INTRODUZIONE di Francesco Pungitore Mese Giugno 2014 Gli incontri culturali di Naturium Filosofia, Antroposofia, Alimentazione Filosofia, Antroposofia, Alimentazione Dispensa n. 1 Nel corso del 2014, la città di Soverato è stata teatro di un interessante esperimento culturale: gli incontri di “Naturium”. E' bene introdurre subito una spiegazione relativa al titolo in oggetto. “Naturium” è, prima di tutto, una catena di negozi “bio”, attiva in Calabria con tre punti vendita a Cosenza, Montepaone e Satriano. Ma “Naturium” non è solo un'azienda legata all'agroalimentare. Intende proporsi come il motore di un nuovo pensare, di uno stile di vita sano, attento alla ecosostenibilità ambientale, al consumo consapevole, al benessere individuale e collettivo, alla “salute” sia in termini fisici che etici e spirituali. Insomma, una vera e propria visione del mondo che, partendo dai bisogni più quotidiani ed elementari, poi spazia nella filosofia, nella medicina, nella scienza. Dunque, in questo contesto si collocano i tre momenti di riflessione filosofica e antroposofica promossi a Soverato, che hanno suscitato vivo interesse, oltre ad una straordinaria e costante presenza di pubblico. L'idea è partita da una geniale intuizione dell'imprenditore Giovanni Sgrò, creatore del marchio “Naturium”, che ha avuto l'intelligenza di capire quanto sia importante e avvertito, al giorno d'oggi, il bisogno di incontro e di confronto tra le persone su temi, apparentemente, complessi ma poi, in verità, di comunissima e quotidiana comprensione. Personalmente, ho introdotto i tre incontri spiegando che esistono due tipi di Filosofia: quella che si è autoghettizzata nella sua dimensione puramente accademica e che vive barricata nelle aule universitarie e quella che non vuole perdere il suo contatto vitale con la realtà e, per così dire, ritorna alle sue origini greche. Quella che amo e di cui parlo è la Filosofia che non ha paura di calarsi nella quotidianità, abbandonando le questioni astratte di matrice puramente speculativa. Non si deve temere che la Filosofia che sposa un progetto come quello di “Naturium” degeneri, così facendo, a trivialità mondana. Anzi, proprio così facendo c'è ancora, a mio avviso, la possibilità di tenere in vita la vera Filosofia imperitura, che ha a che fare con la saggezza e con l'esperienza, con la libertà interiore e con il sapere terapeutico e realizzativo degli antichi Presocratici. Da “Naturium” ci si incontra quasi socraticamente, per parlare piacevolmente, discutere, ragionare insieme, fare arte addirittura, senza steccati e pregiudizi, ma con un costante invito a far diventare il monologo interiore di ogni singolo partecipante un dialogo aperto, capace di mettere il Francesco Pungitore e Fabio Antonio Apicella (1° incontro: La Comunicazione) Francesco Pungitore e Fabio Antonio Apicella il pensiero in movimento, vivificandolo. Così la Filosofia stessa ridiventa sapere terapeutico e arte della vita, esperienza e cammino per il conseguimento della propria libertà interiore. Grandi filosofi contemporanei come Gerd B. Achenbach, padre della moderna consulenza filosofica, sarebbero ben lieti di partecipare, avendo già dimostrato con esperienze molto simili come sia ancora possibile mettersi in gioco e rendersi utile filosoficamente alla vita, attraverso una riflessione concreta e pratica sull'esistenza reale dei singoli individui. Se la Filosofia sale in cattedra e diventa rigorosa razionalità, allora si priva del contatto vitale con il mondo. Recita solo erudite astrazioni teoriche, dimenticando che, invece, in tutti noi c'è un potenziale ben più alto, c'è un “secondo pensare”. C'è quella visione alta che, ad esempio, Pitagora, Eraclito e Platone, ma anche Telesio, Giordano Bruno e tanti altri, ben conoscevano e applicavano, e che deriva, potremmo dire, dal cosiddetto occhio dell'anima. Negli incontri di “Naturium” il cuore centrale delle relazioni è sempre dedicato alla Antroposofia. Questa è la parte fondamentale di cui si occupa, in particolare, l'amico Fabio Apicella, grande esperto e studioso di Antroposofia. Ma “Naturium” ha avuto anche il piacere e l'onore di ospitare a Soverato il dottor Domenico Gironda, uno dei pionieri della medicina steineriana in Calabria. Proprio questo aspetto degli incontri rappresenta una chiave importante di richiamo culturale, tanto da mobilitare centinaia di persone, da tutta la Calabria. Un riscontro importante che testimonia la bontà degli sforzi fin qui profusi dagli organizzatori. Dott. Domenico Gironda SINTESI DEL PRIMO INCONTRO Quanta verità c'è nel sistema della comunicanze di massa? Una domanda di non poco conto, che si colloca sul periglioso crinale che collega etica giornalistica e cronaca. Con indubbio coraggio intellettuale hanno affrontato questo tema, posto al centro di un partecipato aperitivo culturale che si è svolto lunedì 14 aprile 2014 presso la sala convegni del Miramare di Soverato, il giornalista e dottore in Filosofia, Francesco Pungitore, e l'antroposofo, esperto di sicurezza aerea, Fabio Apicella. Un evento sponsorizzato da “Naturium”, la catena di negozi bio di proprietà dell'imprenditore Giovanni Sgrò. Ha introdotto i lavori Francesco Pungitore che ha sviluppato una concisa ma estremamente chiara e puntuale introduzione sul concetto di “verità”, toccando la deontologia professionale dei giornalisti e il più vasto orizzonte della filosofia antica e moderna. “La verità come Wahrheit – ha detto Pungitore, riferendosi alla lingua tedesca – ha una radice slava che la riporta al concetto di fede. La verità come aletheia, alla greca, ci mostra un qualcosa che deve essere sottratto al nascondimento, all'oscurità. Ma questa verità di cui parliamo, esiste come tale? O è solo una interpretazione soggettiva, frutto della elaborazione personale del singolo che la riceve? E quanto peso ha il filtro operato, nello stadio di precomprensione, da parte di chi media quell'informazione di verità all'origine, per poi riportarla in termini di notizia sul terreno dei mass-media moderni?”