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Le Stroke Unit
Giuseppe Micieli, Alessandra Persico
INTRODUZIONE
La patologia cerebrovascolare acuta rappresenta, nei Paesi industrializzati, la terza causa di morte dopo l’infarto miocardico acuto e le neoplasie (causando il 1012% di tutti i decessi per anno), la principale causa d’invalidità e la seconda causa
di demenza, con conseguenti ingenti costi sociali ed economici.1 Ogni anno si verificano in Italia oltre 196.000 ictus, di cui circa il 20% è costituito da recidive.2 Il
75% degli ictus colpisce i soggetti ultra-sessantacinquenni. L’incidenza aumenta
progressivamente con l’età raggiungendo il valore massimo negli ultra-ottantacinquenni. In Italia il tasso di prevalenza di ictus nella popolazione di età compresa
fra i 65 e gli 84 anni è pari al 6,5%, ed è leggermente più alto negli uomini (7,4%)
rispetto alle donne (5,9%).2-4 Il sensibile invecchiamento della popolazione porterà ad un inevitabile aumento dei casi di ictus in futuro. L’ictus colpisce, sia pure
in misura minore, anche persone giovani e si stima che ogni anno il numero di
persone in età produttiva (<65 anni) colpite da ictus sia intorno a 27.000.2 L’ictus
ischemico rappresenta la forma più frequente di ictus (80% circa), mentre le
emorragie intraparenchimali riguardano il 15-20% e le emorragie subaracnoidee
il 3% circa.5 La mortalità acuta (a 30 giorni) dopo un ictus è pari a circa il 20%
mentre quella a 1 anno è pari al 30% circa; le emorragie (intraparenchimali e subaracnoidee) hanno tassi di mortalità precoce più alti (30% e 40% circa dopo la
prima settimana; 50% e 45% a 1 mese).6 A un anno dall’evento acuto, un terzo
circa dei soggetti sopravvissuti a un ictus, indipendentemente dal fatto che sia
ischemico o emorragico, presenta un grado di disabilità elevato, tanto da poterli
definire totalmente dipendenti.
Per la sua elevata incidenza e per l’elevato rischio di disabilità permanente a
cui espone, l’ictus cerebrale costituisce quindi un problema assistenziale, riabilitativo, sociale ed economico di grandi dimensioni, rendendo conto del 2-4%
della spesa sanitaria totale nelle nazioni sviluppate.7 Ad oggi, se si considerano
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Quarto rapporto sull’ictus
i trattamenti standard per la terapia dell’ictus, al di là della trombolisi, che tuttavia non è praticabile in tutti gli ictus ischemici, l’acido acetilsalicilico (ASA) in
prevenzione secondaria preserva da morte o disabilità 1,2 pazienti ogni 100 trattati, mentre l’approccio multidisciplinare in fase acuta mediante ricovero in una
Stroke Unit ne preserva 5,6 ogni 100.8 Si può quindi ritenere il ricovero in Stroke
Unit il miglior trattamento disponibile per i pazienti con ictus cerebrale acuto.
STORIA DELLE STROKE UNIT
L’avvio delle prime Stroke Unit (SU) in Inghilterra e negli Stati Uniti risale agli
anni ‘60, sotto l’esempio delle unità coronariche. Presto divenne evidente che
non era sufficiente la sola gestione della fase acuta dei pazienti con ictus, ma che
era necessaria un’organizzazione assistenziale più integrata, in particolare per la
riduzione del danno funzionale, e quindi con un preciso rapporto con l’attività
riabilitativa. Negli anni ‘70/‘80 si svilupparono SU dedicate prevalentemente agli
aspetti riabilitativi dell’ictus. Solamente in Francia (con Jean-Marc Orgogozo) e
in Italia (con il gruppo di Cesare Fieschi) si svilupparono invece SU dove l’attenzione veniva focalizzata sugli aspetti di fisiopatologia della fase acutissima dell’ictus, con la nascita del concetto di “finestra terapeutica”. Intorno agli anni ‘90,
l’introduzione di trattamenti specifici per la fase acuta, quali la terapia trombolitica, riportò di nuovo l’interesse su questa fase della malattia e riacquistarono
importanza le SU intensive per il monitoraggio adeguato dei pazienti sottoposti
a trattamenti sperimentali per la fase acuta. Molte esperienze realizzate nell’ambito di queste SU vennero sistematizzate mediante studi clinici controllati. La
prima dimostrazione che il ricovero in strutture organizzate riducesse la mortalità dei pazienti con ictus cerebrale venne da una metanalisi basata su studi clinici
controllati, molto eterogenei, che comparavano i risultati dell’assistenza all’ictus
in SU rispetto a reparti convenzionali, pubblicata sul Lancet nel 1993.9 Questi
dati vennero confermati da una seconda metanalisi nel 1997.10 Da allora il numero delle SU è aumentato costantemente sia in Europa che in Italia. I benefici
ottenuti attraverso il ricovero in SU si realizzano a prescindere dall’introduzione di terapie speciali e sono dovuti alla competenza del personale sanitario, alla
profilassi delle complicanze, alle misure di prevenzione delle recidive e alla programmazione precoce della riabilitazione.
Le SU hanno dimostrato di ridurre del 18% il rischio relativo di mortalità, del
29% il dato combinato morte/dipendenza e del 25% il dato combinato morte/
istituzionalizzazione.10 La più recente revisione Cochrane della Stroke Unit Trialists’ Collaboration (2007) ha confermato che il trattamento in SU rispetto a un
reparto non specializzato riduce la mortalità del 3% in termini di rischio assoluto,
la dipendenza del 5% e l’istituzionalizzazione del 2%.11 Il beneficio si osserva in
Le Stroke Unit
5
tutti i tipi di pazienti, indipendentemente da sesso, età, sottotipo e gravità dell’ictus. Lo studio PROSIT ha confermato nella popolazione italiana il vantaggio
dell’assistenza in aree dedicate (SU) rispetto a reparti convenzionali in termini di
ridotta mortalità e disabilità (odds ratio 0,81; p = 0,0001), anche in questo caso
a prescindere dall’età e dalle caratteristiche cliniche dei pazienti, eccetto che per
lo stato di coscienza.12 In un’analisi apparsa sul British Medical Journal, Sudlow
e Warlow ribadiscono che il beneficio in termini di ridotta mortalità e invalidità è largamente superiore per il trattamento in SU rispetto alla terapia della fase
iperacuta con trombolisi sistemica, perché il numero di pazienti che possono beneficiare del ricovero in SU è enormemente più alto rispetto alla percentuale di
quelli che possono essere trattati con la trombolisi, anche nella più ottimistica
delle ipotesi.13
Le linee guida europee e italiane raccomandano espressamente il ricovero in
Unità Ictus per tutti i pazienti colpiti. L’edizione del 2008 (e successive) delle linee guida della European Stroke Organization (ESO) raccomanda che “tutti i
pazienti con ictus dovrebbero essere trattati in una SU” (Class I, Level A) e che “i
pazienti affetti da sospetto ictus dovrebbero essere trasportati tempestivamente
alla più vicina struttura sanitaria dotata di una SU in grado di garantire un trattamento precoce” (Class III, Level B).14
Secondo l’ESO 2008, per SU s’intende “un’area di un ospedale, dedicata e geo­
graficamente definita, che tratta i pazienti con ictus, dotata di personale specializzato in grado di garantire un approccio multidisciplinare coordinato ed esperto al
trattamento e all’assistenza, comprendente alcune discipline fondamentali: il medico, l’infermiere, il fisioterapista, il terapista occupazionale, il terapista del linguaggio, l’assistente sociale”. Gli aspetti qualificanti delle SU secondo la Stroke
Unit Trialists’ Collaboration sono: la multiprofessionalità dell’équipe, l’approccio
integrato medico e riabilitativo, la formazione continua del personale, l’istruzione
del paziente e dei familiari.
