microL) e l’elevazione degli indici di flogosi e della troponina I (10,64 ng/ml). Il dosaggio del brain natriuretic peptide (BNP) rilevava un valore di 2194 ng/L (v.n. <50 ng/L). Una TC del torace evidenziava un addensamento parenchimale basale destro e linfadenomegalia reattiva, mentre l’ecocardiogramma confermava i reperti emersi al precedente controllo. Allo scopo di escludere forme leucemiche, veniva inoltre eseguita una biopsia osteomidollare, che mostrava un marcatissimo aumento degli eosinofili ed un microgranuloma simil-sarcoidosico, ed uno striscio di sangue midollare (incremento della quota eosinofila con elementi intermedi e maturi, normoconformati). Sulla base della consulenza ematologica, nel sospetto di una HES, veniva quindi instaurata terapia con steroidi per os (prednisone 25 mg) e imatinib, un inibitore delle tirosin-chinasi. Si riteneva infine opportuno caratterizzare il danno d’organo a livello cardiaco per mezzo di una Risonanza magnetica cardiaca (Cardiac Magnetic Resonance, CMR) alla quale risultava evidente, oltre al reperto di iniziale disfunzione sistolica (FE 40%), già emerso all’ecocardiografia, anche la presenza di fibrosi endocardica diffusa del ventricolo sinistro, con versamento pericardico siero-fibrinoso ed ispessimento dei foglietti pericardici. Tali dati strumentali, unitamente alla sintomatologia lamentata dalla paziente (astenia e dispnea da sforzo), motivavano quindi l’introduzione di terapia cardiologica con carvedilolo, ramipril (con titolazione progressiva) e digitale a bassa dose. La paziente, di 21 anni, presentava come fattori di rischio cardiovascolare familiarità per diabete mellito di tipo II e fumo di sigaretta (1,5 pack/years). In anamnesi patologica remota veniva segnalata una storia di asma bronchiale trattata saltuariamente con broncodilatatori ■ A seguito del miglioramento clinico, della normalizzazione della quota eosinofila e del parziale recupero della FE (50%), la paziente veniva quindi dimessa con la diagnosi di sindrome ipereosinofila con polisierosite e miocardite. L’interessamento cardiaco determina spesso la presentazione clinica della sindrome ipereosinofila e, rappresentando la principale causa di morte in questi pazienti, fornisce informazioni importanti nella stratificazione prognostica. G. Vergaro et al.: Cardiomiopatia e ipereosinofilia: un caso post-partum Una settimana dopo la dimissione, per il completamento dell’iter diagnostico e terapeutico e per la riesacerbazione della dispnea e la comparsa di palpitazioni e dolore puntorio a sede retrosternale, la paziente veniva ricoverata presso la U.O. di Medicina Cardiovascolare della Fondazione Toscana Gabriele Monasterio. L’esame obiettivo all’ingresso mostrava azione cardiaca ritmica normofrequente con la presenza di III tono e di un soffio proto-mesosistolico al centrum cordis; pressione arteriosa di 100/60 mmHg. Al torace nessun reperto patologico ad eccezione di una diffusa ipotrasmissione del fremito vocale tattile. All’elettrocardiogramma veniva rilevata la presenza di ritmo sinusale con QS in V1-V3 ed onda T negativa in V4-V6. La radiografia del torace in due proiezioni mostrava ingrandimento dell’ombra cardiaca, lieve accentuazione della trama bronco-vascolare e parziale obliterazione del seno costo-frenico di destra. Agli esami bioumorali era evidente una significativa attivazione del sistema dei peptidi natriuretici (N-terminal pro-brain natriuretic peptide, NT-proBNP 2955 ng/l; BNP 483 ng/l) ed una elevazione dell’aldosteronemia (199 pg/ml), con una attività reninica plasmatica ai limiti alti della norma (2,28 ng/ml/h) e