PLURALISMO, IDENTITÀ E RICONOSCIMENTO
Rita Minello
Questi i tre termini che definiscono le coordinate entro cui prende
vita e si muove questa riflessione.
Su di un terreno sociale così caratterizzato, avviene l'incontro tra
culture differenti, un incontro che assume i connotati di un
confronto e di uno scontro tra differenti dimensioni che lottano per
il riconoscimento pubblico del proprio valore; un incontro che porta
con sé nuove e complesse sfide per la tolleranza e la convivenza
pacifica.
La quasi totalità delle problematiche
sollevate attualmente
•estensione dei diritti di cittadinanza
•legittimazione delle istituzioni di fronte al mutare della
composizione del tessuto sociale
•definizione delle politiche distributive
•problema dell'accoglienza dei profughi o degli immigrati
clandestini
•questioni di tolleranza, per le minoranze etniche o culturali
sono riconducibili d una stessa richiesta di riconoscimento
per il valore, per la pari dignità, per il rispetto della propria
identità, della propria forma di vita
Incertezza ed instabilità = crisi del
riconoscimento
impossibile pensare il soggetto umano al di fuori di una dimensione
sociale, collettiva entro cui la sua stessa identità prende forma nel
contatto con i propri altri significativi.
Questa rete di riconoscimenti, che si viene a creare entro ogni
contesto sociale, viene messa in gioco dal pluralismo, o meglio dalla
crescente instabilità ad esso connessa.
La compresenza su di uno stesso territorio di soggetti
profondamente differenti gli uni dagli altri, non può che mettere in
crisi la definizione delle tradizionali cerchie di riconoscimento
(definite su basi di uniformità etnica, etica, o comunque nazionale),
introducendo incertezza all'interno della “continuità di quei
riconoscimenti interpersonali che ci assicurano una reidentificabilità
sociale come membri di comunità” [Sparti, 1996, p.18].
Il mondo in “deformazione”
Viviamo in un'epoca, profondamente incerta; in cui l'individuo
non può più contare su di una struttura sociale organizzata in
modo gerarchico, con un ordine ben definito e fissato nella
durata.
In un “mondo in incessante deformazione”, ogni soggetto
deve lottare con gli altri per vedere riconosciuta la propria
identità, la quale si presenta come il risultato dell'interazione tra
il sentimento di sé, che ognuno si costruisce nel corso di un
cammino interiore, e le identità che socialmente ci vengono
attribuite.
Definizione dell'identità
“La visione che una persona ha di quello che è, delle proprie
caratteristiche fondamentali, che la definiscono come essere
umano” [Habermas-Taylor, 1998, p.9].
1. L’identità si basa sulla “visione che una persona ha di se stessa”,
quindi sul sentimento di sé, interiormente costruito, come
individuo, sentimento, però, in cui la questione identitaria non
può considerarsi esaurita.
2. E' necessario, infatti, inserirsi entro una dimensione
interpersonale per prendere coscienza di sé come essere umano,
nel confronto con l'altro, e nel riconoscimento reciproco delle
rispettive specificità.
LA RICHIESTA DI RICONOSCIMENTO
La presa in considerazione della dimensione interpersonale, porta la
connessione della questione identitaria alla richiesta di riconoscimento
“il non riconoscimento o il misconoscimento, può danneggiare, può essere
una forma di oppressione, che imprigiona una persona in un modo di
vivere falso, distorto e impoverito” [Habermas-Taylor, 1998, p.9].
L'esclusione, la condanna al silenzio, alla non visibilità, sono la condanna
peggiore per un essere umano, che ha bisogno del riconoscimento
proveniente dall'esterno per vivere socialmente, per occupare una qualsiasi
posizione.
E' forse per questo motivo che l'appartenere ad un gruppo è spesso tanto
importante, non solo per bisogno di sicurezza ma per la necessità di essere
riconosciuti dalla collettività come membri e quindi come individui. La
sofferenza, però, non è semplicemente connessa all'esclusione, ma
all'indifferenza che essa genera nei confronti di chi è stato escluso.
La profezia che si autoavvera
Il riconoscimento, che se negato genera sofferenza, non è solo il
riconoscere l'altro come individuo singolo, ma il riconoscere nell'altro
quella generale idea di umanità che mi permette di identificarlo come
uomo.
