Gli infermieri italiani progettano il futuro
Si apre a Firenze il XV Congresso nazionale degli oltre 350.000 infermieri italiani:
più di 4.200 i partecipanti all’evento, riuniti per discutere del futuro
e per lanciare un messaggio a tutta la sanità italiana: una migliore sanità
è possibile fin da oggi, e passa anche attraverso la valorizzazione degli infermieri.
Lo dimostrano i 100 progetti di buona assistenza proposti e attivati da infermieri
in molte realtà del servizio sanitario. Altro momento «clou»,
la presentazione del Nuovo Codice Deontologico.
Firenze, 26 febbraio – Il ruolo degli ospedali e dei servizi territoriali, i livelli essenziali di
assistenza e la qualità delle cure, le risorse finanziarie e le strategie per rispondere ai
bisogni di una popolazione sempre più articolata demograficamente ed
epidemiologicamente.
E ancora, i rapporti tra le professioni sanitarie e le grandi questioni etiche, divenute
drammaticamente attuali, legate ai diritti dei pazienti, ai doveri dei professionisti sanitari e
alle leggi dello Stato.
Sono questi i grandi temi al centro del XV Congresso nazionale della Federazione
Nazionale dei Collegi Ipasvi, che da oggi e per tre giorni si riuniscono a Firenze, alla
Fortezza Da Basso, per discutere del futuro della professione e della sanità italiana.
«Con questo congresso di svolta – afferma Annalisa Silvestro, presidente della
Federazione dei Collegi Ipasvi – l’Ipasvi guarda al futuro del sistema salute e del Paese. In
questo futuro gli infermieri italiani intendono esserci e proporre come ripensare il sistema
sanitario, la sua organizzazione, la sua gestione e la sua articolazione sul territorio, anche
attraverso il ruolo e le funzioni che gli infermieri possono e devono assumere a fronte delle
loro nuove competenze e responsabilità».
Una professione che oggi comprende oltre 350.000 infermieri impegnati nella sanità
pubblica e privata, negli ospedali, negli ambulatori, nei servizi territoriali, nella formazione.
Ma i numeri degli infermieri italiani restano ancora distanti da quelli degli altri Paesi: in Italia
vi sono 6 infermieri per 1.000 abitanti contro una media OCSE di 8,9/1.000. Ancora pochi
soprattutto in previsione dell’indispensabile sviluppo dell’assistenza sul territorio e dei
servizi domiciliari.
A questo proposito, afferma Silvestro «rilanciamo oggi un segnale di preoccupazione per la
permanente carenza di personale infermieristico, calcolata ormai attorno alle 60.000 unità
in meno del necessario, e che si sarebbe ulteriormente aggravata se negli ultimi anni non ci
fosse stato un ampio ricorso a infermieri stranieri che assommano ormai a oltre 30.000».
La strada è anche quella di valorizzare e utilizzare al meglio gli infermieri all’interno delle
strutture sanitarie: soluzioni innovative nell’organizzazione dei servizi possono aumentare
la qualità dell’assistenza. «Occorre investire di più, ma soprattutto meglio nella sanità –
afferma Silvestro – con nuove strutture, nuovi servizi territoriali, nuove tecnologie, più
investimenti nella ricerca e nella formazione. Più attenzione ai nuovi bisogni di salute e alle
necessità che emergono da una popolazione più longeva e come tale destinata ad una
lunga convivenza con la malattia».
Dalle parole ai fatti: per dimostrare come sia possibile migliorare l’assistenza e valorizzare
la buona sanità, nel corso del Congresso vengono presentati dieci dei 100 casi di buona
assistenza promossi dagli infermieri. Una serie di progetti e di buone pratiche che
migliorano la qualità dell’assistenza senza incrementare i costi ma facendo invece
risparmiare il sistema sanitario: dalla teleassistenza per i pazienti in rianimazione, ai
colloqui per ridurre l’ansia dei pazienti prima dell’intervento chirurgico, ai progetti per dare
assistenza personalizzata agli anziani di Firenze affetti da malattia croniche.
«Abbiamo voluto raccogliere da tutti gli infermieri italiani progetti ed esperienze che si
pongano nella logica di un cambiamento eticamente responsabile dell’assistenza e del
sistema salute» afferma Silvestro.
Altro momento chiave del congresso sarà la presentazione del Nuovo Codice
Deontologico, che sostituisce e aggiorna il precedente Codice, che risaliva al 1999, e che
è il frutto di una capillare riflessione che ha coinvolto l'intero corpo professionale.
«Il Codice offre una cornice chiara e limpida del nostro agire professionale dove
l’infermiere, fin dall’articolo 1 non è più “un operatore sanitario”, ma “il professionista
sanitario responsabile dell’assistenza infermieristica” » osserva Silvestro.
Un professionista che, in quanto tale e anche nella sua individualità, “assiste la persona” e
la collettività. Nei suoi 51 articoli, il Codice dà alcune indicazioni sui temi che più
caratterizzano il dibattito bioetico di questi anni: il rispetto della volontà del paziente e il
diritto alla clausola di coscienza da parte dell'infermiere. Questa ipotesi ricorre all'articolo 8:
«L'infermiere, nel caso di conflitti determinati da diverse visioni etiche, si impegna a trovare
la soluzione attraverso il dialogo. Qualora vi fosse e persistesse una richiesta di attività in
contrasto con i principi etici della professione e con i propri valori, si avvale della clausola di
coscienza, facendosi garante delle prestazioni necessarie per l'incolumità e la vita
dell'assistito».
AI centro dell'attenzione anche l'articolo 37, secondo il quale «l'infermiere, quando
l'assistito non è in grado di manifestare la propria volontà, tiene conto di quanto da lui
chiaramente espresso e documentato».
«Con il nuovo Codice deontologico – afferma Silvestro – sanciamo definitivamente “l’atto
infermieristico”, inteso come il complesso delle attività, delle responsabilità, delle
prerogative, delle competenze e dei saperi dell’infermiere nell’esercizio della sua attività
professionale in tutti gli ambiti e in tutte le situazioni».
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