numero
Anno di fondazione 1984
anno ventesimo
Tutti i diritti riservati
Reg. presso Trib. Torino
n° 5468 del 22/12/2000
Stampa F.lli Scaravaglio s.r.l. - Torino
MEDICO
www.ilmonitoremedico.it
4
Periodico di divulgazione
medica realizzato in
collaborazione con il
Gruppo LARC - LAMBDA
Diffusione 10.000 copie
Distribuzione gratuita.
Si calcola che, al mondo, almeno un terzo della popolazione soffra di cefalea. Se
rapportiamo questa cifra alla popolazione italiana, potremmo tranquillamente
considerare come affetti da forme cefalalgiche più di quindici milioni di Italiani.
Questo significa, in termini economici per il Paese, la perdita di milioni di ore
e di giornate di lavoro, con un impatto, per il sistema economico, dagli aspetti
a dir poco “preoccupanti”.
Queste iniziali considerazioni di ordine economico-sanitario fanno da corollario ad un assunto per il quale, almeno fino ad ora, il verificarsi della cefalea e
(segue a pag. 2)
PAGINA
CAUSE E TERAPIE
1- 3
UN PROBLEMA
DOLOROSO:
LA GOTTA
4-5
OMEGA - 3
CONTRO
INFARTO E
ICTUS
PAGINA
IN QUESTO NUMERO
IL MAL DI TESTA:
PAGINA
IL MAL DI TESTA:
CAUSE E TERAPIA
CEFALEE
5- 6
LA POSTA
DEL MONITORE
PAGINA
IL MONITORE
O DA
P
P MB
RU LA
G RC
LA
Ottobre 2004
Direttore Responsabile: Antonio Tripodina
Coordinamento Redazionale: Emanuela Amadei
Segreteria di redazione: LARC - C.so Venezia, 10 - 10155 TORINO
Tel. 011.248.62.16 - Fax 011.248.24.06
6 -7
IL MONITORE
MEDICO
2
IL MAL DI TESTA:
CAUSE E TERAPIE
(segue da pag.1)
l’incidenza spesso grave degli attacchi venivano accettati con una certa
“rassegnazione” dagli interessati, per
i quali la giornata di lavoro, o di studio, o di svago, persa a causa “del solito mal di testa” era un evento ineluttabile come l’alternarsi delle stagioni, del giorno e della notte, o del lunedì dopo la domenica.
Questo atteggiamento è stato in gran
parte avvalorato da una sorta di “noncuranza” nei confronti del problema,
anche da parte del mondo medico.
Si deve però alla Medicina Italiana
se, a partire dagli anni ’60, questo
ambito di patologia è assurto alla
considerazione della Clinica;
l’apertura del Centro Cefalee di Firenze, seguito da quello di Torino, e in
seguito, a distanza, in tante altre città
e sedi universitarie, ha portato all’affermazione di una nuova figura sanitaria, quella del Cefalologo. Questa
particolare
CEFALEE
figura di medico è quindi quella che
possiede le competenze per una corretta diagnosi e terapia delle varie forme di cefalea.
Non esiste infatti una sola “cefalea”,
ma ne esistono varie forme, tutte con
caratteristiche e note di autonomia
clinica differenti. La recente classificazione delle Cefalee, posta in atto a
livello mondiale dalla Società Internazionale della Cefalea (I.H.S. o International Headache Society), ne ha
catalogate e sistematizzate quasi
duecento forme diverse!
Il compito del Cefalologo consiste
innanzitutto nel distinguere le forme “essenziali” o “primitive” da quelle “secondarie”, nelle quali la cefalea
è il sintomo di qualche altra malattia che la provoca, spesso anche grave, e che si manifesta appunto con il
sintomo della cefalea. Fortunatamente queste cefalee rappresentano
la minoranza dei casi.
Più spesso, il sintomo cefalea si
identifica con la malattia; vale a
dire il dolore del capo è sintomo e
malattia allo stesso tempo. Dovremo allora, in questi casi, operare
una più approfondita analisi e valutare se il disturbo che il paziente illustra è riconducibile ad una emicrania, ad una
forma di cefalea di tipo
“tensivo”, o ad un’altra
forma di emicrania pur
essenziale, ma anomala
per le modalità di rappresentazione clinica.
