Editore: Edizioni Turbo Srl - Palazzo di Vetro Corso della Resistenza, 23 - 20821 Meda (MB) - Tel. +39 0362 600463/4/5/9 Fax. +39.0362.600616 - e-mail: [email protected] - Periodico mensile - Registrazione al Tribunale di Milano n. 27 del 10 gennaio 2008
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NUMERO
RECORD
anno 7 - numero 5 - maggio 2014
direttore responsabile: angelo frigerio
Siamo a Cibus - Padiglione 2 - Stand F 071 • Parma 5/8 maggio
MIF
©
trend Vendite a valore
MARKET INDEX FOOD
Dati relativi all’intero comparto food confezionato
Mese di Marzo 2014 vs Marzo 2013
in collaborazione con
trend Vendite a volume
Pressione promozionale
-9,00% -10,17% 28,24% -1,88%
*trend a prezzi costanti
primo piano
* PL = Private Label
Alle pagine 14 e 15
Il paradosso
dell’euro
anno 7 - numero 5 - maggio 2014
direttore responsabile: angelo frigerio
guida buyer
speciale
BURRO
Le aziende, i prodotti, la distribuzione,
l’andamento del mercato secondo
i dati Iri. Referenze e vendite in crescita,
che superano i 38 milioni di tonnellate
di prodotto. Formati in calo.
In aumento del 2,7% le vendite a valore.
Cresce la private label (33%).
Da pagina 47 a pagina 55
trend% vendite in valore delle pl
La parità di cambio tra lira e marco
tedesco e i suoi effetti sull’economia
italiana. Con un’attenzione particolare
alle aziende del settore agroalimentare,
frenato anche dalla valuta. Ne parliamo
con Roberto Brazzale, presidente
del gruppo Brazzale e membro dell’High level
forum della Commissione Ue.
all’interno
Che marzo fosse stato un mese negativo lo sapevamo.
Ma i dati Iri sono, purtroppo, superiori alle aspettative. Se
in febbraio le vendite a valore avevano tenuto, il mese
successivo ha visto invece una riduzione dei consumi che
si avvicina e addirittura supera, per le vendite a volume,
la doppia cifra. Cresce la pressione promozionale, che si
avvicina quasi al 30%. Un segnale inquietante che la dice
lunga sulla “disperazione” del retail di fronte alla crisi che
morde sempre di più. A confortare il dato, la notizia che
quest’anno Pasqua è in aprile. Speriamo bene.
l’intervista
Alle pagine 16 e 17
“Difendiamo
il Made in Italy”
Parla Roberto Formigoni, presidente della IX
Commissione permanente (Agricoltura
e produzione agroalimentare) del Senato.
scenari
A pagina 18
Attenti a quei due
Federdistribuzione e Coldiretti stringono
un patto d’acciaio. In vista modifiche all’articolo 62?
dati & statistiche
Formaggi &
Tecnologie
Da pagina 42 a pagina 45
Il lattiero caseario
e i mercati emergenti
Aspettando il Dairy Forum Clal che si terrà a Bardolino (Vr)
il 30 maggio. In anteprima, gli andamenti per India, Corea del Sud,
Marocco, Turchia, Malesia, Singapore, Indonesia e Thailandia.
Maggio 2014
pole position
Storie
di ordinaria
follia (burocratica)
Angelo Frigerio
Direttore Responsabile
ANGELO FRIGERIO
Direttore editoriale
RICCARDO COLLETTI
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Anno 7 - numero 5 - maggio 2014
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Responsabile dati:
Riccardo Colletti
4
Questo numero è stato chiuso
in redazione il 23 aprile 2014
Si fa un gran parlare, negli ultimi tempi, di burocrazia e dintorni. Di quanto ci costino le carte e le cartacce cui siamo costretti tutti, nessuno escluso, a fare i conti quando si tratta di pagare una multa, le tasse,
aprire un conto corrente e chi più ne ha… Se ne parla molto ma non si fa nulla, o quasi, per eliminare
questo moloch che assedia l’Italia e rischia di soffocarla. Per darvi un’idea di cosa significhi gestire i rapporti con i burocrati, ecco qualche esempio tratto dalla vita reale.
Siamo in Brianza, terra operosa e ricca di imprenditori. Fra questi c’è il signor Redaelli (nome di fantasia)
che, visto il buon andamento della sua “fabbrichetta”, vuole espandersi per coprire meglio il fabbisogno
di prodotto, soprattutto dall’estero. Decide quindi di allargare il capannone, meglio di creare un’altra
unità produttiva a fianco di quella già esistente. La trafila che ne segue la conosciamo tutti: acquisto del
terreno, pratiche edilizie, approvazioni varie… Finalmente, dopo sette anni, (ripeto sette anni) il ‘sciur’
Redaelli riesce a strappare l’ultimo permesso al Comune. Chiama l’impresa edile raggiante: “Fra una settimana iniziamo i lavori”. Ma non ha fatto i conti con un particolare: la sua azienda confina con un parco.
Chissenefrega, diranno i lettori. Invece no. Giunge infatti, due giorni prima di iniziare i lavori del nuovo
capannone, la telefonata del presidente del parco: “Mi spiace signor Redaelli, lei non può iniziare adesso i
lavori. Siamo in primavera e potrebbero disturbare la nidificazione del pettirosso”. L’imprenditore stupito
se lo fa ripetere due volte. Non ci crede. Invece il presidente è proprio serio. Dopo il ‘vaffa’ di turno, al
‘sciur’ Redaelli non resta che andare in Comune, dove però allargano le braccia. Non si può fare nulla, lì
comanda il presidente del parco. L’unica soluzione allora è rivolgersi al politico di turno per risolvere la
situazione. Cosa che puntualmente avviene. Ma perché?
Siamo nel laborioso Veneto. Qui vive un imprenditore che la crisi ha messo in ginocchio. La sua attività
va a rotoli. E’ costretto a licenziare, a ridurre al minimo lo spazio dove lavorare, a comprare il materiale
cash in quanto le banche non gli fanno più credito. Di più, arriva a malapena a fine mese. Per questo non
paga l’affitto. Il padrone di casa, dopo varie insistenze, ricorre a vie legali. All’imprenditore arriva un’ingiunzione di pagamento: entro una certa data deve pagare 1.938 euro. Li raccimola piano piano, una mano
gliela danno i parenti. Alla fine arriva giusto giusto alla somma. La versa in banca. Non tiene conto però
che l’istituto richiede tre euro per il bonifico. La somma versata risulta dunque inferiore a quanto chiesto.
Così arriva lo sfratto. Un provvedimento esecutivo per tre euro. Ma non si poteva chiamarlo e farsi dare
i tre euro?
Siamo nell’operoso Piemonte. Un imprenditore decide di “allungare” la sua fabbrica. Il terreno è area
industriale ed è già di sua proprietà. Va in Comune ma scopre che, nel nuovo piano regolatore, laddove
ha un impianto in funzione, passa una strada. Che, ironia della sorte, inizia in un prato e finisce in un
altro. Inutile come un calzino con le infradito. La spiegazione della stranezza è semplice: “Il progettista
ha utilizzato Google hearth per studiare la zona e non si è accorto dell’impianto”. Qualsiasi commento
sull’architetto che lavora utilizzando Google hearth è superfluo… Ma andiamo avanti. Dal Comune fanno
sapere che correggono l’errore. Però, in questi casi, si manda il nuovo Piano regolatore in Regione che ha
tre anni per rivedere il tutto. Nel frattempo l’imprenditore rinvia il progetto. Quando quattro anni dopo
lo riprende in mano pensa che tutto sia risolto. Per nulla. La Regione non ha modificato il Piano regolatore. Occorre dunque radunare una Conferenza dei servizi, ovvero un tavolo dove ci sono: Regione,
Comune, Asl, Vigili del fuoco e altri ancora. La variazione viene approvata ma per arrivare alla decisione
finale ci sono voluti altri tre mesi. Insomma, quattro lunghi anni per colpa di una architetto… internauta.
I tre esempi la dicono lunga di quanta strada si deve fare. Il nodo di tutto non è solo la semplificazione
delle pratiche, ma quanto la burocrazia incida a livello occupazionale. Una macchina da guerra che occupa centinaia di migliaia di persone. Attaccate, con le unghie e con i denti, alla loro poltrona, piccola o
grande che sia. Che hanno tutto l’interesse ad allungare i tempi, a trovare cavilli, a frapporre ostacoli di
vario genere e tipo. Altrimenti sarebbero inutili.
Totò diceva che al mondo esistono cose reale e cose supposte, ovvero ciò di cui si occupa la burocrazia.
Ma se mettiamo da parte quelle reali, le supposte dove le mettiamo?
[email protected]
Maggio 2014
pole position
Numeri
da record
Riccardo Colletti
Permetteteci, una volta tanto, uno strappo alla regola. Ovvero due editoriali al posto di quello
classico. Insomma “dos is meglio che uan”. Perché? Il motivo è semplice: la rivista che state leggendo è da record per il nostro gruppo editoriale. (72 pagine + 16 di Formaggi & Tecnologie, ovvero
88 pagine in A3, o se volete 176 pagine in A4). Il quadro si completa con 92 pagine per Salumi &
Consumi, a cui si sommano le 36 di Salumi & Tecnologie. E a cui si aggiungono DS DolciSalati (32
pagine) e The Italian Food Magazine (52 pagine).
Una flotta compatta, quella che presentiamo a Cibus 2014. Una grande macchina da guerra
al ser vizio del Made in Italy alimentare. Riviste su car ta dunque, ancora tanto amata da buyer e
operatori del settore. Ma anche on line, grazie alle nostre news letter settimanali e al sito alimentando.info che ripor ta notizie di prima mano ogni ora. A questo proposito, proprio in occasione
dell’evento parmense, abbiamo presentato un nuovo sito completamente rinnovato nella grafica
e nei contenuti. A cui si è aggiunta anche una versione appositamente studiata per il mobile.
Ma quali sono i motivi di questo successo editoriale? Lo ha sottolineato, nel corso di un recente incontro, Marco Limonta di Iri: “Avete intercettato e risposto a un bisogno che emergeva
da tempo: ricevere informazioni e approfondimenti non sul food in generale ma in determinati
settori ben segmentati”. E’ vero. Questo lo riconoscono tutti: dall’industria ai buyer, dai responsabili di fiere e manifestazioni al normal trade. Per non parlare poi di associazioni e consorzi. Non
manca poi la politica, sempre più strategica per il compar to agroalimentare. Le riviste e le news
letter sono molto lette e fatte oggetto di discussione anche in sede parlamentare. L’inter vista a
Rober to Formigoni, presidente della IX Commissione permanente del Senato (vedi pagina 16) e
l’ar ticolo sul governo Renzi (vedi pagina 34) ne sono un chiaro esempio.
Piace il tono giornalistico. Non pubblichiamo fotocopie di comunicati stampa ma cerchiamo
sempre, o almeno ci proviamo, di approfondire e commentare le notizie di cui veniamo in possesso. Piacciono molto gli editoriali di Frigerio, mi dicono. Da buon ragazzo dell’oratorio cerca
di raccontare storie vere. Di evitare inutili retoriche. Di prendere posizione, in modo fermo e
deciso, sui tanti fatti e fattacci di cui è piena la cronaca dei nostri giorni.
Anche la forma ha il suo peso. Gli ar ticoli non sono mai leziosi o ampollosi ma snelli, ricchi
d’immagini. Ci piacciono i dati e le statistiche. Leggere i numeri consente di osser vare la realtà
in modo intelligente e dinamico. Non sulla scor ta dei discorsi di tanti soloni che ci raccontano
come funziona il mondo. I cosiddetti professori o tecnici che, in un anno di governo hanno fatto
più danni loro che tutti gli altri messi insieme.
Ci piacciono anche le battaglie. E Dio solo sa quante ne abbiamo combattute: l’ar ticolo 62, il
pagamento della Pec, l’origine del prodotto in etichetta. Ne abbiamo speso d’inchiostro… E qualcuna l’abbiamo anche vinta.
Ecco allora che, alla fine di questa cavalcata delle Valchirie, vale la pena dare spazio ai ringraziamenti. A cominciare dai lettori che ci seguono fedelmente e con attenzione, fornendoci spunti,
considerazioni, incitamenti, critiche e consigli. Agli investitori pubblicitari che, sempre più numerosi, ci stanno seguendo. Un applauso sincero va alla redazione e al repar to grafico, ai commerciali, alla segreteria, ai collaboratori esterni. Un bel gruppo di persone motivate, serie e responsabili.
Di cui andiamo fieri.
Da ultimo non posso che ringraziare il mio socio Angelo Frigerio. Da dodici anni condividiamo
un’avventura editoriale unica. Che ci ha por tato a conoscere vari ambiti e settori. Angelo è il vero
motore di queste testate, il trascinatore autentico e contagioso. La sua forza e la sua passione
sono note e riconosciute, al pari delle competenze maturate. Lui è un fisico (nel senso di laureato
in fisica) che è diventato uno dei massimi esper ti del settore agroalimentare italiano. Del resto,
per guidare e tenere sempre in pole position queste riviste, “ci vuole un fisico bestiale”.
6
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Maggio 2014
Grana padano: produzione
a +2,4% nel primo trimestre 2014
La produzione di grana padano nel mese di marzo,
secondo i dati diffusi dal Consorzio di tutela, risulta in
crescita del 2,3% rispetto allo stesso mese dell’anno
precedente. Grazie a tale recupero produttivo, il totale
del primo trimestre raggiunge quasi 1,4 milioni di forme, pari ad un incremento della produzione del 2,4%
rispetto al primo trimestre 2013.
Esselunga: nel 2013 vendite a 6,9 miliardi.
Utile in calo
Il Gruppo Esselunga ha chiuso il 2013 con vendite per
6.957 milioni di euro (+1,7% rispetto al 2012) e con
clienti in crescita dell’1%. L’utile netto ammonta a 210
milioni in calo dai 245 milioni del 2012. Gli investimenti sono stati pari a 387 milioni, per un totale di oltre 1,4
miliardi negli ultimi quattro anni. Il margine operativo
lordo è stato pari a 505 milioni di euro (-6,7% rispetto al
2012) mentre il risultato operativo si è attestato a 328
milioni di euro dai 367 milioni del 2012. La diminuzione, come spiega il Gruppo in una nota, è causata
sia dall’assorbimento dell’inflazione ricevuta dai fornitori
e della crescita dell’Iva che non sono state trasferite a
clienti, sia dall’aumento di alcuni costi operativi. Il gruppo ha fatto sapere anche che continua lo sviluppo della rete annunciato per il prossimo biennio, iniziato con
l’apertura del primo negozio nel Lazio, ad Aprilia.
Farinetti: nuovo Eataly a Verona,
nel 2015 o 2016
Oscar Farinetti ha annunciato l’apertura di un nuovo
store Eataly in Italia, a Verona, che dovrebbe vedere
la luce a cavallo tra il 2015 e il 2016. E’ lo stesso
Farinetti a darne notizia, nel corso di un incontro in
scena a Vinitaly. La nuova apertura è resa possibile anche grazie all’accordo con la fondazione Cariverona,
che metterà a disposizione del patron di Eataly un’area
all’interno degli ex Magazzini Generali, proprio di
fronte alla fiera dove si è svolta la kermesse dedicata
al vino. La nuova struttura richiederà un investimento di
circa 10 milioni di euro, a fronte di un fatturato previsto
di 30 milioni di euro e, secondo Farinetti, darà lavoro
a circa 250 giovani.
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Expo 2015: a Fiere di Parma
e Federalimentare il padiglione corporate
La conferma è arrivata. Ad Expo 2015 ci saranno due
spazi dedicati al nostro Paese: il Padiglione Italia, curato da Federalimentare e Federchimica che ospiterà le
grandi aziende e il cosiddetto padiglione Corporate,
dedicato alle piccole e medie imprese. A darne notizia
è stato il ministro per le Politiche agricole, Maurizio
Martina, durante l’edizione 2014 di Vinitaly, fiera dedicata al vino e ai distillati, andata in scena a Verona
dal 6 al 9 aprile. Il padiglione Corporate sarà organizzato in pianeti, aree tematiche dedicate a latte, carne,
dolci, verdure e così via e verrà realizzato da Fiere di
Parma e Federalimentare attraverso una società creata
ad hoc.
Export agroalimentare, Renzi:
obiettivo 50 miliardi di euro nel 2020
“Il nostro obiettivo è portare l’export agroalimentare italiano a 50 miliardi di euro nel 2020. Potremmo dire
combattendo l’agropirateria, io mi limito a dire che ci
sono degli spazi da riempire”. E’ quanto ha dichiarato
il premier, Matteo Renzi, in visita a Vinitaly, fiera in
scena a Verona che si è conclusa mercoledì 9 aprile.
Lidl primo retailer in Olanda.
Nuove aperture anche in Spagna
Secondo i dati Nielsen, Lidl è diventato il primo retailer
in Olanda, superando Aldi. La market share di Lidl è,
infatti cresciuta nel 2013, arrivando al 9%, dal 7,5%
del 2012. L’incremento si traduce in una crescita delle
vendite di circa 500 milioni di euro. I prossimi piani di
sviluppo della catena tedesca guardano alla Spagna,
dove Lidl dovrebbe investire circa 180 milioni di euro
quest’anno per l’apertura di 20 nuovi punti vendita che
andranno ad aggiungersi al 525 già presenti.
Produzione formaggi:
Dop in crescita nel mese di febbraio
Secondo i dati diffusi da Assolatte, nel mese di febbraio
tutte le Dop lattiero casearie hanno registrato una crescita
della produzione rispetto al 2012, all’infuori del pecorino romano, che ha fatto invece segnare un calo pari al
6,1%. Solo a febbraio, rispetto al mese precedente, si
registrano aumenti produttivi per grana padano (+2,3%),
gorgonzola (+8,5%), asiago (+2,3%), provolone valpadana (+12,4%) e quartirolo lombardo (+23,3%). In calo
invece il parmigiano reggiano (-0,9%), il taleggio (-7,6%)
e il pecorino romano (-7,1%).
Il ricordo di Marco Trivelli
Marco Trivelli si è spento, nella notte fra lo scorso
Venerdì e Sabato Santo, stroncato da un attacco
cardiaco. Aveva 59 anni ed era sposato con Laura Guidetti. Per diverso tempo aveva ricoperto la
carica di responsabile dell’Agenzia pubblicitaria
“Publitime” di Novara prima di assumere l’incarico
di addetto stampa della società “Igor Gorgonzola”
di Cameri e di amministratore dell’agenzia di comunicazione “Centromedia” con sede a Borgomanero. Nella stessa città era stato tra i fondatori del
mensile “Noi” diretto dal professor Giuliano Ladolfi.
Socio del Rotary Club Borgomanero Arona, aveva
ricoperto la carica di presidente nel 2008 mettendosi in luce per le numerose iniziative programmate
nell’annata sociale, tutte con finalità benefiche.
Era un uomo perbene. Una persona solare. Sapeva
affrontare le difficoltà, e Dio solo sa quante sono
in un’agenzia di comunicazione, in modo propositivo. Senza mai arrabbiarsi. Con forza e determinazione. Ma sempre con il sorriso sulle labbra.
Da tempo aveva affiancato la famiglia Leonardi ed
era diventato il suggeritore e l’esecutore di tutte le
iniziative di marketing e comunicazione di Igor. Qui
l’ho conosciuto. E apprezzato. La notizia della sua
scomparsa mi ha lasciato stupito e addolorato. Alla
moglie Laura il cordoglio e l’affetto della redazione
di Formaggi & Consumi.
Angelo Frigerio
Assolatte: al via il comitato latticini bio,
guidato da Dino Mellano
Sarà Dino Mellano, del Consorzio Natura e Alimenta, a guidare il nuovo comitato latticini bio in seno
ad Assolatte. Ed è proprio lui a spiegare gli obiettivi
del nuovo gruppo: “Il sistema europeo non sempre
è sufficiente, spesso alcuni paesi richiedono ulteriori
certificazioni. Ecco che il comitato vuole arrivare a
definire un manuale di produzione che funzioni per
tutti”. In Italia, le aziende bio del comparto lattiero
caseario sono l’11,9% del totale dei produttori bio
e rappresentano, con oltre il 22% di fatturato, la seconda voce nella spesa di prodotti biologici degli
italiani, dopo quella ortofrutticola.
Latteria di Soligo chiude il 2013
con un fatturato di 65 milioni di euro
Una crescita di fatturato di 2,4 milioni di euro nel
2013, che porta il totale a 65 milioni di euro, contro
i 62 dell’anno precedente. Sono i risultati diffusi da
Latteria di Soligo al termine dell’assemblea dei soci,
che si è riunita, sabato 29 marzo, nella sede della
Cooperativa, per approvare il bilancio di esercizio e
rinnovare le cariche sociali. Importante anche il risultato sui mercati esteri, che hanno inciso sul fatturato,
nel 2013, per 1,2 milioni di euro. In Veneto, dove
l’azienda sviluppa il 92% del suo fatturato, vanta anche una quota significativa nel mercato del latte fresco, pari a circa il 15%.
Giorgio Mercuri confermato
presidente di Fedagri
Export, Assolatte:
2013 da record per i formaggi (+7,4%)
Giorgio Mercuri (foto) è stato riconfermato per acclamazione alla guida di Fedagri-Confcooperative dall’Assemblea elettiva dei soci, in scena lo scorso 10 aprile
a Roma. Oltre 300 i partecipanti,
in rappresentanza di 3.400 cooperative aderenti. Mercuri, dopo
essere stato vicepresidente, aveva
assunto la guida di Fedagri nell’ottobre 2013 su nomina del Consiglio Nazionale, in sostituzione
di Maurizio Gardini, passato alla
guida di Confcooperative. Eletti,
anche, i presidenti dei Comitati di
settore di Fedagri: Adriano Orsi
(vitivinicolo), Davide Vernocchi
(ortofrutticolo), Nicola Cesare Baldrighi (lattiero caseario), Patrizia Marcellini (agricoli e servizi), Giovanni
Bettini (zootecnico) e Gianni Torello (forestazione).
Il 2013 ha fatto registrare un nuovo
record per le esportazioni di formaggio, superando i risultati del 2012.
A darne notizia è Assolatte, secondo
cui le vendite all’estero sono andate oltre i 2 miliardi di euro (+4,2%),
pari a 320mila tonnellate di prodotti
esportati (+7,4%).
Risultati che permettono all’Italia di
classificarsi al quarto posto in Europa per le esportazioni di prodotti
lattiero caseari, dopo Olanda, Germania e Francia. “A causa della
crisi economica e per mantenere un
buon livello competitivo, lo scorso
anno abbiamo dovuto ridurre del
3% i prezzi medi dei nostri prodotti.
E pur avendo visto crescere i volu-
mi non ci aspettavamo di superare
la barriera dei 2 miliardi di euro,
chiudendo comunque con un ottimo
attivo della nostra bilancia dei pagamenti caseari (245 milioni di euro)”,
ha commentato Adriano Hribal, delegato alla presidenza di Assolatte.
Dal punto di vista dei mercati di destinazione, si registrano importanti
aumenti: Francia +7,6%, Germania
+10,4% e Regno Unito +8,6%.
Tra i Paesi extra europei, gli Stati
Uniti sono al terzo posto per quantità di formaggi italiani importati,
ma in leggero calo (-2,1%), in crescita la Svizzera (+2,8%) e la Russia (+35,3%). Infine le tipologie di
formaggio: i prodotti più apprezzati
restano la mozzarella e i formaggi
freschi che nel 2013 hanno registrato un ulteriore aumento del 15% a
volume, seguono grana e parmigiano (+5,9%) e i grattugiati (+4,0%).
Bene anche il gorgonzola, con
esportazioni che crescono del 5,1%.
In calo solo le vendite estere di pecorino e fiore sardo (-6,4%).
NEWS
Lattebusche: nel 2013 superati i 90
milioni di euro di fatturato
Parmigiano: aperte 600 forme
tra Gran Bretagna, Canada e StatiUniti
Oltre 600 forme di parmigiano reggiano
sono state aperte contemporaneamente
in altrettanti punti vendita della catena
Whole Foods, che ha dedicato al “re”
dei formaggi l’edizione 2014 dell’evento
“Crack Heard Around the World”. I paesi coinvolti nell’iniziativa sono Stati Uniti, Canada e Gran Bretagna. Il via alla
manifestazione è stato lanciato dal punto
vendita Whole Foods di Brooklyn, a New
York, dal presidente del Consorzio di tutela, Giuseppe Alai, che insieme al consigliere Aldemiro Bertolini, presidente della
sezione di Modena, e allo chef tristellato
Michelin, Massimo Bottura, ha personalmente tagliato una forma. In contemporanea, il personale del reparto formaggi de-
gli altri negozi della catena si è cimentato
nella stessa operazione, tra la curiosità di
migliaia di clienti che hanno poi potuto
degustare il prodotto e acquistarlo. “In
molte aree – racconta il Consorzio in una
nota – proprio il rapporto diretto con la
distribuzione e i consumatori rappresenta
una efficace forma di contrasto a quelle
evocazioni delle denominazioni di Dop
come la nostra, che le leggi locali ammettono (ad esempio proprio negli Usa,
dove ora si è aperta la battaglia lanciata
dalla Ue contro l’uso di termini come “parmesan” e altri), ma consentono anche di
avvicinare maggiormente i consumatori al
consumo di spicchi e di dimostrare come
si presenta all’origine un prodotto che
spesso vedono solo grattugiato”. A completare l’iniziativa anche un concorso che
ha coinvolto food blogger e consumatori,
invitandoli ad inviare un proprio pensiero
dedicato al parmigiano reggiano. I vincitori saranno premiati con un viaggio di
una settimana nella zona d’origine della
Dop.
Per Lattebusche, cooperativa di Busche,
in provincia di Belluno, il 2013 si è
chiuso con un fatturato che supera i 90
milioni di euro, in crescita rispetto agli
88,1 del 2012. In aumento anche la remunerazione del latte dei soci, pagato
51,11 centesimi di euro al litro contro i
51,05 dell’anno precedente. I dati sono
emersi nel corso dell’assemblea dei soci
della Cooperativa, che si è tenuta il 28
marzo a Busche. Dal punto di vista dei
prodotti, il grana padano da solo ha inciso per 26 milioni di euro sul fatturato.
Seguono il formaggio piave (15,50 milioni di euro), il latte fresco (9,14 milioni
di euro), lo yogurt (3,67 milioni) e, infine,
la mozzarella (2,42 milioni).
Ogm: rinviata la sentenza
del Tar del Lazio
La tanto attesa sentenza del Tar del Lazio in merito al
ricorso, presentato da Giorgio Fidenato, contro il decreto che proibisce la semina del mais Mon810 per
18 mesi, è stata rinviata. Il Tribunale amministrativo
regionale, infatti, ha scelto di prendere tempo, riservandosi la decisione nei prossimi 45 giorni. In merito
al pronunciamento del Tar, il governo aveva già fatto
sapere di essere pronto a ripresentare il decreto.
Assemblea parmigiano reggiano:
bene i consumi, produzione in lieve calo
Il piano di regolazione dell’offerta 2014, che prevede la
produzione di 3.250.000 forme, 29mila in meno rispetto al
2013; la tradizione, l’innovazione, i legami con il territorio,
i nuovi modelli di consumo, il
rapporto qualità/prezzo e, in
particolare, le relazioni commerciali e le modalità di comunicazione. Sono queste le
linee guida di lavoro presentate il 2 aprile dal presidente
del Consorzio del parmigiano
reggiano, Giuseppe Alai (foto),
all’assemblea annuale dei soci,
con l’obiettivo principale di accrescere la redditività del com-
parto. “Il “quanto” produrre –
ha detto Alai – lo abbiamo già
stabilito, così come il “come”
(con un Disciplinare sempre più
rigido nei vincoli con il territorio sia per la produzione che il
confezionamento): oggi siamo
impegnati su “quali” mercati e
“quali” consumatori, con azioni
specifiche sulla comunicazione
(sempre più orientata sulle caratteristiche del prodotto e su testing in store piuttosto che su una
notorietà ampiamente acquisita)
e su nuovi accordi commerciali”. Positivi i dati di mercato, a
partire da una produzione che
nei primi due mesi del 2014 ha
fatto segnare un -0,1%. Bene i
consumi interni, in crescita dello
0,2%, mentre l’export nel 2013
è cresciuto del 5,62%. “L’obiettivo è di raggiungere una quota del 50% nei prossimi cinque
anni. Nascono da qui – ha ricordato Alai – gli accordi con
gli esportatori italiani e, al tempo stesso, le nuove intese con
la grande distribuzione estera,
che può offrire ai consumatori
stranieri un prodotto naturale a
condizioni accessibili, evitando
speculazioni sui prezzi che limiterebbero inevitabilmente un
consumo diffuso”. Alai affronta
anche il tema delle trattative bi-
laterali con gli Usa. “Su queste
linee di rafforzamento dell’export sarà fondamentale l’esito
della pressione che la Ue sta
esercitando sugli Stati Uniti,
nell’ambito degli accordi sul libero scambio, affinché sia cambiata una legislazione americana che ammette la produzione
di formaggi con denominazioni
simili a quelle del parmigiano
reggiano (e tra queste anche
“parmesan”). “Una battaglia
che va sostenuta incisivamente, perché è con questi nuovi
accordi diplomatici che si può
raggiungere un obiettivo altrimenti impensabile”.
9
NEWS
Maggio 2014
Concorso Alma Caseus:
in scena a Cibus dal 5 all’8 maggio
Roberto Brazzale è vicepresidente
Export: latticini a +4,49% nel mese di gennaio.
Bene grana padano e parmigiano reggiano (+3,21%) dell’Associazione lattiero casearia ceco morava
Seconda edizione per Alma Caseus, il concorso promosso dalla Scuola internazionale di cucina Italiana
Alma. La competizione, che vivrà il suo momento clou
a Cibus, fiera dedicata all’agroalimentare in scena a
Parma dal 5 all’8 maggio, si articola in tre sezioni: formaggi, in scena l’8 maggio, professionisti, il 5 maggio
ed Istituti alberghieri, il 6 maggio. Direttore di Alma
Caseus è Renato Brancaleoni, affinatore e docente di
Alma, che commenta: “Sono convinto che nel panorama italiano mancasse una competizione come Alma
Caseus: la peculiarità di questo concorso è quella di
mettere al centro dell’attenzione non soltanto i prodotti,
così ricchi di identità e storia, ma anche i professionisti
del mondo del formaggio. Parliamo di quelle centinaia
di operatori che quotidianamente scelgono, tagliano,
servono e comunicano con passione il formaggio e che
sono eredi e “difensori” di una grande tradizione alimentare italiana”.
Incremento del 3,21% nelle esportazioni di grana
padano e parmigiano reggiano a gennaio 2014,
rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Bene
anche i grattugiati, che crescono del 4,34%, in calo
invece (-3,95%) le esportazioni di gorgonzola. Sono
i numeri diffusi da Clal su elaborazione dei dati Istat,
che rivelano anche una crescita a volume del 21,28%
per ‘asiago, montasio, ragusano, caciocavallo’ e
del 10,66% per ‘formaggi freschi tra cui mozzarella
e ricotta. Dati positivi anche per i ‘formaggi freschi
tra cui mascarpone’ (13%), ‘pecorino e fiore sardo’
(+6,81%), provolone (+2,67%) e ‘taleggio e italico’
(+1,97%). Quanto al latte, crescono le esportazioni
di confezionato intero (+185,72%), mentre calano il
latte confezionato parzialmente scremato (-17,41%) e
quello scremato (-38,14%). Nel complesso, a gennaio
2014, rispetto allo stesso mese dell’anno precedente,
l’export di formaggi e latticini segna un incremento, a
volume, del 4,49%, che scende all’1,89% a valore.
In calo invece, a volume, le importazioni dall’estero
(-0,68%), che fanno però segnare un incremento a valore (+8,67%).
Mario Guidi confermato al vertice
di Confagricoltura
Mario Guidi, classe 1961, è stato riconfermato il 16
aprile alla presidenza di Confagricoltura per il prossimo triennio. A deciderlo l’assemblea della confederazione, che si è espressa a favore con 497 voti su 509.
“Dal 2011 ad oggi – ha detto il presidente Guidi nella
sua relazione – sono avvenuti cambiamenti profondi e
irreversibili, a livello nazionale ed internazionale, ed
è ormai chiaro che niente potrà tornare come prima.
La direzione è segnata: uno Stato più “magro”, un
welfare più efficiente, mercati meno ingessati, regole
meno asfissianti; inoltre, attraverso riforme strutturali, la
riduzione della spesa pubblica e delle partecipazioni
dirette. In questo contesto anche le organizzazioni intermedie dello Stato, da quelle di rappresentanza alle
istituzioni, comprese le province, i piccoli comuni, le
camere di commercio, sono in discussione al pari della
dirigenza pubblica”.
A Cibus la prima forma
di puzzone di Moena Dop
Il Gruppo formaggi del Trentino ha scelto il palcoscenico di Cibus per il debutto della prima forma di puzzone di Moena Dop, presentata in anteprima esclusiva. Il
riconoscimento della Dop, arrivato nel 2013, è giunto
a termine con il sigillo ufficiale dell’Unione europea,
grazie al quale il puzzone di Moena entra di diritto nel
paniere di prodotti riconosciuti e tutelati direttamente
dall’Ue. Il puzzone di Moena Dop (Spretz Tzaor, in
lingua Ladina) deve il suo nome al suo sapore ed odore
accentuati. Genuino e intensamente aromatico, a pasta semidura e semicotta con crosta umida, può venire
prodotto all’interno di un’area che comprende le vallate alpine cui fanno da sfondo le Dolomiti, recentemente
riconosciute “patrimonio dell’Umanità” dall’Unesco.
Azerbaijan: facilitazioni in vista
per le operazioni di import-export
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Assocaseari comunica che, secondo quanto dichiarato
dal ministro azero dell’Economia e dell’Industria, per
gli imprenditori del Paese saranno a breve necessari
solo due documenti per effettuare operazioni di esportazione e importazione. Per effetto delle modifiche di
una serie di atti giuridici per il controllo doganale delle operazioni di import-export, saranno richiesti solo il
documento di trasporto e la dichiarazione in dogana.
In tal modo, il numero di documenti necessari per le
importazioni diminuirà da undici, e per l’esportazione
da otto, a due.
Roberto Brazzale (foto), presidente del Gruppo Brazzale, è stato eletto vicepresidente di Českomoravský svaz
mlékárenský, l’Associazione lattiero casearia ceco
morava, che riunisce i player del settore. Brazzale,
membro anche del Forum ad alto livello per un miglior
funzionamento della catena alimentare dell’Unione
europea e consigliere di Assolatte, con l’azienda del
Gruppo a Litovel (Cz) è da tempo membro dell’associazione ceco morava, nata agli inizi degli anni 90, che
vanta tra i suoi soci sia le latterie, sia le organizzazioni commerciali, i fornitori di tecnologie e di materiale
d’imballo, oltre alle scuole specializzate del settore, le
società di consulenza e di servizio. Dal punto di vista
del volume di latte lavorato in Repubblica Ceca, l’associazione rappresenta circa la metà del totale. La mission dell’associazione è quella di difendere gli interessi
dei suoi membri, oltre a rappresentare le latterie nelle
organizzazioni internazionali. A partire dal 2004, inoltre, l´Associazione è membro attivo di Eda (Associazione lattiera europea) con sede a Bruxelles e di Assifonte
(Associazione europea dei produttori di formaggi fusi).
A presiedere l’associazione, di cui Brazzale è vicepresidente dal 9 aprile scorso, è Jiří Kopáček.
Novacoop: inaugurata
la nuova sede a Vercelli
È stata inaugurata l’11 aprile a Vercelli, la nuova sede
di Novacoop. La struttura si articola su tre piani, per
una superficie totale di circa 10mila metri quadri e un
investimento complessivo di circa 28 milioni di euro.
“La nuova sede di Vercelli rappresenta una tappa importante della crescita di Novacoop”, ha affermato il
presidente della Cooperativa, Ernesto Dalle Rive. “La
scelta di un’unica sede produrrà vantaggi operativi e
finanziari in termini di gestione”.
Ue, importazione prodotti bio:
autorizzazione richiesta dal 1° luglio
Il termine ultimo per il rilascio delle autorizzazioni Ue
all’importazione di prodotti biologici da parte degli stati membri è fissato al 1 luglio 2014. A darne notizia
è il ministero delle Politiche agricole, con una nota inviata ad assessorati regionali e organismi di controllo.
Nella quale comunica che, sulla base degli accordi fra
gli stati membri dell’Unione, le autorizzazioni avranno validità di un anno solare e verranno rilasciate fino
alla data del 30 giugno 2014. Il termine ultimo per la
presentazione della richiesta da parte delle aziende è
fissato per il 31 maggio.
Cia Conad sperimenta l’every day low price,
con il nuovo format “Spesa facile”
È stato inaugurato ai principi di aprile a Rovigo, un
punto vendita Conad City, con il nuovo format “Spesa
facile”. Lo store fa parte di Cia (Commercianti indipendenti associati) Conad ed è gestito da Oriana Burato
e Tommaso Boso (madre e figlio). L’offerta si caratterizza per l’approccio every day low price: “Offriremo un
‘prezzo basso tutti i giorni’ con cui il consumatore può
entrare in negozio e risparmiare a occhi chiusi, senza
pensare a volantini e offerte speciali”, spiega l’amministratore elegato di Cia-Conad, Luca Panzavolta, in
un comunicato pubblicato sul sito legacoopromagna.
it. “Questo nuovo format per noi è un esperimento importante, perché per la prima volta coniugheremo l’alta
qualità a cui è abituato il consumatore Conad con una
proposta di prezzi molto aggressiva tutti i giorni della
settimana. Questo test è il primo a livello nazionale
di una serie d’iniziative analoghe che coinvolgerà nei
mesi a venire altre cooperative associate a Conad”.
Qualivita, Poste italiane e Tuttofood insieme
per l’e-commerce dei prodotti italiani
Nasce un nuovo servizio di e-commerce, rivolto ai
consumatori e dedicato alle imprese del settore agroalimentare certificato. A realizzare il progetto sono la
Fondazione Qualivita, Poste e-commerce, piattaforma
integrata di servizi del Gruppo Poste Italiane e Tuttofood. In particolare, i prodotti selezionati da Fondazione
Qualivita appartengono alle aziende italiane che hanno ottenuto le più importanti certificazioni, riconosciute
sia a livello nazionale che internazionale: Dop (Doc
e Docg) Igp, Stg e biologico.“Qualivita e-commerce”
sarà online dal 10 di aprile 2014 con il pacco selezione “Dispensa italiana”. All’interno del paniere, che resterà online fino al 31 maggio al prezzo promozionale
di 64 euro, nove confezioni di sei prodotti certificati,
tra cui vino, olio, pasta e riso
Filiera bufalina: il tavolo interministeriale
dice sì alla tracciabilità
E’ andato in scena il 10 aprile il primo incontro del
tavolo interministeriale sulla filiera bufalina. Diverse le
questioni aperte, a cominciare dalla vicenda del doppio
stabilimento per la Dop. Problema per cui pare si sia
trovato un accordo: non ci sarà l’obbligo del doppio
stabilimento, secondo i beni informati. Arriva anche il
parere positivo per la tracciabilità di filiera. “La decisione assunta oggi a livello nazionale – spiega l’assessore regionale all’agricoltura della Campania, Daniela
Nugnes – è per noi una grande vittoria, visto che già
un anno fa avevamo promosso, insieme all’istituto zooprofilattico sperimentale per il Mezzogiorno, un sistema
di tracciabilità totale della filiera ritenendo che questo
fosse l’unico strumento necessario per dare trasparenza
al comparto e per promuovere e garantire la nostra mozzarella che, troppo spesso, è stata al centro di numerose
polemiche. L’incontro di oggi, che avalla il nostro sistema e, anzi, lo rende obbligatorio, è la riprova di quanto
fossimo nel giusto”. Sulla questione, però, incombe il
Tar del Lazio, che ha chiesto al governo delucidazioni
in merito all’applicazione della legge, voluta dall’allora
ministro per le Politiche agricole, Luca Zaia.
NEWS
Maggio 2014
Caseificio Defendi Luigi,
formaggi dal 1865
Dal 1865, anno in cui Pietro Defendi inizia la lavorazione delle prime formaggelle, seguite poi
negli anni dalla produzione di formaggi Dop
quali gorgonzola, taleggio e quar tirolo, il Caseificio Defendi Luigi ha continuato nella sua
ricerca e sviluppo di nuovi prodotti. La creazione, negli ultimi anni, del nuovo stabilimento
di Vidalengo, in provincia di Bergamo, dotato di
tutte le più aggiornate attrezzature ed impianti
in grado di garantire il mantenimento delle caratteristiche tradizionali dei formaggi ottenuti,
ha permesso di sviluppare nuovi e caratteristici
formaggi stagionati, che verranno presentati ai
clienti nazionali ed internazionali in occasione
del prossimo Cibus di Parma. Si tratta di due
formaggi a base latte di bufala, raccolto in stalle selezionate della regione Lombardia: il Bufaletto ed il Blu di Caravaggio. Attualmente, il
prodotto viene presentato in confezione intera
per il banco gastronomia in negozi specializzati,
solo successivamente verrà presentata una linea confezionata per il mercato del libero servizio delle catene di supermercati. Il Caseificio
Defendi, attento alle esigenze di un consumatore sempre più esigente, maturo ed orientato
alla ricerca della qualità e di prodotti salutistici,
aderisce all’associazione Blue-Blanc-Coeur che
ha come scopo la divulgazione di una filiera nutrizionale completa che si impegna ad offrire
un’alimentazione più sana, più saporita e più
equilibrata. A tal proposito verranno presentati alcuni nuovi prodotti caseari freschi e semistagionati provenienti da queste filiere (quindi
con meno grassi saturi, più acidi grassi omega
3 ed un corretto equilibrio acidi grassi Omega
6/Omega 3). Dopo un 2013 che ha visto Caseificio Defendi crescere ancora, sia a livello di
fatturato che di volumi, di oltre il 10% rispetto all’anno precedente, le premesse quindi per
un 2014, ricco di novità e attenzione al cliente
ci sono davvero tutte. Già i dati a consuntivo
di questa prima par te dell’anno vedono lusinghieri risultati di vendita, che arrivano in modo
par ticolare dal mercato estero, oltre all’America, dove opera la filiale di Defendi Usa, si stanno incrementando i mercati dell’est Europa e
della Russia. Attualmente il valore dell’expor t
per Defendi si avvicina al 50% del totale giro
d’affari. A fare da leader i formaggi Dop della
grande tradizione del Caseificio: il gorgonzola
“Il Bacco”, il taleggio “Il Caravaggio“, il quar tirolo “Bianco e Gusto“. Il mercato italiano, coperto da una rete di agenti, vede anche quest’anno
lo sviluppo di nuovi potenziali clienti della Gdo
e dell’industria alimentare, per cui Defendi realizza prodotti a marca privata. I premi di eccellenza vinti alle varie manifestazioni Cheese,
le cer tificazioni di prodotto, di processo e di
sostenibilità ambientale, fanno di Caseificio
Defendi un sicuro par tner per la clientela più
attenta alla qualità sia sul mercato italiano che
estero.
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Selex: raccolte 297 tonnellate di prodotti
alimentari. Presto nuove iniziative di solidarietà
Nestlè: fatturato in calo del 5,1%
nel primo trimestre
Bilancio positivo per la raccolta alimentare promossa
lo scorso 29 marzo da Selex. L’iniziativa “Metti in tavola la solidarietà”, promossa in collaborazione con
la Croce Rossa italiana, ha permesso di raccogliere
297 tonnellate di prodotti alimentari, nei 617 punti
vendita del gruppo che hanno aderito. A fine maggio
verrà promossa un’altra campagna solidale “Metti un
sorriso alla solidarietà”, dedicata alla raccolta prodotti
per l’infanzia e la cura della persona. A dicembre, si
svolgerà la raccolta fondi tramite “Donocard”, importante iniziativa con cui Selex vuole celebrare i suoi 50
anni di attività e con cui il Gruppo conta di mettere a
disposizione delle famiglie in difficoltà beni alimentari
per la preparazione di 300mila pasti.
Nestlè ha chiuso il primo trimestre 2014 con un fatturato di 20,8 miliardi di franchi svizzeri, in calo del 5,1%
rispetto allo stesso periodo del 2013. Una flessione
legata soprattutto all’eccezionale maltempo verificatosi
in Nord America, alla stagnazione del mercato europeo e a una Pasqua caduta ad aprile e non a marzo,
spiega il colosso elvetico. Nestlè conferma anche le
stime per il 2014, che prevedono un aumento delle
vendite intorno al 5%, soprattutto grazie ad un secondo
semestre migliore rispetto al primo. Al netto di cambi,
acquisizioni e cessioni, i ricavi sono cresciuti del 4,2%.
Il caseificio toscano Busti presenta
la certificazione di filiera, dalla stalla al negozio
Il caseificio toscano Busti presenta la tracciabilità di filiera
per i propri formaggi, dalla stalla ai banchi dei negozi.
Il progetto, dal titolo “Latte di pecora della nostra terra;
tracciabilità e rintracciabilità di filiera nel settore lattiero
caseario toscano” è stato presentato lo scorso 10 aprile.
“L’obiettivo del “progetto toscano” è quello di collegare
ogni lotto di formaggio di pecora prodotto dal caseificio”,
si legge in una nota dell’azienda, “con il latte raccolto
dalle aziende conferenti, tramite un sistema informativo
che segue il percorso del latte a partire dalla raccolta. Un
computer con tecnologia Gps, installato sulle autocisterne,
è in grado di riconoscere le aziende conferenti in maniera
univoca e di indicare la quantità, l’acidità e la temperatura
del latte. Il latte conferito, distribuito nei serbatoi di stoccaggio, viene tracciato attraverso un numero progressivo
di lotto che lo accompagnerà in tutte le fasi della trasformazione fino al confezionamento”. Prima della vendita,
spiegano dal caseificio, su ogni forma di pecorino verrà
applicata un’etichetta, con un Qr code, che consente di
collegare il formaggio alla partita di latte di origine. In
questo modo, con uno smartphone, o accedendo al sito
www.toscopecora.it e digitando nell’apposito spazio il
suddetto codice, il consumatore può risalire alle caratteristiche delle aziende di produzione e del latte utilizzato per
tutte le forme di pecorino che rientrano in questo progetto.
L’evento ha visto coinvolto l’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Regioni Lazio e Toscana, l’Ispettorato repressioni
frodi di Firenze, l’Associazione toscana allevatori, Asl 5
di Pisa, l’ente di Certificazione Certiquality, la Coldiretti,
la Cna, il Consorzio del pecorino toscano Dop, il Laboratorio Tecnal.
Ue 28: consegne
di latte in crescita del 4,7%
Consegne di latte in crescita nell’Ue 28, che a gennaio di quest’anno segnano un incremento del 4,7%
rispetto allo stesso periodo del 2013. Secondo i dati
elaborati da Clal.it, inoltre, in Nuova Zelanda, nel
periodo gennaio-febbraio 2014, si è registrato un incremento della produzione del 9,3%. Tra i paesi tradizionalmente esportatori, si segnala anche l’incremento
della produzione in Turchia (+10,6%). In generale, crescono le produzioni di latte in tutti i paesi esportatori,
per una media del 3,6%. Negli stessi paesi, si registra
anche un incremento dell’export di polveri (wmp, smp),
burro e formaggi nei mesi di dicembre 2013 e gennaio 2014, che si attesta a +13,06%. A sostenere
le esportazioni, sempre secondo i dati Clal.it, sono in
particolare burro, smp e wmp.
Nasce l’osservatorio
europeo sul latte
Distretto Emilia Romagna: bene l’export
alimentare. In calo la food machinery di Parma (-5%)
Positivo il quadro per il distretto industriale dell’Emilia Romagna, che nel 2013 registra un incremento dell’export
pari al 3,6%, raggiungendo così i 10,9 milioni di euro, record storico per l’export regionale. Nel dettaglio dell’agroalimentare e dell’industria collegata, bene le macchine per
l’imballaggio di Bologna, che crescono del 7,6%, in doppia cifra il lattiero caseario parmense (+27,2%) e segnali positivi anche nei tre distretti dei salumi del modenese
(+7,3%), di Parma (+6,8%) e di Reggio Emilia (+7,7%).
Sono alcuni dei dati che emergono dal Monitor dei distretti industriali dell’Emilia Romagna curato dal Servizio Studi
e Ricerche di Intesa Sanpaolo per Carisbo, Cariromagna
e Banca Monte Parma, secondo cui appare più contenuto l’incremento per le macchine agricole di Modena e
Reggio Emilia (+3%) e per l’alimentare di Parma (+3,3%).
Risultati negativi, invece, per la food machinery di Parma (-5%) e il lattiero caseario di Reggio Emilia (-0,7%). In
generale, si evidenzia una crescita più sostenuta dell’export verso i nuovi mercati (+7,2%), in particolare Turchia,
Cina (compresa Hong Kong) e Ucraina, grazie agli ottimi
risultati del distretto delle macchine per l’imballaggio di
Bologna. Gli scambi sono aumentati anche sui mercati
avanzati (+1,5%), trainati dal brillante andamento delle
vendite negli Stati Uniti dei distretti delle piastrelle di Sassuolo e del lattiero caseario parmense.
