1 Le Stroke Unit Giuseppe Micieli, Alessandra Persico INTRODUZIONE La patologia cerebrovascolare acuta rappresenta, nei Paesi industrializzati, la terza causa di morte dopo l’infarto miocardico acuto e le neoplasie (causando il 1012% di tutti i decessi per anno), la principale causa d’invalidità e la seconda causa di demenza, con conseguenti ingenti costi sociali ed economici.1 Ogni anno si verificano in Italia oltre 196.000 ictus, di cui circa il 20% è costituito da recidive.2 Il 75% degli ictus colpisce i soggetti ultra-sessantacinquenni. L’incidenza aumenta progressivamente con l’età raggiungendo il valore massimo negli ultra-ottantacinquenni. In Italia il tasso di prevalenza di ictus nella popolazione di età compresa fra i 65 e gli 84 anni è pari al 6,5%, ed è leggermente più alto negli uomini (7,4%) rispetto alle donne (5,9%).2-4 Il sensibile invecchiamento della popolazione porterà ad un inevitabile aumento dei casi di ictus in futuro. L’ictus colpisce, sia pure in misura minore, anche persone giovani e si stima che ogni anno il numero di persone in età produttiva (<65 anni) colpite da ictus sia intorno a 27.000.2 L’ictus ischemico rappresenta la forma più frequente di ictus (80% circa), mentre le emorragie intraparenchimali riguardano il 15-20% e le emorragie subaracnoidee il 3% circa.5 La mortalità acuta (a 30 giorni) dopo un ictus è pari a circa il 20% mentre quella a 1 anno è pari al 30% circa; le emorragie (intraparenchimali e subaracnoidee) hanno tassi di mortalità precoce più alti (30% e 40% circa dopo la prima settimana; 50% e 45% a 1 mese).6 A un anno dall’evento acuto, un terzo circa dei soggetti sopravvissuti a un ictus, indipendentemente dal fatto che sia ischemico o emorragico, presenta un grado di disabilità elevato, tanto da poterli definire totalmente dipendenti. Per la sua elevata incidenza e per l’elevato rischio di disabilità permanente a cui espone, l’ictus cerebrale costituisce quindi un problema assistenziale, riabilitativo, sociale ed economico di grandi dimensioni, rendendo conto del 2-4% della spesa sanitaria totale nelle nazioni sviluppate.7 Ad oggi, se si considerano 4 Quarto rapporto sull’ictus i trattamenti standard per la terapia dell’ictus, al di là della trombolisi, che tuttavia non è praticabile in tutti gli ictus ischemici, l’acido acetilsalicilico (ASA) in prevenzione secondaria preserva da morte o disabilità 1,2 pazienti ogni 100 trattati, mentre l’approccio multidisciplinare in fase acuta mediante ricovero in una Stroke Unit ne preserva 5,6 ogni 100.8 Si può quindi ritenere il ricovero in Stroke Unit il miglior trattamento disponibile per i pazienti con ictus cerebrale acuto. STORIA DELLE STROKE UNIT L’avvio delle prime Stroke Unit (SU) in Inghilterra e negli Stati Uniti risale agli anni ‘60, sotto l’esempio delle unità coronariche. Presto divenne evidente che non era sufficiente la sola gestione della fase acuta dei pazienti con ictus, ma che era necessaria un’organizzazione assistenziale più integrata, in particolare per la riduzione del danno funzionale, e quindi con un preciso rapporto con l’attività riabilitativa. Negli anni ‘70/‘80 si svilupparono SU dedicate prevalentemente agli aspetti riabilitativi dell’ictus. Solamente in Francia (con Jean-Marc Orgogozo) e in Italia (con il gruppo di Cesare Fieschi) si svilupparono invece SU dove l’attenzione veniva focalizzata sugli aspetti di fisiopatologia della fase acutissima dell’ictus, con la nascita del concetto di “finestra terapeutica”. Intorno agli anni ‘90, l’introduzione di trattamenti specifici per la fase acuta, quali la terapia trombolitica, riportò di nuovo l’interesse su questa fase della malattia e riacquistarono importanza le SU intensive per il monitoraggio adeguato dei pazienti sottoposti a trattamenti sperimentali per la fase acuta. Molte esperienze realizzate nell’ambito di queste SU vennero sistematizzate mediante studi clinici controllati. La prima dimostrazione che il ricovero in strutture organizzate riducesse la mortalità dei pazienti con ictus cerebrale venne da una metanalisi basata su studi clinici controllati, molto eterogenei, che comparavano i risultati dell’assistenza all’ictus in SU rispetto a reparti convenzionali, pubblicata sul Lancet nel 1993.9 Questi dati vennero confermati da una seconda metanalisi nel 1997.10 Da allora il numero delle SU è aumentato costantemente sia in Europa che in Italia. I benefici ottenuti attraverso il ricovero in SU si realizzano a prescindere dall’introduzione di terapie speciali e sono dovuti alla competenza del personale sanitario, alla profilassi delle complicanze, alle misure di prevenzione delle recidive e alla programmazione precoce della riabilitazione. Le SU hanno dimostrato di ridurre del 18% il rischio relativo di mortalità, del 29% il dato combinato morte/dipendenza e del 25% il dato combinato morte/ istituzionalizzazione.10 La più recente revisione Cochrane della Stroke Unit Trialists’ Collaboration (2007) ha confermato che il trattamento in SU rispetto a un reparto non specializzato riduce la mortalità del 3% in termini di rischio assoluto, la dipendenza del 5% e l’istituzionalizzazione del 2%.11 Il beneficio si osserva in Le Stroke Unit 5 tutti i tipi di pazienti, indipendentemente da sesso, età, sottotipo e gravità dell’ictus. Lo studio PROSIT ha confermato nella popolazione italiana il vantaggio dell’assistenza in aree dedicate (SU) rispetto a reparti convenzionali in termini di ridotta mortalità e disabilità (odds ratio 0,81; p = 0,0001), anche in questo caso a prescindere dall’età e dalle caratteristiche cliniche dei pazienti, eccetto che per lo stato di coscienza.12 In un’analisi apparsa sul British Medical Journal, Sudlow e Warlow ribadiscono che il beneficio in termini di ridotta mortalità e invalidità è largamente superiore per il trattamento in SU rispetto alla terapia della fase iperacuta con trombolisi sistemica, perché il numero di pazienti che possono beneficiare del ricovero in SU è enormemente più alto rispetto alla percentuale di quelli che possono essere trattati con la trombolisi, anche nella più ottimistica delle ipotesi.13 Le linee guida europee e italiane