Rita Minello
Introduzione alla psicologia del
linguaggio e della comunicazione
Vignette utilizzate per l’analisi tratte da
Schulz von Thun F., Parlare insieme, TEA,
Milano, 1997
La comunicazione ci costituisce.
E’ l’aspetto fondamentale e determinante della
contemporaneità: interviene in tutti i
comportamenti.
Interessa e investe il quotidiano, il nostro modo di
pensare, di sentire, di vestirci, i nostri rapporti con
le cose, gli oggetti, i nostri acquisti, la
strutturazione del nostro habitat.
Scambio a somma positiva
Comunicare: processo attraverso il quale,
secondo l'etimo della parola, gli uomini
rendono "comuni", cioè si scambiano
reciprocamente, contenuti psicomentali
quali idee, pensieri, informazioni,
esperienze, conoscenze, desideri, bisogni,
ecc. per cui esso si pone da sempre come
un "gioco a somma positiva", vale a dire
come operazione che produce una
addizionalità un incremento di contenuto
della condizione individuale.
Dalla comunicazione, all’interazione, alla
relazione
Interazione:
Processo di influenzamento reciproco che si esercita sulle rispettive
azioni di due o più soggetti che sono in comunicazione tra loro, e
quindi in grado di scambiarsi pensieri e sentimenti.
La forma dell'interazione sociale è la comunicazione
reciproca:
un insieme di simboli e di conoscenze che concorrono a definire,
interpretare e ad attribuire significati all'ambiente. In questa
ottica, una funzione determinante è svolta dal linguaggio e dalla
conversazione che è l'attività più naturale in cui i significati
vengono condivisi.
Il mondo in “deformazione”
Viviamo in un'epoca, profondamente incerta; in cui l'individuo
non può più contare su di una struttura sociale organizzata in
modo gerarchico, con un ordine ben definito e fissato nella
durata.
In un “mondo in incessante deformazione”, ogni soggetto
deve lottare con gli altri per vedere riconosciuta la propria
identità, la quale si presenta come il risultato dell'interazione tra
il sentimento di sé, che ognuno si costruisce nel corso di un
cammino interiore, e le identità che socialmente ci vengono
attribuite.
I processi identitari
George Herbert Mead
“nel processo di interazione si forma il Sé dell'individuo che è
in grado di organizzare la sua azione e i suoi comportamenti
tenendo presente il ruolo che egli occupa e i ruoli degli altri
soggetti dell'interazione in una sorta di colloquio interiore
(auto-interazione) che anticipa l'interazione effettiva.”
Definizione dell'identità
“La visione che una persona ha di quello che è, delle proprie
caratteristiche fondamentali, che la definiscono come essere
umano” [Habermas-Taylor, 1998, p.9].
1. L’identità si basa sulla “visione che una persona ha di se stessa”,
quindi sul sentimento di sé, interiormente costruito, come
individuo, sentimento, però, in cui la questione identitaria non
può considerarsi esaurita.
2. E' necessario, infatti, inserirsi entro una dimensione
interpersonale per prendere coscienza di sé come essere umano,
nel confronto con l'altro, e nel riconoscimento reciproco delle
rispettive specificità.
LA RICHIESTA DI RICONOSCIMENTO
La presa in considerazione della dimensione interpersonale, porta la
connessione della questione identitaria alla richiesta di riconoscimento
“il non riconoscimento o il misconoscimento, può danneggiare, può essere
una forma di oppressione, che imprigiona una persona in un modo di
vivere falso, distorto e impoverito” [Habermas-Taylor, 1998, p.9].
L'esclusione, la condanna al silenzio, alla non visibilità, sono la condanna
peggiore per un essere umano, che ha bisogno del riconoscimento
proveniente dall'esterno per vivere socialmente, per occupare una qualsiasi
posizione.
E' forse per questo motivo che l'appartenere ad un gruppo è spesso tanto
importante, non solo per bisogno di sicurezza ma per la necessità di essere
riconosciuti dalla collettività come membri e quindi come individui. La
sofferenza, però, non è semplicemente connessa all'esclusione, ma
all'indifferenza che essa genera nei confronti di chi è stato escluso.
La profezia che si autoavvera
Il riconoscimento, che se negato genera sofferenza, non è solo il
riconoscere l'altro come individuo singolo, ma il riconoscere nell'altro
quella generale idea di umanità che mi permette di identificarlo come
uomo.