LIVELLI FUNZIONALI DI STROKE UNIT
Occorre partire dall’esperienza statunitense per acquisire il concetto di due livelli
funzionali di Stroke Centers (Primary, PSC, e Comprehensive, CSC), differenziati
sulla base delle diverse dotazioni strumentali oltre che delle caratteristiche della
struttura ospedaliera che le ospita. Considerando inoltre le esperienze europee e
di alcune regioni italiane, in Italia si sono configurati da due a tre livelli operativi di SU, tutti gestiti, ove possibile, da neurologi. Le prime indicazioni in merito
sono state fornite da un decreto del 2008 della Regione Lombardia,15 cui hanno
fatto seguito altre determinazioni regionali (Piemonte, Veneto, Sicilia, Calabria)
con analoghe caratteristiche o differenze solo minimali.
6
Quarto rapporto sull’ictus
Stroke Unit di I livello
Sono necessarie per rispondere, a livello territoriale, al fabbisogno di ricovero e
cura per la maggior parte dei pazienti con ictus cerebrale. Si caratterizzano per la
presenza, in area di degenza specializzata per pazienti con ictus, di:
• competenze multidisciplinari (compreso personale specializzato per l’erogazione di procedure eco-color Doppler dei tronchi sovraortici ed ecocardiografia, inclusive o esistenti nel contesto della struttura);
• almeno un medico esperto (preferibilmente neurologo) dedicato;
• personale infermieristico formato e in numero adeguato;
• possibilità di monitoraggio di almeno un posto letto;
• riabilitazione precoce (fisioterapia, logopedia, terapia occupazionale);
• assistente sociale;
• TC cerebrale 24 ore al giorno e 7 giorni alla settimana (24/7);
• collegamento operativo con le SU di II e III livello per invio immagini e consultazione (telemedicina);
• collegamento operativo (protocolli condivisi di valutazione del danno e della
disabilità, di indicatori di processo riabilitativo e di esito) con una o più strutture riabilitative territoriali;
• collegamento operativo con il territorio (Medicina generale, Servizi assistenziali).
Stroke Unit di II livello
Oltre ai requisiti delle SU di I livello, quelle di II livello devono poter garantire:
• la terapia fibrinolitica endovenosa;
• la pronta disponibilità neurochirurgica (anche in altra sede con supporto tecnologico telediagnostico);
• TC cerebrale e/o angio-TC h24 con apparecchio volumetrico multistrato ad almeno 16 strati (possibilmente 64 strati) [e/o RM encefalo, RM-DWI, angio-RM];
• diagnostica neurosonologica a carico dei vasi epiaortici e intracranici (erogata
da personale dedicato o dallo specialista neurovascolare);
• ecocardiografia transtoracica e transesofagea.
La guardia neurologica in h24/7 può essere in comune tra SU e Reparto o Servizio
di Neurologia dell’ospedale. Tuttavia i neurologi dedicati alla SU, al di là dei turni
di guardia, si occupano solo dell’attività della SU. La loro numerosità deve naturalmente essere adeguata alla numerosità dei letti ed al turnover dei pazienti. Le SU di
II livello presentano, ovviamente, alcune caratteristiche organizzative in comune con
quelle di III livello: i posti letto previsti possono variare da 6 a 20 (di cui almeno la
Le Stroke Unit
7
metà semintensivi, monitorati), mentre il personale deve essere costituito da figure
professionali specialistiche multidisciplinari complementari (tabella 1.1).16 Il personale medico, infermieristico e tecnico deve avere una specifica formazione con un adeguato percorso di inserimento. Possono essere anche previsti meccanismi di turnover.
Stroke Unit di III livello (Centri di riferimento/eccellenza)
Oltre ai requisiti delle SU di II livello, definisce le SU di III livello la presenza di:
• neuroradiologia (24/7) con: TC volumetrica multistrato a 64 strati, con programmi di ricostruzione angiografica e perfusionale; apparecchio da 1,5 Tesla per
RM, RM-DWI, RM-PWI e angio-RM con pacchetto per rapida effettuazione;
• interventistica endovascolare con camera con angiografo digitale con arco a C
e con Flat Pannel disponibile in h24 con medici, tecnici e infermieri in pronta
reperibilità;
• neurochirurgia (24/7 o reperibilità);
• chirurgia vascolare (24/7 o reperibilità);
• attività di ricerca clinica e/o di base nel settore;
• possibilità di effettuare: angiografia cerebrale; fibrinolisi intra-arteriosa (urgenza); trombectomia meccanica (urgenza); stent extra e intracranico; embolizzazione di malformazioni AV, aneurismi (programmazione); endoarteriectomia (urgenza); craniotomia decompressiva, clipping degli aneurismi.
Nelle SU di III livello la guardia in h24/7 deve essere ricoperta solo dal personale
dedicato.
È auspicabile che le SU di I livello acquisiscano nel tempo le dotazioni e le conoscenze necessarie per il trattamento fibrinolitico endovenoso, così da effettuare
la transizione dal I al II livello (configurando di fatto, a termine, solo due livelli
organizzativi). Solo per le SU di II e III livello può essere prevista l’assegnazione
della Specialità Clinica di SU all’ospedale.
