Periodico di politica, economia e cultura dell’Amministrazione provinciale di Gorizia Aut. Trib. n. 281 dd. 20/12/1997 Anno 2 numero 2 5 La Provincia Isontina La Provincia Isontina nuova serie n.5 1 Impressioni di un viaggiatore dell’Ottocento. 2 Così diventò la Nizza austriaca. 4 L’Omaggio all’Imperatore rivela la strategia turistica dell’epoca barocca. 6 Nello spirito del Giubileo. 8 Itinerario tra i musei del Goriziano. 14 Le oasi naturalistiche. 18 Incroci di culture e di sapori. 21 Il gusto della tradizione sulle tavole dei ristoranti. 24 Gli sport da vivere a contatto con la natura. 26 L’agriturismo nel Goriziano. A fianco il ponte di Salcano (Gorizia) sull’Isonzo. In copertina il parco di Villa Coronini (Gorizia). La Provincia Isontina Direttore Responsabile Luca Primavera A questo numero hanno collaborato: Isabella Franco Redazione e supervisione Giorgio Brandolin, Vittorio Brancati, Silvano Buttignon, Rosaria Di Dato, Maria Masau, Edi Minin, Vincenzo Sfiligoi Giovanna Ludovico Giannattasio Segretaria di redazione Laura Verbi Pierluigi Lodi Donatella Porcedda Alessandra Martina Maria Masau Dan Paolo Zuliani Fabiana Iurig La rivista é stampata su carta ecologica sbiancata senza cloro. Manuela Zucchiatti Editore e Stampa Ergon srl via Srebenic, Ronchi dei Legionari Provincia di Gorizia c.so Italia, 55 - 34170 Gorizia Design Polystudio Televideo regionale: pag. 545 Fotoliti Fotocrom - Udine Numero Verde 167-252891 La tiratura di questo numero é stata di 15.000 copie distribuite gratuitamente con i quotidiani Il Piccolo e Messaggero Veneto. Fotografie di: Giuseppe Assirelli, Carlo Sclauzero, Pierluigi Bumbaca,Luigi Tosoratti Maurizio Tavagnutti, Circolo Fotografico Isontino, Archivio fotografico dei Musei provinciali Museo della civiltà contadina di Farra d’Isonzo E-Mail: [email protected] Provincia di Gorizia Musei provinciali: 0481.533926 Galleria d’arte contemporanea: 0481.960816 Con l’iniziativa “La storia in cucina” l’assessorato alla cultura e al turismo della Provincia di Gorizia vuole promuovere attraverso varie manifestazioni l’offerta gastronomica dell’Isontino secondo un filo conduttore che è quello della presenza di piatti della tradizione locale nei menù dei ristoranti e delle trattorie della zona. In questo numero della rivista sono segnalati gli esercizi che hanno aderito all’invito. Alcuni nomi di luoghi e di cose che hanno diverse versioni sono stati riportati come proposti dai singoli autori. Impressioni di un viaggiatore dell’Ottocento > Benché situate nel mezzo tra i grandi territori culturali della Germania e dell'Italia, sono rimaste fino a tempi recentissimi una vera e propria terra incognita per il forestiero. Le guide turistiche, di solito assai minuziose, dedicano a questo territorio, con le loro scarse notizie, poca attenzione, e il viaggiatore che con la ferrovia dell'Italia percorre in fretta una parte non trascurabile del paese senza fermarsi, nota tutt'al più con stupore il nudo suolo roccioso e frastagliato del Carso, ricorda magari dai tempi di scuola, mentre passa vicino al Timavo, le lodi che questo strano fiume ottenne dai poeti dell'antichità classica; sofferma lo sguardo sulla fertile pianura del basso Isonzo, sempre ubertosa da quasi duemila anni, dalla quale sorge l'alto campanile del Duomo di Aquileia, che rievoca la duplice fioritura di questa località così famosa nell'epoca romana e nei primordi del cristianesimo, come pure il suo crudele destino; e rimane sorpreso vedendo la paradisiaca posizione della città di Gorizia, circondata da amene colline e da lunghe catene di monti. Ma tutte queste impressioni si concentrano nel breve spazio di poche ore. Il treno procede inarrestabile e l'imponente scenario del Friuli italiano, limitato dal lontano baluardo delle Alpi Carniche, sopraffà rapidamente il ricordo del paesaggio già attraversato. Eppure quest'ultimo merita di essere minutamente osservato più di parecchi altri vasti territori che i turisti percorrono in tutte le direzioni. In Europa non esiste, verrebbe voglia di affermare, un paese di estensione ugualmente limitata che presenti in ogni senso una simile varietà di fenomeni come il territorio che sotto il nome politico di contee di Gorizia e Gradisca costituisce una parte piccola bensì, ma molto preziosa dell'impero austriaco. Per esprimere brevemente il suo carattere dominante dirò che è il paese dei contrasti: contrasti che collegati da passaggi più o meno armoniosi si presentano nella qualità del terreno, nel clima, nella coltivazione del suolo, come pure negli elementi etnografici, poiché qui avviene il contatto fra le tre principali razze europee, la romanica, la tedesca e la slava; e così nella densità della popolazione e nelle occupazioni della gente, nel libero dominio della natura e negli aspetti del paesaggio. Questi contrasti attraversano la storia del paese che risale fino ai tempi delle leggende e comincia nelle mitiche tenebre con l'immigrazione dei veneti dall'Asia lontana, con la romantica spedizione degli Argonauti e l'arrivo dei troiani fuggiaschi. < Scriveva nel 1873 il barone Carl von Czoernig a proposito delle contee di Gorizia e Gradisca: embra che un secolo e più sia passato invano. Anche oggi la provincia di Gorizia è attraversata velocemente da tanti viaggiatori che vanno a raggiungere altre mete senza fermarsi e senza accorgersi delle bellezze che passano loro accanto. Ma se tra questi c’è ancora qualcuno che prova la curiosità e lo stupore del viaggiatore dell’Ottocento, non si può non accoglierlo come si conviene. Questo numero speciale de “La Provincia isontina” interamente dedicato al “turismo storico” e a quegli ingredienti di cui tuttora S disponiamo, la bellezza del paesaggio, il fascino “dei contrasti” come li chiama Czoernig, l’aristocrazia dei sapori, costituisce il primo passo di un progetto che vuole attirare l’attenzione non solo di turisti nuovi, più preparati e più attenti sul Goriziano (di qua e di là del confine di Stato) ma rafforzare la coscienza e l’orgoglio della nostra identità e della nostra unicità. Giorgio Brandolin, presidente della provincia Maria Masau Dan, assessore alla cultura e al turismo LPI 1 .1. .2. Gorizia Così diventò la Nizza austriaca M In giro per la provincia con Carl von Czoernig, il primo promotore del turismo goriziano. Un’ideale itinerario attuale ancora oggi “verso tutti i punti cardinali”. Partendo dal Castello di Gorizia il viaggiatore individua l’anima della città tra palazzi eleganti, “ville deliziose”, negozi “sontuosi” e giardini affascinanti fino a spingersi sui castelli del Carso, a Gradisca, Cormons e Grado. “ “Si può trattenersi all’aperto tutti i giorni dell’anno”. LPI 2 osso dal desiderio di fare conoscere a tutti questo sconosciuto angolo dell'Impero, Carl von Czoernig, alto funzionario del governo venuto a Gorizia per curarsi, pubblica nel 1873 un'opera che ancor oggi resta una fonte molto importante per la storia della contea di Gorizia. E'lui che inventa la fortunata definizione di "Nizza austriaca" per la città, motivandola con il primato che poteva vantare dal punto di vista climatico rispetto ad altre località di cura subalpine. "Nessun altro luogo della monarchia austriaca- scrive - eccetto la lontana Dalmazia meridionale, sia adatta talmente a un soggiorno climatico invernale come appunto Gorizia, dove la temperatura mite, la regolarità di tutti i fenomeni meteorologici e l'assenza di venti dannosi alla salute offrono tutte le necessarie premesse". Da una semplice intenzione di valorizzare i pregi climatici della città, l'autore passa poi a un progetto molto impegnativo che si concreta in un'opera storica di ampie dimensioni. Nonostante l'importanza degli argomenti, il testo di Czoernig è, però, di piacevole lettura (grazie anche alla perfetta interpretazione che ne ha dato un grande traduttore come Ervino Pocar) che merita di essere ripresa anche nella parte in cui descrive la bellezza della città e dei dintorni, in buona parte ancora immutati nonostante le distruzioni delle guerre. L'ideale itinerario turistico di Czoernig (allora non si parlava di turisti, bensì di "viaggiatori") inizia ovviamente dal Castello medioevale, antica residenza dei conti, che in quell'epoca era un semplice edificio adibito a caserma, pur restando "il simbolo della città". L'autore ricorda i fasti di un tempo, le feste di corte che si facevano in omaggio ai regnanti austriaci in visita, ma di tutto questo .3. .4. non è rimasto nulla, purtroppo. Il tempo non ha potuto cancellare però la bellezza del panorama, che va "dall'alto delle Alpi Giulie e carniche fino alla pianura friulana nella quale si distingue l'alto campanile del Duomo di Aquileia, mentre verso mezzogiorno si possono seguire i serpeggiamenti dell'Isonzo fino alla sua foce dove il mare scompare in nebbie e vapori." Anche quella che Czoernig chiama "città vecchia" appoggiata alle pendici del colle del Castello non è molto diversa dal borgo attuale, benchè impoverita dalle demolizioni di epoca fascista. "Le vie strette e tortuose, le case vecchie e modeste rievocano il primo medioevo" e dimostrano che la città in origine doveva essere assai angusta. Qualche aspetto più monumentale egli rileva nella piazza Schonhaus (ora S.Antonio) e in quella vicina del Duomo con il palazzo cinquecentesco della Dieta provinciale e l'ancor più antica casa di Simone Volker del 1441. Via Rastello è il "centro del commercio" dove nei numerosi negozi si possono trovare "tutti i prodotti dell'interno e dell'estero, dai più comuni requisiti per il bisogno della campagna ai più raffinati e lussuosi". Gorizia è importante per tutto il contado tanto che, come rileva l'autore, "questa vivace attività commerciale vi provoca specie nelle ore della mattina una tale affluenza che pare di trovarsi nella congestione della grande città". Ma dal secolo precedente Gorizia si è già notevolmente ampliata oltre le pendici del colle e la piazza principale è diventata quella del Traunik (ora della Vittoria) in cui sbocca via Rastello. Qui le case sono "moderne" e i negozi "sontuosi" tanto che la piazza attira molto di più di via Rastello "il passeggio del mondo elegante" che continua anche nella via dei Signori (ora Carducci), l'uscita a settentrione, fiancheggiata da case nobili e ottimi alberghi. La "Nizza austriaca" di Czoernig è dunque ancora una città piccola che solo nei decenni successivi occuperà il terreno ancora libero che la separa dalla nuova linea ferroviaria costruita un paio di chilometri a sud del castello. Il processo comunque si è già avviato: la lunga strada che congiunge il Teatro alla nuova Stazione ferroviaria, il futuro Corso Italia, si sta già arricchendo, ai lati, delle prime eleganti residenze. A rendere piacevole la città concorrono però anche i palazzi dei nobili "non più ricchi come una volta", secondo l'autore, e le "ville deliziose di epoca moderna che circondano la città come una corona fiorita". Si distinguono il palazzo del conte Lanthieri, che conteneva "i più belli, numerosi e ricchi appartamenti"; il palazzo dei conti Thurn ora di Enrico von Ritter (attuale Municipio) col suo elegante arredamento "rispondente a tutte le esigenze di eleganza"; il palazzo arcivescovile in via dei Signori; quello ampio e costruito nello stile del secolo scorso dei conti Attems. Ma tra le costruzioni notevoli non si dimentica di citare il Seminario Werdenberg (attuale Biblioteca Statale) e il Convento dei Francescani alla Castagnevizza, dove, con Carlo X riposano le spoglie degli ultimi Borboni di Francia. Ma sono i giardini a giustificare il paragone con Nizza. E' qui che ha effetto davvero il mite clima goriziano. "Il loro aspetto è particolarmente bello quando i primi raggi del sole primaverile (in marzo) fanno sbocciare un'immensa quantità di fiori che empiono l'aria di un profumo inebriante." Spicca il Giardino Pubblico, "che in dieci anni ha visto svilupparsi una vegetazione di grande bellezza e pregio, ma anche quello del palazzo Strassoldo, che occupa fino l'altura del castello con gli alberi frondosi mentre la coltivazione di rose in primo piano fa pompa di fiori e gemme tutto l'anno". Si distingue il "giardino dell'Arcivescovado che monta fino ai bastioni del Castello e comprende anche un orto e un vigneto", ma "il primo posto spetta a quello di Guglielmo von Ritter intorno alla sua villa nella colonia industriale di Strazig che è davvero unico "per l'abbondanza di alberi e piante rare, per le grandiose serre e dimostra al visitatore sorpreso quanto questa zona si presti alla coltivazione delle piante meridionali." Una delle buone ragioni per venire a Gorizia, secondo Czoernig, è, però, l'amenità dei dintorni ("si può trattenersi all'aperto tutti i giorni dell'anno" e si possono trovare luoghi pittoreschi "verso tutti i punti cardinali") dove si può andare, secondo la distanza, a piedi, in carrozza o in LPI 3 .5. treno. A piedi si può salire al Castello, andare al Santuario della Castagnevizza, sul Monte Calvario, ma anche il pellegrinaggio al Santuario di Monte Santo (il punto di vedetta "incontestabilmente il più bello e grandioso di tutto il Goriziano"), oltre un certo punto, non consente di continuare in carrozza e richiede un tratto di cammino in salita. In carrozza si va a San Floriano, oppure al castello di Vipulzano dei conti Attems (dove ci sono i due