. E' seguita la lunga e articolata relazione di Fabio Apicella che, in quanto esperto di sicurezza aerea e, egli stesso, pilota di aerei di linea, ha mostrato quanti e quali dubbi vengano diffusi da anni, ad esempio, sul famoso attentato dell'11 settembre negli Usa. “Quante verità si confrontano su quel tragico ed epocale momento di svolta della nostra storia recente?” si è chiesto, citando relazioni autorevoli che confutano alcuni aspetti delle versioni ufficiali, accettate acriticamente dall'opinione pubblica, sul crollo delle Torri Gemelle. Uno spunto per mettere in piedi un ricco dibattito sulla “comunicazione” in quanto possibile strumento di manipolazione di massa, con tanto di tecniche consolidate di cosiddetta “ingegneria sociale”. “L'uomo è ancora in grado di pensare autonomamente?” ha domandato Apicella, suscitando un interessante confronto con il qualificato e numeroso pubblico presente che ha reso ancora più vivo e coinvolgente il tema della serata. L'appuntamento, visto il successo dell'esordio, si ripeterà ancora a cadenza periodica. SINTESI DEL SECONDO INCONTRO Filosofia, Antroposofia, Alimentazione. Questi temi di riferimento hanno occupato il fuoco centrale del secondo aperitivo culturale di “Naturium”, promosso e organizzato da Giovanni Sgrò al Miramare di Soverato il 27 aprile 2014. Di fronte a un pubblico attento e straordinariamente numeroso, hanno relazionato Francesco Pungitore, giornalista professionista e dottore in Filosofia, e l'antroposofo Fabio Apicella. Il primo ha introdotto l'iniziativa partendo da una proverbiale frase di Feuerbach: “L'uomo è ciò che mangia”, tradotto dal gioco di parole tedesco “Der Mensch ist was er isst”. Ma in che senso è da intendersi questa affermazione? Pungitore, autore del recente saggio “De Anima, meditazioni contro il materialismo”, ha risposto a questa domanda riportando il discorso dal materialismo dialettico e antropologico di Feuerbach al terreno più spirituale della filosofia presocratica. Un collegamento sfociato nella riscoperta degli Orfici e dei Pitagorici, le cui tracce più importanti ci riportano proprio nella nostra Calabria di 2.500 anni fa. “Sia per la corrente religiosa orfica che per le comunità pitagoriche – ha spiegato Francesco Pungitore – era fondamentale la scelta vegetariana. Una preferenza alimentare motivata con la necessità di integrare, anche con il cibo giusto, un complesso percorso di purificazione dell'anima (fatto di rituali, meditazioni, digiuni, preghiere, studi filosofici, pratiche misteriche) destinato a liberare la scintilla divina che alberga in ogni uomo”. Non sono mancati gli accenni a Empedocle e Platone, all'epistemologia antica e a quella moderna. La serata è continuata con l'approfondito e molto apprezzato intervento di Fabio Apicella che ha tenuto una vera e propria lezione, intensa e coinvolgente, durata ben tre ore, sul “Cibo della vita”. L'antroposofo soveratese ha, innanzitutto, aperto la visione dei presenti sulla scienza dello Spirito secondo Rudolf Steiner per poi arrivare, in un secondo momento, alla definizione particolareggiata dei concetti di “salute” e “malattia” e ad una analisi più dettagliata del nostro metabolismo come processo alchemico, con tanto di schemi argomentati dei vari “corpi”: fisico, eterico, astrale, ecc. Una lunga, avvincente e interessante premessa che è servita per chiarire meglio le conclusioni dell'incontro, dedicate alla migliore opzione alimentare da ricercare, sia individualmente che in famiglia, per vivere in armonia con se stessi, con gli altri e, soprattutto, con la propria parte animico-spirituale più elevata e luminosa, quella che sovrintende il cammino e il senso della nostra esistenza. SINTESI DEL TERZO INCONTRO La Scienza dello Spirito di Rudolf Steiner. Su questo interessante tema si sono confrontati, domenica 25 maggio 2014, presso la sala convegni del Miramare, il dottor Domenico Gironda, l'antroposofo Fabio Apicella e il filosofo Francesco Pungitore, relatori del terzo aperitivo culturale di “Naturium”. L'afflusso del pubblico ha superato le più rosee aspettative, tant'è che gli organizzatori hanno dovuto ampliare in corso d'opera i posti a sedere. La platea ha, poi, partecipato attivamente all'incontro, promosso da Giovanni Sgrò, con domande e contributi che hanno notevolmente arricchito il dibattito. Parallelamente, in uno spazio attiguo, Maria e Massimiliano, due artisti ispirati dalle parole dei tre oratori, si sono cimentati in una estemporanea pittorica sfociata nella composizione di opere dedicate agli argomenti oggetto dei diversi interventi. Una sperimentazione particolarmente apprezzata. Ha introdotto i lavori Francesco Pungitore, studioso e autore di numerosi saggi su olismo, filosofia delle religioni e nuovi movimenti New Age. Pungitore si è soffermato sulla distinzione tra la moderna filosofia “accademica”, logico-razionale, astratta e rinchiusa nelle torri d'avorio dei propri circoli elitari, e la filosofia delle origini, più orientata alla vita e a valorizzare la dimensione noetica, spirituale, dell'uomo, ovvero la sua capacità di “visione” attraverso l'occhio dell'anima. E' seguita l'approfondita e illuminante relazione di Fabio Apicella, antroposofo soveratese che ha espresso in sintesi, ma con estrema chiarezza e senza mai banalizzare, i concetti chiave della Scienza dello Spirito di Steiner. Apicella, nel presentare il potenziale trasformativo e di liberazione dell'Antroposofia, ha, così, degnamente aperto la strada all'intervento del dottor Domenico Gironda, medico e pioniere dell'Antroposofia in Calabria, da tempo trasferitosi in Veneto, che ha coinvolto i presenti in una piacevole discussione sui concetti di salute e guarigione, argomentando