L’emicrania di solito si
presenta come dolore di
tipo pulsante, a volte trafittivo, a volte ancora
urente (un bruciore), che
interessa una metà o l’altra del capo, a volte alternandosi dalla sinistra alla
destra del capo nel corso dello stesso attacco, con una durata che varia da poche ore a
due giorni. Spesso al dolore
vero e proprio si associano sintomi di ordine generale, come
la nausea, il vomito, l’intolleranza per la luce e per i rumori (fotofobia e fonofobia), uno stato depressivo, che costringono il paziente a ritirarsi, ad isolarsi al buio nella propria
camera, spesso obbligato dalla spossatezza a tenere il letto. A volte l’at-
tacco emicranico può essere “preannunciato”, e preceduto da sintomi preoccupanti che spingono il paziente,
quando si presentano, a consultare il
medico: tali sintomi sono spesso di
tipo “visivo”, costituiti dalla progressiva perdita della capacità visiva a
carico di un occhio, spesso dalla stessa parte in cui si manifesterà o si manifesta il dolore, dalla alterazione del
campo visivo, dalla presenza di punti
luminosi, lampi di luce, da alterazioni del contorno delle figure. Altre
volte, più raramente, possono essere
avvertiti sintomi premonitori costituiti da alterazioni sia della sensibilità che della motilità a carico della
bocca, labbra, lingua o degli arti.
Quando sono presenti questi sintomi “premonitori” di inizio dell’attacco si parla di “emicrania con aura” intendendo un’emicrania in cui un corteo svariato di sintomi, detto appunto “aura”, preannuncia il verificarsi
della crisi.
Altre volte la cefalea si manifesta
con caratteristiche non così altamente drammatiche, ma con un disturbo doloroso, molto più vago, meno
intenso, dai connotati topografici
meno precisi. In tali casi il dolore interessa maggiormente il vertice del
capo, o tutta la testa, spesso originando dalla regione della nuca, del collo, delle spalle, non è pulsante, ma è
costituito da una sensazione di rigidità dolorosa dei muscoli e delle articolazioni del collo. In questi casi, il
paziente riesce ad attendere alle sue
occupazioni, anche se con un certo lieve grado di disabilità; il dolore è molto meno intenso, ma dura più ore, e,
se interrogato in merito, il paziente
non sa riferire con esattezza sede e caratteristiche del dolore: è il dolore del
“…come se”; “…come se avessi un
peso sulla testa”, “…come se avessi
un cappello stretto, o una corona di
ferro, pesante”. Qui non saranno presenti i sintomi dell’aura emicranica,
e i sintomi d’accompagnamento
(nausea, vomito, fonofobia e fotofobia) saranno rari. Tale quadro clinico corrisponde in genere a quello
della “cefalea di tipo tensivo”.
Da circa dodici-tredici anni disponiamo di farmaci altamente efficaci per
la cura delle cefalee, soprattutto per
la terapia dei singoli attacchi di cefalea emicranica. Tali farmaci compre-
CEFALEE
si nella categoria farmacologica dei
“Triptani” riconoscono nel Sumatriptan, commercializzato nel 1991, il
loro capostipite. Tale classe di farmaci è efficace per la terapia d’attacco
dell’emicrania, anche se possiede un
certo potenziale verso le forme tensive, (e ricordiamo che un attacco di tipo
tensivo può sfociare in una forma emicranica, e viceversa). Non bisogna
però dimenticare gli antiinfiammatori, quali ad esempio l’Acido Acetil
salicilico e derivati, che, da soli o in
associazione con la metoclopramide,
possono, quando somministrati con
le dovute cautele, e sempre dal medico, apportare un grande beneficio.
Uno dei rischi della terapia della cefalea, purtroppo sempre in agguato,
è quello dell’automedicazione, ossia
dell’autoprescrizione dei farmaci
analgesici da parte del paziente stesso. Tale inconsapevole atteggiamento può portare molto spesso ad una
complicazione grave della cefalea,
vale a dire alla sua cronicizzazione.
La Cefalea Cronica Quotidiana
rappresenta il modello di questa
complicazione. Purtroppo dopo il
raggiungimento di questo stadio, i
vari protocolli terapeutici che sono
stati saggiati, incentrati su una vera
e propria “disassuefazione”, e che
prevedono, tra l’altro, brevi periodi
di ospedalizzazione, hanno dato risultati sconfortanti.