Un osservatorio europeo per il mercato del latte e dei
prodotti caseari, con l’obiettivo di prevenire squilibri e
crisi di mercato in vista della fine del regime delle quote
latte. E’ questa l’iniziativa della Commissione europea,
inaugurata il 16 aprile. Era stato il commissario europeo all’Agricoltura Dacian Ciolos a chiedere la creazione di una struttura in grado di fornire in tempi brevi il
numero maggiore di dati economici che consentano di
aiutare il settore ad adattarsi alla liberalizzazione del
mercato. La struttura lavorerà congiuntamente con operatori del settore, governi e Commissione europea per
raccogliere dati statistici relativi alla produzione lattiero
casearia, all’equilibrio tra offerta e domanda di prodotti, ai costi di produzione alle prospettive commerciali.
Questo materiale, corredato di analisi e previsioni di
mercato, verrà pubblicato on line.
Ogm: rinviata la sentenza
del Tar del Lazio
La tanto attesa sentenza del Tar del Lazio in merito al ricorso, presentato da Giorgio Fidenato, contro il decreto che proibisce la semina del mais Mon810 per 18
mesi, è stata rinviata. Il Tribunale amministrativo regionale, infatti, ha scelto di prendere tempo, riservandosi
la decisione nei 45 giorni successivi al rinvio, arrivato
il 10 aprile. In merito alla decisione del Tar, il governo
aveva già fatto sapere di essere pronto a ripresentare
il decreto.
Alcuni celebri ‘No’ all’euro
Giorgio Napolitano
Margaret Thatcher
Parole pronunciate da Giorgio Napolitano, allora deputato del Pci,
a Montecitorio, il 13 dicembre 1978, durante una discussione riguardante l’adesione dell’Italia al Sistema monetario europeo (Sme).
“L’euro è la più grande follia dell’era moderna. La Germania
si ritroverà la sua naturale fobia dell’inflazione, mentre l’euro
risulterà fatale per i paesi più poveri perché devasterà
le loro economie inefficienti”.
Maggio 2014
11º Presidente
della Repubblica Italiana
Maggio 2014
“[...]dal vertice è venuta solo la conferma di una sostanziale resistenza dei Paesi più forti, della Germania, e in particolare della banca centrale
tedesca, ad assumere impegni effettivi e sostenere oneri adeguati per un maggiore
equilibrio tra gli andamenti delle economie di paesi della comunità.
E’ così venuto alla luce un equivoco di fondo: se cioè il nuovo sistema debba
contribuire a garantire un più intenso sviluppo dei paesi più deboli della
comunità, o debba servire a garantire il Paese più forte, ferma restando la politica
non espansiva della Germania, spingendosi un Paese come l’Italia alla deflazione.
[…]Il rischio è quello di veder ristagnare la produzione, gli investimenti e
l’occupazione invece di conseguire un più alto tasso di crescita; di vedere
allontanarsi, invece di avvicinarsi, la soluzione dei problemi del Mezzogiorno”.
primo ministo britannico
Milton Friedman
economista
“La spinta per l’Euro è stata motivata dalla politica,
non dall’economia. Lo scopo è stato quello di unire la Germania
e la Francia, così strettamente da rendere una possibile guerra
europea impossibile, e di allestire il palco per i federali Stati Uniti
d’Europa. Io credo che l’adozione dell’euro avrà l’effetto opposto.
Esacerberà le tensioni politiche convertendo shock divergenti, che si
sarebbero potuti prontamente contenere con aggiustamenti del tasso di cambio,
in problemi politici di divisioni. Un’unità politica può aprire la strada per un’unità
monetaria. Un’unità monetaria imposta sotto condizioni sfavorevoli si dimostrerà
una barriera per il raggiungimento dell’unità politica”.
Il paradosso dell’ uro
Roberto Brazzale
La parità di cambio tra lira e marco tedesco
e i suoi effetti sull’economia italiana.
Con un’attenzione particolare alle aziende del settore
agroalimentare, frenato anche dalla valuta. Ne parliamo
con Roberto Brazzale, presidente del gruppo Brazzale
e membro dell’High level forum della Commissione Ue.
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A cura di Alice Realini
Il rapporto tra mondo agroalimentare,
Unione europea e moneta unica è, da sempre, piuttosto travagliato. Senza dubbio, sul
settore, incidono in maniera importante
tutte le decisioni prese in ambito europeo.
Basti pensare alla Politica agricola comune
o, nel lattiero caseario, al tema controverso delle quote latte. Provvedimento che,
comunque la pensi nel merito, ha senza
dubbio cambiato per sempre il mercato
europeo e quello mondiale. E, secondo
l’opinione di molti, ha consegnato le chiavi
del ‘forziere’ del latte Oltreoceano, in particolare alla Nuova Zelanda, oggi temibile e
per certi versi inarrivabile competitor, in primis per ciò che riguarda tutte le economie
emergenti. In questi mesi, la fine del regime
delle quote latte è senza dubbio uno degli argomenti principali di preoccupazione
del settore lattiero caseario. Ma è tutto il
mondo agroindustriale italiano ad essere in
fermento. Tensioni sui prezzi delle materie
prime, comuni a tutti i settori, flessione della
domanda nel Vecchio continente, difficoltà
di accesso al credito, debolezza finanziaria
all’estero sono alcuni degli argomenti che
preoccupano uno dei settori comunque più
dinamici e importanti per la nostra economia. Ma tutto questo non deve far pensare
che, invece, per quanto concerne la moneta
unica, i giudizi siano unanimi. Anzi, le voci di
dissenso, complice anche l’evoluzione del
quadro economico e la situazione di sostanziale deflazione dell’eurozona, si fanno
sempre più forti. Tra questi, sicuramente, anche Roberto Brazzale, a capo di un gruppo
che si trova ad operare quotidianamente
con due differenti valute: l’euro e la corona
ceca. Da sempre scettico verso la moneta
unica, Brazzale lancia una chiara provocazione: “L’industria lattiero casearia italiana, così
come quella alimentare in generale, stanno
pagando un prezzo enorme all’avventura
euro. Un prezzo troppo alto. E l’imminente
fine del sistema delle quote latte, peraltro
necessaria, provocherà un’ulteriore perdita
di posizioni di mercato per l’industria casearia del nostro Paese”.
Perché l’industria alimentare sta pagando a caro prezzo la scelta dell’euro?
La parità forzata della lira con il marco
tedesco e il fiorino olandese ha drogato
la competitività relativa delle industrie alimentari di quei paesi nei confronti di quella
italiana che, dalla fissazione della parità di
cambio in poi, ha sempre più perso terreno.
Le chiusure di stabilimenti e la sofferenza
del comparto ne sono la riprova. Sempre
più imprenditori italiani chiudono le loro
aziende e, con la morte nel cuore, devono
disperdere un patrimonio umano e tecnologico che rappresenta il frutto di immensi
sacrifici di tutta la comunità. E, comunque,
chi sopravvive non cresce.
E il settore lattiero caseario, in particolare?
Il sistema delle quote latte ne ha finora
contenuto l’avanzata ma, dopo le quote, la
crescita della produzione lattiera del nord
Europa, che è già lanciata, porterà ad una
intensificazione della pressione competitiva.
Rischiamo di rimanere limitati alla cittadella
protetta delle Dop e di vedere atrofizzarsi
un sistema industriale dalle qualità straordinarie, che vale molto di più delle sole Dop.
L’andamento delle esportazioni, in crescita, sembrerebbe smentirla…
I compiaciuti annunci ufficiali nascondono un equivoco: stiamo crescendo nell’export, certo, ma molto meno di quello che
potremmo, considerata l’imponente accelerazione dei consumi mondiali e l’apprezzamento delle nostre produzioni. Perdiamo
continuamente quote di mercato relative.
E andrà sempre peggio. Verso i concorrenti
extraeuropei paghiamo anche lo scotto di
un cambio con il dollaro che non ci appartiene. Oltretutto, l’Italia è un forte esportatore ma anche un grande importatore,
perciò i colleghi nordeuropei che sono sul
nostro mercato interno, grazie alla valuta
bloccata, dispongono di una marcia in più.
E non parliamo poi dei danni che l’euro-deflazione ha provocato al potere d’acquisto
delle famiglie italiane.
Perché parla di ‘parità con il marco tedesco’ piuttosto che di valuta comune?
L’euro manca di un sottostante stato unico, con unico bilancio statale e unica banca
centrale, perciò rimane un sistema di cambi
fissi con valuta comune. Un mostro. E tale
rimarrà. Organi comuni e politiche fiscali e
di bilancio unitarie, non sono arrivate e non
arriveranno mai. Non vorrà credere che i
popoli rinunceranno alla propria sovranità
sul bilancio o che i tedeschi accettino l’inflazione? Il guaio in cui hanno cacciati è che
questo sistema, avendo introdotto una unica
valuta circolante, ha reso impossibili le svalutazioni cioè gli aggiustamenti tra le valute
dei singoli stati. Lo Sme, al contrario, lo permetteva.
Ma la svalutazione non è sempre stata
ritenuta un danno, a causa dell’inflazione?
Sbagliato. In un’economia aperta la svalutazione di una divisa, come il suo apprezzamento, è un aggiustamento fisiologico,
indispensabile. Il rapporto di cambio è un
prezzo, un indice di scarsità e di squilibrio
cui contribuisce a porre rimedio attraverso
continui aggiustamenti, al rialzo o al ribas-
Paul Krugman
economista
“Adottando l’euro,
l’Italia si è ridotta allo
stato di una nazione
del Terzo Mondo che deve
prendere in prestito una
moneta straniera, con tutti
i danni che ciò implica”.
Joseph Stiglitz
economista
“Questa crisi, questo
disastro, è artificiale.
E in sostanza questo
disastro artificiale
ha quattro lettere: l’euro”.
Amartya Sen
cambio medio mensile dm/lira 1950-2015
economista
“L’euro è stato
un’idea orribile.
Un errore che ha
messo l’economia
europea sulla strada
sbagliata. Una moneta
unica non è un buon modo per
iniziare a unire l’Europa. I punti
deboli economici portano animosità
invece che rafforzare i motivi
per stare assieme. Hanno un
effetto-rottura invece che
di legame. Le tensioni che si sono
create sono l’ultima cosa
di cui ha bisogno
l’Europa”.
primo piano
Il grafico elaborato da Roberto Brazzale e Rita Marchesini
so, che frenano o accelerano i flussi commerciali e finanziari. In Italia la svalutazione
riequilibrava import ed export e ad essa
è sempre seguita un’inflazione di misura
nettamente inferiore, perché la svalutazione viene da inflazione già accumulata. Non
il contrario.
Insomma, un favore al mondo industriale?
No, si è sempre trattato di una compensazione risarcitoria, mai di un regalo. L’aggiustamento della lira svalutava le rendite
improduttive e riconosceva al ceto produttivo un bilanciamento delle crescenti
inefficienze del sistema. Compensava parzialmente, temporaneamente e successivamente, fino all’accumulo successivo, la
zavorra che impediva alle imprese di competere con le rivali straniere, che operavano in stati più efficienti. L’industria è sopravvissuta così, creando ricchezza nonostante
la sindacalizzazione, la spesa pubblica senza
argini, la penalizzazione del lavoro a favore
della rendita, il protezionismo clientelare e
il deficit di concorrenza nel mercato di cui
hanno beneficiato monopoli e cartelli del
capitalismo, privato e pubblico.
Ma l’euro non doveva rappresentare la
soluzione a tutto questo?
Pura incoscienza di chi ha voluto “mettere il carro davanti ai buoi”. Introdurre
un elemento rigido come la valuta in economie così diverse significa porre le premesse per enormi squilibri, allontanandole
ulteriormente. In realtà l’euro è stato la
dichiarazione di fallimento della politica italiana, una resa senza condizioni che ha rimesso nelle mani dello straniero l’estremo
tentativo di risanare il paese, attraverso il
cosiddetto vincolo esterno. L’ex presidente Ciampi e Romano Prodi lo ammettono.
Oggi è chiaro che l’azzardo è fallito clamorosamente, stiamo molto peggio di prima e
senza possibilità di manovra. L’euro è l’ultimo tentativo del sistema politico consociativo di perpetuarsi grazie al debito pubblico, a costo di uccidere il sistema produttivo.
La moneta unica ha portato anche vantaggi, però…
Solo apparenti: un frutto avvelenato.
All’inizio, la stabilità del cambio ha fatto affluire liquidità che ha gonfiato il debito privato, ma alla prima crisi questi capitali sono
fuggiti, lasciando a secco il sistema bancario
e quindi imprese e famiglie, molto indebitate. I tassi nominali sono bassi ma quelli reali
alti, perché la deflazione riduce il valore dei
beni sottostanti, così i debiti non si riescono
più a pagare e si fallisce, nonostante i tassi
a zero. Un classico. Oggi viviamo di droga
monetaria e di merito di credito altrui. E lo
‘spacciatore’ ha un nome: Bce. Un’anestesia
appesa alle decisioni della Germania, che
a sua volta è terrorizzata di perdere i suoi
crediti sul sistema di pagamento Target2.
Un’impasse dalla quale nessuno sa come
uscire e che non sarà certo risolta grazie
al “fiscal compact”, impossibile da attuare.
L’euro di fatto è per noi una valuta estera
che ha reso insostenibile il debito pubblico
e privato. Come il dollaro per l’Argentina.
Quali possibili soluzioni, a suo avviso?
L’Italia non sarà mai la Germania e la
Germania mai l’Italia. Le mancano tremila km di coste balneabili a cinque minuti
di motorino, come aveva intuito Goethe.
Siamo troppo diversi, la riforma luterana
non è nata per caso. Non saremo mai area
valutaria omogenea che è presupposto di
una valuta unica, ed è fantasia infantile immaginare un sistema di governo europeo
sovrannazionale. Sgradito un “Anschluss”,
l’unica soluzione realistica è quella di lasciare agire il cambio. Se ciò richiede l’uscita
dell’Italia dall’euro, si badi bene non dalla
Ue, l’opzione dovrebbe essere messa in
cantiere con urgenza e decisione, da persone all’altezza. Ogni danno che si attribuisce ad una possibile svalutazione, in realtà,
è già stato prodotto dall’euro e dai suoi
squilibri. La svalutazione, semplicemente, lo
acclara.
Ma fuori dall’Euro significa fuori dalla
Ue…
Questa è una solenne sciocchezza. Ci
sono paesi come la Repubblica Ceca, la
Danimarca e altri che vivono benissimo
nell’Ue mantenendo la loro valuta. Anzi, il
disastro euro rischia di compromettere gli
straordinari risultati del mercato unico, di
creare forti tensioni tra popoli, ed estese
proteste sociali, perfino indipendentiste,
come il caso Veneto sta dimostrando. La
Corea del Sud ha meno abitanti dell’Italia,
ha una valuta propria ed è un colosso economico: anche la retorica delle dimensioni
è una sciocchezza.
Quanto dovrebbe svalutare l’Italia?
Lo sbilancio accumulato è di circa il 35%.
Nessun centro studi lo fa, così in azienda
abbiamo realizzato un grafico che impressiona: quello del cambio tra lira e marco
tedesco dal 1950 al 2015. Dalla fine degli
accordi di Bretton Woods, negli anni Settanta, la lira si è sempre deprezzata rispetto
al marco. Con una regolarità che suggerisce l’esistenza di un tasso “naturale”, una
costante “k”, riflesso spietato, come lo è
sempre la verità, della divergenza tra le opposte culture del bilancio pubblico e nella
gestione della moneta. Mettendosi contro
tale spinta naturale, i vari regimi monetari
come lo Sme o altri a cambio fisso furono
regolarmente travolti assieme alle riserve
valutarie delle banche centrali che ci provavano. Ma almeno allora i cambi si potevano aggiustare perché le valute circolanti
erano diverse e le svalutazioni intervenute,
guarda caso, non furono mai smentite da
successive rivalutazioni, a conferma che la
svalutazione stava dentro “l’ordine naturale
delle cose”.
Il riferimento è anche alla crisi valutaria
del 1992?
Esatto. In quell’occasione Ciampi bruciò
50mila miliardi di lire di riserve nazionali
per “difendere la lira”. Salvo poi capitolare
miseramente. Dopo la svalutazione l’economia italiana ripartì. Nel 1997, contro la
volontà della Bundesbank, avviene il “miracolo” dell’Italia nell’euro e la linea del grafico si appiattisce improvvisamente. Oggi è
chiaro che era basato sul nulla.
Perché?
Semplice: l’Italia non aveva i parametri, e
non ha compiuto, né allora né tanto meno
in seguito, nessuna incisiva riforma per avvicinarsi alla Germania che, anzi, di riforme
ne ha realizzate più di noi. E di grande efficacia.
Torniamo al grafico….
Il grafico ci dice, con assoluta evidenza,
La voce del sì
Romano Prodi, fautore dell’ingresso dell’Italia nell’euro insieme ad Azeglio
Ciampi, commenta a Mix 24 di Giovanni Minoli, in onda su Radio 24, le ipotesi di uscita dalla moneta unica, che si fanno sempre
più insistenti:
“Il problema è molto semplice: volete andare avanti
o indietro? Io credo che bisogna andare avanti, altrimenti la storia ci uccide. Tutto qua. Non possiamo
mica pensare che nella globalizzazione i singoli paesi
possano resistere da soli. Se vogliamo uscire dall’euro
possiamo farlo, certo. Ma pensare di tornare indietro
sarebbe la fine. In questo modo l’Europa e i paesi
europei non avranno nulla da dire per secoli. Penso
che l’Italia da sola difficilmente potrà essere ascoltata, in questo momento oserei dire fortunatamente.
Abbiamo altri paesi che condividono i nostri problemi,
Romano Prodi
cioè la Spagna e la Francia. E quindi bisogna avere
una politica economica alternativa, volta allo sviluppo. Matteo Renzi sta lavorando nella giusta direzione, ma abbiamo bisogno di
alleati, perché se picchiamo i pugni sul tavolo da soli ci rompiamo le dita e non
otteniamo nulla”.
che secondo la costante “k”, oggi una nostra divisa dovrebbe quotare a circa 1.550
lire sul marco (rispetto al dollaro Usa, a
grandi linee, il marco dovrebbe oggi stare
a 1,70 e la lira a 1,10 circa). Come pensiamo di avere economie tanto divergenti
ed il cambio fermo a 989,999? La riposta
è sotto i nostri occhi: solo a prezzo di una
tremenda deflazione, il peggior male per
l’economia e la convivenza sociale.
Stiamo vivendo un’altra “quota 90”.
Al posto di Benito Mussolini e Giuseppe
Volpi, oggi ci sono Carlo Azeglio Ciampi e
Romano Prodi, e al posto del valore “90”
sulla sterlina difendiamo il “990” sul marco.
Un’autentica follia.
Insomma meglio l’inflazione della deflazione…
Per lavoratori e imprese senz’altro. E’ un
grande conflitto tra rendita e lavoro. Oggi
un Bot vale sempre uguale, mentre i salari
si riducono, la disoccupazione dilaga, i valori
delle case crollano, l’export si contrae ed
i debiti diventano insostenibili, provocando
fallimenti e crisi aziendali. Un precedente
storico cui guardare, per evitare questi errori, non ci mancava. Ma, si sa, noi italiani
non amiamo leggere la storia, preferiamo la
Gazzetta dello Sport.
A che cosa si riferisce?
Alla “stabilizzazione monetaria” degli
anni 20, voluta da Mussolini nel 1926 con
il famoso discorso pronunciato dal balcone
delle Poste di Pesaro. Un po’ euforico dopo
abbondanti ed annaffiate libagioni, lanciò
la famigerata “quota 90”, cioè un rafforzamento del cambio sulla sterlina, che era a
140. Un disastro completo, cui si aggiunse
poi la crisi del ‘29. Tanto che, nel 1933, si
dovette creare l’Iri di Alberto Beneduce
che nazionalizzò banche e grandi aziende.
E la vostra azienda?
I nostri nonni riuscirono a superare la
crisi, ma per tutta la vita ci raccontarono
il dramma di quegli anni terribili in cui fallirono le banche e quasi tutti i concorrenti.
Un insegnamento che abbiamo il dovere di
non dimenticare. Anche la Confindustria
allora era contraria.
Oggi che posizione ha l’associazione
degli industriali?
Confindustria sulla questione nemmeno
apre la discussione. Un tabù. Si è ridotta a
lanciare appelli corporativi attorno a rivendicazioni irrilevanti. Sembra ormai un sindacato eterodiretto, che ha accolto troppi
settori non industriali con interessi confliggenti, che subisce e asseconda le pressioni
delle aziende di stato e delle banche. Spero
che i miei colleghi industriali veri prendano
coscienza del tritacarne in cui ci siamo infilati e trovino la capacità di reagire.
E il mondo agricolo?
Stupefacente è anche il silenzio dei sindacati agricoli: nessuno più degli agricoltori
sta pagando il prezzo di questa irresponsabile operazione. E’ incredibile, le aziende
soffocano e chi le rappresenta tace.
15
Maggio 2014
“La difesa
del Made in Italy:
un obiettivo prioritario”
16
Partiamo dall’attualità. Giovedì 27 marzo in
commissione il ministro Martina ha presentato le linee guida del suo ministero. Come è
andato l’incontro? Sono emersi temi di particolare criticità o attenzione dagli interventi
dei commissari? Cosa pensa del programma
di governo del nuovo ministro?
L’audizione del ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali Maurizio Martina sulle linee programmatiche del suo Dicastero si è
collocata all’interno di una fase molto particolare e importante del lavoro della Commissione Agricoltura e produzione agroalimentare
che ho l’onore di presiedere. Abbiamo incardinato il disegno di legge collegato di cui sono
relatore, che ci occuperà intensamente per le
prossime settimane. L’accordo raggiunto unanimemente in Commissione è di procedere
ad un suo esame quanto più rapido possibile,
sia pure approfondito, e l’impegno è di approvarlo definitivamente prima dell’estate. Senza
escludere la possibilità di perseguire, d’intesa
con il Mipaaf e la Commissione Agricoltura
della Camera, vie ancora più rapide per qualche disposizione urgente. La Commissione ha
lavorato intensamente in questo primo anno
di legislatura su temi come la semplificazione,
l’imprenditoria giovanile, il riordino degli enti
vigilati, che sono anche parte importante del
contenuto del disegno di legge collegato. Il
ministro Martina ha seguito personalmente
quest’anno, nella sua veste di sottosegretario, il
tema dell’Expo 2015, che ora rientra tra le sue
competenze di ministro, e anche questo è un
tema che ha giustamente attirato l’attenzione
della nostra Commissione. Condividiamo gli
obiettivi strategici che sono stati posti dal ministro alla base del lavoro del Mipaaf e presentati
nel corso dell’audizione: “Innanzitutto, accelerare l’attuazione a livello nazionale della riforma della Politica agricola comune 2014-2020.
In secondo luogo, promuovere la crescita del
«Made in Italy» nel mondo, favorendo la propensione all’export e l’internazionalizzazione
delle imprese, e tutelare i prodotti di qualità nei
mercati esteri rafforzando il sistema dei controlli. Il terzo punto fondamentale è aumentare
il grado di competitività del settore favorendo
la crescita dimensionale delle imprese, la loro
aggregazione, la semplificazione amministrativa
e l’incremento dell’occupazione, soprattutto
giovanile. In quarto luogo, rafforzare il ruolo
dell’Italia in sede europea e internazionale. Il
quinto obiettivo è assicurare massima trasparenza ed efficienza dell’azione amministrativa”.
La commissione ha avuto modo di incontrare le diverse parti in causa del settore
agroalimentare. Ci sono dei temi di preoccupazione comune tra i diversi attori? E, invece,
quali sono, dal vostro osservatorio, gli argomenti di particolare frizione?
Il sistema agroalimentare italiano rappresenta un volume di attività economica di 266
miliardi di euro, pari al 17% del Pil nazionale
(ultimo dato disponibile 2012, fonte Inea-Istat).
E’ una grande storia di qualità e successo. Mi
auguro che prevalga, cogliendo l’occasione
delle politiche strutturali 2014-2020, la volontà
di costruire filiere produttive coese e capaci
di raggiungere lusinghieri risultati sui mercati, a
livello nazionale e, ancora di più, nel confronto
mondiale.
Indicazione d’origine in etichetta. Su questo tema vi sono notevoli divisioni tra la parte agricola e quella industriale. Cosa pensa a
riguardo? Quali le possibili soluzioni?
L’agroalimentare italiano si afferma per l’origine e la tipicità territoriale dei prodotti agricoli nonché per la capacità di trasformazione
(secondo ricette italiane, tradizioni italiane,
competenza e conoscenza italiane): fattori che
mettono in evidenza la ricchezza organolettica
ed antropologica della nostra cultura alimentare. L’enogastronomia è inoltre uno degli attrattori principali del turismo. 33 miliardi di euro
costituiscono il volume delle esportazioni, il cui
valore è in crescita (+6%) nel 2013 rispetto
al 2012. Il legame dei prodotti agroalimentari con lo stile italiano costituisce il punto di
forza di maggior importanza nella differenziazione sui mercati mondiali. Non siamo, come
agricoltura italiana, nella condizione di poter
garantire sempre un approvvigionamento di
materie prime nazionali per tutta la prestigiosa
produzione della nostra industria alimentare.
Ma, certamente, nelle condizioni in cui si rivela
possibile, valorizzare l’origine italiana anche dei
prodotti agricoli di base rappresenta un ulteriore fattore di competitività che può diventare un segno distintivo.
Relazione tra retail e mondo agricolo e
produttivo. L’articolo 62, secondo lei, ha migliorato i rapporti? E’ necessario a suo avviso
intervenire ancora in direzione di un maggiore equilibrio di forze?
È un tema controverso. Vi sono elementi a favore ed anche alcune preoccupazioni.
Avremmo bisogno di uno studio accurato.
Chiedo che l’Inea o l’Ismea ci forniscano presto gli elementi per una riflessione realistica e
ponderata.
Il 2015 sarà un anno importante per l’agricoltura italiana ed europea, con la fine delle
quote latte e l’avvio di Expo. Cosa può e deve
fare la politica per accompagnare le aziende
in questa occasione?
La politica, nei diversi livelli e ruoli istituzionali, è chiamata ad offrire una prova, insieme
di concretezza e di visione strategica, per consentire al nostro Paese di trovare la strada che
ci porti fuori dalle difficoltà che bloccano da
troppo tempo la società e l’economia. Proviamo a stendere un’agenda, sia pure non completa, delle scadenze che abbiamo di fronte
nella politica agricola: entro aprile 2014, l’invio
a Bruxelles per l’approvazione del documento
“Accordo di partenariato”, cioè della piattaforma relativa a tutti i fondi strutturali europei;
entro il 31 luglio 2014, l’approvazione di tutti
gli atti nazionali d’applicazione dei pagamenti
diretti (primo pilastro) della politica agricola
comune; entro l’autunno, l’approvazione dei
programmi operativi nazionali e dei piani operativi regionali sul Fondo europeo agricolo per
lo sviluppo rurale; il semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell’Unione europea dal
1° luglio 2014; l’Expo 2015, che potrà e dovrà
essere l’occasione per condividere un nuovo
modello di sviluppo di Food Security e Food
Safety con al centro la persona umana ed il
suo rapporto con l’ambiente.
A suo avviso un’Expo così concepita tutela
e promuove davvero l’agroalimentare italiano? E rispetto al tema degli Ogm, su cui anche Confagricoltura ha espresso un parere
molto forte?
Sarà un’occasione straordinaria. Percepisco
che questo paese, tanto abituato purtroppo
a dividersi, sta però reagendo positivamente e
mostra di voler operare scelte di valore per
il sistema Italia. Per quanto attiene agli Ogm,
ricordo l’impegno del ministro Martina di lavorare, d’intesa con i ministeri dell’Ambiente e
della Salute, per ottenere, già nella riunione del
Consiglio dei ministri dell’ambiente del 12 giugno prossimo, o al più tardi durante il semestre
di nostra Presidenza, la tanto attesa modifica
della normativa comunitaria, per consentire
la piena facoltà agli Stati membri di decidere
liberamente sull’ammissibilità della coltivazione
degli Ogm. Auspico che il sistema della ricerca
pubblica sia messo nella condizione di seguire
anche l’evoluzione tecnologica internazionale
riguardo agli Ogm.
La questione Made in Italy agita i rapporti tra i diversi attori dell’agroalimentare, in
particolare tra mondo agricolo e produttivo.
Qual è la sua visione?
La difesa del Made in Italy deve essere un
obiettivo prioritario della politica nazionale in
Europa e nell’ambito degli accordi internazionali e di commercio. Va ricordato il pregevole
lavoro svolto dal Governo italiano e dalla Conferenza Stato-Regioni nel corso del 2013, con
la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto di attuazione del Pacchetto Qualità, portato dal regolamento Ue n. 1151/2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari.
Come si concilia il governo europeo
dell’agricoltura con la valorizzazione delle
produzioni locali e le funzioni di governo del
territorio?
La lenta procedura ordinaria di codecisione
è giunta, con qualche ritardo sulla tabella di
marcia ed uno slittamento di molte scadenze applicative al 1° gennaio 2015, al risultato
di vedere pubblicati sulla Gazzetta ufficiale
dell’Unione europea (L347 del 20 dicembre
2013) i regolamenti del Parlamento europeo
e del Consiglio sulla riforma della Pac ed ormai
aspettiamo solo gli atti delegati per completare
il quadro normativo proveniente da Bruxelles.
Mi fa piacere dare ancora una volta riconoscimento agli italiani impegnati come parlamentari europei per il prezioso lavoro che hanno svolto (in Commissione agricoltura ed in
Commissione per i bilanci) al fine di migliorare
il testo iniziale presentato dall’esecutivo europeo.
Quale agricoltura italiana porteremo al
2020?
Sono trascorsi ormai più di tre anni da
quando, dopo un primo dibattito pubblico ed
una risoluzione del Parlamento europeo, la
Commissione UE aveva messo in moto ufficialmente il cammino per la riforma della PAC,
attraverso la comunicazione (COM 672 del
18 novembre 2010) dal titolo “La Pac verso
il 2020: rispondere alle future sfide dell’alimentazione, delle risorse naturali e del territorio”.
Venivano individuati, in sintesi, tre obiettivi
strategici: garantire la sicurezza dell’approvvigionamento alimentare a lungo termine per i
cittadini europei e contribuire a soddisfare la
domanda mondiale di prodotti alimentari; sostenere le comunità agricole che forniscono ai
cittadini europei una grande varietà di derrate alimentari di pregio e qualità (prodotte in
modo sostenibile per preservare il paesaggio
rurale, lottare contro la perdita di biodiversità,
favorire l’adeguamento al cambiamento climatico e mitigarne gli effetti); preservare la vitalità
delle comunità rurali, per le quali l’agricoltura
costituisce un’attività economica importante in grado di creare occupazione locale. Il
primo obiettivo è dunque quello produttivo.
Rilanciare l’offerta agroalimentare, migliorando la struttura delle aziende agricole, la loro
organizzazione orizzontale e di filiera, la loro
redditività. Il secondo obiettivo coglie la peculiare caratteristica competitiva del nostro Paese, orientato alle produzioni di qualità in un
contesto paesaggistico, ambientale e culturale
che rende distintiva l’agricoltura nei diversi
territori rurali. Il terzo obiettivo strategico è
dedicato alle comunità rurali per evidenziare
la multifunzionalità dell’agricoltura anche nella
prospettiva occupazionale. Il quadro finanziario pluriennale offre una grande opportunità
per l’Italia: si rendono disponibili oltre 5 miliardi
di euro all’anno di risorse finanziarie europee
fino al 2020. La sfida che le istituzioni politiche
e la società civile sono chiamate ad affrontare
è quella di dimostrare che è possibile garantire
oggi cibo sufficiente, buono e sano ed uno sviluppo sostenibile. Questo obiettivo può essere
raggiunto attraverso un nuovo approccio che
sappia coniugare tutte le conoscenze scientifi-
l’intervista
Politico di lungo corso, Roberto Formigoni
è oggi presidente della IX Commissione permanente
(Agricoltura e produzione agroalimentare) del Senato.
Con lui affrontiamo le problematiche del settore.
Obiettivi, strategie, interventi urgenti.
Roberto Formigoni
che e tecnologiche, i risultati più avanzati della
ricerca, la collaborazione tra istituzioni pubbliche e private dentro una consapevolezza del
ruolo e della responsabilità che l’uomo ha di
fronte alle risorse della natura.
Quali sono secondo lei tre interventi urgenti da attuare subito per accrescere la
competitività del settore? Come si può intervenire per migliorare la competitività della filiera italiana, oggi in difficoltà nella competizione con quelle di altri paesi?
Il pregevole rapporto congiunturale
dell’Ismea sull’accesso al credito delle imprese
agricole ha mostrato nel 2013 una riduzione
delle erogazioni concesse alle imprese italiane
del settore primario, del 21% su base annua. In
particolare, nelle regioni di Nord Ovest e nelle
Isole maggiori la contrazione creditizia si è rivelata più intensa di quella media nazionale (in
entrambi i casi del 34% su base annua). Sono
dunque necessari interventi per migliorare
l’accesso al credito, soprattutto dei giovani imprenditori agricoli, e per lo sviluppo del made
in Italy all’estero. La difesa degli importanti risultati raggiunti dal settore agroalimentare italiano e la proposizione di obiettivi ancora più
significativi, nel quadro della programmazione
strutturale 2014-2020, impongono di assegnare un ruolo centrale al sistema dei controlli.
Allo stesso tempo, c’è l’urgente esigenza di
un’efficace semplificazione, soprattutto per
evitare le duplicazioni che scaturiscono dalla
complessità delle istituzioni e degli organismi
pubblici preposti ai controlli. Ricordato l’ampio
spettro di attività dei CAA (Centri di Assistenza Agricola), così come già delineato nel D.M.
27 marzo 2008 (articolo 2, comma 1), sembrerebbe coerente la collocazione all’interno
della politica di sviluppo rurale di un intervento, nazionale e regionale, volto a rafforzare i
CAA. La misura potrebbe contribuire al rafforzamento strutturale della rete di servizi CAA,
alla semplificazione, nonché all’aumento della
capacità di spesa delle Regioni nella programmazione 2014-2020.
Quali sono le sue priorità come presidente della Commissione Agricoltura?
Le produzioni agroalimentari sono una
componente fondamentale delle eccellenze
che l’Italia sa esprimere e che il mondo apprezza. Voglio contribuire a dare alle filiere
agroalimentari le condizioni migliori per affrontare la competizione globale. In questo quadro,
è assolutamente indispensabile avere un peso
adeguato nell’Unione europea. Ci sono due
appuntamenti decisivi: le prossime elezioni del
Parlamento europeo ed il semestre di presidenza italiana.
Angelo Frigerio
17
primo piano
Maggio 2014
Attenti a quei due
Federdistribuzione e Coldiretti stringono un patto d’acciaio.
In vista modifiche all’articolo 62?
18
Un patto d’acciaio. Siglato da Federdistribuzione e
Coldiretti. L’obiettivo? Modificare l’ar ticolo 62. Con
uno scopo: mantenere agli agricoltori i pagamenti previsti dal decreto ma togliendoli all’industria di
trasformazione. Sarà vero? Per ora di ufficiale non
c’è nulla. Solo indiscrezioni. Trapelate nelle segrete
stanze delle associazioni e della politica. D’altra parte, che Federdistribuzione l’ar ticolo 62 non l’avesse
digerito, era noto da tempo. In più occasioni, dapprima in Parlamento e successivamente nei ministeri,
gli sgambetti e le entrate a gamba tesa non sono
mancati. A par tire dal 21 gennaio 2012, data in cui il
consiglio dei ministri presieduto da Mario Monti, vara
il decreto liberalizzazioni che contiene anche l’ar ticolo 62: ”Disciplina delle relazioni commerciali nella
filiera agrolimentare”. Che, in buona sostanza regola,
fra gli altri, i pagamenti fra agricoltori, industria e distribuzione. Fino al 19 ottobre quando, pur fra lacci e
lacciuoli vari, viene varato il decreto attuativo.
Ma la guerra non finisce qui. Chi non ricorda la data
del 26 febbraio 2013? Al ministero dello Sviluppo
economico arriva una lettera. Il mittente è la dottoressa Marcella Panucci, direttore generale di Confindustria, che chiede al dicastero di pronunciarsi: “Sul
disallineamento che si è venuto a creare nel nostro
ordinamento tra la disciplina contenuta nell’ar ticolo
62 e quella generale in materia di ritardi di pagamento”. Ma chi c’è dietro l’iniziativa degli industriali? Le
ipotesi sono tante. Secondo qualcuno elementi della
distribuzione che per l’appunto non hanno digerito
per nulla il blitz tardo autunnale del ministro delle
Politiche agricole, Mario Catania.
Secondo altri, si tratterebbe di un regolamento
di conti tra ministri. Tra le ipotesi c’è anche quella
di alcune grandi aziende dell’alimentare che avrebbero spinto proprio Confindustria a questa mossa.
Comunque sia, il colpo va a segno. A ridosso di Pasqua, infatti, arriva il parere dell’ufficio legale del Mise.
Che, alla fine di un lungo ragionamento sulla disciplina europea dei pagamenti fa un’affermazione netta
e chiara: “In conclusione… l’ar ticolo 62… è stato
abrogato tacitamente ed oggi non è più in vigore”.
Apriti cielo. Fonti solitamente bene informate parlano di una lunga telefonata fra l’allora ministro dello
Sviluppo economico Corrado Passera e l’allora ministro dell’agricoltura Mario Catania. Che non sor tisce
alcun risultato. La posizione del Mise rimane sempre
quella.
Da qui una comunicazione da par te del Mipaaf che
ribalta la situazione. Anche in questo caso la replica è
affidata all’ufficio legale. Si può facilmente sintetizzare
così: “L’ar ticolo 62 è e resta in vigore”. Fioccano le
reazioni delle organizzazioni di categoria. Per Federalimentare: “L’ar ticolo 62 è legge dello Stato e non
si tocca”. Federdistribuzione plaude invece all’iniziativa del ministero dello Sviluppo. Confindustria chiede l’esplicita abrogazione della norma. Assolatte si
schiera con il Mipaaf, come pure Assica. Si moltiplicano i comunicati stampa, i botta e risposta a distanza e le indiscrezioni. Si parla persino di grossi nomi
dell’alimentare pronti ad abbandonare Confindustria.
Il Consiglio dei ministri, che avrebbe dovuto risolvere
la diatriba, viene rimandato. La querelle ha fine il 17
luglio quando il Tar del Lazio ribadisce in una sentenza che l’ar ticolo 62 è e resta in vigore.
A seguito di questo pronunciamento, l’ufficio legale
della presidenza del Consiglio dei ministri, in data 31
luglio, scrive ai dicasteri dello Sviluppo e dell’Agricoltura ribadendo la validità dell’ar ticolo 62. Tutto
tutte le tappe
della telenovela
21 gennaio
Il governo Monti vara il decreto
liberalizzazioni, che contiene anche l’articolo 62
“Disciplina delle relazioni commerciali
nella filiera agroalimentare
24 marzo
Il decreto viene convertito in legge.Manca il
Decreto attuativo
8 ottobre
Mipaaf e Mise mettono a punto la bozza
di decreto attuativo, sottoposta al Consiglio
di Stato, che esprime parere sostanzialmente
favorevole, pur segnalando alcune correzioni
19 ottobre
Viene emanato il Decreto attuativo.La norma è
pienamente operativa
9 novembre
Il nostro Paese recepisce la disciplina europea
sui pagamenti,che presenta differenze rispetto
all’articolo 62.Comincia a circolare l’ipotesi che
le due normative siano incompatibili
6 febbraio
L’Autorità garante per la concorrenza ed il
mercato emana il regolamento sulle procedure
istruttorie relative all’articolo 62, che entra nel
merito delle modalità di segnalazione all’autorità
di comportamenti scorretti ai sensi
del decreto legge
26 febbraio
Il direttore generale di Confindustria, Marcella Panucci, scrive al capo gabinetto del Mise
chiedendo la conferma dell’incompatibilità tra la
legge italiana e quella europea
26 marzo
Il Mise, attraverso Raffaello Sestini, capo ufficio
legislativo, risponde che in seguito al recepimento della disciplina europea sui pagamenti
ritiene tacitamente abrogato l’articolo 62
2 aprile
Sulla questione interviene il Mipaaf, che con una
nota del proprio ufficio legale ribadisce:
“L’articolo 62 è e resta in vigore”
17 luglio
Anche il Tar del Lazio conferma:
l’articolo 62 resta in vigore
31 luglio
L’ufficio legale della presidenza del Consiglio
dei ministri scrive ai dicasteri dello Sviluppo
e dell’Agricoltura ribadendo, ancora una volta,
la validità dell’articolo 62
a posto, tutto in ordine? Nemmeno per sogno. Da
settembre 2013 in avanti, autorevoli esponenti della
distribuzione, nel corso di convegni e manifestazioni
varie, ribadiscono il loro parere negativo nei confronti della legge. Sottolineando che era stata pensata a favore dell’agricoltura e non dell’industria.
Si arriva così ai giorni nostri. Nel corso di un convegno promosso da Adm, svoltosi in aprile a Bologna,
l’Associazione per la distribuzione moderna presenta
un rappor to Nomisma. Lo studio analizza il settore
agroalimentare italiano, la formazione del valore e
dei prezzi lungo la filiera. Interessanti i dati forniti. Fra
questi si parla di utile netto.
E chi guadagna di più nella filiera? L’industria naturalmente che, su una distribuzione per ogni 100 euro
di spesa alimentare, ha un utile di 1,5 euro. Seguono
il commercio all’ingrosso con 0.65 euro, la ristorazione con 0.6, l’agricoltura con 0.4 euro. Fanalini di coda
la distribuzione moderna (0.15 euro) e il dettaglio
tradizionale (0.1 euro).
Nel corso del dibattito inter vengono in molti. Fra
questi autorevoli esponenti del mondo agricolo: il
presidente di Confagricoltura Roma Massimiliano
Giansanti, il presidente della Cia Dino Scanavino
(“… dobbiamo fare un patto, non cercare soluzioni
a casa degli altri attori della filiera”), Giovanni Luppi, presidente di Legacoop agroalimentare (“Perché
non immaginiamo che alcuni spazi degli ipermercati
possa essere data in mano alla cooperazione agricola?”). Ma l’inter vento migliore è quello del presidente
di Coldiretti Rober to Moncalvo: “I numeri aiutano a
capire che c’è un’agricoltura che sta male, una Gdo
che non sta tanto bene e un’industria che sta solo un
po’ meglio”.
Al convegno par tecipa anche il ministro delle Politiche agricole Maurizio Mar tina che dice tutto e non
dice nulla: “Non è più tempo di discutere del nanismo
imprenditoriale italiano. Imprese piccole hanno testa
grande, altre sono piccole e restano tali. La polverizzazione non si risolve auspicando che il sistema cambi completamente perché la nostra storia è un’altra”.
Ma non è finita qui. Il noto giornalista Luigi Rubinelli (vedi www.retailwatch.it) inter vista per l’occasione
Giovanni Cobolli Gigli e gli pone questa domanda:
“Come si può rendere efficiente la filiera agroalimentare nella quale la grande distribuzione è ovviamente
collocata e come fare a remunerare il giusto agli agricoltori? Ecco la risposta del presidente di Federdistribuzione: “… Questo è un problema che va avanti
da molti anni. E’ una lotta tra poveri perché i dati
che sono stati mostrati in questo convegno fanno
vedere che sull’utile totale della filiera gli ultimi, che
prendono la par te più ridotta, sono gli operatori della grande distribuzione, seguiti con un maggior vantaggio, leggero, da quelli dell’agricoltura”. L’inter vista
finisce poi con l’invito a concentrarsi e a rendere più
produttiva l’offer ta dell’agricoltura: “Per poter garantire qualità e rispetto dei tempi e delle quantità nei
confronti della grande distribuzione”.
Insomma, una bella sviolinata che la dice lunga sul
“micio micio bau bau” fra i due compar ti. E cosa potrebbe esserci dietro? Una bella richiesta al ministro
Mar tina per modificare in senso restrittivo l’ar ticolo 62. Ovvero tenere fermi i tempi di pagamento
dell’agricoltura ed eliminare quelli dell’industria. Fantaeconomia? Mah: “ A pensare male si fa peccato”, diceva Giulio Andreotti. “Ma s’indovina quasi sempre”.
Angelo Frigerio
il caso
Maggio 2014
(S)Cartabellotta!
Il presidente della Regione Sicilia, con un blitz notturno, azzera il consiglio.
Dimissionando uno degli uomini più rappresentativi. Il mondo produttivo e agricolo insorgono.
Rosario Crocetta
La bomba scoppia a Vinimomento storico, per noi
taly, la grande kermesse deproduttori, è fondamentale
dicata a vino e spiriti, andata
avere alle spalle una persona
in scena dal 6 al 9 aprile a Vecapace e di fiducia come lo
rona. Martedì 8 aprile infatti
è stato in questi anni l’assesgiunge la notizia del “silurasore Cartabellotta. Al quale
mento” di Dario Cartabelsi deve, tra l’altro, lo sviluppo
lotta. Voluto dal presidente
del marchio Born in Sicily
del consiglio regionale della
nel mondo, a cui va il meriSicilia, Rosario Crocetta.
to anche di aver dato spazio
Il cartello affisso allo stand della Sicilia
L’assessore all’Agricoltura in occasione di Vinitaly
alle piccole produzioni e ai
non figura infatti nella lista
territori della nostra Regiodegli assessori del Crocetta bis, governo che proprio ne. Un assessore importantissimo per tutti i settori
in queste ore ha visto la luce, dopo diverse settima- dell’agroalimentare, non solo per il vino”. Ma perché
ne di scontri in seno al Pd regionale. E proprio nello questa decisione? Prova a rispondere Maria Teresa Gastand della regione Sicilia a Vinitaly, alcuni imprenditori glio, imprenditrice, anche lei presente allo stand della
del settore hanno attaccato un cartello (foto), vero e Regione: “La politica prevale sempre”, è il suo amaro
proprio invito al presidente Crocetta, che recita: “La commento.“Si tratta di logiche politiche che poco hanSicilia che produce non può essere tradita”. Commen- no a che fare con la realtà produttiva della Sicilia e
ta Enza La Fauci, imprenditrice vinicola, che il direttore dei suoi viticoltori, che rappresentano un settore fondi Salumi & Consumi, Angelo Frigerio, incontra proprio damentale per l’economia regionale. Ed è ancora più
nello spazio regionale: “Abbiamo saputo da qualche scandaloso che questa decisione sia maturata proprio
ora che Dario Cartabellotta non è più il nostro as- nei giorni in cui si tiene va in scena un appuntamento
sessore e punto di riferimento. In questo particolare importante come Vinitaly”.
Dario Cartabellotta
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l’evento
Maggio 2014
Un palcoscenico
per il Made in Italy
Dopo un lungo iter ha aperto i battenti, il 18 marzo a Milano, Eataly Smeraldo.
Tre piani e quindici punti di ristoro per la nuova creatura di Oscar Farinetti. Nata sulle ceneri dello storico teatro.
20
La mattina del 18 marzo al Teatro Smeraldo è tutto pronto. Una vera e propria folla attende l’apertura, ordinatamente in coda, davanti al grande ingresso
di vetro. E poi arriva lui, il patron Oscar Farinetti e la
festa di Eataly Smeraldo può cominciare. Dello storico
teatro milanese resta il nome, le foto in bianco e nero
dei tanti artisti che negli anni hanno calcato le assi di
questo teatro, come Gino Paoli, Mina e Adriano Celentano, solo per citarne alcuni, e un palco. Dove, promette Farinetti, ogni sera si esibiranno giovani artisti e
celebrità del mondo della musica italiana. Ed è proprio
il grande palco che domina lo store ad accogliere il patron Farinetti, con immancabile bottiglia da stappare, il
sindaco Giuliano Pisapia e Carlin Petrini, fondatore di
Slow Food. Parole entusiastiche, battute, molti sorrisi e
poi le note di Alberto Fortis, che seduto al pianoforte
canta la sua celeberrima ‘Milano e Vincenzo’ davanti al
folto pubblico. “Non possiamo far dimenticare un luogo
come lo Smeraldo, dove hanno cantato Bob Dylan e
Ray Charles: per questo resterà il palco che ospiterà
show e concerti. Eataly ha l’obiettivo di ridare vita a
luoghi di pregio come ex librerie, ex teatri che oggi
chiudono nel nostro Paese”, spiega Oscar Farinetti. Una
superficie di 5mila metri quadrati, tre piani, banchi per
la vendita di salumi e formaggi, 15 punti di ristorazione,
un investimento di circa 40 milioni di euro e 350 di-
pendenti: sono questi i numeri del 25esimo store della
catena nel mondo. “Ogni Eataly - ha spiegato Farinetti
- è una cosa a sé. Come i fratelli: valori di base in comune, ma caratteri diversi. Per noi si tratta di replicare
un’atmosfera e questo è dedicato alla musica. Abbiamo scelto di aprire per le Cinque giornate di Milano
perché Eataly puo’ essere una piccola metafora fisica
legata a Risorgimento. Non saremo noi a far risorgere
l’Italia, ma è un piccolo passo”. Eataly Smeraldo, inoltre,
offre cinque luoghi dedicati alla produzione artigianale a
vista: la pasta fresca di Michelis, la panetteria con il suo
forno a legna, la pasticceria ‘Golosi di Salute’ curata da
Luca Montersino, il panino ‘Ino’ di Alessandro Frassica,
la piadineria dei Fratelli Maioli e il corner dedicato al
mozzarella show, che per l’occasione diventa ‘Miracolo
a Milano’. I milanesi, fino ad ora, sembrano aver molto
apprezzato. Le code all’ingresso sono continuate anche
nei giorni successivi all’inaugurazione, in particolare per
affollare i tanti punti ristoro della catena. Spazi che però,
secondo alcuni, tolgono un po’ di visibilità alla vendita
dei prodotti made in Italy che riempiono gli scaffali. Non
resta che attendere il primo bilancio, mentre Farinetti
sta già pensando al prossimo Eataly, forse addirittura
nella capitale francese.