la sua relazione con continui riferimenti ai cibi che quotidianamente finiscono sulle nostre tavole. L'analisi di Gironda, focalizzata sullo sviluppo delle malattie degenerative e acute, è sfociata in un collegamento diretto con l'alimentazione, anche attraverso schemi e grafici che hanno evidenziato il ruolo di particolari elementi negli squilibri dell'essere umano. La descrizione del complesso rapporto tra corpo eterico e corpo astrale ha occupato il cuore del discorso, sviluppato, peraltro, in termini divulgativi e comunicativi di facile comprensione, senza mai sconfinare nelle astrazioni dialettiche. Gli applausi convinti che hanno accompagnato il felice esito della serata hanno motivato gli organizzatori a continuare con altri eventi simili anche nel periodo estivo. L'ANTROPOSOFIA Relazione di Fabio Antonio Apicella “L'antroposofia è una via della conoscenza che vorrebbe condurre lo spirituale che è nell'uomo allo spirituale che è nell'universo. Sorge nell’uomo come un bisogno del cuore e del sentimento. Deve trovare la sua giustificazione nel fatto che essa è in grado di offrire a questo bisogno un soddisfacimento. Può riconoscere l’antroposofia solo chi trova in essa quel che deve cercare per una sua esigenza interiore. Possono perciò essere antroposofi soltanto quegli uomini che sentono certi problemi sull’essere dell’uomo e del mondo come una necessità vitale, come si sente fame e sete”. Troviamo qui, in apparenza, una definizione dell’antroposofia. Perché dico “in apparenza”? Perché parlare di una “definizione” dell’antroposofia è improprio, dal momento che il “vivente” – e tale è l’essere dell’antroposofia - si presta a essere “caratterizzato” (dai più svariati punti di vista), ma non “de-finito”. Ciò che conta, piuttosto, è che l’antroposofia viene detta una “via”, e non quindi una “teoria”, una “dottrina” o un “sistema”. E che cos’è una “via”? E’ presto detto: un metodo. Tra la scienza della natura (galileiana) e la scienza dello spirito c’è infatti continuità di spirito, ma discontinuità di metodo (poiché sono diverse le realtà che indagano); e come si è posto un problema di metodo (sintetico o analitico, deduttivo o induttivo) quando è nata la scienza naturale (basti pensare al Discorso sul metodo di Cartesio), così si è posto un problema di metodo quando è nata la scienza dello spirito. Che cos’è, ad esempio, L’iniziazione di Steiner (sottotitolato: Come si conseguono cono scenze dei mondi superiori?) (1) se non un “discorso sul metodo”? E che cos’è tale metodo se non un pragma (2): vale a dire, un procedimento che supera l’ordinaria dicotomia tra il pensare e il fare, inverandosi, per così dire, in una teoria pratica o in una pratica teorica? (In una felice sintesi, cioè, di cultura e vita che risolve il contrasto tra una cultura senza vita e una vita senza cultura o, per dirla con Schiller, tra la cultura “barbara” e la vita “selvaggia”) (3). In questo senso, lo studio può essere considerato già un esercizio; a patto, ovviamente, che si tratti davvero di “studio”, e non di una semplice lettura, come quella che si fa quando si è mossi dalla curiosità o da un tiepido interesse, e non da una insopprimibile esigenza dell’anima. “Possono perciò essere antroposofi – dice appunto Steiner - soltanto quegli uomini che sentono certi problemi sull’essere dell’uomo e del mondo come una necessità vitale, come si sente fame e sete”. In ogni caso, per poter “condurre lo spirituale che è nell'uomo allo spirituale che è nell'universo”, occorre anzitutto domandarsi se c’è uno spirituale nell'uomo. Stando, ad esempio, al dettato dell’ottavo Concilio ecumenico, tenuto a Costantinopoli nell’869 d.C., uno spirituale nell’uomo non c’è. In quella sede, si stabilì infatti che l'uomo è composto solo di anima e corpo, e ch’è l'anima a disporre di alcune facoltà spirituali. Sostenere che l'uomo (in quanto fatto a immagine e somiglianza del Dio Uno e Trino) è costituito di spirito, anima e corpo (come si legge, ad esempio, in Origene o in Paolo) fu considerato da allora in poi un’eresia. Noi invece sappiamo che uno spirituale nell'uomo c’è: occorre solo scoprirlo; per far questo, non basta però la testa, servono anche l’anima e il cuore. E’ vero che “la via del cuore passa per la testa”: ma per l’appunto vi passa, e non vi si arresta. Un conto, infatti, è restare chiusi (arimanicamente) nella testa, altro è portarsi (con Michele) al di là della testa; così come una cosa è portarsi al di là della testa, altra restarne (lucifericamente) al di qua. Sappiamo anche che per “condurre lo spirituale che è nell’uomo allo spirituale che è nell'universo” basta semplicemente andare a dormire. Ma che cosa si deve fare se ve lo si vuole condurre coscientemente? Che cosa si deve fare, cioè, per portare la coscienza e lo spirito umani incontro alla coscienza e allo spirito cosmici? Si deve in primo luogo conoscere e sperimentare il pensiero come una realtà viva: ossia come una forza ordinariamente sconosciuta. Per Freud, ad esempio, la forza (la libido) non è quella spirituale del pensiero, bensì la forza biochimica della “psicosessualità”, mentre, per Jung, è la forza affettiva o emotiva della “psiche”. Entrambi si figurano dunque la libido come una forza o un’energia altra da quella del pensiero con cui la pensano. Ma perché mai, quella della libido, dovrebbe essere solo la forza della volontà istintiva o del sentimento, e non anche del pensiero? Fatto sta – come dice Scaligero che “l'uomo conosce e in qualche modo domina il mondo, mediante il pensiero. La contraddizione è che egli non conosce né domina il pensiero. Il pensiero permane un mistero a se stesso” (4). Lo “spirituale che è nell'uomo” va portato dunque alla coscienza. “Sorge nell'uomo – dice Steiner - come un bisogno del cuore e del sentimento”. Ricordate che cosa si raccomanda in Matteo? Si raccomanda di “non dare le perle