valori nella norma di noradrenalina (243 pg/ml). Gli indici di cardiomiocitonecrosi e di infiammazione avevano subìto una riduzione significativa (troponina I 0,11 ng/ml; VES 14 mm/h, PCR 0.05 mg/dl), e la percentuale di eosinofili rimaneva nei limiti (1,99%), come alla dimissione dalla Reumatologia. L’ecocardiogramma basale, infine, mostrava una ipocinesia diffusa del ventricolo sinistro, più spiccata a carico di apice, del setto inferiore e anteriore, e della parete inferiore (FE 38%) ed un versamento pericardico diffuso di lieve entità, mentre i versamenti pleurico ed ascitico non erano più rilevabili alle indagini strumentali (figura 1 nella pagina seguente). La valutazione funzionale obiettiva all’ingresso veniva ottenuta con un test del cammino, che evidenziava moderata tolleranza allo sforzo (452 m percorsi; 59% del teorico massimo). Nessuna anomalia significativa emergeva al monitoraggio ECG delle 24 ore secondo Holter. La paziente veniva sottoposta ad indagine emodinamica, con cateterismo destro, sinistro e coronarografia e biopsia miocardica. Nessuna lesione aterosclerotica radiopercepibile veniva individuata a carico dei vasi epicardici e le pressioni nelle sezioni destre risultavano nella norma. L’esame istologico condotto sul campione mostrava la presenza di fibrosi interstiziale di grado moderato e rari, piccoli linfociti di tipo T (CD3+) e sparsi 543 istiociti (CD68+), in assenza di significativa infiltrazione eosinofila. Infine, la rivalutazione dell’interessamento cardiaco veniva completata con un ulteriore CMR, dalla quale emergeva, rispetto al precedente controllo, riduzione del versamento pericardico, una ulteriore riduzione della funzione sistolica (FE 35%) ed una progressione della fibrosi, che si estendeva, oltre all’intero subendocardio, anche transmuralmente nel segmento medio infero-posteriore. Parallelamente all’inquadramento del danno d’organo, veniva condotta una serie di indagini volte ad escludere una origine secondaria dell’ipereosinofilia. In particolare risultavano negative la ricerca colturale, microscopica e molecolare del Micobacterium Tubercolosis, la ricerca per parassiti sulle feci (ameba, echinococco, trichinella, cisticercosi) ed erano nella norma la tipizzazione linfocitaria ed il dosaggio delle immunoglobuline. Inoltre, la negatività dei marker neoplastici, della TC addome e torace e della PET total body escludevano cause neoplastiche. In conclusione, nella storia clinica della paziente, l’ipereosinofilia si accompagnava ad una serie di correlati clinico-strumentali, in primo luogo la presenza di danno d’organo a livello cardiaco (disfunzione ventricolare sinistra e fibrosi subendocardica) e polmonare (addensamento basale rilevato alla TC), polisierosite (versamento pleurico, pericardico ed ascitico), granulomi simil-sarcoidosici alla biopsia osteomidollare e positività per ASMA ed ANA. Il quadro appena descritto non indirizzava tuttavia in maniera inequivocabile verso una in particolare delle cause note di ipereosinofilia secondaria e, anzi, soddisfaceva i criteri di Chusid per la diagnosi di HES. Tuttavia un elemento nella storia clinica della paziente, ovvero l’anamnesi positiva per asma bronchiale deponeva per una diagnosi di CSS. L’asma bronchiale e l’interessamento delle alte e basse vie respiratorie costituiscono infatti un reperto piuttosto frequente nei pazienti affetti da CSS e costituirebbero anzi una fase prodromica, prima della comparsa di eosinofilia periferica e di manifestazioni vasculitiche5 (tabella 1). Avendo ottenuto una remissione dei sintomi, la paziente, a seguito di una rivalutazione