Quando la frequenza degli attacchi è
elevata, sia nelle emicranie che nelle
forme tensive, è necessario intraprendere una terapia profilattica, preventiva cioè nei confronti degli attacchi
stessi, che ha lo scopo di ridurre come
intensità e frequenza il numero e l’intensità degli attacchi stessi. Inutile
dire che anche tale terapia è quanto
mai “personalizzata” e “costruita”
sulla realtà e sulle esigenze del singolo paziente, del quale terrà in conto le
eventuali patologie associate e le concomitanti altre terapie, l’assetto psicoemotivo, i fattori scatenanti alimentari, farmacologici, ormonali ecc.
3
IL MONITORE
MEDICO
Questa varietà di approcci e considerazioni cliniche rispecchia la varietà
delle possibili cause di una cefalea. In
genere il disturbo ha caratteristiche genetico-famigliari, ma ciò che si eredita
da una famiglia cefalalgica non è tanto la cefalea “di per sé”, quanto una
generica attitudine ad ammalarsene,
un terreno biologico predisponente.
Fattori contingenti come i farmaci, particolari modalità di risposta allo stress,
variazioni atmosferiche, gli alimenti, le
variazioni ormonali nella donna, costituiscono altrettanti “grilletti” che, se attivati, possono, in una persona con
queste caratteristiche geneticamente
determinate, innescare un attacco.
Dott. Claudio De Micheli
Medico Chirurgo
Specialista in Endocrinologia
Perfezionato in Metodologia
Clinica delle Cefalee
Consulente Poliambulatorio LARC
IL MONITORE
MEDICO
E N D O C R I N O L O G I A
4
UN PROBLEMA DOLOROSO...
LA GOTTA
A molti sarà sicuramente capitato di
svegliarsi nel cuore della notte con un
terribile dolore a un alluce, avvertendo una sensazione di bruciore e gonfiore davvero insopportabili… si è
trattato verosimilmente di un attacco
acuto di gotta, una forma di artrite caratterizzata da improvvisi ed acuti attacchi di dolore, gonfiore e arrossamento delle articolazioni.
Perché si verificano questi attacchi?
L’acido urico è un prodotto di rifiuto del
metabolismo. Normalmente è eliminato attraverso l’attività dei reni, ma se,
per qualche ragione, la quantità di acido urico è superiore a quella che il rene
riesce a smaltire, si accumula formando dei cristalli. La deposizione di questi cristalli che assumono configurazione aghiforme nella pelle, nelle articolazioni e nei reni crea dolore.
La gotta è conosciuta da almeno 2000
anni, ed è quindi una delle malattie
umane note da più tempo. Nell’antichità la gotta era spesso nota come
la “malattia dei re” in quanto associata a uomini benestanti che consumavano una dose eccessiva di cibo, in
particolare carni.
Oggi la gotta è una malattia complessa che può affliggere chiunque.
Gli uomini sono più esposti delle
donne, anche se la prevalenza tra le
donne aumenta con la menopausa.
Gli uomini hanno dunque più possibilità di sviluppare la malattia in età
giovane (cioè tra i 30 e i 50 anni),
mentre le donne generalmente sviluppano i sintomi dopo i 50 anni.
Fortunatamente la gotta è curabile e
ci sono modi per evitare ricadute.
Sintomi
I sintomi della gotta sono quasi sempre acuti, si manifestano all’improvviso - spesso di notte - senza nessun
avvertimento. Essi includono:
- intenso dolore alle articolazioni.
La gotta solitamente affligge le articolazioni dell’alluce, ma può verificarsi
nei piedi, nei fianchi, nelle ginocchia,
mani e polsi. Il dolore dura tipicamente tra cinque e dieci giorni e poi smette. La sensazione di fastidio scompare
gradualmente nel giro di una o due settimane, lasciando l’articolazione apparentemente normale e senza dolore;
- infiammazione e rossore.
Le articolazioni affette diventano
gonfie, calde e rosse.
Cause
La causa della gotta è un livello eccessivo di acido urico nel sangue, un
prodotto di scarto formato dalla scissione delle purine. Queste sostanze
si trovano naturalmente sia nel corpo umano sia in certi tipi di alimenti,
specialmente carni che provengono
da organi - come il fegato, la cervella
e le reni - e in alici, aringhe e sgombro. Quantità ridotte di purine si trovano in tutte le carni, nel pollame e
nel pesce.