raccomandano espressamente il ricovero in Unità Ictus per tutti i pazienti colpiti. L’edizione del 2008 (e successive) delle linee guida della European Stroke Organization (ESO) raccomanda che “tutti i pazienti con ictus dovrebbero essere trattati in una SU” (Class I, Level A) e che “i pazienti affetti da sospetto ictus dovrebbero essere trasportati tempestivamente alla più vicina struttura sanitaria dotata di una SU in grado di garantire un trattamento precoce” (Class III, Level B).14 Secondo l’ESO 2008, per SU s’intende “un’area di un ospedale, dedicata e geo graficamente definita, che tratta i pazienti con ictus, dotata di personale specializzato in grado di garantire un approccio multidisciplinare coordinato ed esperto al trattamento e all’assistenza, comprendente alcune discipline fondamentali: il medico, l’infermiere, il fisioterapista, il terapista occupazionale, il terapista del linguaggio, l’assistente sociale”. Gli aspetti qualificanti delle SU secondo la Stroke Unit Trialists’ Collaboration sono: la multiprofessionalità dell’équipe, l’approccio integrato medico e riabilitativo, la formazione continua del personale, l’istruzione del paziente e dei familiari. LIVELLI FUNZIONALI DI STROKE UNIT Occorre partire dall’esperienza statunitense per acquisire il concetto di due livelli funzionali di Stroke Centers (Primary, PSC, e Comprehensive, CSC), differenziati sulla base delle diverse dotazioni strumentali oltre che delle caratteristiche della struttura ospedaliera che le ospita. Considerando inoltre le esperienze europee e di alcune regioni italiane, in Italia si sono configurati da due a tre livelli operativi di SU, tutti gestiti, ove possibile, da neurologi. Le prime indicazioni in merito sono state fornite da un decreto del 2008 della Regione Lombardia,15 cui hanno fatto seguito altre determinazioni regionali (Piemonte, Veneto, Sicilia, Calabria) con analoghe caratteristiche o differenze solo minimali. 6 Quarto rapporto sull’ictus Stroke Unit di I livello Sono necessarie per rispondere, a livello territoriale, al fabbisogno di ricovero e cura per la maggior parte dei pazienti con ictus cerebrale. Si caratterizzano per la presenza, in area di degenza specializzata per pazienti con ictus, di: • competenze multidisciplinari (compreso personale specializzato per l’erogazione di procedure eco-color Doppler dei tronchi sovraortici ed ecocardiografia, inclusive o esistenti nel contesto della struttura); • almeno un medico esperto (preferibilmente neurologo) dedicato; • personale infermieristico formato e in numero adeguato; • possibilità di monitoraggio di almeno un posto letto; • riabilitazione precoce (fisioterapia, logopedia, terapia occupazionale); • assistente sociale; • TC cerebrale 24 ore al giorno e 7 giorni alla settimana (24/7); • collegamento operativo con le SU di II e III livello per invio immagini e consultazione (telemedicina); • collegamento operativo (protocolli condivisi di valutazione del danno e della disabilità, di indicatori di processo riabilitativo e di esito) con una o più strutture riabilitative territoriali; • collegamento operativo con il territorio (Medicina generale, Servizi assistenziali). Stroke Unit di II livello Oltre ai requisiti delle SU di I livello, quelle di II livello devono poter garantire: • la terapia fibrinolitica endovenosa; • la pronta disponibilità neurochirurgica (anche in altra sede con supporto tecnologico telediagnostico); • TC cerebrale e/o angio-TC h24 con apparecchio volumetrico multistrato ad almeno 16 strati (possibilmente 64 strati) [e/o RM encefalo, RM-DWI, angio-RM]; • diagnostica neurosonologica a carico dei vasi epiaortici e intracranici (erogata da personale dedicato o dallo specialista neurovascolare); • ecocardiografia transtoracica e transesofagea. La guardia neurologica in h24/7 può essere in comune tra SU e Reparto o Servizio di Neurologia dell’ospedale. Tuttavia i neurologi dedicati alla SU, al di là dei turni di guardia, si occupano solo dell’attività della SU. La loro numerosità deve naturalmente essere adeguata alla numerosità dei letti ed al turnover dei pazienti. Le SU di II livello presentano, ovviamente, alcune caratteristiche organizzative in comune con quelle di III livello: i posti letto previsti possono variare da 6 a 20 (di cui almeno la Le Stroke Unit 7 metà semintensivi, monitorati), mentre il personale deve essere costituito da figure professionali specialistiche multidisciplinari complementari (tabella 1.1).16 Il personale medico, infermieristico e tecnico deve avere una specifica formazione con un adeguato percorso di inserimento. Possono essere anche previsti meccanismi di turnover. Stroke Unit di III livello (Centri di riferimento/eccellenza) Oltre ai requisiti delle SU di II livello, definisce le SU di III livello la presenza di: • neuroradiologia (24/7) con: TC volumetrica multistrato a 64 strati, con programmi di ricostruzione angiografica e perfusionale; apparecchio da 1,5 Tesla per RM, RM-DWI, RM-PWI e angio-RM con pacchetto per rapida effettuazione; • interventistica endovascolare con camera con angiografo digitale con arco a C e con Flat Pannel disponibile in h24 con medici, tecnici e infermieri in pronta reperibilità; • neurochirurgia (24/7 o reperibilità); • chirurgia vascolare (24/7 o reperibilità); • attività di ricerca clinica e/o di base nel settore; • possibilità di effettuare: angiografia cerebrale; fibrinolisi intra-arteriosa (urgenza); trombectomia meccanica (urgenza); stent extra e intracranico; embolizzazione di malformazioni AV, aneurismi (programmazione); endoarteriectomia (urgenza); craniotomia decompressiva, clipping degli aneurismi. Nelle SU di III livello la guardia in h24/7 deve essere ricoperta solo dal personale dedicato. È auspicabile che le SU di I livello acquisiscano nel tempo le dotazioni e le conoscenze necessarie per il trattamento fibrinolitico endovenoso, così da effettuare la transizione dal I al II livello (configurando di fatto, a termine, solo due livelli organizzativi). Solo per le SU di II e III livello può essere prevista l’assegnazione della Specialità Clinica di SU all’ospedale. CRITICITÀ ATTUALI NELL’ASSISTENZA ALL’ICTUS