CRITICITÀ ATTUALI NELL’ASSISTENZA ALL’ICTUS CEREBRALE
A fronte dei dati di prevalenza e di incidenza dell’ictus cerebrale, l’offerta assistenziale è assai diversa nelle varie Regioni italiane e nelle differenti realtà sanitarie della stessa Regione. Questo non solo in termini di trattamento fibrinolitico sistemico
per l’ictus ischemico acuto, ma anche relativamente al trattamento fibrinolitico loco-regionale per via intrarteriosa o alla trombectomia meccanica e più in generale
all’approccio endovascolare alla malattia cerebrovascolare. Differente nelle varie
aree geografiche è la presenza di letti dedicati alla cura dell’ictus, così come assai
8
Quarto rapporto sull’ictus
Tabella 1.1 - Dotazioni necessarie per definire un Comprehensive Stroke Center (CSC).16
Personale
Trattamenti invasivi
Neurologo 24/7
Medico esperto 24/7
Radiologo interventista (reperibile)
Neurochirurgo (reperibile)
Team multidisciplinare*
Chirurgo vascolare
Infermieri esperti (dedicati)
Staff del DEA
Medico esperto in ultrasonografia carotidea
Medico esperto in ecocardiografia
Assistente sociale
Medico esperto in riabilitazione
Logoterapia (entro 2 giorni)
Fisioterapia (entro 2 giorni)
rt-PA e.v. 24/7
Trombolisi intra-arteriosa 24/7
Supporto ventilatorio
Chirurgia degli aneurismi
Chirurgia carotidea*
Angioplastica e stenting*
Emicraniectomia
Derivazione ventricolare
Chirurgia evacuativa (ematoma)
Procedure diagnostiche
TC cerebrale 24/7
Codice di priorità TC per pazienti con
ictus*
RM (T1, T2, T2 FLAIR*) 24/7
RM-DWI
Doppler sonografia vasi extracranici*
Doppler sonografia vasi extracranici 24/7
Sonografia duplex vasi extracranici*
Sonografia duplex vasi extracranici 24/7
Doppler transcranico
Angio-TC
Angio-RM
Angiografia cerebrale (transfemorale)
Ecocardiografia transtoracica*
Ecocardiografia transesofagea
Monitoraggio
ECG (a letto)
Saturimetria
Pressione arteriosa
Frequenza respiratoria
Temperatura
Infrastrutture
DEA (nell’Ospedale)*
Reparto di riabilitazione
Unità intensiva multidisciplinare
Riabilitazione pazienti ricoverati
Riabilitazione ambulatoriale disponibile
Collaborazione con centro di riabilitazione
esterno
Centro trombosi
Procedure e protocolli
Insegnamento universitario (ictus)
Descrizione dell’iter diagnostico-terapeutico
Database
Protocolli per rt-PA e.v.
Programma di informazione alla popolazione
Programma di prevenzione
Percorsi di cura per l’ictus*
Ricerca clinica
Grant per la ricerca
Ricerca farmaci
Internato clinico sull’ictus
Coordinamento studi ictus
Unità di ricerca sull’ictus
* Per la qualifica corrispondente ciascun centro deve possedere almeno l’80% dei requisiti riportati.
Le Stroke Unit
9
Maschi
Femmine
Piemonte
Valle d’Aosta
Lombardia
Trentino Alto Adige
Veneto
10,1
7,8
Friuli Venezia Giulia
Liguria
Emilia Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Italia
13
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
10,8
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
Figura 1.1 - Mortalità per malattie cerebrovascolari: tasso standardizzato diretto per Regione (per 10.000), anno 2003. Popolazione standard: Italia 2001 (Fonte: Istat, Health
for all).
differente è la mortalità per ictus nelle diverse Regioni (figura 1.1).2 È altresì evidente che, ai fini della riduzione della mortalità, della disabilità residua e della necessità
di istituzionalizzazione della persona colpita da ictus, il problema non si limita alla
fase acuta, dove il trattamento trombolitico gioca il ruolo maggiore,17 ma va visto
in un’ottica globale che va dal riconoscimento dei primi sintomi dell’evento cerebrovascolare all’attivazione del servizio territoriale dell’emergenza urgenza, all’individuazione e allertamento delle strutture adeguate al trattamento dello specifico
caso, alla gestione intraospedaliera, al progetto e al trattamento riabilitativo, alla
prevenzione secondaria, all’auspicabile rientro al domicilio, alla presa in carico della persona colpita da ictus da parte del medico di medicina generale (MMG), dello
10
Quarto rapporto sull’ictus
specialista territoriale o dell’assistenza domiciliare integrata (ADI). Lo studio IMPLICA (2009), svolto nell’area romana, ha evidenziato che le chiamate al 118 per
“sospetto ictus” per anno per milione di popolazione erano 8000, ma solamente il
44% dei pazienti raggiungeva un Pronto Soccorso (PS): nella maggior parte dei casi
veniva confermata la diagnosi di ictus acuto, ma solo il 17% dei pazienti riusciva ad
avere accesso a una SU, dal momento che nella zona i posti letto di SU erano solamente 8 rispetto ai 50 considerati necessari. La conseguenza è che i pazienti trattati
con trombolisi sono stati solamente lo 0,4% della popolazione iniziale, e solo l’8%
di quelli potenzialmente trattabili.18
L’emorragia subaracnoidea (ESA) presenta altrettante criticità. Mentre l’incidenza di altri tipi di ictus (infarto cerebrale ischemico ed emorragia intracerebrale) è diminuita tra gli anni ‘50 e gli anni ‘80, quella dell’ESA non è cambiata
e l’outcome per i pazienti rimane grave, con alti tassi di mortalità (40-50%) e
un’importante morbilità tra i sopravvissuti.
