Vol. 100, N. 12, Dicembre 2009
Pagg. 541-546
Case Records
dell’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR
Fondazione G. Monasterio - Regione Toscana
“Comunicare meglio per curare meglio”
Cardiomiopatia e ipereosinofilia: un caso post-partum
Giuseppe Vergaro1,2, Eleonora Catarsi3, Anna d’Ascanio3, Marianna Fontana1,
Giovanni Donato Aquaro1, Luigi Emilio Pastormerlo1, Alessandro Valleggi1,2,
Claudio Passino1,4, Michele Emdin1, Antonio Gaetano Tavoni3
Riassunto. Viene riportato un caso post-partum di cardiomiopatia ed eosinofilia. Nell’ambito delle sindromi ipereosinofile rientra un ampio spettro di entità nosologiche spesso difficilmente distinguibili, caratterizzate da ipereosinofilia periferica con infiltrazione
tissutale e danno d’organo eosinofilo-mediato. L’interessamento cardiaco è frequente in
queste sindromi e ne condiziona negativamente l’evoluzione clinica. Una identificazione
precoce e la pronta instaurazione di una terapia razionale della malattia di base e delle
sue manifestazioni periferiche può migliorare, come nel caso presentato, la prognosi dei
pazienti affetti da sindrome ipereosinofila.
Parole chiave. Cardiomiopatia post-partum, sindrome ipereosinofila.
Summary. Cardiomiopathy and hypereosinophilia: a post-partum case.
A case of cardiomyopathy and hyperoesinophilia observed soon after delivery is reported. A wide spectrum of different clinical entities characterized by peripheral hyperoesinophilia, tissue infiltration and eosinophil-mediated organ damage is referred to as
hypereosinophilic syndrome and their distinction is often challenging. Cardiac involvement is frequent in such these syndromes and worsens prognosis. A prompt recognition
and therapy of the underlying disease and of its peripheral expression, as in the following case, may improve patients’ outcome.
Key words. Hypereosiniphilic syndrome, post-partum, cardiomyopathy.
Introduzione
Il caso di cardiomiopatia associata ad ipereosinofilia presentato di seguito, particolare anche
per la presentazione post-partum, è un esempio
dell’importanza clinica e prognostica della diagnosi e del trattamento precoce dell’interessamento cardiaco nella sindrome ipereosinofila.
Sotto la definizione di sindrome ipereosinofila rientrano condizioni patologiche eterogenee da
punto di vista clinico, fisiopatologico ed eziologico,
accomunate tuttavia da un persistente, marcato
aumento degli eosinofili circolanti (superiore a 1,5
x109/L), infiltrazione tissutale e dalla presenza di
danno d’organo eosinofilo-mediato1.
Dal punto di vista eziologico, le sindromi ipereosinofile possono essere distinte in reattive, clonali ed idiopatiche. Le forme reattive, osservate
con la maggiore frequenza, sono dovute a malattie
allergiche, ad infezioni parassitarie e, infine, a patologie neoplastiche. La forma clonale, nota anche
come leucemia eosinofila cronica, è caratterizzata,
invece, dalla presenza di un elevato numero di blasti nel sangue periferico o nel midollo osseo oppure di anomalie citogenetiche clonali.
1
U.O.C. Medicina Cardiovascolare, Fondazione Gabriele Monasterio, Pisa; 2Scuola di Specializzazione in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare, Università di Firenze; 3Immunoallergologia Clinica Universitaria, Pisa; 4Scuola
Superiore Sant’Anna, Pisa.
Pervenuto il 20 novembre 2009.
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Recenti Progressi in Medicina, 100, 12, 2009
Prima degli anni ’90, i casi di sindrome ipereosinofila non chiaramente riconducibili a cause reattive o ad un’espansione clonale venivano classificati come idiopatici (idiopatic hypereosinophilic
syndrome, HES). Tuttavia, negli ultimi anni una
serie di acquisizioni sulle basi bio-molecolari dei
disturbi associati ad ipereosinofilia hanno consentito di riclassificare una porzione crescente di HES
come dovuta a specifiche anomalie genetiche.