ai porci”: di non dare, ossia, all’anima senziente quel ch’è destinato all’anima cosciente. Non perché – sia chiaro – si debbano disprezzare coloro che non sentono, spiritualmente, “fame e sete”, ma perché, non essendo arrivato il loro momento, non sarebbero in grado di apprezzare le “perle”. “Dare le perle ai porci” significa pertanto non rispettare né le perle né i porci; significa non saper attendere il momento giusto (il kairos), perché si soggiace alla tentazione (narcisistica) di mostrare agli altri quanto si è bravi, belli e buoni (se non addirittura “illuminati”), dimenticando, così, che siamo tutti dei principianti: vale a dire, degli “inizianti”, e non degli “iniziati”. Se volete un esempio di che cosa voglia dire “sentire certi problemi sull’essere dell’uomo e del mondo come una necessità vitale, come si sente fame e sete”, leggete allora Le confessioni di Tolstoj. Ve ne do solo un assaggio: “Se non oggi, domani verranno le malattie, la morte per le persone amate, per me, e non rimarrà nulla se non la putredine e i vermi. Le cose che ho fatto, quali che siano state verranno dimenticate; prima o poi neanche io ci sarò più. E allora perché mai darsi da fare? Come può un uomo non vedere ciò e vivere; ecco quel che è sorprendente. Si può vivere soltanto fino a che si è ubriachi di vita; ma appena passata l’ubriacatura non si può non vedere che tutto questo è soltanto un inganno e uno stupido inganno!” (5). Morale della favola: cercare di portare tutti all’antroposofia è cosa ben diversa dal cercare di portare l’antroposofia a tutti, correndo così il rischio d’infirmarne il nerbo o lo spirito (pensate che Steiner non solo dichiara che “la scienza dello spirito va comunicata all’umanità odierna con la massima serietà e con scientifica precisione” (6), ma parla anche - non ricordo dove - della necessità di “un virile ingresso nel severo mondo dello spirito”). Come potrebbe d’altro canto “riconoscere l'antroposofia“ chi non la ricercasse “per una sua esigenza interiore”, chi non fosse cioè in grado, non avendo sentito “un bisogno del cuore e del sentimento”, di sperimentare che essa può “offrire a questo bisogno un soddisfacimento”? “A me non importa veramente molto – dichiara Steiner – che i miei libri principali vadano per il mondo in migliaia di esemplari; mi interessa invece assai di più che essi siano capiti, che sia afferrato il loro vero intimo impulso” (7). Conta dunque la qualità, e non la quantità. (“La radice di ogni vera cultura – dice Nietzsche – sta nell’anelito degli uomini a rigenerarsi come santi e come geni”) (8). L'antroposofia è perciò per tutti, ma non tutti sono (pronti) per l'antroposofia. Sapete, a questo preciso proposito, che cosa disse Eduard von Hartmann, durante un collo- quio con Steiner, riguardo alla gnoseologia? Ve lo leggo: “Su questi argomenti non si dovrebbero mai pubblicare libri, ma solo ciclostilati in pochi esemplari, forse una sessantina, perché in Germania, su sessanta milioni di abitanti, non sono di più le persone che hanno interesse per queste cose” (9). Bando dunque a ogni promozione o divulgazione che faccia, volente o nolente, il gioco della pigrizia. So che non è semplice. (“Capita sempre – osserva Steiner – che i seguaci di una concezione del mondo guastino grandemente quel che i fondatori di essa hanno esposto in modo perfettamente giusto”) (10). Potreste pensare, ad esempio, che io sia qui per facilitare le cose. Ma non è così: non sono qui per facilitarle né per complicarle, ma per cercare di testimoniare, per quel poco che posso, che l’antroposofia – come afferma Steiner – è un'"alta scuola di pensiero” (“Spero che si comprenda – afferma inoltre – quanto sia benefico che in seno alla Società antroposofica emergano delle attività intese alla elaborazione gnoseologica più rigorosa”) (11). Non è la pigrizia, d’altronde, a far preferire a molti tutte quelle vie, sedicenti “spirituali”, che promettono sensazioni ed emozioni, ma non chiedono (in quanto – direbbe Hegel – “misologiche”) di “rompersi la testa”? Fatto sta, invece, che la testa, se vogliamo trovare lo spirito vivente, ce la dobbiamo proprio “rompere”. Nel giorno di Pasqua, non rompiamo forse l’uovo, per scoprire il regalo che contiene? E non rompiamo il salvadanaio, per prendere le monete che racchiude? In ogni modo, giacché so che quello della divulgazione è un argomento assai “delicato”, vorrei leggervi questo altro passo di Steiner: “Quanto spesso viene sempre di nuovo posta la domanda: perché i libri sono scritti in modo tanto incomprensibile? Non sarebbe possibile scriverli in un modo più piano? Qualcuno suggerisce anche che cosa occorrerebbe fare per scriverli in un modo molto più semplice. E’ necessario difendersi dal raggiungere troppa semplicità, perché essa eleva solo l’egoismo. Se fosse così facile arrivare alla scienza dello spirito, chiunque potrebbe arrivarvi senza superare il proprio egoismo. Nel lavoro spirituale che occorre svolgere quando ci si impegna, si elimina già una parte del proprio egoismo, si perviene così in modo meno egoistico a quel che si intende raggiungere con la scienza dello spirito, quando ci si debba applicare un po’ rispetto a un’esposizione troppo piana. Abbiamo incontrato qualcuno che diceva: molti lavorano tutto il giorno, e quando alla sera si apprestano a leggere libri difficili non ne vengono a capo. Occorrerebbero libri leggibili con facilità. Abbiamo risposto: perché si dovrebbe impedir loro di impiegare il poco tempo di cui dispongono per leggere quei libri che sono stati scritti appunto con piena intenzione secondo le esigenze del mondo spirituale? Perché devono usare il tempo per leggere libri che sono sì più semplici ma che banalizzano le cose anche se magari a parole danno lo stesso contenuto? Così non si porrebbero le anime nella medesima condizione, ma piuttosto si trascinerebbe nella vita banale proprio