Periodico di politica, economia e cultura dell’Amministrazione provinciale di Gorizia
Aut. Trib. n. 281 dd. 20/12/1997 Anno 2 numero 2
5
La Provincia
Isontina
La Provincia Isontina nuova serie n.5
1 Impressioni
di un viaggiatore
dell’Ottocento.
2 Così diventò
la Nizza austriaca.
4 L’Omaggio all’Imperatore
rivela la strategia turistica
dell’epoca barocca.
6 Nello spirito del Giubileo.
8 Itinerario tra i musei
del Goriziano.
14 Le oasi naturalistiche.
18 Incroci di culture
e di sapori.
21 Il gusto della tradizione
sulle tavole dei ristoranti.
24 Gli sport da vivere
a contatto con la natura.
26 L’agriturismo
nel Goriziano.
A fianco il ponte di
Salcano
(Gorizia) sull’Isonzo.
In copertina il parco
di Villa Coronini (Gorizia).
La Provincia Isontina
Direttore Responsabile
Luca Primavera
A questo numero
hanno collaborato:
Isabella Franco
Redazione e supervisione
Giorgio Brandolin, Vittorio
Brancati, Silvano Buttignon,
Rosaria Di Dato, Maria Masau,
Edi Minin, Vincenzo Sfiligoi
Giovanna Ludovico Giannattasio
Segretaria di redazione
Laura Verbi
Pierluigi Lodi
Donatella Porcedda
Alessandra Martina
Maria Masau Dan
Paolo Zuliani
Fabiana Iurig
La rivista é stampata su carta
ecologica sbiancata senza cloro.
Manuela Zucchiatti
Editore e Stampa
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Ronchi dei Legionari
Provincia di Gorizia
c.so Italia, 55 - 34170 Gorizia
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Televideo regionale: pag. 545
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Numero Verde 167-252891
La tiratura di questo numero
é stata di 15.000 copie
distribuite gratuitamente
con i quotidiani Il Piccolo
e Messaggero Veneto.
Fotografie di:
Giuseppe Assirelli,
Carlo Sclauzero,
Pierluigi Bumbaca,Luigi Tosoratti
Maurizio Tavagnutti,
Circolo Fotografico Isontino,
Archivio fotografico dei Musei
provinciali Museo della civiltà
contadina di Farra d’Isonzo
E-Mail: [email protected]
Provincia di Gorizia
Musei provinciali:
0481.533926
Galleria d’arte contemporanea:
0481.960816
Con l’iniziativa “La storia in cucina” l’assessorato alla cultura
e al turismo della Provincia
di Gorizia vuole promuovere
attraverso varie manifestazioni
l’offerta gastronomica dell’Isontino
secondo un filo conduttore che
è quello della presenza di piatti
della tradizione locale nei menù
dei ristoranti e delle trattorie
della zona. In questo numero della
rivista sono segnalati gli esercizi
che hanno aderito all’invito.
Alcuni nomi di luoghi e di cose
che hanno diverse versioni
sono stati riportati come proposti
dai singoli autori.
Impressioni di un viaggiatore
dell’Ottocento
> Benché situate nel
mezzo tra i grandi territori culturali della Germania e dell'Italia, sono rimaste fino a tempi recentissimi
una vera e propria terra incognita per il forestiero. Le guide turistiche, di solito assai minuziose,
dedicano a questo territorio, con le loro scarse notizie, poca attenzione, e il viaggiatore che con
la ferrovia dell'Italia percorre in fretta una parte non trascurabile del paese senza fermarsi, nota
tutt'al più con stupore il nudo suolo roccioso e frastagliato del Carso, ricorda magari dai tempi di
scuola, mentre passa vicino al Timavo, le lodi che questo strano fiume ottenne dai poeti dell'antichità
classica; sofferma lo sguardo sulla fertile pianura del basso Isonzo, sempre ubertosa da quasi duemila
anni, dalla quale sorge l'alto campanile del Duomo di Aquileia, che rievoca la duplice fioritura
di questa località così famosa nell'epoca romana e nei primordi del cristianesimo, come pure il suo
crudele destino; e rimane sorpreso vedendo la paradisiaca posizione della città di Gorizia, circondata
da amene colline e da lunghe catene di monti. Ma tutte queste impressioni si concentrano nel breve
spazio di poche ore. Il treno procede inarrestabile e l'imponente scenario del Friuli italiano, limitato
dal lontano baluardo delle Alpi Carniche, sopraffà rapidamente il ricordo del paesaggio già attraversato.
Eppure quest'ultimo merita di essere minutamente osservato più di parecchi altri vasti territori che
i turisti percorrono in tutte le direzioni. In Europa non esiste, verrebbe voglia di affermare, un paese
di estensione ugualmente limitata che presenti in ogni senso una simile varietà di fenomeni come
il territorio che sotto il nome politico di contee di Gorizia e Gradisca costituisce una parte piccola
bensì, ma molto preziosa dell'impero austriaco. Per esprimere brevemente il suo carattere dominante
dirò che è il paese dei contrasti: contrasti che collegati da passaggi più o meno armoniosi si presentano
nella qualità del terreno, nel clima, nella coltivazione del suolo, come pure negli elementi etnografici,
poiché qui avviene il contatto fra le tre principali razze europee, la romanica, la tedesca e la slava;
e così nella densità della popolazione e nelle occupazioni della gente, nel libero dominio della natura
e negli aspetti del paesaggio. Questi contrasti attraversano la storia del paese che risale fino ai tempi
delle leggende e comincia nelle mitiche tenebre con l'immigrazione dei veneti dall'Asia lontana,
con la romantica spedizione degli Argonauti e l'arrivo dei troiani fuggiaschi. <
Scriveva nel 1873 il barone Carl von Czoernig a proposito delle contee di Gorizia e Gradisca:
embra che un secolo e più
sia passato invano. Anche
oggi la provincia di Gorizia
è attraversata velocemente
da tanti viaggiatori che vanno
a raggiungere altre mete senza
fermarsi e senza accorgersi delle
bellezze che passano loro
accanto. Ma se tra questi
c’è ancora qualcuno che prova
la curiosità e lo stupore del
viaggiatore dell’Ottocento,
non si può non accoglierlo come
si conviene. Questo numero
speciale de “La Provincia
isontina” interamente dedicato
al “turismo storico” e a quegli
ingredienti di cui tuttora
S
disponiamo, la bellezza
del paesaggio, il fascino
“dei contrasti” come li chiama
Czoernig, l’aristocrazia dei
sapori, costituisce il primo passo
di un progetto che vuole attirare
l’attenzione non solo di turisti
nuovi, più preparati e più attenti
sul Goriziano (di qua
e di là del confine di Stato)
ma rafforzare la coscienza
e l’orgoglio della nostra identità
e della nostra unicità.
Giorgio Brandolin,
presidente della provincia
Maria Masau Dan,
assessore alla cultura e al turismo
LPI 1
.1.
.2.
Gorizia
Così diventò la Nizza austriaca
M
In giro per la provincia con
Carl von Czoernig, il primo
promotore del turismo goriziano.
Un’ideale itinerario attuale ancora
oggi “verso tutti i punti cardinali”.
Partendo dal Castello di Gorizia
il viaggiatore individua l’anima
della città tra palazzi eleganti,
“ville deliziose”, negozi “sontuosi”
e giardini affascinanti fino a spingersi
sui castelli del Carso, a Gradisca,
Cormons e Grado. “
“Si può trattenersi all’aperto tutti
i giorni dell’anno”.
LPI 2
osso dal desiderio di fare conoscere a tutti
questo sconosciuto angolo dell'Impero, Carl
von Czoernig, alto funzionario del governo
venuto a Gorizia per curarsi, pubblica nel
1873 un'opera che ancor oggi resta una
fonte molto importante per la storia della contea di
Gorizia. E'lui che inventa la fortunata definizione di
"Nizza austriaca" per la città, motivandola con il primato
che poteva vantare dal punto di vista climatico rispetto ad
altre località di cura subalpine. "Nessun altro luogo della
monarchia austriaca- scrive - eccetto la lontana Dalmazia
meridionale, sia adatta talmente a un soggiorno climatico
invernale come appunto Gorizia, dove la temperatura
mite, la regolarità di tutti i fenomeni meteorologici e l'assenza di venti dannosi alla salute offrono tutte le necessarie premesse". Da una semplice intenzione di valorizzare i
pregi climatici della città, l'autore passa poi a un progetto
molto impegnativo che si concreta in un'opera storica di
ampie dimensioni. Nonostante l'importanza degli argomenti, il testo di Czoernig è, però, di piacevole lettura
(grazie anche alla perfetta interpretazione che ne ha dato
un grande traduttore come Ervino Pocar) che merita di
essere ripresa anche nella parte in cui descrive la bellezza
della città e dei dintorni, in buona parte ancora immutati
nonostante le distruzioni delle guerre.
L'ideale itinerario turistico di Czoernig (allora non si parlava di turisti, bensì di "viaggiatori") inizia ovviamente dal
Castello medioevale, antica residenza dei conti, che in
quell'epoca era un semplice edificio adibito a caserma,
pur restando "il simbolo della città". L'autore ricorda i
fasti di un tempo, le feste di corte che si facevano in
omaggio ai regnanti austriaci in visita, ma di tutto questo
.3.
.4.
non è rimasto nulla, purtroppo. Il tempo non ha potuto
cancellare però la bellezza del panorama, che va "dall'alto
delle Alpi Giulie e carniche fino alla pianura friulana nella
quale si distingue l'alto campanile del Duomo di Aquileia,
mentre verso mezzogiorno si possono seguire i serpeggiamenti dell'Isonzo fino alla sua foce dove il mare scompare
in nebbie e vapori."
Anche quella che Czoernig chiama "città vecchia" appoggiata alle pendici del colle del Castello non è molto diversa dal borgo attuale, benchè impoverita dalle demolizioni
di epoca fascista. "Le vie strette e tortuose, le case vecchie e modeste rievocano il primo medioevo" e dimostrano che la città in origine doveva essere assai angusta.
Qualche aspetto più monumentale egli rileva nella piazza
Schonhaus (ora S.Antonio) e in quella vicina del Duomo
con il palazzo cinquecentesco della Dieta provinciale e
l'ancor più antica casa di Simone Volker del 1441.
Via Rastello è il "centro del commercio" dove nei numerosi negozi si possono trovare "tutti i prodotti dell'interno e
dell'estero, dai più comuni requisiti per il bisogno della
campagna ai più raffinati e lussuosi". Gorizia è importante per tutto il contado tanto che, come rileva l'autore,
"questa vivace attività commerciale vi provoca specie
nelle ore della mattina una tale affluenza che pare di trovarsi nella congestione della grande città".
Ma dal secolo precedente Gorizia si è già notevolmente
ampliata oltre le pendici del colle e la piazza principale è
diventata quella del Traunik (ora della Vittoria) in cui
sbocca via Rastello. Qui le case sono "moderne" e i negozi
"sontuosi" tanto che la piazza attira molto di più di via
Rastello "il passeggio del mondo elegante" che continua
anche nella via dei Signori (ora Carducci), l'uscita a settentrione, fiancheggiata da case nobili e ottimi alberghi.
La "Nizza austriaca" di Czoernig è dunque ancora una
città piccola che solo nei decenni successivi occuperà il
terreno ancora libero che la separa dalla nuova linea ferroviaria costruita un paio di chilometri a sud del castello. Il
processo comunque si è già avviato: la lunga strada che
congiunge il Teatro alla nuova Stazione ferroviaria, il futuro Corso Italia, si sta già arricchendo, ai lati, delle prime
eleganti residenze. A rendere piacevole la città concorrono però anche i palazzi dei nobili "non più ricchi come
una volta", secondo l'autore, e le "ville deliziose di epoca
moderna che circondano la città come una corona fiorita".
Si distinguono il palazzo del conte Lanthieri, che conteneva "i più belli, numerosi e ricchi appartamenti"; il palazzo
dei conti Thurn ora di Enrico von Ritter (attuale
Municipio) col suo elegante arredamento "rispondente a
tutte le esigenze di eleganza"; il palazzo arcivescovile in
via dei Signori; quello ampio e costruito nello stile del
secolo scorso dei conti Attems. Ma tra le costruzioni notevoli non si dimentica di citare il Seminario Werdenberg
(attuale Biblioteca Statale) e il Convento dei Francescani
alla Castagnevizza, dove, con Carlo X riposano le spoglie
degli ultimi Borboni di Francia.
Ma sono i giardini a giustificare il paragone con Nizza. E'
qui che ha effetto davvero il mite clima goriziano. "Il loro
aspetto è particolarmente bello quando i primi raggi del
sole primaverile (in marzo) fanno sbocciare un'immensa
quantità di fiori che empiono l'aria di un profumo inebriante."
Spicca il Giardino Pubblico, "che in dieci anni ha visto
svilupparsi una vegetazione di grande bellezza e pregio,
ma anche quello del palazzo Strassoldo, che occupa fino
l'altura del castello con gli alberi frondosi mentre la coltivazione di rose in primo piano fa pompa di fiori e gemme
tutto l'anno".
Si distingue il "giardino dell'Arcivescovado che monta
fino ai bastioni del Castello e comprende anche un orto e
un vigneto", ma "il primo posto spetta a quello di
Guglielmo von Ritter intorno alla sua villa nella colonia
industriale di Strazig che è davvero unico "per l'abbondanza di alberi e piante rare, per le grandiose serre e
dimostra al visitatore sorpreso quanto questa zona si presti alla coltivazione delle piante meridionali."
Una delle buone ragioni per venire a Gorizia, secondo
Czoernig, è, però, l'amenità dei dintorni ("si può trattenersi all'aperto tutti i giorni dell'anno" e si possono trovare luoghi pittoreschi "verso tutti i punti cardinali") dove si
può andare, secondo la distanza, a piedi, in carrozza o in
LPI 3
.5.
treno. A piedi si può salire al Castello, andare al
Santuario della Castagnevizza, sul Monte Calvario, ma
anche il pellegrinaggio al Santuario di Monte Santo (il
punto di vedetta "incontestabilmente il più bello e grandioso di tutto il Goriziano"), oltre un certo punto, non
consente di continuare in carrozza e richiede un tratto di
cammino in salita. In carrozza si va a San Floriano, oppure al castello di Vipulzano dei conti Attems (dove ci sono
i due più grandi cipressi della contea), oppure al "ben
conservato" castello di Cronberg dei conti Coronini, o
ancora a Ranziano (castello Strassoldo), a Prebacina
(castello Coronini), al castello di Reiffemberg completamente restaurato dal conte Lantieri (in "posizione veramente romantica sul pendio del Carso").