CEREBRALE A fronte dei dati di prevalenza e di incidenza dell’ictus cerebrale, l’offerta assistenziale è assai diversa nelle varie Regioni italiane e nelle differenti realtà sanitarie della stessa Regione. Questo non solo in termini di trattamento fibrinolitico sistemico per l’ictus ischemico acuto, ma anche relativamente al trattamento fibrinolitico loco-regionale per via intrarteriosa o alla trombectomia meccanica e più in generale all’approccio endovascolare alla malattia cerebrovascolare. Differente nelle varie aree geografiche è la presenza di letti dedicati alla cura dell’ictus, così come assai 8 Quarto rapporto sull’ictus Tabella 1.1 - Dotazioni necessarie per definire un Comprehensive Stroke Center (CSC).16 Personale Trattamenti invasivi Neurologo 24/7 Medico esperto 24/7 Radiologo interventista (reperibile) Neurochirurgo (reperibile) Team multidisciplinare* Chirurgo vascolare Infermieri esperti (dedicati) Staff del DEA Medico esperto in ultrasonografia carotidea Medico esperto in ecocardiografia Assistente sociale Medico esperto in riabilitazione Logoterapia (entro 2 giorni) Fisioterapia (entro 2 giorni) rt-PA e.v. 24/7 Trombolisi intra-arteriosa 24/7 Supporto ventilatorio Chirurgia degli aneurismi Chirurgia carotidea* Angioplastica e stenting* Emicraniectomia Derivazione ventricolare Chirurgia evacuativa (ematoma) Procedure diagnostiche TC cerebrale 24/7 Codice di priorità TC per pazienti con ictus* RM (T1, T2, T2 FLAIR*) 24/7 RM-DWI Doppler sonografia vasi extracranici* Doppler sonografia vasi extracranici 24/7 Sonografia duplex vasi extracranici* Sonografia duplex vasi extracranici 24/7 Doppler transcranico Angio-TC Angio-RM Angiografia cerebrale (transfemorale) Ecocardiografia transtoracica* Ecocardiografia transesofagea Monitoraggio ECG (a letto) Saturimetria Pressione arteriosa Frequenza respiratoria Temperatura Infrastrutture DEA (nell’Ospedale)* Reparto di riabilitazione Unità intensiva multidisciplinare Riabilitazione pazienti ricoverati Riabilitazione ambulatoriale disponibile Collaborazione con centro di riabilitazione esterno Centro trombosi Procedure e protocolli Insegnamento universitario (ictus) Descrizione dell’iter diagnostico-terapeutico Database Protocolli per rt-PA e.v. Programma di informazione alla popolazione Programma di prevenzione Percorsi di cura per l’ictus* Ricerca clinica Grant per la ricerca Ricerca farmaci Internato clinico sull’ictus Coordinamento studi ictus Unità di ricerca sull’ictus * Per la qualifica corrispondente ciascun centro deve possedere almeno l’80% dei requisiti riportati. Le Stroke Unit 9 Maschi Femmine Piemonte Valle d’Aosta Lombardia Trentino Alto Adige Veneto 10,1 7,8 Friuli Venezia Giulia Liguria Emilia Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Italia 13 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 10,8 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 Figura 1.1 - Mortalità per malattie cerebrovascolari: tasso standardizzato diretto per Regione (per 10.000), anno 2003. Popolazione standard: Italia 2001 (Fonte: Istat, Health for all). differente è la mortalità per ictus nelle diverse Regioni (figura 1.1).2 È altresì evidente che, ai fini della riduzione della mortalità, della disabilità residua e della necessità di istituzionalizzazione della persona colpita da ictus, il problema non si limita alla fase acuta, dove il trattamento trombolitico gioca il ruolo maggiore,17 ma va visto in un’ottica globale che va dal riconoscimento dei primi sintomi dell’evento cerebrovascolare all’attivazione del servizio territoriale dell’emergenza urgenza, all’individuazione e allertamento delle strutture adeguate al trattamento dello specifico caso, alla gestione intraospedaliera, al progetto e al trattamento riabilitativo, alla prevenzione secondaria, all’auspicabile rientro al domicilio, alla presa in carico della persona colpita da ictus da parte del medico di medicina generale (MMG), dello 10 Quarto rapporto sull’ictus specialista territoriale o dell’assistenza domiciliare integrata (ADI). Lo studio IMPLICA (2009), svolto nell’area romana, ha evidenziato che le chiamate al 118 per “sospetto ictus” per anno per milione di popolazione erano 8000, ma solamente il 44% dei pazienti raggiungeva un Pronto Soccorso (PS): nella maggior parte dei casi veniva confermata la diagnosi di ictus acuto, ma solo il 17% dei pazienti riusciva ad avere accesso a una SU, dal momento che nella zona i posti letto di SU erano solamente 8 rispetto ai 50 considerati necessari. La conseguenza è che i pazienti trattati con trombolisi sono stati solamente lo 0,4% della popolazione iniziale, e solo l’8% di quelli potenzialmente trattabili.18 L’emorragia subaracnoidea (ESA) presenta altrettante criticità. Mentre l’incidenza di altri tipi di ictus (infarto cerebrale ischemico ed emorragia intracerebrale) è diminuita tra gli anni ‘50 e gli anni ‘80, quella dell’ESA non è cambiata e l’outcome per i pazienti rimane grave, con alti tassi di mortalità (40-50%) e un’importante morbilità tra i sopravvissuti. Essendo indiscutibili i progressi fatti nelle conoscenze, nei metodi diagnostici, nelle tecniche chirurgiche ed endovascolari e nelle strategie terapeutiche perioperatorie, si deve immaginare che il persistere di una cattiva prognosi dipenda da una non corretta gestione clinica. Si è resa quindi necessaria l’identificazione e la configurazione di percorsi e processi di cura che siano efficienti, efficaci, realizzabili, verificabili e omogenei su tutto il territorio nazionale. Solo in questo modo è possibile ottenere il massimo beneficio per il cittadino e il migliore utilizzo delle risorse disponibili. All’interno di questi processi e percorsi di cura la SU deve essere programmata per essere non solo il momento diagnostico-terapeutico dell’ictus ischemico acuto, ma anche il centro decisionale di una diagnostica differenziale che deve coinvolgere in urgenza, in codice rosso, altre specialità e competenze, quali la Neurochirurgia (per le ESA e gli ematomi intraparenchimali e subdurali), la Chirurgia vascolare (per le dissecazioni arteriose o le trombosi acute di carotide), la Radiologia interventistica (per il trattamento