Normalmente l’acido urico si dissolve nel sangue e passa attraverso i reni
nell’urina. Talvolta, però, non viene
smaltita una quantità sufficiente di
acido urico, che quindi può accumularsi formando cristalli affilati a forma di spillo nelle articolazioni o nel
tessuto circostante, causando dolore,
infiammazione e gonfiore.
Fattori di rischio
Esistono fattori che possono aumentare la possibilità di sviluppare alti livelli di acido urico. Essi sono:
- un consumo eccessivo di alcool
- l’eccessivo peso
- alcune malattie come l’ipertensione
non trattata, il diabete, alti livelli di grassi o colesterolo nel sangue (iperlipidemia), arteriosclerosi. Anche interventi
chirurgici, malattie gravi e l’allettamento
protratto possono aumentare i livelli di
acido urico nel sangue:
- alcuni tipi di diuretici (quelli tiazidici),
l’aspirina e i farmaci anti-rigetto assunti
da persone che hanno appena avuto un
trapianto. Anche i trattamenti chemioterapici possono causare l’aumento di
purina nel sangue
- fattori ereditari
Diagnosi
In genere si effettuano:
- test delle urine (per valutare la quantità di acido urico espulso)
- analisi del sangue (per misurare la
quantità di acido urico nel sangue)
Complicazioni
Alcune persone afflitte da gotta sviluppano una forma cronica di artrite, un
più limitato numero di soggetti con la
gotta sviluppa anche calcoli renali.
Trattamento
Per gli attacchi acuti di gotta, i farmaci anti-infiammatori non steroidei possono aiutare ad alleviare i dolori.
Per i casi più gravi si utilizzano farmaci corticosteroidei, che sono in grado di limitare sensibilmente il dolore,
ma hanno anche effetti collaterali seri,
per cui il loro utilizzo deve sempre
essere prescritto dal medico.
Prevenzione
Non c’è nessuna maniera sicura di
prevenire gli attacchi di gotta iniziali,
ma se si ha già avuto un attacco di
gotta alcuni farmaci possono ridurre
il rischio o l’acutezza di un eventuale
attacco futuro.
La loro funzione è quella di rallentare la velocità con cui l’acido urico è
prodotto ed aumentare la velocità con
cui viene espulso. In generale, mantenere i livelli di acido urico nel sangue entro la normalità è la chiave a
lungo termine per prevenire la gotta.
I cambiamenti di stile di vita non curano
la gotta, ma le seguenti misure possono aiutare ad alleviarne i sintomi:
E N D O C R I N O L O G I A
Mantenere un peso sano. Una perdita
di peso graduale diminuirà il carico di
peso sulle articolazioni affette. Perdere
peso può anche ridurre il livello di acido urico nel sangue.
Evitare quantità eccessive di proteine
animali. Anche se l’utilizzo di farmaci
ha ridotto la necessità di diete speciali
in persone con la gotta, alcuni cambiamenti nelle abitudini alimentari possono aiutare a diminuire la gravità di
eventuali attacchi. È opportuno evitare di assumere un eccesso di carne.
5
IL MONITORE
MEDICO
Limitare o evitare l’alcool. Un consumo eccessivo di alcool può inibire
la secrezione di acido urico, che a sua
volta può portare alla gotta. In corso
di attacco di gotta acuto è preferibile
evitare l’alcool completamente.
Bere molti liquidi. I liquidi aiutano
a diluire l’acido urico nel sangue e
nell’urina.