Si definiscono, queste, "mete e vedette per i pedoni" e,
secondo la visione romantica, appunto, del paesaggio
dell'Ottocento, sono sempre identificate con qualche
altura e finalizzate ad ammirare bei panorami verso i
monti o verso il mare.
Ma oltre ai panorami Czoernig consiglia itinerari ugualmente interessanti fra le più antiche tracce della storia:
una gita di mezza giornata a Gradisca ("nota nella storia
come fortezza per cui ci furono lunghe lotte tra veneti e
austriaci"); oppure un "viaggio" alla "famosa Aquileia" che
richiede tre ore e, benchè i "testimoni degli antichi splendori siano scomparsi" offre monumenti importanti del
Cristianesimo e, salendo sul più alto campanile della
zona, una "vista stupenda dal Collio fino a Trieste e
all'Istria." Merita una visita anche Grado, "cittadina di
pescatori situata sopra le isole lagunari che va diventando
stazione balneare specialmente per bambini scrofolosi"
che si raggiunge in barca, sostando, se si vuole, anche al
Santuario dell'isola di Barbana.
In treno si può raggiungere rapidamente Cormons (e salire sul monte per godere anche qui una "vista meravigliosa") oppure si può andare a Udine o a Trieste, combinando anche la visita al castello di Miramare "col fantastico
parco in cui crescono le palme, le camelie e altre piante
meridionali". ■
LPI 4
.6.
.1.
Villa ottocentesca
sul Corso Italia
.2.
Fontana dell’Ercole
a Palazzo Attems
L’Omaggio
all’Imperatore rivela
la strategia turistica
dell’epoca barocca
.3.
Fioritura primaverile
nel parco Coronini
.4.
Corso Italia
.5.
La fontana del
Nettuno e la Chiesa
di Sant’Ignazio
.6.
Uno scorcio del
parco Coronini
L'impegno degli amministratori
pubblici nei confronti della
promozione turistica nel Goriziano ha
radici lontane nel tempo. La testimonianza più significativa risale già al
1728, in occasione della visita a
Gorizia dell'imperatore Carlo VI per
ricevere l'omaggio di fedeltà dai sudditi della Contea. Si trattava di un
atto di grande importanza politica,
che da una parte sanciva il riconoscimento dell'autorità sovrana, ma dall'altro ribadiva l'autonomia del governo provinciale. In età barocca, il valore di quest'atto si rifletteva nel fasto
della cerimonia: sovrano e rappresentanti del potere locale vi rivaleggiavano nell'ostentazione di magnificenza.
Uno spettacolo grandioso, dunque,
che per alcuni giorni vedeva la città
capoluogo illuminata, arricchita da
.7.
archi trionfali e ridondanti decorazioni poste sulle facciate dei palazzi,
attraversata da fastosi cortei, teatro
di spettacoli musicali e pirotecnici e
sede di favolose "cuccagne", durante le quali venivano distribuiti al
popolo vino e carne e le fontane
gettavano vino.
Spettacolo raro, peraltro. L'unico precedente risaliva al 1660, quando per
la medesima cerimonia era giunto a
Gorizia Leopoldo I.
L'esperienza, registrata nelle cronache e nei documenti ufficiali, aveva
insegnato che per l'occasione era
stata altissima l'affluenza di pubblico,
formato non solo da abitanti della
Contea, ma anche, e in gran numero,
da "forestieri circonvicini". Ad essi,
per l'arrivo di Carlo VI, si rivolse l'attenzione degli Stati provinciali goriziani, l'organismo di governo locale.
L'Assemblea deliberò pertanto di affidare l'incarico di stilare un'invitante
descrizione della cerimonia ad
Antonio Dall'Agata, versatile miniaturista ed incisore.
Prese così forma “Gorizia in giubilo
per l'aspettato arrivo dell'augustissimo imperator Carlo VI”, un elegante
volumetto rivolto ai "Signori Foresti",
che si proponeva di superare la contingenza della cerimonia per giungere
alla "breve descrizion del Paese" ad
uso del visitatore "curioso".
Vi aveva la precedenza Gorizia, città
di "belle fabbriche, ed abitazioni,
strade, e piazze ben regolate, e sempre con numeroso popolo, che le
scorre". Ben presto però lo sguardo si
estendeva ai santuari extra urbani,
"perchè questi fanno celebre questa
illustre Città ne' lontani Paesi, da'
.8.
.9.
.10.
quali spesso vien empita di popolo
forestiere", con grande vantaggio per
l'economia del capoluogo.
Da qui la descrizione raggiungeva
l'intero territorio della Contea, percorrendone le signorie e i possessi
giurisdizionali presentati come luoghi
di delizia, in cui l'antica liberalità
nobiliare si accompagnava, nei confronti degli ospiti, ai raffinati costumi
del "viver civile".
Nell'alta valle dell'Isonzo, a Canale,
l'antico palazzo dei conti Rabatta, rinnovato, ampliato ed ingentilito da un
giardino che poteva "pareggiare molti
nelle vicinanze di Roma", sembrava
adattato "a fine d'accoglier con trattamenti di generosità quei Cavallieri,
che sovente lo visitano". Anche a
Vipacco, il palazzo con giardino dei
conti Lantieri era "sempre generosamente aperto a tutti gli Ospiti
Cavallieri". A Rifembergo, dove i
Lantieri possedevano addirittura tre
castelli, quello superiore "ampliato
con molte fabbriche, e belle passeggiate", era arredato "al pari delli più
ben forniti della Città, con una galleria di pitture di gran prezzo sì antiche, come moderne" e una preziosa
libreria "così numerosa di Libri d'ogni
materia, che poche se ne trovano pari
in tutto 'l Friuli".
Molte altre dimore signorili meritavano menzione: fra queste, quella dei
conti Attems a Santa Croce, quella
"sontuosissima" a Sagrado dei conti
Della Torre e, della stessa famiglia, a
Vipulzano il "famoso Palazzo
d'Architettura del valoroso Paladio",
ma anche il "picciol palazzetto deliziosissimo per la più meravigliosa
veduta, che si trovi in Paese", fabbricato dal conte Strassoldo a San
Floriano.
Le attrattive eno-gastronomiche della
Contea erano ben presenti all'autore,
che si premurava di avvertire che "le
cose comestibili sono a buon prezzo,
e sì la Città, come il Paese è sempre
provisto". Decantava pertanto i
capretti e l'olio "molto delicato" del
Carso, i castrati del Collio, i vitelli e i
latticini di Tolmino, il pesce fresco
disponibile per la vicinanza al mare,
persino il pollame reperibile quotidianamente sul mercato goriziano, la
frutta e gli ortaggi, in particolare
asparagi, del Collio e i "buoni capuzzi, che l'Ottobre li mettono in garbo,
e servono tutto l'anno". L'elogio raggiungeva i vertici nei confronti dei
vini, talmente squisiti che "in pochi
Paesi se ne trovano di meglio". Le
numerose varietà potevano soddisfare
tutti i gusti: dall'Oberfelder "che con
la delicatezza del suo sapore è la delizia delle tavole" e il "celebre
Rosimploz, che porta la corona fra i
liquori" nella valle del Vipacco al
"vino del Sole" di Ranziano, dalle
ribolle dei colli attorno a Gorizia ai
cividini di San Floriano, dal pignolino
ai refoschi di Medea, "tanto celebri
quanto preziosi".
A conclusione della sua descrizione
della Contea di Gorizia, un territorio
cui nulla mancava "che convenga al
vivere umano", l'autore giungeva a
rendere esplicita la strategia degli
amministratori locali suoi committenti: "introdur denaro con l'esito dell'entrate". Chiarissima visione del
turismo come traino dell'economia
locale. ■
.11.
.7. Sorgenti del Vipacco sotto
Palazzo Lantieri a Vipava
(Vipacco).
8.9. Due vedute del Castello
di Rifembergo a Branik.
.10. Palazzo Lantieri a Vipava
.11. (Vipacco).
Palazzo Attems Santa Croce
a Gorizia.
LPI 5
Fede e storia sul confine
lungo i secoli
nei santuari dedicati
alla Madonna.
La tradizione della messa
alla Castagnavizza
e le teorie di pellegrini
al Monte Santo.
Nello spirito del Giubileo
Il nostro territorio ha visto, nel corso
dei secoli, il sorgere di santuari
legati soprattutto alla devozione mariana.
L’occasione per una visita a questi luoghi
della fede popolare contribuisce anche
a conoscere la storia di queste terre.
Partendo da Gorizia, un primo possibile
itinerario tra i tanti individuabili è a cavallo
del confine con la Slovenia.
A pochi minuti dalla città, sorge
il santuario della Beata Vergine della
Castagnavizza, facilmente raggiungibile
seguendo le indicazioni turistiche che
partono proprio dal valico confinario della
Casa Rossa. Molto più suggestiva è l’ascesa
a piedi che può partire anche, alcune volte
all’anno, dalla via Cappella, a Gorizia,
e che in una ventina di minuti conduce
al Santuario. Grazie all’interessamento
del Consiglio di Quartiere MontesantoPiazzutta, da anni ormai è stata
ripristinata, con la disponibilità delle
autorità confinarie dei due Paesi, la salita
al santuario partendo dalla via Cappella,
senza dover attraversare un valico
confinario. Si tratta di una occasione
che i goriziani hanno accolto con grande
soddisfazione in quanto, soprattutto
gli abitanti della zona nord della città, fino
alla seconda guerra mondiale erano soliti
frequentare la messa domenicale alla
LPI 6
Castagnavizza (soprannominata
“la Capela”). Generazioni di parrocchiani
di Sant’Ignazio hanno ricevuto prima
Comunione e Cresima in quella chiesa.
La nascita della Castagnavizza risale al
sec. XVII. I lavori di costruzione della
chiesa furono iniziati per merito del conte
Mattia della Torre negli anni 1623-25.
La chiesa, consacrata tra il 1640 e il
1648, fu ampliata dal 1665 e il 1661,
ma i lavori continuarono anche all’inizio
del Settecento. Dal 1662 la chiesa fu retta
dai Padri Carmelitani rimasti alla
Castagnavizza fino al 1785, quando
il Convento fu soppresso dall’imperatore
Giuseppe II. Nel 1811 furono trasferiti alla
Castagnavizza i Francescani del soppresso
convento del Monte Santo, fino ad allora
ospitati in città nel Convento (venuto
a cessare come il loro) dei Minori
Conventuali. Nel 1821 fu aperto uno
studio filosofico per gli allievi francescani
che dal 1840 fu frequentato anche dai
Cappuccini; ancor oggi la chiesa è retta
dai padri Francescani. Nel 1836 nella
cripta della cappella fu sepolto Carlo X
di Francia (esule per l’Europa dopo i moti
rivoluzionari del 1830); proprio
in quell’anno si era stabilito a Gorizia, dove
morì di colera solo poche settimane dopo
il suo arrivo. Si dice che il re esiliato
(dimorava nella villa Coronini) fosse stato
colpito dalla vista del santuario e che
avesse espresso la volontà di visitarlo
e di eleggerlo a sua ultima dimora.
Se il santuario della Castagnavizza
è strettamente legato alla città di Gorizia,
quello di Montesanto ha sempre svolto
un ruolo, molto più vasto e importante, di
incontro tra popoli diversi nel nome della
devozione alla Vergine. E’ stato già rilevato
che “nelle regioni di frontiera i santuari
mariani non sono solo centrali di vita
spirituale e di fervore religioso, ma anche
punti di incontro ed occasioni per una
migliore reciproca conoscenza e perciò
di affratellamento fra popoli confinanti
o conviventi sullo stesso suolo”.
Montesanto ha rappresentato un punto
di incontro di fedeli italiani, sloveni
e friulani che organizzavano pellegrinaggi
ancor oggi ricordati per la partecipazione
corale di interi paesi. Nell’Ottocento
i pellegrini giungevano con i carri, partendo
dai vari paesi del Friuli orientale, Medea,
Cormons, Mariano, Corona, Lucinico …;
man mano che ci si avvicinava a Gorizia,
nuovi pellegrini si aggiungevano, rendendo
sempre più imponente il corteo che
si accingeva alla salita da Salcano.
Le molte descrizioni di questi pellegrinaggi
sottolineano sempre che quel tipo di
manifestazione di fede popolare recava con
sé anche il significato della festa. Attorno
alla chiesa si sistemavano i venditori
ambulanti di oggetti ricordo come santini
e medagliette. La grande devozione per
la Madonna del Montesanto, raffigurata
in un quadro donato nel 1544 dal patriarca
Marino Grimani, è dimostrata dal numero
straordinario di fedeli che da sempre
raggiungono il santuario.
Già nel 1596 l’arcidiacono di Gorizia
segnalò di aver dovuto celebrare la messa
all’aperto: il numero di pellegrini era così
numeroso da non poter entrare in chiesa;
nessuno era disposto a tornare a casa
senza aver assistito alla celebrazione.
Nel 1717 il quadro della Vergine, che
racchiude nei suoi spostamenti le vicende
spesso tormentate del santuario, fu portato
a Gorizia dove l’effigie fu incoronata.
I documenti parlano di una folla valutata
in 130 mila persone che assistettero
alla cerimonia. Quando il convento del
Montesanto fu soppresso (1786), il quadro
della Madonna venne trasferito nella chiesa
di Salcano dove rimase fino al 1793
quando venne riportato al santuario.
Tra i pellegrinaggi del secolo scorso fece
grande scalpore quello del 2 settembre
1872. Allora i presenti furono in un
numero tra i quaranta e i cinquantamila.
Era il momento in cui anche i cattolici
del Litorale andavano prendendo coscienza
della necessità di una loro presenza
più incisiva nei confronti della società.
Nel 1870 era stato costituito il Circolo
cattolico goriziano che l’anno successivo
inziò la pubblicazione del giornale
“Il Goriziano”. Dal febbraio del 1872
vennero organizzati in tutto l’Impero
pellegrinaggi che avevano anche lo scopo
di testimonianza di amore e solidarietà
al pontefice, Pio IX. Per la diocesi goriziana
la data venne fissata al 2 settembre.
Il solenne inizio del pellegrinaggio venne
annunciato dalle campane della
metropolitana. Il nucleo principale del
corteo, formato da sacerdoti, autorità
e cittadini di Gorizia, si mosse dal duomo
alle 4 del mattino. A questi si
aggiungevano via via altri fedeli che si
erano radunati nella piazza grande e in altri
luoghi cittadini: pellegrini di Trieste, di
Udine, Cividale, dei vari decanati diocesani
fino a raggiungere il numero di almeno
quarantamila che impiegarono cinque
ore per raggiungere il santuario.