Essendo indiscutibili i progressi fatti nelle conoscenze, nei metodi diagnostici,
nelle tecniche chirurgiche ed endovascolari e nelle strategie terapeutiche perioperatorie, si deve immaginare che il persistere di una cattiva prognosi dipenda da
una non corretta gestione clinica. Si è resa quindi necessaria l’identificazione e la
configurazione di percorsi e processi di cura che siano efficienti, efficaci, realizzabili, verificabili e omogenei su tutto il territorio nazionale. Solo in questo modo è
possibile ottenere il massimo beneficio per il cittadino e il migliore utilizzo delle
risorse disponibili. All’interno di questi processi e percorsi di cura la SU deve essere programmata per essere non solo il momento diagnostico-terapeutico dell’ictus
ischemico acuto, ma anche il centro decisionale di una diagnostica differenziale
che deve coinvolgere in urgenza, in codice rosso, altre specialità e competenze,
quali la Neurochirurgia (per le ESA e gli ematomi intraparenchimali e subdurali),
la Chirurgia vascolare (per le dissecazioni arteriose o le trombosi acute di carotide), la Radiologia interventistica (per il trattamento endovascolare delle tromboembolie cerebrali in fase acuta e per gli approcci endovascolari nelle ESA e nelle
MAV). Se recenti dati di epidemiologia indicano chiaramente che in oltre l’80%
dei casi il nuovo ictus ha natura ischemica, la stessa fonte indica che ogni anno vi
sono almeno 40.000 casi di ictus non-ischemico: emorragie cerebrali, ematomi,
emorragie subaracnoidee, sanguinamenti da rottura di aneurismi, da trombosi venose, da malformazioni artero-venose, cavernomi e altro ancora.19 Anche per questi motivi, al di là della SU, e per una percentuale elevatissima di pazienti (l’87%
se si considerano i dati di Roma) che arrivano al DEA ma non rispondono ai criteri della trombolisi (per ritardo nella diagnosi, per età, per varie altre comorbilità), un ruolo importante possono svolgere aree neurologiche semintensive quali
si vanno organizzando negli ospedali dotati di Neurologia ed aperti all’Urgenza.20
Tali strutture risultano fondamentali, ad esempio, nei malati con lesioni non ancora stabilizzate, quali gli ematomi intraparenchimali non destinati al trattamento
Le Stroke Unit
11
neurochirurgico. Il vantaggio delle SU è inoltre basato sull’integrazione tra l’assistenza della fase acuta e quella di ordine neuroriabilitativo, secondo il modello che
coniuga nella stessa struttura l’assistenza medica, con particolare attenzione alla
prevenzione delle complicanze, a quella finalizzata al recupero motorio, cognitivo,
timico, secondo un processo di cura per cui dalla semintensività necessaria in fase
acuta si passa alla successiva riabilitazione neurologica. In un modello assistenziale così organizzato si realizza pienamente un approccio multidisciplinare e multiprofessionale in grado di ridurre sensibilmente le conseguenze individuali e sociali
dell’ictus, contribuendo anche ad una effettiva diminuzione dei costi e dei tempi
di degenza ospedaliera globale, come dimostrato da varie evidenze scientifiche
della letteratura internazionale.21 Va sottolineato come il ruolo della neuroriabilitazione, di per sé già attualmente rilevante, lo diventerà ancora di più nei prossimi
anni, in conseguenza sia dell’aumento dell’età media della popolazione, sia per la
concomitante riduzione della mortalità nella fase acuta, per la prevedibile maggiore diffusione nei prossimi anni delle SU e dei trattamenti trombolitici.
PERCORSI DIAGNOSTICO-TERAPEUTICI PER LA CURA DELL’ICTUS
Il percorso assistenziale dell’ictus inizia dal momento della presentazione in PS e
un adeguato modello organizzativo è rilevante non soltanto per una gestione efficace del paziente con ictus acuto, ischemico o emorragico, in termini di outcome
(riduzione della mortalità in acuto e della disabilità a lungo termine), ma anche
per una riduzione dell’impatto economico dell’ictus nel lungo periodo. Il costo
di una SU che si faccia carico con rapidità del paziente già in PS potrebbe anche
essere più elevato rispetto a un’unità di cura non specializzata; essa tuttavia garantisce un guadagno in termini di salute e di costi nel lungo termine. Questi ultimi
variano di molto tra i diversi Paesi: in quelli industrializzati il valore del ricovero
per ictus oscilla tra $ 41.257 in Australia e $ 104.629 nel Regno Unito, ma nelle
revisioni della letteratura il range è molto più ampio, essendo compreso tra $ 486
e $ 146.149 e presentando solo negli USA oscillazioni fino a 20 volte.22 Di fronte
a una spesa così elevata è evidente che, al di là della prevenzione, è importante
l’individuazione di percorsi assistenziali che siano in grado di garantire non solo
un beneficio in termini di salute, ma anche una migliore utilizzazione delle risorse
e un risparmio economico. Saka et al. (2009) hanno dimostrato come la gestione
del paziente in SU, con dimissione precoce programmata, comporti il maggiore
vantaggio in termini di costo/efficacia rispetto al ricovero in SU o in reparto non
specializzato senza dimissione precoce.23 Il problema dei costi dell’ictus, d’altra
parte, non può non considerare che esso si intreccia frequentemente con quelli di
numerose patologie neurologiche non vascolari a esordio acuto, le quali, anche se
meno frequenti, sono generalmente altrettanto severe in termini di mortalità e di
12
Quarto rapporto sull’ictus
disabilità. Anche per queste la diagnosi tempestiva e la gestione competente sono
essenziali e il neurologo è lo specialista che se ne deve fare carico. Un’impostazione assistenziale che preveda la gestione dei reparti di SU in senso restrittivo toglierebbe la possibilità di fornire un’assistenza specialistica in ambiente adeguato
alle altre patologie di interesse neurologico che possono presentarsi con caratteristiche di emergenza/urgenza, spesso in diagnosi differenziale con l’ictus stesso.
Tali patologie sono rappresentate, ad esempio, dallo stato di male epilettico, da
quello confusionale acuto, dalla crisi miastenica, dalla sindrome di Guillain-Barré acuta, ma anche dal trauma cranico con o senza disturbo di coscienza non di
interesse chirurgico ma con necessità di ricovero. Appare quindi evidente come
il modello organizzativo della SU, in virtù delle competenze professionali che utilizza, dell’accesso in urgenza alle diagnostiche, della possibilità di monitoraggio
semintensivo dei pazienti e dell’aspetto multidisciplinare che la caratterizza, può
utilmente essere impegnato anche nella diagnosi e terapia di queste urgenze neurologiche non vascolari, secondo un concetto più allargato di aree “critiche” di
Neurologia d’Urgenza e Stroke Unit.20
La fase pre-ospedaliera: dal 118 al Pronto Soccorso
Il concetto “time is brain” ha portato al centro della riflessione sull’ictus cerebrale
il problema del tempo che intercorre tra l’esordio dei sintomi dell’ictus e l’effettivo accesso del paziente alla terapia, sia per quanto riguarda gli eventi ischemici,
in quanto passibili di trattamento mediante trombolisi, sia per quelli emorragici
e subaracnoidei da rottura di aneurisma intracranico. Questo lasso di tempo può
essere distinto in tre componenti principali:
1. tempo di consapevolezza: dall’insorgere dei sintomi alla presa di coscienza da
parte del paziente;
2. tempo di aiuto: entro il quale viene chiamato il medico;
3. tempo di accesso: impiegato per arrivare in ospedale.