funzionale con un test cardiopolmonare che mostrava una limitazione di grado moderato (VO2 max 14,9 ml/kg/min), veniva dimessa con la diagnosi di sindrome di Churg-Strauss, con una terapia cardiologica completa (betabloccante, ACEinibitore, anti-aldosteronico e diuretico) ed una terapia specifica con imatinib e corticosteroidi. Tabella 1. Tabella riassuntiva delle caratteristiche cliniche e bioumorali della sindrome di Churg-Strauss e della sindrome ipereosinofila idiopatica (HES). Caratteristiche Sindrome di Churg Strauss HES Cuore Pericardio, miocardio, coronarie Fibrosi endocardica Polmone Asma frequente Raramente asma Sinusite Frequente Raramente presente SNP Mono-poli- neuropatia frequente Mono- poli- neuropatia possibile Cute Porpora, rash maculo papulare Lesioni orticarioidi Indici di flogosi Frequentemente elevati Possono essere elevati IgE Frequentemente elevati Possono essere elevati ANCA Frequentemente presenti Raramente presenti Vasculite Presente Assente Eosinofilia Presente Presente Striscio di sangue periferico Normale Alterazioni morfologiche 544 Recenti Progressi in Medicina, 100, 12, 2009 ■ Dopo la dimissione la paziente veniva indirizzata, nell’ambito di un Day Hospital riabilitativo, ad un programma di training fisico domiciliare6. Solo nel corso del Day Hospital si rendeva disponibile il risultato dell’analisi genetica volta alla ricerca della mutazione FIP1L1-PDGFRA, osservata in alcuni casi di sindrome ipereosinofila e responsabile, come esposto nell’introduzione, della produzione di una proteina di fusione attiva come tirosin-chinasi. L’esito negativo di tale ricerca, corroborava l’ipotesi diagnostica di CSS e rendeva ingiustificato l’utilizzo dell’imatinib, un agente farmacologico in grado di inibire proprio le tirosin-chinasi. L’imatinib veniva quindi sostituito, a scopo steroido-risparmiatore, con il metotrexate. ■ Nel corso dei mesi successivi la paziente continuava ad essere seguita congiuntamente dalla Immunoallergologia Universitaria e dalla U.O.C. di Medicina Cardiovascolare della Fondazione Gabriele Monasterio. Oltre ad un miglioramento clinico, veniva documentata una remissione dei segni bioumorali e strumentali della malattia. In particolare, veniva documentato con la CMR un recupero della funzione sistolica ventricolare sinistra (FE 48% all’ultimo controllo, risalente a circa tre anni dopo l’insorgenza dei sintomi) una riduzione dell’edema miocardico (evidente nelle sequenze STIR) e la stabilizzazione dei segni di fibrosi subendocardica e transmurale (intensità del segnale di delay-enhancement) (figura 2 alla pagina seguente). Inoltre il dosaggio dei peptidi natriuretici risultava costantemente in diminuzione fino a valori vicini alla normalità (BNP 71 ng/l, NT-proBNP 286 ng/l). Ad indicare il progressivo recupero nella capacità funzionale stava infine l’aumento del VO2 max al test da sforzo cardiopolmonare, passato da circa 15 a 24 ml/kg/min (figura 3). La paziente gode attualmente di relativo benessere (Classe NYHA I) e si sottopone regolarmente a periodici controlli ambulatoriali, conduce una vita attiva, continuando ad aderire al nostro programma di follow-up, di terapia farmacologica e di riabilitazione fisica di mantenimento. a b c Figura 1. a) Tracciato elettrocardiografico con evidenza di ritmo sinusale, QS in V1-V3 ed onda T negativa in V4-V6; b) radiografia del torace in 2 proiezioni con riscontro di lieve ingrandimento dell’ombra cardiaca, accentuazione della trama bronco-vasale, obliterazione parziale del seno costo-frenico di destra; c) immagini ecocardiografiche in proiezione parasternale-asse lungo (sinistra) ed apicale (destra) di un basale che mostrano una diametria ventricolare sinistra ai limiti alti della norma e versamento pericardico (freccia). 