più grandi cipressi della contea), oppure al "ben conservato" castello di Cronberg dei conti Coronini, o ancora a Ranziano (castello Strassoldo), a Prebacina (castello Coronini), al castello di Reiffemberg completamente restaurato dal conte Lantieri (in "posizione veramente romantica sul pendio del Carso"). Si definiscono, queste, "mete e vedette per i pedoni" e, secondo la visione romantica, appunto, del paesaggio dell'Ottocento, sono sempre identificate con qualche altura e finalizzate ad ammirare bei panorami verso i monti o verso il mare. Ma oltre ai panorami Czoernig consiglia itinerari ugualmente interessanti fra le più antiche tracce della storia: una gita di mezza giornata a Gradisca ("nota nella storia come fortezza per cui ci furono lunghe lotte tra veneti e austriaci"); oppure un "viaggio" alla "famosa Aquileia" che richiede tre ore e, benchè i "testimoni degli antichi splendori siano scomparsi" offre monumenti importanti del Cristianesimo e, salendo sul più alto campanile della zona, una "vista stupenda dal Collio fino a Trieste e all'Istria." Merita una visita anche Grado, "cittadina di pescatori situata sopra le isole lagunari che va diventando stazione balneare specialmente per bambini scrofolosi" che si raggiunge in barca, sostando, se si vuole, anche al Santuario dell'isola di Barbana. In treno si può raggiungere rapidamente Cormons (e salire sul monte per godere anche qui una "vista meravigliosa") oppure si può andare a Udine o a Trieste, combinando anche la visita al castello di Miramare "col fantastico parco in cui crescono le palme, le camelie e altre piante meridionali". ■ LPI 4 .6. .1. Villa ottocentesca sul Corso Italia .2. Fontana dell’Ercole a Palazzo Attems L’Omaggio all’Imperatore rivela la strategia turistica dell’epoca barocca .3. Fioritura primaverile nel parco Coronini .4. Corso Italia .5. La fontana del Nettuno e la Chiesa di Sant’Ignazio .6. Uno scorcio del parco Coronini L'impegno degli amministratori pubblici nei confronti della promozione turistica nel Goriziano ha radici lontane nel tempo. La testimonianza più significativa risale già al 1728, in occasione della visita a Gorizia dell'imperatore Carlo VI per ricevere l'omaggio di fedeltà dai sudditi della Contea. Si trattava di un atto di grande importanza politica, che da una parte sanciva il riconoscimento dell'autorità sovrana, ma dall'altro ribadiva l'autonomia del governo provinciale. In età barocca, il valore di quest'atto si rifletteva nel fasto della cerimonia: sovrano e rappresentanti del potere locale vi rivaleggiavano nell'ostentazione di magnificenza. Uno spettacolo grandioso, dunque, che per alcuni giorni vedeva la città capoluogo illuminata, arricchita da .7. archi trionfali e ridondanti decorazioni poste sulle facciate dei palazzi, attraversata da fastosi cortei, teatro di spettacoli musicali e pirotecnici e sede di favolose "cuccagne", durante le quali venivano distribuiti al popolo vino e carne e le fontane gettavano vino. Spettacolo raro, peraltro. L'unico precedente risaliva al 1660, quando per la medesima cerimonia era giunto a Gorizia Leopoldo I. L'esperienza, registrata nelle cronache e nei documenti ufficiali, aveva insegnato che per l'occasione era stata altissima l'affluenza di pubblico, formato non solo da abitanti della Contea, ma anche, e in gran numero, da "forestieri circonvicini". Ad essi, per l'arrivo di Carlo VI, si rivolse l'attenzione degli Stati provinciali goriziani, l'organismo di governo locale. L'Assemblea deliberò pertanto di affidare l'incarico di stilare un'invitante descrizione della cerimonia ad Antonio Dall'Agata, versatile miniaturista ed incisore. Prese così forma “Gorizia in giubilo per l'aspettato arrivo dell'augustissimo imperator Carlo VI”, un elegante volumetto rivolto ai "Signori Foresti", che si proponeva di superare la contingenza della cerimonia per giungere alla "breve descrizion del Paese" ad uso del visitatore "curioso". Vi aveva la precedenza Gorizia, città di "belle fabbriche, ed abitazioni, strade, e piazze ben regolate, e sempre con numeroso popolo, che le scorre". Ben presto però lo sguardo si estendeva ai santuari extra urbani, "perchè questi fanno celebre questa illustre Città ne' lontani Paesi, da' .8. .9. .10. quali spesso vien empita di popolo forestiere", con grande vantaggio per l'economia del capoluogo. Da qui la descrizione raggiungeva l'intero territorio della Contea, percorrendone le signorie e i possessi giurisdizionali presentati come luoghi di delizia, in cui l'antica liberalità nobiliare si accompagnava, nei confronti degli ospiti, ai raffinati costumi del "viver civile". Nell'alta valle dell'Isonzo, a Canale, l'antico palazzo dei conti Rabatta, rinnovato, ampliato ed ingentilito da un giardino che poteva "pareggiare molti nelle vicinanze di Roma", sembrava adattato "a fine d'accoglier con trattamenti di generosità quei Cavallieri, che sovente lo visitano". Anche a Vipacco, il palazzo con giardino dei conti Lantieri era "sempre generosamente aperto a tutti gli Ospiti Cavallieri". A Rifembergo, dove i Lantieri possedevano addirittura tre castelli, quello superiore "ampliato con molte fabbriche, e belle passeggiate", era arredato "al pari delli più ben forniti della Città, con una galleria di pitture di gran prezzo sì antiche, come moderne" e una preziosa libreria "così numerosa di Libri d'ogni materia, che poche se ne trovano pari in tutto 'l Friuli". Molte altre dimore signorili meritavano menzione: fra queste, quella dei conti Attems a Santa Croce, quella "sontuosissima" a Sagrado dei conti Della Torre e, della stessa famiglia, a Vipulzano il "famoso Palazzo d'Architettura del valoroso Paladio", ma anche il "picciol palazzetto deliziosissimo per la più meravigliosa veduta, che si trovi in Paese", fabbricato dal conte Strassoldo a San Floriano. Le attrattive eno-gastronomiche della Contea erano ben presenti all'autore, che si premurava di avvertire che "le cose comestibili sono a buon prezzo, e sì la Città, come il Paese è sempre provisto". Decantava pertanto i capretti e l'olio "molto delicato" del Carso, i castrati del Collio, i vitelli e i latticini di Tolmino, il pesce fresco disponibile per la vicinanza al mare, persino il pollame reperibile quotidianamente sul mercato goriziano, la frutta e gli ortaggi, in particolare asparagi, del Collio e i "buoni capuzzi, che l'Ottobre li mettono in garbo, e servono tutto l'anno". L'elogio raggiungeva i vertici nei confronti dei vini, talmente squisiti che "in pochi Paesi se ne trovano di meglio". Le numerose varietà potevano soddisfare tutti i gusti: dall'Oberfelder "che con la delicatezza del suo sapore è la delizia delle tavole" e il "celebre Rosimploz, che porta la corona fra i liquori" nella valle del Vipacco al "vino del Sole" di Ranziano, dalle ribolle dei colli attorno a Gorizia ai cividini di San Floriano, dal pignolino ai refoschi di Medea, "tanto celebri quanto preziosi". A conclusione della sua descrizione della Contea di Gorizia, un territorio cui nulla mancava "che convenga al vivere umano", l'autore giungeva a rendere esplicita la strategia degli amministratori locali suoi committenti: "introdur denaro con l'esito dell'entrate". Chiarissima visione del turismo come traino dell'economia locale. ■ .11. .7. Sorgenti del Vipacco sotto Palazzo Lantieri a Vipava (Vipacco). 8.9. Due vedute del Castello di Rifembergo a Branik. .10. Palazzo Lantieri a Vipava .11. (Vipacco). Palazzo Attems Santa Croce a Gorizia. LPI 5 Fede e storia sul confine lungo i secoli nei santuari dedicati alla Madonna. La tradizione della messa alla Castagnavizza e le teorie di pellegrini al Monte Santo. Nello spirito del Giubileo Il nostro territorio ha visto, nel corso dei secoli, il sorgere di santuari legati soprattutto alla devozione mariana. L’occasione per una visita a questi luoghi della fede popolare contribuisce anche a conoscere la storia di queste terre. Partendo da Gorizia, un primo possibile itinerario tra i tanti individuabili è a cavallo del confine con la Slovenia. A pochi minuti dalla città, sorge il santuario della Beata Vergine della Castagnavizza, facilmente raggiungibile seguendo le indicazioni turistiche che partono proprio dal valico confinario della Casa Rossa. Molto più suggestiva è l’ascesa a piedi che può partire anche, alcune volte all’anno, dalla via Cappella, a Gorizia, e che in una ventina di minuti conduce al Santuario. Grazie all’interessamento del Consiglio di Quartiere MontesantoPiazzutta, da anni ormai è stata ripristinata, con la disponibilità delle autorità confinarie dei due Paesi, la salita al santuario partendo dalla via Cappella, senza dover attraversare un valico confinario. Si tratta di una occasione che i goriziani hanno accolto con grande soddisfazione in quanto, soprattutto gli abitanti della zona nord della città, fino alla seconda guerra mondiale erano soliti frequentare la messa domenicale alla LPI 6 Castagnavizza (soprannominata “la Capela”). Generazioni di parrocchiani di Sant’Ignazio hanno ricevuto prima Comunione e Cresima in quella chiesa. La nascita della Castagnavizza risale al sec. XVII. I lavori di costruzione della chiesa furono iniziati per merito del conte Mattia della Torre negli anni 1623-25. La chiesa, consacrata tra il 1640 e il 1648, fu ampliata dal 1665 e il 1661, ma i lavori continuarono anche all’inizio del Settecento. Dal 1662 la chiesa fu retta dai Padri Carmelitani rimasti alla Castagnavizza fino al 1785, quando il Convento fu soppresso dall’imperatore Giuseppe II. Nel 1811 furono trasferiti alla Castagnavizza i Francescani del soppresso convento del Monte Santo, fino ad allora ospitati in città nel Convento (venuto a cessare come il loro) dei Minori Conventuali. Nel 1821 fu aperto uno studio filosofico per gli allievi francescani che dal 1840 fu frequentato anche dai Cappuccini; ancor oggi la chiesa è retta dai padri Francescani. Nel 1836 nella cripta della cappella fu sepolto Carlo X di Francia (esule per l’Europa dopo i moti rivoluzionari del 1830); proprio in quell’anno si era stabilito a Gorizia, dove morì di colera solo poche settimane dopo il suo arrivo. Si dice che il re esiliato (dimorava nella villa Coronini) fosse stato colpito dalla vista del santuario e che avesse espresso la volontà di visitarlo e di eleggerlo a sua ultima dimora. Se il santuario della Castagnavizza è strettamente legato alla città di Gorizia, quello di Montesanto ha sempre svolto un ruolo, molto più vasto e importante, di incontro tra popoli diversi nel nome della devozione alla Vergine. E’ stato già rilevato che “nelle regioni di frontiera i santuari mariani non sono solo centrali di vita spirituale e di fervore religioso, ma anche punti di incontro ed occasioni per una migliore reciproca conoscenza e perciò di affratellamento fra popoli confinanti o conviventi sullo stesso suolo”. Montesanto ha rappresentato un punto di incontro di fedeli italiani, sloveni e friulani che organizzavano pellegrinaggi ancor oggi ricordati per la partecipazione corale di interi paesi. Nell’Ottocento i pellegrini giungevano con i carri, partendo dai vari paesi del Friuli orientale, Medea, Cormons, Mariano, Corona, Lucinico …; man mano che ci si avvicinava a Gorizia, nuovi pellegrini si aggiungevano, rendendo sempre più imponente il corteo che si accingeva alla salita da Salcano. Le molte descrizioni di questi pellegrinaggi sottolineano sempre che quel tipo di manifestazione di fede popolare recava con sé anche il significato della festa. Attorno alla chiesa si sistemavano i venditori ambulanti di oggetti ricordo come santini e medagliette. La grande devozione per la Madonna del Montesanto, raffigurata in un quadro donato nel 1544 dal patriarca Marino Grimani, è dimostrata dal numero straordinario di fedeli che da sempre raggiungono il santuario. Già nel 1596 l’arcidiacono di Gorizia segnalò di aver dovuto celebrare la messa all’aperto: il numero di pellegrini era così numeroso da non poter entrare in chiesa; nessuno era disposto a tornare a casa senza aver assistito alla celebrazione. Nel 1717 il quadro della Vergine, che racchiude nei suoi spostamenti le vicende spesso tormentate del santuario, fu portato a Gorizia dove l’effigie fu incoronata. I documenti parlano di una folla valutata in 130 mila persone che assistettero alla cerimonia. Quando il convento del Montesanto fu soppresso (1786), il quadro della Madonna venne trasferito nella chiesa di Salcano dove rimase fino al 1793 quando venne riportato al santuario. Tra i pellegrinaggi del secolo scorso fece grande scalpore quello del 2 settembre 1872. Allora i presenti furono in un numero tra i quaranta e i cinquantamila. Era il momento in cui anche i cattolici del Litorale andavano prendendo coscienza della necessità di una loro presenza più incisiva nei confronti della società. Nel 1870 era stato costituito il Circolo cattolico goriziano che l’anno successivo inziò la pubblicazione del giornale “Il Goriziano”. Dal febbraio del 1872 vennero organizzati in tutto l’Impero pellegrinaggi che avevano anche lo scopo di testimonianza di amore e solidarietà al pontefice, Pio IX. Per la diocesi goriziana la data venne fissata al 2 settembre. Il solenne inizio del pellegrinaggio venne annunciato dalle campane della metropolitana. Il nucleo principale del corteo, formato da sacerdoti, autorità e cittadini di