Geografia economica Paola Morelli Copyright © 2010 – The McGraw‐Hill Companies srl 1. Approfondimento popolazione sulla dimensione della a cura di Paola Morelli e Gianluigi Salvucci 1. La popolazione sempre e ovunque declina lo sviluppo territoriale Gli aspetti quantitativi e qualitativi della popolazione richiedono una particolare attenzione al fine di comprendere non soltanto le dinamiche del popolamento terrestre e la loro evoluzione nel tempo e nello spazio, ma anche gli impatti che discendono dai cambiamenti demografici. Infatti, l’evoluzione dei modelli di organizzazione sociale ed economica dei Paesi del Mondo restituisce le specificità locali della popolazione che determina ovunque differenziati processi di sviluppo e di territorializzazione. Queste due considerazioni sono trasversali al percorso didattico del testo, ove vengono esaminati i ruoli con cui la popolazione esprime e interpreta lo sviluppo economico attraverso diverse rappresentazioni e denominazioni. In altri termini, tutte le categorie logiche dell’economia poggiano sulla capacità della popolazione di declinarsi in un peculiare segmento di attività, che viene descritto come forza lavoro, impresa, capacità innovativa, forme e principi di organizzazione sociale, capacità e scelte di consumo e di investimento, modelli di uso e di organizzazione dello spazio geografico e così via. Peraltro, talmente abituati agli abiti di scena si dimentica sovente che essi non vivono di vita propria ma dipendono dalla popolazione che li indossa. Conseguentemente, ogni cambiamento dei caratteri distintivi della popolazione può modificare la scelta degli abiti e il tipo di rappresentazione. Inoltre, appare ancora necessario sottolineare che le azioni socio‐economiche dalla popolazione (anche se considerata talvolta marginale e poco consapevole del suo reale potenziale), producono sempre effetti territoriali, in quando agiscono sullo spazio geografico in continua interazione. Si spiega così la scelta di un approfondimento correlato al testo, ove vengono sintetizzati alcuni aspetti della popolazione di maggiore rilevanza che consentono una lettura più consapevole anche dei futuri percorsi che attendono l’umanità. Le sinergie tra le diverse scienze si evidenziano anche nello studio della popolazione, che per la demografia si sviluppa attraverso l’analisi quantitativa dei caratteri del popolamento e per la geografia economica le valutazioni spazio‐temporali consentono di approfondire le diverse dinamiche territoriali. Inoltre, si ricorda che la quantificazione dei fenomeni demografici poggia sulla disponibilità di informazioni statistiche, generalmente interne ai diversi Stati, che devono essere considerate con molta prudenza. Ai casi estremi di assenza della rilevazione statistica (tanto per problemi strutturali quanto per problemi 1 Geografia economica Paola Morelli Copyright © 2010 – The McGraw‐Hill Companies srl politici) si aggiunge anche la diversità delle metodologie statistiche di rilevazione (diretta o indiretta) che alimentano le banche dati ufficiali dei Paesi, e la loro asimmetria informativa. Pertanto, la misurazione dei caratteri demografici viene considerata come approssimazione alla loro conoscenza, soprattutto quando si procede nell’analisi geografica. 2. La diversità dei caratteri della popolazione I differenziati percorsi del popolamento umano richiedono una preliminare considerazione degli elementi distintivi della popolazione, che devono essere esaminati per comprendere il ruolo che esercitano nello sviluppo territoriale. Si possono sintetizzare quattro categorie di indagini che attengono a: 1. Dimensioni e variazioni della popolazione: Quantità Struttura (per sesso ed età) Variazioni demografiche (natalità, mortalità, immigrazioni, emigrazioni) 2. Caratteri socio‐economici: Capacità produttiva (settori e rami di attività) Livelli di istruzione Tenore di vita (reddito e consumi, condizioni di povertà) Alimentazione (regimi alimentari, disponibilità e carenze alimentari) Etnicità (peculiarità locali ossia percorso storico‐culturale, lingua, patrimonio di tradizioni e forme di organizzazione sociale) 3. Mobilità geografica: Durata (temporanea e permanente) e motivi Circolazione (pendolarismo