ciò che dovrebbe allontanare dalla banalità, anche riguardo al modo in cui si vive in un’altra sfera” (12). Come vedete, è possibile banalizzare le cose anche dando “lo stesso contenuto”, ma con un diverso spirito. Quand’è dunque che l'uomo sente “come un bisogno del cuore e del sentimento”? Quando, pur essendosi saziato - grazie alla conoscenza ordinaria del mondo sensibile, continua a sentire fame e sete: fame e sete di “significato” o di “senso” (“Chi beve di quest’acqua tornerà ad avere sete; chi invece berrà l’acqua che gli darò io, non avrà più sete in eterno” – Gv 4,13). Molti avvertono oscuramente tale bisogno (tant’è ch’è da questo, stando a Viktor Frankl, che discenderebbero le nevrosi “noogene” o esistenziali) (13), ma pochi lo portano poi a coscienza e lottano per soddisfarlo, liberandosi dei pregiudizi del “conscio collettivo”: ossia di quelli della cultura materialistica o spiritualistica, ispirata dagli “spiriti del tempo” irregolari. Ho letto, ad esempio, che un’inchiesta promossa dalla Chiesa avrebbe accertato che il 35% degli italiani crede nella reincarnazione. Ma quanti di questi sarebbero disposti a trasformare la loro “credenza” in una “certezza” scientifico-spirituale, senza badare a quanto ne pensa la Chiesa o l’attuale “comunità scientifica” (quella rappresentata – per intenderci – dalla Montalcini, dalla Hack, da Dulbecco, da Veronesi, da Boncinelli, ecc.)? Sapete, in realtà, chi siamo noi? Siamo i superstiti dei Gulag o dei Lager della “cultura” contemporanea: ovvero, di tutto quello che la scuola, la stampa, la radio, la televisione, il cinema o internet ci propinano quotidianamente. Ascoltate quanto scriveva al riguardo Nietzsche, già nel 1876: “Non si ha più nessuna idea della distanza intercorrente fra la serietà della filosofia e la serietà di un giornale. Questa gente ha perduto anche l’ultimo resto non solo di un sentire filosofico, ma anche di un sentire religioso, e ha barattato tutto ciò non con l’ottimismo, ma con il giornalismo, con lo spirito e la mancanza di spirito del giorno e dei giornali” (14). Eccoci dunque qui, da superstiti (e “miracolati”), a studiare l’antroposofia, nella speranza di poter dare finalmente risposta alle domande che nascono dal più profondo del cuore. Che cos’è infatti l'antroposofia? (Permettetemi di dire per questa volta “che cos’è”, e non, come sarebbe giusto, “Chi è”). L’antroposofia è una “via della conoscenza” che vorrebbe portare alla coscienza, al fine di formarci e non d’informarci, ciò che vive e opera nell'inconscio. “L’essere umano vero e reale – afferma appunto Steiner - si preannunzia nel sentimento oscuro, nella vita inconscia dell’anima e, per mezzo della ricerca antroposofica, dev’essere tratto a galla nella coscienza”. Dal momento che tale “essere umano vero e reale” è oggi in grave pericolo (tanto che la cosiddetta “questione sociale” si è ormai trasformata in una “questione antropologica”), permettetemi di leggervi, per concludere, queste forti parole, sempre di Nietzsche: “Chi dedicherà, in tali pericoli della nostra epoca, i suoi servigi di custode e di cavaliere all’umanità? (...) Chi terrà alta l’immagine dell’uomo, mentre tutti non sentono in sé se non il verme egoistico e una paura cagna, e sono tanto decaduti da quell’immagine da ridursi all’animalità o addirittura alla rigida meccanicità?” (15). ANTROPOSOFIA, LE BASI Relazione di Fabio Antonio Apicella I SETTE CORPI COSTITUENTI L'UOMO: 7. UOMO SPIRITO, IL PADRE IN NOI, ATMAN, nus, spiritus 6. SPIRITO VITALE, BUDDHI 5. SE’ SPIRITUALE, IO SUPERIORE, MANAS, phasma, manes 4. ORGANIZZAZIONE DELL’IO, dianoia, mens 3. CORPO ASTRALE, psyche, anima (anima senziente, razionale, cosciente) 2. CORPO ETERICO, ochema, umbra 1. CORPO FISICO, corpus Secondo le conoscenze spirituali dei Rosacroce e poi riprese da Rudolf Steiner, l'uomo è costituito da un corpo fisico, tenuto in vita vegetale da un corpo eterico, tenuto in vita animale da un corpo astrale, compenetrato dall'anima e a sua volta costituita da tre parti: senziente, razionale e cosciente. Al di sopra dell'anima tripartitica risiede l'Io, la coscienza del sé. L'uomo è la sintesi della Natura. Il Principio originante i suoi regni s'incarna parzialmente nell'uomo come Io. Nel suo corpo fisico è il regno minerale. All'interno, il suo corpo eterico è l'insieme delle forze formatrici del regno vegetale. Ancora più sottile, il suo corpo astrale, collegato agli astri, dona una relazione sen- soria e sensuale con la vita fisica, come nel regno animale. Si può nominare corpo astrale inferiore la natura animale nell'uomo, istintuale, passionale, emotiva, formato da corpo astrale e anima senziente legati alla corporeità. Il corpo astrale superiore è invece l'unione spirituale di anima razionale e anima cosciente che si legano all'Io. L'Io è il Principio della coscienza individuale, che diversifica il regno umano dagli altri. Se il corpo fisico vive nello spazio, l'eterico nel tempo, l'astrale nella luce fuori da spazio e tempo, l'Io è Essenza di Luce. Lo Spirito si manifesta nell'uomo attraverso l'attività del pensare dell'Io, nel minerale come fissità del fisico, nel vegetale come forma dell'eterico, nell'animale come passionalità dell'anima. Il corpo astrale superiore è permeato dalla luce dell'Io attraverso il pensare. Ma l'uomo più che un semplice regno della natura è una Gerarchia spirituale, la Decima! In virtù del suo Io egli può per impulso volitivo controllare istinti, brame e passioni, cosa che l'animale non può fare. Al presente stadio evolutivo, la Luce dell'Io riluce soltanto nel pensiero. Il corpo astrale è di natura duplice: animale e spirituale. Nell'uomo comune, le due nature sono mescolate, facendo sì che il corpo astrale inferiore prevalga sull'eterico-fisico, generando le brame, cioè la legge di sopravvivenza, che si palesa come egoismo, separazione, odio e negli impulsi