Un problema rilevante nella cura dell’ictus acuto è rappresentato dal fatto che la
maggior parte dei pazienti non riceve un’adeguata terapia perché non raggiunge
abbastanza precocemente l’ospedale. Dei circa 130.000 casi di ictus che si ricoverano per anno negli ospedali italiani circa il 30% giunge in un PS entro le 3 ore
e solamente il 25% di questi è trattabile con la fibrinolisi (10.000 pazienti). Nella
realtà attuale, di questi 10.000 casi teorici trattabili viene trattato a oggi poco più
del 10%. Alcuni studi indicano il ritardo pre-ospedaliero come responsabile di
oltre l’80% del ritardo diagnostico e terapeutico nell’ictus, benché tali dati siano
in continuo miglioramento e debbano essere correlati all’area territoriale oggetto
della rilevazione.18
Le Stroke Unit
13
Le principali criticità sono rappresentate da:
• scarsa organizzazione del percorso extra-ospedaliero principalmente determinata dal ritardo tra l’esordio dei sintomi e la chiamata del 118 o l’autopresentazione in PS;
• disinformazione della popolazione sul tema ictus, che determina una scarsa
consapevolezza, provoca infatti ritardi di presentazione all’osservazione specialistica, con inevitabili ricadute negative sulla gestione complessiva;
• ridotto numero di accessi al PS tramite il 118 (quantificabile nel 20-40% dei
pazienti, a seconda delle casistiche e dei livelli di informazione/formazione di
popolazione e operatori del settore);
• mancata ottimizzazione del percorso intra-ospedaliero, spesso condizionata
dall’assegnazione al caso clinico di un codice triage non adeguato.
Appare quindi necessario migliorare i percorsi di cura e la consapevolezza nella popolazione, al fine di garantire il trattamento ai pazienti candidabili e incrementare il
numero dei pazienti che giungono in PS entro la finestra terapeutica. L’adozione di
un “Codice Ictus”, definito dall’attribuzione al triage di un codice che prefiguri, sia
per gli ictus ischemici candidabili alla trombolisi, sia per molti ictus emorragici, un
percorso assimilabile, in termini di urgenza di trasporto, a un codice rosso, potrebbe ridurre i tempi di gestione del paziente. In base alla variabile tempo, l’ictus può
essere quindi classificato in tre categorie: emergenza (<4,5 ore), urgenza (4,5-6 ore)
e urgenza minore (>6 ore). Questo è un modello organizzativo prioritario per i pazienti identificati come possibili ictus a domicilio da parte dei soccorritori del 118 e
configura uno strumento che, coinvolgendo attivamente gli operatori della fase pree ospedaliera (118, medico dell’urgenza, neurologo d’urgenza/Stroke Unit), si è
mostrato in grado di incrementare significativamente il numero di pazienti eleggibili al trattamento trombolitico. Allo stesso tempo appare verosimile come esso possa
rendere più rapido l’accesso all’ospedale dei pazienti con ictus che richiedano un
tempestivo intervento neurochirurgico (emorragia subaracnoidea), o di chirurgia
vascolare o, ancora, di approccio endovascolare (stenosi preocclusiva di carotide,
di vertebrale, di basilare o di cerebrale, embolizzazione di aneurisma intracranico).
Il paziente con ictus dovrebbe essere trasportato alla SU più idonea in base al
criterio temporale dell’esordio dei sintomi, ovviamente in rapporto alla disponibilità territoriale di SU di II e III livello:
• <4 ore a SU di II e III livello;
• da 4,5 a 6 ore a SU di III livello;
• >6 ore a SU di I livello (fatta eccezione per gli ictus ischemici in territorio vertebro-basilare, che possono essere trattati con trombolisi locoregionale entro
le 8 ore e che quindi dovrebbero essere trasportati in SU di III livello).
14
Quarto rapporto sull’ictus
Anche in caso di sospetta ESA il paziente deve essere trasportato presso una SU
di III livello per un inquadramento diagnostico-terapeutico immediato che prevenga il rischio di un risanguinamento precoce. Dalle SU di I e II livello, i pazienti con indicazione a intervento neurochirurgico in tempi brevi (ESA o emorragia
cerebrale con indicazione all’intervento) o di chirurgia vascolare o di approccio
endovascolare (stenosi preocclusiva di carotide, di vertebrale, di basilare o di cerebrale, embolizzazione di aneurisma intracranico) dovranno essere inviati alla
SU di III livello più vicina (trasporto primario differito).
L’obiettivo del trasporto alla struttura più idonea può essere raggiunto tramite
i seguenti provvedimenti:
• identificazione e operatività delle SU territoriali di III livello (eventualmente
in rete con altre di analogo livello operazionale, per quanto riguarda le prestazioni di neurochirurgia, di chirurgia vascolare o di radiologia interventistica);
• razionalizzazione territoriale delle risorse professionali e tecnologiche;
• sviluppo di SU di II livello per le procedure di rivascolarizzazione intravenosa
in caso di patologia ischemica, o presidi farmacologici di stabilizzazione delle
condizioni cliniche in quello di patologia emorragica, al fine di concentrare
interventi ad alta complessità nel Centro a elevata specializzazione (SU di III
livello), mantenendo un collegamento efficace ed efficiente con i Centri periferici e razionalizzando le risorse umane e tecnologiche.
La fase intraospedaliera
Quando il paziente con ictus giunge presso l’ospedale di accoglimento, diventa
cruciale lo svolgimento di tutte quelle procedure, diagnostiche e terapeutiche,
necessarie all’inquadramento della condizione clinica e al rapido trattamento. Il tempo di esecuzione delle indagini risulta di fondamentale importanza
nelle strutture ospedaliere che, dotate di SU, devono far fronte in emergenza
alle condizioni richieste dall’urgenza del trattamento, farmacologico e non,
dell’ictus in fase acuta. Registri ospedalieri, realizzati anche in Italia negli anni
scorsi, hanno evidenziato come la tempistica di esecuzione di tali indagini sia
spesso troppo lunga e tale da compromettere l’effettiva somministrazione dei
trattamenti trombolitici o l’attuazione delle metodiche interventistiche in diversi casi.24 È quindi necessario che una pianificazione con scrupoloso rispetto
dei tempi venga realizzata nel PS e quindi anche nella SU affinché il tempo impiegato nell’esecuzione di tutte le procedure necessarie per l’inquadramento
del paziente con ictus venga ridotto al massimo. Figura cruciale nella gestione
del processo diagnostico/terapeutico dell’ictus (e delle condizioni neurologiche che con esso entrano in diagnosi differenziale) è quella del neurologo in
urgenza.25
Le Stroke Unit
15
Neurosonologia
Eco-color-Doppler TSA, TCD, TCCD
Neurofisiologia
Osservazione
breve intensiva
Neurologo
d’urgenza
Neurologia d’urgenza
Neurochirurgia
Chirurgia vascolare
Stroke Unit
Terapia intensiva
Cardiologia
Aree internistiche
Aree chirurgiche
DEA
Diagnostica per immagini
TC, angio-TC, pTC, RM, MRA, DWI-PWI
Interventistica neurovascolare
Trombolisi i.a., embolectomia
Stenting extra/intracranico
Figura 1.2 - Modello di transizione dal Pronto Soccorso/DEA alla Stroke Unit/Neurologia d’Urgenza (modificata da Casazza et al.26).