Alice Realini
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L’EVENTO
Maggio 2014
L’alimentare
si mette in mostra
Due padiglioni, su tre piani, con una superficie globale di 2.600 metri quadri. Che potranno ospitare 500 fra aziende,
consorzi e organismi istituzionali. Questo il progetto di Federalimentare per Expo 2015. Realizzato da Fiere Parma.
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Alcuni rendering, elaborati da Sermedia, che mostrano interni ed esterrni
del padiglione Corporate
Due padiglioni e circa 2.600 mq per raccontare l’agroindustria italiana ai visitatori di Expo 2015,
in un viaggio interattivo per scoprirne i prodotti, i
protagonisti, la ricchezza dei territori, i marchi e gli
imprenditori che li hanno creati e sviluppati: queste le caratteristiche di Federalimentare 4EXPO.
Un progetto di edutainment promosso da Federalimentare, la Federazione dell’industria alimentare italiana, con il suo partner operativo Fiere di
Parma. E che costituirà il principale canale di comunicazione per la divulgazione e valorizzazione
dell’immagine dell’industria alimentare all’Expo di
Milano del 2015.
Federalimentare 4EXPO vivrà in due padiglioni
polifunzionali di circa 1.300 mq ciascuno, sviluppati
su tre piani e collegati tra loro da una passarella
di otto metri di larghezza. Coinvolgerà circa 500
tra aziende, consorzi e organismi istituzionali del
made in Italy alimentare e ospiterà nei suoi spazi
istituzionali fino a 200 eventi nei sei mesi della manifestazione.
I padiglioni avranno un design interno e esterno
armonizzato con quello del Padiglione Italia, di cui
saranno lo “specchio industriale”, e si troveranno
in una posizione strategica (NE 10 e NE 11), nella
“testa” del “pesce” e in prossimità dell’ingresso Est,
dal quale passerà il 40% del pubblico, ma la maggior parte degli operatori “professionali” che visiteranno Expo 2015. Il progetto, che non prevede
attività commerciali e di vendita, sarà un percorso
interattivo per far comprendere il valore delle filiere alimentari attraverso la galassia dei prodotti
e delle aziende che hanno scritto la storia dell’Italia alimentare. Saranno nove i percorsi tematici di
edutainment dedicati ai settori chiave dell’industria
alimentare (latte, formaggi e derivati; conserve
vegetali; condimenti; sfarinati, pasta e pizza; carni;
ittico; bevande; dolci; spezie e coloniali). Nove viaggi esperienziali realizzati con scenografie “immersive” e proiezioni 3D, che le aziende renderanno
concreti e tangibili grazie alle postazioni interattive
(fino a 500) che sveleranno ai visitatori il loro patrimonio storico e culturale.
Oltre all’area edutainment, Federalimentare
4EXPO sarà anche il fulcro di eventi e relazioni
istituzionali per il settore: le due terrazze – caratteristica unica nell’architettura dei Padiglioni di Expo
2015 – e la grande sala eventi polifunzionale da
1.500 posti, situata al piano terra del padiglione NE
10. Spazi che, in sei mesi, ospiteranno circa 200 tra
iniziative di promozione e comunicazione organizzate dalle aziende aderenti a Federalimentare. Oltre ai principali appuntamenti del settore come assemblee delle associazioni di categoria, convention
aziendali dell’industria alimentare e altro ancora.
Così commenta il progetto Filippo Ferrua Magliani, presidente di Federalimentare, “L’agroindustria italiana riflette la ricchezza dei territori, dei
prodotti e degli imprenditori che l’hanno creata
e sviluppata. Processi e prodotti artigiani sono diventati industriali e hanno guidato lo sviluppo di un
importante settore anch’esso leader nel mondo.
Una ricchezza creativa e relazionale, che nasce da
vicende industriali centenarie e vive nelle nuove
generazioni di imprenditori e manager che alimentano lo sviluppo dell’Italian food nel mondo. Non
esisterebbe made in Italy se alle spalle dei prodotti
non ci fossero imprese che fanno della qualità una
vera e propria ‘ossessione’: delle materie prime,
dei processi, del confezionamento, dei prodotti. E
attraverso questo progetto abbiamo la possibilità
di raccontarlo”.
“Si tratta di un progetto non commerciale di valorizzazione per l’industria alimentare”, sottolinea
Paolo Zanetti, vice presidente di Federalimentare
con delega Expo. “Siamo contenti che Expo 2015
si sia reso conto della validità di un progetto che
abbiamo concepito e sviluppato assieme a Fiere di
Parma fin dal 2010, con l’intento di valorizzare la
storia, la cultura e la filiera dell’agroindustria italiana,
secondo settore del manifatturiero italiano e ambasciatore del made in Italy, con un export di 26,2
miliardi di euro. Con questo padiglione educativo,
che ha avuto anche l’apprezzamento del Mipaaf,
verranno dati spazio e visibilità a chi produce il
cibo che finisce ogni giorno sulle nostre tavole e su
quelle di tutto il mondo, in un percorso coerente
con i temi di una manifestazione che ha messo al
centro del dibattito l’alimentazione e la nutrizione.”
Gli fa eco Antonio Cellie, Ad di Fiere di Parma,
partner operativo di Federalimentare:“La crescente fiducia nei confronti di Fiere di Parma da parte
della business community dipende anche dall’approccio, scelto insieme a Federalimentare 12 mesi
fa, rispetto alla grande opportunità di Expo. Secondo noi questo importante appuntamento deve essere anche un’occasione concreta di business per
molte imprese italiane e quindi abbiamo immaginato e realizzato un modello di partecipazione per le
aziende che sia rivolto anche ai professionisti della
distribuzione e della ristorazione di tutto il mondo che si recheranno all’Esposizione Universale.
Durante i sei mesi di Expo molti operatori chiave
per il futuro del nostro agroalimentare verranno
in Italia: all’interno dei padiglione Federalimentare
4EXPO la nostra industria alimentare potrà incontrarli per spiegare loro perché il nostro panorama
produttivo è così meravigliosamente diversificato
e perché, grazie a un tessuto di imprese e territori
unico al mondo, i nostri prodotti sono ineguagliati
per qualità e sicurezza.”
Federalimentare 4EXPO potrà contare anche
sul fondamentale contributo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, che realizzerà un’analisi
scientifica multidisciplinare per fotografare il sistema alimentare italiano e il suo ruolo nel panorama
economico italiano. Così Lorenzo Ornaghi, presidente dell’Alta Scuola di Economia e Relazioni
Internazionali dell’Università Cattolica del Sacro
Cuore: “I marchi del sistema alimentare italiano
disegnano la fisionomia di una vera e propria élite
creativa, generatrice di ricchezza sociale, economica e anche culturale. Particolare attenzione verrà
dedicata alla costante cura che tali realtà hanno
per la qualità dei prodotti, per la loro gestione, per
le iniziative che promuovono e sponsorizzano sul
territorio e che le rendono punti di riferimento
affidabili per le comunità locali. Questo studio
economico-aziendale, politologico e sociale vuole
scoprire ragioni e condizioni che hanno favorito
la nascita e il consolidamento di queste aziende,
spesso basate su un’architettura familiare. E sottolinea la necessità di un pieno riconoscimento e
di una legittimazione della leadership del settore
alimentare all’interno del più ampio sistema economico-sociale italiano.”
Margherita Bonalumi
L’EVENTO
Maggio 2014
Gorgonzola
a forza cinque
Aumento della produzione. Crescita delle famiglie acquirenti. Export a +5%.
Sono i dati presentati nel corso dell’assemblea annuale dei soci del Consorzio, il 17 aprile a Milano.
Da sinistra: Gino Cinque, Renato Invernizzi, Stefano Fontana. Rispettivamente: presidente del collegio sindacale, presidente e direttore del Consorzio di tutela del gorgonzola
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“Il nostro è l’unico formaggio a far registrare
un aumento della produzione”: è con orgoglio
che Renato Invernizzi, presidente del Consorzio
del gorgonzola, ha introdotto l’assemblea annuale dei soci. Presenti, oltre agli associati, ospiti
istituzionali e stampa, l’evento ha avuto luogo a
Milano giovedì 17 aprile.
In un anno difficile, come il 2013, in cui i
prodotti caseari italiani Dop hanno subito una
flessione media del 3,5%, il gorgonzola vede un
incremento della produzione che, seppur lieve
(+0,45%), può essere letto come una conferma
del gradimento di questa Dop. E il trend positivo continua visto che nel primo trimestre di
quest’anno la produzione di gorgonzola è aumentata del 7% circa rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Interessanti e significativi i numeri presentati
nel corso della relazione introduttiva di Renato Invernizzi: “Nel 2013 sono state prodotte
4.175.610 forme. Crescono le famiglie acquirenti (+2,6%) con un conseguente aumento dei
volumi (+1,8%). Il gorgonzola viene acquistato
prevalentemente in supermercati e ipermercati
dove viene preferito il prodotto a peso variabile
(47% sul totale) sul take-away (35,2% sul totale),
che comunque risulta in ascesa”.
Nella competizione fra dolce e piccante vince
il primo. Il gorgonzola di tipo dolce rappresenta
infatti il 91% della produzione, ma continua a
crescere l’interesse dei consumatori per il tipo
“piccante” che nel 2013 arriva al 9% con un
leggero aumento rispetto all’anno precedente.
Il gorgonzola, è utile ripeterlo, può fregiarsi del
marchio “Dop” e viene prodotto esclusivamente con latte vaccino proveniente dagli allevamenti del territorio consortile che include solo
due regioni italiane: Lombardia e Piemonte. E’
qui che sono dislocate le 40 aziende produttrici
da cui parte il gorgonzola destinato al mercato
interno e a quello mondiale.
“La produzione nelle province piemontesi
(Novara, Vercelli, Cuneo, Biella, Verbano-CusioOssola e il territorio di Casale Monferrato)
rappresenta il 66,5% del totale”, sottolinea il
presidente del Consorzio. “Ma crescono i volu-
mi della produzione “made in Lombardia” (Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco, Lodi,
Milano, Monza, Pavia e Varese) con oltre 18mila
forme in più rispetto al 2012.
Il Nord-ovest rimane l’area dove l’erborinato
italiano è più apprezzato, ma un aspetto molto interessante è sicuramente il gradimento in
continua e costante crescita delle famiglie acquirenti residenti al Sud”.
Significativi i dati relativi all’export: “Nel 2013
sono state esportate oltre 16mila tonnellate di
prodotto (+5,1%)”, precisa Renato Invernizzi.
“Francia e Germania assorbono oltre il 46% del
totale esportato. In crescita anche le esportazioni verso Cina (da 9 tons. nel 2012 a 55 tons.
nel 2013), Russia ed ex paesi sovietici. Mentre
negli Stati Uniti i valori sono rimasti pressoché
identici, in Estremo Oriente si è invece perso
qualche punto in percentuale”.
Il Consorzio dedica molta attenzione alla comunicazione: “Oltre il 70% del piano finanziario
del Consorzio è destinato all’attività promozionale”, precisa il presidente. “Lo scorso anno
grazie al progetto “Gorgonzola a scuola”, l’erborinato italiano è arrivato in 200 classi di quinta
elementare piemontesi e lombarde, quattro
delle quali hanno vinto il concorso tra elaborati aggiudicandosi una lavagna multimediale
Lim a testa. A fine anno ha fatto molto parlare
la campagna pubblicitaria, targata Thomas Adv,
che puntava su frasi scherzose e che, grazie al
Qr code, rimandava al sito su cui era possibile
scaricare l’intero nuovo ricettario”.
All’evento hanno partecipato inoltre Leo
Bertozzi (presidente Comitato italiano federazione internazionale latte), che ha parlato dei
formaggi Dop Italiani nel contesto Internazionale e Mauro Rosati direttore generale Fondazione Qualivita) che è intervenuto sul valore
del made in Italy agroalimentare certificato. Da
ultimo Antonio Cellie (amministratore delegato Fiere di Parma) ha illustrato le prospettive
di Expo 2015, come supporto all’internazionalizzazione delle imprese agroalimentari e dei
Consorzi di tutela.
Margherita Bonalumi
LE INIZIATIVE DEL CONSORZIO
Uniti si vince! E’ questo il principio che ha spinto
il Consorzio gorgonzola a realizzare due importanti iniziative, una in Francia e l’altra in Italia, insieme ai formaggi Dop Italiani asiago, mozzarella
di bufala campana, parmigiano reggiano e pecorino sardo.
Innanzitutto Grandi formaggi Dop, ovvero una
serie di incontri aperti a pubblico e ristoratori
intorno al tema “La tradizione e l’innovazione in
cucina e nei punti vendita”. Testimonial d’eccezione Carlo Cracco e Moreno Cedroni. Cracco sarà protagonista il 10 giugno a Milano con
un evento nel suo nuovo ristorante sui Navigli;
Cedroni, invece, accoglierà il pubblico di Roma
martedì 17 giugno al “Teatro Centrale Carlsberg”. Due eventi di altissimo livello, totalmente
gratuiti, per sottolineare l’importanza e promuovere la conoscenza dei formaggi italiani Dop.
Dopo l’estate, il 17 settembre a Bologna e il 24
settembre a Bari, sono in programma invece due
incontri dedicati a negozianti e banconieri tenuti dal direttore di Gdo Week Cristina Lazzati.
L’esperta di retail guiderà gli operatori del settore alla riscoperta del valore della tradizione e
dell’artigianato raccontato al cliente da uno scaffale o un banco gastronomia utilizzando anche
mezzi innovativi, come una App o un sito web.
Lo stesso intento, unito però anche a quello di
far conoscere i formaggi italiani ad un pubblico
estero, muove anche Fromages d’Italie, l’iniziativa di comunicazione che vede riuniti gli stessi
cinque consorzi per iniziative rivolte al mercato
francese. L’ultima in ordine di tempo è stata la
partecipazione ad Omnivore, il più importante
festival francese di alta cucina che si è svolto a
Parigi (tutte le informazioni sulle due iniziative
sono disponibili su www.grandiformaggidop.
com e www.fromagesditalieaop.com). Sempre
in Francia è stata pianificata una campagna promozionale intitolata “Dolce Gorgonzola” che
ha utilizzato il web, in collaborazione con il sito
marmiton.org, la stampa tradizionale, la stessa rivista di cucina Marmiton, e i negozi specializzati
attraverso un concorso di vetrine e due serate
a tema, una per giornalisti l’altra per gourmet.
Ambasciatore d’eccellenza Luana Belmondo, affermata critico gastronomico e star della televisione francese.
Infine l’attività promozionale del gorgonzola
Dop è continuata anche in Inghilterra con degustazioni ed eventi per far conoscere a giornalisti, foodblogger ed esperti del settore il ciclo
produttivo e l’origine del prodotto. Di notevole
importanza è stata l’organizzazione di corsi di
cucina per gli allievi del Westminster Kingsway
College con l’ideazione di un concorso che ha
portato alla creazione di 12 ricette, sei delle quali
sono state pubblicate sul sito bbcgoodfood.com
e poi realizzate in un evento presso l’autorevole
Atelier des Chefs.
L’AZIENDA
Maggio 2014
Cinquant’anni di pecorini
Dop a Manciano
Il Caseificio Sociale, nato nel 1961,
è oggi protagonista del mercato di questo
formaggio a denominazione, in Italia.
E per gli anni a venire punta anche
su bio e prodotti salutistici, come
il formaggio ‘Amico del cuore’.
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1961: 21 allevatori dell’entroterra
maremmano fondano il Caseificio
Sociale Manciano. L’obiettivo, preciso, è quello di valorizzare la produzione di latte ovino della provincia
di Grosseto, dove la pastorizia ha
sempre rappresentato una delle
fonti principali di sostentamento.
“Oggi la cooperativa ha senza dubbio raggiunto quello scopo”, ci racconta Franco Gambineri, presidente.
“I nostri soci sono circa 330, tutti
produttori di latte ovino e vaccino,
dislocati in un circondario comprendente 11 Comuni della provincia
di Grosseto e 2 della provincia di
Viterbo. E siamo leader di mercato
per il pecorino toscano Dop”. Proprio questo formaggio è il prodotto
principale della gamma del Caseificio, che anche quest’anno è presente a Cibus con un proprio stand, al
padiglione due.
I prodotti
Oggi, oltre al classico pecorino
toscano Dop, sia fresco che stagionato, il Caseificio di Manciano vanta
diverse referente in assor timento. Si
va da una gamma di caciotte di pecora e miste (vaccine-ovine) fresche
e di media stagionatura, a prodotti
par ticolari come gli aromatizzati al
tar tufo, alle noci, al peperoncino, allo
zafferano purissimo di maremma ed
il Briaco nel Morellino di Scansano.
“Inoltre, il nostro assor timento comprende anche il primosale di pecora
freschissimo e delicato e la nostra
famosa ricotta. A cui si aggiungono
prodotti par ticolari quali il biologico,
il pecorino delattosato, il pecorino
Amico del cuore, l’Agriqualità, ed il
pecorino toscano Halal”. Il pecorino
toscano Dop Amico del cuore è la
novità 2013 dell’azienda. Racconta
Gambineri: “Si tratta di un formaggio con un contenuto di Cla pari a
500 mg ed Omega 3 pari a 300 mg
per 100 grammi di prodotto. Questo prodotto è il coronamento di
un progetto durato oltre due anni,
che ci ha visto collaborare con prestigiosi par tner quali il consorzio del
pecorino toscano Dop, l’università
di Pisa, il Consorzio Agrario di Grosseto e la scuola superiore S. Anna
di Pisa, insieme a cinque nostri soci
allevatori ovini”. Ma qual è stata la
risposta del mercato a questa novità? “Siamo davvero molto soddisfatti
di questa nuova creazione. Abbiamo
registrato molti contatti e richieste
da consumatori di tutta Italia che
hanno letto di questo nuovo pecorino. E che, già prima dell’uscita sul
mercato, erano desiderosi di acquistarlo. Oggi si può trovare sul mercato in forme intere da circa 1.8 Kg
oppure in porzioni sottovuoto da
circa 350/400 grammi”.
I formaggi del Caseificio Sociale
Manciano sono presenti in par ticolare al banco gastronomia. “Ma siamo in grado di porzionarli e confezionarli sottovuoto, anche per il
libero servizio”, precisa Gambineri.
La qualità
In casa Manciano c’è grande attenzione al tema della qualità, come il
presidente Gambineri tiene molto a
sottolineare. “All’interno del nostro
stabilimento opera un laboratorio
analisi che ci permette di porre in
atto numerosi e tempestivi controlli, sia igienici che qualitativi, lungo
tutto l’iter del processo produttivo, dall’arrivo del latte proveniente
dalla raccolta presso i nostri soci
fino alla spedizione dei prodotti ai
nostri clienti. Inoltre, i controlli si
estendono anche fuori dal nostro
stabilimento, già a par tire dalla stalla del socio”. E proprio in tema di
latte, il Caseificio ha fatto da tempo
una scelta precisa. “Sin dai primi anni
della nostra attività, abbiamo adottato un sistema di pagamento del latte
conferito in base alla sua qualità, instaurando un meccanismo di premi
e penalità basati su parametri chimici del latte, in par ticolare rispetto al
contenuto di grasso e di proteine, su
L’amico del cuore
parametri microbiologici e sulla conta delle cellule somatiche, anticipando in cer ti casi anche le disposizioni
normative degli ultimi anni”.
Il mercato e i risultati economici
Nel 2013, l’azienda, nonostante il
generale calo dei consumi, ha registrato un leggero incremento di fatturato, sia a volume che a valore. In
par ticolare, buone performance si
sono registrate per il pecorino toscano Dop, sia fresco che stagionato,
e per la ricotta. Complessivamente,
pecorino, ricotta e caciotte rappresentano i tre gruppi di prodotto più
performanti, con un’incidenza di circa il 60% sul fatturato complessivo.
L’export
Il Caseificio presidia anche i mercati esteri. “Siamo presenti in Usa,
Russia, Belgio, Regno Unito, Finlandia, Germania, Lussemburgo, Polonia, Giappone”, spiega Gambineri.
“L’incidenza dell’expor t sul totale
del fatturato, tuttavia, non raggiunge
volumi rilevanti. Oggi, infatti, è pari a
circa il 5%. E per il 2014 prevediamo
di incrementare tale quota, ma sicuramente non si arriverà a livelli molto superiori”. Quanto ai prodotti più
apprezzati oltreconfine, il quadro
è molto simile a quello italiano. Si
evidenzia, però, un par ticolare gradimento per la gamma di formaggi
aromatizzati, come quello alle noci,
al tar tufo, allo zafferano. “Riscuotono grande successo anche gli affinati
un po’ par ticolari, come il pecorino
Briaco”.
Le novità per il 2014
Proprio in vista di Cibus, il Caseificio Sociale Manciano ha in serbo
un’altra novità di prodotto, dopo
quelle del 2013. “Già da maggio
avremo a disposizione il pecorino
toscano Dop Biologico, prodotto
molto richiesto dal mercato e che
si aggiunge alla vasta gamma firmata
Manciano”.
Alice Realini
Nel 2013 il Caseificio ha lanciato sul mercato una
nuova referenza: il pecorino toscano Dop ‘Amico
del cuore’. “Si tratta di un formaggio con contenuto di Omega 3 pari a 300 mg per 100 grammi di
prodotto e di Cla pari a 500 mg per 100 grammi di
prodotto”, fanno sapere dall’azienda. Gli Omega 3
sono una categoria di acidi grassi definiti essenziali, in quanto l’organismo umano non è in grado di
sintetizzarli, ma devono essere assunti con la dieta.
Nel latte e nei formaggi è presente un particolare
acido grasso del gruppo degli Omega 3: l’acido alfalinolenico. “Tale acido grasso”, precisano dal caseificio, “oltre a svolgere il ruolo di precursore per gli
altri acidi grassi dello stesso gruppo, possiede alcune
proprietà riconosciute anche dall’Autorità europea
per la sicurezza alimentare (Efsa). In particolare, l’acido alfa-linolenico, se assunto nelle quantità giornaliere raccomandate dall’Efsa (2 g/d), è in grado di
abbassare la colesterolemia. L’acido alfa-linolenico è
presente naturalmente nel latte e nei formaggi di
pecora, in quanto viene assunto con la dieta dagli
animali e, quindi, trasferito al latte. Il latte ovino utilizzato per la produzione del formaggio Amico del
cuore è ottenuto dalla combinazione di sistemi di
allevamento tradizionali con tecniche innovative
di alimentazione del gregge, in modo da garantire
a circa il 15% della dose giornaliera raccomandata
dall’Efsa (2g/d)”.
L’Acido linoleico coniugato (Cla) fa parte di una
classe di acidi grassi che è presente quasi esclusivamente nel grasso degli alimenti che originano dagli
animali ruminanti (vacche, pecore, capre, bufali ecc.).
Nella dieta dell’uomo, pertanto, si trova in quantità
apprezzabili solo se tali alimenti sono assunti regolarmente. “In particolare, uno studio condotto in
collaborazione tra i ricercatori dell’Ospedale Brotzu
di Cagliari, dell’università di Cagliari e dell’Università
di Pisa su soggetti ipercolesterolemici (pubblicato ad
agosto 2012 sulla rivista British Journal of Nutrition)
ha evidenziato che l’assunzione di 90 grammi di formaggio pecorino naturalmente arricchito nel suo
contenuto di Cla consente di ridurre di poco meno
del 10% la colesterolemia dei soggetti in prova”.
Prodotto con latte di pecora pastorizzato, sale, caglio, fermenti lattici autoctoni, il formaggio pecorino
Dop Amico del cuore ha una pezzatura di circa 2
chilogrammi ed è disponibile anche confezionato
sottovuoto, a spicchi di un quarto di forma. E’ a pasta morbida di colore bianco paglierino, con piccole
occhiature e dal sapore dolce e delicato, esaltato dal
processo di maturazione.
L’INTERVISTA
Maggio 2014
“Rappresentare
le imprese libere”
Ogm, Expo, Pac, direttiva nitrati, latte. Con l’obiettivo di un sistema agricolo più moderno e imprenditoriale.
E meno sindacale. Parla Matteo Lasagna, neo presidente di Confagricoltura Lombardia.
Matteo Lasagna, imprenditore del settore zootecnico, quarant’anni appena compiuti, dal 4 aprile è il nuovo presidente di
Confagricoltura Lombardia. Lo incontriamo a pochissimi giorni
dall’insediamento, proprio nei suoi nuovi uffici, in viale Isonzo a
Milano. Nonostante la fresca nomina, Lasagna è già al lavoro: ci
sono persone in sala d’attesa, negli uffici della Confederazione
fervono le attività e il neo presidente si divide tra vertici istituzionali, riunioni e scadenze. “Sono giornate molte intense. Ho
già incontrato l’assessore regionale all’Agricoltura, Gianni Fava”,
ci racconta. “Un appuntamento molto proficuo, si è cominciato
subito a lavorare. E sono certo che, nei tre anni del mio mandato, la collaborazione tra noi continuerà ad essere significativa”.
Lasagna, anche lui mantovano come l’assessore Fava, vanta una
lunga militanza fra le file di Confagricoltura. E nonostante tradisca un po’ l’emozione del nuovo incarico, sembra avere le idee
già molto chiare: “Il mio mandato sarà ispirato alle lezione del
mio maestro e primo presidente mantovano della Federazione
regionale lombarda: Sergio Cattelan. Voglio sfatare il mito che
vuole Confagricoltura solo al fianco di grandi realtà. La nostra
associazione rappresenta, semplicemente, le imprese libere”.
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Quali sono stati gli argomenti dell’incontro con Fava?
Ci siamo concentrati su tre temi di grande importanza per
l’agricoltura lombarda: direttiva nitrati, Pac e Psr e sburocratizzazione.
Cominciamo dalla direttiva nitrati…
Questo è un tema cogente e scottante, soprattutto in Lombardia, su cui c’è totale concordanza con l’assessore, che ringrazio per la direttiva 121 su questo argomento. Fava si è già
rivolto al ministero dell’Ambiente per modificare la direttiva
nitrati. Ci sono, in particolare, due questioni sulle quali è urgente intervenire: le zone vulnerabili e le finestre di spandimento.
Oggi, infatti, i nostri agricoltori sono assoggettati a una legislatura che prevede 90 giorni continuativi di divieto di spandimenti.
Il nostro obiettivo è capire se, tenuto conto del clima e di tutte
le variabili influenti, sia possibile prevedere lo spargimento del
liquame sul terreno anche in quei tre mesi invernali.
Quanto a Pac e Psr?
In tema di Politica agricola comune, gran parte del lavoro
è stato già fatto. Su alcune cose, però, c’è ancora spazio di intervento. Penso, ad esempio, agli aiuti accoppiati, come quello
al 70% per la zootecnia che abbiamo richiesto. C’è piena concordanza con l’assessorato circa il tetto minimo al contributo
Pac, che sarà compreso tra i 350 e i 400 euro. Una questione
non secondaria, dal momento che una pratica Pac costa, alle
imprese agricole lombarde, circa 320 euro. Anche Germania e
Spagna si stanno muovendo in questa direzione. Ci sta a cuore
anche il fatto che le zone montane non siano escluse dalla Pac,
per questo, ma non solo, crediamo che occorra molta cautela
quando si ragiona sul tema dell’agricoltore ‘attivo’. Inoltre, garantisco il mio impegno immediato per la redazione del nuovo
Programma di sviluppo rurale, fondamentale per il futuro del
comparto agricolo lombardo.
Infine il terzo tema, la sburocratizzazione, molto di ‘moda’…
Infatti, anche qui occorre fare attenzione. C’è una burocrazia
buona, che non va combattuta e che tutela l’agroalimentare e i
consumatori e aiuta a tenere alta la bandiera del made in Italy
nel mondo. C’è, invece, una burocrazia cattiva, che va combattuta. Quella che, ad esempio, costringe un imprenditore agricolo
a dedicare cento giornate di lavoro agli incartamenti burocratici
piuttosto che alla sua azienda.
Si è parlato anche di Expo?
In questo primo incontro con Fava si è solo accennato al
tema di Expo. A breve, Confagricoltura presenterà progetti importanti, in Regione, circa questo evento. Che non è solo una
fiera, e non sono ‘solo’ 20 milioni di persone che arriveranno
in Italia, ma deve essere soprattutto un punto di incontro della politica del fare con il tema dell’Esposizione, cioè ‘Nutrire il
pianeta’. E’ l’occasione per mostrare e dimostrare l’operosità
e l’ingegno dei nostri agricoltori, ma anche che nel settore è
possibile arrivare a una sintesi politica.
Cosa intende?
Ad Expo abbiamo bisogno di tutti, compreso la produzione
di nicchia che attira i turisti. Ma abbiamo l’obbligo di raccontare
anche l’agricoltura intensiva, che oggi regge il settore. Se non
raccontiamo tutto, compreso questo, non forniamo un quadro
reale e veritiero. E anche la Gdo deve essere compresa.
Un attore spesso accusato di non aiutare il settore…
Se oggi le nostre eccellenze esistono e sono apprezzate, in
Italia come all’estero, è anche grazie alla Gdo. Se l’agroalimentare sta reggendo questo Paese, come oggi è, parte del merito
va anche alla Grande distribuzione. Quello che manca, in tema
di distribuzione, sono i gruppi italiani all’estero, che aiuterebbero senza dubbio la diffusione dei nostri prodotti oltreconfine.
Quindi, è essenziale sedersi a un tavolo per dialogare con la
L’identikit
di Confagricoltura
“Confagricoltura è l’organizzazione di rappresentanza
e tutela dell’impresa agricola italiana”, si legge sul sito
istituzionale. “Riconosce nell’imprenditore agricolo il
protagonista della produzione e persegue lo sviluppo
economico, tecnologico e sociale dell’agricoltura e delle
imprese agricole”. Nel dettaglio, Confagricoltura presidia il territorio con 19 Federazioni regionali, 95 Unioni
provinciali e 2.143 delegazioni comunali. A queste si
aggiungono poi le Federazioni di categoria e quelle di
prodotto. L’organizzazione, a livello nazionale, è guidata
da Mario Guidi ed ha sede a Roma, nello storico Palazzo Della Valle. E’ anche presente a Bruxelles, con un
proprio ufficio, e in altri Paesi dell’Unione europea. Confagricoltura raggruppa oltre 145mila imprese agricole
assuntrici di manodopera, 222mila imprese agricole
diretto coltivatrici e 301mila altre imprese (contoterzisti, manutenzione del verde, concedenti a mezzadria e
colonia, soccidanti). Ancora dal sito dell’organizzazione:
“Confagricoltura rappresenta oltre il 45% del valore totale della produzione lorda vendibile agroforestale (47
miliardi di euro complessivi) e del suo valore aggiunto
(27 miliardi di euro) e che copre circa il 38,5% (5 milioni
di ettari) della Sau - superficie agricola utilizzata (13 milioni di ettari). I datori di lavoro associati a Confagricoltura rappresentano i due terzi del totale delle imprese
del comparto e assumono oltre 500mila lavoratori”.
Gdo. Ognuno deve cedere un pezzo della sua sovranità per
riconoscere il valore dell’altro.
Cosa pensa del tanto osannato Km 0?
Non sono contro il chilometro 0, ma nemmeno contro il
chilometro 15mila. Hanno ragione e titolo di esistere entrambi.
E a proposito degli Ogm, tema alla ribalta in questo periodo?
Quella degli Ogm è una questione spinosa. Che va affrontata.
La mia posizione è in linea con quella del mio predecessore,
Antonio Boselli: noi non siamo pro o contro gli Ogm. E non vogliamo fare una guerra santa perché si piantino gli Ogm in Italia.
Quello che sosteniamo è la necessità di una conoscenza corretta e trasparente: dalla ricerca, all’etichetta per il consumatore.
Quindi la questione è sempre l’educazione del consumatore?
No, affatto. Il consumatore non va educato, è già educato. Gli
vanno semplicemente fornite tutte le informazioni, con assoluta
trasparenza.Tutto qui.
Torniamo agli Ogm…
Siamo onesti: sono cinquant’anni che mangiamo Ogm, cioè
Organismi geneticamente migliorati. Perché è di questo che si
tratta, di miglioramenti. Qui il tema è quello della conoscenza e
della ricerca. Occorre capire quanto gli Ogm possano rappresentare per il nostro territorio. Vi faccio un esempio: in Spagna
solo il 20% delle coltivazioni sono Ogm. La possibilità di piantarli non ha portato ad una coltivazione massiccia, come certi
scenari apocalittici che qualcuno prefigura qui in Italia. Perché
poi occorre tener conto del clima, delle capacità imprenditoriali,
delle tradizioni e così via. Quello che serve sono, da un lato,
regole certe. Dall’altro, occorre dare le chiavi della conoscenza
alle università, perché ci aiutino a capire cosa si può fare con
gli Ogm e quali effetti possono avere. Oggi importiamo il 95%
di soia dall’estero. Se gli Ogm fanno male dobbiamo saperlo. E
solo la ricerca può dircelo.
Come giudica la dichiarazione di Renzi circa l’incremento
dell’export a 50 milioni di euro entro il 2020?
Questo è il tema, lo spirito e le aspettative che in agricoltura
mancavano da tempo. Il settore agroalimentare è ancora la leva
principale della nostra economia, quindi siamo soddisfatti che il
governo rimetta al centro questo tema. Il made in Italy all’estero
è molto ricercato, sia dal punto di vista della sicurezza alimentare che per la sua tipicità. E sono fiducioso sul fatto che questo
governo possa realmente cambiare le cose.
Cosa intende per tipicità?
La tipicità sta nel legame con il territorio, inteso nel senso
della valorizzazione e del miglioramento di ciò che si fa. Non
dimentichiamo, che quello che per noi oggi è tradizione, per
i nostri nonni era innovazione. E noi abbiamo la loro stessa
responsabilità: dobbiamo dare ai nostri figli una finestra di innovazione, che loro chiameranno tradizione. La ricchezza di un
territorio sta, prima di tutto, nella capacità imprenditoriale.
Cosa si aspetta dal ministro Martina?
Credo sia una persona capace e competente. Certamente,
posso dire che avrà sempre Confagricoltura al suo fianco.
Qual è, a suo avviso, la mission principale dell’associazione,
per i prossimi anni?
Avere una’agricoltura libera, realizzata da liberi agricoltori,
a cui Confagricoltura deve fornire consulenza. Per esempio, a
luglio firmerò l’accordo per il prezzo del latte in Lombardia. E
sarà l’ultimo.
Perché l’ultimo?
Al tavolo della trattativa devono sedersi gli imprenditori, raggruppati in Op. Non si può pensare che i sindacati trattino il
prezzo del latte. Al tavolo della trattativa, insieme alla parte industriale, ci devono stare quelli che il latte lo possiedono. Noi
possiamo e dobbiamo consigliare, ma gli attori devono essere
gli imprenditori agricoli, e con la mia presidenza lo saranno.
Alice Realini e Paolo Frettoli
Maggio 2014
La disfida delle
indicazioni geografiche
Tra i temi di dibattito per l’accordo di libero scambio c’è il riconoscimento delle denominazioni europee sul mercato Usa. Chiesto a
gran voce dall’Ue e osteggiato dalla controparte americana. Uno scontro che finisce anche sul quotidiano The Wall Street Journal.
Ttip, acronimo di Transatlantic trade Investment partnership. E’ qui che, in sede di discussione dell’accordo di
libero scambio, si sta consumando un’aspra battaglia tra
Unione europea e Stati Uniti.
Uno scontro di culture, prima ancora che politico ed
economico, che ruota attorno al tema delle indicazioni geografiche: Dop e Igp. Sigle a cui, in Europa, corrispondono
tipicità alimentari tutelate, le cui produzioni sono regolate
da disciplinari che stabiliscono luoghi di produzione, origine delle materie prime, modi e tempi di realizzazione,
stagionatura, ove prevista, e confezionamento. E che, nel
Vecchio continente, godono di un severo regime di protezione, che garantisce il rispetto dei nomi e delle produzioni. E qui sta il nodo della battaglia, perché i paesi europei vorrebbero almeno una normativa che riconoscesse
anche sul mercato americano le indicazioni geografiche,
come accaduto di recente con il Canada.
Una realtà tutta europea, però, che gli americani non
sembrano per nulla disposti ad accettare. Tanto che qualche settimana fa, più della metà dei membri del Senato
Usa ha sottoscritto una lettera in cui chiede al governo
americano di respingere il tentativo europeo di inserire
le denominazioni nel Patto transatlantico. “La Ue – è la
denuncia dei 55 senatori – utilizza gli accordi di libero
scambio per imporre barriere all’export americano con
la scusa della protezione delle indicazioni geografiche”.
La faccenda è di primaria importanza per l’industria alimentare americana, un vero e proprio gigante sul piano
economico. Basti pensare che, il solo settore lattiero caseario, vale 140 miliardi di dollari americani e conta oltre
50mila aziende. E, in generale, il comparto dei cibi ispirati
alla tradizione europea, e italiana in particolare, incide in
maniera significativa sui conti dell’industria alimentare a
stelle e strisce.
Secondo una stima di Federalimentare, il solo business
dei prodotti ispirati al made in Italy fattura ogni anno 24
miliardi di euro. Per entrambi gli schieramenti, insomma, la
posta in gioco è molto alta. E lo scontro, dai palazzi della
politica è finito anche sulle colonne del The Wall Street
Journal. Che, il 25 marzo, ha pubblicato un eloquente articolo dal titolo: “Cosa c’è di più americano del parmesan?”.
Al pezzo, firmato da Brian M. Carney, risponde a stretto
giro di posta il viceministro allo Sviluppo economico, Carlo
Calenda, che dalle pagine dello stesso giornale difende la
posizione europea e il regime delle denominazioni, con un
pezzo pubblicato il 2 aprile a pagina 16. Di seguito riportiamo integralmente i due articoli, che vale senza dubbio
la pena di leggere, anche per rendersi conto di quanto la
partita sia sempre più simile a uno scontro ideologico e in
apparenza sempre più lontana da una possibile soluzione.
Alice Realini
BOTTA...
Cosa c’è di più americano
del parmesan cheese?
Ecco l’articolo integrale di Bryan M.Carney
pubblicato sul quotidiano The Wall Street Journal
30
La scorsa settimana, oltre la metà dei membri del Senato
degli Stati Uniti d’America si è levata in difesa del lattiero caseario americano, in quello che forse rappresenta un segnale
di quanto sarà difficile formulare un accordo commerciale
transatlantico esaustivo.
Il problema nasce dalle regole dell’Unione europea in materia
di Denominazione di origine protetta (Dop) e Indicazione
geografica protetta (Igp). La legislazione europea consente
ai produttori di molti generi alimentari - dal parmigiano, al
prosciutto - di richiedere la protezione giuridica per i nomi
dei loro prodotti. La Commissione europea decide poi se
una denominazione sia divenuta generica o meno, e di conseguenza quanta protezione serva a un prodotto. Quindi, il
cheddar non riceve alcuna protezione, ma la feta sì. E per
essere prosciutto di Parma, il vostro prosciutto non deve essere solo stato prodotto vicino a quella città italiana, ma deve
soddisfare una serie di requisiti, come quanto a lungo è stato
invecchiato, di cosa sono stati alimentati i suini e così via.
La ragione spesso dichiarata di tutto questo è il “fallimento
del mercato.” I consumatori, cioè secondo questa tesi, non
possono essere attendibili nel distinguere tra “il vero” prosciutto di Parma e le imitazioni scadenti. Ma, a parte l’evidente
senso di superiorità che soggiace a questa visione, il diritto dei
marchi ha già risolto questo non-problema. Supponiamo che
un gruppo di produttori di parmigiano a Parma abbia deciso
di comunicare l’adesione a determinati standard nella produzione del proprio formaggio. Potrebbero creare un marchio,
registrarlo e richiedere ai casari che vogliono utilizzare quel
marchio di ottenere la certificazione. Il formaggio senza marchio potrebbe essere migliore o peggiore, essere venduto a
un prezzo scontato o premium, a seconda che i consumatori
riconoscano o meno il valore di ciò che rende quel formaggio speciale. Il sistema europeo delle Dop e Igp non è solo
un sostituto di questo genere di marchi, come si evince dalla
controversia in atto su feta, asiago, stilton e parmigiano americani. Secondo la posizione ufficiale dell’Ue non può esistere
una “feta americana”. Ma questo snobismo è causa di cattiva
politica e confusione.
E non è solo anti-americanismo. Nel 1996, la Commissione europea ha comunicato alla Danimarca che non poteva
esistere nemmeno la feta danese, scatenando una battaglia
decennale in Europa. Ma i casari americani non hanno certo
intenzione di smettere di fare il formaggio, o di rinominare
tutti i loro formaggi, per compiacere i burocrati di Bruxelles.
E più di 50 membri del Senato hanno firmato una lettera in
cui contestano la posizione negoziale dell’Ue sulle Dop. L’effetto di tanta opposizione rischia di essere quello di rendere
impossibile la ratifica di un accordo commerciale.
L’Unione europea, da tempo, ha convinto il Wto a riconoscere le indicazioni geografiche come una proprietà intellettuale,
per vini e alcolici. E ha spinto i paesi aderenti ad accettare le
sue norme anche per altri generi alimentari in occasione di
qualsiasi negoziato per il libero scambio.
In alcune occasioni, anche gli Stati Uniti hanno riconosciuto
i toponimi come un marchio, ma non hanno mai stabilito
un regime giuridico specifico per l’identificazione delle Igp. E
come l’Unione europea sta scoprendo, ciò che è generico
per un paese può avere una connotazione più specifica in
un altro.
Se l’Unione europea avesse deciso di avvalersi dei marchi tradizionali per tutelare questi prodotti, piuttosto che creare una
nuova burocrazia ad hoc per regolamentare la questione, il
problema non sarebbe mai sorto. I produttori a Parma potrebbero avere il loro marchio, e anche i produttori di parmigiano nel Wisconsin, potrebbero avere il loro. I consumatori
sarebbero liberi di decidere se attribuire al parmigiano prodotto a Parma qualità uniche.
Invece, la Commissione europea deve affrontare un flusso
costante di istanze protezionistiche. Un articolo pubblicato su
questo quotidiano, la scorsa settimana, riportava la notizia che
la torta di carne di maiale ‘Melton Mowbray’ è protetta. Mentre il buon vecchio ‘cheddar’ non è stato ritenuto degno, lo
stilton sì (ma non può essere prodotto a Stilton, in Inghilterra,
stranamente); ai primi del mese di marzo, inoltre, la Commissione ha riconosciuto l’indicazione geografica per l’’Orkney Scottish Island Cheddar’ e il ‘West Country Farmhouse
Cheddar’ è stato ritenuto denominazione di origine protetta.
Se queste differenze possano essere superate in nome di un
più ampio accordo di libero scambio, è tutt’altro che chiaro.
L’Europa non ha evidentemente intenzione di abbandonare il
suo regime di Dop e Igp, fuori strada com’è. E sembra molto
improbabile che i caseifici Usa abbandonino i propri formaggi. È uno schifo di problema, in qualunque modo lo si voglia
affettare.
attualità
... e risposta
Il vero parmigiano
e le indicazioni geografiche
L’intervento del viceministro dello Sviluppo economico,
Carlo Calenda, sullo stesso giornale
Nell’articolo “Cosa c’è di più americano
del formaggio parmesan?”, sul The wall
street journal del 25 marzo 2014, Brian M.
Carney prende in giro le indicazioni geografiche (Ig). La sua tesi è che non servono perché la protezione dei consumatori
e l’identificazione dei prodotti può essere realizzata più efficacemente tramite i
marchi industriali. Vuoi che il parmigiano
fatto a Parma venga riconosciuto come
tale? Inventa un logo, registralo e a posto
così.
Questo atteggiamento mostra chiaramente, tuttavia, dove risiedano in realtà
i fautori di maggiore burocrazia. Carney
pensa che centinaia di migliaia di piccole
imprese europee che realizzano prodotti
protetti da Ig – dal vino, al formaggio, ai
salumi e prosciutti – dovrebbero inventare un marchio poi registrarlo in tutto
il mondo. A me questa pare solo un’imposizione burocratica. Ci sono due differenze chiave tra marchi industriali e Ig e
sebbene abbiano funzioni simili, servono
entrambi. Primo: chiunque può registrare
Carlo Calenda
un nuovo marchio, mentre ci sono voluti
secoli e generazioni per perfezionare il
parmigiano. Secondo: le Ig proteggono
un intero settore di imprese che producono lo stesso bene in un determinato
territorio, piuttosto che una sola specifica impresa che ha avuto una buona idea.
Tradizionalmente queste imprese diffuse
non utilizzavano un marchio: le centinaia
di produttori di parmigiano non ne ave-
vano bisogno, nonostante producessero
tutti lo stesso formaggio. La regolazione
delle Ig è il modo in cui Italia, Francia e Ue
(e in seguito il Wto) sono riusciti a combinare la secolare tradizione delle produzioni artigianali di cibo e vino all’interno di
una moderna economia capitalistica. Le Ig
sono strumenti che garantiscono un’equa
competizione ad imprese private che
producono beni con specifici standard di
qualità e di processo, in una determinata
area geografica. Naturalmente, le Ig proteggono in maniera simmetrica i consumatori dalle truffe alimentari.
Sono necessari avvocati e specialisti della
proprietà intellettuale capaci di definire
cosa rende unico, per esempio, il marchio
Coca Cola, e in quale misura altre bevande possono o meno essere chiamate
“quasi-cola”. Deridere i dettagli relativi a
queste competenze non riduce l’importanza e l’utilità dei marchi industriali e
delle Indicazioni geografiche come strumenti per proteggere la libertà d’impresa
e la libertà dei consumatori.
31
attualità
Maggio 2014
Conto salato
per Coop Estense
“
Il Consiglio di Stato ribalta la sentenza del Tar del Lazio. E condanna la Cooperativa al pagamento della sanzione di 4,6
milioni di euro. Comminata dall’Antitrust per abuso di posizione dominante nei confronti di Esselunga.
esselunga
A seguito dell’indagine dell’Autorità garante della concorrenza e
del mercato (Agcm) che condannava con provvedimento in data 6
giugno 2012 Coop Estense per violazioni molto gravi della disciplina che tutela la concorrenza, poste in essere da Coop Estense
in Modena e Vignola a danno di Esselunga e dei consumatori, il
Consiglio di Stato ha confermato, in via definitiva, detto provvedimento. Esselunga esprime soddisfazione per la sentenza ed auspica
che queste condotte poco lineari abbiano a cessare in futuro anche
in altri ambiti territoriali.
“
“
Coop Estense
Nel prendere atto della sentenza del Consiglio di Stato, non può
che esprimere sconcerto per un pronunciamento che, di fatto, va a
ribaltare completamente l’orientamento assunto dal Tar del Lazio.
La Cooperativa giudica questa sentenza preoccupante poiché va a
sancire un principio che non ha precedenti, e cioè l’impossibilità
che si determina per qualunque soggetto economico in possesso di
alte quote di mercato, di intraprendere azioni di sviluppo se un concorrente volesse realizzarle al suo posto.
“
32
Coop Estense deve pagare: sì, no, di
nuovo sì. L’ultimo capitolo nella vicenda
giudiziaria che vede contrapposte la Cooperativa ed Esselunga, assegna vittoria
all’insegna di Caprotti. Con una sentenza depositata lo scorso 8 aprile, il Consiglio di Stato ha infatti accolto il ricorso presentato da Esselunga e Antitrust,
contro la sentenza del Tar del Lazio del
2 agosto 2013, pronunciamento con cui
il Tribunale aveva giudicato illegittima
la delibera della stessa Autorità, datata
6 giugno 2012, che condannava Coop
Estense al pagamento di 4,6 milioni di
euro, per abuso di posizione dominante. La vicenda si riferisce al tentativo di
Esselunga di costruire un supermercato
nell’area dell’ex Consorzio agrario di
Modena e nel comune di Vignola (Mo).