Allo scoppio della prima guerra mondiale
il quadro della Madonna venne nuovamente
portato in altro luogo, mentre la chiesa
e il convento furono praticamente rasi
al suolo dagli eventi bellici. Già nel 1922,
costruita una cappella provvisioria,
il quadro potè ritornare sul Monte Santo;
questa nuova ascesa della effigie della
Madonna fu accompagnata da sessanta,
settantamila persone. Nuovi echi di guerra
si fecero ben presto sentire e per la
Madonna del Montesanto questo significò
nuovi esilii (Roma, poi Lubiana , Belgrado
e solo nel 1950 finalmente di nuovo nel
suo santuario). Con la seconda guerra
mondiale, il santuario è rimasto oltre
confine, ma è sempre meta per i fedeli
di queste terre. Con l’intensificarsi
dei rapporti di buon vicinato, prima con
la Jugoslavia ed oggi con la Slovenia,
il santuario di Montesanto si è confermato
come simbolo di unità per i popoli che
vivono al di qua e al di là del confine,
in nome della fede e di una comune
tradizione con le radici nella origine stessa
del santuario. La visita a Montesanto può
diventare occasione per una breve salita
al San Valentin che gli è di fronte. Là si
possono vedere gli scavi archeologici che
hanno riportato alla luce le vestigia della
chiesa e del convento che erano proprio
sulla vetta. Anche questa chiesa che aveva
tre altari, il maggiore dedicato alla Vergine
e gli altri due a San Valentino e San
Barnaba, era meta di pellegrinaggi da tutto
il Friuli orientale già nel Cinquecento.
Durante una visita pastorale effettuata
nel 1759 dal primo arcivescovo di Gorizia,
Carlo Michele d’Attems, il vicario
di Capriva, Francesco Sion, auspicava che
venisse eliminata l’annuale processione
della parrocchia di Capriva al San Valentin,
in quanto troppo lunga e occasione di
scandalo tra i fedeli. Lo spettacolo che si
gode dal San Valentin racchiude in sé tanti
significati per gli abitanti di queste terre.
E’ paradigma di territori che hanno subito
violenze, guerre, sopraffazioni, sui quali
gli uomini si sono più volte scontrati. Allo
stesso tempo ha riunito nella fede, o anche
solo nella tradizione culturale, generazioni
di uomini. La natura straordinaria che lì
si incontra, piccolo universo che racchiude
varietà d’alta montagna con altre tipiche
della pianura e del mondo mediterraneo,
chiama anch’essa ad una sintesi culturale
che sappia cogliere quanto di meglio
ognuno dei popoli che qui vivono può dare:
quella natura, quel mondo senza confini,
troppo grande per poterlo costringere in
barriere innaturali, è racchiuso nelle parole
che Carlo Michelstädter scrisse dal San
Valentin, nel febbraio del 1910, all’amico
Enrico Mreule,: “arde l’ultimo fuoco …
tutto intorno è neve, guardiamo la rovina
attraverso il fumo … partiamo – che è già
calata la sera – e ti salutiamo insieme al
nostro monte e all’orizzonte che è suo”. ■
A sinistra il Santuario della Castagnevizza
nell’Ottocento e oggi.
Sopra: immagini storiche del Santuario
di Monte Santo.
LPI 7
Itinerario tra i musei del Goriziano
Gorizia
Il primo museo goriziano è nato per
iniziativa di quella che allora si chiamava Dieta provinciale nel 1861, ed
era simile a ogni Landesmuseum
dell’Impero austriaco, con una sezione
storico-antiquaria e una sezione di storia naturale. E’ per questo che a
Gorizia non ci sono, come nella maggioranza delle città italiane i “musei
civici” bensì i Musei provinciali.
Dalla primitiva sede del palazzo della
Dieta - che oggi ospita la Questura - il
museo è passato nel 1900 a Palazzo
Attems, allargandosi negli anni Trenta
nel palazzetto Formentini di Borgo
Castello e negli anni Ottanta anche
nelle vicine Case Dornberg e Tasso.
Attualmente Palazzo Attems, sede tradizionale della Pinacoteca è chiuso per
restauro, così come la casa
Formentini, e si possono visitare solo
le Case Dornberg e Tasso in Borgo
Castello, dove si espongono a rotazione anche le collezioni dei musei chiusi. La Pinacoteca provinciale possiede
infatti una collezione di opere di pittura
e scultura dal Cinquecento in avanti,
con alcuni pezzi molto pregevoli del
Settecento veneto (Marco Ricci,
Giambettino Cignaroli, Francesco
Fontebasso, Francesco Pavona) e un’amLPI 8
Trenta musei
italiani e sloveni per
documentare
duemila anni di storia
e tradizioni dei popoli
che hanno convissuto
attraverso i secoli
nelle terre dell’Isonzo
e del Carso.
pia serie di dipinti dell’Ottocento in cui
primeggia la figura di Giuseppe Tominz
(1790-1866) ritrattista ufficiale della
borghesia goriziana e triestina.
Notevolissima anche la collezione di
opere del XX secolo in cui sono rappresentati tutti i migliori artisti giuliani
(Brass, Bolaffio, Nathan, Sbisà,
Marchig, de Finetti, Spazzapan) e le
tendenze fondamentali del primo ‘900,
dal Futurismo all’Espressionismo alla
Metafisica.
Non meno interessanti le sezioni dedicate all’artigianato, alle tradizioni
popolari e alle arti applicate (di grande
interesse è quella dei gioielli
dell’Ottocento) attualmente in fase di
ristrutturazione, così come rappresenta
un unicum la documentazione sulla
produzione di seta a Gorizia (secc.
XVIII-XIX) costituita da rarissimi macchinari in legno (tra cui un monumentale torcitoio del Settecento), da campioni di stoffa, abiti e accessori, con
una collezione originale di strumenti
per la lavorazione dei filati, abiti in
seta, costumi popolari, accessori, campioni di stoffe e merletti.
La sezione più ampia dei Musei provinciali di Borgo Castello è il Museo
della Grande Guerra. In dodici sale
ricavate dai sotterranei dei palazzi cin-
quecenteschi che ospitano i musei si
snoda un percorso che documenta la
vita in trincea, le armi in uso agli eserciti, la situazione di Gorizia, la ritirata
di Caporetto, la campagna del ‘18 e la
figura del generale Armando Diaz, di
cui il museo conserva l’archivio per
volontà degli eredi.
Va citata per l’importanza delle sue col-
lezioni anche la sezione archeologica
dei Musei provinciali, in corso di riallestimento nella sede di Casa Tasso. Si
tratta senza dubbio della raccolta
archeologica più importante della provincia di Gorizia: vi sono conservati
materiali di notevole interesse (manufatti in pietra, ceramica, metallo, vetro,
ecc.) e di diverse epoche, dalla preistoria al Medioevo, rinvenuti nel territorio
tra la fine dell’Ottocento e negli scavi
del secondo dopoguerra.
Ma i Musei provinciali possiedono
anche l’archivio storico più importante
per lo studio delle vicende del territorio, l’Archivio storico provinciale cioè i
documenti relativi all’attività di governo degli Stati goriziani dal 1500 al
1861 e una serie di altri fondi tra cui
l’archivio dell’I.R. Società Agraria e
quello del Teatro, urbari, manoscritti e
mappe censuarie dal Medioevo
all’Ottocento. All’Archivio è aggregata
la Biblioteca provinciale, una pregevole
raccolta di storia locale e storia dell’arte, con oltre 30.000 volumi. Archivio e
Biblioteca troveranno entro l’estate
1999 una nuova sede nel restaurato
Palazzo Alvarez (via Diaz).
Ha una funzione museale anche il
Castello di Gorizia, le cui origini risalgono all’XI secolo, simbolo della città e
principale testimonianza dell’epoca in
cui essa nacque e divenne capoluogo
di una vasta contea. Parzialmente
distrutto dai bombardamenti della
Prima Guerra Mondiale, il grande
maniero, che nei secoli della dominazione austriaca, dal 1500 in poi, aveva
perduto l’originaria funzione residenziale per diventare sede militare, è
stato ricostruito negli anni Trenta ed
arredato con mobili originali di notevole pregio. Bella la collezione di cassapanche con esemplari databili dal XV
al XVIII secolo. Gli ambienti più significativi sono la Sala del Conte, la Sala
degli Stati provinciali, la cappella, le
prigioni. Il sottotetto ospita una sezione didattica costituita da pannelli e
plastici sullo sviluppo urbano di
Gorizia.
Sempre in tema di musei a Gorizia ci
sono ancora due attrattive di primario
interesse. La prima è costituita dal
Museo della Sinagoga “Gerusalemme
sull’Isonzo” (via S. Giovanni) ospitato
nel settecentesco tempio israelitico,
situato nell’antico ghetto, dove è esposta un’ampia documentazione sulla
comunità ebraica locale e sui suoi
esponenti più illustri (tra i quali il glottologo Graziadio Isaia Ascoli, il pittore
Vittorio Bolaffio, il filosofo Carlo
nella categoria delle dimore storiche e
ne rappresenta anzi un esempio eccezionale, è la Villa Coronini Cronberg (viale
XX Settembre) circondata da un
magnifico parco all’inglese di quasi
cinque ettari.
La villa, costruita nel 1594 sulla collina
di Grafenberg, è diventata museo dal
1990, anno della scomparsa dell’ultimo
membro della famiglia, il conte
Guglielmo, che ha voluto lasciarla alla
città. Comprende una trentina di sale
con arredi originali, di cui buona parte
sono visitabili. Tra queste vi è la camera da letto di Carlo X, dove morì, nel
1836, l’ultimo re di Francia. Non meno
eleganti anche la sala centrale con
mobili francesi del XVII secolo, il salotto veneziano, la Stanza del Vescovo. La
quadreria comprende dipinti dal XVI al
XX secolo con opere di Bernardo
Strozzi, Tintoretto, Cignaroli, Rosalba
Carriera, Alessandro Magnasco, ecc.
Ricco anche l’archivio dei disegni e
delle stampe con fogli di Piazzetta,
Caucig e Guardi, per citarne solo alcuni, e una raccolta di stampe giapponesi.
Il panorama si completa con monete
antiche, gioielli, abiti d’epoca, argenti,
porcellane, tappeti, damaschi e pizzi.
Straordinaria anche la biblioteca di
15000 volumi.
Farra d’Isonzo
Il primo museo che si incontra lasciando Gorizia per seguire la valle
dell’Isonzo è un’originale collezione di
Michelstaedter). Di quest’ultimo sono
esposte le opere pittoriche di proprietà
della Biblioteca Statale.
La seconda, che rientra a buon diritto
automobili. Al km 3.700 della S.S.
351, infatti si incontra infatti il Museo
Ford Gratton, dedicato ad Henry Ford,
dove si può vedere la prima catena di
montaggio della storia dell’automobile,
la mitica Ford T del 1913. Qui Paolo
LPI 9
Gratton, concessionario del marchio, ha
allestito il primo ed unico Museo Ford
esistente in Europa. La facciata riproduce fedelmente e nei dettagli quella
della prima sede della Ford Italiana
“Ford Motor Company d’Italia”, costituita nel 1923 a Trieste, dove venivano
completate Ford modello T e le trattrici
Fordson che provenivano via mare parzialmente assemblate. Vi sono esposti
anche una trentina di pezzi d’antiquariato motoristico tra i quali spiccano un
modello T sportivo, quello che il primo
giugno 1909 vinse - nel fango - la New
York-Seattle; la Ford 8V del 1932; la
Ford Y 12HP, la prima ad essere prodotta interamente in Europa. Tra le moto,
che arricchiscono l’esposizione, particolare interesse destra una Indian della
prima guerra mondiale, e tra le biciclette una datata 1866. Non manca, in
questo straordinario museo privato, una
sezione dedicata alle telecomunicazioni:
Gratton, che è esperto in materia, è riuscito a ricostruire - grazie al ministero
delle Poste e Telecomunicazioni, che ha
fornito foto e disegni originali - il primo
apparecchio radio con cui Marconi trasmise oltre Atlantico.
Dopo un paio di chilometri si incontra il
Gradisca d’Isonzo
Subentrata al Patriarcato nel possesso
del Friuli (1420), dopo la metà del
secolo XV Venezia si trovò a fare i conti
con le incursioni turche in questo territorio. Costruì allora sulla riva destra
dell’Isonzo la città fortificata di
Gradisca (1479-1499), ma le truppe in
essa acquartierate non riuscirono a fermare le scorrerie. Anche Leonardo da
Vinci fu consultato nel 1500 dalla
Repubblica per progettare barriere più
efficaci, che restarono, però, sulla
carta. Di lì a poco, nel 1511, in seguito
alla guerra della lega di Cambrai,
Gradisca cadde nelle mani degli
Asburgo, nuovi confinanti di Venezia
in quanto eredi degli estinti conti goriziani. La storia di Gradisca è documentata nel Museo civico (Palazzo
Torriani) e Lapidario gradiscano (Loggia
dei Mercanti) dove sono esposte carte,
iscrizioni e frammenti relativi al periodo veneto e al successivo sviluppo
Museo di documentazione della civiltà contadina friulana che ha sede nel restaurato
borgo di Colmello di Grotta risalente
alla metà del XVIII secolo, nucleo che
conserva pressoché intatta la propria
fisionomia di insediamento rurale a
corte chiusa. Raccoglie oltre 1000
oggetti, manufatti e documenti rifacente a tutto il territorio provinciale e
copre un arco temporale che va dalla
fine del XVIII secolo ai primi del ‘900.
L’allestimento intende riproporre la
visione globale del mondo rurale subalterno, con percorsi consecutivi
approfonditi, organizzati in sezioni che
vanno dalla ricostruzione di ambienti
della casa (cucina, camera da letto),
alla valorizzazione di attività fondamentali della vita rurale come la coltivazione della vite e l’allevamento del
baco da seta, all’esposizione degli strumenti dei mestieri tradizionali. Da non
dimenticare che a Farra, nel ‘700, funzionava un grande filatoio di seta.
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urbano e sociale della cittadina, che
conobbe un momento di grande fioritura tra il 1660 e il 1717 quando fu
capoluogo di una contea autonoma
sotto i principi Eggenberg. In questo
periodo anche il centro storico si arricchì di eleganti palazzi che tuttora conferiscono un carattere aristocratico alla
cittadina. Nel museo civico c’è anche
una piccola ma importante sezione
dedicata alla locale comunità ebraica.
La sede di palazzo Torriani ospita
anche la Galleria regionale d’arte contemporanea “Luigi Spazzapan” dedicata a un
pittore che acquistò una vasta fama a
Torino, dove visse dal 1928 al 1958,
ma era nato a Gradisca nel 1889. La
galleria è stata fondata nel 1976 grazie
alla disponibilità di Eugenio Giletti,
collezionista torinese, grande amico di
Spazzapan che donò 87 opere della sua
collezione, acquisite dalla Cassa di
Risparmio di Gorizia e divise tra
Gorizia e Gradisca. Qui sono state collocate in sei sale del primo piano di
Palazzo Torriani assegnate al museo; il
secondo piano è destinato invece ad
una rassegna permanente degli artisti
più significativi del Friuli-Venezia
Giulia, in gran parte costituita da
opere donate o date in deposito a
tempo indeterminato dagli autori.