e turismo) Spostamenti di residenza (campagna‐campagna, campagna‐città, città‐campagna) Migrazioni internazionali (di popolamento, di lavoro, obbligate, tecnologiche e brain drain) 4. Distribuzione spaziale: Assenza di popolazione Diffusione e dispersione Concentrazione urbana Le indagini possibili sono quindi ampie e interconnesse e consentono di focalizzare l’attenzione su quegli aspetti ritenuti fondamentali per il ricercatore. In altri termini, il complesso di informazioni disponibili può essere utilizzato per dimostrare tanto la centralità di un processo o di un potenziale di popolamento, quanto per evidenziarne la sua fragilità. In tal senso, questo primo approfondimento è dedicato alla dimensione della popolazione che ha superato i 6,6 miliardi di abitanti e presenta una distribuzione spaziale differenziata, da cui discendono evidenti vincoli per lo sviluppo dell’economia mondiale. Infatti, nel continente asiatico si concentra il 60, 78 % dell’umanità, in Africa il 14,27%, nel continente americano il 13,60%, in Europa il 10,79% e in Oceania la percentuale residua. Ma è il peso specifico dei singoli Stati ad offrire maggiori indicazioni. Ai vertici della 2 Geografia economica Paola Morelli Copyright © 2010 – The McGraw‐Hill Companies srl graduatoria mondiale, con oltre un miliardo di popolazione, dominano Cina (1.321 milioni) e India (1.147 milioni), al terzo posto, ma molto lontano per dimensione, si collocano gli Stati Uniti (306 milioni) e al quarto il Brasile (186 milioni), seguito dal Pakistan (163 milioni), Nigeria e Bangladesh (entrambi sui 146 milioni) e Giappone (127 milioni). Dopo la Russia europea (110 milioni) e il Messico (106 milioni), le Filippine e il Vietnam (rispettivamente 90 e 86 milioni) incontriamo uno Stato dell’Unione Europea la Germania (con 86 milioni di abitanti) e ancora dopo Egitto ed Etiopia (75 milioni) e Congo (64 milioni), troviamo Francia (62 milioni), Regno Unito (61milioni), Italia (60 milioni). Il diverso potenziale di popolazione e la poderosa azione svolta dalla globalizzazione dell’economia, che ha profondamente modificato le strutture economico‐sociali dei diversi Paesi del Mondo, sono destinati a influire sulla trasformazione dell’assetto politico internazione e delle gerarchie territoriali. 3. L’evoluzione demografica L’attuale dimensione della popolazione mondiale e la sua distribuzione nei diversi Paesi sono legate alle dinamiche demografiche che discendono sia dal movimento naturale (saldo tra nascite e decessi) sia dal movimento migratorio. Si deve ricordare che mentre a livello mondiale la popolazione costituisce un sistema chiuso e quindi è importante l’analisi del saldo naturale, a livello regionale e locale la popolazione diviene sistema aperto e pertanto assumono grande rilievo i movimenti migratori. Inoltre, il processo di popolamento umano è influenzato dalla composizione per età media della popolazione e dalla diverse aspettativa di vita alla nascita, che derivano dai diversi contesti ambientali. La combinazione di questi effetti incide sullo sviluppo con due punte estreme: una popolazione qualitativamente valida per essere impiegata come fattore lavoro, oppure una popolazione troppo anziana che non è in grado di produrre, consuma risorse e necessita di supporto (dall’ambito familiare a quello sociale). Si vuole ora considerare l’evoluzione della popolazione mondiale a partire dal 1960 (Figura 1): la scelta dell’intervallo temporale è legata ai maggiori salti dimensionali che si sono registrati nel periodo 1960‐2008, in virtù degli enormi progressi tecnologici ed produttivi. Vale la pena di ricordare che nel 1750 l’umanità veniva stimata in 730 milioni di abitanti destinati a superare il miliardo nel 1850, i due miliardi nel 1930, mentre in appena ottanta anni si sono superati i sei miliardi. Più significative informazioni derivano dall’andamento decrescente del saldo naturale (Figura 2), che discende dalla diversa composizione dei tassi di natalità e di mortalità, ossia dai rapporti tra i nati, in un caso, e il numero dei morti nell’altro e la popolazione per 1000 abitanti (Figura 3). La riduzione del saldo naturale della popolazione mondiale, dovuta alla diminuzione del tasso di