endovascolare delle tromboembolie cerebrali in fase acuta e per gli approcci endovascolari nelle ESA e nelle MAV). Se recenti dati di epidemiologia indicano chiaramente che in oltre l’80% dei casi il nuovo ictus ha natura ischemica, la stessa fonte indica che ogni anno vi sono almeno 40.000 casi di ictus non-ischemico: emorragie cerebrali, ematomi, emorragie subaracnoidee, sanguinamenti da rottura di aneurismi, da trombosi venose, da malformazioni artero-venose, cavernomi e altro ancora.19 Anche per questi motivi, al di là della SU, e per una percentuale elevatissima di pazienti (l’87% se si considerano i dati di Roma) che arrivano al DEA ma non rispondono ai criteri della trombolisi (per ritardo nella diagnosi, per età, per varie altre comorbilità), un ruolo importante possono svolgere aree neurologiche semintensive quali si vanno organizzando negli ospedali dotati di Neurologia ed aperti all’Urgenza.20 Tali strutture risultano fondamentali, ad esempio, nei malati con lesioni non ancora stabilizzate, quali gli ematomi intraparenchimali non destinati al trattamento Le Stroke Unit 11 neurochirurgico. Il vantaggio delle SU è inoltre basato sull’integrazione tra l’assistenza della fase acuta e quella di ordine neuroriabilitativo, secondo il modello che coniuga nella stessa struttura l’assistenza medica, con particolare attenzione alla prevenzione delle complicanze, a quella finalizzata al recupero motorio, cognitivo, timico, secondo un processo di cura per cui dalla semintensività necessaria in fase acuta si passa alla successiva riabilitazione neurologica. In un modello assistenziale così organizzato si realizza pienamente un approccio multidisciplinare e multiprofessionale in grado di ridurre sensibilmente le conseguenze individuali e sociali dell’ictus, contribuendo anche ad una effettiva diminuzione dei costi e dei tempi di degenza ospedaliera globale, come dimostrato da varie evidenze scientifiche della letteratura internazionale.21 Va sottolineato come il ruolo della neuroriabilitazione, di per sé già attualmente rilevante, lo diventerà ancora di più nei prossimi anni, in conseguenza sia dell’aumento dell’età media della popolazione, sia per la concomitante riduzione della mortalità nella fase acuta, per la prevedibile maggiore diffusione nei prossimi anni delle SU e dei trattamenti trombolitici. PERCORSI DIAGNOSTICO-TERAPEUTICI PER LA CURA DELL’ICTUS Il percorso assistenziale dell’ictus inizia dal momento della presentazione in PS e un adeguato modello organizzativo è rilevante non soltanto per una gestione efficace del paziente con ictus acuto, ischemico o emorragico, in termini di outcome (riduzione della mortalità in acuto e della disabilità a lungo termine), ma anche per una riduzione dell’impatto economico dell’ictus nel lungo periodo. Il costo di una SU che si faccia carico con rapidità del paziente già in PS potrebbe anche essere più elevato rispetto a un’unità di cura non specializzata; essa tuttavia garantisce un guadagno in termini di salute e di costi nel lungo termine. Questi ultimi variano di molto tra i diversi Paesi: in quelli industrializzati il valore del ricovero per ictus oscilla tra $ 41.257 in Australia e $ 104.629 nel Regno Unito, ma nelle revisioni della letteratura il range è molto più ampio, essendo compreso tra $ 486 e $ 146.149 e presentando solo negli USA oscillazioni fino a 20 volte.22 Di fronte a una spesa così elevata è evidente che, al di là della prevenzione, è importante l’individuazione di percorsi assistenziali che siano in grado di garantire non solo un beneficio in termini di salute, ma anche una migliore utilizzazione delle risorse e un risparmio economico. Saka et al. (2009) hanno dimostrato come la gestione del paziente in SU, con dimissione precoce programmata, comporti il maggiore vantaggio in termini di costo/efficacia rispetto al ricovero in SU o in reparto non specializzato senza dimissione precoce.23 Il problema dei costi dell’ictus, d’altra parte, non può non considerare che esso si intreccia frequentemente con quelli di numerose patologie neurologiche non vascolari a esordio acuto, le quali, anche se meno frequenti, sono generalmente altrettanto severe in termini di mortalità e di 12 Quarto rapporto sull’ictus disabilità. Anche per queste la diagnosi tempestiva e la gestione competente sono essenziali e il neurologo è lo specialista che se ne deve fare carico. Un’impostazione assistenziale che preveda la gestione dei reparti di SU in senso restrittivo toglierebbe la possibilità di fornire un’assistenza specialistica in ambiente adeguato alle altre patologie di interesse neurologico che possono presentarsi con caratteristiche di emergenza/urgenza, spesso in diagnosi differenziale con l’ictus stesso. Tali patologie sono rappresentate, ad esempio, dallo stato di male epilettico, da quello confusionale acuto, dalla crisi miastenica, dalla sindrome di Guillain-Barré acuta, ma anche dal trauma cranico con o senza disturbo di coscienza non di interesse chirurgico ma con necessità di ricovero. Appare quindi evidente come il modello organizzativo della SU, in virtù delle competenze professionali che utilizza, dell’accesso in urgenza alle diagnostiche, della possibilità di monitoraggio semintensivo dei pazienti e dell’aspetto multidisciplinare che la caratterizza, può utilmente essere impegnato anche nella diagnosi e terapia di queste urgenze neurologiche non vascolari, secondo un concetto più allargato di aree “critiche” di Neurologia d’Urgenza e Stroke Unit.20 La fase pre-ospedaliera: dal 118 al Pronto Soccorso Il concetto “time is brain” ha portato al centro della riflessione sull’ictus cerebrale il problema del tempo che intercorre tra l’esordio dei sintomi dell’ictus e l’effettivo accesso del paziente alla terapia, sia per quanto riguarda gli eventi ischemici, in quanto passibili di trattamento mediante trombolisi, sia per quelli emorragici e subaracnoidei da rottura di aneurisma intracranico. Questo lasso di tempo può essere distinto in tre componenti principali: 1. tempo di consapevolezza: dall’insorgere dei sintomi alla presa di coscienza da parte del paziente; 2. tempo di aiuto: entro il quale