Dott. Caterina Canelli
Medico Chirurgo
Consulente Poliambulatorio LARC
INCONTRI CON IL MEDICO SU ARGOMENTI DI MEDICINA PRATICA
STAGIONE 2004 -2005
Sabato 23 ottobre 2004
IL MAL DI TESTA: CAUSE E TERAPIE
Relatore: Dr. Claudio De Micheli - Ambulatorio di Diagnosi e Terapia delle Cefalee - Specialista in Endocrinologia
Sabato 6 novembre 2004
MANIFESTAZIONI ALLERGICHE NELL’AMBIENTE DOMESTICO
Relatore: Dr.ssa Maria Teresa Gallesio - Specialista in Allergologia
Sabato 20 novembre 2004
DIABETE: L’IMPORTANZA DELLA DIETA E DELL’ATTIVITÀ FISICA
Relatore: Dr. Antonio Tripodina - Specialista in Endocrinologia
Sabato 11 dicembre 2004
PANCREAS: LE PRINCIPALI MALATTIE
Relatore: Dr. Giacomo Mattalia - Specialista in Gastroenterologia e Chirurgia dell’Apparato Digerente ed Endoscopia digestiva
Sabato 22 gennaio 2005
LE ALTERAZIONI DELLA FUNZIONE RENALE: DIAGNOSI E CURA
Relatore: Dr. Luigi Longo - Specialista in Nefrologia
Sabato 5 febbbraio 2005
I BENEFICI DELLE ACQUE TERMALI NELLE MALATTIE CRONICHE RESPIRATORIE E OSTEOARTICOLARI
Relatore: Dr. Pietro Barbieri - Specialista in Idrologia Medica Responsabile Sanitario Terme di Salice (Pv)
Gli incontri con la popolazione si svolgono presso la sala riunioni LARC
C.so Venezia, 10 - Torino Tel. 011.24.84.067
INGRESSO LIBERO
INCONTRI CON IL MEDICO SU ARGOMENTI DI MEDICINA PRATICA
STAGIONE 2004 -2005
Sabato 16 ottobre 2004
FUMO...PARLIAMONE. I PROBLEMI DELLA DIPENDENZA DA FUMO E L’UTILIZZO DELL’IPNOSI PER SUPERARLI
Relatore: Dr. Aldo Nagar - Medico Psicoterapeuta
Sabato 27 novembre 2004
IPERTENSIONE E MALATTIE CARDIOVASCOLARI: ACQUISIZIONI IN CAMPO DIAGNOSTICO E TERAPEUTICO
Relatore: Dr. Franco Biagioli - Specialista in Cardiologia
Gli incontri con la popolazione si svolgono presso
la sala conferenze “Riva Rocci” Ordine dei Medici di Torino Via Caboto, 35
Per informazioni Poliambulatorio LAMBDA gruppo LARC - C.so Duca degli Abruzzi, 56 - Torino Tel. 011.50.59.81
INGRESSO LIBERO
IL MONITORE
MEDICO
PREVENZIONE
6
OMEGA-3
CONTRO INFARTO E ICTUS
È rimasto per lungo tempo un mistero perché gli eschimesi della Groenlandia e gli abitanti dei villaggi costieri
del Giappone e dell’Alaska avessero
una così bassa incidenza di mortalità
cardiovascolare rispetto alla popolazioni dell’Europa e degli Stati Uniti.
Il divario era troppo rilevante (7% contro il 40%) per non scatenare, dopo le
prime osservazioni di Dyerberg e
Nbang nel 1978, ricercatori di mezzo
mondo alla scoperta dei reconditi fattori protettivi. L’iniziale ipotesi genetica cadde quando si osservò che l’invidiabile prerogativa veniva persa da
quei soggetti che, emigrando in altre
zone, assumevano abitudini alimentari diverse. L’attenzione fu allora rivolta alla nutrizione di quelle popolazioni, basata essenzialmente sul consumo di pesce (soprattutto acciughe, sardine e sgombri) e di carni di mammiferi che a loro volta si nutrono di pesci
(foche e trichechi). Ma anche questo
indirizzo di ricerca si scontrò con
un’apparente incongruenza: coronarie
pulite e un’alimentazione ricchissima
di grassi (oltre il 60%). Fu per questo
che si parlò di “paradosso eschimese”.
Il mistero cominciò a diradarsi quando vennero individuati i prodigiosi
fattori protettivi in alcuni acidi grassi polinsaturi della serie omega-3
(detti anche n-3), presenti in abbondanza nel grasso dei pesci dei mari
freddi. Si tratta di sostanze che i pesci assumono cibandosi di fito-plancton e di zoo-plancton. La proprietà
che rende tanto prezioso l’apporto
dei due omega-3 più significativi, l’eicosapentaenoico e il deicosaesaenoico. (Epa e Dha) è quella di entrare a
far parte della struttura delle membrane cellulari degli elementi circolanti del sangue e dell’endotelio (il rivestimento interno dei vasi), dotandole di plasticità e di funzionalità ottimali anche a temperature molto basse. È essenziale, per esempio, che i
globuli rossi siano dei bravi contorsionisti, abbiano cioè una buona deformabilità, per poter passare facilmente attraverso i capillari che hanno un diametro più piccolo del loro.