La maggior parte di queste anomalie esitano nell’attivazione costitutiva di una tirosin-chinasi, come nel caso del gene di fusione FIPIL1-PDGFRA
sul cromosoma 4q12 (FIPIL1-PDGFRA associated
HES = F/P+ HES), presente in una percentuale variabile dal 17 al 56% dei pazienti con criteri diagnostici di HES2. Le caratteristiche clinico-strumentali sono in larga parte sovrapponibili a quelle della sindrome di Churg-Strauss (Churg-Strauss
Syndrome = CSS), con cui si possono porre problemi di diagnosi differenziale. La CSS è una vasculite sistemica cui si associa, secondo i criteri diagnostici della Chapel-Hill Consensus Conference3,
ipereosinofilia periferica e tissutale, storia di asma
ad esordio tardivo e danno d’organo correlato alla
vasculite o eosinofilo-mediato. HES e CSS possono
entrambe, infatti, provocare interessamento cutaneo, cardiaco, polmonare, neurologico, gastro-intestinale e dare sintomi sistemici come febbre ed
astenia. Questa sovrapposizione in termini di caratteristiche cliniche e bioumorali tra HES e CSS
rende difficile la diagnosi differenziale tra queste
due condizioni associate ad ipereosinofilia, in particolare nei casi di CSS non associati a positività
degli autoanticorpi anti citoplasma dei neutrofili
(anti-neutrophil cytoplasm antibodies, ANCA).
Il danno d’organo indotto dagli eosinofili è
dovuto alla liberazione di mediatori citotossici come
la proteina cationica eosinofila, la proteina basica
maggiore, radicali liberi dell’ossigeno ed enzimi come l’elastasi e la collagenasi. Il risultato è la creazione di un milieu pro-fibrotico che, nel cuore, porta alla necrosi cardiomiocitaria, alla stratificazione trombotica e, infine, alla fibrosi con possibile interessamento valvolare e disfunzione diastolica. Si possono
osservare quindi casi di miocardite, endocardite, pericardite eosinofila, versamento pericardico, fino ad
un quadro di scompenso cardiaco conclamato2,4.
(salbutamolo). Tre settimane dopo l’espletamento di
un parto naturale la paziente, fino ad allora asintomatica, si presentava al Pronto Soccorso per la
persistenza di dolori addominali diffusi, presenti
da circa una settimana, associati a vomito, diarrea e febbricola. Per il rilievo di versamento ascitico e
pleurico bilaterale ad un esame di tomografia computerizzata (TC) veniva disposto il trasferimento presso la
U.O. di Medicina Interna II dell’Ospedale di Pontedera.
Nel corso del ricovero, la paziente cominciava a lamentare senso di oppressione localizzato al torace, anteriormente. Gli esami ematochimici mostravano un innalzamento degli indici di flogosi (velocità di eritrosedimentazione, VES, 26 mm/h; proteina-C reattiva, PCR,
14,63 mg/dl; fibrinogeno 437 mg/dl), dei marker di epatocitonecrosi e di cardiomiocitonecrosi (troponina I 25
ng/ml), associate a leucocitosi e spiccata eosinofilia (globuli bianchi 26070/microL; eosinofili 11992/microL). Ad
un ecocardiogramma veniva segnalata la presenza di
versamento pericardico diffuso e di lieve riduzione globale della funzione sistolica ventricolare sinistra (frazione di eiezione, FE 40-45%).
Descrizione del caso
■ Nel sospetto di una patologia reumatologica, veniva
quindi condotto uno studio dell’autoimmunità, cui emergeva positività per gli anticorpi anti-muscolo liscio (ASMA)
ed anti-nucleo (ANA) e negatività per ANCA. Il quadro clinico, bioumorale e strumentale motivava il trasferimento
presso la Immunoallergologia Universitaria di Pisa in terapia con ciprofloxacina, metoprololo e furosemide. All’ingresso nel Reparto, la paziente, in terapia con steroidi (6metilprednisolone, ciprofloxacina, metoprololo e furosemide), mostrava una remissione della sintomatologia algica addominale e toracica, lamentava tachicardia, astenia
e dispnea per sforzi di entità lieve. Persisteva inoltre la
leucocitosi eosinofila (globuli bianchi 19400/microL, eosinofili 11252/microL) e l’elevazione degli indici di flogosi e
della troponina I (10,64 ng/ml). Il dosaggio del brain natriuretic peptide (BNP) rilevava un valore di 2194 ng/L
(v.n. <50 ng/L). Una TC del torace evidenziava un addensamento parenchimale basale destro e linfadenomegalia
reattiva, mentre l’ecocardiogramma confermava i reperti
emersi al precedente controllo. Allo scopo di escludere forme leucemiche, veniva inoltre eseguita una biopsia osteomidollare, che mostrava un marcatissimo aumento
degli eosinofili ed un microgranuloma simil-sarcoidosico, ed uno striscio di sangue midollare (incremento della quota eosinofila con elementi intermedi e maturi, normoconformati). Sulla base della consulenza ematologica, nel sospetto di una HES, veniva quindi instaurata terapia con steroidi per os (prednisone 25 mg) e imatinib, un inibitore delle tirosin-chinasi. Si
riteneva infine opportuno caratterizzare il danno d’organo
a livello cardiaco per mezzo di una Risonanza magnetica
cardiaca (Cardiac Magnetic Resonance, CMR) alla quale
risultava evidente, oltre al reperto di iniziale disfunzione
sistolica (FE 40%), già emerso all’ecocardiografia, anche
la presenza di fibrosi endocardica diffusa del ventricolo sinistro, con versamento pericardico siero-fibrinoso ed ispessimento dei foglietti pericardici. Tali dati strumentali, unitamente alla sintomatologia lamentata dalla paziente
(astenia e dispnea da sforzo), motivavano quindi l’introduzione di terapia cardiologica con carvedilolo, ramipril (con titolazione progressiva) e digitale a
bassa dose.