duali di simpatia-antipatia, attrazione-repulsione, piacere-dolore. Queste fanno sì che l'anima viva nel caos e condizionano l'Io mediante pensare, sentire e volere. Ecco che la determinazione dell'Io viene a degradarsi in determinazione dell'ego. L'Io deve giungere a dominare le sue parti inferiori e realizzare l'identità dell'uomo col suo Io Superiore, il Vero Sé. Deve cioè operare una netta distinzione tra la parte spirituale e quella animale del corpo astrale. L'anima senziente è il primo stadio di formazione animica, mondo delle emozioni, sensazioni, desideri e passioni. Su di essa le forze luciferiche agiscono rivolgendosi primariamente all'emotività dell'uomo, in modo da inibire il pensare intuitivo e forzare ogni attività di pensiero all'interno del sistema nervoso. Ma l'emotività è anche la porta d'accesso all'inconscio dell'uomo, alle sue parti oscure, al suo Doppio che vi risiede. Attraverso l'emotività si inducono comportamenti automatici, incoscienti. Si producono film, ormai tutti centrati su paura e bramosia, soprattutto erotica. Il loro valore è pari alla tensione che riescono ad ingenerare. La paura della morte, che alla fine l'eroe “buono” giunge a scongiurare, diviene inconsciamente paura del dissenso, della reazione. I media diffondono notizie terrificanti, agli orari in cui le famiglie si riuniscono per il pasto: aerei contro le torri gemelle, genitori che uccidono i figli, figli che uccidono genitori: gli impulsi morali dell'individuo sono messi a repentaglio già da bambini, esposti allo scempio privi di filtri. Tali aberrazioni lavorano nell'inconscio e ivi divengono lentamente sempre più plausibili, possibili, covando dormienti fino a riemergere nei cosiddetti inspiegabili momenti di follia, poi rimossi dall'assassino. La pubblicità induce falsi bisogni e al consumo di beni inutili, progettati per durare poco, annullando gli ideali, schiacciando i desideri ad essere di esclusiva natura materiale. Addirittura anche la persona amata diviene un bene materiale, reperito solo per compiacersi e con una data di scadenza. L'erotismo, deviato e corrotto, è ormai soltanto autoerotismo, un possesso dell'altro in accordo ai propri bisogni. In modo subliminale si infonde il senso di colpa nell'individuo, che si convince di essere colpevole dei suoi problemi e si rassegna, sentendosi impotente: anche così la sua azione è inibita. Gli scandali della politica, del clero, lo portano infine a perdere qualsiasi ideale o credo e ancora una volta a rassegnarsi che le cose non si possano cambiare. L'anima razionale è il secondo arto animico, mondo della logica materialistica, cinica, istintiva. Il metodo è rivolgersi all'individuo come ad un bambino, nel modo di parlare, nell'incedere della voce, dall'alto verso il basso. . L'uomo si comporta in base a come viene trattato: una voce calma e serena calmerà l'altro e lo porterà a parlare in accordo a quelle vibrazioni pacifiche. Un atteggiamento gentile e paternalistico da parte di chi è accreditato dal mondo scientifico-culturale susciterà qualsiasi consenso, cioè l'automatica sottomissione dell'ascoltatore. D'altro canto, il cittadino medio viene sempre più diseducato dalla cultura vera e rieducato al fascino della volgarità, al simpatico gusto dell'orrido, così che il distacco da chi possiede e controlla la cultura dall'alto divenga sempre più netto e incolmabile. Così basta presentare qualsiasi azione politica, militare, finanziaria, come “dolorosa ma necessaria”, far sì che personaggi di cultura adducano le motivazioni più convincenti che anche un paradosso come “la guerra a fin di pace, guerra umanitaria” venga accettato: poi si rasserena il popolo bue, introducendo invece quelle soluzioni oscene con gradualità. Lo si confonde, lo si distrae con migliaia di informazioni inutili, con le quali sia impossibile discernere e formarsi un'idea verosimile. Le bugie dette attraverso le verità, la verità detta attraverso le bugie. Lo sviluppo dell'anima cosciente è il passaggio successivo dell'evoluzione che oggi l'uomo deve compiere: l'Io deve operare la sintesi dell'anima con la coscienza. E' un'opera complessa ma realizzabile, per cui l'uomo ha oggi tutti gli strumenti a disposizione. Non è tanto importante con quante qualità e talenti egli si sia incar- nato ma quanta strada nel perfezionamento di sé attraverso il lavoro spirituale egli sia riuscito a realizzare al termine della sua vita. Attraverso l'esercizio (dal latino “exerceo”, non lascio riposare), dovrà raggiungere l'atarassia, la calma interiore dell'anima, che permetta all'Io di ristabilire la Gerarchia Solare di spirito -anima-corpo. Lo farà sviluppando qualità artistiche, utilizzando tecniche di concentrazione, meditazione, respirazione, preghiera e soprattutto l'Ascolto Vivente della Musica. L'arte è lo strumento di sintesi per eccellenza: quando intuisce, l'uomo suona il proprio cervello, che torna così ad essere così lo strumento musicale dell'Io Superiore. Quando utilizza l'Akroasis, concentrando le sue facoltà di pensiero intuitivo sul Suono, l'uomo si lascia suonare dall'interno universo. Ne diviene parte attiva, creatrice! Mezzo di trasporto d'eccellenza verso la coscienza sovrasensibile è quindi il Suono, il Logos originario che può essere cercato e trovato nella musica. Il suono così come lo percepiamo è invero solo l'involucro senza vita dell'entità spirituale del Suono, in grado di "toccare" le profondità dell'uomo, nutrirlo nell'anima, guarirlo nel corpo ed elevarlo nello spirito. Se l'uomo impara a liberarlo, il Suono poi libera l'uomo, portandolo fuori dalla tomba del corpo, dalla gabbia dell'anima. Tale Libertà è la Vera Redenzione dell'umanità, che ogni uomo dovrà realizzare nel proprio Io. LA DIGESTIONE DELLE PROTEINE, VEGETALI E ANIMALI Relazione di Fabio Antonio Apicella La scienza ragiona per percentuali in merito al cibo, ma non sa dove