Progetti che secondo l’Antitrust sarebbero stati ostacolati in modo illegittimo da Coop Estense. L’Autorità, nel 2011, aveva avviato
una procedura istruttoria,
che si era conclusa con la
delibera del giugno 2012,
in cui si afferma esplicitamente che Coop
Estense avrebbe “posto
in essere un abuso di
posizione dominante […] consistente
in un’unica strategia
escludente continuata
nel tempo ed ar ticolata in compor tamenti
tesi ad ostacolare, o
quanto meno for temente ritardare, l’uso a
fini commerciali di aree
già nella disponibilità del
concorrente, anche inter venendo in procedure
amministrative in fase avanzata per il rilascio delle relative autorizzazioni”. Secondo
l’Autorità, Coop Estense avrebbe
quindi posto un freno, con metodi
ben al di là della normale concorrenza,
ai progetti di Esselunga. Accuse pesanti, smontate però dal Tar del Lazio. Che
nella sua sentenza aveva rilevato come
l’Autorità “incorre nei gravi vizi istruttori e motivazionali denunziati in gravame,
che si riflettono nella mancanza assoluta
di dimostrazione della sussistenza di un
nesso causale, anche concorrente ma di
rilievo determinante, tra la condotta di
Coop Estense e l’esclusione di Esselunga”. Insomma, secondo il Tribunale amministrativo non era stato dimostrato
che Coop Estense avesse abusato della
propria posizione dominante nell’area,
per condizionare “con atti ostruzionistici e dilatatori l’iter amministrativo in
corso per il rilascio di autorizzazioni
all’avvio di attività commerciali nei comuni di Modena e Vignola”.
Ora la sentenza del Consiglio di Stato
ribalta di nuovo il quadro. Come si legge
proprio in una nota del Cds: “Occorre
guardare all’intero compor tamento sostanziale di chi è in posizione dominante
in un mercato, come lì era Coop Estense. Sicché legittimamente l’Antitrust
aveva rilevato che sugli impedimenti
amministrativi aveva pesato in modo
determinante il compor tamento ostruzionistico di Coop Estense, esteso anche ad operazioni di acquisto di terreni
a prezzi molto elevati, per contrastare
il temuto arrivo di Esselunga”. Il Consiglio opera poi un impor tante distinguo tra il piano amministrativo e quello
concorrenziale: “La strategia escludente
di Coop Estense, concretata nell’intervento nell’ambito di due procedimenti
di pianificazione urbanistica già avviati
nei comuni di Modena e Vignola, era
sì legittima in termini formalmente
amministrativi ma illecita in termini concorrenziali. La legittimità
del primo profilo non esclude
infatti l’illiceità del secondo”.
I commenti da par te degli
interessati non si sono fatti
attendere. Piccato, e non
potrebbe essere altrimenti, il comunicato diffuso da
Coop Estense: “Nel prendere atto della sentenza
del Consiglio di Stato,
Coop Estense non può
che esprimere sconcer to
per un pronunciamento
che, di fatto, va a ribaltare
completamente l’orientamento assunto dal Tar del
Lazio. La Cooperativa giudica questa sentenza preoccupante poiché va a sancire un
principio che non ha precedenti,
e cioè l’impossibilità che si determina per qualunque soggetto economico in possesso di alte quote di
mercato, di intraprendere azioni di sviluppo se un concorrente volesse realizzarle al suo posto”.
Esselunga sembra voler attribuire alla
decisione della giustizia amministrativa
un valore esemplare, rispetto ad altre
querelle con il mondo della distribuzione cooperativa: “Esselunga esprime
soddisfazione per la sentenza ed auspica che queste condotte poco lineari abbiano a cessare in futuro anche in altri
ambiti territoriali”.
Al di là delle comunicazioni ufficiali,
immaginiamo Bernardo Caprotti riprendere in mano il suo libro, Falce e Carrello, in cui elencava le proprie tesi sulla
concorrenza sleale patita dalle Coop ed
esclamare compiaciuto: “Ve l’avevo detto”.
Paolo Frettoli
PRIMO PIANO
Maggio 2014
#campolibero
all’agroalimentare
italiano
L’agricoltura nella rete
E’ sicuramente la rete, al di là degli argomenti specifici previsti dal piano, la
vera protagonista di Campo libero. A cominciare dall’hashtag, tradizione delle
manovre di questo governo, o dalle slide, diventate anch’esse un rito delle manovre renziane. Campo libero, anzi #campolibero, dal momento della
sua presentazione è un tormentone su Facebook e Twitter. E proprio su
questi due mezzi viaggiano, fin da subito, gli incessanti appelli a contribuire,
partecipare, commentare e proporre soluzioni e miglioramenti per l’agroalimentare italiano. Mai, come nella gestione Renzi, internet era stata tanto
al centro dell’azione quotidiana del governo, che ha evidentemente scelto
questo mezzo anche per comunicare con i cittadini e intercettare gli umori
della piazza. Gli scatti di queste pagine, che sono solo un piccolissimo esempio di questa nuova modalità di comunicazione delle istituzioni, dimostrano la
vivacità in rete dei componenti di questo governo.
Il governo Renzi presenta un piano in 18 punti
per il rilancio del settore. Semplificazione, lavoro
e competitività le parole d’ordine. E non manca l’hashtag.
“La filiera agroalimentare vale il 17% del Pil, risultato che deve ancora migliorare”. La dichiarazione è
del ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina. Un commento, rilasciato nel corso di Vinitaly,
che segue di poche ore quello del presidente del
consiglio, Matteo Renzi, sempre in tema di agricoltura e alimentare. “Il nostro obiettivo è portare
l’export agroalimentare italiano a 50 miliardi di euro
nel 2020. Potremmo dire combattendo l’agropirateria, io mi limito a dire che ci sono
degli spazi da riempire”. Proprio la Matteo Renzi
fiera di Verona è stata l’occasione
per presentare ‘Campo Libero’, il
piano per il settore agroalimentare
del governo Renzi. Sarà composto
da 18 punti, che a partire dal mese
di maggio dovrebbero essere dettagliati in progetti di legge e piani
concreti di azione, il piano può
vantare anche un hashtag dedicato, come ormai è consuetudine del
premier: #campolibero. “L’agricoltura e l’agroalimentare - ha aggiunto il ministro Martina - hanno una
centralità nelle politiche di sviluppo
e di rilancio che questo Governo
vuole mettere in campo nel suo
percorso. Campo Libero è un
piano di interventi che affronterà
alcuni nodi cruciali per il sistema.
Dalla sicurezza, con il rafforzamento di azioni per interventi nella
Terra dei fuochi, al taglio dei costi
agli enti e alle società vigilate dal
ministero delle Politiche agricole
alimentari e forestali. Svilupperemo
questo piano di azione e il lavoro
sarà implementato grazie a una call
aperta con il mercato (conclusa il
30 aprile, ndr). Immaginiamo di tirare le fila a maggio, mese cruciale
anche per l’applicazione definitiva della Pac. Questi due binari, se viaggiano insieme, danno l’idea del
grande disegno complessivo che questo governo,
con il Parlamento, può costruire per l’agricoltura e
l’agroalimentare italiano”. Fra le iniziative proposte
rientrano quelle di sostegno ai giovani under 40 che
vogliono investire in un’impresa agricola. “Nel piano, ci sono anche mutui a tasso zero per dieci anni
- ha spiegato Martina - credito di imposta per ecommerce e per piattaforme distributive all’estero”.
Toccato anche il tema del lavoro.“Per le assunzioni a
tempo indeterminato, prevediamo un abbattimento del costo del lavoro degli under 40 in linea con
il Job act di Poletti”, precisa Martina. In generale, le
direzioni operative sono tre: competitività e lavoro,
semplificazioni e sicurezza. In tema di lavoro, oltre al
sostegno per gli under 40, ci sono gli incentivi all’assunzione dei giovani, con sgravio di un terzo sulla retribuzione lorda. In discussione, anche
il tema dell’etichettatura, con la
proposta di avviare una consultazione pubblica, dopo aver stabilito i termini per l’attuazione
della legge in materia. Ampio
spazio anche al tema delle semplificazioni, con la proposta, tra
l’altro, di consentire l’apertura
di nuove aziende agricole in 60
giorni riducendo i tempi del silenzio assenso, le semplificazioni
in materia di vendita diretta, la
de-materializzazione dei registri
di carico e scarico e l’istituzione
del registro unico dei controlli
aziendali. Infine la sicurezza. Il
tema principale è ancora quello
della Terra dei fuochi, per cui si
prevede un rafforzamento delle
azioni, insieme all’attribuzione di
più poteri di confisca dei beni
contro chi trae profitto dal traffico illecito di rifiuti. Ma Campo
libero non è solo un piano di
rilancio e sviluppo per uno dei
settori cruciali per l’economia
italiana, ma anche, attraverso
l’utilizzo in primis della rete, un
tentativo di democrazia partecipata, che fa leva sulla necessità di un contributo
generale. Scrive in proposito Martina, proprio sul
suo profilo Facebook: “Stiamo lavorando a un piano
di azioni per il settore agricolo e agroalimentare. Abbiamo bisogno anche del vostro aiuto, per questo
valuteremo le proposte che ci arriveranno. Scriveteci”.
Alice Realini
i punti PRINCIPALI DEL PIANO
Semplificazione
“Una lotta senza quartiere alla
devastante burocrazia che sta
uccidendo l’Italia e in particolar
modo questo settore”.
34
Matteo Renzi,
presidente del consiglio
lavoro e giovani
“Riprendiamo punti già previsti nel collegato, come i mutui a
tasso zero per imprese agricole condotte da giovani sotto i 40
anni. Inoltre, sono previste azioni per agevolare le assunzioni
e la possibilità di introdurre un contratto di lavoro stabile nel
settore, nell’ambito di tre anni, come in fondo è la filosofia
del Jobs Act”.
Competitività
“Vogliamo valorizzare il tema del
collegato agricolo per favorire la
realizzazione di infrastrutture informatiche finalizzate al potenziamento
dell’e-commerce”.
Maurizio Martina,
ministro per le Politiche agricole
focus on
Maggio 2014
“Tutelare e valorizzare
le nostre Dop”
Il presidente di Comagri Paolo De Castro e l’eurodeputato veneto Franco Frigo in visita a Latterie Vicentine.
Occasione per affrontare, con un tavolo tecnico, l’argomento dei formaggi a denominazione.
36
Quello dei formaggi a denominazione è un settore, e un tema, sempre di grande dibattito. Tanto
più in questi mesi, preludio a un 2015 foriero di
novità ed eventi per il lattiero caseario. Il prossimo
sarà, infatti, l’anno della fine delle quote latte e quello della grande Esposizione universale, in scena a
Milano da maggio a novembre. Ma già questi mesi
appaiono di grande importanza, con l’approvazione della regolamentazione produttiva, sempre per
i prodotti a denominazione, e le serrate trattative
per il riconoscimento delle Indicazioni geografiche
sui mercati extra Ue in seno al Wto (vedi articolo
alle pagine 30 e 31). E sono proprio questi gli argomenti principali della tavola rotonda, in scena alle
Latterie Vicentine lo scorso 19 marzo, che ha visto
la presenza di Paolo de Castro, presidente uscente della commissione Agricoltura del Parlamento
europeo e Franco Frigo, europarlamentare veneto. L’occasione è la visita al nuovo polo produttivo
dell’asiago Dop di Latterie Vicentine, a Bressanvido
(Vi), inaugurato di recente.
La giornata alle Latterie
Una giornata densa di appuntamenti, cominciata proprio con la visita allo stabilimento di Latterie
Vicentine, durante la quale i presenti hanno potuto
osservare da vicino le fasi di lavorazione del latte.
A seguire, l’atteso tavolo di confronto tecnico, con
il comitato esecutivo della Cooperativa, al quale
hanno partecipato, oltre ai due eurodeputati ospiti,
anche Giuseppe (Leopoldo) Bortolan, sindaco di
Bressanvido, Alessandro Mocellin, presidente della
cooperativa che riunisce i 400 soci di Latterie Vicentine e il nuovo direttore generale, Franz J. Mitterrutzner.
Il tavolo tecnico
Ad aprire il dibattito è proprio il tema della
programmazione produttiva. “Paolo De Castro è
riuscito a spiegare a Bruxelles – commenta in merito Franz Mitterrutzner - le peculiarità della nostra
agricoltura, a creare i presupposti necessari per il
suo sviluppo, soprattutto attraverso la valorizzazione dei nostri prodotti Dop. Quello di De Castro è stato un intervento decisivo per favorire la
programmazione produttiva delle Dop, un passo
importante che va nella giusta direzione per risolvere un grave problema: la debolezza contrattuale
dei produttori”. Anche De Castro, protagonista di
molte normative in materia, ribadisce: “Questa è
un’occasione straordinaria per dimostrare che l’Europa ha fatto tanto per la nostra agricoltura. Oggi
siamo qui a Latterie Vicentine a degustare un prodotto straordinario come l’asiago che è riuscito ad
aumentare recentemente il suo valore di mercato
anche grazie alle leggi introdotte dall’Europa, come
il pacchetto latte e la programmazione della produzione. Un’eccellenza come l’asiago Dop è quindi
tutelata dalle norme europee che difendono il lavoro e la qualità italiana”.
Il marchio Dop
Il tema delle denominazioni si intreccia sempre
con quello dell’utilizzo del marchio ombrello da
parte dei produttori e della sua riconoscibilità presso i consumatori. Prosegue, in proposito, il direttore
della Cooperativa: “La denominazione di origine
protetta è un marchio attraente, differenziante, credibile e difendibile e quindi gode di tutti i requisiti
per un posizionamento distintivo presso i consumatori. Da una parte ha tutte le potenzialità per
essere un grande marchio globale, dall’altra però
Da sinistra: Alessandro Mocellin, Franz J. Mitterrutzner, Paolo De Castro e Franco Frigo
Da sinistra: Franz J. Mitterrutzner, Franco Frigo e Paolo De Castro
La visita allo stabilimento
Latterie Vicentine, Agriform
e Lattebusche insieme a Cibus 2014
La Cooperativa vicentina si presenta a Parma per la XVII edizione di Cibus, salone Internazionale dell’alimentazione, insieme alla consociata Agriform e alla cooperativa bellunese Lattebusche. L’obiettivo della presenza
comune è quello di rafforzare sempre di più il canale estero. I buyer della
distribuzione avranno così la possibilità, da un lato, di incontrare l’azienda
commerciale Agriform e, dall’altro, di dialogare direttamente con i produttori, rappresentati da Latterie Vicentine e da Lattebusche. In mostra,
per l’azienda vicentina, soprattutto asiago Dop e grana padano, oltre a
Brenta, Castelgrotta e Pan di Formaggio.
viene utilizzato da moltissimi produttori che spesso
non adottano una strategia comune nemmeno per
coordinare le quantità e i prezzi offerti sul mercato.
Una situazione intollerabile per la gestione professionale di un marchio. Inoltre il legislatore sancisce
che la qualità (minima) deve essere certificata da
un unico istituto indipendente secondo norme ben
specifiche e con intensità di controllo spesso superiori ad altre produzioni alimentari certificate”.
L’offerta dei prodotti a denominazione
Il tema è sempre quello del posizionamento e
dei prezzi, che nel caso delle Dop, non sono più
solo affare delle singole aziende ma di tutto un
comparto, e rischiano così di dare sempre più forza
alla controparte. “E’ evidente che, offerti in questo
modo sul mercato, i prodotti Dop appaiono un’arma in mano all’unico attore, che è già il più forte
in questo momento: la distribuzione, con la quale i
produttori non possono competere perché, a parità di marchio e qualità, preferirà sempre il fornitore
con il prezzo più basso”. E qui entrano in gioco in
maniera importante proprio le normative che regolano l’offerta di questi prodotti.“Se non avessimo
strumenti che possano almeno definire la quantità offerta sui mercati e ogni produttore, appunto,
potesse produrre quanto vuole, evidentemente
continuerebbe un’asta al ribasso. Per porre rimedio
ad una situazione tanto sbilanciata, è fondamentale
poter programmare l’offerta sul mercato: un primo
passo molto importante al quale ha dato un contributo fondamentale l’onorevole De Castro”.
Le trattative internazionali
Nel corso della tavola rotonda, Mitterrutzner
suggerisce una visione più ampia sull’argomento, che tocca anche i temi della tutela sui mercati
mondiali: “I prodotti Dop sono parte della cultura
alimentare dei paesi di provenienza, riflesso del territorio nel quale nascono e crescono. E questo vale
per tutto il mondo. E’ necessario che l’Italia, in collaborazione con Francia e Spagna, diventi portavoce
di questo messaggio verso nazioni come Stati Uniti,
Cina e altri e soprattutto verso i paesi anglosassoni,
tradizionalmente più inclini a un sistema di mercato
assolutamente libero e senza regole o protezioni di
culture e tradizioni alimentari. E’ importante sensibilizzare questi stati che anche loro hanno produzioni da proteggere, come per esempio lo sciroppo
di acero nel Vermont (Usa), oppure il Tequila messicano, già patrimonio culturale Unesco”. E’ cronaca
di questi mesi anche il braccio di ferro internazionale, in corso al Wto, per il riconoscimento delle denominazioni europee. Un tema su cui alle Latterie
Vicentine hanno le idee molto chiare. Conclude infatti Mitterrutzner: “Una cosa è certa: se solo l’Italia
e pochi altri paesi d’Europa continuano ad avere
prodotti Dop difficilmente riusciremo a far proteggerli in ambiti internazionali come quello del Wto”.
A concludere l’incontro è Franco Frigo, che richiama anche il tema di Expo. “Da un’indagine recente
si evince che su 100mila ristoranti aperti nel 2013
in tutto il mondo un terzo si ispira al food italiano.
Questo non può che essere un vanto per l’Italia, un
elemento che ci porta a guardare fiduciosi al futuro.
E poi non dimentichiamo che il prossimo anno a
Milano ci sarà l’Expo: una vetrina importantissima
per l’agroalimentare e una grande opportunità per
il nostro Paese”.
Alice Realini
cover story
alle pagine IV e V
Sistemi
progettati
su misura
Busch Italia presenta la sua offerta.
Una vasta gamma di pompe per il vuoto e
di sistemi completi e personalizzabili, oltre ad attività
di supporto tecnico, manutenzione e revisione.
FOCUS ON
supplemento a formaggi & consumi
anno 7 - numero 5 - MAGGIO 2014
direttore responsabile: angelo frigerio
TREND
Export:
una speranza
per il futuro
a pagina XI
Fiere & manifestazioni
Med Food: oltre
la refrigerazione
L’eccellenza
tecnologica
L’azienda di Cento, in provincia di Ferrara, propone
espositori dal design unico, versatili e leggeri.
Facilmente collocabili negli store. Personalizzabili
e attenti all’ambiente. Veri e propri display a supporto
del marketing e delle vendite.
ATTUALITà
Valore aggiunto
e creatività
L’importanza del packaging nel business moderno.
Parla Massimo Luvié, professionista del settore, e titolare
dell’omonimo studio.
Appuntamento a Parma, dal 28 al 31 ottobre,
con l’edizione 2014 di CibusTec., la rassegna
organizzata da Fiere Parma e Ucima.
Annapoorna
World of Food
A Mumbai, in India, dal 24 al 26 settembre,
andrà in scena la fiera trade dedicata agli operatori
nel subcontinente indiano.
Anuga
FoodTec
a pagina X
Dal 24 al 27 marzo 2015 la rassegna organizzata
da Koelnmesse e Dlg. Un luogo di incontro
privilegiati per l’industria mondiale food & beverage.
Arriva la nuova serie di filatrici
a vapore Discovery Plus
Ipack
Ima
Il settore delle macchine alimentari si conferma
fortemente influenzato dagli scambi internazionali.
Che scandiscono i ritmi produttivi delle aziende italiane.
E’ il frutto dell’esperienza e del know-how tecnologico, acquisito dalla società CMT
in oltre 40 anni di attività al servizio dell’industria lattiero-casearia.
a pagina XII
a pagina X
In scena, dal 19 al 23 maggio 2015 a Milano,
la fiera che chiama a raccolta i fornitori di tecnologie
e materiali per il processing e il packaging.
alle pagina VI e VII
pole position
Maggio 2014
editoriale
Angelo Frigerio
Parola
d’ordine:
modularità
II
Direttore Responsabile
ANGELO FRIGERIO
Direttore editoriale
RICCARDO COLLETTI
Editore: Edizioni Turbo Srl Palazzo di Vetro
Corso della Resistenza, 23
20821 Meda (MB)
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Fax. +39.0362.600616
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Periodico mensile Registrazione al Tribunale di Milano n. 27
del 10 gennaio 2008 Poste Italiane SpA - Spedizione Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 - Conv. in
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Supplemento a Formaggi & Consumi
Periodico mensile
Anno 7 - numero 5
maggio 2014
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Responsabile dati:
Riccardo Colletti
Questo numero è stato chiuso
in redazione il 23 aprile 2014
Quale futuro per l’industria alimentare? Se lo chiedono in molti. E, non a caso, il titolo
dell’Expo 2015 è: “Nutrire il Pianeta. Energia per la vita”. Una domanda, quella sopra,
che ne implica un’altra: come l’innovazione tecnologica modificherà la produzione e il
consumo alimentare?
Difficile rispondere. Il problema sta nel fatto che le prospettive tecnologiche che riguardano il comparto e le sue varie componenti (agricoltura, industria alimentare e
trade) emergono in modo frammentato, molto specifico e settoriale, impedendo di
vederne la matrice comune.
In uno studio del professor Roberto Esposti si dice: “In un lavoro sulla tassonomia
dei settori circa le traiettorie innovative, Pavitt classifica il settore agricolo e il trade
come settori “dominati dai fornitori” e l’industria alimentare come settore a “elevata
intensità di scala” (Pavitt, 1984). Ciò implica, nel primo caso, una sostanziale passività
nell’impostare e realizzare strategie innovative, che finiscono per essere controllate da
settori e imprese “basate sulla scienza” e “fornitrici specializzate”. Per quanto riguarda
l’industria alimentare, invece, la sua maggiore propensione innovativa sarebbe comunque inferiore rispetto a grande parte degli altri settori manifatturieri. Nella Commuity
Innovation Survey (CIS), l’Eurostat classifica i settori manifatturieri in alta, medio-alta,
media, medio-bassa e bassa tecnologia. Ebbene, l’industria alimentare risulta considerata a bassa tecnologia. Più generalmente, l’industria alimentare non viene mai inclusa
tra i settori “basati sulla scienza” o ad “alta tecnologia”, cioè quelli che in ultima analisi
guidano l’evoluzione tecnologica di tutti gli altri comparti manifatturieri e non, di fatto
fornendogli innovazioni”.
Ma è proprio vero? La storia degli ultimi anni dimostra il contrario. Se c’è un settore
che ha innovato è proprio quello dell’industria agrolimentare. D’altra parte è proprio il
consumatore che lo vuole. Una recente ricerca di Iri lo dimostra. L’83% dei consumatori
è propenso a sperimentare nuovi prodotti, il 52% ritiene che ce ne siano troppo pochi, l’85% è interessato a nuovi prodotti solo se hanno un prezzo sostenibile. Occorre
dunque che l’industria risponda, e in maniera rapida, a queste sollecitazioni. Secondo
un’indagine condotta dallo United States Department of Agriculture (USDA) nel periodo
2003-2013, negli Stati Uniti, sono stati realizzati ed introdotti nel mercato dal settore
agro-alimentare tra 15.000 e 20.000 nuovi prodotti ogni anno. Un segnale inequivocabile.
A cui le tecnologie alimentari devono dare una risposta. In che modo? E’ sempre il
professor Esposti che risponde: “La parola che circola fra gli addetti è una sola: modularità. Ovvero un nuovo modo di organizzare la produzione secondo questi elementi fondanti: sviluppo di nuovi prodotti più rapido e meno costoso, numero di nuovi prodotti
(quindi la varietà dell’offerta) di molto ampliato, complessità dei prodotti notevolmente
aumentata (decoupling tasks, design freedom, continous upgrading e altri ancora, tutti
termini indicanti la possibilità di “disegnare” il prodotto con molta più libertà, facilità e
flessibilità). La ragione per cui tali elementi costituiscono un “fattore di rottura” in molti
settori produttivi è che essi consentono di produrre on-demand a bassi costi. Cioè consentono la produzione di massa, quindi su larghissima scala e con costi unitari contenuti, di beni e servizi fatti però “su misura” per il cliente, individualizzati o personalizzati
(mass-customization)”.
Ecco dunque la sfida del futuro. Sviluppare tecnologie sempre più modulari e flessibili.
Per rispondere alle esigenze del dell’industria. Ma soprattutto del consumatore.
[email protected]
Maggio 2014
Sistemi progettati
su misura
Busch Italia presenta la sua offerta. Una vasta gamma di pompe per il vuoto e di sistemi completi
e personalizzabili, oltre ad attività di supporto tecnico, manutenzione e revisione.
Presentare lo stabilimento di Nova Milanese, l’offerta e i servizi. Questo l’obiettivo della
conferenza stampa che Busch Italia, filiale italiana della multinazionale tedesca specializzata nella creazione di pompe per la tecnologia
del vuoto, ha organizzato lo scorso 2 aprile.
L’incontro si è aperto con una visita alle
sale montaggio e collaudi e al magazzino.
Giorgio Guerri, responsabile service, e Marco
Berti, responsabile sistemi per il vuoto, hanno
illustrato alcuni momenti chiave della produzione e della manutenzione delle tecnologie.
Alla postazione dei collaudi, Marco Berti ha
spiegato che dall’head quarter in Germania
arrivano pompe e componenti, mentre tutto il resto della produzione dei sistemi per
il vuoto avviene interamente in Italia, dalla
consulenza per i cienti all’ingegnerizzazione,
dall’assemblaggio dei sistemi alla manutenzione.
Giorgio Guerri, invece, ha descritto l’area
dedicata alle riparazioni, dove le pompe
vengono smontate, lavate, trattate e rese
nuovamente operative dopo revisione. Per
garantire al cliente consulenza e assistenza,
la manutenzione ordinaria viene eseguita da
tecnici italiani direttamente presso le aziende
e, anche per quanto riguarda le riparazioni, ad
occuparsene è sempre la filiale italiana.
Dopo la visita all’area operativa, il nuovo direttore generale, Luigi Lionetti, ha raccontato
la storia dell’azienda, la sua evoluzione e tutte
le aree di applicazione in cui vengono utilizzate le pompe Busch nel mondo. A seguire,
poi, l’intervento di Giovanni Del Pelo, system
sales manager, incentrato sulla descrizione
dei sistemi più idonei per il segmento della
plastica e della gomma. “Ma la grande varietà
delle pompe Busch, e dei sistemi realizzabili con esse, consente di trovare modelli che
rispondano alle esigenze più diverse”, afferma il manager. Intensa l’attività di promozione: “Per far conoscere i vantaggi della nostra
offerta, organizziamo presentazioni per gli
operatori del settore, in cui dimostriamo che
i nostri sistemi non solo consentono di ottimizzare i processi produttivi e di aumentare il
livello qualitativo dei risultati, ma anche di ottenere un notevole risparmio energetico. Ad
esempio, nel caso delle Mink, pompe a secco
per il vuoto di ultima generazione, abbiamo
anche ideato il sito www.risparmia-con-mink.
it per il calcolo del risparmio energetico con
i sistemi Busch. Inoltre, diamo la possibilità
alle aziende interessate di provare a noleggio
i nostri sistemi”.
IV
Il segmento alimentare
Le pompe e i sistemi per il vuoto di Busch
sono indicati per numerosi processi di lavorazione e confezionamento di carne fresca,
insaccati, pasta, formaggi, pesce, prodotti da
forno, affettati e prodotti precotti. L’obiettivo è
quello di assicurare l’igiene e la non deperibilità del prodotto confezionato sotto vuoto e
vendere porzioni che soddisfino le più attuali
esigenze dei consumatori.
Al mondo delle industrie e della grande
distribuzione, ma anche ai punti vendita diretta più strutturati, il Gruppo Busch propone
le pompe per vuoto R 5, adatte a qualsiasi
realtà, dalle confezionatrici sottovuoto a campana, a vaschetta, a nastro, termoformatrici,
alle confezionatrici con iniezione di ossigeno.
“L’ingegnerizzazione, ottimizzata negli anni,
rende le pompe per vuoto R 5 di Busch molto resistenti, caratterizzate da robustezza,
durabilità, affidabilità e sicurezza. Le superfici
sono smussate, facili da pulire e utilizzabili nel
rispetto dei requisiti igienici di tutte le applicazioni di confezionamento. La progettazione è
mirata a un pratico utilizzo, permette di non
interrompere mai la produzione e garantisce
una manutenzione semplicissima e a costi ridotti”. Inoltre, sono state create due versioni
per adattare al meglio le pompe per vuoto
R 5 alle molteplici esigenze del mercato. La
versione Aqua è specifica per ambienti umidi
e garantisce un’alta tolleranza al vapore acqueo. Può quindi essere impiegata nel confezionamento sottovuoto di prodotti alimentari
caldi, così come nell’estrusione della pasta
e in altri segmenti di mercato. La versione
Oxygen, invece, è dedicata a tutti i processi
industriali in cui si utilizzano alte percentuali
di ossigeno (superiori al 21%) e pertanto a
potenziale pericolo di esplosione. Tale rischio
si riscontra in particolare nel confezionamento con l’uso di gas protettivo, tecnica adottata
per gli insaccati. Questi prodotti, infatti, richiedono che la confezione sia prima svuotata
e poi riempita con gas quali anidride carbonica, azoto, ossigeno o con una miscela di
questi gas. “Per questo metodo, conosciuto
come ‘confezionamento in atmosfera modificata’ (Map), le pompe Oxygen sono ideali
perché sono progettate per gestire mix di gas
con concentrazioni anche superiori al 21% e
sono le prime a essere state certificate dal
Bam (Federal institute for materialis research
and testing)”.
Per aumentare la potenza di aspirazione,
le macchine termoformatrici di grandi dimensioni e con volumi elevati di confezionamento possono essere dotate, oltre che di una
pompa per vuoto R 5, anche di una pompa
per vuoto a lobi, comunemente chiamata Roots, nelle versioni Panda e Puma. “Si tratta
di pompe con alta portata e bassa pressione
di aspirazione, ideali da usare nei sistemi per
vuoto centralizzati e abbinate a una pompa
primaria. Non necessitano di lubrificazione,
olio o acqua, perché le parti rotanti non entrano in contatto fra di loro. Sono affidabili,
dotate di bypass, non hanno bisogno di manutenzione e sono fornite in diverse taglie
per realizzare sempre il miglior rapporto fra
potenza di aspirazione e consumi. Sono in
grado di lavorare in ogni posizione di installazione (orizzontale, verticale, diagonale)”.
Luigi Lionetti
CARATTERISTICHE TECNICHE
Pompe per vuoto
R 5 Aqua: taglie da 25 a 630 m³/h
R 5 Oxygen: 4 - 1600 m³/h (50 Hz); 4,8 - 1920 m³/h (60 Hz) e 0,1 - 20 hPa (mbar)
Pompe per vuoto a lobi (roots)
Panda: 265 - 4500 m³/h (50 Hz), 320 - 5400 m³/h (60 Hz), 53 hPa (mbar).
Puma: 250 - 9535 m³/h (50 Hz), 300 - 11600 m³/h (60 Hz), 50 hPa (mbar).
COVER STORY
GRUPPO BUSCH
Il Gruppo Busch, multinazionale tedesca che produce pompe e sistemi per vuoto, soffianti e compressori, nasce nel 1963 a Schopfheim (Germania), con
l’ideazione della prima pompa per il vuoto specifica
per il confezionamento alimentare. La volontà del
fondatore, Karl Busch, e di sua moglie Ayhan Busch è
quella di implementare e semplificare la tecnologia del
vuoto per renderla accessibile non solo ai costruttori
delle macchine per il confezionamento, ma anche agli
utilizzatori finali. Ancora oggi Karl Busch dirige l’head
quarter di Maulburg, in Germania, al confine con la
Svizzera. Una holding che raggruppa circa 2.600 dipendenti nel mondo e 57 società in 39 paesi. Leader
come partner delle industrie alimentari, produce tecnologie anche per l’industria della plastica, la chimica/
farmaceutica e per altri segmenti come quelli della
meccanica, elettronica, ceramica, oil&gas, semiconduttori, solare, stampa, legno ed energie rinnovabili.
BUSCH ITALIA
In Italia, Busch è presente dal 1987. Nel 2002 è stata inaugurata la nuova sede a Nova
Milanese (in provincia di Monza e Brianza) che si articola su circa 4mila m² di superficie,
suddivisi fra uffici e sito produttivo. L’azienda detiene circa il 10% del mercato italiano delle pompe e dei sistemi per il vuoto. Il 15% del volume totale di affari in Italia è costituito
dai sistemi per il vuoto personalizzati, progettati e realizzati interamente a Nova Milanese.
Busch Italia opera inoltre con la propria organizzazione commerciale, con un magazzino
di prodotti finiti (pompe e ricambi originali) e con attività di supporto tecnico, programmi
personalizzati di manutenzione e revisioni. Il 2013 della filiale italiana di Busch si è chiuso
con volumi di vendita che hanno superato gli 11 milioni di euro, in aumento di circa il 7%
rispetto al 2012.
V
Maggio 2014
L’eccellenza
tecnologica
Appuntamento a Parma, dal 28 al 31 ottobre,
con l’edizione 2014 di CibusTec., la manifestazione
organizzata da Fiere Parma e Ucima.
VI
Andrà in scena a Parma dal 28 al 31
ottobre 2014 la prossima edizione Cibus
Tec, il Salone internazionale delle tecnologie e soluzioni per l’industria alimentare, evento di riferimento in Italia per
l’innovazione tecnologica nel settore. La
manifestazione, organizzata da Fiere di
Parma e Ucima e destinata agli operatori
dell’industria food (top management, responsabili di produzione, direttori acquisti, ricerca e sviluppo), ha per protagonista la filiera completa delle tecnologie
alimentari – raccolta del prodotto, ingredienti e materie prime, processo, confezionamento, imballaggio, etichettatura,
gestione del fine linea, prodotti e attrezzature accessori, automazione industriale
– e si propone di offrire soluzioni complete per tutte le esigenze del comparto.
Nella scorsa edizione, quella del 2011,
sono stati oltre 26mila i visitatori professionali (+ 10% rispetto all’edizione precedente), tutti altamente qualificati, con
la presenza di tutte le principali funzioni decisionali delle aziende alimentari,
nonché di un 17,5% di operatori esteri,
provenienti da oltre 91 Paesi. Gli espositori sono stati complessivamente 775,
il 20% dei quali provenienti dell’estero.
Con questi risultati Cibus Tec ha potuto
confermarsi piattaforma esclusiva di settore, nell’ambito della quale sono state
proposte alcune tra le migliori tecnologie
e soluzioni per il miglioramento delle
performance nel campo della trasformazione e confezionamento alimentare.
Anche quest’anno efficienza produttiva, sicurezza alimentare e sostenibilità dei processi di produzione saranno,
come sempre, al centro della manifestazione. E non è tutto. Nel 2014 Cibus Tec
si arricchisce infatti di una nuova sezione
espositiva, Food Pack, dedicata alle migliori tecnologie per il confezionamento e
l’imballaggio dei prodotti alimentari.
Non solo esposizione fieristica, ma
piattaforma completa al servizio di tutti
gli operatori del settore, Cibus Tec - Food
Pack offrirà un ricco calendario di eventi
e appuntamenti tematici. Gli incontri saranno organizzati in collaborazione con
partner internazionali ed importanti associazioni con ampia esperienza nei mercati di riferimento per tutti i settori coinvolti nella manifestazione. Con in primis
pomodoro, carni, lavorazione del latte e
IV gamma, i comparti chiave dai quali è
partita la programmazione.
Tra gli eventi in programma il Tomato
Day e il prestigioso congresso internazionale dell’ Ehedg - European hygienic
engineering & design group. In rappresentanza della filiera a Cibus Tec - Food
Pack ci saranno, inoltre, alcune delle associazioni più importanti –tra cui Aipa,
Assocarni, Assolatte - che porteranno la
loro esperienza, offrendo ai visitatori la
possibilità di scoprire nei vari comparti
tutte le prospettive di crescita e le opportunità di sviluppo.
www.cibustec.it
A cura di Raffaella Cordera
FIERE & MANIFESTAZIONI
Anuga FoodTec
Ipack Ima
www.anugafoodtec.com
www.ipack-ima.it
Ferve l’attesa di espositori e buyer per la
prossima edizione di Ipack Ima, in scena dal
19 al 23 maggio 2015 nei padiglioni di Fieramilano. La fiera, tra le manifestazioni internazionali di maggior richiamo per i fornitori
di tecnologie e materiali per il processing
e il packaging, si presenterà nel 2015 con
un format completamente rinnovato. Per la
prima volta la fiera si svolgerà in contemporanea con le sue specializzate Meat-Tech,
dedicata all’industria delle carni, Fruitech
Innovation, focalizzata sull’innovazione tecnologica del mondo ortofrutticolo, e Dairytech, la nuova fiera sulle tecnologie e gli
ultimi sviluppi nel settore lattiero caseario.
A queste si aggiungeranno Converflex, per
le tecnologie di stampa su imballaggio e
di converting, e Grafitalia, rivolta al mondo
della stampa, della grafica e della comunicazione. Per la prima volta in Italia, grazie
a un importante accordo tra Ipack-Ima e
Deutsche Messe, sarà rappresentato anche
il settore delle tecnologie per la logistica e
la movimentazione industriale, con Intralo-
gistica Italia. La contemporaneità di queste
sette fiere internazionali, tra le più importanti di settore, oltre a garantire una perfetta
sinergia tra i comparti industriali, rappresenta decisamente un valore aggiunto per le
aziende e un evento unico nel suo genere,
in grado di attrarre oltre 2.500 espositori e
più di 100mila visitatori, grazie anche alla
concomitanza con Expo 2015.
Il successo di Ipack Ima – appuntamento
tra i più strategici per fruire di un panorama
di innovazioni, tendenze, scambi che sono
alla base dello sviluppo del settore e del business aziendale - è da sempre legato alla
capacità di attrazione di una fiera disegnata
sui mercati di destinazione, allo scopo di offrire una vera e propria finestra sugli scenari
futuri. E il network sviluppato da Ipack Ima
con associazioni e grandi istituzioni internazionali è in grado di assicurare una forte
affluenza di buyers dall’estero: 60% dall’Europa e 40% provenienti da altri 120 Paesi,
con un tasso di internazionalità in continua
crescita.
annapoorna-world of food
www.worldoffoodindia.com
Andrà in scena dal 24 al 26 settembre 2014 al Bombay Exhibition Centre di Bombay la nona
edizione di Annapoorna World of Food India, la kermesse organizzata da Koelnmesse YA Trade
Fair e dalla Federazione camera indiana di commercio e industria (Ficci). Si tratta dell’unica fiera
trade di rilevanza mondiale dedicata agli operatori del settore food & beverage ad andare in scena
nel subcontinente indiano e offre l’opportunità di sviluppare contatti business con realtà presenti
in India e territori vicini. L’edizione 2013 ha visto la partecipazione di 134 espositori, il 50,7% indiani e 49,3% esteri, con una presenza rilevante di Germania e Stati Uniti. Nel corso della tre giorni
è stata registrata la presenza di oltre 6mila visitatori, per il 25% operanti nel mondo del retail, la
maggior parte dei quali (circa 5.800) provenienti dalla regione indiana. Sono stati 192 i visitatori
stranieri, da 30 Paesi diversi.
International FoodTec Brasil
www.foodtecbrasil.com
Un concept unico, che rende protagonisti
tutti gli attori della filiera food, dal processing
al packaging fino alla distribuzione. Ma soprattutto un nuovo setting. Sono queste le
caratteristiche di International FoodTec Brasil, la
nuova fiera per l’industria food che debutterà
in Brasile dal 5 al 7 agosto 2014, organizzata
da Koelnmesse Group, grazie all’iniziativa e al
supporto di 18 fornitori di tecnologie di primo
piano a livello mondiale. La manifestazione si
svolgerà in Curitiba, regione che costituisce il
centro della lavorazione di carne in Brasile. Tra
i mercati emergenti di primo piano, secondo
maggiore produttore mondiale di carne e maggiore esportatore di pollame, il Brasile è luogo
ideale per ospitare la nuova piattaforma business internazionale dedicata ai settori di lavorazione dei generi alimentari e food packaging.
Obiettivo dichiarato della nuova manifestazione è diventare punto di incontro centrale per
l’industria alimentare, specialmente all’interno
dei settori carne, pesce e formaggi. Nonché futuro marketplace di riferimento per tutti coloro
che intendono presentare le proprie soluzioni
e i propri prodotti al pubblico di visitatori professionali provenienti dall’intero Sudamerica.
Il luogo dell’innovazione. E’ questo lo
slogan con cui si presenta Anuga FoodTec,
la manifestazione organizzata ogni tre
anni da Koelnmesse e Dlg, da sempre tra i
luoghi di incontro privilegiati per l’industria
mondiale food & beverage. Per la prossima edizione, in scena a Colonia dal 24 al
27 marzo 2015, si attendono oltre 43mila
visitatori trade provenienti da 130 Paesi,
pronti a trascorrere quattro intense giornate dedicate alle novità e agli ultimi sviluppi
dei settori e delle tecnologie che ruotano
intorno al mondo del food.
Oltre 1.300 espositori presenteranno soluzioni e idee innovative per i vari
comparti, dalla carne ai prodotti lattiero
caseari, dalle bevande ai surgelati. I settori food processing, food packaging, food
safety, food ingredients, services & solution saranno i principali protagonisti della
manifestazione, la cui importanza cruciale
si conferma anno dopo anno. Il bilancio
dell’ultima edizione di Anuga Food Tec,
quella del 2012, è stato oltremodo positivo, con un incremento del numero dei
visitatori pari al 25%, per un totale di oltre
42mila persone provenienti da 131 Paesi.
La percentuale dei visitatori provenienti
dall’estero, dal 16% della precedente edi-
zione, è salita al 58%, con una crescita significativa dei visitatori dell’Europa dell’Est
(Russia, Ucraina, Repubblica Ceca e Polonia in particolare).
SPS IPC Drives Italia
www.spsitalia.it
Tutto pronto per il quarto appuntamento con SPS IPC Drives Italia, che tornerà anche
quest’anno dal 20 al 22 maggio a Parma. Sorella della tedesca SPS IPC Drives, la manifestazione - fiera di riferimento per l’automazione elettrica in Italia - è organizzata da Messe
Frankfurt Italia, che riunisce fornitori e produttori del mondo dell’automazione industriale.
Fiera di soluzioni e non solo di prodotti, si caratterizza per la presenza di tutti i principali
fornitori di componenti e sistemi per l’automazione e per l’attenzione posta alle soluzioni
tecnologiche e alla loro divulgazione nei vari settori industriali. Agorà di confronto e di informazione, la manifestazione offre ai visitatori aree espositive dedicate alle università, ai
centri di ricerca, alle start-up e agli integratori di sistemi, risultando di particolare interesse
sia per i costruttori di macchine sia per gli utilizzatori finali.
Forte del successo ottenuto nel 2013 dalla terza edizione, che si è conclusa con una
crescita del 24% del numero dei visitatori, oltre 18mila, SPS IPC Drives Italia si prepara
a offrire di nuovo anche quest’announa proposta sempre più completa nel panorama
dell’automazione industriale, declinata in 14 categorie merceologiche. Il progetto di SPS
IPC Drives Italia trae linfa da un advisory panel composto da aziende di primissimo piano,
e da un comitato scientifico nel quale sono coinvolti i responsabili di automazione, gli
utilizzatori finali e i costruttori di macchine provenienti dalle maggiori realtà produttive
italiane.
PackEx India
www.packexindia.com
Dopo il bilancio positivo dell’edizione 2012, si rinnova l’appuntamento con PackEx India, salone
internazionale dedicato ai materiali
e tecnologie packaging che andrà
in scena dal 14 al 16 novembre
2014 al Bombay Exhibition Centre
di Mumbai, in India. La manifestazione, organizzata dalla Indian Pharma Machinery Manufacturer’s Association (IPMMA) in collaborazione
con Koelnmesse YA Tradefair, si
focalizzerà sugli ultimissimi trend di
innovazione e tecnologie nel settore
packaging, e presenterà ai visitatori
professionali tecnologie, prodotti e
servizi di alta qualità provenienti da
tutto il mondo. L’obiettivo è quello
di realizzare una vetrina che possa
rispondere a tutte le esigenze del
comparto packaging. Gli espositori
protagonisti della manifestazione
sono specializzati nella produzione
di imballaggi per i settori più diversi,
da food, bevande e prodotti lattiero
caseari ai cosmetici, dal comparto
farmaceutico al tessile.
La scorsa edizione di PackEx India
ha visto la partecipazione di oltre
11mila visitatori professionali, tra cui
il 38% operanti nel settore food, il
16% nel beverage e un altro 16%
nel comparto diary. Da segnalare
anche la presenza di visitatori esteri,
il 6%, provenienti da 45 Paesi.
VII
Maggio 2014
Valore aggiunto
e creatività
L’importanza del packaging nel business moderno.
Parla Massimo Luvié, professionista del settore, e titolare dell’omonimo studio.
Un tempo, il packaging rappresentava semplicemente la confezione di un prodotto, con
l’unica funzione di proteggere e conservare il
contenuto in modo funzionale. Oggi viene considerato come il biglietto da visita di un’azienda,
percepito come vetrina per attirare il consumatore. E’ innegabile, infatti, che anche il consumatore
più interessato alle caratteristiche intrinseche dei
prodotti possa venire attratto maggiormente da
un efficace impatto visivo. Perciò, per orientare
la scelta del cliente al momento dell’acquisto, il
packaging rappresenta un elemento fondamentale all’interno della strategia di marketing.
Non si tratta più di prendere in considerazione soltanto gli aspetti relativi alle dimensioni, alla
resistenza e flessibilità dei materiali, alle modalità
di apertura ed eventuale chiusura e alla possibilità di trasporto. Bisogna puntare all’efficacia comunicativa, all’innovazione e alla riconoscibilità,
senza dimenticare l’aspetto dell’ecosostenibilità.
Un argomento, questo, sempre più importante
in un mondo dominato da una contraddizione di
fondo: da un lato l’esigenza di ridurre gli sprechi
alimentari ricorrendo a confezioni monodose e
monoporzione, dall’altro l’urgenza di gestire lo
smaltimento di queste confezioni che, conseguentemente, sono in aumento esponenziale.
Per le aziende, quindi, diventa importante affidarsi a partner e fornitori che sappiano proporre soluzioni innovative, per trasmettere i valori
del marchio e le qualità del prodotto attraverso
packaging originali e accattivanti.
Massimo Luvié, titolare dello Studio Luvié di
Milano e professionista nel campo creativo, ci
racconta le sue esperienze in merito. “La mia
realtà è attiva dagli Anni ’80. All’inizio un piccolo
studio in un’ex latteria, poi l’occasione di lavorare
per i rally del circuito internazionale, che ci ha fatto crescere e conoscere nuovi settori. Quello del
packaging è uno dei campi nel quale trovo più
soddisfazione a lavorare: la confezione è l’imma-
gine di un prodotto che deve rappresentare sé
stesso e la propria personalità. In questo campo,
i casi più significativi da citare per noi sono l’ideazione dell’immagine di prodotto della Cantina
Sociale di Torrazza Coste e Codevilla (Torrevilla),
che produce vini nell’Oltrepo Pavese e, più recentemente, lo studio di packaging per alcuni
marchi privati della grande distribuzione (Gruppo
Lombardini e Picard Surgelati)”. Per ogni prodotto è necessario studiare una comunicazione ad
hoc, prosegue Luvié: “Un’etichetta di vino, ad
esempio, è un piccolo spazio che però fa una
grande differenza: tutto dev’essere calibrato al
millimetro, non ci sono possibilità di fughe creative, la banalità è in agguato. Una volta presi tutti gli
elementi necessari a termini di legge, quelli utili
all’immagine aziendale e quelli descrittivi del prodotto, è sempre difficile uscirne con qualcosa di
veramente unico. Nel caso di Torrevilla, avevamo
a che fare con tantissimi vini, troppi per differenziarli tra loro, mantenendo in modo predominante l’immagine della cooperativa dei viticoltori. La
soluzione è stata quella di usare soltanto lettering
nero su un fondo paglierino, semplificando il logo
e riportando tutte le informazioni con gli stessi
caratteri e gli stessi corpi, variando per ogni vino
solo il tipo di composizione, vagamente futurista.
Sembrava matematica, solo scritta in modo creativo”. Gli elementi da tenere in considerazione,
quindi, sono molteplici. “Molto importante è il
target. Qualsiasi cosa si faccia deve andar bene
per qualcuno. Ma se questo qualcuno fossero
uomini tra i 30 e i 45 anni, con reddito medio
e che vivono da soli, significherebbe automaticamente sapere cosa piace loro e indovinare
l’immagine da adottare? Il marketing è una cosa
fantastica, ma mi guarderei bene dal farne una
scienza esatta, prima di ritrovarci tutti con un bersaglio (target) sulla schiena. Comunque sia, dal
mio punto di vista le idee vengono pensando al
prodotto stesso, alle sue qualità”.