La paziente, di 21 anni, presentava come fattori di
rischio cardiovascolare familiarità per diabete mellito di
tipo II e fumo di sigaretta (1,5 pack/years). In anamnesi
patologica remota veniva segnalata una storia di asma
bronchiale trattata saltuariamente con broncodilatatori
■ A seguito del miglioramento clinico, della normalizzazione della quota eosinofila e del parziale recupero della FE (50%), la paziente veniva quindi dimessa con la
diagnosi di sindrome ipereosinofila con polisierosite e miocardite.
L’interessamento cardiaco determina spesso la
presentazione clinica della sindrome ipereosinofila e, rappresentando la principale causa di
morte in questi pazienti, fornisce informazioni
importanti nella stratificazione prognostica.
G. Vergaro et al.: Cardiomiopatia e ipereosinofilia: un caso post-partum
Una settimana dopo la dimissione, per il completamento dell’iter diagnostico e terapeutico e per la riesacerbazione della dispnea e la comparsa di palpitazioni e dolore puntorio a sede retrosternale, la paziente veniva ricoverata presso la U.O. di Medicina Cardiovascolare della Fondazione Toscana Gabriele Monasterio.
L’esame obiettivo all’ingresso mostrava azione cardiaca ritmica normofrequente con la presenza di III tono
e di un soffio proto-mesosistolico al centrum cordis; pressione arteriosa di 100/60 mmHg. Al torace nessun reperto patologico ad eccezione di una diffusa ipotrasmissione
del fremito vocale tattile. All’elettrocardiogramma veniva rilevata la presenza di ritmo sinusale con QS in V1-V3
ed onda T negativa in V4-V6. La radiografia del torace in
due proiezioni mostrava ingrandimento dell’ombra cardiaca, lieve accentuazione della trama bronco-vascolare e
parziale obliterazione del seno costo-frenico di destra.
Agli esami bioumorali era evidente una significativa
attivazione del sistema dei peptidi natriuretici (N-terminal pro-brain natriuretic peptide, NT-proBNP 2955
ng/l; BNP 483 ng/l) ed una elevazione dell’aldosteronemia (199 pg/ml), con una attività reninica plasmatica ai
limiti alti della norma (2,28 ng/ml/h) e valori nella norma di noradrenalina (243 pg/ml). Gli indici di cardiomiocitonecrosi e di infiammazione avevano subìto una
riduzione significativa (troponina I 0,11 ng/ml; VES 14
mm/h, PCR 0.05 mg/dl), e la percentuale di eosinofili rimaneva nei limiti (1,99%), come alla dimissione dalla
Reumatologia. L’ecocardiogramma basale, infine, mostrava una ipocinesia diffusa del ventricolo sinistro, più
spiccata a carico di apice, del setto inferiore e anteriore,
e della parete inferiore (FE 38%) ed un versamento pericardico diffuso di lieve entità, mentre i versamenti
pleurico ed ascitico non erano più rilevabili alle indagini strumentali (figura 1 nella pagina seguente).
La valutazione funzionale obiettiva all’ingresso veniva ottenuta con un test del cammino, che evidenziava
moderata tolleranza allo sforzo (452 m percorsi; 59% del
teorico massimo). Nessuna anomalia significativa emergeva al monitoraggio ECG delle 24 ore secondo Holter.