Gorizia, si mosse dal duomo alle 4 del mattino. A questi si aggiungevano via via altri fedeli che si erano radunati nella piazza grande e in altri luoghi cittadini: pellegrini di Trieste, di Udine, Cividale, dei vari decanati diocesani fino a raggiungere il numero di almeno quarantamila che impiegarono cinque ore per raggiungere il santuario. Allo scoppio della prima guerra mondiale il quadro della Madonna venne nuovamente portato in altro luogo, mentre la chiesa e il convento furono praticamente rasi al suolo dagli eventi bellici. Già nel 1922, costruita una cappella provvisioria, il quadro potè ritornare sul Monte Santo; questa nuova ascesa della effigie della Madonna fu accompagnata da sessanta, settantamila persone. Nuovi echi di guerra si fecero ben presto sentire e per la Madonna del Montesanto questo significò nuovi esilii (Roma, poi Lubiana , Belgrado e solo nel 1950 finalmente di nuovo nel suo santuario). Con la seconda guerra mondiale, il santuario è rimasto oltre confine, ma è sempre meta per i fedeli di queste terre. Con l’intensificarsi dei rapporti di buon vicinato, prima con la Jugoslavia ed oggi con la Slovenia, il santuario di Montesanto si è confermato come simbolo di unità per i popoli che vivono al di qua e al di là del confine, in nome della fede e di una comune tradizione con le radici nella origine stessa del santuario. La visita a Montesanto può diventare occasione per una breve salita al San Valentin che gli è di fronte. Là si possono vedere gli scavi archeologici che hanno riportato alla luce le vestigia della chiesa e del convento che erano proprio sulla vetta. Anche questa chiesa che aveva tre altari, il maggiore dedicato alla Vergine e gli altri due a San Valentino e San Barnaba, era meta di pellegrinaggi da tutto il Friuli orientale già nel Cinquecento. Durante una visita pastorale effettuata nel 1759 dal primo arcivescovo di Gorizia, Carlo Michele d’Attems, il vicario di Capriva, Francesco Sion, auspicava che venisse eliminata l’annuale processione della parrocchia di Capriva al San Valentin, in quanto troppo lunga e occasione di scandalo tra i fedeli. Lo spettacolo che si gode dal San Valentin racchiude in sé tanti significati per gli abitanti di queste terre. E’ paradigma di territori che hanno subito violenze, guerre, sopraffazioni, sui quali gli uomini si sono più volte scontrati. Allo stesso tempo ha riunito nella fede, o anche solo nella tradizione culturale, generazioni di uomini. La natura straordinaria che lì si incontra, piccolo universo che racchiude varietà d’alta montagna con altre tipiche della pianura e del mondo mediterraneo, chiama anch’essa ad una sintesi culturale che sappia cogliere quanto di meglio ognuno dei popoli che qui vivono può dare: quella natura, quel mondo senza confini, troppo grande per poterlo costringere in barriere innaturali, è racchiuso nelle parole che Carlo Michelstädter scrisse dal San Valentin, nel febbraio del 1910, all’amico Enrico Mreule,: “arde l’ultimo fuoco … tutto intorno è neve, guardiamo la rovina attraverso il fumo … partiamo – che è già calata la sera – e ti salutiamo insieme al nostro monte e all’orizzonte che è suo”. ■ A sinistra il Santuario della Castagnevizza nell’Ottocento e oggi. Sopra: immagini storiche del Santuario di Monte Santo. LPI 7 Itinerario tra i musei del Goriziano Gorizia Il primo museo goriziano è nato per iniziativa di quella che allora si chiamava Dieta provinciale nel 1861, ed era simile a ogni Landesmuseum dell’Impero austriaco, con una sezione storico-antiquaria e una sezione di storia naturale. E’ per questo che a Gorizia non ci sono, come nella maggioranza delle città italiane i “musei civici” bensì i Musei provinciali. Dalla primitiva sede del palazzo della Dieta - che oggi ospita la Questura - il museo è passato nel 1900 a Palazzo Attems, allargandosi negli anni Trenta nel palazzetto Formentini di Borgo Castello e negli anni Ottanta anche nelle vicine Case Dornberg e Tasso. Attualmente Palazzo Attems, sede tradizionale della Pinacoteca è chiuso per restauro, così come la casa Formentini, e si possono visitare solo le Case Dornberg e Tasso in Borgo Castello, dove si espongono a rotazione anche le collezioni dei musei chiusi. La Pinacoteca provinciale possiede infatti una collezione di opere di pittura e scultura dal Cinquecento in avanti, con alcuni pezzi molto pregevoli del Settecento veneto (Marco Ricci, Giambettino Cignaroli, Francesco Fontebasso, Francesco Pavona) e un’amLPI 8 Trenta musei italiani e sloveni per documentare duemila anni di storia e tradizioni dei popoli che hanno convissuto attraverso i secoli nelle terre dell’Isonzo e del Carso. pia serie di dipinti dell’Ottocento in cui primeggia la figura di Giuseppe Tominz (1790-1866) ritrattista ufficiale della borghesia goriziana e triestina. Notevolissima anche la collezione di opere del XX secolo in cui sono rappresentati tutti i migliori artisti giuliani (Brass, Bolaffio, Nathan, Sbisà, Marchig, de Finetti, Spazzapan) e le tendenze fondamentali del primo ‘900, dal Futurismo all’Espressionismo alla Metafisica. Non meno interessanti le sezioni dedicate all’artigianato, alle tradizioni popolari e alle arti applicate (di grande interesse è quella dei gioielli dell’Ottocento) attualmente in fase di ristrutturazione, così come rappresenta un unicum la documentazione sulla produzione di seta a Gorizia (secc. XVIII-XIX) costituita da rarissimi macchinari in legno (tra cui un monumentale torcitoio del Settecento), da campioni di stoffa, abiti e accessori, con una collezione originale di strumenti per la lavorazione dei filati, abiti in seta, costumi popolari, accessori, campioni di stoffe e merletti. La sezione più ampia dei Musei provinciali di Borgo Castello è il Museo della Grande Guerra. In dodici sale ricavate dai sotterranei dei palazzi cin- quecenteschi che ospitano i musei si snoda un percorso che documenta la vita in trincea, le armi in uso agli eserciti, la situazione di Gorizia, la ritirata di Caporetto, la campagna del ‘18 e la figura del generale Armando Diaz, di cui il museo conserva l’archivio per volontà degli eredi. Va citata per l’importanza delle sue col- lezioni anche la sezione archeologica dei Musei provinciali, in corso di riallestimento nella sede di Casa Tasso. Si tratta senza dubbio della raccolta archeologica più importante della provincia di Gorizia: vi sono conservati materiali di notevole interesse (manufatti in pietra, ceramica, metallo, vetro, ecc.) e di diverse epoche, dalla preistoria al Medioevo, rinvenuti nel territorio tra la fine dell’Ottocento e negli scavi del secondo dopoguerra. Ma i Musei provinciali possiedono anche l’archivio storico più importante per lo studio delle vicende del territorio, l’Archivio storico provinciale cioè i documenti relativi all’attività di governo degli Stati goriziani dal 1500 al 1861 e una serie di altri fondi tra cui l’archivio dell’I.R. Società Agraria e quello del Teatro, urbari, manoscritti e mappe censuarie dal Medioevo all’Ottocento. All’Archivio è aggregata la Biblioteca provinciale, una pregevole raccolta di storia locale e storia dell’arte, con oltre 30.000 volumi. Archivio e Biblioteca troveranno entro l’estate 1999 una nuova sede nel restaurato Palazzo Alvarez (via Diaz). Ha una funzione museale anche il Castello di Gorizia, le cui origini risalgono all’XI secolo, simbolo della città e principale testimonianza dell’epoca in cui essa nacque e divenne capoluogo di una vasta contea. Parzialmente distrutto dai bombardamenti della Prima Guerra Mondiale, il grande maniero, che nei secoli della dominazione austriaca, dal 1500 in poi, aveva perduto l’originaria funzione residenziale per diventare sede militare, è stato ricostruito negli anni Trenta ed arredato con mobili originali di notevole pregio. Bella la collezione di cassapanche con esemplari databili dal XV al XVIII secolo. Gli ambienti più significativi sono la Sala del Conte, la Sala degli Stati provinciali, la cappella, le prigioni. Il sottotetto ospita una sezione didattica costituita da pannelli e plastici sullo sviluppo urbano di Gorizia. Sempre in tema di musei a Gorizia ci sono ancora due attrattive di primario interesse. La prima è costituita dal Museo della Sinagoga “Gerusalemme sull’Isonzo” (via S. Giovanni) ospitato nel settecentesco tempio israelitico, situato nell’antico ghetto, dove è esposta un’ampia documentazione sulla comunità ebraica locale e sui suoi esponenti più illustri (tra i quali il glottologo Graziadio Isaia Ascoli, il pittore Vittorio Bolaffio, il filosofo Carlo nella categoria delle dimore storiche e ne rappresenta anzi un esempio eccezionale, è la Villa Coronini Cronberg (viale XX Settembre) circondata da un magnifico parco all’inglese di quasi cinque ettari. La villa, costruita nel 1594 sulla collina di Grafenberg, è diventata museo dal 1990, anno della scomparsa dell’ultimo membro della famiglia, il conte Guglielmo, che ha voluto lasciarla alla città. Comprende una trentina di sale con arredi originali, di cui buona parte sono visitabili. Tra queste vi è la camera da letto di Carlo X, dove morì, nel 1836, l’ultimo re di Francia. Non meno eleganti anche la sala centrale con mobili francesi del XVII secolo, il salotto veneziano, la Stanza del Vescovo. La quadreria comprende dipinti dal XVI al XX secolo con opere di Bernardo Strozzi, Tintoretto, Cignaroli, Rosalba Carriera, Alessandro Magnasco, ecc. Ricco anche l’archivio dei disegni e delle stampe con fogli di Piazzetta, Caucig e Guardi, per citarne solo alcuni, e una raccolta di stampe giapponesi. Il panorama si completa con monete antiche, gioielli, abiti d’epoca, argenti, porcellane, tappeti, damaschi e pizzi. Straordinaria anche la biblioteca di 15000 volumi. Farra d’Isonzo Il primo museo che si incontra lasciando Gorizia per seguire la valle dell’Isonzo è un’originale collezione di Michelstaedter). Di quest’ultimo sono esposte le opere pittoriche di proprietà della Biblioteca Statale. La seconda, che rientra a buon diritto automobili. Al km 3.700 della S.S. 351, infatti si incontra infatti il Museo Ford Gratton, dedicato ad Henry Ford, dove si può vedere la prima catena di montaggio della storia dell’automobile, la mitica Ford T del 1913. Qui Paolo LPI 9 Gratton, concessionario del marchio, ha allestito il primo ed unico Museo Ford esistente in Europa. La facciata riproduce fedelmente e nei dettagli quella della prima sede della Ford Italiana “Ford Motor Company d’Italia”, costituita nel 1923 a Trieste, dove venivano completate Ford modello T e le trattrici Fordson che provenivano via mare parzialmente assemblate. Vi sono esposti anche una trentina di pezzi d’antiquariato motoristico tra i quali spiccano un modello T sportivo, quello che il primo giugno 1909 vinse - nel fango - la New York-Seattle; la Ford 8V del 1932; la Ford Y 12HP, la prima ad essere prodotta interamente in Europa. Tra le moto, che arricchiscono l’esposizione, particolare interesse destra una Indian della prima guerra mondiale, e tra le biciclette una datata 1866. Non manca, in questo straordinario museo privato, una sezione dedicata alle telecomunicazioni: Gratton, che è esperto in materia, è riuscito a ricostruire - grazie al ministero delle Poste e Telecomunicazioni, che ha fornito foto e disegni originali - il primo apparecchio radio con cui Marconi trasmise oltre Atlantico. Dopo un paio di chilometri si incontra il Gradisca d’Isonzo Subentrata al Patriarcato nel possesso del Friuli (1420), dopo la metà del secolo XV Venezia si trovò a fare i conti con le incursioni turche in questo territorio. Costruì allora sulla riva destra dell’Isonzo la città fortificata di Gradisca (1479-1499), ma le truppe in essa acquartierate non riuscirono a fermare le scorrerie. Anche Leonardo da Vinci fu consultato nel 1500 dalla Repubblica per progettare barriere più efficaci, che restarono, però, sulla carta. Di lì a poco, nel 1511, in seguito alla guerra della lega di Cambrai, Gradisca cadde nelle mani degli Asburgo, nuovi confinanti di Venezia in quanto eredi degli estinti conti goriziani. La storia di Gradisca è documentata nel Museo civico (Palazzo Torriani) e Lapidario gradiscano (Loggia dei Mercanti) dove sono esposte carte, iscrizioni e frammenti relativi al periodo veneto e al successivo sviluppo Museo di documentazione della civiltà contadina friulana che ha sede nel restaurato borgo di Colmello di Grotta risalente alla metà del XVIII secolo, nucleo che conserva pressoché intatta la propria fisionomia di insediamento rurale a corte chiusa. Raccoglie oltre 1000 oggetti, manufatti e documenti rifacente a tutto il territorio provinciale e copre un arco temporale che va dalla fine del XVIII secolo ai primi del ‘900. L’allestimento intende riproporre la visione globale del mondo rurale subalterno, con percorsi consecutivi approfonditi, organizzati in sezioni che vanno dalla ricostruzione di ambienti della casa (cucina, camera da letto), alla valorizzazione di attività fondamentali della vita rurale come la coltivazione della vite e l’allevamento del baco da seta, all’esposizione degli strumenti dei mestieri tradizionali. Da non dimenticare che a Farra, nel ‘700, funzionava un grande filatoio di seta. LPI 10 urbano e sociale della cittadina, che conobbe un momento di grande fioritura tra il 1660 e il 1717 quando fu capoluogo di una contea autonoma