Molte e importanti sono state negli
ultimi vent’anni le mostre di artisti
regionali organizzate dalla Galleria .
Il Carso e la prima guerra mondiale
Il territorio isontino conserva importanti segni della grande tragedia rappresentata dalla prima guerra mondiale. Le memorie più significative sono
conservate in alcuni interessanti musei
che si collegano a quello già citato di
Gorizia. Punto di partenza di un itinerario fra i campi di battaglia potrebbe
essere Redipuglia, grandioso cimitero
di guerra ricostruito negli anni trenta.
Vale senz’altro la pena visitare il Museo
del Sacrario perchè fornisce, con l’aiuto
di carte e fotografie, ma anche di molti
reperti (armi, uniformi, utensili) spiegazioni accurate sullo sviluppo del
fronte dell’Isonzo, sugli eventi susseguitisi dal ‘15 al ‘17 sulle alture carsiche (le celebri “dodici battaglie
dell’Isonzo”) e sugli aspetti più tecnici
della guerra.
Si può partire da qui per raggiungere il
Monte San Michele (circa due ore di
cammino o dieci minuti in automobile)
dove si trova un altro piccolo museo
documentario incentrato proprio sui
drammatici e sanguinosi eventi bellici
che hanno interessato quella zona. Il
percorso a piedi è particolarmente suggestivo perchè si snoda attraverso sentieri e camminamenti che rendono
ancora efficacemente l’idea delle condizioni nelle quali sono vissuti per anni
i soldati in guerra, sia italiani che
austriaci. Non è raro incontrare cippi e
monumenti alla memoria (come quello
dedicato a Filippo Corridoni, caduto
nel 1915), immersi nel silenzio della
boscaglia.
Raggiunta Gorizia e visitato il Museo
della Guerra di Borgo Castello, si può varcare il confine e salire sul Monte
Santo dove è stato allestito un piccolo
museo che documenta quella zona del
fronte, per poi raggiungere Caporetto,
che da qualche anno ha rinnovato il
suo museo storico e fornisce un’interessante documentazione incentrata
soprattutto sullo sfondamento dell’ottobre 1917.
Il Carso e la preistoria
Il Carso non è solo un gigantesco
museo all’aperto della prima guerra
mondiale ma conserva in certi punti
anche i resti più importanti della vita
preistorica. Il sito più interessante è
forse quello di Castellazzo di Doberdò,
che si raggiunge dal bivio fra la Strada
statale n. 55 e la strada per Doberdò
del Lago per un sentiero che sale fino
alla cima del monte, a quota 158, dove
imponenti resti di una cinta muraria
documentano la presenza dell’uomo in
epoca remotissima (2000 anni prima di
Cristo) e dove si ammira un panorama
che spazia dalle Prealpi Carniche al
mare. Da qui si può partire per un itinerario tra i castellieri del Carso che
toccherà la cima Arupacupa (quota
144) dove si trova il castelliere di
Vertace, ora ridotto a macerie, proseguirà per la Cima di Pietrarossa (quota
121) dove, tra resti di trincee del ‘17,
c’è il Castelliere di Golas, in verità non
facilmente riconoscibile, per arrivare
poi al Castelliere della Rocca di
Monfalcone (quota 88), anch’esso
distrutto da successivi interventi. A
quote più basse troviamo altri resti di
abitati antichi che comunque meritano
un’escursione: Forcate (quota 61) e
San Polo (quota 60) dove la maceria è
invece imponente e riconoscibile da
lontano.
Prima di lasciare la zona della Rocca di
Monfalcone è opportuno visitare il piccolo Museo paleontologico della Rocca
ospitato all’interno e gestito dal
Gruppo Speleologico Monfalconese
dell’Associazione Nazionale del Fante,
dove si può vedere un’interessante
esposizione di fossili. Il Gruppo
Speleologico organizza anche una
intensa attività didattica che comprende visite guidate alle grotte del Carso e
ai castellieri.
San Canzian d’Isonzo, Aquileia, Grado:
il fascino del mondo antico
Sono legate all’epoca drammatica delle
persecuzioni dei cristiani le testimonianze archeologiche di San Canzian
d’Isonzo, documentate in un piccolo
ma interessante Antiquarium, dove sono
stati raccolti nel 1977 i frutti (frammenti di mosaici, iscrizioni, resti di
statue) di una fortunata campagna di
scavi dell’Università di Trieste che
aveva portato a scoprire dal 1960 in poi
l’esistenza in paese delle tombe dei
martiri Canzio, Canziano e Canzianilla,
tre fratelli romani che per sfuggire alle
persecuzioni di Diocleziano nel 303
lasciarono Roma, assieme al loro maestro Proto, per rifugiarsi ad Aquileia e
furono uccisi in un luogo poco lontano
chiamato “Aquae Gradatae” dove si
erano recati a visitare la tomba dell’amico Crisogono giustiziato per non
avere abiurato alla fede cristiana.
Anche siti minori come quello di San
Canzian aiutano a capire l’importanza
assunta in questo territorio da
Aquileia, fondata dai Romani nel 181
a.C. come insediamento militare finalizzato a controllare un confine molto
insicuro e divenuta in seguito grande
emporio e uno dei maggiori centri di
traffico di merci del mondo romano.
E’ fondamentale la visita del Museo
archeologico nazionale, aperto nel secolo
scorso nella villa de’ Cassis, dove sono
esposti reperti di eccezionale bellezza
(statue in marmo, oreficerie, monete,
bronzi, epigrafi, mosaici pavimentali)
che documentano molti aspetti della
vita della città in epoca romana. La
visita può continuare con una passeggiata nella zona degli scavi, dove si
vedono i resti del Porto fluviale, del
Foro, di un sepolcreto, di pavimenti
musivi. Chi voglia approfondire l’epoca
paleocristiana, oltre a visitare la grande
basilica del secolo XI, caratterizzata dal
vasto pavimento a mosaico (con i suoi
settecento metri quadrati è il più
ampio esistente in Occidente), la cripta degli e la Chiesa dei Pagani, deve
raggiungere la vicina località di
Monastero, dove si trova il Museo
Paleocristiano con altri mosaici, frammenti scultorei e iscrizioni risalenti
all’epoca che va dal V al X secolo.
Se l’antichissimo santuario di San
Canzian riporta a un cristianesimo primitivo ed eroico, la visione delle
Basiliche paleocristiane di Grado documenta la fase in cui, decaduta Aquileia
dopo i saccheggi dei barbari, e, in particolare, dopo le distruzioni operate dai
Longobardi invasori nel 568, la sede
patriarcale fu trasferita nell’isola di
Grado, che aveva dato rifugio a cittadini aquileiesi già un secolo prima, dopo
l’assalto di Attila. Sotto il patriarca
Elia, nel 579, venne costruita la
Basilica di S. Eufemia e venne rimaneggiata la vicina e preesistente
Basilica di S. Maria. Dall’interno della
basilica si accede al Mausoleo, piccolo
vano che ospita il Tesoro del Duomo
(croci, reliquiari, ostensori, ecc.).
Importanti testimonianze della storia
di Grado in epoca romana e paleocristiana si trovano anche nel vicino
Lapidario, nel Battistero e negli scavi
di piazza della Vittoria.
Aiello del Friuli
Collocato in un antico centro aziendale agricolo, formato da quattro fabbricati di epoche diverse (secoli
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XVIII/XX) che bene si adattano ad
ambientare e documentare la vita
rurale che si svolgeva nell’antica
Contea di Gorizia e Gradisca, il Museo
delle Civiltà Contadina del Friuli Imperiale
merita senz’altro una visita. Diverse le
sezioni in cui si articola: dalla lavorazione della terra alla fienagione, dai
mezzi di trasporto ai pesi e misure,
dalla stalla alla scuderia, alla cantina
all’abitazione rurale ed ai vari mestieri
artigianali legati all’agricoltura, con
una raccolta di oltre 16.000 reperti, in
continuo accrescimento, che coprono
ben cinque secoli di storia.
Le sale sono corredate da stampe e
litografie originali di botanica, zoologia ed agricoltura, da carte geografiche e topografiche, nonché da editti
ed avvisi di varie epoche. Il Museo è
completato, inoltre da una biblioteca
specializzata nel settore, da una sala
conferenze, da un ufficio informazioni agrituristiche, da un punto vendita
di prodotti agricoli e di artigianato
locale. Il cortile ed i porticati si prestano ad essere adibiti a sagre, fiere e
mostre potendo, per la loro vastità ed
attrezzature contenere migliaia di
persone.
Nova Gorica, Salcano, Tolmino, Caporetto:
risalendo la valle dell’Isonzo
I Musei provinciali di Gorizia hanno
un’istituzione corrispondente nel
Museo di Nova Gorica (Goriski Muzej), in
territorio sloveno, che si trova nel
castello di Kromberk, residenza cinquecentesca dei conti Coronini.
Anche questo istituto, che si articola
in diverse sedi, comprende molte
sezioni, a cominciare dall’archeologia,
per continuare con l’etnologia, la storia e la storia dell’arte. Nella sede
principale di Kromberk è ospitata la
pinacoteca antica e moderna (con
ritratti di Giuseppe Tominz e opere
degli artisti del Litorale del XX secolo)
e fino al settembre 1999 si può visitare la mostra “Ricordi della nostra giovinezza” sulla vita del Litorale fra gli
anni 1947 e 1997.
Nella sede di Villa Bartolomei a Salcano
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è visitabile una grande mostra permanente sulla storia del Goriziano tra il
1918 e il 1947 che documenta la vita
della zona slovena sotto l’Italia, la
lotta di liberazione (1941-1945), la
vita durante il Governo militare alleato e dell’Armata jugoslava (19451947).
Quanto alla storia della prima guerra
mondiale, una piccola ma significativa
documentazione sul fronte dell’Isonzo
è esposta presso il Museo del Santuario
di Monte Santo, che fu teatro di feroci
battaglie.
Merita senz’altro una visita il Museo di
To l m i n o , dove si può vedere una
mostra sulle vicende della località,
sito archeologico di primaria importanza, dalla preistoria al medioevo.
Nel 1999 è in programma una mostra
archeologica sugli scavi di Most na
Soci/S.Lucia di Tolmino.
Molto più imponente è la ricostruzione effettuata nel Museo di Caporetto
(Kobarid) dove è trattato con particolare ampiezza lo sfondamento delle
linee italiane avvenuto nell’ottobre
1917 proprio in questo punto.
Nova Gorica, Stanjel, Lipica, Ajdovscina,
Dobrovo: breve viaggio fra castelli e arte
contemporanea
Come a Gradisca con la Galleria
Spazzapan, anche in territorio sloveno
si possono visitare alcuni interessanti
musei dedicati a singoli artisti che
completano la documentazione esposta nella pinacoteca del Castello di
Kromberk (Nova Gorica).
Nel Castello di Stanjel (San Daniele
del Carso) è stato ricavato un bellissimo spazio con vista sull’altipiano per
il Museo Lojze/Luigi Spacal dedicato ad
uno degli artisti più importanti della
regione, nato a Trieste nel 1907 e tuttora vivente. Vi sono esposte opere di
pittura e di grafica, gran parte delle
quali ispirate al mondo carsico.
Proseguendo lungo le tortuose strade
del Carso in direzione di Trieste si
raggiunge Lipica, famosissima per l’allevamento dei cavalli, dove si trova la
Galleria Augusto Cernigoj (1898-1985)
dedicata a un pittore che fu uno dei
protagonisti dell’avanguardia giulianoslovena. Tornando verso nord, merita
una visita la P i l o n o v a G a l e r i j a d i
Ajdovscina , che ospita una completa
documentazione sul pittore espressionista Veno Pilon nativo del luogo. Per
completare questo sorprendente viaggio nell’arte del Novecento, arricchito
dalla vista di splendidi paesaggi e
antichi monumenti, si deve sostare al
Castello di Dobrovo (Casteldobra) che
ospita una bella raccolta di opere di
Zoran Music, grande maestro di questo secolo nato a Gorizia nel 1909 e
ora residente a Parigi.
Idrija: tra etnografia, merletto
e archeologia industriale
La tradizione del merletto è diffusa da
almeno tre secoli a Gorizia, ma ha
anche un altro importante riferimento
nella cittadina slovena di Idrija dove
forse fu introdotto in epoche ancora
più remote. Il Mestni Muzej (Museo civico) di Idrija espone la produzione locale
in un bellissimo castello cinquecentesco, che aveva un’originale destinazione, non essendo residenza nobiliare
bensì sede della direzione della antica
miniera di mercurio. A questa attività
è dedicata un’altra parte del percorso
museale che comprende anche una
sezione sulla vita dei minatori.
Il Museo di Idrija ha anche diverse
sedi esterne dedicate per così dire
all’archeologia industriale: la casa del
minatore, il pozzo minerario
Franciske, la pompa Kamst, le dighe
(Klavze) settecentesche. Ci sono però
anche delle sezioni storiche come la
Tipografia partigiana, l’Ospedale partigiano e la casa del poeta France Bevk.
Cormons: curiosità e progetti per il futuro
Per finire, in tema di curiosità, si può
citare una singolare galleria d’arte,
quella ospitata dalla Cantina dei produttori vini del Collio di Cormons che nel
corso degli anni ha invitato famosi artisti ad eseguire opere di pittura sulle
grandi botti della cantina.