La paziente veniva sottoposta ad indagine emodinamica,
con cateterismo destro, sinistro e coronarografia e biopsia miocardica. Nessuna lesione aterosclerotica radiopercepibile veniva individuata a carico dei vasi epicardici e le pressioni nelle sezioni destre risultavano nella
norma. L’esame istologico condotto sul campione mostrava la presenza di fibrosi interstiziale di grado moderato e rari, piccoli linfociti di tipo T (CD3+) e sparsi
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istiociti (CD68+), in assenza di significativa infiltrazione eosinofila. Infine, la rivalutazione dell’interessamento cardiaco veniva completata con un ulteriore CMR,
dalla quale emergeva, rispetto al precedente controllo,
riduzione del versamento pericardico, una ulteriore riduzione della funzione sistolica (FE 35%) ed una progressione della fibrosi, che si estendeva, oltre all’intero
subendocardio, anche transmuralmente nel segmento
medio infero-posteriore. Parallelamente all’inquadramento del danno d’organo, veniva condotta una serie di
indagini volte ad escludere una origine secondaria dell’ipereosinofilia. In particolare risultavano negative la
ricerca colturale, microscopica e molecolare del Micobacterium Tubercolosis, la ricerca per parassiti sulle feci (ameba, echinococco, trichinella, cisticercosi) ed erano nella norma la tipizzazione linfocitaria ed il dosaggio
delle immunoglobuline. Inoltre, la negatività dei marker neoplastici, della TC addome e torace e della PET
total body escludevano cause neoplastiche.
In conclusione, nella storia clinica della paziente, l’ipereosinofilia si accompagnava ad una serie di
correlati clinico-strumentali, in primo luogo la presenza di danno d’organo a livello cardiaco (disfunzione ventricolare sinistra e fibrosi subendocardica) e polmonare (addensamento basale rilevato alla TC), polisierosite (versamento pleurico, pericardico ed ascitico), granulomi simil-sarcoidosici alla
biopsia osteomidollare e positività per ASMA ed
ANA. Il quadro appena descritto non indirizzava tuttavia in maniera inequivocabile verso una in particolare
delle cause note di ipereosinofilia secondaria e, anzi, soddisfaceva i criteri di Chusid per la diagnosi di HES. Tuttavia un elemento nella storia clinica della paziente, ovvero l’anamnesi positiva per asma bronchiale deponeva
per una diagnosi di CSS. L’asma bronchiale e l’interessamento delle alte e basse vie respiratorie costituiscono
infatti un reperto piuttosto frequente nei pazienti affetti da CSS e costituirebbero anzi una fase prodromica,
prima della comparsa di eosinofilia periferica e di manifestazioni vasculitiche5 (tabella 1).
Avendo ottenuto una remissione dei sintomi, la paziente, a seguito di una rivalutazione funzionale con un
test cardiopolmonare che mostrava una limitazione di
grado moderato (VO2 max 14,9 ml/kg/min), veniva dimessa con la diagnosi di sindrome di Churg-Strauss, con
una terapia cardiologica completa (betabloccante, ACEinibitore, anti-aldosteronico e diuretico) ed una terapia
specifica con imatinib e corticosteroidi.
Tabella 1. Tabella riassuntiva delle caratteristiche cliniche e bioumorali della sindrome di Churg-Strauss
e della sindrome ipereosinofila idiopatica (HES).
Caratteristiche
Sindrome di Churg Strauss
HES
Cuore
Pericardio, miocardio, coronarie
Fibrosi endocardica
Polmone
Asma frequente
Raramente asma
Sinusite
Frequente
Raramente presente
SNP
Mono-poli- neuropatia frequente
Mono- poli- neuropatia possibile
Cute
Porpora, rash maculo papulare
Lesioni orticarioidi
Indici di flogosi
Frequentemente elevati
Possono essere elevati
IgE
Frequentemente elevati
Possono essere elevati
ANCA
Frequentemente presenti
Raramente presenti
Vasculite
Presente
Assente
Eosinofilia
Presente
Presente
Striscio di sangue periferico
Normale
Alterazioni morfologiche
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Recenti Progressi in Medicina, 100, 12, 2009
■ Dopo la dimissione la paziente veniva indirizzata, nell’ambito di un Day Hospital riabilitativo, ad un programma di training fisico domiciliare6. Solo nel corso del
Day Hospital si rendeva disponibile il risultato dell’analisi genetica volta alla ricerca della mutazione
FIP1L1-PDGFRA, osservata in alcuni casi di sindrome
ipereosinofila e responsabile, come esposto nell’introduzione, della produzione di una proteina di fusione attiva
come tirosin-chinasi. L’esito negativo di tale ricerca, corroborava l’ipotesi diagnostica di CSS e rendeva ingiustificato l’utilizzo dell’imatinib, un agente farmacologico in
grado di inibire proprio le tirosin-chinasi. L’imatinib
veniva quindi sostituito, a scopo steroido-risparmiatore, con il metotrexate.