sotto i principi Eggenberg. In questo periodo anche il centro storico si arricchì di eleganti palazzi che tuttora conferiscono un carattere aristocratico alla cittadina. Nel museo civico c’è anche una piccola ma importante sezione dedicata alla locale comunità ebraica. La sede di palazzo Torriani ospita anche la Galleria regionale d’arte contemporanea “Luigi Spazzapan” dedicata a un pittore che acquistò una vasta fama a Torino, dove visse dal 1928 al 1958, ma era nato a Gradisca nel 1889. La galleria è stata fondata nel 1976 grazie alla disponibilità di Eugenio Giletti, collezionista torinese, grande amico di Spazzapan che donò 87 opere della sua collezione, acquisite dalla Cassa di Risparmio di Gorizia e divise tra Gorizia e Gradisca. Qui sono state collocate in sei sale del primo piano di Palazzo Torriani assegnate al museo; il secondo piano è destinato invece ad una rassegna permanente degli artisti più significativi del Friuli-Venezia Giulia, in gran parte costituita da opere donate o date in deposito a tempo indeterminato dagli autori. Molte e importanti sono state negli ultimi vent’anni le mostre di artisti regionali organizzate dalla Galleria . Il Carso e la prima guerra mondiale Il territorio isontino conserva importanti segni della grande tragedia rappresentata dalla prima guerra mondiale. Le memorie più significative sono conservate in alcuni interessanti musei che si collegano a quello già citato di Gorizia. Punto di partenza di un itinerario fra i campi di battaglia potrebbe essere Redipuglia, grandioso cimitero di guerra ricostruito negli anni trenta. Vale senz’altro la pena visitare il Museo del Sacrario perchè fornisce, con l’aiuto di carte e fotografie, ma anche di molti reperti (armi, uniformi, utensili) spiegazioni accurate sullo sviluppo del fronte dell’Isonzo, sugli eventi susseguitisi dal ‘15 al ‘17 sulle alture carsiche (le celebri “dodici battaglie dell’Isonzo”) e sugli aspetti più tecnici della guerra. Si può partire da qui per raggiungere il Monte San Michele (circa due ore di cammino o dieci minuti in automobile) dove si trova un altro piccolo museo documentario incentrato proprio sui drammatici e sanguinosi eventi bellici che hanno interessato quella zona. Il percorso a piedi è particolarmente suggestivo perchè si snoda attraverso sentieri e camminamenti che rendono ancora efficacemente l’idea delle condizioni nelle quali sono vissuti per anni i soldati in guerra, sia italiani che austriaci. Non è raro incontrare cippi e monumenti alla memoria (come quello dedicato a Filippo Corridoni, caduto nel 1915), immersi nel silenzio della boscaglia. Raggiunta Gorizia e visitato il Museo della Guerra di Borgo Castello, si può varcare il confine e salire sul Monte Santo dove è stato allestito un piccolo museo che documenta quella zona del fronte, per poi raggiungere Caporetto, che da qualche anno ha rinnovato il suo museo storico e fornisce un’interessante documentazione incentrata soprattutto sullo sfondamento dell’ottobre 1917. Il Carso e la preistoria Il Carso non è solo un gigantesco museo all’aperto della prima guerra mondiale ma conserva in certi punti anche i resti più importanti della vita preistorica. Il sito più interessante è forse quello di Castellazzo di Doberdò, che si raggiunge dal bivio fra la Strada statale n. 55 e la strada per Doberdò del Lago per un sentiero che sale fino alla cima del monte, a quota 158, dove imponenti resti di una cinta muraria documentano la presenza dell’uomo in epoca remotissima (2000 anni prima di Cristo) e dove si ammira un panorama che spazia dalle Prealpi Carniche al mare. Da qui si può partire per un itinerario tra i castellieri del Carso che toccherà la cima Arupacupa (quota 144) dove si trova il castelliere di Vertace, ora ridotto a macerie, proseguirà per la Cima di Pietrarossa (quota 121) dove, tra resti di trincee del ‘17, c’è il Castelliere di Golas, in verità non facilmente riconoscibile, per arrivare poi al Castelliere della Rocca di Monfalcone (quota 88), anch’esso distrutto da successivi interventi. A quote più basse troviamo altri resti di abitati antichi che comunque meritano un’escursione: Forcate (quota 61) e San Polo (quota 60) dove la maceria è invece imponente e riconoscibile da lontano. Prima di lasciare la zona della Rocca di Monfalcone è opportuno visitare il piccolo Museo paleontologico della Rocca ospitato all’interno e gestito dal Gruppo Speleologico Monfalconese dell’Associazione Nazionale del Fante, dove si può vedere un’interessante esposizione di fossili. Il Gruppo Speleologico organizza anche una intensa attività didattica che comprende visite guidate alle grotte del Carso e ai castellieri. San Canzian d’Isonzo, Aquileia, Grado: il fascino del mondo antico Sono legate all’epoca drammatica delle persecuzioni dei cristiani le testimonianze archeologiche di San Canzian d’Isonzo, documentate in un piccolo ma interessante Antiquarium, dove sono stati raccolti nel 1977 i frutti (frammenti di mosaici, iscrizioni, resti di statue) di una fortunata campagna di scavi dell’Università di Trieste che aveva portato a scoprire dal 1960 in poi l’esistenza in paese delle tombe dei martiri Canzio, Canziano e Canzianilla, tre fratelli romani che per sfuggire alle persecuzioni di Diocleziano nel 303 lasciarono Roma, assieme al loro maestro Proto, per rifugiarsi ad Aquileia e furono uccisi in un luogo poco lontano chiamato “Aquae Gradatae” dove si erano recati a visitare la tomba dell’amico Crisogono giustiziato per non avere abiurato alla fede cristiana. Anche siti minori come quello di San Canzian aiutano a capire l’importanza assunta in questo territorio da Aquileia, fondata dai Romani nel 181 a.C. come insediamento militare finalizzato a controllare un confine molto insicuro e divenuta in seguito grande emporio e uno dei maggiori centri di traffico di merci del mondo romano. E’ fondamentale la visita del Museo archeologico nazionale, aperto nel secolo scorso nella villa de’ Cassis, dove sono esposti reperti di eccezionale bellezza (statue in marmo, oreficerie, monete, bronzi, epigrafi, mosaici pavimentali) che documentano molti aspetti della vita della città in epoca romana. La visita può continuare con una passeggiata nella zona degli scavi, dove si vedono i resti del Porto fluviale, del Foro, di un sepolcreto, di pavimenti musivi. Chi voglia approfondire l’epoca paleocristiana, oltre a visitare la grande basilica del secolo XI, caratterizzata dal vasto pavimento a mosaico (con i suoi settecento metri quadrati è il più ampio esistente in Occidente), la cripta degli e la Chiesa dei Pagani, deve raggiungere la vicina località di Monastero, dove si trova il Museo Paleocristiano con altri mosaici, frammenti scultorei e iscrizioni risalenti all’epoca che va dal V al X secolo. Se l’antichissimo santuario di San Canzian riporta a un cristianesimo primitivo ed eroico, la visione delle Basiliche paleocristiane di Grado documenta la fase in cui, decaduta Aquileia dopo i saccheggi dei barbari, e, in particolare, dopo le distruzioni operate dai Longobardi invasori nel 568, la sede patriarcale fu trasferita nell’isola di Grado, che aveva dato rifugio a cittadini aquileiesi già un secolo prima, dopo l’assalto di Attila. Sotto il patriarca Elia, nel 579, venne costruita la Basilica di S. Eufemia e venne rimaneggiata la vicina e preesistente Basilica di S. Maria. Dall’interno della basilica si accede al Mausoleo, piccolo vano che ospita il Tesoro del Duomo (croci, reliquiari, ostensori, ecc.). Importanti testimonianze della storia di Grado in epoca romana e paleocristiana si trovano anche nel vicino Lapidario, nel Battistero e negli scavi di piazza della Vittoria. Aiello del Friuli Collocato in un antico centro aziendale agricolo, formato da quattro fabbricati di epoche diverse (secoli LPI 11 XVIII/XX) che bene si adattano ad ambientare e documentare la vita rurale che si svolgeva nell’antica Contea di Gorizia e Gradisca, il Museo delle Civiltà Contadina del Friuli Imperiale merita senz’altro una visita. Diverse le sezioni in cui si articola: dalla lavorazione della terra alla fienagione, dai mezzi di trasporto ai pesi e misure, dalla stalla alla scuderia, alla cantina all’abitazione rurale ed ai vari mestieri artigianali legati all’agricoltura, con una raccolta di oltre 16.000 reperti, in continuo accrescimento, che coprono ben cinque secoli di storia. Le sale sono corredate da stampe e litografie originali di botanica, zoologia ed agricoltura, da carte geografiche e topografiche, nonché da editti ed avvisi di varie epoche. Il Museo è completato, inoltre da una biblioteca specializzata nel settore, da una sala conferenze, da un ufficio informazioni agrituristiche, da un punto vendita di prodotti agricoli e di artigianato locale. Il cortile ed i porticati si prestano ad essere adibiti a sagre, fiere e mostre potendo, per la loro vastità ed attrezzature contenere migliaia di persone. Nova Gorica, Salcano, Tolmino, Caporetto: risalendo la valle dell’Isonzo I Musei provinciali di Gorizia hanno un’istituzione corrispondente nel Museo di Nova Gorica (Goriski Muzej), in territorio sloveno, che si trova nel castello di Kromberk, residenza cinquecentesca dei conti Coronini. Anche questo istituto, che si articola in diverse sedi, comprende molte sezioni, a cominciare dall’archeologia, per continuare con l’etnologia, la storia e la storia dell’arte. Nella sede principale di Kromberk è ospitata la pinacoteca antica e moderna (con ritratti di Giuseppe Tominz e opere degli artisti del Litorale del XX secolo) e fino al settembre 1999 si può visitare la mostra “Ricordi della nostra giovinezza” sulla vita del Litorale fra gli anni 1947 e 1997. Nella sede di Villa Bartolomei a Salcano LPI 12 è visitabile una grande mostra permanente sulla storia del Goriziano tra il 1918 e il 1947 che documenta la vita della zona slovena sotto l’Italia, la lotta di liberazione (1941-1945), la vita durante il Governo militare alleato e dell’Armata jugoslava (19451947). Quanto alla storia della prima guerra mondiale, una piccola ma significativa documentazione sul fronte dell’Isonzo è esposta presso il Museo del Santuario di Monte Santo, che fu teatro di feroci battaglie. Merita senz’altro una visita il Museo di To l m i n o , dove si può vedere una mostra sulle vicende della località, sito archeologico di primaria importanza, dalla preistoria al medioevo. Nel 1999 è in programma una mostra archeologica sugli scavi di Most na Soci/S.Lucia di Tolmino. Molto più imponente è la ricostruzione effettuata nel Museo di Caporetto (Kobarid) dove è trattato con particolare ampiezza lo sfondamento delle linee italiane avvenuto nell’ottobre 1917 proprio in questo punto. Nova Gorica, Stanjel, Lipica, Ajdovscina, Dobrovo: breve viaggio fra castelli e arte contemporanea Come a Gradisca con la Galleria Spazzapan, anche in territorio sloveno si possono visitare alcuni interessanti musei dedicati a singoli artisti che completano la documentazione esposta nella pinacoteca del Castello di Kromberk (Nova Gorica). Nel Castello di Stanjel (San Daniele del Carso) è stato ricavato un bellissimo spazio con vista sull’altipiano per il Museo Lojze/Luigi Spacal dedicato ad uno degli artisti più importanti della regione, nato a Trieste nel 1907 e tuttora vivente. Vi sono esposte opere di pittura e di grafica, gran parte delle quali ispirate al mondo carsico. Proseguendo lungo le tortuose strade del Carso in direzione di Trieste si raggiunge Lipica, famosissima per l’allevamento dei cavalli, dove si trova la Galleria Augusto Cernigoj (1898-1985) dedicata a un pittore che fu uno dei protagonisti dell’avanguardia giulianoslovena. Tornando verso nord, merita una visita la P i l o n o v a G a l e r i j a d i Ajdovscina , che ospita una completa documentazione sul pittore espressionista Veno Pilon nativo del luogo. Per completare questo sorprendente viaggio nell’arte del Novecento, arricchito dalla vista di splendidi paesaggi e antichi monumenti, si deve sostare al Castello di Dobrovo (Casteldobra) che ospita una bella raccolta di opere di Zoran Music, grande maestro di questo secolo nato a Gorizia nel 1909 e ora residente a Parigi. Idrija: tra etnografia, merletto e archeologia industriale La tradizione del merletto è diffusa da almeno tre secoli a Gorizia, ma ha anche un altro importante riferimento nella cittadina slovena di Idrija dove forse fu introdotto in epoche ancora più remote. Il Mestni Muzej (Museo civico) di Idrija espone la produzione locale in un bellissimo castello cinquecentesco, che aveva un’originale destinazione, non essendo residenza nobiliare bensì sede della direzione della antica miniera di mercurio. A questa attività è dedicata un’altra parte del percorso museale che comprende anche una sezione sulla vita dei minatori. Il Museo di Idrija ha anche diverse sedi esterne dedicate per così dire all’archeologia industriale: la casa del minatore, il pozzo minerario Franciske, la pompa Kamst, le dighe (Klavze) settecentesche. Ci sono però anche delle sezioni storiche come la Tipografia partigiana, l’Ospedale partigiano e la casa del poeta France Bevk. Cormons: curiosità e progetti per il futuro Per finire, in tema di curiosità, si può citare una singolare galleria d’arte, quella ospitata dalla Cantina dei produttori vini del Collio di Cormons che nel corso degli anni