Un modello di transizione dal Pronto Soccorso/DEA alla Stroke Unit/Neurologia d’Urgenza è quello descritto nella figura 1.2, possibile in un contesto organizzativo assimilabile alla SU di III livello quanto a dotazioni ospedaliere generali. In
questo modello, l’attività di pronto soccorso sulla patologia neurologica urgente
(tra cui l’ictus acuto) è svolta dal Dipartimento Emergenza Accettazione (DEA)
con specialisti neurologi operanti all’interno di un’Unità Operativa che riunisca
insieme le competenze sulle urgenze neurologiche in generale e le malattie cerebrovascolari acute in particolare.21
Nella figura 1.3 è riportato il protocollo gestionale dell’ictus ischemico acuto.
Tale procedura si pone l’obiettivo di ridurre al minimo il rischio di valutazione
inappropriata del paziente al triage con particolare attenzione al rispetto dei tempi ottimali di trattamento così definiti:
• triage-presa in carico: 10 minuti;
• esecuzione con referto degli esami ematochimici: 30 minuti.
Contemporaneamente all’esecuzione degli esami ematochimici:
•
•
•
•
•
valutazione clinica: 10 minuti;
valutazione neurologica e NIHSS: 10-15 minuti;
esecuzione e valutazione TC cerebrale: 10-25 minuti;
consenso informato: 5-15 minuti;
tempo totale “door to needle”: 45-90 minuti.
Nella figura 1.4 è riportato il percorso diagnostico-terapeutico per sospetto ictus.26
16
Quarto rapporto sull’ictus
Valutazione generale immediata <10 minuti
• ABC e segni vitali
• Somministrare O2 con cannula nasale
• Accesso venoso; emocromo, elettroliti, coagulazione, destrostick
• ECG
Intervallo di tempo tra l’insorgenza dei sintomi e l’arrivo in Pronto Soccorso
<4 ore
4,5-6 ore
>6 ore
Urgenza - Codice Ictus
Chiamare immediatamente
il neurologo
Urgenza - Codice Ictus
Chiamare immediatamente
il neurologo
Urgenza minore
Paziente oltre la finestra
terapeutica per la trombosi.
Chiamare il neurologo
Richiedere TC encefalo con urgenza
Avvisare il radiologo della possibilità di trombosi venosa
Lettura TC: tempo consigliato max <45 minuti dall’ingresso
Richiedere TC encefalo
Rivalutazione TC encefalo
Ricovero in Stroke Unit sulla
base dei criteri di ammissione
BIANCO: Pronto Soccorso
Il neurologo deve seguire direttamente l’iter del paziente
fino alla decisione terapeutica nella finestra temporale prevista.
Nelle ore notturne avvisare il neurologo di guardia
per il monitoraggio clinico
GRIGIO: neurologo
Figura 1.3 - Protocollo gestionale dell’ictus ischemico acuto (modificata da Casazza et al.26).
TERAPIA DELLA FASE ACUTA DELL’ICTUS ISCHEMICO:
ORGANIZZAZIONE ASSISTENZIALE
Trombolisi sistemica
Il paziente ricoverato in SU, o ancora in osservazione presso il DEA/EAS, qualora vi sia indicazione clinica e strumentale viene sottoposto a trattamento fibrinolitico secondo il protocollo SITS-ISTR (figura 1.5).27 Casi selezionati possono poi
essere arruolati in protocolli farmacologici di neuroprotezione/ricanalizzazione.
Ad oggi la trombolisi sistemica rappresenta l’unico trattamento medico specifico per la fase acuta dell’ictus ischemico in grado di ridurre significativamente
Le Stroke Unit
17
Accesso in Pronto Soccorso/Stroke Unit per sospetto ictus
Valutazione generale immediata
• ABC e segni vitali
• Somministrare O2 con cannula nasale
• Accesso venoso e prelievo campione di sangue
• Glucostick
• ECG 12 derivazioni
Ictus ischemico
• EN in rapido miglioramento?
• Controllare criteri di inclusione/esclusione
• Verificare intervallo sintomi-ricovero
Valutazione neurologica immediata
• Breve anamnesi con valutazione inizio sintomi
• ECG
• GCS, NIHSS
• Richiedere TC (o RM) encefalo
(eventuale angio-TC, o angio-RM,
o ecocolor TSA e Doppler transcranico)
No
Presenza di emorragia alta
TC o RM?
Sì
No
Paziente candidato
per la trombolisi?
Consultare
il neurochirurgo (NCH)
Sì
Rivalutare rischi/benefici e ottenere
il consenso informato
Iniziare il trattamento
Figura 1.4 - Percorso diagnostico-terapeutico: selezione dei pazienti (modificata da Casazza et al.26).
mortalità e disabilità a 3 mesi nei pazienti trattati entro 4,5 ore dall’esordio dei
sintomi.26
Terapia endovascolare
Le tecniche endovascolari con l’uso di farmaci trombolitici, associate o meno a
manovre meccaniche (angioplastica, trombo-aspirazione, recupero del trombo),
sono indicate, nei centri con provata esperienza di Neuroradiologia interventistica, in presenza di occlusione dei tronchi arteriosi maggiori con quadro clinico
predittivo di elevato rischio di morte o gravi esiti funzionali.
18
Quarto rapporto sull’ictus
Preparare rt-PA 0,9 mg/kg
(max 90 mg)
• 10% in siringa (bolo)
• 90% in siringa per pompa
a infusione
Somministrare
bolo in 1 minuto
Verificare
la tollerabilità
Trattamento della
manifestazione allergica
Sì
Reazione
allergica?
No
Iniziare monitoraggio
Iniziare infusione
del 90% del farmaco
in pompa siringa.