Questo discorso vale anche e soprattutto per
il packaging. “Effettivamente si può innovare e
sviluppare tanta creatività. Però a me sembra che
la produzione industriale e la grande distribuzione stiano da una parte limitando queste possibilità, dall’altra perdendo occasioni in termini di
sostenibilità. Ad esempio, le confezioni dei fagioli
cannellini sono tutte identiche: stesso barattolino
di alluminio con lo stesso coperchio a strappo.
Alcune sono prodotte proprio nello stesso stabilimento, quindi, probabilmente, lo studio del barattolo sarà stato fatto da qualche ingegnere o industrial designer della ditta che produce i barattoli
stessi. Mentre chi si è occupato dell’immagine di
brand e prodotto ha avuto a disposizione solo la
fascetta di carta che gira attorno al barattolo. E se
un designer si inventasse un packaging a forma
di baccello, in un materiale che scompare sciacquandolo in acqua fredda? Non saprebbe a chi
proporlo, perché chi gli chiede il packaging dei
fagioli ‘deve per forza’ sottostare alla filiera produttiva. A me è capitato di vestire pizze surgelate,
gamberi, gelati, cibo per animali, olio e medicinali
sempre in questo modo. Per andare da un produttore e farsi fare dei fagioli cannellini ‘alternativi’,
bisognerebbe crederci tanto e investire di conseguenza: e chi lo fa? Una volta, chiacchierando
con un imprenditore della grande distribuzione,
ho lanciato l’idea di una linea di prodotti a marchio privato da confezionare tutti nello stesso tipo
di contenitore: o tutto alluminio o tutto vetro, con
una stampigliatura di colore diverso a seconda
dei generi merceologici, con la possibilità del ritiro del materiale, e conseguente trattamento e
riuso, presso i punti vendita. Se compri i prodotti
a marchio ‘tal dei tali’ nei rispettivi negozi ‘tal dei
tali’ puoi anche smaltire il packaging nei negozi
stessi, dove verrebbe poi rigenerato. Era una provocazione, forse un’utopia, comunque talmente
lontana dalla realtà quotidiana di un imprenditore
di quel settore da passare totalmente inascoltata.
ATTUALITà
Massimo Luvié
Il fatto è che nessuno considera che molto spesso il prodotto stesso viene associato all’immagine
di esso: io, ad esempio, sono stato colpito, molti
anni fa, da un packaging per le sardine sotto sale
fatto solo di sale. E ancora oggi me ne ricordo”.
Anche per quanto riguarda l’aspetto della sostenibilità ambientale si potrebbe fare di più: “La
prima macchina per il caffè che avevamo in ufficio utilizzava una striscia (con una serie di 50
rigonfiamenti che contenevano il caffè) realizzata
in materiale completamente riciclabile: una volta
esaurite le porzioni, veniva tutto gettato nell’umido. Purtroppo, dopo poco tempo, l’azienda ha
sostituito le macchine con quelle ‘più moderne’ che utilizzano le attuali cialde, dall’ingestibile
smaltimento, che tutti conosciamo. Probabilmente, se questo sistema venisse rispolverato, sembrerebbe una vera innovazione, un prodotto da
premio Nobel”.
Un altro elemento importante è l’aspetto multimediale. “I social network, i siti dedicati a qualche prodotto e i Qr code per raggiungerli sono
senz’altro strumenti utili e interessanti. Vanno trattati però come mezzi (media), appunto, non di
per sé come finalità. ‘Seguici su facebook’ scritto
in un angolo solo ‘perché ci vuole’, non credo
possa produrre risultati concreti, a meno che su
quella pagina facebook non ci sia qualcosa di veramente sorprendente. Il mio approccio attuale è
quello di studiare la materia e applicarla quando
serve. Ma questo si è sempre fatto, il nostro non
è mai stato un mestiere da tradizionalisti, solo
che ora tutto cambia più velocemente. Diventa
anche tutto più facile e possibile, basta usare gli
strumenti nel modo giusto. La comunicazione,
la grafica, il design, il packaging stesso hanno
bisogno di tante conoscenze di cui tener conto
al momento opportuno. L’uso degli strumenti digitali richiede solo conoscenze in più: alcune si
riveleranno presto inutili, altre ne sostituiranno di
più obsolete. Tutto qui”.
CMT: arriva la nuova serie di filatrici a vapore Discovery Plus
X
Si chiama Discovery Plus la nuova serie di filatrici a vapore realizzata dalla società CMT (Costruzioni Meccaniche e Tecnologia) situata a San Lorenzo di Peveragno in provincia di Cuneo, e
attiva dal 1970 al servizio dell’industria lattiero casearia. La serie Discovery Plus - disponibile diversi
modelli per produzioni da 500 a 6.000 Kg/h, offre alcuni importanti vantaggi, tra i quali figurano
la lavorazione di cagliate fresche e commerciali di qualsiasi provenienza o miscele delle stesse, la
possibilità di lavorare con acqua e vapore, con riciclo del latticello oppure senza riciclo, il tutto per
un aumento considerevole della resa da +0,5% a +3% (in funzione dell’umidità del prodotto in
ingresso e dell’umidità finale desiderata). Ma ecco più in dettaglio le peculiarità della gamma. Le
nuove filatrici a vapore serie Discovery Plus possono lavorare in manuale o in automatico, con ricette pre-impostate, filare cagliate sia tenere che dure (umidità prodotto dal 47% al 65%).
La filatura a bracci tuffanti, per stiramento e senza compressione delle fibre, permette di ottenere
un prodotto strutturato e con fibra molto allungata. Pertanto, consente un maggiore assorbimento
e trattenimento dell’acqua con conseguente aumento della resa e maggiore shelf-life. Nel caso di
produzione di pizza-cheese la struttura a fibra
lunga consente di cubettare in linea il prodotto con un’umidità superiore a quella ottenibile
con altre tecnologie. Inoltre, grazie ai bracci
tuffanti si ottiene una perfetta e omogenea miscelazione fra cagliate fresche e cagliate
commerciali, anche con pH diversi, evitando la formazione di striature di colori
diversi nel prodotto finale. Il riscaldamento della cagliata è frutto della condensazione del vapore. Di
conseguenza, si ottiene una filatura più omogenea e regolare. La pasta filata contiene tutto il grasso
e la proteina presenti nella cagliata da filare ottenendo così massima resa. La filatura della cagliata
può anche avvenire senza scarto di latticello, quindi tutto il sale immesso nelle vasche d’impasto
viene assorbito dalla pasta, consentendo una salatura continua e costante del prodotto. La pasta in
filatura rimane a temperatura di circa 63° per un tempo minimo di oltre dieci minuti, per questo si
pastorizza e aumenta la durata del prodotto.
E ancora: le filatrici Discovery Plus consentono un recupero energetico totale del 30% circa non
essendoci scarico di sottoprodotti, quali latticello o acqua di filatura. Giova evidenziare che tutto il
vapore addizionato viene conglobato nel prodotto finito. Di conseguenza si risparmiano i costi di
recupero, scrematura, raffreddamento e smaltimento dei reflui. Tutte le superfici a contatto con
il prodotto non sono più teflonate ma trattate con il nuovo trattamento antiaderente Vulcan, (un
brevetto CMT). Proprio questo trattamento, a differenza del teflon che deve essere ripristinato a scadenze temporali determinate dalle condizioni di uso,
ha una vita pressoché illimitata, non trattandosi di una
ricopertura ma di un’azione meccanico-chimica sulla
superficie. Da segnalare, infine, che le filatrici continue
a vapore Discovery Plus sono disponibili anche nella
versione ‘Top Plus’, connotata da una qualità ancora
superiore, con display da 10 pollici, regolazione automatica portata acqua impasti e altre peculiarità ancora.
Maggio 2014
Med Food: oltre
la refrigerazione
FOCUS ON
L’azienda di Cento, in provincia di Ferrara, propone espositori dal design unico, versatili e leggeri. Facilmente collocabili
negli store, sono personalizzabili e attenti all’ambiente. Veri e propri display a supporto del marketing e delle vendite.
Med Food è nata nel 1995 come ufficio commerciale
in Italia dell’azienda belga DRU (Display Refrigerator Unit),
capofila nella produzione di espositori refrigerati dal design
unico, versatili e leggeri, facilmente collocabili nei punti
vendita, personalizzabili e attenti all’ambiente”, spiega a
Formaggi & Tecnologie Marilena Maioli, amministratore
dell’azienda.
Nel corso degli anni, MedFood, che ha sede
a Cento, in provincia di Ferrara, ha ampliato e arricchito
la gamma di prodotti e servizi offerti ai propri clienti fino
a sviluppare un network di oltre 150 tecnici frigoristi presenti sull’intero territorio nazionale in grado di intervenire
tempestivamente sui punti vendita.
L’attività di Med Food
consiste nell’intera gestione e manutenzione della flotta
di vetrine refrigerate di proprietà del cliente. E nell’offerta
di un noleggio a breve o lungo periodo, che permette
alle principali aziende agroalimentari, operanti sia nella
Grande distribuzione organizzata che nel normal trade di
svincolarsi completamente dalle preoccupazioni relative
alla gestione di tali strumenti di vendita e di concentrarsi
sul proprio core business. Con notevoli vantaggi, a parità
di investimento, in termini di recupero di risorse interne,
nonché di fatturato e benefici sia finanziari che fiscali.
“Grazie al magazzino di stoccaggio e a un efficiente
centro assistenza, dotato di un rifornito magazzino ricambi, Med Food è dunque una vera propria società di servizi,
che sono stati raffinati e migliorati nel tempo”, sottolinea
Marilena Maioli. “Ai nostri partner proponiamo un prodotto
su misura e personalizzato, che tiene in considerazione
le esigenze del cliente, riferite anche al punto vendita, e
la sua destinazione. Forniamo stampa e applicazione grafiche e servizi di movimentazione, disimballaggio, smaltimento finale sino all’attività di merchandising in store”.
Med Food è alla continua ricerca di innovazione, con
particolare attenzione alla riduzione dei consumi e al miglioramento dell’impatto ambientale, rinnovando la pro-
pria offerta con nuovi modelli e ampliando la capacità di
personalizzazione dei processi e dei servizi. Mercato di
riferimento è quello nazionale ma stanno arrivando anche i primi contatti dall’estero, Svizzera e Paesi dell’Est in
particolare.
“Nell’ultimo periodo stiamo intensificando le
collaborazioni con il settore dell’ortofrutta”, spiega l’amministratore di Med Food. “Non solo quarta gamma e macedonie, ma anche smoothies, spremute, frutta fresca e
piccoli frutti. Abbiamo già progettato diverse realizzazioni
ad hoc per grandi aziende del settore, conosciute e attive
a livello internazionale”.
Conclude Marilena Maioli: “Con i nostri clienti non parliamo mai di frigoriferi, ma di display a supporto di marketing e vendite. Il nostro interlocutore infatti è il product
manager o il responsabile marketing o vendite. Secondo
una rilevazione Nielsen condotta in 13 punti vendita della
Gd, che ha riguardato un periodo di 12 settimane, se un
prodotto viene posto in un nostro espositore personalizzato, il rapporto di vendita passa, in modo forse prevedibile,
da 1 a 7. Ma meno scontato è che, nel momento in cui
il prodotto torna sullo scaffale, il rapporto resti di 1 a 3.
Questo significa fare la differenza”.
Maggio 2014
Export: una speranza
per il futuro
trend
Il settore delle macchine alimentari si conferma fortemente influenzato
dagli scambi internazionali. Che scandiscono i ritmi produttivi delle aziende italiane.
La produzione della meccanica manifatturiera italiana arranca. Ma l’export, che si è
attestato nel 2013 intorno ai 24 miliardi di
euro, lascia spazio alle speranze.
Le esportazioni di macchinari made in
Italy si confermano in costante crescita sia
nel 2013 (+1,2%) che in questi primi mesi
del 2014 (+1,5%), per una quota export/
fatturato del 58% (fonte: elaborazione dati
Ufficio Studi Anima su rilevazioni Istat genset 2013).
“Gli scambi con l’estero trainano e dettano i ritmi produttivi all’interno delle nostre
aziende. Solo quest’anno abbiamo riscontrato un picco di domande di prodotti italiani da parte dell’Australia (+107%) e della
Federazione Russa (+30%)”, ha dichiarato
Sandro Bonomi, presidente di Anima, Federazione delle associazioni nazionali dell’industria meccanica varia ed affine. “Rimane
la preoccupazione scottante di un mercato
domestico ormai agonizzante. Non possiamo accettare che le nostre tecnologie, richieste in tutto il mondo, non trovino adeguato spazio in casa propria”.
A conferma che l’export è il volano della
meccanica italiana, ogni macrosettore presenta un incremento delle esportazioni nel
2013 e delle previsioni 2014: in particolare, l’alimentare è cresciuto dello 0,3% lo
scorso anno e crescerà dell’1,3% nell’anno
corrente.
Il comparto delle macchine per le lavorazioni di alimenti rappresenta una realtà
produttiva fra le più solide e vitali del nostro Paese che, grazie all’elevato volume di
esportazioni, colloca l’Italia ai primi posti nel
mondo. Il costante confronto con i mercati
esteri e la possibilità di attingere al grande
patrimonio agroalimentare italiano, hanno
fatto sì che l’industria di settore trovasse
grande stimolo nella realizzazione di macchine in grado di coniugare il rispetto della
tradizione con processi produttivi tecnologicamente avanzati.
Secondo l’Ufficio Meccanica, Chimica,
Energia, Ambiente di Ice, all’interno del
macrosettore alimentare si sono tuttavia
rilevate, fra il 2012 e il 2013, consistenti differenze di trend delle produzioni che
compongono l’offerta italiana. Determinante rimane in ogni caso l’export, che continua
ad avere un peso preponderante nel dato
di produzione totale: la quota export/fatturato, seppure in contrazione, è tuttora molto
elevata per il comparto alimentare nel suo
insieme.
Macchine per la lavorazione delle carni
Le esportazioni totali delle macchine per
la lavorazione delle carni è in forte controtendenza. Ha registrato nel 2013 una
contrazione in termini di valore pari all’8%.
Particolarmente pesante è stato il calo delle vendite sul mercato russo, che nel 2012
era il primo paese di destinazione del nostro export, e su quello francese, anch’esso
tradizionalmente ai primi posti in questa
graduatoria. Un incremento degli scambi si
è invece registrato verso Stati Uniti e Germania, che hanno mostrato un maggiore
apprezzamento verso le tecnologie italiane
(vedi tabella 1).
Attrezzature per l’industria lattiero casearia
Tabella 1
Export macchine per la lavorazione delle carni
Paese
XII
Export 2013
(milioni di Euro)
Quota sul totale
(%)
Stati Uniti
14,9
13,3
Francia
9,5
8,4
Germania
5,7
5,1
Spagna
5,1
4,5
Russia
4,6
4,1
TOTALE MONDO
112,5
100,0
Fonte: Ufficio Studi ICE
Variazione
sul 2012 (%)
+6,6
-21,8
+36,8
-24,3
-70,6
-8,0
La ricettività dei mercati esteri nei confronti delle macchine per l’industria lattiero
casearia presenta forti variazioni su base
annua, causate sia da dinamiche interne ai
mercati stessi, sia dagli orientamenti delle
multinazionali del settore, i cui investimenti
indirizzano una parte consistente della domanda di attrezzature. Sul medio periodo
sono tuttavia riconoscibili alcune tendenze
di fondo, con l’area dell’ex-Unione sovietica
e i partner storici europei che accolgono le
quote più rilevanti del nostro export, seguiti
da vicino dagli Stati Uniti (vedi tabella 2).
L’industria per il confezionamento e
l’imballaggio
Anche il giro d’affari realizzato dalle realtà
che producono macchine per il confezionamento e l’imballaggio è fortemente condizionato dagli scambi con l’estero.
Secondo i pre-consuntivi raccolti dal Centro studi Ucima (Unione costruttori italiani
di macchine automatiche per il confezionamento e l’imballaggio), il fatturato del settore è infatti realizzato per l’82,9% sui mercati internazionali (4.557 milioni di euro), e
soltanto il 17,1% proviene dalle vendite sul
mercato italiano (941 milioni di euro).
Il settore è costituito da circa 630 aziende, genera un volume di fatturato di 5.499
milioni di euro e occupa oltre 26mila addetti.
L’analisi del comparto per classe di fatturato evidenzia una netta preponderanza di
aziende di piccole dimensioni che contribuiscono però al fatturato di settore solamente
per l’8,8%. Sono invece il 5,4% le aziende
con fatturato superiore a 25 milioni di euro,
che rappresentano la quota più significativa (63,5%) del volume complessivo della
produzione. La maggior parte delle aziende
è localizzata in Emilia Romagna, seguita da
Lombardia, Veneto e Piemonte. L’Emilia Romagna si conferma al primo posto anche
per quel che riguarda la quota sul fatturato
di settore e sugli addetti totali.
Il settore italiano dei costruttori di macchine per il packaging, invece, si conferma
in ottima salute. Secondo i pre-consuntivi
raccolti dal Centro Studi Ucima, il 2012 si è
chiuso con un’ulteriore crescita del giro d’affari. Il fatturato di settore ha raggiunto i 4,5
miliardi di euro, in crescita del 4,7% rispetto
ai già ottimi risultati del 2011.
Determinanti, nel raggiungimento di questi importanti risultati, le esportazioni, che
rappresentano ormai oltre il 90% del giro
d’affari complessivo. In valore assoluto l’export si è assestato sui 4 miliardi di euro, con
una crescita del 5,1% sul 2011.
L’Europa si è confermata la prima area di
destinazione, assorbendo il 35,6% dell’export totale e in crescita del 9,8%. In calo
del 3,9% invece le esportazioni italiane nel
continente asiatico, compensate però dalle
ottime performance in Nord (+10,7%) e
Centro Sud (+12,4%) America.
Buono l’andamento del mercato domestico che, nonostante la stagnazione dell’economia nazionale, ha registrato un giro d’affari di 455 milioni di euro (+1,1%). Al di là
del risultato economico, l’Italia rappresenta
un mercato molto importante per i costruttori italiani di macchine per il packaging in
quanto altamente evoluto nella richiesta di
soluzioni tecnologiche d’avanguardia.
Tabella 2
Export Macchine per l’industria lattiero casearia
Paese
Export 2011-2013
(milioni di Euro)
Quota sul totale
(%)
Bielorussia
24,2
13,4
Francia
13,8
7,6
Russia
13,6
7,5
Germania
7,8
4,4
Stati Uniti
7,3
4,1
TOTALE MONDO
180,1
100,0
Variazione
2012-2013 (%)
-61,8
+3,1
+93,3
-30,9
+6,7
+26,9
NEWS
Maggio 2014
Sealed Air nella classifica
Most Admired di Fortune
Anima: meccanica
ancora negativa nel 2013
Ipack-Ima organizza
Pack Expo
Sealed Air, produttore di un’ampia gamma di materiali
e sistemi di confezionamento per prodotti alimentari, ha
ottenuto il primo posto nella propria categoria nell’ambito
dell’inchiesta annuale Most Admired della rivista Fortune.
L’azienda si classifica prima fra 12 società del settore del
packaging e dei container e occupa il primo posto nelle
sei categorie di base: innovazione, gestione delle risorse
umane, responsabilità sociale, controllo qualità, qualità
dei prodotti e competitività
globale. “Questo riconoscimento del mondo dell’industria e degli analisti del
settore sancisce l’impegno
dei nostri 25mila dipendenti
nel dare nuovo impulso alle
nostre attività e ai progressi che abbiamo compiuto, passando in un solo anno dal quinto al primo posto”, ha affermato Jerome A. Peribere, presidente e ceo della società.
La classifica Most Admired di Fortune si basa sulle valutazioni espresse da 3.900 fra dirigenti d’azienda, direttori
e analisti che prendono in esame le attività di circa 700
società di tutto il mondo.
La produzione della meccanica italiana arranca e chiude
il 2013 con segno negativo (-1,1%), pari a un fatturato di
39,8 miliardi di euro. Il decremento viene quasi completamente recuperato nell’anno in corso, secondo le previsioni
2014 (+1%), accostandosi ai livelli 2012. In costante crescita
l’export sia nel 2013 (+1,2%) che nel 2014 (+1,5%), che
sale a una quota export/fatturato del 58%. Le esportazioni,
che si attestano intorno ai 24 miliardi di euro, sono l’ancora di salvezza della meccanica manifatturiera italiana. Anche
gli investimenti non registrano decrementi ma una lieve e
costante crescita (+0,2%), sia come consuntivo 2013 che
come previsioni 2014. Il dato occupazionale non offre ancora
segnali positivi né nel 2013 (-0,3%) né nel 2014 (-0,2%).
“Le imprese della meccanica testimoniano un indebolimento della produzione nel 2013 e, di conseguenza, una
perdita di manodopera eccellente, tanto che gli addetti in un
anno sono diminuiti, a livello complessivo, di altre mille unità”
– ha dichiarato Sandro Bonomi, presidente di Anima – “Le
esportazioni trainano e dettano i ritmi produttivi all’interno
delle nostre aziende. Quest’anno abbiamo riscontrato un picco di domande di italianità da parte dell’Australia (+107%) e
della Federazione Russa (+30%). Rimane la preoccupazione
scottante di un mercato domestico ormai agonizzante. Non
possiamo accettare che le nostre tecnologie, richieste in tutto
il mondo, non trovino adeguato spazio in casa propria”.
L’andamento dei sei macrosettori, che costituiscono il comparto della meccanica, testimonia una difficoltà ancorata nella
produzione a livello di consuntivo 2013: macchine e impianti
per l’energia e montaggio impianti industriali (-1,9%), logistica e movimentazione delle merci (+0,3%), tecnologie alimentari (0%), tecnologie e prodotti per l’industria (-2,7%),
impianti, macchine e prodotti per l’edilizia (-0,5%), macchine
e impianti per la sicurezza dell’uomo e dell’ambiente (-0,9%).
Le previsioni 2014, per i livelli produttivi, riportano respiro
al comparto alimentare (+0,4%), che per quanto concerne
l’export presenta un incremento delle esportazioni nelle previsioni 2014 dello +0,3%.
Dal mese di aprile, Ipack-Ima spa è rappresentante esclusivo per l’Italia dell’intera famiglia di mostre di settore Pack
Expo organizzate da Pmmi, l’associazione americana degli
industriali produttori di macchine per il processo e il confezionamento. La prima manifestazione in calendario, Expo
Pack Mexico, è già al completo e ora è in pieno svolgimento
l’organizzazione dell’appuntamento di Chicago, Pack Expo International, fiera di riferimento per il settore del processing,
packaging e converting che nell’ultima edizione ha visto più di
48mila visitatori provenienti da Stati Uniti, Nord America e altri 130 paesi e una superficie netta occupata di circa 100mila
mq. In concomitanza con Pack Expo International avrà luogo
Pharma Expo, il nuovo evento nato dalla collaborazione tra
Pmmi e Ispe - International Society for Pharmaceutical Engineering - che mette in contatto il mercato farmaceutico, nutraceutico, dei dispositivi medici e dell’igiene personale, con
i fornitori di tecnologie per il packaging e il processo, il tutto
arricchito da un fitto programma di conferenze e seminari
di prim’ordine. Gli eventi si svolgeranno presso il McCormik
Place di Chicago dal 2 al 5 novembre 2014.
Azerbaijan: in mostra a maggio
food e industria agroalimentare
Dal 22 al 24 maggio 2014 si svolgerà presso l’Expo Centre di Baku in Azerbaigian l’ottava edizione della fiera internazionale dell’agricoltura Agrihort e la ventesima edizione
della fiera internazionale sull’industria alimentare Worldfood
Azerbaijan, che prevedono la partecipazione di circa 300
aziende locali e straniere. Agrihort propone una vasto catalogo di temi espositivi: macchine agricole, impianti per produzioni alimentari e fertilizzanti. Worldfood Azerbaijan è invece
interamente incentrata su prodotti e preparazioni alimentari.
Interpack 2014: in scena
a Düsseldorf dall’8 al 14 maggio
Si terrà dall’8 al 14 maggio 2014, presso il comprensorio
fieristico di Düsseldorf in Germania, la prossima edizione di
Interpack, manifestazione dedicata agli imballaggi. La fiera è
un punto di riferimento per l’industria del packaging e per
tutte le tecnologie di processo correlate. 2.700 espositori
provenienti da oltre 60 paesi presenteranno le loro ultime
idee, per innovare concetti e visioni tecnologiche non solo in
tema di macchinari e attrezzature per il confezionamento e la
lavorazione, ma anche in strumenti di produzione di materiali
di imballaggio e servizi per l’intero settore. In particolare la
fiera ospiterà aziende che si occupano del confezionamento
di prodotti alimentari e bevande, prodotti farmaceutici e cosmetici, beni di consumo (non alimentari) e beni industriali.
XIII
Maggio 2014
CAD PROJECT
www.cadproject.it
Nome della macchina
Itdx, porzionatrice a peso fisso e taglio a lama ad ultrasuoni.
Tipologia formaggi a cui è destinata l’attrezzatura
Formaggi a pasta morbida e semidura.
Punti di forza del prodotto
L’impianto è stato progettato e costruito per il taglio in automatico dei formaggi a pasta morbida e a pasta semidura. Tramite pannello operatore si
impostano tutti i dati di produzione. Le forme caricate sul nastro trasportatore, traslano fino alla postazione di centratura e pesatura: alcune fotocellule
misurano le dimensioni del prodotto ed inviano i dati al Plc. Un gruppo
automatico di taglio ad ultrasuoni provvede a porzionare la forma in pezzi a
peso fisso o a peso variabile.
Semplicità di utilizzo, sanificazione ed elevata produzione – 60 porzioni al
minuto – costituiscono il punto di forza dell’impianto.
Specifiche tecniche
Materiale di costruzione: Inox Aisi 304/316. Funzionamento: elettrico-pneumatico. Dimensioni d’ingombro: 3500 x 1300 x H 1800 mm circa.
Caseartecnica Bartoli
www.caseartecnica.it
Nome della macchina
Rock 23, porzionatrice automatica a peso fisso.
Tipologia formaggi a cui è destinata l’attrezzatura
Forme e mezze forme di formaggi.
Punti di forza del prodotto
Porzionatrice automatica a peso fisso, ideale per tagliare le
forme di formaggio in pezzi prefissati. Tra le caratteristiche principali: le dimensioni ridotte, la lavorazione sia di fette, sia di
mezze forme, la pesatura automatica integrata.
Specifiche tecniche
Dimensioni ridotte (mm 800x1500xh2200); pesatura automatica integrata; tavolo ribaltabile di appoggio, con elemento amovibile multiplo per raccolta pezzi tagliati; ciclo di funzionamento completamente automatico a portello chiuso, senza necessità di operatore;
taglio programmabile a peso fisso oppure a numero; ricette multiple
per vari tipi di prodotto e taglio; opzioni di caricamento
laterale automatico e di taglio a roccia.
RIVAC
www.rivac.it
XIV
Nome della macchina
Vac100U.
Punti di forza del prodotto
Confezionatrice sottovuoto a campana per grandi derrate alimentari. Il modello VAC100U è caratterizzato da una grande
vasca e una grande campana che si accoppiano
formando un enorme camera per vuoto adatta
a contenere molte buste di piccole dimensioni
oppure grandi derrate alimentari. Le tre barre
saldanti sono disposte a “U” permettono di confezionare numerose buste in un unico ciclo o
singole pezzature di carne. Si adatta alle esigenze di caseifici, salumifici e impianti di macello.
Specifiche tecniche
Larghezza macchina 1.500 mm, profondità 850
mm + maniglia 80 mm, altezza 1.190 mm.
Larghezza utile camera vuoto 1.370 mm, profondità 710 mm, altezza 370 mm = 120 mm
+ 250 mm. Barre saldanti a “U” 1.325 mm frontale + 2 x 640 mm parallele.
Pompa vuoto 300 Mc/h, alimentazione elettrica 380-400 V 3ph+N 50/60
Hz, potenza assorbita: 6.800 W. Peso 378 Kg.
ACS
www.acs.re.it
Nome della macchina
LT32 Macchina pulitrice e rivoltatrice automatica per forme di formaggio (doppia pinza).
Tipologia formaggi a cui è destinata
l’attrezzatura
Forme di formaggio a pasta dura tipo
Parmigiano reggiano e Grana padano.
Punti di forza del prodotto
Macchina a doppia pinza LT32 per la pulitura e rivoltatura delle forme di formaggio a pasta dura, con movimento telescopico a tre sfili. E’ dotata di un sistema
brevettato per la presa delle forme che
assicura una lavorazione delicata del formaggio fresco.
La macchina viene posizionata al centro
della corsia e può lavorare automatica-
mente senza nessuna modifica meccanica, operando indifferentemente sia
sulla scalera di destra che di sinistra. Ha
vari programmi automatici di lavorazione, selezionabili da tastiera, compresa
l’esclusione di una testa, l’inserimento o
meno della pulitura tavola, l’impostazione del tempo di spazzolatura.
La capacità produttiva con operazione
di pulitura e rivoltatura forma è di 140
forme/ora.
Per la sola operazione di rivoltatura forma la produzione è di 320 forme/ora.
Specifiche tecniche
Peso 2.100 Kg, avanzamento automatico, struttura telescopica a tre sfili per un
ridotto ingombro in altezza. Alimentazione: corrente alternata 400V.
GELMINI
www.gelminimacchine.com
Nome della macchina
Cubettatrice blocchetti Auriga.
Tipologia formaggi a cui è destinata l’attrezzatura
Formaggio a pasta dura tipo “grana”.
Punti di forza del prodotto
La macchina è indicata per produrre blocchetti o cubetti
di formaggio partendo da listelli.
Prezzo contenuto, precisione di taglio, versatilità, produttività e semplificazione per la fase successiva di confezionamento rappresentano i plus del prodotto.
Specifiche tecniche
Alimentazione elettrica: 380 Volt trifase; potenza installa-
ta: 3 Kw; misure d’ingombro (in mm): 2.200 (lunghezza)
x 1.400 (larghezza) x 1.500h; altezza massima listelli in
ingresso: 60 mm; larghezza massima listelli in ingresso:
200 mm; produzione massima: 60 tagli al minuto (con
blocchetti di 40 mm partendo da listelli lunghi 400 mm).
KRUPPS
www.krupps.it
Nome della macchina
Nuova linea Full.
Punti di forza del prodotto
Le nuove lavabicchieri con cesto 40x40 vanno ad arricchire la linea Full, appositamente
studiata per le esigenze della ristorazione.
Grazie al controllo elettronico EWC System
con Energy Saving e consolle Touch, che consente di programmare fino a quattro cicli di lavaggio differenziati a seconda della tipologia di
stoviglie, è possibile visualizzare più facilmente
tutte le informazioni necessarie in qualsiasi momento
del ciclo.
Predisposte di serie con ricambio parziale/totale di ac-
qua pulita a ogni ciclo di lavaggio, le
lavabicchieri Full possono inoltre essere fornite di addolcitore automatico
incorporato per ovviare a spiacevoli
incrostazioni o, in alternativa, di break
tank per un risciacquo a temperatura e pressione idrica costanti. Infine, come equipaggiamento standard, sono dotate di filtro vasca
integrale e girante di lavaggio e risciacquo
separate con getti stampati.
Specifiche tecniche
Dimensioni 47 X 55, 5 X 70h cm. Cicli di lavaggio
90/120/150/180 sec.
MICVAC
www.micvac.com
Nome della macchina
Metodo Micvac.
Punti di forza del prodotto
Sistema di cottura e pastorizzazione a microonde, adatto per la conservazione di piatti pronti freschi. Raffreddandosi la confezione va in sottovuoto automaticamente.
Gli alimenti sono inseriti in vaschette su misura ad apertura facilitata con valvola espulsione vapore brevettata,
che indica l’apertura (fine ciclo) con segnale acustico.
Il cliente finale riscalderà così il piatto nel forno di casa
finché la valvola fischiando lo avviserà che è pronto.
Questo metodo consente di conservare i cibi per trenta
giorni in banco frigo senza l’utilizzo di alcun conservante, mantenendo caratteristiche organolettiche eccellenti
e il massimo contenuto vitaminico grazie al rapido trat-
tamento termico.
Specifiche tecniche
Tunnel microonde da 36 a 108 kW. Confezioni (valvola
+ film + vaschetta) da 150 grammi a un Kg.
schede prodotto
MULTIVAC
www.multivac.com
Sacco
www.saccosrl.it
Nome della macchina
Multivac T 600.
Tipologia formaggi a cui è destinata l’attrezzatura
Il principale settore di applicazione è il campo alimentare, dalla carne ai
piatti pronti, dai prodotti ittici ai formaggi e ai prodotti ortofrutticoli.
Punti di forza del prodotto
La nuova Multivac T 600 completa la gamma delle nuove termosaldatrici
Multivac posizionandosi tra il modello leggermente più piccolo T 300 ed
il modello ad alta capacità T 700 e si dimostra sicuramente adatta per le
aziende che desiderano raggiungere un più alto livello di automazione,
oppure passare da un carico manuale ad una soluzione completamente
automatica. La T 600 è adatta alla produzione di confezioni in atmosfera
modificata, con o senza film LID, skin Isopack e Slicepac.
Specifiche tecniche
Termosaldatrice in linea estremamente compatta; ampio formato base
411x280 mm suddivisibile. E’ dotata di Multivac Clean Design per la
massima igiene e una semplice pulizia. Cambio stampo, incluso riscaldamento, inferiore a 15 minuti. Capacità solo saldatura: fino a 15 cicli al
minuto. Map: fino a 12 cicli al minuto. Alta affidabilità ed ergonomia per
quanto riguarda il cambio delle ricette, il cambio del film e degli stampi.
Semplice accessibilità grazie alle protezioni di sicurezza scorrevoli, ai pannelli laterali e ai nastri di trasporto removibili. Comando Ipc con interfaccia
grafica Hmi 2.0. Costruzione in acciaio inox robusta e durevole; sistemi
di azionamento a risparmio energetico; completamente lavabile (classe
di protezione Ipc65).
Nome del prodotto
Colture speciali di protezione.
Tipologia di latticini a cui è destinata la tecnologia
Dal 1998 Sacco propone colture speciali di protezione. Ad oggi l’azienda
ha selezionato un pool di fermenti lattici contro microrganismi inquinanti di
yogurt, latti fermentati, formaggi freschi, semiduri e duri. L’offerta si suddivide in tre linee principali: contro muffe e lieviti, anti Listeria monocytogenes e anti Clostridia.
Punti di forza del prodotto
I fermenti di protezione aiutano a preservare i prodotti da alterazioni, ne migliorano la conservabilità e non devono
essere necessariamente dichiararti in etichetta. Contribuiscono a migliorare lo standard del prodotto, rendendolo
inoltre meno sensibile ai lunghi trasporti. Tutto ciò si traduce in una riduzione delle referenze non conformi e
quindi dei costi aziendali.
Specifiche tecniche
Confezioni da 5, 10, 25 e 50 dosi; da 500 a 10mila litri di latte.
INTERPULS
www.interpuls.com
Nome della macchina
Zangola.
Tipologia formaggi a cui è destinata l’attrezzatura
Ideale per la produzione di burro durante l’attività di pastorizia o in malga.
Punti di forza del prodotto
La zangola verticale di Interpuls è stata progettata e realizzata per ottenere il burro dalla panna, sfruttando
l’effetto della centrifugazione. E’ costituita da un motore elettrico monofase e da una paletta in nylon alimentare
con albero in acciaio Inox. Grazie a queste caratteristiche e alla struttura razionale, la zangola risulta facile da usare e da utilizzare.
Specifiche tecniche
Utilizzo ideale con il secchio Ecobucket da 23 litri. Funziona a 220V a 50Hz.
MARECHAL ELECTRIC
www.marechal.com/it
Nome del prodotto
Blocco Meccanico serie Marechal standard e Atex: DSN, DS, DN, DB e DXN.
Punti di forza del prodotto
Dispositivo lucchettabile (opzionale) che previene il rischio di alimentazione
o utilizzo intempestivo di un macchinario/motore durante la fase di manutenzione o quando esso è sotto tensione.
Grazie all’installazione di prese Marechal, che permettono di collocare un
blocco con lucchetto personale in prossimità di ogni motore o macchinario, è possibile rispettare un procedimento di sicurezza denominato Loto
(Lockout tagout - sezionamento con blocco lucchettabile di motori elettrici),
per consentire a ogni operatore di auto-proteggersi durante le fasi di manutenzione.
L’installazione dei Decontactor Marechal, robusti e a tenuta stagna, vicino
ai motori, è sovente richiesta dai responsabili della Sicurezza. Dopo avere
scollegato il Decontactor in tutta sicurezza, si ha la possibilità di apporre un
blocco meccanico lucchettabile sulle due parti già fisicamente separate: sulla
spina, sulla presa chiusa, sull’insieme spina/presa collegata (On oppure Off
sulla serie Db).
XV
RETAIL
Maggio 2014
“Le regole sono uguali.
Per tutti”
Con Berardino Abbascià, consigliere di unione Confcommercio, affrontiamo i grandi temi
sul tappeto: dalla crisi, all’orario dei negozi, dal normal trade, alla Gd.
La sua storia sembra davvero un film. Dove
l’eroe di turno, nato in una cittadina della Puglia,
arriva nella grande Milano e, gradino dopo gradino, riesce a “sfondare”. E’ la storia di Berardino,
detto Dino, Abbascià, classe 1942. Attualmente
proprietario, con i fratelli, di una Spa, consigliere
di unione Confcommercio e presidente del Sindacato provinciale dettaglianti ortofrutticoli. Lo
incontriamo a Cernobbio dove si svolge il Forum di Confcommercio. E’ l’occasione per parlare di giovani e anziani, maestri e alunni. E ancora:
di crisi, normal trade, Grande distribuzione. Non
manca poi un accenno, polemico, a Coldiretti.
Berardino Abbascià, lei è un imprenditore di
successo: da garzone a gioielliere della frutta di
Milano. Come ha fatto?
Tanto lavoro e qualche idea brillante. Quando sono arrivato a Milano, all’età di 13 anni, non
potevo che contare sulla mia intelligenza vivace
e su una grande volontà. Ho fatto molti sacrifici
e mi sono concesso la mia prima vacanza a 40
anni. Credevo molto in me stesso e ho avuto
il coraggio di prendere iniziative. Mi ritengo un
uomo fortunato.
Quali sono stati i suoi maestri?
Ne ho avuti molti e non ho ancora finito
di imparare. Ho sempre guardato agli anziani ascoltando i loro consigli. Oggi è necessario
invece trovare il coraggio di apprendere dai
giovani, che hanno molto da dare alla mia generazione. Sembra una cosa facile, ma non lo
è. Bisogna mettersi in discussione ed evitare di
pensare di avere sempre ragione solo perché si
ha più esperienza.
Secondo lei, oggi è possibile ripetere la sua
avventura?
Bella domanda. Io dico di sì, pur con le difficoltà presenti. Forse sono vissuto in un’epoca in cui
era più facile. Mi trovavo di fronte a un’Italia in
crescita, un paese in cui con grinta e passione si
poteva costruire qualcosa. Oggi probabilmente
le condizioni socio-economiche richiedono ancor più determinazione. E forse i giovani non
sono più gli stessi.
In che senso?
Tendono ad arrendersi con facilità, probabilmente perché possono contare di più sulla
famiglia. Questo è un handicap che rischia di
rallentare volontà e determinazione. In molti
mi accusano di essere una figura forte verso i
giovani e verso i miei figli, ma io non ci sto. Del
resto anche noi avevamo eccellenti esempi davanti. Ogni epoca nasconde rischi e opportunità
e non si può liquidare la questione con un semplice: “Ai tuoi tempi era più facile”.
Dai giovani passiamo ai piccoli: come vede
il futuro dei negozianti in un mondo sempre
più globale?
Se avessi ancora degli anni “diversamente giovani” aprirei dei piccoli negozi per sfidare centri
commerciali e globalizzazione. Certo il punto
vendita non può più essere quello di 60 anni fa,
quando bastavano cassette, qualche bel tavolo e
Berardino Abbascià
un po’ di buon gusto…
Cosa serve allora oggi per valorizzare il negozio di vicinato?
Sono necessarie tecnologie e innovazioni.
Il bottegaio tradizionale non può più esistere,
deve trasformarsi puntando su una maggiore formazione. Senza dimenticare il rapporto
umano che, oggi come allora, sta alla base del
commercio.
Cos’è cambiato nelle esigenze del consumatore italiano?
Rispetto a quello estero, il consumatore in
Italia utilizza il centro commerciale ma ancora,
soprattutto al Sud, vuole avere il negozio sotto
casa. Una volta c’era la signora Maria oggi c’è la
dottoressa Maria, ma il contatto umano è identico. Solo ci si aspetta di trovare all’interno del
punto vendita un commerciante moderno. Che
conosce e sa spiegare bene i prodotti che propone al suo cliente.
Insomma c’è speranza per i rivenditori più
piccoli…
Il dialogo, il sorriso, l’ospitalità hanno ancora
un valore. Mi stupisco sempre quando partecipo a workshop e convegni perché ancora si
discute su come migliorare il rapporto clientevenditore. Ci vuole poco per conquistare il consumatore…
Andiamo ad approfondire un po’ di questioni interessanti. Cosa ne pensa dell’ingresso di
Coldiretti nel mondo del retail. Leggi Campagna Amica e mercatini di Natale?
Queste iniziative sono nate in Italia tanto tempo fa. Il vecchio presidente di Coldiretti, Sergio
Marini, ne è stato un fautore. Inizialmente le abbiamo combattute perché pensavamo ci sottraessero lavoro e vendite. Infatti…
Si spieghi meglio.
Quando, dieci anni fa, aprirono i primi mercatini di Coldiretti a chilometro zero ero già responsabile della mia categoria e mandai alcuni
miei collaboratori in visita al consorzio agrario di
Milano. Ci trovarono banane e melanzane con
bollino spagnolo. Questo a lei sembra chilometro zero? Lo stesso successe a Mantova, Bari
e Catanzaro. Inoltre non veniva minimamente
considerata la questione dell’igiene e della sanità.
Per non parlare della fiscalità. Siamo usciti dai
mercatini con molta merce, ma senza nemmeno uno scontrino in tasca.
Si chiama concorrenza sleale…
Guardi, io sono favorevole alla vendita delle
eccedenze da parte dei contadini. Provengo dal
mondo agrario e conosco la fatica fatta da mio
padre e mio nonno nei campi. Vedevo e vedo
certamente con favore il produttore che si metteva e si mette ancora ai bordi della strada per
vendere i frutti della sua terra perché non vadano buttati. A Roma negli anni ’60 li chiamavano i
“vignaioli” e a Milano gli “ambulanti erranti”. Organizzarsi in mercati comuni è diverso però. Da
produttori si diventa commercianti ed è quindi
necessario sottostare a tutte regole che le leggi
del commercio prevedono.
Come vi siete comportati per arrivare a una
soluzione condivisa?
Per fortuna devo dire che, grazie a diversi
dialoghi con Sergio Marini e altri responsabili
di Coldiretti, sia in Lombardia che a livello nazionale, abbiamo chiarito le dinamiche che ci
sembravano poco appropriate. Molti mercatini,
come ad esempio quello di Mantova, sono stati
chiusi. E oggi la situazione generale mi sembra
migliorata. Anche perché le regole sono uguali.
Per tutti: piccoli commercianti, agricoltori, Grande distribuzione.
Ritornando a Coldiretti: qual è oggi il rapporto fra Confcommercio e questa associazione?
Certamente c’è una maggiore comprensione
fra i settori. Con Coldiretti abbiamo avviato una
serie di accordi e stiamo collaborando affinché
si garantisca il rispetto di regole condivise. Dobbiamo unire le forze perché i prodotti “nostrani”
sono l’arma vincente dei piccoli commercianti. E
i negozi al dettaglio, la forza dei produttori locali.
E poi abbiamo un competitor comune…
Ovvero?
La Grande distribuzione organizzata. Che,
negli anni, ha favorito la scomparsa di molte
aziende agricole stritolate dai meccanismi della globalizzazione. Basta guardare per esempio
cosa è successo in Emilia Romagna: molti produttori con frutta e verdura di straordinaria
bontà sono spariti dopo essersi affidati a Coop.
Sono diventati tutti bagnini oppure hanno costruito alberghi. C’è un bivio davanti a noi: o diventiamo partner o rischiamo di fare la fine del
topo affogato.
Cosa pensa invece della battaglia sulla provenienza della materia prima?
Il mondo non si può fermare. Ci provò tanti
anni fa Paolo Bonomi, fondatore di Coldiretti,
con l’aiuto di 50 deputati. Ma mettere un freno al mercato globale blocca la competizione e
quindi la crescita. Guardiamo per esempio cosa
è successo con il mercato degli agrumi. A causa
del blocco delle importazioni, i produttori del
nostro Paese non capirono che la domanda si
stava evolvendo in una maniera diversa. Le arance rosse rimangono un patrimonio della nostra
Sicilia, nessuno le produrrà come loro, però il
consumo mondiale andava verso le arance
bionde. E nessuno lo capì. Quando il mercato
fu costretto ad aprirsi all’Europa, l’Italia rimase
indietro. Il risultato? Oggi siamo costretti a vendere le nostre arance a 20 centesimi. O meglio,
a svendere.
Qual è la soluzione?
La tutela del prodotto locale e del nostro territorio è indispensabile. Io sono italiano al 100%
e quando viaggio mi vanto in tutto il mondo
di esserlo. Questo però non significa che tutto
resti immobile. Se abbiamo voglia di mangiare
un arancio o una mela fuori stagione, perché
non possiamo rivolgerci all’Argentina, al Cile, al
Sud Africa? L’agricoltura di quei paesi è stata comunque sviluppata dagli europei. Per esempio le
grandi aziende cilene hanno nomi italiani, come
Del Curto.
Come giudica la liberalizzazione degli orari
dei supermercati?
Un grande abuso, una vera condanna. Credo
che la Grande distribuzione faccia leva su questi
argomenti per monopolizzare il commercio e le
vendite.Vogliono farci credere di fare l’interesse
del consumatore ma in realtà questa mossa è
volta esclusivamente ad aumentare i loro profitti. Anche se poi abbiamo verificato che tenendo
aperta un’attività 24 ore su 24 non si ottiene
altro che distribuire le vendite su uno spettro
più ampio. Senza nessun considerevole aumento delle transazioni.
Ultima domanda: lei lavora nel mercato
dell’ortofrutta, le piacciono le Fave?
Dipende dall’età della Fava. Di solito, quelle
vecchie sono un po’ indigeste.
Angelo Frigerio
37
focus on
Maggio 2014
Il Made in Parma
strizza l’occhio ai foodies
I supermercati trend setter Usa sono un’opportunità per l’agroalimentare emiliano. In un Paese in cui l’Italian sounding
fattura 3,1 miliardi di dollari. Cresce l’attrazione per il cibo di qualità. La ricerca Mra per la Camera di Commercio.
38
Specialty stores e wohlesales club. Negli Usa sono questi i nuovi punti di riferimento per gli appassionati di enogastronomia. Ossia per i cosiddetti foodies,
i consumatori americani più esigenti. E
dunque quelli più attratti dai cibi e dalle preparazioni autenticamente italiane,
che presentino la garanzia di alti livelli
qualitativi. Secondo lo studio Mra (Management Resource of America) presentato nel convegno “Parma a stelle e strisce, vendere il food negli Usa: istruzioni
per l’uso”, organizzato da Parma Alimentare, è a questi nuovi interlocutori che
si dovrebbe rivolgere il Made in Parma,
nonché l’intero Made in Italy alimentare,
per raggiungere i consumatori più golosi,
ma anche gli scrupolosi salutisti, che vivono in Usa. La ricerca è stata illustrata
lo scorso 16 aprile dal presidente della
Mra Carlo Ber tozzi, e dal direttore della
divisione consulenze Giovanni Grimaldi,
alla Camera di Commercio di Parma, nel
corso di un evento che ha visto la partecipazione di una cinquantina di aziende del settore alimentare parmense.
Presenti anche diversi esponenti delle
istituzioni, del mondo bancario e consulenziale, e i Consorzi dei prodotti del
territorio.
Dallo scenario prospettato dal repor t
emerge che, all’interno del complesso
mosaico della distribuzione statunitense,
il dettaglio dei generi alimentari non è
più rappresentato soltanto dal semplice
supermercato. Sono ormai una realtà
affermata quelle insegne a metà tra la
drogheria di quar tiere e il supermarket, i
cosiddetti ‘specialty stores’ appunto, format di negozio focalizzato su un assor timento di alto livello. I ‘wholesales clubs’,
invece, sono punti vendita in cui è possibile acquistare le specialità in quantità
maggiori e a un prezzo più conveniente,
ma soltanto corrispondendo prima un
abbonamento (‘fee’) annuale, come un
vero e proprio circolo a cui ci si iscrive. Agli specialty stores e ai wholesales
club non si rivolgono solo i gourmet, ma
anche i consumatori statunitensi più attenti (a volte in modo quasi maniacale)
agli aspetti salutistici della loro alimentazione e alla lettura delle informazioni
sulle etichette e sulle tabelle nutrizionali.