ha invitato famosi artisti ad eseguire opere di pittura sulle grandi botti della cantina. Per chiudere con un auspicio, segnaliamo che a Cormons sta per aprirsi un nuovo museo di storia locale che completerà la panoramica, come si è visto, decisamente vasta, dei luoghi visitabili del Goriziano. ■ I musei del Goriziano Indirizzi e orari di apertura Villa e Parco Coronini Viale XX Settembre, 14 Tel. 0481/533485 si consiglia di telefonare per gli orari di visita Visite guidate per gruppi di non oltre 15 persone Farra d’Isonzo Museo Ford Gratton S.S. n. 351 km 3.700 Tel. 0481/520121 888404 aperto dalle 8 alle 12 e dalle 14 alle 18 domenica e festivi chiuso Museo della civiltà contadina friulana Strada della Grotta 8 Borgo Colmello Tel. 0481/888567 aperto lunedì dalle 9 alle 12; martedì, giovedì e sabato dalle 15.30 alle 18.30; mercoledì e venerdì dalle 9 alle 12 e dalle 15.30 alle 18.30; ogni ultima domenica del mese dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 15 alle 19; visite guidate su prenotazione Gorizia Musei provinciali Case Dornberg e Tasso Borgo Castello, 13 Tel. 0481/533926/ 530382 Fax 0481/534878 aperto dalle 10 alle 18 (orario estivo 10-19) chiuso lunedì Castello Museo del Medioevo goriziano Borgo Castello, 36 Tel. fax 0481/535146 aperto dalle 9.30 alle 13 e dalle 15 alle 19.30 chiuso lunedì Museo della Sinagoga Gerusalemme sull’Isonzo Via G.I.Ascoli Tel. 0481/532115 aperto lunedì, venerdì e sabato dalle 16 alle 19 martedì e giovedì dalle 18 alle 20 domenica dalle 10 alle 13 chiuso mercoledì Gradisca d’Isonzo Museo civico Palazzo Torriani Via Bergamas Tel. 0481/967915 Fax 0481/960622 aperto sabato dalle 15 alle 17; domenica dalle 15 alle 18 Lapidario Gradiscano Via Battisti visita libera Galleria regionale d’arte contemporanea “Luigi Spazzapan” Via Battisti Tel. 0481/960816 aperto da mercoledì a venerdì dalle 15 alle 20 e sabato e domenica dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 20 lunedì e martedì chiuso Redipuglia Monte San Michele Museo del Sacrario Casa della III Armata Tel. 0481/489024 Fax 0481/488120 dal 1°aprile al 30 settembre: aperto dalle 9 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 17.45 chiuso martedì; dal 1° ottobre al 31 marzo: aperto dalle 8 alle 12 e dalle 14 alle 16.45; martedì e festivi chiuso Museo del Monte San Michele aperto con gli stessi orari del Museo del Sacrario di Redipuglia; visitabili in permanenza le gallerie sotterranee e le trincee Monfalcone Museo paleontologico della Rocca orari di apertura segnalati all’inizio della salita alla Rocca Informazioni presso il Gruppo Speleologico Monfalconese: Tel. 0481/40014 (martedì e venerdì dalle 20.30 alle 22) San Canzian d’Isonzo Antiquarium Cantianense (vicino alla chiesa parrocchiale) informazioni Parrocchia arcipretale, piazza SS. Martiri 15 Tel. 0481/76044 Aquileia Museo Archelogico Nazionale via Roma, 1 Tel. 0431/91016 aperto dalle 9 alle 14 tutti i giorni Museo Paleocristiano piazza Pirano - Monastero Tel. 0431/91131 aperto dalle 9 alle 13.45 tutti i giorni Grado Tesoro del Duomo e Museo Lapidario Tel. 0431/80146 aperto mattina e pomeriggio secondo gli orari della basilica Aiello del Friuli Museo della civiltà rurale del Friuli Imperiale accessi: viale Vittorio Emanuele II, via Petrarca 1 Tel. 0431/99507 Fax 0481/535170 aperto da martedì a venerdì dalle 15 alle 20; sabato, domenica e festivi dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 20; chiuso lunedì Nova Gorica Goriski Muzej Grad Kromberk-Castello di Kromberk Grajska 1 Tel.00386 65-1359811/12 Fax 00386 65-1359820 aperto dalle 8 alle 14 (giorni feriali) dalle 13 alle 17 (domenica e festivi) chiuso sabato Solkan / Salcano Vila Bartolomei Pod vingradi 2 Tel. 00386 65-26926 Fax 00386 65-25961 aperto dalle 8 alle 16 da lunedì a venerdì; dalle 13 alle 17 sabato, domenica e festivi Sveta Gora / Monte Santo Raccolta museale “Soska fronta” Il fronte dell’Isonzo Tel. 00386 65 1359811/12 Fax 00386 65 131140 orario invernale: sabato, domenica e festivi, aperto dalle 11 alle 16 orario estivo: mercoledì, giovedì e venerdì, aperto dalle 12 alle 17; sabato, domenica e festivi, aperto dalle 11 alle 18 ogni giorno, su prenotazione, visite per gruppi Dobrovo / Casteldobra Raccolta museale del Castello di Dobra Grajska cesta 10 Tel. 00386 65 45703 aperto dalle 10 alle 18 da martedì a domenica chiuso lunedì Stanjel / San Daniele del Carso Museo Lojze / Luigi Spacal - Castello Tel. 00386 65 79197 aperto martedì, giovedì, venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 18 visite fuori orario su prenotazione (00386 65 6779226) Nel castello è visitabile anche la “Casa carsica” Tolmin / Tolmino Mestni trg 4 Tel. 00386 65 181360 Fax 00386 65 181361 aperto dalle 9 alle 16 nei giorni feriali; sabato, domenica e festivi dalle 13 alle 17 Kobarid/Caporetto Kobariski Muzej/ Museo di Caporetto Gregorciceva 10 Tel.Fax. 00386 65 85055 aperto tutti i giorni da ottobre a marzo dalle 10 alle 17 (festivi 10-18) da aprile a settembre dalle 9 alle 19 (festivi 9-19) Casa natale del poeta Simon Gregorcic Vrsno 27 Tel. 00386 65 85402 visitabile ogni giorno su prenotazione Trenta Museo della val Trenta Centro informazioni Parco Nazionale del Tricorno aperto tutti i giorni dal 27 aprile al 31 ottobre dalle 10 alle 18 Tel. 00386 65 83330 Idrija Mestni muzej - Castello di Idrija Prelovceva 9 Tel. 00386 65 171960 Fax 00386 65 73580 aperto da lunedì a sabato dalle 9 alle 18 domenica dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 18 Cerkno - Cerklijanski muzej Bevkova 12 aperto ogni giorno dalle 9 alle 14 lunedì chiuso Dolenji Novaki presso Cerkno Ospedale partigiano militare sloveno “Franja” ogni giorno dalle 9 alle 18 dal 1° aprile al 30 settembre marzo, ottobre e novembre dalle 9 alle 16 dicembre, gennaio e febbraio solo sabato e domenica dalle 9 alle 16 Vojsko - Tipografia partigiana dal 15 aprile al 30 ottobre ogni giorno dalle 9 alle 16 LPI 13 U coltivazioni in secondo luogo; e una storica sensibilità da parte delle popolazioni nei confronti della salvaguardia del proprio territorio hanno consentito di conservare praticamente incontaminata la natura in aree molto vaste e di poterla offrire a un turismo nuovo e rispettoso degli ambienti. na delle zone di maggiore interesse naturalistico esistenti nel nostro Paese è rappresentata proprio dall’ambiente isontino. L’originalità del paesaggio, che racchiude colline, vallate, fiumi, laguna e mare, innanzitutto; le caratteristiche specifiche della vegetazione e delle Le oasi naturalistiche Parco di Piuma - Isonzo. Cormons. Il bosco di Plessiva. Comprende un parte boschiva, che si estende su 38 ettari collinari, alle pendici del Monte Calvario e a ridosso dell’abitato di Piuma, ed una parte della sponda destra del fiume Isonzo. Aspetti botanici. Il parco è caratterizzato da crogiuolo di specie arboree con una lieve presenza di castagni, roveri e roverelle, dove tuttavia non mancano i ciliegi e i frassini. Lungo le sponde lambite dall’Isonzo fanno invece bella mostra di sé le specie tipiche degli ambienti fluviali quali l’ontano nero, l’ontano bianco, il pioppo nero e le numerose varietà di salici. Aspetti ricreativi. L’area, in particolare quella che si distende lungo l’Isonzo, è forse lo spazio ricreativo per eccellenza della città assieme al piccolo aeroporto di Merna. Il suggestivo alternarsi di spiagge di sabbia fine, gli speroni rocciosi che spariscono nelle verdi acque del fiume, le insenature ombrose, le terrazze e gli scorci panoramici irripetibili, da cui si domina parte della città e della pianura isontina meritano davvero una sosta. Nel parco sono inoltre a disposizione strutture ricreative di vario genere ed improntate allo sviluppo della vita fisica all’aperto: un percorso ginnico articolato su due livelli di difficoltà, strutture in legno perfettamente inserite nel paesaggio, punti di ristoro attrezzati, griglie all’aperto e punti di osservazione rendono il parco un luogo unico da ammirare e da cui ammirare il panorama cittadino. Arrocato tra Cormons, Capriva e la piccola frazione di Ruttars, gode di un ingresso raggiungibile da un lato attraversando l’area paludosa del Preval che incrocia perfettamente il movimento ondulato del Collio e dall’altro dal centro di Cormons lasciandosi alle spalle la minuscola località “Subida”. Posto di recente sotto la tutela ambientale, è un bosco di robinie ad alto fusto, alberi di castagno presenti fin dall’epoca romana cui si mescolano in varia misura le splendide piante di rovere. Attrezzato con un parco giochi interamente in legno, il bosco di Plessiva vanta innumerevoli percorsi interni di difficoltà variabile, in salita e in pianura, nonochè moltissime aree di ristoro attrezzate. LPI 14 Riserva naturale “La foce dell’Isonzo.“ … Ed è il tramonto di questo viaggio con l’Isonzo. Tutto è acquietato: le piene, gli sconvolgimenti geologici, la lunga tormentata storia degli uomini. … Tutto si distende con i colori tenui del paesaggio dall’autunno all’inverno”. Queste parole di uno fra i poeti che hanno dedicato all’Isonzo parte della propria esistenza, Celso Macor, ci introducono nella favola - quasi fuori dal tempo - di questa terra, l’ultima terra del fiume. La riserva può essere considerata la zona umida più settentrionale del mar Mediterraneo. Fa parte di un sistema di aree naturali protette, una delle zone di maggiore interesse naturalistico presenti in Italia, pianificato su scala regionale, con relativi progetti di sviluppo e conservazione. Per le sue peculiarità dovute alla presenza di particolari specie avifaunicole immerse in un ecosistema quasi unico, la Riserva Naturale Regionale della Foce dell’Isonzo è fonte inesauribile di ispirazione per i “birdwatcher” e i botanici di ogni provenienza, meta di escursioni che non conoscono limiti stagionali, vero e proprio paradiso per gli amanti di una natura selvaggia e incontaminata. Il sito comprende la parte terminale e la foce dell’Isonzo, tra Monfalcone e Grado, costituito, oltre che dal piccolo delta fluviale, anche da stagni retrodunali e aree sommerse. Racchiude in uno spazio relativamente ridotto una serie di paesaggi palustri e lagunari estremamente suggestivi e che garantiscono un habitat naturale incredibile per moltissime specie di uccelli, in maggioranza acquatici. L’elevato valore biologico della riserva dipende, in larga misura, dalla sua particolarità geografica - che consiste nella vicinanza delle montagne al mare - e biologica, rappresentata dalla presenza contemporanea di acqua dolce e salmastra. L’isola della Cona. La foce dell’Isonzo, per 1300 ettari, comprende la zona di tutela speciale dell’Isola della Cona, “cuore” dell’area Un paesaggio che cambia in continuazione lungo le sponde dell’Isonzo: dal paesaggio carsico alla costa sabbiosa, attraverso colline e pianura, torrenti, laguna e mare. Qui la natura è una delle più varie d’Italia. protetta, un piccolo mondo libero salvato dalla violenza del tempo. L’isola comprende anche un centinaio di ettari di terreno “asciutto” e svariate centinaia di metri di mare poco profondo, scanni ghiaioso–sabbiosi, velme (aree periodicamente sommerse) e barene (aree eccezionalmente sommerse). La riserva è visitabile tutto l’anno, e vi si accede in automobile dalla strada Monfalcone-Grado, seguendo le indicazioni per Staranzano. Cenni storici. Il confine tra terra e mare, tra argini e pianura è in continuo divenire, e continuamente trasformato dall’uomo con drenaggi, barriere, argini, ponti, strade, mura, campi coltivati, che si oppongono alle tracimazioni, alla subsidenza, all’aggressione delle mareggiate e al progressivo innalzamento del livello marino. Della lotta impari tra uomo e natura e del raggiungimento e crollo di un equilibrio faticosamente raggiunto, abbiamo notizia fin dall’Età romana e Medievale. Bonifiche e canalizzazioni interessarono inoltre la zona fin dal 1700, per continuare in maniera più concreta all’inizio del ‘900, tra le due Guerre e dopo la fine del Secondo conflitto mondiale. Gli interventi, LPI 16 mirati soprattutto alla conservazione ambientale e alla tutela, si sono tuttavia infittiti negli ultimi decenni, in particolare nei primi anni ’70 quando le attenzioni degli Enti locali della zona si rivolsero in maniera decisa alle tematiche ambientali. Con l’arrivo dei primi finanziamenti si passò da una tutela generica sull’area, che prima era riserva di caccia, ad un’attività programmata di gestione attraverso opere di ingenieria ambientale e di monitoraggio delle acque fino ad arrivare, con una legge quadro della Regione, alla costituzione della “Riserva naturale regionale” che comprende l’Isola della Cona ed altri territori, gestiti dai Comuni di Staranzano, S.Canzian, Grado e Fiumicello. Il sistema di marketing territoriale effettuato nella Riserva dà oggi i primi importanti risultati, che si concretizzano con i finanziamenti da parte dell’Unione Europea e con un afflusso di visitatori che l’anno scorso ha superato le 30.000 unità. Ma ciò che attrae maggiormente appassionati ed esperti di ogni luogo è soprattutto la varietà degil aspetti faunistici. L’avifauna si presenta molto ricca di specie e di sonorità ed anima- zione. Eccone un breve saggio. Invertebrati e pesci. La scarsa profondità dei fondali non permette la vita a molte specie caratteristiche del Mediterraneo. Qui regnano soprattutto gli