Per chiudere con un auspicio,
segnaliamo che a Cormons sta per
aprirsi un nuovo museo di storia locale
che completerà la panoramica, come si
è visto, decisamente vasta, dei luoghi
visitabili del Goriziano. ■
I musei
del Goriziano
Indirizzi
e orari
di apertura
Villa e Parco Coronini
Viale XX Settembre, 14
Tel. 0481/533485
si consiglia di telefonare
per gli orari di visita
Visite guidate per gruppi
di non oltre 15 persone
Farra d’Isonzo
Museo Ford Gratton
S.S. n. 351 km 3.700
Tel. 0481/520121
888404
aperto dalle 8 alle 12
e dalle 14 alle 18
domenica e festivi chiuso
Museo della civiltà
contadina friulana
Strada della Grotta 8 Borgo Colmello
Tel. 0481/888567
aperto lunedì dalle 9 alle 12;
martedì, giovedì e sabato
dalle 15.30 alle 18.30;
mercoledì e venerdì dalle
9 alle 12 e dalle 15.30
alle 18.30;
ogni ultima domenica del
mese dalle 10.30 alle
12.30 e dalle 15 alle 19;
visite guidate
su prenotazione
Gorizia
Musei provinciali
Case Dornberg e Tasso
Borgo Castello, 13
Tel. 0481/533926/
530382
Fax 0481/534878
aperto dalle 10 alle 18
(orario estivo 10-19)
chiuso lunedì
Castello
Museo del Medioevo
goriziano
Borgo Castello, 36
Tel. fax 0481/535146
aperto dalle 9.30 alle 13
e dalle 15 alle 19.30
chiuso lunedì
Museo della Sinagoga
Gerusalemme sull’Isonzo
Via G.I.Ascoli
Tel. 0481/532115
aperto lunedì, venerdì
e sabato dalle 16 alle 19
martedì e giovedì dalle
18 alle 20
domenica dalle 10 alle 13
chiuso mercoledì
Gradisca d’Isonzo
Museo civico
Palazzo Torriani
Via Bergamas
Tel. 0481/967915
Fax 0481/960622
aperto sabato dalle 15
alle 17;
domenica dalle 15 alle 18
Lapidario Gradiscano
Via Battisti
visita libera
Galleria regionale d’arte
contemporanea
“Luigi Spazzapan”
Via Battisti
Tel. 0481/960816
aperto da mercoledì a
venerdì dalle 15 alle 20
e sabato e domenica
dalle 10 alle 13
e dalle 15 alle 20
lunedì e martedì chiuso
Redipuglia
Monte San Michele
Museo del Sacrario
Casa della III Armata
Tel. 0481/489024
Fax 0481/488120
dal 1°aprile
al 30 settembre:
aperto dalle 9 alle 12.30
e dalle 14.30 alle 17.45
chiuso martedì;
dal 1° ottobre
al 31 marzo:
aperto dalle 8 alle 12
e dalle 14 alle 16.45;
martedì e festivi chiuso
Museo del Monte
San Michele
aperto con gli stessi orari
del Museo del Sacrario
di Redipuglia;
visitabili in permanenza
le gallerie sotterranee
e le trincee
Monfalcone
Museo paleontologico
della Rocca
orari di apertura segnalati
all’inizio della salita alla
Rocca
Informazioni presso
il Gruppo Speleologico
Monfalconese:
Tel. 0481/40014
(martedì e venerdì dalle
20.30 alle 22)
San Canzian d’Isonzo
Antiquarium Cantianense
(vicino alla chiesa
parrocchiale)
informazioni Parrocchia
arcipretale, piazza SS.
Martiri 15
Tel. 0481/76044
Aquileia
Museo Archelogico
Nazionale
via Roma, 1
Tel. 0431/91016
aperto dalle 9 alle 14
tutti i giorni
Museo Paleocristiano
piazza Pirano - Monastero
Tel. 0431/91131
aperto dalle 9 alle 13.45
tutti i giorni
Grado
Tesoro del Duomo
e Museo Lapidario
Tel. 0431/80146
aperto mattina e
pomeriggio secondo
gli orari della basilica
Aiello del Friuli
Museo della civiltà rurale
del Friuli Imperiale
accessi:
viale Vittorio Emanuele II,
via Petrarca 1
Tel. 0431/99507
Fax 0481/535170
aperto da martedì a
venerdì dalle 15 alle 20;
sabato, domenica e festivi
dalle 10 alle 12
e dalle 15 alle 20;
chiuso lunedì
Nova Gorica
Goriski Muzej
Grad Kromberk-Castello
di Kromberk
Grajska 1
Tel.00386 65-1359811/12
Fax 00386 65-1359820
aperto dalle 8 alle 14
(giorni feriali) dalle 13
alle 17 (domenica e festivi)
chiuso sabato
Solkan / Salcano
Vila Bartolomei
Pod vingradi 2
Tel. 00386 65-26926
Fax 00386 65-25961
aperto dalle 8 alle 16
da lunedì a venerdì;
dalle 13 alle 17 sabato,
domenica e festivi
Sveta Gora / Monte Santo
Raccolta museale
“Soska fronta”
Il fronte dell’Isonzo
Tel. 00386 65 1359811/12
Fax 00386 65 131140
orario invernale: sabato,
domenica e festivi, aperto
dalle 11 alle 16
orario estivo: mercoledì,
giovedì e venerdì, aperto
dalle 12 alle 17;
sabato, domenica e festivi,
aperto dalle 11 alle 18
ogni giorno,
su prenotazione, visite
per gruppi
Dobrovo / Casteldobra
Raccolta museale
del Castello di Dobra
Grajska cesta 10
Tel. 00386 65 45703
aperto dalle 10 alle 18
da martedì a domenica
chiuso lunedì
Stanjel / San Daniele
del Carso
Museo Lojze / Luigi
Spacal - Castello
Tel. 00386 65 79197
aperto martedì, giovedì,
venerdì, sabato e
domenica dalle 10 alle 18
visite fuori orario
su prenotazione
(00386 65 6779226)
Nel castello è visitabile
anche la “Casa carsica”
Tolmin / Tolmino
Mestni trg 4
Tel. 00386 65 181360
Fax 00386 65 181361
aperto dalle 9 alle 16
nei giorni feriali;
sabato, domenica e festivi
dalle 13 alle 17
Kobarid/Caporetto
Kobariski Muzej/ Museo
di Caporetto
Gregorciceva 10
Tel.Fax. 00386 65
85055
aperto tutti i giorni
da ottobre a marzo dalle
10 alle 17 (festivi 10-18)
da aprile a settembre
dalle 9 alle 19
(festivi 9-19)
Casa natale del poeta
Simon Gregorcic
Vrsno 27
Tel. 00386 65 85402
visitabile ogni giorno
su prenotazione
Trenta
Museo della val Trenta
Centro informazioni Parco
Nazionale del Tricorno
aperto tutti i giorni
dal 27 aprile al 31 ottobre
dalle 10 alle 18
Tel. 00386 65 83330
Idrija
Mestni muzej - Castello
di Idrija
Prelovceva 9
Tel. 00386 65 171960
Fax 00386 65 73580
aperto da lunedì a sabato
dalle 9 alle 18
domenica dalle 9 alle 13
e dalle 14 alle 18
Cerkno - Cerklijanski
muzej
Bevkova 12
aperto ogni giorno
dalle 9 alle 14
lunedì chiuso
Dolenji Novaki
presso Cerkno
Ospedale partigiano
militare sloveno “Franja”
ogni giorno dalle 9 alle 18
dal 1° aprile
al 30 settembre
marzo, ottobre
e novembre dalle 9
alle 16
dicembre, gennaio
e febbraio solo sabato
e domenica dalle 9 alle 16
Vojsko - Tipografia
partigiana
dal 15 aprile
al 30 ottobre ogni giorno
dalle 9 alle 16
LPI 13
U
coltivazioni in secondo luogo; e una
storica sensibilità da parte delle
popolazioni nei confronti della salvaguardia del proprio territorio hanno
consentito di conservare praticamente incontaminata la natura in aree
molto vaste e di poterla offrire a un
turismo nuovo e rispettoso degli
ambienti.
na delle zone di maggiore
interesse naturalistico esistenti nel nostro Paese è
rappresentata proprio dall’ambiente isontino.
L’originalità del paesaggio, che racchiude colline, vallate, fiumi, laguna e
mare, innanzitutto; le caratteristiche
specifiche della vegetazione e delle
Le oasi naturalistiche
Parco di Piuma - Isonzo.
Cormons. Il bosco di Plessiva.
Comprende un parte boschiva, che si
estende su 38 ettari collinari, alle
pendici del Monte Calvario e a ridosso dell’abitato di Piuma, ed una parte
della sponda destra del fiume Isonzo.
Aspetti botanici. Il parco è caratterizzato da crogiuolo di specie arboree
con una lieve presenza di castagni,
roveri e roverelle, dove tuttavia non
mancano i ciliegi e i frassini. Lungo le
sponde lambite dall’Isonzo fanno invece bella mostra di sé le specie tipiche
degli ambienti fluviali quali l’ontano
nero, l’ontano bianco, il pioppo nero e
le numerose varietà di salici. Aspetti
ricreativi. L’area, in particolare quella
che si distende lungo l’Isonzo, è forse
lo spazio ricreativo per eccellenza
della città assieme al piccolo aeroporto di Merna. Il suggestivo alternarsi di
spiagge di sabbia fine, gli speroni rocciosi che spariscono nelle verdi acque
del fiume, le insenature ombrose, le
terrazze e gli scorci panoramici irripetibili, da cui si domina parte della
città e della pianura isontina meritano
davvero una sosta. Nel parco sono
inoltre a disposizione strutture ricreative di vario genere ed improntate allo
sviluppo della vita fisica all’aperto: un
percorso ginnico articolato su due
livelli di difficoltà, strutture in legno
perfettamente inserite nel paesaggio,
punti di ristoro attrezzati, griglie all’aperto e punti di osservazione rendono
il parco un luogo unico da ammirare e
da cui ammirare il panorama cittadino.
Arrocato tra Cormons, Capriva e la
piccola frazione di Ruttars, gode di un
ingresso raggiungibile da un lato attraversando l’area paludosa del Preval
che incrocia perfettamente il movimento ondulato del Collio e dall’altro
dal centro di Cormons lasciandosi alle
spalle la minuscola località “Subida”.
Posto di recente sotto la tutela
ambientale, è un bosco di robinie ad
alto fusto, alberi di castagno presenti
fin dall’epoca romana cui si mescolano in varia misura le splendide piante
di rovere. Attrezzato con un parco giochi interamente in legno, il bosco di
Plessiva vanta innumerevoli percorsi
interni di difficoltà variabile, in salita
e in pianura, nonochè moltissime aree
di ristoro attrezzate.
LPI 14
Riserva naturale “La foce dell’Isonzo.“
… Ed è il tramonto di questo viaggio
con l’Isonzo. Tutto è acquietato: le
piene, gli sconvolgimenti geologici, la
lunga tormentata storia degli uomini.
… Tutto si distende con i colori tenui
del paesaggio dall’autunno all’inverno”. Queste parole di uno fra i poeti
che hanno dedicato all’Isonzo parte
della propria esistenza, Celso Macor,
ci introducono nella favola - quasi
fuori dal tempo - di questa terra, l’ultima terra del fiume.
La riserva può essere considerata la
zona umida più settentrionale del mar
Mediterraneo. Fa parte di un sistema
di aree naturali protette, una delle
zone di maggiore interesse naturalistico presenti in Italia, pianificato su
scala regionale, con relativi progetti di
sviluppo e conservazione. Per le sue
peculiarità dovute alla presenza di
particolari specie avifaunicole immerse in un ecosistema quasi unico, la
Riserva Naturale Regionale della Foce
dell’Isonzo è fonte inesauribile di ispirazione per i “birdwatcher” e i botanici
di ogni provenienza, meta di escursioni che non conoscono limiti stagionali, vero e proprio paradiso per gli
amanti di una natura selvaggia e
incontaminata.
Il sito comprende la parte terminale e
la foce dell’Isonzo, tra Monfalcone e
Grado, costituito, oltre che dal piccolo delta fluviale, anche da stagni retrodunali e aree sommerse. Racchiude in
uno spazio relativamente ridotto una
serie di paesaggi palustri e lagunari
estremamente suggestivi e che garantiscono un habitat naturale incredibile
per moltissime specie di uccelli, in
maggioranza acquatici. L’elevato valore biologico della riserva dipende, in
larga misura, dalla sua particolarità
geografica - che consiste nella vicinanza delle montagne al mare - e biologica, rappresentata dalla presenza
contemporanea di acqua dolce e salmastra.
L’isola della Cona.
La foce dell’Isonzo, per 1300 ettari,
comprende la zona di tutela speciale
dell’Isola della Cona, “cuore” dell’area
Un paesaggio che cambia
in continuazione
lungo le sponde dell’Isonzo:
dal paesaggio carsico
alla costa sabbiosa,
attraverso colline e pianura,
torrenti, laguna e mare.
Qui la natura è una
delle più varie d’Italia.
protetta, un piccolo mondo libero salvato dalla violenza del tempo. L’isola
comprende anche un centinaio di ettari di terreno “asciutto” e svariate centinaia di metri di mare poco profondo,
scanni ghiaioso–sabbiosi, velme (aree
periodicamente sommerse) e barene
(aree eccezionalmente sommerse). La
riserva è visitabile tutto l’anno, e vi si
accede in automobile dalla strada
Monfalcone-Grado, seguendo le indicazioni per Staranzano.
Cenni storici. Il confine tra terra e mare,
tra argini e pianura è in continuo
divenire, e continuamente trasformato
dall’uomo con drenaggi, barriere,
argini, ponti, strade, mura, campi
coltivati, che si oppongono alle
tracimazioni, alla subsidenza,
all’aggressione delle mareggiate e al
progressivo innalzamento del livello
marino. Della lotta impari tra uomo e
natura e del raggiungimento e crollo di
un equilibrio faticosamente raggiunto,
abbiamo notizia fin dall’Età romana e
Medievale. Bonifiche e canalizzazioni
interessarono inoltre la zona fin dal
1700, per continuare in maniera più
concreta all’inizio del ‘900, tra le due
Guerre e dopo la fine del Secondo
conflitto mondiale. Gli interventi,
LPI 16
mirati soprattutto alla conservazione
ambientale e alla tutela, si sono
tuttavia infittiti negli ultimi decenni, in
particolare nei primi anni ’70 quando
le attenzioni degli Enti locali della
zona si rivolsero in maniera decisa alle
tematiche ambientali. Con l’arrivo dei
primi finanziamenti si passò da una
tutela generica sull’area, che prima era
riserva di caccia, ad un’attività
programmata di gestione attraverso
opere di ingenieria ambientale e di
monitoraggio delle acque fino ad
arrivare, con una legge quadro della
Regione, alla costituzione della
“Riserva naturale regionale” che
comprende l’Isola della Cona ed altri
territori, gestiti dai Comuni di
Staranzano, S.Canzian, Grado e
Fiumicello. Il sistema di marketing
territoriale effettuato nella Riserva dà
oggi i primi importanti risultati, che si
concretizzano con i finanziamenti da
parte dell’Unione Europea e con un
afflusso di visitatori che l’anno scorso
ha superato le 30.000 unità.
Ma ciò che attrae maggiormente
appassionati ed esperti di ogni luogo è
soprattutto la varietà degil aspetti faunistici. L’avifauna si presenta molto
ricca di specie e di sonorità ed anima-
zione. Eccone un breve saggio.
Invertebrati e pesci. La scarsa
profondità dei fondali non permette la
vita a molte specie caratteristiche del
Mediterraneo.