viene chiamato il medico; 3. tempo di accesso: impiegato per arrivare in ospedale. Un problema rilevante nella cura dell’ictus acuto è rappresentato dal fatto che la maggior parte dei pazienti non riceve un’adeguata terapia perché non raggiunge abbastanza precocemente l’ospedale. Dei circa 130.000 casi di ictus che si ricoverano per anno negli ospedali italiani circa il 30% giunge in un PS entro le 3 ore e solamente il 25% di questi è trattabile con la fibrinolisi (10.000 pazienti). Nella realtà attuale, di questi 10.000 casi teorici trattabili viene trattato a oggi poco più del 10%. Alcuni studi indicano il ritardo pre-ospedaliero come responsabile di oltre l’80% del ritardo diagnostico e terapeutico nell’ictus, benché tali dati siano in continuo miglioramento e debbano essere correlati all’area territoriale oggetto della rilevazione.18 Le Stroke Unit 13 Le principali criticità sono rappresentate da: • scarsa organizzazione del percorso extra-ospedaliero principalmente determinata dal ritardo tra l’esordio dei sintomi e la chiamata del 118 o l’autopresentazione in PS; • disinformazione della popolazione sul tema ictus, che determina una scarsa consapevolezza, provoca infatti ritardi di presentazione all’osservazione specialistica, con inevitabili ricadute negative sulla gestione complessiva; • ridotto numero di accessi al PS tramite il 118 (quantificabile nel 20-40% dei pazienti, a seconda delle casistiche e dei livelli di informazione/formazione di popolazione e operatori del settore); • mancata ottimizzazione del percorso intra-ospedaliero, spesso condizionata dall’assegnazione al caso clinico di un codice triage non adeguato. Appare quindi necessario migliorare i percorsi di cura e la consapevolezza nella popolazione, al fine di garantire il trattamento ai pazienti candidabili e incrementare il numero dei pazienti che giungono in PS entro la finestra terapeutica. L’adozione di un “Codice Ictus”, definito dall’attribuzione al triage di un codice che prefiguri, sia per gli ictus ischemici candidabili alla trombolisi, sia per molti ictus emorragici, un percorso assimilabile, in termini di urgenza di trasporto, a un codice rosso, potrebbe ridurre i tempi di gestione del paziente. In base alla variabile tempo, l’ictus può essere quindi classificato in tre categorie: emergenza (<4,5 ore), urgenza (4,5-6 ore) e urgenza minore (>6 ore). Questo è un modello organizzativo prioritario per i pazienti identificati come possibili ictus a domicilio da parte dei soccorritori del 118 e configura uno strumento che, coinvolgendo attivamente gli operatori della fase pree ospedaliera (118, medico dell’urgenza, neurologo d’urgenza/Stroke Unit), si è mostrato in grado di incrementare significativamente il numero di pazienti eleggibili al trattamento trombolitico. Allo stesso tempo appare verosimile come esso possa rendere più rapido l’accesso all’ospedale dei pazienti con ictus che richiedano un tempestivo intervento neurochirurgico (emorragia subaracnoidea), o di chirurgia vascolare o, ancora, di approccio endovascolare (stenosi preocclusiva di carotide, di vertebrale, di basilare o di cerebrale, embolizzazione di aneurisma intracranico). Il paziente con ictus dovrebbe essere trasportato alla SU più idonea in base al criterio temporale dell’esordio dei sintomi, ovviamente in rapporto alla disponibilità territoriale di SU di II e III livello: • <4 ore a SU di II e III livello; • da 4,5 a 6 ore a SU di III livello; • >6 ore a SU di I livello (fatta eccezione per gli ictus ischemici in territorio vertebro-basilare, che possono essere trattati con trombolisi locoregionale entro le 8 ore e che quindi dovrebbero essere trasportati in SU di III livello). 14 Quarto rapporto sull’ictus Anche in caso di sospetta ESA il paziente deve essere trasportato presso una SU di III livello per un inquadramento diagnostico-terapeutico immediato che prevenga il rischio di un risanguinamento precoce. Dalle SU di I e II livello, i pazienti con indicazione a intervento neurochirurgico in tempi brevi (ESA o emorragia cerebrale con indicazione all’intervento) o di chirurgia vascolare o di approccio endovascolare (stenosi preocclusiva di carotide, di vertebrale, di basilare o di cerebrale, embolizzazione di aneurisma intracranico) dovranno essere inviati alla SU di III livello più vicina (trasporto primario differito). L’obiettivo del trasporto alla struttura più idonea può essere raggiunto tramite i seguenti provvedimenti: • identificazione e operatività delle SU territoriali di III livello (eventualmente in rete con altre di analogo livello operazionale, per quanto riguarda le prestazioni di neurochirurgia, di chirurgia vascolare o di radiologia interventistica); • razionalizzazione territoriale delle risorse professionali e tecnologiche; • sviluppo di SU di II livello per le procedure di rivascolarizzazione intravenosa in caso di patologia ischemica, o presidi farmacologici di stabilizzazione delle condizioni cliniche in quello di patologia emorragica, al fine di concentrare interventi ad alta complessità nel Centro a elevata specializzazione (SU di III livello), mantenendo un collegamento efficace ed efficiente con i Centri periferici e razionalizzando le risorse umane e tecnologiche. La fase intraospedaliera Quando il paziente con ictus giunge presso l’ospedale di accoglimento, diventa cruciale lo svolgimento di tutte quelle procedure, diagnostiche e terapeutiche, necessarie all’inquadramento della condizione clinica e al rapido trattamento. Il tempo di esecuzione delle indagini risulta di fondamentale importanza nelle strutture ospedaliere che, dotate di SU, devono far fronte in emergenza alle condizioni richieste dall’urgenza del trattamento, farmacologico e non, dell’ictus in fase acuta. Registri ospedalieri, realizzati anche in Italia negli anni scorsi, hanno evidenziato come la tempistica di esecuzione di tali indagini sia spesso troppo lunga e tale da compromettere l’effettiva somministrazione dei trattamenti trombolitici o l’attuazione delle metodiche interventistiche in diversi casi.24 È quindi necessario che una pianificazione con scrupoloso rispetto dei tempi venga realizzata nel