■ Nel corso dei mesi successivi la paziente continuava ad
essere seguita congiuntamente dalla Immunoallergologia
Universitaria e dalla U.O.C. di Medicina Cardiovascolare
della Fondazione Gabriele Monasterio. Oltre ad un miglioramento clinico, veniva documentata una remissione
dei segni bioumorali e strumentali della malattia. In particolare, veniva documentato con la CMR un recupero della funzione sistolica ventricolare sinistra (FE 48% all’ultimo controllo, risalente a circa tre anni dopo l’insorgenza
dei sintomi) una riduzione dell’edema miocardico (evidente nelle sequenze STIR) e la stabilizzazione dei segni di fibrosi subendocardica e transmurale (intensità del segnale di delay-enhancement) (figura 2 alla pagina seguente).
Inoltre il dosaggio dei peptidi natriuretici risultava costantemente in diminuzione fino a valori vicini alla normalità (BNP 71 ng/l, NT-proBNP 286 ng/l). Ad indicare il
progressivo recupero nella capacità funzionale stava infine l’aumento del VO2 max al test da sforzo cardiopolmonare, passato da circa 15 a 24 ml/kg/min (figura 3).
La paziente gode attualmente di relativo benessere
(Classe NYHA I) e si sottopone regolarmente a periodici controlli ambulatoriali, conduce una vita attiva, continuando ad aderire al nostro programma di follow-up, di
terapia farmacologica e di riabilitazione fisica di mantenimento.
a
b
c
Figura 1. a) Tracciato elettrocardiografico con evidenza di ritmo sinusale, QS in V1-V3 ed onda T negativa in V4-V6; b) radiografia del torace in 2 proiezioni con riscontro di
lieve ingrandimento dell’ombra cardiaca, accentuazione della trama
bronco-vasale, obliterazione parziale del seno costo-frenico di destra; c)
immagini ecocardiografiche in proiezione parasternale-asse lungo (sinistra) ed apicale (destra) di un basale che mostrano una diametria
ventricolare sinistra ai limiti alti
della norma e versamento pericardico (freccia).
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G. Vergaro et al.: Cardiomiopatia e ipereosinofilia: un caso post-partum
a
c
b
Figura 2. Immagini di Risonanza Magnetica Cardiaca (CMR) relative al primo (in alto) ed all’ultimo (in basso) esame effettuato dalla paziente, distanti tra di loro circa tre anni: a) immagini morfologiche che evidenziano una riduzione volumetrica
del ventricolo sinistro e dell’entità del versamento pericardico; b) immagini STIR in cui si osserva la presenza e la riduzione
a distanza dell’iperintensità subendocardica del segnale corrispondente ad aree di edema miocardico (regioni chiare indicate
dalle frecce); c) immagini di delay enhancement con iperintensità subendocardica attribuibile a fibrosi.
50
3000
Eos 11213
EF,%
2500
45
2000
40
NT-proBNP, ng/L
Eos 7280
1500
1000
35
Eos 200
30
15.2.07 21.2.07 15.3.07
Metoprololo
Ciprofloxacina
500
Eos 80
Eos 160
Eos 60
23.3.07
Furosemide
Carvedilolo
Ramipril
Digitale
Spironolattone
Prednisone
Imatinib
30.4.07
5.6.07
30.11.07
Furosemide
Carvedilolo
Ramipril
Digitale
Spironolattone
Prednisone
Metotrexate
Training aerobico
20.5.09
Figura 3. Andamento
temporale della frazione di eiezione stimata
ecocardiograficamente
(EF), dei livelli di NTproBNP, della conta di
eosinofili (Eos; valori
espressi come numero/microL) e della terapia somministrata alla
paziente. Si noti la rapida riduzione del numero di eosinofili con
l’instaurazione della terapia corticosteroidea,
il progressivo recupero
della funzione sistolica
ventricolare sinistra e
la riduzione di NTproBNP fino a valori
appena superiori a
quelli di riferimento.