Il misconoscimento può a volte condurre ad una sorta di profezia che si
autoavvera: riconoscere un individuo, o un gruppo minoritario, in
modo dispregiativo, o comunque discordante con l'immagine che
questo ha di sé, può spingere all'interiorizzazione di tale nuova
immagine, da parte del soggetto misconosciuto, imprigionandolo,
così, in una dimensione distorta, che lo condanna inevitabilmente alla
crisi, e alla emarginazione, soprattutto, se ciò che non gli viene
riconosciuto è proprio la sua identità di essere umano.
LA DIMENSIONE CULTURALE DI APERTURA
ALL’ALTRO
Il contatto tra culture differenti, che si vive nel contesto di flussi
migratori, non deve spaventare, né spingere verso una chiusura
nazionalistica, ma permettere ed incoraggiare l'arricchimento
interculturale.
La domanda di riconoscimento diventa di particolare importanza
in periodi di incertezza identitaria: quando, cioè, la scarsa
consapevolezza del sé, connessa al mutare delle tradizionali cerchie di
riconoscimento, rende particolarmente difficile il confronto con l'altro; e
nella paura di perdere, nel contatto con quello, la propria specificità, si è
gettati verso una regressiva esaltazione nazionalistica del proprio
passato, un attaccamento a ciò che vi è di certo, sulla base del quale
poter affrontare l'incertezza di un futuro da costruire. (Habermas)
In tutti i suoi aspetti la comunicazione
riguarda il mondo del sapere e
dell’educazione.
Il punto di partenza dell’educazione è rappresentato dal
riconoscimento dell'intrinseco rapporto esistente tra
comunicazione e condizione umana. Quest'ultima, infatti, se da
una parte presenta il carattere di finitezza, dall'altra mostra
anche quello di apertura verso il mondo: per questo la
condizione umana si esplica come trama di relazioni, per cui il
rapporto con gli altri, prima di essere una intenzionalità è una
scelta, si pone come modo di essere al mondo in quanto nella
dimensione comunicativa si esplica la possibilità di trascendere
la finitezza e si attua la crescita stessa dell'uomo.
La varietà dei linguaggi comunicativi
I vari aspetti linguistici che si intrecciano nella
comunicazione [visivi, musicali, gestuali, orali, scritti,
spaziali, corporali …] riguardano i diversi ambiti comunicativi
e sono destinati ad assumere sempre più importanza.
LA COMUNICAZIONE INTERPERSONALE
I quattro aspetti di un messaggio: un modello psicologico
della comunicazione interpersonale
L’anatomia di un messaggio
contenuto – su che cosa verte il messaggio [Come posso comunicare i
fatti in maniera chiara e comprensibile?]
rivelazione di sé – che cosa comunico di me stesso [“una vita dietro
una facciata” può reprimere la paura di rivelarsi]
relazione – che cosa penso di te e come ci consideriamo l’un l’altro
[Come mi comporto con il mio prossimo attraverso il mio modo di
comunicare? Ogni volta che mi rivolgo a qualcuno, gli esprimo la mia
opinione su di lui, di conseguenza, l’altro potrà sentirsi accettato o
sminuito]
appello – che cosa vorrei indurti a fare [Quando qualcuno esprime
qualcosa, di norma, vuole anche ottenere qualcosa]
Esempio applicato ad un messaggio non
verbale
Altro esempio applicato ad un messaggio non verbale
(primo assioma della comunicazione: è impossibile non
comunicare)
Tutto è comunicazione, anche il silenzio, perché anche con il
silenzio si comunica qualcosa. OGNI COMPORTAMENTO HA UNA
VALENZA COMUNICATIVA.
Situazione: Un signore entra in uno scompartimento e saluta un
altro con una frase gentile. Reazione:
Messaggi congruenti e messaggi
incongruenti
MSG CONGRUENTE: QUANDO TUTTI GLI ALTRI SEGNALI
PUNTANO NELLA MEDESIMA DIREZIONE (Sguardo e tono irato
per “Non ti voglio più vedere!”)
MSG INCONGRUENTE: QUANDO I SEGNALI VERBALI E NON
VERBALI SI CONTRADDICONO
Domanda: “Le è successo qualcosa?”
Risposte:
Significato verbale 1 e non verbale 2
[DOUBLE-BIND]
I msg incongruenti di solito nascono dal fatto che il
mittente non ha fatto chiarezza dentro di sé.