Realizzata attraverso l’analisi di 2.500
punti vendita, la ricerca Mra par te da
una rassegna sulla regolamentazione statunitense nel campo del commercio alimentare (retail e food
service). Dalla spedizione
del prodotto all’etichettatura, dalla registrazione degli impianti
ai dazi e alle tariffe, con specifiche
su una selezione di prodotti
agroalimentari
del territorio.
Si prosegue con la definizione dei foodies e dei consumatori ‘health conscious’
e con l’individuazione delle loro insegne preferite, accomunate dall’offer ta
di un’esperienza d’acquisto piacevole e
sofisticata e dalla scelta di referenze di
alta qualità. Le catene individuate dallo
studio (tra cui Costco, 429 punti vendita,
Trader Joe’s, 362 e Whole Foods, 303)
possiedono tutte dimensioni notevoli:
quindi sarebbero in grado di garantire
alla produzione agroalimentare buoni
volumi di vendita.
A questo punto si pone la fatidica domanda: cosa por tare sulla tavola degli
americani? La ricerca Mra si è focalizzata
sul “segmento specialità” per numerose
categorie di prodotto più rappresentative dell’area di Parma. Quindi sughi per
pasta a base di pomodoro, pomodori in
scatola, olio d’oliva, paste fresche ripiene, parmigiano reggiano, prosciutto di
Parma, salumi e prodotti ittici. Per ciascuna categoria, sono stati messi in luce
brand e peso delle private label, prezzi,
caratteristiche del prodotto in termini
di ricettazione e ingredienti. Ed è stata
stimata la diffusione del prodotto autenticamente italiano rispetto a quello
imitativo.
Si scopre così che negli Usa il segmento specialità/premium, in cui competono i prodotti made in Parma,
esprime una
grande vitalità. Ma ci si
rende conto
anche di quanto
il fenomeno dell’Italian sounding sia radicato, anche nella categoria
dei trend setting retailer.
Rispetto alle categorie di
prodotto elencate prima, il
valore del mercato dell’Italian
sounding è stimato infatti in oltre
3,1 miliardi di dollari al consumo,
a fronte di un valore delle importazioni dall’Italia che non supera il
miliardo di dollari (al consumo). Un
dato che fa riflettere, ma che potrebbe
anche aprire nuove prospettive.
“Consideriamo l’Italian
sounding non solo
come una
minaccia, ma anche come oppor tunità”,
commenta Ber tozzi. “C’è stata un’evoluzione dei prodotti imitativi che hanno
registrato un deciso incremento qualitativo rispetto al passato, presentandosi anche in modo migliore e più curato, con prezzi paragonabili a quelli del
nostro prodotto impor tato. Il prodotto
italianeggiante agisce da ponte e prepara il terreno alla produzione made in
Parma, contribuendo a stabilire una relazione for te tra una determinata categoria di prodotto e il nostro Paese. Quello
che dobbiamo fare è sottrarre quote di
mercato a questi prodotti imitativi di ‘seconda generazione’ puntando a elevare
ulteriormente la qualità del nostro prodotto espor tato”.
E il rappor to Mra si propone proprio
di offrire indicazioni concrete e risposte
agli imprenditori agroalimentari del territorio interessati ad acquisire e consolidare quote di mercato negli Usa: “Oltre
a fornire una panoramica sulle regole e
sulle procedure che è necessario osservare per espor tare oltreoceano, offriamo un suppor to tecnico commerciale di
base alle aziende parmensi”, sottolinea
Cesare Azzali, amministratore delegato di Parma Alimentare. “Il progetto
prevede inoltre una fase conclusiva di
natura promo-commerciale
con par tner del mercato
statunitense”. Completano la ricerca informazioni utili per
c o m -
prendere le dinamiche commerciali
presenti in Usa e quindi i consigli per
affrontare le negoziazione con i buyer
in modo efficace. Non mancano spunti
ed esempi per impostare correttamente
campagne di promozione di prodotto.
Il ruolo del ‘sistema Parma’ nella valorizzazione delle produzioni alimentari
del territorio sui mercati esteri viene rimarcato da Andrea Zanlari, presidente
della Camera di Commercio: “I mercati più interessanti per i nostri prodotti tipici sono quelli dove maggiore è la
sensibilità verso la qualità e quindi maggiori sono i margini per concludere affari proficui. Tra questi mercati ci sono
gli Usa, dove conoscevamo già, grazie
a precedenti ricerche da noi svolte, le
potenzialità nel canale food service.
Oggi abbiamo una fotografia delle oppor tunità presenti nel retail, dove scopriamo di poter arrivare direttamente al
consumatore più attento alla qualità e
agli aspetti salutistici del cibo. A Parma,
attraverso la collaborazione con la Stazione sperimentale per l’industria delle
conserve alimentari, Fiere di Parma e
Alma, (scuola internazionale di cucina
italiana), abbiamo tutte le competenze
e le professionalità per promuovere e
caratterizzare i nostri prodotti in modo
idoneo e vincente. Le aziende di Parma
si trovano quindi in una situazione di
grande vantaggio che può essere sfruttata per ottenere risultati impor tanti sul
mercato degli Usa”.
Francesca Radaelli
RETAIL
Maggio 2014
Vi presentiamo il nuovo
alimentando.info
Debutta a Cibus il restyling del nostro portale.
L’informazione di qualità. Declinata in una nuova veste grafica.
Un sito più fresco, più fruibile, più moderno. Il restyling del nostro por tale www.alimentando.info asseconda l’evoluzione dell’informazione, che diventa
sempre più digitale, visuale e interattiva, utilizzando
una grafica più leggera, ponendo maggiore enfasi sulle
immagini e ottimizzando la navigabilità.
La struttura del sito web (con il classico scrolling
ver ticale), il menu e la suddivisione in categorie sono
rimasti simili alla vecchia versione, per mantenere
un’interfaccia intuitiva e user friendly, che consenta un
facile e veloce reperimento delle informazioni di interesse.
Leggibile da tutti i più comuni browser, il por tale è
stato perfezionato per ottimizzarne il posizionamento
nei motori di ricerca.
Le maggiori novità riguardano la release grafica. Lo
sfondo del layout, completamente bianco, regala al sito
un aspetto arioso e ordinato, per un impatto visivo
decisamente moderno. Su sfondo bianco anche la testata, con la scritta “alimentando” in un elegante grigio
antracite, che rimane accompagnata dal pay off “Il quotidiano del settore alimentare”, in un raffinato grigio
chiaro. A fianco, la banda in grigio antracite riser vata
a The Italian Food Magazine, che rimanda alla pagina
dove è possibile sfogliare la rivista online dedicata al
mercato estero.
I nuovi font, inoltre, conferiscono un’immagine più
pulita alle informazioni: l’arial, semplice e immediato,
è utilizzato per i testi; il roman oswald, con tratti più
decisi e al tempo stesso più leggibili, per i titoli.
Si nota subito il maggiore spazio riser vato alle immagini, che sono diventate veri e propri link per accedere
alle informazioni. La sezione highlights si è trasformata
in una moderna fotogaller y con slide show a scorrimento orizzontale. Cliccando su ciascuna di queste immagini si apre la pagina con la rispettiva news, in fondo
alla quale è possibile trovare i bottoni
per il social sharing (facebook, twitter e google+), già presenti nella
vecchia versione, e una fotogaller y
dedicata. Dalla pagina di ogni notizia, inoltre, è possibile accedere
direttamente alla news successiva
o precedente, grazie alla pratica
sezione inserita in fondo alla pagina, seguita dall’area ‘ar ticoli correlati’: una selezione di ar ticoli inerenti allo stesso tema della news
selezionata.
In home page, al di sotto della
galler y principale, si trova l’elenco delle ‘ultime news’. Anche in
questa sezione le immagini sono
protagoniste e accompagnano le
notizie, contraddistinte dalle tradizionali etichette colorate per
ciascuna categoria tematica. Ogni
pagina si chiude con un piede in
grigio chiaro, in cui si trovano le informazioni, i contatti, le categorie.
La sidebar sulla destra, semplificata rispetto alla vecchia versione
e presente in ogni pagina del sito,
contiene il box dedicato ai contenuti video, l’icona twitter che
rimanda al profilo ‘@alimentando-
news’, l’elenco ‘i nostri speciali’, la sezione ‘cerca’ i tag
e l’altra per iscriversi alla nostra newsletter.
Una delle novità più impor tanti è sicuramente l’introduzione del cosiddetto ‘responsive
design’, ossia l’ottimizzazione del
sito e del layout per una corretta
visione sui diversi dispositivi, PC,
tablet e cellulari. E’ stata infatti creata una versione per smar tphone,
che si attiva in automatico quando
l’utente accede al sito tramite dispositivo mobile. Questa visualizzazione, in stile web app, permette
di leggere subito le notizie e di
accedere a un pratico e completo
menu di navigazione laterale.
Ovviamente abbiamo mantenuto, in entrambe le versioni, la
possibilità di dare visibilità agli
inserzionisti attraverso i banner
pubblicitari, disponibili in diversi
formati e distribuiti in modo da
non affollare troppo le pagine.
Un’innovazione nella tradizione,
dunque, un nuovo vestito per un
por tale che abbiamo sempre inteso come il nostro strumento per
informare gli operatori dei settori
professionali. Un contenitore tempestivo e affidabile di notizie, inter viste, approfondimenti, indagini.
Un prezioso suppor to, oggi ancor
di più, per i nostri mensili.
39
Maggio 2014
“Stiamo lavorando per voi”
L’incontro con il presidente Napolitano. La posa della prima pietra del padiglione tedesco.
L’avanzamento dei lavori. Intervista a Giuseppe Sala, Ceo di Expo 2015.
Adelante SALA.
ma con juicio
40
“Adelante Pedro. Ma con Juicio”: la
frase tratta dai Promessi Sposi descrive bene la situazione di Expo
2015. Il Manzoni la mette in bocca al
cancelliere Ferrer ed è rivolta al suo
vetturino che si fa largo fra una folla
urlante e inferocita. Una situazione
che ricorda le numerose polemiche
che ogni giorno investono l’evento
milanese del prossimo anno. Giuseppe Sala per ora è passato indenne dalle varie forche caudine che gli
si sono parate davanti. Intelligente
e molto preparato, il capo di Expo
sta por tando avanti un progetto ciclopico. Reso ancora più duro dalle
condizioni in cui lo si sta realizzando. Fa bene a tener duro. Expo 2015
rappresenta una vetrina unica e irripetibile per il Made in Italy.
Giuseppe Sala, Chief Executive Officer
di Expo 2015, il 2 aprile ha presenziato
alla posa della prima pietra del padiglione tedesco dedicato all’evento che si terrà
a Milano il prossimo anno. E’ l’occasione
per verificare come stanno procedendo i
lavori, al netto delle varie polemiche sorte
intorno a Expo 2015.
Parliamo del colloquio con il presidente della Repubblica che ha ricevuto di recente il vostro board. Quali le ragioni di
questo incontro?
Il meeting con Giorgio Napolitano è arrivato nel momento giusto. Non perché
ci siano particolari problemi, ma, in certi
momenti, è inevitabile che subentri un po’
di stanchezza. E poter incontrare il presidente della Repubblica è senza dubbio un
aiuto.
E’ già programmato anche un incontro
col presidente del Consiglio?
Ancora non è stato precisamente fissato,
ma ci sono buone possibilità che avvenga
la prossima settimana.
Come valuta la cerimonia di oggi?
La Germania è ovviamente il primo paese che si affaccia alla costruzione del suo
padiglione. Si tratta del lotto più grande, di
oltre 4.900 metri quadrati. Questo è il momento in cui diventa importante far vedere che i paesi arrivano, costruiscono e generano lavoro. Direi che i tedeschi, come
è un po’ nelle loro caratteristiche, hanno
lavorato con grande metodo. C’è sempre
stata una buona collaborazione, ci siamo
incontrati diverse volte per arrivare alla
cerimonia di oggi e si è trattato sempre di
incontri molto proficui. A breve, altri paesi
cominceranno i lavori e parteciperemo ad
altre cerimonie come quella di oggi.
Quale sarà il prossimo paese?
Credo si tratterà dell’Azerbaigian o del
Giappone, che cominceranno i lavori nelle prossime settimane. In ogni caso, tutti i
paesi partecipanti si stanno avvicinando a
questo momento.
La consegna delle aree è stata completata?
Da questo lato del sito, dove ci troviamo oggi, la consegna è stata interamente completata. Dall’altro lato, invece, sarà
completata a breve. Ma, d’altro canto, si è
proceduto ad una verifica puntuale con gli
altri paesi, per cui consegneremo a tutti le
aree previste in tempo utile. Aiuta anche il
fatto che tutti i partecipanti stiano accettando di far realizzare a noi scavi e fondazioni per i loro padiglioni. E questo porta a
un notevole vantaggio, in termini di tempi
e organizzazione dei lavori.
Quanto tempo occorrerà per la costruzione di ciascun padiglione?
Mediamente, ogni paese impiegherà tre
o quattro mesi per la costruzione e circa
tre mesi per l’arredo interno. Suppongo
che arriveranno tutti a finirlo quasi all’ultimo momento, ragionevolmente in marzo,
per garantirsi poi un mese di tempo necessario a completare tutti i test. In totale,
si tratterà mediamente di circa sette mesi.
Cosa può dirci sulle adesioni ancora in
bilico?
C’è ancora la possibilità che aderiscano
nuovi paesi. Ma, come Expo, stiamo lavorando soprattutto per non perdere quelli
già presenti. Come è noto, infatti, vi sono
realtà dove fattori politici, anche non necessariamente legati all’Esposizione universale o a conflitti con il nostro Paese, come
le elezioni, possono condizionare la scelta. Anche Expo, insomma, nel suo piccolo,
può avere un ruolo nelle battaglie politiche
interne dei singoli stati. Questo vale in Turchia e in India, ad esempio. L’Argentina, invece, intende partecipare ma solo a patto
che sia Expo a costruire il padiglione dedicato. In generale, avendo ormai assegnato
oltre il 98% delle aree, non si tratta più di
una questione di numero dei partecipanti,
ma solo di tempi. Questo è il momento
di costruire. E di comunicare. Anche per
questa ragione è stata importante la visita al presidente della Repubblica Giorgio
Napolitano.
Perché?
Noi, come è ovvio, possiamo e dobbiamo fare comunicazione, ma ci aspettiamo
e abbiamo bisogno che anche a livello istituzionale, come tra l’altro espresso anche
da Napolitano, ci sia la volontà di comunicare l’essenza di Expo.
La Russia e le controversie internazionali che ruotano intorno alla vicenda
ucraina avranno qualche ripercussione
sulla costruzione del padiglione del Paese?
Non per quello russo, però potrebbero
sorgere dei problemi rispetto alla costruzione del Padiglione ucraino, anche se non
abbiamo ancora segnali in tal senso.
L’EVENTO
FORMAGGI & CONSUMI LANCIA UN SONDAGGIO ONLINE RIVOLTO AL SETTORE
Questo il link, pubblicato sulla newsletter di Formaggi & Consumi,
con il questionario, a cui hanno risposto 240 operatori del settore.
Il sondaggio di FORMAGGI&Consumi.
Expo 2015: un’opportunità per le aziende
del settore agroalimentare?
Proprio in vista del grande appuntamento di Expo
2015, Formaggi&Consumi ha proposto ai suoi lettori un sondaggio, per conoscere le opinioni dei
protagonisti del settore, l’eventuale par tecipazione
all’evento e i nodi ancora critici.
Al sondaggio hanno riposto 240 operatori del settore. I risultati, piuttosto univoci, mostrano senza
dubbio le aspettative degli operatori del mercato,
anche dei più scettici, ma allo stesso tempo evidenziano ancora poca chiarezza circa costi e modalità
di par tecipazione. In tema di doppio padiglione per
le imprese italiane, come si può vedere, il giudizio
espresso non è unanime. Il timore, sia in questo
caso che rispetto alla questione della presenza dei
consorzi di tutela, è quello di una frammentazione
eccessiva della presenza italiana.
Pesa, sicuramente, in questo giudizio, l’esperienza
delle fiere in scena all’estero, dove in genere l’Italia
riesce, meno di altri paesi, a costruire una par tecipazione organica e di for te impatto.
“La presenza frammentata, in due o più aree, rischia
di rendere poco visibile la presenza italiana, soprattutto nei confronti di altre collettive (Francia, Germania, etc.), che si presenteranno in pompa magna”,
commenta uno dei par tecipanti all’indagine.
Qualche preoccupazione anche in merito alle in-
A vostro avviso, c’è chiarezza
sui contenuti di Expo 2015?
SI
1
88,46%
NO
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
26,67%
STAND PROPRIO
6,67%
20
30
40
50
60
70
80
90
5
20,00%
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
7
10
20
30
40
50
60
70
E’ preoccupato per i presunti ritardi e le
inchieste che ruotano intorno ad Expo?
SI
30
40
50
60
70
90
80
90
100
4
37,50%
54,17%
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
6
0,00%
11,54%
88,46%
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
8
100
68,00%
32,00%
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
Cosa pensa degli spazi
concessi a Eataly e Slow Food?
Saranno un’ottima
vetrina per il made
in Italy
32,00%
20
80
9
68,00%
NO
100
A suo avviso, come dovrebbero
presentarsi i consorzi di tutela di Dop e Igp?
Ciascuno in modo
distinto per rimarcare
le proprie peculiarità
58,33%
0
90
Insieme per
accrescere la visibilità
41,67%
Rischia di
frammentare
la presenza italiana
80
100
Cosa pensate della possibilità di dedicare
all’agroalimentare italiano due diversi padiglioni?
E’ una buona
soluzione
70
C’è stata una adeguata comunicazione sulle modalità di partecipazione?
No, siamo ancora
in attesa di
informazioni chiare
40,00%
Per nulla
60
8,33%
Si, ma sono arrivate in
maniera poco organica
28,00%
Poco
50
Come giudicate i costi per la partecipazione a Expo?
Si, le comunicazioni
sono state puntuali
12,00%
Abbastanza
40
100
A vostro avviso l’Expo così concepita valorizza
davvero l’agroalimentare italiano?
Molto
30
Non ancora
perfettamente
definiti
66,67%
10
20
TOPPO ALTI
INIZIATIVE COLLEG.
0
10
PROPORZIONATI
ALLA VISIBILITA’
6,67%
ALTRO
42,31%
0
3
CLUSTER
10
2
57,69%
NO
In che modo?
0
La vostra azienda o consorzio
intende partecipare a Expo?
SI
11,54%
0
chieste che in queste settimane hanno coinvolto
Expo 2015 e ai tempi di realizzazione. “Siamo in
Italia. Sarei inquieto se tutto fosse stato regolare e
lineare”, è uno dei commenti. Infine, sembra poco
apprezzata la scelta di affidare a Eataly e Slow Food
spazi consistenti dell’esposizione universale. Commenta, in merito, uno dei par tecipanti al sondaggio:
“Rappresentano entità ed interessi di par te; mentre le istituzioni che rappresentano il made in Italy
alimentare devono avere un solo (massimo due)
grandi spazi di riferimento e visibilità, all’interno dei
quali inserire i prodotti (con un ricarico minimo per
i singoli soggetti o consorzi)”.
10
12,50%
Sono eccessivi
rispetto allo spazio
dedicato all’intera
filiera italiana
87,50%
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
41
Maggio 2014
Il lattiero caseario
e i mercati emergenti
L’edizione 2014 del Dairy Forum Clal
in scena a Bardolino (Vr) il 30 maggio.
Con ospiti provenienti anche da India e Usa.
Confermata la presenza di Francesco Pugliese
di Conad e Paolo De Castro. Ecco, in anteprima,
gli andamenti per India, Corea del Sud, Marocco,
Turchia, Malesia, Singapore, Indonesia e Thailandia.
42
C’è grande attesa per la quarta
edizione del Dairy Forum organizzato da Clal.it. Sarà ancora una volta la
cittadina di Bardolino, in provincia di
Verona, ad ospitare, all’Hotel Caesius,
l’appuntamento annuale dedicato ai
manager e ai rappresentanti istituzionali del settore lattiero caseario. Per
quest’anno, i lavori analizzeranno in
modo particolare le opportunità di
export sui mercati mondiali, quali ad
esempio la Cina, la Russia, i Paesi Asean, il Nord Africa e il Medio Oriente.
Senza dimenticare le insidie che
potrebbero arrivare dall’India, grande
produttore di latte e quarto player
mondiale nelle esportazioni di polvere di latte scremato (Smp). Per questa ragione, al Forum sarà presente
Rupinder Singh Sodhi, Ceo di Amul, la
più grande cooperativa lattiero casearia indiana e Liu Yan, Vp di Mengniu
Dairy Group.
Il nutrito parterre degli ospiti vedrà poi la partecipazione di Paolo
De Castro, presidente uscente della
commissione Agricoltura del Parlamento europeo; Michael Griffin, senior policy officer Fao, che analizzerà
i mercati Asean; Charles Piszczor del
Cme Group di Chicago, che interverrà sul tema dei futures come arma
di difesa contro la volatilità dei prezzi;
Francesco Biella di Iri, che si concentrerà sui consumi di formaggi in Europa e, infine, Francesco Pugliese, direttore generale dell’insegna Conad.
Tema principale del dibattito, saranno
i paesi cosiddetti emergenti e tutti
quei mercati che, sempre più, stanno
acquisendo importanza nel settore
lattiero caseario. A cominciare da
quello indiano.
L’India
Quarto player mondiale, l’India è
da tempo al centro dell’attenzione
del settore, nonostante una legislazione che limita le possibilità di
operare per le aziende estere. Ma
oggi, quello indiano è anche un paese che fa paura agli storici player,
in virtù della capacità produttiva e
del suo ingresso in alcuni mercati
storici, come quello del burro. Nel
periodo compreso tra gennaio e
dicembre 2013, le esportazioni
di prodotti lattiero caseari sono
cresciute del 225,31%. La parte
del leone, dal punto di vista dei
volumi, è rappresentata dall’Smp,
seguita da burro e Wmp. Nel caso
della sola polvere di latte scremato (Smp), le esportazioni, a
gennaio 2014, sono cresciute del
91,2%. Nel caso del burro, sempre
a gennaio 2014, la crescita è pari al
18,86%, con un incremento relativo anche all’Ue-28.
La Corea del Sud
Grande attenzione anche alla
Corea del Sud, mercato che appare in crescita costante dal 2010 e
che, nel 2013, ha fatto segnare, a
volume, un incremento complessivo dell’import dei formaggi pari al
9,75%. Stati Uniti e Nuova Zelanda
i principali paesi fornitori, anche se
la Ue comincia a fare il suo ingresso, in particolare la Germania.
Il Marocco
Buone anche le performance del
paese africano, che nel periodo
compreso tra gennaio e novembre
dello scorso anno ha fatto segnare
una crescita dell’importazione di
formaggi, prima di tutto dagli Stati
Uniti, del 9,28%. Seguono poi Francia e Olanda, che nel 2013 hanno
veicolato in Marocco rispettivamente 2.454mila e 1.784mila tonnellate di formaggi.
La Turchia
In costante crescita dal 2011 anche le importazioni di formaggi in
Turchia, che nel 2013 hanno chiuso con un incremento del 7,53%.
Anche l’Italia presidia questo mercato, con una quota che appare
però in leggero calo rispetto al
2012.
Malesia, Singapore, Indonesia e
Thailandia
I quattro paesi dell’area Asean
presentano un quadro diversificato. Per quanto riguarda la Malesia
e la Thailandia, il 2013 appare in
controtendenza rispetto agli altri
due, con cali delle importazioni
complessive di prodotti lattiero
caseari del 4,72% nel caso della
Thailandia e del 7,15% in Malesia.
A fare le spese di questo andamento, sono in particolare le polveri, soprattutto la Wmp, in calo
in entrambi i paesi. Quadro diametralmente opposto a Singapore
e Indonesia, entrambe in crescita.
Per ciò che riguarda Singapore, si
registra tuttavia un calo della Smp,
compensato dalla crescita di Wmp
e formaggi. Infine l’Indonesia, che
chiude lo scorso anno con un incremento delle importazioni pari
a 6,89%. In crescita, in questo caso,
sia le polveri, Smp e Wmp, che
burro e formaggi. Nel complesso,
le importazioni hanno sfiorato
quota 250mila tonnellate.
Alice Realini
Gli interventi IN AGENDA
• Emanuele Balliana, produttore Latte Arborea
Gestione dell’allevamento bovino da latte in Sardegna
• Professor Holger D.Thiele, University of applied science
Kiel and Ife (Institute of food economics Kiel)
Il mercato lattiero caseario nel mondo e in Europa
• Charles Piszczor - director commodity research and product
development Cme Group (Chicago, Illinois)
I futures in Europa e in Italia
• Michael Griffin, senior policy officer Fao
(Food and agriculture organization)
Il mercato lattiero caseario nei paesi in via di sviluppo
• Rupinder Singh Sodhi, managing director at Gujarat
Cooperative milk marketing federation Ltd.,
Anand (Amul, India)
Il mercato lattiero caseario in India e la strategia di Amul
• Ms. Liu Yan - VP of Mengniu Dairy Group
Il mercato lattiero-caseario in Cina e la strategia
di Mengniu Dairy
• Paolo De Castro, presidente Commissione agricoltura
Parlamento europeo
La nuova Pac e la volatilità dei prezzi
• Francesco Biella, Iri
I consumi di formaggi in Europa
• Francesco Pugliese, direttore generale Conad
Scegliere certezze
Moderatore: Sebastiano Barisoni - Radio 24, Il Sole 24 Ore
Paolo De Castro
Francesco Pugliese
scenari
INDIA
Export mensile di SMP
Prodotti lattiero caseari (Smp,Wmp, Burro) - Export complessivo
(La % di variazione è riferita allo stesso mese dell’anno precedente)
20.000
250
HS. 040210 - SMP
HS. 040221 + 040229 WMP
HS. 0405 - Burro
Resto del mondo
Malaysia
100
1.200
+73.460,0%
2.030
10.000
8.000
2.886
+65.428,6%
+186,832,7%
+1.186,1%
+342.361,2%
989
2.629
3.218
1.416
4.000
+217,13%
6.546
6.465
0
Feb’13
Gen’13
Elaborazione CLAL su dati GTIS
Mar’13
+34,42%
18
0
Gen-Dic 2009
Elaborazione CLAL su dati GTIS
Gen-Dic 2010
2.000
-53,98%
37
Gen-Dic 2011
Gen-Dic 2012
Gen-Dic 2013
0405 Burro - Export totale paesi selezionati
Australia
Bielorussia
Altri
India
Nuova Zelanda
Stati Uniti
Ucraina
UE_28
12.234
9.271
13.870
1.302
1.485
5.930
5.871
5.918
6.150
6.115
Mag’13
Giu’13
Lug’13
Ago’13
Set’13
43.404
46.191
54.320
35.895
Resto del mondo
Apr’13
Singapore
Emirati Arabi
Ott’13
4.929
4.805
Nov’13
Dic’13
6.015
Gen’14
Tanzania
Nepal
Kuwait
221
+5,1%
600
-12,0%
3.926
Gen 2011
3.616
5.233
4.465
3.927
Gen 2012
Gen 2013
Gen 2014
200
0
+54,4%
-6,8%
363
158
196
Gen’13
Elaborazione CLAL su dati GTIS
+18,1%
204
1.094
-37,3%
231
Elaborazione CLAL su dati GTIS
3.867
+168,1%
800
400
Gen 2010
1.895
1.428
7.183
1.200
tonnellate
tonnellate
52.922
20.000
0
1.539
5.452
4.922
1.000
11.638
4.323
4.351
2.066
10.655
60.000
10.000
+11,3%
1.667
1.805
1.400
80.000
30.000
1.758
+62,2%
(La % di variazione è riferita allo stesso mese dell’anno precedente)
90.000
50.000
1.380
1.460
1.225
1.051
3.861
1.600
Argentina
+79,5%
1.375
Export mensile di burro
(Esportatori UE-28,AR,AU, BY, CA, CN, IN, JP, MX, PH, NZ, RU, SG, CH,TH, UA, US)
100.000
+96,9%
+230,5%
2.556
129
15
3.279
2.665
6.000
50
+91,2%
1.075
1.176
+15.784,5%
12.000
tonnellate
+225,31%
150
40.000
Yemen
+82,9%
14.000
70.000
Syria
16.000
200
(‘000) tonnellate
Egitto
Bangladesh
18.000
+88,1%
150
307
625
500
+19,7%
128
117
120
200
Apr’13
Mag’13
Giu’13
222
+43,3%
Lug’13
229
164
Ago’13
Set’13
+55%
94
231
212
395
234
Mar’13
+14,9%
333
350
Feb’13
-0,9%
252
287
206
Ott’13
Nov’13
194
Dic’13
Gen’14
segue
43
Maggio 2014
corea del sud
Prodotti lattiero caseari (Formaggi) - Import complessivo
140
Principali paesi fornitori di formaggio
100.000
HS. 0406 - Formaggi
Stati Uniti
Nuova Zelanda
Australia
Germania
90.000
120
80.000
70.000
100
80
+1,68%
+25,01%
+24,36%
60
76
40
60
49
20
23.883
+41,29%
50.000
40.000
Gen - Dic 2009
Elaborazione CLAL su dati GTIS
Gen - Dic 2010
Gen - Dic 2011
Gen - Dic 2012
20.000
18.206
10.000
11.322
32.472
31.877
Gen - Dic 2011
Gen - Dic 2012
16.649
42.530
18.517
9.102
Gen - Dic 2008
Gen - Dic 2013
23.908
19.305
0
0
20.582
-10,61%
30.000
85
77
+6,45%
+32,77%
60.000
+9,75%
tonnellate
(‘000) tonnellate
+12,31%
Gen - Dic 2009
Gen - Dic 2010
Gen - Dic 2013
Elaborazione CLAL su dati GTIS
indonesia
Prodotti lattiero caseari (Smp,Wmp, Burro, Formaggi) - Import complessivo
400
350
HS. 040210 - SMP
HS. 04221 + 040229 - WMP
HS. 0405 - Burro
HS. 0406 - Formaggi
300
(‘000) tonnellate
250
+2,48%
+10,96%
+13,25%
200
22
67
61
132
127
136
Gen-Dic 2010
Gen-Dic 2011
Gen-Dic 2012
42
150
+6,89%
50
50
100
103
50
0
Gen-Dic 2009
154
Gen-Dic 2013
Elaborazione CLAL su dati GTIS
marocco
Principali paesi fornitori di formaggio
Import mensile di formaggio
(La % di variazione è riferita allo stesso mese dell’anno precedente)
2.000
14.000
Stati Uniti
Francia
Olanda
12.000
+9,28%
+13,49%
+29,21%
6.000
1.501
-16,83%
1.784
2.422
2.454
1.738
3.073
2.006
3.541
4.207
Gen-Nov 2008
Gen-Nov 2009
Gen-Nov 2010
Gen-Nov 2011
Gen-Nov 2012
Gen-Nov 2013
Prodotti lattiero caseari (Smp,Wmp, Burro, Formaggi) - Import complessivo
HS. 040210 - SMP
HS. 04221 + 040229 - WMP
HS. 0405 - Burro
HS. 0406 - Formaggi
140
+10,03%
+1,69%
12
11
31
32
36
59
64
62
59
Gen-Dic 2010
Gen-Dic 2011
Gen-Dic 2012
Gen-Dic 2013
120
+23,17%
(‘000) tonnellate
200
0
thailandia
100
80
60
-4,72%
12
32
23
40
50
20
Gen-Dic 2009
Elaborazione CLAL su dati GTIS
44
800
600
Elaborazione CLAL su dati GTIS
0
1.000
400
1.428
1.384
2.284
160
1.200
1.324
1.956
2.000
1.565
1.458
1.882
1.910
2.248
4.000
1.490
1.400
(‘000) tonnellate
Tonnellate
+17,89%
8.000
180
Stati Uniti
Francia
Olanda
Nuova Zelanda
Tunisia
+139,7%
97
1.600
10.000
0
Resto del mondo
1.800
Nuova Zelanda
252
+7%
163 +69,3%
+73,3%
+6,9%
205
237 135 179
-14,9% 124
+0,9%
96 -26%
107 134
173 282
153 151
140
178 112
661
303
297
369
531
397 436
96
99
386
261 227
158 158 153 177
+42,6%
+63,2%
+37,6% 196
+160,3%
-4,1%
104
291
+82,3% 119
241 340 +19% 130
104
-33,9%
168 164
312
145
285 142 140
132
231 235
328
233
162 207
272
253
94
342
352
264
95
449 372
253
395
109
526
467
344
310 282 378
286
181 245
487
+80,9%
338
100 -23,5%
+15,4%
+1,4%
140
140
+29% +11%
139
198
318
278 334 -19,9%
209
280
223
216
199
221
175
564
240
454
694
280
249
452
433
236
285
430
291 209 270 116
111
Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set
12 12 12 12 12 12 12 12 12 12 12 12 13 13 13 13 13 13 13 13 13
Elaborazione CLAL su dati GTIS
Ott Nov
13 13
SCENARI
singapore
malesia
Prodotti lattiero caseari (Smp,Wmp, Burro, Formaggi) - Import complessivo
Prodotti lattiero caseari (Smp,Wmp, Burro, Formaggi) - Import complessivo
250
250
HS. 040210 - SMP
HS. 04221 + 040229 - WMP
HS. 0405 - Burro
HS. 0406 - Formaggi
200
(‘000) tonnellate
7,57%
150
-0,34%
23
20
100
24
82
73
-2,96%
23
25
81
+5,47%
+8,97%
150
+1,65%
100
61
Gen-Dic 2009
60
Gen-Dic 2010
59
Gen-Dic 2011
-7,15%
15
16
29
14
19
29
24
87
95
104
84
101
Gen-Dic 2009
Gen-Dic 2010
Gen-Dic 2011
Gen-Dic 2012
Gen-Dic 2013
50
61
28
14
89
74
50
0
HS. 040210 - SMP
HS. 04221 + 040229 - WMP
HS. 0405 - Burro
HS. 0406 - Formaggi
+10,45%
200
(‘000) tonnellate
300
54
Gen-Dic 2012
Gen-Dic 2013
Elaborazione CLAL su dati GTIS
0
Elaborazione CLAL su dati GTIS
turchia
Principali paesi fornitori di formaggio
9.000
Turk. Rep. of Cyprus
Irlanda
Stati Uniti
Italia
8.000
7.000
+7,53%
+16,49%
Tonnellate
6.000
+24,79%
5.000
+110,42%
-13,28%
4.000
1.001
2.000
3.033
1.000
0
1.641
1.203
1.113
3.000
1.382
2.020
Gen-Nov 2008
Elaborazione CLAL su dati GTIS
2.447
3.157
3.681
3.918
fine
Gen-Nov 2009
Gen-Nov 2010
Gen-Nov 2011
Gen-Nov 2012
Gen-Nov 2013
45
focus ON
Maggio 2014
Il labirinto burocratico:
un ostacolo per le imprese
Contratti da stilare, documenti da firmare, moduli da compilare: per il 40% delle piccole e medie industrie sono inutili
formalità. Che comportano un notevole dispendio economico e una rilevante perdita di tempo.
L’ultima grande manifestazione contro burocrazia e fisco risale allo scorso 18 febbraio. Organizzata dalle cinque associazioni che compongono Rete Imprese Italia
(Confartigianato, Cna, Casartigiani, Confcommercio e
Confesercenti), ha raccolto in piazza del Popolo a Roma
più di 50mila partecipanti, tra imprenditori, artigiani e
commercianti provenienti da tutto il Paese. Obiettivo
principale: esprimere il profondo disagio dovuto alle
condizioni sempre più difficili in cui le aziende sono costrette a operare e, soprattutto, chiedere al governo interventi concreti per il rilancio dell’imprenditoria.
Priorità assolute, secondo il presidente e portavoce
Marco Venturi, sono la riduzione della pressione fiscale
(che ha raggiunto il livello record del 54%) e, non meno
importante, la sburocratizzazione (ogni anno, alle piccole e medie imprese, la burocrazia costa 30 miliardi di
euro).
Da parte sua, il nuovo presidente del Consiglio, Matteo
Renzi, ha sempre sostenuto la necessità di semplificare
e alleggerire il carico burocratico, ma questa rimane,
senza ombra di dubbio, una battaglia difficile. Il comunicato stampa diffuso il 12 marzo dal consiglio dei ministri, elenca alcuni provvedimenti a favore delle aziende,
come la riduzione dei costi Inail, la diminuzione del 10%
dell’Irap e agevolazioni del 10% sul costo dell’energia.
Ma a livello burocratico, per ora, gli unici punti affrontati
sono la smaterializzazione del Durc (Documento unico
di regolarità contributiva) e la semplificazione della contrattualistica per i rapporti di lavoro.
Una ricerca relativa al condizionamento che la burocrazia esercita sulle piccole e medie imprese in Italia è
stata commissionata a Ipsos Public Affairs (società specializzata in sondaggi) proprio dal Cna. Pubblicata nel
mese di dicembre 2013, offre interessanti spunti sull’argomento.
La rilevazione dei dati è avvenuta nel periodo tra l’8 e
il 29 ottobre 2013. E’ stato interpellato telefonicamente
un campione di 200 persone, tra lavoratori autonomi e
imprenditori della Pmi (aziende fino a 50 dipendenti. Ma
la maggior parte delle realtà contattate, il 40%, conta
un massimo di due addetti). Il campione è composto da
attività nel settore manifattura/produzione (67%) e nei
servizi (33%).
Dal sondaggio emerge che la principale conseguenza negativa che la burocrazia produce è la perdita di
tempo (42%). Le pratiche burocratiche, lunghe e farraginose, sottraggono infatti al titolare una media di 45
giorni l’anno, che si somma alla media di 28 giorni l’anno
per i dipendenti. Questo aspetto, a detta degli operatori,
provoca un ulteriore e grave effetto; quello di limitare
la capacità di innovazione e crescita delle attività. L’area
burocratica più complessa risulta essere il fisco (64%),
seguono poi le pratiche relative a sicurezza/ambiente e
infine, paradossalmente, quelle legate al lavoro vero e
proprio. Oltretutto, queste ultime, sono ritenute di chiara utilità, mentre le pratiche legate a fisco e ambiente/
sicurezza (in primis) vengono maggiormente percepite
come inutili formalità.
Oltre al tempo sottratto al lavoro, un altro elemento
che le aziende considerano inaccettabile sono gli oneri
da sostenere a causa della burocrazia. E ci si riferisce
non solo ai costi delle pratiche in sé (che nel 32% dei
casi appaiono attribuiti indebitamente all’impresa), ma
anche alle spese legate all’esigenza, quasi obbligata, di
affidarsi a professionisti esterni che se ne occupino (il
98% degli imprenditori si avvale, almeno in parte, di un
supporto a pagamento).
Questi dati bastano a dimostrare come, per le aziende,
la burocrazia rappresenti un motivo di preoccupazione,
un antagonista che sottrae tempo prezioso a imprenditori e dipendenti, consuma i fatturati, ostacola gli investimenti e, limitando innovazione e progresso, riduce la
competitività delle imprese italiane nel mercato globale.
Irene Galimberti
Spese addizionali
Il peso della burocrazia
Completamente in disaccordo (voti 1-3)
Abbastanza in disaccordo (voti 4-5)
Abbastanza d’accordo (voti 6-7)
Completamente d’accordo (voti 8-9)
Negli ultimi anni ci sono meno
adempimenti burocratici
La maggior parte degli oneri burocratici
sono utili per il controllo dell’attività
Gli adempimenti burocratici sono oggi
più semplici perchè automatizzati
1
2
3
89
69
28
22
9
-38
24
25
11
-28
41
40
20 7 -78
Base totale rispondenti (200)
Problematicità
Il campione indica l’aspetto più problematico tra quelli elencati
aspetto più problematico in assoluto
%
46
Totale citazioni
Quanto le aziende si affidano a un supporto esterno
(a pagamento) per l’adempimento delle pratiche burocratiche
Prima citazione
Impatto negativo sull’attività
perchè richiede tempo
Imprenditore
56+ anni: 18%
25
19
Il numero delle informazioni richiesto
è eccessivo
17
Complessità degli
adempimenti/difficoltà a comprenderli
15
Stessa informazione
più volte
9
14
La complessità espone l’impresa
ad un alto rischio di errore e a sanzioni
9
14
Grande difficoltà a trovare
le informazioni richieste
8
11
Sono
un costo
4
Contratti di appalto: 30%; lavorano in
cantiere 25%; fatturato <250.000 euro: 24%
19
Imprese
nei servizi: 21%
16
8
%
Sì, completamente
2
21
No
Sì, in parte
5
34
98%
95%
Contratti di appalto: 23%
fatturato >250.000 euro: 20%
77
Fino a 2 addetti: 17%;
fatturato < 250.000 euro: 16%
Imprenditore 56+ anni: 17%;
fatturato <250.000 euro: 12%
3-9 addetti: 16%;
fatturato >250.000 euro: 12%
Limite alle possibilità
di innovare/crescere
3 7
Adempimenti
fiscali
4 5
Lavorano
in cantiere: 17%
Interfacciarsi
con gli enti
3 5
Lavorano
in un cantiere: 17%
Continui cambiamenti
della normativa/leggi
34
Base totale rispondenti (200)
ricorso al supporto esterno
per l’assolvimento delle pratiche
burocratiche nell’area...
4% NON SA/NON RISPONDE
Totale pratiche
27
29
44
10+ addetti:
9%
61
Fisco
79% per
imprenditori
che la indicano
come area
più gravosa
Fonte: Ipsos
25
73%
Ambiente e sicurezza
3% NESSUNO
22
53
Lavoro
78%
Base totale rispondenti (200)
%
Accordo-disacordo
Il campione intervistato ha assegnato un voto per esprimere
l’accordo/disaccordo relativo a tre affermazioni
guida buyer
Maggio 2014
speciale
BURRO
“
Giovannino Perdigiorno, gran viaggiatore e famoso esploratore, capitò una volta nel paese degli uomini di burro.
A stare al sole si squagliavano, dovevano vivere sempre al fresco, e abitavano in una città dove al posto delle
case c’erano tanti frigoriferi. Giovannino passava per le strade e li vedeva affacciati ai finestrini dei loro frigoriferi,
con una borsa di ghiaccio in testa. Sullo sportello di ogni frigorifero c’era un telefono per parlare con l’inquilino.
Pronto.
Pronto.
Chi parla?
Sono il re degli uomini di burro.
Tutta panna di prima qualità. Latte di mucca svizzera. Ha guardato bene il mio frigorifero?
Perbacco è d’oro massiccio. Ma non uscite mai di lì?
D’inverno, se fa abbastanza freddo, in un’automobile di ghiaccio.
E se per caso il sole sbuca d’improvviso dalle nuvole mentre la Vostra Maestà fa la sua passeggiatina?
Non può, non è permesso. Lo farei mettere in prigione dai miei soldati.
Bum - disse Giovannino. E se ne andò in un altro paese.
Gianni Rodari, Gli uomini di burro
”
Le aziende, i prodotti, la distribuzione,
l’andamento del mercato secondo
i dati Iri. Referenze e vendite in crescita,
che superano i 38 milioni di tonnellate
di prodotto. Formati in calo.
In aumento le vendite a valore del 2,7%
e la private label (33%). Analizzando le vendite
per ripartizione territoriale, risulta evidente
una concentrazione nelle regioni del Nord Italia.
Considerando il sell out nei canali di vendita,
i supermercati detengono la leadership
con un totale che supera i 27 milioni di tonnellate.
segue
47
guida buyer - speciale burro
Maggio 2014
Un mercato
da… spalmare
Referenze e vendite in crescita, che superano i 38 milioni di tonnellate di prodotto. Formati in calo.
In aumento le vendite a valore del 2,7% e la private label (33%). Fotografia del comparto e dei suoi produttori.
Il mercato del burro, negli ultimi mesi, si
è arricchito di molte novità di prodotto e
mostra trend di mercato piuttosto evidenti,
come quello della riduzione delle pezzature e
dell’ingresso dei prodotti light e funzionali. Ma
la parte del leone, dal punto di vista del sell in,
resta sempre appannaggio del burro normale,
che nell’anno terminante a gennaio 2014 (dati
Iri - Totale Italia Iper+super+Lsp) ha registrato
vendite a volume per oltre 38 milioni di tonnellate, con un calo anno su anno dello 0,4%.
In crescita, invece, il dato a valore (+3,3%).
Nel complesso, il mercato del burro ha registrato, a volume, una flessione dello 0,8%,
con un dato in controtendenza a valore, dove
chiude con un +2,7%. I primi tre produttori
a valore, cioè Lactalis, Parmareggio e Prealpi,
coprono il 16,2% del mercato (dati Iri). Analizzando i singoli comparti, se il burro salato, che
sviluppa quantitativi piuttosto ridotti (circa
430mila tonnellate At gennaio 2014), chiude
l’anno con un sostanziale pareggio dei volumi
(+0,1%), burro leggero e altri tipi di burro registrano una significativa flessione, pari rispettivamente a -10,2% e -12%. Dato confermato
anche a valore dove, a differenza degli altri tipi
di burro, i cui prezzi registrano una crescita, il
calo appare evidente (-10,7% per burro leggero, -5,6% per altri tipi di burro). Analizzando
le vendite per ripartizione territoriale, risulta
evidente come in Italia il business del burro si
concentri ancora nelle regioni del Nord, che
insieme rappresentano oltre la metà dei volumi veicolati, pari a più di 25 milioni di tonnellate. Quanto all’allocazione nei canali, invece,
sono i supermercati il primo e più importante per le vendite di burro, con un totale che,
sempre nell’anno terminante a gennaio 2014
(dati Iri) supera i 27 milioni di tonnellate. Ma
anche il discount è sempre più fondamentale
per le vendite di burro, una referenza che trova sempre più spazio e attenzione da parte
di questo retailer. E che, grazie a politiche di
prezzo aggressive ma costanti, attrae anche
molti produttori. Di grande importante è anche la private label, che incide per ben il 33%.
Infine i player esteri. Il mercato del burro, sempre vivace grazie anche agli stoccaggi privati e
alla grande incidenza del canale industria, vede
sempre crescente il valore dei concorrenti
rappresentati non solo da mercati maturi, ma
anche da quelli emergenti, come l’India.
Alice Realini
Dimensioni e trend del Mercato
Totale Italia Iper+super+LSP (da 100 a 399 mq)
At Gennaio 2014
Burro
Burro Normale
Burro Salato
Burro Leggero
Burro Altri Tipi Di Burro
Allocazione nei Canali e nelle Aree
At Gennaio 2014
Totale Italia Iper+super+LSP (da 100 a 399 mq)
Nord-ovest Iper+super+LSP (da 100 a 399 mq)
Nord-est Iper+super+LSP (da 100 a 399 mq)
Centro + Sardegna Iper+super+LSP (da 100 a 399 mq)
Sud Iper+super+LSP (da 100 a 399 mq)
LSP
Supermercati
Ipermercati
segue
48
250 grammi, poiché tradizionalmente è quello
consumato nelle diverse occasioni da parte
di tutta la famiglia. L’evoluzione delle abitudini
alimentari ha certamente ridotto la quantità
media di burro consumato, quindi i formati
più piccoli sono oggi senza dubbio prediletti”.