invertebrati, come dondoli, capesesante, seppie, caperozzoli ed i crostacei (rappresentati dalla rinomata “canocia”). Anche l’ittiofauna è piuttosto varia, in particolare con lo storione, l’anguilla, il cefalo ed il branzino. Avifauna. L’avifauna prettamente marina è costituita soprattutto da Anitre tuffatrici, di cui le più note sono le Morette. Da menzionare anche il Cormorano e gli Smerghi, oltre ai cigni che arrivano addirittura dalla Siberia ed agli Aironi. Altre specie marine presenti sono le Strolaghe, gli Svassi e il Chiurlo, simbolo della Riserva. Mammiferi. La specie selvatica più notevole è il capriolo, che si osserva, con un po’ di fortuna, preferibilmente all’alba e al tramonto. I cavalli. All’interno dell’Isola della Cona sono stati inseriti due gruppi di cavalli “Camargue” di razza delta, in tutto 25: uno è mantenuto allo stato brado, l’altro viene utilizzato per le escursioni dei visitatori. Gli scopi principali di tale introduzione sono il completamento del quadro faunistico, il controllo e la diversificazione della vegetazione delle paludi attraverso il pascolo e, appunto, le visite guidate. La razza prescelta si presta bene a tali scopi perché arcaica, rustica e docile, nonché per l’antico adattamento ad ambienti analoghi delle foci del Rodano, nell’omonima regione. Discorso analogo vale per il branco di bovini, una trentina in tutto, che vengono condotti in estate alla Riserva per il “mareggio” e che servono per contrastare la crescita della vegetazione spontanea. Aspetti ricreativi. La Riserva delle Foci dell’Isonzo offre diverse attrattive e servizi. Il Parco è aperto tutti i giorni ed è possibile richiedere, su prenotazione, il supporto di una guida naturalistica con cui effettuare le visite a cavallo. Il centro visite principale è dotato di un finestrone subacqueo dal quale si può ammirare tutta la fauna sotto il livello dell’acqua e c’è inoltre un osservatorio privo di barriere architettoniche raggiungibile anche in automobile. Ogni visita guidata e ogni attività promossa dalla Riserva è supportata da materiale didattico approntato da esperti. Per informazioni sull’attività nella riserva naturale è a disposizione il Comune di Staranzano (+39 0481 716917). La Val Cavanata. E’ una ex valle da pesca, stretta tra il mare ed il canale Primero, ultima parte della porzione settentrionale della Laguna. Accessibile dalla Strada provinciale 19 Monfalcone-Grado, si tratta di un ambiente naturale simile a quello dell’Isola della Cona, un’area quindi ideale per la sosta, lo svernamento e la nidificazione di numerose specie di uccelli acquatici, di cui sono stete segnalate finora ben 224 specie. Istituita con una legge regionale nel 1996, la Valle Cavanata, in buona parte fragmiteto, è dichiarata zona umida di valore internazionale. lago di Pietrarossa, che costituiscono uno dei pochi esempi di lago-stagno carsico in Europa. Nei periodi di magra degli affluenti, il livello delle acque cala di molto e la superficie libera, non occupata dal canneto, si limita a rarissimi canali e pozze. La presenza di diversi ambienti naturali contemporaneamente, come landa, boscaglia carsica e acqua, fa sì che coesistano diverse specie animali e vegetali. Nella zona è presente anche un centro ippico. ■ Riserva naturale dei laghi di Doberdò e di Pietrarossa. L’area è caratterizzata da due grandi depressioni carsiche, parzialmente riempite dal lago di Doberdò e dal LPI 17 .1. .2. Incroci di culture e di sapori A nche interessandosi ed esaminando la gastronomia di un luogo, ad esempio di Gorizia e della sua provincia, si possono trarre utili indicazioni sulle vicende storiche, sulla situazione economica, sui prodotti agricoli, sui rapporti con gli altri paesi più o meno lontani. Gorizia e la sua provincia attraverso i secoli hanno avuto una storia complessa e tormentata. Come terre di confine sono entrate più o meno pacificamente in contatto con i Paesi vicini e confinanti, hanno subito le stesse vicende storiche che hanno interessato, ora tutta l'Italia, ora tutta quella settentrionale, ora solo, o quasi, il suo territorio. Qui hanno convissuto popoli e stirpi diverse, sono stati accolti ed usati vari idiomi, sono sorti punti di incontro per motivi commerciali,come fiere e mercati. Di tutto ci sono rimaste tracce indelebili nel carattere degli abitanti, nell'aspetto e nella configurazione dei centri abitati, nei prodotti agricoli ed orticoli, nelle tradizioni e naturalmente, nella gastronomia. LPI 18 Questi apporti non possono sfuggire a chi valuti con occhio attento questo campo, a torto ritenuto secondario. Possiamo allora scoprire il perché di una data preparazione, il perché dei suoi ingredienti e, spesso, anche il perché del suo nome. Ricchissima di sorprese può perciò essere una tale analisi. Consideriamo le principali vicende storiche del Capoluogo e della sua provincia, la sua vita economica, il suo clima e la sua economia agricola. Tale territorio fu abitato nella Preistoria e di questo restano testimonianze nei reperti archeologici e nei castellieri. Ebbe insediamenti romani e fu attraversato da strade romane. Fu percorso dai barbari, accolse gli stanziamenti longobardi ed i toponimi, in tutto il medioevo vide sorgere "cente" e "tabor". Fu soggetta al Patriarcato di Aquileia. Fu Contea fino al 1500 con i conti di origine tedesca che fecero edificare il castello. Fu poi parte dell'Impero Absburgico fino al 1918, ebbe il buon governo di Maria Teresa, poi la sua rivoluzione industriale. Anche l'impresa napoleonica la toccò da vicino, la Prima Guerra Mondiale ebbe qui un suo sanguinoso fronte e poi, successivamente tutti gli avvenimenti storici che si sono succeduti l'hanno coinvolta. Così, se consideriamo due preparazioni diffuse nella nostra terra a tutti i livelli e, in passato, specialmente presso le classi rurali e popolari, quali la "polenta" e la "brovada", scopriamo che di esse parla Apicio, autore del 1° secolo d.C., nel suo "De re Coquinaria". La polenta è detta "pulsae julianae", naturalmente non di mais, che era ancora di là da venire, ma di altri cereali quali spelta, miglio, grano saraceno. Egualmente vi si parla del modo di conservare le rape usando strati di bacche di mirto e aceto misto a miele. Ma anche il retaggio di una salsa apprezzatissima, a base di pesce, di cui l'autore ci parla, il "garum", giunto fino a noi con l'uso di aggiungere a vari cibi un'acciuga per renderli più saporiti. Anche il prosciutto cotto in crosta di pane era usato, servito nei banchetti dei mercanti aquileiesi ed giunto fino a noi. C'è, comunque, anche chi vuole che sia di .3. derivazione boema, introdotto nelle nostre contrade con il passaggio agli Absburgo della Principesca Contea. Dai Longobardi l'abitudine di preparare piatti a base di carne di cavallo (vedi la "pastissada de caval" piatto tipico veronese) e presso i nobili i pantagruelici spiedi di carni nere servite nei banchetti, indubbiamente anche dei Conti di Gorizia ed ancora in uso nel Settecento, come testimonia Carlo Goldoni, ospite dei conti Lantieri. Ma da Bisanzio, che esercitava il suo dominio sui paesi costieri, giunsero le spezie che insaporivano, nelle grandi occasioni, un piatto poverissimo dei pescatori gradesi, il "boreto", ma anche le portate dei Patriarchi, che erano sì dei rozzi tedeschi,ma che alla corte di Aquileia ingentilivano i loro costumi, tanto che esigevano da S. Daniele del Friuli tributi feudali in prosciutti, ed apprezzavano le ricche preparazioni speziate imbandite da cuochi istruiti da raffinati "maestri di tavola" quali il Messisbugo o cuochi colti come Mastro Martino che scrisse un "de re coquinaria" e servì il patriarca Lodovico Trevisan Mezzarota. Le spezie erano indice di ricchezza e si usavano anche per ostentare la propria potenza. Ben diverse erano le salsicce all'aquileiese, profumate da miscela, da quelle del Friuli più interno aromatizzate con solo aglio e vino. Ma anche i Turchi, che corsero le nostre contrade, lasciarono retaggi interessanti sia di dolci dagli involucri friabili ricchi di miele e vino di Pantelleria sia nello speziato ripieno come il "presnitz" o nella forma a mezzaluna dei "chipfel" salati e dolci, che fino a non molti anni fa venivano venduti in tutte le panetterie, mentre quelli di patate fritti sono ancora di prammatica con lo stinco, in alternativa alle patate "in tecia", così diffuse, ma di cui solo pochi sanno che sono nate nella cucina castrense dell'esercito absburgico, dove sempre comparivano insieme a brodo e bollito. Di derivazione turca sono anche "cevapcici" e "rasnici", affermatisi nella nostra cucina solo dopo la Seconda Guerra Mondiale, che sono la rivisitazione nostrana e slovena, in formato mignon, del "Kebab", specie di gigantesco spiedo di carni di montone cotte non solo nelle strade di Istambul ma anche in quelle dei Paesi che ebbero contatti con la Turchia, come la Grecia. Quando poi la Contea entrò a far parte dell'Impero Absburgico innumeri furono gli appor-ti che giunsero dai .4. È la tavola il crocevia di molteplici civiltà. Nelle complesse vicende storiche del territorio di Gorizia affondano le radici di una tradizione gastronomica particolarmente ricca. vari Paesi. Tutti gli arrotolati e le paste imbottite, ad esempio, che trionfano nella nostra cucina ed in quella dei ristoranti più accreditati, sono di derivazione boema; come anche il "pais", marinata in cui si mette ad insaporire la selvaggina, le cui ricette vengono a noi dall'Austria, rivisitate dall'estro latino quantomeno con l'aggiunta profumata del vino; stessa provenienza per le minestre in brodo con gnocchi di semolino, di fegato, di milza, di pane, così come i "crapfen", dolce di Carnevale. Invece le "fritole" sono veneziane, assieme ai "galani" o "crostoli", che per altri vogliono collegare all'influenza della cucina ebraica in quanto vi si riconoscono "le orecchie di Ammon" imbandite nella Festa del LPI 19 .5. .1. .6. Antipasto rustico con lardo casereccio [Da Tommaso, Gabria] Strudel di mele [Da Tommaso, Gabria] .7. .2. Slikrofi di Idria [Al Cacciatore, Subida di Cormons] .3. Strudel di noci e ricotta con salsa al cioccolato e “gibanica” [Da Devetak, San Michele del Carso] Stinco di vitello con chipfel di patate .8. [Da Tommaso, Putizza al Gabria] dragoncello [Al Cacciatore, .4. Subida di Cormons] Costicine di cervo alla brace in salsa .9. di mirtilli Dolce [Al Cacciatore, “Ferdinando” Subida di Cormons] [Da Tommaso, Gabria] .5. Struccolo bollito di patate con erbette rosse e capriolo con puré di mele e kren [Da Devetak, San Michele del Carso] LPI 20 Purim, così come alla presenza di una consistente Comunità ebraica in città si fa risalire l'uso delle carni d'oca lavorate, come il salame d'oca, ma anche varie preparazioni di verdure tra cui quelle di melanzane. Tornando agli altri popoli dell'Impero, agli ungheresi si devono tutte le preparazioni a strati come la torta "Dobosch", il cui nome è quello del pasticcere che la preparò per la prima volta. Così anche il pasticcio di prosciutto o di "palacinche" a strati con verdure e le "palacinche" imbottite. E l'altro dolce raffinato, il "Rigoiancsi" che da anni si trova nelle pasticcerie triestine (e da poco anche in un caffé di Gradisca), dove veniva richiesto dagli ufficali, in buona parte ungheresi, della Marina Austriaca; ma anche la "gubanica", ricca di ricotta ed abbondantemente spolverizzata di semi di papavero, è di orgine ungherese, come i "gulasch" e la "paprika" che ne è un indispensabile complemento. A Venezia, i cui domini giungevano a Brazzano e all'attuale mandamento di Monfalcone, si devono anche tutte le creme di cui sono imbottite le sfogliate in Carso, lo zabaione, la "rosada", che si trova in tutti i ricettari che si rispettino di Gorizia e della provincia. Anche i .6. minestroni ed i “risi e bisi" sono di influenza veneta. Quanto ai fritti, amati dai Veneziani, essi furono appresi dalla Serenissima nei frequentissimi contatti che aveva intrattenuto con il Celeste Impero fin dai tempi di Marco Polo. A Venezia giunsero i leziosi mobili laccati e decorati del Settecento, le delicate porcellane, la cui formula fu a lungo tenuta segreta dalla Cina e che Venezia cercò di imitare coi vetri lattimi, ma anche "fritole" e "crostoli". A Venezia dobbiamo anche il biscotto, quel pane biscottato che veniva preparato da esperti panettieri tedeschi nell'isola di S. Elena ove vi erano 34 forni, e la cui preparazione accurata era indispensabile per un popolo che doveva vivere praticamente in mare, divenuto, nella soluzione ricca, dolce, croccante, friabile, di varia forma e misura. Non possiamo dimenticare neanche Napoleone, i cui soldati, giunti nelle nostre terre, non apprezzavano la polenta, ma lasciarono come retaggio la "roulade", che si prepara come tronchetto per Natale a simboleggiare il Ceppo. Nè possiamo dimenticare il "Kugelhupf" che, pare, e qui entra in campo l'aneddotica, fosse il dolce preferito da Francesco Giuseppe per la .7. prima colazione e che gli ufficiali austriaci di stanza a Verona, Fortezza del Quadrilatero, si facessero preparare dai pasticceri locali. Da questo derivò poi il pandoro, che oggi spesso sostituisce il meneghino panettone per Natale. Dal Kugelhupf pare derivi anche il "babà”, dolce napoletano, ad opera di Stanislao Leczinski re di Polonia, appassionato di cucina. Diciamo ancora che