Altre benefiche proprietà che fanno sì
che gli omega-3 agiscano a diversi livelli nella prevenzione dell’atero-
sclerosi sono quelle di abbassare i livelli di trigliceridi, di ridurre l’aggregabilità piastrinica (e quindi la possibilità che si formino trombi), di influire positivamente sul tono vascolare.
Recentemente è giunto agli omega-3
un prestigioso riconoscimento al merito cardio-vascolare da parte di un
ampio studio multicentrico, programmato e condotto per cinque anni dal
Gruppo italiano per lo studio della sopravvivenza nell’infarto miocardio
(Gissi), costituito dall’Associazione
nazionale medici cardiologi ospedalieri (Anmco) e dall’Istituto Mario Negri. Lo studio appena concluso, denominato Gissi-prevenzione, si era posto
come obiettivo primario quello di valutare se l’aggiunta di omega-3 e di vitamina E alla migliore terapia convenzionale e alla migliore dieta (“mediterranea”, naturalmente), potesse
svolgere negli anni successivi ad un
primo infarto del miocardio un’ulteriore azione preventiva nei confronti
della mortalità totale, dell’insorgenza
di un secondo infarto e dell’ictus. L’indagine ha coinvolto 11324 soggetti che
avevano subito un infarto da meno di
tre mesi, già dimessi dall’ospedale, e
più di 500 cardiologi di 172 centri
ospedalieri di cardiologia. I pazienti
sono stati suddivisi, in modo randomizzato (cioè a caso), in quattro gruppi numericamente omogenei: il primo
ha ricevuto giornalmente un grammo
di omega-3; il secondo 300 mg di vitamina E (noto antiossidante); il terzo
sia gli omega-3, sia la vitamina E; il
quarto, che ha rappresentato il gruppo di controllo, la più aggiornata terapia convenzionale. Dai risultati
pubblicati su “The Lancet” è emerso
che l’aggiunta di omega-3 ha determinato una riduzione dei 15% di incidenti
cardiovascolari successivi: morte, secondo infarto e ictus; che la contemporanea somministrazione di vitamina E
ha prodotto una tendenza favorevole,
ma non tale da essere considerata significativa. Se gli omega-3 fanno bene
agli infartuati, possono essere considerati anche fattori di prevenzione primaria per la popolazione generale. Ed è
più plausibile l’affermazione che mangiare più pesce (meglio se di mare, meglio
se “azzurro”), almeno due volte alla settimana, è utile a tutti.
Dott. Antonio Tripodina
Specialista in Cardiologia,
Endocrinologia e Oncologia Clinica
Consulente Poliambulatorio LARC
La posta del Monitore
2
PAP TEST
Perché è importante eseguire la
mammografia e il pap test? Quando
bisogna eseguirli?
E.A.
Nei Paesi industrializzati il carcinoma
mammario è, per incidenza e mortalità,
al primo posto tra i tumori maligni della
popolazione femminile. In Italia ogni
anno il tumore del seno colpisce 31.000
donne e causa circa 11.000 decessi, rappresentando, così, la prima causa di
morte per tumore nel sesso femminile.
Attualmente, col diffondersi dell’uso
della mammografia, è sempre più frequente il riscontro di anormalità mammografiche in fase iniziale, non palpabili, con conseguente anticipo della diagnosi e migliori possibilità terapeutiche.
(segue a pag. 7)
La posta del Monitore
7
La mammografia è un esame radiologico diretto della mammella che si
esegue comprimendo una mammella alla volta su un apposito sostegno
ed eseguendo radiografie con riprese dall’alto verso il basso ed obliquamente. Tale esame fornisce informazioni sulla struttura delle ghiandole
e sulle eventuali alterazioni della
mammella consentendone l’esplorazione in tutta la sua completezza.
È molto importante che tutte le donne di età compresa fra i 50 e i 70 anni
si sottopongano a un controllo mammografico ogni due anni, dal momento che questa è l’unica metodica che permette al medico di diagnosticare tumori della mammella anche in fase molto precoce, di dimensioni anche di pochi millimetri,
ancora non palpabili né documentabili con altri esami medici.