PS e quindi anche nella SU affinché il tempo impiegato nell’esecuzione di tutte le procedure necessarie per l’inquadramento del paziente con ictus venga ridotto al massimo. Figura cruciale nella gestione del processo diagnostico/terapeutico dell’ictus (e delle condizioni neurologiche che con esso entrano in diagnosi differenziale) è quella del neurologo in urgenza.25 Le Stroke Unit 15 Neurosonologia Eco-color-Doppler TSA, TCD, TCCD Neurofisiologia Osservazione breve intensiva Neurologo d’urgenza Neurologia d’urgenza Neurochirurgia Chirurgia vascolare Stroke Unit Terapia intensiva Cardiologia Aree internistiche Aree chirurgiche DEA Diagnostica per immagini TC, angio-TC, pTC, RM, MRA, DWI-PWI Interventistica neurovascolare Trombolisi i.a., embolectomia Stenting extra/intracranico Figura 1.2 - Modello di transizione dal Pronto Soccorso/DEA alla Stroke Unit/Neurologia d’Urgenza (modificata da Casazza et al.26). Un modello di transizione dal Pronto Soccorso/DEA alla Stroke Unit/Neurologia d’Urgenza è quello descritto nella figura 1.2, possibile in un contesto organizzativo assimilabile alla SU di III livello quanto a dotazioni ospedaliere generali. In questo modello, l’attività di pronto soccorso sulla patologia neurologica urgente (tra cui l’ictus acuto) è svolta dal Dipartimento Emergenza Accettazione (DEA) con specialisti neurologi operanti all’interno di un’Unità Operativa che riunisca insieme le competenze sulle urgenze neurologiche in generale e le malattie cerebrovascolari acute in particolare.21 Nella figura 1.3 è riportato il protocollo gestionale dell’ictus ischemico acuto. Tale procedura si pone l’obiettivo di ridurre al minimo il rischio di valutazione inappropriata del paziente al triage con particolare attenzione al rispetto dei tempi ottimali di trattamento così definiti: • triage-presa in carico: 10 minuti; • esecuzione con referto degli esami ematochimici: 30 minuti. Contemporaneamente all’esecuzione degli esami ematochimici: • • • • • valutazione clinica: 10 minuti; valutazione neurologica e NIHSS: 10-15 minuti; esecuzione e valutazione TC cerebrale: 10-25 minuti; consenso informato: 5-15 minuti; tempo totale “door to needle”: 45-90 minuti. Nella figura 1.4 è riportato il percorso diagnostico-terapeutico per sospetto ictus.26 16 Quarto rapporto sull’ictus Valutazione generale immediata <10 minuti • ABC e segni vitali • Somministrare O2 con cannula nasale • Accesso venoso; emocromo, elettroliti, coagulazione, destrostick • ECG Intervallo di tempo tra l’insorgenza dei sintomi e l’arrivo in Pronto Soccorso <4 ore 4,5-6 ore >6 ore Urgenza - Codice Ictus Chiamare immediatamente il neurologo Urgenza - Codice Ictus Chiamare immediatamente il neurologo Urgenza minore Paziente oltre la finestra terapeutica per la trombosi. Chiamare il neurologo Richiedere TC encefalo con urgenza Avvisare il radiologo della possibilità di trombosi venosa Lettura TC: tempo consigliato max <45 minuti dall’ingresso Richiedere TC encefalo Rivalutazione TC encefalo Ricovero in Stroke Unit sulla base dei criteri di ammissione BIANCO: Pronto Soccorso Il neurologo deve seguire direttamente l’iter del paziente fino alla decisione terapeutica nella finestra temporale prevista. Nelle ore notturne avvisare il neurologo di guardia per il monitoraggio clinico GRIGIO: neurologo Figura 1.3 - Protocollo gestionale dell’ictus ischemico acuto (modificata da Casazza et al.26). TERAPIA DELLA FASE ACUTA DELL’ICTUS ISCHEMICO: ORGANIZZAZIONE ASSISTENZIALE Trombolisi sistemica Il paziente ricoverato in SU, o ancora in osservazione presso il DEA/EAS, qualora vi sia indicazione clinica e strumentale viene sottoposto a trattamento fibrinolitico secondo il protocollo SITS-ISTR (figura 1.5).27 Casi selezionati possono poi essere arruolati in protocolli farmacologici di neuroprotezione/ricanalizzazione. Ad oggi la trombolisi sistemica rappresenta l’unico trattamento medico specifico per la fase acuta dell’ictus ischemico in grado di ridurre significativamente Le Stroke Unit 17 Accesso in Pronto Soccorso/Stroke Unit per sospetto ictus Valutazione generale immediata • ABC e segni vitali • Somministrare O2 con cannula nasale • Accesso venoso e prelievo campione di sangue • Glucostick • ECG 12 derivazioni Ictus ischemico • EN in rapido miglioramento? • Controllare criteri di inclusione/esclusione • Verificare intervallo sintomi-ricovero Valutazione neurologica immediata • Breve anamnesi con valutazione inizio sintomi • ECG • GCS, NIHSS • Richiedere TC (o RM) encefalo (eventuale angio-TC, o angio-RM, o ecocolor TSA e Doppler transcranico) No Presenza di emorragia alta TC o RM? Sì No Paziente candidato per la trombolisi? Consultare il neurochirurgo (NCH) Sì Rivalutare rischi/benefici e ottenere il consenso informato Iniziare il trattamento Figura 1.4 - Percorso diagnostico-terapeutico: selezione dei pazienti (modificata da Casazza et al.26). mortalità e disabilità a 3 mesi nei pazienti trattati entro 4,5 ore dall’esordio dei sintomi.26 Terapia endovascolare Le tecniche endovascolari con l’uso di farmaci trombolitici, associate o meno a manovre meccaniche (angioplastica, trombo-aspirazione, recupero del trombo), sono indicate, nei centri con provata esperienza di Neuroradiologia interventistica, in presenza di occlusione dei tronchi arteriosi maggiori con quadro clinico predittivo di elevato rischio di morte o gravi esiti funzionali. 