545 G. Vergaro et al.: Cardiomiopatia e ipereosinofilia: un caso post-partum a c b Figura 2. Immagini di Risonanza Magnetica Cardiaca (CMR) relative al primo (in alto) ed all’ultimo (in basso) esame effettuato dalla paziente, distanti tra di loro circa tre anni: a) immagini morfologiche che evidenziano una riduzione volumetrica del ventricolo sinistro e dell’entità del versamento pericardico; b) immagini STIR in cui si osserva la presenza e la riduzione a distanza dell’iperintensità subendocardica del segnale corrispondente ad aree di edema miocardico (regioni chiare indicate dalle frecce); c) immagini di delay enhancement con iperintensità subendocardica attribuibile a fibrosi. 50 3000 Eos 11213 EF,% 2500 45 2000 40 NT-proBNP, ng/L Eos 7280 1500 1000 35 Eos 200 30 15.2.07 21.2.07 15.3.07 Metoprololo Ciprofloxacina 500 Eos 80 Eos 160 Eos 60 23.3.07 Furosemide Carvedilolo Ramipril Digitale Spironolattone Prednisone Imatinib 30.4.07 5.6.07 30.11.07 Furosemide Carvedilolo Ramipril Digitale Spironolattone Prednisone Metotrexate Training aerobico 20.5.09 Figura 3. Andamento temporale della frazione di eiezione stimata ecocardiograficamente (EF), dei livelli di NTproBNP, della conta di eosinofili (Eos; valori espressi come numero/microL) e della terapia somministrata alla paziente. Si noti la rapida riduzione del numero di eosinofili con l’instaurazione della terapia corticosteroidea, il progressivo recupero della funzione sistolica ventricolare sinistra e la riduzione di NTproBNP fino a valori appena superiori a quelli di riferimento. 546 Recenti Progressi in Medicina, 100, 12, 2009 Discussione Il caso clinico presentato costituisce un esempio di come l’interessamento cardiaco possa rappresentare un elemento caratterizzante nella presentazione e nel decorso clinico delle sindromi ipereosinofile. Sono riportate infatti diverse casistiche, condotte in pazienti sia con HES che con CSS, in cui emerge l’importanza delle manifestazioni cardiache, possibili in entrambe le sindromi, nella stratificazione prognostica dei pazienti. Nello specifico, l’ipereosinofilia aveva prodotto, oltre al versamento pericardico, un grado significativo di fibrosi endomiocardica, estesa poi anche transmuralmente a livello del segmento medio infero-posteriore. La progressione del danno aveva condotto alla disfunzione sisto-diastolica del ventricolo sinistro e, quindi, alla presentazione di un corteo sintomatologico tipico dello scompenso cardiaco conclamato (dispnea, astenia, cardiopalmo). L’assenza di eosinofili all’esame istologico su tessuto miocardico nonostante la severità del quadro clinico potrebbe essere spiegata dalla precoce instaurazione di terapia corticosteroidea, efficace nel determinare una rapida riduzione dell’eosinofilia periferica e del grado di infiltrazione tissutale. Un altro punto meritevole di approfondimento riguarda la diagnosi conclusiva con cui la paziente è stata dimessa. Seppure nei casi di ipereosinofilia con caratteristiche ematologiche, cliniche e strumentali simili a quelle presentate dalla paziente, il rilievo anamnestico di asma bronchiale deponga per CSS, esiste un’ampia sovrapposizione con la HES. Come mostrato nella tabella 1, infatti, la paziente presentava elementi di entrambe le sindromi e, in effetti, la distinzione clinica tra CSS e HES, soprattutto nei casi, come quello presentato, in cui manca una documentazione istologica di vasculite e la positività per ANCA, resta difficile. In