natalità, deve essere considerata come un andamento medio di riferimento. I fattori occulti dello sviluppo, esaminati nel testo, hanno una profonda incidenza sul tasso di natalità, mentre i fattori palesi agiscono ed incidono sui livelli di mortalità: infatti, è il miglioramento delle condizioni generali della popolazione (disponibilità di beni e servizi) a favorire l’allungamento delle aspettativa di vita. 3 Geografia economica Paola Morelli Copyright © 2010 – The McGraw‐Hill Companies srl Figura 1 Andamento della popolazione mondiale (Elaborazione su dati World Bank) 8000000000 7000000000 6000000000 5000000000 4000000000 3000000000 2000000000 1000000000 20 08 20 06 20 04 20 02 20 00 19 98 19 96 19 94 19 92 19 90 19 88 19 86 19 84 19 82 19 80 19 78 19 76 19 74 19 72 19 70 19 68 19 66 19 64 19 62 19 60 0 Popolazione totale Figura 2 Andamento del saldo naturale della popolazione mondiale 1960‐2008 (Elaborazione su dati World Bank) 3 2,5 2 1,5 1 0,5 0 1960 1965 1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2002 Tasso di crescita della popolazione 4 2005 2006 2007 2008 2009 Geografia economica Paola Morelli Copyright © 2010 – The McGraw‐Hill Companies srl Figura 3 Andamento dei tassi di natalità e mortalità 1960‐2008 (Elaborazione su dati World Bank) 40 35 30 25 20 15 10 5 0 1960 1965 1970 1975 1980 1985 1990 1995 Tasso di natalità (per 1000 persone) 5 2000 2002 2005 2006 Tasso di mortalità (per 1000 persone) 2007 2008 2009 Geografia economica Paola Morelli Copyright © 2010 – The McGraw‐Hill Companies srl . Un’utile informazione si ricava dalla composizione percentuale per fasce d’età della popolazione (Figura 4), ove si osserva la crescita della forza lavoro (adulti da 15 a 64 anni), che garantisce la possibilità di produrre redditi necessari anche per sostenere le fasce improduttive dipendenti (giovani da 0 a 14 anni, e anziani di età superiore ai 64 anni). Condizione che non sembra essere destinata a durare a lungo, come si deduce osservando la progressiva diminuzione della popolazione giovane e al contrario la crescita di quella anziana. Figura 4 Composizione per fasce d’età della popolazione mondiale 1960‐2008 (Elaborazione su dati World Bank) 100% 80% 60% 40% 20% Popolazione 0-14 (% sul totale) Popolazione 15-64 (% sul totale) 6 Popolazione di età superiore a 64 (% sul totale) 2008 2007 2006 2005 2004 2003 2002 2001 2000 1999 1998 1997 1996 1995 1994 1993 1992 1991 1990 1989 1988 1987 1986 1985 1984 1983 1982 1981 1980 1979 1978 1977 1976 1975 1974 1973 1972 1971 1970 0% Geografia economica Paola Morelli Copyright © 2010 – The McGraw‐Hill Companies srl In altri termini, la popolazione riesce a vivere più a lungo rispetto agli anni Sessanta, grazie ai progressi tecnologici che hanno modificato il contributo dei tre settori economici, anche in termini di occupazione e quindi di figure professionali, come si ricava dalla evoluzione della composizione percentuale del valore aggiunto (Figura 5). La terziarizzazione dell’economia come processo di ridefinizione dell’apporto economico dei settori dell’agricoltura e dell’industria ha modificato i sistemi culturali di riferimento. A solo titolo esemplificativo, la crescita del Pil mondiale è connessa anche all’impiego del lavoro femminile sempre più diffuso, che riduce la natalità: i figli richiedono tempo (o servizi di sostegno) e pesano sul bilancio familiare in stretta dipendenza con l’incremento del tenore di vita generalizzato. La progressiva contrazione della natalità potrebbe risolvere il problema malthusiano della scarsa disponibilità di risorse ma anche incidere sulla sostenibilità economica per la pressione esercitata sui sistemi produttivi dalla maggiore presenza di popolazione sempre più anziana. Questo fenomeno osservato alla scala globale, trova in quella locale diverse configurazioni che avviano interventi differenziati di politica economica. A solo titolo esemplificativo, i Paesi dell’Unione Europea hanno concordato uno spostamento dei termini di pensionamento degli occupati e hanno avviato politiche socio‐economiche di integrazione degli immigrati, forza lavoro giovane necessaria per coprire la domanda di lavoro rimasta inevasa in relazione ai cambiamenti demografici della popolazione