agiscono i componenti. Ritiene che un uovo contenga proteine, che poi divengono aminoacidi, che l’uomo andrà ad utilizzare come mattoni per le sue fibre muscolari. Ma non è così. Quando viene introdotta dall’esterno, la sostanza proteica è estranea per l’organismo umano, contenendo le azioni postume dei processi eterici dell’essere vivente a cui appartenevano. Perciò l’uomo deve sconfiggere e allontanare queste forze, per poter inserire le proteine nell’attività eterica del suo organismo. Prima fase della digestione proteica La proteina viene scomposta dalla pepsina del succo gastrico sino ai peptoni, in ambiente acido (processo astrale). Fin qui è una sostanza organica estranea. Seconda fase della digestione proteica I peptoni incontrano la tripsina del succo pancreatico, in ambiente alcalino. Qui inizia una fase intermedia, in cui è l’Organizzazione dell’Io a subentrare, eliminando le forze astrali ed eteriche, rendendo la sostanza proteica inorganica, morta, pronta per essere accolta nell’organismo nuovo e riempita della sua vita eterica. Attraverso l’azione distruttiva della tripsina, l’Io dell’uomo deve privare di forze eteriche, di vita, la materia, affinché possa essere accolta nel proprio organismo e rivitalizzata, riempita della sua vita eterica affinché divenga parte e nutrimento del suo corpo eterico. “Se il seme non muore non può germogliare”. La proteina viene quindi fluidificata nei processi di calore dell’Io e poi scomposta in elementi inorganici: Carbonio, azoto, zolfo, ossigeno e idrogeno.L’Io deve portare negli organi le sostanze e le forze inanimate: solo grazie all’impregnazione di elementi inorganici nei suoi organi, l’uomo può avere la Coscienza. In questi processi organici e inorganici consiste la Coscienza. Le stesse sostanze e forze organiche abbasserebbero la coscienza a livello animale. “L’ORGANISMO UMANO NON E’ UN INSIEME DI SOSTANZE MA UN INSIEME DI ATTIVITA'”. La sostanza serve solo a portare nell’organismo lo stimolo a tali attività, dopodiché non ha più alcun significato per esso. Una volta che questa sostanza inorganica si è formata, essa diviene un peso nell’organismo e deve essere eliminata immediatamente o espulsa attraverso processi intermedi. Tali processi di eliminazione sono a carico del corpo astrale che faticherà a gestirli, se indebolito a causa di stati emotivi quali rabbia o depressione, portando a gotta e reumatismi. Terza fase della digestione proteica L’uomo utilizza soltanto il carbonio per produrre nuova proteina (stesso dicasi per i grassi), mentre azoto, zolfo, ossigeno e idrogeno li prende dall’aria! Qui è il corpo eterico che entra in gioco, rivitalizzando e portando dentro di se le forze vitali della sostanza essenzialmente rinata. Qui la sostanza proteica diviene umana, di nuovo organica ma indifferenziata, soggetta alle forze del corpo astrale, da cui possono essere plasmati tutti i singoli organi del corpo fisico. Operando sulla sostanza proteica astrale, organica e indifferenziata (animale), l’Io fa sorgere i singoli organi. RIASSUMENDO L’Io quindi deve essere sufficientemente forte da devitalizzare le proteine e i grassi e trasferirle nell’ambito eterico le forze vitali dell’alimento. Se l’Organizzazione dell’Io non è sufficientemente forte nel pancreas da eliminare completamente le forze eteriche e astrali del nutrimento, porta con sé le forze eteriche dell’essere originario. Allora queste non possono essere assorbite nel corpo eterico e rimangono nella regione dell’attività astrale, cioè dell’eliminazione. Si ha allora un’iperattività irregolare del corpo eterico, che deve essere eliminata per vie anormali. L’albuminuria è infatti l’eliminazione di sostanza proteica non devitalizzata da un Io troppo debole. Se l’Io ha il compito di devitalizzare la sostanza proteica, il corpo astrale è preposto alle funzioni di ESCREZIONE. Nell’albumineria, il corpo astrale deve usare le sue forze in luoghi in cui non è preposto, quindi la sua attività viene repressa in quelle zone in cui è normalmente rivolta, i reni e la pelle! I due processi, di DEVITALIZZAZIONE e di ELIMINAZIONE, sono complementari e in delicato equilibrio tra loro: il corpo astrale prepara il terreno all’Io, rendendo gli organi inclini ad accogliere forze e sostanze inorganiche. Laddove vi è molto acido urico da espellere (parte inferiore del corpo), il corpo astrale deve essere molto attivo mentre l’Io deve esserlo poco, per non arricchire gli organi di troppa sostanza inorganica, che andrebbe altrimenti dispersa e impoverirebbe il corpo fisico. La giusta distribuzione dell’acido urico in un organo è un elemento chiave per determinare in esso l’equilibrio tra l’organizzazione dell’Io e il corpo astrale. Grandissima manifestazione con un pubblico molto entusiasta. NON CONTA CIO’ CHE SI MANGIA, MA ANCHE E SOPRATTUTTO CIO’ CHE SI ESPELLE! L’ORGANISMO UMANO NON E’ UN INSIEME DI SOSTANZE MA UN INSIEME DI ATTIVITA’! La sostanza serve a portare nell’organismo lo STIMOLO a tali attività, perduta la quale non ha più alcun significato per esso. Se proteine e grassi vengono prodotte dal corpo attraverso il carbonio, l’uomo non può formare i sali, né i carboidrati per formare glucosio. Il metabolismo SVILUPPA DELLE FORZE ETERICHE (FORMATRICI) NELL’UOMO: SONO QUESTE LE FORZE CHE GENERANO UN ORGANISMO SANO E FORTE! Facendo uno sforzo fisico esterno perdo energia, ma con uno sforzo metabolico interno invece acquisto forza, energia. Se lo sforzo fisico indebolisce il corpo fisico, lo sforzo eterico rinforza il corpo eterico! I cereali integrali sono gli alimenti che garantiscono il maggior sviluppo di forze interiori. Cotti sono più facili da digerire e apportano calore al corpo. IL CORPO UMANO HA LE FORZE ASTRALI PER TRASFORMARE LE SOSTANZE VEGETALI IN MATERIA CARNEA. INOLTRE, COL CIBO VEGETALE, IL CORPO HA UN AUMENTO APPARENTE DI FORZE ETERICHE, DOVUTO AD UN RISPARMIO