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Discussione
Il caso clinico presentato costituisce un esempio di come l’interessamento cardiaco possa rappresentare un elemento caratterizzante nella
presentazione e nel decorso clinico delle sindromi ipereosinofile.
Sono riportate infatti diverse casistiche, condotte in pazienti sia con HES che con CSS, in cui
emerge l’importanza delle manifestazioni cardiache, possibili in entrambe le sindromi, nella stratificazione prognostica dei pazienti. Nello specifico, l’ipereosinofilia aveva prodotto, oltre al versamento pericardico, un grado significativo di fibrosi endomiocardica, estesa poi anche transmuralmente a livello del segmento medio infero-posteriore. La progressione del danno aveva condotto alla disfunzione sisto-diastolica del ventricolo sinistro e, quindi, alla presentazione di un corteo sintomatologico tipico dello scompenso cardiaco conclamato (dispnea, astenia, cardiopalmo). L’assenza di eosinofili all’esame istologico su tessuto miocardico nonostante la severità del quadro clinico
potrebbe essere spiegata dalla precoce instaurazione di terapia corticosteroidea, efficace nel determinare una rapida riduzione dell’eosinofilia periferica e del grado di infiltrazione tissutale.
Un altro punto meritevole di approfondimento
riguarda la diagnosi conclusiva con cui la paziente è stata dimessa. Seppure nei casi di ipereosinofilia con caratteristiche ematologiche, cliniche
e strumentali simili a quelle presentate dalla paziente, il rilievo anamnestico di asma bronchiale
deponga per CSS, esiste un’ampia sovrapposizione
con la HES. Come mostrato nella tabella 1, infatti, la paziente presentava elementi di entrambe le
sindromi e, in effetti, la distinzione clinica tra CSS
e HES, soprattutto nei casi, come quello presentato, in cui manca una documentazione istologica di
vasculite e la positività per ANCA, resta difficile.
In questi casi possono essere utili le indagini di biologia molecolare, volte, per esempio, alla ricerca di
riarrangiamenti genici come il FIP1L1/PDGFR, osservati talora nelle HES7. Se da un lato la negatività per tale riarrangiamento nella paziente avvalorava l’ipotesi diagnostica di CSS e consentiva di
guidare la terapia razionale dell’ipereosinofilia
(con la sospensione dell’imatinib), dall’altro non
escludeva la possibilità che si trattasse di una HES
associata ad altre anomalie genetiche, non ricercate nel caso in questione.
Una ultima, importante peculiarità nella storia
clinica della paziente è rappresentata dalla relazione temporale tra il parto e l’esordio dei sintomi, avvenuti a circa tre settimane di distanza.
In una recente revisione della letteratura sono
state individuate, dal 1961 al 2009, solo 12 descrizioni di CSS post partum8. Sebbene un interessamento cardiaco sia riportato in solo 5 dei 12 casi,
risulta evidente una tendenza, da parte di queste
pazienti, a presentare una prognosi peggiore ri-
spetto a quella comunemente osservata nei pazienti con CSS. Delle 5 pazienti, infatti, 2 sono andate incontro ad exitus (la prima, nel 1961, per disturbi respiratori, la seconda, nel 1994, a seguito di
un infarto miocardico acuto esteso) ed una terza a
trapianto cardiaco per un quadro di severa disfunzione ventricolare sinistra complicata da shock
cardiogeno. Nonostante le opzioni terapeutiche disponibili al tempo della descrizione di alcuni di
questi casi non siano paragonabili agli strumenti
cui è possibile fare oggi ricorso, appare utile uno
sforzo verso l’identificazione precoce di questi quadri morbosi e la rapida instaurazione
di una terapia adeguata.
Il caso descritto, che ha visto la collaborazione
di cardiologi, reumatologi, ematologi ed infettivologi è, in tal senso, emblematico. È possibile infatti che a determinare la remissione di malattia
(in termini clinici, bioumorali e strumentali) abbia contribuito l’interpretazione razionale dei segni di malattia ed una pronta terapia combinata
del disturbo di base e del danno d’organo indotto
sul cuore.
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Indirizzo per la corrispondenza:
Dott. Giuseppe Vergaro
Fondazione Gabriele Monasterio
U.O.C. Medicina Cardiovascolare
Via Giuseppe Moruzzi 1
56124 Pisa
E-mail: [email protected]
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