locale. Figura 5 Composizione del valore aggiunto per settore 1960‐2008 (Elaborazione su dati World Bank) 100% 90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% quota agricoltura quota industria 7 quota servizi 2008 2007 2006 2005 2004 2003 2002 2001 2000 1999 1998 1997 1996 1995 1994 1993 1992 1991 1990 1989 1988 1987 1986 1985 1984 1983 1982 1981 1980 1979 1978 1977 1976 1975 1974 1973 1972 1971 1970 0% Geografia economica Paola Morelli Copyright © 2010 – The McGraw‐Hill Companies srl Gli andamenti descritti rientrano nel modello della transizione demografica, che sintetizza il passaggio da un livello di crescita della popolazione ad uno di decrescita, e consente di valutare il cambiamento demografico come causa ed effetto del cambiamento sociale, economico, produttivo del paese. Rispetto al modello della transizione demografica suddiviso tre fasi, ampiamente studiato in demografia, si vogliono in questa sede distinguere quattro fasi (iniziale, di sviluppo, di consolidamento, di declino). Poiché alcuni autori individuano la prima fase come “regime arcaico” e la terza come “regime moderno”, si vuole ricordare che le due aggettivazioni possono creare confusione, rimandando ad un ipotetico periodo storico, quando invece intendono soltanto denominare peculiari processi evolutivi. Infatti, l’analisi della serie temporale degli indicatori demografici (tassi di natalità e tassi di mortalità) deve essere specificata nei soggetti e negli ambiti temporali. Le fasi che descrivono i mutamenti socio‐ demografici (Figura 6), non hanno un valore assoluto ma relativo al territorio cui si riferiscono. Per un Paese sviluppato la prima fase è terminata da tempo, ma per i Paesi in via di sviluppo è ancora in atto; inoltre la durata delle diverse fasi non è uguale per tutti, ma dipende dagli effetti prodotti dai mutamenti socio‐economici. Nella prima fase iniziale della transizione, l’andamento teorico dei tassi di natalità e di mortalità, che presentano valori elevati, si riflette sulla debole crescita della popolazione, condizione che si registra nei Paesi fortemente legati al settore primario. Nella seconda fase di sviluppo si osserva la diminuzione del tasso di mortalità per l’effetto congiunto dei miglioramenti dell’agricoltura, dell’accumulazione dei capitali e dell’avvio dei processi industriali, con imponenti trasformazioni che implementano l’affermazione urbana, il reddito disponibile, il livello di consumo, i modelli culturali. Nella terza fase di consolidamento dello sviluppo si evidenzia un ulteriore calo delle nascite e un rallentamento dei tassi di mortalità: il progresso ha garantito ulteriori miglioramenti e lo stile di vita è profondamente trasformato. Peraltro, non si può trascurare il ruolo svolto dal sistema culturale nell’andamento della natalità. Un esempio emblematico è offerto dalle culture musulmane che riconoscono al numero della prole un significato diverso e opposto rispetto alle culture occidentali e, pertanto, all’aumentare del reddito la popolazione non diminuisce, ma aumenta e ringiovanisce (Figura 7). Fin qui si conclude il modello classico della transizione demografica con una crescita zero della popolazione. Tuttavia l’analisi dei dati, e la situazione di molti Paesi sviluppati, tra cui l’Italia, induce ad introdurre una quarta fase di declino dello sviluppo, che si caratterizza per un progressivo invecchiamento della popolazione, da cui discende la riduzione delle capacità produttive e innovative di un Paese, l’aumento della spesa pubblica e la diminuzione della disponibilità di lavoro e di mercato per le imprese. 