questi casi possono essere utili le indagini di biologia molecolare, volte, per esempio, alla ricerca di riarrangiamenti genici come il FIP1L1/PDGFR, osservati talora nelle HES7. Se da un lato la negatività per tale riarrangiamento nella paziente avvalorava l’ipotesi diagnostica di CSS e consentiva di guidare la terapia razionale dell’ipereosinofilia (con la sospensione dell’imatinib), dall’altro non escludeva la possibilità che si trattasse di una HES associata ad altre anomalie genetiche, non ricercate nel caso in questione. Una ultima, importante peculiarità nella storia clinica della paziente è rappresentata dalla relazione temporale tra il parto e l’esordio dei sintomi, avvenuti a circa tre settimane di distanza. In una recente revisione della letteratura sono state individuate, dal 1961 al 2009, solo 12 descrizioni di CSS post partum8. Sebbene un interessamento cardiaco sia riportato in solo 5 dei 12 casi, risulta evidente una tendenza, da parte di queste pazienti, a presentare una prognosi peggiore ri- spetto a quella comunemente osservata nei pazienti con CSS. Delle 5 pazienti, infatti, 2 sono andate incontro ad exitus (la prima, nel 1961, per disturbi respiratori, la seconda, nel 1994, a seguito di un infarto miocardico acuto esteso) ed una terza a trapianto cardiaco per un quadro di severa disfunzione ventricolare sinistra complicata da shock cardiogeno. Nonostante le opzioni terapeutiche disponibili al tempo della descrizione di alcuni di questi casi non siano paragonabili agli strumenti cui è possibile fare oggi ricorso, appare utile uno sforzo verso l’identificazione precoce di questi quadri morbosi e la rapida instaurazione di una terapia adeguata. Il caso descritto, che ha visto la collaborazione di cardiologi, reumatologi, ematologi ed infettivologi è, in tal senso, emblematico. È possibile infatti che a determinare la remissione di malattia (in termini clinici, bioumorali e strumentali) abbia contribuito l’interpretazione razionale dei segni di malattia ed una pronta terapia combinata del disturbo di base e del danno d’organo indotto sul cuore. Bibliografia 1. Chusid MJ, Dale DC, West BC, Wolff SM. The hypereosinophilic syndrome: analysis of fourteen cases with review of the literature. Medicine (Baltimore) 1975; 54: 1-27. 2. Roufosse FE, Goldman M, Cogan E. Hypereosinophilic syndrome. Orphanet J Rare Dis 2007; 2: 37-49. 3. Jennette JC, Falk RJ, Andrassy K, Bacon PA, Churg J, Gross WL, et al. Nomenclature of systemic vasculitides. Proposal of an international consensus conference. Arthritis Rheum 1994; 37: 187-92. 4. Conron M, Beynon HLC. Churg-Strauss syndrome. Thorax 2000; 55: 870-77. 5. Weller PF, Bubley GJ. The idiopathic hypereosinophilic syndrome. Blood 1994; 83: 2759-79. 6. Passino C, Severino S, Poletti R, Piepoli MF, Mammini C, Clerico A, et al. Aerobic training decreases Btype natriuretic peptide expression and adrenergic activation in patients with heart failure. J Am Coll Cardiol 2006; 47: 1835-9. 7. Pugliese N, Bruzzone M, Della Rossa A, Baldini C, Catarsi E, Tavoni A, et al. Vasculite di ChurgStrauss e sindrome ipereosinofila idiopatica: ruolo della biologia molecolare nella diagnosi differenziale delle sindromi ipereosinofile. Reumatismo 2008; 60: 120-4. 8. Corradi D, Maestri R, Facchetti F. Postpartum Churg-Strauss syndrome with severe cardiac involvement: description of a case and review of the literature. Clin Rheumatol 2009; 28: 739-43. Indirizzo per la corrispondenza: Dott. Giuseppe Vergaro Fondazione Gabriele Monasterio U.O.C. Medicina Cardiovascolare Via Giuseppe Moruzzi 1 56124 Pisa E-mail: [email protected]