Per l’azienda si tratta di un business di grande
importanza. Commenta Margherita Montanari: “Realizziamo con crema di latte e burro
circa la metà del nostro fatturato. Lo scorso
anno, quindi, circa 30 milioni di euro”. Dai prodotti ai canali di vendita. Nel caso della crema
di latte, quello preponderante, per l’azienda
di Sant’Ilario d’Enza, è l’industria. “Per quanto
riguarda il burro ci rivolgiamo rispettivamente ad industria (29%), ingrosso (24%), Gdo
(18%), ristorazione collettiva (16%) dettaglio
tradizionale (13%)”. Ma qual è il rapporto con
la Grande distribuzione, chiediamo a Montanari? “Le nostre referenze si posizionano nel
canale Gdo come prodotti di fascia medio
alta o premium, in quanto vantano specifiche
caratteristiche distintive. Possiamo sicuramente implementare la nostra presenza nel canale
Gdo, ma riteniamo che al momento il nostro
prodotto sia adeguatamente valorizzato”. Per
quanto riguarda il segmento burro, l’azienda
nel 2012 ha lanciato il progetto ‘Burro Nobile’. “Si tratta di un prodotto senza lattosio,
ottenuto da latte di bovine nutrite con alimenti ricchi di Cla (acido linoleico coniugato), naturalmente anticancerogeno, e Omega
3”, racconta Montanari. E anche per il 2014
l’azienda ha in serbo delle novità. “Crediamo
nella lavorazione in purezza del latte proveniente da razze bovine del territorio, quindi
nella valorizzazione dei prodotti da esse de-
Vendite in
Valore
Var. %
Vendite in
Valore su
Anno
Precedente
2,7
3,3
5,1
-10,7
-5,6
-0,8
-0,4
0,1
-10,2
-12,0
312.342.143
293.463.054
5.022.045
12.470.018
1.387.026
Vendite in
Volume
Sales
Location
in Volume
Vendite in
Valore
Sales Location
in Valore
40.273.220
14.260.658
11.093.165
9.031.618
5.887.779
6.945.679
27.299.313
6.028.229
100,0
35,4
27,5
22,4
14,6
17,2
67,8
15,0
312.342.143
112.943.134
86.309.141
67.338.045
45.751.822
57.916.665
209.022.474
45.403.004
100,0
36,2
27,6
21,6
14,6
18,5
66,9
14,5
40.273.220
38.556.427
436.351
1.181.516
98.927
Fonte: Iri
Montanari & Gruzza
“La nostra gamma offre circa 15 marchi
propri di burro. Considerando le diverse
pezzature di ogni marchio, il nostro assortimento comprende circa 80 referenze”, esordisce così Margherita Montanari, responsabile
marketing di Montanari & Gruzza, azienda di
Sant’Ilario d’Enza (Re) specializzata nella produzione di burro e parmigiano reggiano. “Il
nostro burro”, precisa Montanari, si distingue
perché, non soltanto è italiano, ma viene prodotto con sola crema di latte raccolta nella
zona nell’area di Parma e Reggio Emilia, con
mezzi propri tutti i giorni per preservarne le
proprietà e lavorarla fresca”. All’interno della
gamma Montanari & Gruzza vi sono marchi di
fascia premium, burro biologico, senza lattosio
e ricco di Cla e Omega 3. “Il nostro burro
vanta l’83% di materia grassa e ben cinque
mesi di shelf life. Il punto di forza è in primis
l’essere totalmente emiliano. La crema di latte
impiegata, inoltre, è omogenea perché proveniente da caseifici accomunati dalla stessa
lavorazione casearia e dallo stesso disciplinare,
quello del parmigiano reggiano, il più rigoroso
in Italia. Il prodotto è bianchissimo, aromatico e cremoso, dal gusto delicato”, precisa
Montanari. Diversi i formati disponibili, dalla
monoporzione per hotel da 10 grammi fino
ai pani per l’industria da 25 Kg. All’interno di
questo intervallo, si trovano molte pezzature:
62,5 grammi, 100 grammi, 125 grammi, 200
grammi e 250 grammi, sia classico che formato casalingo, 500 grammi, 1 e 5 Kg. Quanto al
packaging, è disponibile l’incarto in alluminio o
carta pergamena, ma anche la scatola di latta
per il marchio premium. “Il formato più richiesto dal mercato nazionale è sicuramente il
Vendite in
Var. %
Volume Vendite in
Volume su
Anno
Precedente
rivanti. In quest’ottica è stato realizzato un
nuovo progetto che lanceremo quest’anno”.
Le iniziative di Montanari & Gruzza vanno
anche nella direzione di riabilitare il consumo
del burro, dopo anni di cattiva informazione
che ha allontanato alcuni consumatori. “Senza
dubbio, si cerca di dotare il prodotto di caratteristiche salutistiche (biologico, senza lattosio
o alleggerito in termini di grassi) per riabilitarlo al suo storico ruolo di alimento base nella
nostra dieta, dopo una campagna discriminatoria sui grassi saturi, portata avanti a partire
dagli anni 80 a favore dei grassi vegetali, che si
sono invece poi rivelati veri nemici della nostra salute”. Per Margherita Montanari vi è
però un tema che andrebbe regolamentato.
“La mancanza di una normativa che obblighi
il produttore a dichiarare in etichetta il tipo
di panna utilizzata per produrre il burro (di
centrifuga, d’affioramento o di siero) fa sì che
tutte le referenze vengano considerate di medesima qualità, solo in virtù della denominazione burro. Questo ovviamente appiattisce
l’offerta e svilisce taluni prodotti, ma soprattutto rende il burro una commodity: un mero
ingrediente o un semplice grasso e il consumatore non comprende chiaramente i diversi
posizionamenti prezzo all’interno dell’offerta
sul mercato”. Infine l’estero, dove l’azienda
presidia in particolare il canale degli importatori e distributori di specialità. “Esportiamo
il nostro burro connotandolo dal punto di vista della sua origine: italiano, ma soprattutto
emiliano. La sua lunga shelf life ci consente di
veicolarlo anche sui mercati esteri senza alcun
tipo di problema”.
www.montanari-gruzza.it
Fatturato 2013: 60 milioni di euro circa
Trend rispetto al fatturato 2012: + 12%
Certificazioni aziendali e di prodotto:
Iso 9001:2008; Brc; Ifs; Bio Ccpb; Halal
Iniziative di sostenibilità ambientale:
In collaborazione con l’Università di
Bologna, un progetto di progresso in
ambito agronomico e zootecnico
nell’alimentazione delle bovine, con
alimenti ricchi di omega3 che migliorano il
benessere dell’animale e la qualità
dei prodotti che ne scaturiscono
guida buyer - speciale burro
Maggio 2014
Brazzale
Un’incidenza del 30% sul fatturato dell’azienda, per un prodotto che da sempre appartiene alla tradizione casearia della
famiglia Brazzale: il burro. Disponibile per il consumatore con
i brand Burro delle Alpi, Paesanella, Alpilatte, Brazzale e Gran
Moravia, questo prodotto, diretto anche al canale industria e
al retail, è presente in assortimento in formati che vanno dai
sei grammi della porzione hotel ai 25 chili per industria e ristorazione. Indirizzato al consumatore finale, in particolare, si
trovano sul mercato le confezioni da 125, 250, 500 e 1.000
grammi. “Inoltre, realizziamo oltre 200 marchi per industria e
Gd-Do, con un’incidenza della private label sul fatturato che
supera il 60%”, precisa Gianni Brazzale, amministratore delegato dell’azienda. Proprio la gamma Burro delle Alpi è stata
oggetto, alla fine del 2013, di una importante novità: il progetto
Nutriclip. “Le Nutriclip di Burro delle Alpi”, racconta Gianni
Brazzale, “sfruttando la tecnologia Qr code, disponibile sia per
iPhone che per Android e Symbian, grazie al codice quadrettato presente su tutte le confezioni, consentono di accedere a
brevi clip in cui il professor Pier Luigi Rossi, Medico Specialista
in Scienza della Alimentazione, spiega in maniera chiara, semplice e completa tutte le qualità nutrizionali del burro, le sue
caratteristiche, gli importanti benefici sulla salute e sul metabolismo”. Dalle novità, alle referenze. Il prodotto più performante della gamma, canale consumer, è la confezione da 250
grammi, disponibile per tutti i diversi brand. “Certamente, oggi,
è sempre il tradizionale burro classico, da cucina, a registrare le
migliori performance di vendita e ad incontrare la preferenza
dei consumatori. Il consumatore sembra oggi meno condizionato dalle mode effimere e suggestive dei prodotti “vegetali”
o “light” indotte da enormi investimenti pubblicitari che hanno
cercato maliziosamente di screditare il burro e sottrargli fette
di consumo. La verità delle cose sta riemergendo, e i medici per primi, come abbiamo dimostrato grazie alle Nutriclip,
affermano che il burro è alimento insostituibile in un’alimentazione sana ed appetitosa, di gran lunga più sano dei suoi
surrogati vegetali o sgrassati. Senza dubbio si sta assistendo
da diverso tempo ad una importante riscoperta del burro,
anche grazie a questa rivalutazione nutrizionale del suo valore
e dell’importanza che questo alimento riviste nell’alimentazione quotidiana portata avanti dalla classe medica”. Quanto alla
canalizzazione delle vendite, il 35% del burro Brazzale è diretto
all’industria, il restante 65% al retail. “Nella Gd la parte del leone è rappresentata dal 250 grammi, seguito dal formato 125
grammi. Nel canale catering, invece, il prodotto più venduto è
il 500 grammi. All’industria è destinato invece, in particolare, il
formato da 1.000 grammi. Si tratta di una clientela, quella del
canale industria, che richiede flessibilità e capacità di rispondere velocemente ad ogni particolare esigenza, due fattori sui
quali riteniamo di essere molto competitivi e a cui, quindi, dedichiamo sempre molte risorse ed attenzione”. Dal punto di
vista della politica prezzi e della pressione promozionale, Brazzale nota: “Senza dubbio, i discount hanno eroso grosse quote
di mercato, anche nel burro. Si tratta di un canale in crescita,
a discapito prima di tutto di iper e super. Che, per difendersi
dalla concorrenza del discount, scelgono oggi di inserire nel
loro assortimento anche burro di ‘primo prezzo’. Quanto alla
Gd, inoltre, la pressione promozionale, anche per il burro, si
mantiene su livelli piuttosto elevati”. L’azienda, per fronteggiare
il complesso quadro di mercato, ha adottato una politica precisa: “La nostra strategia è stata quella di eliminare ogni tipo di
offerta e veicolare il burro di nostra produzione a un prezzo
basso e costante”. Non mancano, anche nel burro, i trend che
vedono la riduzione dei formati. “Dal punto di vista del sell in,
negli ultimi anni ad imporsi è anche il mercato delle porzioni
hotel. La nostra offerta in questo segmento è piuttosto ampia.
Le porzioni sono da sei, otto e dieci grammi. E possono essere
confezionate in blister, secondo le esigenze del cliente”. Una
referenza molto importante anche sui mercati esteri che, con
il burro, Brazzale presidia per un’incidenza che supera il 30%
Consorzio Latterie Virgilio
Il Consorzio mantovano Virgilio, che raggruppa cooperative produttrici di formaggio grana padano e parmigiano reggiano, tra la sua ampia gamma di prodotti anche
referenze dedicate al comparto burro, che si intrecciano
proprio con le origini del Consorzio. La storia Virgilio,
infatti, comincia negli anni Sessanta come Consorzio Latterie Sociali Mantovane. In questi primi anni il Consorzio
si occupa in particolare della produzione di burro e creme fresche., tanto da guadagnarsi il nome: “la Cremeria”.
Ancora oggi, core business Virgilio è la lavorazione delle
creme d’affioramento derivanti dalla produzione di grana
padano e parmigiano reggiano per ottenere burro, oltre
a panna Uht e mascarpone. “La missione del consorzio
Virgilio è portare sulla tavola di milioni di consumatori
un prodotto italiano di altissima qualità, garantito da una
filiera di produzione controllata e certificata, prodotto
con le più moderne tecnologie nel rispetto della tradizione”, fanno sapere dall’azienda. Dalla storia, ai prodotti.
Il burro è protagonista dell’assortimento dell’azienda. A
Marchio: Virgilio
Data di nascita: 1966
Soci conferitori: 70
Certificazioni: Ifs (International featured standard); Gsfs
ex Brc (Global standard for food safety); Dtp.019 per i
prodotti della cremeria (attestazione di origine italiana)
segue
50
marchio Virgilio, infatti, si trova sul mercato il Burro Virgilio con fermenti lattici. Questo prodotto è disponibile
nei formati da 125, 250, 500 e 1.000 grammi. A cui si
aggiunge la confezione da un chilo con all’interno otto
panetti da 125 grammi. “La più antica produzione Virgilio
è la Cremeria, che comprende in primis il burro 100%
italiano, prodotto per affioramento della panna del nostro latte fresco, a cui ai aggiungono anche il mascarpone
tipicamente lombardo, la panna da cucina e da montare
completamente naturali, genuine e prive di additivi, e la
besciamella”. Il burro Virgilio è caratterizzato dalla stessa grafica che connota le altre referenze del Consorzio
mantovano, con in evidenza la dicitura “Italiano da sempre”. Attualmente Virgilio è un consorzio che vanta circa
70 soci, delle zone di Mantova, Brescia e Vicenza. Grazie
alla sua posizione geografica, è l’unico Consorzio che riunisce conferenti sia di grana padano che di parmigiano
reggiano.
www.consorzio-virgilio.it
del fatturato. A Gianni Brazzale, infine, chiediamo quali siano
i plus del burro Brazzale. “Senza dubbio la qualità costante,
l’attenzione alle materie prime e al prodotto. Frutto di una tradizione antica, di passione e del supporto delle più moderne
tecnologie, infatti, il nostro Burro delle Alpi ha un sapore dolce,
lieve e delicato e un aroma gradevole e caratteristico”.
www.brazzale.com
Fatturato 2012: 165 milioni di euro
Fatturato 2013: 156 milioni di euro
Marchi: Burro delle Alpi, Alpilatte, Brazzale,
Gran Moravia, Paesanella
Canalizzazione delle vendite: Industria 35% - retail 65%
Export burro: 32%
guida buyer - speciale burro
Maggio 2014
Fattorie Fiandino
Burro 1889 e Burro 1889 salato, nei formati da 100
e 200 grammi e in quello da 5 Kg per usi professionali.
E’ questo l’assortimento di Fattorie Fiandino, che presidia da molti anni il segmento del burro. “Il nostro è
un prodotto di alta gamma, realizzato per centrifuga ed
in un’unica lavorazione, esclusivamente dal nostro latte,
senza aggiunta di panne di siero”, esordisce Mario Fiandino, titolare dell’azienda insieme al cugino, Egidio Fiandino. “L’alta qualità del nostro latte, la lavorazione in giornata per centrifuga
e le ‘panne riposate’ conferiscono al nostro
burro caratteristiche di morbidezza, spalmabilità
e delicatezza veramente uniche. La
lavorazione in un’unica
soluzione, senza rifusioni
o passaggi intermedi, ci permette inoltre di offrire una shelf life di 120 giorni, senza
alcuna aggiunta di conservanti”. Il burro rappresenta una
voce di business importante per l’azienda di Villafalletto
(Cn), che incide sul fatturato per circa il 10%. Il più performante, tra i formati in assortimento, è quello da 200
grammi, per Burro 1889, mentre nella versione salata è
quello da 100 grammi. Ma qual è il target di consumatori di Burro 1889? “Non so se esiste un target definito
“amanti delle cose buone”, perché proprio in questa
particolare categoria di consumatori si trovano i nostri
migliori e affezionati clienti”, risponde Fiandino. Anche i
canali di vendita rispettano questa filosofia. “Botteghe di
paese e gastronomie sono sicuramente quelli che prediligiamo, anche se la Gdo si sta rivelando sempre più
attenta ai prodotti di qualità. E, quindi, al nostro Burro 1889”. Quanto alla distribuzione territoriale, invece,
Burro 1889 è molto presente, in particolare, sugli scaffali
del Nord est mentre è quasi del tutto assente nel Sud
Italia. L’azienda presidia con questo prodotto anche i
mercati esteri, in particolare Usa, Canada, Australia,
Germania, Uk, Austria, Svizzera, Finlandia. Infine, a
Mario Fiandino, chiediamo quali siano le nuove
tendenze nel mercato del burro. “Nonostante il difficile momento economico notiamo che
i prodotti di qualità
ad un prezzo “corretto” (e in questa
fascia inseriamo
anche i
formaggi delle Fattorie Fiandino)
sembrano andare in
controtendenza. Anche
Burro 1889 gode di questa
prerogativa che lo vede protagonista, spesso unico italiano, tra le più pregiate marche di Burro internazionali.
Speriamo che la ripresa che tutti auspichiamo contribuisca a rafforzare e consolidare il mercato del burro
di qualità”.
www.fattoriefiandino.it
Fatturato 2013: 12 milioni di euro
Trend rispetto al fatturato 2012: stabile
Certificazioni aziendali e di prodotto: Halal, Iso 9001:2008, Iso
14001:2004 sostenibilità ambientale, Iso 22000:2005
Iniziative di sostenibilità ambientale:
Eliminazione di ogni particolare plastico “non riciclabile” laddove
possibile, come ad esempio l’abolizione della plastificazione delle
scatole, dando precedenza a carta, cartone e materiali riciclabili
Inalpi
Burro classico e chiarificato. Sono questi i
due prodotti con cui Inalpi presidia il mercato
del burro per i consumatori. Proprio le referenze destinate al consumatore finale sono di
recente state oggetto di un restyling del packaging. “Abbiamo realizzato per questi prodotti
il marchio Latterie Inalpi e dato maggior forza
a uno dei plus principali delle referenze, cioè
la filiera Inalpi, che garantisce l’utilizzo in fase
di produzione di latte di provenienza 100%
piemontese. Un risultato reso possibile dalla
rete degli oltre 400 allevatori della regione,
che ogni giorno conferiscono 500mila litri di
latte crudo alla nostra azienda”, commenta
Ambrogio Invernizzi, presidente dell’azienda.
Questa nuova veste riguarda anche il burro
classico e il burro chiarificato. Il burro classico
Latterie Inalpi, che viene prodotto con panna
di centrifuga da latte vaccino fresco proveniente da aziende agricole locali, è disponibile
nel panetto da 250 e 1.000 grammi. Il burro
chiarificato di panna fresca, sostanzialmente quasi del tutto privo di acqua e lattosio, è
invece proposto nel panetto da 250 grammi.
Infine, grazie al progetto della tracciabilità attivato da Inalpi, il consumatore può scoprire la
provenienza del latte contenuto nel prodotto
consultando la mappa multimediale Inalpitraccia sul sito www.inalpi.it. Digitando il numero
di lotto riportato sul retro del panetto, con un
Latteria Soresina
segue
52
15 referenze, con confezione come la lattina, l’eco pack e il blister. E’
l’offerta a marchio di Latteria Soresina per il segmento del burro, storicamente presidiato dalla Cooperativa lombarda. Celebre per la caratteristica
lattina gialla, già sul mercato sin dalla fine della seconda Guerra mondiale,
Latteria Soresina è stata tra le prime aziende a confezionare burro in modo
“automatico” in Italia. “Oggi Tutto il burro Soresina viene prodotto
a partire da panne fresche ottenute per centrifugazione di latte, affioramento naturale o centrifugazione
del siero entro 36 ore dalla mungitura”, racconta
Gianluca Boschetti, direttore marketing dell’azienda.
La gamma Latteria Soresina, nel dettaglio, comprende: tre referenze di burro in lattina, nella caratteristica
confezione gialla, da 125, 250 e 500 grammi; due referenze di Burro della Latteria, nel formato 125 e 250
grammi; quattro referenze di burro Soresina Classico
(125, 250, 500 e 1000 grammi), il burro Ecopack, con
incarto compostabile, da 250 grammi, e due referenze di burro senza lattosio (125 e 250 grammi), che
rappresentano una delle ultime novità dell’azienda. A questi
si aggiungono il burro porzioni blister (12,5 grammi), quello porzioni hotel
(8 grammi) e il burro Gourmet, dedicato a ristorazione e pasticceria, nel
formato da 1.000 grammi. Per Latteria Soresina il burro rappresenta circa
il 6,4% del fatturato. “Il burro in pani incide per il 2,5%, quello Gourmet
l’1,9%, mentre il burro in scatola lo 0,6% e quello in porzioni lo 0,23%”,
precisa Boschetti. Il prodotto più performante, per il consumatore finale,
è il classico Soresina da 250 grammi. “Per ristorazione e pasticceria, invece,
il burro Gourmet da 1.000 grammi, che è anche il formato più venduto
in assoluto”. Dal punto di vista dei canali di vendita, il prodotto registra i
volumi principali in Gdo. “Ma per Latteria Soresina è anche fondamentale
presidiare canali come il tradizionale e l’Horeca, che valgono più del 30%
del fatturato della nostra marca e che risultano in costante crescita”. Ma
il burro, chiediamo a Boschetti, è un prodotto adeguatamente valorizzato
dalla Gdo? “Se si pensa ad altri segmenti, si riscontra una profondità di
assortimento elevata, con un peso delle private label non così importante e con notevoli variabilità di prezzo. Ciò significa che esiste una fascia
preponderante di consumatori molto legata alla marca, che sa riconoscere i valori sensoriali, e più in generale quelli di prodotto, attribuendo
al burro un valore aggiunto importante. Da questi punti di vista la Gdo
offre sicuramente soddisfacenti prestazioni di servizio, mostrando buon
interesse verso le innovazioni”. Infine, in merito alle difficoltà del comparto,
Boschetti commenta: “Stiamo parlando di un mercato molto frazionato e
di dimensioni tali da non permettere ad una singola marca di capitalizzare
eventuali ed importanti investimenti in comunicazione. Tuttavia, sarebbe
importante poter insegnare alle nuove generazioni la cultura del burro
che da un punto di vista del contributo sensoriale ha capacità eccellenti.
Trasferire gli importanti valori del burro anche a generazioni più giovani è,
infartti, il primo nostro obiettivo”.
www.latteriasoresina.it
Fatturato 2013: oltre 325 milioni di euro
Trend rispetto al fatturato 2012: +4,7 %
Certificazioni aziendali e di prodotto: Iso 9001/2008; Iso 22005; Dtp 035
Csqa Filiera controllata; Brc; Ifs
Iniziative di sostenibilità ambientale: proprio nel segmento burro Latteria
Soresina è stata la prima a proporre un burro con incarto compostabile, che
dopo l’utilizzo può essere smaltito nella frazione umida. Si tratta del burro
Latteria Soresina denominato Ecopack, oggi disponibile nel formato da 250
grammi
click è possibile visualizzare tutti gli elementi
utili relativi alla materia prima: dati, immagini e
video di presentazione delle stalle fornitrici del
latte utilizzato per produrre il lotto in ricerca
ed ulteriori informazioni riguardo la razza bovina prevalente, l’alimentazione e i valori medi
di materia grassa e proteica del latte fornito.
www.inalpi.it
Fatturato 2013: 110 milioni di euro
Marchi: Latterie Inalpi
Certificazioni aziendali e di prodotto: Iso
9001:2008, Iso 14001:2004, Brc, Ifs, Fssc
22000, Sa 8000:2008, Kosher, Halal, certificazione aziendale provincia di Cuneo.
Maggio 2014
guida buyer - speciale burro
Parmareggio
E’ un prodotto strategico per Parmareggio
che, dal 2012, ha avviato un vero e proprio
Progetto Burro. Ne parliamo con Maurizio
Moscatelli, direttore commerciale dell’azienda.
Quante referenze di burro comprende la
vostra gamma?
Da anni abbiamo in assortimento il Burro
Parmareggio da 200 grammi, che è la nostra
referenza principale presente sul mercato. Nel
2012 abbiamo avviato un vero e proprio Progetto Burro, concentrando importanti risorse
aziendali nello sviluppo del Burro Parmareggio,
che ci ha portato a creare una gamma più
ampia che potesse soddisfare maggiormente
i bisogni dei consumatori. Da aprile 2012 è
stato lanciato il formato da 100 grammi, seguito dal formato da 400 grammi. Questi sono
stati pensati per andare incontro alle esigenze
attuali che, dato il persistere di condizioni economiche non favorevoli e i mutati comportamenti di consumo, fanno spostare la scelta
del consumatore su prodotti con grammature
ridotte e con battuta di cassa inferiore, oppure
su formati che permettono un maggiore risparmio. Infatti il primo è stato pensato in una
logica di servizio per chi ha un consumo basso
e meno frequente di burro (soprattutto per un
nucleo familiare con un unico componente). Il
secondo invece per chi vuole unire qualità del
prodotto ad un prezzo €/kg più conveniente,
dovuto a una pezzatura più grande. I due nuovi formati si affiancano alle monoporzioni, un
formato ideale per la prima colazione, per gli
hotel e i bar, vendute in Horeca e in Gdo e ai
formati da 500 grammi e da 1Kg realizzati per
il canale professionale e per l’industria.
Di quali tipologie di prodotti si tratta?
Il burro è un mercato maturo e con scarsa
innovazione. Parmareggio ha cercato di innovare puntando principalmente sulla prove-
nienza della materia prima. Da sempre, i nostri
caseifici producono due importanti prodotti:
il parmigiano reggiano e le creme del latte. E’
proprio quest’ultima risorsa che abbiamo sviluppato. Abbiamo quindi raccolto le creme del
latte dei caseifici di Modena, Parma e Reggio
Emilia, già lavorate nel nostro burrificio, e abbiamo prodotto il Burro Parmareggio, dallo
standard qualitativo elevato, dal sapore unico
e dal gusto delicato e cremoso, finalizzando
un business che avevamo già al nostro interno.
Ed è sulla provenienza e su questi valori nutrizionali che abbiamo puntato come elemento
innovativo e distintivo. Per differenziare il nostro burro dagli altri tradizionali. In un mercato
dove l’arricchito e il light rappresentano soltanto dei piccoli segmenti.
Qual è il formato più venduto?
Le risorse che Parmareggio ha dedicato a
fine 2012 e per tutto il 2013 hanno portato
importanti incrementi del venduto sia a volume sia a valore. Nel 2013 le referenze a marchio Parmareggio hanno registrato un aumento del 122% a volume e del 144% a valore.
Infatti ad oggi Parmareggio è leader di mercato
con una quota a volume del 6,6%. In particolare, nella categoria burro la referenza più performante è il formato da 200 grammi, prodotto consolidato e presente da più tempo nella
nostra gamma. Quest’anno abbiamo superato
le 1.500 tonnellate di vendita, aggiudicandoci
il primo posto come referenza più venduta
nel canale Iper + Super (Fonte: AC Nielsen
Scan Track Iper+Super - dati al 29/12/2013).
Questi risultati sono stati ottenuti anche grazie alla campagna televisiva mandata in onda
per la prima volta a novembre 2012 e riproposta nei primi mesi del 2014. Parmareggio è
stata la prima azienda in Italia a realizzare una
pubblicità su questa referenza, producendo lo
spot “Parmareggio e la fonte della bontà”, con
protagonisti i nostri Topolini Intenditori.
Con che metodo sono
realizzati i prodotti della vostra
gamma?
Il parmigiano viene realizzato con il latte
intero della mungitura della mattina e con il
latte scremato della mungitura della sera. Sono
le panne provenienti da tale affioramento, ed
esclusivamente queste, particolarmente naturali e pregiate, che vengono inviate dai caseifici
allo stabilimento Parmareggio di Modena per
la produzione di burro. Lo stretto contatto
con i fornitori, consolidato negli anni, permette
un accurato controllo fin dalle prime fasi della filiera produttiva, mentre controlli qualitativi
attenti ed accurati durante le fasi di burrificazione e confezionamento nello stabilimento
produttivo di Modena, permettono di mantenere sempre un alto livello di sicurezza e qualità alimentare.
A quale target di consumatori si rivolgono
i vostri prodotti?
In generale, il responsabile d’acquisto di
Parmareggio è rappresentato da donne di età
compresa tra i 25 e 64 anni, prevalentemente con figli conviventi (in sostanza le famiglie
italiane). Per questo motivo Parmareggio ha
sviluppato la propria strategia commerciale e
di marketing non solo sul parmigiano reggiano,
più adatto per un consumo adulto, ma anche
su altri segmenti, come quello dei Formaggini
e Fettine, format dedicato anche ai più piccini,
e dei due nuovi prodotti Filoncino e lo SpalmaRÉ Parmareggio, senza dimenticare il burro.
Si tratta di referenze innovative sia in termini di
prodotto sia in termini di formati, che offrono
un maggiore servizio al consumatore e permettono un uso più versatile in cucina del Re
dei formaggi.
Qual è il peso del comparto burro sul vo-
stro fatturato?
Il Burro Parmareggio incide per circa il 15%
sul fatturato aziendale.
A quali canali di vendita sono rivolte le vostre referenze?
I canali dove principalmente viene venduto
il Burro Parmareggio sono i Super per il 42,2%
e gli Iper per il 41,5%. Il restante viene suddiviso fra Liberi Servizi e Traditional Grocery,
oltre all’Industria con i formati da 500 e 1000
grammi.
Si tratta di un prodotto adeguatamente valorizzato dalla Gdo?
Sicuramente il marketing del burro, complice la crisi che ha fatto riscoprire la colazione
“in casa”, ha avuto degli andamenti positivi ed
anche la Gdo sta riadottando e valorizzando
maggiormente tutta la categoria.
Quali le nuove tendenze nel mercato del
burro?
Qualche soddisfazione per il futuro potrebbe arrivare da alcune nicchie come il delattosato, il salato e altro ancora. Ma, a nostro parere,
soprattutto da un burro “Gastronomia” di alta
qualità.
Infine l’estero. Esportate queste referenze?
In quali formati e in quali paesi?
Il Burro Parmareggio nasce per il mercato
interno e per il momento non prevediamo
particolari strategie di sviluppo estero.
www.parmareggio.it
Fatturato 2013 del Gruppo: 251 milioni di euro
Certificazioni aziendali e di prodotto:
N.CEE: IT 0876 CE, IT 08137 CE, IT 08 50 CE (burro)
Certificazioni:
Brc, Ifs, Dtp 019 (certificazione di italianità per il prodotto burro),
Biologico (Ccpb), Sqms (McDonald’s), Islo 9001, Iso 14001, Ohsas18001,
Haccp Un 10854
Iniziative di sostenibilità ambientale: durante la ristrutturazione degli
impianti di processo e di servizio, sono stati realizzati interventi finalizzati
a contenere e ridurre i consumi d’energia, che hanno determinato un
evidente risparmio. In particolare, la stima delle emissioni d’anidride
carbonica evitate è di -444,1 ton/anno
Meggle
fine
54
Ricca la gamma di burro prodotta da Meggle.
Un’offerta che comprende numerose referenze:
dall’originale tedesco di alta qualità Fiore Bavarese,
il più venduto a marchio Meggle,
alla referenza premium Alpenbutter, classico o leggermente salato, il
rinomato burro dalle regioni alpine.
Si passa poi alle specialità di burro
alle erbe e con tartufo, entrambi
ottenuti con l’utilizzo di ingredienti puri, erbe aromatiche fresche e
scaglie di tartufo nero dell’Umbria,
uniti al burro di alta qualità Meggle.
L’ultimo arrivato è invece il burro leggero Butterfly senza lattosio,
il prodotto più performante della
gamma, ad appena un anno dal lancio sul mercato. È unico nel suo genere in quanto combina la leggerezza
(50% grassi in meno rispetto al burro
tradizionale) con l’assenza di lattosio e glutine, perfetta risposta a queste intolleranze e alle richieste del
segmento benessere, pur assicurando un gusto ricco
derivato esclusivamente dal latte, senza aggiunta di
componenti vegetali. Nella gamma Meggle si trovano anche diversi formati: dal porzionato 10 grammi
x12 ad alto valore di servizio, all’80
grammi in vasetto di vetro, 125 e 250
grammi, anche in rotolo. La gamma si
estende inoltre ai formati professionali, in rotolo, pani e foodservice monoporzionato in vaschetta o stagnola.
La garanzia di qualità di alcune
delle referenze più vendute è fornita dalla lavorazione tipica tedesca:
esclusivamente da centrifuga e dalla
prima panna del latte. Ciò conferisce
al burro Meggle estrema spalmabilità,
sapore ricco e intenso di latte, colore
giallo paglierino e ottima resa nella
lavorazione. Il lungo processo di lavorazione mantiene inoltre intatte le
principali proprietà nutritive che fanno del burro un
elemento così prezioso, in particolare se consumato
a crudo.
www.meggle.it
Siti di produzione: Germania e altre località in Europa
Dipendenti Meggle Italia: 15 presso la sede di Verona
Totale dipendenti Gruppo: 2.500
Fatturato 2013: 21,3 milioni di euro
Trend: +6,2% sul 2012
Marchi: Meggle, SalzburgerMilch (prodotti dalla cooperativa austriaca
Alpenmilch di Salisburgo)
RETAIL
Maggio 2014
Amazon Fresh, la spesa
a portata di click
Il colosso delle vendite online apre le porte ai beni alimentari. Inizialmente disponibile solo nell’area di Seattle,
il servizio si è ampliato a Los Angeles e San Francisco. E potrebbe presto sbarcare anche in Europa.
56
Agli albori della diffusione su scala
globale di Internet, gli statunitensi sono
stati tra i primi a intuirne le potenzialità
commerciali. Se la rivoluzione in termini
di facilità di comunicazione da un capo
all’altro del mondo era stata ben compresa da tutti, negli Stati Uniti si è presto intuito il grande potere commerciale
del world wide web, e si è assistito a una
vera e propria proliferazione di siti di ecommerce. Certo, versioni estremamente primitive rispetto a cui siamo abituati
al giorno d’oggi, ma pur sempre l’inizio
di un business che avrebbe gonfiato le
tasche di molti pionieri nel settore. Sebbene il campo alimentare non sia, per natura, particolarmente adatto all’acquisto
sul web – molti di noi desiderano vedere
in prima persona le caratteristiche fisiche
di qualcosa che poi mangeremo, e spesso
siamo restii ad acquistare a scatola chiusa – sin dalla fine degli anni 90 c’è chi
ha investito in questo ambito, con più o
meno fortuna.
Adesso anche Amazon, il sito principe delle vendite online, si è lanciato nel
mondo alimentare, con il servizio Amazon Fresh. Attraverso il portale fresh.
amazon.com è possibile decidere sul
web che cosa acquistare – frutta, verdura, carne, formaggi, cibi confezionati – e
vederselo recapitare a casa in tempi ragionevolmente brevi. Quello di Amazon è
un esperimento cominciato già nel 2007,
limitatamente ad alcune zone di Seattle,
ma nel 2013 ha fatto il salto di qualità
con l’estensione del servizio all’area di
Los Angeles e, successivamente, a quella
di San Francisco.
Come funziona? Per usufruire del servizio è necessario essere prima iscritti
al programma premium a pagamento
Amazon Prime, che consente di godere
di un numero illimitato di spedizioni con
consegna garantita entro due o tre giorni lavorativi. Dopo un periodo di prova
gratuito di 30 giorni, per Amazon Fresh
la quota di sottoscrizione è di 299 dollari
l’anno, per un servizio che garantisce la
consegna a domicilio in giornata dei beni
acquistati, che diventa gratis nel caso in
cui la spesa superi i 35 dollari.
Ordinando entro le 10 di mattina, è
possibile ricevere la merce direttamente
a domicilio prima di cena. Mentre per gli
ordini portati a termine prima delle 10
di sera, il pacco arriva, come si legge sul
sito, “per l’ora di colazione” del giorno
successivo.
La scelta è piuttosto ampia, e conta oltre 500mila prodotti, inclusi quelli freschi
e quelli locali. Dai libri, agli articoli per
la cura della persona e della casa, fino
alle pietanze da mettere in tavola, Amazon Fresh si propone come un sostituto efficace ed efficiente della spesa fatta
nei grossi department store statunitensi.
Un altro vantaggio di Amazon Fresh è la
mobilità: attraverso una semplice app è
possibile scegliere che cosa comprare in
qualsiasi momento della giornata, direttamente da smartphone o tablet. Non solo,
è possibile anche tenere traccia degli acquisti precedenti, salvare le proprie liste e
portare a termine la spesa in pochi click,
risparmiando noiosi giri tra le corsie del
supermercato e lunghe file in cassa.
In un Paese che ha letteralmente inventato il take away, appare poi particolarmente interessante la partnership
che Amazon Fresh ha stretto con alcuni punti vendita locali per la consegna a
domicilio di autentici prodotti gourmet:
noodle, ramen, donuts, cupcake, fino alle
specialità italiane, di cui gli statunitensi
sono particolari estimatori. Per 16 dollari
è possibile vedersi recapitare a casa un
raffinato piatto preconfezionato di prosciutto di Parma, fichi e burrata, o alcune
delle più classiche pietanze della tradizione italo-americana, come una porzione
dei “fettuccini Alfredo” a 7,49 dollari, o
gli spaghetti con le polpette di carne a
14,99 dollari.
Sinora l’esperimento di Amazon Fresh
sembra funzionare, tanto che alcune voci
parlano di una sua prossima estensione
anche alla Costa Est degli Stati Uniti e
persino all’Europa. I Paesi che potrebbero essere interessati da questa picco-
la grande rivoluzione nell’e-commerce
sono Gran Bretagna e Germania. In particolare, secondo quanto riportato dal
quotidiano Bild, sul territorio tedesco si
starebbero già realizzando quattro centri
di distribuzione per lo sviluppo del progetto.
E In Italia? Un recente studio Agriventure/Campagna Amica, pubblicato da Coldiretti, ha evidenziato notevoli prospettive
di crescita per questo tipo di commercio.
Nel 2013 in Italia sono stati spesi 132 milioni di euro nell’acquisto online di beni
alimentari, +18% rispetto all’anno precedente. Tuttavia, solo il 9% degli utenti che
scelgono di acquistare su Internet comprano in ambito alimentare, con un peso
sul fatturato complessivo dell’e-commerce intorno all’1,2% – la percentuale più
bassa nell’Unione Europea, molto lontana dal 5,5% della Gran Bretagna. Oltre
il 29% degli italiani dichiara di effettuare
ricerche sul web per confrontare prezzi
e caratteristiche dei cibi. Tuttavia, i dubbi
su questa forma di acquisto sono ancora
molti. Si va dalla deperibilità dei prodotti
in vendita alla preoccupazione per le loro
caratteristiche qualitative. Cresce invece
l’interesse per gli acquisti di prossimità,
anche direttamente dal produttore a chilometri zero.
Insomma, se negli Stati Uniti Amazon
Fresh sta riscuotendo un buon successo, non è detto che lo stesso modello di
business sia applicabile ad altri Paesi del
mondo, incluso il nostro. Di certo il colosso guidato da Jeff Bezos dovrà superare molti pregiudizi, e offrire un servizio
impeccabile sotto ogni punto di vista, per
riuscire a conquistare il cuore degli italiani anche in ambito alimentare. Ma, considerato quanto Amazon stia spopolando
nelle altre categorie merceologiche, è un
potenziale competitor da tenere d’occhio con molta attenzione…
Annalisa Pozzoli
… e il made in Italy?
Abbiamo provato a collegarci al sito di Amazon Fresh nell’area di San Francisco, l’ultima raggiunta dal ser vizio e a cercare alcune specialità italiane (o presunte tali) che
potrebbero finire sulle tavole dei nostri amici della West
Coast. Il primo prodotto che abbiamo cercato è stato il
gorgonzola: negli Stati Uniti sembra andare per la maggiore
una versione a cubetti (o “crumbled”), ben lontana dalla
nostra idea di zola, confezionato per essere consumato
come snack o come ingrediente aggiuntivo per pasta e pizza. Diversa la situazione nel caso del Parmigiano reggiano,
per il quale esistono dei prodotti che sembrano avvicinarsi di più all’autentico made in Italy. Per 23,99 dollari, ad
esempio, è possibile acquistare una confezione di 450 gr. di
Parmigiano-Reggiano distribuito da The Pasta Shop e prodotto dalla famiglia Cravero, che nella descrizione lo consiglia come ingrediente per cucinare, ma anche come specialità da gustare a sé, magari accompagnata da un bicchiere
di vino rosso come Barolo o Barbaresco. Digitando invece
“parmesan cheese”, appaiono invece tre pagine di referen-
ze, tra cui ad andare per la maggiore è il formaggio tagliato
a striscioline o grattugiato, e in molti casi sulla confezione
compare una bandiera o un qualche riferimento all’Italia.
In generale, per quanto riguarda le specialità del nostro Paese, Amazon Fresh sembra affidarsi a fornitori specializzati,
come il già citato The Pasta Shop, da cui si può acquistare
prosciutto crudo, salsicce di maiale e pancetta. Ma si riescono a trovare anche prodotti più specifici, come soppressata
calabrese, salame toscano e persino la ‘nduja, tutti prodotti
su suolo statunitense ma ispirati alle tradizioni del Bel Paese, spesso per mano di aziende dalla chiara origine italoamericana.
PRIMO PIANO
Maggio 2014
Il (presunto)
valore dell’origine
L’indicazione della provenienza del latte, usato
come ingrediente, valorizza davvero la filiera nazionale?
O rischia solo di aggravare i costi e penalizzare l’intero settore?
Uno studio di Agra Cea Consulting
e Areté mostra i possibili scenari. E offre alcuni spunti.
La salvezza viene dall’etichetta. No, non siamo diventati improvvisamente sostenitori del
galateo. Ci riferiamo all’etichetta alimentare
e, più precisamente, all’indicazione dell’origine della materia prima latte utilizzata come
ingrediente. Questione al centro del dibattito in sede europea e molto discussa anche
a livello nazionale, con l’indicazione d’origine
proposta da molti soggetti della filiera (organizzazioni agricole e allevatoriali in primis)
come uno strumento per valorizzare le produzioni italiane e limitare l’utilizzo da parte
dell’industria di trasformazione di materia
prima estera. Un assunto che si basa sulla
certezza che il consumatore italiano sia prettamente nazionalista in fatto di scelte alimentari e che la materia prima estera sia, a prescindere, di qualità inferiore rispetto a quella
italiana. Tutto possibile, ma da verificare.
Prescindiamo da un discorso strettamente
qualitativo (differenze tra produzione lattiera
nazionale ed estera) e quantitativo (deficit
strutturale nella produzione di latte), per affrontare la questione dalla parte del consumatore.
L’origine degli alimenti è sicuramente un
fattore importante di scelta, ma sembra non
così decisivo al momento dell’acquisto. Uno
studio, realizzato da due agenzie specializzate - Agra Cea Consulting e Areté - e utilizzato dalla Commissione Ue, nella relazione
presentata lo scorso dicembre al Parlamento europeo per illustrare le conseguenze
dell’eventuale applicazione dell’obbligo d’indicazione d’origine delle carni utilizzate come
ingredienti, offre alcuni dettagli interessanti.
Tra i vari aspetti della questione, la ricerca approfondisce la reale necessità del consumatore di essere informato sull’origine del latte
utilizzato nell’industria casearia. Sulla base di
un sondaggio condotto su un campione, non
enorme, ma comunque rappresentativo, di
3mila persone da 15 diversi paesi europei,
si evince che il consumatore è sicuramente
molto interessato a ricevere maggiori informazioni sull’origine della materia prima, ma
58
non lo è altrettanto al momento di dover pagare un prezzo più alto per acquistarla. Con
tanti saluti alla valorizzazione della filiera. Il
fattore economico è centrale anche per altre
ragioni. Lo studio analizza infatti il possibile
aggravio dei costi, dovuto alla necessità di implementare il sistema di etichettatura, a seconda dei diversi possibili scenari normativi.
Lo scenario limite, con il dettaglio più preciso
possibile, porta a rincari fino al 50%. È il prezzo da pagare per il “bigino” in regalo con l’acquisto del formaggio. Possiamo immaginare
l’effetto di simili rincari sui consumi nazionali,
che già non vivono un momento esaltante. Di
nuovo: addio valorizzazione della filiera.
Ma una domanda viene spontanea: è proprio indispensabile inserire l’obbligo (e si
sottolinea l’obbligo) d’indicazione della materia prima? Perché girando tra gli scaffali della grande distribuzione si scopre che
molte aziende produttrici indicano già, come
un plus, l’origine della materia prima italiana
dei propri prodotti, con claim specifici. E non
obtorto collo, ma in piena libertà di mercato. O quasi, salvo che i disciplinari di produzione non lo impediscano. Senza parlare dei
diversi sistemi di certificazione volontaria di
filiera, che un’azienda è libera, anzi liberissima
di adottare e pagare. Contando sull’apprezzamento da parte del retailer e del consumatore finale. Si potrebbe pensare quasi che
le persone siano in grado di poter scegliere
se acquistare un prodotto di cui conoscono
l’origine o fregarsene, di poter esprimere autonomamente le proprie scelte di consumo,
la distribuzione di raccoglierle e suggerirle
all’industria e quest’ultima di soddisfarle. Si
potrebbe addirittura insinuare che, almeno
un po’, il mercato sia capace di regolarsi da
solo e magari abbia bisogno solo di qualche
azione correttiva.
Si parla molto di sburocratizzazione nel sistema imprenditoriale e agricolo, di riduzione
di norme e regole inutili. Forse, ma forse, il
primo provvedimento è quello di non chiederne e inserirne di nuove.
Maggio 2014
LO SCENARIO ITALIANO
L’indagine di Dnv circa salute e sicurezza
sui luoghi di lavoro, ha riguardato
anche aziende italiane.
Ecco i principali spunti emersi dallo studio, che forniscono
un quadro della situazione nel nostro Paese.
• per il 96% delle aziende italiane, la gestione della salute
e della sicurezza sul lavoro rientrano a pieno titolo tra gli
elementi presi in considerazione dalle strategie aziendali
• il 94% dichiara di adottare policy di tutela ad hoc, andando oltre, con queste misure, agli obblighi di legge
• l’88% delle aziende italiane dichiara di implementare in
maniera efficiente, le politiche per la tutela della salute e
della sicurezza sul lavoro
I principali rischi secondo le aziende italiane,
da cosa derivano?
• agenti fisici come rumori, vibrazioni o radiazioni (47%)
• fattori ergonomici (35%)
• presenza di sostanze chimiche (35%)
• organizzazione del lavoro (34%)
Quali attività sono ritenute particolarmente
efficaci dalle aziende, in tema di sicurezza?
• controlli medici per i lavoratori (57%)
• attività di assessment dei rischi potenziali (49%)
• manutenzione (48%)
• formazione (47%)
Quali sono le ragioni principali che spingono
le aziende a occuparsi di salute
e sicurezza sul lavoro?
• rispetto delle leggi (94%)
• rispetto delle politiche interne (74%)
Qual è il rapporto costi/benefici?
• il 43% ritiene che i benefici siano superiori ai costi
(14% in meno rispetto alla media mondiale)
• il 39% pensa che costi e benefici si equivalgano
• solo l’8% che i costi superino i benefici
Le aziende italiane hanno ottenuto benefici
tangibili dall’implementazione di iniziative di
tutela della salute e della sicurezza sul lavoro?
• il 65% ne ha beneficiato in termini di diminuzione del
numero degli incidenti
• il 64% ha migliorato le relazioni con i propri dipendenti
• il 35% ha migliorato i rappor ti con le autorità
• il 17% ha migliorato i rappor ti con gli altri stakeholder
La tutela di salute e sicurezza sul lavoro può
essere un asset per migliorare le performance
di business?
• il 32% dichiara di aver beneficiato in termini di ritorno di
marca a seguito dell’implementazione di iniziative specifiche
• il 26% di aver ottenuto un risparmio
• il 21% di aver guadagnato un vantaggio rispetto
ai competitor
Quali sono i principali motivi che impediscono
alle aziende italiane di progredire ulteriormente
in materia di tutela di salute e sicurezza?
• mancanza di risorse economiche (31%)
• necessità di focalizzarsi sui risultati
di breve periodo (22%)
Quale riduzione dei rischi operativi si aspettano,
per il futuro, i professionisti italiani?
• legati alle condizioni oggettive di lavoro (14%)
• influenzati dal compor tamento dei lavoratori (7%)
Cosa temono, invece, maggiormente?
• rischi legati ai fattori psicologici (2,6%)
• rischi legati alle carenze strutturali (1%)
• rischi legati alla presenza di cancerogeni (0,5%)
Su quali aree di rischio manterranno
alta l’attenzione le aziende?
• presenza di agenti fisici (37%)
• organizzazione del lavoro (30%)
• fattori ergonomici (28%)
60
A quali attività le aziende faranno maggiormente
ricorso in futuro?
• attività di assessment dei rischi (63%),
• implementazione dei sistemi di gestione (60%)
• training per i lavoratori (58%)
Gli italiani continueranno a investire in tutela
di salute e sicurezza?
• il 66% manterrà investimenti in salute e sicurezza
• il 28% aumenterà i propri investimenti
L’Italia al vertice.
Anche per salute
e sicurezza
Una ricerca mondiale, condotta da Dnv Gl e Gfk Eurisko
su oltre 3.800 aziende, mette in luce comportamenti,
aspettative e timori rispetto a questo delicato tema.
“Molto è cambiato nell’atteggiamento delle imprese in materia di
salute e sicurezza sul lavoro. Si è
passati dal reagire semplicemente
agli incidenti, come avveniva anni fa,
a una gestione consapevole delle
criticità operative. C’è però ancora
molto da fare per lo sviluppo di una
vera cultura della tutela di salute e
sicurezza da parte delle imprese.
L’Italia è uno dei Paesi più attenti
e sensibili al tema, con una legislazione scrupolosa, ma è importante
che le imprese si facciano protagoniste di questo cambiamento
e continuino a lavorare su questi
aspetti anche in tempi di crisi”. Luca
Crisciotti, Ceo di Dnv Gl – Business
Assurance, commenta così i risultati
dell’indagine mondiale che l’Ente ha
condotto, insieme a Gfk Eurisko, sul
tema della sicurezza e della salute
negli ambienti di lavoro. Un argomento indubbiamente sempre più
sentito, e al quale le aziende dedicano molta attenzione, spesso andando ben oltre ai requisiti imposti
dalle normative. Nel mondo si registrano atteggiamenti diversi. Per i
nordamericani la tutela di salute e
sicurezza sul lavoro è un aspetto
cruciale per salvaguardare l’azienda,
per norvegesi e svedesi è invece
la persona l’elemento centrale. Gli
asiatici ritengono di dover ancora
lavorare sugli aspetti strutturali ma,
comunque, si rileva un’evoluzione
positiva del quadro complessivo.