8 Geografia economica Paola Morelli Copyright © 2010 – The McGraw‐Hill Companies srl Figura 6 Andamento teorico dei tassi di natalità e mortalità e saldo naturale Figura 7 Peculiarità dell’andamento dei tassi di natalità e mortalità e conseguente saldo naturale nei paesi musulmani 9 Geografia economica Paola Morelli Copyright © 2010 – The McGraw‐Hill Companies srl 4. Dimensione spazio temporale della popolazione Il modello della transizione descritto contribuisce alla comprensione delle differenziazioni di sviluppo, poiché le dinamiche demografiche restituiscono i diversi livelli locali di cultura e di genere di vita. In tal senso, nella Tabella 1, si vogliono presentare e confrontare alcuni dei valori estremi e opposti registrati nelle graduatorie dei tassi di natalità e di mortalità. Tabella 1 Graduatoria dei tassi di natalità e mortalità: una selezione delle posizioni estreme dei Paesi natalità 1960 1970 1980 1990 2000 2008 mortalità Min Max Min Max Svezia Niger Israele Afghanistan 13,7 56,4 5,7 33,5 Lussemburgo Niger Montenegro Afghanistan 13 57,4 3,87 29 Germania Niger Kuwait Timor Est 11 56,7 3,7 35,8 Italia Niger Kuwait Ruanda 10 55,7 2,2 32,2 Ucraina Niger Emirati Arabi Uniti Afghanistan 7,8 52,9 1,6 22,2 Germania Niger Emirati Arabi Uniti Afghanistan 8,3 53,5 1,5 19,6 Elaborazione su dati World Bank Nel 1960 il più basso indice di natalità rilevato in Svezia si contrappone al più alto valore osservato in Niger, confrontandosi così il Paese più avanzato nei servizi sociali e uno tra i più poveri del Mondo. Negli anni successivi cambia solo la graduatoria alta: nel 1970 svetta il Lussemburgo; nel 1980 spicca la Germania; nel 1990 compare l’Italia; nel 2000 l’Ucraina (anche se il fenomeno è legato alla crisi economico‐politica); nel 2008 ricompare al primo posto la Germania, seguita da Hong Kong e dai paesi asiatici. Il tasso di natalità, quindi, pone in risalto i futuri scenari della dipendenza: un nord sempre meno popolato e anziano contrapposto al sud del mondo con alto potenziale demografico, alti tassi di natalità e prevalenza di giovani. Un divario ancora maggiore si osserva per la mortalità. I paesi col più alto tasso di mortalità soffrono di arretratezza e sono purtroppo scenari di guerre: l’Afghanistan costituisce il più drammatico esempio, ma nel 1960 lo seguivano con tassi molto simili Paesi come Angola, Yemen, Sierra Leone, Guinea, Mozambico, Somalia. La situazione non muta nel 1970, anche se nei primi posti dei più alti tassi di mortalità si aggiungono Niger e Mali; e fino agli anni più recenti l’Afghanistan precede Zambia, Guinea, Repubblica Centro Africana, Congo. Le migliori probabilità di restare in vita si registrano ovviamente nei Paesi sviluppati. Nel 1960 Israele, Singapore, Hong Kong sono ai vertici della graduatoria; nel 1970 arretra 10 Geografia economica Paola Morelli Copyright © 2010 – The McGraw‐Hill Companies srl Israele mentre emergono i Paesi medio orientali: il Kuwait per primo, seguito dal Brunei nel 1980, e gli Emirati Arabi nel 1990 insieme al Qatar, formano ad oggi i Paesi con i più bassi tassi di mortalità a livello mondiale. I diversi Stati non seguono contemporaneamente lo stesso percorso nell’ambito del modello teorico della transizione demografica, e pertanto diventa necessario introdurre un metodo di classificazione per inquadrarli nelle diverse fasi. In assenza di un livello dei tassi che determini l’appartenenza di un Paese ad una delle fasi della transizione, si può ricorrere al confronto dei loro tassi di natalità e mortalità rispetto a quelli medi mondiali (baricentro della distribuzione doppia dato dalle medie aritmetiche dei tassi di natalità e mortalità). Pertanto, nella Figura 8, vengono collocati nelle diverse fasi della transizione demografica: la fase uno è caratterizzata da tassi di natalità e mortalità particolarmente elevati, superiori ai valori medi; la fase due prevede un tasso di mortalità, minore della media, e un tasso elevato di natalità, maggiore di quello medio; la fase tre, ove si contrae la popolazione, entrambi i tassi si trovano al di sotto della media; la fase quattro, in opposizione alla fase tre, presenta tassi di natalità inferiori alla media mentre quelli di mortalità sono superiori e quindi si contraddistingue per il saldo naturale più basso della popolazione rispetto le altre fasi. Figura 8 Attribuzione dei Paesi alle diverse fasi della transizione demografica 11 Geografia economica Paola Morelli Copyright © 2010 – The McGraw‐Hill Companies srl Nella Figura 9 la nuvola dei punti rappresenta la distribuzione dei Paesi nelle diverse fasi della transizione. La retta, inserita nei quadranti 3 e 4, discrimina la crescita zero, ossia l’uguaglianza tra saldo di mortalità e natalità: tutti gli Stati che si trovano al di sopra di questa retta hanno un saldo naturale positivo, mentre quelli al di