Qui
regnano
soprattutto gli invertebrati, come
dondoli, capesesante, seppie,
caperozzoli
ed
i
crostacei
(rappresentati dalla rinomata
“canocia”). Anche l’ittiofauna è
piuttosto varia, in particolare con lo
storione, l’anguilla, il cefalo ed il
branzino.
Avifauna. L’avifauna prettamente
marina è costituita soprattutto da
Anitre tuffatrici, di cui le più note
sono le Morette. Da menzionare
anche il Cormorano e gli Smerghi,
oltre ai cigni che arrivano addirittura
dalla Siberia ed agli Aironi. Altre
specie marine presenti sono le
Strolaghe, gli Svassi e il Chiurlo,
simbolo della Riserva.
Mammiferi. La specie selvatica più
notevole è il capriolo, che si osserva,
con un po’ di fortuna, preferibilmente
all’alba e al tramonto.
I cavalli. All’interno dell’Isola della
Cona sono stati inseriti due gruppi di
cavalli “Camargue” di razza delta, in
tutto 25: uno è mantenuto allo stato
brado, l’altro viene utilizzato per le
escursioni dei visitatori. Gli scopi
principali di tale introduzione sono il
completamento del quadro faunistico,
il controllo e la diversificazione della
vegetazione delle paludi attraverso il
pascolo e, appunto, le visite guidate.
La razza prescelta si presta bene a tali
scopi perché arcaica, rustica e docile,
nonché per l’antico adattamento ad
ambienti analoghi delle foci del
Rodano, nell’omonima regione.
Discorso analogo vale per il branco di
bovini, una trentina in tutto, che
vengono condotti in estate alla Riserva
per il “mareggio” e che servono per
contrastare la crescita della
vegetazione spontanea.
Aspetti ricreativi. La Riserva delle Foci
dell’Isonzo offre diverse attrattive e
servizi. Il Parco è aperto tutti i giorni
ed è possibile richiedere, su
prenotazione, il supporto di una guida
naturalistica con cui effettuare le
visite a cavallo. Il centro visite
principale è dotato di un finestrone
subacqueo dal quale si può ammirare
tutta la fauna sotto il livello dell’acqua
e c’è inoltre un osservatorio privo di
barriere architettoniche raggiungibile
anche in automobile. Ogni visita
guidata e ogni attività promossa dalla
Riserva è supportata da materiale
didattico approntato da esperti.
Per informazioni sull’attività nella
riserva naturale è a disposizione il
Comune di Staranzano (+39 0481
716917).
La Val Cavanata.
E’ una ex valle da pesca, stretta tra il
mare ed il canale Primero, ultima
parte della porzione settentrionale
della Laguna. Accessibile dalla Strada
provinciale 19 Monfalcone-Grado, si
tratta di un ambiente naturale simile a
quello dell’Isola della Cona, un’area
quindi ideale per la sosta, lo svernamento e la nidificazione di numerose
specie di uccelli acquatici, di cui sono
stete segnalate finora ben 224 specie.
Istituita con una legge regionale nel
1996, la Valle Cavanata, in buona
parte fragmiteto, è dichiarata zona
umida di valore internazionale.
lago di Pietrarossa, che costituiscono
uno dei pochi esempi di lago-stagno
carsico in Europa. Nei periodi di
magra degli affluenti, il livello delle
acque cala di molto e la superficie
libera, non occupata dal canneto, si
limita a rarissimi canali e pozze. La
presenza di diversi ambienti naturali
contemporaneamente, come landa,
boscaglia carsica e acqua, fa sì che
coesistano diverse specie animali e
vegetali.
Nella zona è presente anche un centro ippico. ■
Riserva naturale dei laghi di Doberdò
e di Pietrarossa.
L’area è caratterizzata da due grandi
depressioni carsiche, parzialmente
riempite dal lago di Doberdò e dal
LPI 17
.1.
.2.
Incroci di culture e di sapori
A
nche interessandosi ed esaminando la gastronomia di
un luogo, ad esempio di
Gorizia e della sua provincia, si possono trarre utili
indicazioni sulle vicende storiche, sulla
situazione economica, sui prodotti
agricoli, sui rapporti con gli altri paesi
più o meno lontani.
Gorizia e la sua provincia attraverso i
secoli hanno avuto una storia complessa e tormentata. Come terre di confine
sono entrate più o meno pacificamente in contatto con i Paesi vicini e confinanti, hanno subito le stesse vicende
storiche che hanno interessato, ora
tutta l'Italia, ora tutta quella settentrionale, ora solo, o quasi, il suo territorio. Qui hanno convissuto popoli e
stirpi diverse, sono stati accolti ed
usati vari idiomi, sono sorti punti di
incontro per motivi commerciali,come
fiere e mercati. Di tutto ci sono rimaste tracce indelebili nel carattere degli
abitanti, nell'aspetto e nella configurazione dei centri abitati, nei prodotti
agricoli ed orticoli, nelle tradizioni e
naturalmente, nella gastronomia.
LPI 18
Questi apporti non possono sfuggire a
chi valuti con occhio attento questo
campo, a torto ritenuto secondario.
Possiamo allora scoprire il perché di
una data preparazione, il perché dei
suoi ingredienti e, spesso, anche il
perché del suo nome. Ricchissima di
sorprese può perciò essere una tale
analisi. Consideriamo le principali
vicende storiche del Capoluogo e della
sua provincia, la sua vita economica, il
suo clima e la sua economia agricola.
Tale territorio fu abitato nella Preistoria e di questo restano testimonianze
nei reperti archeologici e nei castellieri. Ebbe insediamenti romani e fu
attraversato da strade romane. Fu percorso dai barbari, accolse gli stanziamenti longobardi ed i toponimi, in
tutto il medioevo vide sorgere "cente"
e "tabor". Fu soggetta al Patriarcato di
Aquileia. Fu Contea fino al 1500 con i
conti di origine tedesca che fecero
edificare il castello. Fu poi parte
dell'Impero Absburgico fino al 1918,
ebbe il buon governo di Maria Teresa,
poi la sua rivoluzione industriale.
Anche l'impresa napoleonica la toccò
da vicino, la Prima Guerra Mondiale
ebbe qui un suo sanguinoso fronte e
poi, successivamente tutti gli avvenimenti storici che si sono succeduti
l'hanno coinvolta. Così, se consideriamo due preparazioni diffuse nella
nostra terra a tutti i livelli e, in passato, specialmente presso le classi rurali
e popolari, quali la "polenta" e la "brovada", scopriamo che di esse parla
Apicio, autore del 1° secolo d.C., nel
suo "De re Coquinaria". La polenta è
detta "pulsae julianae", naturalmente
non di mais, che era ancora di là da
venire, ma di altri cereali quali spelta,
miglio, grano saraceno. Egualmente vi
si parla del modo di conservare le rape
usando strati di bacche di mirto e
aceto misto a miele. Ma anche il
retaggio di una salsa apprezzatissima, a
base di pesce, di cui l'autore ci parla, il
"garum", giunto fino a noi con l'uso di
aggiungere a vari cibi un'acciuga per
renderli più saporiti. Anche il prosciutto cotto in crosta di pane era usato,
servito nei banchetti dei mercanti
aquileiesi ed giunto fino a noi. C'è,
comunque, anche chi vuole che sia di
.3.
derivazione boema, introdotto nelle
nostre contrade con il passaggio agli
Absburgo della Principesca Contea.
Dai Longobardi l'abitudine di preparare piatti a base di carne di cavallo (vedi
la "pastissada de caval" piatto tipico
veronese) e presso i nobili i pantagruelici spiedi di carni nere servite nei banchetti, indubbiamente anche dei
Conti di Gorizia ed ancora in uso nel
Settecento, come testimonia Carlo
Goldoni, ospite dei conti Lantieri. Ma
da Bisanzio, che esercitava il suo
dominio sui paesi costieri, giunsero le
spezie che insaporivano, nelle grandi
occasioni, un piatto poverissimo dei
pescatori gradesi, il "boreto", ma
anche le portate dei Patriarchi, che
erano sì dei rozzi tedeschi,ma che alla
corte di Aquileia ingentilivano i loro
costumi, tanto che esigevano da S.
Daniele del Friuli tributi feudali in
prosciutti, ed apprezzavano le ricche
preparazioni speziate imbandite da
cuochi istruiti da raffinati "maestri di
tavola" quali il Messisbugo o cuochi
colti come Mastro Martino che scrisse
un "de re coquinaria" e servì il patriarca Lodovico Trevisan Mezzarota. Le
spezie erano indice di ricchezza e si
usavano anche per ostentare la propria
potenza. Ben diverse erano le salsicce
all'aquileiese, profumate da miscela,
da quelle del Friuli più interno aromatizzate con solo aglio e vino. Ma anche
i Turchi, che corsero le nostre contrade, lasciarono retaggi interessanti sia
di dolci dagli involucri friabili ricchi di
miele e vino di Pantelleria sia nello
speziato ripieno come il "presnitz" o
nella forma a mezzaluna dei "chipfel"
salati e dolci, che fino a non molti
anni fa venivano venduti in tutte le
panetterie, mentre quelli di patate fritti sono ancora di prammatica con lo
stinco, in alternativa alle patate "in
tecia", così diffuse, ma di cui solo
pochi sanno che sono nate nella cucina castrense dell'esercito absburgico,
dove sempre comparivano insieme a
brodo e bollito. Di derivazione turca
sono anche "cevapcici" e "rasnici",
affermatisi nella nostra cucina solo
dopo la Seconda Guerra Mondiale,
che sono la rivisitazione nostrana e
slovena, in formato mignon, del
"Kebab", specie di gigantesco spiedo
di carni di montone cotte non solo
nelle strade di Istambul ma anche in
quelle dei Paesi che ebbero contatti
con la Turchia, come la Grecia.
Quando poi la Contea entrò a far
parte dell'Impero Absburgico innumeri
furono gli appor-ti che giunsero dai
.4.
È la tavola il crocevia
di molteplici civiltà.
Nelle complesse
vicende storiche
del territorio di Gorizia
affondano le radici
di una tradizione
gastronomica
particolarmente ricca.
vari Paesi. Tutti gli arrotolati e le paste
imbottite, ad esempio, che trionfano
nella nostra cucina ed in quella dei
ristoranti più accreditati, sono di derivazione boema; come anche il "pais",
marinata in cui si mette ad insaporire
la selvaggina, le cui ricette vengono a
noi dall'Austria, rivisitate dall'estro
latino quantomeno con l'aggiunta profumata del vino; stessa provenienza
per le minestre in brodo con gnocchi
di semolino, di fegato, di milza, di
pane, così come i "crapfen", dolce di
Carnevale. Invece le "fritole" sono
veneziane, assieme ai "galani" o "crostoli", che per altri vogliono collegare
all'influenza della cucina ebraica in
quanto vi si riconoscono "le orecchie
di Ammon" imbandite nella Festa del
LPI 19
.5.
.1.
.6.
Antipasto rustico
con lardo casereccio
[Da Tommaso,
Gabria]
Strudel di mele
[Da Tommaso,
Gabria]
.7.
.2.
Slikrofi di Idria
[Al Cacciatore,
Subida di Cormons]
.3.
Strudel di noci e
ricotta con salsa
al cioccolato e
“gibanica”
[Da Devetak, San
Michele del Carso]
Stinco di vitello
con chipfel di patate .8.
[Da Tommaso,
Putizza al
Gabria]
dragoncello
[Al Cacciatore,
.4.
Subida di Cormons]
Costicine di cervo
alla brace in salsa
.9.
di mirtilli
Dolce
[Al Cacciatore,
“Ferdinando”
Subida di Cormons] [Da Tommaso,
Gabria]
.5.
Struccolo bollito
di patate con
erbette rosse
e capriolo con puré
di mele e kren
[Da Devetak, San
Michele del Carso]
LPI 20
Purim, così come alla presenza di una
consistente Comunità ebraica in città
si fa risalire l'uso delle carni d'oca
lavorate, come il salame d'oca, ma
anche varie preparazioni di verdure tra
cui quelle di melanzane. Tornando agli
altri popoli dell'Impero, agli ungheresi
si devono tutte le preparazioni a strati
come la torta "Dobosch", il cui nome
è quello del pasticcere che la preparò
per la prima volta. Così anche il
pasticcio di prosciutto o di "palacinche" a strati con verdure e le "palacinche" imbottite. E l'altro dolce raffinato, il "Rigoiancsi" che da anni si trova
nelle pasticcerie triestine (e da poco
anche in un caffé di Gradisca), dove
veniva richiesto dagli ufficali, in buona
parte ungheresi, della Marina
Austriaca; ma anche la "gubanica",
ricca di ricotta ed abbondantemente
spolverizzata di semi di papavero, è di
orgine ungherese, come i "gulasch" e
la "paprika" che ne è un indispensabile complemento. A Venezia, i cui
domini giungevano a Brazzano e all'attuale mandamento di Monfalcone, si
devono anche tutte le creme di cui
sono imbottite le sfogliate in Carso, lo
zabaione, la "rosada", che si trova in
tutti i ricettari che si rispettino di
Gorizia e della provincia. Anche i
.6.
minestroni ed i “risi e bisi" sono di
influenza veneta. Quanto ai fritti,
amati dai Veneziani, essi furono
appresi dalla Serenissima nei frequentissimi contatti che aveva intrattenuto
con il Celeste Impero fin dai tempi di
Marco Polo. A Venezia giunsero i
leziosi mobili laccati e decorati del
Settecento, le delicate porcellane, la
cui formula fu a lungo tenuta segreta
dalla Cina e che Venezia cercò di imitare coi vetri lattimi, ma anche "fritole" e "crostoli". A Venezia dobbiamo
anche il biscotto, quel pane biscottato
che veniva preparato da esperti panettieri tedeschi nell'isola di S. Elena ove
vi erano 34 forni, e la cui preparazione
accurata era indispensabile per un
popolo che doveva vivere praticamente in mare, divenuto, nella soluzione
ricca, dolce, croccante, friabile, di
varia forma e misura. Non possiamo
dimenticare neanche Napoleone, i cui
soldati, giunti nelle nostre terre, non
apprezzavano la polenta, ma lasciarono come retaggio la "roulade", che si
prepara come tronchetto per Natale a
simboleggiare il Ceppo.
Nè possiamo dimenticare il
"Kugelhupf" che, pare, e qui entra in
campo l'aneddotica, fosse il dolce preferito da Francesco Giuseppe per la
.7.
prima colazione e che gli ufficiali austriaci di stanza a Verona, Fortezza del
Quadrilatero, si facessero preparare
dai pasticceri locali. Da questo derivò
poi il pandoro, che oggi spesso sostituisce il meneghino panettone per
Natale. Dal Kugelhupf pare derivi
anche il "babà”, dolce napoletano, ad
opera di Stanislao Leczinski re di
Polonia, appassionato di cucina.