NOTEVOLE DI ENERGIA PER NON DOVER ELIMINARE LE SCORIE DELLA DIGESTIONE CARNEA, URATI E ACIDO URICO. SE INVECE L’UOMO NON UTILIZZA QUELLE SUE FORZE ASTRALI PER CREARE MATERIA CARNEA DAI VEGETALI MA LE CREA INVECE SOLO DALLA CARNE, TALI FORZE SI ACCUMULANO IN LUI SOTTO FORMA DI AGGRESSIVITA’, ODIO, RABBIA. QUESTO INCIDE SUI SUOI ORGANI E SUL SUO SCHELETRO POICHE’ SI RIEMPIE DI ACIDO URICO E URATI. INOLTRE NELLA CARNE proveniente da allevamenti, vi sono adrenalina, dopamina e sentimenti di paura del dolore e della morte, cioè un MESSAGGIO CHE INCIDE SUL “DNA ROTTAME”. SULLA VISIONE DEL MONDO OLISTICA Relazione di Francesco Pungitore Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo? Filosofia, scienza e religioni, in tutte le epoche, hanno tentato di dare delle risposte definitive a queste tre domande, considerate i massimi quesiti esistenziali dell'umanità. Razze e popoli si sono divisi e combattuti, basandosi su un diverso modo di concepire questi tre enigmi che procedono di pari passo con lo sviluppo delle civiltà. Nulla di diverso rispetto a quanto accade anche oggi, del resto. C'è, però, una proposta culturale, sociale, antropologica, filosofica e finanche medica che sembra riemergere in questi anni: si chiama genericamente olismo. Con questo termine si indica, in effetti, un vasto e variegato movimento di pensiero che si confronta con le tre domande esistenziali dell'uomo in termini, a dir poco, originali. Olos in greco significa l’intero, il tutto. L'olismo è, dunque, un modo unitario e organico di concepire la realtà. Il termine viene generalmente associato a una prospettiva generale di carattere intuizionistico. E secondo questa prospettiva, tutto e tutti viviamo immersi nel pieno significato e nel mistero dell'esistenza. Tutto e tutti siamo interconnessi e interdipendenti, sia a livello macrocosmico che microcosmico. Tutte le differenze e tutti i contrasti sono relativi, all'interno di una unità che tutto comprende. Lo stesso essere umano de- ve essere studiato e capito come un complesso inscindibile di corpo, emozioni, pensieri, personalità, ambiente sociale e anima. Questa interdipendenza costituisce una trama indivisibile in cui ogni cosa è interconnessa. In tal senso è sicuramente olistica, ad esempio, anche la moderna medicina omeopatica. Secondo l'omeopatia l'organismo è qualcosa di molto più complesso e profondo della semplice somma delle sue parti. Ma l'interdipendenza – aggiunge l'olismo - è sperimentabile anche tra l'uomo e la natura, tra l'universo e tutte le forme di vita e di materia che provengono dall'unica fonte della creazione cosmica. Tutto e tutti siamo il prodotto dello stesso evento della creazione e, poiché emergiamo dalla medesima sorgente, tutto e tutti siamo uniti e interconnessi. Nell'olismo, una delle idee fondamentali è il riconoscimento della interdipendenza di tutte le forme di vita, del semplice fatto che ogni fenomeno può influire su qualsiasi altra cosa; ogni frammento fa sempre parte di un qualche intero. . . L'approccio olistico ritiene altresì che ogni forma di vita (compresi noi umani) sia in evoluzione e miri a realizzare il proprio massimo potenziale. Di conseguenza c'è una regola: non ostacolare la crescita di alcunché. In tal senso, il mondo non è che un insieme di componenti inseparabili, interagenti e in moto continuo e l'uomo è parte integrante di questo insieme. In sintesi, secondo la visione olistica l'universo nella sua interezza è visto come una rete dinamica di eventi interconnessi. Una considerazione filosofica che riprende e reinterpreta le scoperte scientifiche della moderna meccanica quantistica, i cui progressi conoscitivi rispetto alla visione classica, newtoniana, deterministica e meccanicistica del mondo sono ormai indiscutibili ed evidenti da oltre un secolo. Come spiega il fisico italiano Fabrizio Coppola la quantistica considera, a livello subatomico, ogni entità che esiste nell'universo come una vibrazione dello spazio-tempo. Insomma, ciò che concepiamo come materia solida non lo è affatto. “In ultima analisi – scrive Coppola – ogni manifestazione, in natura, è una vibrazione del vuoto quantistico, cioè una vibrazione quantizzata nella struttura dello spazio-tempo”. Dunque, il “vuoto” in quanto tale non esiste. O, per meglio dire, lo spazio vuoto è comunque “pieno”. E' pieno di energia quantizzata che vibra. Nel XX secolo, la scienza moderna può aver scoperto cosa contiene lo spazio: un campo energetico che si differenzia da qualsiasi altra forma di energia. “Lo spazio che ci circonda – spiega lo scrittore americano Gregg Braden – è tutto fuorché vuoto”. E ancora: “E' chiaro che esiste un campo o una presenza che forma la grande rete che unisce tutto ciò che esiste nel creato”. Ma chi siamo, allora? La risposta olistica è: siamo tutti parte del tessuto che forma la trama intelligente e consapevole della creazione. In base a questo punto di vista, la nostra esistenza acquisisce, evidentemente, un nuovo significato che va inevitabilmente a ripercuotersi sugli altri due quesiti: da dove veniamo e dove andiamo. Sta emergendo una nuova scienza olistica che riconosce che tutto ciò che chiamiamo realtà è interrelato e parte di un Mondo Integrale coerente. Via via che questo riscoperto olismo guadagna terreno, le descrizioni di dualità del passato cedono il passo alle percezioni di polarità e relatività complementari. Più di duemila anni fa il Buddha descrisse il Cosmo come una rete di fili d'oro che collegavano tra loro una miriade di gioielli sfaccettati, ciascuno dei quali rifletteva la luce multicolore di tutti gli altri. La sua splendida e simbolica visione è quella che oggi viene riscoperta dall'avanguardia della scienza e ai limiti estremi dello studio della coscienza. Dunque, l'olismo non è poi così “nuovo” e, anzi, si comprende bene come esso abbia ispirazioni molto profonde e lontane nel tempo.