sotto, come l’Italia, presentano un preoccupante saldo naturale negativo che può essere mitigato proprio dall’ingresso di popolazione straniera. In questo modo la fase quattro si divide in due gruppi di comportamento demografico: uno a saldo naturale positivo (come la Birmania) e uno a saldo naturale negativo (come l’Italia). Nella Tabella 2, si pongono a confronto i valori minimi e massimi dei tassi di natalità e mortalità rilevati nel 2008. I divari sono evidenti: se in Germania i nati per mille abitanti sono pari ad 8, nel Niger sono 53, ma le condizioni di vita della Germania non sono paragonabili a quelle del Niger. Il tasso di mortalità particolarmente basso registrato negli Emirati Arabi è legato all’età media nettamente inferiore a quella registrata nei Paesi occidentali, che godono di bassi tassi di mortalità rispetto ai Paesi in guerra: si confrontino ancora i valori registrati in Afghanistan e Francia. mortalità natalità fase 1 min Sud Africa max Niger min Namibia Tabella 2 Valori estremi per fase di transizione fase 2 fase 3 22 Repubblica Domenicana 22 Korea, Rep. 53 Eritrea 36 Oman 8 max Afghanistan 19 fase 4 globale 9 Germania 8 21 Birmania 20 Siria 3 Emirati Arabi uniti 1 Armenia 8 Eritrea 8 Francia 8 Ucraina 16 Anche all’interno della fase quattro si osservano divari interessanti riportati nella Tabella 3 con il consueto metodo di selezione degli estremi delle graduatorie dei Paesi, ove sono stati esclusi quelli già indicati in Tabella 2. Tabella 3 I valori estremi della fase 4 (esclusi i valori fase globale) natalità mortalità fase 4 saldo naturale positivo min Austria 9,326 Giappone 8,7 max Armenia 15,299 Moldova 12,32 min Norvegia 8,748 Giappone 9,1 max Georgia 11,951 Russia 14,6 fase 4 saldo naturale negativo 12 Geografia economica Paola Morelli Copyright © 2010 – The McGraw‐Hill Companies srl Figura 9 Distribuzione dei Paesi nel Mondo per fase di transizione 60 natalità Niger z 50 40 Eritrea 30 Namibia Sud Africa Repubblica Dominicana 0 Oman 5 10 20 Birmania 15 20 mortalità 25 Moldavia Russia Korea 10 Austria Italia Giappone Germania 0 13 Geografia economica Paola Morelli Copyright © 2010 – The McGraw‐Hill Companies srl Per concludere questo primo approfondimento sulla dimensione della popolazione, la configurazione al 2008 della transizione demografica dei Paesi è stata associata ai diversi livelli di reddito procapite, che vengono indicati dal diametro della “bolla” (Figura 10). Ricordando che il reddito procapite continua a misurare il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, si osserva lo spostamento del potenziale economico: dalla fase uno alla fase quattro, in senso anti orario, il reddito va aumentando. Tenendo presente lo spartiacque dato dal saldo naturale zero, si intuisce una pressione/spostamento della popolazione a forte crescita demografica verso il quadrante della fase 4, a saldo naturale negativo. In analogia, il gruppo dei Paesi della fase 4, con una popolazione invecchiata deve guardare oltre lo spazio nazionale e continentale, assorbendo migrazioni e quindi manodopera oppure continuando a delocalizzare produzione e a competere per la conquista di nuovi mercati internazionali. Figura 10 Fasi della Transizione e Reddito procapite 60 Niger 50 Afghanistan 40 Eritrea Siria 30 Sud Africa 0 20 10 20 30 40 50 Moldavia Francia Austria 10 Russia Italia Germania Giappone 0 14 Geografia economica Paola Morelli Copyright © 2010 – The McGraw‐Hill Companies srl Bibliografia Corna‐Pellegrini G., Pianeta Blu. Paesaggi e atmosfere nel mondo, Unicopli, Milano, 1996. Corna‐Pellegrini G., Il mosaico del mondo, Carocci, Roma, 1998. Gorge P., Manuale di Geografia della popolazione, Edizioni di Comunità, Milano, 1962 (ed originale del 1959). Gorge P., Gli uomini sulla terra, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1992 (ed. originale del 1989). Gentileschi M.L., Geografia della popolazione, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1992. Leti G., Statistica descrittiva, Bologna, Il Mulino, 1983. Istituto Geografico De Agostani, Calendario Atlante 2010, Novara, 2009. Simoncelli R. ( a cura di), Organizzazione dello spazio e popolazione, Kappa, Roma, 1998. 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