Il carcinoma della cervice uterina è
uno dei tumori più comuni nel mondo e risulta particolarmente frequente nei paesi in via di sviluppo, dove
rappresenta la maggiore causa di
morte nella donna tra i 35 e i 45 anni.
Il tumore del collo dell’utero è la
quarta neoplasia per frequenza nella
donna e rappresenta il 6% di tutte le
neoplasie femminili con circa 3700
nuovi casi in Italia per anno. La mortalità per questa neoplasia si è ridotta di circa un terzo rispetto agli anni
’50, a seguito di una più precoce diagnosi dovuta soprattutto ad una sempre maggiore sensibilizzazione delle donne mediante importanti campagne di screening con il PAP test,
che consente una diagnosi precoce.
Il PAP test consiste in un prelievo,
mediante una spatolina, di cellule del
collo dell’utero tramite il quale è possibile identificare eventuali anomalie di tali cellule. L’indagine è utile
sia per evidenziare la presenza di fenomeni infiammatori o infettivi, sia
la presenza di lesioni precancerose
che possono precedere, talvolta anche di alcuni anni, la formazione di
una neoplasia del collo dell’utero, sia,
infine, le lesioni cancerose.
È importante quindi che ogni donna di età compresa tra i 25 e i 64 anni
si sottoponga all’esecuzione di un
pap test almeno ogni tre anni.
Di fondamentale importanza è che
tutte le donne aderiscano ai programmi di screening perché questi
consentono in molti casi una diagnosi pre-clinica ed ampie possibilità di guarigione con terapie conservative e poco aggressive.
Dott. Moghrabi Samer
Specialista in Cinecologia
Consulente Poliambulatorio LARC
2
CALCOLOSI
Come si previene la calcolosi urinaria?
L.C.
La calcolosi renale è tra le patologie
più diffuse nei paesi occidentali; colpisce prevalentemente il sesso maschile, e, benché possa presentarsi
anche nei bambini, è tra i 50 e i 60
anni che si ha la maggior incidenza
nella popolazione.
Talvolta la calcolosi urinaria è sintomo di altrazione delle sostanze
normalmente contenute nelle urine;
tuttavia nella maggior parte dei casi
IL MONITORE
MEDICO
poteva essere difficile individuare
una vera e propria causa. È una patologia che tende con una frequente
predisposizione familiare.
Premesso che i calcoli e le cause che
portano alla calcolosi possono essere di natura differente e quindi
un’adeguata terapia e prevenzione
di tale patologia può essere effettuata solo sotto controllo medico, in
generale si può affermare che numerosi studi hanno evidenziato l’importanza di introdurre grosse quantità di liquidi, in modo tale da diluire le urine ed evitare così il depositarsi di sali a livello delle vie urinarie. Si
consiglia l’introduzione di almeno 1,52 litri di acqua al giorno (oltre all’acqua introdotta con gli alimenti), preferibilmente lontano dai pasti.
Un buon indicatore della diluizione
delle urine è il peso specifico urinario, che dovrebbe essere tendenzialmente basso (1008-1016).
È stato osservato, inoltre, che un
elevato introito di proteine e di sodio aumenta l’escrezione di ossalato (il principale responsabile della
formazione dei calcoli), aumentandone così la concentrazione a livello urinario. Per tale motivo è preferibile non eccedere nel consumo di
alimenti particolarmente ricchi di
proteine, come carne, pesce, uova e
formaggi. È consigliabile, inoltre, limitare il consumo di sale e degli alimenti ricchi di sale, come ad esempio carne e tonno in scatola, acciughe, salumi e arachidi.
Dott. Luigi Longo
Specialista in Nefrologia
Consulente Poliambulatorio LARC
Data.................................................
Per ulteriori
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in busta chiusa affrancata a:
Cognome e nome................................................................................................................................................................
o Azienda................................................................................................................................................................................
Via .....................................................................................CAP ................... Città .................................................................
Attenzione! Vi preghiamo di porre quesiti di ordine generale e non domande atte ad ottenere una
terapia che comunque non può essere formulata senza una visita del diretto interessato.
Desidero che venga trattato il seguente argomento
.................................................................................
.......................................................................................................................................................................................................
IL MONITORE
MEDICO
.......................................................................................................................................................................................................
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Direttore Sanitario: Prof. MARCO ABRATE
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Ottobre 2004 - Il Monitore Medico