Diciamo ancora che l'Ottocento fu il
secolo dei dolci, sempre grazie all'avventura napoleonica, poiché un chimico francese, l'Achard, per ovviare alle
conseguenze del blocco navale inglese,
riprese le ricerche iniziate da un collega tedesco e riusci ad ottenere lo zucchero dalla nostrana barbabietola. Ciò
determinò il crollo del prezzo dello
zucchero e i dolci, prima piatto di
principi e ricchi, entrarono in tutte le
case o quasi.
Ciò avvenne naturalmente anche a
Gorizia e provincia.
Mentre Lorenzo Da Ponte, librettista
di Mozart, che nel Settecento fu ospite a Gorizia presso la locanda Croce
d'oro in via Rabatta, di cui fino a non
molto tempo fa si scorgeva ancora l'insegna, narra nelle sue memorie che,
giunto nell'albergo, poiché non riusciva a farsi capire dato che la bella
locandiera parlava solo "cragnolino",
non trovò di meglio che afferrare e
mangiare un pezzo di pollo fritto portato da una cameriera ad altri clienti.
Quindi l'usanza di cuocere così il pollo
risale almeno al Settecento, così come
l'uso del gelato che, sempre il Da
Ponte ci dice, gli fu servito più tardi
dalla Lisa insieme agli "zuccherini",
che allora erano riservati agli ospiti di
riguardo. Quindi il gelato, squisitezza
araba, era conosciuto a Gorizia che
evidentemente era all'avanguardia,
anche se il "Café Procope" a Parigi,
ove si serviva il gelato, era stato aperto
nel 1660 dall'italiano Procopio de
Cultelli. ■
.9.
.8.
Il gusto
della tradizione
sulle tavole
dei ristoranti.
Alle porte di Gorizia, sulla sponda
sinistra del Vipacco, a Gabria,
c'è l'Albergo - Ristorante "Da Tommaso".
Entrandovi si ha l'impressione di varcare
la soglia di una sala da pranzo borghese,
preziosamente arricchita da importanti tele
di Paolo Caccia Dominioni, noto scrittore
ed architetto. Quanto viene offerto è una
sintesi golosa della cucina delle case
padronali e borghesi del luogo, espressione
delle molteplici culture gastronomiche
qui confluite. Trionfa, tra i secondi,
il maestoso stinco di vitello al forno
contornato dai "chipfell' di patate.
Il rustico antipasto, di chiara matrice
contadina, di crostini caldi insaporiti
da sottili fette di lardo casereccio
stagionato è profumato dal kummel
e da una salsa di mirtilli. Ricca l'offerta
di dolci tradizionali, tra cui rimeggiano
lo "struccolo" di mele con pasta sfoglia
'alla viennese' ed i soffici "Ferdinandi"
il cui nome si deve al desiderio di onorare,
secondo l'anneddotica, la tavola
di un sovrano di passaggio ospite a Gorizia.
In una conca del S. Michele, percorrendo
strade fiancheggiate di pietra carsica e da
fioriture primaverili, si giunge alla "Trattoria
LPI 21
.1.
.2.
Gostilna Devetak", che offre squisita
ospitalità e cucina carsica venata da
influenze venete per la vicinanza della
"bisiacheria" antico possedimento della
Serenissima. Il ristorante è noto per
l'ottima qualità della cucina che annovera
piatti stagionali della tradizione rivisitati
dall'estro della cuoca come lo "strucolo"
bollito di patate con erbette rosse,
il capriolo con puré di mele e kren (rafano),
lo strudel di noci e ricotta con salsa
di cioccolata e la particolare "gibanica"
dolce a strati di ricotta e semi di papavero.
Anche il pane è fatto in casa. Ricca
di sorprese la cantina scavata nella roccia.
Il "Giardinetto" della famiglia Zoppolatti,
antica trattoria di Cormons, è una sosta
che soddisfa il gusto con una serie di piatti
in linea con la tradizione e la storia locale,
modernamente alleggeriti come gli gnocchi
dell'imperatore con funghi porcini, il carré
di maiale affumicato con crauti
che riecheggia preparazioni delle Alpi
LPI 22
austriache. D'influenza friulana l'uovo
con "pistum" di maiale all'aceto,
ma mitteleuropeo il "presniz" bollito
con zuppa di mele. Ricca ed accurata tutta
la pasticceria, frutto della passione del
cuoco. Sempre a Cormons, al valico della
Subida, che fu aperto per ragioni militari
nel 1800 da Napoleone, accanto
ad un' antica Pieve, si trova il ristorante
"Al Cacciatore" di Josko Sirk che,
ormai da qualche decennio, è considerato,
a ragione, uno dei migliori d'Italia.
Posto in mezzo al verde, in posizione
suggestiva, l'edificio, che conserva intatte
le caratteristiche della sua originaria
destinazione agraria, è divenuto un
accogliente ristorante ricco di atmosfera
in cui non mancano mai i fiori spontanei
raccolti nei dintorni.
Ricchissima la lista proposta. Vogliamo
porre l'accento su alcune particolari
preparazioni che riflettono posizione
e storia del locale e della zona in cui
si trova. Ad esempio gli "slikrofi" di Idria
che esprimono le caratteristiche di questa
cucina di confine in bilico tra Friuli
e Slovenia rientrano tra le paste imbottite
che caratterizzano l'arco alpino, che vanno
dai "casonsei" delle Alpi lombarde ai
"calsunsei ampezzani" ai "cjarsons" carnici,
agli "slikrofi" appunto.
I piatti di selvaggina hanno la loro
giustificazione nell'influenza austriaca,
ma anche nella zona, teatro di battute
di caccia, specie nel passato. I dolci
.1 e 2.
Devetak, a San Michele
del Carso, la cantina e una sala
da pranzo
.3.
Da Tommaso,
a Gabria
.4.
Il Giardinetto,
a Cormons
.5.
Al Cacciatore,
Subida di Cormons
.6 e 7.
Androna, a Grado
.8 e 9.
Da toni, a Grado
.10.
Alla Borsa, a Grado
.11.
Alla Marina, a Grado
.3.
.4.
.5.
particolari hanno radici storiche.
La "potica al dragoncello" è antico pane
rituale che fa pure parte degli arrotolati
di matrice boema rivisitati in Italia
e Slovenia.
Da segnalare a Gradisca l'albergo ristorante
"al Ponte" di Adriana Rizzotti per l'ottima
cucina che affonda nella tradizione le sue
più vitali radici. Vi si trova anche una ricca
scelta di piatti di pesce, in alternativa a
quelli di carne ed ai primi che risentono
delle origini carniche della proprietaria,
che presenta nel menù anche gli speziati
"cjarsons" e delicati antipasti al formaggio
Montasio, vanto del contermine Friuli.
Il pane, che compare sempre caldo sui
tavoli, è fatto in casa e si rifà alla ricca
tradizione dell'arte bianca locale. Notevole
il carrello dei bolliti e moltissimi i dolci
dallo strudel di mele o imbottito
di crema pasticcera ai biscotti viennesi.
Ottima la scelta dei vini. In autunno
è possibile prenotare un pranzo o una cena
a base di tartufo. Né si può dimenticare,
a Cormons, il ristorante albergo "Felcaro",
meta di un consistente turismo austriaco
che offre, oltre a un'ospitalità ricca
di storiche suggestioni, una lista di piatti
ragguardevole. Nel capoluogo una
menzione merita il ristorante "Ai tre soldi
goriziani" (Corso Italia) che presenta varie
e accurate preparazioni. Nella provincia
non manca la possibilità di fare una
puntata alla ricerca di piatti marinari
soprattutto a Grado, che offre sia una
cucina di buon livello, sempre legata alle
tradizioni e alla storia dell'antico centro,
quali il "boreto", ma anche "scampi"
e "gransievole" in locali pittoreschi tra
cui il caratteristico "casone" del ristorante
"al Golf" o l' "Androna" nel vecchio borgo
in un dedalo di calli e campielli oppure
"da Nico" e "da Toni". Pesce fresco e piatti
della tradizione anche in trattorie più
familiari, ma ugualmente apprezzabili
come "Alla Borsa" e "Alla Marina" nei pressi
del porto. Locali che offrono una ricca
scelta di piatti di pesce si possono trovare
anche nell'entroterra, come il vecchio
ristorante "Al Commercio" di Gradisca,
"il Martin Pescatore" a Ronchi dei
Legionari, ove si trova anche "La Corte"
di Davide Morsolin che incentra la sua
ricerca sull'abbinamento pesce-olio
extravergine di oliva. Pesce anche
al ristorante "Le Dune" di Mariano del Friuli.
A Gorizia, invece, la cucina di pesce
è prerogativa del ristorante "101"
che riprende i piatti e le preparazioni
della nostra tradizione con lo "scottadeo"
di conchiglie, con le "cape de deo",
la "gransevola" al naturale, i canestrelli
gratinati, mentre più vicina alla cucina
veneta è l'insalata di latticini di seppia.
"Ai coltivatori" di Lucinico si rifà alla
tradizione mitteleuropea nei primi piatti
e nei secondi (esempio i "coch") offrendo
sapori genuini ed equilibrati.
La trattoria "da Piero" in piazza S. Antonio
a Gorizia ha nel menù vari piatti
storicamente interessanti, tra i quali merita
una particolare menzione la "sarma"
d'antica origine ottomana diffusa
in Albania e Bulgaria. Si tratta di un
involtino di cavolo acido ripieno di carni
miste a riso che sulle coste illiriche
ha assunto carattere mediterraneo
tingendosi con il rosso del pomodoro. ■
a cura di
Giovanna Ludovico Giannattasio
.6.
.8.
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.7.
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.11.
LPI 23
Gli sport
da vivere a contatto con la natura
Evadere da un ritmo
di vita sempre
più frenetica e convulsa,
per riappropriarsi del
contatto con la semplicità
della natura e scoprirne
la dimensione distensiva
e rigenerante.
E’ una delle priorità del nostro tempo, fatto
di lancette dell’orologio che corrono
sempre troppo veloci, di fast-food, di
agende fitte all’inverosomile. Turismo,
sport, hobbies sono quindi mezzi e pretesti
per gustare l’ambiente e ritrovare il
contatto con la natura perduto. Una
passeggiata lungo i sentieri che si snodano
fra boschi e radure o un’ora tra le buche di
un campo da golf possono infatti regalare
sensazioni irripetibili anche ai neofiti. Per
chi volesse provare il brivido del pericolo,
invece, può sempre tentare una discesa in
canoa lungo l’Isonzo.
La canoa è uno sport “verde”, ecologico e
naturale con un pizzico di avventuroso che,
grazie alla presenza di società che
organizzano attività di turismo amatoriale,
spesso in abbinamento all’agonismo
sportivo, può essere provato da tutti. Nella
provincia di Gorizia ci sono diverse società
che sfruttano le eterogenee possibilità del
territorio: a cominciare da itinerari fluviali
per continuare con la canoa praticata in
prossimità della costa e in mare.
A Gorizia la sezione societaria “CanoaKayak” dell’U.G.G. prevede corsi per canoa
turistica con “formula stagionale”
(fornitura dell’attrezzatura compresa) e
corsi per principianti con lezioni di teoria e
pratica a gruppi omogenei di 4 o 7
persone. La palestra per corsi, allenamenti
e gare (che si svolgono in primavera) è… il
fiume Isonzo, nei vari tratti dalla Val Trenta
in Slovenia, dove è possibile raggiungere
gradi di difficoltà anche elevati, a quelli
più tranquilli di Gorizia, con la garanzia di
acqua pulita, panorami superbi e
divertimento assicurato. Altri fiumi
percorribili in provincia sono lo Judrio, nel
tratto di Dolegnano e il Vipacco, dal
confine fino all’Isonzo.
Oltre all’Ugg, l’Isontino offre anche la
Canottieri Ausonia di Grado, la Kayakcanoa e la Canottieri Timavo di
Monfalcone, che però praticano in
particolare la Canoa Olimpica nei canali
percorribili della laguna di Grado e Marano,
come il Brancolo (circa 9 km) e il canale
della Quarantia (15 km). Queste società
prevedono la possibilità di effettuare
percorsi turistici con accompagnatori
qualificati e con l’opportunità di armarsi di
tende e sacchi a pelo per passare la notte a
contatto diretto con la natura del luogo.
Se però l’acqua dovesse creare qualche
problema, per gli amanti degli sport più
tranquilli la provincia offre vaste aree dove
praticare l’equitazione o distendere i nervi
su un rilassante campo da golf, magari
allietati da strutture turistiche in grado di
offrire agli ospiti ogni genere di comfort.
E’ il caso dei numerosi e attrezzatissimi
maneggi quali il centro turistico “La
Subida” di Cormons, nel cuore del Collio,
dove si può godere di una vacanza
rilassante immersi in un complesso
attrezzato con piscina, campi da tennis e i
giochi per bambini. Punto d’attrazione del
centro è ovviamente il maneggio, che
possiede quatto cavalli (quelli ospitati sono
12) utilizzati per le lezioni differenziate di
equitazione con istruttore e un pony per i
bambini. Il maneggio, coperto e scoperto,
specializzato nella monta inglese, prevede
la possibilità di effettuare escursioni,
anche di più giornate, con accompagnatore
attraverso le colline del Collio, il parco di
Plessiva, sul monte Quarin e S. Floriano.
Per i cavalli, ci sono scuderie con ampi
box, estese aree verdi adibite a paddok,
pensione con custodia e pulizia.
Per informazioni 0481/60531.
La monta americana è invece la specialità
della “Remuda”, frazione di Piuma a
Gorizia, che possiede 5 cavalli, più 10 di
proprietà dei privati e che, su prenotazione
effettua passeggiate da un’ora a due
giornate intere con escursioni nel Collio
goriziano e, sicuramente più impegnative,
gite nel Cividalese o all’Isola della Cona.
Un bar trattoria offre specialità culinarie
della cucina locale. Per informazioni
0481/33240.
Il centro Ippico “Pietra Rossa”, una ridente
“bolla” verde in un contesto paesaggistico
brullo nei pressi di Ronchi dei Legionari
(località Selz), è specializzato nella monta
inglese e, pur effettuando passeggiate
lungo il costone del Carso da dove è
possibile godere di una splendida vista che
va dall’Adriatico, alle risorgive del Mucile
al lago di Pietrarossa, predilige l’attività
interna nel maneggio. La scuola di
equitazione ospita 40 cavalli (di cui 12 di
proprietà) e svolge attività didattica con
lezioni su prenotazione anche per
principianti. I quattro campi che
costituiscono il complesso si trovano su
circa 46 ettari di terreno dove due istruttori
sono a disposizione per l’attività ippica
tanto in piano quanto nel salto ad ostacoli.