l'Ottocento fu il secolo dei dolci, sempre grazie all'avventura napoleonica, poiché un chimico francese, l'Achard, per ovviare alle conseguenze del blocco navale inglese, riprese le ricerche iniziate da un collega tedesco e riusci ad ottenere lo zucchero dalla nostrana barbabietola. Ciò determinò il crollo del prezzo dello zucchero e i dolci, prima piatto di principi e ricchi, entrarono in tutte le case o quasi. Ciò avvenne naturalmente anche a Gorizia e provincia. Mentre Lorenzo Da Ponte, librettista di Mozart, che nel Settecento fu ospite a Gorizia presso la locanda Croce d'oro in via Rabatta, di cui fino a non molto tempo fa si scorgeva ancora l'insegna, narra nelle sue memorie che, giunto nell'albergo, poiché non riusciva a farsi capire dato che la bella locandiera parlava solo "cragnolino", non trovò di meglio che afferrare e mangiare un pezzo di pollo fritto portato da una cameriera ad altri clienti. Quindi l'usanza di cuocere così il pollo risale almeno al Settecento, così come l'uso del gelato che, sempre il Da Ponte ci dice, gli fu servito più tardi dalla Lisa insieme agli "zuccherini", che allora erano riservati agli ospiti di riguardo. Quindi il gelato, squisitezza araba, era conosciuto a Gorizia che evidentemente era all'avanguardia, anche se il "Café Procope" a Parigi, ove si serviva il gelato, era stato aperto nel 1660 dall'italiano Procopio de Cultelli. ■ .9. .8. Il gusto della tradizione sulle tavole dei ristoranti. Alle porte di Gorizia, sulla sponda sinistra del Vipacco, a Gabria, c'è l'Albergo - Ristorante "Da Tommaso". Entrandovi si ha l'impressione di varcare la soglia di una sala da pranzo borghese, preziosamente arricchita da importanti tele di Paolo Caccia Dominioni, noto scrittore ed architetto. Quanto viene offerto è una sintesi golosa della cucina delle case padronali e borghesi del luogo, espressione delle molteplici culture gastronomiche qui confluite. Trionfa, tra i secondi, il maestoso stinco di vitello al forno contornato dai "chipfell' di patate. Il rustico antipasto, di chiara matrice contadina, di crostini caldi insaporiti da sottili fette di lardo casereccio stagionato è profumato dal kummel e da una salsa di mirtilli. Ricca l'offerta di dolci tradizionali, tra cui rimeggiano lo "struccolo" di mele con pasta sfoglia 'alla viennese' ed i soffici "Ferdinandi" il cui nome si deve al desiderio di onorare, secondo l'anneddotica, la tavola di un sovrano di passaggio ospite a Gorizia. In una conca del S. Michele, percorrendo strade fiancheggiate di pietra carsica e da fioriture primaverili, si giunge alla "Trattoria LPI 21 .1. .2. Gostilna Devetak", che offre squisita ospitalità e cucina carsica venata da influenze venete per la vicinanza della "bisiacheria" antico possedimento della Serenissima. Il ristorante è noto per l'ottima qualità della cucina che annovera piatti stagionali della tradizione rivisitati dall'estro della cuoca come lo "strucolo" bollito di patate con erbette rosse, il capriolo con puré di mele e kren (rafano), lo strudel di noci e ricotta con salsa di cioccolata e la particolare "gibanica" dolce a strati di ricotta e semi di papavero. Anche il pane è fatto in casa. Ricca di sorprese la cantina scavata nella roccia. Il "Giardinetto" della famiglia Zoppolatti, antica trattoria di Cormons, è una sosta che soddisfa il gusto con una serie di piatti in linea con la tradizione e la storia locale, modernamente alleggeriti come gli gnocchi dell'imperatore con funghi porcini, il carré di maiale affumicato con crauti che riecheggia preparazioni delle Alpi LPI 22 austriache. D'influenza friulana l'uovo con "pistum" di maiale all'aceto, ma mitteleuropeo il "presniz" bollito con zuppa di mele. Ricca ed accurata tutta la pasticceria, frutto della passione del cuoco. Sempre a Cormons, al valico della Subida, che fu aperto per ragioni militari nel 1800 da Napoleone, accanto ad un' antica Pieve, si trova il ristorante "Al Cacciatore" di Josko Sirk che, ormai da qualche decennio, è considerato, a ragione, uno dei migliori d'Italia. Posto in mezzo al verde, in posizione suggestiva, l'edificio, che conserva intatte le caratteristiche della sua originaria destinazione agraria, è divenuto un accogliente ristorante ricco di atmosfera in cui non mancano mai i fiori spontanei raccolti nei dintorni. Ricchissima la lista proposta. Vogliamo porre l'accento su alcune particolari preparazioni che riflettono posizione e storia del locale e della zona in cui si trova. Ad esempio gli "slikrofi" di Idria che esprimono le caratteristiche di questa cucina di confine in bilico tra Friuli e Slovenia rientrano tra le paste imbottite che caratterizzano l'arco alpino, che vanno dai "casonsei" delle Alpi lombarde ai "calsunsei ampezzani" ai "cjarsons" carnici, agli "slikrofi" appunto. I piatti di selvaggina hanno la loro giustificazione nell'influenza austriaca, ma anche nella zona, teatro di battute di caccia, specie nel passato. I dolci .1 e 2. Devetak, a San Michele del Carso, la cantina e una sala da pranzo .3. Da Tommaso, a Gabria .4. Il Giardinetto, a Cormons .5. Al Cacciatore, Subida di Cormons .6 e 7. Androna, a Grado .8 e 9. Da toni, a Grado .10. Alla Borsa, a Grado .11. Alla Marina, a Grado .3. .4. .5. particolari hanno radici storiche. La "potica al dragoncello" è antico pane rituale che fa pure parte degli arrotolati di matrice boema rivisitati in Italia e Slovenia. Da segnalare a Gradisca l'albergo ristorante "al Ponte" di Adriana Rizzotti per l'ottima cucina che affonda nella tradizione le sue più vitali radici. Vi si trova anche una ricca scelta di piatti di pesce, in alternativa a quelli di carne ed ai primi che risentono delle origini carniche della proprietaria, che presenta nel menù anche gli speziati "cjarsons" e delicati antipasti al formaggio Montasio, vanto del contermine Friuli. Il pane, che compare sempre caldo sui tavoli, è fatto in casa e si rifà alla ricca tradizione dell'arte bianca locale. Notevole il carrello dei bolliti e moltissimi i dolci dallo strudel di mele o imbottito di crema pasticcera ai biscotti viennesi. Ottima la scelta dei vini. In autunno è possibile prenotare un pranzo o una cena a base di tartufo. Né si può dimenticare, a Cormons, il ristorante albergo "Felcaro", meta di un consistente turismo austriaco che offre, oltre a un'ospitalità ricca di storiche suggestioni, una lista di piatti ragguardevole. Nel capoluogo una menzione merita il ristorante "Ai tre soldi goriziani" (Corso Italia) che presenta varie e accurate preparazioni. Nella provincia non manca la possibilità di fare una puntata alla ricerca di piatti marinari soprattutto a Grado, che offre sia una cucina di buon livello, sempre legata alle tradizioni e alla storia dell'antico centro, quali il "boreto", ma anche "scampi" e "gransievole" in locali pittoreschi tra cui il caratteristico "casone" del ristorante "al Golf" o l' "Androna" nel vecchio borgo in un dedalo di calli e campielli oppure "da Nico" e "da Toni". Pesce fresco e piatti della tradizione anche in trattorie più familiari, ma ugualmente apprezzabili come "Alla Borsa" e "Alla Marina" nei pressi del porto. Locali che offrono una ricca scelta di piatti di pesce si possono trovare anche nell'entroterra, come il vecchio ristorante "Al Commercio" di Gradisca, "il Martin Pescatore" a Ronchi dei Legionari, ove si trova anche "La Corte" di Davide Morsolin che incentra la sua ricerca sull'abbinamento pesce-olio extravergine di oliva. Pesce anche al ristorante "Le Dune" di Mariano del Friuli. A Gorizia, invece, la cucina di pesce è prerogativa del ristorante "101" che riprende i piatti e le preparazioni della nostra tradizione con lo "scottadeo" di conchiglie, con le "cape de deo", la "gransevola" al naturale, i canestrelli gratinati, mentre più vicina alla cucina veneta è l'insalata di latticini di seppia. "Ai coltivatori" di Lucinico si rifà alla tradizione mitteleuropea nei primi piatti e nei secondi (esempio i "coch") offrendo sapori genuini ed equilibrati. La trattoria "da Piero" in piazza S. Antonio a Gorizia ha nel menù vari piatti storicamente interessanti, tra i quali merita una particolare menzione la "sarma" d'antica origine ottomana diffusa in Albania e Bulgaria. Si tratta di un involtino di cavolo acido ripieno di carni miste a riso che sulle coste illiriche ha assunto carattere mediterraneo tingendosi con il rosso del pomodoro. ■ a cura di Giovanna Ludovico Giannattasio .6. .8. .10. .7. .9. .11. LPI 23 Gli sport da vivere a contatto con la natura Evadere da un ritmo di vita sempre più frenetica e convulsa, per riappropriarsi del contatto con la semplicità della natura e scoprirne la dimensione distensiva e rigenerante. E’ una delle priorità del nostro tempo, fatto di lancette dell’orologio che corrono sempre troppo veloci, di fast-food, di agende fitte all’inverosomile. Turismo, sport, hobbies sono quindi mezzi e pretesti per gustare l’ambiente e ritrovare il contatto con la natura perduto. Una passeggiata lungo i sentieri che si snodano fra boschi e radure o un’ora tra le buche di un campo da golf possono infatti regalare sensazioni irripetibili anche ai neofiti. Per chi volesse provare il brivido del pericolo, invece, può sempre tentare una discesa in canoa lungo l’Isonzo. La canoa è uno sport “verde”, ecologico e naturale con un pizzico di avventuroso che, grazie alla presenza di società che organizzano attività di turismo amatoriale, spesso in abbinamento all’agonismo sportivo, può essere provato da tutti. Nella provincia di Gorizia ci sono diverse società che sfruttano le eterogenee possibilità del territorio: a cominciare da itinerari fluviali per continuare con la canoa praticata in prossimità della costa e in mare. A Gorizia la sezione societaria “CanoaKayak” dell’U.G.G. prevede corsi per canoa turistica con “formula stagionale” (fornitura dell’attrezzatura compresa) e corsi per principianti con lezioni di teoria e pratica a gruppi omogenei di 4 o 7 persone. La palestra per corsi, allenamenti e gare (che si svolgono in primavera) è… il fiume Isonzo, nei vari tratti dalla Val Trenta in Slovenia, dove è possibile raggiungere gradi di difficoltà anche elevati, a quelli più tranquilli di Gorizia, con la garanzia di acqua pulita, panorami superbi e divertimento assicurato. Altri fiumi percorribili in provincia sono lo Judrio, nel tratto di Dolegnano e il Vipacco, dal confine fino all’Isonzo. Oltre all’Ugg, l’Isontino offre anche la Canottieri Ausonia di Grado, la Kayakcanoa e la Canottieri Timavo di Monfalcone, che però praticano in particolare la Canoa Olimpica nei canali percorribili della laguna di Grado e Marano, come il Brancolo (circa 9 km) e il canale della Quarantia (15 km). Queste società prevedono la possibilità di effettuare percorsi turistici con accompagnatori qualificati e con l’opportunità di armarsi di tende e sacchi a pelo per passare la notte a contatto diretto con la natura del luogo. Se però l’acqua dovesse creare qualche problema, per gli amanti degli sport più tranquilli la provincia offre vaste aree dove praticare l’equitazione o distendere i nervi su un rilassante campo da golf, magari allietati da strutture turistiche in grado di offrire agli ospiti ogni genere di comfort. E’ il caso dei numerosi e attrezzatissimi maneggi quali il centro turistico “La Subida” di Cormons, nel cuore del Collio, dove si può godere di una vacanza rilassante immersi in un complesso attrezzato con piscina, campi da tennis e i giochi per bambini. Punto d’attrazione del centro è ovviamente il maneggio, che possiede quatto cavalli (quelli ospitati sono 12) utilizzati per le lezioni differenziate di equitazione con istruttore e un pony per i bambini. Il maneggio, coperto e scoperto, specializzato nella monta inglese, prevede la possibilità di effettuare escursioni, anche di più giornate, con accompagnatore attraverso le colline del Collio, il parco di Plessiva, sul monte Quarin e S. Floriano. Per i cavalli, ci sono scuderie con ampi box, estese aree verdi adibite a paddok, pensione con custodia e pulizia. Per informazioni 0481/60531. La monta americana è invece la specialità della “Remuda”, frazione di Piuma a Gorizia, che possiede 5 cavalli, più 10 di proprietà dei privati e che, su prenotazione effettua passeggiate da un’ora a due giornate intere con escursioni nel Collio goriziano e, sicuramente più impegnative, gite nel Cividalese o all’Isola della Cona. Un bar trattoria offre specialità culinarie della cucina locale. Per informazioni 0481/33240. Il centro Ippico “Pietra Rossa”, una ridente “bolla” verde in un contesto paesaggistico brullo nei pressi di Ronchi dei Legionari (località Selz), è specializzato nella monta inglese e, pur effettuando passeggiate lungo il costone del Carso da dove è possibile godere di una splendida vista che va dall’Adriatico, alle risorgive del Mucile al lago di Pietrarossa, predilige l’attività interna nel maneggio. La scuola di equitazione ospita 40 cavalli (di cui 12 di proprietà) e svolge attività didattica con lezioni su prenotazione anche per principianti. I quattro campi che costituiscono il complesso si trovano su circa 46 ettari di terreno dove due istruttori sono a disposizione per l’attività ippica tanto in piano quanto nel salto ad ostacoli. I prati verdi adiacenti il maneggio, dove in alcuni momenti si possono ammirare i cavalli al pascolo e godersi la