18 Quarto rapporto sull’ictus Preparare rt-PA 0,9 mg/kg (max 90 mg) • 10% in siringa (bolo) • 90% in siringa per pompa a infusione Somministrare bolo in 1 minuto Verificare la tollerabilità Trattamento della manifestazione allergica Sì Reazione allergica? No Iniziare monitoraggio Iniziare infusione del 90% del farmaco in pompa siringa. Durata dell’infusione: 60 minuti Se emorragia: consulenza NCH TC encefalo urgente Stato neurologico • Infusione: ogni 15 minuti • Per 6 ore: ogni 30 minuti • Per 12 ore: ogni 60 minuti Comparsa di cefalea grave, nausea, vomito, deterioramento dello stato di coscienza STOP infusione Pressione arteriosa • Infusione: ogni 15 minuti • Per 6 ore: ogni 30 minuti • Per 12 ore: ogni 60 minuti PAS >185 mmHg o PAD >110 mmHg? PT - Gestione crisi ipertensiva nel paziente con ictus Figura 1.5 - Somministrazione della terapia trombolitica e sorveglianza (modificata da Casazza et al.26). In caso di: 1. sospetto clinico o neuroradiologico di occlusione dei tronchi arteriosi maggiori (carotide interna, tronco principale dell’arteria cerebrale media, arteria basilare) con quadro clinico predittivo di elevato rischio di morte o di gravi esiti funzionali; 2. pazienti non eleggibili alla trombolisi endovenosa perché esorditi con convulsioni o sintomi già presenti al risveglio, TC encefalo con perfusione ed eventuale angio-TC (o angio-RM e/o RM-DWI) positiva per ostruzione arteriosa, specie prossimale; Le Stroke Unit 19 Circolo carotideo <4,5 ore Controindicazioni alla fibrinolisi e.v. 4,5-6,0 ore Sì No Trombolisi e.v. No miglioramento Controindicazioni alla fibrinolisi i.a. No Eco-DDS TSA Angio-TC Angio-RM >8,0 ore Sì Eco-DDS TSA Ricovero in Stroke Unit Stenocclusione ICA Stenocclusione ACM Ricanalizzazione endovascolare Occlusione sifone o ACM Ricanalizzazione endovascolare (rescue) Figura 1.6 - Trombolisi sistemica o intrarteriosa in caso di ischemia nel territorio carotideo (modificata da Casazza et al.26). 3. compromissione neurologica severa (NHSS non inferiore a 10); 4. tempo di esordio dei sintomi inferiore a 6 ore; 5. elevato rischio emorragico; 6. recenti procedure chirurgiche; 7. assenza di ricanalizzazione/riperfusione dopo rt-PA e.v. è possibile, in una SU di III livello, l’intervento di rivascolarizzazione per via arteriosa attraverso la trombolisi loco-regionale, la disostruzione meccanica o entrambi questi tipi di approccio terapeutico (figura 1.6).26 In casi selezionati, nei quali si sia già documentata attraverso Doppler transcranico o angio-TC o angio-RM l’occlusione di vasi intracranici di grosso calibro 20 Quarto rapporto sull’ictus Circolo vertebro-basilare <3,0 ore Controindicazioni alla fibrinolisi e.v. 3,8-8,0 ore Sì Controindicazioni alla fibrinolisi i.a. No Trombolisi e.v. No >8,0 ore Sì Ricovero in Stroke Unit Angio-TC Angio-RM No miglioramento Ricanalizzazione endovascolare (rescue) Stenocclusione arteria vertebrale Stenocclusione arteria basilare Ricanalizzazione endovascolare Figura 1.7 - Trombolisi sistemica o intrarteriosa in caso di ischemia nel territorio vertebro-basilare (modificata da Casazza et al.26). (trombo a T del sifone carotideo, trombosi di basilare), si può anche procedere alla trombolisi e.v. in attesa del trattamento per via i.a. (tecnica di rescue) (figura 1.7).26 Endoarterectomia carotidea La valutazione in urgenza della patologia carotidea è necessaria per individuare un’eventuale stenosi critica, specie se subocclusiva, una trombosi acuta, un trombo o un ateroma flottante; viene effettuata più frequentemente mediante eco-color Doppler o angio-TC ai fini di un eventuale intervento di disostruzione (endoarterectomia carotidea – CEA) più che dilatazione (angioplastica con stenting). L’intervento in acuto è da considerare solo in casi selezionati: Le Stroke Unit 21 • paziente stabile e senza compromissione dello stato di coscienza, con TIA recidivanti; • o ictus in fase iniziale (prime 3-6 ore); • o ictus in evoluzione.28 Emicraniectomia decompressiva In presenza di edema “maligno” da ischemia nel territorio dell’arteria cerebrale media anche dell’emisfero dominante, può essere indicato il trattamento chirurgico decompressivo di emicraniectomia, la cui validità nel ridurre mortalità e disabilità è stata anche recentemente ribadita da studi controllati e metanalisi. Il giudizio di operabilità e la tempistica (precoce) dell’intervento derivano dalla condivisione del percorso clinico tra neurologo e neurochirurgo.28 ICTUS EMORRAGICO Emorragia intraparenchimale spontanea In caso di sospetta emorragia intraparenchimale deve essere sempre prontamente richiesta la consulenza specialistica neurologica e, in caso di riscontro alla TC dell’encefalo di lesioni suscettibili di trattamento chirurgico, la valutazione neurochirurgica. Il paziente viene poi ricoverato in SU a meno che non debba essere sottoposto ad intervento chirurgico in urgenza. Al termine dell’intervento chirurgico il paziente verrà poi ricoverato in terapia intensiva.29 L’osservazione in SU o DEA, con o senza monitoraggio ICP, è preliminare alla verifica dell’opportunità ed al tipo di trattamento chirurgico. I criteri di accesso a quest’ultimo sono: • ICH lobari con compromissione progressiva dello stato di coscienza (GCS = 5-10); • ICH con evidente effetto massa all’esame TC dell’encefalo (edema, ernia transfalcale e/o uncale), possibilmente effettuato con sequenze angiografiche; • pressione intracranica (ICP) costantemente elevata e resistenza alla terapia medica; • peggioramento clinico rapido; • ICH cerebellari (GCS <13 o ematoma >4 cm). Emorragia subaracnoidea Dopo aver rilevato la presenza di ESA di probabile origine aneurismatica alla TC dell’encefalo, è indicato eseguire un’angio-TC per evidenziare o escludere la presenza di tale malformazione vascolare causa dell’emorragia. L’esame angiografico 22 Quarto rapporto sull’ictus viene effettuato se ritenuto necessario. La valutazione del paziente con ESA deve essere effettuata dal neurochirurgo (di concerto con il neuroradiologo interventista) che deve porre l’indicazione all’intervento laddove sia indicato o al ricovero per osservazione clinica. In particolare, il neurochirurgo effettua una valutazione urgente con il neuroradiologo interventista per decidere a favore del trattamento endovascolare, del trattamento chirurgico, del posizionamento di derivazione ventricolo-peritoneale (DVE) oppure del non trattamento.30 Il paziente riconosciuto portatore di aneurisma intracranico che ha dato segni di ESA dovrà essere ricoverato in area monitorata (SU o Terapia Intensiva) e opportunamente monitorizzato dal punto di vista neurologico e dei parametri vitali. RIABILITAZIONE IN FASE ACUTA L’attività riabilitativa in SU deve essere organizzata secondo un percorso di cura condiviso. In particolare: a. la presa in carico del paziente da parte del team riabilitativo deve avvenire entro 48 ore dall’evento ictale; b. il programma di trattamento riabilitativo