Quanto alla realtà italiana, dalle dichiarazioni dei manager, le aziende
del nostro Paese risultano tra le più
attente al mondo in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Il sondaggio, condotto su più di 3.860 aziende di vari settori in Europa, Nord
America, Centro e Sud America e
Asia, ha mostrato come la gestione della salute e della sicurezza sul
lavoro rientri a pieno titolo, per il
96% delle imprese italiane, tra gli
elementi presi in considerazione
nelle strategie aziendali. Gli italiani,
come si diceva, non si limitano a
rispettare le leggi, ma vanno oltre.
Ben il 94% dei professionisti interpellati, infatti, dichiara di adottare
policy di tutela specifiche, rispetto
a una media mondiale che si attesta
al 76%.
Ma non è tutto oro quello che
luccica. Se da un lato, infatti, le aziende italiane si dichiarano particolarmente attente, dall’altro gli ultimi
dati diffusi dall’Inail evidenziano la
presenza di irregolarità nell’87%
delle imprese sottoposte a controlli nel corso del 2012. Tuttavia,
l’Istituto rileva anche un significativo
trend di diminuzione delle denunce
degli infortuni sul lavoro, pari al 9%
rispetto al 2011 e al 23% rispetto
al 2008. Dati che si confermano in
calo anche esaminando le morti sul
lavoro, diminuite del 9% rispetto al
2011 e del 27% rispetto al 2008.
I principali rischi individuati
dalle aziende
L’approccio delle aziende in materia di salute e sicurezza sul lavoro
sta cambiando, non solo in Italia ma
in tutto il mondo. Il primo dato evidente è che l’industria sta abbandonando l’attitudine semplicemente
reattiva che ha connotato il passato,
in favore di una gestione attiva dei
rischi operativi. Un atteggiamento
che fa ben sperare per lo sviluppo
di una vera e propria cultura della
tutela di salute e sicurezza dei lavoratori da parte delle aziende di
tutto il mondo. Interrogati su quali
siano i principali rischi, i professionisti si concentrano soprattutto
sugli aspetti operativi. Nel caso
delle aziende italiane, ciò che risulta
focus on
in particolare è il timore dei rischi che possono
derivare da agenti fisici come rumori, vibrazioni o
radiazioni (47%), dagli aspetti ergonomici come la
ripetitività del lavoro (35%) e dalla presenza di sostanze chimiche (35%).
Gli interventi
La ricerca mostra che, piuttosto di focalizzarsi
su strategie di prevenzione, le aziende ritengono
meglio intervenire direttamente sull’operatività. La
classifica globale delle azioni più efficaci è guidata,
infatti, dalle attività di manutenzione (48%) e dalle
misure d’emergenza (46%). In fondo alla classifica,
invece, le iniziative che puntano a regolare l’organizzazione aziendale, come le attività di valutazione
dei potenziali rischi (37%) e l’adozione di misure
precauzionali (35%). Quanto alla situazione italiana,
in testa alla lista si trovano i controlli medici per i
lavoratori (57%) e, a differenza di quanto avviene
nelle altre aree del mondo, le attività di assessment
dei rischi (49%). Un risultato che mostra chiaramente come gli italiani, per ciò che concerne gli
aspetti operativi, siano da considerare un passo
avanti rispetto alla media dei colleghi stranieri.
concentrarsi sui risultati di breve periodo.
I fattori che spingono
verso la gestione del rischio
Come facilmente prevedibile, sono in primo
luogo il rispetto delle leggi (94%) e delle politiche interne aziendali (74%) a spingere le aziende
italiane ad occuparsi di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. Sembrano non essere considerate,
invece, le ripercussioni di queste politiche sulle
performance di mercato. Infatti, la continuità del
business (24%), la protezione del marchio (21%),
il soddisfacimento di esigenze del cliente (19%) o
l’opinione pubblica (17%) rappresentano spinte
ancora decisamente minori rispetto a quelle generate dagli obblighi di legge. Quello della sicurezza e
della salute sul lavoro, insomma, non è ancora vissuto dalle imprese, anche all’estero, come un driver
del business e come elemento chiave in termini di
strategie di marketing e comunicazione. Gli ostacoli principali delle politiche di gestione del rischio?
Su tutti, la parte del leone è rappresentata dalla
mancanza di fondi, seguita a ruota dalla necessità di
Le previsioni per il futuro
Nei prossimi anni i professionisti coinvolti nell’indagine, in tutto il mondo, si aspettano una riduzione dei rischi operativi. Le previsione positive
non sembrano per fortuna far allentare la guardia,
anzi, le aziende dichiarano di non voler rinunciare
a intraprendere azioni di tutela. Le attività di assessment dei rischi (63%), l’adozione di sistemi di
gestione dei rischi (60%) e la formazione per i lavoratori (58%) saranno quelle a cui ricorreranno
maggiormente le aziende italiane, passando, così,
dagli aspetti più strettamente operativi a quelli organizzativi e di prevenzione.
Senza dubbio, la ricerca mostra chiaramente che
l’attenzione rimarrà alta in Italia nei prossimi anni.
Nonostante le difficoltà economiche, infatti, il 66%
dei professionisti italiani interpellati non rinuncerà
agli investimenti e il 28% dichiara, anzi, di volerli
incrementare.
Alice Realini
Numeri e metodologia dell’indagine Dnv-Gl
Il sondaggio è stato realizzato nell’ottobre 2013 su un campione di circa 3.860 professionisti di impor tanti aziende dei settori primario, secondario e terziario,
appar tenenti a compar ti diversi, tra cui quello agroalimentare, in Europa, Nord America, Centro e Sud America e Asia.
• Il campione è qualitativo e non rappresentativo
dal punto di vista statistico
• Il 23% delle aziende coinvolte conta meno
di 50 addetti, il 32% fra 50 e 249, e il 45% 250 o più
• Il 67% dei partecipanti svolge funzioni direttamente
connesse con la gestione tecnico-operativa
• La maggior parte delle aziende coinvolte
appartiene al settore secondario, in particolare
ai comparti dell’alimentare (5%), della chimica (6%),
della metallurgia (11%), della meccanica (9%)
e delle forniture elettriche (4%)
61
Maggio 2014
I numeri
della filiera
agroalimentare
italiana
62
‘Agricoltura e moderna distribuzione:
valore e valori’, questo il titolo del convegno organizzato, lo scorso 3 aprile al
Centro Congressi ‘Roma Eventi-Fontana di
Trevi’, da Adm (Associazione Distribuzione Moderna) in collaborazione con Federdistribuzione, Ancc-Coop e Ancd-Conad.
Durante l’incontro si sono affrontati temi
quali l’efficienza della filiera agroalimentare
italiana, la ripartizione dei costi e dell’apporto alla costruzione del valore aggiunto
tra produttori, commercianti, fornitori di
mezzi tecnici e sistema dei servizi.
Dopo i saluti di Luca Sani, presidente
Commissione agricoltura Camera dei deputati, sono intervenuti Sergio De Nardis e Denis Pantini, rispettivamente capo
economista e direttore Area agricoltura e
industria alimentare della società di studi
economici Nomisma, per presentare la
ricerca commissionata da Adm: ‘La filiera
agroalimentare italiana: formazione del valore e dei prezzi alimentari lungo la filiera’.
Questo studio ha portato alla luce da un
lato i numeri positivi della filiera, ma dall’altro anche i suoi limiti.
Il settore dell’agroalimentare svolge un
ruolo importante nel contesto dell’economia italiana. Infatti, il valore dei consumi alimentari nel 2013 corrisponde a
220miliardi di euro, di cui 147miliardi sono
i consumi domestici e 73miliardi quelli extradomestici, provenienti dal canale della
ristorazione (ristoranti, bar, mense e catering). Inoltre, nel 2011 il peso della filiera
sul Pil ha raggiunto l’8,7%, per una cifra di
119 miliardi di euro. Mentre i lavoratori
impegnati nella produzione e distribuzione dei prodotti agroalimentari, sempre nel
2011, hanno raggiunto quota 3,3milioni,
ossia il 13,2% degli occupati in Italia.
Una realtà che potrebbe probabilmente
diventare più efficiente se non fosse condizionata da deficit infrastrutturali e da
elevati costi ‘di sistema’ (un costo del trasporto superiore a quello degli altri Paesi
europei e un costo dell’energia elettrica
più alto del 70% rispetto alla media comunitaria). Condizioni, queste, che costituiscono un freno allo sviluppo del settore,
si ripercuotono sia sulla competitività delle
imprese sia sulla formazione dei prezzi al
consumo e che riducono al minimo i guadagni degli operatori.
fase
produttiva
La filiera agroalimentare:
le diverse fasi E gli attori
Numero
imprese
Distribuzione a Libero Servizio
(di cui: attive con partita iva)
1.620.884
(829.134)
Aziende dell’agricoltura; Istat,
2010 e Movimprese, 2010
Industria alimentare di trasformazione
57.805
Industria alimentare e delle bevande;
Censimento 2011
Commercio all’ingrosso
Grossisti ed intermediari
di prodotti agricoli,
alimentari e bevante; Censimento 2011
fase distributiva
e commerciale
Un settore rilevante
per l’economia.
Frenato da deficit
infrastrutturali e da
costi esterni eccessivi.
86.458
Dettaglio tradizionale
Commercio al dettaglio in esercizi
specializzati (a postazione fissa e mobile)
in prodotti alimentari e bevande
(tutti gli esercizi a prescindere da
dimensione); Censimento 2011
133.567
Distribuzione a Libero Servizio
Commercio al dettaglio in esercizi non
specializzati con prevalenza di prodotti
alimentari, bevande e tabacco
(tutti gli esercizi a prescindere
da dimensione); Censimento 2011
All’interno della Distribuzione
a Libero Servizio la Distribuzione
Moderna rappresenta il 90% del fatturato
49.432
Ristorazione
256.724
Ristoranti, bar, mense e catering;
Censimento 2011
fonte: elaborazioni Nomisma su dati Eurostat, Istat, Nielsen
L’individuazione del numero degli attori che operano all’interno della filiera agroalimentare italiana permette di rilevare
quanto sia frammentata la filiera stessa.
Nella fase produttiva figurano le aziende agricole (produttrici di materie prime e prodotti freschi per il consumo) e
le imprese dell’industria alimentare (dedite alla lavorazione
delle materie prime in prodotti trasformati). Nella fase distributiva e commerciale rientrano i grossisti di prodotti agricoli
e alimentari e i diversi canali che servono il consumo finale,
ossia il dettaglio tradizionale e la distribuzione a libero servizio, oltre al canale della ristorazione, costituito da ristoranti,
bar, mense e catering.
Anche il grado di concentrazione all’interno del canale della
distribuzione moderna è ampiamente al di sotto rispetto
all’estero. Per esempio nel 2011, l’incidenza sul fatturato totale della Dm dei primi tre attori italiani (Coop, Conad e
Selex) ha raggiunto solo il 34%, contro il 53% dei primi tre
attori della Spagna, il 54% della Francia e il 61% di Germania e Inghilterra.
Dati Eurostat del 2010, che rilevano la quantità di imprese
commerciali e distributive ogni 100mila abitanti (in Italia,
Francia, Germania, Spagna, Inghilterra), dimostrano come anche questo anello della filiera sia soggetto a una frammentazione maggiore nel nostro paese, rispetto agli altri stati
europei (tabella seguente).
grado di concentrazione
nella fase distributiva e commerciale
(numero di imprese ogni 100.000 abitanti; 2010)
Canali commerciali
IT
FR
GER
SPA
UK
69
35
23
111
26
Dettaglio tradizionale
175
101
48
213
40
Distribuzione a Libero Servizio 84
44
31
85
46
Ristorazione - fuori casa
314
209
565
182
fonte: elaborazioni Nomisma su dati Eurostat
-10
-5
0
Prodotti
agricoli
5
10
15
20
25
30
12,652
5,973
-6,679
Prodotti
alimentari
26,019
27,443
2013,
miliardi di
euro
Ingrosso
414
dipendenza dall’estero:
ruolo di import ed export nella filiera
Import
1,424
Export
Saldo
Un altro dato da segnalare, nel caso dei prodotti agricoli, è il rapporto fra
import ed export che, nel 2013, si è chiuso con un saldo negativo del valore
di 6679milioni di euro. In questo senso, l’Italia risulta molto dipendente nei
confronti dei paesi esteri in fatto di materie prime come il frumento, la carne
e il latte.
DATI & STATISTICHE
la scomposizione del valore aggiunto
Sulla base di campioni costruiti sulla banca dati dei bilanci Aida Bereau Van Dijk, è possibile capire si distribuisce il valore aggiunto
per ogni attore della filiera agroalimentare
Anni
2008
-2011
formazione del valore - % su consumi alimentari
trend ultimo decennio
Anni Anni Anni
1999 2004 2008
-2001 -2006 -2011
(media)(media)(media)
(A) VALORE AGGIUNTO FILIERA AA
65,5% 58,9% 54,8%
Va agricoltura e pesca
19,3% 16,2% 14,2%
Va industria alimentare e delle bevande
13,2% 12,1% 11,2%
VA commercio ingrosso di prodotto Agroal.
6,9% 6,1% 5,5%
VA distribuzione a libero servizio
6,4%
Va dettaglio tradizionale
VA ristorazione
3%
5%
5,5%
2,6% 1,6%
16,7% 17% 16,9%
(B) COSTI ESTERNI
22%
(C) import netto
4,6% 4,1% 3,2%
(d) imposte indirette (iva)
29% 34,1%
8%
8%
7,9%
fonte: elaborazioni Nomisma su dati Istat ed Eurostat
distribuzione per ogni 100€ di spesa alimentare:
confronto temporale
11%
4%
3%
5%
10%
29%
3%
3%
5%
11% 9%
█ Import netto
█ Utile netto
█ Costi del finanziamento
█ Imposte dirette (nette)
e indirette
█ Rinnovo capitale
aziendale (ammortamenti)
34%
█ Costi esterni di filiera
█ Costo del lavoro
38%
35%
Anni
2004-2006
Anni
2008-2010
Negli anni compresi fra il 1999
e il 2011 la media del valore aggiunto della filiera agroalimentare italiana sui consumi alimentari è diminuita in tutti i comparti,
tranne che in quello della ristorazione, che ha mantenuto valori
pressoché stabili. Ad esempio, il
Valore Aggiunto di Agricoltura e
Pesca è passato dal 19,3% (valore medio 1999/2001) al 14,2%
(valore medio 2008/2011),
mentre il Valore Aggiunto della
Distribuzione a libero servizio
è diminuita rispettivamente da
6,4% a 5,5%.
Sono invece aumentati i costi
esterni alla filiera (costituiti da
servizi essenziali quali trasporto, packaging, logistica, energia,
mezzi tecnici e beni strumentali). Queste spese, sommate a
quelle dell’import, agli ammortamenti, ai costi dei finanziamenti, alle imposte e al costo del
lavoro (retribuzioni), dimostrano
che l’utile netto per gli operatori
della filiera, su 100 euro pagati
da un consumatore, corrisponde
solamente a tre euro (tabella
seguente).
Numerosità Costo
campione del lavoro
Costo
Rinnovo
capitale dei finanz.
(ammort.)
Saldo PA
(imposte
dirette
-contributi)
Utili
netti
Agricoltura
6.935
63,4%
27,7%
12,2%
-6,2%
2,9%
Industria
alimentare
6.891
51,9%
20,3%
7,2%
6,9%
13,6%
Ingrosso
9.596
54,6%
16,6%
8,9%
8%
11,9%
Distribuzione
lib. servizio
3.530
69,9%
18,5%
5,8%
3,2%
2,6%
Dettaglio
tradizionale
1.177
68,1%
13,2%
6,1%
6%
6,6%
Ristorazione
10.089
72,9%
12,5%
6,5%
4,7%
3,4%
L’agricoltura, attraverso i contributori PAC, è un percettore netto nei
confronti della pubblica amministrazione
fonte: elaborazioni Nomisma su dati Aida Bureau Van Dijk
Inoltre, analizzando i dati raccolti da Aida – Bureau Van Dijk
negli anni fra il 2008 e il 2011, Nomisma ha delineato un
quadro relativo alla scomposizione del valore aggiunto per
ogni attore della filiera. Dal prospetto si evince che gli utili
netti più consistenti vengono percepiti dall’industria alimentare (13,6%) e dall’ingrosso (11,9%). Mentre gli utili più bassi vanno all’agricoltura (2,9%) e alla distribuzione a libero
servizio (2,6%).
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Maggio 2014
focus shop
ARMETTA IL SALUMIERE - PALERMO
IL CUORE GASTRONOMICO Della città
Sono solo 41 metri quadrati, ma racchiudono il vero sapore di Palermo e
della Sicilia. Dal 1926, Armetta Il salumiere apre ogni mattina al civico 6 di
via dei Quartieri, nel capoluogo siciliano. E’ qui, infatti, che 85 anni fa, Totò
Armetta apriva la sua gastronomia.
Che, oggi, è guidata dal figlio Angelo
insieme alla moglie Teresa. La passione per le cose buone e per la Sicilia
è ancora la stessa. “La nostra bottega
ha radici nelle produzioni di qualità, l’offerta spazia tra formaggi a latte crudo,
di pascolo e di transumanza”, racconta
Teresa, “Formaggi con la F maiuscola, dietro ai quali c’è storia, cura degli
animali, salvaguardia della tradizione e
del territorio”. Tra i prodotti troviamo
la provola dei Nebrodi, il maiorchino, la
tuma persa, il piacentino ennese Dop,
il pecorino siciliano Dop. Ma anche la
Vastedda del Belice, i caprini di Girgentana e il ragusano Dop. In questi lunghi
anni, il negozio non ha smesso di essere un importante punto di riferimento
per il mercato locale e siciliano nel suo
complesso. “Quello che ci distingue è la
ricerca sul campo e la volontà di sostenere rarità e produttori, anche segnalandoli ad altri commercianti”, prosegue
Teresa, “raccontiamo con entusiasmo
le nostre delizie al consumatore e instancabilmente cerchiamo ricette per
valorizzarne il gusto”. Non a caso, il 14
novembre del 2005, la gastronomia ha
ottenuto dalla Camera di commercio di
Palermo la certificazione Negozio storico ed entrambi i titolari sono diventati maestri assaggiatori di Formaggio
Onaf iscritti all’albo nazionale.
Anno di nascita: 1926
superficie: 41 mq
Formaggi proposti: formaggi a latte crudo, di pascolo
e di transumanza, tra cui la provola dei Nebrodi, il
maiorchino, la tuma persa, il piacentino ennese Dop, il
pecorino siciliano Dop, la vastedda del Belice, i caprini
di Girgentana e il ragusano Dop
Sito web: www.armettailsalumiere.it
E-mail: [email protected]
LANZANI BOTTEGA & BISTROT – BRESCIA
DA COLAZIONE A CENA: BUON CIBO TUTTO IL GIORNO
Fino a qualche anno fa, Lanzani era una storica macelleria, nella prima
periferia bresciana. Cos’è oggi? “ Un frullatore del gusto che gira tutto il
giorno”, racconta il patron Alessandro Lanzani. E prosegue: “Nel 2010 abbiamo cambiato anima offrendo buon cibo dalla colazione all’una di notte.
Il nostro è un locale multifunzione che comprende bottega, con le carni
in primo piano, tavola calda, bistrot, ristorante, enoteca e champagneria”.
L’intento è stato quello di creare un locale, che con lo spazio esterno può
arrivare fino a 100 coperti, in cui trascorrere bene ogni ora della giornata.
“Una tradizione iniziata nel 1940, con nonno Ercole, che si è arricchita con
il trascorrere del tempo. Il tutto alle porte della Franciacorta e ai piedi del
Parco delle Colline di Sant’Anna a Brescia”, prosegue il titolare. I differenti
format dell’offerta sono uniti da un minimo comun denominatore: attenzione alle materie prime e tanta ricerca. Fra i prodotti presenti in gastronomia
troviamo, tra gli altri, il formaggio Castelmagno, caprini Le Frise e Bagoss stagionato. Mentre tra i salumi mortadella Pasquini, prosciutto crudo Sant’Ilario
e Pata Negra. Diversi i riconoscimenti prestigiosi per il locale polifunzionale
bresciano, come le Tre Bottiglie del Gambero Rosso e il premio del 2012
come migliore aperitivo dell’anno, sempre secondo Gambero Rosso.
Anno di nascita: 1940
Numero di negozi: 1 locale
multifunzionale
Salumi proposti: tra le molte specialità, anche mortadella Pasquini, prosciutto crudo Sant’Ilario e Pata
Negra
Formaggi proposti: ampia offerta, tra cui il formaggio
Castelmagno, i caprini Le Frise e il Bagoss stagionato
Sito web: www.gastronomialanzani.it
E-mail: [email protected]
IL MONTANARO – ZOCCA (MO)
DALL’ITALIA A TOKYO CON PRODOTTI DI ECCELLENZA
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“Nel 1977 lavoravo come portiere notturno in alcuni alberghi
all’estero. Non facevo che pensare al buon cibo italiano e così rientrato a casa ho rilevato una salumeria e ne ho fatto un negozio di
specialità”. Ivano Porstrati, detto “Il montanaro”, racconta così l’inizio
di questa avventura che nel 2010 lo ha condotto fino a Tokyo.“Grazie
alla nostra specialità, le tigelle fatte a mano, con il Consorzio del culatello di Zibello, siamo stati invitati alla festa del cibo italiano organizzata
annualmente dai magazzini del lusso giapponesi Isetan”. E prosegue:
“E’ stata una bellissima esperienza per me e la mia famiglia ed è stato
bello vedere file interminabili di giapponesi disposti ad attende ore
per gustare il tipico prodotto modenese, condito con il classico trito
di lardo, pancetta, aglio e rosmarino”.
Oltre alle tigelle, Il montanaro offre ai suoi clienti un’ampia gamma
di salumi e formaggi, fra i quali spiccano quelli artigianali, formaggio al
tartufo Moro, asiago Dop, selezione castagna, e parmigiano reggiano
Latteria Monte Cimone. Nel punto vendita è inoltre presente una
serie limitata di specialità, prodotte direttamente con l’aiuto di esperti
artigiani del luogo. Tra queste troviamo varie confetture ai frutti di
bosco, sciroppi, liquori e miele.
Anno di nascita: 1977
Numero di negozi: 1
Salumi proposti: Ampia selezione di salumi provenienti da tutte le regioni d’Italia, oltre a specialità artigianali
Formaggi proposti: prodotti artigianali, formaggio al
tartufo Moro, asiago Dop, selezione Castagna e parmigiano reggiano Latteria Monte Cimone
Sito web: www.ilmontanaro.it
E-mail: [email protected]
CONVIVIUM – FIRENZE
ARTE E CIBO: UN ATELIER GASTRONOMICO
“Il cibo per noi è arte. Per questo abbiamo scelto come simbolo della nostra gastronomia il
Leone rosso rampante, utilizzato dal 1300 per rappresentare la così detta arte minore degli oliandoli e pizzicagnoli, in dialetto toscano i gestori di negozi o botteghe che vendono salumi, formaggi
o altri generi alimentari”, spiega Paolo Razzolini, uno dei responsabili della gastronomia Convivium.
“Il simbolo rappresenta l’originale filosofia sulla quale nasce e si sviluppa la nostra azienda, ossia
l’attenzione costante a riscoprire e preservare i valori dell’antica tradizione della cucina fiorentina
e toscana”. Nata nel 1980 in un piccolo negozio fiorentino, Convivium Firenze si è poi trasferito
in una splendida casa Colonica, accuratamente ristrutturata, dove al piano terra è possibile trovare una gastronomia di alto livello corredata di una selezionata cantina. Il primo piano è invece
dedicato al ristorante “Canto al Paradiso”. All’interno della gastronomia il cliente ha la possibilità
di trovare prodotti toscani ma anche provenienti da tutto il territorio nazionale e internazionale.
In particolare formaggi francesi, prosciutti spagnoli, salmoni norvegesi e pasta. Oltre a prodotti
freschi e pietanze espresse è possibile scegliere anche tra una vasta gamma di marmellate, sottoli
e cioccolate. “Selezioniamo personalmente e visitiamo tutti i nostri fornitori”, conclude Razzolini,
“è l’unico modo per garantire al cliente una qualità impeccabile”.
Anno di nascita: 1980
Numero di negozi: 1
Salumi proposti: prodotti toscani, nazionali
e internazionali
Formaggi proposti: Formaggi toscani, francesi, nazionali ed esteri in generale
Sito web: www.conviviumfirenze.it
E-mail: [email protected]
FORMAGGERIA FRATELLI PANIZZI – COURMAYER (AO)
“NESSUN COMPROMESSO SULLA QUALITA’”
“Dal 1968 vendiamo prodotti tipici del nostro territorio, la Valle D’Osta,
una regione dove la bellezza della montagna si unisce al gusto del buon cibo”,
racconta Paolo Panizzi, titolare dell’omonima formaggeria. “La nostra offerta è
estremamente variegata e include sia formaggi che salumi. In particolare fontina,
tome, lardo di Arnad e moccetta. I prodotti provengono principalmente da fornitori locali selezionati e in parte sono di nostra produzione”. Oltre all’attività
di vendita, infatti, l’azienda produce formaggi con grande cura e attenzione.
“Siamo molto fieri delle nostre referenze”, precisa Panizzi, “recentemente abbiamo ampliato la gamma con lo yogurt naturale, alla frutta e ai cereali, che ci
sta regalando notevoli soddisfazioni”. Ai primi due punti vendita di Courmayeur,
con il tempo si sono aggiunti quelli di Morgex e la Thuile: “La nostra espansione
è il frutto di un’attenzione estrema alla qualità dei nostri prodotti, apprezzati sia
dalla popolazione locale che dai turisti”.
Anno di nascita: 1968
Numero negozi: 4
Salumi proposti: mocetta, lardo di Arnad e altri prodotti tipici locali e nazionali
Formaggi proposti: ampia selezione nazionale, tra cui
fontina e tome e formaggi di produzione propria
Sito web: www.panizzicourmayeur.com
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Maggio 2014
CASEIFICIO GIORDANO
www.caseificiogiordano.it
Nome prodotto
Mozzarella di latte di bufala.
Breve descrizione del prodotto
Tipica mozzarella di latte di bufala, arrotondata, di colore bianco perlaceo, di elasticità
e consistenza caratteristiche.
Ingredienti
Latte di bufala, fermenti lattici, caglio, sale.
Caratteristiche
Mozzarella prodotta con latte fresco di
bufala raccolto da selezionate stalle di Piemonte e Lombardia. Caratteristiche organolettiche tipiche del prodotto. Certificazioni Ifs e Brc.
Peso medio/pezzature
50,125, 250 grammi.
Shelf life
21 giorni.
LATTERIA TRE CIME - MONDOLATTE
www.3cime.it
Nome prodotto
Originale Dobbiaco.
Breve descrizione del prodotto
Formaggio semiduro da taglio.
Ingredienti
Latte intero e magro, fermenti, sale, caglio,
lisozima da uovo.
Caratteristiche
Formaggio da taglio delicato, con gusto unico. Occhiatura a forma di lente, stagionatura di circa quattro settimane.
Peso medio/pezzature
5,5 Kg/forma.
Shelf life
60 giorni.
GILDO CIRESA
www.gildociresa.net
GRUPPO FORMAGGI DEL TRENTINO
www.trentingrana.it
FRANCIA LATTICINI
www.francialatticini.com
Nome prodotto
I Quattrosapori.
Breve descrizione del prodotto
Confezione in legno di pioppo con quattro
diverse robiole stagionate.
Caratteristiche
La nuova confezione Quattrosapori del caseificio Ciresa contiene quattro forme da
450 grammi ciascuna: una forma di robiola
stagionata Grignola, una robiola stagionata
a latte crudo Gildoc, una robiola stagionata
di capra Roccaprina e una robiola stagionata al tartufo Trifola.
Peso medio/pezzature
1,8 Kg variabile, quattro pezzi da 450 grammi.
Nome prodotto
Casolet val di Sole.
Breve descrizione del prodotto
Tipico cacio di montagna a pasta cruda, tenera e a latte intero tradizionale della val di
Rabbi e della val di Sole.
Ingredienti
Latte termizzato, caglio, sale senza conservanti e additivi.
Caratteristiche
Formaggio di consistenza morbida. La pasta al taglio si presenta di colore bianco o
leggermente paglierino, con un’occhiatura
assente o leggera.
Peso medio/pezzature
Forme da 2,5 Kg per vendita al banco tradizionale; 0,5 Kg per vendita al banco tradizionale.
Nome prodotto
Mozzarella bufala campana Francia.
Breve descrizione del prodotto
Mozzarella di bufala campana Dop in bicchiere da 250 grammi (cinque pezzi da 50
grammi cadauno).
Ingredienti
Latte di bufala pastorizzato, siero-innesto
naturale, sale e caglio.
Caratteristiche
Mozzarella di bufala dal sapore delicato.
Peso medio/pezzature
250 grammi.
Shelf life
13 giorni.
MONDELEZ ITALIA
www.mondelezinternational.com
Nome prodotto
Sottilette Senza Lattosio.
Breve descrizione del prodotto
Nuova referenza della gamma Sottilette
pensata per i consumatori intolleranti al
lattosio. Il prodotto è inoltre senza glutine.
Ingredienti
Formaggio, acqua, proteine del latte, sali di
fusione (citrati di sodio), burro, sale, correttore di acidità (acido lattico).
Caratteristiche
Specialità di formaggio fuso a fette, senza
lattosio, dal gusto inconfondibile.
Peso medio/pezzature
Confezione da 150 grammi.
Shelf life
210 giorni.
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Caseificio Pugliese F.lli Radicci
www.spega.it
Nome prodotto
Stracchino di capra, da 100 e 250 grammi.
Breve descrizione del prodotto
Formaggio fresco a pasta molle da tavola.
Caratteristiche
Lo stracchino Spega è fatto solo con latte
di capra italiano. Ha una forma caratteristica di panetto regolare in ogni superficie,
con aspetto uniforme. Vanta un sapore gradevole, delicatamente acidulo. L’odore è tipico di un prodotto fresco latteo e la pasta
si presenta morbida, cremosa, con tessitura
omogenea, uniformemente compatta, priva
di occhiature marcate, di facile spalmabilità.
Ingredienti
Latte di capra pastorizzato, fermenti lattici,
caglio, sale.
Peso medio/pezzature
100 grammi a peso fisso, 250 grammi a
peso variabile.
Shelf life
21 gg.
Nome prodotto
Robiola Occelli.
Breve descrizione del prodotto
Formaggio appetitoso dalla bella crosta a
guscio di noce edibile.
Ingredienti
Latte di vacca, sale, caglio.
Caratteristiche
Il prodotto è consigliato per accompagnare
aperitivi, da gustare a cubetti nelle insalate,
sul pane abbrustolito o a fine pasto.
Peso medio/pezzature
280 grammi.
Shelf life
30 giorni.
CASEIFICIO TOMASONI
www.caseificiotomasoni.it
GANASSA FORMAGGI
www.ganassa.com
Nome prodotto
Taleggio Dop Valmontis.
Breve descrizione del prodotto
Formaggio a pasta molle dal color avorio
ottenuto dalla lavorazione di latte vaccino
pastorizzato.
Ingredienti
Latte vaccino pastorizzato, caglio, sale, fermenti lattici (streptococcus termophilus, lactobacillus bulgaricus).
Caratteristiche
Presenta una crosta molto sottile, quasi assente, morbida, di colore aranciato; pasta a
struttura unita, mantecata, morbida e cedevole, più fondente verso l’esterno, con sapo-
Beppino Occelli
www.occelli.it
re dolce ma intenso, il tutto garantito dalla
lunga stagionatura che si protrae fino a 60
giorni.
Peso medio/pezzature
2 Kg.
Shelf life
30 giorni.
Nome prodotto
Stracchino Probiotico.
Breve descrizione del prodotto
Formaggio con fermenti probiotici che si
aggiungono al normale contenuto di ingredienti della linea Tomasoni.
Ingredienti
Latte, fermenti lattici e probiotici
(L.Acidophilus, Bifidobacterium), sale, caglio.
Caratteristiche
Il prodotto si contraddistingue per la presenza di fermenti probiotici (dal greco
“favorevoli alla vita”), microrganismi che
arrivano all’intestino vivi e che, se assunti
regolarmente, hanno effetti positivi e aiuta-
no a ristabilire la microflora intestinale con
la sua corretta funzionalità. I ceppi utilizzati
sono riportati sull’incarto.
Peso medio/pezzature
200 grammi.
Shelf life
20 giorni.
SCHEDE PRODOTTO
Caseificio Pezzana
www.pezzana.it
Nome prodotto
Tomin Cotto.
Breve descrizione del prodotto
Il sapore del buon latte italiano incontra la
delicatezza di un prosciutto cotto di alta
qualità, tradizionale e genuino. Il tomino
piemontese sposa il salume più diffuso in
un piatto salutare povero di sali e grassi e
ricco di proteine, vitamine e minerali.
Ingredienti
Formaggio (latte, sale, caglio), prosciutto
cotto 8% (carne di suino, sale, destrosio,
saccarosio, aromi naturali, antiossidante:
ascorbato di sodio, conservante: nitrito di
sodio).
Caratteristiche
Ottimo in padella, accompagnato da verdure di stagione o morbido e filante al cartoccio.
Peso medio/pezzature
100 e 1.000 grammi.
Shelf life
25 gg in vaschetta sigillata a 4°C.
MONTEGRAPPA
[email protected]
Nome prodotto
Morlacco del grappa.
Breve descrizione del prodotto
Formaggio prodotto usando il latte crudo
scremato proveniente dalle due mungiture
della giornata. La pasta si presenta leggermente occhiata dal colore bianco e morbida al palato. Il gusto è intenso e saporito
con lievi sfumature amarotiche. Profumo
persistente.
Ingredienti
Latte crudo vaccino, fermenti lattici selezionati, sale e caglio. Senza conservanti aggiunti, crosta non edibile (formaggio a crosta
lavata).
Caratteristiche
Altezza 5/7 cm con crosta sottile rigata dal
colore rossiccio. La pasta è di color bianco,
al tatto si presenta morbida dal gusto deciso con lievi sentori erbacei. Stagionatura di
almeno 60 giorni.
Peso medio/pezzature
5 Kg.
Shelf life
120 giorni a una temperatura compresa tra
+4°C e +10°C.
LATTERIA SOCIALE MERANO
www.bellavita-merano.it
Nome prodotto
Bella Vita free.
Breve descrizione del prodotto
Linea di yogurt leggero e senza lattosio. Disponibile nelle versioni bianco e frutta.
Ingredienti
Bianco - yogurt: latte parzialmente scremato senza lattosio, fermenti lattici (Streptococcus Thermophilus e Lacotabacillus bulgaricus). Frutta - yogurt: latte parzialmente
scremato senza lattosio, fermenti lattici
(Streptococcus Thermophilus e Lacotabacillus bulgaricus), preparato di frutta (8%
frutta).
Caratteristiche
Yogurt leggero (grassi: 1,8% bianco, 1,5%
frutta) senza lattosio (inferiore allo 0,01%).
Si presenta cremoso e non denota nessuna
differenza rispetto alla normale produzione
di yogurt Latteria Merano. Prodotta con
solo latte dei masi dell’Alto Adige, la linea è
totalmente senza glutine.
Peso medio/pezzature
Cluster da 250 grammi - 2 vasetti da 125
grammi.
Shelf life
Minima 33 giorni alla consegna.
SOCIETA’ AGRICOLA GIANSANTI
www.agricolagiansanti.it
Nome prodotto
Parmigiano reggiano.
Breve descrizione del prodotto
Il parmigiano reggiano è il noto formaggio
Dop, a pasta dura, prodotto esclusivamente
con latte crudo derivante dagli allevamenti
delle zone limitrofe di Parma e Reggio Emilia. Il latte, parzialmente scremato per affioramento, viene lavorato senza l’aggiunta di
additivi o conservanti.
Ingredienti
Latte, sale e caglio.
Caratteristiche
Il parmigiano reggiano, essendo prodotto con latte parzialmente scremato, ha un
contenuto di grassi inferiore a quello di
molti altri formaggi. E’ un alimento ricco di
aminoacidi essenziali e di calcio, facile da assimilare e praticamente privo di carboidrati.
Peso medio/pezzature
Forma Intera 38/40 Kg; porzioni sottovuoto
da 0.5 Kg, 1 Kg, 2 Kg e 5 Kg; grattugiato in
confezioni da 100 o 1.000 grammi.
Shelf life
Porzionato 6 mesi; grattugiato 3 mesi.
67
Maggio 2014
ALPE DEL GARDA
www.alpedelgarda.it
Nome prodotto
Formagella di Tremosine.
Breve descrizione del prodotto
Formaggio tipico di Tremosine a pasta morbida, occhiata, dal sapore fragrante e dal
profumo delicato delle essenze dei prati di
montagna. Ottenuta con latte di vacca di
razza bruna appena munto. Prodotto nelle
stalle dell’altipiano di Tremosine, nel cuore
del Parco Alto Garda bresciano. Sapientemente stagionata in locali con muffe selezionate.
Ingredienti
Latte, fermenti lattici vivi, caglio e sale.
Caratteristiche
Formaggio semigrasso a pasta semicotta.
Peso medio/pezzature
Da 1,4 - 1,8 Kg circa. Da conservare in ambienti a temperatura controllata.
Bassi
www.bassiformaggi.it
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BAYERNLAND
www.bayernland.it
Nome prodotto
Emmental bavarese 250 grammi.
Breve descrizione del prodotto
Il Bayernland Emmental bavarese è disponibile nelle confezioni da 250 grammi a peso
fisso. La sua pasta di colore gradevolmente
avorio, morbida ed elastica, è cosparsa dai
classici “occhi” grandi come noci. Il gusto è
dolce ed aromatico, e diventa più intenso
con il prolungarsi della stagionatura.
Ingredienti
Latte, fermenti lattici, sale, caglio.
Peso medio/pezzature
250 grammi.
Caratteristiche
Aspetto esterno: crosta di colore giallo,
giallo scuro. La pasta è di colore avorio,
occhiatura regolare della grandezza di una
ciliegia, elastica e morbida. Il sapore è dolce,
aromatico.
Shelf life
Tmc garantito alla consegna: 60 gg.
Agriform
www.agriform.it
Nome prodotto
Gorgonzola Dop Elit dolce.
Breve descrizione del prodotto
Prodotto top di gamma con minimo 70
giorni di stagionatura, rigorosamente selezionato. E’ la massima espressione delle
qualità organolettiche tipiche del gorgonzola Dop, secondo gli
standard di produzione sanciti dal disciplinare di produzione
del Consorzio di tutela del formaggio gorgonzola.
Ingredienti
Latte, fermenti lattici,
sale, caglio, muffe selezionate.
Caratteristiche
Formaggio molle, grasso, a pasta cruda, prodotto esclusivamente
con latte di vacca intero pastorizzato.
Peso medio/pezzature
Forma intera, mezza forma, quarti, ottavi e
sedicesimi di forma. Porzionato in vaschette
termosaldate da 150 a 200 grammi a peso
fisso.
Shelf life
Da 60 a 30 giorni in funzione del confezionamento.
Nome prodotto
Grana padano Stravecchio Oro del Tempo
incartato 200 gr.
Breve descrizione del prodotto
“Stravecchio Oro del Tempo” rappresenta
il vertice della qualità del grana padano. Un
pregio conferito da una stagionatura di 20
mesi, che regala
al formaggio un
sapore straordinariamente ricco,
intenso e fragrante. Il prodotto
incartato è confezionato in atmosfera protettiva.
Che grazie alla
totale assenza di
ossigeno, conserva al meglio le caratteristiche organolettiche del formaggio.
L’incarto con carta alimentare, realizzato
a mano, dona al prodotto un’immagine di
pregio e qualità. Ideale per confezioni regalo.
Ingredienti
Grana padano Riserva stagionato oltre 20
mesi: latte, sale, caglio, lisozima (proteina
dell’uovo).
Peso medio/pezzature
Confezione: 250 grammi.
BOTALLA
www.botallaformaggi.com
Nome prodotto
Maccagno.
Breve descrizione del prodotto
Il formaggio Maccagno è un prodotto tipico
biellese che si differenzia
grazie alla consistenza
morbida della pasta
e agli aromi e profumi che scaturisce
durante la degustazione. Viene
prodotto nel caseificio Botalla con la ricetta tradizionale e stagionato su assi di abete per circa
60 gg. Il Maccagno può essere degustato come
ingrediente per rendere saporito ma delicato un
ottimo risotto o semplicemente accompagnato
da un vino rosso non troppo corposo.
Ingredienti
Latte, sale, caglio.
Caratteristiche
Formaggio a pasta semicotta.
Peso medio/pezzature
2 Kg circa.
Shelf life
90 giorni.
CASEIFICIO SOCIALE DI PREDAZZO E MOENA
www.puzzonedimoena.com
Nome prodotto
Puzzone di Moena.
Breve descrizione del prodotto
Formaggio caratteristico e ricercato, riconoscibile per la crosta umida, ricoperta da
una patina untuosa, per il particolare odore acuto e per il sapore inconfondibile. Al
taglio si presenta con una pasta piena di
colore bianco o paglierino con un’occhiatura sparsa. Si ottiene da latte crudo e viene stagionato minimo 90 giorni fino ad un
massimo di 8-10 mesi.
Ingredienti
Latte crudo, sale, caglio.
Caratteristiche
E’ un formaggio gustoso che incontra il favore dei consumatori che apprezzano i sapori decisi delle cose di un tempo. Il nome
è stato introdotto all’inizio degli anni settanta, quanto il formaggio, dall’autoconsumo è passato ad una progressiva commercializzazione fuori dalle zone di produzione.
Il nome “Puzzone” definisce chiaramente
le caratteristiche del prodotto; il termine
“Spretz Tzaorì” ne è la traduzione in lingua
ladina.
Peso medio/pezzature
Forma cilindrica con scalzo di 9 – 11 cm
e con diametro di 32 – 36 cm. Peso della
forma dai 9 ai 12 Kg.
Shelf life
Confezionato sotto vuoto, e mantenuto
in luoghi adeguati, un pezzo di puzzone di
Moena ha scadenza di 90 giorni. In forme
intere invece, in appositi locali può stagionare anche 8/10 mesi.
Latteria Montello
www.nonnonanni.it
Nome prodotto
Formaggini Nonno Nanni.
Breve descrizione del prodotto
Una nuova referenza che offre al consumatore la genuinità e la freschezza dei formaggi Nonno Nanni, unite ad una particolare cremosità, data dagli ingredienti, tra i
quali spicca lo Stracchino Nonno Nanni.
Senza conservanti e polifosfati, i nuovi
Formaggini Nonno Nanni, sono particolarmente cremosi e facili da spalmare.
Ingredienti
Stracchino Nonno Nanni 30% (latte, sale,
caglio), acqua, formaggi, burro, siero di latte in polvere, proteine del latte, sali di fusione: citrati di sodio (E331), correttore di
acidità: acido citrico (E330).
Caratteristiche
Ricchi in calcio e vitamina A e dal gusto
delicato di stracchino, i Formaggini Nonno
Nanni vantano una consistenza cremosa e
spalmabile.
Peso medio/pezzature
I Formaggini Nonno Nanni sono disponibili in confezioni da 140 grammi, ciascuna
con otto pezzi (da 17,5 grammi) incartati
singolarmente.
Shelf life
I Formaggini Nonno Nanni vanno conservati in luogo fresco e asciutto e hanno una
shelf life di 150 giorni.
F.lli Oioli
www.oioli.it
Latterie Vicentine
www.latterievicentine.it
Nome prodotto
Castelgrotta.
Breve descrizione del prodotto
Formaggio legato al territorio della Pedemontana Vicentina, stagionato in grotta per
oltre cinque mesi a temperatura e umidità
senza condizionamenti forzati.
Ingredienti
Latte, fermenti lattici, sale e caglio.
Caratteristiche
Formaggio prodotto con latte intero, a pasta molle. L’affinamento in grotta naturale
gli conferisce un gusto unico, dal sapore
marcato e deciso, per palati più esigenti e
raffinati.
Peso medio/pezzature
11 Kg a forma.
Shelf life
120 giorni.
Nome prodotto
Gorgonzola Dop Dolce Arianna Oro.
Breve descrizione del prodotto
Il gorgonzola Dolce Arianna Oro figura nelle selezioni di prima scelta del caseificio F.lli
Oioli. Per questo marchio il formaggio scelto è a pasta prevalentemente chiara, con
poche venature, la consistenza è morbida e
cremosa e, rispetto ad altre varietà, il gusto
dolce e delicato prevale sulla componente
saporita delle muffe.
Ingredienti
Latte vaccino pastorizzato, caglio, sale.
Caratteristiche
La pasta è di colore bianco-paglierino con
venature verdi, la consistenza è morbida,
l’odore caratteristico e il sapore, pur essendo gustoso, tende al delicato.
Peso medio/pezzature
Forma intera (13 Kg circa), mezza forma,
quarto, ottavo e sedicesimo.
Shelf life
60 giorni dal confezionamento.
SCHEDE PRODOTTO
QUATTRO PORTONI
www.quattroportoni.it
Nome prodotto
Blu di bufala.
Breve descrizione del prodotto
Formaggio erborinato prodotto al 100% con
latte di bufala.
Ingredienti
Latte di bufala intero pastorizzato, sale, caglio.
Caratteristiche
Di forma quadrata, con il lato di 20 cm e alta
13 cm, presenta una crosta asciutta e rugosa
grigio ambrato. La pasta è cremosa, di colore panna chiaro, percorsa da caratteristiche
venature blu. Il profumo è gradevolmente intenso e il sapore persistente. Si percepisce la
dolcezza del latte di bufala, che attenua le note
piccanti dell’erborinatura. E’ prodotto con
tecniche artigianali direttamente nell’azienda
agricola Gritti Bruno e Alfio di Cologno al
Serio, nel territorio del Parco Naturale del
Serio, dove si coltivano i foraggi e si allevano
le bufale che forniscono il latte necessario alla
produzione.
Peso medio/pezzature
Forma da circa 3,8 Kg.
Shelf life
60 giorni.
CONSORZIO LATTERIE VIRGILIO
www.consorzio-virgilio.it
Nome prodotto
Formaggini al grana padano Dop.
Breve descrizione del prodotto
I formaggini al grana padano Dop sono ideali
per insaporire i piatti più semplici o da gustare con pane e grissini. La pratica confezione di
cartone contiene otto porzioni triangolari, facili
da portare con sé anche per uno snack veloce e gustoso. Il prodotto coniuga il sapore e le
proprietà nutrizionali del grana padano con la
praticità e la creatività in cucina.
Ingredienti
Grana padano Dop 25% (latte, sale, caglio, conservante: lisozima proteina dell’uovo), acqua,
siero latte concentrato, burro, proteine del latte,
siero di latte in polvere, sali di fusione: polifosfati
di sodio, citrati di sodio; sale, correttore di acidità: acido citrico.
Caratteristiche
Fettine triangolari, dall’aspetto liscio ed omogeneo, di colore bianco-paglierino. I formaggini
hanno il sapore tipico del grana padano e presentano una consistenza morbida e compatta.
Peso medio/pezzature
140 gr.
Shelf life
120 gg.
MARIO COSTA
www.mariocosta.it
Nome prodotto
Gorgonzola dolce Dop Cuore di gran riserva.
Breve descrizione del prodotto
Formaggio prodotto secondo lo standard
di produzione di cui al D.P.R. N° 1269
del 30.10.1955. Riconoscimento Dop
12.06.1996 (Reg. CEE N° 1107/96).
Ingredienti
Latte, caglio, sale.
Caratteristiche
Formaggio molle, grasso, a pasta cruda, prodotto esclusivamente con latte di
vacca intero pastorizzato. La forma viene
incartata con una fascetta di legno (e successivamente con la carte pergamin) e la
parte di crosta superiore viene tagliata e
riposizionata, dopo l’inserimento di due
dischi trasparenti per facilitarne l’apertura.
Peso medio/pezzature
Forme da 12 chili ca.
Shelf life
30 gg. dalla data di confezionamento.
Brazzale
www.brazzale.com
Nome prodotto
Gran Moravia Walt Disney “snack” da 20
grammi in busta.
Breve descrizione del prodotto
Cinque barrette da 20 grammi ciascuna
di Gran Moravia dal gusto più dolce, confezionate singolarmente in pratiche buste
Atp da 100 grammi. Questo prodotto si
propone come una merenda sana, nutriente e sicura per il bambino, e suggerisce inoltre uno stile di vita corretto e
rispettoso per sé e l’ambiente attraverso
la promozione dello sport e l’utilizzo sul
pack dei personaggi Walt Disney impegnati in attività all’aria aperta.
Ingredienti
Latte, sale, caglio da coltura vegetale, lisozima (proteina dell’uovo). Caratteristiche
Dal sapore amabile e attento al gusto dei
piccoli consumatori, ma pensato anche
per tutta la famiglia.
Peso medio/pezzature
Confezione di cinque
barrette di formaggio Gran Moravia
da 20 grammi, confezionate singolarmente, in buste da
100 grammi.
Shelf life
120gg.
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