I prati verdi adiacenti il maneggio, dove in
alcuni momenti si possono ammirare i
cavalli al pascolo e godersi la semplicità
della vita agreste in mezzo alle caprette,
sono meta di gite domenicali e pic-nic.
Se anche una galoppata non fosse
abbastanza per rilassarsi, in provincia non
mancano le strutture che offrono proposte
turistiche, anche di standard elevato, nella
quiete di un campo da golf.
Nei pressi di Gorizia, a San Floriano, “Golf
Club S. Floriano” è aperto tutto l’anno.
Dotato di un percorso a 9 buche (Par 62 su
3810 metri), il tracciato si sviluppa
accanto al comprensorio di proprietà dei
Conti Formentini, con la Club House
inserita all’interno dell’antico castello.
Principale caratteristica del percorso è la
fortissima pendenza. La piscina del parco,
gli adiacenti campi da tennis, la foresteria
con 24 camere a quattro stelle e il barristorante, completano un ambiente
turistico-naturalistico di primo livello.
Per informazioni. Tel. +39 0481 884252,
fax +39 0481 884052
Immerso in una delle zone più suggestive
della laguna è invece il “Golf club di
Grado”, dotato di un circuito che concilia
l’alto standard tecnico-sportivo con
l’estrema quiete dell’oasi naturale. Il nuovo
percorso a 18 buche (Par 72 SSS72,
61081 metri) è fantasioso ed articolato,
con una notevole la presenza di laghetti e
ruscelli. Il Golf club offre ai golfisti una
“driving range” con 12 postazioni coperte,
putting e chipping green, il noleggio di golf
cars nonché di carrelli e sacche. La Club
House è costruita nello stile tipico delle
capanne dei pescatori della laguna e vi si
possono gustare i piatti della cucina
internazionale e di quella tipica gradese, a
base di pesce. Adiacente al Golf Club, nel
verde e sviluppato direttamente sul mare
aperto, si trova il Villaggio Turistico Tenuta
Primero, completo di ogni comfort,
compresi campo da calcio, basket e
pallavolo, campi da tennis e bocce, tavoli
da ping - pong, beach volley ed il percorso
vita. Ci sono inoltre due piscine con
annesso campo giochi.
Per informazioni. Tel. +39 0431 896896,
fax +39 0431 896897. Sito Internet:
www.golfclubgrado.com ■
LPI 25
Una proposta turistica
in grande espansione
a cavallo del confine.
Scenari naturali incantevoli,
culto del buon vino e cibi
genuini garantiti
da un’agricoltura di qualità.
L’agriturismo nel Goriziano
P
ur essendo piccola la provincia di Gorizia offre
agli appassionati di agriturismo una combinazione straordinaria di diversi ambienti naturali: a
Nord la provincia comprende la parte più meridionale del Collio, un ventaglio di dolci colline
racchiuso tra il fiume Judrio a Ovest e l’Isonzo ad Est; lungo
il confine orientale si snoda la dorsale del Carso goriziano,
estremo lembo di un altipiano che appartiene nella massima
parte al territorio sloveno; il cuore della provincia, pianeggiante, è solcato dall’ampia curva del corso dell’Isonzo e la
costa ha per un buon tratto il carattere del tutto particolare
della laguna.
Il Collio
Uno dei punti principali di accesso
al Collio è, a Gorizia, il ponte di Piuma
sul fiume Isonzo. La strada si inerpica
subito piuttosto ripida sulle pendici delle
colline, passa accanto al monumentale
Ossario di Oslavia, massiccia costruzione
a torre in pietra bianca dove sono raccolti
i resti dei caduti della prima guerra
mondiale, e, dopo un percorso di alcuni
chilometri reso particolarmente piacevole
dalla vista di vigneti e alberi da frutto,
raggiunge San Floriano, la vetta più alta, da
cui si gode una bellissima vista sulla città e
sui monti circostanti. La zona, dove l’osteria
reca sovente anche l’insegna slovena di
“gostilna”, è particolarmente attrezzata dal
punto di vista agrituristico: a Oslavia si può
sostare da Radikon, in Località Tre Buchi
(tel. 0481-32804, aperto il fine settimana);
a San Floriano, in Località Scedina (tel.
0481-884108) si mangia da Juretic;
scendendo a valle verso il Preval, in località
Giasbana, si trova ospitalità da Stekar
(0481-391929). L’offerta è dappertutto
quella di piatti semplici e tradizionali:
tagliatelle e gnocchi con gulash, “biechi”
col gallo, carne di maiale, pollo, anatra,
oca, strudel. Merita una sosta la piccola
chiesa del Preval, dedicata alla Madonna
Regina dei Popoli, isolata in mezzo alla
campagna e punto d’incontro spirituale fra
le genti friulane e slovene.
Proseguendo verso Cormons si incontra
il Parco di Plessiva attrezzato per compiere
lunghe passeggiate in un ambiente di
grande pregio naturalistico. Nelle vicinanze
c’è l’azienda agrituristica Al Parco
di Plessiva (0481-61026), aperta il fine
settimana, e un paio di chilometri
in direzione di Cormons e si trova
il Poc da Subide (0481-61004). In questa
zona vengono offerti menù un po’ diversi,
che comprendono frequentemente il frico,
formaggio cotto in padella tipicamente
friulano, il salame cotto, i kipfel di patate.
A Cormons, se si fa una passeggiata sulla
piazza XXIV maggio prospiciente il bel
municipio settecentesco (Palazzo Locatelli)
ridisegnata recentemente dall’architetto
Boris Podrecca, dopo la sosta d’obbligo
nella ricca Enoteca, merita allungare
il giro fino al Panificio Simonit
(via Matteotti) dove l’ambiente è d’altri
Tanta varietà di paesaggi determina anche profonde differenze nell’economia agricola, nelle tradizioni e nella gastronomia e permette a ciascuno di farsi i più svariati programmi
agrituristici. Filo conduttore è naturalmente il culto del
buon vino, che in un’area di produzioni pregiate come quella
del Friuli orientale assicura una qualità sempre elevata
anche nei locali di ritrovo più semplici e a buon mercato.
E, per accompagnare il bicchiere, non mancano mai pane,
formaggio e salumi genuini. Ma l’aspetto più piacevole e
indimenticabile è costituito dalla bellezza del paesaggio,
dove si inseriscono, qui e là, i segni, talvolta lievi e talvolta
profondi, della complessa storia di queste terre di confine.
e le frazioni: a Scriò si trova il Granatiere
(04581-639982), a Ruttars c’è
il Podere agrituristico Crastin
(0481-630310), a Lonzano (paese
del poeta friulano Pietro Zorutti vissuto
nel secolo scorso) si può andare
a La Fattoria (0481-61045), a Restocina
la Frasca al Collio (0481-639897),
in località Cime c’è l’azienda Alle Cime
(0481-639967), a Dolegna la “Coop
Dolegna del Collio” (0481-639951).
In genere la cucina di questi locali utilizza
verdure ed erbe, coltivate e selvatiche.
Sempre presente la minestra di orzo
e fagioli, non mancano mai nemmeno
il frico e la frittata. I dolci d’obbligo sono
lo strudel e la gubana, che qui chiamano
anche putiza.
tempi e il pane si fa ancora a mano.
Ma non dimentichino di comprarvi anche
il pane con l’uva e lo strudel.
Se da Cormons si sale sul Monte Quarin,
il rilievo più elevato della zona con i suoi
270 metri, oltre a godere di una bella vista
sulla campagna isontina, si vedranno i resti
dell’antico “castrum” di origine romana,
conquistato dai Longobardi e divenuto, nel
VII secolo, sede dei Patriarchi di Aquileia.
Porta il nome di Monte Quarin anche un
agriturismo sito nelle vicinanze (via Monte
58, tel. 0481-60064) dove si mangiano
gnocchi, strudel di verdure, faraona
e gubana. Due valide alternative sono
rappresentate dall’azienda Feresin (Località
San Quirino, 7 bis, tel. 62119)
e dall’azienda Alessandro Riz (Località
Giassico 18, Brazzano, tel. 61362)
che offrono a loro volta cibi genuini e vini
della zona. Cuore del Collio è Dolegna,
paese di soli 500 abitanti circondato
da vigneti e boschi. Che la sua posizione in
tempi remoti fosse strategica è dimostrato
dall’esistenza di luoghi fortificati di origine
medioevale come il Castello di Trussio e la
torre di Marquardo. Dolegna ha una grande
offerta gastronomica che comprende
ristoranti molto noti ma anche apprezzati
ritrovi agrituristici distribuiti tra il paese
Il Collio sloveno
Se si vuole cogliere in pieno la vastità
e la bellezza del Collio si deve percorrere,
però, anche la zona slovena, dove
il paesaggio è altrettanto suggestivo e non
mancano testimonianze storiche importanti
(di grande interesse le strutture fortificate:
il castello di Vipulzano, il castello
di Dobrovo, San Martino di Quisca).
Anche qui l’agriturismo sta conoscendo
un grande sviluppo: nella zona si
consigliano l’azienda Belica a Medana
(tel. 00386-65-42104), Breg, (tel. 0038665-42555), poco distante da Dobrovo,
Pri Lukovih (tel. 00386-65-44000)
a Gornje Cerovo vicino a Kojsko, e, poco
distante, Stekar (tel. 00386-65-46141).
Il Carso
Meno popolata del Carso sloveno, la parte
goriziana dell’altipiano porta ancora i segni
della prima guerra mondiale che ebbe qui
uno dei fronti più combattuti e devastanti.
Resti di trincee, cippi, monumenti e buchi
provocati dalle artiglierie restano
a testimoniare il massacro avvenuto
per due anni su questo aspro terreno.
La forte permeabilità della roccia calcarea
favorisce l’assorbimento dell’acqua piovana
e dona un aspetto brullo e desolato
al terreno. Nel sottosuolo l’azione dell’acqua
sulla pietra ha provocato il formarsi
di un complicato sistema di grotte, caverne
e gallerie, attraverso le quali fluisce l’acqua
che infine si getta nel mare alle bocche
LPI 27
del Timavo. La popolazione carsica,
in maggioranza di lingua slovena, ha sempre
mantenuto vive le sue tradizioni e la sua
identità. Anche l’agricoltura, che si basa
su pochi lembi di terra strappati
al predominio della roccia (le doline)
ha mantenuto proprie caratteristiche, così
come il vino ricavato dai vigneti
dell’altipiano. Tradizionale ritrovo degli
uomini del Carso è anche qui l’osteria, che
da alcuni viene chiamata secondo un’antica
definizione “osmiza”.
L’agriturismo ha qui pochi ma particolari
punti di riferimento: tra Fogliano
e Redipuglia, all’inizio delle pendici
del Carso, c’è il parco rurale denominato
Alture di Polazzo (tel. 0330-240132) dove
non solo si servono cibi della tradizione
(jota, agnello al forno, salcicce e carni alla
griglia) ma si possono compiere escursioni
guidate nelle cavità carsiche, su carro
agricolo o a cavallo. C’è la possibilità di
campeggiare e di andare a funghi con una
guida. Una curiosità: l’azienda è visitabile
anche in un bel sito in Internet. A Fogliano
merita una sosta anche Al Glicine (via
Stazione 36, Polazzo), mentre salendo
a Doberdò del Lago, si incontra Pri Cirili
(tel. 0481-78268) dove la cucina è ancora
un incrocio di influssi slavi e nordici,
con la jota e l’orzo, le tagliatelle con
il gulash e lo stinco di maiale, la “putiza”
e le palacinche per finire. Gli stessi cibi
si possono gustare anche in altri due ritrovi
agrituristici di Doberdò: Lakovic (0481-
LPI 28
78125) e Maria Stolfa (0481-78140),
mentre nella vicina località di Jamiano
è aperto quello di Rosina Frandolic (0481419956).
Il Carso sloveno
Oltre il confine con la Slovenia il Carso
si estende in un’ampia zona che offre molte
possibilità di itinerari ed escursioni sia nei
dintorni di Nova Gorica sia in direzione
di Sezana e dell’area triestina. Se si vuole
assaggiare il vino di queste parti
accompagnato da prosciutto del Carso
e “struklji” una pasta arrotolata e ripiena,
nella zona di Sempas ci sono le aziende
Rjavcevi (00386-65-48659), Malovscevo,
a Vitovlje, (00386-65-48417) e Krnelovi
a Ozeljan (00386-65-48660). Prendendo
la strada che conduce a Sezana, invece,
si può sostare nel romantico paesino
di Dornberk, dove si può sostare alla
”osmica” Kalinovi (00386-65-56760),
oppure mangiare un vero pasto da Vizintin
(00386-65-56870) o da Gregoric (0038665-56294). Nella località Tabor è aperto
Pri Betenih (00386-65-56731) mentre,
proseguendo verso Branik (l’antica
Riffembergo dominata dall’imponente
castello dei Lantieri), si può scegliere
tra altre tre possibilità: le “osmice”
Pirotovi (00386-65-57014), Vidmar
(00386-65-57051), e l’azienda Zolovkin
hram (00386-65-57080) mentre,
a Spodnja Branica, c’è Pri Lisjaku
(00386-65-57192).
Tra Isonzo e laguna
Seguendo il corso dell’Isonzo, nella parte
italiana troviamo numerosi ritrovi
agrituristici dove vengono offerti i prodotti
della pianura, a partire da vini di buona
qualità e salumi casalinghi, spesso
accompagnati da frittate e verdure,
radicchio e uova sode oltre che
dall’immancabile strudel, a Pasqua
sostituito dalla “pinza”. In molti casi
si fa anche la carne alla griglia. Partendo
da Gorizia, a Lucinico c’è l’agriturismo Grion
(via Sartorio,75; tel. 0481-390355),
a Farra da Silvana e Mario (Strada della
Bellanotte, 10; tel. 0481-888172);
a Moraro l’agriturismo Al Diaul (tel. 0481808928); a Gradisca, l’azienda S.Elena
(via Gasperini, 1; tel. 0481-92388);
a Mariano da Villy (Località Corona,
via Gorizia, 5; tel. 0481-69302); a Romans
(Fratta), Aldo Bader (tel.0481-90012);
a Pieris Ai due Pini (Via N. Sauro, 55,
S.S.14; tel. 0481-76325). Infine a Grado,
dove l’agriturismo è localizzato nella zona
agricola di Fossalon, con due aziende nelle
quali si mangiano i cibil tradizionali e si
possono acquistare ortaggi: Al Lido, viale
Vittoria 35 (tel. 0481-88219) e Val
Cavanata, via Muggia 8 (0481-88067). ■
Kobarid
Tolmin
Most na Soci
Santa Lucia
Cividale
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