Durata dell’infusione:
60 minuti
Se emorragia:
consulenza NCH
TC encefalo urgente
Stato neurologico
• Infusione: ogni 15 minuti
• Per 6 ore: ogni 30 minuti
• Per 12 ore: ogni 60 minuti
Comparsa di
cefalea grave, nausea,
vomito, deterioramento
dello stato di coscienza
STOP infusione
Pressione arteriosa
• Infusione: ogni 15 minuti
• Per 6 ore: ogni 30 minuti
• Per 12 ore: ogni 60 minuti
PAS >185 mmHg
o PAD >110 mmHg?
PT - Gestione crisi
ipertensiva nel
paziente con ictus
Figura 1.5 - Somministrazione della terapia trombolitica e sorveglianza (modificata da
Casazza et al.26).
In caso di:
1. sospetto clinico o neuroradiologico di occlusione dei tronchi arteriosi maggiori
(carotide interna, tronco principale dell’arteria cerebrale media, arteria basilare)
con quadro clinico predittivo di elevato rischio di morte o di gravi esiti funzionali;
2. pazienti non eleggibili alla trombolisi endovenosa perché esorditi con convulsioni o sintomi già presenti al risveglio, TC encefalo con perfusione ed eventuale angio-TC (o angio-RM e/o RM-DWI) positiva per ostruzione arteriosa,
specie prossimale;
Le Stroke Unit
19
Circolo carotideo
<4,5 ore
Controindicazioni
alla fibrinolisi e.v.
4,5-6,0 ore
Sì
No
Trombolisi e.v.
No miglioramento
Controindicazioni
alla fibrinolisi i.a.
No
Eco-DDS TSA
Angio-TC
Angio-RM
>8,0 ore
Sì
Eco-DDS TSA
Ricovero in Stroke Unit
Stenocclusione
ICA
Stenocclusione
ACM
Ricanalizzazione
endovascolare
Occlusione sifone
o ACM
Ricanalizzazione
endovascolare (rescue)
Figura 1.6 - Trombolisi sistemica o intrarteriosa in caso di ischemia nel territorio carotideo (modificata da Casazza et al.26).
3. compromissione neurologica severa (NHSS non inferiore a 10);
4. tempo di esordio dei sintomi inferiore a 6 ore;
5. elevato rischio emorragico;
6. recenti procedure chirurgiche;
7. assenza di ricanalizzazione/riperfusione dopo rt-PA e.v.
è possibile, in una SU di III livello, l’intervento di rivascolarizzazione per via arteriosa attraverso la trombolisi loco-regionale, la disostruzione meccanica o entrambi questi tipi di approccio terapeutico (figura 1.6).26
In casi selezionati, nei quali si sia già documentata attraverso Doppler transcranico o angio-TC o angio-RM l’occlusione di vasi intracranici di grosso calibro
20
Quarto rapporto sull’ictus
Circolo vertebro-basilare
<3,0 ore
Controindicazioni
alla fibrinolisi e.v.
3,8-8,0 ore
Sì
Controindicazioni
alla fibrinolisi i.a.
No
Trombolisi e.v.
No
>8,0 ore
Sì
Ricovero in Stroke Unit
Angio-TC
Angio-RM
No miglioramento
Ricanalizzazione
endovascolare (rescue)
Stenocclusione
arteria vertebrale
Stenocclusione
arteria basilare
Ricanalizzazione
endovascolare
Figura 1.7 - Trombolisi sistemica o intrarteriosa in caso di ischemia nel territorio vertebro-basilare (modificata da Casazza et al.26).
(trombo a T del sifone carotideo, trombosi di basilare), si può anche procedere
alla trombolisi e.v. in attesa del trattamento per via i.a. (tecnica di rescue) (figura
1.7).26
Endoarterectomia carotidea
La valutazione in urgenza della patologia carotidea è necessaria per individuare
un’eventuale stenosi critica, specie se subocclusiva, una trombosi acuta, un trombo o un ateroma flottante; viene effettuata più frequentemente mediante eco-color Doppler o angio-TC ai fini di un eventuale intervento di disostruzione (endoarterectomia carotidea – CEA) più che dilatazione (angioplastica con stenting).
L’intervento in acuto è da considerare solo in casi selezionati:
Le Stroke Unit
21
• paziente stabile e senza compromissione dello stato di coscienza, con TIA
recidivanti;
• o ictus in fase iniziale (prime 3-6 ore);
• o ictus in evoluzione.28
Emicraniectomia decompressiva
In presenza di edema “maligno” da ischemia nel territorio dell’arteria cerebrale media anche dell’emisfero dominante, può essere indicato il trattamento chirurgico decompressivo di emicraniectomia, la cui validità nel ridurre mortalità
e disabilità è stata anche recentemente ribadita da studi controllati e metanalisi.
Il giudizio di operabilità e la tempistica (precoce) dell’intervento derivano dalla
condivisione del percorso clinico tra neurologo e neurochirurgo.28
ICTUS EMORRAGICO
Emorragia intraparenchimale spontanea
In caso di sospetta emorragia intraparenchimale deve essere sempre prontamente richiesta la consulenza specialistica neurologica e, in caso di riscontro alla TC dell’encefalo di lesioni suscettibili di trattamento chirurgico, la valutazione neurochirurgica.
Il paziente viene poi ricoverato in SU a meno che non debba essere sottoposto
ad intervento chirurgico in urgenza. Al termine dell’intervento chirurgico il paziente verrà poi ricoverato in terapia intensiva.29
L’osservazione in SU o DEA, con o senza monitoraggio ICP, è preliminare alla
verifica dell’opportunità ed al tipo di trattamento chirurgico. I criteri di accesso
a quest’ultimo sono:
• ICH lobari con compromissione progressiva dello stato di coscienza (GCS = 5-10);
• ICH con evidente effetto massa all’esame TC dell’encefalo (edema, ernia transfalcale e/o uncale), possibilmente effettuato con sequenze angiografiche;
• pressione intracranica (ICP) costantemente elevata e resistenza alla terapia medica;
• peggioramento clinico rapido;
• ICH cerebellari (GCS <13 o ematoma >4 cm).
Emorragia subaracnoidea
Dopo aver rilevato la presenza di ESA di probabile origine aneurismatica alla TC
dell’encefalo, è indicato eseguire un’angio-TC per evidenziare o escludere la presenza di tale malformazione vascolare causa dell’emorragia. L’esame angiografico
22
Quarto rapporto sull’ictus
viene effettuato se ritenuto necessario. La valutazione del paziente con ESA deve
essere effettuata dal neurochirurgo (di concerto con il neuroradiologo interventista) che deve porre l’indicazione all’intervento laddove sia indicato o al ricovero
per osservazione clinica. In particolare, il neurochirurgo effettua una valutazione
urgente con il neuroradiologo interventista per decidere a favore del trattamento endovascolare, del trattamento chirurgico, del posizionamento di derivazione
ventricolo-peritoneale (DVE) oppure del non trattamento.30 Il paziente riconosciuto portatore di aneurisma intracranico che ha dato segni di ESA dovrà essere
ricoverato in area monitorata (SU o Terapia Intensiva) e opportunamente monitorizzato dal punto di vista neurologico e dei parametri vitali.