Il misconoscimento può a volte condurre ad una sorta di profezia che si
autoavvera: riconoscere un individuo, o un gruppo minoritario, in
modo dispregiativo, o comunque discordante con l'immagine che
questo ha di sé, può spingere all'interiorizzazione di tale nuova
immagine, da parte del soggetto misconosciuto, imprigionandolo,
così, in una dimensione distorta, che lo condanna inevitabilmente alla
crisi, e alla emarginazione, soprattutto, se ciò che non gli viene
riconosciuto è proprio la sua identità di essere umano.
Fare della diversità un valore
In quest'ottica si rivela l'importanza di fare delle diversità un valore,
di promuovere una cultura dell'altro, che ci permetta di passare da
una prospettiva “multiculturale” ad una realtà interculturale:
parlare di alterità, ha senso solo in contrapposizione ad un'identità
di qualche genere: l'indeterminatezza condanna alla perdita di
ogni ricchezza.
LA DIMENSIONE CULTURALE DI APERTURA
ALL’ALTRO
Il contatto tra culture differenti, che si vive nel contesto di flussi
migratori, non deve spaventare, né spingere verso una chiusura
nazionalistica, ma permettere ed incoraggiare l'arricchimento
interculturale.
La domanda di riconoscimento diventa di particolare importanza
in periodi di incertezza identitaria: quando, cioè, la scarsa
consapevolezza del sé, connessa al mutare delle tradizionali cerchie di
riconoscimento, rende particolarmente difficile il confronto con l'altro; e
nella paura di perdere, nel contatto con quello, la propria specificità, si è
gettati verso una regressiva esaltazione nazionalistica del proprio
passato, un attaccamento a ciò che vi è di certo, sulla base del quale
poter affrontare l'incertezza di un futuro da costruire. (Habermas)
COSTRUIRE LA DIVERSITA’ IN UNA SOCIETA’
COMPLESSA
le società contemporanee si trovano di fronte a realtà
totalmente eterogenee: la sfida principale è proprio quella di
far convivere e cooperare soggetti differenti,
provenienti da dimensioni culturali, nazionali, religiose
differenti, con un'identità già formata che chiede di essere
riconosciuta nel suo valore, anche in questo nuovo contesto,
come lo era nella comunità d'origine
1. I fenomeni sociali emergenti - A
•Lo scenario sociale complessivo indica un incremento costante non
solo della complessità (=eccedenza di possibilità offerte ad ogni sistema
da parte del proprio ambiente) ma anche dell’interdipendenza o
globalizzazione (= accelerazione degli scambi di capitali, beni, persone;
compressione spazio-temporale; estensione delle relazioni sociali e dei
loro effetti, coscienza del mondo come un tutto)
•
•La più forte conseguenza è il predominio, ormai ampiamente
riconosciuto della dimensione culturale, su tutti gli ambiti della vita
(informazione, tecnologia, stili di vita, linguaggi, saperi specialistici)
•
•La seconda conseguenza è l’indebolimento delle strutture
tradizionali di integrazione (le istituzioni, le nazioni, i codici)
1. I fenomeni sociali emergenti - B
•Tuttavia, a fronte di processi di mutamento accelerati e turbolenti, non
siamo una società disintegrata: il carattere fondante della società
non si è dissolto, si è solo trasformato; dalle categorie di ordine,
controllo e universalismo si è passati ad esaltare l’individualità, la
soggettività, l’autonomia
•Slittamento dell’identità da sociale (per appartenenza a categorie)
a culturale (per condivisione di stili, informazioni, modelli)
•Sono le categorie sociali meno ancorate alla tradizione moderna
che vengono a trovarsi al centro della crisi: gli immigrati, i giovani, i
nuovi poveri, i creatori di nuovi stili, i soggetti portatori di disagio
2. Società multietnica e pluralismo culturale
Il contesto culturale nel quale avviene la ricerca dell’identità è
profondamente mutato negli ultimi due decenni: scambi,
relativismo, localizzazione della sfera d’azione dell’individuo
Società multietnica: compresenza di due processi opposti,
l’omogeneizzazione e il particolarismo, quindi non si va
verso l’uniformità ma verso l’organizzazione delle diversità
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