In realtà, la situazione sopra descritta corrisponde a due
stati d’animo:
ASCOLTARE CON QUATTRO ORECCHIE
ESEMPIO
LE QUATTRO RISPOSTE TIPO DEGLI
INSEGNANTI:
Alcuni insegnanti reagiscono al contenuto oggettivo (+ richiesta di
ulteriori informazioni): “E lo ha fatto di proposito?”
Altri reagiscono alla rivelazione di sé della bambina: “Ti ha fatto
molto arrabbiare?” oppure “Sei una spia!”
Altri ancora reagiscono all’aspetto di relazione: “Perché lo vieni a
dire proprio a me?” Io non sono mica il vostro poliziotto!”
Oppure: “Mi fa piacere che tu venga ad avvisarmi”
La maggior parte reagisce al contenuto d’appello dell’informazione:
“Vengo subito a vedere che cosa è successo.”
ESEMPIO: IL RAGAZZO ENTRA IN CLASSE IN LIEVE
RITARDO.
INSEGNANTE: DA DOVE ARRIVI?
DECODIFICA:
POSSIBILI RISPOSTE:
POSSIBILI RISPOSTE:
SILENZIO.
PERCHE’? (L’INSEGNANTE PENSA: “NON RIESCO PROPRIO
AD AVVICINARMI A QUESTI RAGAZZI!”)
COME NASCE LA PAURA DI RIVELARSI?
IL BAMBINO IMPARA PRESTO CHE SOLO UNA PARTE DELLA
SUA PERSONA E’ AMABILE.
CONSEGUENZA: SCISSIONE DELLE COMPONENTI DI
PERSONALITA’ INCLINAZIONE ALLA PAURA DEL BIASIMO.
PROIEZIONE: GLI ALTRI SONO GIUDICI, IO DEVO
AFFRONTARE LA LORO VALUTAZIONE
UN MONDO DI GIUDICI E RIVALI: E’ SOLO UN
PRODOTTO DELLA MIA FANTASIA?
L’ARMA DI DIFESA PIU’ UTILIZZATA:
MSG IN SECONDA PERSONA (TU) INVECE CHE IN
PRIMA (IO)
TU
IO (MESSAGGIO EVITATO)
Devi sempre per forza
interrompere? Dovresti
frequentare un corso per
imparare a discutere!
Mi arrabbio quando qualcuno
mi interrompe. Mi sembra così
che quello che racconto non
sia abbastanza interessante.
Non ci si può proprio fidare di
te!
Mi ha molto infastidito che tu
abbia riferito ad altri quello
che ti avevo confidato.
Con quei pantaloni ti rendi
ridicola! Mettine un altro paio.
Ho paura che la gente rida dei
tuoi pantaloni e in quel caso
mi vergognerei.
COME AIUTARSI
1. Rappresenta te stesso quando parli: usa la forma della prima
persona, non il noi o la forma impersonale.
2. Quando poni una domanda, specifica perché la poni e cosa significa
per te. Evita la forma interrogativa rivolta all’altro.
3. Sii autentico e selettivo nelle tue comunicazioni. Renditi
consapevole di quello che pensi e senti, e scegli che cosa dire e che
cosa fare.
4. Evita più che puoi le interpretazioni. Esprimi piuttosto le tue
reazioni personali.
5. Presta attenzione ai segnali del tuo corpo. Dicono più cose su di te
di quanto non faccia il tuo ragionamento.
6. Usa queste regole come direttiva per te stesso, mai come poliziotto
della comunicazione altrui.
LE TRE COMPONENTI DA EQUILIBRARE NELLA
COMUNICAZIONE DI GRUPPO
LA COSA (i fatti, il tema, il compito comune di un gruppo di
lavoro…)
L’IO (il singolo nel gruppo con i suoi sentimenti, potenzialità
personali e disturbi)
Il NOI (il gruppo con la sua rete di interazioni e relazioni)
SCISSIONE TRA PIANO OGGETTIVO (DEL CONTENUTO) E
QUELLO DI RELAZIONE NELLA VITA DI TUTTI I GIORNI
Perché viviamo in un mondo in cui contano le esigenze
oggettive e in cui il singolo e il suo modo di porsi con gli
altri tendono a non contare.
Pausa caffè!!!
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Psicologia del linguaggio e della comunicazione: introduzione