semplicità della vita agreste in mezzo alle caprette, sono meta di gite domenicali e pic-nic. Se anche una galoppata non fosse abbastanza per rilassarsi, in provincia non mancano le strutture che offrono proposte turistiche, anche di standard elevato, nella quiete di un campo da golf. Nei pressi di Gorizia, a San Floriano, “Golf Club S. Floriano” è aperto tutto l’anno. Dotato di un percorso a 9 buche (Par 62 su 3810 metri), il tracciato si sviluppa accanto al comprensorio di proprietà dei Conti Formentini, con la Club House inserita all’interno dell’antico castello. Principale caratteristica del percorso è la fortissima pendenza. La piscina del parco, gli adiacenti campi da tennis, la foresteria con 24 camere a quattro stelle e il barristorante, completano un ambiente turistico-naturalistico di primo livello. Per informazioni. Tel. +39 0481 884252, fax +39 0481 884052 Immerso in una delle zone più suggestive della laguna è invece il “Golf club di Grado”, dotato di un circuito che concilia l’alto standard tecnico-sportivo con l’estrema quiete dell’oasi naturale. Il nuovo percorso a 18 buche (Par 72 SSS72, 61081 metri) è fantasioso ed articolato, con una notevole la presenza di laghetti e ruscelli. Il Golf club offre ai golfisti una “driving range” con 12 postazioni coperte, putting e chipping green, il noleggio di golf cars nonché di carrelli e sacche. La Club House è costruita nello stile tipico delle capanne dei pescatori della laguna e vi si possono gustare i piatti della cucina internazionale e di quella tipica gradese, a base di pesce. Adiacente al Golf Club, nel verde e sviluppato direttamente sul mare aperto, si trova il Villaggio Turistico Tenuta Primero, completo di ogni comfort, compresi campo da calcio, basket e pallavolo, campi da tennis e bocce, tavoli da ping - pong, beach volley ed il percorso vita. Ci sono inoltre due piscine con annesso campo giochi. Per informazioni. Tel. +39 0431 896896, fax +39 0431 896897. Sito Internet: www.golfclubgrado.com ■ LPI 25 Una proposta turistica in grande espansione a cavallo del confine. Scenari naturali incantevoli, culto del buon vino e cibi genuini garantiti da un’agricoltura di qualità. L’agriturismo nel Goriziano P ur essendo piccola la provincia di Gorizia offre agli appassionati di agriturismo una combinazione straordinaria di diversi ambienti naturali: a Nord la provincia comprende la parte più meridionale del Collio, un ventaglio di dolci colline racchiuso tra il fiume Judrio a Ovest e l’Isonzo ad Est; lungo il confine orientale si snoda la dorsale del Carso goriziano, estremo lembo di un altipiano che appartiene nella massima parte al territorio sloveno; il cuore della provincia, pianeggiante, è solcato dall’ampia curva del corso dell’Isonzo e la costa ha per un buon tratto il carattere del tutto particolare della laguna. Il Collio Uno dei punti principali di accesso al Collio è, a Gorizia, il ponte di Piuma sul fiume Isonzo. La strada si inerpica subito piuttosto ripida sulle pendici delle colline, passa accanto al monumentale Ossario di Oslavia, massiccia costruzione a torre in pietra bianca dove sono raccolti i resti dei caduti della prima guerra mondiale, e, dopo un percorso di alcuni chilometri reso particolarmente piacevole dalla vista di vigneti e alberi da frutto, raggiunge San Floriano, la vetta più alta, da cui si gode una bellissima vista sulla città e sui monti circostanti. La zona, dove l’osteria reca sovente anche l’insegna slovena di “gostilna”, è particolarmente attrezzata dal punto di vista agrituristico: a Oslavia si può sostare da Radikon, in Località Tre Buchi (tel. 0481-32804, aperto il fine settimana); a San Floriano, in Località Scedina (tel. 0481-884108) si mangia da Juretic; scendendo a valle verso il Preval, in località Giasbana, si trova ospitalità da Stekar (0481-391929). L’offerta è dappertutto quella di piatti semplici e tradizionali: tagliatelle e gnocchi con gulash, “biechi” col gallo, carne di maiale, pollo, anatra, oca, strudel. Merita una sosta la piccola chiesa del Preval, dedicata alla Madonna Regina dei Popoli, isolata in mezzo alla campagna e punto d’incontro spirituale fra le genti friulane e slovene. Proseguendo verso Cormons si incontra il Parco di Plessiva attrezzato per compiere lunghe passeggiate in un ambiente di grande pregio naturalistico. Nelle vicinanze c’è l’azienda agrituristica Al Parco di Plessiva (0481-61026), aperta il fine settimana, e un paio di chilometri in direzione di Cormons e si trova il Poc da Subide (0481-61004). In questa zona vengono offerti menù un po’ diversi, che comprendono frequentemente il frico, formaggio cotto in padella tipicamente friulano, il salame cotto, i kipfel di patate. A Cormons, se si fa una passeggiata sulla piazza XXIV maggio prospiciente il bel municipio settecentesco (Palazzo Locatelli) ridisegnata recentemente dall’architetto Boris Podrecca, dopo la sosta d’obbligo nella ricca Enoteca, merita allungare il giro fino al Panificio Simonit (via Matteotti) dove l’ambiente è d’altri Tanta varietà di paesaggi determina anche profonde differenze nell’economia agricola, nelle tradizioni e nella gastronomia e permette a ciascuno di farsi i più svariati programmi agrituristici. Filo conduttore è naturalmente il culto del buon vino, che in un’area di produzioni pregiate come quella del Friuli orientale assicura una qualità sempre elevata anche nei locali di ritrovo più semplici e a buon mercato. E, per accompagnare il bicchiere, non mancano mai pane, formaggio e salumi genuini. Ma l’aspetto più piacevole e indimenticabile è costituito dalla bellezza del paesaggio, dove si inseriscono, qui e là, i segni, talvolta lievi e talvolta profondi, della complessa storia di queste terre di confine. e le frazioni: a Scriò si trova il Granatiere (04581-639982), a Ruttars c’è il Podere agrituristico Crastin (0481-630310), a Lonzano (paese del poeta friulano Pietro Zorutti vissuto nel secolo scorso) si può andare a La Fattoria (0481-61045), a Restocina la Frasca al Collio (0481-639897), in località Cime c’è l’azienda Alle Cime (0481-639967), a Dolegna la “Coop Dolegna del Collio” (0481-639951). In genere la cucina di questi locali utilizza verdure ed erbe, coltivate e selvatiche. Sempre presente la minestra di orzo e fagioli, non mancano mai nemmeno il frico e la frittata. I dolci d’obbligo sono lo strudel e la gubana, che qui chiamano anche putiza. tempi e il pane si fa ancora a mano. Ma non dimentichino di comprarvi anche il pane con l’uva e lo strudel. Se da Cormons si sale sul Monte Quarin, il rilievo più elevato della zona con i suoi 270 metri, oltre a godere di una bella vista sulla campagna isontina, si vedranno i resti dell’antico “castrum” di origine romana, conquistato dai Longobardi e divenuto, nel VII secolo, sede dei Patriarchi di Aquileia. Porta il nome di Monte Quarin anche un agriturismo sito nelle vicinanze (via Monte 58, tel. 0481-60064) dove si mangiano gnocchi, strudel di verdure, faraona e gubana. Due valide alternative sono rappresentate dall’azienda Feresin (Località San Quirino, 7 bis, tel. 62119) e dall’azienda Alessandro Riz (Località Giassico 18, Brazzano, tel. 61362) che offrono a loro volta cibi genuini e vini della zona. Cuore del Collio è Dolegna, paese di soli 500 abitanti circondato da vigneti e boschi. Che la sua posizione in tempi remoti fosse strategica è dimostrato dall’esistenza di luoghi fortificati di origine medioevale come il Castello di Trussio e la torre di Marquardo. Dolegna ha una grande offerta gastronomica che comprende ristoranti molto noti ma anche apprezzati ritrovi agrituristici distribuiti tra il paese Il Collio sloveno Se si vuole cogliere in pieno la vastità e la bellezza del Collio si deve percorrere, però, anche la zona slovena, dove il paesaggio è altrettanto suggestivo e non mancano testimonianze storiche importanti (di grande interesse le strutture fortificate: il castello di Vipulzano, il castello di Dobrovo, San Martino di Quisca). Anche qui l’agriturismo sta conoscendo un grande sviluppo: nella zona si consigliano l’azienda Belica a Medana (tel. 00386-65-42104), Breg, (tel. 0038665-42555), poco distante da Dobrovo, Pri Lukovih (tel. 00386-65-44000) a Gornje Cerovo vicino a Kojsko, e, poco distante, Stekar (tel. 00386-65-46141). Il Carso Meno popolata del Carso sloveno, la parte goriziana dell’altipiano porta ancora i segni della prima guerra mondiale che ebbe qui uno dei fronti più combattuti e devastanti. Resti di trincee, cippi, monumenti e buchi provocati dalle artiglierie restano a testimoniare il massacro avvenuto per due anni su questo aspro terreno. La forte permeabilità della roccia calcarea favorisce l’assorbimento dell’acqua piovana e dona un aspetto brullo e desolato al terreno. Nel sottosuolo l’azione dell’acqua sulla pietra ha provocato il formarsi di un complicato sistema di grotte, caverne e gallerie, attraverso le quali fluisce l’acqua che infine si getta nel mare alle bocche LPI 27 del Timavo. La popolazione carsica, in maggioranza di lingua slovena, ha sempre mantenuto vive le sue tradizioni e la sua identità. Anche l’agricoltura, che si basa su pochi lembi di terra strappati al predominio della roccia (le doline) ha mantenuto proprie caratteristiche, così come il vino ricavato dai vigneti dell’altipiano. Tradizionale ritrovo degli uomini del Carso è anche qui l’osteria, che da alcuni viene chiamata secondo un’antica definizione “osmiza”. L’agriturismo ha qui pochi ma particolari punti di riferimento: tra Fogliano e Redipuglia, all’inizio delle pendici del Carso, c’è il parco rurale denominato Alture di Polazzo (tel. 0330-240132) dove non solo si servono cibi della tradizione (jota, agnello al forno, salcicce e carni alla griglia) ma si possono compiere escursioni guidate nelle cavità carsiche, su carro agricolo o a cavallo. C’è la possibilità di campeggiare e di andare a funghi con una guida. Una curiosità: l’azienda è visitabile anche in un bel sito in Internet. A Fogliano merita una sosta anche Al Glicine (via Stazione 36, Polazzo), mentre salendo a Doberdò del Lago, si incontra Pri Cirili (tel. 0481-78268) dove la cucina è ancora un incrocio di influssi slavi e nordici, con la jota e l’orzo, le tagliatelle con il gulash e lo stinco di maiale, la “putiza” e le palacinche per finire. Gli stessi cibi si possono gustare anche in altri due ritrovi agrituristici di Doberdò: Lakovic (0481- LPI 28 78125) e Maria Stolfa (0481-78140), mentre nella vicina località di Jamiano è aperto quello di Rosina Frandolic (0481419956). Il Carso sloveno Oltre il confine con la Slovenia il Carso si estende in un’ampia zona che offre molte possibilità di itinerari ed escursioni sia nei dintorni di Nova Gorica sia in direzione di Sezana e dell’area triestina. Se si vuole assaggiare il vino di queste parti accompagnato da prosciutto del Carso e “struklji” una pasta arrotolata e ripiena, nella zona di Sempas ci sono le aziende Rjavcevi (00386-65-48659), Malovscevo, a Vitovlje, (00386-65-48417) e Krnelovi a Ozeljan (00386-65-48660). Prendendo la strada che conduce a Sezana, invece, si può sostare nel romantico paesino di Dornberk, dove si può sostare alla ”osmica” Kalinovi (00386-65-56760), oppure mangiare un vero pasto da Vizintin (00386-65-56870) o da Gregoric (0038665-56294). Nella località Tabor è aperto Pri Betenih (00386-65-56731) mentre, proseguendo verso Branik (l’antica Riffembergo dominata dall’imponente castello dei Lantieri), si può scegliere tra altre tre possibilità: le “osmice” Pirotovi (00386-65-57014), Vidmar (00386-65-57051), e l’azienda Zolovkin hram (00386-65-57080) mentre, a Spodnja Branica, c’è Pri Lisjaku (00386-65-57192). Tra Isonzo e laguna Seguendo il corso dell’Isonzo, nella parte italiana troviamo numerosi ritrovi agrituristici dove vengono offerti i prodotti della pianura, a partire da vini di buona qualità e salumi casalinghi, spesso accompagnati da frittate e verdure, radicchio e uova sode oltre che dall’immancabile strudel, a Pasqua sostituito dalla “pinza”. In molti casi si fa anche la carne alla griglia. Partendo da Gorizia, a Lucinico c’è l’agriturismo Grion (via Sartorio,75; tel. 0481-390355), a Farra da Silvana e Mario (Strada della Bellanotte, 10; tel. 0481-888172); a Moraro l’agriturismo Al Diaul (tel. 0481808928); a Gradisca, l’azienda S.Elena (via Gasperini, 1; tel. 0481-92388); a Mariano da Villy (Località Corona, via Gorizia, 5; tel. 0481-69302); a Romans (Fratta), Aldo Bader (tel.0481-90012); a Pieris Ai due Pini (Via N. Sauro, 55, S.S.14; tel. 0481-76325). Infine a Grado, dove l’agriturismo è localizzato nella zona agricola di Fossalon, con due aziende nelle quali si mangiano i cibil tradizionali e si possono acquistare ortaggi: Al Lido, viale Vittoria 35 (tel. 0481-88219) e Val Cavanata, via Muggia 8 (0481-88067). ■ Kobarid Tolmin Most na Soci Santa Lucia Cividale n Iso zo ^ca So Altopiano della Bainsizza Dolegna Abazzia di Rosazzo Santuario di Monte Santo Dobrovo Collio S. Floriano del Collio Vipulzano Gorizia Cormons Farra Gradisca Idrija Kromberk Selva di Tarnova Nova Gorica zo Ison Monte San Michele Dornberk S.Kriz Branik Rifembergo Aiello del Friuli Iso nzo Redipuglia Vipava Slovenia Doberdò Stanjel Carso Provincia di Udine S. Canzian Monfalcone San Giovanni al Timavo Aquileia Duino Provincia di Trieste Mare Adriatico Miramare Grado Lipica Trieste