Struttura: 1. Nozione; 2. Evoluzione storica; 3. Ragioni del successo dei d.p.; 4. Problematiche Italia; 5. Situazione italiana; 6. Caso pratico. 1. Nozione Categoria di danni complementare a quelle già analizzate che si colloca al di fuori dell'insieme delle “voci” di danno riconducibili ad una funzione compensativa della Responsabilità Civile, essendone invece la concretizzazione sotto il profilo della funzione sanzionatoria. Rispondono non all'esigenza di offrire ristoro al danneggiato per il patimento o perdita patrimoniale incorsi a seguito di un illecito bensì alla meno comune (in ambito civilistico) esigenza di sanzionare una condotta del danneggiante ritenuta eccezionalmente riprovevole dall'ordinamento. Consistono dunque in una somma aggiuntiva rispetto a quella accordata a titolo compensativo, decisa dalla giuria nell'an e nel quantum, inflitta anch'essa al danneggiante nei casi in cui la sua condotta sia connotata da malice, recklessness (evil intent) o gross negligence. 2. Evoluzione storica I danni punitivi vengono definiti e circoscritti per la prima volta nelle corti inglesi del XIX secolo (erano infatti già applicati in maniera implicita dalle stesse corti circa dal XIII secolo). Grazie a un fenomeno di model translation poi, vengono esportati nei vari stati di common-law di stampo anglosassone e in particolare prendono poderosamente piede negli USA dove, combinati alle mass tort litigations e alla product liability arrivano ad avere effetti destabilizzanti per coloro contro I quali vengono inflitti (spesso importanti protagonisti della scena economica). Per questa ragione a metà anni '90 inizia un processo di contrazione fondato sull' incompatibilità dei danni punitivi con alcuni importanti principi della Costituzione americana. Esempio: Paventato contrasto tra danni punitivi e la “Due Process Clause” del XIV emendamento (equivalente per formulazione al nostro art.13 cost. e per portata anche al 111 cost.) → la mancanza di una previsione legislativa in senso quantitativo rende I d.p. contrari ai principi del “giusto processo” (problema della giuria) . 1996, BMW v. Gore, Incostituzionali perchè “grossly excessive” e elaborazione di tre criteri che li rendono compatibili alla “substantive Due Process Clause”: gravità della condotta del convenuto; rapporto ragionevole con danni compensativi; rapporto ragionevole con altre sanzioni simili. 3. Ragioni del successo dei danni punitivi: Formidabile attitudine a rappresentare e affermare il disvalore e la reprensibilità che opinione pubblica e ordinamento individuano in determinate circostanze; Altrettanto formidabile attitudine a dare risposta all'esigenza di giustizia sostanziale che spesso non trova ristoro nella semplice condanna al risarcimento di tipo compensatorio (patrimoniale e non). 4. Problematiche Italia (1). Sostanziale inesistenza, nel nostro ordinamento, di una funzione sanzionatoria, deterrente o esemplare della Responsabilità Civile. Cass. Civ., sez. III, 19 Gen. 2007, n. 1183 in cui si afferma la contrarietà all' ordine pubblico interno dell' exequatur di una sentenza straniera che prevede condanna a danni punitivi → “Alla responsabilità civile è assegnato il compito precipuo di restaurare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subito la lesione..”. Problematiche Italia (2). Art. 2041 c.c.→ “Arricchimento senza giusta causa” osta ad una condanna a danni punitivi che comporterebbe un incremento patrimoniale per il danneggiato maggiore delle perdite subite. Art. 13 e 111 cost. qualora si considerasse la natura para-penalistica dell'istituto e vi si giudicassero dunque (come fatto dalla giurisprudenza USA ) applicabili queste norme. 5. Situazione Italiana: Formante legislativo: non ha mai introdotto in maniera esplicita fattispecie di danni punitivi ma si trovano singole norme che implicitamente sembrano prevederli: art. 96 c.p.c.; Cod. Propr. Intellettuale. Formante giurisprudenziale: come visto sopra la cassazione ha rigettato la configurabilità di danni punitivi in italia tuttavia le corti di merito sembrano essere soggette a tensioni opposte e come vedremo nel caso pratico paiono agganciarsi alle norme di cui sopra per infliggere implicitamente danni di tipo esemplare o punitivo. Formante dottrinale: è quantomai diviso sull'opportunità dell'istituto ma l'orientamento maggioritario resta scettico sulla compatibilità dell'istituto con la natura della responsabilità civile nel nostro ordinamento. 6. Caso pratico. Tribunale di Milano, sez V, 26 Ottobre 2006: un bimbo muore in ospedale dopo essere stato ricoverato per disturbi non gravi a causa di un'errata somministrazione di un farmaco che in dose eccessiva puo' causare morte. Si apre il processo e fin dall'inizio non sembra controversa la responsabilità dell'ospedale e del personale sanitario (contatto sociale e art. 41 c.p. per nesso causale in fatti omissivi). Si arriva a una condanna nei confronti di questi soggetti per danni patrimoniali e non (viene negato però il danno tanatologico). Nonostante queste incontestate risultanze la compagnia assicurativa dell'ospedale adotta tecniche dilatorie e dissuasive (rifiutare proposte transattive,costituirsi in ritardo, sollevare eccezioni palesemente infondate) I giudici dunque condannano l'assicurazione (oltre al pagamento dei danni già dovuti dall'ospedale) a pagare ai genitori del bimbo un'altissima cifra a causa dell'atteggiamento tenuto in processo censurato ex art. 96 c.p.c. La quantificazione d'ufficio, la correlazione tra risarcimento e condotta del danneggiante, l'elevata somma oggetto della condanna inflitta sembrano integrare una condanna a punitive damages anche se il giudice li giustifica come compensazione dell'elevato patimento che I genitori hanno dovuto soffrire per aver dovuto sopportare a lungo un processo per loro doloroso e che poteva essere molto più breve e indolore se l'assicurazione avesse subito accettato le proposte di transazione. La conclusione è che la condanna alla fine consterà di poche migliaia di euro a titolo di compensazione patrimoniale, 520.000 euro a titolo di danni non patrimoniali e ben 200.000 euro a titolo di risarcimento ex art. 96 c.p.c.