RIABILITAZIONE IN FASE ACUTA
L’attività riabilitativa in SU deve essere organizzata secondo un percorso di cura
condiviso. In particolare:
a. la presa in carico del paziente da parte del team riabilitativo deve avvenire entro 48 ore dall’evento ictale;
b. il programma di trattamento riabilitativo viene pianificato in rapporto ai livelli
di capacità comunicativa e partecipativa del paziente;
c. l’attività fisioterapica deve essere fortemente integrata con le attività mediche
ed infermieristiche della SU.31
La valutazione riabilitativa (medica) avviene alla stabilizzazione delle condizioni
cliniche, segue un approccio sistematico e produce il progetto riabilitativo individuale, presupposto dell’invio o meno del paziente a differenti regimi di riabilitazione secondo i vigenti criteri di appropriatezza.
LA RETE DELLE STROKE UNIT
Come abbiamo visto, la SU costituisce il fulcro della catena assistenziale all’ictus
cerebrale acuto, rappresentando la struttura dedicata all’interno della quale:
• si sviluppano operativamente le competenze sulla patologia cerebrovascolare
in fase acuta;
• si intraprende il più precocemente possibile la fase riabilitativa;
• si stabiliscono le basi per l’inizio della prevenzione secondaria, la quale rappresenta lo strumento più idoneo attualmente conosciuto per la riduzione delle recidive.
Le Stroke Unit
23
In quest’ottica appare cruciale che la SU interagisca, per i pazienti in arrivo, con
l’organizzazione sanitaria del territorio sulla base di modelli operativi condivisi
con il PS dell’ospedale nel quale è collocata e degli ospedali della stessa area che
non ne sono provvisti, oltre che con il 118, al quale è demandata la responsabilità
dell’arrivo il più precoce possibile dalla sede dell’evento acuto all’ospedale che è
dotato di PS e SU. Per i pazienti in uscita, la SU deve adeguatamente collegarsi
con le strutture di degenza post-acuzie e riabilitative più vicine e con il più elevato livello di specializzazione, ma anche con le aree di degenza e di lungodegenza
non solo riabilitative, in un rapporto dinamico che permetta il mantenimento
della continuità terapeutica e un feedback che eviti un distacco assistenziale tra
SU e tutte le altre problematiche legate all’ictus. Spettano al personale delle SU
la creazione e l’utilizzo di strumenti informativi e formativi, rivolti ai pazienti e
ai familiari, ma anche ai medici di medicina generale i cui pazienti sono stati ricoverati in queste strutture ospedaliere specialistiche e ai cui ambulatori ritornano per le visite di follow-up periodiche, come pure lo stabilire saldamente una
periodicità di incontri con i medici dei reparti riceventi i pazienti delle SU. La
SU si colloca quindi al centro di una struttura di complesse interrelazioni ambientali con funzioni differenti, spesso altamente specialistiche, dell’ospedale e
del territorio.
Già dagli inizi degli anni 2000, le SU lombarde si sono organizzate volendo
condividere l’approccio e le esperienze nell’ambito della cura dell’ictus cerebrale
in fase acuta. Si è quindi creato un network chiamato Stroke Unit Network (SUN
Lombardia), principalmente costituito dalle strutture neurologiche ospitanti le SU
e gestito in modo spontaneo dai responsabili delle stesse. Dalla fine del 2006 il SUN
Lombardia, che è stato promosso dalle sezioni regionali delle due società neurologiche (Società Italiana di Neurologia [SIN] e Società dei Neurologi, Neurochirurghi
e Neuroradiologi Ospedalieri [SNO]) italiane, ha elaborato un database elettronico
che rappresenta il substrato di un registro ospedaliero per l’ictus cerebrale, il quale
nel solo 2007 ha raccolto i dati di circa 8000 pazienti ricoverati presso 29 SU. Il registro rappresenta la prima realtà italiana di questo tipo e costituisce un eccellente
esempio della possibilità di collaborazione tra strutture operanti anche in ospedali
differenti.32 Le principali peculiarità di questo registro sono:
• un avanzato supporto informatico, con possibilità di analisi dei dati come la
compliance alle linee guida, l’individuazione “pesata” dei processi di cura nelle varie fasi del ricovero (urgenza, SU, dimissioni, follow-up) mediante tecniche di process mining;
• la definizione di indicatori di struttura, di processo e di esito (oggetto di confronti regolari tra i responsabili delle SU partecipanti al Registro);
• la possibilità di alimentazione del database del Registro a partire dalla lettera
di dimissioni dalla SU, così da semplificare le procedura di raccolta dei dati;
24
Quarto rapporto sull’ictus
• l’individuazione dei parametri indispensabili al triage e al successivo piano riabilitativo da parte dei neurologi della SU e dal fisiatra o dal neurologo riabilitatore nella fase acuta dell’ictus.
Il registro SUN Lombardia ha finora consentito un attivo e costante “aggiornamento” degli standard delle singole SU, migliorandone le performance assistenziali e individuando le criticità. L’elaborazione di una mole così consistente e
omogenea di dati rappresenta una vera risorsa per la comprensione e lo sviluppo
delle procedure assistenziali. La discussione periodica di questi risultati da parte
dei referenti delle SU permette anche quell’avanzamento omogeneo delle conoscenze che altrimenti sarebbe impensabile e, allo stesso tempo, crea una continuità e una reciprocità fra le strutture necessarie per quella continuità assistenziale
con il territorio e con gli altri ospedali non dotati di SU che a esse possono afferire
per la patologia cerebrovascolare acuta. La costituzione di un Registro Regionale
che annualmente verifichi l’adeguatezza dei Centri, in termini di prestazioni erogate e di risultati ottenuti, e che confluisca in un Registro Nazionale (avente sede
presso l’Istituto Superiore di Sanità) è anche auspicato per il mantenimento di
livelli di assistenza adeguati e omogenei per i pazienti trattati per ESA da rottura
di aneurisma e da aneurisma intracranico integro. Lo stesso Registro dovrebbe
essere in grado di garantire uniformità e omogeneità nella raccolta, archiviazione,
analisi dei dati e dei risultati relativi alle attività delle strutture.
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