viene pianificato in rapporto ai livelli di capacità comunicativa e partecipativa del paziente; c. l’attività fisioterapica deve essere fortemente integrata con le attività mediche ed infermieristiche della SU.31 La valutazione riabilitativa (medica) avviene alla stabilizzazione delle condizioni cliniche, segue un approccio sistematico e produce il progetto riabilitativo individuale, presupposto dell’invio o meno del paziente a differenti regimi di riabilitazione secondo i vigenti criteri di appropriatezza. LA RETE DELLE STROKE UNIT Come abbiamo visto, la SU costituisce il fulcro della catena assistenziale all’ictus cerebrale acuto, rappresentando la struttura dedicata all’interno della quale: • si sviluppano operativamente le competenze sulla patologia cerebrovascolare in fase acuta; • si intraprende il più precocemente possibile la fase riabilitativa; • si stabiliscono le basi per l’inizio della prevenzione secondaria, la quale rappresenta lo strumento più idoneo attualmente conosciuto per la riduzione delle recidive. Le Stroke Unit 23 In quest’ottica appare cruciale che la SU interagisca, per i pazienti in arrivo, con l’organizzazione sanitaria del territorio sulla base di modelli operativi condivisi con il PS dell’ospedale nel quale è collocata e degli ospedali della stessa area che non ne sono provvisti, oltre che con il 118, al quale è demandata la responsabilità dell’arrivo il più precoce possibile dalla sede dell’evento acuto all’ospedale che è dotato di PS e SU. Per i pazienti in uscita, la SU deve adeguatamente collegarsi con le strutture di degenza post-acuzie e riabilitative più vicine e con il più elevato livello di specializzazione, ma anche con le aree di degenza e di lungodegenza non solo riabilitative, in un rapporto dinamico che permetta il mantenimento della continuità terapeutica e un feedback che eviti un distacco assistenziale tra SU e tutte le altre problematiche legate all’ictus. Spettano al personale delle SU la creazione e l’utilizzo di strumenti informativi e formativi, rivolti ai pazienti e ai familiari, ma anche ai medici di medicina generale i cui pazienti sono stati ricoverati in queste strutture ospedaliere specialistiche e ai cui ambulatori ritornano per le visite di follow-up periodiche, come pure lo stabilire saldamente una periodicità di incontri con i medici dei reparti riceventi i pazienti delle SU. La SU si colloca quindi al centro di una struttura di complesse interrelazioni ambientali con funzioni differenti, spesso altamente specialistiche, dell’ospedale e del territorio. Già dagli inizi degli anni 2000, le SU lombarde si sono organizzate volendo condividere l’approccio e le esperienze nell’ambito della cura dell’ictus cerebrale in fase acuta. Si è quindi creato un network chiamato Stroke Unit Network (SUN Lombardia), principalmente costituito dalle strutture neurologiche ospitanti le SU e gestito in modo spontaneo dai responsabili delle stesse. Dalla fine del 2006 il SUN Lombardia, che è stato promosso dalle sezioni regionali delle due società neurologiche (Società Italiana di Neurologia [SIN] e Società dei Neurologi, Neurochirurghi e Neuroradiologi Ospedalieri [SNO]) italiane, ha elaborato un database elettronico che rappresenta il substrato di un registro ospedaliero per l’ictus cerebrale, il quale nel solo 2007 ha raccolto i dati di circa 8000 pazienti ricoverati presso 29 SU. Il registro rappresenta la prima realtà italiana di questo tipo e costituisce un eccellente esempio della possibilità di collaborazione tra strutture operanti anche in ospedali differenti.32 Le principali peculiarità di questo registro sono: • un avanzato supporto informatico, con possibilità di analisi dei dati come la compliance alle linee guida, l’individuazione “pesata” dei processi di cura nelle varie fasi del ricovero (urgenza, SU, dimissioni, follow-up) mediante tecniche di process mining; • la definizione di indicatori di struttura, di processo e di esito (oggetto di confronti regolari tra i responsabili delle SU partecipanti al Registro); • la possibilità di alimentazione del database del Registro a partire dalla lettera di dimissioni dalla SU, così da semplificare le procedura di raccolta dei dati; 24 Quarto rapporto sull’ictus • l’individuazione dei parametri indispensabili al triage e al successivo piano riabilitativo da parte dei neurologi della SU e dal fisiatra o dal neurologo riabilitatore nella fase acuta dell’ictus. Il registro SUN Lombardia ha finora consentito un attivo e costante “aggiornamento” degli standard delle singole SU, migliorandone le performance assistenziali e individuando le criticità. L’elaborazione di una mole così consistente e omogenea di dati rappresenta una vera risorsa per la comprensione e lo sviluppo delle procedure assistenziali. La discussione periodica di questi risultati da parte dei referenti delle SU permette anche quell’avanzamento omogeneo delle conoscenze che altrimenti sarebbe impensabile e, allo stesso tempo, crea una continuità e una reciprocità fra le strutture necessarie per quella continuità assistenziale con il territorio e con gli altri ospedali non dotati di SU che a esse possono afferire per la patologia cerebrovascolare acuta. La costituzione di un Registro Regionale che annualmente verifichi l’adeguatezza dei Centri, in termini di prestazioni erogate e di risultati ottenuti, e che confluisca in un Registro Nazionale (avente sede presso l’Istituto Superiore di Sanità) è anche auspicato per il mantenimento di livelli di assistenza adeguati e omogenei per i pazienti trattati per ESA da rottura di aneurisma e da aneurisma intracranico integro. Lo stesso Registro dovrebbe essere in grado di garantire uniformità e omogeneità nella raccolta, archiviazione, analisi dei dati e dei risultati relativi alle attività delle strutture. BIBLIOGRAFIA 1. Sarti C, Rastenyte D, Cepaitis Z, Tuomilehto J. International trends in mortality from stroke, 1968 to 1994. Stroke 2000; 31:1588-601. 2. ISTAT. Health for all - Italia. Dati disponibili all’URL: www.istat.it/it/archivio/14562/ 3. The Italian Longitudinal Study on Aging Working Group. 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